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Nel tardo 1890 è stata scritta un'unica ed eloquente novel- la spirituale da parte di uno dei più prolifici e popolari scrit- tori della Brahma-Madhva-Gau∂îya Sampradåya Sua Divina Grazia Ûrîla Bhaktivinoda Êhåkura presenta Jaiva-dharma La Natura Essenziale dell’Anima Seconda Parte Dalla traduzione di Ûrî Ûrîmad Bhaktivedånta Nåråya∫a Mahåråja Copyright © Gau∂îya Vedånta Samiti

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Nel tardo 1890 è stata scritta un'unica ed eloquente novel-la spirituale da parte di uno dei più prolifici e popolari scrit-tori della Brahma-Madhva-Gau∂îya Sampradåya

Sua Divina GraziaÛrîla Bhaktivinoda Êhåkura

presenta

Jaiva-dharmaLa Natura Essenziale

dell’Anima

Seconda Parte

Dalla traduzione di

Ûrî Ûrîmad Bhaktivedånta Nåråya∫aMahåråja

Copyright © Gau∂îya Vedånta Samiti

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SOMMARIOPrefazione di Ûrî Ûrîmad Bhaktiprajñåna KeΩava Gosvåmî Mahåråja . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . i

Capitolo Tredici . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11Pramå∫a e PrameyaCapitolo Quattordici . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41Prameya: Ûakti-TattvaCapitolo Quindici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69Prameya: Jîva-TattvaCapitolo Sedici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91Prameya: La jîva e MåyåCapitolo Diciassette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111Prameya: La liberazione della jîva da MåyåCapitolo Diciotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135Prameya: Bhedåbheda-TattvaCapitolo Diciannove . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161Prameya: Abhidheya-TattvaCapitolo Venti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187Prameya: Abhidheya-Vaidhî-Sådhana-BhaktiCapitolo Ventuno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215Prameya: Abhidheya-Rågånugå-Sådhana-BhaktiCapitolo Ventidue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237Prameya: Prayojana-TattvaCapitolo Ventitre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 255Prameya: Ûrî-Nåma-TattvaCapitolo Ventiquattro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273Prameya: Nåma-AparådhaCapitolo Venticinque . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287Prameya: Nåmåbhåsa

Volumi di Ûrîla Bhaktivedånta Nåråyana Mahåråja:In inglese:

Vaiß∫avism (Real & apparent)Going Beyond Vaiku∫†ha

Bhakti-rasåyanaVenu-gîtå

Ûrî Bhakti-rasåm®ta-sindhu-binduÛrî Mana˙-Ωikßa

Ûrî PrabandhåvalîBhakti-tattva-viveka

Ûrî Navadvipa-mandala-parikramaÛrî Vraja-mandala-parikrama

Pinnacle of DevotionÛrî UpadeΩåm®ta

Srimad Bhagavad-GitaJaiva-dharma

Srila Bhaktiprajnana Kesava Gosvami Maharaja, his life and teachingsIn italiano:

Il Nettare della Govinda-lîlåAndare oltre Vaiku∫†ha

La vera concezione di Sri Guru tattvaL’essenza di tutte le istruzioni

Lettere di Srila Prabhupada dall’America a Srila Narayana MaharajaRaggi di Armonia

Jaiva-dharma

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Ûrîla Bhaktivinoda Êhåkura è un intimo ed eterno com-pagno del salvatore delle moltitudini dell'età di Kali, Ûacî-nandana Ûrî Caitanya Mahåprabhu. Dopo che gli associatidi Ûrî Gaurahari, come i Sei Gosvåmî, Ûrî K®ß∫adåsa Ka-viråja, Ûrî Narottama Êhåkura e Ûrîla Visvanåtha Cakra-vartî Êhåkura ebbero lasciato questo mondo e furono en-trati nei loro passatempi non manifesti, i cento anni che se-guirono vengono considerati un periodo oscuro per la lineadei Gau∂îya Vaiß∫ava. Durante questo periodo non appar-ve nessun potente åcårya nella linea Gau∂îya che potesseportare avanti, come era stato fatto in precedenza, gli inse-gnamenti di Ûrîman Mahåprabhu nella loro forma pura.

In quel momento cruciale, nell'anno 1838, vi fu un even-to fortunato, Ûrîla Saccidånanda Bhaktivinoda Êhåkuranacque in una famiglia ben educata e di cultura nel villag-gio di Vîranagara vicino a Ûrî Navadvîpa dhåma, nel Ben-gala occidentale.

Egli inaugurò una nuova epoca per la linea Gau∂îyaVaiß∫ava: scrisse un centinaio di libri autorevoli e chiari sul-la scienza della bhakti in Sanscrito, Bengali, Hindi, Ingleseed altre lingue ancora.

In questo modo egli ristabilì l'integrità della nostra lineaGau∂îya e per questa mirifica opera i Gau∂îya Vaiß∫ava ri-marranno per sempre in debito con lui.

Nell'era moderna Ûrîla Bhaktivinoda Êhåkura ha riav-viato il bhakti-bhågîrathî o flusso del fiume di pura devo-zione (Ωuddha-bhakti). Per questo motivo egli viene ricor-dato con affetto anche come 'Settimo Gosvåmî'.

Ûrîla Bhaktivedånta Nåråya∫a Mahåråja

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Prefazione

Ûrî Ûrîmad Bhaktiprajñåna KeΩava Gosvåmî Mahåråja

“Quasi tutte le tradizioni religiose del mondo adottanovari metodi per propagare le loro idee. Con questo obietti-vo vengono pubblicati libri in molte lingue. E’ evidente chenel regno dell’educazione secolare, vi sono livelli elementa-ri, intermedi e avanzati, così come branchie della conoscen-za ad un livello basso e altre ad un livello più alto. Allo stes-so modo, è evidente e ammesso universalmente da coloroche leggono e sono profondamente eruditi nello studio com-parativo delle religioni, che vi sono delle gradazioni di co-noscenza negli insegnamenti metafisici delle diverse tradi-zioni religiose. Tra tutte queste ideologie religiose, le istru-zioni date da Ûrî Caitanya Mahåprabhu sulla religione diprema (puro amore) sono le rivelazioni più elevate da tuttii punti di vista. Sicuramente se i pensatori impaziali venis-sero esposti a questa sublime comprensione, accetterebbe-ro questo dato di fatto senza discutere.

Tutti vogliono essere ispirati da insegnamenti e ideali ele-vati ma come può questo desiderio positivo portare frutti?E’ con questo pensiero in mente che la grande personalitàliberata e gioiello della corona tra l’elite educata, ÛrîlaBhaktivinoda Thåkura con il suo personale esempio stabilìil supremo ideale di vita spirituale e scrisse molti libri sulvaiß∫ava-dharma in diverse lingue. In questo libro scrittocon un linguaggio semplice, è possibile trovare una vera de-scrizione degli insegnamenti di Ûrî Caitanya Mahåprabhu.E’ per questo che i pensatori religiosi del mondo considera-no questo Jaiva-dharma la quintessenza di tutti i libri.

Il Jaiva-dharma si riferisce a quella natura ofunzione caratteristica per la quale esiste l'anima.

L'essere vivente è un'entità spirituale eterna inquanto particella del Supremo. Poichè la parte è

fatta per servire il tutto, l'anima individuale èfatta per stabilire un'eterna relazione d'amore

con l'Anima Suprema. Questo amore divino è ildharma (occupazione) della jîva (entità vivente).Quando l'anima abbraccia questo dharma mentre

si trova in fase di perfezionamento, ciò vieneconosciuto come sådhana-dharma o sådhana-

bhakti, devozione come strumento perraggiungere la perfezione.

Attraverso questo dharma l'essere vivente sistabilisce nella sua identità eterna, in relazionecon il Signore. Quando si trova così situata, le

attività che la jîva svolge sono espressionenaturale della sua vera identità e vengono definitesådhya-dharma, funzione della perfezione ultima. Questo si riferisce alla prema-bhakti (devozionecon amore divino), poichè è solo nello scambio

d’amore con lo stesso obiettivo dell’anima che lajîva può trovare la completa soddisfazione. Di

conseguenza la bhakti, sia in fase diperfezionamento che di perfezione, è il nitya-

dharma (occupazione eterna) della jîva.

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tano solo un significato parziale degli Ωåstra; in altri casi laloro interpretazione copre il vero significato e in altri casiancora adottano una visione opposta all’intenzione origi-naria. Ûrîla Jîva Gosvåmî non si trova in nessuna di questetre categorie di persone e le istruzioni che fluirono dalla suapenna sono le istruzioni conclusive di Ûrîman Mahåprabhu,che equivalgono alle istruzioni contenute nei Veda, Upa-nißad, Mahåbharata e Ûrîmad-Bhågavatam. Prendendo co-me base l’impeccabile e completa spiegazione di questeistruzioni, circa quattrocento anni più tardi, Ûrîla Bhaktivi-noda Thåkura, conosciuto come settimo Gosvåmî, (che ap-parve non lontano da Ûrîdhåma Måyåpura, il luogo di na-scita di Ûrî Gauranga), essendo di cuore tenero e immede-simandosi con le pene delle jîve, scrisse il Jaiva-dharma inlingua Bengali. Questo libro è di beneficio per tutti gli es-seri umani, essendo oltre le distinzioni di razza, casta, reli-gione, luogo e tempo. Non solo questo, è di beneficio an-che per le jîve che nascono in altre specie di vita, siano pie-tre, animali, uccelli, insetti, pesci o altre entità mobili e im-mobili.”

ii

In questo mondo gli scritti più antichi sono i Veda. I lorocorollari che includono le Upanißad e altre opere scritte daÛrî Vyåsadeva (come il Vedånta-Ωutra, il Mahåbharata e loÛrîmad-Bhågavatam) sono tutte opere conosciute. Nel cor-so del tempo sono stati scritti vari libri ispirati dagli idealienunciati in questa letteratura. Essi sono stati diffusi larga-mente e perciò sono molto popolari. In questi libri non tro-viamo solo una varietà di pensieri e di punti di vista distintie contrastanti ma anche una reciproca esclusività, una po-larizzazione di dottrina e una filosofia speculativa. Ne so-no risultati sconvolgimenti e calamità della realtà religiosache continuano ad essere presenti anche oggi.

In queste precarie circostanze, la Persona SupremaSvayaµ Bhagavån, la Verità Assoluta, è apparso circa 500anni fa nel supremo tra i sette luoghi sacri, Ûrîdhama Måyå-pura a Navadvîpa dhåma, per liberare gli esseri viventi con-dizionati. A quel tempo il Signore potenziò specificata-mente alcuni dei Suoi cari associati a redigere libri che con-tenessero la vera spiegazione ed essenza di tutti gli ΩåstraVedici. Tramite questa letteratura il Signore desiderò in-stillare nel cuore di tutte le persone la bhakti che è la radicedella divya-jñåna, la conoscenza trascendentale. Tutti que-sti libri, ad eccezione di tre o quattro, furono scritti in San-scrito.

Ûrî Rüpa e Ûrî Sanåtana Gosvåmî furono tra i più eleva-ti e confidenziali associati di Ûrî Caitanya Mahåprabhu eÛ®îla Jîva Gosvåmî che era molto caro a Ûrî Rüpa e Ûrî Sanå-tana, estrasse l’essenza di tutti gli Ωåstra e scrisse i Sa†-san-darbha e altri libri in Sanscrito. Attraverso i loro sforzi,Svayaµ Bhagavån manifestò il Suo confidenziale desiderioesprimendo il Suo lîlå di liberare le jîve di questo mondo.

Coloro che sono incapaci di accertare il vero significatodegli Ωåstra sono obbligati ad interpretarli secondo la lorocomprensione relativa. In alcuni casi queste persone accet-

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Jaiva-dharma

CAPITOLO TREDICIPramå∫a e Prameya

Nel tardo pomeriggio, all'ora del go-dhüli, quando l'ariaè satura di polvere sollevata dagli zoccoli delle mucche chetornano alla stalla, Vrajanåtha giunse a Ûrîvåsångana. Si se-dette sopra un rialzo all'ombra delle fitte foglie di un albe-ro bakula in attesa dell'anziano Båbåjî Mahåråja. Båbåjî sitrovava nel suo bhajana-ku†îra, la capanna dove era solitofare il bhajana e, per qualche misteriosa ragione, nel suocuore fiorì un sentimento paterno di våtsalya-bhåva nei con-fronti di Vrajanåtha.

Non appena un lieve rumore segnalò l'arrivo diVrajanåtha, il Båbåjî uscì, lo abbracciò con affetto e lo con-dusse nel suo ku†îra, su di un lato del cortile, sotto un per-golato di fiori ku∫∂a, e lì invitò Vrajanåtha a sedersi accan-to a lui.

Vrajanåtha mise la polvere dei piedi di Båbåjî Mahåråjasulla propria testa e, sentendosi così benedetto, umilmentedisse: "Grande anima, ieri hai detto che mi avresti istruitosui DaΩa-müla, i principi essenziali dell'insegnamento diNimåi Pa∫∂ita. Ti prego, concedimi questa conoscenza!"

Dopo questa richiesta, Båbåjî MahåΩaya si sentì moltofelice e con affetto rispose: "Figlio mio, prima di tutto devospiegarti il significato dello Ωloka sütra, al cui interno si tro-vano in modo essenziale le dieci verità ontologiche deiDaΩa-müla. Tu sei uno studioso e quindi in grado di com-prendere bene il significato vero di questo Ωloka.

åmnåya˙ pråha tattvam harim iha paramam sarva-Ωaktiµ

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Svayaµ Bhagavån Ûrî Gaurångadeva ha qui trasmessoalle jîve fedeli le dieci tattva (verità fondamentali). La pri-ma è pramå∫a-tattva e le restanti nove sono prameya-tattva.Prima di tutto devi comprendere il significato di pramå∫a.Ciò che viene definito da pramå∫a (evidenza o prova) sichiama prameya (ciò che è stato provato); e tutto ciò trami-te cui viene provato prameya, si chiama pramå∫a.

Queste dieci fondamentali tattva (daΩa-müla-tattva) so-no state enunciate nello Ωloka appena recitato. Dunquesarà lo Ωloka successivo il primo vero Ωloka dei DaΩa-müla.Esso elabora la prima delle daΩa-müla-tattva, cioè l'auten-tica letteratura Vedica (åmnåya o pramå∫a-tattva). Dal se-condo all'ottavo Ωloka si descrive sambandha-tattva, la co-noscenza della Verità Suprema Assoluta e la Sua relazionecon le entità viventi (jîve) e con l’energia materiale (måyå).Il nono Ωloka descrive abhideya-tattva, il procedimento(sådhana) adatto per raggiungere lo scopo ultimo; il deci-mo Ωloka infine descrive prayojana-tattva, il sådhya (scopo).

Dopo aver ascoltato il significato dello Ωloka Vrajanåthadisse: "Båbåjî Mahåråja, non ho nulla da chiedere ora. Se,dopo aver ascoltato il secondo Ωloka, avrò qualche doman-da, sarò felice di sottoporla ai tuoi piedi di loto. Ora, ti pre-go, spiega il primo Ωloka dei DaΩa-müla."

Båbåjî rispose: " Molto bene. Ascolta con attenzione."

svata˙-Ωiddho vedo hari-dayita-vedha˙-prabh®titahpramå∫aµ sat-pråptaµ pramiti-vißayån tån nava-vidhån

tathå pratyakßådi-pramiti-sahitaµ sådhayati na˙na yuktis tarkåkhyå praviΩati tathå Ωakti-rahitå

DaΩa-müla 1

I Veda automanifesti, ricevuti all'interno della sam-pradåya (scuola filosofica autentica) attraverso la guru-pa-ramparå (catena disciplica) dai ricettacoli della misericor-

Jaiva-dharma

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Capitolo Tredici

rasåbdhiµ tad-bhinnåmΩåµΩ ca jîvån prak®ti-kavalitåntad-vimuktåµΩ ca bhåvåd bhedåbheda-prakåΩaµ sakalamapi hare˙ sådhanaµ Ωuddha-bhaktiµ sådhyam tat-prîtim

evety upadiΩati janån gauracandra˙ svayaµ sa˙

1. Pramå∫a: Gli insegnamenti dei Veda ricevuti attra-verso la guru-paramparå sono conosciuti come åmnåya (ciòche è rimesso alla memoria). L'infallibile evidenza dei Ve-da, degli sm®ti-Ωåstra, primo fra tutti lo Ûrîmad-Bhågavatam,così come l'evidenza della percezione diretta tramite i sen-si (pratyakßa) che è in accordo alla guida dei Veda, sono tut-ti accettati come pramå∫a (evidenze). Su queste evidenze sifondano le seguenti prameya (verità fondamentali):

2. Parama-tattva: Soltanto Ûrî Hari è la Verità Supremae Assoluta.

3. Sarva-Ωaktimån: Ûrî Krishna possiede illimitate e bendifferenziate Ωakti (potenze).

4. Akhila-rasåm®ta-sindhu: Egli è l'oceano contenentedolci nettari.

5. VibhinnåµΩa-tattva: Sia le entità eternamente libera-te (mukta-jîve) che le condizionate (baddha) sono Sue eter-ne particelle separate.

6. Baddha-jîve: Le anime condizionate sono offuscate damåyå.

7. Mukta-jîve: Le anime liberate sono libere da måyå.8. Acintya-bhedåbheda-tattva: L'intero universo, com-

posto da coscienza, jîve senzienti (cit) e materia non-sen-ziente (acit), sono l'acintya-bhedåbheda-prakåΩa di Ûrî Ha-ri, vale a dire una Sua manifestazione inconcepibilmenteuguale e differente da Lui.

9. Ûuddha-bhakti: Il servizio devozionale puro è l'unicapratica (sådhana) per giungere alla perfezione.

10. K®ß∫a-prîti: L'amore e l'affetto spirituale per Krishnasono il solo sådhya-vastu (supremo obiettivo) da raggiungere.

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i rishi compilatori degli sm®ti-Ωåstra hanno dato una spiega-zione corretta dei Veda?"

"L'evidenza si trova nello Ûrîmad-Bhågavatam (11.14.3),gioiello della corona costituita da tutti gli Ωåstra." RisposeBåbåjî.

kålena na߆å pralaye vå∫îyaµ veda-samjnitåmayådau brahma∫e proktå dharmo yasyåµ mad-åtmaka˙

tena proktå sva-putråya manave pürva-jåya såtato bh®go-ådayo 'g®h∫an sapta brahma-maharßaya˙

'Ûrî Bhagavån disse: "Quando, a causa dell'influsso deltempo, giunse la devastazione cosmica, i Veda in cui sonocontenute le Mie istruzioni sul bhågavata-dharma (doveresupremo) andarono perduti. Nel successivo giorno diBrahmå (brahma-kalpa), all'inizio della creazione, Io istruiidi nuovo Brahmå sul medesimo Veda, che è identico a Mestesso. Brahmå passò quella conoscenza dei Veda a suo fi-glio Manu che a sua volta istruì la stessa conoscenza ai set-te Brahmarishi capeggiati da Bhrigu."'

Vrajanåtha allora chiese: "Qual è la necessità di avereuna sampradåya, un sistema filosofico autentico trasmessoin successione disciplica?"

Båbåjî rispose: "La maggioranza delle persone di que-sto mondo si rifugia nella filosofia Måyåvåda e segue quel-la infausta via priva di bhakti (devozione). Se non ci fosseuna sampradåya apposita per coloro che praticano laΩuddha-bhakti (devozione pura), che è completamente pri-va di qualsiasi tinta Måyåvåda, sarebbe molto difficile otte-nere una genuina sat-sanga, la compagnia di sådhu autenti-ci. Perciò nel Padma Purå∫a viene stabilito:

sampradåya-vihinå ye mantrås te viphalå matå˙

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dia di Ûrî Hari come Brahmåjî e gli altri, sono conosciuti co-me åmnåya-våkya. Le nove prameya-tattva vengono stabi-lite da questi Veda åmnåya-våkya con l'aiuto di altripramå∫a che sono in linea con questi Ωåstra, come ad esem-pio l'evidenza ottenuta tramite la percezione diretta dei sen-si (pratyaksa). Le conclusioni basate solamente sulla logicasono sempre menomate quando valutano argomenti razio-nalmente non concepibili poichè la logica ed il ragionamen-to non possono accedere al regno dell'inconcepibile.

Vrajanåtha chiese: "Vi è nei Veda una qualche evidenzadel fatto che Brahmåjî diede istruzioni attraverso la succes-sione disciplica?"

Båbåjî rispose: "Sì. Nella Mu∫∂aka Upanißad (1.1.1)viene scritto:

brahmå devånåm prathama˙ sambabhüvaviΩvasya karttå bhuvanasya goptå

sa brahma-vidyåµ sarva-vidyå-prati߆håmatharvåya jye߆ha-putråya pråha

'Brahmåjî, creatore dell'universo e protettore dei mon-di, fu il primo deva che si manifestò. Egli diede tutte le istru-zioni sulla brahma-vidhyå, base d’ogni conoscenza, a suo fi-glio primogenito Atharva.'

Inoltre nella Mu∫∂aka Upanißad (1.2.13) si afferma:

yenåkßaraµ purusaµ veda satyaµprovåca tåµ tattvato brahma-vidyåm

'Brahma-vidyå è quella conoscenza che rivela la verasvarüpa (forma) di Para-brahma, l'indistruttibile Purußot-tama, la Persona Suprema.'”

Vrajanåtha allora chiese: "Qual è l’evidenza secondo cui

Jaiva-dharmaCapitolo Tredici

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'Brahmå, creatore dell'universo, è discepolo di Para-meΩvara Ûrî Nåråya∫a e Nåradajî divenne discepolo diBrahmå. Vyåsadeva divenne poi discepolo di Nåradajî.'

Ωuko vyåsasya Ωisyatvaµ pråpto jñånåvarodhanåtvyåsål labdho k®ß∫a-dîkßo madhvåcåryo mahåyaΩa˙

'Ûrî Ûukadevajî divenne il discepolo di Ûrî Vyåsadeva efermò la diffusione della conoscenza impersonale. Ancheil celebrato Madhvåcårya ricevette k®ß∫a-dîkßå (l’iniziazio-ne) da Ûrî Vyåsadeva e Ûrî Narahari divenne discepolo Ωißyadi Madhvåcårya.'

tasya Ωißyo narahari tac-chißyo mådhavo dvija˙akßobhyas tasya Ωißyo 'bhüt tac-chißyo jayatîrthaka˙

'Mådhva-dvija divenne discepolo di Narahari.Akßobhya fu discepolo di Mådhva-dvija e accettò Jayatîrthacome discepolo.'

tasya Ωißyo jñånasindhus tasya Ωißyo mahånidhi˙vidyånidhis tasya Ωißyo råjendras tasya sevaka˙

'Jñånasindhu divenne discepolo di Jayatîrtha, Mahå-nidhi di Jñånasindhu, che a sua volta accettò Vidyånidhi co-me discepolo; Rajendra divenne discepolo di Vidyånidhi.'

jayadharmo munis tasya Ωißyo yad-ga∫a-madhyata˙Ωrîmad-viß∫upurî yas tu bhakti-ratnåvalî k®ti˙

'Jayadharma Muni divenne discepolo di Rajendra e unodei suoi seguaci di nome Ûrî Viß∫u Purî, che compose ilBhakti-ratnåvalî, fu un eccelso åcårya.'

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Ωrî-brahma-rudra-sanakå vaiß∫avå˙ kßiti-påvanå˙

'Gli åcårya (maestri) Vaiß∫ava delle quattro sampradåye,vale a dire: Råmånujåcårya per la Ûrî-sampradåya,Madhvåcårya per la Brahma-sampradåya, Viß∫uswåmî perla Rudra-sampradåya e Nimbåditya per la Catu˙sana-sam-pradåya, purificano l'intero universo. I dîkßå mantra nonricevuti da åcårya appartenenti ad una di queste quattrosampradåye non daranno nessun esito.'

Tra queste quattro, la Brahma-sampradåya è la più anti-ca, giunta fino ai giorni nostri attraverso la successione di-sciplica. Queste sampradåye aderiscono al sistema guru-pa-ramparå (successione di maestri) ed hanno trasmesso inal-terati dai tempi più antichi, il Vedånta e le altre letterature,le più auspiciose, fino ai giorni nostri. Per la potenza del si-stema paramparå non esiste la minima possibilità che siastato fatto un qualsiasi cambiamento o eliminata una qual-che parte della conoscenza originaria. Non vi è quindi nes-suna ragione di dubitare della letteratura autorizzata dallasampradåya. La sampradåya è un sistema concreto e indi-spensabile, e per questa ragione la sat-sampradåya vieneproseguita da santi e da sådhu fin dall'antichità."

Vrajanåtha chiese: "Si conosce, l’ordine di successionedegli åcårya della sampradåya?"

Båbåjî: "Solo i nomi degli åcårya preminenti fra quelliche via via sono apparsi nel corso del tempo."

"Mi piacerebbe conoscere la guru-paramparå dellaBrahma-sampradåya." Incalzò Vrajanåtha.

"Va bene" rispose il Båbåjî:

para-vyomeΩvarasyåsîc chißyo brahmå jagat-pati˙tasya Ωißyo nårado 'bhüd vyåsas tasyåpa Ωißyatåm

Jaiva-dharmaCapitolo Tredici

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(pratyakßa) e altri tipi di evidenza dipendono dai sensi, mapoichè i sensi della jîva condizionata sono sempre soggettiall'illusione (bhrama), all'errore (pramåda), all'inganno (vi-pralipså) e all'imperfezione (kara∫åpå†ava), come può laconoscenza acquisita tramite i sensi essere vera e senza er-rore? Colui che possiede tutte le potenze, Colui che è do-tato d’indipendenza assoluta, Ûrî Bhagavån, Si manifestapersonalmente come conoscenza Vedica perfetta nei cuoripuri dei grandi maharishi e dei santi åcårya in perfettosamådhi. I Veda, di per sè evidenti, sono la forma originariadella conoscenza immacolata, sempre infallibili e perciòun'evidenza completamente affidabile."

"Ti prego, aiutami a comprendere chiaramente ognunodi questi termini: bhrama, pramåda, vipralipså ekara∫åpå†ava." Chiese Vrajanåtha.

Båbåjî spiegò: "Bhrama (illusione) è la falsa impressio-ne della realtà che la baddha-jîva, l'anima condizionata, de-riva da una conoscenza basata su sensi imperfetti. Capita,ad esempio, che nel deserto i raggi del sole a volte produca-no il miraggio dell'acqua.

Questa falsa impressione, che porta a compiere errori,viene chiamata pramåda. Poichè l'intelligenza materialedella baddha jîva è per natura limitata, in relazione all'illi-mitata para-tattva (Verità Suprema), gli errori sono inevita-bili anche nel siddhånta (verità filosofica) che la sua intelli-genza limitata percepisce.

Vipralipså è la propensione all'imbroglio. Si manifestain una persona che ha un’intelligenza limitata dal tempo edallo spazio e che è dubbiosa e riluttante a credere nella ca-pacità d'azione e nell'autorità di ÈΩvara, il Quale si trova ol-tre tempo e spazio.

Il fatto che i nostri sensi siano imperfetti e scarsamenteefficaci viene definito kara∫åpå†ava. A causa di ciò nonpossiamo evitare di commettere errori nelle vicende quoti-

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jayadharmasya Ωißyo 'bhüd brahma∫ya˙ purußottama˙vyåsa-tîrthas tasya Ωißyo yaΩ cakre viß∫u-saµhitåm

'Discepolo di Jayadharma fu Brahmanya Purußottama,che a sua volta accettò Vyåsa-tîrtha, autore della Viß∫u-saµhitå, come discepolo.'

Ωrîmal lakßmîpatis tasya Ωißyo bhakti-rasåΩraya˙tasya Ωißyo mådhavendro yad-dharmo 'yaµ pravartita˙

'Ûrî Lakßmîpati fu discepolo di Vyåsa-tîrtha e Mådha-vendra Purî, che fu una personificazione del bhakti-rasa, ilsentimento devozionale, e che propagò il bhakti-dharma, lavia della bhakti, fu discepolo di Lakßmîpati.'”

A questo punto Vrajanåtha chiese: "Nel primo Ωloka deiDaΩa-müla, i Veda vengono accettati come l'unica eviden-za (pramå∫a) mentre le altre pramå∫a, come ad esempiopratyakßa (la percezione diretta), vengono accettate comeevidenza solamente se in linea con i Veda. Filosofie comela nyåya e la sånkhya hanno però accettato anche altri tipi dievidenze. Gli esperti dei Purå∫a hanno accettato otto tipi dipramå∫a: la percezione diretta (pratyakßa), le conclusioniderivanti dall'esperienza in genere (anumåna), le analogie(upamåna), la conoscenza rivelata (Ωabda), le istruzioni pro-venienti dalla tradizione (aitihya), le conclusioni tratte dal-le circostanze (arthåpatti), la speculazione (sambhava) e lacomprensione di qualcosa non percettibile (anupalabdhi).Perchè vi sono tante opinioni riguardo alle pramå∫a? E sela percezione diretta e le conclusioni basate sull'esperienzanon sono enumerate tra le pramå∫a perfette, com'è possi-bile avere una comprensione vera? Ti prego, illuminami suquesto punto."

Båbåjî con pazienza rispose: "La percezione diretta

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accettati come evidenze poichè espandono il senso intimodei Veda."

Vrajanåtha ancora chiese: "Vi sono molti libri nella li-nea Vedica; quali vengono accettati come evidenze e qualino?"

Båbåjî rispose: "Nel tempo manipolatori e persone sen-za scrupoli hanno inserito nei Veda molti capitoli, ma∫∂ala(sezioni e divisioni) e mantra, solo per soddisfare i loro in-teressi egoistici. Queste parti inserite successivamente sonoindicate come prakßipta (aggiunte). Non dobbiamo quindiaccettare tutti i testi Vedici come evidenze attendibili.Quella letteratura Vedica (grantha) che gli åcårya dellesampradåye autentiche hanno accettato come evidenze, so-no sicuramente Veda ed evidenze autorevoli, ma dobbiamorifiutare quella letteratura o quelle parti di letteratura da lo-ro non avallate."

"Quali grantha Vedici hanno accettato gli åcårya dellesat-sampradåye autentiche?" Chiese allora Vrajanåtha.

"IΩa, Kena, Ka†ha, PraΩna, Mu∫∂aka, Må∫∂ükya, Tait-tirîya, Aitareya, Chåndogya, B®ha∂-åra∫yaka, ÛvetåΩvatarae Gîtå, queste dodici såttvika Upanißad sono state accetta-te, come anche la Gopåla Upanißad, il N®siµha-tåpanî e al-cuni altri tåpanî che sono di ausilio nell'adorazione," rispo-se prontamente Båbåjî. "Gli åcårya hanno accettato comeletteratura Vedica anche i bråhma∫a e i ma∫∂ala, se ap-profondiscono i Veda e seguono la guida del Rg, Såma,Yaju˙ e Atharva Veda. Noi riceviamo tutta la letteraturaVedica dagli åcårya delle sat-sampradåye, quindi possiamoaccettarli come evidenze provenienti da una fonte autenti-ca."

E Vrajanåtha ancora: "Vi è una qualche evidenza nei Ve-da in cui si dica che la logica non può toccare i temi che ri-guardano la trascendenza?"

Båbåjî rispose: "Nei Veda ve ne sono molte e famose, co-

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diane. Per esempio quando alla prima occhiata vediamo unoggetto e ci capita di scambiarlo per qualcos'altro, giun-gendo così a conclusioni errate."

Vrajanåtha chiese: "Allora la percezione diretta(pratyakßa) e altre pramå∫a non valgono nulla come evi-denze?"

"Come possiamo conoscere questa materialità se nonmediante la percezione diretta e le altre pramå∫a? Rispo-se Båbåjî. "Ciò nonostante queste non potranno mai far co-noscere il mondo spirituale (cit-jagat) perchè non lo posso-no raggiungere. Ecco perchè i Veda sono per certo le soleed uniche pramå∫a per giungere a conoscere il cit-jagat. Leevidenze ottenute dalla percezione diretta e dalle altrepramå∫a sono valide solo se seguono le linee guida della co-noscenza Vedica, altrimenti sono da scartare in quanto noneffettive. Per questo motivo solo i Veda automanifesti co-stituiscono l'unica vera evidenza. Anche la percezione di-retta (pratyakßa) e le altre pramå∫a si possono accettare co-me evidenze, ma solamente se coerenti con i Veda."

Vrajanåtha ancora chiese: "Opere come la Gîtå e il Bhå-gavatam si possono considerare pramå∫a?"

Båbåjî rispose: "La Bhagavad-Gîtå è considerata unaUpanißad (Gîtå Upanißad) perchè contiene le istruzioni(vå∫î) date da Bhagavån stesso; infatti la Gîtå è Veda. Si-milmente, anche la DaΩa-müla-tattva è bhagavat-vå∫î per-chè contiene le istruzioni di Ûrî Caitanya Mahåprabhu che èKrishna stesso, e quindi è anch'essa Veda. Lo Ûrîmad-Bhå-gavatam è il gioiello della corona costituita da tutte lepramå∫a perchè raccoglie l'essenza dei Veda. Le istruzionicontenute nei diversi Ωåstra invece sono un'evidenza auto-revole solamente se coerenti con la conoscenza Vedica. Visono tre tipi di tantra-Ωåstra: såttvika (virtuosi), råjasika (in-flenzati dalla passione) e tåmasika (in ignoranza). Tra que-sti il Pañcaråtra e altri sono del gruppo såttvika e vengono

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'Si può comprendere la verità essenziale della devozio-ne (bhakti-tattva) quando si ha anche solo un poco di ruci(gusto) per quegli Ωåstra che, come lo Ûrîmad-Bhågavatam,ne parlano. Tuttavia non la si può comprendere tramite lasola arida logica perchè essa non ha basi e non si pone maifine al discutere.'

Come detto in questa antica affermazione, a nulla di ge-nuino si perviene con la logica e con le discussioni:

yatnenopådito 'py artha˙ kuΩalair anumåt®bhi˙abhiyuktatarair anyair anyathaivopapådyate

'Qualsiasi logico, usando il ragionamento, può definirecon chiarezza qualunque soggetto, ma qualcuno più esper-to di lui nel ragionamento può facilmente confutare le suetesi. Si può usare la logica per stabilire un principio filoso-fico (siddhånta) valido oggi ma un logico più intelligente equalificato sarà capace domani di confutarlo; allora perchèaffidarsi alla logica?'”

Con umiltà Vrajanåtha disse: "Båbåjî, ho ben compresoche qualsiasi evidenza contenuta nei Veda è di per sè evi-dente. Alcuni logici argomentano contro i Veda ma i lorosforzi sono vani. Ora, ti prego, sii misericordioso e spiega-mi il secondo Ωloka della DaΩa-müla-tattva."

E Båbåjî:

haris tv ekaµ tattvaµ vidhi-Ωiva-sureΩa-pra∫amita˙yad evedaµ brahma prak®ti-rahitaµ tat tv anumaha˙

paråtmå tasyåµΩo jagat-anugato viΩva-janaka˙sa vai rådhå-kånto nava-jalada-kåntiΩ cid-udaya˙

'In effetti Ûrî Hari, cui Brahmå, Ûiva, Indra e altri deva

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me ad esempio: ‘naißå tarkena matir åpaneyå, l'intelligenzache si applica all'åtma-tattva (verità sull'anima), non và di-strutta con la logica speculativa (tarka)' (Ka†ha Upanißad1.2.9); ed anche l'affermazione tratta dal Vedånta-sütra:‘tarkåprati߆hånåt, gli argomenti basati sulla logica sono sen-za fondamento e non possono venir utilizzati per una qual-che conclusione riguardante la realtà cosciente, perchè ilfatto che qualcuno oggi la possa trarre con la logica ed il ra-gionamento, presuppone che domani possa essere confuta-ta da qualcun'altro più intelligente e qualificato. Per que-sto il processo della discussione è infondato e senza sostan-za.' (Brahma-sütra 2.1.11).

Inoltre nei Veda si afferma:

acintyå˙ khalu ye bhåvå na tåµs tarke∫a yojayetprak®tibhya˙ paraµ yac ca tad acintyasya lakßa∫am

Mahåbhårata, Bhîßma-parva 5.22

'Tutte le verità spirituali (tattva) vanno oltre la naturamateriale e sono quindi inconcepibili. Gli aridi argomentispeculativi si trovano sotto la giurisdizione della natura ma-teriale e quindi si possono applicare soltanto a questionimondane. Essi non possono neppure accostarsi alle tattvatrascendentali, che dire poi di afferrarle! Per quanto con-cerne i concetti inconcepibili, applicarvi argomentazioni ari-de è inutile e sconveniente.'

Questo Ωloka, tratto dal Mahåbhårata, stabilisce i limitidella logica e Ûrîla Rüpa Gosvåmî, åcårya della via della de-vozione (bhakti-marga), ha perciò scritto nel Bhakti-ra-såm®ta-sindhu (Divisione Orientale 1.1.32):

svalpåpi rucir eva syåt bhakti-tattvåbodhikåyuktis tu kevalå naiva yad asyå aprati߆hatå

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di Bhagavån è la Sua risplendente bellezza (Ωrî); le tre qua-lità di opulenza (aiΩvarya), forza (vîrya) e fama (yaΩa), so-no le Sue anga (parti del corpo). Le restanti due qualità, co-noscenza (jñåna) e rinuncia (vairågya), sono lo splendoredella fama poichè jñåna e vairågya sono solo attributi di unaqualità e non delle qualità originarie vere e proprie. Perciòjñåna e vairågya sono in realtà nirvikåra-jñåna, l'intrinsecaforma costitutiva del nirviΩeßa-brahma, vale a dire l'efful-genza del corpo di Ûrî Krishna, provieniente dal mondo spi-rituale. L'immutabile e immobile nirviΩeßa-brahma, che esi-ste senza corpo, parti del corpo e qualità, non è in sè e per sèuna verità completa; al contrario, esso dipende dalla formaspirituale di Bhagavån. Il brahman non è perciò un'entitàsuprema (vastu) che esiste di per sè; è solo una qualità delvastu. Di fatto il vastu è Bhagavån, e il brahman è una Suaqualità, proprio come la luce del fuoco non è una veritàcompleta e indipendente ma solamente una qualità del fuo-co."

Vrajanåtha incalzò: "Le qualità dell'impersonale nir-viΩeßa-brahma sono state descritte in molti punti nei Veda ealla fine, per descrivere la Verità Suprema, la causa di tuttele cause, Ûrî Hari, viene sempre utilizzato il mantra 'oµ Ωån-ti˙ Ωånti˙ hari˙ oµ'. Ma chi è Ûrî Hari?”

Båbåjî rispose: " Ûrî Hari è di fatto cit-lîlå-mithuna la for-ma combinata di Rådhå e Krishna che compiono divini pas-satempi."

"Su ciò porrò delle domande più avanti," disseVrajanåtha. "Ora, gentilmente, dimmi chi è il Paramåtmå,Colui che pervade l'universo? E' una manifestazione par-ziale di Bhagavån?"

Båbåjî rispose: "Permeando ogni cosa con le Sue qualitàdi aiΩvarya (opulenza) e vîrya (forza), e dopo aver creatotutti gli universi, Ûrî Hari vi penetra tramite una Sua aµΩa(manifestazione parziale), Viß∫u. Ogni aµΩa di Bhagavån

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offrono continuamente i loro pra∫åma (prostrati omaggi), èl'unica Suprema Assoluta Verità. L’aspetto impersonaledella Verità (nirviΩeßa-brahma) privo di Ωakti (potenze) èl'effulgenza di Ûrî Hari. Mahå-Viß∫u, Creatore dell'univer-so, nel quale è penetrato come immanente Superanima, èsemplicemente una Sua manifestazione parziale. E' Ûrî Ha-ri soltanto la vera forma della realtà spirituale (cit-svarüpa),Egli ha il colore di una nuvola carica di pioggia ed è ÛrîRådhå-vallabha, l'amato di Ûrî Rådhå.'”

"Le Upanißad descrivono il brahman che trascende lamateria come Suprema Verità; che argomenti o evidenze hausato Ûrî Gaurahari per stabilire che brahman è l'effulgen-za del corpo di Ûrî Hari?" Chiese Vrajanåtha.

Båbåjî replicò: "Ûrî Hari è certamente Bhagavån e la Suavera natura è stata definita nel Viß∫u Purå∫a (6.5.74):

aiΩvaryasya samagrasya vîryasya yaΩasa˙ Ωriya˙jñåna-vairågyayoΩ caiva ßa∫∫åµ bhaga itînganå

'Bhagavån è la Suprema Assoluta Verità e possiede seiinconcepibili qualità: totale opulenza, forza, fama, bellezza,conoscenza e rinuncia.'

Vi è una relazione tra queste qualità del corpo (angî) e leparti del corpo (anga). Ma quali di queste sono angî e qua-li sono anga? Angî (qualità del corpo) sono quelle che in-cludono anga (parti del corpo). Per esempio: l'albero è an-gi e le foglie ed i rami sono anga; il corpo è angî e i piedi e lemani sono le sue anga. Perciò la principale qualità (angî-gu∫a) rappresenta il corpo nella sua interezza e a quellaqualità fanno riferimento tutte le parti del corpo (anga-gu∫a).

La principale qualità (angî-gu∫a) della forma spirituale

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tareya Upanißad 1.1.1);‘sa imål lokån asrjat, quel Paramåtmå crea l'universo mo-

bile ed immobile dopo aver posato il Suo sguardo su måyå.’(Aitareya Upanißad 1.1.2)

Il potere dello sguardo di Kåra∫odakaΩåyî Viß∫u, posan-dosi su måyå, diventa GarbhodakaΩåyî Viß∫u. Gli atomi lo-calizzati nei raggi del trascendentale sguardo di quel Mahå-Viß∫u sono le anime condizionate. Nel cuore di ogni jîva èsituato l'IΩvara, l'espansione di KßîrodakaΩåyî Viß∫u, che hala dimensione di un pollice, conosciuto anche col nome diHira∫yagarbha. La ÛvetåΩvatara Upanißad afferma (4.6):'dvå supar∫å såyujå sakhåyå', l'åtmå (anima) e il Pa-ramåtmå si trovano nel cuore dell’entità vivente (jîva) co-me due uccelli sul medesimo ramo di un albero. Il primo diquesti uccelli è ÈΩvara, che concede i risultati delle azioni,l'altro è la jîva che gusta i frutti delle proprie azioni.' ÛrîBhagavån ha espresso questa tattva nella Gîtå-Upanißad co-me segue (10.41):

yad yad vibhütimat sattvaµ Ωrîmad ürjitam eva våtat tad evåvagaccha tvaµ mama tejo'µΩa-sambhavam

'Devi comprendere che ricchezza, esistenza, splendore epotenza provengono da una piccolissima parte della Miaopulenza perciò, Arjuna, che necessità c'è di comprenderetutti i Miei attributi? Semplicemente considera che con unaMia espansione manifesto un'intera creazione che poi per-vado completamente.'

Quindi la creazione ed il mantenimento dell'universoche sono prerogative di Dio, vengono espletate dal Pa-ramåtmå, la manifestazione parziale (aµΩa-svarüpa) del pa-rama-purußa Bhagavån."

Vrajanåtha allora chiese: "Ho capito che brahman è l'ef-

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rimane pur sempre completa; nessuna Sua manifestazione èmai incompleta.

pür∫am ada˙ pür∫am idaµ pür∫åt pür∫am udacyatepür∫asya pür∫am ådåya pür∫am evåvaΩißyateB®had-åra∫yaka Upanißad (5.1) e IΩopanißad

'L'avatårî-purußa (l'origine di tutti gli avatåra) è comple-to e perfetto. Poichè Egli è perfetto, tutti gli avatåra cheemanano da Lui sono anch'essi completi. Tutto ciò cheemana dal Supremo Completo è completo. Ed anche se uncompleto viene sottratto dal completo, il Completo Origi-nario rimane sempre completo. In nessun modo quel Para-meΩvara sperimenta una qualche riduzione.'

Perciò quel tutto completo, Viß∫u, che entra nell'univer-so e lo controlla è sicuramente l'immanente Superanima, ilParamåtmå. Quel Viß∫u ha tre forme: Kåra∫odakaΩåyîViß∫u, KßîrodakaΩåyî Viß∫u e GarbhodakaΩåyî Viß∫u. Kå-ra∫odakaΩåyî Viß∫u è una manifestazione parziale di ÛrîBhagavån e Si situa sopra l'Oceano Causale o Fiume Virajå,quello che si estende tra i mondi cit (spirituale) e måyika(materiale). Da lì Egli lancia uno sguardo a måyå, situata amolta distanza, e con quello sguardo viene creato il mondomateriale. Bhagavån Ûrî Krishna ha così descritto la crea-zione del mondo materiale nella Ûrîmad Bhagavad-Gîtå(9.10):

mayådhyakße∫a prak®ti˙ süyate sa-caråcaram

'Sotto la Mia supervisione, la Mia energia illusoria creagli universi, popolati da esseri mobili ed immobili.'

Si dice inoltre: ‘sa aikßata, quel Paramåtmå guarda'. (Ai-

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Inoltre nella Chåndogya Upanißad (8.13.1) si afferma:

Ωyåmåc chabalaµ prapadye Ωabalåc chyåmaµ prapadye

'Rendendo sevå (servizio) a Ûyåma si raggiunge la Suadimora trascendentale colma di felicità spirituale e di stu-pefacenti variegati passatempi (lîlå); all'interno di quel cit-jagat ci si rifugia eternamente in Ûyåma.'

Da questo Ωloka viene evidenziato inoltre che la parola‘Ûyåma’ è riferita a Krishna e la parola ‘Ωyåma’ che significanero, descrive la Verità Suprema priva di attributi materia-li (nirgu∫a-para-tattva) che è come il nero cioè senza colore;mentre la parola ‘Ωabala’ che significa gaura o dorato, si ri-ferisce a qualcosa che include tutti i colori. In altre parole,quando la Verità Assoluta è munita di tutte le qualità tra-scendentali, viene definita gaura. Il significato segreto diquesto mantra è che si ottiene Gaura (Ûrî Caitanya Mahå-prabhu) compiendo il k®ß∫a-bhajana e si ottiene Krishnacompiendo il gaura-bhajana. Questo ed altri mantra de-scrivono le attività delle jîve perfette e liberate anche dopoaver raggiunto lo stadio di mukti o liberazione dalle soffe-renze.

Leggiamo nello Ûrîmad-Bhågavatam (1.3.28):

ete cåµΩå˙ kalå˙ puµsa˙ k®ß∫as tu bhagavån svayam

'Råma, N®siµha e gli altri avatåra sono tutte parti (aµΩa)o parti plenarie (kalå) della Persona Suprema, Ûrî Bha-gavån, ma è Ûrî Krishna il Bhagavån originario.'

Nella Gîtå Upanißad (7.7) lo stesso Ûrî Krishna dice: 'mat-ta˙ parataraµ nånyat kincit asti dhanañjaya, Arjuna, nullaMi è superiore,' e nella Gopåla-tåpanî Upanißad (Pürva 2.8):

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fulgenza del corpo di Ûrî Hari e che il Paramåtmå è una Suamanifestazione parziale tuttavia, quale evidenza mostra cheBhagavån Ûrî Hari sia lo stesso Krishna?"

"Ûrî Krishna Bhagavån Si manifesta eternamente in dueaspetti, uno è aiΩvarya (con opulenza e maestà) e l'altro èmådhurya (con dolcezza)." Rispose Båbåjî. "L'aspettoaiΩvarya è personificato da Nåråya∫a, maestro del mondospirituale Vaiku∫†ha ed anche origine di Mahå-Viß∫u. ÛrîKrishna è la personificazione completa di mådhurya. Que-sto Ûrî Krishna è il massimo livello di dolcezza; infatti la Suadolcezza è talmente grande che i suoi raggi coprono com-pletamente l'aspetto di opulenza (aiΩvarya). Secondo ilsiddhånta o le tattva (verità filosofiche essenziali), non c'èdifferenza tra Nåråya∫a e Krishna tuttavia, quando si con-sidera il grado dei råsa (dolci relazioni) gustabili nel mondospirituale, Krishna è l'unica Divinità a presiedere tutti i rå-sa, ed essendo Egli stesso la vera forma del råsa è anche pa-rama upådeya-tattva, l'Essere supremamente piacevole.Nei Veda, nelle Upanißad e nei Purå∫a troviamo evidenzedel fatto che Ûrî Krishna è Svayaµ Bhagavån Ûrî Hari. Peresempio nel Rg Veda (1.12.164.31), dove sta scritto:

apaΩyam gopåm a∫ipadyama namåca parå ca pathibhiΩ carantam sa-sadhrîcî˙

sa vißucîr vasåna åvarîvartti-bhuvaneßv anta˙

'Ho visto un ragazzo apparso in una dinastia di pastori.Egli è infallibile e indistruttibile. Vaga per differenti sen-tieri, a volte vicini e a volte lontani. Talvolta è abbigliato inmodi svariati e meravigliosi e altre volte indossa abiti di unsolo colore. In questo modo Egli ripetutamente svolge iSuoi passatempi manifesti (quando appare in questo mon-do) e non manifesti (nel mondo spirituale).'

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idea di una forma di media grandezza (dalle dimensioniumane) è completamente infondata. Caratteristiche qualil'esser privo di forma, immutabile e inattivo, sono sempli-cemente l'opposto di caratteristiche materiali ma sono co-munque caratteristiche. Tuttavia Ûrî Krishna ne possiedeanche di tutt'altra natura; ad esempio: il Suo bellissimo visosorridente, i Suoi occhi di loto, i Suoi meravigliosi piedi diloto che tolgono ogni paura e donano pace ai Suoi bhakta, ela Sua forma spirituale, la personificazione pura della tra-scendenza che, in ogni singola parte come nell'insieme ditutto il corpo, è perfettamente idonea a giocosi e svariatipassatempi. La forma di 'media grandezza' Ωrî-vigraha, cheè la base stessa di queste due qualità: avere forma ed essereonnipervadente, è estremamente piacevole. Il Nårada-pañ-caråtra definisce il grande fascino che la mente prova perquesta forma e la descrizione è satura di siddhånta:

nirdoßa-gu∫a-vigraha åtma-tantroniΩcetanåtmaka-Ωarîra-gu∫aiΩ ca hîna˙

ånanda-måtra-kara-påda-mukhodarådi˙sarvatra ca svagata-bheda-vivarjitåtmå

'Il corpo trascendentale di Ûrî Krishna è formato da eter-nità, coscienza e felicità e non possiede neppure la minimatraccia di qualità materiali. Esso non è soggetto al tempoed allo spazio materiali, anzi, esiste pienamente e simulta-neamente in ogni luogo e in ogni tempo. La Sua forma e laSua esistenza sono la personificazione della non dualità as-soluta (advaya-jñåna-svarüpa-vastu).'

Nella concezione materiale direzione e spazio sono con-siderati illimitati. Tramite una stima materiale, soltanto unoggetto senza forma può considerarsi illimitato od onni-pervadente; una forma di 'media grandezza' non può esser-lo. Questa concezione si applica solamente al mondo ma-

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eko vaΩî sarva-ga˙ k®ß∫a î∂ya˙eko 'pi san bahudhå yo'vabhåti

'Ûrî Krishna è l'onnipervadente non duale Para-brahmache controlla ogni cosa. E' l'unico ed affascinante destina-tario dell'adorazione di tutti i deva, degli esseri umani e diogni altra forma di vita. Sebbene sia uno, tramite la Sua in-concepibile potenza (acintya-Ωakti) manifesta molte formee compie molti differenti lîlå.'

Vrajanåtha chiese: "Ma come può Ûrî Krishna essere on-nipervadente se possiede la dimensione di un essere uma-no? Inoltre se accettiamo che abbia una forma, ciò com-porta che può restare solamente in un luogo, e questo creamolte discrepanze. La prima è che, se possiede una formaed un corpo, non può essere l'onnipervadente tattva. Se-condo, se ha un corpo, è limitato dai modi della natura ma-teriale e come può quindi essere indipendente, illimitato edessere l'autorità assoluta? Come si può conciliare tutto que-sto? Ti prego aiutami a comprendere."

Båbåjî rispose: "Caro figlio, ora pensi così perchè sei pri-gioniero delle qualità di måyå. Finchè l'intelligenza resteràvincolata alle caratteristiche della materialità non potrà ac-cedere alla Ωuddha-sattva (conoscenza pura). Se l'intelli-genza condizionata tentasse di superare i propri limiti pro-vando a capire la Ωuddha-sattva, imporrebbe le forme e lequalità måyika alla Ωuddha-sattva concependo alla fine unaforma materiale di Trascendenza. Dopo un po' l'intellettorigetterebbe questa forma ritenendola temporanea, muta-bile e soggetta ai modi della natura materiale e così imma-ginerebbe il nirviΩeßa-brahma. Ecco perchè non è possibilecomprendere la Suprema Verità Assoluta attraverso l'in-telligenza.

Tu stai attribuendo confini al Trascendente, per cui la tua

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"Nessuna persona ragionevole può dubitarne." ReplicòVrajanåtha. "Tuttavia vorrei sapere come, quando e dovela forma (vigraha), la dimora (dhåma) e i passatempi spiri-tuali (lîlå) di Ûrî Krishna si manifestano nei confini materialidato che tutto ciò: la vigraha di Ûrî Rådhå-Krishna, il Loroaspetto, i Loro lîlå, gli associati, le case, i cespugli, le forestee tutti gli oggetti del mondo spirituale sono trascendentali."

Båbåjî rispose: "Ûrî Krishna possiede tutte le potenze,quindi anche ciò che a noi sembra impossibile per Lui nonlo è. Cosa c'è di tanto stupefacente in questo? Lui è l'On-nipotente Persona (sarva-Ωaktimån purußa), il Supremo edIndipendente Controllore, dotato di ogni potere ed allostesso tempo assorto nei lîlå. Basta il Suo desiderio perchèEgli appaia in questo mondo materiale nella Sua forma spi-rituale, accompagnato dal Suo regno spirituale. Come pos-sono esservi dubbi al riguardo?"

"Semplicemente desiderandolo Egli può realizzare qual-siasi cosa e quindi anche manifestare in questo mondo ma-teriale la Sua pura forma spirituale, ciò mi è del tutto chia-ro." Convenne Vrajanåtha. "Tuttavia i materialisti tendo-no a pensare che la dimora spirituale di Ûrî Krishna che simanifesta in questo mondo, faccia parte di questo universomateriale e ritengono i Suoi vraja-lîlå ordinarie attività ma-teriali (måyika). Perchè avviene questo?" ChieseVrajanåtha. "Perchè i materialisti non sono in grado di ri-conoscere come la forma spirituale che Krishna misericor-diosamente manifesta in questo mondo di nascita e di mor-te sia sac-cid-ånanda, eterna, piena di conoscenza e feli-cità?"

Båbåjî senza esitazione rispose: "Una delle infinite qua-lità di Krishna è il bhakta-våtsalya (l'affetto per i Suoi bhak-ta); caratteristica per cui il Suo cuore si scioglie. Tramite laSua potenza interna di piacere (hlådinî-Ωakti), Egli infondeai Suoi bhakta la potenza spirituale che li rende in grado di

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teriale. Nel mondo spirituale invece tutti gli oggetti, i loroattributi e la loro natura intrinseca sono illimitati, quindi laforma di 'media grandezza' di Ûrî Krishna è anch'essa onni-pervadente. Le entità di 'media grandezza' in questo mon-do materiale non possiedono la qualità dell'onnipervaden-za, ma questa si manifesta in modo incantevole nella vi-graha di 'media grandezza' di Ûrî Krishna. E' questa la glo-ria non mondana della Sua trascendentale vigraha. Posso-no queste gloriose caratteristiche riscontrarsi nella conce-zione dell'onnipervadente brahman? Le sostanze materia-li sono sempre confinate nel tempo e nello spazio. Se un'en-tità che si trova naturalmente al di là degli effetti del tempoviene paragonata al cielo sconfinato che è però soggetto ailimiti di tempo e spazio, non sarà allora, l’entità che si trovaoltre l'influenza del tempo, incomparabilmente più grande?

Il regno Vraja-dhåma di Ûrî Krishna non è altro che ilBrahma-pura menzionato nella Chåndogya Upanißad.Questo Vraja-dhåma è una realtà completamente spiritua-le e in essa si trova ogni varietà trascendentale. In quel luo-go ogni cosa: terra, acqua, fiumi, montagne, alberi, piante,animali, uccelli, cielo, sole, luna, e costellazioni, è spiritualee priva di difetti o imperfezioni. Là il piacere assoluto e spi-rituale è presente sempre e dovunque nella sua interezza.Caro figlio, questo luogo di Måyåpura-Navadvîpa è quellastessa dimora spirituale; ora tu non sei in grado di percepir-la come tale perchè sei prigioniero nella trappola di måyå,ma quando, per grazia dei santi e dei sådhu, la coscienza spi-rituale ti si risveglierà nel cuore, percepirai questa terra co-me dhåma spirituale e allora soltanto conseguirai la perfe-zione di risiedere a Vraja (vraja-våsa).

Chi ti ha detto che devono esserci pregi e difetti nella for-ma di media grandezza? Non potrai realizzare le reali glo-rie della forma trascendentale di media grandezza finchè latua intelligenza sarà prigioniera di impressioni materiali.”

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scrive la caratteristica eterna del råsa e l'attitudine delle jî-ve liberate a servire Krishna secondo il loro peculiare råsa(sentimento). Il significato indiretto o intimo di un insiemedi parole viene definito gau∫a-v®tti. Nella prima parte del-la conversazione tra Yåjña-valkya, Gårgî e Maitreyî, le qua-lità di Krishna vengono presentate in maniera indiretta(lakßa∫a-v®tti) e, alla fine, la super eccellenza di Krishna vie-ne presentata in maniera diretta (mukhya-v®tti). Nei Veda,i nitya-lîlå, passatempi eterni di Bhagavån, vengono a voltedescritti in modo diretto; molte altre volte è l'approccio in-diretto che descrive le glorie del brahman e del Paramåtmå.Infatti è prerogativa di tutti i Veda descrivere le glorie diKrishna."

Vrajanåtha chiese: "Båbåjî MahåΩaya, non vi è dubbioche Bhagavån Ûrî Hari sia para-tattva, ma qual è la posizio-ne dei deva come ad esempio Brahmå, Ûiva, Indra, Sürya eGa∫eΩa? Ti prego, sii misericordioso e spiegamelo. Moltibråhma∫a adorano Mahådeva (Ûiva) come supremo brah-ma-tattva. Io sono nato in una di queste famiglie bråhma∫ae ne ho sentito parlare fin dalla nascita. Ora vorrei sapere laverità."

Båbåjî rispose: "Ti descriverò le peculiari caratteristichedelle entità viventi, dei deva e delle devi che vengono ado-rati, e quelle di Ûrî Bhagavån. Considerando la graduazio-ne delle loro rispettive qualità, ti sarà facile comprendere laverità che riguarda il supremo destinatario dell'adorazione.

ayaµ netå su-ramyå∫ga˙ sarva-sal-lakßa∫ånvita˙ruciras tejaså yukto balîyån vayasånvita˙

'Ecco le qualità di Ûrî Krishna, l'Eroe Supremo:1) affascina in modo incantevole per la Sua bellezza cor-

porea;2) possiede tutte le migliori qualità;3) è irresistibilmente affascinante;

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vedere direttamente la Sua forma e i Suoi passatempi spiri-tuali, ma gli occhi, le orecchie e tutti gli altri sensi dei nondevoti sono coperti da måyå, per cui essi non possono co-gliere la differenza tra i passatempi spirituali di Bhagavån ei mondani eventi umani."

Vrajanåtha chiese: "Questo significa che Bhagavån ÛrîKrishna non discende per elargire la Sua misericordia a tut-te le jîve?"

Båbåjî rispose: "Certo, Bhagavån discende per benefi-ciare il mondo intero. Ai bhakta riesce di vedere la Sua di-scesa e i Suoi lîlå come trascendentali, mentre i non devotili percepiscono come normali attività umane che si svolgo-no secondo le leggi materiali. Anche se così fosse, questipassatempi divini hanno il potere di concedere un certo ti-po di meriti spirituali (suk®ti) e man mano che queste suk®tisi accumulano, gradualmente si sviluppa una fede (Ωraddhå)esclusiva per la k®ß∫a-bhakti. Ecco perchè la discesa di Bha-gavån di certo beneficia tutte le jîve dell'universo, perchè lejîve che possiedono questa Ωraddhå e compiono il serviziodevozionale incondizionato (ananya-bhakti sådhana), ungiorno saranno in grado di vedere la trascendentale formadi Bhagavån e i Suoi lîlå."

"Perchè i k®ß∫a-lîlå non vengono compiutamente de-scritti nei Veda?" Chiese allora Vrajanåtha.

Båbåjî rispose: "I passatempi di Ûrî Krishna vengono de-scritti qua e là nei Veda, in alcuni punti in modo diretto, inaltri in modo indiretto.

Il significato di un testo può venir determinato in duemodi: diretto, ovvero in senso letterale (abhidhå) e indiret-to, ovverossia evidenziando ciò che viene espresso tra le ri-ghe (lakßa∫a). Questi due modi vengono anche definiti ri-spettivamente mukhya-v®tti e gau∫a-v®tti. Il senso letterale(abhidha-v®tti) del mantra 'Ωyåmåc chabalaµ prapadye',contenuto nell'ultima parte della Chåndogya Upanißad, de-

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26) è grave;27) è soddisfatto in sè stesso;28) è equanime con tutti;29) è munifico;30) è virtuoso;31) è cavalleresco;32) è compassionevole;33) è rispettoso verso chi merita rispetto;

dakßi∫o vinayî hrîmån Ωara∫ågata-pålaka˙sukhî bhakta-suh®t prema-vaΩya˙ sarva-Ωubhan-kara˙

34) è sempre ben predisposto;35) è modesto;36) è riservato;37) è il protettore delle anime sottomesse;38) è felice;39) è il benefattore dei Suoi bhakta;40) è controllato da prema (amore);41) è il benefattore di tutti;

pratåpî kîrtimån rakta-loka˙ sådhu-samåΩrayahnårî-ga∫a-manohårî sarvårådhya˙ sam®ddhimån

42) è potente;43) è famoso;44) è il più amato;45) è dalla parte dei sådhu;46) incanta la mente delle donne;47) è adorabile in tutto;48) Sue son tutte le opulenze;

varîyån îΩvaraΩ ceti gu∫ås tasyånukîrtitå˙samudrå iva pañcåΩad durvigåhå harer amî

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4) è radioso;5) è eccezionalmente forte;6) è eternamente giovane;

vividhådbhuta-bhåßå-vit satya-våkya˙ priyaµ-vada˙våvadüka˙ su-på∫∂ityo buddhimån pratibhånvita˙

7) è molto esperto in tutti i linguaggi;8) dice sempre il vero;9) è un oratore piacevole;10) è eloquente;11) è erudito;12) è saggio;13) è intraprendente;

vidagdhaΩ caturo dakßa˙ k®ta-jña˙ su-d®∂ha-vrata˙deΩa-kåla-supåtra-jña˙ Ωåstra-cakßu˙ Ωucir vaΩî

14) è esperto nel gustare ogni nettare;15) è astuto;16) è esperto in ogni attività;17) sa essere grato;18) non manca mai di mantenere le Sue promesse;19) è infallibile giudice di tempo, luogo e circostanze;20) vede attraverso gli occhi degli Ωåstra;21) è puro;22) Si autocontrolla;

sthiro dånta˙ kßamå-Ωîlo gambhîro dh®timån sama˙vadånyo dhårmika˙ Ωüra˙ karu∫o månya-måna-k®t

23) è stabile;24) è tollerante;25) sa perdonare;

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60) può attrarre persino coloro che sono åtmåråma, sod-disfatti in sè stessi.'

Queste cinque qualità non sono presenti in Brahmå eÛiva, ma lo sono, in maniera meravigliosa e piena, in ÛrîNåråya∫a.

Oltre queste sessanta qualità, Ûrî Krishna ne possiede al-tre quattro molto speciali, vale a dire:

sarvådbhuta-camatkåra-lîlå-kallola-våridhi˙atulya-mådhurya-prema-ma∫∂ita-priya-ma∫∂ala˙

tri-jagan-månasåkarßî-muralî-kala-küjita˙asamånorddhva-rüpa-Ωrî˙ vismåpita-caråcara˙

61) è come un vasto oceano di cui stupefacenti e meravi-gliosi passatempi (lîlå) ne formano le onde;

62) è adorno di un'incomparabile mådhurya-prema (dol-cezza) che si manifesta favorevolmente verso i Suoi amatibhakta, i quali hanno un prema senza paragoni per Lui;

63) attrae i tre mondi con l'incantevole suono del Suove∫u (flauto di bambù);

64) la risplendente bellezza senza paragoni della Sua for-ma trascendentale (rüpa) incanta e stupisce ogni essere mo-bile e immobile nei tre mondi.'

lîlå prem∫å priyådhikyaµ mådhurye ve∫u-rüpayo˙ity asådhåra∫aµ proktaµ govindasya catu߆ayam

'Le sessantaquattro qualità di Ûrî Krishna ora descritteincludono: lîlå-mådhurî, prema-mådhurî, ve∫u-mådhurî erüpa-mådhurî. Queste sono le quattro straordinarie qualitàche Lui soltanto possiede.'

Queste sessantaquattro qualità sono pienamente ed eter-namente riconoscibili in Ûrî Krishna, la personificazione disac-cid-ånanda. Le ultime quattro qualità sono presenti so-

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49) è superiore a tutti;50) è il controllore supremo.Queste cinquanta qualità presenti in Bhagavån Ûrî Hari

al massimo grado sono come un oceano insondabile.'

Queste qualità possono essere presenti anche nella jîvama al minimo grado, mentre lo sono al massimo in Pu-rußottama Bhagavån. Altre cinque qualità di Krishna si tro-vano anche in Brahmå, Ûiva ed in altri deva, ma non nellejîve:

sadå svarüpa-sampråpta˙ sarva-jño nitya-nütana˙sac-cid-ånanda-såndrå∫ga˙ sarva-siddhi-nißevita˙

51) Egli è sempre nella Sua svarüpa (forma spirituale ori-ginale);

52) è onnisciente;53) è sempre fresco e nuovo;54) è la forma concentrata dell'esistenza, della cono-

scenza e della felicità;55) dispone di tutte le opulenze mistiche.Queste ultime cinque qualità sono parzialmente presen-

ti solo nei deva.athocyante gu∫å˙ pañca ye lakßmîΩådi-vartina˙

avicintya-mahå-Ωakti˙ ko†i-brahmå∫∂a-vigraha˙avatåråvalî-bîjam hatåri-gati-dåyaka˙

åtmåråma-gu∫åkarßîty amî k®ß∫e kilådbhutå˙

'Laksmipati Nåråya∫a possiede in più altre cinque qualità: 56) possiede inconcepibili potenze;57) nel Suo corpo sono situati innumerevoli universi;58) è la causa originaria o il seme di tutti gli avatåra (in-

carnazioni divine);59) concede la liberazione (mukti) a coloro che vengono

uccisi da Lui;

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CAPITOLO QUATTORDICIPrameya: Ûakti-tattva

Gli insegnamenti profusi dal venerabile Båbåjî la notteprecedente fecero una profonda impressione su Vrajanåthache, contemplando tutte quelle istruzioni, si sentì soddi-sfatto.

