Corale Alta Val Borbera...da protagonista della fortezza malatestiana nel complicato e tumul-tuoso...

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pag.28 Corale Alta Val Borbera GITA SAN MARINO-SAN LEO PESARO- URBINO LORETO- SIROLO- GRADARA 4-5-6-7 maggio 2018

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Corale Alta Val Borbera

GITA SAN MARINO-SAN LEO

PESARO- URBINO LORETO- SIROLO- GRADARA

4-5-6-7 maggio 2018

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Carissimi coristi e amici tutti, per il nostro 17° viaggio andiamo nelle Marche. Come ben sappiamo i nostri viaggi hanno molteplici scopi: l’incontro tra le persone, l’accoglienza di ognuno, an-che di chi è la prima volta che viene, il mettere in evi-denza maggiormente le cose che ci uniscono e non quelle che ci dividono, la passione per il canto, la cu-riosità per la cultura, i monumenti, il cibo, il diverti-mento. Visiteremo alcuni tra i più bei siti della regione Marche: Pesaro, Urbino, Gradara, Loreto e la riviera del Conero. Il primo giorno ci fermeremo in Emilia Romagna per visitare la Repubblica di San Marino e la Rocca di San Leo. Avremo modo di assaggiare la straordinaria cucina tipica romagnola e marchigiana. Come sempre però il nostro viaggio è anche un pelle-grinaggio con uno specifico itinerario spirituale. Le nostre uscite annuali hanno infatti sempre lo scopo di “rinforzare” la mente e lo spirito. Quest’anno fare-mo tappa al Santuario della Santa Casa di Loreto, oc-casione di riflessione sulla figura di Maria come ci vie-ne presentata nel Vangelo. La Corale canterà e ani-merà la Santa Messa delle ore 10 di Domenica 6 mag-gio al Santuario. Il nostro hotel è sul lungomare di Pesaro: Hotel delle Nazioni, viale Trieste 60 tel. 0721 69534 / 392 9396164. Ci siamo appoggiati anche quest’anno per l’organizza-zione del viaggio all’agenzia 9 Travel di Novi Li-gure che si è dimostrata puntuale e competen-te. Buon viaggio a tutti! Cellulare corale 3406420997

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diretto controllo dello Stato della Chiesa tramite i legati pontifici, ini-ziando la sua lunga agonia che portò il castello all’ abbandono completo e all’ incuria del 1800, fino a quando nel 1920, la famiglia Zanvettori acquistò la Rocca di Gradara, il castello e la cinta mura-ria e lo restaurò fino a portarlo agli antichi splendori. Con la morte dell’ ultima erede, il Castello è passato sotto lo stato.

Alle ore 13 pranzo tipico marchigiano—romagnolo che prevede: piadina-farcita, gnocchetti di patate al pecorino di fossa, risotto al radicchio salsic-cia e sangiovese, pasticciata marchigiana con erbette saltate, torta di mele, 1/ 2 minerale e 1/4 di vino. Il tempo per qualche acquisto, ma il pullman ci attende per riportarci a casa: non manca, a questo punto, un po’ di ma-linconia, però il ricordo delle belle giornate trascorse insieme rimarrà a lungo negli occhi, negli orecchi e nel cuore. Ma continuiamo a sognare con questa bella leggenda del Conero:

In un paesino ai piedi del monte Conero viveva una ragazza di nome Mitì, la più bella del paese, figlia di un povero pescatore. Una notte la ragazza fece un so-gno molto strano: sognò l’arrivo sulla spiaggia del paese di un bellissimo giovane a bordo di una barchetta. Appena giunto a riva il giovane sorrise a Mitì chie-dendole di andare con lui e diventare la sua sposa. La fanciulla non dimenticò mai questo sogno e, dal quel momento, si recò tutti i giorni sulla spiaggia aspet-tando che il ragazzo giungesse davvero per portarla via con sé e cantando, in attesa del suo arrivo, una canzone melodiosa ma incomprensibile. Molti giovani del paese la ascoltavano cantare e le chiedevano di diventare la loro sposa, ma Mitì li rifiutava dicendo che non avrebbe sposato nessuno di loro perché non potevano competere con il promesso sposo di cui attendeva l’arrivo. I ragazzi del paese, umiliati, iniziarono a non farsi più vedere ed alcuni di loro salparono per luoghi lontani senza dare più notizie, mentre Mitì continuava ad aspettare, fidu-ciosa. Un giorno giunse a riva una barca con dentro un bel giovane. Credendo che fosse il ragazzo sognato, Mitì gli corse incontro dicendogli che lo aveva at-teso per tantissimo tempo e finalmente lui era arrivato per sposarla. Il ragazzo rispose a Mitì che non era venuto per sposare lei ma un’altra ragazza del villag-gio, sua promessa da tempo. Per il dolore Mitì cominciò a nuotare seguendo la barca dei due amanti, cantando sempre la strana canzone. Ad un certo punto la barca sparì all’orizzonte, ma lei continuò a seguirla finché scomparve e di lei non si ebbe più notizia. Si narra che alcuni marinai abbiano visto, tempo dopo, una strana fanciulla dai capelli verdi molto bella e col corpo rivestito di squame e di aver udito una canzone melodiosa e ammaliante tra le onde: Mitì si era tra-sformata in una Sirena.

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Purtroppo al risveglio, la mattina del giorno dopo, si accorse con terrore che accanto a lei giaceva Giangiotto( prima la consumazio-ne delle nozze avvenivano quasi al buio), ma ormai il danno era stato fatto e dopo 9 mesi ella partorì una bimba. Paolo che aveva possedimenti nelle vicinanze di Gradara faceva spesso sovente visita alla cognata, e per ben 15 anni essi riuscirono a nascondere il loro amore ai rispettivi coniugi, fino a che, a causa di una spiata da parte di Malatestino dell ‘Occhio, terzo figlio di Mastin Vecchio, avvertì il fratello del tradimento di Paolo e sua moglie. Giangiotto fece finta di uscire per andare a Pesaro come faceva ogni giorno in qualità di Podestà e rientrò di soppiatto nel castello in tempo per vedere i due amanti scambiarsi un bacio. Accecato dalla gelo-sia, fece per uccidere Paolo, che molto vigliaccamente cercò di scappare e mettersi in salvo per la botola presente nella stanza e che collegava alle scuderie, ma si dice che il vestito si impigliò in un chiodo e, un attimo prima di essere infilzato dalla spada di Gian-giotto, Francesca gli si parò davanti, rimanendo uccisa anche lei all’istante. Il Castello vide forse il suo apogeo di bellezza quando passò sotto il dominio della famiglia degli Sforza, soprattutto con Giovanni Sfor-za che trasformò la Roccaforte in una più gentile e principesca di-mora, anche per celebrare la sua fresca sposina Lucrezia Borgia, la famosa figlia del Papa Alessandro Borgia e sorella di Cesare Borgia. A Giovanni si deve l ‘elegante loggiato e il grande scalone in marmo sul cui frontone ancora campeggia il nome Sforza, e da cui si dice soleva scendere Lucrezia per mano del suo sposo Gio-vanni rigorosamente un passo avanti per evitare di pestarle il lungo strascico. Per lei Giovanni fece rifare l’ arredamento e una piccola stanza privata con affreschi di Giovanni Santi, padre di Raffaello. Purtroppo il loro matrimonio, come altri in quel periodo, era un ma-trimonio politico al quale Lucrezia era dovuto sottostare per volere del padre e sempre per suo volere dovette rinunciarvi perché il Pa-pa aveva cambiato mire politiche. Giovanni dovette firmare (pena la morte) un infamante foglio di divorzio in cui si attestava la sua mancata virilità e non consumazione del matrimonio. Dopo che gli Sforza persero il dominio del Castello, esso passò sotto i Della Rovere, i Borgia, i Medici confermando nuovamente il ruolo da protagonista della fortezza malatestiana nel complicato e tumul-tuoso scacchiere politico dei territori pontifici situati nelle attuali Marche e Romagna di quegli anni .Dal 1641 Gradara passò sotto il