A volte pensava: "Come sono eccezionali e impareggia-bili gli insegnamenti di Ûrî Gauranga! Solo per averli ascol-tati mi sento trascinato nelle onde di un oceano di nettare epiù ascolto più divento ansioso e assetato di ascoltare. Co-me se il nettare condensato di tutte le verità filosofiche es-senziali (tattva) fluttuasse dalla bocca di loto di BåbåjîMahåråja ed il mio cuore non fosse mai sazio di ascoltare.Tutti i suoi insegnamenti sul siddhånta sono perfettamenteequilibrati, senza nessuna traccia di incongruenza. E' comese gli Ωåstra rincorrano quelle conclusioni per verificarneogni sillaba. Non capisco perchè la classe dei bråhmini cri-tica questi insegnamenti. Penso che la loro parzialità versola visione Måyåvåda li abbia spinti a seguire una falsa filo-sofia."

Così riflettendo Vrajanåtha raggiunse la capanna(ku†îra) di Raghunåtha dåsa Båbåjî. Come prima cosa eglioffrì omaggi al ku†îra e poi, vedendo Båbåjî MahåΩaya, an-che a lui. Båbåjî MahåΩaya lo abbracciò amorevolmente elo fece sedere al suo fianco.

Sedutosi, con entusiasmo Vrajanåtha chiese: "Prabhu!Ieri hai detto che mi avresti spiegato il terzo Ωloka dei DaΩa-müla. Ho un gran desiderio di ascoltare. Ti prego, sii mise-ricordioso e spiegamelo."

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lo nella forma (svarüpa) di Ûrî Krishna ed in nessuna dellealtre Sue forme che si manifestano nei vari passatempi. Aparte queste ultime quattro qualità, le rimanenti sessantabrillano in Ûrî Nåråya∫a, personificazione della trascen-denza, nel loro pieno e completo stato. Escludendo le ulti-me cinque di queste rimanenti sessanta qualità, le rimanen-ti cinquantacinque sono presenti in una certa percentualein Ûiva, Brahmå ed altri deva e, in grado limitato, anche intutte le jîve.

I deva come Ûiva, Brahmå, Sürya, Ga∫eΩa e Indra, sonoparzialmente adorni delle qualità di Bhagavån per gestirel'universo materiale. Per adempiere questo essi hanno rice-vuto in una certa misura le opulenze di Bhagavån, perciòvengono considerati un tipo particolare di incarnazione.L'intrinseca natura costitutiva di questi deva è di essere ser-vitori di Bhagavån; molte jîve hanno ottenuto la devozioneper Dio (bhagavat-bhakti) tramite la loro misericordia. Poi-chè essi sono molto più qualificati delle jîve, vengono ancheconsiderati divinità da adorare dalle jîve comuni in base allaloro qualifica ed al loro livello di coscienza. Adorare questideva è perciò considerato come un aspetto secondario delleregole e dei precetti della bhagavat-bhakti. Le jîve devonosempre considerarli come dei guru poichè essi possono mi-sericordiosamente concedere loro la k®ß∫a-bhakti esclusiva.Mahådeva, IΩvara di tutti i deva, è talmente completo nellasua bhagavat-bhakti da essere considerato non differentedalla Verità Suprema (bhagavat-tattva). Per questa ragionei Måyåvådî lo adorano come suprema brahma-tattva.

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mondana, perchè nessuno dei Suoi sensi, nè mani nè gambe,sono materiali. Quindi, attraverso il Suo corpo trascenden-tale Egli svolge i Suoi passatempi senza necessità di sensimateriali ed è presente contemporaneamente in ogni luo-go. Perciò nessuno Lo può eguagliare; che dire poi di esse-re più grande di Lui! Egli possiede molti tipi di Ωakti spiri-tuali, tra queste la Sua jñåna-Ωakti (conoscenza), la Sua ba-la-Ωakti (forza) e la Sua kriyå-Ωakti (potenza di azione) so-no le più importanti, definite rispettivamente anche cit-Ωak-ti o saµvit-Ωakti, sat-Ωakti o sandhinî-Ωakti e ånanda-Ωakti ohlådini-Ωakti.'

Per quel che concerne la cit-Ωakti viene detto:

te dhyåna-yogånugatå apaΩyandevåtma-Ωaktim sva-gu∫air nigü∂håm

ÛvetåΩvatara Upanißad (1.3)

'I tattva-jñå rishi si stabiliscono nel samådhi-yoga ed ab-bracciano le qualità di para-brahma. Tramite queste qua-lità essi hanno realizzato le più confidenziali, interne e spi-rituali potenze di ÈΩvara, fonte e governatore di tutte le cau-se, delle jîve, della prak®ti (natura materiale), del kåla (tem-po) e del karma.'

Riguardo alla jîva-Ωakti è detto:

ajåm ekåµ lohita-Ωukla-k®ß∫åµbahvî˙ prajå˙ s®jamånåµ svarüpå˙

ajo hy eko jußamåo 'nuΩetejahåty enåµ bhukta-bhogåµ ajo 'nya˙

ÛvetåΩvatara Upanißad (4.5)

'Vi sono due tipi di jîve esistenti da tempo immemorabi-

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Båbåjî reso molto felice da questa domanda, rispose congioia:

paråkhyåyå˙ Ωakter ap®thag api sa sve mahimanisthito jîvåkhyåµ svåm acid-abhihitåµ tåµ tri-padikåm

sva-tantreccha˙ Ωaktiµ sakala-vißaye prera∫a-parovikårådyai˙ Ωünya˙ parama-purußo 'yaµ vijayate

DaΩa-müla 3

'Sebbene Ûrî Bhagavån non sia differente dalla Sua in-concepibile potenza spirituale (para-Ωakti), possiede unaSua propria indipendente natura. La Sua para-Ωakti ha treaspetti: cit-Ωakti o energia interna, jîva-Ωakti o energia mar-ginale e måyå-Ωakti o energia esterna. Egli ispira semprequeste tre potenze ad agire nell'ambito delle loro rispettivefunzioni. Quella para-tattva, Suprema Verità Assoluta, an-che se impegnato nello svolgimento di tutte queste attività,rimane immutabile ed eternamente situato nella completagloriosa e trascendentale svarüpa (pura identità spirituale).'

"I bråhmini dicono che brahman non possiede potenza(Ωakti) e che la Sua Ωakti si manifesta solamente nella Suaforma di ÈΩvara. Vorrei sentire cosa dicono i Veda al ri-guardo." Disse Vrajanåtha.

Båbåjî rispose: "La Ωakti si manifesta in ogni forma del-la Verità Assoluta (para-tattva). I Veda stabiliscono:

na tasya kåryaµ kara∫aµ ca vidyatena tat-samaΩ cåbhyadhikaΩ ca d®Ωyate

paråsya Ωaktir vividhaiva Ωrüyatesvåbhåvikî jñåna-bala-kriyå caÛvetåΩvatara Upanißad (6.7-8)

'Nessuna delle attività di para-brahma Paramåtmå è

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ch'esso manifestato dalla potenza superiore (para-Ωakti).Perciò anche nel nirgu∫a-nirviΩeßa-brahma vi è potenza spi-rituale. In alcuni passi dei Veda e delle Upanißad, questa pa-ra-Ωakti viene definita svarüpa-Ωakti (potenza spirituale), inaltri si chiama cit-Ωakti (potenza interna) ed in altri ancoraantaranga-Ωakti (potenza divina). Veramente non esiste unvastu (sostanza reale) come ad esempio il brahman che nonabbia Ωakti; questa è semplicemente un'idea dei Måyåvådî.In realtà il nirviΩeßa-brahma va oltre la concezione limitatadella Måyåvåda. Il saviΩeßa-brahma è stato descritto in que-sto modo nei Veda:

ya eko var∫o bahudhå Ωakti-yogådvar∫ån anekån nihitårtho dadhåti

ÛvetåΩvatara Upanißad (4.1)

'Sebbene Egli non abbia colori, abbraccia molti colori(bhåva) con l'impronta della Sua Ωakti personale. Molti co-lori significa che in Lui esistono svariati tipi di potenze. In-fatti il mondo intero ripone la sua esistenza in Lui perchè èLui il creatore.'

ya eko jålavån îΩata îΩanîbhi˙sarvål lokån îΩata îΩanîbhi˙ÛvetåΩvatara Upanißad (3.1)

'L'IΩvara ovvero il Signore di måyå, controlla il mondointero tramite la Sua Ωakti.'

Ora puoi vedere come la Ωakti della Verità Suprema (pa-ra-tattva) non sia mai separata da Lui. Para-tattva è sempreauto illuminato e auto manifesto. I mantra Vedici descri-vono i tre tipi di Ωakti dell'auto-manifesto para-tattva comesegue:

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Capitolo Quattordici

le (aja). Le jîve del primo tipo sono ignoranti e adorano l’e-nergia materiale (prak®ti) di Bhagavån. Questa prak®ti, ilcui aspetto è rosso, bianco o nero, è anch'essa non nata, co-me Bhagavån. Quelle del secondo tipo sono gli studiosi em-pirici (jñånî): essi hanno superato l'ignoranza e perciò ri-nunciano completamente a quella prak®ti di cui gli altri sisforzano di godere.'

Riguardo alla måyå-Ωakti si dice:

chandåµsi yajñå˙ kratavo vratånibhütaµ bhavyaµ yac ca vedå vadanti

asmån måyi srjate viΩvam etattasmiµΩ cånyo måyayå sanniruddha˙

ÛvetåΩvatara Upanißad (4.9)

'E’ dal Paramåtmå, l’Anima Suprema, Maestro della na-tura materiale illusoria (måyå-prak®ti), da cui provengonotutti gli insegnamenti dei Veda, tutti i sacrifici (yajña) comelo jyoti߆oma, compiuti utilizzando il ghee (burro chiarifica-to), i vari tipi di digiuni, sacrifici e penitenze (vrata), cometutto ciò che è esistito, che esiste e che esisterà ovvero l'in-tero mondo descritto nei Veda. Il Controllore di måyå hacreato tutto questo e le aja jîve sono prigioniere della Suamåyå.'

Il mantra Vedico 'paråsya-Ωakti˙' (citato nella paginaprecedente S.U. 6.7-8) spiega che vi è potenza spirituale an-che nel più alto stadio di para-tattva. La manifestazione per-sonale di quella para-tattva si chiama Bhagavån e la mani-festazione nirviΩeßa (senza forma) si chiama brahman. Innessuna parte dei Veda la para-tattva è descritta come privadi potenza (Ωakti). Ciò che è chiamato brahman è una ma-nifestazione di para-tattva e questo nirviΩeßa-brahma è an-

Jaiva-dharma

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campo d'azione della jîva-Ωakti (energia marginale) e il cit-jagat o mondo spirituale è giurisdizione della cit-Ωakti (ener-gia interna). E' Bhagavån che ispira la cit-Ωakti, la jîva-Ωak-ti e la måyå-Ωakti ad impegnarsi nelle rispettive attività, maEgli ne resta comunque distaccato e non coinvolto (nir-vikåra)."

Vrajanåtha chiese ancora: "Come può rimanere distac-cato (nirvikåra) anche quando agisce, pur secondo il Suodesiderio indipendente? Infatti sviluppare desideri (sva-ic-chåmaya) implica sperimentare una trasformazione (vikå-ra)."

Båbåjî replicò: "Nirvikåra significa essere liberi da ogniillusione e da ogni modificazione di tipo materiale (måyika-vikåra). Måyå è l'ombra della potenza spirituale (svarüpa-Ωakti). L'azione di måyå è reale ma non è una realtà eterna.Quindi i limiti di måyå non sono presenti nella Verità Su-prema (para-tattva). La trasformazione (vikåra) che si pre-senta in Ûrî Hari sotto forma di desiderio e di passatempinon è altro che la più alta manifestazione di prema (amore).

Queste meravigliose manifestazioni di varietà trascen-dentale si esprimono nell'advaya-jñåna Bhagavån. Nono-stante crei il mondo materiale con il proprio desiderio e tra-mite la propria måyå-Ωakti, la Sua natura spirituale rimaneinalterata ed eterna. Måyå non ha connessione alcuna congli stupefacenti e variegati passatempi (lîlå) di Bhagavån nelmondo spirituale. Tuttavia le jîve, la cui intelligenza è stataottusa dall'influsso di måyå, pensano che la meravigliosa va-rietà del mondo spirituale sia solo un altro effetto di måyå.

Chi soffre d'itterizia vede tutto giallo e chi ha la visualecoperta da uno strato di nuvole percepisce un sole copertoda nuvole. Similmente, chi ha un'intelligenza måyika im-magina che nomi, forme, qualità e passatempi trascenden-tali siano anch'essi måyika. Ma la spiegazione è che l’ener-gia esterna (måyå-Ωakti) è un'ombra dell’energia interna

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'Quel Paramåtmå è onnisciente ed è il creatore del mon-do. Egli è nato da Sè (åtmå-yoni), è il controllore del tem-po (kåla), colui che conosce ogni cosa, il Controllore dell’e-nergia materiale (pradhåna) e di tutte le entità viventi (kße-trajña jîve); è colmo di qualità spirituali ed è al di là dellequalità materiali di cui è pur sempre il padrone. Egli impri-giona le jîve nel saµsåra (ciclo di morti e nascite), ve le po-siziona, e poi anche le libera.' (ÛvetåΩvatara Upanißad 6.16)

Questo mantra descrive i tre stati della potenza superio-re (para-Ωakti). Il termine pradhåna designa la måyå-Ωakti(energia esterna); il termine kßetrajña indica la jîva-Ωakti(energia marginale) e la parola kßetrajña-pati si riferisce al-la cit-Ωakti (energia interna).

I Måyåvådî dicono che brahman è una manifestazionedella Verità Assoluta (para-tattva) priva di Ωakti e che IΩva-ra è una manifestazione di quello stato, completo di tutte leΩakti; questa dottrina però è pura immaginazione. In realtàBhagavån possiede sempre tutte le Ωakti ed esse si manife-stano in tutte le Sue forme. Egli è eternamente nella Suapura identità spirituale (svarüpa) e poichè tutte le Ωakti visono contenute, rimane Supremo."

Vrajanåtha chiese: "Se Lui è sempre accompagnato dal-le Ωakti, significa che agisce con la loro assistenza, in cosaconsistono allora la Sua natura e i Suoi desideri indipen-denti?"

Båbåjî rispose: "Ωakti Ωaktimator abheda˙'. Secondoquesta affermazione, contenuta nel Vedånta, la potenza(Ωakti) e la Persona Suprema che possiede tutte le potenze(Ωaktimån purußa), non sono differenti. L'azione evidenziala valenza della Ωakti; ovvero che tutte le azioni vengonoportate a termine attraverso la Ωakti. Tuttavia il desideriodi agire designa Ωaktimån. Il mondo materiale è il campod'azione della måyå-Ωakti (energia esterna), le jîve sono il

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(kriyå-Ωakti); esse sono: cit-Ωakti (potenza interna), jîva-Ωak-ti (potenza marginale) e måyå-Ωakti (potenza esterna). Cit-Ωakti (potenza interna) è chiamata anche antaranga-Ωakti,måyå Ωakti (potenza esterna) è chiamata bahiranga-Ωakti,mentre la jîva-Ωakti (potenza marginale) è chiamatata†astha-Ωakti. Pur essendo una, la potenza spirituale diKrishna (svarüpa-Ωakti) si manifesta in questi tre modi. Tut-te le caratteristiche eterne della potenza svarüpa-Ωakti sonointeramente presenti in cit-Ωakti, presenti ad un grado mini-mo in jîva-Ωakti, e in modo distorto in måyå-Ωakti.

Oltre i tre tipi di potenza d'azione che ti ho appena de-scritto, la potenza interna (svarüpa-Ωakti) possiede altre tremanifestazioni: hlådinî, sandhinî e saµvit. Esse vengonocosì descritte nel DaΩa-müla 4:

sa vai hlådinyåΩ ca pra∫aya-vik®ter hlådana-ratastathå samvic-chakti-prakat†ta-raho-bhåva-rasita˙tathå Ωrî-sandhinyå k®ta-viΩada-tad-dhåma-nicaye

rasåmbodhau magno vraja-rasa-vilåsi vijayate

'Vi sono tre funzioni della potenza spirituale: hlådinî-Ωakti (potenza di piacere), sandhinî-Ωakti (potenza di esi-stenza) e saµvit-Ωakti (potenza di conoscenza). L'influen-za della hlådinî-Ωakti fa sì che Krishna sia perpetuamenteimmerso nel pra∫aya-vikåra (l'essere un tutt'uno con la pro-pria amata). Le emozioni intime (bhåva) evocate dallasaµvit-Ωakti fan sì che Egli sia costantemente assorto nel-l’assaporare sempre nuovi råsa o sentimenti (rasika-Ωekha-ra). Ûrî Krishna, supremo indipendente Principe dei passa-tempi, è poi sempre immerso nell'oceano dei sentimenti diV®ndåvana (vraja-rasa), nelle Sue trascendentali dimorecolme di felicità, capeggiate da V®ndåvana, che si manife-stano tramite la sua sandhinî-Ωakti. A Lui tutte le glorie!'

Ciò significa che i tre aspetti della potenza spirituale

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(cit-Ωakti) e quindi la varietà delle azioni spirituali si rifletteanche nel campo d'azione di måyå. La varietà riscontratain måyå-Ωakti è un riflesso inferiore o un'ombra della varietàche si riscontra in cit-Ωakti quindi, sebbene queste due va-rietà siano apparentemente simili, esse sono in realtà com-pletamente agli antipodi. Il riflesso di una persona nellospecchio apparentemente sembra identico al suo corpo tut-tavia, dopo un esame accurato, si nota la totale differenzaperchè uno è il corpo reale e l'altro il suo riflesso. Le varieparti del corpo nel riflesso sono posizionate specularmen-te: la mano sinistra appare riflessa sul lato destro e la manodestra su quello sinistro, l'occhio sinistro sul lato destro el'occhio destro su quello sinistro. In modo simile la varietàdel mondo spirituale e quella del mondo materiale in appa-renza sembrano uguali, tuttavia, da un punto di vista più ap-profondito, esse sono l'una l'opposto dell'altra perchè la va-rietà del mondo materiale è un riflesso distorto di quella tra-scendentale. Perciò anche se in apparenza vi sono delle si-militudini, esse sono senza dubbio differenti nell'essenza.La Suprema Persona indipendente che agisce per Suo dol-ce volere è il Controllore di måyå. Egli è libero da tutte letrasformazioni måyika e tramite måyå raggiunge i propriscopi."

"Quale tra le Ωakti di Krishna è Ûrîmatî Rådhikå?" Chie-se allora Vrajanåtha.

"Come Krishna è il completo Ωaktimån-tattva, così Ûrî-matî Rådhikå è la Ωakti completa." Rispose Båbåjî. "Leipuò essere definita la completa potenza spirituale (svarüpa-Ωakti). In questo modo Essi possono mettere in atto e gioi-re propri lîlå. Ûrîmatî Rådhikå e Krishna sono eternamen-te distinti ma anche eternamente inseparabili, proprio co-me il muschio e il suo profumo, tra loro inseparabili e comeil fuoco ed il suo calore, anch'essi inscindibili.

Svarüpa-Ωakti Ûrîmatî Rådhikå, ha tre capacità d'azione

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dove si svolgono i divertimenti di Krishna. Essa manifestaanche tutti gli oggetti trascendentali utilizzati in quei diver-timenti ed anche i corpi trascendentali di Ûrî Rådhikå, di ÛrîKrishna, delle sakhî (amiche pastorelle), dei Ωakhå (amicipastorelli), delle mucche, dei dåsa e delle dåsî (assistenti), ecosì via, che partecipano ai lîlå.

Tramite questa tendenza sandhinî Ûrî Krishna, che èVraja-vilåsî (Colui che gioisce dei passatempi a Vraja), ri-mane sempre immerso nei vari sentimenti (råsa) che si ma-nifestano nel Suo trascendentale dhåma. Tra le dimore deiSuoi divertimenti, Vraja è la più dolce."

Vrajanåtha chiese: "Hai appena spiegato che sandhinî,saµvit e hlådinî sono tutte manifestazioni della potenza spi-rituale (svarüpa-Ωakti). Hai anche detto che la potenza mar-ginale (jîva-Ωakti) è una particella della svarüpa-Ωakti e chela potenza esterna (måyå-Ωakti) è il riflesso della svarüpa-Ωakti. Ora, ti prego, spiegami come le tendenze sandhinî,saµvit e hlådinî agiscono sulla jîva e su måyå."

Båbåjî rispose: "Jîva-Ωakti è la potenza infinitesimaledell’energia spirituale (svarüpa-Ωakti) e tutti i tre aspetti del-l’energia interna sono presenti in essa appunto in grado mi-nimo. Perciò la tendenza hlådinî è sempre presente nella jî-va sotto forma di felicità spirituale (brahmånanda), la ten-denza saµvit è presente nella forma di conoscenza trascen-dentale (brahma-jñåna) e la tendenza sandhinî si manifestacome minuta forma della jîva. Svilupperò con più chiarez-za questo argomento quando parleremo della jîva-tattva.

Nella potenza esterna (måyå-Ωakti) la tendenza hlådinî simanifesta nella forma di piacere mondano, la tendenzasaµvit nella forma di conoscenza materiale e la tendenzasandhinî nella forma dell'intero universo materiale compo-sto da quattordici sistemi planetari e nei corpi materiali del-le jîve."

Vrajanåtha chiese ancora: "Perchè si dice che la Ωakti è

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(svarüpa-Ωakti), cioè hlådinî, sandhinî e saµvit, influenzanoprofondamente tutte le attività della potenza interna (cit-Ωakti), della potenza marginale (jîva-Ωakti) e della potenzaesterna (måyå-Ωakti).

La tendenza hlådinî (di piacere) della svarüpa-Ωakti Ûrî-matî Rådhikå, figlia di V®sabhånu Mahåråja, dona felicità egodimento trascendentali a Krishna. Ûrîmatî Rådhikå è lapersonificazione del divino amore (mahåbhåva); Lei dà fe-licità a Krishna attraverso la Sua forma trascendentale emanifesta eternamente anche gli otto sentimenti (bhåva)personificati dalle Sue principali otto amiche (sakhî) che so-no dirette manifestazioni (kåya-vyüha) della Sua personaleforma spirituale (svarüpa).

Oltre ciò Essa manifesta i Suoi quattro differenti senti-menti di servizio in quattro differenti tipi di amiche (sakhî),cioè: le priya-sakhî, le narma-sakhî, le prå∫a-sakhî e le pa-rama-pre߆ha-sakhî. Tutte queste sakhî sono anime eterna-mente liberate (nitya-siddha-sakhî) del regno trascenden-tale di Vraja.

Questa tendenza hlådinî della svarüpa-Ωakti di ÛrîKrishna fa sì che Egli sia sempre felicemente assorto e as-sapori l'estasi dei vari sentimenti di servizio manifestati dal-la hlådinî stessa.

La tendenza saµvit (di conoscenza) della svarüpa-Ωaktimanifesta tutti i vari sensi di relazione (sambandha-bhåva)di Vraja (per esempio alcuni abitanti di Vraja nutrono unsentimento materno o paterno per Krishna pur non essen-do Suoi genitori). E’ tramite la sua influenza che Krishnacompie svariate azioni come ad esempio affascinare le gopîsuonando il flauto, portare le mucche al pascolo (go-cå-ra∫a), fare i råsa-lîlå ed altri passatempi.

La tendenza sandhinî (di esistenza) della svarüpa-Ωaktimanifesta ogni cosa all’interno di Vraja: l'acqua, la terra, ivillaggi, le foreste, i giardini, Giri-Govardhana e ogni luogo

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apå∫i-pådo javano grahîtåpaΩyaty acakßu˙ sa Ωr∫oty akar∫a˙sa vetti vedyaµ na ca tasyåsti vettå

tam åhur agryaµ purußaµ mahåntam

'Quel Paramåtmå non possiede mani o gambe materialima tutto afferra con le Sue mani trascendentali e ovunqueSi reca con le Sue trascendentali gambe. Non ha occhi nèorecchie ma tutto vede ed ascolta con i Suoi occhi e con leSue orecchie trascendentali. Conosce tutto il conoscibile ei comportamenti di tutti ma nessuno può conoscerLo finchènon è Lui a farsi conoscere. I trascendentalisti che cono-scono il brahman lo chiamano la Persona originale, il gran-de Purußa che è causa di tutte le cause.'

Nella IΩa Upanißad (5) troviamo quanto segue:

tad ejati tan naijati tad düre tad vantiketad antar asya sarvasya tad usarvasyåsya båhyata˙

'Quel ParameΩvara cammina e non cammina, è il più lon-tano ed anche il più vicino, Si trova all'interno di ogni cosaed allo stesso tempo ne è al di fuori. In questo modo tutte lecaratteristiche interne al mondo spirituale sono perfetta-mente armoniche anche se in apparente contraddizione.'

sa paryagåc chukram akåyam avra∫amasnåviraµ Ωuddham apåpa-viddhamkavir manîΩî paribhü˙ svayambhür

yåthåtathyato 'rthån vyadadhåc chåΩvatibhya˙ samåbhya˙IΩa Upanißad 8

'Quel Paramåtmå è onnipresente e puro. Non possiedeforme materiali ma ha una forma trascendentale eterna col-

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inconcepibile se le sue attività possono così venir compre-se?"

Båbåjî rispose: "Questi argomenti, presi separatamen-te, possono essere compresi, è la loro interrelazione ad es-sere non concepibile. Nel mondo materiale, le caratteristi-che opposte hanno la naturale inclinazione ad annullarsil'un l'altra, quindi principi contrapposti non possono esserepresenti contemporaneamente, ma la Ωakti di Ûrî Krishna haun tale inconcepibile potere da manifestare nel mondo spi-rituale tutte le caratteristiche contrapposte contempora-neamente e in modo meraviglioso. Pur possedendo ÛrîKrishna una forma (rüpa) supremamente affascinante, ètuttavia senza forma (arüpa); Egli ha una forma trascen-dentale ma allo stesso tempo è presente dovunque; è sem-pre attivo anche se non Si impegna mai in nessuna attività;è il figlio di Nanda Mahåråja anche se è non nato; è un sem-plice pastorello ma nello stesso tempo è adorato da tutti edinfine possiede una forma ed un sentimento (bhåva) umanianche se è onnisciente.

Inoltre possiede tutte le qualità (saviΩeßa) simultanea-mente ma nello stesso tempo non ne possiede nessuna (nir-viΩeßa); è inconcepibile (acintya) e colmo di råsa; è sia limi-tato che illimitato; è molto lontano e nello stesso tempomolto vicino; è imperturbabile (nirvikåra) ma anche im-paurito dall’apparente collera delle gopî (måna). Quantesono le infinite qualità di Ûrî Krishna che possiamo enume-rare? Esse si contraddicono l'un l'altra ma sono anche eter-namente e meravigliosamente esistenti nella Sua pura iden-tità spirituale (svarüpa), nella Sua dimora e negli oggetti cheLo circondano senza contraddizione o conflitto. E' questal'inconcepibile natura della Sua Ωakti."

"E i Veda accettano questo?" Chiese Vrajanåtha.Båbåjî: "Sì dovunque. Nella ÛvetåΩvatara Upanißad

(3.19) è scritto:

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La spiegazione confidenziale dei Veda è che Bhagavån èuna persona inconcepibilmente bella, appare quando Lodesidera e compie variegati passatempi con le jîve."

Vrajanåtha chiese: "Bhagavån è stato definito l'oceanodel råsa. Questa affermazione è contenuta nei Veda?"

Båbåjî rispose: "E' stato detto esplicitamente nella Tait-tirîya Upanißad (2.7)

yad vai tat suk®taµ raso vai sa˙rasaµ hy evåyaµ labdhvånandî bhavati

ko hy evånyåt ka˙ prå∫yåtyad eßa åkåΩa ånando na syåt

eßa hy evånandayåti

'Para-brahma Paramåtmå è il supremo benevolo spirito(suk®ta-brahma). La Sua svarüpa è composta da un netta-re (råsa) senza limiti e quando la jîva realizza questo rasa-svarüpa para-brahma si colma di ånanda (felicità). Chi sisforzerebbe di vivere se quella Realtà indivisibile non fossel'incarnazione dell'ånanda nella forma di råsa? E' sola-mente il Paramåtmå che dona felicità a tutti.'”

"Se Egli è rasa-svarüpa (la personificazione del nettare),perchè i materialisti non riescono a vederLo o a compren-derLo?" Chiese Vrajanåtha.

Båbåjî rispose: "Vi sono due tipi di jîve condizionate:quelle che hanno voltato le spalle a Krishna (parak) e quel-le che guardano Krishna (pratyak). Le jîve nello stato pa-rak non possono vedere la bellezza di Krishna perchè Gli sisono opposte; esse vedono e concepiscono solo cose mate-riali. Le jîve nello stato pratyak sono contrarie a måyå e fa-vorevoli a Krishna, quindi possono vedere la rasa-svarüpadi Krishna. Nella Ka†ha Upanißad sta scritto:

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ma di conoscenza e di felicità. Questa Sua forma non ha ve-ne o pori ed è al di là di ogni designazione. Egli è il saggioed anche il poeta primigenio, è onnisciente e Si manifestaper Suo desiderio soltanto. E' situato al livello più elevatoe controlla ogni cosa. Con la Sua inconcepibile potenza so-stiene ogni cosa eternamente e impegna tutti secondo le lo-ro qualità.'”

Vrajanåtha chiese: "C'è scritto nei Veda che Bhagavånè completamente indipendente e che Si manifesta in questomondo materiale solo per Suo volere?"

Båbåjî rispose: "Sì, nei Veda è menzionato in molti pas-si. La Talavakåra o Kena Upanißad riferisce di un dialogotra Umå e Mahendra (Ûrî Sivajî) che descrive come una vol-ta sia scoppiata una feroce battaglia tra gli esseri celesti (de-vatå) e i demoni (asura). Quella volta gli asura, duramentesconfitti, scapparono dal campo di battaglia. I devatå risul-tarono vittoriosi ma a determinare la vittoria fu solo Bha-gavån, i devatå furono solo Suoi strumenti. Tuttavia, colmid'orgoglio e d'ignoranza, i devatå lo dimenticarono e pre-sero a vantarsi della propria potenza e del proprio valore.A questo punto, Para-brahma Bhagavån, scrigno di ognimisericordia, apparve in una forma bellissima e chiese ilmotivo di tanto orgoglio, poi creò una pagliuzza e chiese aidevatå di distruggerla. Essi si meravigliarono perchè il devadel fuoco non riuscì a bruciarla ed il deva del vento non riu-scì a spostarla nonostante impiegassero tutta la loro poten-za. I devatå rimasero attoniti constatando lo straordinariopotere e la bellissima forma di Bhagavån.

Quello Yakßa (che in realtà era Bhagavån) mostrò la pa-gliuzza ad Agnideva dicendogli: “Dimostrami il tuo pote-re: puoi bruciare questa pagliuzza?" Agnideva si avvicinòdirigendo tutti i suoi poteri verso la pagliuzza ma non riuscìa bruciarla, allora stupefatto disse ai devatå: “Non capiscochi sia questo Yakßa.” (Kena Upanißad 3.6)

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Vrajanåtha disse: "Ora ho capito che Ûrî Krishna, nellaSua nitya-siddha-svarüpa, nel mondo spirituale, è onnipo-tente, è la personificazione del nettare (rasa-svarüpa) e il fi-ne di tutti i råsa. Egli non è raggiungibile con la conoscen-za impersonale (brahma-jñåna). Anche praticando gli ottosistemi yoga si potrà realizzare solamente la Sua manifesta-zione parziale di Paramåtmå. L’aspetto impersonale privodi qualità (nirviΩeßa-brahma) non è altro che lo splendoredi Ûrî Krishna, il Quale è colmo di eterne qualità spiritualied è l'adorabile Signore di tutti i mondi. Inoltre, che mezzihanno gli esseri umani se non la meditazione? Sia i bråh-ma∫a che gli intoccabili non ne hanno altri se non la propriamente, per questo è molto difficile ottenere la misericordiadi Ûrî Krishna."

Båbåjî disse: "E' scritto nella Ka†ha Upanißad (2.2.13):

tam åtma-sthaµ ye 'nupaΩyanti dhîråsteΩåµ Ωånti˙ ΩåΩvatî netareßåm

'Nessun altro se non l'uomo saggio, che vede il Pa-ramåtmå all'interno di sè, può raggiungere la pace eterna.'”

"E' possibile raggiungere la pace eterna se si vede co-stantemente il Signore dentro di noi, ma qual è il processotramite il quale è possibile vederLo?" Chiese Vrajanåtha."E' difficile da capire."

Båbåjî, compiaciuto per questa domanda, rispose: "Nel-la Ka†ha Upanißad (1.2.23) sta scritto:

nåyam åtmå pravacanena labhyona medhayå na bahudhå Ωrutenayam evaißa v®∫ute tena labhyas

tasyaißa åtmå viv®∫ute tanuµ svåm

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paråñci khåni vyatr®∫at svayambhüstasmåt parå∫ paΩyati nåntaråtman

kaΩcid dhîra˙ pratyag åtmånam aikßadåv®tta-cakßur am®tatvam icchan

'Il Paramåtmå nato da sè ha creato tutti i sensi così cheessi possano rivolgersi agli oggetti esterni. Per questo mo-tivo la jîva normalmente percepisce con i suoi sensi solo glioggetti esterni e non è in grado di vedere Bhagavån che staall'interno del suo cuore. Solo una persona matura e deter-minata (dhîra), che desidera la liberazione nella forma diamore per Krishna, può distogliere le orecchie e gli altri sen-si dagli oggetti esterni e vedere il pratyag-åtmå Ûrî Bha-gavån.'”

Vrajanåtha chiese ancora: "Chi è colui che viene defini-to l'incarnazione del råsa, nello Ωloka 'raso vai sa˙'?"

Båbåjî rispose: "Nella Gopåla-tåpanî Upanißad, Pürva-kha∫∂a (12-13), è scritto:

gopa-veΩam abhråbhaµ taru∫am kalpa-drumåΩritamsat-pu∫∂arîka-nayanaµ meghåbhaµ vaidyutåmbaram

dvi-bhujaµ mauna-mudrå∂hyaµ vana-målinam îΩvaram

'Egli è vestito da pastorello. I Suoi occhi sono come fio-ri di loto bianchi appena sbocciati; il colore del Suo corpo èblu scuro, come quello delle nuvole cariche di pioggia, edindossa un vivido e sfolgorante abito giallo. Con le Sue duegraziose mani e braccia, disposte nella posizione di jñåna-mudrå (la posizione che indica la conoscenza divina), Eglitiene il flauto. Il Suo collo è abbellito da una ghirlanda difiori selvatici che scende fino ai Suoi piedi e sta ritto sottoun albero kalpa-v®kßa. Questo è Ûrî Krishna, il Signore diogni cosa.'”

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la ÛvetåΩvatara Upanißad sta scritto:

®co 'kßare parame vyomanyasmin devå adhiviΩve nißedu˙

yas tan na veda kim ®cå karißyatiya ittad vidus ta ime samåsate

'Bisogna sapere che l'infallibile (akßara) brahman risiedenella dimora denominata Paravyoma. E’ a Lui cui sono in-dirizzati i mantra del Rg Veda e in Lui tutti i deva si rifugia-no. Non si potrà realizzare nessuno scopo dei Veda se nonsi conosce quel Parama-purusa e, secondo la tattva (veritàessenziale), la persona che realizza quel Paramåtmå diven-ta benedetta.'

Nella Mu∫∂aka Upanißad (2.2.7) sta scritto:

divye brahma-pure hy eßa vyomny åtmå prati߆hita˙

'Quel Paramåtmå risiede eternamente nel trascendenta-le Brahma-pura, che è in essenza il Paravyoma.'

Nella Purußa-bodhinî Ωruti sta scritto:

gokulåkhye måthura-ma∫∂ale dve parΩve candråvalîrådhikå ca

'In quella parte di Mathurå chiamata Gokula, ÛrîmatîRådhikå sta a un fianco di Bhagavån e Candråvalî dall'altro.'

E ancora nella Gopåla-tåpanî Upanißad:tåsåµ madhye såkßåd brahma-gopåla-purî hi

'Brahmå Gopala-puri è localizzata al centro di un grup-

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'Non è possibile realizzare il para-brahma Paramåtmåtramite l'intelletto, il ragionamento o lo studio dei variΩåstra. Egli rivela la Sua trascendentale forma solamenteper propria misericordia a colui che viene da Lui personal-mente accettato.'

Nello Ûrîmad-Bhågavatam (10.14.29) è ancora scritto:

athåpi te deva padåmbuja-dvaya-prasåda-leΩånug®hîta eva hi

jånåti tattvaµ bhagavan mahimnona cånya eko 'pi ciraµ vicinvan

'Signore, colui che ottiene anche una piccola parte dellamisericordia dei Tuoi piedi di loto, può comprendere l'es-senza delle Tue glorie trascendentali. Gli altri non possonorealizzare la verità essenziale del Tuo sè anche se Ti cercas-sero per molti anni, praticando jñåna (conoscenza) evairågya (rinuncia).'

Figliolo, il mio Prabhu è molto generoso. Ûrî Krishna cheè l'anima di tutte le anime, non può essere raggiunto leg-gendo o ascoltanto vari Ωåstra o con argomentazioni e di-battiti. Nè basterà a raggiungerLo un'intelligenza acuta ol'accettazione di svariati guru. Solamente la persona che Loaccetta come proprio (con un sentimento esclusivo) puòraggiungere Krishna. Egli manifesterà la Sua trascenden-tale forma sac-cid-ånanda solo ad un tale bhakta. Quandoanalizzeremo l'abhidheya-tattva (processo per raggiungerelo scopo ultimo) ti sarà facile comprendere queste verità."

Vrajanåtha allora chiese: "Nei Veda sono menzionati inomi delle dimore di Krishna?"

Båbåjî rispose: "Sì, in molti passi sono menzionati luo-ghi come Paravyoma, Brahma-Gopåla-purî e Gokula. Nel-

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Gokula?” Chiese VrajanåthaBåbåjî rispose: "La Durgå di Gokula non è altro che Yo-

gamåyå. Lei è il seme della trasformazione della potenzainterna (cit-Ωakti o svarüpa-Ωakti) quindi, quando è presen-te nel mondo spirituale, considera sè stessa non differenteda essa. La måyå materiale è solamente una trasformazio-ne di questa Yogamåyå. La Durgå del mondo materiale èuna servitrice di quella Durgå che nel mondo spirituale sitrova sotto la giurisdizione della svarüpa-Ωakti, la Ωakti chealimenta i passatempi di Krishna. E' questa Yogamåyå checoncede il parakîya-bhåva (sentimento d'amore) che le gopîabbracciano nel mondo spirituale per alimentare i giochid'amore di Krishna, yoga-måyåm upåΩrita˙. La spiegazio-ne a questa affermazione sulla danza råsa è che vi sono mol-te attività che la svarüpa-Ωakti compie in relazione ai passa-tempi amorosi di Krishna, che a prima vista sembrerebberodominati dall'ignoranza (ajñåna) ma che di fatto non lo so-no. La potenza Yogamåyå inscena azioni che sembrano de-rivare da tamo-gu∫a (ignoranza), ma solo al fine di perfe-zionare il mahå-rasa (grande nettare). Analizzeremo que-sto tema in dettaglio più avanti, quando parleremo del rå-sa."

Vrajanåtha chiese: "C'è una cosa che desidererei cono-scere riguardo alla dhåma-tattva (la verità sui luoghi sacri):ti prego dimmi, perchè i Vaiß∫ava si riferiscono a Navadvî-pa come Ûrîdhåma?"

Båbåjî rispose: "Ûrî Navadvîpa-dhåma e Ûrî V®ndåvana-dhåma sono uguali; Måyåpura poi è la verità suprema al-l'interno di Navadvîpa-dhåma. La relazione tra Ûrî Måyå-pura e Ûrî Navadvîpa è la stessa che c'è tra Ûrî Gokula eVraja. Måyåpura è il mahå-yogapî†ha (il grande lugo del-l'incontro) di Navadvîpa. Secondo lo Ωloka dello Ûrîmad-Bhagavatam (7.9.38): 'channa˙ kalau', la manifestazioneplenaria di Bhagavån che appare in Kali-yuga (Ûrî Caitanya

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po di dimore spirituali.'”

Vrajanåtha chiese: "Perchè i tåntrika-bråhma∫a chia-mano la potenza di Ûiva col nome Durgå?"

Båbåjî rispose: "La potenza che genera illusione (måyå-Ωakti) viene chiamata Ωiva-Ωakti. Questa måyå si articola se-condo tre modalità: sattva (virtù), rajah (passione) e tamah(ignoranza). I bråhma∫a con un'attitudine såttvika adoranomåyå in modo puro, nella forma che incarna il sattva-gu∫a(modo virtuoso); i bråhma∫a con un'attitudine råjasika ado-rano måyå nella forma che incarna il rajo-gu∫a (passione);e i bråhma∫a con un'attitudine tåmasika adorano måyå co-me la divinità che presiede il tamo-gu∫a, considerando l'i-gnoranza come conoscenza. In effetti måyå-Ωakti è soltan-to un'alterazione (vikåra) della potenza superiore (para-Ωakti) di Bhagavån; è come la Sua ombra (chåyå); non è unaΩakti indipendente e separata, è lei l'unica causa della pri-gionia e della liberazione della jîva.

Quando la jîva volta le spalle a Krishna, måyå la gettanella prigionia del mondo materiale tuttavia, quando la jî-va diventa favorevole a Krishna, måyå stessa manifesta laqualità såttvika e gli dona la coscienza di Krishna. Lei poi li-bera la jîva dai legami materiali e la qualifica ad ottenerel'amore per Krishna. Ne consegue che le jîve prigioniere deimodi di måyå non possono vedere la forma pura di måyå,vale a dire la svarüpa-Ωakti di Bhagavån, ed adorano måyåsolo come Ωakti primordiale. La jîva che si trova in stato diillusione può realizzare queste profonde verità filosofichesolo per buona fortuna e per l'influsso dei risultati conse-guiti compiendo attività pie nelle vite precedenti (suk®ti).Altrimenti rimane nell'illusione måyika, prigioniera di fal-se conclusioni e priva di vera conoscenza."

"Nella Gokula-Upåsanå, Durgå-devî è stata descritta co-me una delle associate di Ûrî Hari. Chi è questa Durgå di

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loto e Ûrî Måyåpura si trova nel cuore di questa Antardvîpa.Si può velocemente ottenere l'amore per Krishna com-piendo il sådhana-bhajana a Navadvîpa-dhåma e special-mente a Måyåpura. Il Mahå-Yogapî†a, la casa di Ûrî Ja-gannåtha MiΩra, si trova al centro di Måyåpura ed in questoYogapî†ha, la più fortunata tra tutte le anime, può semprecontemplare i nitya-lîlå (eterni passatempi) di Ûrî Gauran-gadeva.”

Vrajanåtha chiese: "I passatempi di Ûrî Gaurangadevaderivano dalla potenza interna svarüpa-Ωakti?"

Båbåjî rispose: "I passatempi di Ûrî Gaura sono orga-nizzati dalla stessa Ωakti (Yogamåyå) che predispone quellidi Ûrî Krishna. Non vi è differenza tra Ûrî Krishna e Gau-rangadeva. Ûrî Svarüpa Gosvåmî afferma:

rådhå-k®ß∫a-pra∫aya-vik®tir hlådinî Ωaktir asmådekåtmånåv api bhuvi purå deha-bhedaµ gatau tau

caitanyåkhyam praka†am adhunå tad dvayaµ caikyam åptaµrådhå-bhåva-dyuti-suvalitaµ naumi k®ß∫a-svarüpam

Caitanya-Caritåm®ta Ådi-lîlå (1.5)

'I passatempi amorosi di Ûrî Ûrî Rådhå-Krishna sono ma-nifestazioni trascendentali della Ωakti (potenza) interna dipiacere di Ûrî Hari. Sebbene Rådhå e Krishna siano una so-la cosa, Essi Si sono eternamente separati. Queste due tra-scendentali identità ora sono di nuovo unite nella forma diÛrî Krishna Caitanya. Mi inchino davanti a Colui che Si èmanifestato con il sentimento e la carnagione di ÛrîmatîRådhårå∫î sebbene sia Krishna Stesso.'

Krishna e Caitanya Mahåprabhu sono entrambi eterna-mente manifesti. Non si può determinare chi Si è manife-stato prima e chi dopo. Prima c'era Caitanya e poi si sonomanifestati Rådhå e Krishna ed ora Si sono di nuovo ricon-giunti apparendo nella forma di Caitanyadeva; la compren-

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Mahåprabhu) è celata e ugualmente lo sono le Sue sacredimore. In Kali-yuga nessun altro luogo sacro è paragona-bile a Navadvîpa. Solamente chi realizza la natura trascen-dentale di questo dhåma è qualificato per il vraja-rasa (sen-timento di Vraja). Da un punto di vista esterno e materia-le, sia Vraja-dhåma che Navadvîpa-dhåma sembrano luo-ghi materiali, soltanto coloro che, per loro buona fortunahanno aperto gli occhi, possono vedere il dhåma cosìcom'è."

"Vorrei conoscere la natura essenziale di questo Na-vadvîpa-dhåma." Disse Vrajanåtha.

Båbåjî spiegò: "Goloka, V®ndåvana e Ûvetadvîpa sono icompartimenti interni del Paravyoma ovvero Vaiku∫†ha.Gli svakîya-lîlå (passatempi basati sulla relazione coniuga-le) di Ûrî Krishna si manifestano a Goloka, i Suoi parakîya-lîlå (passatempi basati sulla relazione da amanti) a V®ndå-vana e gli altri lîlå si manifestano a Ûvetadvîpa. Nell'essen-za non vi è differenza tra questi tre dhåma. Navadvîpa è ve-ramente Ûvetadvîpa ma è anche identica a V®ndåvana. I re-sidenti di Navadvîpa sono molto fortunati perchè sono deicompagni eterni di Ûrî Gaurangadeva. Si può risiedere aNavadvîpa solamente dopo aver compiuto molte attivitàpie. Alcuni råsa non si manifestano a V®ndåvana ma a Na-vadvîpa sì, come råsa supplementari di V®ndåvana. Si spe-rimenteranno quei råsa solo dopo essersi qualificati a gu-starli."

"Quanto è estesa Navadvîpa-dhåma?" ChieseVrajanåtha.

Båbåjî rispose: "Il perimetro è di sedici kroΩa (sessantaquattro miglia) ed ha la forma di un fiore di loro con ottopetali che corrispondono a otto isole: Sîmantadvîpa, Go-drumadvîpa, Madhyadvîpa, Koladvîpa, Ritudvîpa, Jah-nudvîpa, Modrumadvîpa e Rudradvîpa. Antardvîpa, dovenoi ci troviamo è al centro, è come il verticillo del fiore di

Jaiva-dharmaCapitolo Quattordici

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come bhü-Ωakti. Lei è la potenza di conoscenza saµvit com-binata con l'essenza della potenza di piacere hlådinî. In al-tre parole è la forma personificata della bhakti, discesa perassistere Gaura Avatåra nel compito di diffondere Ωrî-nå-ma. Proprio come Navadvîpa-dhåma è la personificazione(svarüpa) dei nove aspetti del processo di servizio devozio-nale (navadha-bhakti), così Ûrî Viß∫upriyå è la personifica-zione della bhakti compiuta in nove aspetti (navadha-bhakti)."

Vrajanåtha chiese: "Allora può Viß∫upriyå-devî venirdefinita svarüpa-Ωakti (potenza spirituale)?"

Båbåjî rispose: "Come possono esservi dubbi su questo?Non è, la svarüpa-Ωakti, l'unione della saµvit-Ωakti (potenzadi conoscenza) e della hlådinî-Ωakti (potenza di piacere)?"

"Prabhuji, presto imparerò ad adorare Ûrî Gaura, masorge ora in me una domanda che vorrei tu mi chiarissi."Disse Vrajanåtha. "Tu mi hai spiegato che hlådinî, saµvit esandhinî sono tre manifestazioni della potenza spiritualesvarüpa-Ωakti, e che queste tre manifestazioni agiscono intre aspetti: cit-Ωakti (energia interna), jîva-Ωakti (energiamarginale) e måyå-Ωakti (energia esterna). Quindi tutto ciòè semplicemente un'azione della Ωakti; inoltre anche il mon-do spirituale, il corpo spirituale ed i passatempi spirituali so-no frutto della Ωakti soltanto. Quali sono allora i segni di-stintivi di Ωaktimån Krishna?"

Båbåjî rispose: "Questa è una questione molto difficileda chiarire. Vuoi uccidere questo vecchio con le frecceaguzze dei tuoi ragionamenti? Caro figlio, la risposta è sem-plice quanto la domanda ma è difficile trovare una personaqualificata a comprenderla. In ogni modo risponderò alladomanda; ti prego, cerca di comprendere.

Concordo che forma, qualità e passatempi di Krishna im-plicano la funzione della Ωakti. Tuttavia la libertà (sva-tan-tratå) ed il libero arbitrio (sva-icchåmayatå) non sono un'a-zione della Ωakti; sono entrambe qualità della Persona Su-

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sione esatta di questa affermazione non è quella che uno diLoro esisteva prima dell'altro. Entrambe le manifestazionisono eterne. Essi sono presenti da sempre ed esisterannoper sempre. Tutti i passatempi della Verità Suprema sonoeterni. Coloro che pensano che uno di questi passatempisia principale e l'altro secondario sono persone che ignora-no la verità e sono privi di råsa."

Vrajanåtha chiese ancora: "Se Ûrî Gaurangadeva è la ve-rità plenaria, come Lo si deve adorare?"

Båbåjî rispose: "Adorare Gaura cantando il gaura-nå-ma-mantra è benefico tanto come adorare Krishna cantan-do i Suoi santi nomi (k®ß∫a-nåma-mantra). Adorare Gauraattraverso il Krishna mantra è la medesima cosa che adora-re Krishna con il Gaura mantra. Chi pensa vi sia una diffe-renza tra Gaura e Krishna è molto sciocco, è semplicemen-te un servo di Kali."

Vrajanåtha chiese: "Dove si trova il mantra dell'avatåranascosto, Ûrî Caitanya Mahåprabhu?"

Båbåjî rispose: "Le scritture dove sono indicati i mantradelle incarnazioni (avatåra) chiaramente manifeste, con-tengono anche il mantra dell'avatåra nascosto (Ûrî CaitanyaMahåprabhu). Chi non ha un'intelligenza distorta riesce apercepirlo."

"Come possiamo dire con sicurezza che Gauranga vàadorato come Yugala (in coppia)?" Chiese Vrajanåtha.

Båbåjî rispose: "Ûrî Gauranga Yugala Si rivela con unaspetto nel processo di adorazione della mürti (arcana) econ un altro nel processo di adorazione tramite il canto deisanti nomi (bhajana). Ûrî Gaura-Viß∫upriyå sono le adora-bili divinità nel processo dell'arcana e Ûrî Gaura-Gadadha-ra nel processo del bhajana."

Vrajanåtha chiese: "A quale Ωakti di Ûrî Gauranga cor-risponde Ûrî Viß∫upriyå, la Sua consorte?"

Båbåjî rispose: "I bhakta in genere si riferiscono a Lei

Jaiva-dharmaCapitolo Quattordici

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zia."Vrajanåtha chiese: "Se il desiderio e la capacità di provar

piacere sono propri del Purußa Krishna, quali sono i desi-deri della k®ß∫a-kåminî-Ωakti Ûrîmatî Rådhikå?"

Båbåjî rispose: "I desideri di Ûrîmatî Rådhikå sono su-bordinati a quelli di Krishna; nessuno dei Suoi desideri odelle Sue intenzioni è indipendente dal desiderio diKrishna. Krishna ha dei desideri e il desiderio di ÛrîmatîRådhikå è quello di servire e soddisfare i desideri diKrishna. Ûrîmatî Rådhikå è la Ωakti originale e completa eKrishna è il Purußa; Egli controlla e ispira la Ωakti ad agire."

Dopo questa discussione Båbåjî Mahåråja notò che si erafatta notte tarda per cui chiese a Vrajanåtha di tornarsenea casa. Vrajanåtha si prostrò ai piedi di Båbåjî Mahåråja do-podichè s'incamminò molto felice in direzione di Bilva-pußkari∫î.

Giorno dopo giorno la natura e i sentimenti (bhåva) diVrajanåtha evolvevano. Ciò allarmò non poco i suoi fami-liari e la nonna paterna decise di farlo sposare al più prestopossibile, iniziando perciò a cercare una donna adatta.Vrajanåtha invece, sempre disinteressato a questi proble-mi, era costantemente assorto nelle varie tattva che avevaascoltato da Båbåjî Mahåråja. Era naturalmente attratto aÛrîvåså∫gana perchè voleva realizzare le tattva che avevaascoltato ed era ansioso di sempre nuovi e nettarei inse-gnamenti.

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Jaiva-dharmaCapitolo Quattordici

prema e Krishna è quella Persona Suprema che possiede illibero arbitrio ed è la dimora della Ωakti. La Ωakti viene gioi-ta e Krishna è colui che gioisce; la Ωakti è dipendente maKrishna è indipendente; la Ωakti avvolge da ogni dove quel-l'indipendente Persona Suprema, ma Egli è sempre il suomaestro. L'indipendente Purußa è padrone della Ωakti an-che se ne viene avvolto. Gli esseri umani possono realizza-re la Persona Suprema (parama-purußa) soltanto rifugian-dosi in quella Ωakti. Ecco perchè le jîve condizionate nonpossono sperimentare la presenza di Ûaktimån (colui chepossiede la Ωakti). Tuttavia, quando i bhakta sviluppanoamore per Ûaktimån, sono in grado di percepirLo, Lui che sitrova al di là della Ωakti. La bhakti è una forma di Ωakti per-ciò ha una forma femminile. E' lei che, dimorando nella po-tenza spirituale (svarüpa-Ωakti) di Krishna, sperimenta ipassatempi del maschio Krishna che è colmo di voglie e de-sideri."

"Se accettiamo una inconcepibile verità (acintya tattva)oltre la Ωakti, questa verità filosofica (tattva) sarebbe equi-valente al brahman descritto nelle Upanißad." DisseVrajanåtha.

Båbåjî replicò: "Il brahman descritto nelle Upanißad èsenza desiderio mentre Krishna, il Parama-purußa descrittonelle Upanißad, ha un Suo libero volere. Vi è una grandedifferenza tra i due. Brahman è nirviΩeßa (senza attributi)mentre Krishna, anche se separato dalla Ωakti, è aviΩeßa(possiede forma e attributi). Egli possiede qualità quali vi-rilità, capacità di provar piacere, controllo e libertà. Inrealtà Krishna e la Sua Ωakti non sono differenti. La Ωakti,che indica la presenza di Krishna, è anch'essa Krishna.Questa k®ß∫a-kåminî Ωakti Ûrî Rådhå Si manifesta in unaforma femminile. Krishna è il padrone che viene servito, e lasuprema Ωakti Ûrîmatî Rådhikå è la Sua servitrice. Le Loropersonalità individuali sono la sola tattva che Li differen-

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CAPITOLO QUINDICIPrameya: Jîva-tattva

Il giorno seguente Vrajanåtha raggiunse Ûrîvåsånganamolto presto. I Vaiß∫ava di Godruma erano arrivati la seraprima per partecipare all'adorazione della sera (sandhyå-åratî) e Ûrî Premadåsa Paramahaµsa Båbåjî, Vaiß∫ava dåsa,Advaita dåsa e altri Vaiß∫ava stavano già seduti nell'åratî-ma∫∂apa (luogo dove si compie l'adorazione). Vrajanåtha,cogliendo i sentimenti dei Vaiß∫ava di Godruma, meravi-gliato pensò: "Prima mi unirò a loro e più presto perfezio-nerò la mia vita." Quando quei Vaiß∫ava videro il suo at-teggiamento umile e devoto, gli diedero le loro benedizioni.

Terminata l'åratî, Vrajanåtha e l'anziano Båbåjî inizia-rono a camminare insieme verso sud, in direzione di Go-druma.

Raghunåtha dåsa Båbåjî vide sgorgare dagli occhi diVrajanåtha un inarrestabile torrente di lacrime e, sentendoaffetto per lui, gli chiese con gentilezza: "Båbå, perchè staipiangendo?"

Vrajanåtha rispose: "Prabhu, quando ricordo le tue dol-ci istruzioni il mio cuore s'inquieta ed il mondo mi appareprivo di consistenza. Il mio cuore è ansioso di rifugiarsi aipiedi di loto di Ûrî Gaurangadeva. Ti prego, sii misericor-dioso e dimmi, in essenza, chi sono veramente e perchè so-no giunto in questo mondo."

Båbåjî rispose: "Mio caro figliolo, mi hai benedetto po-nendomi questa domanda. Il giorno in cui una jîva si ponequesta domanda è un giorno auspicioso perchè nasce la suabuona fortuna. Se ascolterai il quinto Ωloka del DaΩa-müla,

Jaiva-dharma

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Jaiva-dharma

tasmin sandhye sthåne ti߆ham ete ubhesthåne paΩyatîdañ ca paraloka-sthånañ ca

B®had-åra∫yaka Upanißad (4.3.9)

'Due sono le realtà che la jîva-purußa deve conoscere: ilmondo materiale inanimato e il mondo spirituale. La jîva èin una terza posizione definita ta†a-stha, luogo dove si con-giungono le altre due, e vive una condizione simile al sogno(svapna-sthåna). Trovandosi nel luogo dove i due mondiconfinano, essa può vedere sia il ja∂a-jagat (mondo inerte)che il cid-jagat (mondo spirituale).'

Questo Ωloka descrive la natura marginale della jîva-Ωak-ti.

Nella B®had-åra∫yaka Upanißad (4.3.18) viene inoltrestabilito:

tad yathå mahå-matsya ubhe kule 'nusañcaratipürvañ cåparañ caivam evåyaµ purußa etav ubhåv antåv

anu sañcarati svapnåntañ ca buddhå∫tañ ca

'’Proprio come un grande pesce di fiume a volte si acco-sta alla riva orientale e a volte a quella occidentale, così lajîva oscilla fra due condizioni: quella di sogno e quella di ve-glia.'”

Vrajanåtha chiese: "Qual è il significato Vedantico deltermine ta†astha?"

Båbåjî rispose: "Lo spazio tra l'oceano e la terra si chia-ma ta†a (riva), ma il luogo che tocca l'oceano non è altro cheterra; dov'è dunque la riva? La ta†a marginale è la linea didemarcazione che separa l'oceano dalla terra ed è così sot-tile da non poter essere individuata ad occhio nudo. Se pa-ragoniamo il regno trascendentale all'oceano ed il mondomateriale alla terra, ta†a è la linea sottile che li divide e lì,

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vedrai disperso ogni tuo dubbio."

sphulingå˙ ®ddhågner iva cid-a∫avo jîvå-nicayå˙hare˙ süryasyaivåp®thag api tu tad-bheda-vißayå˙

vaΩe måyå yasya prak®ti-patir eveΩvara ihasa jîvo mukto 'pi prak®ti-vaΩå-yogya˙ sva-gu∫ata˙

'Proprio come faville che scaturiscono dal fuoco, le in-numerevoli jîve sono minuscole particelle spirituali conte-nute nei raggi del sole spirituale Ûrî Hari. Sebbene sianoidentiche a Ûrî Hari, esse sono anche eternamente distinteda Lui. L'eterna differenza tra jîva e IΩvara è che IΩvara è ilpadrone e Signore di måyå-Ωakti, mentre la jîva, per sua na-tura costitutiva, può cadere sotto il controllo di måyå anchenello stadio liberato (mukti).'”

Vrajanåtha disse: "Questa è una verità filosofica senzaeguali (apürva siddhånta) e vorrei conoscere le evidenzeVediche che la supportano. Le affermazioni di Ûrî Bha-gavån sono certamente Veda, ma le persone sincere ed in-telligenti saranno obbligate ad accettare gli insegnamenti diMahåprabhu se le Upanißad sanciscono questo principio."

"Il principio viene enunciato in molti passi dei Veda."Replicò Båbåjî. "Te ne citerò alcuni:

yathågne˙ kßudrå visphulingå vyuccarantiB®had-åra∫yaka Upanißad (2.1.20)

'Innumerevoli jîve emanano da Para-brahma proprio co-me minuscole faville.'

tasya vå etasya purußasya dve eva sthånebhavata idañ ca paraloka-sthånañ casandhyaµ t®tîyaµ svapna-sthånaµ

Capitolo Quindici

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parte viene racchiusa in un vaso, diventa gha†a-åkåΩa (par-ziale). Similmente la jîva è in origine brahman, ma quandoquel brahman è coperto da måyå, sviluppa il falso ego e siconsidera jîva. E' corretta questa concezione?" ChieseVrajanåtha.

Båbåjî rispose: "Questa è soltanto dottrina Måyåvåda.Come può måyå toccare brahman? I Måyåvådî teorizzanoche brahman non ha Ωakti (lupta-Ωakti), come può alloramåyå, che è una Ωakti, avvicinarsi a brahman se la Ωakti nonesiste? La conclusione è che måyå non può in nessun modooffuscare brahman e causargli questa miserabile condizio-ne. Viceversa se accettiamo la Ωakti trascendentale (para-Ωakti) di brahman, come può måyå, che è una Ωakti più de-bole, sconfiggere la cit-Ωakti (energia interna) e manifestarele jîve dal brahman? Inoltre brahman è indivisibile, comepuò mai venir diviso? L'idea che måyå possa controllarebrahman non è accettabile. Måyå non gioca nessun ruolonella creazione delle jîve. Certamente la jîva è solo una par-ticella minuscola ma nonostante ciò in essenza è superiorea måyå."

Vrajanåtha chiese: "Una volta un altro insegnante mispiegò che la jîva non è altro che il riflesso di brahman. Ilsole si riflette nell'acqua e similmente brahman diventa jî-va quando si riflette in måyå. E' corretta questa concezio-ne?"

Båbåjî rispose: "Anche questo è semplicemente un al-tro esempio di filosofia Måyåvåda. Brahman non ha limiti,ed un’entità illimitata non può riflettersi. L'idea di limitarebrahman è contraria alle conclusioni dei Veda, quindi que-sta teoria del riflesso và respinta."

Vrajanåtha allora chiese: "Un dig-vijaya pa∫∂ita unavolta mi disse che in realtà non esiste una sostanza definitajîva. Uno pensa a sè stesso come jîva a causa dell'illusionema quando l'illusione viene rimossa si rende conto che vi è

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Capitolo Quindici

dove questi mondi si incontrano, è situata la jîva-Ωakti (ener-gia marginale). Le jîve sono come le innumerevoli particel-le di luce contenute nei raggi del sole. Poichè situate in unluogo intermedio, alle jîve è visibile il mondo spirituale daun lato e l'universo materiale creato da måyå dall'altro. Daun lato c'è la Ωakti spirituale di Bhagavån, che è infinita, edall'altro c'è la måyå-Ωakti (energia materiale), anch'essamolto potente; le innumerevoli infinitesimali (sükßma) jîvesi trovano tra queste due. Le jîve sono marginali per natu-ra poichè vengono manifestate dalla ta†astha-Ωakti (poten-za marginale) di Krishna.”

"Cos'è la ta†astha-svabhåva (natura marginale)?" Chie-se Vrajanåtha.

Båbåjî rispose: "E' natura marginale quella che, trovan-dosi tra i due mondi, permette di scorgere entrambi. Que-sta natura marginale tende a finire sotto l'influsso di en-trambe le Ωakti. A volte la riva di un fiume viene sommersada una piena per poi di nuovo tornare terra quando il fiumerifluisce. Se la jîva guarda Krishna, ovvero verso il mondospirituale, viene influenzata dalla Krishna Ωakti; entra nelmondo spirituale e serve Bhagavån nella sua forma spiri-tuale pura e cosciente. Se guarda invece a måyå, si opponea Krishna e viene imprigionata da måyå. Questa duplice na-tura si chiama ta†astha-svabhåva o natura marginale."

Vrajanåtha chiese ancora: "Vi è qualche componentemateriale nella natura costitutiva della jîva?"

Båbåjî rispose: "No, la jîva è stata creata unicamentedalla cit-Ωakti (energia interna). Essa può venir sconfitta,cioè offuscata da måyå, poichè è per natura minuscola emanca di potenza spirituale, ma non c'è la benchè minimapartecipazione di måyå nell'esistenza della jîva."

"Ho sentito dal mio insegnante che il cid-brahman di-venta jîva quando è coperto da måyå; mi spiegò che il cieloè sempre indivisibile (mahå-åkåΩa), ma che quando una sua

Jaiva-dharma

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siddha) sebbene, quando compie il sådhana, possa liberar-si attraverso un processo spirituale (sådhana-siddha) e gioi-re della felicità trascendentale delle anime eternamente li-berate. Tutti i quattro tipi di sakhî (amiche) di ÛrîmatîRådhikå sono nitya-siddha ed espansioni corporee dirette(kåya-vyüha) della cit-Ωakti, Ûrîmatî Rådhikå. Le jîve sonoinvece manifestazioni della potenza marginale (jîva-Ωakti)di Krishna. La cit-Ωakti è la Ωakti completa di Ûrî Krishna,mentre la jîva-Ωakti è la Sua Ωakti parziale. Proprio come leentità complete sono tutte manifestazioni della potenzacompleta, similmente le innumerevoli jîve, particelle minu-scole e coscienti, sono manifestate dalla Ωakti marginale.

Krishna Si stabilisce in ognuna delle Sue Ωakti e manife-sta la Sua natura essenziale (svarüpa) secondo la specificanatura di quella Ωakti. Quando è nella cit-svarüpa Egli ma-nifesta la Sua forma originaria sia di Ûrî Krishna che diNåråya∫a, il Signore di Vaiku∫†ha; quando è nella jîva-Ωak-ti Egli manifesta una forma identica ma che compie passa-tempi particolari (vilåsa-mürti) come ad esempio Baladevadi Vraja; e quando è nella måyå-Ωakti Egli manifesta le treforme di Viß∫u: Kåra∫odakaΩåyî, GarbhodakaΩåyî e Kßîro-dakaΩåyî. Nella Sua forma di Krishna Egli manifesta tuttala varietà spirituale di Vraja.