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VENERDI’ 4 MAGGIO Partenza dalla piazza di Cabella alle ore 5,00 e tappe per raccogliere i partecipanti. Mettiamoci nelle mani della Madonna di Loreto perché que-sto viaggio sia per tutti occasione di svago e crescita umana e spirituale.

Vergine di Loreto, prega per me Vergine di Loreto, proteggimi

Vergine di Loreto, custodisci i miei piccoli Vergine di Loreto, addolcisci le mie pene

Vergine di Loreto, intercedi per me Vergine di Loreto, proteggi i miei cari

Vergine di Loreto, assistimi nell'ora della morte Amen.

Dopo le dovute fermate all’Autogril, arrivia-mo in tarda mattinata alla Repubblica di San Marino, ci incontr iamo con la guida e ini-ziamo il nostro tour. E’ doveroso dire che que-sto viaggio si avvale per quasi tutti i monu-menti visitati di valenti guide che sapranno raccontarcene in modo esaustivo tutti i segre-ti. Come anche negli altri anni però, questo libretto è di supporto alle nostre visite perché ognuno di noi possa leggere anticipatamente quello che va a vedere, oppure, a viaggio ulti-mato possa ricordare meglio rileggendo le principali notizie dei siti conosciuti. Sappiamo che nelle precedenti gite il libretto è sempre stato gradito da tutti i partecipanti ed è con lo spirito di farvi un servizio che ci accingiamo a scriverlo. LA REPUBBLICA DI SAN MARINO Secondo la tradizione, San Marino fu fondata dal tagliapietre Mari-no, venuto dalla Dalmazia nel 257 d.C per fuggire alle persecuzioni cristiane dell’imperatore romano Diocleziano. Qui sul Monte Titano stabilì una comunità che poi divenne villaggio e infine comune nel XIII secolo, diventando da quel momento in poi San Marino. È con-siderato uno Stato autonomo e indipendente riconosciuto in tutto il mondo. Oggi, San Marino è considerata la più antica repubblica del mondo, è uno Stato piccolissimo, per questo motivo in un’intera giornata è possibile cogliere la bellezza di questo luogo e visitare

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tutti i maggiori luoghi di interesse. Il suo centro storico e l’imponen-te Monte Titano sono stati inseriti tra i beni del Patrimonio dell’U-manità dell’Une-sco nel 2008. I suoi castelli ric-chi di storia, i musei, i monu-menti e le piazze ma anche i ne-gozi e i mercatini creano un’atmo-sfera medioeva-le molto sugge-stiva e romanti-ca che percorre tutte le strade e i vicoli della città sorprendendo il visitatore in un viaggio a ritroso nel tempo. Sede del parlamento sanmarinese, il Palazzo Pubblico si trova nel cuore storico di San Marino, esattamente nel cosiddetto “Pianello”, ovvero Piazza della Libertà. La struttura inaugurata nel 1894 è co-struita interamente in pietra arenaria estratta dal Monte Titano. In-ternamente si possono ammirare trofei, iscrizioni, stemmi, fregi, bu-sti di uomini illustri che hanno segnato la storia del Paese, tra cui spicca quello di Carducci. Il suoi più grandi tesori sono: l’Aula del Consiglio dove dal 1848 si riuniscono i 60 parlamentari della Re-pubblica, la statua bronzea del Santo Fondatore e la Torre Campa-naria, posta alla sinistra del Palazzo che reca le immagini di Sant’Agata e San Marino. Di fronte al Palazzo si trova uno dei sim-boli di San Marino, la Statua della Libertà, in marmo bianco di Car-rara. Il Museo della tortura ha fama di essere uno dei più macabri e in-quietanti al mondo. Si snoda su tre piani, collegati tra di loro da una scala a chiocciola, e mostra ai visitatori diversi metodi di tortura uti-lizzati durante tutto il periodo del Medioevo per procurare dolore fisico e far confessare una persona sospettata di delitti, stregoneria o congiure. Una raccapricciante raccolta di più di 100 congegni di tortura, alcuni dei quali decisamente agghiaccianti, come la sedia inquisitoria e il banco di stiramento, o strumenti di decapitazione come la ghigliottina o altri di punizione come la gogna. Ma ne tro-

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Visitare il Castello dentro nelle sue sale e nelle sue stanze, è un po’ come camminare a ritroso nel tempo, a quando vi dimoravano cavalieri e dame, e tanti intrighi politici ,amorosi, misteri, e assassi-ni venivano perpetuati all’ interno delle sue mura.

Il mastio è stato costruito attorno al 1150 dalla potente famiglia dei De Griffo che poi, caduta in disgrazia verso il papato, subì la perdi-ta del castello che passò al condottiero dei Guelfi di Romagna, Ma-latesta da Verucchio (detto Mastin Vecchio), capostipite e fondato-re della dinastia dei Malate-sta, i grandi Signori di Rimini, Cesena e Pesaro; furono in-fatti i Malatesta a edificare le due cinta murarie. Il Castello di Gradara è famo-so oltre che per la sua bellez-za e imponenza soprattutto per essere stato teatro della tragedia di Paolo e France-sca, la cui storia è passata di generazione in generazione e è stata celebrata dai più gran-di scrittori e artisti italiani, uno fra tutti Dante Alighieri che rilegò i due amanti sfortunati nel Canto V dell’Inferno della Divina Comme-dia , per l’eternità condannati a turbinare nel vortice della passione, ma almeno….per sempre insieme! Ma come è nata questa sfortu-nata storia d’amore? Siamo nel 1275, tempo in cui le giovani fan-ciulle nobili dovevano sottostare al volere del padre ( e del marito poi), che sceglieva per loro il candidato più adatto , e spesso erano contratti politici con le famiglie confinanti al fine di aumentarne i possedimenti e il potere. Francesca da Polenta era figlia di Guido Polenta signore di Ravenna e fu data in sposa al figlio di Mastin Vecchio (Malatesta da Verucchio) tale Giovanni Malatesta, detto Giangiotto a causa della sua storpiaggine. Mastin Vecchio , avvertì il futuro consuocero della bruttezza del figlio, ma le mire espansio-nistiche di Guido erano tali che scelse di sacrificare la bella figlia ingannandola, e facendole sposare per procura il fascinoso fratello di Giangiotto, Paolo chiamato il bello. Francesca quando vide Pao-lo all’altare se ne innamorò subito ( e probabilmente anche da lui subito ricambiata) e accettò di buon grado il matrimonio.

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sinonimo di acqua limpida e servizi efficienti. In que-sto quadro si inse-risce perfettamen-te Camerano, dal-le antichissime origini, nel cui sot-tosuolo si dirama un articolato per-corso ipogeo. Det-ta la ‘Capitale del Rosso Conero’, è un eccellente connubio di arte e natura. L’ Area Protetta del Conero, paradiso degli escursionisti, è percorsa da sentieri adeguatamente segnalati che raggiungono l’ apice delle sfumature in primavera, quando le ampie radure sono fiorite. Gli itinerari, percorribili anche in mountain bike o a cavallo, sono prati-cabili con l’aiuto della segnaletica, della carta per escursionisti e, a richiesta, delle guide del Parco. I prodotti tipici di questa terra sono il vino Rosso Conero, il miele, l’olio, la lavanda.

Dopo una giornata trascorsa tra le bellezze della natura e ritemprati nello spirito torniamo a Pesaro all’hotel per la cena.

LUNEDI’ 7 MAGGIO

Ultimo giorno! Lasciamo a malincuore Pesaro per recarci a visitare con la guida un ultimo gioiello: la Rocca di Gradara!

Il Castello di Gradara è sicuramente il simbolo del borgo stesso, e il monumento più visitato della regione Marche; esso è un castello-fortezza medievale, circondato da due cinte murarie , la più esterna delle quali si estende per quasi 800 metri, che rendono la struttura molto imponente. Essendo Gradara grazie alla sua particolare po-sizione geografica fin dai tempi antichi un crocevia di traffici e genti, durante il periodo medioevale la fortezza è stata uno dei principali teatri degli scontri tra le milizie fedeli al Papato e le turbolente ca-sate marchigiane e romagnole, infatti è stato dimora di molte im-portanti famiglie nobili dell ‘epoca, che hanno provveduto a lasciare i propri segni nella struttura urbanistica del castello.

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verete molti altri, testimonianza degli orrori della crudeltà umana. Decisamente più allegro è l’incredibile Museo delle curiosità di San Marino che conserva una collezione di oltre cento straordinarie in-venzioni, oggetti, notizie e personaggi del tutto insoliti e molto reali che mettono in luce l’ingegno e le infinite capacità umane. All’inter-no offre una vasta esposizione dove è possibile ammirare tante stranezze da Guinness dei primati, tra i quali i capelli e le unghie più lunghe del mondo, la trappola per pulci, l’uomo più grasso del mondo o la donna più bassa del mondo; inoltre nei mesi estivi i turi-sti possono approfittare di un mezzo di trasporto speciale, ossia una corriera Ford del 1913, che collega il museo ai parcheggi più distanti dal centro storico. Simbolo della città sono le Tre Torri medioevali, costruite a scopo difensivo che si trovano anche nelle monete e sulla bandiera della Repubblica di San Marino. La prima torre, detta la Guaita, è la più grande e antica delle tre. Risalente al XI secolo, si tratta di un vero e proprio castello: infatti, al suo interno, include una chiesetta e le prigioni. La seconda torre, la Cesta, sorge nel punto più alto del Monte Titano e internamente ospita il Museo delle Armi Antiche con oltre 700 esemplari di armi storiche. Infine, attraversando lo spettacolare Sentiero delle Streghe, un percorso in pietra molto suggestivo, che offre scorci spettacolari sull’intera vallata, si rag-giunge il “Montale”, la più piccola delle tre torri. Non può essere vi-sitata ma internamente si trova una prigione detta “fondo della tor-re”, profonda 8 metri. La Basilica di San Marino è dedicata al santo fondatore della Re-pubblica è centro della vita sociale e religiosa dei sammarinesi. Co-struita in stile neoclassico a partire dal 1826, dove un tempo sorge-va la vecchia Pieve cinquecentesca in Piazzale Domus Plebis, uno dei primi monumenti cristiani in Italia di stile preromanico. Oggi la basilica è composta dalle classiche tre navate e sotto l’altare mag-giore in una piccola urna sono conservate le reliquie del santo (il suo cranio pare si trovi all’interno della Sacra Teca a destra dell’al-tare). Degne di nota anche le statue dei Dodici Apostoli e il Reden-tore dello scultore Adamo Tadolini, le quattro Virtù Cardinali, lo scranno della Reggenza ed il dipinto denominato “Noli me tangere” di Elisabetta Sirani, raffigurante il Cristo Risorto. San Marino è una meta imperdibile per gli amanti dello shopping di ogni tipo. Vi atten-dono outlet, centri commerciali, mercatini e belle vetrine: c'è solo

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l'imbarazzo della scelta! Certo, merito anche di un carico fiscale più leggero. Non a caso, fare acquisti qui può essere più conveniente che in Italia. Ecco i "prodotti" più ricercati da chi viene da oltre con-fine: abbigliamento, calzature, profumi e cosmetici, elettronica, strumenti musicali. Ma non è tutto! Dal 1995 la Repubblica di San Marino ha istituito il Marchio di Origine e Tipicità per tutelare, valorizzare e promuovere la produzione artistica e tradizionale. Nel suo centro storico vi sono numerosi negozi e botteghe con prodotti locali e tradizionali sam-marinesi. Ceramiche dipinte a mano, oggetti d'arte lavorati in ferro, legno e materiali preziosi, pizzi, ricami e stampe su tela. E poi gu-stose produzioni dolciarie, come la torta Tre Monti, il dolce tipico di San Marino fatto di wafer , nocciole e cioccolata. Ore 13: è ora di pranzo. Il ristorante Bolognese ci offre bis di primi, se-condo con 2 contorni, dessert, 1/2 minerale e 1/4 di vino. Dopo pranzo terminiamo la visita di San Marino e torniamo al pullman che ci porta alla Rocca di San Leo dove ci incontriamo con la guida. San Leo si trova nella Val Marecchia, a circa 30 chilometri da Rimini e dalle sue spiagge affollate, e si arrampica tenacemente su uno sperone roccioso dalle pareti a stra-piombo. La zo-na in cui si trova San Leo è quel-la del Montefel-tro che deve il suo nome a Mons Feretrius, un importante insediamento di epoca romana sorto attorno al tempio consacrato a Giove Feretrio. Qui giunge dalla Dalmazia l’eremita Leo che, dopo aver lavorato come scalpellino, inizia a predicare e a diffondere il cristianesimo insieme a San Marino e si installa in cima al Monte Feliciano dove fonda la prima chiesa. La fortificazione che sorge in cima a questo sperone roccioso è molto ambita tanto che durante il medioevo passa di mano tra Bi-zantini, Longobardi, Goti e Franchi, senza contare i Montefeltro