Nella Sua forma di Baladeva (come Ωeßa-tattva), Egli ma-nifesta gli eterni associati del mondo spirituale (le jîve nitya-siddha-pårßada) che rendono a Krishna, origine della Ωeßa-tattva, otto tipi di servizio. Poi come Ωeßa-rüpa Sankarßa∫adi Vaiku∫†ha, Egli manifesta otto tipi di servitori, associatieterni e liberati, che rendono servizio al Ωeßî-rüpa Nåråya∫ain otto modi diversi. Mahå-Viß∫u che è un'espansione diquesto Sankarßa∫a, Si situa nella potenza marginale (jîva-Ωakti) e nella Sua forma di Paramåtmå manifesta le jîve cheper loro natura sono potenzialmente attratte al mondo ma-teriale. Queste jîve sono sensibili all'influenza di måyå e fin-

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solo l'indivisibile brahman. E' giusto questo oppure no?"Båbåjî rispose: "Anche questa è una teoria Måyåvåda

priva di fondamento. Secondo gli Ωåstra: 'ekam evåd-vitîyam, non vi è nulla oltre il brahman'. Se non esiste altroche brahman, dove si origina l'illusione e chi cade in illusio-ne? Se dici che brahman è caduto in illusione stai dicendoche in realtà brahman non è brahman ma è insignificante.E se poi dici che l'illusione è un elemento separato ed indi-pendente, allora neghi l'unità e l'indivisibilità (advaya-jñå-na) di brahman."

Vrajanåtha chiese: "Una volta un bråhma∫a pa∫∂ita in-tellettualmente molto vivace giunse a Navadvîpa e in un di-battito fra persone colte sostenne che esiste soltanto la jîva.La sua teoria era che la jîva crea ogni cosa sognando e cheper questo motivo gode la felicità e soffre il dolore. Poi,quando il sogno finisce, la jîva si rende conto di non esserealtro che brahman. Fino a che punto è giusta questa suaidea?"

Båbåjî rispose: "Anche questo è Måyåvåda. Se, comedicono, brahman è indifferenziato, come può produrre la jî-va e quella condizione di sogno? I Måyåvådî utilizzanoesempi come: 'l'illusione di scambiare la madreperla peroro' e 'l'illusione di scambiare la corda per un serpente' mala loro filosofia non può fornire basi consistenti all'advaya-jñåna (concetto di unità e indivisibilità).”

“Và quindi concluso che måyå non ha nulla a che vederecon la creazione della svarüpa (forma spirituale) della jîva."Disse Vrajanåtha. "Allo stesso tempo ho anche compresocon chiarezza che la jîva è per natura soggetta all'influenzadi måyå. Ora vorrei sapere: è la cit-Ωakti a creare la jîva conla sua natura marginale (ta†astha-svabhåva)?"

Båbåjî rispose: "No, la cit-Ωakti è la Ωakti completa diKrishna; le sue manifestazioni sono tutte entità nitya-siddha(da sempre liberate). La jîva non è un’entità liberata (nitya-

Jaiva-dharmaCapitolo Quindici

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ogni spiegazione verbale è congenitamente incompleta.Non affidarti ad esse ma prova a percepire l'essenza spiri-tuale.

Tutti i Vaiß∫ava dicono che la jîva è un'eterna servitricedi Krishna, che la sua natura eterna è quella di servireKrishna e che attualmente è prigioniera di måyå perchè hadimenticato la sua natura eterna. Tuttavia è risaputo che visono due tipi di jîva: nitya-mukta (eternamente liberate) enitya-baddha (condizionate da tempo immemorabile).Questo argomento è stato così esposto solo perchè l'intel-letto umano, condizionato dall’intossicazione mondana(pramåda), non è in grado di comprenderlo. I sådhaka rea-lizzati tuttavia, sperimentano la Verità Trascendentale at-traverso la loro profonda percezione spirituale (cit-samådhi). I nostri mondi hanno sempre dei limiti materia-li così qualsiasi cosa diciamo avrà dei difetti måyika (in-fluenzati dalla materialità). Caro figliolo, devi sempre im-pegnarti a realizzare la pura verità. In ciò non possono aiu-tarti la logica e il ragionamento, quindi è inutile utilizzarliper tentare di comprendere argomenti non razionalmenteconcepibili.

So che non sarai in grado di capire queste cose in un at-timo ma, più coltiverai questi sentimenti trascendentali neltuo cuore più realizzerai cinmaya-bhåva (estasi spirituale).In altre parole, i sentimenti spirituali (cinmaya-bhåva-samüha) si manifesteranno nel profondo del tuo cuore pu-rificato. Il tuo corpo è materiale e anche tutte le sue attivitàsono materiali ma l'essenza del tuo essere non lo è; tu seiuna micro entità cosciente. Più imparerai a conoscere testesso più ti sarà facile realizzare che la tua natura essenzia-le è oltre il mondo di måyå. Non sarai in grado di realizza-re questa verità solamente ascoltandomi; ma se continueraia cantare l'Hari-nåma, questi sentimenti spirituali si mani-festeranno automaticamente nel tuo cuore e, secondo il gra-

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chè, per misericordia di Bhagavån, non ottengono il rifugiodell’energia spirituale (hlådinî-Ωakti), potrebbero venirsconfitte da måyå. Le innumerevoli jîve condizionate illuseda måyå, si trovano sotto il controllo dei tre modi della na-tura materiale (virtù, passione, ignoranza). Premettendociò, la conclusione filosofica (siddhånta) stabilisce inequi-vocabilmente che è solamente la jîva-Ωakti e non la cit-Ωaktia manifestare queste jîve."

Vrajanåtha chiese: "Hai detto prima che il mondo cit èeterno e lo è anche la jîva. Se questo è vero, come puòun'entità eterna essere creata? Se ad un certo momento deltempo essa viene creata, vuol dire che prima di allora nonesisteva, perciò come possiamo definirla eterna?"

Båbåjî rispose: "Il tempo e lo spazio che tu sperimenti inquesto mondo materiale sono completamente differenti daltempo e dallo spazio spirituali. Il tempo materiale è cosìsuddiviso: passato, presente e futuro mentre nel mondo spi-rituale vi è soltanto un tempo: l'eterno e indivisibile pre-sente. Ogni evento del mondo spirituale avviene sempre alpresente.

Qualsiasi cosa nel mondo materiale si trova sotto la giu-risdizione del tempo e dello spazio materiali quindi, quandodiciamo: "Le jîve furono create", "Il mondo spirituale fumanifestato" oppure "L'influenza di måyå non agisce nel-la creazione delle jîve", per forza di cose il tempo materialecondiziona il nostro linguaggio. Ciò è inevitabile e non pos-siamo sfuggire all'influsso del tempo materiale nel descri-vere la jîva infinitesimale e gli oggetti spirituali; la conce-zione di passato, presente e futuro, in un modo o nell'altrosi applica ad esse. Ciò nonostante coloro che sanno discri-minare in maniera appropriata, riescono a comprenderel'applicazione dell'eterno presente quando arrivano a capi-re la spiegazione e le descrizioni del mondo spirituale.Båbå, qui devi stare molto attento perchè ogni descrizione,

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chiama energia superiore (para-Ωakti). Sebbene sia una,questa potenza (sva-bhåvikî-Ωakti) possiede molteplici va-rietà basate su jñåna (conoscenza spirituale), bala (forzaspirituale) e kriyå (attività spirituali).

Secondo questo aforisma delle Ωruti, l’energia interna(cit-Ωakti) è una manifestazione della potenza superiore (pa-ra-Ωakti). Questa cit-Ωakti esce dalla sua sfera, il regno spi-rituale come jîva-Ωakti e, nella regione marginale che si tro-va tra il mondo materiale e quello spirituale, essa manifestainnumerevoli eterne jîve che sono come piccole particellecostituenti i raggi del sole spirituale.”

Vrajanåtha chiese: "Il fuoco, il sole, le scintille e le par-ticelle dei raggi solari sono tutte cose materiali. Perchè, par-lando della Verità Suprema si utilizzano questi paragonimateriali?"

Båbåjî rispose: "Come ho già detto, vi sono inevitabiliimproprietà in ogni utilizzo di termini materiali parlandodella cit-tattva, ma che altra alternativa abbiamo? Siamoobbligati ad utilizzare tali esempi perchè non esiste altromodo. Per questo coloro che conoscono la verità tentanodi spiegare la sostanza spirituale (cid-vastu) paragonandolaal fuoco o al sole. In realtà Krishna è ben oltre; la Sua ef-fulgenza è molto superiore alla radiosità del sole; e i Suoiraggi e le particelle contenute nei raggi, ovvero la jîva-Ωaktie le jîve, sono molto superiori ai raggi del sole e ai fotoni.Nonostante ciò si utilizzano questi esempi perchè vi sonomolte similitudini.

Sono esempi che possono dare un'idea delle qualità spi-rituali anche se non spiegare tutto. La bellezza della lucedel sole e la capacità illuminante dei suoi raggi sono duequalità che si possono paragonare alla Verità Assoluta (cit-tattva) perchè è una caratteristica della spirito rivelare lapropria bellezza e riverberarla all'esterno. Tuttavia il calo-re bruciante dei raggi del sole non ha una controparte nella

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do della loro intensità, tu potrai realizzare il mondo spiri-tuale. La mente e le parole hanno entrambe un'origine ma-teriale e non possono cogliere la verità trascendentale nep-pure col massimo impegno. Nei Veda sta scritto (TaittirîyaUpanißad 2.9):

yato våco nivartante apråpya manaså saha

'La mente e le parole restano al di fuori del brahman per-chè non sono in grado di raggiungerlo.'

Ti consiglio di non chiedere queste cose in giro ma di rea-lizzarle tu stesso. Io ti ho dato solamente alcune indicazio-ni."

Vrajanåtha disse: "Tu mi hai spiegato che la jîva è comeuna scintilla del fuoco o una piccola particella contenuta neiraggi del sole spirituale. Che ruolo svolge la potenza mar-ginale (jîva-Ωakti) a questo proposito?"

Båbåjî rispose: "In questi esempi con cui si paragonaKrishna ad un fuoco o al sole, si evidenzia questa verità: inquel fuoco o in quel sole (Krishna), i cui raggi si diffondonoben oltre il suo nucleo, tutto è manifestazione spirituale.Questi raggi sono la funzione parziale (a∫u-kårya) della po-tenza spirituale (svarüpa-Ωakti) e sono formati da piccoleparticelle (paramå∫u) del sole spirituale. Le jîve infinitesi-mali si collocano in questo contesto. La potenza spirituale(svarüpa-Ωakti) manifesta ciò che si trova all’interno del so-le spirituale; i raggi che ne emanano sono nell’ambito del-l’energia marginale (jîva-Ωakti), la quale è diretta e parzialemanifestazione della potenza interna stessa per cui: ciò cheè relativo alla jîva è pertinenza della potenza marginale (jî-va-Ωakti).

'Paråsya Ωaktir vividhaiva Ωrüyate' (ÛvetåΩvatara Upa-nißad 6.8): quella potenza inconcepibile (acintya-Ωakti) si

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ne un bracciale. Se si considera solo il materiale, il braccia-le non è diverso dal lingotto; sono uguali, ma dal punto divista della forma i due oggetti sono ben differenti. Questoesempio non definisce esattamente la natura spirituale (cit-tattva) ma ne chiarisce un aspetto importante: dal punto divista spirituale infatti, non vi è differenza tra l'IΩvara e la jî-va, mentre da una prospettiva di condizione e quantità, vi èuna differenza eterna. L'IΩvara è un’entità spirituale (cit)completa mentre la jîva è un’entità spirituale (cit) infinite-simale. L'IΩvara è grande mentre la jîva è insignificante.Alcuni portano l'esempio del gha†a-åkåΩa e del mahå-åkåΩa(il cielo contenuto nel vaso e il cielo illimitato), ma è unesempio totalmente irrilevante per quanto riguarda la cit-tattva.”

Vrajanåtha allora chiese: "Se le entità spirituali e gli og-getti materiali appartengono a due categorie completa-mente differenti, come si possono utilizzare questi oggettiper comprendere le entità trascendentali?"

Båbåjî rispose: "Vi sono diverse categorie di oggetti ma-teriali e gli studiosi della scuola Nyåya le considerano eter-ne. Tuttavia non vi è una tale differenza categorica tra tra-scendenza (cit) e materia (ja∂a). Ho già detto che cit è l'u-nica realtà e che ja∂a è semplicemente una sua trasforma-zione distorta (vikåra). Una cosa trasformata è differentedall'originale ma, nonostante ciò, è sotto molti aspetti simi-le all'oggetto puro originale. Per esempio, il ghiaccio è unatrasformazione dell'acqua e, per via di questa trasforma-zione, è differente dall'acqua; entrambi però rimangono si-mili in molte caratteristiche come ad esempio la composi-zione chimica. L'acqua calda e l'acqua fredda non possie-dono entrambe la qualità della freddezza ma la caratteristi-ca della fluidità è la stessa. Perciò l'oggetto trasformato cer-tamente mantiene alcune caratteristiche dell'oggetto origi-nale. In base a questa considerazione il mondo trascen-

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sostanza spirituale (cid-vastu) come anche il fatto che i rag-gi sono materiali. Se noi diciamo: "Questo latte è comel'acqua," stiamo solo considerando la liquidità dell'acquaper fare un paragone; altrimenti, se tutte le qualità dell'ac-qua fossero presenti nel latte, perchè non chiamare anche illatte acqua? Gli esempi possono spiegare alcune caratteri-stiche specifiche di un oggetto ma non tutte."

Vrajanåtha chiese: "I raggi spirituali del sole trascen-dentale Krishna e gli atomi spirituali all'interno di quei rag-gi sono identici al sole ma allo stesso tempo eternamentedifferenti. Come possono essere presenti simultaneamentequeste due caratteristiche?"

Båbåjî rispose: "Nel mondo materiale quando un ogget-to deriva da un altro, il prodotto può essere completamen-te differente dall’originale oppure rimanere una sua parte.Per esempio: un uovo si separa dall'uccello una volta uscitodal corpo della madre, mentre le unghie e i capelli, anche seprodotti dal corpo di una persona, rimangono parte del suocorpo. Ma la natura della sostanza spirituale (cid-vastu) èin qualche modo diversa. Qualunque cosa venga manife-stata dal sole spirituale è anche simultaneamente uguale edifferente da esso. I raggi del sole e i fotoni non sono sepa-rati dal sole anche dopo che ne sono usciti. Similmente iraggi della forma (svarüpa) di Krishna, ovvero la jîva-Ωakti,e le piccolissime particelle di quei raggi, le jîve, non sono se-parate da Lui anche se sono un Suo prodotto. Allo stessotempo anche se le jîve non sono differenti da Krishna sonoanche eternamente separate da Lui poichè hanno dei lorodesideri indipendenti. Per questo la differenza e non diffe-renza della jîva da Krishna è una verità eterna. Questa èuna particolarità del regno spirituale.

I saggi forniscono un esempio, per forza di cose limitato,proveniente dalla nostra esperienza materiale. Supponia-mo si tolga da un lingotto d'oro un piccolo pezzetto per far-

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caso della Verità Assoluta (parama-tattva). Dobbiamo ac-cettare il fatto che Krishna è simultaneamente differente enon differente dalla Sua potenza marginale (jîva-Ωakti) edalle jîve stesse. Questa simultanea uguaglianza e differen-za (bhedåbheda-tattva) è inconcepibile (acintya) perchè su-pera i limiti dell'intelletto umano."

Vrajanåtha allora chiese: "Qual è la differenza tra l'IΩva-ra e la jîva?"

Båbåjî rispose: "Prima di tutto ti dev'essere chiara l’u-guaglianza tra l'IΩvara e la jîva e poi ti spiegherò la loro eter-na differenza. L'IΩvara è la personificazione della cono-scenza, Colui che conosce e Colui che gioisce. Egli Si auto-manifesta (sva-prakåΩa) ed è la fonte di ogni altra manife-stazione (para-prakåΩa). Egli possiede desideri Suoi propried è l'Onnisciente (kßetra-jña). Anche la jîva è la forma del-la conoscenza: conosce e gioisce; anch'essa si manifesta dasè ed è causa di altre manifestazioni; anch'essa desidera edè conoscitrice nel suo campo (kßetra-jña). Da questa pro-spettiva non vi è differenza alcuna.

Tuttavia l'IΩvara è onnipotente e basta un tocco della Suaonnipotenza perchè si generino in Lui tutte le qualità nellaloro pienezza. Queste stesse qualità sono presenti anchenella microscopica jîva, ma solo ad un grado minimo. Quin-di il livello e la forma dell'IΩvara e della jîva sono eterna-mente differenti perchè Uno è completo mentre l'altra è mi-nuta; ma nel contempo non vi è distinzione tra la natura del-l'IΩvara e quella della jîva a causa dell’identica qualità del-le loro caratteristiche.

Dovuto alla completezza della Sua potenza interna(åtmå-Ωakti), l'IΩvara è il Signore della svarüpa-Ωakti, dellajîva-Ωakti e della måyå-Ωakti. La Ωakti è una Sua servitrice eLui è il padrone della Ωakti la quale è accattivata dal Suo de-siderio; questa è la natura dell'IΩvara. Sebbene le qualitàdell'IΩvara siano presenti nella jîva ad un grado minimo, la

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dentale (cit) può essere in parte compreso con l'aiuto diesempi materiali. Ad esempio Arundhati è una piccola stel-la che si trova vicino alla stella VaΩi߆ha nella costellazionedel Grande Orso. Per vederla bisogna prima individuare lastella più grande VaΩi߆ha, che è a finco e poi, osservandocon attenzione, nei pressi si vedrà anche Arundhati. Allostesso modo adottando la logica dell'arundhati-darΩana sipossono utilizzare esempi materiali per comprendere qual-cosa della natura spirituale.

I passatempi di Krishna sono del tutto spirituali, non es-sendovi nulla di mondano in essi. I Vraja-lîlå descritti nelloÛrîmad-Bhågavatam sono trascendentali ma quando nevengono letti dei brani in pubblico, il frutto dell'ascolto èdifferente a seconda del personale livello di coscienza di chiascolta. Coloro che sono presi dalla gratificazione dei sen-si lo percepiranno come una storia interpretata da comuniattori e attrici. I madhyama-adhikårî (devoti allo stadio in-termedio) si rifugeranno nell'arundhati-darΩana-nyåya esperimenteranno i trascendentali passatempi paragonan-doli a descrizioni materiali simili. Quando invece sarannodei devoti al massimo livello (bhakta uttama-adhikårî) adascoltare le descrizioni di quei passatempi, verranno rapitinel råsa dell’unione pura e trascendentale (cid-vilåsa), cheè oltre ogni qualità materiale.

La Verità Assoluta è una verità trascendentale (apråk®ta-tattva) quindi: come è possibile educare ad essa le jîve sen-za fondarci sui principi appena citati? Potrà l'anima condi-zionata capire un soggetto che rende la voce muta e arrestail lavorio della mente? Sembra non esistano modi per spie-gare ciò tranne che similitudini e utilizzando la logica del-l'arundhati-darΩana.

Gli oggetti materiali possono essere sia differenti cheuguali, quindi è impossibile cogliere in loro contempora-neamente la differenza e l’uguaglianza, ma non è così nel

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jîve è Colui in cui esse rientrano al momento della distru-zione e che le rende non più manifeste.' Ciò che è stato det-to vale solo per brahman, non può venir applicato alla jîvae non c'è nessun riferimento alle anime liberate. Gli Ωåstraaffermano che è Bhagavån soltanto e non la jîva liberata acompiere le azioni di creazione, mantenimento e distruzio-ne. Si potrebbe supporre che anche la jîva possa compierequeste attività, ma è un'idea che porta alla filosofia dei mol-ti îΩvara (bahv-îΩvara-doßa), idea completamente sbagliata.Perciò la conclusione filosofica (siddhånta) corretta è che lajîva non è qualificata a svolgere le attività sopra citate an-che se liberata.

Questo fatto sancisce l'eterna differenza tra la jîva el'IΩvara come confermato da tutti gli eruditi. Questa non èuna differenza immaginaria ma vera ed eterna; non scom-pare in nessuno stadio della jîva. Di conseguenza l'asser-zione che la jîva è un'eterna servitrice di Krishna và accet-tata come affermazione fondamentale (mahå-vakya)."

"Visto che l'eterna differenza si può provare come è pos-sibile arrivare ad accettare anche l'uguaglianza?" ChieseVrajanåtha. "Un altro punto è: se c'è uguaglianza, dobbia-mo allora accettare la fusione (nirvå∫a) con l'IΩvara?"

"Per nulla." Rispose Båbåjî. "La jîva non diventa maiuna con Krishna, in nessun momento."

Vrajanåtha incalzò: "Allora perchè hai parlato dell'a-cintya-bhedåbheda, l'inconcepibile uguaglianza e differen-za?"

Båbåjî rispose: "Dal punto di vista qualitativo della na-tura spirituale intrinseca (cid-dharma), vi è uguaglianza traKrishna e le jîve, ma da una prospettiva quantitativa delleloro personalità individuali (svarüpa), vi è una differenzaaltrettanto eterna. Nonostante l'eterna uguaglianza, è lapercezione della differenza che eternamente predomina.Sebbene l’uguaglianza nella natura essenziale (abheda-

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jîva resta sotto il controllo della Ωakti.In questi DaΩa-müla che ti ho citato, la parola måyå è sta-

ta usata per indicare sia la svarüpa-Ωakti che la måyå mate-riale. La parola måyå si riferisce alla Ωakti che dona la co-noscenza di Krishna in tutte le tre sfere di mondi: quello tra-scendentale, quello della materia e quello degli esseri vi-venti. ‘Mîyate anayå iti måyå, måyå è ciò con cui vengonomisurate le cose.’ Krishna è il controllore di måyå e la jîvaè sotto il controllo di måyå. Perciò nella ÛvetåΩvatara Upa-nißad (4.9-10) viene detto:

asmån måyî s®jate viΩvam etattasmiµΩ cånyo måyayå sanniruddha˙

måyån tu prak®tiµ vidyån måyinam tu maheΩvaramtasyåvaya-bhütais tu vyåptaµ sarvam idaµ jagat

'ParameΩvara è il Signore di måyå. Egli ha creato il mon-do intero, dentro il quale le jîve sono prigioniere di un'illu-soria identificazione materiale. Và capito che måyå è la Suaprak®ti e che Lui è MaheΩvara, il controllore di måyå. Que-sto mondo è tutto pervaso da Lui.'

In questo Ωloka il termine ‘måyinam’ viene utilizzato perindicare Krishna, il Controllore di måyå e il termine prak®tiper indicare la Ωakti completa. Le particolarità dell'IΩvarasono le Sue qualità e le Sue piene perfezioni; queste non so-no presenti nella jîva e neppure le può ottenere, anche se li-berata. Nel Brahma-sütra (4.4.17) sta scritto: ‘jagat-vyåpå-ra-varjjam, la creazione, il mantenimento ed il controllo ditutti i mondi, trascendentali e inerti, è compito di brahmansoltanto e di nessun altro.' Le jîve liberate possono com-piere molte azioni notevoli ma non questa. Le Ωruti affer-mano: ‘yato vå imåni bhütåni jåyante (Taittirîya Upanißad3.1), Egli è ciò da cui provengono e sono mantenute tutte le

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naturale collocazione, così il corpo spirituale manifesta unaforma spirituale meravigliosa che si compone di varie partispirituali. Quando la jîva però è prigioniera di måyå, quel-la forma spirituale viene coperta da due corpi materiali: unoè il corpo sottile (linga-Ωarîra) e l'altro il corpo grossolano(sthüla-Ωarîra). Il corpo sottile, che è il primo a coprire ilcorpo spirituale infinitesimale, accompagna sempre la jîva,dall'inizio del suo stato condizionato fino alla sua liberazio-ne. Quando la jîva trasmigra da un corpo all'altro, cambiail corpo grossolano ma non il corpo sottile infatti, quando lajîva lascia il corpo grossolano, il corpo sottile trasporta tut-to il suo karma e i suoi desideri nel corpo successivo. Il cam-biamento di corpo e la trasmigrazione della jîva si compio-no tramite il processo di pañcågni (i cinque fuochi) deli-neato nei Veda.

Il sistema pañcågni, come quello del fuoco all'istante del-la morte, del fuoco della digestione e della pioggia, sono sta-ti descritti nella Chåndogya Upanißad e nel Brahma-sütra.Il tipo di condizionamento della jîva che si trova nel nuovocorpo deriva dalle impressioni delle vite precedenti ed è lanatura di questo condizionamento a determinare il var∫a(categoria sociale) in cui rinascerà. Dopo essere entrata nelvar∫åΩrama (sistema sociale vedico) la jîva inizia di nuovo avivere compiendo il karma e quando muore si rinnova lostesso procedimento."

Vrajanåtha chiese: "Qual è la differenza tra il corpo spi-rituale eterno ed il corpo sottile?"

Båbåjî rispose: "Il corpo eterno è quello reale, è il corpooriginale ed è infinitesimale, spirituale e immacolato. Que-sto è il vero obiettivo dell'ego, il vero io. Il corpo sottile na-sce dal contatto con la materia ed è il frutto di tre trasfor-mazioni viziate: quella della mente, dell'intelligenza e del-l'ego."

Vrajanåtha chiese: "La mente, l'intelligenza e l'ego so-

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svarüpa) sia un fatto acquisito, non vi sono indicazioni checiò determini un'esistenza indipendente. Invece la manife-stazione dell’eterna differenza (nitya-bheda) prevale sem-pre. In altre parole: dove c'è eterna differenza ed eternauguaglianza contemporaneamente, la percezione di diffe-renza (bheda) è più forte. Per esempio, mettiamo che il pro-prietario di una casa si chiami Devadatta; la sua casa sarà a-devadatta (un oggetto indipendente da Devadatta) ma an-che sa-devadatta (identificabile con Devadatta). Anche seda un certo punto di vista la casa può essere considerata inmodo certo indipendente da Devadatta, la caratteristicaspecifica che esisterà eternamente è di essere identificatacon Devadatta. Similmente, sempre nel caso dell'IΩvara edelle jîve, la simultanea differenza e uguaglianza non com-pongono l'identità essenziale, neppure dopo aver ottenutosvarüpa-siddhi, lo stadio in cui si manifesta la propria for-ma e identità spirituale; proprio come la casa si può chia-mare sia a-devadatta che sa-devadatta. Da un lato può es-sere vista come a-devadatta ma ciò nonostante la vera iden-tità è sa-devadatta.

Permettimi di portarti un altro esempio di questo mon-do. Il cielo è un elemento materiale ed ha una causa origi-nale, ma sebbene anche questa sia una realtà soltanto il cie-lo è visibile. Similmente, all'interno dell'esistenza abheda(uguaglianza) la nitya-bheda, l'eterna differenza, è presen-te e reale e per questo motivo la nitya-bheda è la caratteri-stica ultima della natura essenziale di un’entità (vastu)."

Vrajanåtha disse: "Ti prego, spiegami in modo più chia-ro l'eterna natura della jîva."

Båbåjî rispose: "La jîva è una particella infinitesimale dicoscienza ed è caratterizzata dall'aham, l'io. Essa gioisce,pensa e comprende. La jîva possiede una forma eterna mol-to sottile. Proprio come le diverse parti del corpo, mani,gambe, naso, occhi e così via, appaiono bellissimi nella loro

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inferiore, che contiene otto elementi: i cinque grossolani,terra, acqua, fuoco, aria ed etere e i tre sottili, mente, intel-ligenza e falso ego. Questi ultimi tre elementi materiali so-no speciali. La conoscenza presente in essi è materiale enon spirituale. La mente crea un mondo falso basato sullaconoscenza degli oggetti dei sensi. Questa conoscenza de-riva dalle immagini e dalle impressioni che la mente ricavadagli oggetti grossolani del regno materiale. Questo pro-cesso è fondato sulla materialità mondana, non certo sullospirito. La facoltà di discriminare tra reale e non reale, ri-ferita a quella conoscenza, viene definita intelligenza(buddhi). L'ego o senso dell'io, prodotto dall'identificarsicon quella conoscenza, è di conseguenza anch'esso mate-riale e non spirituale.

L’insieme di questi tre elementi (mente, intelligenza efalso ego) costituisce il corpo sottile (linga-Ωarîra), la secon-da forma della jîva, quella che fa da connessione tra la jîvae la materia. Man mano che l'ego del corpo sottile della jî-va condizionata diventa più forte, copre l'ego vero (il sè)della sua forma eterna. L'ego vero, in relazione col sole spi-rituale Krishna, è quello eterno e puro che riemerge nellostato liberato (mukti), tuttavia finchè il corpo sottile coprequesto corpo eterno spirituale, la percezione materiale(abhimåna) derivante dal corpo materiale e sottile, rimaneforte e di conseguenza la percezione della relazione con lospirito è quasi del tutto spenta: il linga-Ωarîra (corpo sottile)è molto sottile ed è coperto dal corpo grossolano. Que-st’ultimo allora si identifica con la concezione di var∫a (ap-partenenza sociale), con la casta e via dicendo. Sebbene itre elementi (mente, intelligenza e falso ego) siano mate-riali, la percezione (abhimåna) della conoscenza è implicitaanche in loro perchè sono trasformazioni distorte della fun-zione dell'anima (åtmå-v®tti)."

"Ho compreso che l'eterna svarüpa (forma) della jîva è

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no entità materiali? E se lo sono come possono possederele caratteristiche della conoscenza e dell'azione?"

Båbåjî rispose:

bhümir åpo 'nalo våyu˙ khaµ mano buddhir eva caahankåra itîyaµ me bhinnå prak®tir a߆adhå

apareyam itas tv anyåµ prak®tiµ viddhi me paråmjîva-bhütaµ mahå-båho yayedaµ dhåryate jagat

etad-yonîni bhütåni sarvå∫îty upadhårayaahaµ k®tsnasya jagata˙ prabhava˙ pralayas tathå

Bhagavad-Gîtå (7.4-6)

'La mia energia separata (måyå-prak®ti), consta di cin-que elementi grossolani: terra, acqua, fuoco, aria ed etere edi tre elementi sottili: mente, intelligenza e falso ego. Oltrea questo, potente Arjuna, c’è la ta†astha che si chiama an-che para-prak®ti (natura superiore). Questa natura è co-sciente ed è composta da jîve, le quali sfruttano le risorsedella natura materiale inferiore.

Poichè tutte le entità create sono il frutto di questi due ti-pi di prak®ti, devi sapere che Io, Bhagavån, sono la sola cau-sa della creazione e della distruzione di tutti gli esseri mo-bili e immobili.'

“Questi Ωloka della Gîtå Upanißad descrivono due tipi diprak®ti di sarva-Ωaktimån Bhagavån (Colui che possiede tut-te le potenze). Una si chiama parå-prak®ti (energia supe-riore) e l'altra aparå-prak®ti (energia inferiore). Esse sonoanche conosciute come jîva-Ωakti e måyå-Ωakti rispettiva-mente. La jîva-Ωakti è chiamata parå-Ωakti o Ωre߆ha-Ωakti(l’energia superiore) perchè è colma di particelle spiritualiinfinitesimali. La måyå-Ωakti è chiamata aparå (inferiore)perchè è materiale e inerte (ja∂a).

La jîva è un'entità completamente separata dall'energia

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CAPITOLO SEDICIPrameya: La Jîva e Måyå

Dopo aver ascoltato l'illuminante descrizione della jîva-tattva contenuta nei DaΩa-müla, Vrajanåtha tornò a casa.Disteso sul suo letto, non riuscendo a dormire, iniziò a ri-flettere profondamente: "Ho ricevuto una risposta alla do-manda 'Chi sono?' Ora capisco di essere semplicemente unatomo di luce negli effulgenti raggi del sole spirituale ÛrîKrishna. Anche se per natura sono infinitesimale, possie-do un mio intrinseco valore, ho uno scopo ed una cono-scenza specifica e ho una goccia di felicità spirituale (bindu-cidgata-ånanda). Ho una svarüpa (forma) che è come unaparticella spirituale (cit-ka∫a). Anche se questa mia formaspirituale è infinitesimale, è però simile alla forma di ÛrîKrishna. Sfortunatamente ora non sono in grado di veder-la; solo un'anima estremamente fortunata può realizzarla.E' importante che io capisca bene perchè soffro in questasfortunata condizione. Domani lo chiederò a Ûrî Gurude-va."

Così pensando, verso la mezzanotte Vrajanåtha si ad-dormentò. Prima dell'alba sognò di aver abbandonato tut-to e di aver indossato l'abito da Vaiß∫ava. Risvegliatosi congioia pensò: "Sembra che presto Krishna mi voglia toglie-re da questo saµsåra (ciclo di nascite e morti ripetute)."

La mattina successiva, mentre se ne stava seduto sotto laveranda, alcuni studenti lo avvicinarono; gli offrirono i lororispetti e chiesero: "Per molto tempo ci hai dato degli inse-gnamenti molto belli e sotto la tua guida abbiamo imparatomolti e profondi significati della filosofia impersonalista

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infinitesimale ma anche spirituale e che insito in questasvarüpa vi è un corpo meraviglioso composto di parti spiri-tuali. Nello stato condizionato quel bellissimo corpo spiri-tuale resta coperto dal corpo sottile e la copertura materia-le della svarüpa della jîva è la causa della sua distorta tra-sformazione materiale." Disse Vrajanåtha. "Ora vorrei sa-pere se la jîva è del tutto esente da difetti quand'è nello sta-dio liberato (mukti)."

Båbåjî rispose: "La forma spirituale è libera da difettima, a causa della sua piccolezza, è intrinsecamente poco po-tente e perciò incompleta. L'unico difetto in quello stato èche la forma spirituale della jîva può essere coperta tramitel'associazione con la potente måyå-Ωakti. Nello Ûrîmad-Bhågavatam (10.2.32) sta scritto:

ye 'nye 'ravindåkßa vimukta-måninastvayy asta-bhåvåd aviΩuddha-buddhaya˙

åruhya k®cchre∫a paraµ padaµ tata˙patanty adho' nåd®ta-yußmad-anghraya˙

'Signore dagli occhi di loto, i non devoti come i jñånî, gliyogi ed i rinunciati, erroneamente considerano sè stessi deiliberati ma la loro intelligenza non è veramente pura per-chè mancano di devozione. Essi praticano severe austeritàe penitenze ed ottengono quello che loro credono sia unacondizione da liberati, ma cadono ancora perchè offendo-no i Tuoi piedi di loto.'

Questo dimostra che la costituzione della jîva è e rimarràsempre incompleta, quale che sia il livello che la jîva libera-ta può raggiungere. Questa è la natura intrinseca della jîva-tattva e questo è il motivo per cui nei Veda viene detto chel'IΩvara è il controllore di måyå mentre la jîva è soggetta alcontrollo di måyå, sempre."

Jaiva-dharmaCapitolo Quindici

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del giorno prima, Vrajanåtha non riuscì neppure a mangia-re tranquillo. Verso sera si recò alla capanna di Båbåjî, siprostrò in omaggi e si sedette vicino a Båbåjî che gli disse:"Ieri sera ha piovuto molto forte. Per questo probabilmen-te non sei potuto venire. Vederti oggi mi ha reso molto fe-lice."

Vrajanåtha interloquì: "Prabhu, sto fronteggiando unproblema di cui ti parlerò più tardi. Prima vorrei chiederti:se la jîva è un'entità spirituale pura, come è potuta rimane-re intrappolata in questo miserabile mondo?"

Båbåjî sorrise e rispose: "

svarüpårthair hînån nija-sukha-parån-k®ß∫a-vimukhånharer måyå-dandyån gu∫a-niga∂a-jålai˙ kalayati

tathå sth¨lair lingai dvi-vidhåvara∫ai˙ kleΩa-nikarairmahåkarmålånair nayati patitån svarga-nirayau

DaΩa-müla, Ωloka 6

'Per sua intrinseca natura la jîva è un'eterna servitrice diKrishna. Il suo dovere costitutivo (svarüpa-dharma) è diservire Ûrî Krishna. L'energia illusoria di Bhagavån (måyå)punisce quelle jîve che gli si oppongono e che hanno lascia-to il loro dharma costitutivo facendosi sedurre dal godi-mento materiale. Måyå le lega con le corde dei tre modidella natura, sattva, raja˙ e tama˙, le copre con un corpogrossolano ed uno sottile, le pone nel miserevole ciclo delkarma e le costringe a gioire e a soffrire nel paradiso e nel-l'inferno.'

"Da Ûrî Baladeva Prabhu appaiono innumerevoli jîveche servono V®ndåvana-vihårî Ûrî Krishna come Sue eter-ne associate a Goloka V®ndåvana. Altre appaiono da ÛrîSankarßa∫a (la prima espansione di Baladeva Prabhu) perservire il Signore di Vaiku∫†ha, Ûrî Nåråya∫a, nel mondo

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nyåya; ora nutriamo la speranza che tu ci possa istruire an-che sulla nyåya-kusumåñjali."

Con grande umiltà Vrajanåtha rispose: "Cari studenti,non posso più insegnarvi altro perchè non posso fermare lamia mente solo sul dare insegnamenti a tutti poichè ho de-ciso di intraprendere un'altra strada. Date le circostanze visuggerisco di studiare sotto la guida di un altro insegnante."Nell'udire queste parole gli studenti si rattristarono moltoma, vista la situazione, non potendo far nulla, lentamentese ne andarono tutti.

Poco dopo arrivò a casa di Vrajanåtha Ûrî CaturbhujaMiΩra Ghatak per sottoporgli una proposta di matrimonioda parte di suo nonno paterno. Egli disse: "Sono sicuro checonosci Vijayanåtha Bha††åcårya. La sua è una buona e ri-spettabile famiglia, sarà un buon partito per te; ma la cosapiù importante è che la ragazza è tanto qualificata quantobella. Da parte sua Bha††åcårya non porrà condizioni almatrimonio della figlia con te. E' pronto ad offrirtela insposa alle condizioni che tu preferisci."

Ascoltando ciò, la nonna di Vrajanåtha diventò molto fe-lice, Vrajanåtha invece era turbato. "Guarda!" Pensò,"Mia nonna è subito pronta per il mio matrimonio mentreio sto pensando di lasciare la famiglia e tutto il resto. Comeposso sentirmi felice e parlare di matrimonio in questo mo-mento?"

Più tardi, in casa si sviluppò un'accesa discussione sullequestioni riguardanti il matrimonio; la madre di Vrajanåthae le altre anziane erano tutte schierate da una parte e dal-l'altra c'era Vrajanåtha da solo. Le donne insistevano conogni argomento per convincerlo a sposarsi ma lui non erad'accordo. La discussione si protrasse per tutto il giorno; lasera poi iniziò a piovere con violenza. La pioggia cadde pertutta la notte e così Vrajanåtha non potè andare a Måyåpu-ra. Il giorno successivo, a causa dell'infuocata discussione

Jaiva-dharmaCapitolo Sedici

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stati imprigionati nel carcere di måyå. Unicamente per averdimenticato la nostra posizione costitutiva ci troviamo orain questa deplorevole condizione."

Vrajanåtha chiese: "Prabhu, mi rendo conto che questaposizione marginale si trova nel punto di congiunzione deimondi spirituale e materiale ma perchè accade che alcunejîve da lì vanno nel mondo materiale mentre altre vanno nelmondo spirituale?"

Båbåjî rispose: "Le qualità di Krishna sono presenti an-che nella jîva ma solamente in minima parte; poichèKrishna è supremamente indipendente, il desiderio di indi-pendenza è sempre presente anche nella jîva. Quando la jî-va usa questa sua indipendenza nel modo giusto rimaneorientata verso Krishna; quando invece la utilizza male, Glisi oppone. Ed è proprio questa opposizione che fa nascerenel cuore della jîva il desiderio di godere di måyå. Condi-zionata da questo desiderio di godere di måyå, la jîva svi-luppa il falso ego con l'idea di poter godere della gratifica-zione dei sensi e da qui i cinque tipi di ignoranza ovvero: tå-misra (l'oblio della propria posizione costitutiva causatadalla rabbia e dall'invidia), andha-tåmisra (la concezioneche con la morte ogni cosa abbia termine), tamas (non sa-pere nulla dell'anima spirituale), moha (l'illusione del con-cetto corporeo della vita) e mahå-moha (impazzire per ilgodimento materiale), che coprono la sua pura natura infi-nitesimale. La nostra liberazione o la nostra schiavitù di-pende semplicemente dal fatto di usare o meno in modo ap-propriato la nostra minuscola indipendenza."

"Krishna è karu∫amaya" disse Vrajanåtha. "Perchèdunque ha reso la jîva tanto debole da diventare prigionie-ra di måyå?"

Båbåjî subito rispose: "E' vero che Krishna èkaru∫amaya (colmo di misericordia), tuttavia Egli è anchelîlåmaya (desideroso di compiere passatempi). Desideran-

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Capitolo Sedici

spirituale. Assaporando eternamente questo råsa (relazio-ne) ed impegnandosi nel servizio del loro adorabile Signo-re, esse rimangono sempre fisse nella loro posizione costi-tutiva. Queste jîve si impegnano per dar piacere a Bha-gavån con una predisposizione sempre favorevole. Graziealla Ωakti spirituale, esse san rimanere ferme nella loro de-vozione e non hanno nessuna connessione con l'energia ma-teriale; addirittura ignorano che esista un'energia illusoriachiamata måyå. Poichè abitano il mondo spirituale, måyånon le avvicina e non le affligge in nessun modo. Sempreassorte nella felicità del servizio al loro adorabile Signore,esse sono eternamente non condizionate e libere dalla feli-cità e dal dolore materiali. La loro vita è fatta di amore sol-tanto ed esse non sono mai coscienti di miserie come la mor-te o la paura.

Oltre queste vi sono anche altre innumerevoli jîve infini-tesimali e coscienti che emanano dallo sguardo che Kå-ra∫odakaΩåyî Mahå-Viß∫u posa sopra la Sua måyå-Ωakti.Poichè queste jîve stanno in prossimità di måyå, riescono apercepire la sua meravigliosa attività. Sebbene abbiano tut-te le caratteristiche delle jîve che ho descritto prima, per laloro natura minuta e marginale, queste ultime sono moltodeboli. A volte inclinano verso il mondo spirituale e a vol-te verso il mondo materiale. In questa condizione margi-nale, queste jîve si debilitano perchè non hanno in quel mo-mento la forza spirituale che proviene dalla misericordia delloro adorabile Signore. Tra queste innumerevoli jîve, quel-le che vogliono godere di måyå si fanno prendere dalla gra-tificazione materiale dei sensi ed entrano in uno stato di pri-gionia per un tempo indeterminato. Viceversa, le jîve chesoddisfano i desideri (cid-anuΩîlanam) di Bhagavån, per Suamisericordia ricevono la forza spirituale (cid-bala) ed en-trano nel mondo spirituale. Båbå, è una grande sfortunaaver dimenticato il nostro servizio a Ûrî Krishna ed essere

Jaiva-dharma

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discernimento nasce il voler conoscere la natura dellaRealtà Suprema. Conseguenza di questa ricerca è sat-san-ga (la compagnia di persone sante), dopodichè si sviluppaΩraddhå (fede). Quando nasce Ωraddhå la jîva sale ad un li-vello superiore poichè intraprende la via della bhakti.

Dall'oro si tolgono le impurità scaldandolo e battendolocon un martello. Poichè si è opposta a Krishna, la jîva è di-ventata impura immergendosi nella gratificazione mondanadei sensi; dovrà perciò venir purificata con i colpi martel-lanti della miseria, sferrati sull'incudine di questo mondomateriale. Tramite questo processo la miseria della jîva chesi è opposta a Krishna finisce per culminare nella felicità.La sofferenza è perciò un segno della misericordia di Bha-gavån. Ecco perchè le persone intelligenti vedono in ulti-ma analisi la sofferenza delle jîve come un fatto positivo seinclusa nei passatempi di Krishna, mentre gli sciocchi pos-sono solo vederla come fonte negativa di miserie."

Vrajanåtha chiese: "La sofferenza della jîva condiziona-ta alla fin fine è un fatto positivo ma nell'immediato è mol-to penosa. Poichè Krishna è onnipotente, non potrebbepensare ad una via meno problematica?"

Båbåjî rispose: "Questo è uno dei variegati e meravi-gliosi passatempi di Krishna. Poichè Bhagavån è indipen-dente, onnisciente e sperimenta ogni tipo di passatempo,perchè dovrebbe negare questo? Se la gamma dev'esserecompleta non deve mancare nessuna varietà; inoltre, chipartecipa ad un qualche passatempo deve pagare un qual-che tipo di prezzo. Ûrî Krishna è il fruitore (purußa) ed an-che l'agente attivo (karta). Tutti i fattori sono controllati dalSuo desiderio e soggetti al Suo agire. E' naturale provaredella sofferenza quando si è controllati dal desiderio diqualcuno tuttavia, se alla fine la sofferenza culmina in feli-cità, significa che non è vera sofferenza. Come si potrebbeinfatti definire sofferenza ciò che si fronteggia per nutrire e

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do compiere variegati passatempi in situazioni differenti,Ûrî Krishna addestra le jîve a diventare abili in tutte le si-tuazioni, dallo stato marginale a quello di mahåbhåva; e perfacilitare un loro progresso effettivo e stabile nel qualificarsiper servire Krishna, Egli ha creato anche i livelli più bassi diesistenza materiale, dall'infima materia inerte fino adahankåra (falso ego), che è causa di molti impedimenti sul-la via che porta alla felicità suprema (paramånanda). Ca-dute dalla loro posizione costitutiva, le jîve prigioniere dimåyå si oppongono a Krishna e si impegnano nella gratifi-cazione dei sensi. Tuttavia Krishna è una riserva di miseri-cordia: non importa quanto in basso la jîva possa cadere,Krishna le offrirà comunque ogni possibilità di raggiunge-re la posizione spirituale più elevata, Egli giunge ad appari-re davanti ad essa con la Sua dimora spirituale (dhama) e iSuoi eterni associati. Le jîve che si avvantaggiano di questamisericordiosa opportunità e sinceramente si sforzano dielevarsi, gradualmente raggiungono il mondo spirituale eottengono una condizione simile ai nitya-parßada (eternicompagni) di Ûrî Hari."

"Ma perchè, per amore di Bhagavån, la jîva deve soffri-re?" Chiese Vrajanåtha.

"La jîva possiede una sua indipendenza," rispose Båbåjî."Questo è un segno di particolare misericordia da parte diBhagavån. Gli oggetti inerti sono insignificanti e infimi per-chè mancano d’indipendenza, ma non per questo la jîva de-ve pensare di essere padrona del mondo.

La miseria e la felicità sono condizioni della mente quin-di, ciò che uno considera miseria può essere felicità per co-lui che vi è coinvolto. Poichè ogni gratificazione materialedei sensi alla fin fine non è altro che miseria, chi è materia-lista ottiene solo sofferenza. Quando la sofferenza diventainsopportabile, nasce il desiderio di ricercare la felicità. Daquest'ultimo desiderio nasce la capacità di discernere e dal

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teriale perchè la Sua apparizione possa esser loro di aiuto. Tuttavia la jîva non capisce la natura dei passatempi di

Krishna, anche se intrisi di molta misericordia. Per questomotivo Krishna decide di discendere a Ûrî Navadvipa nellaforma di guru. Egli stesso descrive il processo supremo delcanto del Suo nome, forma, qualità e passatempi, e istruiscee ispira personalmente le jîve ad intraprendere questa viadando Lui stesso l'esempio. Båbå, come puoi accusareKrishna di essere in errore quando è così misericordioso?La Sua misericordia è infinita, son le nostre sventure ad es-ser deplorevoli."

"Allora è måyå-Ωakti la causa della nostra sfortuna?"Chiese Vrajanåtha. "Avrebbero le jîve potuto soffrire tan-to se l'onnipotente ed onnisciente Ûrî Krishna avesse tenu-to måyå lontana da esse?"

Båbåjî rispose: "Måyå non è altro che il riflesso della po-tenza interna di Krishna, la svarüpa-Ωakti. Essa è come unafornace ardente in cui vengono introdotte le jîve non quali-ficate per il servizio a Krishna affinchè ottengano la qualifi-ca per il mondo spirituale. Måyå è la servitrice di Krishna.Per purificare le jîve che si sono ribellate a Krishna, lei lepunisce dando la giusta cura. La jîva infinitesimale ha di-menticato di essere un’eterna servitrice di Krishna e perquesta offesa måyå, assumendo sembianze da strega(piΩåcî), la punisce. Questo mondo materiale è come unaprigione e måyå è il secondino che imprigiona le jîve ribellie le punisce. Un re costruisce la prigione per il bene dei suoisudditi; allo stesso modo Bhagavån mostra la Sua immensamisericordia creando questa prigione del mondo materialee ponendovi måyå come guardiano."

Vrajanåtha chiese: "Se questo mondo materiale è unaprigione c'è bisogno anche di catene adatte. In cosa consi-stono queste catene?"

Båbåjî rispose: "Måyå incatena le jîve colpevoli con tre

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assistere i passatempi di Krishna? In realtà è una fonte didelizie. Il desiderio d'indipendenza della jîva l'ha spinta adabbandonare il piacere del servizio a Krishna e ad accetta-re la sofferenza di måyå. Quando ciò accade è responsabi-lità della jîva, non certo di Krishna."

Vrajanåtha chiese ancora: "Che problema sarebbe sor-to se la jîva non avesse ricevuto il dono dell'indipendenza?Krishna è onnisciente e ha donato alla jîva l'indipendenzapur sapendo che per questo avrebbe sofferto; non è quindiLui il responsabile della sofferenza della jîva?"

Båbåjî rispose: "L'indipendenza è una gemma preziosa,di cui son privi gli oggetti inerti che per questo sono insi-gnificanti e inutili. Se la jîva non fosse stata dotata di indi-pendenza sarebbe stata come un oggetto materiale. La jî-va è un'entità infinitesimale ma spirituale e perciò deve perforza avere tutte le caratteristiche delle entità spirituali.L'unica differenza è che Bhagavån, entità spirituale com-pleta, possiede tutte le qualità appieno mentre la jîva le pos-siede in misura minima. L'indipendenza è una caratteristi-ca distintiva delle entità spirituali, e una cosa non può esse-re separata dalla sua qualità intrinseca. La jîva possiedequesta caratteristica dell'indipendenza al livello minimoperchè è una particella infinitesimale ed è solo per questacaratteristica d’indipendenza che la jîva in questo mondomateriale rappresenta l'oggetto supremo e domina sullacreazione.

La jîva indipendente è un'amata servitrice di Krishna eKrishna è gentile e compassionevole con lei. Vedendo lesue pene e come essa faccia mal uso della sua libertà attac-candosi a måyå, Krishna la insegue ovunque piangendocontinuamente e per liberarla persino appare in questomondo materiale. Ûrî Krishna, oceano di compassione, colcuore sciolto di misericordia per le jîve, manifesta i Suoi in-concepibili passatempi (acintya-lîlå) in questo mondo ma-

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"Ti prego, spiegami in dettaglio il primo tipo di karma."Chiese Vrajanåtha.

Båbåjî spiegò: "La copertura, il corpo materiale grosso-lano, attraversa sei fasi: nascita, mantenimento, crescita, ri-produzione, declino e morte. Queste sei trasformazioni so-no inerenti al corpo grossolano e fame e sete sono avversitàche esso affronta. La jîva pia che si trova in un corpo mate-riale è controllata dalla fame ma anche dal bisogno di dor-mire e dalle pulsioni sessuali, come richiesto dai suoi desi-deri sensuali. Per poter godere di confort materiali essa siimpegna in svariate attività (karma) che sono il frutto deisuoi desideri materiali. Nel corso della vita la jîva praticadieci tipi di cerimonie purificatrici (pu∫ya saµskåra) e altridiciotto diversi riti sacrificali prescritti nei Veda. La sua in-tenzione è di accumulare crediti pii tramite l'espletamentodi questo karma per poi godere di piaceri materiali nascen-do in una famiglia brahminica o di alto rango e poi ancoragodere di piaceri paradisiaci nei pianeti superiori. In questomodo la jîva intraprende la via del karma.

Al contrario, le jîve condizionate empie, si rifugiano nel-l'adharma e godono della gratificazione dei sensi pratican-do in modo sacrilego svariate attività peccaminose. Le jîveche appartengono alla prima categoria raggiungono i pia-neti superiori e gioiscono di piaceri celestiali come risultatodelle loro attività pie. Ma quando questo periodo di godi-mento finirà, esse nasceranno ancora in questo mondo ma-teriale come esseri umani o anche in altri corpi. Le jîve cheappartengono alla seconda categoria vanno nei pianeti in-fernali come risultato delle loro attività empie e, dopo aversofferto in quel luogo svariate miserie, rinascono ancora sul-la terra. Quindi la jîva prigioniera di måyå e imbrigliata nelciclo del karma, vaga qua e là cercando di godere della gra-tificazione dei sensi. Ad intermittenza gioisce di piaceritemporanei grazie alle attività pie (pu∫ya-karma) e soffre

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tipi di catene: quelle composte di virtù (sattva-gu∫a), quel-le di passione (rajo-gu∫a) e quelle di ignoranza (tamo-gu∫a). Queste manette legano comunque la jîva quale chesia la sua inclinazione: tåmasika, råjasika o såttvika. Le ca-tene possono essere fatte con metalli diversi, come ad esem-pio oro, argento o ferro ma non v'è differenza in quanto aprovocare lo stesso dolore."

"Come è possibile che le catene di måyå possano impri-gionare le jîve infinitesimali e coscienti?" Chiese alloraVrajanåtha.

Båbåjî rispose così: "Gli oggetti di questo mondo mate-riale non possono toccare o attrarre quelli spirituali tutta-via, non appena la jîva pensa di poter godere di måyå, la suaforma spirituale infinitesimale viene coperta dal corpo sot-tile composto dal falso ego. Così le catene di måyå legano legambe della jîva. Le jîve che hanno un falso ego influenza-to da såttvika (virtù) risiedono nei pianeti più elevati e so-no chiamate devata; le loro gambe sono imprigionate concatene såttvika fatte d'oro. Le jîve influenzate da råjasika(passione) hanno una propensione mista, indirizzata sia ver-so i devata che verso gli esseri umani; le imprigionano cate-ne råjasika, fatte d'argento. Infine le jîve influenzate da tå-masika (ignoranza), propense a gustare ja∂ånanda (la feli-cità che deriva dalla materia inerte), sono imprigionate conle catene d'acciaio del tåmasika. Una volta che la jîva è im-prigionata con queste catene non può più lasciare la prigio-ne. Anche se variamente immiserita, rimane sempre pri-gioniera."

Vrajanåtha chiese: "Che sorta di karma (azioni interes-sate) compie la jîva mentre sta nella prigione di måyå?"

Båbåjî rispose: "All'inizio soddisfa il suo desiderio digratificazione dei sensi secondo le sue inclinazioni materia-li. Poi tenta di eliminare le miserie provocate dall'impri-gionamento di måyå."

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definita apurva e che questa apürva dà il frutto di tutto ilkarma. E' vero questo?"

Båbåjî rispose: "I seguaci della scuola Mimåµså non co-noscono il vero significato dei Veda. Essi fondamental-mente pensano che i Veda prescrivano in modo generico va-ri tipi di sacrificio e per questo elaborano una filosofia suqueste basi. La loro dottrina però non trova riscontro innessuna parte dei Veda. Anzi, al contrario, i Veda diconocon molta chiarezza che l'IΩvara concede tutti i frutti delkarma. Così per esempio la ÛvetåΩvatara Upanißad (4.6), laMundaka Upanißad (3.1.1) e il Rg Veda (1.164.21) dicono:

dvå suparnå ayujå sakhåyåsomånaµ v®kßaµ parißasvajåtetayor anya˙ pippalam svådv atty

anaΩnann anyo 'bhicåkaΩît

'KßîrodakaΩåyî Viß∫u e la jîva risiedono in questo corpotemporaneo come due uccelli sopra un albero pippala. Diquesti due uccelli uno, la jîva, assapora il frutto dell'alberosecondo il suo karma, mentre l'altro, il Paramåtmå, non gu-sta i frutti ma semplicemente osserva da testimone.'

L’insegnamento di questo Ωloka è che questo saµsåra(mondo materiale o corpo materiale) è come un albero pip-pala nel quale vivono due uccelli. Il primo è la jîva condi-zionata e il secondo è il suo amico ÈΩvara, il Paramåtmå. Ilprimo uccello gusta i frutti dell'albero mentre il secondosemplicemente lo guarda. Ciò significa che la jîva prigio-niera di måyå adempie il karma e gode dei frutti che IΩvara,il Signore di måyå, gli concede secondo il suo karma. Que-sto passatempo di Ûrî Bhagavån continua finchè la jîva nonsi rivolge a Lui. Trovi qui un riscontro dell'apürva (cono-scenza) dei seguaci della filosofia Mîmåµså? Pensaci. Le

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di pene causate dai suoi peccati."Vrajanåtha chiese ancora: "Ora, ti prego, parlami del se-

condo tipo di karma."Båbåjî rispose: "La jîva situata nel corpo grossolano pro-

va un'immensa sofferenza per gli stenti del corpo e compiesvariati tipi di karma nel tentativo di minimizzare queste mi-serie. Essa si procura cibo e beve per placare fame e sete elavora per raccogliere soldi e comprare cibo. Inoltre si pro-cura abiti caldi per proteggersi dal freddo, si sposa per sod-disfare il suo desiderio di piacere sessuale e lavora duro permantenere la sua famiglia, i figli e soddisfare le loro neces-sità; assume medicine per curarsi dalle malattie, combattegli altri e và in tribunale per proteggere le sue proprietà; in-dulge in svariate attività peccaminose come la rissa, l'invi-dia, il ladrocinio e altri reati perchè è controllata da sei ne-mici: lussuria (kåma), rabbia (krodha), intossicazione (ma-da), illusione (moha), invidia (måtsarya) e paura (bhaya).Tutte queste attività interessate (karma) son compiute peralleviare le sue sofferenze. Il fatto è che l'intera vita dellajîva illusa viene sprecata nel tentativo di soddisfare i desi-deri e di evitare le sofferenze."

Vrajanåtha chiese: "Lo scopo di måyå non sarebbe co-munque raggiunto se coprisse la jîva solamente con un cor-po sottile?"

Båbåjî rispose: "Anche il corpo grossolano è necessarioperchè il corpo sottile non consente di agire. I desideri sisviluppano nel corpo sottile a causa delle attività che la jîvacompie nel corpo grossolano ed essa riceve poi un corpogrossolano adatto a soddisfare quei desideri."

Vrajanåtha chiese: "Qual è la connessione tra il karma ei suoi frutti? Secondo la scuola di pensiero Mimåµså,l'IΩvara non può concedere i frutti del karma perchè Egli èsolo un'entità immaginaria. I seguaci di questa scuola dico-no che compiere il karma produce della tattva (conoscenza)

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Vrajanåtha chiese: "Che funzione ha pradhåna?"Båbåjî rispose: "Quando lo sguardo di Bhagavån, rap-

presentato dal tempo (kåla), stimola la måyå-prak®ti, essaper prima cosa crea l'aggregato non manifesto di elementimateriali (mahat-tattva). La materia (dravya) viene creatadallo stimolo di quella facoltà di måyå chiamata pradhåna.Il falso ego (ahankåra) nasce da una trasformazione deglielementi materiali (mahat-tattva) e l'etere (åkåΩa) nasce dauna trasformazione tåmasika del falso ego. L'aria vienecreata da una trasformazione dell'etere mentre la luce de-riva da una trasformazione dell'aria. L'acqua è poi il fruttodi una traformazione della luce mentre la terra nasce da unatrasformazione dell'acqua. Questo è il processo tramite ilquale vengono creati gli elementi materiali, elementi chevengono definiti: 'i cinque elementi grossolani (pañca-mahå-bhütas)'.

Ora ascolta come nascono i cinque oggetti dei sensi (pañ-ca-tanmåtra). Il tempo (kåla) stimola la facoltà dell’avidyå(dimenticanza) della natura materiale (prak®ti) e genera latendenza al karma e al jñåna contenute negli elementi ma-teriali. Quando la propensione al karma degli elementi ma-teriali (mahat-tattva) si trasforma, nascono la conoscenza(jñåna) e le attività che derivano dalla virtù (sattva) e dallapassione (rajo-gu∫a). Gli elementi materiali si traformanoulteriormente per diventare falso ego (ahankåra). L'intel-ligenza (buddhi) viene poi creata da una trasformazione delfalso ego. Il suono (Ωabda), che è una proprietà dell'etere(åkåΩa), nasce da una trasformazione di buddhi (intelligen-za). Il senso del tatto (sparΩa) nasce dalla trasformazionedel suono e comprende sia il tatto (una caratteristica dell'a-ria) che il suono (una caratteristica dello spazio). L'aria vi-tale (prå∫a), l'energia (oja) e la forza (bala) si formano daltatto. Da una trasformazione del tatto si generano gli og-getti luminosi che possiedono caratteristiche di forma e co-

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dottrine atee non possono essere mai complete e perfettesotto ogni aspetto."

Vrajanåtha chiese: "Perchè hai detto che il karma è sen-za inizio?"

Båbåjî rispose: "La radice di tutto il karma è il desideriodi adempierlo, e causa di questo desiderio è avidyå (igno-ranza). Avidyå significa dimenticanza della verità: 'Sonoun eterno servitore di Krishna,' e non ha origine in questotempo materiale. Al contrario, la sua origine è nel punto dicontatto (ta†astha) tra il mondo spirituale e quello materia-le. E' per questo motivo che il karma non ha origine neltempo materiale e si dice che sia senza inizio."

Vrajanåtha ancora chiese: "Che relazione c'è tra måyå eavidyå?"

Båbåjî rispose: "Måyå è una Ωakti di Krishna. Ûrî Krishnatramite essa ha creato l'universo materiale e l'ha ispirata apurificare le jîve che si sono ribellate a Lui. Måyå ha dueaspetti di base: avidyå e pradhåna. Avidyå è in riferimentoalle jîve mentre pradhåna è in relazione alla materia inerte.L'intero mondo materiale inerte ha origine da pradhånamentre il desiderio della jîva di compiere attività materialinasce da avidyå. Måyå si suddivide in altri due aspetti spe-cifici: conoscenza (vidyå) e dimenticanza (avidyå), entram-bi con riferimento alla jîva. L'avidyå imprigiona la jîvamentre vidya la libera. Avidya agisce finchè la jîva è di-mentica di Krishna ma quando essa diventa favorevole aKrishna, questa viene rimpiazzata da vidyå (conoscenza).La conoscenza impersonale (brahma-jñåna) e altre conce-zioni sono solamente aspetti particolari della tendenza allaconoscenza (vidyå-v®tti). Nella fase iniziale di sviluppo del-l'intelligenza, la jîva prova ad impegnarsi in attività auspi-ciose; quando poi l'intelligenza diviene matura, si manife-sta la coscienza spirituale. L'avidyå copre la jîva e la vidyåne rimuove la copertura."

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i cinque sensi che agiscono, e i quattro elementi sottili: lamente, l'intelligenza, l’attitudine (citta) e il falso ego(ahankåra). Questi sono i ventiquattro elementi della na-tura materiale. La jîva infinitesimale e cosciente che entranel corpo composto da ventiquattro elementi, diventa ilventicinquesimo elemento e il Paramåtmå ÈΩvara è il venti-seiesimo.”

Vrajanåtha chiese: "Ti prego, dimmi in che misura uncorpo umano della taglia di tre cubiti e mezzo (145 cm.) vie-ne coperto dal corpo sottile e in che misura da quello gros-solano; inoltre, in quale parte del corpo risiede la jîva co-sciente?"

Båbåjî rispose: "I cinque elementi grossolani, i cinqueoggetti dei sensi (pañca-tanmåtra) ed i dieci sensi compon-gono il corpo grossolano. I quattro elementi sottili: mente,intelligenza, citta e ahankåra formano il corpo sottile, il lin-ga-Ωarîra. La jîva cosciente in modo illusorio si relaziona alcorpo ed agli oggetti in relazione con esso per mezzo di 'Io'e 'Mio' e, per via di questa falsa identificazione, dimentica lasua vera natura. Essa è estremamente piccola ma si trovaoltre lo spazio, il tempo e le caratteristiche materiali. No-nostante sia molto piccola, la jîva pervade l'intero corpo,proprio come l'effetto piacevole di una piccolissima gocciadi hari-candana (olio di sandalo), che si diffonde su tutto ilcorpo anche se applicata in un punto solo; allo stesso modola jîva infinitesimale pervade l'intero corpo dove sperimen-ta dolore e felicità."

Vrajanåtha chiese: "Se la jîva compie il karma speri-mentando dolore e felicità, dov'è l'autorità dell'IΩvara?"

Båbåjî rispose: "La jîva è la parte attiva e quando com-pie il karma l'IΩvara agisce come causa efficente provve-dendo ai frutti del karma che la jîva merita di godere.L'IΩvara provvede anche al karma futuro di cui la jîva è di-ventata meritevole. In breve: l'IΩvara concede i frutti men-

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lore (rüpa). Il fuoco ha tre caratteristiche: forma, tatto esuono. Trasformandosi, nel corso del tempo, il fuoco mani-festa le quattro qualità, sapore (råsa), forma, tatto e suono,dell’acqua. Da una successiva trasformazione scaturisconole cinque caratteristiche della terra: odore (gandha), gusto,forma, tatto e suono. Tutte le trasformazioni si verificanocon l'appropriato intervento del Purußa nella Sua forma dicoscienza (caitanya).

Ci sono tre tipi di falso ego (ahankåra): vaikårika (invirtù), taijasa (in passione) e tamas (in ignoranza). Gli ele-menti materiali grossolani nascono dal falso ego in virtù(såttvika-ahankåra) mentre i dieci sensi nascono dal falsoego in passione (råjasika-ahankåra). I sensi sono di due ti-pi: quelli che acquisiscono la conoscenza (jñåna-indriyåni)e i sensi che agiscono (karma-indriyåni). Gli occhi, le orec-chie, il naso, la lingua e la pelle sono i cinque sensi che ac-quisiscono la conoscenza; la favella, le mani, i piedi, l'ano ei genitali sono i cinque sensi che agiscono. Anche se i cin-que elementi grossolani (pañca-mahå-bhüta) si combinanocon i cinque elementi sottili (sükßma-bhüta), non ci sarà at-tività finchè la jîva infinitesimale e cosciente non entra in es-si. Non appena la jîva, che è una particella localizzata neiraggi dello sguardo di Bhagavån, entra nel corpo fatto dimahå-bhüta e sükßma-bhüta, tutte le attività si mettono inmoto e i modi della natura (gu∫a) in virtù (såttvika) e in pas-sione (råjasika) iniziano a funzionare quando si combinanocon gli oggetti inerti (tåmasika), che sono una trasforma-zione dell’energia materiale (pradhåna). Questo è il mododi decidere della jîva in base alle funzioni di avidyå epradhåna.

Måyå comprende ventiquattro elementi: i cinque gros-solani (mahå-bhüta) ovvero terra, acqua, fuoco, aria ed ete-re, i cinque oggetti dei sensi ovvero olfatto, gusto, forma,tatto e suono, i cinque sensi che acquisiscono la conoscenza,

Jaiva-dharmaCapitolo Sedici

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hanno nessuna nozione del mondo spirituale. Anche lescimmie nella loro mente furba hanno una qualche com-prensione perchè sviluppano una qualche idea di ciò che av-verrà o non avverrà nel futuro e inoltre sono in grado di di-mostrare un certo senso di gratitudine. Alcuni animali di-mostrano anche una buona conoscenza dei vari oggetti, maciò nonostante non hanno una propensione alla ricerca diBhagavån, ciò vuol dire che la loro coscienza è contratta.Negli Ωåstra sta scritto che Mahåråja Bharata conosceva inomi di Bhagavån anche mentre si trovava nel corpo di uncervo, ma è un fatto non comune, avviene solamente in ca-si speciali. Bharata ed il Re N®ga dovettero rinascere in uncorpo animale a causa delle loro offese e furono liberatiquando le offese vennero annullate dalla misericordia diBhagavån."