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volpe, puzzola, riccio, donnola. Ed anche se non autoctoni ma or-mai adottati dall’area protetta, di cinghiali e caprioli. Punto noto di migrazione di rapaci, prezioso per chi ama il birdwatching, non di rado il Parco regala altresì lo spettacolo di aironi in volo o posati in punti di sosta. Approdo nel IV sec. A. C. dei Greci che hanno risali-to le coste meridionali in cerca di città da fondare, nel Conero i Dori hanno gettato le ancore e fis-sato la dimora, chiamando Komaros (corbezzolo) il pro-montorio ed Ancon (gomito) la curva settentrionale del Monte. Nel suo punto più alto c’è la Chiesa di San Pietro con i resti del complesso mo-nastico edificato poco dopo l’Anno Mille, dove vengono conservati elementi romanici come i capitelli decorati con motivi floreali o animali. Nell’ Area Protetta è incastonata parte di Ancona, capoluogo delle Mar-che, la città in cui il sole sorge e tramonta sul mare. E’ entrando dal porto della dorica che se ne apprezzano storia e ricchezze naturali. Da lì, alzando lo sguardo, si ammirano le linee romaniche della cat-tedrale di San Ciriaco, che con il suo portale vanvitelliano, simboli-ca porta che unisce l’Oriente all’Occidente, si protende sull’ Adriati-co. Altre emozioni anche dopo aver visitato i numerosi monumenti e piazze disseminati in città. Dal Passetto, attraverso una strada panoramica si giunge invece a Portonovo, l’incantevole baia dall’a-renile bianco e ciottoloso con i suoi due laghetti salmastri retrodu-nali, la Chiesetta romanica di Santa Maria, la Torre De Bosis (una torre di guardia settecentesca) ed un Fortino Napoleonico. Sirolo, borgo medievale, è uno dei gioielli del Conero sviluppatosi entro una rocca fortificata a strapiombo sul mare dove si trovano le spiagge ricercate da chi ama i paesaggi mozzafiato. Confinante con Sirolo è Numana antico porto piceno rifondato nel V secolo a.C. dai Siracusani. La cittadina offre al visitatore un centro storico caratterizzato da viuzze che si snodano tra casette ed una parte che vive attorno al porticciolo delimitato a nord da una scogliera alta e frastagliata, a sud dalle spiagge attrezzate ed al centro di Marcelli. Come a Sirolo, a Numana sventola la Bandiera Blu

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Il Parco Regionale Naturale del Conero è un palcoscenico di rara bellezza che comprende un tratto di costa alta, oltre ad un’ ampia fascia collinare interna, caratterizzati da scorci panoramici e da tanta storia. Un’area in totale di 6011 ha ricadenti nei territori di Ancona, Camerano, Numana e Sirolo. Di sassi bianchi come la pietra del Conero sono le calette ricavate dal Monte Conero, l’emergenza alta 572 m. a picco sull’Adriatico, unica nel suo genere da Trieste al Gargano. Le sue pendi-ci orientali sul mare sono costituite da falesie calcaree e nella parte re-stante è dominato da vaste forma-zioni mediterranee e boschi misti. Originatosi a seguito di una lunga azione di sedimentazione marina ini-ziata nel Giurassico, il Monte Conero è emerso nel Pliocene, cinque milio-ni di anni fa. La presenza di cave di-smesse, rende il Parco un ‘libro aperto’ sulla storia geologica della zona e sull’ intera successione strati-grafica dell’ Appennino umbro-marchigiano. Di particolare importan-za è la cava di Massignano, divenuta sezione tipo mondiale per il passag-gio Eocene/Oligocene, oggi attrezza-ta per le visite. Istituito nel 1987 per tutelare ricchezza e varietà di flora e fauna e di tesori culturali, il Parco Regionale del Conero vanta numero-se peculiarità botaniche come l’eu-forbia arborescente, la violaciocca e il finocchio selvatico. Tra le specie di mammiferi la salvaguardia del territo-rio consente la presenza del tasso,

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e i Malatesta che si strappano San Leo di mano fino al 1441, quan-do l’intraprendente Federico da Montefeltro scala il forte, lo espu-gna e lo fa ricostruire con il proposito di farla diventare inviolabile. Tra le cose da vedere c’è proprio questo forte conosciuto anche come Rocca di San Leo che per secoli ha rappresentato l’ultimo baluardo di difesa per la popolazione e che nel 1631 viene trasfor-mato in carcere (lo rimarrà fino agli inizi del Novecento). In una del-le sue celle viene rinchiuso anche Giuseppe Balsamo, più famoso forse come conte di Cagliostro: alchimista, guaritore, falsario e massone, che a San Leo sarà segregato a vita con la condanna di eresia. Oggi, il forte di San Leo è un gioiello che presenta eleganti linee rinascimentali ed è una delle più preziose testimonianze di arte militare nel nostro Paese. All’interno delle stanze della Rocca di San Leo è allestita una mo-stra permanente di armi e oggetti tipici della vita medievale, ma è possibile anche visitare le celle dove molti personaggi famosi sono stati rinchiusi. Non perdetevi anche il paesaggio che si può godere alle sue mura: l’occhio arriva fino alla costa adriatica sullo sfondo, con boschi, calanchi, borgate e case rurali che si alternano senza sosta in ogni direzione. Altro monumento importante è il duomo di San Leo di architettura romanico-lombarda e privo di fondamenta poiché poggia diretta-mente sulla roccia, all’interno della quale sono state scavate anche le anguste scale che portano alla cripta. Se volete scoprire il duo-mo da un punto di vista insolito, sappiate che è stato usato come sfondo per le avventure italiane di Lupin III, che nella nuovissima serie televisiva targata TMS si trova a San Leo per cercare di ruba-re un frammento della famosa collana di Maria Antonietta. Il titolo di monumento religioso più antico di San Leo, però, spetta alla sua pieve di Santa Maria Assunta che la tradizione vorrebbe nata sulla cella nella quale San Leo si ritirava per pregare. Posta su una protuberanza di roccia, la pieve rientra di diritto tra i monu-menti di origine medievale più affascinanti dell’Italia centrale e non lontano da essa è possibile trovare anche il Museo d’arte sacra all’interno del rinascimentale Palazzo Mediceo. Passeggiando tra le stradine del centro storico di San Leo vi imbat-terete anche nel cinquecentesco Palazzo della Rovere , oggi sede del Municipio, che potrete visitare durante gli orari d’ufficio. A San Leo ci sono anche una fonte romana raggiungibile seguendo il co-siddetto “giro di San Leone”, ovvero la via che percorre il masso

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leontino, la chiesa della Madonna di Loreto, nata come ringraziamento per aver salvato la popolazione dalla frana che de-vastò buona parte dell’abitato antico, e la Torre Civica, costruita in cima al “Monte della Guardia” e sfortunatamente aperta in poche occasioni come festività o eventi speciali. Proprio per gli eventi, San Leo e la sua Rocca sono molto co-nosciuti, soprattutto grazie ai numerosi festival che durante i mesi estivi richiamano tanti tu-risti da tutta Italia. A cominciare dal San Leo Festival che da giugno ad agosto vede un pro-gramma fatto di concerti di mu-sica classica e spettacoli serali capaci di coniugare sport, cultura e intrattenimento, che coinvolgono piazze e torri di San Leo. Ad ago-sto è il momento di AlchimiAlchimie , forse l’evento più popolare di San Leo, che prevede laboratori, conferenze, musica. Il festival si svolge nei giorni attorno all’anniversario della morte di Cagliostro (il

26 agosto) e richiama molti visitatori anche grazie al suo “mercatino alchemico” e alla zona street food che permette di assaggiare alcuni dei prodotti locali più famosi di San Leo. Riprendiamo ora il nostro viaggio per giungere verso l’ora di cena a Pesa-ro. Facciamo il check-in all’albergo, un po’ di riposo e poi a cena. Dopo la cena chi ha ancora delle forze farà una bella passeggiata rilassante sul lun-gomare. SABATO 5 MAGGIO Questa mattina , dopo la colazione, partiamo alla volta di Urbino per sco-prire le sue meraviglie e lì ci incontriamo con la guida. Urbino è stata definita la città ideale del Rinascimento. E’ stata la realizzazione del sogno del Duca Federico di Montefeltro che, da grande mecenate quale era, chiamò alla sua corte i più famosi artisti di quel periodo per costruire in perfetto rigore prospettico, e in piena visione classica, una città il cui assetto urbano sarebbe stato perfetto anche in un futuro. Effettivamente camminando per i vicoli, le piazze e i palazzi di

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con efficacia è giusto che cambi anche il modo con cui lo si vuol fare.

A Loreto Maria ti accoglie nella sua casa per farti rivivere la grazia di questo annuncio: » ti aiuta ad incontrare Gesù » ti aiuta a riconciliarti con Dio nella confessione; » ti aiuta a crescere come suo figlio Gesù » ti aiuta a riscoprire il valore della preghiera, del lavoro e dell'a-more; » ti aiuta a specchiarti nella vita della Santa Famiglia di Nazaret perchè la tua famiglia diventi una famiglia cristiana e la tua casa un'altra Santa Casa!

Accendi, o Maria, la lampada della fede in ogni casa d'Italia e del mondo.

Dona ad ogni mamma e ad ogni padre il tuo limpido cuore,

affinché riempiano la casa della luce e dell'amore di Dio.

Aiutaci, o Madre del sì, a trasmettere alle nuove generazioni

la Buona Notizia che Dio ci salva in Gesù, donaci il Suo Spirito d'Amore. Fa' che in Italia e nel mondo

non si spenga mai il canto del Magnificat, ma continui di generazione in generazione

attraverso i piccoli e gli umili, i miti, i misericordiosi e i puri di cuore

che fiduciosamente attendono il ritorno di Gesù, frutto benedetto del tuo seno.

O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria! Amen.

Per il pranzo ci spostiamo a Numana , sulla riviera del Conero, al risto-rante con il seguente menù: Tagliolini mazzancolle e vongole, Ciavattoni al ragù di cozze, Frittura di calamari, gamberi e sardoncini, insalata mi-sta, sorbetto 1/2 minerale, 1/4 di vino. Alle ore 15 ci attende la guida per una visita della Riviera del Conero.

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via, senza una vera e propria fondazione? La legge vigente a quell’epoca era chiara: in caso di inosservanza era prevista la demolizione dell’edifi-cio. Inoltre per sorreggere la struttura venne costruito un robusto muro per tutta l’altezza dell’edificio. Come ri-portato da Filippetti e Ravaglia nel libro “Gui-da insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Mar-che” l’ipotesi più proba-bile è quella che ricorda come Loreto facesse parte, all’epoca della traslazione, dello Stato della Chiesa, quando era Papa Celestino V, che regnò pochi mesi senza essere andato a Roma, dove come vicario era sostituito dal vescovo di Recanati. Il fatto che al livello decisionale più alto ci sia stato un importante personaggio collegato a Recanati, e anche il fatto che la cittadina era vicina ad Ancona, ossia il porto più importante dello Stato Pontificio […] può farci pensare che la destinazione, se ac-cettiamo l’ipotesi del trasporto via mare, fu decisa proprio a Roma. Il fatto che poi venne posta su una pubblica via lascia intendere che la sacra costruzione era di tutti e nessun privato poteva rivendicare diritti.” Altre prove a testimonianza dell’originalità del manufatto sono: i graffiti nelle pietre molto simili a quelli rinvenuti nella Terra Santa e più precisamente a Nazareth; due monete rinvenute nel sottosuolo che sono dell’anno del-la traslazione che si riferiscono al nipote di Niceforo; pollini di provenien-za palestinese; cinque piccole croci di stoffa rossa rinvenute in una cavità sotto “la Finestra dell’Angelo” tipica dei cavalieri crociati che forse si oc-cuparono del trasporto. Gli elementi sono questi. Ognuno è libero di far-si le proprie idee al riguardo. La Chiesa oggi sembra più propensa a diffondere il messaggio biblico-teologico che esprime la reliquia, più che il miracolo della traslazione angelica. Anche perché le epoche sono cam-biate da allora e se si vuole trasmettere un messaggio

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.

Urbino si ha come

la sensazione di

trovarsi in una città

moderna, costruita

recentemente,

questo perché il

classicismo è la

perfetta fusione fra

semplicità, bellez-

za, rigore e pro-

spettiva , quelli che

furono i pilastri del

Rinascimento Ita-

liano. Il risultato è che il centro storico di Urbino, è tutelato come

Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, e in poche centi-

naia di metri quadrati si concentra un patrimonio che ha segnato

l’arte e l’architettura d’Europa per molti decenni ! A Urbino inoltre

ha sede una delle Università più antiche d’Italia e forse d’Europa e

proprio per questo è piena zeppa di giovani studenti che animano

le sue stradine dal pomeriggio in poi, nei tantissimi localini dislocati

per il centro! Il Palazzo Ducale Definire il Palazzo Ducale solo un “palazzo” è assolutamente ridut-tivo: è una piccola città fortificata voluta da Federico da Montefeltro e fatta costruire a partire dal 1444, in modo da superare in bellezza tutte le altre residenze principesche d’Italia, in particolar modo con-tro i Medici di Firenze, suoi acerrimi nemici. Non era solo un modo di autocelebrare la propria potenza: voleva trasformare Urbino nel-la “Città ideale” di cui il Palazzo doveva essere l’espressione più elevata. Federico oltre a essere un celebre condottiero e capitano di ventura, era un ‘amante delle arti e per la costruzione del suo palazzo convocò gli artisti migliori, li ospitò e ve li fece lavorare. Per l’edificazione del Palazzo Ducale, così come lo voleva Federico, occorsero 30 anni, e diversi architetti . Sicuramente le due cose più belle del Palazzo sono la “Facciata dei torricini“, forse il punto più fotografato di Urbino e “Lo studiolo” di Federico un piccolo

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gioiello di pannellatura intarsiata su disegno dello stesso Federico, che nascondevano armadiature con sportelli a scomparsa! Oggi il Palazzo Ducale ospita la Galleria Nazionale delle Marche con ope-re di Raffaello, Tiziano e Piero della Francesca.