Vrajanåtha chiese: "Quali sono le jîve che han la co-scienza in fase di risveglio (mukulita-cetana)?"

Båbåjî rispose: "Le jîve condizionate che hanno un cor-po umano si suddividono in tre categorie: quelle dalla co-scienza che si sta risvegliando (mukulita-cetana), quelle conla coscienza sviluppata (vikasita-cetana) e quelle dalla co-scienza totalmente sviluppata (pürna-vikasita-cetana). Disolito gli umani vengono suddivisi in cinque gruppi: 1) gliatei immorali 2) gli atei morali 3) i credenti morali, cioè co-loro che possiedono valori morali e fede nell'IΩvara 4) quel-li che sono impegnati nella sådhana-bhakti e 5) quelli im-pegnati nella bhåva-bhakti.

Coloro che sono consapevolmente o inconsapevolmenteatei sono, come abbiam visto, di due tipi: morali e immora-li. Quando una persona morale sviluppa una piccola fedenell'Isvara viene definito un credente morale. Coloro chesviluppano interesse nella sådhana-bhakti, secondo i cano-ni degli Ωåstra si definiscono sådhana-bhakta, mentre colo-ro che hanno sviluppato amore incondizionato per IΩvara si

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tre la jîva li gusta."Vrajanåtha chiese: "Quanti tipi di anime condizionate

(baddha-jîve) ci sono?"Båbåjî rispose: "Cinque tipi: quelle che hanno la co-

scienza completamente oscurata (åcchådita-cetana), quelleche l'hanno solo parzialmente oscurata (sankucita-cetana),quelle la cui coscienza sta per risvegliarsi (mukulita-cetana),quelle con la coscienza risvegliata (vikasita-cetana) e quelleche sono completamente coscienti (pürna-vikasita-cetana)."

Vrajanåtha chiese ancora: "Quali sono le jîve con la co-scienza completamente oscurata?"

Båbåjî rispose : "Quelle che hanno corpi da albero, pian-ta, erba, pietra e così via. Esse hanno dimenticato il servizioa Krishna e sono talmente immerse nelle caratteristiche ma-teriali di måyå da non manifestare nessun sintomo della lo-ro natura senziente. Si nota una piccola traccia della lorocoscienza solo per le sei trasformazioni (nascita, crescita, ri-produzione, invecchiamento, degenerazione e morte).Questo è il livello più basso di caduta della jîva e le storie diAhlyå, Yamalarjuna e Sapta-talå lo confermano. La jîvaraggiunge questo livello solo dopo aver commesso qualchegrave offesa e potrà essere liberata solo per misericordia diKrishna."

Vrajanåtha chiese: "Quali sono le jîve con la coscienzaparzialmente offuscata?"

Båbåjî rispose: "Le bestie, gli uccelli, i rettili, i pesci, gliesseri acquatici, gli insetti e altre simili creature hanno unacoscienza parzialmente oscurata. La coscienza di queste jî-ve ha un certo grado di manifestazione perchè non è del tut-to offuscata come lo sono invece quelle del gruppo prece-dente. Queste jîve ad esempio esercitano attività quali man-giare, dormire, muoversi e combattere con altri esseri percose che considerano proprie. Esse manifestano anche pau-ra e si arrabbiano se trattate ingiustamente. Tuttavia non

Jaiva-dharmaCapitolo Sedici

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CAPITOLO DICIASSETTEPrameya: la liberazione della Jîva da

Måyå

La nonna di Vrajanåtha completò tutti i preparativi per ilsuo matrimonio e alla sera gli spiegò tutto ciò che era ne-cessario sapesse. Vrajanåtha semplicemente mangiò la suacena in silenzio senza mai interloquire. Sveglio fino a not-te tarda, rimase immerso nel pensare alla condizione del-l'anima spirituale pura. Nel frattempo la vecchia nonna ela-borava degli argomenti per convincerlo ad accettare l'ideadi sposarsi.

In quel momento arrivò il cugino materno di Vrajanåtha,Ve∫î-mådhava. La ragazza che Vrajanåtha doveva sposareera la cugina paterna di Ve∫î-mådhava e Vijaya-Vidyårat-na lo aveva mandato per finalizzare il tutto.

Ve∫î-mådhava chiese: "C'è qualche problema nonna?Perchè state ritardando i preparativi del matrimonio diVraja?"

La nonna rispose con ansia: "Figliolo, tu sei un ragazzointelligente. Se gli parlerai forse cambierà idea. Tutti i mieisforzi sono stati vani."

Il carattere di Ve∫î-mådhava era chiaramente deducibi-le dal suo aspetto fisico: statura bassa, collo corto, carna-gione scura e battiti di ciglia frequenti. Egli era solito ficca-re il naso in tutto ciò che gli succedeva attorno anzichè oc-cuparsi delle cose sue, benchè l'inserirsi negli affari altruinon risultasse mai di una qualche utilità. Dopo aver ascol-tato le parole dell'anziana donna, egli corrugò leggermentela fronte e poi con aria di vanteria disse: "Non c'è proble-

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chiamano bhava-bhakta. Gli atei, sia immorali che morali,hanno una coscienza leggermente risvegliata; i credenti mo-rali ed i sådhana-bhakta hanno una coscienza sviluppata edi bhåva-bhakta una coscienza completamente sviluppata."

"Per quanto tempo i bhåva-bhakta rimangono prigio-nieri di måyå?" Chiese Vrajanåtha.

"Risponderò a questa domanda quando spiegherò il set-timo Ωloka dei DaΩa-müla." Rispose Båbåjî. "Ora è tardi, tiprego, torna a casa."

Vrajanåtha tornò meditando su tutte le verità che avevaappena ascoltato.

Jaiva-dharmaCapitolo Sedici

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terai il sannyåsa."E' difficile capire la mente delle persone perfide perchè

hanno due lingue: dicono una cosa ad una persona ed esat-tamente l'opposto ad un'altra. Sono banditi in veste di san-ti, pronunciano il nome di Ûrî Råma ma tengono un coltel-lo sotto l'ascella.

Vrajanåtha era una creatura semplice. Confortato dalledolci parole di Ve∫î-mådhava disse: "Fratello, ti ho sempreconsiderato un caro amico. La nonna è solo una donna an-ziana e non capisce le questioni serie. Con entusiasmo vuoltrascinarmi in questo oceano di cose materiali facendomisposare. Sarebbe un sollievo se tu riuscissi a farle cambiareidea dissuadendola in qualche maniera; sarei per sempretuo debitore."

Vrajanåtha poi gli parlò della sua rinuncia dicendo: "AMåyåpura vive un anziano e saggio båbåjî di nome Ra-ghunåtha dåsa Båbåjî. E' lui il mio istruttore e ogni giorno,dopo il crepuscolo, vado a trovarlo e mi rifugio ai suoi pie-di per alleviare il fuoco ardente di questo mondo materia-le. Lui è molto misericordioso con me."

Il perfido Ve∫î-mådhava iniziò a pensare: "Adesso capi-sco qual è la debolezza di Vraja. Và riportato sulla giustavia con l'inganno, con la forza o con l'astuzia." Esternòperò queste parole: "Fratello, non ti preoccupare. Ora de-vo tornare a casa ma farò il possibile per far cambiare ideaalla nonna."

Ve∫î-mådhava fece finta di prendere la strada di casa mainvece si diresse da un'altra parte e raggiunse Ûrîvåsånganaa Måyåpura. Là si sedette sopra un rialzo all'ombra di unalbero bakula e cominciò a invidiare l'opulenza deiVaiß∫ava: "Questi Vaiß∫ava in realtà godono del mondo.Hanno case bellissime e kuñja (giardini) incantevoli. Que-sta è una residenza bellissima posta in un meraviglioso cor-tile." In ogni ku†îra stava seduto un Vaiß∫ava che cantava

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ma. Ho soltanto bisogno del tuo permesso. Ve∫î-mådhavapuò ottenere ogni cosa. Tu mi conosci abbastanza bene; ioposso fare soldi anche contando le onde. Fammi parlarecon lui ora e se avrò successo mi preparerai una bella festaa base di pürî e kacorî!"

“Vrajanåtha ha appena cenato e ora sta dormendo." Fe-ce presente la nonna.

"Va bene. Tornerò domattina e metterò le cose a posto."Disse Ve∫î-mådhava e se ne tornò a casa.

Il giorno seguente arrivò il mattino presto con una lotain mano e completò le sue abluzioni mattutine. QuandoVrajanåtha lo vide, sorpreso disse: "Fratello! Come mai seiqui così di buon'ora?"

Ve∫î-mådhava rispose: "Dådå, tu hai studiato e inse-gnato gli nyåya-Ωåstra per lungo tempo, sei il figlio di Ha-rinåtha Cü∂åma∫i Pa∫∂ita, e sei conosciuto in tutto il pae-se. Sei l'unico maschio vivente della tua famiglia; se rimar-rai senza eredi chi si occuperà di questa grande casa? Fra-tello, ho una richiesta da farti: ti prego sposati!"

Vrajanåtha rispose: "Fratello, non assillarmi con que-stioni inutili. Ora mi sono rifugiato presso i bhakta di ÛrîGaurasundara e non ho nessun desiderio di invischiarmi inquestioni mondane. In compagnia dei Vaiß∫ava di Måyå-pura mi sento veramente in pace e non sento nessuna attra-zione per questo mondo. Accetterò l’ordine di rinunciasannyåsa o passerò la mia vita rifugiandomi ai piedi di lotodei Vaiß∫ava. Ti ho aperto il mio cuore perchè sei mio inti-mo amico ma non parlare di ciò a nessun altro."

Ve∫î-mådhava comprese che nessun trucco avrebbe po-tuto cambiare la mente di Vrajanåtha per cui nascose in-tenzionalmente i suoi pensieri e, per lasciare un'impressio-ne favorevole, disse: "Ti ho sempre aiutato in tutto ciò chehai fatto. Ti portavo i libri quando andavi a studiare allascuola di Sanscrito, perciò ti assisterò anche quando accet-

Jaiva-dharmaCapitolo Diciassette

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rispose: "Båbåjî, vuoi considerarti alla pari di un bråhma∫asolo perchè indossi il kaupîna (perizoma)? Non importa!Dimmi solamente, conosci Vrajanåtha Nyåya-pañcånana?"

Comprendendo la ragione di tanta insolenza Båbåjî ri-spose: "Ti prego, scusa questo vecchio, non offenderti perle mie parole; sì, talvolta Vrajanåtha viene qui, per sua mi-sericordia."

Ve∫î-mådhava continuò: "Non pensare che si tratti di unsempliciotto. Lui viene qui per ben altri motivi. Per averela tua confidenza, all'inizio si è presentato gentilmente. Ibråhma∫a di Belpukura, molto infastiditi dal vostro com-portamento, si sono consultati e alla fine hanno deciso dimandare Vrajanåtha da voi. Tu sei un uomo anziano, staiattento. Io verrò regolarmente ad informarti su come la lo-ro cospirazione progredisce. Non dire a Vrajanåtha nulladi me altrimenti ti creerai problemi ancora più grandi.Adesso devo andare.”

Dicendo questo Ve∫î-mådhava si alzò e tornò a casa. Nel tardo pomeriggio, dopo il pranzo, mentre

Vrajanåtha stava seduto sulla veranda, improvvisamentedal nulla apparve Ve∫î-mådhava, che si sedette accanto a luie intavolò una conversazione: "Fratello, oggi sono andatoa Måyåpura per affari" iniziò. "Là ho visto un uomo an-ziano, forse Raghunåtha dåsa Båbåjî. Abbiamo iniziato aparlare del più e del meno, poi la conversazione è cadutasu di te. Le cose che ha detto sul tuo conto! Non ho maisentito tante cose ripugnanti rivolte ad un bråhma∫a. Allafine ha detto: "Lo farò scendere dalla sua alta posizionebråhminica dandogli gli avanzi delle persone di bassa ca-sta." Che vergogna! Non è corretto che un uomo eruditoquanto te si associ con una persona simile. Facendo così ro-vinerai il prestigio dei bråhma∫a."

Vrajanåtha si meravigliò nel sentire le parole di Ve∫î-mådhava, per una qualche sconosciuta ragione la sua fede

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Capitolo Diciassette Jaiva-dharma

l'Harinåma col suo japamala. Erano tutti molto felici e sod-disfatti. Le donne dei villaggi vicini che venivano a fare ilbagno nel Gange, spontaneamente li fornivano di frutta,verdura, acqua e altri alimenti. Ve∫î-mådhava pensò: "Ibråhma∫a hanno instaurato il karma-kå∫∂a per poter usu-fruire di queste facilitazioni e questi båbåjî ne godono i ri-sultati. Tutte le glorie a Kali-yuga! Questi discepoli di Ka-li vivono benissimo. La mia nascita in una famiglia di bråh-ma∫a non serve a nulla! Nessuno si cura più di noi, che di-re poi di offrirci frutta e acqua. Questi Vaiß∫ava persinocondannano i bråhma∫a eruditi e ci insultano dicendoci chesiamo caduti e sciocchi. Fratello Vraja corrisponde esatta-mente a questa descrizione anche se è una persona moltoeducata; sembra si sia venduto a queste persone seminude.Io, Ve∫î-mådhava, riformerò Vrajanåtha e tutti questibåbåjî."

Così pensando Ve∫î-mådhava entrò in una delle capanneche guarda caso era proprio quella in cui Ûrî Raghunåthadåsa Båbåjî stava seduto sopra delle foglie di banana can-tando l'Harinåma.

Il carattere di una persona traspare dal suo viso e l’an-ziano båbåjî potè capire che Kali in persona era entrata nel-la forma di quel ragazzo figlio di bråhma∫a. I Vaiß∫ava siconsiderano più insignificanti di un filo d'erba. Essi rispet-tano coloro che li insultano e pregano per il bene dei loronemici, anche se venissero torturati, per cui BåbåjîMahåråja rispettosamente offrì un seggio a Ve∫î-mådhava.Ve∫î-mådhava, che dal canto suo non aveva nessuna qua-lità Vaiß∫ava, dopo essersi seduto diede le sue benedizioni aBåbåjî Mahåråja, considerandosi superiore all'etichettaVaiß∫ava.

"Båbå, qual è il tuo nome? Che cosa ti ha condotto qui?"Chiese in modo informale Båbåjî Mahasaya. Ve∫î-mådha-va s’infuriò per questa mancanza di formalità e con rabbia

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i suoi occhi e il suo atteggiamento infingardo rappresentanola sua vera mentalità. Ah, quest'uomo è per natura asura,mentre Vrajanåtha è un essere dalla natura molto dolce. OKrishna! O Gauranga! Fà che non abbia più a trovarmi conquella persona. Oggi devo mettere in guardia Vrajanåtha."

Non appena Vrajanåtha raggiunse il ku†îra, Båbåjî lochiamò a sè con affetto: "Vieni Båbå, vieni!" E lo abbrac-ciò. La voce di Vrajanåtha era rotta dall'emozione e lacri-me iniziarono a scendere dai suoi occhi mentre si prostravaai piedi di Båbåjî che sollevandolo con affetto, gentilmentedisse: "Un bråhma∫a dalla carnagione scura è venuto quistamattina. Ha detto alcune cose sconvolgenti e poi se n'èandato. Lo conosci?"

Vrajanåtha rispose: "Prabhu, per buona fortuna mi haigià parlato dei diversi tipi di jîva che vivono in questo mon-do. Alcune tra esse sono talmente invidiose che, senza nes-sun motivo, amano creare problemi ad altre jîve. Questomio fratello, Ve∫î-mådhava, è un campione di questa cate-goria. Vorrei non dover più parlare di lui. Il suo modo diessere consiste nel criticare te davanti a me e di criticare medavanti a te per far nascere dispute tra di noi confezionan-do falsità. Spero tu non abbia dato retta a ciò che ha detto."

Båbåjî esclamò: "Ah Krishna! Ah Gauranga! Ho ser-vito a lungo i Vaiß∫ava e, per loro misericordia, ho ricevutoil potere di capire la differenza tra un Vaiß∫ava e un nonVaiß∫ava. Non c'è bisogno che tu mi dica nulla al proposi-to."

Vrajanåtha disse: "Ti prego, dimentica tutto ciò e spie-gami come una jîva può liberarsi dalle grinfie di måyå."

Båbåjî rispose: "Troverai la risposta nel settimo Ωloka deiDaΩa-müla:

yadå bhråmaµ bhråmaµ hari-rasa-galad-vaiß∫ava-janaµkadåcit saµpaΩyan tad-anugamane syåd ruci-yuta˙

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e il suo rispetto per i Vaiß∫ava ed il vecchio Båbåjî Mahåråjaraddoppiò e con gravità disse: "Fratello, ora sono occupa-to, puoi andare; ascolterò tutto domani e poi prenderò unadecisione."

Ve∫î-mådhava se ne andò ma ora a Vrajanåtha era com-pletamente chiara la duplice natura di Ve∫î-mådhava.Vrajanåtha era un esperto del nyåya-Ωåstra e, sebbene aves-se un naturale disgusto per la perfidia, il pensiero che Ve∫î-mådhava l'avesse potuto aiutare sulla via del sannyåsa l'a-veva spinto ad essere amichevole con lui. Ora però avevacapito che tutte le dolci parole di Ve∫î-mådhava avevano unpreciso obiettivo. Dopo aver lungamente riflettutoVrajanåtha realizzò che Ve∫î-mådhava stava agendo in mo-do disonesto perchè era in qualche modo coinvolto nel pro-getto di matrimonio. Doveva essere per quel motivo che siera recato a Måyåpura, per mettere il seme di qualche con-giura. Mentalmente pregò: "O Bhagavån! Fà che la miafede in Gurudeva e nei Vaiß∫ava rimanga ferma. Che nondiminuisca perchè disturbata da queste persone impure."Vrajanåtha rimase assorto in questi pensieri fino a sera, poipartì per Ûrîvåsångana, giungendovi con una profonda an-sietà.

A Måyåpura, dopo che Ve∫î-mådhava se ne fu andato,Båbåjî pensò: "Quest'uomo è certamente un bråhma∫a-råkßasa.

råkßaså˙ kalim åΩritya jåyante brahma-yonißu

'In Kali-yuga i råkßasa nascono nelle famiglie bråhma∫a.'

"Questa affermazione degli Ωåstra è appropriata perquella persona. La sua faccia evidenzia l'orgoglio di appar-tenere ad una casta elevata, il suo falso ego, la sua invidiaper i Vaiß∫ava e la sua ipocrisia religiosa. Il suo collo corto,

Jaiva-dharmaCapitolo Diciassette

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Jaiva-dharma

vede l'adorabile Signore si libera per sempre da tutte le an-sietà e percepisce la Sua magnanimità. Questo comprendela liberazione?"

Båbåjî rispose: "Liberazione significa essere liberi dallegrinfie di måyå. Solamente chi sta con persone sante con-segue questa liberazione, ma il vero oggetto della ricerca èla gloriosa posizione che si raggiunge dopo aver conseguitola liberazione.

muktir hitvånyathå-rüpaµ svarüpe∫a vyavasthiti˙Ûrîmad-Bhågavatam (2.10.6)

'La forma costitutiva originaria della jîva (cit-svarüpa) èdi essere una pura servitrice di Krishna (Ωuddha-k®ß∫a-då-sa). Quando cade nell'oscurità dell'ignoranza deve accet-tare un corpo grossolano ed uno sottile. Liberazione signi-fica lasciare completamente queste condizioni estranee persituarsi nella propria originaria svarüpa spirituale.'

La parte finale di questo Ωloka spiega che liberazione si-gnifica lasciare ogni altra forma e situarsi nella propria for-ma spirituale (svarüpa). Raggiungere la propria posizionecostitutiva è la perfezione (prayojana) per la jîva. L'impe-gno per raggiungere la liberazione è assolto nel momentoin cui la jîva si libera dalle grinfie di måyå; poi, una volta ot-tenuta la propria naturale posizione costitutiva, inizianomolte altre attività. Questo è il più alto perfezionamento(müla-prayojana) della jîva. La libertà dalle miserie può es-sere definita liberazione, ma perseguendo questa liberazio-ne la jîva raggiunge uno status in cui si impegna per la feli-cità spirituale (cit-sukha), status così descritto nella Chån-dogya Upanißad (8.12.3):

evam evaißa samprasådo 'småc charîråt samutthaya

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tadå k®ß∫åv®ttyå tyajati Ωanakair måyika-daΩåµsvarüpaµ vibhrå∫o vimala-rasa-bhogaµ sa kurute

'Quando, vagando tra specie di vita elevate e infime diquesto mondo materiale, una jîva è in grado di osservare unVaiß∫ava assorto nel råsa della Ωrî-hari-bhakti, nel suo cuo-re nasce del gusto (ruci) per seguire il modo di vita delVaiß∫ava. Cantando il Ωrî-k®ß∫a-divya-nåma, gradualmen-te si libera dai suoi condizionamenti. Passo dopo passo rea-lizza la sua intrinseca cinmaya-svarüpa (forma trascenden-tale) e si qualifica per gustare il puro e spirituale råsa delservizio diretto a Ûrî Krishna.'”

Vrajanåtha disse: "Vorrei ascoltare qualche evidenza daiVeda a conferma."

Båbåjî rispose: "Nelle Upanißad sta scritto:

samåne v®kße purußo nimagno'nîΩayå Ωocati muhyamåna˙

ju߆am yadå paΩyaty anyam îΩamasya mahimånam eti vîta-Ωoka˙

Mu∫∂aka Upanißad (3.1.2) e ÛvetåΩvatara Upanißad (4.7)

'La jîva e l'immanente Paramåtmå stanno nel corpo, co-me due uccelli sullo stesso albero. La jîva è immersa nellaconcezione corporea della vita perchè attaccata al piaceremateriale dei sensi, confusa da måyå non trova nessun mez-zo per liberarsi, per cui si lamenta e cade. Quando la jîvaottiene il darΩana dell'altra persona presente nel suo cuore,il Signore Supremo, che è servito dai Suoi incondizionatibhakta, vede le glorie non comuni di Krishna, si libera daogni lamentazione e raggiunge la gloriosa posizione di ser-vitrice di Krishna.'

Vrajanåtha disse: "Questo Ωloka dice che quando la jîva

Capitolo Diciassette

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che sa gustare il nettare di Hari.' Ho un dubbio al riguardo:ti prego, spiegami, si può ottenere l'hari-bhakti compiendoattività pie come ad esempio l'a߆ånga-yoga o coltivando labrahma-jñåna (conoscenza impersonale)?"

Båbåjî rispose: “Questa è la risposta presentata dallostesso Ûrî Krishna:

Ωrî-bhagavån uvåcana rodhayati måµ yogo na sankhyam dharma eva cana svadhyayas tapas tyågo ne߆å-pürttaµ na dakßi∫å

vratåni yajñåΩ chandåµi tîrthåni niyamå yamå˙yathåvarundhe sat-sanga˙ sarva-sangåpaho hi måm

Ûrîmad-Bhågavatam (11.12.1-2)

'Ûrî Bhagavan disse: "Io non sono controllato da coloroche praticano lo yoga, studiano la filosofia sånkhya, svolgo-no attività religiose, studiano i Veda, fanno austerità e peni-tenze, praticano la rinuncia o accettano sannyåsa, fanno sa-crifici e azioni virtuose, donano in carità, praticano il digiu-no e seguono dei voti, compiono yajña (sacrifici), cantanomantra confidenziali, vanno in pellegrinaggio e seguono leregole e i precetti della vita spirituale. Ma chi accetta sat-sanga ( compagnia di sådhu), che distrugge tutti gli attacca-menti materiali, potrà controllarMi. Cosa posso dire di più?L'a߆ånga-yoga può darMi solo un po' di soddisfazione, ilsådhu-sa∫ga invece Mi controlla completamente.'

Anche nell'Hari-bhakti-sudhodhaya (8.51) c'è scritto:

yasya yat-sangati˙ pumso ma∫ivat syåt sa tad-guna˙sva-kularddhyaitato dhîmån sva-yüthåny eva saµΩrayet

'Proprio come un gioiello o un cristallo riflettono il colo-re dell'oggetto che gli sta accanto, così una persona svilup-

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Capitolo Diciassette

paraµ jyoti-rüpa-sampadya svena rüpenåbhinißpadyatesa uttama˙ purußa˙ sa tatra paryeti jakßan dkrî∂an ramamå∫a˙

'Quando la jîva riceve la liberazione, trascende i corpigrossolano e sottile e si situa nel suo status spirituale com-pleto ed effulgente. Essa poi si situa nella trascendenza. Inquell'atmosfera spirituale si assorbe nel gioire (bhoga), nel-l'agire (krî∂å) e nell'essere felice (ånanda).'”

Vrajanåtha chiese ancora: "Che sintomi mostra chi è li-bero da måyå?"

Båbåjî rispose: "Sono otto, che la Chåndogya Upanißaddescrive così (8.7.1):

ya åtmåpahata-påpmå vijaro vim®tyur viΩoko 'vijighatso 'pipåsa˙satya-kåma˙ satya-sankalpa˙ so 'nve߆avya˙

'L'anima liberata ha otto caratteristiche: 1) è libera da ogni attività peccaminosa e anche dalla

tendenza a compiere le attività peccaminose che nasconodall'ignoranza di måyå,

2) non è toccata dalle miserie della vecchiaia, 3) resta sempre giovane e fresca e non tende a degradare,4) non si estingue mai nè muore, 5) non è mai triste, 6) non ha desideri sensuali, 7) possiede una naturale inclinazione a servire Krishna

senza desideri egoistici e infine 8) è sempre soddisfatta. La compagnia di una tale per-

sona va ricercata con grande impegno.'”

Vrajanåtha chiese: "Nello Ωloka dei DaΩa-müla sta scrit-to: 'La fortuna della jîva che vaga senza meta nel mondomateriale, inizia quando incontra un rasika Vaiß∫ava, colui

Jaiva-dharma

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taccamenti materiali.'

Ancora lo Ûrîmad-Bhågavatam (10.48.31):

na hy am-mayåni tîrthåni na devå m®c-chilå-mayå˙te punanty uru-kålena darΩanåd eva sådhava˙

'Una persona viene purificata dai luoghi santi dove scor-rono fiumi sacri come il Gange, e dalle raffigurazioni di de-vata fatte di pietra o di terracotta, dopo aver loro offertoservizio reverenziale per molto tempo. Tuttavia quandouna persona vede un Ωuddha-bhakta si purifica immediata-mente.'

Per questo lo Ûrîmad-Bhågavatam (10.51.53) afferma :

bhavåpavargo bhramato yadå bhavejjanasya tarhy acyuta sat-samågama˙sat-sangamo yarhi tadaiva sad-gatau

paråvareΩe tvayi jåyate mati˙

'Signore infallibile! La jîva vaga in questo mondo di na-scite e di morti da tempo immemorabile. Quando giungel'ora di lasciare questo ciclo di nascite e di morti, essa si as-socia con i Tuoi Ωuddha-bhakta. Dal momento in cui vivequesta associazione, la sua mente si fissa in Te, solo e su-premo rifugio dei bhakta arresi, Controllore di tutto e Cau-sa di tutte le cause.'

Båbå, da tempo immemorabile la jîva prigioniera dimåyå, vaga in questo universo, cambiando corpo secondo ilsuo karma, a volte da deva a volte da animale. Dal mo-mento in cui essa si associa con persone sante per effettodelle sue passate attività pie (suk®ti), fissa la sua mente su

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pa qualità secondo la compagnia che frequenta. Perciò re-stando in compagnia dei Ωuddha-bhakta si diventa Ωuddha-bhakta. E' l'associazione coi Ωuddha-bhakta che fa nascerela buona fortuna.'

Negli Ωåstra la parola ni˙sanga significa 'vivere in solitu-dine'. Ciò indica che dobbiamo vivere solamente in asso-ciazione con i bhakta. Ni˙sanga significa lasciare ogni altracompagnia ma mantenere quella con i bhakta. Persinoun'associazione casuale con le persone sante porta la buonafortuna alla jîva.

sango ya˙ sams®ter hetur asatsu vihito 'dhiyåsa eva sådhußu k®to ni˙sangatvåya kalpate

Ûrîmad-Bhagavatam (3.23.55)

'La compagnia dei materialisti è la causa che lega almondo materiale, anche se non se ne è consci. Similmente,la compagnia delle persone sante, anche se avviene per ca-so o inconsapevolmente, è definita ni˙sanga.'

Nello Ûrîmad-Bhågavatam (7.5.32) sta scritto:

naißåµ matis tåvad urukramånghriµsp®Ωaty anarthåpagamo yad-artha˙mahîyasåµ påda-rajo-'bhißekaµ

nißkiñcanånåµ na v®∫îta yåvat

'I piedi di loto di Urukrama, glorificato per le Sue straor-dinarie attività, distruggono tutte le anartha (cattive abitu-dini) contenute nel cuore. Tuttavia, coloro che sono moltomaterialisti non avvertono l'attrazione dei Suoi piedi di lo-to finchè non cospargono il proprio corpo con la polvere deipiedi di loto di un Vaiß∫ava completamente libero dagli at-

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te dalla dea dell'illusione può in qualche modo capire, conla sua intelligenza discriminante, che le attività mondane so-no solamente dei problemi e che la sua unica consolazionesono i piedi di loto di Krishna e i piedi dei Suoi Ωuddha-bhakta. Sapendo questo, essa si rifugia ai Suoi piedi di lotoe il primo passo nel processo di abbandono consiste nel-l'accettare il rifugio dei Ωuddha-bhakta. L'effetto principa-le di questa decisione è bhakti-prada-suk®ti, grazie alla qua-le la jîva giungerà ai piedi di loto di Bhagavån. Qualunquetipo di rinuncia e di saggezza essa abbia avuto, erano sem-plicemente dei mezzi secondari per ottenere la bhakti. Per-ciò l'associazione con i bhakta è l'unico modo per ottenerela bhakti. Non c'è nessun altro mezzo."

Vrajanåtha chiese: "Se karma, jñåna, rinuncia e saggez-za sono mezzi secondari per ottenere la bhakti, perchè nondefinirle bhakti-prada-suk®ti?"

Båbåjî rispose: "C'è una forte obiezione a questo: questimezzi legano a risultati inferiori e temporanei. Il compi-mento del karma non porta a risultati permanenti ma im-prigiona la jîva agli oggetti della gratificazione dei sensi. Larinuncia e la conoscenza empirica possono condurre la jîvasolo fino alla conoscenza del brahman e questa concezionedi principio supremo e impersonale le impedisce di rag-giungere i piedi di loto di Bhagavån. Di conseguenza que-sti non possono venir definiti bhakti-prada-suk®ti. E' veroche a volte portano alla bhakti, ma questo non è il corso nor-male degli eventi. Il sådhu-sa∫ga viceversa sicuramentenon concede benefici secondari, anzi conduce a forza la jîvaverso prema. Lo Ûrîmad-Bhågavatam (3.25.25) spiega:

satåµ prasangån mama vîrya-samvidobhavanti h®t-kar∫a-rasåyanå˙ kathå˙

taj-joßa∫åd åΩv apavarga-vartmaniΩraddhå ratir bhaktir anukramißyati

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Krishna, il Controllore di tutto.”Vrajanåtha chiese: "Hai detto che l'associazione dei

Ωuddha-bhakta si ottiene per mezzo delle suk®ti. Cosa sonole suk®ti? Sono karma o conoscenza?"

Båbåjî rispose: "Gli Ωåstra insegnano che ci sono due ti-pi di karma favorevole (Ωubha-karma), entrambi in accor-do alle ingiunzioni Vediche. Uno fa nascere la bhakti men-tre l'altro dà dei risultati inferiori ed irrilevanti. Svolgereattività pie come il nitya e naimittika-karma, studiare ilsånkhya e coltivare jñåna (conoscenza empirica) arreca deirisultati irrilevanti. Le uniche attività che fanno nascere labhakti (bhakti-prada-suk®ti) come risultato finale, sono l'as-sociazione con i Ωuddha-bhakta e con i luoghi, i giorni e lecose che concedono la bhakti.

Quando si accumulano sufficienti bhakti-prada-suk®ti,nasce la k®ß∫a-bhakti. L'altro tipo di suk®ti invece si consu-ma dopo che si è fruito del suo risultato, perciò non si accu-mula e non dà nessun risultato permanente. Tutte le azionipie del mondo, come la carità, hanno come risultato l'otte-nere oggetti della gratificazione dei sensi. Le suk®ti deri-vanti da speculazioni impersonaliste hanno come risultatola liberazione impersonale. Nessuna di queste suk®ti puòconcedere il servizio devozionale a Ûrî Bhagavån.

Azioni come il sådhu-sa∫ga e il santificare EkådaΩî,Janmå߆amî e Gaura-pür∫imå, aiutano a sviluppare dellequalità sante. La pianta di Tulasî, il mahå-prasåda, Ωrî man-dira, i luoghi sacri e gli oggetti utilizzati dai sådhu (sådhu-vastu), sono tutte cose favorevoli; toccarle o poterle vederecorrisponde al compiere azioni pie che fanno nascere labhakti."

Vrajanåtha chiese: "Può una persona ottenere la bhaktise è tormentato da problemi materiali e si rifugia ai piedi diloto di Ûrî Hari per risolvere i suoi problemi?"

Båbåjî rispose: "La jîva sommersa dalle afflizioni causa-

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zione delle tendenze indesiderabili (anartha), in proporzio-ne alla purezza del proprio canto. Una volta rimosse leanartha, la fede si purifica ulteriormene per diventare ni߆hå(fede ferma). Questa ferma fede si purifica poi ancora finoa diventare ruci (gusto spirituale); con il meraviglioso effet-to della bhakti questo ruci si rafforza e prende la forma diåsakti (attaccamento spirituale). L'attaccamento spiritua-le matura in rati o bhåva (emozioni spirituali) che, unito congli ingredienti di un sentimento stabile d'amore (sthåyîbhå-va), diventa råsa, il nettare di prema (amore divino). Que-sta è la progressione di come gradualmente sviluppa k®ß∫a-prema.

L'idea principale è che quando qualcuno con sufficientisuk®ti incontra i Ωuddha-bhakta, allora sviluppa l'inclina-zione a procedere sulla via della bhakti. Per buona sorte siottiene l'associazione di un Ωuddha-bhakta e questo condu-ce alla Ωraddhå (fede) iniziale e poi si ottiene per la secondavolta l'associazione dei bhakta. L'esito della prima associa-zione è una fede che si può anche definire sara∫ågati, ar-rendersi. Il sådhu-sa∫ga iniziale origina dal contatto con iluoghi sacri, coi giorni e le cose auspiciose e con i recipien-ti della grazia di Ûrî Hari a Lui cari. Ciò conduce a rifugiar-si in Lui con fede. L'evoluzione di questa fede viene cosìdescritta nella Bhagavad-Gîtå (18.66):

sarva-dharmån parityajya måm ekaµ Ωara∫aµ vrajaahaµ tvåµ sarva-påpebhyo mokßayißyåmi må Ωuca˙

Il termine sarva-dharmån presuppone i doveri materiali(smårta-dharma), l'a߆ånga-yoga, il sånkhya-yoga, la jñånae la rinuncia. Poichè la jîva non potrà mai raggiungere lasua meta spirituale praticando tutti questi dharma, in que-sto verso le viene detto di abbandonarli tutti. Ûrî Krishnadice: "La mia forma pura ed essenziale, sac-cit-ånanda, che

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'In compagnia dei Ωuddha-bhakta la recitazione e la de-scrizione delle Mie gloriose attività e passatempi danno pia-cere sia al cuore che alle orecchie. Coltivando la conoscen-za in questo modo, ci si stabilisce sulla via della liberazionee progressivamente si ottiene Ωraddhå, poi bhåva e alla fineprema-bhakti.'”

Vrajanåtha chiese: "Ho capito che il sådhu-sa∫ga è la so-la suk®ti che fa nascere la bhakti e che ascoltando hari-kathådalla bocca dei sådhu poi si otterrà la bhakti. E' questa lagiusta sequenza per progredire nella bhakti?"

Båbåjî rispose: "Ti spiegherò qual è la giusta progres-sione nella bhakti. Ascolta attentamente. Solo per buonafortuna la jîva che vaga in questo universo ottiene le suk®tiche fanno nascere la bhakti. Un aspetto della pura bhaktipuò aver toccato una jîva nel corso della sua vita. Per esem-pio la jîva può aver digiunato di Ekadasi o visitato dei luo-ghi sacri dove si sono svolti alcuni passatempi di Bhagavån,oppure ha servito un ospite che era un Ωuddha-bhakta oaver avuto l'opportunità di ascoltare l'Hari-nåma o l'Hari-kathå dalla bocca di un akiñcana-bhakta, un devoto che nonha desiderio per la gratificazione dei sensi. Se compiendoqueste attività ha desiderato dei benefici materiali o la libe-razione impersonale, le suk®ti che ne risulteranno non lacondurranno al servizio devozionale. Tuttavia, se una per-sona innocente compie anche una sola di queste azioni, an-che inconsapevolmente o per abitudine, senza desiderare lagratificazione dei sensi o la liberazione impersonale, questoagire gli farà accumulare le bhakti-prada-suk®ti.

Dopo averne accumulato per molte vite, esse diventanosufficienti a far nascere la fede nella pura bhakti, e quandola fede diventa esclusiva, cresce il desiderio di associarsi coni Ωuddha-bhakta. Con l'associazione gradualmente ci si im-pegna nel sådhana e nel bhajana e ciò conduce alla rimo-

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sillo materiale consiste nel coltivare la pura coscienza diKrishna in compagnia dei Ωuddha-bhakta. In questo modola jîva si svincola dalla presa di måyå e gli si rivela la sua po-sizione costitutiva fino al punto che le anartha vengono ri-mosse dal suo cuore."

Vrajanåtha chiese: "Una persona senza tracce di anarthapuò definirsi liberata?"

Båbåjî rispose: "Considera lo Ωloka seguente:

rajobhi˙ sama-sankyåtå˙ pårthivair iha jantava˙teßåµ ye kecanehante Ωreyo vai manujådaya˙

pråyo mumukßavas teßåµ kecanaiva dvijottamamumukßü∫åµ sahasreßu kaΩcin mucyate sidhyatimuktånåm api siddhånåµ nåråya∫a-paråya∫a˙sudurlabha˙ praΩåntåtmå ko†ißv api mahå-mune

Ûrîmad-Bhågavatam 6.14.3-5

'Signore! In questo mondo materiale ci sono tante jîvequanti sono i granelli di sabbia. Solo poche hanno la formaumana e solo poche tra esse concentrano i loro sforzi nellaricerca dello scopo ultimo. Tra coloro che si impegnano peril fine supremo, sono rari gli individui che ricercano la libe-razione da questo mondo e, tra migliaia di questi ultimi, è ra-ro che uno sia veramente in grado di ottenere siddhi (la per-fezione dello yoga) o mukti (liberazione). Tra milioni di yo-gi perfetti e di anime liberate, è difficile trovare una grandeanima completamente dedicata al servizio di Ûrî Nåråya∫a.Per questo i bhakta di Nåråya∫a sono molto rari.'

Una persona libera dalle anartha viene definita Ωuddha-bhakta. Questi bhakta sono molto rari infatti, pur tra mi-lioni di muktas (coloro che ricercano la liberazione), è diffi-cile trovare anche un solo bhakta di Ûrî Krishna. Perciò inquesto mondo non c'è cosa più rara della compagnia dei

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ha l'aspetto di Vraja-vilåsî (colui che compie meravigliosipassatempi a Vraja) è l'unico rifugio di tutte le jîve; quandoesse lo realizzano, lasciano ogni desiderio di bhukti (godi-mento dei sensi) e di mukti (liberazione impersonale) edesclusivamente si rifugiano in Me." Ciò è definito prav®tti-rüpa-Ωraddha (tendenza ad impegnarsi unicamente nel ser-vizio a Krishna). Quando questa fede scende nel cuore del-la jîva essa, con le lacrime agli occhi, desidera diventare se-guace di un sådhu Vaiß∫ava. Il Vaiß∫ava che essa sceglie diseguire diventa a quel punto il suo guru."

Vrajanåtha chiese: "Quanti tipi di anartha (tendenze in-desiderabili) ha la jîva?"

Båbåjî rispose: "Quattro tipi: 1) svarüpa-bhrama, igno-rare la propria reale identità spirituale, 2) asat-t®ß∫å, colti-vare semi di godimento materiale temporaneo nel cuore ,3) aparådha, commettere offese e 4) h®daya-daurbalya, de-bolezza del cuore che si manifesta in lussuria.

La prima tendenza indesiderabile della jîva, ovverosvarüpa-bhrama (ignoranza sulla propria reale identità spi-rituale) significa dimenticare di essere una paricella spiri-tuale pura, un eterno servitore di Krishna, e questo la al-lontana dalla sua posizione spirituale originaria. Quando lajîva considera se stessa e le sue proprietà materiali in ter-mini di 'io e mio', sviluppa tre tipi di asat-t®ß∫å, o desideri digodere dei piaceri materiali temporanei: il desiderio di ave-re figli, ricchezza e piaceri celestiali. Ci sono poi dieci tipidi aparådha (offese) di cui parlerò più avanti.

I quattro sistemi yoga servono a distaccarci dagli oggettidei sensi (pratyåhåra), a raggiungere l'autocontrollo (ya-ma), a seguire svariate regole e precetti (niyama) e a rag-giungere la rinuncia (vairågya). Questo processo però nonè il mezzo giusto per liberarsi dall'assillo della materia per-chè è difficile ottenere la perfezione e poi c'è sempre un for-te rischio di caduta. L'unico modo per liberarsi da ogni as-

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anime condizionate. Anche i materialisti e gli impersonali-sti sono tra queste cinque categorie.

L'unica via che porta alla liberazione dalle grinfie di måyåè la bhakti per Ûrî Hari. La jîva è stata posta sotto il control-lo di måyå perchè è stata offensiva verso Bhagavån, e la ra-dice di tutte le offese è l'aver dimenticato di essere un servi-tore di Krishna. Questa offesa può essere sradicata sola-mente per misericordia di Krishna, e solo allora ci si libereràdal controllo di måyå. Gli impersonalisti credono che si ot-tenga la liberazione da måyå coltivando la conoscenza, maè una credenza che non ha nessun fondamento; non c'è nes-suna possibilità di liberarsi da måyå senza la Sua misericor-dia. Ciò è spiegato nello Ûrîmad-Bhågavatam (10.2.32-33):

ye 'nye 'ravindåkßa vimukta-måninastvayy asta-bhåvåd aviΩuddha-buddhaya˙

åruhya k®cchre∫a paraµ padaµ tata˙patantyadho 'nåd®ta-yußmad-anghraya˙

'Signore dagli occhi di loto! Coloro che pensano con or-goglio di essere liberi ma non Ti rendono servizio devozio-nale hanno certamente un'intelligenza impura. Nonostan-te pratichino ascesi e penitenze e giungano alla realizzazio-ne impersonale del brahman, essi cadono ancora in questomondo perchè non hanno rispetto per il servizio devozio-nale ai Tuoi piedi di loto.'

tathå na te mådhava tåvakå˙ kvacidbhraΩyanti mårgåt tvayi baddha-sauh®då˙

tvayåbhiguptå vicaranti nirbhayåvinåyakånîkapa-mürddhasu prabho

'Mådhava, i Tuoi cari bhakta, che hanno vero amore peri Tuoi piedi di loto, non sono come questi orgogliosi jñånî

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bhakta di Krishna."Vrajanåtha chiese: "Il termine Vaiß∫ava si applica ad un

bhakta che ha rinunciato alla vita di famiglia?"Båbåjî rispose: "Un Ωuddha-bhakta è un Vaiß∫ava, sia

egli g®hastha (uomo con famiglia) o sannyåsî (rinunciato),un bråhma∫a o un ca∫∂åla (fuori casta), un ricco o un po-vero. Un devoto è un k®ß∫a-bhakta proporzionalmente algrado di Ωuddha-k®ß∫a-bhakti (pura devozione a Krishna)che ha."

Vrajanåtha chiese: "Hai già detto che sono cinque i tipidi jîve intrappolate da måyå; hai anche detto che i bhaktache compiono la sådhana-bhakti e la bhåva-bhakti sono an-cora sotto il controllo di måyå. Quando i bhakta diventanomåyå-mukta, liberi da måyå?"

Båbåjî rispose: "Una persona si libera dalle grinfie dimåyå nel momento in cui inizia a compiere il servizio devo-zionale; ma la vastu-gata-mukti, la liberazione totale dalcondizionamento dei due corpi materiali (sottile e grosso-lano), si realizza solamente quando si raggiunge la maturitànel sådhana. Prima di questo momento, una persona si de-finisce liberata per il fatto che è svarüpa-gata, cosciente del-la sua posizione costitutiva. La jîva raggiunge vastu-gata so-lamente quando non si identifica più con i corpi grossolanoe sottile. La bhåva-bhakti scende nel cuore della jîva comerisultato della pratica della sådhana-bhakti. Quando la jîvaè stabile nella bhåva-bhakti, abbandona i corpi grossolano esottile e si situa nel suo corpo spirituale puro (cit-Ωarîra).Ciò significa che la jîva non è completamente libera dal con-trollo di måyå neppure all'inizio dello stadio di bhåva-bhak-ti perchè una traccia di condizionamento di måyå permanefintanto che la jîva compirà la sådhana-bhakti. I maestridella nostra linea hanno analizzato attentamente la sådha-na-bhakti e la bhåva-bhakti ed hanno finito per includere ibhakta che praticano tali processi tra le cinque categorie di

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ottengono il servizio diretto a Lui nelle dimore eterne diV®ndåvana e Goloka. Le jîve che tentano di immergersi nel-lo splendore impersonale durante il loro periodo di sådha-na, quando saranno liberate otterranno la såyujya-mukti: siimmergeranno nel Suo splendore e verranno completa-mente annullate nel brahma-såyujya."

"Qual è la destinazione finale dei bhakta incondizionatidi Ûrî Gaura-KiΩora (Caitanya Mahåprabhu)?" ChieseVrajanatha.

"Ûrî Krishna e Ûrî Gaura-Kisora secondo la verità essen-ziale (tattva) non sono differenti," rispose Båbåjî. "Essi so-no entrambi il rifugio del mådhurya-rasa. Tuttavia vi è unapiccola differenza che Li distingue perchè il mådhurya-ra-sa si manifesta in due modi: uno è il sentimento di dolcezza(mådhurya) e l'altro è il sentimento di magnanimità(audårya). Ûrî Krishna manifesta la Sua forma spiritualeoriginale quando prevale dolcezza e Ûrî Gauranga Si mani-festa quando prevale magnanimità. Similmente la trascen-dentale V®ndåvana è divisa in due: la dimora di Ûrî Krishnae quella di Ûrî Gaura.

Le jîve eternamente perfette e liberate che sono nella di-mora di Ûrî Krishna come Suoi associati, sono attratte prin-cipalmente da mådhurya e poi da audårya. Gli associatiperfetti e liberati che stanno nella dimora di Ûrî Gaura sonoestaticamente assorti dapprima in audårya e successiva-mente in mådhurya. Alcuni stanno in entrambe le dimoresimultaneamente espandendo sè stessi, mentre altri hannoforma spirituale solo in una dimora e non nell'altra.

Coloro che adorano solo Ûrî Gaura durante il loro sådha-na, serviranno solo Ûrî Gaura quando raggiungeranno laperfezione, mentre coloro che servono solo Ûrî Krishna du-rante il loro periodo di sådhana, serviranno Ûrî Krishna do-po aver raggiunto la perfezione. Tuttavia coloro che, du-rante il loro periodo di sådhana, adorano sia la forma di Ûrî

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perchè essi non cadono dal sentiero del servizio devoziona-le. Poichè Tu li proteggi, essi si muovono con coraggio, sca-valcando chiunque sbarra loro il passo, quindi nessun osta-colo può arrestare il loro progresso.'”

Vrajanåtha chiese: "Quanti sono i tipi di jîve liberate damåyå?"

Båbåjî rispose: "Sono di due tipi le jîve libere dal con-trollo di måyå: le nitya-mukta, jîve che non sono mai statesotto il controllo di måyå, e le baddha-mukta, che erano sot-to il controllo di måyå ma che si sono liberate. Le jîve nitya-mukta (liberate da sempre) si dividono a loro volta in duecategorie: le aiΩvarya-gata, attratte dall'opulenza e dallamaestà di Bhagavån e le mådhurya-gata, attratte dalla Suadolcezza. Le jîve attratte dall'aspetto aiΩvarya di Krishnasono compagne personali di Ûrî Nåråya∫a, il Signore diVaiku∫†ha. Esse sono particelle di effulgenza spirituale edemanano da Ûrî Müla-Sankarßana che risiede a Vaiku∫†ha.Quelle attratte dalla mådhurya di Bhagavån sono compa-gne personali di Ûrî Krishna, il Signore di Goloka V®ndåva-na. Queste ultime sono particelle di effulgenza spiritualeprovenienti da Ûrî Baladeva, che risiede a Goloka V®ndå-vana.

Sono poi tre i tipi di jîve baddha-mukta (condizionate):le aiΩvarya-gata, jîve condizionate attratte dall'opulenza edalla maestà di Bhagavån; le mådhurya-gata, jîve condizio-nate attratte dalla dolcezza di Bhagavån e infine le brahma-jyoti-gata, jîve condizionate attratte dallo splendore imper-sonale di Bhagavån. Quelle attratte dalla Sua opulenzamentre compiono il servizio seguendo le regole e i precetti,diventano eterne associate di Ûrî Nåråya∫a, il Signore delmondo spirituale, ed ottengono la sålokya-mukti, la magni-ficenza di risiedere sul Suo pianeta. Le jîve attratte dalladolcezza di Ûrî Krishna, durante il loro periodo di sådhana,

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CAPITOLO DICIOTTOPrameya: Bhedåbheda-Tattva

Ve∫î-mådhava aveva una mente malvagia così, dopo cheVrajanåtha disdegnò di vederlo ancora, decise di vendicar-si dando una lezione a lui e ai Vaiß∫ava di Måyåpura. Esco-gitò un piano assieme ad amici dalla mentalità simile allasua per fare in modo che Vrajanåtha, tornando da Måyå-pura, venisse circondato in un luogo nascosto, vicino allacollina Lakßmana, e ricevesse un sacco di legnate. In qual-che maniera Vrajanåtha venne a sapere di questo piano e siconsultò con Båbåjî. Entrambi concordarono che si sareb-be recato a Måyåpura più di rado, durante le ore di luce eaccompagnato da una guardia del corpo.

Vrajanåtha aveva molti affittuari nel villaggio, tra essiHarîΩa, esperto nel combattimento con il bastone. Un gior-no Vrajanåtha lo interpellò dicendo: “HarîΩa, sto attraver-sando un periodo difficile, ma con il tuo aiuto potrei risol-vere un mio problema.”

HarîΩa rispose: "Êhåkura, per te posso mettere a dispo-sizione la vita. Oggi stesso posso uccidere il tuo nemico, seme lo chiedi."

Vrajanåtha rispose: "Ve∫î-mådhava è un uomo infimointenzionato a crearmi dei problemi. Mi sta disturbando atal punto che ho dovuto interrompere le visite ai Vaiß∫ava diÛrîvåsångana. Si è messo d'accordo con dei suoi loschi ami-ci per crearmi dei pericoli sulla strada di casa."

HarîΩa, turbato dalle parole di Vrajanåtha rispose:"Êhåkura, finchè avrò vita tu non dovrai avere timori. Sem-bra che questo mio bastone sarà presto ben utilizzato su

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Krishna che quella di Ûrî Gaura, manifesteranno due formequando raggiungeranno la perfezione e staranno in en-trambe le dimore contemporaneamente. La verità della si-multanea differenza e unità di Ûrî Gaura e Ûrî Krishna è unsegreto molto riservato.”

Dopo aver ascoltato questi insegnamenti sulla condizio-ne delle jîve liberate da måyå, Vrajanåtha non riuscì a con-trollarsi e, scosso dall'emozione, cadde ai piedi di loto del-l'anziano Båbåjî. Piangendo a profusione Båbåjî MahåΩayalo sollevò e lo abbracciò. Era già notte inoltrata.Vrajanåtha si congedò da Båbåjî MahåΩaya e tornò a casa,completamente assorto nei suoi insegnamenti.

Giunto a casa Vrajanåtha mangiò e, rivolgendosi allanonna, l'avvertì: "Nonna, se volete vedermi ancora qui,smettetela di parlare di matrimonio ed evitate ogni contat-to con Ve∫î-mådhava. Lui è il mio più grande nemico e daoggi non gli rivolgerò più la parola. Anche voi dovrete farecosì."

La nonna di Vrajanåtha era molto intelligente. Com-prendendo il sentimento di Vrajanåtha, decise di rinviarequalunque domanda sul matrimonio. "Dal sentimento chesta manifestando," pensò la donna, "se forzassi la manopotrebbe andarsene a V®ndåvana o a Varanasi. Che siaBhagavån a decidere del suo destino."

Jaiva-dharmaCapitolo Diciassette

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no mancati i tuoi deliziosi discorsi. Oggi vorrei ascoltare al-tre spiegazioni sui DaΩa-müla."

Båbåjî rispose: "Sono sempre a tua disposizione. Allo-ra, dove eravamo rimasti l'ultima volta? Nel tuo cuore cisono domande che vorresti porre, dopo la nostra ultimaconversazione?"

Vrajanåtha chiese: "Come vengono definiti i puri ed ine-stimabili insegnamenti filosofici di Ûrî Gaura KiΩora? I pre-cedenti åcårya hanno stabilito le filosofie dell'advaita-våda(monismo esclusivo), del dvaita-våda (dualismo), delΩuddhådvaita-våda (puro monismo), del viΩißtådvaita-våda(monismo specifico), e del dvaitådvaita-våda (dualismo mi-sto a monismo). Ûrî Gaurångadeva ha accettato una di que-ste filosofie oppure ha fondato una nuova scuola filosofica?

Quando mi hai istruito sulla successione disciplica haidetto che Ûrî Gaurångadeva appartiene alla Brahma-sam-pradåya. In questo caso dobbiamo considerarLo come unåcårya della dvaita-våda di Madhvåcårya?"

Båbåjî rispose: "Båbå, devi ascoltare l'ottavo Ωloka deiDaΩa-müla:

hare˙ Ωakte˙ sarvaµ cid-acid akhilaµ syåt pari∫ati˙vivartaµ no satyam Ωrutim iti viruddhaµ kali-malamharer bhedåbhedau Ωruti-vihita-tattvaµ suvimalaµtata˙ premna˙ siddhir bhavati nitaraµ nitya-vißaye

'L'intera creazione, spirituale e materiale, è una manife-stazione della Ωakti di Ûrî Krishna. La filosofia impersona-le dell'illusione (vivarta-våda) è falsa. E' un'impurità pro-dotta da Kali-yuga ed è l'antitesi degli insegnamenti Vedici.I Veda sostengono l'acintya-bhedåbheda-tattva, l'inconcepi-bile uguaglianza e differenza, come dottrina pura ed asso-luta, e che si può raggiungere l'amore perfetto per l'EternoAssoluto accettando questo principio.'

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Ve∫î-mådhava. Ogni volta che vorrai andare a Måyåpuraportami con te e io affronterò da solo centinaia di aggres-sori." Accordatosi con HarîΩa, Vrajanåtha riprese le sue vi-site a Måyåpura ogni secondo o quarto giorno della setti-mana, senza comunque rimanere fino a tardi; ma si sentivainsoddisfatto quando non poteva discutere della tattva.

Trascorsi quindici o venti giorni, il malvagio Ve∫î-mådhava fu morso da un serpente e morì. QuandoVrajanåtha apprese la notizia si chiese: "Forse ha incontra-to questo destino per la sua invidia verso i Vaiß∫ava?" Mapoi concluse: "La durata della sua vita era già stabilita edera giunta a termine, quindi è morto.

adya våbda-Ωatånte våm®tyur vai prå∫i∫åµ dhruva˙Ûrîmad-Bhågavatam 10.1.38

'Si può morire oggi o tra cento anni ma la morte è certaper ogni entità vivente. Questa è una verità eterna.'

"Ora la mia via per Ûrîvåsångana a Måyåpura è sgom-bra." Pensò Vrajanåtha.

Quel giorno raggiunse Ûrîvåsångana poco dopo il tra-monto, offrì i suoi omaggi a Raghunåtha dåsa Båbåjî e poidisse: "Da oggi potrò venire ogni giorno a servire i tuoi pie-di di loto perchè l'ostacolo Ve∫î-mådhava ha lasciato questomondo." All'inizio il Båbåjî dal cuore tenero fu un po' tur-bato nell'apprendere la notizia della morte di questa perso-na spiritualmente incosciente (anudita-viveka-jîva), poi conserenità disse: "Sva-karma-phala-bhuk pumån: tutti gioi-scono e soffrono dei risultati del loro karma. La jîva appar-tiene a Krishna ed andrà dove Krishna la manda. Comun-que spero che tu non debba più patire altre angustie."

Vrajanåtha disse: "Solamente una: in questi giorni mi so-

Jaiva-dharmaCapitolo Diciotto

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istruzioni. Mahåprabhu ha insegnato la dottrina dell'a-cintya-bheda-abheda-tattva, l'inconcepibile contemporaneauguaglianza e differenza. Egli si mosse nell'ambito dellasampradåya di Ûrîman Madhvåcårya ma accettò solamentel'essenza della dottrina di Madhvåcårya."

Vrajanåtha chiese: "In cosa consiste la dottrina della pa-rinåma-våda (trasformazione)?"

Båbåjî rispose: "Vi sono due tipi di parinåma-våda:brahma-parinåma-våda, la dottrina della trasformazionedel brahman e tat-Ωakti-parinåma-våda, la dottrina della tra-sformazione dell'energia. Coloro che credono nella brah-ma-parinåma-våda (la trasformazione del brahman) dico-no che l'acintya (inconcepibile) e nirviΩeßa (senza forma)brahman si trasforma in entità viventi e in mondo materia-le inerte. Per sostenere questa teoria essi citano la Chån-dogya Upanißad (6.2.1), ‘ekam evådvitîyam, prima della ma-nifestazione di questo universo esisteva solamente la VeritàAssoluta, una tattva non duale che esiste nella Verità.'

Secondo questo mantra Vedico, il brahman è l'unica e so-la vastu (sostanza) che và accettata. Questa teoria è chia-mata anche non dualismo o advaita-våda. Vedi, in questateoria viene usato il termine parinåma (trasformazione pro-gressiva) ma il vero processo che essa descrive è in realtàvikåra, cioè una distorsione o deformazione.

Quanto a coloro che insegnano la trasformazione dell'e-nergia (Ωakti-parinåma-våda) non accettano nessun tipo ditrasformazione del brahman. Viceversa essi sostengono cheè l'inconcepibile Ωakti o potenza del brahman, a trasfor-marsi. La porzione jîva-Ωakti della potenza del brahman sitrasforma in individui spirituali (jîve) mentre la porzionemåyå-Ωakti si trasforma in mondo materiale inerte. Secon-do questa teoria vi è sì una parinåma (trasformazione), manon del brahman.

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Capitolo Diciotto

Gli insegnamenti conclusivi delle Upanißad sono cono-sciuti come Vedånta e, per portare alla luce il loro significa-to preciso, Vyåsadeva scrisse un libro composto di quattrocapitoli, il Brahma-sütra o Vedånta-sütra. Il Vedånta destagrande rispetto nella classe intellettuale; esso in pratica èlargamente accettato come corretta esposizione delle veritàcontenute nei Veda. Da questo Vedånta-sütra i differentiåcårya hanno tratto differenti conclusioni a supporto delleloro filosofie.

Ûrî Ûankaråcårya ha utilizzato il Vedånta-sütra per soste-nere la sua teoria impersonale dell'illusione, detta vivarta-våda. Egli disse che, se si accetta una qualsiasi trasforma-zione del brahman, si compromette la stessa essenza delbrahman e che perciò la dottrina della trasformazione (pa-rinåma-våda) è completamente sbagliata, mentre la vivar-ta-våda è l'unica filosofia ragionevole. Per un'esigenza tut-ta sua, Ûrî Ûankaråcårya raccolse dei mantra Vedici a soste-gno della sua vivarta-våda, nota anche come Måyåvåda.

Da ciò possiamo capire che la parinåma-våda era popo-lare fin dai tempi antichi e che Ûrî Ûaõkara la fermò propo-nendo la vivarta-våda, una dottrina settaria.

Ûrîman Madhvåcårya, insoddisfatto della vivarta-våda,propose la dottrina del dualismo (dvaita-våda) anche da luisostenuta con appoggi tratti dai Veda. Similmente, Råma-nujåcårya insegnò un monismo specifico (viΩißtådvaita-vå-da), Ûrî Nimbådityåcårya il dualismo misto a monismo(dvaitådvaita-våda) e Ûrî Viß∫usvåmî il dualismo puro(Ωuddhådvaita-våda). La filosofia Måyåvåda di ÛrîÛankaråcårya si contrappone ai principi basilari della bhak-ti. Ognuno degli åcårya Vaiß∫ava ha tenuto a dire che i suoiprincipi sono basati sulla bhakti, pur con alcune differenzetra le varie filosofie da loro enunciate. Ûrîman Mahåprabhuha accettato tutte le conclusioni Vediche con il dovuto ri-spetto e ne ha estratto l'essenza racchiudendola nelle Sue

Jaiva-dharma

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brahman desidera: "Che ci siano delle entità viventi," laporzione jîva-Ωakti della potenza superiore (parå-Ωakti) im-mediatamente produce innumerevoli anime. Similmente,quando il brahman desidera l'esistenza del mondo materia-le, la potenza måyå-Ωakti, ombra della parå-Ωakti, immedia-tamente manifesta lo sconfinato e inanimato mondo mate-riale. Il brahman accetta questi cambiamenti e allo stessotempo rimane immutato.

Si potrebbe arguire: "Il desiderio è in sè stesso una tra-sformazione, allora come può questa trasformazione avve-nire nell'imperterrito brahman?" La risposta è che: "Si staparagonando il desiderio del brahman al desiderio della jî-va e lo si definisce vikåra (modifica). La jîva è un'infinite-sima Ωakti e ogni qualvolta desidera, quel desiderio nascedal contatto con un'altra Ωakti. Per questa ragione il desi-derio della jîva è definito vikåra. Il desiderio del brahmaninvece non appartiene a questa categoria. Il desiderio indi-pendente del brahman fa parte della sua natura intrinseca.Esso è uno con la Ωakti e allo stesso tempo se ne differenzia.Perciò il desiderio del brahman è la svarüpa del brahman enon c'è spazio per una vikåra. Quando il brahman deside-ra, la Ωakti si attiva ed essa soltanto si trasforma. Questa sot-tile argomentazione supera la capacità d'intendere dellapiccolissima intelligenza della jîva, che può comprenderlasolamente tramite la testimonianza dei Veda.

Ora prendiamo in considerazione parinåma, trasforma-zione della Ωakti. L'esempio del latte che si trasforma in yo-gurt potrebbe non essere quello migliore per spiegare laΩakti-parinåma-våda. Gli esempi materiali non sempre per-mettono una comprensione completa dei principi spiritua-li ma possono illuminarci su alcuni specifici aspetti. La pie-tra cintåma∫i è un oggetto materiale che può produrre sva-riati tipi di pietre preziose ma in nessun caso si trasforma osi deforma. La creazione materiale di Ûrî Bhagavån è qual-

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sa-tattvato 'nyathå-bhuddhir vikåra ity udåh®ta˙Vedånta-såra di Sadånanda (59)

'La parola vikåra (modifica) significa una cosa che ap-pare come effettivamente non è.'

Il brahman viene accettato come vastu (sostanza prima-ria) da cui emanano due prodotti separati ovvero le animeindividuali e il mondo materiale. La manifestazione di que-ste due sostanze, che differiscono dall'originario brahman,è definita vikåra, trasformazione.

Che cos'è una vikåra? Semplicemente qualcosa che ap-pare come realmente non è. Per esempio il latte quando sitrasforma in yogurt. Sebbene lo yogurt sia latte, è chiama-to yogurt ed è una vikåra o modifica della sostanza origina-le, il latte.

Secondo la brahma-parinåma-våda, il mondo materiale ele jîve sono delle vikåra del brahman. Senza dubbio un'i-dea assolutamente impura, perchè coloro che presentanoquesta teoria accettano l'esistenza di un'unica sostanza, ilnirviΩeßa-brahma; e allora, com'è possibile che questa so-stanza unica (brahman) si modifichi in un'altra sostanza se-parata se nulla esiste oltre ad essa? E' la teoria in sè che nonprevede modifiche al brahman. Accettare trasformazionidel brahman è contrario alla logica, ed è il motivo per cui labrahma-parinåma-våda non risulta ragionevole in nessunmodo.

Nella Ωakti-parinåma-våda non vi è questo errore infatti,secondo questa filosofia, il brahman resta sempre inaltera-to. L'inconcepibile Ωakti di Bhagavån che rende possibilel'impossibile (aghatana-ghatana-patîyasî-Ωakti) possiededelle particelle atomiche che in qualche luogo si trasforma-no in anime individuali; essa ha anche una sua ombra che,in altri luoghi, si trasforma in universi materiali. Quando il

Jaiva-dharmaCapitolo Diciotto

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ce che le entità viventi si manifestano proveniendo da Lui;il termine 'yena' che è causa strumentale (kara∫a), vieneusato quando si dice che tutte le creature senzienti vivono'per Suo potere' e 'yat', che indica il caso locativo (adhika-ra∫a), viene usato quando si dice che tutti gli esseri viventialla fine entrano 'in Lui'. Questi tre casi dimostrano che laVerità Assoluta è Suprema; questo è il Suo aspetto impa-reggiabile. Ecco perchè Bhagavån è sempre saviΩeßa (pos-siede forma, qualità e passatempi). Ûrîla Jîva Gosvåmî de-scrive la Persona Suprema con queste parole:

ekam eva parama-tattvaµ svåbhåvikåcintya-Ωaktyåsarvadaiva svarüpa-tad-rüpa-vaibhava-jîva-pradhåna-rüpe∫a

caturdhåvati߆hate süryåntar-ma∫∂ala-stha-teja ivama∫∂ala tad-bahirgata-tad-raΩmi-tat-praticchavi-rüpe∫a

'La Verità Assoluta è una. La Sua eccezionale caratteri-stica è di essere dotata di inconcepibile potenza tramite cuiSi manifesta in quattro modi: 1) come svarüpa ovvero conla Sua forma originaria, 2) come tad-rüpa-vaibhava ossiacon il Suo splendore personale, che comprende la Sua di-mora, i Suoi eterni associati e tutti gli avatåra ed espansioni,3) come jîve ovvero come anime spirituali individuali e 4)come pradhåna ovvero come energia materiale. Questiquattro aspetti se paragonati al sole rispettivamente sono:l’astro in sè, la sua superficie, i raggi che ne emanano e il suoriflesso in lontananza.'