Duomo di Urbino Sempre sulla Piazza Duca Federico si affaccia il Duomo di Urbino che è la chiesa più importante della città, dedi-cata a Santa Maria Assunta; la grande chiesa accoglie i fedeli con la sua essenziale ed elegante facciata in pietra bianca preceduta da un monumentale scalone. La prima costruzione risale al 1021, sostituita da una nuova chiesa costruita da Francesco di Giorgi Martini, l’architetto di fiducia di Federico da Montefeltro che lavorò per molti anni anche al vicino Palazzo Ducale. Subì gravi danni do-po il terremoto del 1789, che culminò con la caduta della cupola che sprofondò sino ai sotterranei dell’ edificio; la ricostruzione fu affidata al romano Giuseppe Valadier che edificò l’attuale Duomo in stile neoclassico. La parte più interessante della Cattedrale sono le Grotte che nel corso dei secoli hanno ospitato una Confraternita. Durante la Seconda Guerra Mondiale, sono servite per proteggere dalle bombe e dai tedeschi le opere del Tesoro della Basilica di San Marco a Venezia.

Ex monastero di Santa Chiara Questo edificio, oggi sede dell ’I-SIA (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) ospitava in passa-to un convento di suore clarisse di clausura, fondato per volere del Duca Federico. Le suore clarisse ebbero sempre un ottimo rappor-to sia con la famiglia dei De Montefeltro prima e dei Della Rovere dopo, in quanto in questo edificio monastico vi si ritirarono la prima moglie di Federico Gentile Brancaleoni e una sua figlia, Elisabetta. Grazie alla dote di Elisabetta si potè restaurare il convento e fare nuove opere di ristrutturazione come il magnifico giardino pensile opera di Giorgio Martini, che si affaccia sulla splendida campagna urbinate! Per volere testamentaria qui fu sepolta anche la seconda Moglie di Federico Battista Sforza, e dal XVI la chiesa del conven-to divenne il mausoleo della famiglia della Rovere.

Percorrendo l’ omonima via Raffello si trova la Casa Natale di Raf-faello, situata nel quartiere artigiano. In questa casa Raffaello Sanzio nacque il 28 marzo 1483 e passò la sua infanzia formando-si nella bottega del padre, artista alla corte di Federico da

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Angeli avesse dei terreni proprio a Loreto fa pensare. Venuto a cono-scenza del documento, il monsignor Landrieux scrisse nel suo diario “Essa [la Santa Casa] è stata certamente tra-sportata a Loreto dalle mani degli Angeli, ma questi angeli non sono quelli del cielo. Il tempo obnubilò a poco a po-co il fatto storico e, agli Ange-li di Costantinopoli, la creden-za popolare ha sostituito gli angeli del cielo”. Importanti ricerche archeologiche ven-nero svolte sia a Loreto che a Nazareth per capire se quest’edificio sia realmente ciò che si pensa. Quello che vediamo oggi a Loreto, all’interno dell’involucro protettivo in marmo ideato dal Bramante e realizzato da rinomati scultori, è una stanza con una porta e una finestra (quella dell’Annunciazione): sono originali tre delle quattro pareti ma solo fino ai tre metri di altezza; la parte superiore e la quarta parete sono state aggiunte successiva-mente (nel 1536) in mattoni probabilmente del posto. Sem-bra corrispondere esattamente con la struttura presente all’e-poca (ed oggi scomparsa) a Na-zareth: tre pareti in pietra ad-dossate ad una grotta scavata nella roccia. Ma perché la San-ta Casa è stata collocata pro-prio in queste terre e sulla pub-blica

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nella notte del 12 maggio 1291, alcuni angeli la sollevarono e la traspor-tarono in Dalmazia, sulla costa dell’Adriatico tra Tersatto e Fiume, in una località chiamata Rauniza. Alcuni anni dopo, il 2 dicembre 1294, gli angeli la risollevarono per trasportarla in Italia, presso Recanati, in un bosco do-ve si trovava anticamente un tempio pagano. Ma la zona era infestata da pericolosi briganti, così che la casa fu trasportata, sempre miracolosa-mente, nel possedimento dei fratelli Antici, che però non seppero rendersi degni della grazia toccata loro, tanto che si impossessavano delle offerte dei pellegrini e litigavano tra loro per dividersele. Così gli angeli realizzarono la quarta ed ultima traslazione della Santa Casa, fino alla strada di Recanati

a mare, una pubblica via. Il sacro sacello fu fin dal suo arrivo oggetto di una grande cura e venne anche eretto un forte muro, detto dei recanate-si, per difendere la costruzione dalle intemperie e dal degrado del suolo.” La cosiddetta “questione lauretana” è stata, ed è, uno degli argomenti più dibattuti nella storia ecclesiastica dal XVI secolo ad oggi. Si crearono così due scuole di pensiero: chi sosteneva la veridicità del trasporto mira-coloso della Santa Casa per ministero angelico e chi sosteneva che questa fosse una semplice leggenda diffusasi nel tardo XV secolo. Negli anni il dibattito tra i due fronti si fece abbastanza rigido. Agli inizi del 1900, pe-rò, nuovi elementi vennero alla luce e sulla questione poterono formarsi nuove ipotesi. L’archiatra pontificio di Leone XIII, Giuseppe Lapponi, con-sultando un plico relativo a Loreto negli Archivi Vaticani scoprì un docu-mento risalente proprio all’epoca della presunta “traslazione miracolo-sa”. Questo documento del 1294, facente parte del Chartularium culisa-nense (un codice diplomatico di un antico ordine equestre), riporta l’elen-co notarile dei beni dotali di Margherita Angeli (figlia di Niceforo, despota d’Epiro) che proprio in quell’anno sposò Filippo II D’Angiò (figlio del re di Napoli, Carlo II). In questo elenco si legge, tra gli altri, Sanctas petras ex dmo Dominae Deiparae Virgini Ablatas (“le Sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio”). Sicuramente è stato un fulmine a ciel sereno per la comunità cattolica: secondo questa, ed altre fonti, quindi, una nobile famiglia bizantina di nome Angeli si incaricò nel XIII secolo di salvare i materiali della Santa Casa dalle insidie musul-mane per ricostruire a Loreto l’edificio originale. Non solo si ha una coin-cidenza dell’anno in cui avvenne questo spostamento (anche i mesi sono molto prossimi –ottobre/dicembre-) ma anche il fatto che la famiglia