Questi esempi spiegano solo parzialmente la Verità As-soluta. La Sua forma originaria è sat-cit-ånanda, piena dieternità, conoscenza e felicità, i Suoi nomi, dimore, asso-ciati come tutti gli oggetti relativi al Suo servizio diretto, so-no opulenze non differenti da Essa (svarüpa-vaibhava). Leinnumerevoli nitya-mukta (anime liberate) e le nitya-baddha (anime condizionate da tempo immemorabile) so-

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cosa di simile a ciò che opera questa pietra. Non appenaBhagavån desidera, la Sua potenza inconcepibile (acintya-Ωakti) crea innumerevoli pianeti, contenuti in quattordici si-stemi planetari, dove le jîve possono vivere, ma Egli stessorimane completamente immutato.

Non si deve intendere che questo immutato Supremo sianirviΩeßa (senza forma) e impersonale; al contrario, il Su-premo è la grande e insuperabile sostanza brahman (b®had-vastu-brahma). Lui è per l'eternità Bhagavån, maestro del-le sei perfezioni (bellezza, ricchezza, fama, potenza, cono-scenza e rinuncia). Se Lo si accetta come semplice nirviΩeßa,non diventa possibile spiegare la Sua Ωakti spirituale. Con laSua acintya-Ωakti, Egli esiste simultaneamente nella sua for-ma personale e in quella impersonale. Supporre che Eglisia soltanto nirviΩeßa significa accettare una frazione dellaverità, senza comprenderla nella sua totalità. La Sua rela-zione con il mondo materiale viene descritta nei Veda tra-mite il caso strumentale (kara∫a) vale a dire 'con il quale',con il caso ablativo (apådåna) vale a dire 'dal quale' e conil caso locativo (adhikara∫a) vale a dire 'nel quale'. NellaTaittirîya Upanißad (3.1.1) sta infatti scritto:

yato vå imåni bhütåni jåyanteyena jåtåni jîvanti

yat prayanty abhisamviΩantitad vijijñåsasva tad brahma

'Si deve sapere che il brahman è Colui 'dal quale' nasco-no tutte le entità viventi, 'col cui' potere esse restano in vi-ta e 'nel quale' entrano alla fine. Egli è Colui 'sul quale' sideve indagare, Egli è brahman.'

Nelle parole 'yato vå imåni' di questo Ωloka, il caso abla-tivo (apådåna) applicato all'IΩvara viene usato quando si di-

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può sembrare così quando si identifica con il corpo. L'illu-sione scaturita dallo scambiare una corda per un serpente ovedere l'argento nel riflesso di un'ostrica sono esempi di ciò.

I Veda utilizzano svariati esempi per tentare di convin-cere la jîva a liberarsi da questa illusione di identificarsi conil proprio corpo måyika. I Måyåvådî rigettano le vere con-clusioni dei Veda sostenendo l'assurda teoria della vivarta-våda. Essi dicono che l'idea di essere brahman è una com-prensione essenziale mentre quella di essere una jîva è unacomprensione sbagliata. Gli esempi Vedici della vivartanon contraddicono per nulla la Ωakti-parinåma-våda (la tra-sformazione dell'energia), ma la teoria della vivarta-vådache i Måyåvådî sostengono è semplicemente una scioc-chezza.

I Måyåvådî propongono vari tipi di vivarta-våda, tra que-sti i più comuni sono tre:

1) L'anima è veramente brahman ma si confonde quan-do pensa di essere un'anima individuale.

2) Le jîve sono il riflesso di brahman.3) Le jîve ed il mondo materiale sono solo un sogno di

brahman.Tutti questi tipi di vivarta-våda sono falsi in quanto si op-

pongono alle evidenze dei Veda.""In cosa consiste la filosofia Måyåvåda?" Chiese

Vrajanåtha. "Non riesco a capirla.""Figliolo, ascoltami attentamente", rispose Båbåjî. "La

måyå-Ωakti (energia materiale) è solamente un riflesso di-storto del regno spirituale ed è anche il controllore del mon-do materiale in cui la jîva entra quando viene coperta dal-l'ignoranza e dall'illusione. Gli oggetti spirituali hannoun'esistenza e un'energia indipendenti, ma la filosofiaMåyåvåda non accetta ciò; al contrario, essa sostiene chel'anima individuale è brahman e che solamente per l'in-fluenza di måyå sembra essere differente da brahman.

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no particelle coscienti (a∫u-cit). L’energia materiale(pradhåna) include måyå-pradhåna, ed il suo prodotto è co-stituito dal mondo materiale sia grossolano che sottile.Questi quattro aspetti esistono eternamente come anchel'unità del Supremo Assoluto. Come possono convivere in-sieme eternamente queste due caratteristiche? La rispostaè impossibile da capire con l'intelligenza limitata della jîvama diviene possibile tramite l'inconcepibile energia di Bha-gavån."

Vrajanåtha chiese ancora: "Cos'è la vivarta-våda (la fi-losofia Måyåvåda)?"

Båbåjî rispose: "Nei Veda ci sono dei riferimenti alla vi-varta ma non sono la vivarta-våda. Ûrî Ûankaråcårya ha in-terpretato il termine vivarta in modo tale da riferirlo alla vi-varta-våda ossia alla teoria Måyåvåda. Il significato scien-tifico della parola vivarta è il seguente:

atattvato 'nyathå buddhir ity udåh®ta˙Vedånta-såra di Sadananda (49)

'Vivarta è l'illusione che porta a scambiare una cosa perun'altra.'

La jîva è una particella infinitesimale di sostanza spiri-tuale ma quando è confusa crede che il corpo grossolano equello sottile, in cui è prigioniera, siano il vero sè. Questa il-lusione è ignoranza che nasce dalla mancanza di conoscen-za ed è l'unico esempio di vivarta contenuto nei Veda. Qual-cuno potrebbe pensare: "Io sono il bråhma∫a RåmanåthaPandey, figlio del bråhma∫a Sanåtana Pandey", e qualcunaltro potrebbe pensare: "Io sono lo spazzino Madhuå, fi-glio dello spazzino Harkhuå" ma in realtà questi sono pen-sieri completamente illusori. La jîva è una particella spiri-tuale, non è nè Råmanåtha Pandey nè lo spazzino Madhuå;

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Buddhismo. Nel Padma Purå∫a si legge:

måyåvådam asac-chåstraµpracchannaµ bauddham ucyate

mayaiva vihitaµ devikalau bråhma∫a-mürtinå

Uttara-kha∫∂a (46.6)

'In risposta ad una domanda di Umådevi (Parvatî),Mahådeva spiegò: "O Devî! Måyåvåda è uno Ωåstra impu-ro. Sebbene sia un buddhismo coperto, essa è riuscita adentrare nella religione degli Aryani camuffata con conclu-sioni Vediche. In Kali-yuga io stesso apparirò nelle vesti diun bråhma∫a e predicherò questa filosofia Måyåvåda.’”

Vrajanåtha chiese: "Prabhu, perchè Mahådeva ha ac-cettato questo sgradevole compito quando lui è il capo deidevata e il supremo tra i Vaiß∫ava?"

Båbåjî rispose: "Ûrî Mahådeva è un gu∫a-avatåra di Bha-gavån. Il supremamente misericordioso Signore vide gliasura (esseri demoniaci) intraprendere la via della bhakti eadorarLo per godere del frutto risultante e soddisfare i lorodesideri malvagi. Così Egli pensò: "Gli asura stanno crean-do problemi ai devoti contaminando la via del servizio de-vozionale, ma la via della bhakti deve essere libera da que-sta contaminazione." Così pensando chiamò Ûivajî cui dis-se: "Ûambhu! Non è di buon auspicio a questo mondo ma-teriale se la Mia pura bhakti viene insegnata tra coloro chesono immersi nell'ignoranza e che hanno un carattere åsu-rika. Devi predicare partendo dagli Ωåstra e diffondere lafilosofia Måyåvåda di modo che gli asura ne vengano at-tratti così che Io possa rimanere a loro nascosto. Coloro chehanno un carattere åsurika lasceranno la via del servizio de-vozionale e si rifugeranno nella Måyåvåda; questo darà ai

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Questa teoria sostiene che la jîva crede di essere un'entitàindividuale ma, nel momento in cui viene rimossa l'influen-za di måyå, si rende conto di essere brahman. Secondo que-sta concezione la particella spirituale infinitesimale, mentresi trova sotto l'influenza di måyå non ha una identità indi-pendente da måyå, e perciò il metodo di liberazione è ilnirvå∫a, la fusione nel brahman. I Måyåvådî non accettanol'esistenza separata dell'anima individuale pura; inoltre af-fermano che Bhagavån è subordinato a måyå e che deve ri-fugiarsi in måyå ogni volta che ha bisogno di scendere inquesto mondo materiale. Essi dicono: "Ciò accade perchèbrahman è impersonale e non possiede forma, quindi deveassumerne una materiale (måyika) quando si manifesta inquesto mondo. Il suo aspetto ÈΩvara necessita di un corpomateriale, gli avatåra lo indossano e compiono azioni me-ravigliose in questo mondo. Alla fine lasciano qui il Lorocorpo materiale e tornano alla Loro dimora.

I Måyåvådî dimostrano una piccola gentilezza nei con-fronti di Bhagavån accettando l’esistenza di alcune diffe-renze tra le jîve e gli avatåra di ÈΩvara. La distinzione chefanno è che la jîva deve accettare un corpo grossolano acausa del suo karma precedente. Questo karma la traspor-ta, anche contro sua volontà, ed essa è costretta ad accetta-re la nascita, la vecchiaia e la morte. I Måyåvådî sostengo-no che sia il corpo che la designazione, il nome e le qualitàdi ÈΩvara sono materiali ma che Egli per Suo volere le ac-cetta sebbene, quando lo desidera, possa rigettarle tornan-do alla Sua pura spiritualità. L'IΩvara non è costretto ad ac-cettare le conseguenze delle attività che ha compiuto. Que-ste sono le concezioni distorte dei Måyåvådî."

Vrajanåtha chiese: "Questa filosofia Måyåvåda è ri-scontrabile in una qualche parte dei Veda?"

Båbåjî subito rispose: "No! La Måyåvåda non è riscon-trabile in nessuna parte dei Veda. Måyåvåda significa

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parte delle persone. O Rudra dalle braccia potenti, anchetu creerai questo Ωåstra illusorio. O potente, presenta il ve-ro come falsità e il falso come verità. Dà prominenza allatua forma distruttiva di Rudra e nascondi la Mia forma ori-ginaria ed eterna di Bhagavån.'

Vrajanåtha allora chiese: "Esiste una qualche evidenzaVedica che contraddice la filosofia Måyåvåda?"

Båbåjî rispose: "Tutte le testimonianze dei Veda confu-tano la filosofia Måyåvåda. Per sostenere la loro teoria iMåyåvådî hanno cercato in tutti i Veda estrapolandonequattro sentenze. Essi definiscono queste quattro afferma-zioni mahå-våkhya, 'le affermazioni più illustri'. Esse sono:

1) sarvaµ khlav idaµ brahma: 'Tutto l'universo è brah-man' (Chåndogya Upanißad 3.14.1)

2) prajñånaµ brahma: 'La conoscenza suprema è brahman'(B®had åra∫yaka Upanißad 4.4.19 e Katha Upanißad 2.1.11)

3) tat tvam asi Ωvetaketo: 'O Ûvetaketu, tu sei quello'(Chåndogya Upanißad 6.8.7)

4) ahaµ brahmåsmi: 'Io sono brahman' (B®had-åra∫yaka Upanißad 1.4.10)

Il primo mahå-våkya insegna che l'universo intero, com-posto dalle entità viventi e dalla materia inerte, è brahmane che nulla esiste che non sia brahman. L'identità di quelbrahman viene spiegata altrove come segue:

na tasya kåryaµ kara∫aµ ca vidyatena tat-samaΩ cåbhyadhikaΩ ca d®Ωyate

paråsya Ωaktir vividhaiva Ωrüyate

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Miei gentili bhakta la possibilità di gustare indisturbati il pu-ro servizio devozionale."

Ûrî Mahådeva, che è il supremo tra i Vaiß∫ava, all'iniziosi sentì riluttante ad accettare questo arduo compito affida-togli da Bhagavån tuttavia, considerandolo come un Suo or-dire diretto, predicò la filosofia Måyåvåda. Dov'è lo sba-glio in Ûrîman Mahådeva, il guru supremo? L'intero uni-verso guidato da Ûrî Bhagavån funziona come un ingranag-gio ben oliato ed Egli con destrezza stringe nella Sua manolo splendido SudarΩana Cakra per il bene di tutte le creatu-re. Soltanto Lui conosce quanto bene sia celato dietro ilSuo ordine; il dovere dell'umile servitore è semplicementequello di obbedirGli. Sapendo questo, i puri Vaiß∫ava nonrilevano mai errori in Ûankaråcårya, l'incarnazione di Ûivache predicò la Måyåvåda. Considera ora queste evidenzetratte dagli Ωåstra:

tvam årådhya tatha Ωambho grahißyåmi varaµ sadåPadma Purå∫a, Uttara kha∫∂a (42.109-110) e

Nårada-pañcaråtra (4.2.29-30)

'Viß∫u disse: "Ûambhu, sebbene Io sia Bhagavån, ho ado-rato diversi devata e devi con lo scopo di confondere gli asu-ra. Similmente adorerò anche te per ricevere una tua bene-dizione. In Kali-yuga dovrai incarnarti tra gli esseri umaniattraverso una tua espansione parziale. Dovrai predicareprendendo spunto dagli Ωåstra, come fece Agama, e costrui-re una filosofia che distrarrà da Me la massa delle personecomuni, tenendoMi a loro celato. In questo modo semprepiù persone devieranno dalla conoscenza che Mi riguarda ei Miei passatempi acquisiranno ancora più valore.”'

Nel Varåha Purå∫a Bhagavån dice a Ûiva:esa mohaµ s®jåmy åΩu...

'Sto creando un'illusione (moha) che confonderà gran

Jaiva-dharmaCapitolo Diciotto

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(Ωaktimån) e poi considera la Sua conoscenza (jñåna), po-tere (bala) e attività (kriyå).

Ora prendiamo in considerazione il secondo mahå-våkya: prajñånaµ brahma: 'La conoscenza suprema è brah-man'. Qui si afferma che brahman e la coscienza sono iden-tici. La parola prajñånam che qui è stata associata a brah-man, viene utilizzata anche nella B®had-åra∫yaka Upanißad(4.4.21), dove è usata per indicare la prema-bhakti:

tam eva dhiro nijñåya prajñåµaµ kurvîta bråhma∫a˙

'Quando una persona stabile e sobria ottiene la cono-scenza del brahman, lo adora con sentimento di amore ge-nuino (jñåna-svarüpa-prema-bhakti).'

Il terzo mahå-våkya è: tat tvam asi Ωvetaketo, 'O Ûve-taketu, tu sei quello.' Questo Ωloka dà istruzioni sull'unitàcon il brahman e viene descritto in modo più elaborato nel-la B®had-åra∫yaka Upanißad (3.8.10):

yo vå etad akßaraµ gårgy aviditvåsmål lokåt praiti sa k®pa∫a˙ya etad akßaraå gårgi viditvåsmål lokat praiti sa bråhma∫a˙

'O Gårgi! Coloro che lasciano questo mondo materialesenza comprendere l'eterna natura di Viß∫u sono deik®pa∫a˙, persone misere e degradate; coloro che invece lolasciano avendo coscienza di quel Supremo Eterno, sonoveramente bråhma∫a, conoscitori del brahman.'

Perciò le parole ‘tat tvam asi’ significano: "Colui che ot-tiene la conoscenza pura alla fine ottiene il servizio devo-zionale a para-brahma ed è riconosciuto come bråhma∫a."

Il quarto mahå-våkya è aham brahmåsmi: 'Io sono brah-man.' Se la conoscenza (vidyå), che questo våkya stabilisce,

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svåbhåvikî jñåna-bala-kriyå caSvetåΩvatara Upanißad (6.8)

Questo Ωloka asserisce che nessuna attività di parå-brah-ma Paramåtmå è materiale perchè nessuno dei Suoi sensi,nonchè mani, gambe e così via, sono materiali. Egli compiei Suoi passatempi trascendentali senza l’ausilio di sensi ma-teriali ed è presente ovunque grazie al Suo corpo spiritua-le. Ecco perchè non esiste nessuno che Lo eguagli, che di-re poi di essergli superiore! Sappiamo che ÈΩvara ha molteΩakti speciali, di cui tre sono le più importanti. Queste so-no: la potenza di esistenza (sat o sandhinî-Ωakti), la potenzadi cognizione (cit-Ωakti) e la potenza di felicità (ånanda ohlådinî-Ωakti).

Brahman e le sue Ωakti non sono differenti l'uno dalle al-tre; infatti queste Ωakti sono una parte intrinseca di brahmane si manifestano in modi diversi. Da un certo punto di vistasi può affermare che nulla è differente da brahman perchèla potenza e chi la possiede non differiscono tuttavia, quan-do guardiamo al mondo materiale, possiamo vedere che, inun altro senso, brahman e la sua Ωakti sono certamente dif-ferenti.

nityo nityånåµ cetanaΩ cetanånåmeko bahünåµ yo vidadhåti kåmån

Ka†ha Upanißad (2.13) e ÛvetåΩvatara Upanißad (6.10)

'Egli è l'essere eterno, supremo tra tutti gli esseri eternied è la suprema coscienza di tutti gli esseri coscienti. Sol-tanto Lui soddisfa i desideri di tutti.'

Questa affermazione dei Veda pone in luce la varietà al-l'interno della sostanza eterna (vastu), il brahman. Distin-gue inoltre la potenza (Ωakti) dal possessore della potenza

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è certamente brahman.' (Chåndogya Upanißad 3.14.1)

åtmaivedaµ sarvam iti: 'Tutto ciò che è visibile è spirito(åtmå).' (Chåndogya Upanißad 7.52.2)

sad eva saumeyedam agra åsid ekam evådvitîyam: 'Opersona gentile, questo mondo inizialmente è esistito in unaforma non duale e spirituale; prima della manifestazionedell'universo lo Spirito Supremo era semplicemente una so-stanza non-duale.' (Chåndogya Upaniåad 6.2.1)

evaµ sa devo bhagavån vare∫yo yoni-svabhåvån adhi-ti߆haty eka˙: 'Bhagavån stesso è maestro di tutto, persinodei devata ed è l'unico che merita di essere adorato. Egli èla causa di tutte le cause ma resta inalterato, proprio comeil sole resta immobile mentre diffonde i suoi raggi in ognidirezione.' (ÛvetåΩvatara Upanißad 5.4)

Ora ti prego di ascoltare i mantra che descrivono la dif-ferenza (bheda):

oµ brahma-vid åpnoti param: 'Chi comprende brahmanottiene para-brahma.' (Taittirîya Upanißad 2.1)

mahåntaµ vibhum åtmånaµ matvå dhîro na Ωocati: 'Opersona sobria, la persona intelligente non si lamenta nem-meno dopo aver visto un'anima confinata in un corpo ma-teriale, poichè sa che l'anima è grande ed è presente do-vunque.' (Ka†ha Upanißad 1.2.22)

satyaµ jñånam anantaµ brahma yo veda nihitam: 'Brah-man è la verità, la conoscenza e l'eternità personificata.Quel brahman sta nel cielo spirituale (paravyoma) ed è an-che presente nel profondo del cuore di tutte le entità viven-

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alla fine non diventa bhakti, và condannata, come espostonella Ûrî IΩopanißad (9) che afferma:

andhaµ tama˙ praviΩanti ye 'vidyåµ upåsatetato bhüya iva te tamo ya u vidyåyåµ ratå˙

‘Chi è situato nell'ignoranza entra in un'oscurità profon-da ma anche chi è nella conoscenza entra in un'oscuritàprofonda.'

Questo mantra sta a significare che coloro che abbrac-ciano l'ignoranza e non conoscono la natura spirituale del-l'anima entrano nella regione più oscura dell'ignoranza.Tuttavia la destinazione di chi, rigettando l'ignoranza, cre-de che la jîva sia brahman e non una particella spirituale, èmolto peggiore.

Båbå, i Veda non hanno limiti, son privi di difetti e sonoinsuperabili. Il loro significato esatto può essere compresosolamente studiando in modo disgiunto ogni Ωloka delleUpanißad e traendone il significato in un quadro d'insieme.Se si estrae dal vasto contesto dei Veda una particolare sen-tenza, si può essere deviati da qualche interpretazione er-rata. Ûrî Caitanya Mahåprabhu ha perciò scandagliato at-tentamente tutti i Veda predicando poi che l'anima spiri-tuale individuale ed il mondo materiale sono simultanea-mente ed inconcepibilmente uguali e differenti da Ûrî Ha-ri."

Vrajanåtha chiese: "Quel che capisco è che tutti i Veda sta-biliscono la filosofia dell'acintya-bhedåbheda-tattva. Potre-sti spiegarmi meglio, portando esempi tratti dai Veda stessi?"

Båbåjî rispose: "Ti elencherò alcuni passaggi che descri-vono l'aspetto di uguaglianza (abheda-tattva) della filosofiabhedåbheda-tattva:

sarvaµ khalv idaµ brahma: 'Ogni cosa di questo mondo

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prendere pienamente l'identità di questo yakßa.'" (KenaUpanißad 3.6)

asad vå idam agra åsit: 'All'inizio questo universo era so-lo una forma non manifesta di brahman. Questo non ma-nifesto diventa manifesto nella forma di brahman. Questostesso brahman Si manifesta in forma maschile. Per questaragione quella forma maschile è conosciuta come il Creato-re.' (Taittirîya Upanißad 2.7.1)

nityo nityånåm: 'Tra tutti gli esseri eterni Egli è l'Essereeterno Supremo.' (Ka†ha Upanißad 2.13 e ÛvetåΩvatara Upa-nißad 6.13)

sarvaµ hy etad brahmånyam åtmå brahma so'yam åtmåcatußpåt: 'Tutto ciò è manifestazione della potenza inferio-re di brahman. La forma spirituale di Krishna non è altroche il para-brahman. Con la Sua inconcepibile potenza EgliSi manifesta eternamente in quattro nettaree forme sebbe-ne Egli sia uno.' (Mu∫∂aka Upanißad mantra 2)

ayam åtmå sarvesåµ bhütånåµ madhu: I Veda parlanodi Krishna in modo indiretto descrivendo le Sue qualità e lìsi dice: ‘Tra tutti gli esseri viventi soltanto Krishna è dolcecome il nettare.' (B®had-åra∫yaka Upanißad 2.5.14)

In questi ed in altri innumerevoli passaggi, i Veda atte-stano che l'anima individuale è eternamente differente dalSupremo. Ogni passo dei Veda è meraviglioso e non v'è nul-la da escludere. E' vero che tutte le jîve individuali sonoeternamente differenti dal Supremo ed è anche vero che so-no eternamente non differenti da Lui. Nei Veda si trovanoevidenze sia della bheda (differenza) che dell’abheda (ugua-glianza) perchè bheda e abheda esistono simultaneamente

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ti. Chi conosce ciò ottiene siddhi attraverso la sua relazio-ne con l'immanente Superanima (antaryåmî), l'onniscientebrahman.' (Primo Anuccheda del Taittirîya-brahmånanda-vallî)

yasmåt paraµ nå param asti kiñcit: 'Non c'è verità supe-riore a quella Persona Suprema. Egli è il più piccolo del piùpiccolo ed il più grande del più grande. Egli si erge solo eimmutabile come un albero nella Sua splendente dimora.L'intero universo riposa in quell'unica Persona Suprema.'(ÛvetåΩvatara Upanißad 3.9)

pradhåna-kßetra-jña-patir gu∫eΩa˙: 'Il Parabrahma è ilSignore della natura materiale non manifesta (pradhåna),il maestro del Paramåtmå che conosce tutte le entità viven-ti individuali e dell'IΩvara dei tre modi della natura mate-riale. Egli stesso trascende i modi della natura materiale.'(ÛvetåΩvatara Upanißad 6.16)

tasyaißa åtmå viv®∫ute tanuµ svåm: 'Egli rivela la Suaforma solamente a certe persone e in maniera molto parti-colare.' (Ka†ha Upanißad 2.23)

tam åhur agryaµ purußaµ mahåntam: 'Chi conosce laVerità Assoluta canta le Sue glorie sapendo che Egli èMahån Adi-purußa, la Grande Persona e la Causa di tuttele cause.' (ÛvetåΩvatara Upanißad 3.19)

yåthåtathyato 'rthån vyadadhåt: 'Con la Sua inconcepi-bile potenza Egli mantiene le distinte identità di tutti gli ele-menti eterni contemporaneamente alle Sue particolari ca-ratteristiche.' (IΩopanißad, mantra 8)

naitad aΩakaµ vijñåtuµ yad etad yakßam iti: 'Agnideva,devata del fuoco, disse ai deva riuniti: "Non riesco a com-

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bhedåbheda-tattva. Tenendo in mente lo scopo ultimo del-la jîva, sembra non ci sia conclusione filosofica (siddhånta)più elevata del principio dell'acintya-bhedåbheda-tattva, in-fatti tutti gli altri siddhånta non sembrano neppur veri. So-lamente quando si accetta questa filosofia dell'acintya-bhedåbheda si può realizzare l'eterna individualità della jî-va e la sua eterna differenza con Ûrî Hari. Senza compren-dere questa differenza l'anima individuale non può rag-giungere il vero scopo della vita, priti, l'amore per il Signo-re Supremo."

Vrajanåtha chiese: "Quale evidenza stabilisce priti comescopo ultimo della jîva?"

Båbåjî rispose: "Nei Veda sta scritto:

prå∫o hy eßa yah sarva-bhütair vibhåtiMu∫∂aka Upanißad (3.1.4)

'La Persona Suprema è la vita di tutte le vite e splendeall'interno di tutti gli esseri. Coloro che arrivano a cono-scere quella Persona Suprema praticando la scienza dellabhakti, non cercano nient'altro. Questi jîvan-muktas sonosaturi di attaccamento per il Supremo (rati) e partecipanoai Suoi passatempi d'amore. Questi bhakta sono i miglioritra tutti coloro che conoscono il brahman.'

In altre parole i più fortunati tra coloro che conosconobrahman, svolgono un ruolo attivo nei passatempi d'amoredi Ûrî Hari. Questo sentimento di rati è un sintomo di amo-re per Ûrî Hari. Esso viene indirettamente spiegato nellaB®had-åra∫yaka Upanißad (2.4.5 e 4.5.6):

na vå are sarvasya kåmåya sarvaµ priyaµ bhavatyåtmanas tu kåmåya sarvaµ priyaµ bhavati

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come aspetti assoluti della Verità Assoluta. La relazionedella jîva con il Supremo è simultaneamente di uguaglianzae di differenza; ciò è inconcepibile e và oltre l'intelligenzamateriale. La logica e il ragionamento su questo punto con-ducono solo alla confusione. Qualsiasi cosa sia stata enun-ciata nelle diverse parti dei Veda è completamente vera, manoi non possiamo comprendere appieno il significato diquelle parole perchè la nostra intelligenza è limitata. Eccoperchè non dovremmo mai ignorare gli insegnamenti deiVeda.

naißa tarke∫a matir åpaneyåKa†ha Upanißad (2.2)

'Naciketa! Non è appropriato usare il ragionamento perdistruggere la sapienza che hai ricevuto riguardo la VeritàAssoluta.’

nåhaµ manye su-vedeti no na vedeti veda ca(Kena Upanißad 2.2)

'Non penso di aver veramente compreso il brahman.'

Questi mantra Vedici danno chiare istruzioni sul fattoche la Ωakti dell'IΩvara è inconcepibile e che và oltre il ra-gionamento mondano.

Il Mahåbhårata afferma:

purå∫aµ månavo dharma˙ sånga-vedañ cikitsitamåjñå-siddhåni catvåri na hantavyåmi hetubhi˙

'I såttvata (immacolati) Purå∫a, il dharma istruito da Ma-nu, il Sa∂-anga-veda e il Cikitså-Ωåstra sono gli ordini au-tentici del Supremo e non è appropriato tentare di confu-tarli con dei ragionamenti mondani.'

E' molto chiaro dunque che i Veda propongono l'acintya-

Jaiva-dharmaCapitolo Diciotto

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cercandolo.Coloro che agiscono per gioire del frutto delle loro atti-

vità, credono che i piaceri celesti siano la felicità ultima, mala Bhagavad-Gîtå spiega (9.20):

ksî∫e pu∫ye martya-lokaµ viΩanti

'Dopo aver esaurito il risultato del loro buon karma, gliabitanti dei grandi pianeti celesti devono tornare a nasceresui mortali pianeti terreni. In questo modo i karmi che de-siderano la gratificazione dei sensi trasmigrano costante-mente da un pianeta ad un altro.'

Secondo questo Ωloka della Gîtå, tutti realizzano il loroerrore solamente quando cadono dai pianeti celesti. Unapersona può cercare ancora il piacere dei pianeti paradisia-ci quando fallisce nei suoi tentativi di trovare piacere nellaricchezza, nei figli, nella fama e nel potere, disponibili nelmondo degli umani, tuttavia mentre cade dal mondo para-disiaco, egli assume un'attitudine rispettosa verso una feli-cità ancora più grande di quella di Svarga (il sistema plane-tario superiore). Egli diventa indifferente ai piaceri delmondo terreno, del mondo paradisiaco e persino dei piane-ti più elevati, come Brahmaloka, perchè comprende la lorotemporaneità e che quella felicità non è eterna. Per questodiventa rinunciato e inizia ad indagare sul brahma-nirvå∫a,impegnandosi intensamente a raggiungere la liberazioneimpersonale. Tuttavia, quando si rende conto che la libera-zione impersonale è priva di felicità, egli assume una posi-zione obiettiva (ta†astha) e cerca un'altra via per ottenerepriti, il piacere.

Com'è possibile sperimentare priti nella liberazione im-personale? Chi dovrebbe sperimentare questa felicità? Sesi perde la propria identità, chi sperimenterà brahman? Il

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Capitolo Diciotto Jaiva-dharma

'Yajña-valkya disse: "Maitreyî, tutti ci sono cari nel mo-mento del nostro bisogno, mentre non lo sono nel momen-to del loro."'

E' evidente da questo mantra che priti (l'amore per il Su-premo) è l'unico prayojana della jîva. Båbå, vi sono moltiesempi di tali affermazioni nei Veda, nello Ûrîmad-Bhåga-vatam e nella Taittirîya Upanißad (2.7.1):

raso vai sa˙ko hy evånyåt ka˙ prå∫yåt

yad eßa åkååa ånando na syåteßa hy evånandayåti

'Il para-brahma Paramåtmå è nettare personificato. Lajîva trova piacere nell'associarsi con quel nettareo Pa-ramåtmå; chi potrebbe continuare a vivere se Lui non fossepresente nel cuore? E' solamente il Paramåtmå che dà fe-licità alle jîve.'

La parola ånanda (felicità) è sinonimo di priti (affetto).Tutti gli esseri viventi sono in cerca di piacere e di felicità.Un mumukßu crede che la liberazione sia il piacere ultimo,perciò cerca la liberazione. I goditori dei sensi (bubhukßu)credono che l'oggetto della loro gratificazione sia il piacereultimo quindi fino alla fine essi ricercano gli oggetti dellagratificazione dei sensi. E' nella speranza di provar piacereche tutti sono spinti ad agire. Anche i bhakta si impegnanonel servizio devozionale a Ûrî Krishna. In effetti tutti cer-cano priti, e lo cercano a tal punto da sacrificare persino laloro vita. Lo scopo finale di tutti è priti e su questo nessunopuò dissentire. Tutti cercano esclusivamente il piacere, siacredenti che atei, karmi o jñånî, sia chi ha desideri che chinon ne ha. Tuttavia non si può avere priti semplicemente

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CAPITOLO DICIANNOVEPrameya: Abhideya-Tattva

Dopo aver cenato Vrajanåtha si ritirò nella sua stanza daletto e diverse e contrastanti visioni dell'acintya-bhedåbhe-da (l'inconcepibile e contemporanea uguaglianza e diffe-renza) erano sorte nel suo cuore. A volte pensava che l'a-cintya-bhedåbheda-tattva fosse solo un altro tipo di Måyåvå-da ma quando riconsiderava seriamente gli insegnamenti diBåbåjî, realizzava che negli Ωåstra non c'erano obiezioni adessa anzi, conteneva l'essenza di tutti gli Ωåstra. "ÛrîmadGaura KiΩora è la manifestazione completa di BhagavånStesso e i Suoi profondi insegnamenti non possono esseresbagliati sotto nessun aspetto." Si disse tra sè e sè. "Non la-scerò mai i piedi di loto dell'estremamente gentile e affet-tuoso Gaura KiΩora. Ma attenzione! Cosa ho raggiuntoora? Ho capito che l'acintya-bhedåbheda-tattva è la veritàultima, ma cosa ho ottenuto con questa consapevolezza?Ûrî Raghunåtha dåsa Båbåjî ha detto che priti (amore) è loscopo (sadhya) della vita di ogni jîva. Anche i karmi e i jñå-ni cercano l'amore, ma non conoscono l’amore puro(Ωuddha-priti). Ecco perchè devo raggiungere il livello del-l'amore non adulterato; la mia unica preoccupazione però ècome ottenerlo. Interrogherò Båbåjî MahåΩaya su questoe seguirò i suoi consigli." Così pensando Vrajanåtha presesonno.

Poichè la notte prima si era coricato tardi, la mattina suc-cessiva Vrajanåtha si svegliò tardi. Il sole era già sortoquando si alzò dal letto. Aveva appena finito le sue ablu-zioni mattutine quando giunse suo zio materno Vijaya

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concetto stesso della felicità del brahman è senza senso per-chè sia che ci sia piacere o no nel brahman, la teoria della li-berazione impersonale non ammette esistenza alcuna chepossa godere di quel piacere allo stato liberato. Che con-clusione si può trarre da questa dottrina? Se al momentodella liberazione io cessassi di esistere, la mia individualitàverrebbe persa insieme alla mia esistenza. Non sarei più in-teressato alle cose da cui trarre piacere o felicità; nulla puòesistere per me poichè io stesso non esisto. Qualcuno po-trebbe dire: "Io sono brahma-rüpa." Ma questa afferma-zione è falsa, perchè l'io che è brahma-rüpa è nitya (eterno).In altre parole: se uno dice di essere brahman, ciò implicala sua eternità; quindi diventano inutili sia il processo perraggiungere la perfezione (sådhana) che la perfezione stes-sa (siddhi). Perciò nel brahma-nirvå∫a non si ottiene priti.Anche se fosse perfetto, è qualcosa che non c’è, come unfiore che cresce nel cielo.

La bhakti è l'unica via tramite cui la jîva può raggiunge-re il suo fine ultimo. Lo stadio finale della bhakti è prema,ed è eterno. La pura jîva è eterna, Krishna è eterno e il pu-ro amore per Lui è anch'esso eterno. Di conseguenza si puòottenere la perfezione del vero amore solamente nell'eter-nità, quando si accetta la verità dell'acintya-bhedåbheda.Altrimenti lo scopo ultimo della jîva, l'amore per il Supre-mo, diventa non eterno ed anche l'esistenza della jîva vieneperduta. Tutti gli Ωåstra perciò accettano e confermano ladottrina dell'acintya-bhedåbheda. Tutte le altre dottrine so-no semplicemente delle speculazioni."

Vrajanåtha tornò a casa in uno stato mentale estatico eprofondamente assorto in pensieri sull'amore spirituale pu-ro.

Jaiva-dharmaCapitolo Diciotto

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sitare Ûrîdhåma Måyåpura ma che sarò di ritorno presto,così pranzerò qui."

"Zio, perchè vuoi andare a Måyåpura?" ChieseVrajanåtha. "Vijaya Kumåra in quel momento non cono-sceva la situazione di Vrajanåtha, aveva solo sentito dire cheaveva tralasciato lo studio del nyåya-Ωåstra per studiare ilVedånta-sütra, quindi non reputò opportuno condividere isuoi sentimenti devozionali e, nascondendo il vero motivo,rispose: "Devo incontrarvi qualcuno."

Vrajanåtha però sapeva che suo zio non solo era un gran-de erudito dello Ûrîmad-Bhågavatam ma anche un devotodi Ûrî Gaura, quindi intuì che doveva avere qualche motivospirituale per visitare Ûrîdhåma Måyåpura. "Zio," disse,"a Måyåpura c'è un Vaiß∫ava molto elevato di nome ÛrîlaRaghunåtha dåsa Båbåjî. Devi andare a parlargli."

Incoraggiato dalle parole di Vrajanåtha, Vijaya Kumåragli chiese: "Hai fede nei Vaiß∫ava? Ho sentito dire che haiabbandonato lo studio del nyåya-Ωåstra e che stai studiandoil Vedånta, ma ora vedo che hai anche imboccato il sentierodella bhakti, allora non ti voglio nascondere nulla. Il fatto èche Ûrî V®ndåvana dåsa Êhåkura MahåΩaya mi ha ordinatodi andare a visitare Ûrî Yoga-pî†ha a Ûrî Måyåpura, per cuiho deciso di andare a bagnarmi nelle acque di Ûrî Ganga-devî e poi di camminare lungo tutto il perimetro di Ûrî Yo-ga-pî†ha. Poi, per il piacere del mio cuore, a Ûrîvåsånganami prostrerò nella polvere dei piedi di loto dei Vaiß∫ava."

Vrajanåtha esclamò: "Zio, ti prego, portami con te, an-diamo ad avvisare la mamma e poi partiamo per Måyåpu-ra!"

Detto fatto, informarono la madre di Vrajanåtha e poipartirono per Måyåpura. Come prima cosa si bagnarononel Gange dove Vijaya Kumåra esclamò: "Ah, oggi la miavita ha colto il pieno successo. In questo gå†ha Ûrî Ûacînan-dana Gaurahari ha concesso la Sua misericordia illimitata a

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Kumåra Bha††åcårya MahåΩaya da Ûrî Modadruma.Vrajanåtha fu molto contento di vederlo dopo tanto tempo.Gli offrì i suoi da∫∂avats pra∫åma (omaggi) e lo invitò ri-spettosamente a sedere.

Vijaya Kumåra era un grande studioso e predicatore del-lo Ûrîmad-Bhågavatam; viaggiava molto per tenere confe-renze sullo Ûrîmad-Bhågavatam. Per misericordia di ÛrîNåråya∫a, aveva nel cuore una fede incrollabile per ÛrîGaurånga Mahåprabhu. Alcuni giorni prima ebbe la fortu-na di vedere Ûrî Vrindåvana dåsa Êhåkura nel villaggio diDenu∂a. Ûrî Vrindåvana dåsa Êhåkura gli disse di visitarel'incredibile Yoga-pî†ha a Ûrîdhama Måyåpura, il luogo do-ve sono avvenuti gli eterni acintya-lîlå di Ûrî ÛacînandanaGaura Hari e lo aveva altresì informato che presto la mag-gior parte dei luoghi in cui si erano manifestati i passatem-pi di Ûrîman Mahåprabhu sarebbero scomparsi per riappa-rire solo dopo quattrocento anni. Egli lo informò che i luo-ghi nei quali si erano svolti i passatempi di Ûrî Gaura in es-senza non erano differenti da Ûrî V®ndåvana, il luogo dei lîlådi Krishna e solamente coloro che potevano percepire la na-tura trascendentale di Ûrî Måyåpura avrebbero potuto ve-dere veramente Ûrî V®ndåvana. Sentendo le parole diV®ndåvana dåsa Êhåkura, l'incarnazione di Ûrî Vyåsadeva,in Vijaya Kumåra crebbe il desiderio di avere il darΩana diÛrîdhåma Måyåpura e decise di recarvisi dopo aver fatto vi-sita a sua sorella e a suo nipote a Bilva-pußkari∫î.

Oggigiorno i villaggi di Bilva-pußkari∫î e di Brahma-pußkari∫î sono distanti l'uno dall'altro ma in quei giorni era-no molto vicini e il confine di Bilva-pußkari∫î si trovava adun miglio da Ûrîdhåma Måyåpura Yoga-pî†ha. Il vecchiovillaggio di Bilva-pußkari∫î ora è abbandonato ed è cono-sciuto con i nomi di To†å o di Tåra∫våsa.

Dopo che zio e nipote si furono scambiati parole gentili,Vijaya Kumåra disse: "Dì alla nonna che sto andando a vi-

Jaiva-dharmaCapitolo Diciannove

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piedi di loto del suo adorabile maestro spirituale, Ûrî Ra-ghunåtha dåsa Båbåjî Mahåråja. L'anziano Båbåjî lo sol-levò e lo abbracciò chiedendogli: "Båbå! Cosa ti ha con-dotto qui oggi? E chi è questo rispettabile mahåjana che tiaccompagna?"

Vrajanåtha gli raccontò umilmente tutto e i Vaiß∫ava lifecero accomodare con il massimo rispetto. Allora VijayaKumåra, con un sentimento di sottomissione, chiese a Ûrî-mad Raghunåtha dåsa Båbåjî Mahåråja: "Prabhu, comepossono, le jîve, raggiungere lo scopo ultimo (prayojana)?Ti prego, sii misericordioso e spiegaci come ottenere quelprayojana."

Båbåjî rispose: "Voi siete Ωuddha-bhakta, e ogni cosa èalla vostra portata. Ma voi avete chiesto con umiltà e io vidirò quel poco che so. La k®ß∫a-bhakti libera da ogni trac-cia di jñåna e di karma, è il prayojana, lo scopo ultimo di tut-te le jîve ed anche il mezzo per raggiungerlo. Nella fase dipratica spirituale (sådhana-avasthå) essa prende il nome disådhana-bhakti mentre, nello stadio liberato (siddha-ava-sthå), si chiama servizio devozionale compiuto con prema-bhakti (puro amore)."

Vijaya chiese: "Quali sono le caratteristiche intrinseche(svarüpa-lakßa∫a) della bhakti?"

Båbåjî rispose: "Su ordine di Ûrîman Mahåprabhu, nelÛrî Bhakti-rasåm®ta-sindhu (1.1.11) Ûrî Rüpa Gosvåmî hadescritto le caratteristiche intrinseche della bhakti così:

anyåbhilåßita-Ωünyaµ jñåna-karmådy-anåv®tamånukülyena k®ß∫ånu-Ωîlanaµ bhaktir uttamå

'L'uttamå bhakti, il puro servizio devozionale, consistenell'esercitare con cura attività volte esclusivamente a darpiacere a Ûrî Krishna; in altri termini è l'ininterrotto servizioa Ûrî Krishna compiuto con corpo, mente e parole ed espri-

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Jåhnavî-devî compiendovi i Suoi passatempi per ventiquat-tro ore consecutive. Oggi, bagnandomi in queste sacre ac-que, sento paramånanda (la felicità suprema)!" Ascoltan-do queste parole di Vijaya Kumåra piene di un sentimentomolto ispirante Vrajanåtha, con il cuore sciolto, disse: "Zio,oggi anch'io mi sento benedetto dalla tua misericordia."

Dopo il Ganga snåna visitarono il luogo di nascita diMahåprabhu e la casa di Jagannåtha MiΩra dove, per mise-ricordia di Ûrî Dhama, si immersero totalmente in un senti-mento di profondo amore spirituale e bagnarono di lacrimei loro corpi. Vijaya Kumåra disse: "Se uno nasce nella ter-ra di Gaura e non visita questo Mahå Yoga-pî†ha, spreca lapropria vita. Guarda! Questo luogo sacro appare agli oc-chi materiali come un semplice pezzo di terra coperto da ca-panne di paglia ma, per misericordia di Gaurånga, noi nevediamo l'opulenza e la bellezza! Guarda come sono alti esplendidi questi palazzi fatti di pietre preziose! Come sonoinvitanti questi meravigliosi giardini! Quanto attraenti que-sti luoghi di adorazione! Osserva, Ûrî Gaurånga e Viß∫u-priyå sono qui in piedi nella loro casa. Che forme incante-voli! Che forme meravigliose!"

Dopo queste parole, entrambi persero coscienza e cad-dero a terra. Dopo un po' si ripresero, con l'aiuto di qualchealtro devoto, e si diressero a Ûrîvåsångana. Con le lacrimeagli occhi e rotolandosi per terra essi esclamarono: "AhÛrîvåsa! Ah Advaita! Ah Nityånanda! Ah Gadådhara-Gaurånga! Concedeteci la Vosta misericordia! Liberatecidal falso orgoglio e concedeteci il rifugio dei Vostri piedi diloto!"

Tutti i Vaiß∫ava furono molto felici nel vedere il manife-starsi di queste emozioni nei due bråhma∫a. Tutti incomin-ciarono a danzare e a cantare a voce alta: "Måyåpura Can-dra ki jaya! Ajita Gaurånga ki jaya! Ûrî Nityånanda Prabhuki jaya!" Vrajanåtha offrì immediatamente il suo corpo ai

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volontà, ne risulta solamente dell'arida speculazione e del-la rinuncia e la vera natura della bhakti non si manifesteràtuttavia, quando la svarüpa-Ωakti (la potenza spirituale) diKrishna si attiva all'interno del corpo, della mente e delleparole della jîva, la natura della pura bhakti apparirà im-mediatamente. Lo scopo ultimo di tutte le attività spiritua-li è Ûrî Krishna ed è questo il motivo per cui le vere attivitàdevozionali sono solo quelle favorevoli a Ûrî Krishna. L'im-pegno messo per la realizzazione del brahman e del Pa-ramåtmå non sono pura bhakti ma aspetti di conoscenzaspeculativa (jñåna) e di attività interessate (karma). Ci so-no due tipi di impegno: favorevole e sfavorevole. Sola-mente le attività favorevoli vanno considerate servizio de-vozionale.

Il termine ånukülyena indica la tendenza ad essere favo-revolmente predisposti verso Krishna. Nel corso delle pra-tiche devozionali (sådhana-kåla) questa tendenza ha anco-ra qualche connessione con il mondo materiale ma nellostadio liberato (siddha-kåla) è completamente pura e libe-ra da ogni connessione con il mondo materiale. Le caratte-ristiche della bhakti sono le stesse in entrambi gli stadi. Inconclusione sono le caratteristiche intrinseche (svarüpa-lakßa∫a) della bhakti gli impegni atti a coltivare la coscien-za di Krishna compiuti con un sentimento a Lui favorevole.

Parlando delle caratteristiche intrinseche (svarüpa-lakßa∫a) della bhakti, è anche necessario descriverne le ca-ratteristiche esteriori (ta†astha-lakßa∫a). Ûrîla Rüpa Go-svåmî ha spiegato che vi sono due ta†astha-lakßa∫a: la pri-ma è di non avere altri desideri, la seconda di essere liberidalle coperture di jñåna e karma o attività del genere. Qual-siasi ambizione che non sia quella di desiderare il progressonella bhakti è contraria alla bhakti e si colloca nella catego-ria degli altri desideri. Jñåna, karma, yoga e rinuncia sonoantagonisti alla bhakti se sono forti abbastanza da coprire il

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mendo vari sentimenti spirituali (bhåva). Non è coperto dajñåna (la conoscenza del nirviΩeßa-brahma finalizzata alla li-berazione impersonale), da karma (la ricerca dei frutti del-le proprie azioni), dallo yoga o dalle ascesi, ed è completa-mente esente da qualsivoglia desiderio che non sia finaliz-zato a dar piacere a Ûrî Krishna.'

Questo sütra descrive in maniera esemplare sia le svarü-pa-lakßa∫a (caratteristiche intrinseche) che le ta†astha-lakßa∫a (caratteristiche esteriori) della bhakti. Il termineuttamå-bhakti si riferisce al servizio devozionale puro. Ilservizio devozionale mischiato con le attività interessate(karma-miΩra-bhakti) ed il servizio devozionale mischiatocon la conoscenza speculativa (jñåna-miΩra-bhakti) non so-no servizio devozionale puro. Lo scopo del servizio devo-zionale mischiato con le attività tese a coglierne i frutti (kar-ma-miΩra-bhakti) è la gratificazione dei sensi e lo scopo delservizio devozionale misto alla conoscenza speculativa (jñå-na-miΩra-bhakti) è la liberazione. Solamente il servizio de-vozionale esente da ogni traccia di desiderio di ottenere ilfrutto delle proprie azioni o la liberazione è l'uttamå-bhak-ti (il servizio devozionale puro).

Il frutto della bhakti è prema. Le caratteristiche intrin-seche (svarüpa-lakßa∫a) della bhakti sono le attività favo-revoli a Krishna (k®ß∫ånuΩîlanam) compiute con corpo,mente e parole, e una tendenza amorosa della mente (prîti-maya-månasa). Questi sforzi (ce߆å) e questi sentimenti spi-rituali (bhåva) sono sia favorevoli (ånukülya) che costanti.Per misericordia di Krishna e dei Suoi bhakta, una specialefunzione dell'energia interna di Bhagavån si manifesta sul-la forza spirituale propria della jîva e allora nasce la veraforma (svarüpa) della bhakti.

Allo stato attuale il corpo, la mente e le parole della jîvasono afflitti dalla materia. Quando la jîva li dirige con la sua

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ignorare la propria identità spirituale. All'inizio, quando laΩuddha-bhakti scende nel cuore, la jîva comprende conmolta chiarezza di essere una servitrice di Krishna e l'igno-ranza scompare. Ciò significa che Bhakti-devî, la bhaktipersonificata, diffonde il suo splendore e scaccia dal cuorel'oscurità di påpa, di påpa-bîja e di avidyå. Dopo l'auspi-cioso arrivo della bhakti, ogni angoscia svanise. Ecco per-chè la bhakti è kleΩa-ghnî."

Vijaya allora chiese: "Perchè la bhakti è Ωubha da (por-tatrice di ogni fortuna)?"

Båbåjî rispose: "In questo mondo tutti gli affetti, le qua-lità e gli svariati tipi di piacere sono auspicabili (Ωubha). Ilcuore della persona che ha manifestato la bhakti si abbelli-sce di quattro qualità: umiltà, compassione, libertà dall'or-goglio e attitudine a onorare gli altri.

Per questa ragione tutti provano affetto per una tale per-sona. Nei Ωuddha-bhakta si esprimono tutti i tipi di sad-gu∫a (qualità eccelse). La bhakti è in grado di procurareogni piacere e se uno lo desidera può dargli anche il godi-mento materiale, la felicità che deriva dal fondersi nel brah-man impersonale (nirviΩeßa-brahma sukha), tutti i poterimistici (siddhi), la gratificazione dei sensi e la liberazione."

Vijaya chiese: "Come può la bhakti rendere insignifi-cante persino il piacere della liberazione impersonale(mokßa-laghutå-k®t)?"

Båbåjî rispose: "Se si manifesta nel cuore anche un pic-colo amore per il Supremo (bhagavad-rati), la religione(dharma), lo sviluppo economico (artha), la gratificazionedei sensi (kåma) e la liberazione (mokßa) naturalmente ap-pariranno insignificanti.

Vijaya chiese: "Perchè viene detto che la bhakti si ottie-ne raramente (sudurlabhå)?"

Båbåjî rispose: "Questo punto và compreso con atten-zione. La bhakti sfuggirà per molto tempo se si compie il

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cuore. Perciò la pura bhakti può essere definita come il col-tivare attività favorevoli a Ûrî Krishna libere dalle caratte-ristiche antagoniste appena citate."

Vijaya chiese: "Quali sono le varie caratteristiche dellabhakti?"

Båbåjî rispose: "Nel Bhakti-rasåm®ta-sindhu (1.1.17),Ûrîla Rüpa Gosvåmî ha descritto queste sei caratteristichedella bhakti:

kleΩa-ghnî Ωubhadå mokßa-laghutå-k®t sudurlabhåsåndrånanda-viΩeßåtmå Ωrî k®ß∫åkarßi∫î ca så

1) kleΩa-ghnî: distrugge ogni tipo di angoscia.2) Ωubha då: concede ogni fortuna.3) mokßa-laghutå-k®t: rende il piacere della liberazione

impersonale (k®t) insignificante (laghutå).4) sudurlabhå: è raro ottenerla.5) såndrånanda-viΩeßåtmå: la sua natura è intrisa del più

intenso e supremo piacere.6) Ωrî-k®ß∫a-åkarßi∫î: è l'unico mezzo per attrarre Ûrî

Krishna.

Vijaya chiese: "In che modo la bhakti può distruggerel'angoscia?"

Båbåjî rispose: "Vi sono tre tipi di kleΩa (angoscia): ilpeccato in sè (påpa), il seme del peccato (påpa-bîja) e l'i-gnoranza (avidyå). Le attività peccaminose sono classifica-te come påtaka (peccaminose), mahå-påtaka (molto pecca-minose) e atipåtaka (estremamente peccaminose). Tuttesono påpa (peccati). Le persone che hanno sviluppato nelloro cuore la Ωuddha-bhakti per natura non sono inclini adimpegnarsi in attività peccaminose. Il desiderio di com-mettere peccato, il påpa-bîja o seme del peccato, non puòrestare in un cuore traboccante di bhakti. Avidyå significa

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starvisi nè parlarne."Vijaya chiese: "Come può la bhakti attrarre l'infinita-

mente affascinante Ûrî Krishna (Ωrî-k®ß∫a-åkarßi∫î)?"Båbåjî rispose: "Ûrî Krishna e la Sua amata si sentono at-

tratti e controllati dalla persona nel cui cuore si è manife-stata Bhakti-devî. Krishna non può essere controllato o at-tratto con nessun altro mezzo."

"Se la bhakti è tanto potente," chiese Vrajanåtha. "Per-chè coloro che studiano gli Ωåstra non provano ad ottener-la?"

Båbåjî rispose: "La bhakti e Ûrî Krishna sono oltre i con-fini della materialità, quindi l'intelligenza umana, grossola-na e limitata, non può raggiungerLi; tuttavia chi ha svilup-pato un piccolo ruci (gusto), per l'influenza di azioni piecompiute nel passato, può comprendere con facilità l'es-senza del servizio devozionale (bhakti-tattva). Nessuno, senon una jîva molto fortunata, può comprendere la bhakti-tattva."

Vijaya chiese: "Perchè la logica materiale non ci è di aiu-to?"

Båbåjî rispose: "La logica non possiede ciò che è neces-sario per comprendere il piacere spirituale. Sta scritto:

naiΩå tarke∫a matir åpaneyåproktånyenaiva su-jñånåya pre߆ha

Ka†ha Upanißad (1.2.9)

'Mio caro Naciketå, non è appropriato usare l'argomen-tare per distruggere la sapienza della Verità Assoluta chehai ricevuto.'

Si dice anche: tarkåprati߆hånåt (Vedånta-sütra 2.1.11),'La logica non è di nessuna utilità per determinare cos'è va-stu (la sostanza reale) perchè ciò che una persona stabilisce

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servizio devozionale in maniera impropria, anche se ci si im-pegnasse in milioni di pratiche spirituali (sådhana). InoltreBhakti-devî soddisfa la maggior parte delle persone con laliberazione impersonale; lei non concede la vera bhakti fin-chè non vede che il praticante è abbastanza qualificato. E'per queste due ragioni che la bhakti si ottiene raramente. Ilprocesso del coltivare jñåna alla fine conduce alla libera-zione, con la fusione nel brahman non duale che è la formastessa della conoscenza. Compiendo attività pie come yajña(sacrifici) e altre attività del genere è facile ottenere anchela gratificazione dei sensi tuttavia, se non si pratica il bhak-ti-yoga, non si può ottenere bhakti per Ûrî Hari, anche conmilioni di pratiche spirituali."

Vijaya chiese: "Perchè si dice che la bhakti è la supremaforma di felicità (såndrånanda-viΩeßåtmå)?"

Båbåjî rispose: "La bhakti è la felicità spirituale eterna,questo è il motivo per cui chi la compie è posto in un ocea-no di felicità. Se sommiamo tutti i piaceri materiali, ag-giungiamo il piacere di fondersi nel brahman (che provienedalla negazione di questo mondo materiale) e moltiplichia-mo tutto per dieci milioni di volte, il risultato sarà sempreun piacere neppure paragonabile ad una sola goccia dell'o-ceano di felicità che procura il servizio devozionale.

I piaceri materiali sono del tutto insignificanti, così comeè molto arido il piacere tratto dalla negazione del piaceremateriale (mukti). Entrambi questi piaceri si rivelano di di-versa natura se confrontati alla felicità del mondo spiritua-le. Non si possono paragonare due realtà intrinsecamentecosì diverse. Coloro che hanno sviluppato del ruci (gusto)per la felicità che scaturisce dal compiere la bhakti, consi-derano il piacere del fondersi nel nirviΩeßa-brahma insigni-ficante come l'acqua contenura nell'impronta di uno zoc-colo della mucca. Solamente chi ha sperimentato questopiacere può comprenderlo; gli altri non possono nè acco-

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siddha (eternamente perfetta) in quanto manifestazionedella potenza interna di Bhagavån ma non si evidenzia nelcuore della jîva condizionata. La pratica spirituale (sådha-na) consiste nell’impegnare corpo, mente e parole affinchèessa si manifesti nel cuore. Finchè bhåva non si è veramen-te manifestata nel corso del sådhana, alcuni suoi sintomi so-no da considerarsi ottenuti con la pratica, ma la sua perfe-zione eterna diventa evidente non appena sorge nel cuore."

Vrajanåtha chiese: "Quali sono le caratteristiche delsådhana (pratiche spirituali)?"

Båbåjî rispose: "Sådhana-bhakti è qualsiasi metodo ad-destri la mente a diventare cosciente di Krishna."

Vrajanåtha chiese: "Quanti tipi di sådhana-bhakti ci so-no?"

Båbåjî rispose: "Due: vaidhî e rågånugå."Vrajanåtha chiese: "Cos'è la vaidhî-bhakti?"Båbåjî rispose: "La predisposizione della jîva alla spiri-

tualità si manifesta in due modi. Le regole riscontrate neicodici degli Ωåstra sono definite vidhî e l'inclinazione che haorigine da questa vidhî viene definita vaidhi-prav®tti (ten-denza a seguire gli Ωåstra). La bhakti che segue la disciplinadegli Ωåstra è chiamata vaidhî-bhakti perchè trova originenella vaidhi-prav®tti."

Vrajanåtha disse: "Ti chiederò più tardi quali sono le ca-ratteristiche dell'attrazione spontanea (råga), ora, ti prego,parlami delle caratteristiche della vidhî."

Båbåjî rispose: "Gli Ωåstra hanno prescritto delle attivitàchiamate vidhî (doveri) e altre chiamate nißedha (proibi-zioni). E' dovere della jîva (vaidha-dharma) seguire tuttele regole prescritte ed evitare le attività proibite."

Vrajanåtha chiese: "Dalla tua spiegazione sembra che ilvaidha-dharma consiste nelle regole e nei precetti contenu-ti in tutti gli Ωåstra; ma le jîve di Kali-yuga hanno vita brevee sono deboli, come possono studiare tutte le prescrizioni e

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oggi con la logica e l'argomentazione, domani verrà confu-tato da un logico più capace." Ecco perchè si dice che la lo-gica non rispetta nessuno. Tutte queste affermazioni delVedånta ci chiariscono come la logica non può spiegare lequestioni spirituali."

Vrajanåtha si inserì nella discussione chiedendo: "Vi so-no degli stadi intermedi tra la sådhana-bhakti e la prema-bhakti?"

Båbåjî subito rispose: "Sì certamente. Gli stadi di svi-luppo della bhakti sono tre: sådhana-bhakti, bhåva-bhakti eprema bhakti."

Vrajanåtha chiese ancora: "Quali sono le caratteristichedella sådhana-bhakti?"

Båbåjî rispose: "La bhakti in realtà è solo una; le diffe-renze sono nei diversi stadi di sviluppo. Finchè la bhakti èpraticata dalla jîva condizionata tramite i propri sensi, vie-ne definita sådhana-bhakti."

Vrajanåtha chiese: "Tu hai spiegato che la prema-bhak-ti è un sentimento eternamente perfetto (nitya-siddha-bhå-va), allora perchè necessita della pratica per diventare ta-le?"

Båbåjî rispose: "In realtà il nitya-siddha-bhåva, che è ilsadhya o fine ultimo, non è un sentimento che si può trarredall'esterno, ovvero non può essere un prodotto del sådha-na. Sådhana (pratica devozionale regolata) è il termine at-tribuito alla pratica che porta a risvegliare bhåva (serviziod'amore trascendentale per Krsna) nel proprio cuore. Fin-chè esso non si manifesta nel cuore (perchè è stato coper-to), si dovrà praticare il sådhana ma costitutivamente que-sto bhåva è nitya-siddha, eternamente presente nel cuore diogni jîva."

Vrajanåtha disse: "Ti prego, spiegami questo concetto inmodo più dettagliato."

Båbåjî rispose: "Certamente prema-bhakti è nitya-

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Ωrî camasa uvåcamukha-båhüru-pådebhya˙ purußasyåΩramai˙ saha

catvåro jajñire var∫å gu∫air viprådaya˙ p®thakya eßåm purußaµ såkßåd åtma-prabhavam îΩvaram

na bhajanty avajånanti sthånåd bhra߆å˙ patanty adha˙Ûrîmad-Bhågavatam (11.5.2-3)

'Ûrî Camasa disse: "I bråhma∫a (sacerdoti) sono natidalla bocca del primordiale Ûrî Viß∫u, gli kßatriya (ammini-stratori e soldati) dalle Sue braccia, i vaiΩya (commerciantie contadini) dalle Sue cosce e i Ωüdra (artigiani) dai Suoi pie-di. Questi quattro var∫a (divisioni sociali) nacquero con leloro caratteristiche peculiari, così come i quattro åΩrama(stadi della vita spirituale). Una persona che vive all'inter-no di questi var∫a e åΩrama si assuefà alla sua elevata posi-zione sociale (var∫a) nonchè alla posizione spirituale (åΩra-ma) e smette di adorare l'i߆adeva Bhagavån Ûrî Viß∫u o ad-dirittura Gli manca di rispetto. Questa persona allora cadedalla sua posizione nel sistema dei var∫a e degli åΩrama,perde il suo prestigio e rinasce in specie di vita di ordine in-feriore."'

Vrajanåtha chiese: "Perchè chi segue le regole delvarnåΩrama non pratica la k®ß∫a-bhakti?"

Båbåjî rispose: "Ûrîla Rüpa Gosvåmî spiega che tra tut-ti coloro che seguono le regole degli Ωåstra solamente chisviluppa fede nella bhakti si qualifica per impegnarsi in es-sa. Costoro non sono attratti dagli stili di vita materiale eneppure rinunciano alla vita materiale anzi, seguono la vitacivile comune per mantenere il loro stile di vita e nello stes-so tempo praticano con fede il sådhana della Ωuddha-bhak-ti. Una jîva civilizzata si qualifica per impegnarsi nellabhakti per via delle suk®ti accumulate nel corso di molte vi-te. Ci sono tre tipi di devoti: i kani߆ha (neofiti), i madhya-

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le proibizioni contenute negli Ωåstra e poi accertare ilvaidha-dharma? Gli Ωåstra indicano come determinare ilvidhi-nißedha (doveri e proibizioni) in breve e praticamen-te?"

Båbåjî rispose: "Nel Padma Purå∫a (42.103) e nel Nå-rada-pañcaratra (4.2.23) sta scritto:

smarttavya˙ satataµ viß∫ur vismarttavyo na jåtucitsarve vidhi-nißedhå˙ syur etayor eva kinkarå˙

'Ricordati sempre di Viß∫u; non dimenticarLo mai. Tut-te le altre proibizioni e raccomandazioni conseguono a que-ste due istruzioni.'

La spiegazione è che tutti i tipi di vidhî (doveri) e dinißedha (proibizioni) contenuti negli Ωåstra si fondano suqueste due prescrizioni. Il dovere (vidhî) è ciò che fa co-stantemente ricordare Bhagavån e le attività proibite(nißedha) sono quelle che Lo fanno dimenticare. "Ricor-darsi costantemente di Bhagavån Ûrî Viß∫u per tutta la vi-ta" è il dovere basilare (vidhî); il varnåΩrama e tutto l'agiredella jîva per il suo mantenimento sono soggetti a questo."Non dimenticare mai Krishna"; questo nißedha è la proi-bizione di base. Tutto il resto, come ad esempio lasciare leattività peccaminose, non deviare la propria attenzione daKrishna (k®ß∫a-bahirmukhatå) e l'espiazione dei peccati,sono subordinati a questi vidhi-nißedha (doveri e proibizio-ni) di base. Perciò tutte le regole e le proibizioni descrittenegli Ωåstra sono eterni servitori della regola di ricordareKrishna costantemente e della proibizione di non dimenti-carLo mai. Ne consegue che la regola di ricordare Krishnaè il principio fondamentale di tutte le regole contenute nelvarnåΩrama (sistema sociale vedico) e in altre istituzioni delgenere.

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gettarle. Che dire della liberazione? Neppure il praΩada diNåråya∫a è allettante per i bhakta incondizionati di ÛrîKrishna. Dal punto di vista del siddhånta (verità filosoficheconclusive), Ûrî Nåråya∫a e Ûrî Krishna fondamentalmentepossiedono forma e natura (svarüpa) identiche ma, dal pun-to di vista del råsa (relazione), la suprema gloria di ÛrîKrishna è un fatto eterno."

Vrajanåtha chiese: "Solamente chi nasce in famiglie diAryani e segue le regole del varnåΩrama (sistema sociale ve-dico) è qualificato ad impegnarsi nella bhakti?"

Båbåjî rispose: "L'intera razza umana è qualificata a rag-giungere la piattaforma della bhakti."

Vrajanåtha chiese: "In questo caso sembra che chi stanel varnåΩrama abbia due tipi di doveri: quelli del varnåΩra-ma e quelli della Ωuddha-bhakti; mentre chi si trova fuori delvarnåΩrama ha un solo dovere, quello di seguire i vari aspet-ti (anga) della bhakti. Ciò significa che chi sta nel varnåΩra-ma deve impegnarsi di più perchè deve seguire sia le rego-le sociali che quelle spirituali. Perchè?"

Båbåjî rispose: "Un bhakta qualificato a compiere laΩuddha-bhakti può stare nel varnåΩrama ma il suo unico do-vere è quello di seguire i vari aspetti della bhakti, in questomodo i suoi doveri saranno tutti automaticamente assolti.Non c'è errore nel tralasciare i doveri materiali quando nonsono connessi alla bhakti o le sono contrari. Un bhakta qua-lificato non è propenso, per sua natura, a trascurare i dove-ri o a fare ciò che è proibito. Premesso ciò se accidental-mente commette un qualche peccato, non deve fare le pe-nitenze prescritte nel regolamento che governa il karma.Quando la bhakti si stabilisce nel cuore, i peccati che ilbhakta commette accidentalmente non lasciano un'impres-sione duratura e subito e molto facilmente vengono cancel-lati. E' per questo motivo che i bhakta non hanno bisognodi fare nessuna penitenza particolare."

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ma (bhakta intermedi) e gli uttama (i bhakta più elevati)."Vrajanåtha chiese: "La Bhagavad-Gîtå afferma che sono

quattro le categorie di persone che praticano la bhakti: co-loro che soffrono (årtta), i curiosi (jijñåsu), coloro che desi-derano la ricchezza (arthårthî) e coloro che ricercano la co-noscenza dell'Assoluto (jñånî). Quale tipo di bhakti sonoqualificati a praticare?"

Båbåjî rispose: "Quando si associano con santi sådhu, laloro sofferenza, la loro curiosità, il loro desiderio di ric-chezza e il loro desiderio di conoscenza vengono rimossi esviluppano fede nel servizio devozionale incondizionato.Allora si qualificano immediatamente per impegnarsi nellabhakti. Esempi lampanti di questo sono rispettivamente:Gajendra, Ûaunaka e gli altri rishi di Naimißåra∫ya, Dhruvae i quattro Kumåra."

Vrajanåtha chiese: "Allora i devoti ottengono la libera-zione?"

Båbåjî rispose: "Ci sono cinque tipi di liberazione: så-lokya (vivere sullo stesso pianeta di Bhagavån), sår߆i (pos-sedere le stesse opulenze di Bhagavån), såmîpya (essere incompagnia costante di Bhagavån), sårüpya (acquisire lostesso aspetto fisico di Bhagavån) e såyujya (diventare unocon Bhagavån). I bhakta di Ûrî Krishna non accettano lasåyujya-mukti per nessun motivo perchè si oppone vistosa-mente ai principi della bhakti. Sålokya, sår߆i, såmîpya esårüpya non sono completamente contrarie alla bhakti macontengono comunque degli elementi contrari. I bhakta diKrishna comunque rigettano completamente anche questiquattro tipi di liberazione che trovano espressione nella di-mora di Ûrî Nåråya∫a.

In alcune circostanze queste forme di liberazione procu-rano agi e opulenze mentre nel loro stadio maturo condu-cono alla prema-bhakti. Se il loro scopo finale è quello diottenere agi e opulenze, i bhakta devono semplicemente ri-

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misericordioso e rendi le nostre vite piene di successo par-landoci degli anga della bhakti."

Båbåjî rispose: "Vrajanåtha, tu hai ascoltato i DaΩa-mü-la fino all'ottavo Ωloka. Puoi parlarne a tuo zio più tardi.Sono molto soddisfatto che sia venuto qui. Ora ascolta ilnono Ωloka:

Ωruti˙ k®ß∫åkhyånaµ smara∫a-nati-püja-vidhi-ga∫å˙tathå dåsyaµ sadhyaµ paricara∫am apy åtmå-dadanam

navångåny etånîha vidhi-gata-bhakter anudinaµbhajan Ωraddhå-yukta˙ suvimala-ratiµ vai sa labhate

'Si deve praticare il bhajana seguendo i nove aspetti del-la vaidhî-bhakti, ovvero: ascoltare, cantare, ricordare, offri-re preghiere, adorare, servire i piedi di loto di Krishna, agi-re come Suo servitore, diventarne amico e arrendersi com-pletamente a Lui. Chi, con fede, giornalmente pratica ilbhajana in questo modo, certamente otterrà k®ß∫a-rati(amore per Krishna).'

Ûrava∫am, kîrtanam, smara∫am, vandanam, påda-seva-nam, arcanam, dåsyam, sakhyam e åtma-nivedanam: chigiornalmente pratica questi nove aspetti della vaidhî-bhak-ti con fede ottiene il puro amore per Ûrî Krishna. L'ascolto(Ωrava∫a) avviene quando le descrizioni del nome, forma,qualità e passatempi trascendentali di Krishna raggiungo-no le nostre orecchie. Vi sono due stadi di Ωrava∫a: il pri-mo, è quello che precede la fase in cui si sviluppa Ωraddhå(fede) e consiste nell'ascoltare le descrizioni delle qualità diKrishna in compagnia dei Ωuddha-bhakta. Questo tipo diascolto genera fede e fa nascere un desiderio ardente diascoltare del Ûrî-k®ß∫a-nåma e delle Sue qualità. Il secondotipo di Ωrava∫a si ha quando con grande bramosia si ascol-tano il nome e le qualità trascendentali di Krishna da Ûrî

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Vrajanåtha chiese: "Come può un bhakta qualificato ri-pagare i debiti contratti con i devata e gli altri esseri?"

Båbåjî rispose: "Nello Ûrîmad-Bhågavatam sta scrittoche coloro che si sono rifugiati in Bhagavån non hanno de-biti con nessuno.

devarßi-bhütåpta-n®∫åm pit®∫åµna kinkaro nåyam ®∫î ca råjan

sarvåtmanå ya˙ Ωara∫aµ Ωara∫yaµgato mukundaµ parih®tya karttam

Ûrîmad-Bhågavatam (11.5.41)

'Chi si è completamente abbandonato a BhagavånMukunda, affettuoso protettore delle anime arrese, non èpiù indebitato con i devata, con gli antenati, con gli altri es-seri viventi, con i parenti o con gli ospiti. Egli non è subor-dinato a nessuno e non è obbligato a servire nessuno.'

La spiegazione all'istruzione finale contenuta nella Bha-gavad-Gîtå (18.66) è che Ûrî Krishna libera da tutti i pecca-ti la persona che si rifugia in Lui e che per questo lascia tut-ti i suoi doveri. Quando una persona si qualifica per labhakti incondizionata, non è più obbligata a seguire le re-gole del jñåna-Ωåstra e del karma-Ωåstra, al contrario: essaraggiunge tutte le perfezioni semplicemente seguendo la viadella bhakti. Questa è l'essenza della Gîtå. Infatti ÛrîKrishna dichiara: 'na me bhakta˙ pra∫aΩyati' il Mio bhaktanon perirà mai. Questa promessa di Ûrî Krishna và antepo-sta a tutto."

Dopo che Vijaya Kumåra e Vrajanåtha ebbero sentitoqueste parole, dissero: "Non abbiamo più dubbi sulla bhak-ti. Abbiamo compreso che jñåna e karma sono di poco con-to e che, senza la misericordia di Bhakti-devî, non ci può es-sere auspiciosità per la jîva. Prabhu, ora ti preghiamo, sii

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si è precedentemente sentito parlare. Dhåra∫å significa fis-sare la mente su di un particolare soggetto, separandolo da-gli altri. Dhyånam significa meditare su di una forma spe-cifica. Quando dhyånam è ininterrotto come il flusso con-tinuo di un olio pregiato, si definisce dhruvånusm®ti; esamådhi è infine lo stadio in cui, dimentichi della realtàesterna, si è coscienti all'interno del cuore solo del soggettosu cui si medita.

Ûravanam, kîrtana e smaranam sono i tre aspetti princi-pali (anga) della bhakti in quanto includono tutti gli altri;tra questi tre anga il kîrtana è il migliore ed il più importan-te perchè include Ωravana e smaranam.

Lo Ûrîmad-Bhågavatam (7.5.23) dice:

Ωrava∫aµ kîrtanam viß∫o˙ smara∫aµ påda-sevanamarcanam vandanaµ dåsyaµ sakhyam åtma-nivedanam

'L'ascolto ed il canto del nome, forma, qualità trascen-dentali di Ûrî Viß∫u; ricordare e servire i Suoi piedi di loto;adorarLo con sedici diversi oggetti; offrirGli preghiere; di-ventare Suo servitore; sviluppare amicizia nei Suoi con-fronti e abbandonarsi totalmente a Lui (ovvero servirLocon il corpo, la mente e le parole), questi nove aspetti costi-tuiscono la Ωuddha-bhakti.'

Il quarto anga della bhakti consiste nel fare servizio (på-da-sevå o paricaryå). Il påda-sevå và fatto unitamente a Ωra-vanam, kîrtana e smaranam. Si deve compiere il påda-sevåcon attitudine umile, consapevoli di non essere qualificatiper quel servizio. E' anche essenziale realizzare che l'o-biettivo del servizio è sac-cit-ånanda: l'incarnazione dell'e-ternità, della conoscenza e della felicità. Påda-sevå includeguardare il viso della Divinità di Ûrî Krishna, toccarLa, gi-rarLe attorno e visitare i luoghi sacri come il tempio di Ûrî

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Guru e dai Vaiß∫ava, e dopo aver sviluppato questa fede.Ûrava∫a è uno degli aspetti della Ωuddha-bhakti e la sua per-fezione proviene dall'ascoltare dal guru e dai Vaiß∫ava nel-la fase di pratica spirituale. Ûrava∫a è il primo anga dellabhakti.

Kîrtana si ha quando Ûrî-hari-nåma e le descrizioni delleSue: forma, qualità e passatempi, vengono a contatto con lalingua. Ci sono diversi tipi di kîrtana, ad esempio: le descri-zioni dei passatempi di Ûrî Krishna, le descrizioni del Ûrî-k®ß∫a-nåma, la lettura degli Ωåstra ad altri, l'attrarre altriverso Krishna per mezzo di canti che parlano di Lui, il pro-nunciare preghiere implorando la Sua misericordia, il par-lare delle Sue glorie agli altri, il cantare bhajana per glorifi-care la Divinità, l'offrire preghiere e così via. Il kîrtana èstato definito superiore a tutti gli altri anga della bhakti eciò è particolarmente vero in Kali-yuga perchè il kîrtana, dasolo, può concedere ogni auspiciosità a tutti. Ciò è sottoli-neato in tutti gli Ωåstra:

dhyåyan k®te yajan yajñais tretåyåµ dvåpare 'rcayanyad åpnoti tad åpnoti kalau sankîrtya keΩavam

Padma Purå∫a Uttara-kha∫∂a (72.25)

'Qualsiasi cosa si ottiene in Satya-yuga con la meditazio-ne, in Tretå-yuga compiendo sacrifici ed in Dvåpara-yugaadorando i piedi di loto di Krishna, anche nell'età di Kali siottiene semplicemente cantando e glorificando Ûrî KeΩava.'

Nessun altro metodo purifica il cuore così efficacementecome l'Hari-kîrtana. Quando molti devoti fanno il kîrtanainsieme, allora prende il nome di saõkîrtana.

Ricordare il nome, la forma, le qualità e i passatempi diKrishna, viene definito smaranam, che è di cinque tipi.Smaranam è la capacità di contemplare un soggetto di cui

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dopo che un maestro spirituale autentico lo inizia a questomantra. Dopo l'iniziazione, Gurudeva educa il discepoloche vuole conoscere il procedimento dell'arcana; in breve,l'arcana-marga include: l'osservare il giorno dell'apparizio-ne di Ûrî Krishna, il digiuno nel mese di Kårttika, l'osserva-re i giorni di EkådaΩî, fare il bagno nei luoghi sacri nel me-se di Mågha e altre attività del genere. Si deve anche esse-re coscienti che, sulla via dell'arcana, assieme a Ûrî Krishnasi devono adorare i bhakta di Krishna.

Il sesto anga della vaidhî-bhakti consiste nell'offrire pre-ghiere e omaggi (vandanam). Ciò è incluso nel påda-sevå enel kîrtana ma viene comunque considerato un anga a sè. Ilnamaskara stesso (offrire omaggio) è considerato vanda-nam. L'ekånga-namaskara, offrire omaggi con le manigiunte e offrire omaggi con le otto parti del corpo che toc-cano il suolo (a߆ånga-namaskara) sono due forme diversedi namaskara. Si considera offensivo: offrire omaggi conuna sola mano che tocca il suolo; offrirli con il corpo coper-to di abiti; offrirli dietro la Divinità; offrirli con il corpo nel-la direzione frontale alla Divinità o con la parte destra delcorpo verso la Divinità e offrirli nel garbha-mandira (nellastanza delle Divinità).

Fare servizio (dåsyam) è il settimo anga della bhakti. "Iosono un servitore di Krishna" questo ego o concezione delsè è dåsyam ed il bhajana fatto con questo sentimento diservizio è quello migliore. Dåsyam include l'offrire omag-gi, il recitare preghiere, l'offrire le proprie azioni, il servizio,il mantenere una giusta condotta, il ricordare e l'obbedireagli ordini (kathå-Ωravanam).

L'ottavo anga della bhakti è servire con spirito di amici-zia (sakhyam) ed include il sentimento di parentela versoKrishna e lo sforzarsi per il Suo bene. Ci sono due tipi disakhyam: l'amicizia nella vaidhî-bhakti e l'amicizia nellarågånugå-bhakti. Lo Ωloka di Ûrî Prahlada che parla del

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Bhagavån, il Gange, Jagannåtha Purî, Dvårakå, Mathurå,Navadvîpa e così via. Ûrîla Rüpa Gosvåmî ha trattato que-sto punto con molta chiarezza quando ha descritto i sessan-taquattro anga della bhakti. Sono compresi in questo quar-to anga anche i servizi a Ûrî Tulasi e ai puri devoti (Ωuddha-bhakta).

Il quinto anga è l'adorazione (arcana). Ci sono molteconsiderazioni da fare circa le qualifiche e i metodi di ado-razione. Se ci si sente attratti alla via dell'arcana, anche do-po essersi impegnati in Ωravanam, kîrtana e smaranam, la sideve imboccare dopo aver ricevuto i dîkßå-mantra da ÛrîGurudeva."

Vrajanåtha chiese: "Che differenza c'è tra nåma e man-tra?"

Båbåjî rispose: "Il nome di Ûrî Hari è la vita e l'anima delmantra. I saggi rsi hanno aggiunto delle parole come nå-mah (omaggi) al Ûrî-hari-nåma sottolineando così il suo spe-cifico potere. Il Ûrî-hari-nåma per sua natura non ha nullaa che fare con questo mondo materiale, mentre la jîva, acausa di varie designazioni corporee tratte da måyå, è stataintrappolata da oggetti composti di materia inerte. Di con-seguenza, per distaccare la mente della jîva dagli oggetti deisensi, sulla via del servizio devozionale regolato (maryådå-marga) sono stati fissati diversi principi di arcana: è essen-ziale che le persone materialiste accettino dîkßå. Quando sicanta il K®ß∫a-mantra, non si considerano le siddha-sådhya-susiddha-ari o le quattro mancanze (il massimo sforzo peravere prema-bhakti, uno sforzo limitato, uno sforzo mini-mo e infine l'avere influssi astrali talmente negativi da im-pedire la concretizzazione dei propri sforzi). L'iniziazioneal canto del K®ß∫a-mantra è di straordinario beneficio perla jîva perchè, fra tutti i differenti mantra esistenti, il K®ß∫a-mantra è il più potente.

Un discepolo autentico riceve forza da Krishna subito

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piedi di loto di Krishna e la sua lingua nel gustare il prasådaofferto a Bhagavån.'

pådau hare˙ kßetra-padånusarpa∫eΩiro h®ßîkeΩa-padåbhivandane

kåmaµ ca dåsye na tu kåma-kåmyayåyathottama-Ωloka-janåΩrayå rati˙

'I suoi piedi erano sempre impegnati nel recarsi ai luoghisacri di Bhagavån e lui offriva sempre omaggi ai piedi di lo-to di Ûrî Krishna. Ambarîßa Mahåråja offriva ghirlande,sandalo, bhoga e altre cose per il servizio di Bhagavån sen-za nessun desiderio di godimento personale ma per riceve-re l'amore per Ûrî Krishna che è presente solo nei SuoiΩuddha-bhakta.'”

Vijaya Kumåra e Vrajanåtha, dopo aver sentito le dolcied estatiche istruzioni di Båbåjî MahåΩaya, sommersi dallagioia gli offrirono omaggi dicendo: "Prabhu, tu sei un com-pagno personale di Bhagavån. Oggi ci riteniamo benedettiper aver ricevuto le tue dolcissime istruzioni. A noi che stia-mo dilapidando il tempo nell'orgoglio di casta, nella vita difamiglia e nella buona educazione, come frutto delle suk®tiaccumulate nelle vite precedenti, è giunto il dono della tuamisericordia."

Vijaya aggiunse: "O eminente bhågavata, Ûrî V®ndåvanadåsa Êhåkura mi aveva ordinato di visitare Yoga-pî†ha a ÛrîMåyåpura. Per sua misericordia oggi ho avuto il darΩana diquel luogo sacro ed anche quello di un personale associatodi Ûrî Bhagavån. Se vorrai gentilmente accettare, verrò dinuovo domani sera."

Non appena l'anziano Båbåjî sentì il nome di Ûrî V®ndå-vana dåsa Êhåkura, immediatamente si prostrò in omaggi edisse: "Offro i miei rispettosi omaggi ancora ed ancora al-

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sakhyam si riferisce al vaidhanga-sakhyam; ad esempio ilsentimento di sakhyam nel momento in cui si serve la Divi-nità è vaidha-sakhyam.

Il nono anga è åtma-nivedanam e significa offrire sè stes-si, corpo, mente e pura åtmå a Ûrî Krishna. Le caratteristi-che di åtma-nivedanam sono: sforzarsi esclusivamente perÛrî Krishna ed evitare le azioni tese al proprio interesseegoistico. E' inoltre caratteristico di åtma-nivedanam vive-re per servire i desideri di Krishna e tenere i propri deside-ri subordinati a quelli di Krishna, come fa la mucca, che nonsi occupa del proprio mantenimento.

L'åtma-nivedanam della vaidhî-bhakti viene descritto co-sì nello Ûrîmad-Bhågavatam (9.4.18-20):

sa vai mana˙ k®ß∫a-padåravindayorvacåµsi vaiku∫†ha-gu∫ånuvar∫anekarau harer mandira-mårjanadisuΩrutim cakåråcyuta-sat-kathodaye

'Ambarîßa Mahåråja impegnò la sua mente nel servire ipiedi di loto di Ûrî Krishna, le sue parole per descrivere lequalità di Ûrî Bhagavån, le sue mani per pulire il tempio diÛrî Hari e le sue orecchie nell'ascoltare gli estatici passa-tempi dell’infallibile Acyuta.'

mukunda-lingålaya-darΩane d®Ωautad-bh®tya-gåtra-sparΩe 'nga-sangamam

ghrå∫aµ ca tat-påda-saroja-saurabheΩrîmat-tulasyåµ rasanåµ tad-arpite

'Egli impegnava i suoi occhi nel guardare la Divinità diMukunda, i vari templi e i luoghi sacri; le parti del suo cor-po per toccare il corpo dei bhakta di Krishna; le sue nariciper annusare il divino profumo dei fiori di tulasî offerti ai

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CAPITOLO VENTIPrameya: Abhidheya - Vaidhî-sådhana Bhakti

Vrajanåtha e Vijaya Kumåra furono di ritorno a casa diVrajanåtha prima di mezzogiorno. La madre di Vrajanåthali stava aspettando e con amore servì loro un ricco prasåda.Alla fine del pranzo, zio e nipote avviarono una amichevo-le conversazione e Vrajanåtha gradualmente riportò al suovenerabile zio materno tutto ciò che aveva ascoltato daBåbåjî Mahåråja.

Quando Vijaya Kumåra sentì queste nettaree istruzioni,diventò felice e disse: "Tu sei una persona fortunatissima. Ilsat-sanga si ottiene solo per grande fortuna. Tu hai godutol'associazione molto rara di un grande santo come BåbåjîMahåΩaya e lui ti ha dato delle istruzioni sostanziali sulloscopo più alto della vita (paramårtha). Chi ascolta la bhak-ti-kathå e l'hari-kathå certamente avrà buona fortuna e vitafelice, ma se si ascoltano questi argomenti da grandi perso-nalità, allora la fortuna giunge ancora più in fretta. Tu seierudito in tutti gli Ωåstra e la tua conoscenza del nyåya-Ωåstranon ha paragoni. Sei nato in una famiglia di bråhma∫a Ve-dici e non ti manca la ricchezza. Ora tutte queste tue opu-lenze appaiono come semplici ornamenti. La ragione di ciòè che ti sei rifugiato ai piedi di loto dei Vaiß∫ava e hai ac-quisito un gusto per ascoltare i passatempi di Ûrî Krishna(lîlå-kathå)."

Mentre così parlavano dello scopo supremo della vita,arrivò la madre di Vrajanåtha che disse a Vijaya Kumåra:"Fratello, è da molto che non venivi qui. Ti prego, incorag-

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l'incarnazione di Vyåsadeva, apparso durante i passatempidi Ûrî Caitanya."

Poichè era ormai tarda mattinata, Vrajanåtha e VijayaKumåra partirono per la casa di Vrajanåtha."

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da∫∂avats-pra∫åma ai piedi di Båbåjî MahåΩaya e poi si se-dettero.

Dopo qualche convenevole, Vijaya Kumåra chiese:"Prabhu, certamente noi ti stiamo importunando, e tu mi-sericordiosamente accetti per l’affetto che nutri verso ibhakta. Oggi vorremmo ascoltarti sui 64 anga della bhakti,così come sono stati descritti da Ûrî Rüpa Gosvåmî. Se ci ri-tieni qualificati ti prego di parlarcene, così da permettercidi realizzare facilmente la Ωuddha-bhakti."

Båbåjî sorridendo disse: "Innanzi tutto ascoltate con at-tenzione. Io reciterò i 64 anga della bhakti descritti da ÛrîRüpa Gosvåmî, i primi dieci, gli anga preliminari, sono ba-silari.

1) Rifugiarsi ai piedi di loto di Ûrî Guru (guru-pådåΩraya)2) Accettare l'iniziazione e le istruzioni di Ûrî Guru (gu-

ru dîkßå e Ωikßå)3) Servire Ûrî Guru con fede (viΩvåsa-pürvaka guru-sevå)4) Seguire la via tracciata dai sådhu5) Fare domande sul sad-dharma (il dovere eterno) e le

procedure del bhajana6) Rinunciare, per la soddisfazione di Krishna, a tutti i

godimenti degli oggetti dei sensi7) Risiedere nei luoghi sacri come ad esempio Dvårakå e

lungo i fiumi sacri, come il Gange e lo Yamunå8) Accettare solo il denaro e ciò che è strettamente ne-

cessario a sostenere la propria vita9) Rispettare i giorni di EkådaΩî, Janmå߆amî e altri gior-

ni che sono in relazione ad Hari10) Offrire rispetti alle piante sacre come l'aΩvatta e l'a-

malakî11) Non frequentare nessuno che sia avverso a Krishna12) Non accettare come discepoli persone non qualificate13) Rinunciare a impegni pretenziosi come ad esempio

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gia Vrajanåtha a diventare g®hastha (un uomo sposato). Dacome si comporta ho timore che possa diventare un qual-che tipo di sådhu. Ne sono arrivati molti con proposte dimatrimonio, ma lui ha fatto voto di non sposarsi. Anchemia suocera ha fatto di tutto per convincerlo, ma non c'èriuscita."

Dopo aver ascoltato le parole della sorella, VijayaKumåra disse: "Rimarrò qui per una quindicina di giorni,rifletterò con attenzione sulla questione e poi ti informeròdi ciò che avrò deciso. Ora, ti prego, torna a casa. Il giornosuccessivo, dopo aver pranzato, Vijaya Kumåra disse:"Vrajanåtha, questa sera andremo a Ûrîvåsångana e ascol-teremo da Båbåjî Mahåråja la spiegazione dei 64 anga del-la bhakti, come esposta da Ûrî Rüpa Gosvåmî. OVrajanåtha, che anch'io possa godere vita dopo vita del-l'associazione che tu hai. Båbåjî MahåΩaya ha parlato del-le due vie della sådhana-bhakti: vaidhî-marga e råga-mar-ga. Francamente parlando, noi in realtà siamo qualificatiper la vaidhî-marga; per cui dobbiamo capirla molto bene einiziarne la pratica prima di ascoltare le istruzioni riguar-danti la råga-marga. Durante l'ultima conversazione ÛrîlaBåbåjî Mahåråja ci ha istruito sui nove aspetti (navadhå)del processo della bhakti, tuttavia non ho ancora capito co-me dovrei iniziare la navadhå-bhakti. Oggi dobbiamo ca-pire questo argomento più profondamente."

Così parlando, giunse la sera. I raggi del sole lasciaronola terra giocando con i rami più alti degli alberi. VijayaKumåra e Vrajanåtha partirono e giunsero di nuovo aÛrîvåsångana. Là offrirono i loro da∫∂avats pra∫åma aiVaiß∫ava riuniti e poi entrarono nel ku†îra dell'anzianoBåbåjî.

Vedendo quanto i due bhakta fossero ansiosi di impara-re, Båbåjî se ne compiacque. Li abbracciò con grande amo-re e offrì loro un seggio. Entrambi offrirono i loro

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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32) Cantare33) Elevare il canto congregazionale dei nomi di Ûrî

Krishna, il nåma-sankîrtana34) Cantare i gåyatrî-mantra nei tre sandhyå del giorno,

dopo aver prima fatto l'åcamana (la purificazione delle mani)35) Offrire preghiere e invocazioni con sottomissione36) Recitare i bhajana o i mantra in glorificazione di Ûrî

Krishna37) Gustare il bhagavat-prasåda (il cibo offerto a

Krishna)38) Bere la Ωrî-cari∫åm®ta (il nettare che ha lavato i pie-

di di loto di Ûrî Krishna)39) Annusare la fragranza dell'incenso, delle ghirlande e

così via, che sono stati offerti a Ûrî Krishna40) Toccare la Divinità41) Guardare (darΩana) la Ωrî mürti con devozione42) Partecipare all'åratî, ai festival e così via43) Ascoltare del nome, forma, qualità e passatempi di

Ûrî Hari44) Aspettarsi sempre la misericordia di Krishna45) Contemplare (smaranam) il nome, la forma, le qua-

lità e i passatempi di Ûrî Krishna46) Meditare47) Servire48) Sentirsi amici49) Arrendersi (åtma-samarpa∫a)50) Offrire a Krishna le cose che più ci sono care51) Compiere ogni attività per dare piacere a Krishna52) Arrendersi totalmente (Ωara∫ågati) ai piedi di loto di

Ûrî Krishna53) Servire Tulasî-devî;54) Rispettare lo Ûrîmad-Bhågavatam e gli altri bhakti-

Ωåstra55) Ascoltare e cantare le glorie del dhama di Ûrî Hari e

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festival pomposi e cose del genere14) Trattenersi dal leggere e recitare molti libri e dare

un'interpretazione novellistica degli Ωåstra15) Evitare un comportamento miserevole nelle relazio-

ni pratiche16) Non essere influenzati dall'emozione come ad esem-

pio il lamentarsi17) Non mancare di rispetto nè bestemmiare i devata18) Non aggredire nessuna jîva19) Non commettere offese durante il servizio (sevå-

aparådha) e nel canto di Ûrî-hari-nåma (nåma-aparådha)20) Non tollerare bestemmie verso Bhagavån e i Suoi

bhakta

Devi capire che questi venti anga della bhakti sono l'in-gresso al tempio della bhakti; i primi tre ovvero: rifugiarsi aipiedi di loto di Ωrî-guru, accettare dîkßå e Ωikßå dal guru eservirlo con fede, sono le attività principali. Poi vengono leseguenti:

21) Adottare i simboli esterni dei Vaiß∫ava (come adesempio il tilaka)

22) Indossare sul proprio corpo le sillabe di Ûrî Hari nåma23) Accettare abiti, ghirlande e così via che siano stati of-

ferti alle Divinità24) Danzare davanti alla Divinità25) Offrire omaggi prostrati a Ûrî Guru, ai Vaiß∫ava e a

Bhagavån26) Alzarsi dal proprio seggio in segno di rispetto davanti

a Sri Hari, al Guru e ai Vaiß∫ava e accoglierli27) Seguire la processione delle Divinità28) Visitare i templi di Ûrî Bhagavån29) Camminare lungo il perimetro del tempio (parikramå)30) Adorare le Divinità (püjå e arcana)31) Servire Ûrî Krishna come un re (paricarya)

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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Andare oltre Vaiku∫tha

e in lei nasce una salda fede in Krishna. Questa fede vienedefinita Ωraddhå. Insieme a Ωraddhå appare in una certa mi-sura anche un sentimento di abbandono (Ωara∫ågati).Ûraddhå e Ωara∫ågati sono quasi la stessa tattva. Il discepo-lo si qualifica per la bhakti esclusiva (ananya) se ha questasalda fede: "La k®ß∫a-bhakti è certamente il migliore e piùelevato traguardo di questo mondo. Così voglio accettarela k®ß∫a-bhakti come un dovere e a questo fine farò qual-siasi cosa favorevole ad essa e rigetterò ogni attività sfavo-revole. Krishna è il mio unico protettore e io Lo accetto co-me esclusivo guardiano. Sono molto povero, misero e di-sgraziato, e il mio desiderio di indipendenza non è un beneper me. Seguire il desiderio di Krishna è l'unico bene perme." Quando la jîva si qualifica così, diventa ansiosa diascoltare le istruzioni sulla bhakti e accetta il rifugio ai pie-di di loto del sad-guru; vale a dire che accetta l’iniziazione ele sue istruzioni (Ωikßå) sulla bhakti.

tad-vijñanårthaå sa gurum evåbhigacchetsamit-påni˙ Ωrotriyaµ brahma-ni߆ham

Mu∫∂aka Upanißad (1.2.12)

'Per conoscere bhagavat-vastu Ûrî Bhagavån, si deve av-vicinare un sad-guru e portare la legna per il fuoco del sa-crificio (significa avere il genuino desiderio e la giusta atti-tudine uniti ad un’adeguata comprensione). La qualifica disad-guru comporta di essere esperti nei Veda, assorti nellaVerità Assoluta (brahma-jñåna) e devoti al servizio di Bha-gavån."

åcåryavån purußo veda Chåndogya Upanißad (6.14.2)

'Colui che si rifugia nel sad-guru arriva a conoscere quel

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dei luoghi della Sua apparizione, come Mathurå, e cammi-nare lungo tutti i loro perimetri

56) Servire i Vaiß∫ava57) Celebrare in compagnia dei sådhu e secondo le pro-

prie possibilità i festival che sono in relazione a Ûrî Krishna58) Osservare il voto di cåturmåsya e specialmente il

niyama-sevå nel mese di Kårttika59) Celebrare il festival per l'apparizione di Ûrî Krishna60) Servire la Divinità con fede (Ωraddhayå Ωrî-mürtir se-

vana)61) Gustare i significati dello Ûrîmad-Bhågavatam in

compagnia dei rasika Vaiß∫ava (bhagavat-Ωrava∫a)62) Associarsi con i bhakta che hanno lo stesso senti-

mento, che sono affezionati e più avanzati di noi (svajåtiya-susnigdha-sadhu-sanga)

63) Elevare ad alta voce il canto congregazionale del ÛrîHari nåma

64) Risiedere nei dhåma come Mathurå e V®ndåvana(mathurå-våsa).

Sebbene gli ultimi cinque anga risultino alla fine, in realtàsono i più importanti. Essi vengono definiti anche pañcan-ga-bhakti (i cinque aspetti della bhakti). Tutti questi angadevono essere eseguiti con il corpo, con i sensi e con tutte lefacoltà interiori (mente, cuore e anima) nell'adoranzione diÛrî Krishna."

Vijaya chiese: "Prabhu, ti prego, dacci delle istruzionidettagliate su Ωrî-guru-pådåΩraya (anga n.1)"

Båbåjî rispose : "Quando il discepolo è qualificato allak®ß∫a-bhakti esclusiva, deve rifugiarsi ai piedi di Ûrî Guru e,avvicinando un guru qualificato, imparare la k®ß∫a-tattva.La jîva si qualifica per la k®ß∫a-bhakti solo quando ha fede.Per l'influenza delle attività pie (suk®ti) svolte nelle sue vi-te precedenti, essa ascolta hari-kathå dalla bocca dei sådhu

Capitolo Venti

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Vijaya chiese: "Poichè il dîkßå-guru non và abbandona-to, come farà Gurudeva a dare Ωikßå se non è competente adare le sat-Ωikßå (istruzioni autentiche)?"

Båbåjî rispose: "Prima di accettare un guru è necessarioesaminarlo per vedere se è esperto nella tattva esposta neiVeda e se ha realizzato la para-tattva. Se lo è, allora certa-mente sarà capace di dare ogni istruzione riguardante la Ve-rità Assoluta. Normalmente il problema di lasciare il dîkßå-guru non si pone, tuttavia ci sono due circostanze nelle qua-li il dîkßå-guru và lasciato. La prima si presenta se il disce-polo ha accettato il guru senza aver verificato la sua cono-scenza della Verità Assoluta, le sue qualità Vaiß∫ava, le al-tre qualifiche e se il guru non adempie effettive funzioni do-po l'iniziazione. Molti passi degli Ωåstra evidenziano ciò:

yo vyaktir nyåya-rahitam anyåyena Ω®∫oti ya˙tåv ubhau narakaµ ghoraµ vrajata˙ kålam akßayam

Hari-bhakti-vilåsa (1.62)

'Colui che si atteggia ad åcårya ma dà false istruzioni,contrarie ai sattvata-Ωåstra, precipiterà in un inferno terribi-le per un periodo di tempo illimitato e la stessa cosa acca-drà al discepolo deviato che erroneamente avrà dato ascol-to a quel falso guru.'

guror apy avaliptasya kåryåkåryam ajånata˙utpatha-pratipannasya parityågo vidhîyate

Mahåbhårata Udyoga-parva (179.25) e Nårada-pañcaråtra(1.10.20)

'E' doveroso abbandonare un guru che non è in grado diinsegnare al suo discepolo ciò che và fatto e ciò che non sideve fare o che imbocca una via sbagliata sia a causa di cat-tive compagnie sia perchè contrasta i Vaiß∫ava.'

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Capitolo Venti

para-brahma."Le qualità di un sad-guru (guru autentico) e del sat-Ωißya

(discepolo autentico) vengono spiegate nei dettagli nel ÛrîHari-bhakti-vilåsa (1.23.64). Essenzialmente solo una per-sona dal carattere puro e con Ωraddhå si qualifica a diventa-re un discepolo Ωißya, solo colui che è carico di Ωuddha-bhakti, che conosce la bhakti-tattva e che ha un carattere im-macolato, semplice, privo di avidità, libero dalla filosofiaMåyåvåda ed esperto in tutte le attività devozionali è qua-lificato per essere un sad-guru.

Un bråhma∫a ornato di queste qualità viene onorato datutti e può essere il guru di tutte le categorie sociali (var∫a).Se non ci sono bråhma∫a, il discepolo può accettare un gu-ru di un varna superiore al suo. Se una persona nata in unodei var∫a più elevati (bråhma∫a, ksatriya e vaiΩya), rilevaqueste qualità in una persona nata in una famiglia di bråh-ma∫a e lo accetta come guru, allora potrà ricevere facilita-zioni e favori dai var∫a più elevati. A parte queste conside-razioni sul varnåΩrama, la considerazione fondamentale èche chiunque conosce la k®ß∫a-tattva può essere accettatocome guru. In effetti, solamente un bhakta degno può di-ventare guru. Le regole che stabiliscono chi sono il guru edil discepolo come anche quelle che determinano il momen-to in cui si è giunti alla qualifica, sono contenute negli Ωåstra,ed essi dicono che il guru concederà la sua misericordia aldiscepolo quando percepirà che il discepolo si è qualificato,quando cioè avrà sviluppato fede nel guru e avrà compresoche si tratta di un Ωuddha-bhakta.

Ci sono due tipi di guru: il dîkßå-guru e il Ωikßå-guru. E'necessario accettare dîkßå dal dîkßå-guru; ma si deve accet-tare anche Ωikßå (istruzioni) riguardanti l'arcana (adorazio-ne delle Divinità). Vi è un solo dîkßå-guru ma ci possonoessere molti Ωikßå-guru. Il dîkßå-guru è competente per agi-re anche come Ωikßå-guru."

Jaiva-dharma

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Vijaya chiese: "Cosa significa fare il guru-sevå con fede?(anga n. 3)"

Båbåjî rispose: "Non bisogna considerare Ûrî Gurudevacome un essere mortale o una jîva comune. Viceversa si de-ve capire che lui è il rappresentante di tutti i devata (sarva-devamaya). Non bisogna mai disobbedirgli e invece esseresempre consapevoli che egli è un’essere trascendentale(vaiku∫†ha-tattva)."

Vijaya chiese: "Cosa significa sadhu-mårgånugmanam,seguire la via tracciata dai santi? (anga n. 4)"

Båbåjî rispose: "La sådhana-bhakti può essere definitail metodo che si adotta per concentrare la propria mente suipiedi di Krishna; ma è imperativo seguire la via tracciatadalle grandi personalità del passato (mahåjana) perchè que-sta via è sempre libera dalla miseria e dal vano lavoro ed èla fonte di ogni auspiciosità.

sa m®gya˙ Ωreyasåµ hetu˙ pantha˙ santåpa-varjita˙anavåpta-Ωramaµ pürve yena santa˙ pratasthire

Skanda Purå∫a

Nessuno può definire perfettamente quale via devozio-nale và seguita, ma i precedenti mahåjana, seguendo i loropredecessori, hanno reso semplice e chiaro, passo dopo pas-so, il sentiero del bhakti-yoga. Hanno reso tutto facile ri-movendo tutti gli ostacoli, grandi e piccoli, così che si possaseguirlo senza timori. Perciò è dovere di tutti seguire sola-mente quella via. Anche se si pratica la bhakti esclusiva diÛrî Hari, se si violano le regole delle Ωruti, sm®ti, Purå∫a ePañcaråtra, quella bhakti non porterà a nulla di buono. Sideve capire che la bhakti non autorizzata sarà solamentecausa di confusione e disastri."

Ωruti-sm®ti-purå∫ådi-pañcaråtra-vidhiµ vinå

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avaiß∫avopadi߆ena mantre∫a nirayaµ vrajetpunaΩ ca vidhinå samyag gråhayed vaiß∫avåd guro˙

Hari-bhakti-vilåsa (4.144)

'Si va all'inferno accettando i mantra da un avaiß∫ava-gu-ru, cioè da una persona che frequenta donne e che è privo dik®ß∫a-bhakti. In tal caso, secondo le regole degli Ωåstra, bi-sogna ripetere l'accettazione dei mantra questa volta da unguru Vaiß∫ava.'

La seconda situazione che impone di rigettare il guru siha quando si verifica questa circostanza: il discepolo accet-ta un guru che conosce la verità e i principi spirituali ma chepoi diventa Måyåvådî o nemico dei Vaiß∫ava per influenzadi asat-sanga (compagnia di materialisti). A questo puntoè dovere del discepolo abbandonare questo guru. Mentrenon è giusto lasciare un guru di scarsa conoscenza se non èun Måyåvådî o un nemico dei Vaiß∫ava e non è attratto dal-le attività peccaminose. In questo caso và ancora rispettatocome guru e, con il suo permesso, si deve andare da un altroVaiß∫ava che ha più conoscenza, servirlo e accettare istru-zioni da lui."

Vijaya chiese: "Ti prego, parlaci di k®ß∫a-dîkßå e Ωikßå(anga n. 2)"

Båbåjî rispose: "Si devono accettare da Ûrî Gurudevaistruzioni (Ωikßå) riguardo il processo dell'arcana (adora-zione delle Divinità) e del servizio devozionale, si deve poifare il k®ß∫a-sevå (servizio a Krishna) e k®ß∫a-anuΩîlanam(soddisfare Krishna) con sentimento genuino. Prenderemoin considerazione più avanti e nei dettagli questo anga del-l'arcana. E' essenziale ricevere Ωikßå da Ûrî Gurudeva ri-guardo sambandha-jñåna (la propria relazione conKrishna), abhidheya-jñåna (il processo del servizio devo-zionale) e prayojana-jñåna (lo scopo ultimo)."

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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Båbåjî rispose: "Per godimento materiale (bhoga) s'in-tende il piacere che si trae dal mangiare, bere e così via.Quella bhoga è di solito contraria al bhajana; quindi ilbhajana diventa facile se si abbandona questo godimentocon lo scopo di praticare il k®ß∫a-bhajana. Una persona at-taccata al godimento materiale è come un alcolizzato tal-mente attaccato all'oggetto dei sensi da non poter compie-re la Ωuddha-bhakti. Perciò non dobbiamo godere del cibomateriale, al contrario, dobbiamo onorare ed offrire sola-mente bhagavat-prasåda. Dobbiamo proteggere il corpoche usiamo nel servizio ed abbandonare ogni tipo di godi-mento nei giorni di EkådaΩî, Janmå߆amî, PhålgunîPür∫imå, N®siµha CaturdaΩî e altri simili."

Vijaya chiese: "Cosa significa vivere nei dhama, come adesempio Dvårakå, e nei luoghi vicini al Gange o ad altri fiu-mi sacri? (anga n.7)"

Båbåjî rispose: "La fede e la stabilità nella bhakti (bhak-ti-ni߆ha) nasce nei luoghi benedetti dall'apparizione o daipassatempi di Bhagavån ed anche vicino a fiumi sacri comeil Gange e lo Yamunå."

Vijaya chiese: "Quindi se uno risiede a Ûrî Navadvîpa-dhama si purifica. E' il Gange che produce questo effetto oc'è qualche altra causa?"

Båbåjî esclamò: "Oh! Se si risiede a V®ndåvana o all'in-terno dei 16 krosa di Ûrî Navadvîpa ma specialmente a ÛrîMåyåpura, si riceve ogni beneficio. Ayodhyå, Mathurå,Måyå, KåΩî, Kåñcî, Avantikå e Dvårakå sono i sette luoghisanti che concedono la liberazione, ma tra essi Ûrî Måyåpu-ra è il dhama più importante. Il motivo è che Ûrîman Mahå-prabhu ha fatto in modo che la Sua eterna dimora di Ûve-tadvîpa discendesse in questo luogo. Quattro secoli dopol'apparizione di Ûrîman Mahåprabhu, Ûvetadvîpa diventeràil più importante dhama della terra. Risiedendo in questoluogo sacro ci si libera da ogni tipo di offesa e si ottiene la

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aikåntikî harer bhaktir utpåtåyaiva kalpateBrahma-yåmala e Ûrî Bhakti-rasåm®ta-sindhu

Vijaya chiese: "Ti prego, spiegami bene come l'Hari-bhakti non autorizzata può essere causa di disastri."

Båbåjî rispose: "Nella Ωuddha-bhakti la coscienza esclu-siva si raggiunge solamente dipendendo dalla via tracciatadai precedenti mahåjana. Non si può ottenere la coscienzaescusiva se si lascia la via dei precedenti mahåjana e si creaun'altra via. Di conseguenza Dattåtreya, SakyamüniBuddha e altri maestri, che non sono stati in grado di com-prendere la Ωuddha-bhakti, accettano solamente l'ombra diquesto sentimento di devozione e propagano i sentieri insi-gnificanti della måyåvåda-miΩra (bhakti mista a måyåvåda)e della nåstikatå-miΩra (bhakti mista ad ateismo). Essi de-signano questi sentieri come hari-bhakti esclusiva, ma inrealtà i sentieri che essi percorrono non sono per nulla hari-bhakti; essi danno luogo solamente ad un'immensa confu-sione e ad un disastro spirituale. Nel bhajana della devo-zione spontanea (råga-mårga) non si considerano le regoledelle Ωruti-sm®ti-purå∫a-pañcaråtra e così via. L'unicapreoccupazione dei seguaci di questa via è di seguire gli abi-tanti di Vraja, ma i sådhaka qualificati per la vidhî-mårgadevono dipendere esclusivamente dalla via della bhakti mo-strata da Dhruva, Prahlåda, Nårada, Vyåsa, Ûuka e altrimahåjana. Ecco perchè i vaidhî-bhakta non hanno nessunaalternativa se non quella di seguire la via dei sådhu."

Vijaya chiese: "Cosa significa porre domande sul sad-dharma e sulle procedure del bhajana? (anga n.5)"

Båbåjî rispose: "Sad-dharma significa 'vero dharma' o'dharma dei veri sådhu' e per comprenderlo bisogna inda-garlo con entusiasmo."

Vijaya chiese: "Cosa vuol dire abbandonare il godimen-to, per il bene di Krishna? (anga n.6)"

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no di hari-våsara digiunando anche di acqua, restare sveglitutta la notte impegnandosi incessantemente nel bhajana eil giorno dopo continuare a mantenere il celibato e rompe-re il digiuno all'ora stabilita. Questo è il modo giusto peradempiere hari-våsara. Non si può osservare il digiunonirjala (ad esempio senz'acqua) e prendere mahå-prasåda.Se non si ha la capacità o la forza di adempiere appropria-tamente hari-våsara, ad esempio per motivi di salute, c'è unsistema alternativo (a∫ukalpa): secondo le indicazioni del-l'Hari-bhakti-vilåsa, un nostro rappresentante può digiuna-re per noi.

upavåsetv aΩaktasya åhitågner athåpi våputrån vå kårayed anyån bråhma∫ån våpi kårayet

Hari-bhakti-vilåsa (12.34)

'Se un sågnika-bråhma∫a non è in grado di digiunare,può fare in modo che dei bråhma∫a o i suoi figli digiunino alposto suo.'

Il metodo del digiuno attraverso l'havißyånna viene de-scritto così:

naktaµ haisyånna-manodanam våphalaµ tilå˙ kßîram athåmbu cåjyåµ

yat pañca-gavyaµ yadi våpi våyu˙praΩastam astrottaram uttarañ ca

Våyu Purå∫a e Hari-bhakti-vilåsa (12.39)

La sera, invece di mangiare cereali, si deve prendere l'ha-vißyånna, ad esempio frutta, mostarda, latte, acqua, yogurt,ghee e aria. In questa lista ogni ingrediente è migliore diquello che lo precede.

Secondo il Mahåbhårata (Udyoga parva):

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Ωuddha-bhakti. Ûrî Prabodhånanda Sarasvatî ha accettatoquesto dhama come non differente da Ûrî V®ndåvana. In-fatti ha dimostrato che è ancora più glorioso."

Vijaya chiese: "Cosa si intende per 'adottare dei mezziappropriati per sostenere la propria vita' mentre si pratica labhakti? (anga n.8)"

Båbåjî rispose: "Nel Nåradîya Purå∫a sta scritto:

yåvatå syåt sva-nirvåha˙ svîkuryåt tåvad artha-vitådhike nyünatåyåµ ca cyavate paramårthata˙

'Una persona ricca deve accettare solo quella ricchezzache serve per seguire le regole e i rituali a sostegno dellapropria bhakti. Accettare di più o di meno di ciò che è ne-cessario è causa di caduta, persino dal livello più elevato.'

Chi è qualificato per la vaidhî-bhakti può guadagnarsi davivere con dei mezzi appropriati seguendo il varnåΩrama-dharma. E' di beneficio accettare la ricchezza secondo leproprie necessità. Accettare più del necessario farà scatu-rire attaccamento, che gradualmente distruggerà il propriobhajana. Allo stesso modo non è di beneficio accettare me-no del necessario perchè la scarsità porterebbe ad indeboli-re il proprio bhajana. Perciò, finchè non si è qualificati peril distacco totale (nirapekßa), si deve accettare la ricchezzae tutto il resto quanto basta per mantenersi e seguire laΩuddha-bhakti."

Vijaya chiese: "Come vanno osservati gli hari-våsara, igiorni che sono in relazione a Ûrî Hari? (anga n. 9)"

Båbåjî rispose: "Il termine hari-våsara si riferisce alla pu-ra EkådaΩî (Ωuddha-ekådaΩî). L'EkådaΩî mista (viddha-ekå-daΩî) và lasciata. Nei casi in cui DvådaΩî è Mahå-dvådaΩî, sideve osservare DvådaΩî invece di EkådaΩî. Si deve mante-nere il celibato il giorno precedente e poi trascorrere il gior-

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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trattenere conversazione con esse. Sanga diventa effettivaquando si sviluppa attaccamento a causa di quella vicinan-za e per le conversazioni fatte. E' molto sbagliato associar-si con persone avverse a Bhagavån. Dopo che bhåva si èmanifestata non si ha mai il desiderio di intrattenersi conquelle persone. Di conseguenza, chi ha l'adhikåra (qualifi-ca) per la vaidhî-bhakti deve sempre stare lontano da quel-la associazione altrimenti la pianticella della bhakti (bhak-ti-latå) si secca per via dell'avversione a Krishna, proprio co-me l'aria inquinata e il caldo eccessivo distruggono pianteed alberi."

Vijaya chiese: "Quali sono le persone avverse aKrishna?"

Båbåjî rispose: "Ce ne sono di quattro tipi: chi è privo dik®ß∫a-bhakti ed è attaccato alla gratificazione dei sensi(vißayî); chi è attaccato all'associazione con le donne (strî-sangî); chi ha il cuore inquinato dalla filosofia Måyåvåda edall'ateismo e chi è prigioniero del karma. Bisogna abban-donare la compagnia di queste quattro categorie di perso-ne."

Vijaya chiese: "Cosa si deve sapere sul fatto di non ac-cettare come discepoli persone non qualificate? (angan.12)"

Båbåjî rispose: "E' un grave errore accettare discepoliavendo lo scopo di arricchirsi. Per avere molti discepoli perforza di cose si accettano anche persone che non hannoΩraddhå ma è un'offesa accettare come discepoli personesenza fede. Solamente chi ha Ωraddhå è qualificato per es-sere discepolo, gli altri no."

Vijaya chiese: "Cosa significa abbandonare gli sforzipretenziosi nell'organizzare grandi festival? (anga n.13)"

Båbåjî rispose: "In breve: ci si deve impegnare nel bha-gavad-bhajana e contemporaneamente mantenersi in vita.Se ci si impegna in attività materiali ad ampio raggio si fini-

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a߆aitånya-vratåghnåni åpo mülaµ phalaµ paya˙havir bråhma∫a-kåmya ca guror vacanam außadham

'I seguenti otto ingredienti non rompono il voto (vrata):acqua, radici, frutta, latte, ghee, il desiderio di un bråhma∫a,le parole del guru, le erbe e le medicine.'”

Vijaya chiese: "Come si offrono rispetti ad alberi comel'aΩvattha e l'amalakî? (anga n.10)"

Båbåjî rispose:“aΩvattha-tulasî-dhåtri-go-bhümi-sura-vaiß∫avå˙püjitå˙ pra∫atå dhyåtå˙ kßapayanti n®nåm agham

Skanda Purå∫a

'Tutti i peccati saranno distrutti se ci si ricorda di farepüjå e offrire omaggi agli alberi amalakî e pippala, a Tulasî,alle mucche, ai bråhma∫a e ai Vaiß∫ava.'

La persona qualificata per la vaidhî-bhakti mentre vive inquesto mondo deve mantenere il suo stile di vita. Per fare que-sto deve adorare, meditare, prendersi cura e offrire omaggi aglialberi utili e che danno ombra come il pippala, gli alberi dafrutta come l'amalakî, la pianta sacra di Tulasî, alle mucche ead altri animali utili, ai bråhma∫a che proteggono la societàdando istruzioni sul dharma e ai Vaiß∫ava. I vaidhî-bhakta,svolgendo queste attività, proteggono il mondo intero."

Vijaya chiese: "Ti prego, parlaci in dettaglio dell'abbando-nare la compagnia di persone avverse a Krishna. (anga n.11)"

Båbåjî rispose: "Quando si manifesta lo stadio di bhåva(emozioni estatiche), la bhakti diventa molto profonda eforte, ma finchè bhåva non nasce è necessario abbandona-re la compagnia di persone che si oppongono alla bhakti.La parola sanga (associazione) indica attaccamento; sanganon significa solamente stare vicino ad altre persone e in-

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care in questo modo, concentrando la mente sui piedi di lo-to di Ûrî Bhagavån."

Vijaya chiese: "Hai detto che non si deve mai mancaredi rispetto ai devatå. Ciò significa che si deve compiere il lo-ro püjå? (anga n. 17)"

Båbåjî rispose: "Dobbiamo coltivare la bhakti esclusiva-mente verso Ûrî Krishna, radice di tutti i devatå. Non si de-ve adorare nessun devatå, nè pensare che siano indipenden-ti da Ûrî Krishna. Allo stesso tempo non si deve mancare dirispetto a coloro che offrono püjå ai devatå. Si devono ri-spettare i devatå pensando che sono tutti servitori di ÛrîKrishna ma si deve sempre ricordare solo Krishna. La bhak-ti genuina non nascerà nel cuore della jîva finchè non sarà li-bera dalle qualità materiali. Chi ha la coscienza coperta daigu∫a (sattva, raja˙ e tama˙), farà il püjå dei devatå che piùcorrispondono a quel particolare gu∫a dal quale è maggior-mente influenzato e avrà una peculiare fede (ni߆hå) a se-conda delle sue qualifiche. Perciò si deve sempre avere ri-spetto dei devatå adorati da diversi tipi di persone. Per la mi-sericordia di questi devatå, la coscienza di coloro che li ado-rano gradualmente si libererà dalla materialità."

Vijaya disse: "Ti prego, spiegami come evitare angustiealle altre entità viventi. (anga n. 18)"

Båbåjî rispose: "Ûrî Krishna è subito soddisfatto da chimanifesta compassione verso le altre jîve e non procura lo-ro nessun tipo di angustia col corpo, con la mente e con leparole. La compassione è il dovere (dharma) principale delVaiß∫ava."

Vijaya chiese: "Come si abbandonano le offese nel sevå(servizio) e nel canto di Ûri-hari-nåma (nåma-aparådha)?(anga n. 19)"

Båbåjî rispose: "Bisogna evitare con molta attenzione dicommettere offese nell'adorazione delle Divinità (arcana)e le offese nel canto del nome (nåma-aparådha) durante la

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sce per attaccarcisi e non si è più capaci di mantenere lamente fissa sul bhajana."

Vijaya chiese: "Cosa mi puoi dire circa l'abbandonare lostudio, l'insegnamento e l'interpretazione di vari tipi di li-bri? (anga n.14)"

Båbåjî rispose: "Gli Ωåstra sono come un oceano. E'buona cosa studiare con discriminazione libri che trattanoun soggetto sul quale è doveroso istruirsi, ma non otterre-mo la piena conoscenza leggendo frammenti di numerosi li-bri. Specialmente non nascerà l'intelligenza relativa allasambandha-tattva se non si fissa la propria mente nello stu-dio attento dei bhakti-Ωåstra. Stai attento e trai solamenteil significato diretto degli Ωåstra perchè l'interpretazione in-diretta (speculazione) conduce a conclusioni opposte."

Vijaya chiese: "Cosa significa evitare un comportamen-to miserabile? (anga n.15)"

Båbåjî rispose: "Dobbiamo prendere il cibo adatto eavere una sistemazione conveniente durante il soggiorno inquesta vita. Sorgeranno delle difficoltà se non avremo que-ste cose ed anche se le abbiamo e poi le perdiamo. Ma nondobbiamo turbarci se ci capitano queste miserie, al contra-rio, dobbiamo mantenere vivo il ricordo di Bhagavån nellanostra mente."

Vijaya chiese: "Come è possibile liberarci dal lamento,dalla rabbia e così via? (anga n.16)"

Båbåjî rispose: "Se la nostra coscienza è assorta nei di-spiaceri, nella paura, nella rabbia, nell'avidità e nella paz-zia, la manifestazione di Ûrî Krishna non ci apparirà. E' na-turale provare dispiacere o illusione quando ci si separa daamici o quando degli ostacoli ci impediscono di soddisfare inostri desideri, ma è del tutto sbagliato essere soggiogati daquesti dispiaceri e illusioni. Certamente ci colpirà la sepa-razione se si perde il proprio figlio, ma si deve rimuoverequesto dispiacere con il ricordo di Ûrî Hari. Si deve prati-

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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gno di sandalo (candana), indossare gli abiti e i gioielli cheTu hai indossato e mangiare le rimanenze del Tuo cibo, cirenderà sicuramente vittoriosi sulla Tua måyå.'

24) Danzare davanti alla Divinità di Krishna.25) Offrire prostrati omaggi (da∫∂avat-pra∫åma).26) Alzarsi quando giunge la Ωrî vigraha, la Divinità

(abhyutthåna).27) Seguire in processione dietro la Divinità (anuvrajyå).28) Entrare nel tempio di Krishna.29) Girare attorno alle Divinità almeno tre volte mante-

nendoLe alla propria destra significa fare il parikramå.30) Arcana significa adorare (püjå) la Divinità (Ωrî-mür-

ti) con diversi articoli.31) Paricaryå significa svolgere sevå (servizio) per Ûrî

Krishna come verso un re.

paricaryå tu sevopakaranådi-parißkriyåtathå prakîr∫aka-cchatra-våditrådyair upåsanå

Bhakti-rasåm®ta-sindhu (1.2.61)

'Questo paricaryå è di due tipi; il primo consiste nel pu-lire gli strumenti utilizzati per l'adorazione e adorare; l'al-tro nel fare sevå sventolando il cåmara, tenendo un om-brello, suonando strumenti musicali e così via.'

Non è necessario spiegare i successivi anga in modo se-parato e dettagliatamente.

32) Cantare.33) Canto congregazionale di Ûrî-hari-nåma.34) Esprimere con parole umili i propri pensieri (vijñapti).35) Cantare il japa e i mantra dopo aver fatto l'åcamana,

per tre volte al giorno.36) Recitare gli Ωloka (stava-på†ha) che glorificano Ûrî

Krishna.

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pratica della bhakti generica. Ci sono due tipi di sevå-aparådha (offese nel servizio): entrare nel tempio con lescarpe e sedersi in una portantina. Ci sono poi dieci tipi dinåma-aparådha (offese durante il canto) incluso blasfema-re i santi e mancare di rispetto a Ωrî guru. Si devono abban-donare queste due categorie di aparådha."

Vijaya chiese: "Hai detto che non si devono tollerare lebestemmie verso Bhagavån e i Suoi bhakta. Ciò significache dobbiamo controbattere alla persona che sta bestem-miando? (anga n. 20)"

Båbåjî rispose: "Chi bestemmia Ûrî Krishna e i Vaiß∫ava èun oppositore e la sua associazione và evitata in tutti i modi."

Vijaya chiese: "Hai detto che questi venti anga sono par-ticolarmente significativi. Che connessione hanno con glialtri anga?"

Båbåjî rispose: "I restanti quarantaquattro anga sono in-clusi in questi venti appena descritti. Sono stati differenziatisolo per spiegarli in dettaglio. I trenta anga che vanno dalventunesimo (accettare i simboli del Vaiß∫ava) al cinquan-tesimo (offrire a Krsna ciò che abbiamo di più caro) sonoinclusi nell'arcana: il processo dell'adorazione delle Divi-nità:

21) Accettare i simboli di un Vaiß∫ava significa portareuna collanina di legno di Tulasî attorno al collo e applicareil tilaka a dodici punti del proprio corpo.

22) Indossare le lettere del Ûrî Krishna nåma significa scrive-re con polpa di legno di sandalo (candana) i nomi Hare Krishnao i nomi del Pañca-tattva sulle principali parti del corpo.

23) Lo Ûrîmad-Bhågavatam ( 11.6.46) raccomanda di ac-cettare le rimanenze di ciò che è offerto alle Divinità(nirmålya):

tvayopabhukta-srag-gandha-våso-'lankåra-carcitå˙ucchi߆a-bhojino dåsås tava måyåm jayema hi

'Indossare le ghirlande di fiori, applicarsi la pasta di le-

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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corpo (deha-ni߆ha mamatå)?"Båbåjî rispose: "La jîva che si trova all'interno del corpo

si chiama dehî (incarnata) o aham (sè). Agire con la falsaconcezione di 'Io' è definito dehî-ni߆ha ahaµtå (l'ego dellajîva incarnata); e la concezione di possedere il corpo e le co-se che sono in relazione al corpo è definito deha-ni߆ha ma-matå (attaccamento alle cose connesse con il corpo). Que-sti due principi di 'Io' e di 'Mio' devono essere entrambi of-ferti a Ûrî Krishna. Atma-nivedanam significa rinunciare al-la concezione di 'Io' e di 'Mio' e prendersi cura del corpocon la coscienza di: 'Sono un servitore di Krishna, prenderòil prasåda (rimanenze) di Krishna e userò questo corpo perservire Krishna.'"

Vijaya chise: "Come si offrono a Krishna le cose che cisono care? (anga n. 50)"

Båbåjî rispose: "Quando accettiamo le cose di questomondo che ci danno piacere, dobbiamo prima offrirle aKrishna. Questo è ciò che Ûrîla Rüpa Gosvåmî intende peroffrire a Krishna le cose che più ci sono care."

Vijaya chiese: "Come possiamo impegnarci al massimoper il bene di Krishna? (anga n. 51)"

Båbåjî rispose: "Impegnarci al massimo per il bene diKrishna significa che si devono svolgere tutte le attività ma-teriali e tutte le attività all'interno del servizio devozionaleregolato che sono favorevoli al servizio di Ûrî Krishna (ha-ri-sevå)."

Vijaya chiese: "Come si accetta il rifugio in ogni modopossibile? (anga n. 52)"

Båbåjî rispose: "Arrendersi completamente (Ωara∫åga-ti) significa esprimere mentalmente e ad alta voce questosentimento: 'Bhagavån! Sono tuo' (He bhagavån tavaivå-smi!) e 'Bhagavån! Mi rifugio in Te!' (He Rådhe! HeK®ß∫a! Tavaivåsmi).

Vijaya chiese: "Come si svolge il servizio a Tulasî (tula-

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37) Accettare e mangiare con rispetto il cibo offerto a ÛrîKrishna (naivedya).

38) Gustare con devozione l'acqua che ha bagnato i pie-di di loto di Ûrî Krishna.

39) Annusare la fragranza dell'incenso e delle ghirlandedi fiori offerti a Ûrî Krishna.

40) Avere il darΩana della Ωrî-mürti (Divinità).41)Toccare la Ωrî-mürti.42) Partecipare alla cerimonia dell'åratî.43) Ascoltare le glorie di nåma (nome), rüpa (forma),

gu∫a (qualità), lîlå (passatempi) e kathå (descrizioni) di ÛrîKrishna.

44) Percepire la misericordia di Krishna ovunque e intutte le circostanze.

45) Contemplare nella propria mente i nåma, rüpa, gu∫ae lîlå di Ûrî Krishna.

46) Meditare profondamente sul nåma, la rüpa, i gu∫a ei lîlå di Ûrî Krishna e offrire servizio mentalmente (manasi-sevå).

47) Ci sono due tipi di dåsyam (sentimento di servizio):offrire i risultati delle proprie azioni e sentirsi un servitore.

48) Ci sono due tipi di sakhyam (sentimento di amicizia):quello basato sulla fede (viΩvåsa) e quello basato su un'atti-tudine di amicizia (maitrî).

49) Il significato di åtma-nivedanam è derivato dalla pa-rola åtmå. Ci sono due ego nell'anima incarnata: l'attacca-mento al dehî (colui che possiede il corpo) che si esprimecon la concezione di ahaµtå 'Io', e l'attaccamento a deha(corpo), che si esprime con la concezione di mamatå 'Mio'.Åtmå-nivedanam significa offrire questi due principi a ÛrîKrishna.

Vijaya chiese: "Vuoi per favore spiegarmi questi due ter-mini più chiaramente: l'ego della jîva incarnata (dehî-ni߆haahaµtå) e l'attaccamento al corpo e alle cose connesse col

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mondo non c'è festival più grande di questo."Vijaya chiese: "Come si deve osservare il mese di Kårt-

tika? (anga n. 58)"Båbåjî rispose: "Il mese di Kårttika si chiama anche

Urjjå. Osservare Urjjå significa compiere sevå a Ûrî Dåmo-dara seguendo per tutto il mese in modo regolare gli angadella bhakti come ad esempio Ωrava∫a e kîrtana."

Vijaya chiese: "Come bisogna celebrare il giorno dellanascita di Krishna? (anga n. 59)"

Båbåjî rispose: "Ûrî janma-yåtrå significa celebrare la fe-sta del giorno di K®ß∫a-å߆amî (giorno dell’apparizione) nelmese di Bhådrapada e il giorno dell'apparizione di Mahå-prabhu nel giorno di Pür∫imå del mese di Phålguna. I bhak-ta arresi devono certamente osservare queste feste."

Vijaya chiese: "In che modo si serve e si adora (pari-caryå) la Ωrî-mürti con la magnificenza adatta ad un re? (an-ga n. 60)"

Båbåjî rispose: "Un entusiasmo d'amore è la cosa indi-spensabile nel servizio e nell'adorazione della Ωrî-mürti.Krishna non concede solamente il frutto insignificante del-la mukti (liberazione) ma anche il grande frutto della bhak-ti a chi compie il sevå-püjå della Ωrî-mürti con grande entu-siasmo."

Vijaya chiese: "Cosa vuol dire gustare lo Ûrîmad-Bhå-gavatam in associazione con i rasika-bhakta? (anga n. 61)"

Båbåjî rispose: "Lo Ûrîmad-Bhågavatam è il dolce net-tare dell'albero dei desideri dei Veda. L’associazione conpersone contrarie al råsa non ci si porrà in grado di gustareil råsa dello Ûrîmad-Bhågavatam e di conseguenza si com-metteranno aparådha (offese) al bhakti Ωåstra per eccellen-za. Si deve gustare il nettare degli Ωloka dello Ûrîmad-Bhå-gavatam in compagnia di coloro che sono råsa-jña, ovveroche sono esperti nel råsa, che lo bevono costantemente e so-no qualificati per la Ωuddha-bhakti. Recitare o ascoltare lo

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sî-sevå)? (anga n. 53)"Båbåjî rispose: "Sono nove i tulasî-sevå: vedere Tulasî,

toccare Tulasî, ricordare Tulasî, fare il kîrtana di Tulasî, of-frire omaggi a Tulasî, ascoltare le glorie e i passatempi di Tu-lasî, piantare Tulasî, prendersi cura di Tulasî e adorare ognigiorno (nitya-püjå) Tulasî."

Vijaya chiese: "In che modo si mostra rispetto per gliΩåstra? (anga n. 54)"

Båbåjî rispose: "Gli Ωåstra che definiscono la bhagavad-bhakti sono i veri Ωåstra. Lo Ûrîmad-Bhågavatam è lo Ωåstramigliore perchè è l'essenza di tutto il Vedånta. Chi ha gu-stato il suo nettareo sapore non avrà ruci (gusto) per altriΩåstra."

Vijaya chiese: "Quali sono le glorie di Mathurå, luogo dinascita di Krishna? (anga n. 55)"

Båbåjî rispose: "Compiendo le seguenti attività in rela-zione a Mathurå, saremo soddisfatti in tutti i nostri deside-ri: ascoltare, cantare e ricordare, desiderare di recarvisi, ve-derla (darΩana), toccarne il suolo, risiedervi e servirla. De-vi sapere che Ûrîdhama Måyåpura è della stessa natura diMathurå."

Vijaya chiese: "Qual è lo scopo di servire i Vaiß∫ava(vaiß∫ava-sevå)? (anga n. 56)"

Båbåjî rispose: "I Vaiß∫ava sono molto cari a Bhagavånquindi quando noi serviamo i Vaiß∫ava, otteniamo la bhak-ti per Bhagavån. Negli Ωåstra si afferma che l'adorazione diÛrî Viß∫u è più grande dell'adorazione dei devata, ma piùgrande dell'adorazione di Viß∫u è l'adorazione delVaiß∫ava, il servitore di Ûrî Viß∫u (sevaka)."

Vijaya chiese: "Cosa significa osservare i festival secon-do le proprie capacità? (anga n. 57)"

Båbåjî rispose: "Mahotsava significa in sostanza accu-mulare cose secondo i propri mezzi per poi usarle al serviziodi Bhagavån, del Suo tempio e dei puri Vaiß∫ava. In questo

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nåma, il Ûrî-nåma personalmente si manifesta sulla sua lin-gua. Il nåma non può essere pronunciato con sensi mate-riali. Questo è ciò che s’intende per metodo con cui com-piere incessantemente il nåma-sankîrtana, da soli o con al-tri."