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Montefeltro Al primo piano ci sono le copie dei dipinti di Raffaello e omaggi di altri arti-sti al grande pittore urbinate. Nella “Camera da letto di Raffaello” c’è un af-fresco che raffigura la “Madonna con Bambino” considera-ta una sua opera giovanile realizzata insieme al padre. Al primo piano c’è an-che un piccolo cortile con il pozzo e il lava-bo dove il padre ma-cinava i colori usati per le opere. Parco della Resistenza ( punto panoramico) Se volete vedere Urbino dal punto panoramico più perfetto, dovete assolutamente andare alla Fortezza Albornoz , chiamata anche la terrazza verde. Da qui il palazzo di Federico, le innumerevoli vie e piazze, i cam-panili delle chiese urbinati sono racchiuse in una “Dolce Vista” che sconfina oltre sino ai colli che cingono la città. Scendendo dalla Fortezza ci si ritrova nella Piazzetta del Carmine che nella sua pavimentazione ripropone l’antico gioco della cam-pana. Questa zona di Urbino con le sue strette viuzze, le sue sali-telle e particolari “piole” ovvero le tipiche strade urbinati con la pa-vimentazione con file aggettanti di mattoni, ha preservato quasi inalterato il suo carattere medioevale. Facendo la Scaletta di San Giovanni si arriva in Via Barocci dove si affacciano due tra i due più affascinanti edifici religiosi della città: gli Oratori di San Giovan-ni e di San Giuseppe. Oratorio di San Giovanni Non fatevi ingannare dalla banale facciata gotica di inizio 1900. Il capolavoro dell’Oratorio di San Giovanni è ben nascosto oltre il portone d’ingresso ed è dipinto sulle pareti: è il ciclo di affreschi dei fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni da San Severino (1400 circa) ,

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interpreti più impor-tanti del tardo gotico marchigiano. La co-sa che subito sor-prende è la “Crocifissione” che copre tutta la parete dell’abside: ci sono le tre croci, come vuole l’icono-grafia classica, con Gesù al centro e i due ladroni di lato: ma pian piano che ci si avvicina si nota quanta umanità giri intorno alla Passione di Cri-sto. La disperazione e l’ indifferenza, dei soggetti del quadro ani-mano la scena, trasportandola dalla realtà religiosa a quella terre-na. L’oratorio prende il nome dagli affreschi che sulla parete destra illustrano la vita di San Giovanni Battista.

Oratorio di San Giuseppe. La costruzione di questo edificio si deve all’omonima confraternita della quale fecero parte illustri urbi-nati. Salendo le scale c’è alla destra al bellissima Cappella del Presepio con al suo interno una cinquecentesca rappresentazio-ne di un presepe a grandezza naturale in stucco , tufo e pietra po-mice.

All’ora di pranzo, ore 13, ci rechiamo al ristorante La Balestra Antica, via Valerio 16, tel. 0722 2942 dove il menù comprende: garganelli del Duca, strozzapreti alla norcina, arista in porchetta. Patate arrosto e insalata mi-sta, dolce della casa, 1/2 minerale, 1/4 di vino.

Dopo il pranzo terminiamo la visita di Urbino e con il nostro pullman tor-niamo a Pesaro dove ci attende la guida per una nuova scoperta della cit-tà. PESARO Il centro storico di Pesaro è piuttosto raccolto e ruota intorno alla centralissima piazza del Popolo, al cui centro sor-ge una bella fontana ottagonale ornata di cavalli marini e di tritoni. Tra le stradine acciottolate si scorge ogni tanto una chiesa, che si mimetizza bene con l’ambiente circostante. In particolare, sono molto interessanti le facciate in mattoni a volte abbellite da decora-zioni sul portale. La Cattedrale, intitolata a Santa Maria Assunta, ha

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trovate la Sagrestia di San Matteo, la Cappella del Crocifisso, la Cappella del Sacramento o Francese, la Cappella Slava o dei Santi Cirillo e Metodio la Sagrestia di San Luca, la Cappella dell'Assunta o Americana, la Cappella del Coro o Tedesca, la Cappella del Sa-cro Cuore o Polacca, la Sagrestia di San Giovanni, la Cappella dei Duchi di Urbino, la Cappella di S. Giuseppe o Spagnola, la Cappel-la Svizzera o dei Santi Gioacchino e Anna, la Sagrestia di San Marco. La Sala del Tesoro è invece accessibile dal transetto di si-nistra, mentre sotto la cupola si trova la Santa Casa circondata dal rivestimento marmoreo realizzato da Donato Bramante. Intorno al Santuario sorgono poi diversi negozi dove trovare arredi e oggettistica sacra, inclusi negozi dove trovare statuine per il Pre-sepe .

IL MISTERO SVELATO

Ma come è possibile che questa reliquia così importante per il mondo cristiano si trovi proprio qui, nelle Marche? La questione è stata per molto tempo controversa e solo in questi ultimi tempi sembra uscire dalle nebbie del mistero.

L’affascinante leggenda della scoperta della Santa Casa a Loreto racconta che “più di settecento anni fa la gente del luogo, ancora immersa nel son-no, venne destata da una luce immensa ed improvvisa che dal cielo illu-minava il paesaggio sottostante: tutti uscirono dalle case per ammirare lo straordinario avvenimento, per poter capire la fonte di quella luminosità, che sembrava essersi stabilita ne pressi di Recanati, in mezzo ad un bosco infestato dai briganti. Allorché il sole sorse dal mare, l’arcano fu svelato: una casetta, tenuta sospesa da bellissimi angeli, si librava nell’aria fino a posarsi su un colle coperto da un bosco di lauri. A tutte le persone accorse sul posto apparve la casa di Nazareth, quella che Gesù aveva abitato per trent’anni; tutt’intorno era ancora profumo di fiori e si diffondeva un can-to melodioso e celestiale.” Nel Medioevo le reliquie sacre erano molto agognate. Le terre Palestinesi, già allora, erano martoriate da guerre con-tinue: ognuno, approfittando della situazione, voleva accaparrarsi la sua fetta di fortuna e gloria. Sembra che, a Nazareth, per proteggere la Santa Casa, si costruì una chiesa che la contenesse. “Ma i venti di guerra soffia-vano tempestosi e i Saraceni abbatterono l’edificio religioso e si prepara-vano a distruggere anche l’abitazione di Maria. Fu allora che,