Vijaya chiese: "Per tua misericordia ho compreso qual-cosa sul mathurå-våsa (vivere nel luogo di nascita diKrishna, Mathurå). Ti prego, spiegami l'essenza di questaistruzione. (anga n. 64)"

Båbåjî rispose: "Tra i 64 anga della bhakti, questi ultimicinque sono i più esaltanti. Se si stabilisce anche un piccolis-simo legame con essi e si evitano le offese, per loro meravi-glioso influsso si manifesterà nel cuore lo stato di bhåva."

Vijaya chiese: "Ti prego, parla ancora di questo processo."Båbåjî rispose: "Per stimolare del ruci (gusto) per il

bhajana in persone deviate ed empie, gli Ωåstra a volte de-scrivono i frutti intermedi di questi anga della bhakti. Tut-tavia il frutto principale di questi anga è la nascita dell'at-taccamento a Krishna. Tutte le attività di chi è esperto nel-la bhakti devono porsi all'interno di questi anga e non al-l'interno degli anga del karma. La pratica della conoscenza(jñåna) e della rinuncia (vairågya) possono a volte sostene-re chi sta entrando nel tempio della bhakti, ma jñåna evairågya non sono anga della bhakti perchè rendono il cuo-re duro, mentre la bhakti è molto tenera e delicata per na-tura. I bhakta accettano quella jñåna e vairågya che si automanifestano quando si pratica la bhakti; ma jñåna evairågya non sono mai causa della bhakti; la bhakti inveceaccorda facilmente i risultati che jñåna e vairågya non pos-sono dare.

La sådhana-bhakti fa nascere ruci per l'hari-bhajana tan-to che persino un forte attaccamento per gli oggetti dei sen-si gradualmente diminuisce per poi svanire. Il sådhaka devesempre praticare yukta-vairågya e mantenersi a distanza dal-

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Ûrîmad-Bhågavatam in assemblee generiche non concederàla pura bhakti."

Vijaya chiese: "Cos'è l'associazione dei bhakta che han-no lo stesso sentimento (svajåtîya) e che sono affezionati(snigdha)? (anga n. 62)"

Båbåjî rispose: "Associarsi con gli abhakta (non devoti)in nome del sat-sanga non porterà progressi nella bhakti. Ilfine dei bhakta è di ottenere il servizio negli apråk®ta-lîlå(passatempi non manifesti) di Krishna; colui che coltivaquesto desiderio viene definito bhakta. Il progresso nellabhakti deriva dall'associazione con bhakta di questo tipoche sono superiori a noi. Senza questo sanga il progressonella bhakti si ferma e si acquisisce la natura del tipo di per-sone con cui ci si associa. Riguardo al sanga, l'Hari-bhakti-vilåsa (8.51) afferma:

yasya yat-sangati˙ puµso ma∫ivat syat sa tad-gu∫a˙sva-kularddhye tato dhîmån sva-yuthåny eva saµΩrayet

'Proprio come un gioiello riflette i colori degli oggetti chelo circondano, similmente la natura di una persona diventacome quella di coloro con cui si associa.'

Perciò si diventa puri sådhu associandosi con puri sådhu.Il sådhu-sa∫ga (l'associazione di bhakta avanzati) è di be-neficio in ogni caso. Là dove gli Ωåstra consigliano di libe-rarsi dalle compagnie mondane, indicano anche di asso-ciarsi con i sådhu."

Vijaya chiese: "Cosa s'intende per nåma-sankîrtana?(anga n. 63)"

Båbåjî rispose: "Il nåma è apråk®ta-caitanya-rasa (unnettare spirituale sempre vivo) e all'interno del nåma nonc'è la minima traccia di coscienza mondana. Quando la jîvadevota si purifica con la bhakti e rende servizio a Ωrî-hari-

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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CAPITOLO VENTUNOPrameya: Abhideya-

Rågånugå-Sådhana-Bhakti

Vijaya Kumåra e Vrajanåtha furono impressionati nel-l'ascoltare i discorsi sulla vaidhî-sådhana-bhakti. Diventa-rono fermamente convinti che per entrare nella dimora su-prema si deve accettare l'Hari-nåma e dîkßå da un siddha-mahåtma (una grande anima perfetta). Decisero così di ac-cettare dîkßå da Siddha Båbåjî MahåΩaya il giorno succes-sivo, di modo da non perdere altro tempo.

Vijaya Kumåra aveva già ricevuto i dîkßå-mantra dal suoguru di famiglia quando era ragazzo. Vrajanåtha invecenon aveva ricevuto nessun altro dîkßå-mantra ad eccezionedel gåyatrî-mantra. Entrambi avevano capito con chiarezza,ascoltando le istruzioni del riverito Båbåjî, che la jîva fini-sce nei pianeti infernali se canta i mantra ricevuti da un gu-ru che non è un Vaiß∫ava e che, secondo le regole contenu-te negli Ωåstra, quando si giunge ad una corretta discrimina-zione, si deve accettare di nuovo dîkßå da un guru Ωuddha-vaiß∫ava. In modo particolare avevano capito che si ottie-ne molto presto la perfezione del canto dei mantra se si ri-cevono da un siddha-bhakta. Pensando in questo modo, en-trambi decisero di recarsi a Måyåpura il mattino successi-vo, fare il bagno nel Gange e prendere dîkßå dal riveritoBåbåjî.

La mattina dopo, fecero il bagno nel Gange e si applica-rono il tilaka sulle dodici parti del corpo. Poi giunsero da-vanti a Raghunåtha dåsa Båbåjî e gli offrirono omaggi pro-strandosi ai suoi piedi di loto. Båbåjî Mahåråja, essendo un

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lo spirito di falsa rinuncia (phalgu-vairågya). Yukta-vairågyasignifica accettare tutti gli oggetti secondo i propri bisogni,con uno spirito di distacco, consapevoli che tutto è in rela-zione a Krishna. Se le cose sono veramente in relazione aÛrî Hari, rinunciare ad esse artificiosamente è sintomo di de-siderio di mukti; questo viene definito phalgu-vairågya. Per-ciò le conoscenze materiali (adhyåtmika-jñåna) e la falsa ri-nuncia (phalgu-vairågya) vanno abbandonate.

A volte si fa mostra di bhakti per ottenere ricchezza, di-scepoli e così via, ma ciò è molto distante dalla pura bhakti.In effetti questa esibizione di bhakti non è per nulla un an-ga della bhakti. Anche la capacità di discriminare (viveka)e altre qualità non sono anga della bhakti; sono solo qualitàdi colui che pratica la bhakti. Similmente yama, niyama,buon comportamento, pulizia e così via sono naturale cor-redo nelle persone che sono favorevoli a Krishna, ma nonsono anga della bhakti. Qualità come la purezza interioreed esteriore, l'austerità e il controllo dei sensi si rifugianospontaneamente nel bhakta di Krishna; i bhakta non devo-no compiere sforzi separati per ottenerle. Alcuni degli an-ga che ho descritto sono fondamentali e si otterrà la perfe-zione compiendo con fermezza il sådhana di questi angaprincipali o di molti di essi. Ho spiegato tutto ciò che ri-guarda la vaidhî-sådhana-bhakti in modo molto breve. Oradevi comprendere tutto con chiarezza, tenerlo nel cuore epraticarlo con piena determinazione.”

Dopo che Vrajanåtha e Vijaya Kumåra ebbero ascolta-to queste istruzioni di Båbåjî, offrirono så߆ånga-da∫∂avat-pra∫åma ed esclamarono: "Prabhu, ti preghiamo, liberaci!Siamo intrappolati nella profonda fossa dell'orgoglio!"

Båbåjî MahåΩaya rispose: "Krishna certamente vi con-cederà la Sua misericordia."

Quella notte zio e nipote rientrarono a casa che era mol-to tardi.

Jaiva-dharmaCapitolo Venti

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tempio). Sentendo il suono dell'Harinåma tutti i Vaiß∫avasi riunirono portando con sè il necessario per il cibo, quindiiniziarono a cantare le glorie del mahå-prasåda e ad ono-rarlo. Vrajanåtha e Vijaya Kumåra non volevano sedersisubito perchè stavano aspettando il mahå-mahå-prasåda (lerimanenze del guru e dei Vaiß∫ava). Tuttavia i rispettabilied elevati Båbåjî presenti li fecero sedere dicendo: "Voi sie-te g®hastha (uomini di famiglia) Vaiß∫ava. Saremo bene-detti offrendo omaggi ai vostri piedi di loto."

Vijaya Kumåra e Vrajanåtha a mani giunte si sedetterodicendo umilmente: "Voi siete grandi Vaiß∫ava rinunciati.Saremo molto fortunati di poter prendere le vostre netta-ree rimanenze e sarebbe un'offesa sedere assieme a voi."

I Vaiß∫ava risposero: "Per quel che prevede il Vaiß∫avi-smo, non c'è differenza tra un capofamiglia e un rinuncia-to. I Vaiß∫ava vengono giudicati solamente sulle basi dellaloro devozione; il Vaiß∫ava più avanzato è colui che ha ladevozione più profonda per Krishna."

Essi si sedettero tutti insieme discorrendo di questi ar-gomenti e onorando prasåda, ma Vijaya Kumåra eVrajanåtha aspettavano tranquilli e con speranza tenendoil prasåda davanti a sè. Alcuni Vaiß∫ava lo notarono e com-prendendo la loro motivazione, dissero a Raghunåtha dåsaBåbåjî: "O capo dei Vaiß∫ava, sii gentile con questi fedelidiscepoli altrimenti non inizieranno a prendere prasåda."

Quando l'anziano Båbåjî sentì la richiesta dei Vaiß∫ava,diede un po' del suo prasåda a Vijaya e a Vrajanåtha. Essiaccettarono quelle rimanenze con grande fede, pronun-ciando: 'Ωrî gurave nåma˙' e iniziarono ad onorare prasåda.Mentre i bhakta prendevano prasåda alcuni gridarono:"Sådhu, attenti a non mangiare troppo!" Ed anche: "Tut-te le glorie alla grandezza del prasåda!"

Che impareggiabile splendore apparve nella nåtya-man-dira di Ûrîvåsångana! Tutti percepirono che Ûrî Ûacî devî,

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siddha-vaiß∫ava, comprese la loro mente, ma per questionidi etichetta chiese: "Perchè oggi siete arrivati così presto?Cosa è successo?"

Vijaya Kumåra e Vrajanåtha umilmente risposero:"Maestro, tu sai che noi siamo molto bassi e privi di ric-chezza spirituale, così ti preghiamo di avere pietà di noi."

Båbåjî MahåΩaya fu molto compiaciuto nel sentirli par-lare in questo modo. Li invitò nel suo ku†îra uno alla voltae diede loro il mantra composto da diciotto sillabe. Rice-vendo e cantando il mantra entrambi si inebriarono dimahå-prema e iniziando a danzare gridavano: "JayaGaurånga! Jaya Gaurånga!" Indossarono tre fili di perli-ne di Tulasî e un bellissimo filo sacro che attraversava il lo-ro corpo segnato dal tilaka in dodici parti. I loro visi eranoincantevoli, mostravano sintomi di såttvika-vikåra (trasfor-mazioni dovute all'estasi) e lacrime scendevano continua-mente dai loro occhi. Quando Båbåjî MahåΩaya vide que-ste meravigliose figure, li abbracciò dicendo: "Oggi mi ave-te santificato."

Ancora ed ancora i due si soddisfavano con la polveredei piedi di loto di Båbåjî e la spargevano sulla testa e su tut-te le altre parti del corpo. In quel momento, come predi-sposto da Vrajanåtha, arrivarono due servitori con unagrande quantità di cibo da offrire a Ûrîman Mahåprabhu. Amani giunte Vijaya Kumåra e Vrajanåtha chiesero che il tut-to venisse offerto, così il venerabile capo dei bhakta diÛrîvåsångana diede istruzione al püjårî di offrire la bhogaalle Divinità del Ûrî Pañca-tattva.

Campane e conchiglie suonavano e i Vaiß∫ava prenden-do i cembali e le m®danga iniziarono a cantare davanti a Ûrî-man Mahaprabhu la canzone del bhoga-åratî. MoltiVaiß∫ava si unirono e l'offerta di bhoga terminò con unagrande cerimonia. Poi venne organizzata la distribuzionedel cibo offerto (prasådam) nella nåtya-mandira (la sala del

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misericordia abbiamo compreso nel modo giusto la vaidhî-sådhana-bhakti. Ora siamo ansiosi di comprendere la rågå-nugå-bhakti, ti preghiamo, istruiscici su questo."

Båbåjî era estremamente compiaciuto di sentire la ri-chiesta di Vrajanåtha e rispose: "Ûrî Gauracandra si è im-possessato di voi, quindi non c'è nulla che non vi si possa da-re. Ascoltate attentamente mentre vi spiego la rågånugå-bhakti.

Prima di tutto offro ancora ed ancora i miei da∫∂avat-pra∫åma ai piedi di loto di Ûrî Rüpa Gosvåmî che è stato li-berato da Ûrîman Mahaprabhu dall'assoggettamento deiMusulmani ed ha ricevuto istruzioni da Lui a Prayåga sullarasa-tattva (la verità sulle relazioni trasendentali). Poi mirifugio ai piedi di loto di Ûrî Raghunåtha dåsa Gosvåmî, checome un calabrone nero gusta il nettare del vraja-rasa (ilsentimento degli abitanti di Vraja). Il supremamente mise-ricordioso Ûrî Gaurånga Mahåprabhu lo ha liberato dall'a-bisso senza fondo del materialismo grossolano e, affidan-dolo alle cure di Ûrî Svarüpa Dåmodara Gosvåmî, gli con-cesse tutte le perfezioni.

Ora, prima di descrivere la rågånugå-bhakti, spiegheròla svarüpa della rågåtmikå-bhakti."

Vrajanåtha subito chiese: "Vorrei però comprendereprima che cos'è il råga."

Båbåjî rispose: "Quando i materialisti vengono in con-tatto con l'oggetto dei sensi naturalmente diventanoprofondamente attaccati ad una varietà infinita di godi-mento materiale. Questo intenso attaccamento presentenel cuore si chiama vißaya-råga. Quando queste personescorgono un oggetto attraente vengono stimolate e i loroocchi diventano irrequieti mentre nel cuore si sviluppa at-trazione (rañjakatå) e così nasce il råga (attaccamento) .

La rågå-bhakti è lo stato in cui Krishna diventa l'unicoobiettivo del råga. Ûrîla Rüpa Gosvåmî ha definito il ter-

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Sîtå e Målinî devî stavano portando prasåda e che Mahå-prabhu Stesso seduto prendeva quel prasåda con i Suoi ca-ri associati. Vedendo questo i Vaiß∫ava dimenticarono ognialtra cosa; tutti erano immobili ad osservare, mentre lacri-me di gioia scendevano lentamente dai loro occhi e le maniche stavano portando prasåda alla bocca, si fermarono fin-chè si manifestò il lîlå. Dopo breve tempo il lîlå scomparvedalla loro vista ed essi si guardarono l'un l'altro piangendo.Allora il dolce gusto di quel prasåda divenne indescrivibile.All'unisono tutti i bhakta dissero: "Questi due figli di bråh-ma∫a sono i recipienti della misericordia di Gaura Hari.Per questo Ûrîman Mahåprabhu ha manifestato il Suo lîlåqui oggi."

Vrajanåtha e Vijaya Kumåra piangendo dissero: "Siamoindegni, miserabili e poveri. Non sappiano nulla. Oggi pos-siamo vedere tutto questo per la misericordia senza causadel nostro guru e dei Vaiß∫ava. Oggi la nostra nascita ha unsenso."

Quando Vijaya Kumåra e Vrajanåtha ebbero onoratoprasåda, con il permesso dei Vaiß∫ava tornarono a casa.

Da quel giorno, iniziarono a fare il bagno nel Gange quo-tidianamente e poi offrivano da∫∂avat-pra∫åma ai piedi delloro precettore, andavano a vedere le Divinità di ÛrîKrishna presenti nel mandira, circumnambulavano Tulasî ein questo modo praticavano ogni giorno un po' delle istru-zioni ricevute. Una sera, passati quattro o cinque giorni, sipresentarono a Ûrîvåsångana. Il sandhyå-åratî (cerimoniadella sera) e il nåma-sankîrtana erano già conclusi e Ûrî Ra-ghunåtha dåsa Gosvåmî era seduto nel suo ku†îra cantandosottovoce dolcemente il Ωrî-nåma. Essi offrirono da∫∂avat-pra∫åma ai suoi piedi e lui amorevolmente pose la sua ma-no di loto sulle loro teste, li fece sedere e si informò sul lorobenessere.

Vrajanåtha colse l'opportunità e disse: "Maestro, per tua

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hanno per Krishna è l'esempio massimo di rågåtmikå-bhak-ti. Colui che ha la grande fortuna di possedere in sè il desi-derio (lobha) di ottenere il sentimento (bhåva) che i vraja-våsî provano per Krishna, ha l'adhikåra, la qualifica per pra-ticare la rågånugå-bhakti."

Vrajanåtha chiese: "Quali sono i sintomi che caratteriz-zano questo lobha?"

Båbåjî rispose: "Quando uno ascolta dell'intensa dol-cezza dei sentimenti (bhåva) degli abitanti di Vraja (vraja-våsî), la sua intelligenza (buddhi-apekßå) inizierà a pensarea come entrare a far parte di quelle relazioni. Questo desi-derio (apekßå) è il sintomo che lobha si è risvegliato.

Una persona che ha l'adhikåra per la vaidhî-bhakti gustaogni cosa sulla piattaforma dell'intelligenza, della cono-scenza degli Ωåstra e del ragionamento e quando ascoltak®ß∫a-kathå l'accetta solamente con questi tre sostegni.Tuttavia nella råga-mårga non ci sono queste considerazio-ni, perchè l'intelligenza, la conoscenza degli Ωåstra e il ra-gionamento non sono desiderabili in questo tipo di pratica.Tutto ciò che è necessario è desiderare di avere i sentimen-ti dei vraja-våsî: "Quali sono i dolci bhåva che i vraja-våsîhanno per Krishna? E' possibile per me ottenere questibhåva? Come si possono ottenere?" Questa bramosia è ilsintomo di quel desiderio e chi non lo possiede non hal'adhikåra per la rågånugå-bhakti. Questo è ciò che devicomprendere."

Vrajanåtha chiese: "Qual è il processo della rågånugå-bhakti?"

Båbåjî rispose: "Il sådhaka che ha sviluppato un arden-te desiderio per il bellissimo sentimento di servizio (sevå) diun particolare abitante di Vraja, durante il suo sevå semprericorda e medita su quella personalità. Egli si assorbe neipassatempi che il suo amato Ûrî Krishna scambia con quelvraja-våsî e risiede costantemente a Vraja o con il corpo o

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mine råga nel seguente modo:

i߆e svårasikî råga˙ paramåvi߆hatå bhavettan-mayî yå bhaved bhakti˙ såtra rågåtmikoditå

Bhakti-rasåm®ta-sindhu (1.2.272)

'Il råga è quell'insaziabile sete d'amore (prema-mayît®ß∫å) per l'oggetto del nostro affetto che genera una spon-tanea ed intensa concentrazione (svårasikî paramåvi߆atå)in quell'oggetto. La rågamayî bhakti è il compimento delsevå (servizio) come ad esempio fare una ghirlanda di fiori,con questo intenso råga.'

Råga è l'esclusiva e assoluta concentrazione (parama-svårasikî-åvi߆atå) per il proprio specifico obiettivo di ado-razione. Quando la devozione a Krishna raggiunge lo sta-dio di rågamayî, viene definita rågåtmikå-bhakti. Conclu-dendo, si può dire che l'intenso desiderio per Krishna, sa-turo di prema (prema-mayî) si chiama rågåtmikå-bhakti.

E' un bene che una persona nel cui cuore non è ancoranato questo råga si sforzi di coltivare la bhakti agendo in ac-cordo alle vidhî, le regole e le prescrizioni degli Ωåstra. Iprincipi che regolano la vaidhî-bhakti sono la paura, il ri-spetto e la reverenza; mentre l'unico principio che regola larågåtmikå-bhakti è lobha, un intenso desiderio in relazioneai lîlå di Ûrî Krishna."

Vrajanåtha chiese: "Chi possiede l'adhikåra (qualifica)per la rågamayî-bhakti?"

Båbåjî rispose: "La vaidhî-Ωraddhå (fede nelle regole e iprecetti degli Ωåstra) concede l'adhikåra per praticare lavaidhî-bhakti; similmente la lobhamayî-Ωraddhå (fede intri-sa di un intenso desiderio di partecipare ai vraja-lîlå diKrishna) concede l'adhikåra per la rågamayî-bhakti.

Il bhåva (sentimento) che i vraja-våsî (abitanti di Vraja)

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che provano gli eterni associati di Krishna)."Vrajanåtha chiese: "Quanti tipi di rågåtmikå-bhakti ci

sono?"Båbåjî rispose: "Vi sono due tipi di rågåtmikå-bhakti:

quella basata sulla lussuria trascendentale per soddisfareKrishna (kåma-rüpå) e quella basata sulla relazione (sam-bandha-rüpå).”

Vrajanåtha chiese: "Ti prego, spiegami la differenza trakåma-rüpå e sambandha-rüpå."

Båbåjî rispose: "Nello Ûrîmad-Bhågavatam (7.1.30-31)viene detto:

kåmåd dveßåd bhayåt snehåd yathå bhaktyeΩvare mana˙åveΩya tad-aghaµ hitvå bahavas tad-gatiµ gatå˙

gopya˙ kåmåd bhayåt kaµso dveßåc caidyådayo n®pa˙sambandhåd v®ß∫aya˙ snehåd yuyam bhaktyå vayaµ vibho

'Molte persone hanno ottenuto il Supremo assorbendocompletamente la loro mente nella devozione con pensieridi lussuria (kåma), invidia (dveßa), paura (bhaya), o affetto(sneha) abbandonando gli aspetti sbagliati di questi senti-menti. Le gopî hanno ottenuto il Supremo fissando la loromente su Krishna attraverso kåma; Kaµsa con bhaya;Ûißupåla e altri re con dveßa; gli Yadhu con le relazioni fa-miliari (sambandha); tu (i På∫∂ava) con sneha e noi saggi(Nårada e altri rishi) con la devozione (bhakti).'

Qui sono menzionati sei principi: kåma (lussuria), bhaya(paura), dveßa (invidia), sambandha (relazione familiare),sneha (affetto) e bhakti (devozione). Due di questi, bhaya(paura) e dveßa (invidia) non vanno seguiti perchè sono sen-timenti sfavorevoli. Ci sono poi due tipi di sneha (affetto).Il primo è associato al sakhya-bhåva (sentimento di amici-zia) ed è incluso nella vaidhî-bhakti. Il secondo è in rela-

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con la mente, con il desiderio di ottenere il suo bhåva. Eglisegue l'esempio di quel vraja-våsî e rende sempre servizioin due modi: esternamente serve come un sådhaka (prati-cante) ed internamente rende sevå con i sentimenti (bhåva-na-pürvaka) della sua siddha-deha (forma spirituale perfet-ta). Questo è il processo della rågånugå-bhakti."

Vrajanåtha chiese: "Che relazione c'è tra la rågånugå-bhakti e gli anga della vaidhî-bhakti?"

Båbåjî rispose: "Gli anga della vaidhî-bhakti come Ωra-vanam, kîrtanam e così via sono inclusi nella pratica rågå-nugå del sådhaka. Il sådhaka segue gli eterni residenti diVraja e di conseguenza gusta l'eterna felicità del servizio.Allo stesso tempo egli osserva gli anga della vaidhî-bhakticon il corpo."

Vrajanåtha chiese: "Ti prego, spiegami le glorie dellarågånugå-bhakti."

Båbåjî rispose: "La rågånugå-bhakti concede molto ve-locemente quei frutti che non si possono ottenere osser-vando gli anga della vaidhî-bhakti neppur compiendola conferma fede (ni߆hå) e per lungo tempo. Nella via dellavaidhî-mårga la devozione è flebile perchè dipende dalle re-gole e dai precetti; mentre nella rågånugå-bhakti essa è na-turalmente forte perchè è completamente indipendente.Quando si adotta la concezione spirituale di seguire le or-me dei cari residenti di Vraja, si risveglia råga e ci si impegnasempre nel seguire il processo di Ωravana, kîrtana, smara∫a,påda-sevana, arcana, vandanå e åtma-nivedana. Del gusto(ruci) per seguire le orme dei vraja-våsî, si risveglia sola-mente nel cuore di coloro che sono nirguna (oltre gli attri-buti materiali). Ecco perchè il desiderio per la rågånugå-bhakti è supremamente raro ed è fonte di suprema auspi-ciosità. Vi sono tanti tipi di rågånugå-bhakti (bhakti com-piuta dal sådhaka che segue le orme degli eterni associati diKrishna) quanti sono i tipi di rågåtmikå-bhakti (devozione

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Krishna conosciuta come brahman e Krishna stesso. Le pa-role tad-gatim significano ottenere tat, ovvero Krishna(k®ß∫a-gati). I jñånî e gli asura ottengono entrambi lasåyujya-mukti (avere lo stesso aspetto del Signore) e il brah-man che è composto dai raggi dell'effulgenza del corpo diKrishna (k®ß∫a-kira∫a). I Ωuddha-bhakta sviluppano pre-ma ed ottengono il servizio a Krishna, la radice di tutte leesistenze. Quindi rimuovendo bhaya, dveßa, sneha e bhak-ti dalla lista delle sei caratteristiche, rimangono kåma e sam-bandha. Perciò kåma e sambandha sono gli unici bhåva(sentimenti) applicabili nella devozione spontanea (råga-mårga). In conclusione, ci sono due tipi di rågamayî bhak-ti: la kåma-rüpå e la sambandha-rüpå."

Vrajanåtha chiese: "Qual è la svarüpa (caratteristica in-trinseca) della kåma-rüpå-bhakti?"

Båbåjî rispose: "La parola kåma sta ad indicare sambho-ga-t®ß∫å (la voglia di soddisfare i desideri d'amore diKrishna). Questo sambhoga-t®ß∫å si trasforma in rågåt-mikå-bhakti e da ciò nasce un comportamento amorevoleincondizionato. In altre parole, prîti-sambhoga è soddisfa-re i desideri d'amore di Krishna. Tutti gli sforzi sono com-piuti esclusivamente per la felicità e il bene di Krishna, sen-za avere desideri per la propria felicità. Anche se ci fosseun piacere personale, esso è in relazione alla felicità diKrishna.

Questo amore senza paragoni si trova esclusivamentenelle donne residenti a Vraja. Il prema delle gopî è intriso diuna peculiare meravigliosa dolcezza (mådhurya) e generamoltissimi giochi e passatempi. Ecco perchè gli studiosieruditi fanno riferimento a questa condizione unica di amo-re con il termine kåma (lussuria), anche se in realtà la kåmadelle gopî è apråk®ta (trascendentale) e completamente pri-va di difetti. La kåma delle anime condizionate è piena didifetti ed è spregevole; l'amore delle gopî invece è talmen-

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zione a prema (amore divino) e non ha applicazioni nelcampo del sådhana. Perciò sneha non ha spazio nella prati-ca della rågånugå-sådhana-bhakti.La parole bhaktyå-vayam (presenti nello Ωloka preceden-te) significano che 'noi', Nårada e altri saggi, abbiamo ot-tenuto il Supremo con la bhakti. Qui la parola bhakti si ri-verisce alla vaidhî-bhakti che può essere in relazione siaalle pratiche della vaidhî-bhakti compiute dai saggi che al-la devozione mista a jñåna (conoscenza).

Le parole tad-gatiµ gatå˙ significano che molte personehanno ottenuto il Supremo. E' molto importante avere unacomprensione chiara di questa affermazione. Un singoloraggio di luce solare (kira∫a) ed il sole stesso sono della stes-sa sostanza (vastu). Similmente brahman e Krishna sonouno e la stessa sostanza; brahman è semplicemente l'efful-genza del corpo di Krishna. I jñåni-bhakta si fondono nel-l'esistenza del brahman e così avviene anche per i nemici diKrishna quando sono uccisi personalmente da Lui. Alcunitra loro ottengono la sårüpyåbhåsa (una sembianza disårüpya o una forma simile a quella di Bhagavån) e restanoimmersi nella felicità del brahman. Secondo il Brahmå∫∂aPurå∫a essi vivono a Siddhaloka, il mondo libero che si tro-va oltre il mondo materiale.

Ci sono due tipi di jîve che risiedono a Siddhaloka: quel-le che hanno ottenuto la perfezione coltivando la cono-scenza (jñåna-siddha) e gli asura (esseri demoniaci) che so-no stati uccisi da Ûrî Bhagavån. Tra questi jñåna-siddha al-cuni, estremamente fortunati, diventano l'åΩraya del råga(le dimore dell'attaccamento a Krishna) ed adorano i Suoipiedi di loto ottenendo così lo scopo ultimo, k®ß∫a-prema.In questo modo essi ottengono di entrare a far parte delgruppo dei cari associati di Krishna.

Come i raggi del sole ed il sole sono una sola sostanza, si-milmente non c'è differenza tra l'effulgenza del corpo di

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Båbåjî rispose: "Tat-tad-bhåva-icchåmayî è il desideriodi sperimentare i dolci bhåva (sentimenti) che le gopî diVraja hanno per Krishna."

Vrajanåtha chiese: "Come nascono questi due tipi dirågånugå-sådhana-bhakti?"

Båbåjî rispose: "Quando un bhakta vede la bellissimaforma della Divinità di Krishna e ascolta i dolci passatempidi Ûrî Krishna (madhura-lîlå-katha), nel suo cuore nasce unintenso desiderio di sperimentare quei bhåva e così si im-pegna nel sådhana della kåmånugå (lussuria trascendenta-le di soddisfare Krishna) e della sambandhånugå rågånugå-bhakti (la devozione basata sulla relazione familiare)."

Vrajanåtha chiese: "Ûrî Krishna è il maschio (purußa) ele gopî sono tutte femmine (prak®ti). Per quel che ho com-preso, solo le femmine possiedono l'adhikåra (qualifica) perla kåmånugå rågånugå-bhakti, come può allora un maschioottenere questo bhåva?"

Båbåjî rispose: “Le jîve di questo mondo sono le dimo-re di cinque differenti tipi di relazione: Ωånta (neutralità),dåsya (servizio), sakhya (amicizia), våtsalya (parentela) emådhurya (coniugale) secondo il loro intrinseco sentimen-to (svabhåva). Tra questi cinque, dåsya, sakhya, våtsalya emådhurya si trovano nei residenti di Vraja. Dåsya, sakhyae våtsalya con istinti paterni sono bhåva (sentimenti) ma-schili e coloro che hanno questa propensità servonoKrishna con le loro forme spirituali eterne maschili. I dueråsa nei quali il bhåva femminile è intrinseco, sono il våt-salya con istinti materni e lo Ω®∫gåra-rasa o mådhurya-rasa,il nettare dell'amore sensuale; coloro che hanno questa na-tura si impegnano nel servizio a Krishna nel loro corpo spi-rituale come femmine. Questi due tipi di svabhåva esistonosia negli eterni associati di Ûrî Krishna che nei sådhaka cheseguono le loro orme (ånugatya)."

Vrajanåtha chiese: "Come praticano il rågånugå-sådha-

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te puro e attraente che anche i cari bhakta come Uddhavadesiderano ottenerlo. Niente può essere paragonato allakåma delle gopî; l'unico paragone è con sè stessa. La kåma-rüpå-rågåtmikå-bhakti si trova solamente a Vraja e da nes-sun'altra parte. La kåma di Kubjå di Mathurå non era ve-ramente kåma ma semplicemente rati (attaccamento). Lakåma che sto descrivendo non ha nessun nesso con quelladi Kubjå."

Vrajanåtha: "Cos'è la sambandha-rüpå-bhakti?"Båbåjî rispose: "La sambandha-rüpå-bhakti è quella de-

vozione a Krishna in cui si assume un'abhimåna (una con-cezione o identità) come ad esempio: "Sono il padre diKrishna" o "Sono la madre di Krishna". A Vraja la devo-zione di Nanda Mahåråja e Madre YaΩodå seno esempi disambandha-rüpå bhakti.

Si ottiene la propria svarüpa (forma spirituale eterna)sviluppando i bhåva (sentimenti) sia di kåma-rüpå che disambandha-rüpå. Perciò entrambi questi bhåva sono il ri-fugio dei nitya-siddha-bhakta (anime eternamente liberate)e sono stati menzionati solamente nell'analisi della rågå-nugå-bhakti. Puoi vedere perciò che ci sono due tipi di rågå-nugå-sådhana-bhakti (pratica della rågånugå-bhakti):kåmånugå e sambandhånugå."

Vrajanåtha chiese: "Ti prego spiegami la natura dikåmånugå nella rågånugå-sådhana-bhakti."

Båbåjî rispose: “Kåmånugå è il desiderio di seguire lakåma-rüpå-bhakti ed è di due tipi: sambhoga-icchåmayî etat-tad-bhåva-icchåmayî."

Vrajanåtha chiese: “Cos'è la sambhoga-icchåmayî?"Båbåjî rispose: "Sambhoga-icchåmayî è il desiderio di

impegnarsi in gioiosi passatempi (keli) con Krishna. I tra-scendentali passatempi giocosi di Krishna con le gopî sonodefiniti sambhoga."

Vrajanåtha chiese: "Cos'è tat-tad-bhåva-icchåmayî?"

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(potenza interna) di Krishna e le otto principali sakhî (ami-che) sono le Sue prime kåya-vyüha (espansioni corporee).Le altre sakhî vengono successivamente come ulteriorikåya-vyüha di Ûrîmatî Rådhikå. Tutte queste sakhî sononitya-siddha; esse sono svarüpa-Ωakti-tattva (trasformazio-ni della potenza interna) non jîva-tattva (trasformazioni del-la potenza marginale). Le sakhî di Vraja che hanno otte-nuto la perfezione compiendo il sådhana, seguono le asso-ciate eterne (parikara) di Ûrîmatî Rådhårå∫î e sono defini-te sådhana-siddha jîve. Essendo state investite della poten-za della hlådinî-Ωakti (potenza interna) esse ottengono så-lokya, la residenza nel vraja-apråk®ta-lîlå (il luogo dei pas-satempi eterni) assieme alle nitya-siddha-sakhî, le ragazzeche vivono eternamente a Vraja. Le jîve che raggiungonola perfezione con il processo del rågånugå-sådhana nel sen-timento di Ω®∫gåra-rasa (amore coniugale) sono incluse trale sådhana-siddha sakhî.

Chi serve Krishna solamente seguendo i principi dellavidhî-mårga, con il desiderio (riraµså) di gioire con Krishnaper la propria soddisfazione, partecipa al gruppo delle regi-ne di Krishna a Dvårakå. Non si può diventare seguaci del-le vraja-gopî soltanto con la vidhî-mårga. Tuttavia chi sicomporta esternamente secondo i principi della vidhî-mår-ga ma internamente pratica il sådhana della råga-mårga, ot-tiene il vraja-sevå (servizio a Vraja)."

Vrajanåtha chiese: "Come si può soddisfare il desideriodi godimento, rama∫a ovvero riraµså?"

Båbåjî rispose: "Chi possiede il sentimento delle reginedi Krishna (mahißî-bhåva) è propenso al pudore (dh®ß†atå)e s’impegna nel servizio a Krishna come una moglie(g®hinî). Non ha il desiderio di servire come fanno le mera-vigliose vraja-sundarî."

Vrajanåtha disse: "Ti prego, spiegami questo punto piùchiaramente."

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Capitolo Ventuno

na con il bhåva delle vraja-gopî coloro che hanno la formamaschile?"

Båbåjî rispose: "Chi, in accordo alla sua adhikåra (qua-lifica), ha sviluppato ruci (gusto) per lo Ω®∫gåra-rasa (rela-zione d'amore) può essere esternamente maschio, ma nelsuo corpo spirituale (siddha-Ωarîra) avere una forma fem-minile. In quella siddha-Ωarîra si impegna nel servizio aKrishna seguendo le orme di una particolare gopî a secon-da del suo ruci (gusto) e del sentimento che scaturisce dal-la reale e intrinseca natura (svabhåva). Il Padma Purå∫adescrive gli uomini che hanno questo tipo di bhåva. Quan-do i saggi di Da∫∂akåra∫ya videro la bellezza senza prece-denti di Ûrî Råmacandra, compirono il bhajana con un de-siderio di averLo come marito. Ottennero così più tardi laforma di gopî nei passatempi di Gokula e si impegnarononel servizio di Ûrî Hari con kåma-rüpå-rågåmayî-bhakti."

Vrajanåtha chiese: "Abbiamo sentito dire che le donnedi Gokula sono nitya-siddha (anime eternamente liberate)che appaiono a Vraja per alimentare i passatempi diKrishna. Se ciò è vero, come si concilia con le affermazionidel Padma Purå∫a?"

Båbåjî rispose: "Coloro che sono nitya-siddha-gopî par-tecipano con facilità alla danza råsa di Ûrî Krishna. Gli altrinascono come gopî dopo aver ottenuto la siddhi (perfezio-ne) attraverso la kåmarüpå-sådhana-bhakti. Secondo loΩloka: 'tå våryamånå˙ paribhi˙ pit®bhir bhråt®-bandhubhi˙(Ûrîmad-Bhågavatam 10.29.8)', ottengono la loro apråk®ta-svarüpa (forma spirituale non manifesta) rendendo mana-sa-sevå (servizio devozionale con la mente) a Krishna. Que-sti erano per la maggiorparte i maharishi diDa∫∂akåra∫ya."

Vrajanåtha chiese: "Puoi spiegare per favore chi sono legopî nitya-siddha e le gopî sådhana-siddha?"

Båbåjî rispose: "Ûrîmatî Rådhårå∫î è la svarüpa-Ωakti

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si può chiamare kåma, seppur diretto verso Krishna.La ja∂îya-kåma (lussuria rivolta verso la materia inerte

e senza vita) è basata sulla gratificazione dei sensi ed è unasemplice trasformazione della miseria. E' indegna e spre-gevole. Al contrario la kåma basata su prema è piena diånanda (felicità) ed è di grande valore e sempre gioiosa.Poichè la pråk®ta-kåma, la lussuria mondana, è insignifi-cante e detestabile, non devi esitare nell'usare la parolaapråkrta-kåma, lussuria trascendentale."

Vrajanåtha chiese: "Ora, ti prego, spiegami della rågå-nugå-bhakti basata sulla relazione parentale (sambandha-rüpa)."

Båbåjî rispose: "La sambandhånugå-bhakti è intrisa delsentimento di sentirsi legati a Krishna da una parentela epuò essere di tre tipi: di dåsya (servitudine), di sakhya (ami-cizia) e di våtsalya (sentimento dei genitori). 'Sono il servi-tore di Krishna e Krishna è il mio padrone', oppure 'Sonol'amico di Krishna' o infine 'Sono il padre o la madre diKrishna', questi sono i sentimenti presenti in tale relazione.La sambandhånugå-bhakti si manifesta prevalentementesolo negli abitanti di Vraja."

Vrajanåtha chiese: "Come si coltiva la rågånugå-bhakticon un sentimento di servitore, amico o parente?"

Båbåjî rispose: "Chi ha sviluppato ruci (gusto) per il då-sya-rasa (relazione di servizio) segue gli eterni servitori diKrishna come Raktaka e Patraka servendo Krishna con illoro stesso sentimento di servizio, caratterizzato cioè damadhura-bhåva (dolcezza). Chi ha ruci per il sakhya-rasa(relazione di amicizia) serve Krishna con il bhåva (senti-mento) e ce߆å (impegno) di uno dei priya-sakhå, cari ami-ci di Krishna come ad esempio Subala. Chi ha ruci per il våt-salya-rasa (relazione di parentela) s’impegna nel servizio aKrishna seguendo i bhåva e le attività dei bhakta come Nan-da e YaΩodå, i genitori di Krishna."

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Båbåjî rispose: "Il sentimento di mahißî-bhåva è il sådha-na-sevå in cui si ricerca la concezione spirituale di Krishnacome proprio marito. La relazione che si stabilisce con ÛrîKrishna quando si ha questo mahißî-bhåva è definitasvakîya, amore coniugale. Coloro che hanno ottenuto ilmahißî-bhåva nello stadio di sådhana non sperimentano ilparakîya-rasa (amore dell'amante) delle gopî di Vraja e per-ciò non possono seguire le orme delle gopî che hanno il pa-rakîya-bhåva. Di conseguenza l'unico modo per ottenere ilvraja-rasa è di praticare la rågånugå-sådhana-bhakti con unsentimento di parakîya-bhåva (amante)."

Vrajanåtha disse: "Per tua misericordia ho compresotutto fino a questo punto. Ora, ti prego, spiegami la diffe-renza tra kåma (lussuria trascendentale) e prema (amore di-vino). Se non sono differenti può allora il termine prema-rüpa essere utilizzato al posto di kåma-rüpa? La parola kå-ma sembra indicare qualcosa di rude."

Båbåjî rispose: "C'è della differenza tra kåma e prema.C'è prema anche nella sambandha-rüpa rågåmayî-bhakti(amore nella relazione di parentela). In questo non c'è dif-ferenza tra queste due bhakti (kåma-bhakti e sambandha-bhakti); ma nella sambandha-rüpå-bhakti kåma non è pre-sente, in altre parole non c'è desiderio di sambhoga (soddi-sfare i desideri d'amore di Krishna); è un prema privo dipassatempi giocosi (keli). Prema diventa kåma-rüpå-bhak-ti quando è combinato con il desiderio di sambhoga (appa-gare i desideri d'amore di Krishna). La kåma-rüpå-bhaktinon è presente in nessun altro råsa; si trova solamente nel-lo Ω®∫gåra-rasa delle Vraja-devî. Kåma in questo mondomateriale prende la forma della gratificazione dei sensi ed èmolto diversa dalla apråk®ta-kåma, la kåma del mondo tra-scendentale. La kåma di questo mondo materiale è solo unriflesso perverso o una trasformazione dell'immacolataapråk®ta-kåma. Persino il bhåva (sentimento) di Kubjå non

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una mañjarî (giovane ancella) di Lalitå-devî. Che servizio tipiace compiere?"

Vijaya disse: "Desidero che Ûrîmatî Lalitå-devî mi con-ceda il permesso di confezionare delle ghirlande di fiori.Vorrei confezionare graziose ghirlande di bellissimi fiori de-licati e porgerle nella mani di loto di Lalitå sakhî. Lei allo-ra guarderà verso di me con una misericordia infinita, conuno sguardo pieno di amore e poi metterà le ghirlande at-torno al collo di Ûrî Ûrî Rådhå e Krishna."

Båbåjî rispose: "Ti benedico affinchè tu possa ottenerela perfezione che ti sei riproposto nel tuo sådhana."

Quando Vijaya sentì le benedizioni affettuose di BåbåjîMahåΩaya, cadde ai piedi di loto del suo precettore e pian-se. Vedendo il suo stato emotivo, Båbåjî disse: "Proseguinel praticare la rågånugå-sådhana-bhakti con questo senti-mento ed esternamente segui il comportamento stabilitodalle regole della vaidhî-sådhana-bhakti in modo regolare."

Dopo che Vrajanåtha vide la ricchezza spirituale diVijaya Kumåra a mani giunte e umilmente si rivolse aBåbåjî dicendo: "Maestro, ogni volta che medito sui passa-tempi di Krishna, nel mio cuore nasce un desiderio di ser-virLo seguendo le orme di Subala."

Båbåjî chiese: "Qual è in cuor tuo il servizio che deside-ri compiere?"

Vrajanåtha rispose: "Quando i vitellini si allontanano incerca di pascolo, vorrei riportarli a Subala. QuandoKrishna si siede in un posto a suonare il Suo flauto, con ilpermesso di Subala lascerò le mucche bere l'acqua e poi leriporterò a fratello Krishna. Questo è il mio desiderio delcuore."

Båbåjî disse: "Ti benedico affinchè tu possa ottenere ilservizio a Krishna seguendo le orme di Subala. Tu sei qua-lificato per coltivare un sentimento di amicizia (sakhya-ra-sa).”

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Vrajanåtha chiese: "Cosa significa seguire il ce߆å e i bhå-va?"

Båbåjî rispose: "Secondo la propria intrinseca natura(siddha-bhåva), si manifestano verso Krishna dei senti-menti (bhåva), degli sforzi (ce߆å) e delle attività (vyavahå-ra) specifici. Per esempio Nanda Mahåråja ha un senti-mento di affetto paterno verso Krishna, quindi si devono se-guire tutte le attività che egli compie per dare piacere aKrishna ed essere guidati dall'affetto paterno, ma non bi-sogna mai considerarsi Nanda Båbå, YaΩodå, Subala o Rak-taka; si devono seguire semplicemente i bhåva di questigrandi bhakta in accordo al proprio gusto (ruci); in casocontrario sarebbe un'offesa."

Vrajanåtha chiese: "Per quale tipo di rågånugå-bhaktiabbiamo l'adhikåra (qualifica)?"

Båbåjî rispose: "Figliolo, devi analizzare la tua svabhåva(sentimento intrinseco) e poi vedrai il corrispondente tipodi devozione per il quale sei qualificato. Un tipo specifico diruci si risveglierà a seconda del tua svabhåva e dovrai per-seguire il råsa (relazione) indicato per quel gusto (ruci). Perpoter coltivare quel råsa, dovrai seguire le orme di uno de-gli eterni associati di Krishna che è perfetto in questo. Perdeterminare il råsa è necessario semplicemente analizzare iltuo ruci. Se il tuo ruci è propenso a seguire la via del råga,allora dovrai agire in accordo a quel ruci; ma finchè non sidenota un'inclinazione per il sentiero del råga, devi sempli-cemente seguire con ferma fede i principi della vaidhî-bhak-ti."

A questo punto Vijaya intervenne: "Prabhu, ho studiatolo Ûrîmad-Bhågavatam a lungo ed ho ascoltato i k®ß∫a-lîlåogniqualvolta ho avuto l'opportunità. Ogni volta che parlodei k®ß∫a-lîlå nasce nel mio cuore un forte bhåva per servi-re la Coppia Divina come fa Lalitå-devî."

Båbåjî rispose: "Non è necessario andare oltre. Tu sei

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l'incantevole luce della luna scese sulla terra come una doc-cia d'argento. Una brezza inebriante soffiava dalle monta-gne Malayan creando una piacevole sensazione mentale. Idue si sedettero sotto un albero åµvalå in un bellissimo luo-go nascosto vicino a Lakßmana Tîlå e iniziarono a parlare.

Vijaya disse: "Vrajanåtha, il desiderio del nostro cuoreè stato soddisfatto. Per la grazia dei Vaiß∫ava certamentesaremo benedetti dalla misericordia di Krishna. Ora dob-biamo decidere sul nostro futuro. Dimmi francamente, co-sa vuoi fare? Vuoi sposarti o vuoi diventare un mendican-te? Non voglio creare nessuna pressione su di te; voglio so-lamente che tu mi faccia conoscere le tue intenzioni, così dapoterle comunicare alla mamma."

Vrajanåtha rispose: "Zio, ti ho sempre rispettato moltoe oltre tutto tu sei uno studioso ed un Vaiß∫ava. Tu sei sta-to il mio guardiano fin da quando mio padre è morto e sonopronto ad agire secondo il tuo ordine. Sono agitato perquanto riguarda il matrimonio perchè non voglio intrappo-larmi nel mondo materiale e cadere dalla mia realizzazionedella suprema realtà spirituale. Qual è la tua opinione?"

Vijaya disse: "Non voglio importi nulla. Devi decideretu sul da farsi."

Vrajanåtha rispose: "Sarebbe giusto chiedere istruzionia Gurudeva e agire in accordo ad esse."

Vijaya disse: "Questa è una buona idea. Domani ascol-teremo le decisioni di Prabhupåda su questo."

Vrajanåtha chiese: "Zio, qual è la tua decisione? Reste-rai un g®hastha o diventerai un mendicante?"

Vijaya rispose: "Figliolo, come te anch'io sono indeciso.A volte penso di abbandonare il g®hastha-åΩrama e diven-tare un mendicante; e a volte penso che se lo facessi il miocuore si inaridirebbe e sarei privato del bhakti-rasa. Pensosia giusto accettare l'ordine di Ûrî Gurudeva al riguardo eagire di conseguenza. Farò come lui dice."

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E' meraviglioso come da quel giorno in poi, nella mentedi Vijaya Kumåra iniziò a sbocciare un sentimento di servi-trice (dåsî) di Ûrîmatî Lalitå-devî ed egli iniziò a vedere Ûrî-la Båbåjî Mahåråja come la personificazione di Ûrî Lalitå-devî.

Vijaya esclamò: "Maestro! Che altro rimane da saperesu questo argomento. Ti prego dammi i tuoi ordini."

Båbåjî rispose: "Non c'è altro. Devi solo conoscere il no-me, la forma, l'abito e tutto il resto del tuo siddha-Ωarîra(corpo spirituale). Vieni da me un'altra volta da solo e tidirò tutte queste cose."

Vijaya Kumåra offrì da∫∂avat-pra∫åma ai piedi del suoprecettore e disse: "Come desidera il mio maestro."

Da quello stesso giorno anche Vrajanåtha iniziò a vede-re Båbåjî come la personificazione di Subala. Båbåjî dissea Vrajanåtha: "Vieni anche tu da solo un'altra volta e ti ri-velerò il tuo nome, forma, abito e ornamenti del tuo corpospirituale."

Vrajanåtha offrì da∫∂avat-pra∫åma e disse: "Come de-sidera il mio maestro."

Vrajanåtha e Vijaya Kumåra avevano guadagnato la lo-ro grande fortuna e dal quel giorno si impegnarono nellepratiche spirituali del rågånugå-sådhana. Esternamentetutto era rimasto come prima, ma le loro emozioni interio-ri erano cambiate. Esternamente Vijaya Kumåra si com-portava esclusivamente come un uomo, ma internamente sisentiva pervaso da una natura femminile (strî-bhåva); men-tre all'interno di Vrajanåtha apparve il suo intrinseco senti-mento (svabhåva) di pastorello.

La notte profonda era già giunta ed entrambi tornaronoverso casa cantando sul loro japa-mala il mahå-mantra cheavevano ricevuto dal loro precettore: Hare Krishna, HareKrishna, Krishna Krishna, Hare Hare, Hare Råma, HareRåma, Råma Råma, Hare Hare. Era circa mezzanotte e

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CAPITOLO VENTIDUEPrameya: Prayojana-tattva

Era il giorno di EkådaΩî e a Ûrîvåsångana i Vaiß∫ava sta-vano facendo il kîrtana sopra una grande piattaforma rial-zata, all'ombra di un albero Bakula. Alcuni sospiravano:"Ah Gaurånga! Ah Nityånanda!" Nessuno però capiva inche sentimento (bhåva) fosse l'anziano Båbåjî. Proprio da-vanti ai loro occhi egli si immobilizzò poi, poco dopo scop-piò a piangere gridando: "Me misero! Dov'è il mio Rüpa?Dov'è il mio Sanåtana? Dov'è il mio Dåsa Gosvåmî?Dov'è il mio K®ß∫adåsa Kaviråja, il fratello più caro al miocuore? Dove sono andati lasciandomi qui solo? Che ver-gogna restare vivo solo per tollerare la separazione da loro!Sono distrutto dal dolore di questa separazione. Persino ilricordo del Rådhå-ku∫∂a mi reca dolore. La mia forza vi-tale è agonizzante. Solamente vedere Rüpa e Sanåtana po-trà salvare questa mia vita derelitta. Non sono ancora mor-to, anche se da loro separato! In ogni modo son condanna-to!" Ciò dicendo prese a rotolarsi per terra nel cortile.

I Vaiß∫ava presenti tutti gli dissero: "Båbåjî, sii paziente.Rüpa e Raghunåtha sono nel tuo cuore. Guarda qui, ÛrîCaitanya Mahåprabhu e Nityånanda Prabhu danzano da-vanti a te."

"Oh! Dove?" Båbåjî balzò subito in piedi e vide davan-ti a sè Ûrî Caitanya Mahåprabhu, Ûrî Nityånanda Prabhu,Ûrî Advaita Prabhu, Ûrî Gadådhara, Ûrîvåsa e tutti i devotiche danzavano nel kîrtana, totalmente assorti nel più altosentimento di amore per Krishna (mahåbhåva). Nel vederciò egli esclamò: "Benedetta sia Måyåpura! Solamente Ûrî

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Realizzando che la notte era ormai fonda, zio e nipotetornarono a casa cantando l'Hari-nåma, poi, onorato il pra-såda, andarono a dormire.

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sce nel madhura-rasa lo stato di bhåva. In altre parole nascenel cuore un sentimento che segue quello dei cari associatidi Ûrî Ûrî Rådhå Krishna a Vraja. Gradualmente la jîva rag-giunge una felicità e una prosperità che non trova raffrontiin questo mondo, nel servizio supremo alla felicità assoluta(paramånanda-tattva), conosciuta come vilåsa. Per la jîvanon esiste bene più grande.'

Questo Ωloka descrive il prayojana-tattva (fine ultimo),lo stadio di prema. Il primo livello di prema è bhåva:

prabhu˙ ka˙ jîva˙ katham idam acid-viΩvam iti våvicåryaitån arthan hari-bhajana-k®c chåstra-catura˙abhedåΩaµ dharmån sakalam aparådham pariharan

harer nåmånandaµ pibati hari-dåso hari janai˙DaΩa-müla 10b

'Chi è Krishna? Chi sono io, jîva? Cos'è questo mondomateriale temporaneo (acit) e cos'è l'eterno mondo spiritua-le (cit)? Colui che è fedele esclusivamente al bhajana di ÛrîHari e ha fatto un'analisi intelligente degli Ωåstra Vaiß∫avacon la guida dei Ωuddha-bhakta, evitando ogni offesa e supe-rando l’attaccamento al dharma (religiosità) e all'adharma(irreligiosità), che ha riflettuto trovando risposta a tutte le do-mande, è il servitore di Ûrî Hari e beve il sublime nettare diÛri-hari-nåma in compagnia di altri hari-jana.'

Questi DaΩa-müla sono incomparabilmente ricchi, in es-si sono state espresse in modo conciso tutte le istruzioni diÛrîman Mahåprabhu."

Vijaya disse: "Desidererei ascoltare brevemente, dellarilevante posizione dei DaΩa-müla."

"Allora ascolta." Rispose Båbåjî.saµsevya daΩa-mülaµ vai hitvå 'vidhyåm ayaµ jana˙

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Måyåpura può alleviare la pena della separazione daVraja." Quando la scena scomparve, egli a lungo continuòa danzare. Più tardi, quando si fu calmato, sedette all'in-terno della sua capanna.

In quel momento sopraggiunsero Vijaya Kumåra eVrajanåtha che offrirono omaggi ai suoi piedi di loto. Ve-dendoli, Båbåjî Mahåråja lietamente chiese loro: "Comeprosegue il vostro bhajana?"

Entrambi umilmente e a mani giunte dissero: "Abbia-mo bisogno della tua misericordia: è tutto per noi. Solo perle suk®ti (attività pie) accumulate in molte vite abbiamo po-tuto agevolmente rifugiarci ai tuoi piedi di loto. Dato cheoggi è EkådaΩî, con il tuo permesso vorremmo osservare ildigiuno nirjala (senza bere neppure acqua). Ora siamo ve-nuti per vederti."

Båbåjî rispose: "Siate benedetti. Molto presto raggiun-gerete lo stadio di bhåva (emozioni estatiche)."

Vijaya chiese: "Prabhu, cos'è bhåva? Fin'ora non ci haidetto nulla al riguardo. Ti prego, concedi a noi la tua mise-ricordia e spiegaci questo argomento."

Båbåjî rispose: "Fino a questo punto vi ho istruito sola-mente sulla pratica del sådhana che, se costante, porta gra-dualmente ad uno stadio di perfezione. Bhåva è la condi-zione preliminare alla perfezione (siddha-avasthå). Il DaΩa-müla 10 così descrive questo stadio perfetto:

svarüpåvasthåne madhura-rasa-bhåvodaya ihavraje rådhå-k®ß∫a-svajana-jana bhåvaµ h®di vahanparånande prîtiµ jagad-atula-sampat-sukham aho

vilåsåkhye tattve parama-paricaryåµ sa labhate

'Nello stadio maturo di pratica devozionale (sådhana-bhakti), quando la jîva si situa nella sua forma spirituale pu-ra (svarüpa), per influenza della potenza interna hlådinî, na-

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mentali della jîva marginale. Quando, per misericordia diKrishna o del Suo bhakta, la svarüpa-Ωakti si manifesta nelcuore della jîva, la facoltà cognitiva (saµvit-v®tti) della po-tenza divina (svarüpa-Ωakti) inizia ad agire all'interno delcuore. Quando ciò accade, viene rivelata la conoscenza delregno spirituale (cit-jagat).

Il mondo spirituale è costituito da pura virtù (Ωuddha-sattva) mentre il mondo materiale è una combinazione deitre modi della natura materiale: sattva, rajo e tamas. Lacombinazione della hlådinî-Ωakti (potenza di piacere) conla conoscenza del mondo spirituale rende capaci di gustarela dolcezza di quel regno e quando questo gusto raggiungeil suo culmine si definisce prema.

Se si paragona prema al sole, bhåva può essere parago-nata ad un solo raggio (kira∫a). La natura intrinseca (svarü-pa) di bhåva è di essere un raggio del sole di prema e la suacaratteristica peculiare (viΩeßatå) è di purificare il cuore del-la jîva addolcendolo o sciogliendolo (mas®∫a). Il termineruci include tre desideri: 1) poter servire Rådhå e Krishna(pråpty-abhilåßa); 2) fare ciò che dà piacere a Krishna(anukülya-abhilåßa) e 3) servire Krishna con amore ed af-fetto (sauhårda-abhilåßa).

Bhåva si può definire l’alba di prema. La parola mas®∫asignifica cuore sciolto e tenero: nei tantra, bhåva è stata de-finita come lo stadio preliminare di prema, e quando si ma-nifestano i primi sintomi si hanno brividi ed altre emozionidovute all'estasi (såttvika-vikåra). Lo stadio di bhåva è in-nato (svata˙-siddha) nelle anime eternamente liberate(nitya-siddha-bhakta); ciò significa che la pura virtù(Ωuddha-sattva) è presente in loro eternamente e non si ma-nifesta solo in un dato momento.

Nelle anime condizionate (baddha-jîve) queste emozio-ni (bhåva) si trovano all'interno della mente (mano-v®tti) epoi si identificano con il sè (svarüpatå) perciò anche se bhå-

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bhåva-pußtiµ tathå tußtiµ labhate sådhu-sangata˙DaΩa-müla-mahåtmya

'Quando la jîva studia e mette attentamente in praticaquesti DaΩa-müla, allontana da sè la malattia materiale del-l'ignoranza. Successivamente, con l'associazione dei sådhu,essa si nutre per elevarsi a bhåva e ne trae completa soddi-sfazione.'”

Vijaya chiese: "Prabhu, fà che anche noi ci si possa or-nare con questo incomparabile gioiello dei DaΩa-müla. Lireciteremo ogni giorno offrendo rispettosi omaggi a ÛrîmanMahåprabhu. Ora, sii gentile, parlaci di bhåva (emozionispirituali)!"

Båbåjî rispose: "L'aspetto caratterizzante di bhåva èquello di essere fondata nella virtù pura (Ωuddha-sattva-viΩeßa-rüpa-tattva). Bhåva può essere paragonata ad un fi-nissimo raggio del sole di prema.

La natura costitutiva (svarüpa-lakßa∫a) di bhåva si erigenella pura virtù (viΩuddha-sattva). Bhåva è conosciuta an-che con il nome di rati e a volte prende il nome dipremånkura, germoglio dell'amore divino. La propensio-ne a conoscere il divino (saµvit-v®tti) è un aspetto dell'illu-minante potenza spirituale (svarüpa-Ωakti) ed è lo stadio divirtù immacolata (Ωuddha-sattva), non connesso a måyå.Quando questa conoscenza divina (saµvit-v®tti) si combinacon la propensione a ricercare la felicità pura (hlådinî-v®tti),bhåva si manifesta.

Si conosce un oggetto (vastu) se si ha la propensione adesserne coscienti (saµvit-v®tti); e lo si gusta con la propen-sione alla felicità immacolata (hlådinî-v®tti). Krishna è l'o-biettivo supremo e la Sua svarüpa (natura intrinseca) puòessere compresa solo tramite la qualità illuminante della po-tenza spirituale (svarüpa-Ωakti), non certo con le facoltà

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trasforma in ruci (gusto). Ma nel caso di bhåva che scaturi-sce dalla devozione con amore spontaneo (rågånugå-sådha-na), ruci (gusto) si manifesta immediatamente."

Vrajanåtha chiese: "E bhåva che nasce dalla misericor-dia di Krishna o del Suo bhakta (prasåda-ja-bhåva)?"

Båbåjî rispose: "Bhåva che nasce dalla misericordia diKrishna o del Suo bhakta (prasåda-ja-bhåva) è quell'emo-zione che scaturisce spontaneamente senza la necessità diqualche tipo di sådhana."

Vrajanåtha chiese: "Ti prego, spiegaci meglio."Båbåjî rispose: "La misericordia di Krishna viene distri-

buita in tre modi: 1) con le parole (våcika), 2) con lo sguar-do (åloka-dåna) e 3) per grazia ricevuta nel cuore (hårda).Supponiamo che Krishna elargisca la Sua misericordia a unbråhma∫a dicendogli: "Migliore tra i nati due volte, che labhakti suprema, estatica e ininterrotta nasca in te." Sem-plicemente con queste parole våcika-prasåda-ja-bhåva na-scerà nel cuore.

I rishi che abitavano nella foresta non avevano mai vistoKrishna prima, ma quando poterono vederLo, subito nei lo-ro cuori si manifestò bhåva: questo è il potere della miseri-cordia di Krishna! Questo è un esempio di bhåva che nascedallo sguardo di Krishna (åloka-dåna).

Bhåva che nasce nel cuore per grazia ricevuta è definitahårda-bhåva, ed un esempio di questo tipo lo troviamo nel-la storia della vita di Ûukadeva Gosvåmî e di altri bhakta.Quando Krishna discese come Ûrî Caitanya Mahåprabhu inmolte occasioni questi tre tipi di bhåva scaturirono dalla Suamisericordia. Sono incalcolabili le persone in cui bhåva sca-turì dopo aver visto Ûrîman Mahåprabhu. Jagåi e Mådhåisono esempi di bhåva scaturita dalle parole del Signore; an-che Jîva Gosvåmî ottenne bhåva direttamente nel cuore(hårda-bhåva) per misericordia di Ûrî Gaurånga."

Vrajanåtha chiese: "Quale bhåva deriva dalla miseri-

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va si manifesta da sè (svayaµ-prakåΩa), la sua comparsasembra avere una qualche altra causa (prakåΩya). Funzio-ne naturale di bhåva è quella di rivelare l'identità intrinse-ca (svarüpa) di Krishna e dei Suoi dolci passatempi. Bhåvasi manifesta nelle facoltà mentali (mano-v®tti) ma sembrache la causa vada attribuita a qualche altra facoltà di cono-scenza. In realtà la natura di rati è il gusto in sè (svayam-åΩvådana-svarüpa); vale a dire che per il bhakta è sia l'og-getto del gusto e del godimento sia ciò che gli fa gustareKrishna e i Suoi lîlå."

Vrajanåtha chiese: "Quanti tipi di bhåva (emozioni) cisono?"

Båbåjî rispose: "Due, che nascono da due differenti cau-se. La prima è il risultato di ardenti pratiche spirituali(sådhana-abhiniveΩa-ja-bhåva); la seconda si manifesta perinfluenza della misericordia di Krishna o dei bhakta diKrishna (prasåda-ja-bhåva). Bhåva che nasce come conse-guenza delle pratiche del sådhana è la più diffusa; bhåva chescaturisce da una speciale misericordia è molto rara."

Vrajanåtha chiese: "Parlaci della bhåva che nasce dallapratica devozionale (sådhana-abhiniveΩa-ja-bhåva)."

Båbåjî rispose: "Ci sono due tipi di emozioni (bhåva)che nascono dalla pratica: quelle che scaturiscono dalla pra-tica della bhakti regolata (vaidhî-mårga) e quelle che scatu-riscono dalla pratica della bhakti spontanea (rågånugå-mår-ga). Prima di bhåva (emozioni estatiche) appare ruci (gu-sto) seguito dall'attaccamento a Krishna (åsakti) e alla fineappare rati (intensa attrazione). Bhåva e rati vanno consi-derati su di un piano equalitario perchè così è scritto neiPurå∫a e negli Ωåstra che definiscono i canoni delle operedrammatiche (natya-Ωåstra).

Nel caso di bhåva che nasce dalla pratica improntata sul-le regole degli sastra (vaidhî-sådhana), all'inizio appareΩraddhå (fede), poi segue ni߆hå (ferma fede), che infine si

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Båbåjî rispose: "Virakti significa non aver interesse perla gratificazione dei sensi."

Vijaya chiese: "Le persone che hanno accettato veΩa,l'ordine di rinuncia di sannyåsî o i båbåjî, possono definirsidistaccati?"

Båbåjî rispose: "VeΩa è una questione di etichetta socia-le. Quando bhåva appare nel cuore, il gusto (ruci) per la spi-ritualità diventa molto forte mentre quello per la materialitàgradualmente diminuisce. Alla fine, quando bhåva si mani-festa completamente, il gusto per il mondo materiale prati-camente si annulla (Ωünya-pråya). Questa situazione vienedefinita distacco, virakti. E’ distaccato quel Vaiß∫ava che haottenuto virakti e che poi accetta il vaiß∫ava-veΩa per ridur-re le sue esigenze pratiche. Tuttavia gli Ωåstra dicono di nonaccettare veΩa prima che bhåva appaia, altrimenti non è ve-ro veΩa. Ûrîman Mahåprabhu elargì al mondo questo inse-gnamento quando punì Chota Haridåsa."

Vijaya chiese: "Cos'è måna-Ωünyatå, essere liberi dal-l'orgoglio?"

Båbåjî rispose: "L'orgoglio (abhimåna) nasce quando cisi identifica con la propria ricchezza, forza, bellezza, posi-zione elevata, casta, buona famiglia, lignaggio e così via.Måna-Ωünyatå significa essere liberi dall'orgoglio di posse-dere queste qualità materiali. Il Padma Purå∫a fornisce unottimo esempio di måna-Ωünyatå: c'era una volta un impe-ratore saggio, re di tutti gli altri re, nel cui cuore, per suabuona fortuna, nacque la k®ß∫a-bhakti. Egli lasciò tutte lesue opulenze e l’orgoglio di essere imperatore per mante-nersi elemosinando nelle città dei suoi nemici. Egli rispet-tava chiunque, fossero bråhma∫a o nemici."

Vijaya chiese: "Cos'è åΩå-bandha, essere pieni di spe-ranza?"

Båbåjî rispose: "Significa impegnare la mente nel bhaja-na con la fede che Krishna concederà la Sua misericordia."