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1294 con l'arrivo della reliquia costituita dalla Casa abitata dalla famiglia della Vergine Maria a Nazaret, quella dove Maria ha rice-vuto l'annuncio della nascita di Gesù. All'inizio la reliquia venne messa in posizione sopraelevata e coperta semplicemente da una volta. Poi arrivarono i portici, la chiesetta e infine venne costruita la Basilica vera e propria. Più precisamente, nel 1468 il vescovo di Recanati Nicolò dall'Aste iniziò i lavori per la co-struzione della protezione della Santa Casa, cercando anche di dare riparo al sempre crescente numero dei pellegrini. Nel 1469 il vescovo muore, ma Papa Paolo II decide di continuare i lavori. L'edificio venne concluso solamente nel 1587 con la co-struzione della facciata. Arrivia-mo così al 1604 quando venne indetto un concorso per la de-corazione della Sala del Teso-ro: il Pomarancio riuscì a batte-re Caravaggio, Guido Reni e Lionello Spada. La sala venne finita nel 1610, il Pomarancio cominciò ad occuparsi degli af-freschi della cupola, ma questi sono andati perduti. Nel frattempo Francesco Selva si dedica all'Atrio della Sacrestia, mentre Tiburzio Vergelli prestò la sua opera al Battistero, quello che si trova nella prima cappella di sinistra della Basilica. Per quan-to riguarda la fontana che si trova al centro della Piazza del San-tuario, venne aggiunta fra il 1604 e il 1614 da Carlo Maderno e Giovanni Fontana. Ricordiamo come la Basilica di Loreto sia un monumento di stile gotico-rinascimentale. Siti di interesse sono la Cupola, i Cammina-menti di Ronda, la facciata con le porte bronzee, il campanile Van-vitelliano e il monumento in memoria di Papa Sisto V, subito da-vanti alla facciata. All'interno, invece, partendo da sinistra

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origini antichissime e lo si può dedurre dai resti dei pavimenti a mo-saico in parte ancora visibili.

La casa natale di Gioachino Rossini .Tra i monumenti più noti della città è sicuramente la casa natale di Gioachino Rossini, il compositore italiano di fama mondiale la cui presenza a Pesaro è palpabile quasi in ogni dove. La casa si trova nella via che spacca in due il centro storico a lui dedicata (via Rossini, appunto), ed è un edificio di tre piani che cu-stodisce mate-riali provenienti da diverse do-nazioni che aiutano a rico-struire la vita del composito-re. Da fine lu-glio 2015 la casa si presen-ta completa-mente rinnova-ta grazie a un intervento di riqualificazione che l’ha resa più moderna, tecnologica e funziona-le. I Musei Civici di Palazzo Mosca I Musei Civici di Pesaro sono ospitati nell’elegante Palazzo Mosca, un tempo dimora di una delle più importanti famiglie della nobiltà pesarese, a due passi di numero da casa Rossini. Nei musei si tro-va una collezione permanente il cui pezzo forte è la pala dell’Inco-ronazione della Vergine di Giovanni Bellini, e una mostra tempora-nea.

La Domus romana di via dell’Abbondanza Ad arricchire l’offerta culturale della città di Pesaro da pochissimo tempo è possibile visitare l’area archeologica di via dell’Abbondan-za, in cui si trovano i resti di una lussuosa dimora signorile di prima età imperiale. Situata al piano zero di un condominio in via dell’Ab-bondanza, è stata rinvenuta nel 2004 durante dei lavori edili e resa fruibile al pubblico da agosto 2015. Ogni 30 minuti comincia una

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visita durante la quale vengono proiettati dei filmati della durata to-tale di 15 minuti circa con le ricostruzioni tridimensionali degli anti-chi ambienti della domus. I filmati raccontano le origini romane di Pesaro e le varie ipotesi legate alla domus di via dell’Abbndanza. Una full immersion nell’atmosfera della Pisaurum di epoca romana, insomma.

Villino Ruggeri Uno dei più bei esempi di liberty in Italia si trova pro-prio a Pesaro. In riva al mare, per giunta. È impossi-bile non notarlo. Villino Ruggeri fu realizzato fra il 1902 e il 1907 per opera dell’architet-to urbinate Giu-seppe Brega, anche se l’idea così esuberante venne al committen-te e proprietario Oreste Ruggeri, industriale farmaceutico, rimasto affascinato dall’architettura Art Nouveau francese. E se oggi il villi-no lo vediamo bicolor (bianco e verde), un tempo era completa-mente colorato, oltre che riccamente decorato. Son proprio le de-corazioni il pezzo forte di quest’umile dimora che, oltre ad essere esteticamente notevoli, sono pure innovative nella struttura: l’impie-go di cemento idraulico, non così comune per l’epoca, gli ha per-messo di resistere piuttosto bene agli agenti atmosferici e al salino.

La Palla Pomodoro Che la palla di Pomodoro sia diventata ne-gli anni recenti uno dei simboli di Pesaro è fuor di dubbio. Si trova lì, più fotogenica che mai, nel bel mezzo della fontana in piazzale della Libertà che precede il lungomare cittadino. Realizzata nel 1998 in bronzo dallo scultore Arnaldo Pomodoro è, in linea con tutte le altre sue opere, ossia apparentemente priva di significato. Che poi, il significato ce l’ha, ma per i più rimane semplicemente un punto di ritrovo. E per voi quale può essere il significato?

Pesaro è una città bike friendly e lo dimostra il fatto che non si è limitata al concetto di pista ciclabile, ma è andata ben oltre: in città

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esiste una vera e propria metro-politana di superficie dedicata a chi si sposta sulle due ruote, la bicipolitana appunto. Ci sono più di dieci linee della bicipolita-na che toccano le zone del cen-tro e i dintorni, tra cui la linea 2 che, affiancando la riviera Adria-tica, conduce dritti fino a Fano .

La statua di Pasqualòn

Non si tratta di una grandiosa opera d’arte ma è bello (e dove-roso) ricordare il personaggio che ritrae, tanto importante per la città di Pesaro, quanto sfortu-nato in vita. Odoardo Giansanti, in arte Pasqualón (1853-1932), è stato un poeta dialettale pesarese la cui storia è di quelle che fanno scendere le lacrime agli occhi: orfano di madre e abbando-nato dal padre in giovane età, vive di espedienti, patisce la fame e la solitudine e non si fa mancare nemmeno un periodo in manico-mio, da cui esce cieco e zoppo. Nonostante tutto, riesce a compor-re numerosi versi in dialetto che raccontano fatti di vita quotidiana e che riscuotono l’approvazione popolare. Anche se ottiene il plauso del pubblico, vive solo e povero fino alla fine dei suoi giorni, tirando a campare grazie all’elemosina e alle offerte della gente. La statua di Pasqualón si trova in piazzale Matteotti e lo ritrae con un cagnolino che si dice porti fortuna se lo si accarezza… Oggi è stata una giornata particolarmente impegnativa e molti di noi avranno sicuramente piacere di riposarsi all’hotel e cenare. Dopo la cena però qualcuno sicuramente potrà avventurarsi a scoprire Pesaro by night.

DOMENICA 6 MAGGIO Oggi, dopo colazione, partiamo per il Santuario della Santa Casa di Lore-to, dove, alle ore 10, La Corale Altavalborbera canta e anima la Santa Messa.

Il Santuario è una basilica pontificia. Tutto inizia il 10 dicembre