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cordia del bhakta?" Båbåjî rispose: "Dhruva e Prahlåda ottennero bhåva da

Bhagavån tramite la misericordia di Nårada Muni e la bhå-va-bhakti è nata nel cuore di moltissime persone per mise-ricordia di Ûrî Rüpa, di Sanåtana e di altri associati (pårßa-da) di Krishna."

Vijaya intervenne chiedendo: "Quali sono i sintomi del-la presenza di bhåva?"

Båbåjî rispose: "Nel momento in cui appare bhåva ilsådhaka mostra le seguenti caratteristiche:

1) kßånti, tolleranza;2) avyårtha-kålatva, consapevolezza di non perdere tempo;3) virakti, distacco;4) måna-Ωünyatå, libertà dall'orgoglio;5) åΩå-bandha, essere pieni di speranza 6) utka∫†hå, avere un intenso desiderio;7) nåma-gåne sadå ruci, avere il piacere di cantare sem-

pre Ûrî-hari-nåma;8) åsaktis tad-gu∫åkhyåne, essere attratti ad ascoltare

delle qualità assolute di Ûrî Hari;9) tad-vasati-sthale prîti, provare affetto per i luoghi dei

passatempi di Krishna.

Vijaya chiese: "Cos'è kßånti, la tolleranza?"Båbåjî rispose: "Kßånti significa rimanere sempre tran-

quilli anche quando c'è motivo per agitarsi mentalmente.Kßånti può essere anche definita kßamå."

Vijaya chiese: "Cos'è avyårtha-kålatva, la consapevo-lezza di non perdere tempo?"

Båbåjî rispose: "Significa non lasciare mai che un mo-mento passi inutilmente e quindi essere costantemente im-pegnati nell'hari-bhajana."

Vijaya chiese: "Ti prego, spiegami il significato di virak-ti, il distacco."

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ramå di Ûrî Navadvîpa-dhåma chiede: 'O residenti del dhå-ma, dov'è il luogo in cui nacque il caro Maestro della nostravita? Che direzione prendeva il gruppo di kîrtana di Mahå-prabhu? Vi prego, ditemi dove il nostro Maestro passava lamattina in compagnia dei pastorelli.' Allora i residenti deldhåma rispondono: 'Questo luogo dove ci troviamo è ÛrîMåyåpura. Il posto che vedi qui di fronte, recinto da un bo-schetto di piante di tulasî, è quello in cui avvenne la prezio-sa apparizione di Ûrîman Mahåprabhu. Guarda i villaggi diGangånagara, Simuliyå, Gådigåchå, Majidå e altri. Il pri-mo gruppo di saõkîrtana di Mahåprabhu attraversò questivillaggi.' Ascoltando questi dolci discorsi saturi di premadalla bocca dei residenti di Gau∂a, il corpo del bhakta fre-me, il suo cuore è inondato di felicità e lacrime spuntano daisuoi occhi. In questo modo egli percorre a piedi tutti i luo-ghi dei passatempi di Mahåprabhu. Questo è l'affetto per iluoghi dove il Signore ha compiuto i Suoi passatempi (tad-vasati-sthale prîti)."

Vrajanåtha chiese: "Ciò significa che rati (intensa attra-zione) per Krishna è nato in quella persona che manifestaqueste emozioni?"

Båbåjî rispose: "No. Rati è l'attrazione per Krishna chenasce in modo spontaneo. Attrazioni simili si osservano an-che in relazione ad altri oggetti ma non si possono definirerati."

Vrajanåtha chiese ancora: "Potresti gentilmente farcidegli esempi per chiarire questo punto?"

Båbåjî rispose: "Supponiamo che un uomo desideri la li-berazione (mukti) ma che l'arida e difficile adorazione delnirviΩeßa-brahma gli risulti difficile. A quel punto egli sen-te da qualcuno che si può facilmente ottenere la mukti sem-plicemente pronunciando i nomi di Bhagavån. (Ad esem-pio Ajåmila ottenne facilmente la mukti pronunciando ilnome di Nåråya∫a.). Quando quest'uomo ne viene a cono-

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Vijaya chiese: "Che cos'è utka∫†hå, un intenso deside-rio?"

Båbåjî rispose: "E’ l'intensa aspirazione a soddisfare ildesiderio del proprio cuore."

Vijaya chiese: "Cos'è nåma-kîrtana-ruci, il piacere nelcantare Ûrî-hari-nåma?"

Båbåjî rispose: "Avere ruci, (gusto) per il nåma-kîrtanasignifica essere impegnati incessantemente nel canto del-l'Hari-nåma con la fede (viΩvåsa) che il Ûrî-nåma-bhajana èil più elevato tra i tipi di bhajana. Ruci per il nåma-kîrtanaè la chiave per ottenere la suprema auspiciosità. In un'altraoccasione spiegherò meglio la verità riguardante Ûrî-hari-nåma."

Vijaya chiese: "Cos'è åsaktis tad-gu∫åkhyåne, l'attacca-mento alle descrizioni delle trascendentali qualità diKrishna?"

Båbåjî rispose: "Nel Ûrî Krishna-kar∫åm®ta è scritto:

mådhuryåd api madhuraµ manmathatå tasya kim api kaiΩoramcåpalyåd api capalaµ, ceto bata harati hanta kiµ kurma˙

'Ûrî Krishna, il Cupido spirituale (manmatha) è più dol-ce di ciò che esiste di più dolce e la Sua adolescenza è più ir-requieta di ciò che vi è d’irrequieto. Le qualità di quel Cu-pido trascendentale superano ogni descrizione e catturanola mia mente. Cosa farò ora?'

Per quanto si possa ascoltare delle qualità di Krishna,non si sarà mai sazi di ascoltarle. L'attaccamento all'ascol-to aumenta di continuo, nè cessa il desiderio di ascoltarnesempre più."

Vijaya chiese: "Cos'è tad-vasati-sthale prîti, avere affet-to per i luoghi dove si sono svolti i passatempi di Krishna?"

Båbåjî rispose: "Quando un bhakta percorre il parik-

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scenza, diventa molto felice e, mentre ricorda del poteredello Ûrî-nåma di concedere la liberazione, si agita per l'e-stasi al pensiero di ricevere facilmente la liberazione. Eglicanta il Ûri-hari-nåma, piange di continuo e cade a terra in-cosciente. In questa circostanza i santi nomi pronunciati dalsådhaka che desidera la liberazione non sono puri (Ωuddha-nåma) e le bhåva (emozioni) che egli manifesta non sonoΩuddha-bhåva (k®ß∫a-rati) perchè i suoi sentimenti sponta-nei non sono diretti verso Krishna. Il suo principale obiet-tivo è di ottenere la mukti e non k®ß∫a-prema. Il nome cheegli pronuncia è definito nåma-åbhåsa (la sembianza delnome) e le emozioni che manifesta sono bhåva-åbhåsa(sembianza di bhåva).

Altro esempio è quello di una persona che adori Durgå-devî per ottenere godimenti materiali. Egli supplica: 'Tiprego, benedicimi! Dammi la ricchezza!' Fiducioso cheDurgå-devî adempirà il suo desiderio non appena sarà sod-disfatta, egli invoca: 'O Durgå!' E si rotola in terra pian-gendo. Le emozioni (bhåva) che costui manifesta piangen-do e rotolandosi per terra non sono Ωuddha-bhåva. A voltesono definite bhåva-åbhåsa e a volte si tratta di emozionifalse e impure (kubhåva). Bhåva non può manifestarsi fin-chè non si pratica l'adorazione pura di Krishna (Ωuddha-k®ß∫a-bhajana). Bhåva viene definita kubhåva o bhåva-åbhåsa quando nasce da un desiderio di godimento mate-riale (bhoga) o di liberazione (mokßa), anche se è in rela-zione a Krishna.

La parola kubhåva si riferisce a tutti i tipi di bhåva chenascono nel cuore di chi è contaminato dalla filosofiaMåyåvåda. Anche se una persona rimanesse incoscienteper sette prahara (tre ore), ciò non potrebbe di per sè defi-nirsi bhåva. Persino le anime liberate più elevate ricercanobhagavat-rati (attrazione per Bhagavån). Questo è il su-premo segreto che Krishna non svela facilmente neppure ai

Jaiva-dharma

bhakta completamente sinceri che hanno perfezionato lapratica del bhajana. Come potrebbe dunque nascere nelcuore di chi non ha Ωuddha-bhakti (pura devozione) ed èmacchiato dal desiderio di godimenti materiali e di libera-zione?"

Vrajanåtha chiese: "Prabhu, a volte coloro che hannodesiderio di godimenti materiali e di liberazione quandocompiono l'Hari-nåma-sankîrtana manifestano dei sintomiesterni di bhåva come quelli che tu hai descritto. Come sispiega?"

Båbåjî rispose: "Solo gli sciocchi si stupiscono nel vede-re i sintomi esterni di bhåva in questo tipo di persone; colo-ro che comprendono veramente la bhåva-tattva definisco-no questo tipo di bhåva una sembianza di rati (rati-åbhåsa)e ne prendono le distanze."

A questo punto Vijaya chiese: "Quanti sono i tipi di ra-ti-åbhåsa?"

Båbåjî rispose: "Le persone che desiderano la libera-zione pensano che si possa ottenere la mukti solamente tra-mite brahma-jñåna ma la disciplina spirituale della brahma-jñåna è difficile e complicata. Alcuni giungono a compren-dere che si può ottenere la mukti semplicemente compien-do l'Hari-nåma e che si può ottenere facilmente anche laconoscenza impersonale (brahma-jñåna) in questo modo,senza molti sforzi. Quando giungono a questa conclusionediventano molto felici e si aspettano di ottenere la muktisenza grandi difficoltà. Allora queste sembianze (åbhåsa)di sintomi come ad esempio pianto, pelle d'oca e così via, sirendono visibili sul corpo. Queste trasformazioni sono de-finite pratibimba-åbhåsa (i riflessi della sembianza)."

Vrajanåtha chiese: "Perchè si chiamano riflessi (prati-bimba)?"

Båbåjî rispose: "Se chi desidera la liberazione o il godi-mento materiale dei sensi ha la fortuna di associarsi con dei

Capitolo Ventidue

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mettono delle offese verso i bhakta di Krishna.Se una persona si associa assiduamente con coloro che

desiderano la liberazione, vedrà il suo bhåva diventare bhå-va-åbhåsa oppure potrà cadere vittima dell'orgoglio di pen-sare a sè stesso come ÈΩvara (Supremo Controllore). Perquesto a volte si nota che, quando un nuovo bhakta danza,sviluppa il desiderio di liberazione. Questi nuovi bhaktanon ponderano nè considerano attentamente la loro posi-zione e quindi si associano con chi ricerca la liberazione, eciò crea disturbo. I nuovi bhakta devono perciò evitare at-tentamente la compagnia di persone che aspirano alla libe-razione.

Occasionalmente e improvvisamente si riscontra la na-scita di bhåva in qualcuno senza una chiara ragione. Laspiegazione sta nel fatto che nella sua vita precedente egliha praticato il sådhana a lungo, pratica che non ha portatofrutti fino a quel momento a causa di vari impedimenti eostacoli. Ûuddha-bhåva fiorisce d’improvviso nel suo cuorequando questi ostacoli vengono rimossi. A volte uno statoeccellente di bhåva può nascere anche per misericordia sen-za causa di Krishna. Questo tipo di bhåva è definito Ωrî-k®ß∫a-prasåda-ja-bhåva.

Non si deve criticare una persona che ha manifestato ve-ra bhåva, anche se si notano dei piccoli errori nel suo com-portamento, perchè una volta che bhåva nasce, il sådhakaotterrà il pieno successo dei suoi sforzi. In tali circostanzenon è possibile che egli si comporti in modo peccaminosoma se si nota in lui un qualche comportamento di questo ge-nere, ci sono uno o due motivi: il maha-purußa-bhakta puòaver peccato per cause di forza maggiore ma non rimarrà inquella situazione permanentemente; oppure non sono an-cora state completamente distrutte le impressioni dei pec-cati (papa-åbhåsa) commessi nella vita precedente; esse so-no ancora presenti anche se in lui si è manifestata bhåva ma

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bhakta avanzati, inizierà ad adottare il processo dell'Hari-nåma-kîrtana. In quel momento alcuni riflessi della luna dibhåva, che splende nel cuore del Ωuddha-bhakta, appari-ranno anche nel cuore di chi aspira alla liberazione. Que-sto riflesso è definito pratibimba. Ûuddha-bhåva non nascemai nel cuore di chi desidera il godimento materiale dei sen-si o la liberazione, è invece un riflesso (bhåva-åbhåsa) chenasce quando si vedono le emozioni dei Ωuddha-bhakta.Quel bhåva-åbhåsa è definito pratibimba-åbhåsa e in gene-re non produce nessun beneficio duraturo. Esso genera so-lamente godimento materiale e liberazione e poi scompare.Questo bhåva-åbhåsa può anche essere enumerato comenåma-aparådha (canto del nome nello stadio di offese)."

"Ti prego spiega ora la natura di chåyå-bhåva-åbhåsa(l'ombra di bhåva)." Disse Vrajanåtha.

Båbåjî rispose: "Quando un bhakta kani߆ha (il devotodel livello più basso) ignaro della conoscenza del sè (åtma-tattva) si associa con le attività, gli eventi, i luoghi e i bhaktache sono cari a Ûrî Hari, vedrà nascere un'ombra (chåyå) dirati (attrazione). Paragonato al vero rati, quest'ombra è in-significante e instabile, ma crea stimolo (come il rati che spe-rimenta il Ωuddha-bhakta) e distrugge i dispiaceri. Ciò è de-finito chåyå-rati-åbhåsa. La bhakti di questi devoti può es-sere in una certa misura pura, non è comunque risoluta ed èquesto il motivo per cui fa nascere solo una sembianza di ra-ti (rati-åbhåsa). In ogni caso, questa chåyå-bhåva-åbhåsa na-sce solamente per le molte attività pie compiute nel passato.In compagnia dei Vaiß∫ava (sat-sanga) chåyå-bhåva-åbhåsadiventa pura e successivamente dà origine a Ωuddha-bhåva.Nonostante ciò si deve tenere bene a mente che non impor-ta quanto sia sviluppata questa bhåva-åbhåsa; essa svaniràcome la luna nella metà oscura del mese se si commettonodelle offese verso i puri Vaiß∫ava. Che dire di bhåva-åbhå-sa! Persino Ωuddha-bhåva gradualmente svanirà se si com-

Jaiva-dharmaCapitolo Ventidue

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Rati (attaccamento) naturalmente genera irrequietezza(aΩånti), calore, vigore e felicità perchè perennemente tra-bocca di un desiderio spirituale sempre crescente(abhilåßa). Sebbene produca un calore intenso sotto formadi sañcårî-bhåva (emozioni transitorie), è più rinfrescantedi milioni di lune ed ha il dolce sapore del nettare.”

Vrajanåtha e Vijaya Kumåra, dopo aver ascoltato que-sta spiegazione della bhåva-tattva, stupefatti rimasero se-duti in silenzio per un breve periodo, assorti in riflessioni subhåva. Poi dissero: "Prabhu, la potente pioggia delle tuedolcissime istruzioni ha creato un flusso di prema nei nostricuori arsi. Cosa dobbiamo fare ora? Dove dobbiamo an-dare? Non siamo in grado di determinare nulla. E' moltodifficile per noi ottenere bhåva perchè i nostri cuori sonoprivi di umiltà. Siamo pieni d’orgoglio per esser nati in fa-miglie di bråhma∫a e possono salvarci solo il tuo grandeamore e la tua misericordia. Se verserai una goccia di pre-ma su di noi, certamente raggiungeremo il nostro scopo. Lanostra unica speranza è di poter instaurare una relazionespirituale con te. Noi siamo estremamente poveri, caduti edisgraziati mentre tu sei un caro associato di Krishna e seiestremamente misericordioso. Sii magnanimo con noi eistruiscici sul nostro dovere."

Vijaya Kumåra colse l'opportunità per dire: "Prabhu, inquesto istante è nato in me il desiderio di rinunciare alla vi-ta di famiglia e poter essere un servitore dei tuoi piedi di lo-to. Vrajanåtha è solo un ragazzo; sua madre vuole che sisposi, ma lui non lo desidera. Ti prego, istruiscilo su cosadovrà fare al riguardo."

Båbåjî rispose: "Entrambi avete ricevuto la misericor-dia di Krishna. Dovete servire Krishna trasformando la vo-stra famiglia nella famiglia di Krishna. Tutti devono agiresecondo le istruzioni che Caitanya Mahåprabhu ha elargitoal mondo. Egli ha insegnato che ci sono due modi per ado-

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saranno distrutte molto presto. Si deve pensare in questomodo e non dare importanza ad errori banali che si posso-no notare nel bhakta, perchè farlo sarebbe nåma-aparådha.Il N®siµha Purå∫a intima di non fermare la nostra atten-zione su questi errori:

bhagavati ca haråv ananya-cetå bh®Ωa-malino 'pi viråjatemanußya˙

na hi ΩaΩa-kalußa-cchavî˙ kadåcit timira-paro bhavatåmupaiti candra˙

'Proprio come la luna non è mai offuscata dall'oscuritàanche se mostra zone oscure, similmente una persona esclu-sivamente devota a Ûrî Hari rimane gloriosa anche se tal-volta può sembrare immorale e depravata.'

Con ciò non si deve concludere che un bhakta può ripe-tutamente peccare. Una volta che il bhakta ha sviluppatoferma fede (ni߆hå) nella bhakti, non avrà più nessuna incli-nazione a peccare tuttavia, finchè esiste il corpo materiale,è possibile che ciò accada in modo accidentale e inaspetta-to. Se un bhakta è un devoto esclusivo, vedrà per l'influen-za del suo bhajana bruciare immediatamente tutti i tipi dipeccati, proprio come il fuoco ardente facilmente consumaun piccolo batuffolo di cotone. Certo dovrà essere pruden-te e non cadere ancora vittima di attività peccaminose.

Tutti i peccati si dissolvono nello stadio dell'ananyå-bhakti stabile ed ininterrotta, quindi và ben compreso checoloro che ancora peccano non hanno sviluppato questo ti-po di bhakti. Trovarsi ripetutamente e consapevolmentecoinvolti in attività peccaminose mentre si pratica il bhak-ti-yoga è una nåma-aparådha che sradicherà completamen-te la bhakti. Perciò i bhakta tengono a distanza questo tipodi offese.

Jaiva-dharmaCapitolo Ventidue

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CAPITOLO VENTITREPrameya: Ûrî-Nåma-Tattva

Bilva-pußkari∫î è un incantevole villaggio dove il Bha-gavatî Bhågîratî scorre sia verso nord che verso ovest. In unangolo del villaggio c'è un bellissimo lago circondato da al-beri bael. Sulla sponda si trova il tempio di Bilva-pakßaMahådeva e Bhavatåra∫a è situato a pochissima distanzadal tempio. Il villaggio di Simuliyå si trova tra Bilva-pußka-ri∫î e Bråhma∫a-pußkari∫î e tutti e tre sono nei dintorni del-la città di Navadvîpa. Una grande strada passa attraverso ilcentro di Bilva-pußkari∫î e la casa di Vrajanåtha è nella zo-na nord di questa strada.

Vijaya Kumåra aveva salutato la sorella e percorso unbreve tratto lungo la strada quando iniziò a pensare che, pri-ma di tornare a casa, avrebbe voluto ascoltare della Ωrî-nå-ma-tattva da Båbåjî. Con questo pensiero in mente tornò aBilva-pußkari∫î e disse alla sorella: "Rimarrò qui ancoraper due o tre giorni prima di tornare a casa."

Vrajanåtha fu molto felice di rivedere suo zio maternoVijaya Kumåra. Si sedettero nel Ca∫∂î-ma∫∂apa e inizia-rono a parlare delle istruzioni contenute nei DaΩa-müla.All'orizzonte occidentale il sole si stava preparando a tra-montare e gli uccelli volavano veloci verso i loro nidi. Pro-prio in quel momento giunsero due sådhu Vaiß∫ava della ÛrîRåmånuja-sampradåya. Si accomodarono sotto l'albero dijackfruit di fronte alla casa di Vrajanåtha, raccolsero dei ra-moscelli qua e là e accesero un fuoco. La loro fronte era or-nata del tilaka della Ûrî Sampradåya e una pace sublime tra-spariva dai loro visi.

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Capitolo Ventidue

rare Bhagavån mentre si è in questo mondo: come capifa-miglia o come rinunciati. Finchè non ci si qualifica per ac-cettare l'ordine di rinuncia, si deve rimanere nella famigliaed impegnarsi nel servizio a Krishna.

Nei primi ventiquattro anni dei Suoi passatempi in que-sto mondo, Caitanya Mahåprabhu esemplificò la vita idea-le del Vaiß∫ava g®hastha e, durante gli ultimi ventiquattroanni, fornì l'esempio ideale di un Vaiß∫ava rinunciato. L’e-sempio di Mahåprabhu g®hastha è servito a stabilire lo sco-po della vita di famiglia. Secondo me, anche voi dovete fa-re così. Non pensate che sia impossibile raggiungere l'o-biettivo di k®ß∫a-prema facendo vita di famiglia. La mag-gior parte dei devoti preferiti di Mahåprabhu erano g®ha-stha; anche i Vaiß∫ava dell’ordine di rinuncia pregano peravere la polvere dei piedi di loto di quei g®hastha-bhakta.”

Era notte fonda. Vijaya Kumåra e Vrajanåtha la tra-scorsero a Ûrîvåsångana in compagnia dei Vaisnava cantan-do le glorie di Ûrî Hari. All'alba del mattino seguente, ter-minate le abluzioni, si bagnarono nel Gange e poi offrironoda∫∂avats-pra∫åma ai piedi del loro Gurudeva e deiVaiß∫ava. Si impegnarono quindi nel saõkîrtana, preseromahå-prasåda e tornarono a casa prima di mezzogiorno.Vijaya Kumåra chiamò la sorella e disse: "Ora Vrajanåthasi sposerà, devi fare tutti i preparativi. Io vado a Modadru-ma per alcuni giorni. Potrai mandarmi la notizia sulla datafissata per il matrimonio, io verrò con tutta la mia famigliaper partecipare alla cerimonia. Domani manderò qui miofratello minore Harinåtha, lui rimarrà qui e vi aiuterà a pre-parare ogni cosa."

La madre e la nonna materna di Vrajanåtha si sentironoregine in terra. Piene di gioia portarono a Vijaya Kumåranuovi abiti e altri doni prima di salutarlo.

Jaiva-dharma

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caka, i cinque punti che compendiano il pensiero di ÛrîRåmånuja: sva-svarüpa, la forma spirituale degli abitanti diVaiku∫†ha; para-svarüpa, la forma eterna di Viß∫u che di-mora a Vaiku∫†ha; upåya-svarüpa, il processo con cui rag-giungere Vaiku∫†ha-dhåm; purußårtha-svarüpa, come otte-nere il prema di Vaiku∫†ha e virodhî-svarüpa, l'antitesi del-la forma måyika di questo mondo materiale.

Dopo aver ascoltato, Vijaya Kumåra interloquì spiegan-do la tattva-traya, ovvero parlò delle tre verità fondamenta-li: l'IΩvara, l’entità vivente (jîva) e la natura materiale(prak®ti); poi interrogò i due sådhu sul siddhånta (verità fi-losofica) della loro sampradåya riguardante Ωrî-nåma-tatt-va. Vrajanåtha e Vijaya Kumåra non furono molto impres-sionati e neppure molto soddisfatti della risposta che i dueVaiß∫ava diedero.

Di conseguenza Vrajanåtha disse a Vijaya Kumåra:"Måmåjî, dopo tanti discorsi sono giunto alla conclusioneche la jîva può trarre beneficio solo accettando il k®ß∫a-nå-ma; non c'è altro modo. Il Signore della nostra vita, Ûrî Cai-tanya Mahåprahu, è disceso in questo Måyåtîrtha per inse-gnare a tutto il mondo il Ωuddha-k®ß∫a-nåma. Quando ÛrîGurudeva ci ha istruito, ha detto che Ûrî-nåma è il supremotra gli aspetti (anga) della bhakti e che in particolare dob-biamo sforzarci per comprendere la nåma-tattva. Quindidobbiamo provare oggi stesso a capire l'essenza della Ωrî-nåma-tattva."

Dopo aver accudito ai bisogni dei due ospiti, partironoper Ûrîvåsångana.

Il momento del sandhyå (l'adorazione serale) era giun-to e con esso anche l'oscurità della sera. A Ûrîvåsångana erainiziato il sandhyå-åratî (la cerimonia di adorazione) di ÛrîBhagavån e i Vaiß∫ava stavano seduti sulla piattaforma sot-to l'albero bakula. L'anziano Raghunåtha dåsa Båbåjî eraseduto al centro, cantava il nåma sul suo målå di legno di tu-

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La madre di Vrajanåtha era sempre molto gentile con gliospiti. Pensandoli affamati, prese diversi ingredienti e li mi-se davanti ai sådhu suggerendo loro di cucinarli e di man-giarli. I sådhu, soddisfatti, iniziarono a prepararsi dei roti.Vrajanåtha e Vijaya Kumåra, vedendo i visi pacifici dei duesådhu, si avvicinarono e si sedettero accanto. I Vaiß∫ava fu-rono molto contenti di vedere il tulasî-mala attorno al collodi Vrajanåtha e di Vijaya Kumåra e i dodici segni del tilakasul loro corpo. Stendendo la loro coperta, li invitarono a se-dervisi sopra.

Per iniziare a fare conoscenza Vrajanåtha chiese loro:"Mahåråja, da dove venite?"

Uno dei båbåjî rispose: "Veniamo da Ayodhyå. Siamoin viaggio da molti giorni per il desiderio di vedere Ûrî Na-vadvîpa-dhåma, luogo dei passatempi di Ûrî CaitanyaMahåprabhu. E’ una fortuna che oggi, per misericordia diBhagavån, siamo giunti a Ûrî Navadvîpa-dhåma. Vorrem-mo fermarci per alcuni giorni e visitare i luoghi dove ÛrîmanMahåprabhu ha compiuto i Suoi passatempi."

"Certamente siete a Ûrî Navadvîpa," disse Vrajanåtha."Oggi dovete riposare qui e visitare il luogo di nascita di Ûrî-man Mahåprabhu e Ûrîvåsångana." I due furono felicissi-mi per le parole di Vrajanåtha, e recitarono uno Ωloka dellaGîtå (15.6):

yad gatvå na nivartante tad dhåma paramaµ mama

'Quando si raggiunge la Mia dimora, non si dovrà piùtornare in questo mondo.'

"Oggi la nostra vita è stata benedetta perchè abbiamopotuto vedere Ûrî Måyåtîrtha, il primo tra i sette luoghi san-ti."

Poi i due Vaiß∫ava fecero una riflessione sugli artha-pañ-

Jaiva-dharmaCapitolo Ventitre

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materiale eccetto l'Hari-nåma. Nel B®han-nåradîya Purå∫asta scritto che l'Hari-nåma è l'unica via.

harer nåmaiva nåmaiva nåmaiva mama jîvanamkalau nåsty eva nåsty eva nåsty eva gatir anyathå

B®han-nåradîya Purå∫a 38.126

'La meditazione è raccomandata in Satya-yuga per rag-giungere la perfezione, lo yajña (sacrificio) lo è per Tretå-yuga e l'arcana (l'adorazione delle Divinità) per Dvåpara-yuga. Ma in Kali-yuga l'Hari-nåma solamente è la mia vi-ta, l'Hari-nåma solamene è la mia vita, l'Hari-nåma sola-mente è la mia vita.

In Kali-yuga non c'è altra via, non c'è altra via, non c'èaltra via se non Ûrî-hari-nåma.'

L'Hari-nåma ha una potenza infinita e meravigliosa epuò distruggere in un attimo ogni peccato.

aveΩenåpi yan-nåmni kîrttite sarva-påtakai˙pumån vimucyate sadya˙ siµha-trastair m®gair iva

Garu∂a Purå∫a 232.12

'Una persona che compie il kîrtana di Ûrî Nåråya∫a conprofondo assorbimento si libera subito da tutti i peccati. Es-si si allontanano da lui proprio come il cervo impaurito fug-ge sentendo il ruggito del leone.'

Quando una persona si rifugia in Ûrî-hari-nåma, tutte lesue miserie e tutte le malattie scompaiono.

ådhayo vyådhayo yasya smara∫ån nåma-kîrttanåttadaiva vilayaµ yånti tam anantaµ namåmy aham

Skanda-Purå∫a

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lasî e teneva il conto dei nomi cantati (sankhyå-pürvaka).Vrajanåtha e Vijaya Kumåra offrirono så߆ånga-pra∫åma aisuoi piedi e Båbåjî MahåΩaya li abbracciò chiedendo: "Stacrescendo l'estasi del vostro bhajana?"

Vijaya Kumåra a mani giunte rispose: "Prabhu, graziealla tua misericordia, tutto va bene. Ora, ti prego, concedi-cela istruendoci su nåma-tattva."

Molto compiaciuto Båbåjî Mahåråja rispose: "Ûrî Bha-gavån ha due tipi di nomi: quelli principali (mukhya-nåma)e quelli secondari (gau∫a-nåma). Nomi come S®ß†i-kartå(Creatore), Jagat-påtå (Protettore dell'universo), ViΩva-niyantå (Controllore dell'universo), ViΩva-pålaka (Mante-nitore dell'universo) e Paramåtmå (Anima Suprema) sonorelativi alla creazione connessa ai modi della natura mate-riale. Questi nomi sono definiti gau∫a (secondari) perchèsono in relazione ai gu∫a (i tre modi della natura materia-le). Vi sono moltissimi nomi gau∫a e tra questi c'è anche ilnome Brahman. Sebbene il pronunciarli produca un fruttodi grande rilievo, essi non conducono facilmente a esiti spi-rituali (cit-phala).

I nomi che sempre esistono sia nel mondo materiale chein quello spirituale sono spirituali e principali. Per esempio,nomi come Nåråya∫a, Våsudeva, Janårdana, H®ßîkeΩa, Ha-ri, Acyuta, Govinda, Gopåla e Råma sono principali. Que-sti nomi sono presenti nella dimora di Bhagavån (bhaga-vad-dhårma) e sono tutt’uno con la Sua forma (bhagavat-svarüpa). Nel mondo materiale questi nomi danzano sola-mente sulla lingua di persone molto fortunate perchè at-tratti dalla loro bhakti. Ûrî Bhagavån-nåma non ha connes-sione con il mondo materiale, inoltre tutte le Ωakti (poten-ze) della forma di Bhagavån sono contenute in Ûrî-nåma.Perciò anche il nome possiede tutte le Sue Ωakti. Il nåma èdisceso in questo mondo materiale ed è impegnato nel dis-solvere måyå. Le jîve non hanno amici in questo mondo

Jaiva-dharmaCapitolo Ventitre

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B®han-nåradîya Purå∫a'Kali non può innalzare nessun ostacolo, neppure per un

momento, a chi pratica costantemente il kîrtana cantando:'Hare! Govinda! KeΩava! Våsudeva! Jaganmaya!'

Chi ascolta l'Hari-nåma si libera dall'inferno.

yathå yathå harer nåma kîrttayanti sma nårakå˙tathå tathå harau bhaktim udvahanto divaµ yayu˙

N®siµha-tåpanî

'Anche chi è all'inferno se cantasse l'Hari-nåma, otter-rebbe l'hari-bhakti ed entrerebbe nel regno divino.'

Il canto dell'Hari-nåma distrugge il prårabdha-karma, irisultati delle precedenti attività pie ed empie che sonogiunte a maturazione.

yan nåmadheyaµ m®iyamå∫a åtura˙patan skhalan vå vivaΩo g®∫an pumånvimukta-karmårgala uttamåµ gatiµ

pråpnoti yakßyanti na taµ kalau janå˙Ûrîmad-Bhågavatam 12.3.44

'Se un essere umano nel momento della morte canta an-che solo un nome di Ûrî Bhagavån, anche se è sofferente osta dormendo o si è degradato, vedrà aprirsi tutte le catenedel suo karma e conseguirà il fine ultimo. Ma prestate at-tenzione! Per l'influenza di Kali-yuga, le persone non Loadorano.'

L'Hari-nåma-kîrtana è più glorioso e benefico dello stu-dio dei Veda.

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'Offro omaggi al Signore Supremo conosciuto col nomedi Anantadeva. RicordandoLo e cantando il Suo nome, di-sperderò immediatamente ogni sofferenza e miseria.'

Chi canta l'Hari-nåma purifica la sua famiglia, la societàe il mondo intero.'

mahåpåtaka-yukto'pi kîrttayann aniΩaµ harimΩuddhånta˙ kara∫o bhütvå jåyate pankti-påvana˙

Brahmå∫∂a Purå∫a

'Anche se abbiamo molto peccato, se si canta costante-mente l'Hari-nåma, il cuore si purifica, si raggiunge il livel-lo dei nati due volte (coloro che son nati a nuova vita tra-mite l’iniziazione spirituale dîkßå) e si purifica il mondo in-tero.'

Chi si dedica a Ûrî-hari-nåma verrà liberato da ogni affli-zione, da ogni problema e da ogni tipo di malattia.

sarva-rogopaΩamaµ sarvopadrava-nåΩanamΩånti-daµ sarva-ri߆ånåµ harer nåmånukîrttanam

B®had-viß∫u Purå∫a

'Quando si canta l'Hari-nåma-kîrtana ogni malattia gua-rirà, ogni problema troverà soluzione, ogni ostacolo verràrimosso e si otterrà la pace suprema.'

Le caratteristiche degradanti di Kali non possono avereffetto su chi canta Ûrî-hari-nåma.

hare keΩava govinda våsudeva jaganmayaitîrayanti ye nityaµ na hi tån bådhate kali˙

Jaiva-dharmaCapitolo Ventitre

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etat ßa∂-varga-hara∫aµ ripu-nigraha∫aµ paramadhyåtma-mülam etad dhi viß∫or nåmånukîrttanam

Skanda Purå∫a

'Il saõkîrtana dei nomi di Ûrî Viß∫u conquista i sei sensi ei sei nemici (iniziando da lussuria e avidità) ed è la radicedella conoscenza del Supremo Sè.'

L'Hari-nåma è investito di tutte le potenze.

dåna-vrata-tapas-tîrtha-kßetrådînañ ca yåh sthitå˙Ωaktayo deva mahantåµ sarva-påpaharå˙ Ωubhå˙råjasüyåΩvamedhånåñ jñåna-sådhyåtma-vastuna˙

åk®ßya hari∫å sarvå˙ sthåpitå sveßu nåmasuSkanda Purå∫a

'Ci sono molti aspetti positivi nella carità (dåna), nei vo-ti (vrata), nell'austerità (tapa), nei luoghi santi (tîrtha-kße-tra), nei devatå (esseri celesti), in tutte le attività giuste, nel-l'insieme delle potenze (Ωakti), nei sacrifici del Råjasüya eAΩvamedha e nello scopo della conoscenza del proprio sè(jñåna-sådhyå dell'åtma-vastu). Tuttavia Ûrî Hari ha rac-colto tutte queste potenze e le ha investite nei Suoi nomi.'

L'Hari-nåma dà felicità al mondo intero.sthåne h®ßikeΩa tava prakîrttyåjagat prah®ßyaty anurajyate ca

Bhagavad-Gîtå 11.36

'O H®ßîkeΩa, il mondo è deliziato nell'ascoltare il kîrtanadel Tuo nome e della Tua fama, è così che tutti rimangonoda Te affascinati.'

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må ®co må yajus tåta må såma pa†ha kiñcanagovindeti harer nåma geyaµ gåyasva nityaΩa˙

Skanda Purå∫a

'Non è necessario studiare ed insegnare il Rg, il Såma e loYajur Veda. Semplicemente fate costantemente il saõkîrta-na del nome di Ûrî Hari, Govinda.'

Cantare l'Hari-nåma è meglio che visitare tutti i tîrtha(luoghi sacri).

tîrtha-ko†i-sahasrå∫i tîrtha-ko†i-Ωatåni catåni sarvå∫i avåpnoti viß∫or nåmåni kîrttanåt

Skanda Purå∫a

'Il kîrtana dei nomi di Ûrî Viß∫u concede tutti i risultatiche si ottengono recandosi milioni di volte nei tîrtha.'

Anche un piccolo bagliore di Hari-nåma (hari-nåmåbhå-sa) dà immediatamente più risultati del compiere ogni sat-karma (attività pie).

go-ko†i-dånaµ graha∫e khagasyaprayåga-gangodaka kalpa-våsa˙

yajñåyutaµ meru-suvar∫a-dånaµgovinda-kîrter na samaµ ΩatåµΩai˙

'Si possono dare mucche in carità nel giorno dell'eclissesolare; si può risiedere a Prayåga sulle rive del Gange per ladurata di un kalpa (mille cicli di ere); oppure compiere mi-gliaia di sacrifici e dare in carità una montagna d'oro alta co-me il Monte Sumeru. Ciò nonostante, questo non può es-sere paragonato alla centesima parte del kîrtana di Ûrî Go-vinda.'

Jaiva-dharmaCapitolo Ventitre

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nessuna regola di tempo e di luogo per fare il kîrtana di ÛrîHari. In ogni condizione si può compiere l'Hari-nåma-kîr-tana, sia purificati che contaminati; ad esempio anche senon ci si è pulita la bocca dopo aver mangiato.'

L'Hari-nåma concede molto facilmente la mukti a chi ladesidera.

nåråya∫åcyutånanta-våsudeveti yo nara˙satataµ kîrttayed bhuvi yåti mal-layatåµ sa hi

Varåha Purå∫a

'La persona che vaga sulla terra sempre cantando i nomiNåråya∫a, Ananta, Acyuta e Våsudeva, verrà da Me sulMio pianeta.'

kiµ karißyati sånkhyena kiµ yogair nara-nåyakamuktim icchasi råjendra kuru govinda-kîrttanam

Garu∂a Purå∫a

'Migliore tra gli uomini, che beneficio può derivare dal-lo studio della filosofia sånkhya o dalla pratica dell'a߆ånga-yoga? Re, se desideri la liberazione, semplicemente canta ilkîrtana di Ûrî Govinda.'

L'Hari-nåma dà alla jîva la capacità di raggiungereVaiku∫†ha.

sarvatra sarva-kåleßu ye'pi kurvanti påtakamnåma-sankîrttanaµ k®två yånti viß∫o˙ paraµ padam

Nandî Purå∫a

'Anche se qualcuno sempre e dovunque pecca, se com-pie il nåma-sankîrtana raggiungerà la suprema dimora di

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Colui che canta Ûrî-hari-nåma merita l'adorazione delmondo.

nåråya∫a jagannåtha våsudeva janårdanaitîrayanti ye nityaµ te vai sarvatra vanditå˙

B®han-nåradîya Purå∫a

'Coloro che praticano sempre il kîrtana cantando:"Nåråya∫a! Jagannåtha! Våsudeva! Janårdana!" sonoadorati da tutto il mondo.'

Ûrî-Hari-nåma è l'unico metodo per chi non ha altro.

ananya-gatayo marttyå bhogino' pi parantapå˙jñåna-vairågya-rahitå brahmacaryådi-varjitå˙

sarva-dharmojjhitå˙ viß∫or nåma-måtraika-jalpakå˙sukhena yåµ gatiµ yånti na taµ sarve'pi dhårmika˙

Padma Purå∫a

‘Coloro che compiono il kîrtana del nome di Ûrî Viß∫upotrebbero farlo semplicemente perchè non hanno altrimezzi di sostegno e anche essendo assorti nel godimento deisensi; potrebbero creare problemi agli altri, non rispettare ilcelibato e violare ogni dharma, ma la destinazione che ot-tengono non si può raggiungere neppure sommando tuttigli sforzi delle persone religiose.'

L'Hari-nåma può essere praticato in ogni momento e inogni circostanza.

na deΩa-niyamas tasmin na kåla-niyamas tathånocchi߆ådau nißedho'sti Ωrî-harer nåmni lubdhaka

Viß∫u-dharmottara

'Tu che desideri cantare l'Hari-nåma, sappi che non c'è

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Tra tutti i tipi di sådhana-bhakti l'Hari-nåma-kîrtana è ilmigliore.

agha-cchit-smara∫aµ viß∫or bahv-åyåsena sådhyateo߆ha-spandana-måtre∫a kîrttanaµ tu tato varam

Vaiß∫ava-cintåma∫i

'Il Ûrî-viß∫u-smara∫am (ricordo di Ûrî Viß∫u) distruggetutti i peccati ma si raggiunge dopo molti sforzi. Il Viß∫u-kîrtana tuttavia è superiore perchè lo stesso beneficio si ot-tiene semplicemente vibrando Ûrî-nåma con le proprie lab-bra.'

yad-abhyarcya hariµ bhaktyå k®te kratu-Ωatair apiphalaµ pråpnoty avikalaµ kalau govinda-kîrttanam

'Il beneficio che deriva dal compiere centinaia di yajña(sacrifici) in Satya-yuga, si può ottenere in Kali-yuga con ilkîrtana dei nomi di Ûrî Govinda.'

k®te yad dhyåyato viß∫uµ tretåyåµ yajato makhai˙dvåpare paricaryåyåµ kalau tad dhari-kîrttanåt

Ûrîmad-Bhågavatam 12.3.52

'Semplicemente facendo il kîrtana del nåma di Ûrî Hari,in Kali-yuga si otterranno risultati pari a quelli ottenuti conla meditazione su Bhagavån in Satya-yuga, con i grandiyajña per soddisfarLo in Tretå-yuga e con l'adorazione del-le Divinità in Dvåpara-yuga.'

Vijaya chiese: "Prabhu, ho piena fede che l'Hari-nåmaè completamente spirituale ma ciò nonostante, per liberar-mi da ogni dubbio su quanto riguarda la nåma-tattva, è ne-cessario che io comprenda come Ûrî Hari-nåma possa esse-re spirituale sebbene composto da sillabe apparentemente

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Viß∫u.'Il canto dell'Hari-nåma è il mezzo supremo per compia-

cere Ûrî Bhagavån.

nåma-sankîrttanaµ viß∫o˙ kßut-t®†-prapî∂itådißukaroti satataµ viprås tasya prîto hy adhokßaja˙

B®han-nåradîya Purå∫a

'O bråhma∫a, Adhokßaja Viß∫u è sempre soddisfattocon chi pratica incessantemente il sankîrtana del nome diViß∫u.'

L'Hari-nåma ha la forza di controllare Ûrî Bhagavån.

®∫am etat prav®ddhaµ me h®dayå∫ nåsarpatiyad-govindeti cukroΩa k®ß∫å måµ düra-våsinam

Mahåbhårata

'Quando ero lontano da Draupadî, lei Mi chiamò: “Go-vinda!” Le sono molto riconoscente, per la sua chiamataaddolorata, non ho ancora potuto cancellare quel senso diriconoscenza dal Mio cuore, neppure ora.'

L'Hari-nåma è lo scopo supremo della vita di tutte le jî-ve (purußårtha).

idam eva hi mångalyam etad eva dhanårjanamjîvitasya phalañ caitad yad dåmodara-kîrttanam

Skanda e Padma Purå∫a

'Il kîrtana di Dåmodara è certamente causa d’ogni au-spiciosità e sorgente di vera ricchezza. L'unico bene dellavita è fare questo kîrtana.'

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tiene la misericordia della hlådinî-Ωakti (potenza interna dipiacere), inizia le attività che la porteranno a realizzare lasua svarüpa (natura spirituale intrinseca) e in quel momen-to nasce il Ωuddha-nåma, il puro canto del Santo Nome.Quando appare il Ωuddha-nåma, il nåma stesso misericor-diosamente discende nelle facoltà mentali e danza sulla lin-gua purificata dalla pratica della bhakti. Ûrî Hari-nåma nonè un insieme di lettere ma quando danza sulla lingua mate-riale si manifesta in forma di lettere. E’ questo il segreto delK®ß∫a-nåma."

Vijaya chiese: "Quale tra i nomi principali è il più dol-ce?"

Båbåjî rispose: "Nel Ûata-nåma-stotra sta scritto:

viß∫or ekaikaµ nåmåpi sarva-vedådhikaµ matamtåd®k-nåma sahasre∫a råma-nåma-samaµ sm®tam

'Cantare un nome di Viß∫u è più benefico che studiaretutti i Veda, ed un nome di Råma equivale a cantare millenomi (sahasra-nåma) di Viß∫u.'

E anche nel Brahmå∫∂a Purå∫a c'è scritto:

sahasra-nåmnåµ pu∫yånåµ trir åv®ttyå tu yat phalamekåv®ttyå tu k®ß∫asya nåmaikaµ tat prayacchati

'Se qualcuno pronuncia Ûrî-k®ß∫a-nåma una volta otterràpari risultato che cantando il puro viß∫u-sahasra-nåma tre-mila volte.'

La spiegazione è che mille nomi di Viß∫u equivalgono aun nome di Råma e tremila nomi di Viß∫u, ovvero tre nomidi Råma, equivalgono a un nome di Krishna. Cantare il no-me di Krishna una volta dà lo stesso risultato che cantare il

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materiali. Vorresti cortesemente spiegarmi questo punto?"Båbåjî rispose: "La natura essenziale (svarüpa) di Ûrî

Nåma è stata spiegata nel Padma Purå∫a:

nåma cintåma∫i˙ k®ß∫aΩ caitanya-rasa-vigraha˙pür∫a˙ suddho nitya-mukto 'bhinnatvån nåma-nåmino˙

'Il Ûrî K®ß∫a-nåma è cintåma∫i-svarüpa. Ciò significa cheesso concede l’obiettivo supremo della vita e ogni bene spi-rituale. Questo perchè Ûrî-hari-nåma non è differente daColui che porta questo Nåma. Per lo stesso motivo Ûrî-divya-nåma è la personificazione del nettare (caitanya-ra-sa-svarüpa), è completo, puro ed eternamente libero dalcontatto con måyå.'

Ûrî-nåma e Ûri-nåmi (Colui che possiede Ûrî-nåma) se-condo la tattva (verità essenziale) non sono differenti. Per-ciò il Ûrî K®ß∫a-nåma possiede tutte le qualità spirituali pre-senti in Krishna stesso, Colui che possiede Ûrî Nåma. ÛrîNåma è sempre verità piena e non ha connessione con lamateria inerte, è eternamente libero perchè non è mai con-dizionato dai modi della natura materiale. Ûrî K®ß∫a-nåmaè Krishna stesso, per questo personifica la magnificenza deinettari trascendentali. Ûrî Hari-nåma è la pietra filosofale(cintåma∫i) e per questo può soddisfare tutto ciò che si de-sidera."

Vijaya chiese: "Come possono le sillabe di Ûrî Hari-nå-ma rimanere al di là del regno delle illusorie parole mate-riali?"

Båbåjî rispose: "L'Hari-nåma non nasce in questo mon-do materiale. La piccolissima jîva cosciente è qualificata acantare l'Hari-nåma quando si situa nella sua forma spiri-tuale pura. Tuttavia non può cantare il puro Hari-nåma coni suoi sensi materiali prigionieri di måyå. Quando la jîva ot-

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è abbastanza fortunato da avere uno speciale ruci (gusto)per il nåma, pratica sempre il nåma-kîrtana, così automati-camente eseguirà tutti gli anga della bhakti. Il Ûrî nåma-kîr-tana è il più potente tra tutti i nove procedimenti di sådha-na (Ωravanam, kîrtanam, viß∫u-smaranam, påda-sevåna, ar-cana, dåsyam, sakhyam, vandana, åtmå-nivedanam). Nelkîrtana sono presenti tutti gli altri anga, anche se non sonoevidenti."

Vijaya chiese: "Com'è possibile praticare costantemen-te il nåma-sankîrtana?"

Båbåjî rispose: "Fare continuamente il nåma-kîrtana si-gnifica compiere il kîrtana di Ûrî Hari-nåma in ogni mo-mento: mentre si è seduti, quando ci si alza, mangiando o la-vorando, tranne quando si dorme. Nella pratica del nåma-sådhana non c'è restrizionedi tempo, luogo, circostanza opulizia. Ciò significa che si può essere sia in condizione pu-ra che impura."

Vijaya esclamò: "Oh! La misericordia di nåma-bha-gavån è illimitata, ma noi non abbiamo speranza di diven-tare Vaiß∫ava finchè non ci darai la tua misericordia e ciconcederai la forza di cantare costantemente il nåma."

Båbåjî rispose: "Vi ho già spiegato che ci sono tre tipi diVaiß∫ava: il kani߆ha, il madhyama e l'uttama. Ûrî CaitanyaMahåprabhu disse a Satyaråja Khån che chiunque pronun-cia il K®ß∫a-nåma è un Vaiß∫ava. Chi lo canta costante-mente è un madhyama Vaiß∫ava e colui che, semplicemen-te nel vederlo, ispira qualcuno a cantare il K®ß∫a-nåma è unVaiß∫ava uttama. Poichè a volte pronunci il K®ß∫a-nåmacon fede, sei un Vaiß∫ava."

Vijaya chiese: "Ti prego di illuminarci su quant'altrodobbiano sapere del puro canto (Ωuddha-k®ß∫a-nåma)."

Båbåjî rispose: "Il Ωuddha-k®ß∫a-nåma è quello che de-riva dall'avere una bhakti esclusiva nata da una fede piena.Oltre a ciò il canto di Ûrî-nåma verrà sperimentato sia nello

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nome di Råma tre volte.Ûrî K®ß∫a-nåma è certamente il nome supremo. Perciò

dovremmo seguire le istruzioni del Signore della nostra vi-ta, Ûrî Gaurånga Sundara e cantare sempre il Ûri-nåma che ciha dato: Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna HareHare, Hare Råma Hare Råma, Råma Råma Hare Hare.”

Vijaya chiese: "Qual è il procedimento dell'Hari-nåma-sådhana?"

Båbåjî rispose: "Si deve costantemente compiere l'Hari-nåma contando i nomi con un tulasî-målå o, se non c'è quel-lo, contando con le dita ed evitando sempre di commettereoffese. Il frutto del canto del Ûrî Hari-nåma, k®ß∫a-prema,si otterrà cantando il Ωuddha-nåma, il nåma puro. Si devo-no contare i Nåma perchè il sådhaka comprenda se il nu-mero di nomi che canta aumenta o diminuisce. Tulasî-devîè la pianta più cara ad Hari quindi, se si tocca il målå di le-gno di tulasî mentre si canta il Nåma, si riceve più beneficio.Mentre si canta il Nåma bisogna comprendere che il nomedi Ûrî Krishna non è differente dalla Sua svarüpa, la Sua na-tura essenziale."

Vijaya chiese: "Prabhu, gli anga del sådhana sono ses-santaquattro; cantare l'Hari-nåma è solo uno di questi. Sesi pratica sempre solo questo, come si può avere tempo perle altre forme di sådhana?"

Båbåjî rispose: "Non è difficile. I sessantaquattro angadella bhakti sono inclusi nei nove principali. Questi noveanga della bhakti; dall'adorazione delle Divinità (arcana) alnirjana-sådhana, il sådhana svolto in associazione consådhu, possono essere compiuti in qualunque momento.Anche semplicemente ascoltando, cantando e ricordandoil Ûrî K®ß∫a-nåma di fronte alle Divinità si compie il nåma-sådhana. Dove non ci sono Divinità, bisogna semplice-mente ricordarLe e fare il sådhana con i nove anga dellabhakti, dall'ascolto al canto di Ûrî Nåma a tutto il resto. Chi

Jaiva-dharmaCapitolo Ventitre

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CAPITOLO VENTIQUATTROPrameya: Nåma-Aparådha

Vrajanåtha e Vijaya Kumåra erano estremamente felicidi aver imparato le glorie di Ûrî-nåma e della nåma-svarü-pa-tattva. Tornati a casa cantarono cinquantamila nomi conil loro tulasî-målå senza commettere offese e per questocanto di Ωuddha-nåma ebbero esperienza diretta della mi-sericordia di Krishna. Era notte fonda quando andarono ariposare.

La mattina successiva, appena alzati, discussero deglieventi della sera precedente e si sentirono felici nell'espri-mere le loro realizzazioni. Trascorsero il giorno bagnando-si nel Gange, adorando Krishna, cantando l'Hari-nåma, fa-cendo il kîrtana, studiando i DaΩa-müla, leggendo lo Ûrî-mad-Bhågavatam, servendo i Vaiß∫ava (vaiß∫ava-sevå) eprendendo il cibo offerto a Bhagavån (bhagavat-prasåda-sevå). La sera si presentarono al venerabile ku†îra di BåbåjîMahåΩaya a Ûrîvåsångana. Dopo aver offerto umili omag-gi, Vijaya Kumåra chiese di poter sentir parlare della nåma-aparådha-tattva (la verità sulle offese al nåma), tema che erastato introdotto la sera precedente.

Scorgendo il desiderio che Vijaya Kumåra aveva diascoltare di questa tattva, Båbåjî Mahåråja ne fu compia-ciuto e amorevolmente gli disse: "Proprio come il nåma èla verità più elevata, così nåma-aparådha, le offese al nåma,sono i più detestabili tra i peccati e le offese. Ogni peccatoo offesa svanisce immediatamente non appena si pronunciaÛrî nåma, ma non è così facile per le nåma-aparådha. Là do-ve si descrivono le glorie di Ûrî nåma nel Padma Purå∫a,

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stadio di nåmåbhåsa (la sembianza del nåma) che nello sta-dio di nåma-aparådha (offensivo)."

Vijaya chiese: "Prabhu, cosa dovremmo capire: chel'Hari-nåma è il sådhya (lo scopo) oppure il sådhana (ilmezzo)?"

Båbåjî rispose: "Quando uno pronuncia l'Hari-nåmamentre compie la sådhana-bhakti, quel Nåma è definitosådhana. Tuttavia quando il bhakta canta l'Hari-nåma nelcorso della bhåva-bhakti o prema-bhakti, quell'Hari-nåma èsådhya-vastu, il fine della pratica. La realizzazione delsådhaka su Ûrî Hari-nåma dipende dal suo livello di bhak-ti."

Vijaya chiese: "C'è differenza nello sperimentare ilk®ß∫a-nåma e la k®ß∫a-svarüpa (la natura di Krishna)?"

Båbåjî ripose: "No, nessuna differenza, ma và capitoquest'intimo segreto: che il k®ß∫a-nåma è più misericordio-so della k®ß∫a-svarüpa. La forma di Krishna non perdonale offese a lei rivolte, ma il k®ß∫a-nåma perdona sia le offe-se alla svarüpa che al nåma stesso. Quando pronunci il nå-ma devi comprendere chiaramente quali sono le nåma-aparådha (offese compiute cantando il nåma) e devi tenta-re di evitarle, perchè non puoi cantare il Ωuddha-nåma fin-chè non avrai smesso di commettere offese. La prossimavolta parleremo delle nåma-aparådha."

Vrajanåtha e Vijaya Kumåra, dopo aver ascoltato le glo-rie del nåma e della nåma-svarüpa-tattva, toccarono la pol-vere dei piedi di Ûrî Gurudeva e tornarono a Bilva-pußka-ri∫î.

Jaiva-dharmaCapitolo Ventitre

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(vidhî), a questo proposito il Nåma non fa differenze. Rile-va invece che il frutto vero del canto non lo si potrà coglie-re velocemente se questo onnipotente nome viene cantatoper interessi legati al corpo, alla casa, alle ricchezze, allo svi-luppo materiale, ai figli, alla famiglia o per avidità d'oro, didonne e di prestigio.'

Ci sono due tipi di ostacolo o di offese: quelle comuni equelle grandi. Ûrî nåma cantato con offese comuni viene de-finito nåma-åbhåsa, e porterà beneficio più in là nel tempo.Il nåma pronunciato con grandi offese viene definito nåma-aparådha. Queste offese non saranno lavate finchè non sicanterà Ûrî nåma costantemente."

Vijaya chiese: "Da ciò comprendo che il sådhaka deveessere a conoscenza delle nåma-aparådha. Ti prego, sii mi-sericordioso, parlacene dettagliatamente."

Båbåjî rispose: "Ci sono profonde ed essenziali analisidei dieci tipi di nåma-aparådha elencati nel Padma Purå∫a:

satåµ nindå nåmna˙ param aparådham vitanuteyata˙ khyåtiµ yåtaµ katham u sahate tu tad-vigarhåm1) Criticare o essere blasfemi verso i santi e i grandi

bhakta è un'offesa terribile verso Ûrî nåma. Come puòKrishna tollerare le ingiurie alle grandi anime che sono de-vote a Ûrî nåma e a coloro che predicano le glorie del Ûrî-k®ß∫a-nåma in questo mondo? Per questo la prima offesaconsiste nel blasfemare i bhakta.

Ωivasya Ωrî-viß∫or ya iha gu∫a-nåmådi-sakalaµdhiyå bhinnaµ paΩyet sa khalu hari-nåmåhita-kara˙2) In questo mondo materiale il nome, la forma, le qua-

lità e i passatempi di Ûrî Viß∫u sono di totale beneficio perogni essere. Se li si considera come fenomeni materiali, dif-ferenti da Ûrî Viß∫u stesso, ciò sarà dannoso per il canto di

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Svarga-ka∫∂ha (48-49) sta scritto:nåma-aparådha-yuktånåµ nåmåny eva haranty agham

aviΩrånta-prayuktåni tåny evårtha-karå∫i ca'Per chi è affetto da nåma-aparådha certamente Ûrî nå-

ma rimuoverà il peccato, ma il sådhaka dovrà cantarlo in-stancabilmente e incessantemente. Ûrî nåma stesso prov-vederà all'espiazione.'

Guarda com'è difficile distruggere le nåma-aparådha!Perciò si devono evitare quando si canta Ûrî nåma. Se ci siimpegnerà con fermezza nell’evitarle, il Ωuddha-nåma si ma-nifesterà rapidamente.

Potrebbe accadere di cantare continuamente Ûrî-nåmacon i peli del corpo ritti e con le lacrime che scendono dagliocchi ma, ciò nonostante, a causa delle nåma-aparådha, nonriuscire a pronunciare il Ωuddha-nåma. Perciò il sådhakadeve porvi una speciale attenzione altrimenti non sarà ingrado di cantare il Ωuddha-nåma."

Vijaya chiese: "Prabhu, cos'è il Ωuddha-nåma?”Båbåjî rispose: "Il Ωuddha-nåma è l'Hari-nåma esente

dai dieci tipi di offese. Quanto alla pronuncia di Ûrî nåma,non conta che venga fatta in modo puro o impuro.

nåmaikaµ yasya våci smara∫a-patha-gataµ Ωrotra-mülaµ gataµ våΩuddhaµ våΩuddha-var∫a-vyavahita-rahitaµ tårayaty eva satyam

tac ced deha-dravina-janatå lobha-påßåna-madhyenikßiptaµ syånn aphala-janakaµ Ωighram evåtra vipra

Padma Purå∫a, Svarga-kha∫∂a 48.60-61

'Migliore tra i bråhma∫a, se soltanto un santo nome fio-risce sulla lingua, entra nell'orecchio, oppure giunge nelproprio ricordo, quel nåma sarà sufficiente per la liberazio-ne. Non è molto importante che la pronuncia delle sillabe diÛrî nåma (nåma-akßara) si accordi con le regole degli Ωåstra

Jaiva-dharmaCapitolo Ventiquattro

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Ωrute'pi nåma-måhåtmye ya˙ prîti-rahito nara˙ahaµ-mamådi-paramo nåmni so'py aparådha-k®t

10) E' un nåma-aparådhî chi, anche dopo aver sentito lemeravigliose glorie di Ûrî nåma non mostra amore o entu-siasmo al canto di Ûrî nåma e si aggrappa alla concezionemateriale di 'Io' e 'Mio', vale a dire: "Io sono questo corpocomposto da sangue, carne e pelle e le cose in relazione aquesto corpo sono mie."

Vijaya chiese: Ti prego, facci capire meglio spiegandotutti gli Ωloka nella loro completezza."

Båbåjî rispose: "Il primo descrive due offese. E' unagrande offesa blasfemare, censurare o comunque mancaredi rispetto ai bhakta che hanno abbandonato completa-mente le pratiche materiali quali karma (attività interessa-ta), dharma (doveri sociali), jñåna (conoscenza empirica),yoga e tapasyå (austerità) e che, con sentimento di devo-zione esclusiva, si sono rifugiati nel Ûrî-nåma di Bhagavån.Ûrî-Hari-Nåma Prabhu non può tollerare bestemmie versochi ha predicato le glorie di Ûrî nåma in questo mondo. Nonsi devono bestemmiare quei bhakta che sono devoti esclu-sivi di Ûrî nåma anzi, bisogna considerarli le migliori tra lepersone sante. Bisogna stare in loro compagnia e fare il nå-ma-kîrtana con loro. Facendolo, si otterrà molto presto lamisericordia di Ûrî nåma."

Vijaya: "Abbiamo capito qual è la prima offesa. Ti pre-go, spiegaci ora la seconda."

Båbåjî rispose "La seconda offesa è menzionata nella se-conda parte del primo Ωloka ed è spiegata in due modi: unonel considerare SadåΩiva e altri deva, indipendenti da ÛrîViß∫u. Come enunciato dalla dottrina bahv-îΩvara-våda,(dei molti controllori), SadåΩiva è un controllore dal pote-re completo, indipendente e separato da Bhagavån ÛrîViß∫u. Questa concezione è di ostacolo all'hari-bhaktiesclusiva poichè in ultima analisi è Ûrî Krishna il controllo-

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Ûrî-hari-nåma. Inoltre è una nåma-aparådha considerareÛiva e gli altri deva uguali o indipendenti da Ûrî Viß∫u.

Le altre offese sono:3) guror avajñå: mancare di rispetto al guru che conosce

la nåma-tattva, considerandolo un essere comune, un uma-no mortale, con un corpo composto da cinque elementi ma-teriali.

4) Ωruti-Ωåstra-nindanam: blasfemare i Veda, i Såtvata, iPurå∫a e gli altri Ωåstra.

5) artha-våda˙: pensare che le glorie di Ûrî-hari-nåmacontenute negli Ωåstra siano un'esagerazione.

6) hari-nåmni kalpanam: interpretare Ûrî-hari-nåma inmodo materiale o pensare che il nåma stesso sia frutto d'im-maginazione.

nåmno balåd yasya hi påpa-buddhirna vidyate tasya yamair hi Ωuddhi˙

7) Essere coscienti che la forza di Ûrî-nåma può neutra-lizzare i peccati e ciò nonostante pensare che ci si può puri-ficare anche con le pratiche tecniche dello yoga come adesempio yama, niyama, dhyåna e dhåra∫å.

dharma-vrata-tyåga-hutådi-sarvaΩubha-kriyå-såmyam api pramåda˙

8) E' offensivo pensare che i rituali e le attività pie ma-teriali come dharma (la religiosità), vrata (voti), tyåga (pe-nitenze) e homa (carità) siano uguali o comparabili al no-me trascendentale di Ûrî Bhagavån (Ωrî-divya-nåma).

aΩraddhadhåne vimukhe'py aΩ®∫vatiyasΩcopadeΩa˙ Ωiva-nåma-aparådha˙

9) E' una nåma-aparådha parlare delle glorie di Ûrî nå-ma a coloro che non hanno fede o sono contrari all'ascoltodi Ûrî nåma.

Jaiva-dharmaCapitolo Ventiquattro

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quarta offesa."Båbåjî rispose: "Nelle Ωruti è contenuta una speciale

istruzione sullo scopo ultimo. Viene dichiarato che, tra tut-ti i processi spirituali, quello di Ûrî-nåma è supremo.

oµ åsya jånanto nåma-cid-viviktanasmahas te viß∫o sumatiµ bhajåmahe

oµ tat sat'Ûrî Viß∫u, chi canta Ûrî nåma in modo veramente ap-

propriato, non sarà confuso e disturbato nel suo bhajana enelle altre pratiche regolate. In altre parole, quando si ac-cetta Ûrî nåma non si subiscono interferenze di luogo, ditempo o di persone favorevoli o sfavorevoli, perchè Ûrî nå-ma è la luminosa personificazione della conoscenza e il su-premo obiettivo da conoscere. Quindi offriamo le nostrepreghiere a Ûrî nåma.'

oµ padaµ devasya namaså vyanta˙Ωravasya vaΩrava ånnam®ktamnåmåni cid dadhire yajñiyåni

bhadråyante ra∫ayanta˙ sand®ß†au'Adorabile Signore, offro ripetuti omaggi ai Tuoi piedi di

loto. Ascoltare le glorie dei Tuoi piedi di loto può conce-dere ai bhakta fama e liberazione, ma che valore c'è in que-sto? Più gloriosi sono quei bhakta che dibattono per stabi-lire che i Tuoi piedi di loto sono la dimora finale e coltiva-no la loro relazione di servizio con Te con la pratica delsaõkîrtana. Quando l’attaccamento per il Signore (åsakti)appare nei loro cuori, essi si rifugiano in modo esclusivo nelTuo caitanya-svarüpa-nåma (nome completamente co-sciente) per avere il darΩana dei Tuoi piedi di loto.'

oµ tam u stotåra˙ purvaµ yathåvida®tasya garvabhaµ janußå piparttana

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Capitolo Ventiquattro

re di tutto e di tutti e Ûiva e gli altri deva derivano dal Suopotere la loro posizione di 'controllori'. Questi deva nonpossiedono un potere indipendente ed è una nåma-aparådha cantare l'Hari-nåma pensando il contrario.

L’altra nåma-aparådha consiste nel considerare la natu-ra intrinseca di Ûrî Bhagavån, colma del buon augurio delnome, della forma, delle qualità e dei passatempi, differen-te da Bhagavån stesso. La natura intrinseca di Krishna, ilnome di Krishna, le qualità di Krishna e i passatempi diKrishna sono tutti trascendentali e non differenti l'uno dal-l'altro. Si deve cantare il K®ß∫a-nåma-sankîrtana con que-sta conoscenza e realizzazione altrimenti sarà un'aparådha.Quindi si deve praticare il K®ß∫a-nåma dopo aver compre-so sambandha-jñåna; questo è il procedimento."

Vijaya chiese: "Ho potuto comprendere bene la prima ela seconda nåma-aparådha perchè tu hai gentilmente spie-gato la simultanea uguaglianza e differenza tra la forma spi-rituale di Ûrî Krishna e Ûrî Krishna stesso; tra le Sue qualitàe Colui che le possiede; tra i Suoi nomi e Colui che li portanonchè tra le particelle ed il tutto.

Chi si rifugia in Ûrî nåma deve anche imparare da Guru-deva le rispettive nature di cit (coscienza) e acit (incoscienza)e la loro interrelazione. Ora, ti prego, spiega la terza offesa."

Båbåjî rispose: "Sri-nåma-guru è colui che istruisce sul-la superiorità della nåma-tattva ed è proprio dovere mante-nere una bhakti ferma e ben determinata nei suoi confron-ti. E' una nåma-aparådha minimizzare la posizione del nå-ma-guru pensando che egli conosca solamente i nåma-Ωåstramentre gli studiosi della filosofia del Vedånta e degli altriΩåstra ne conoscono l’intero significato. In realtà nessun gu-ru è superiore al nåma-tattva-vid guru ed è offensivo pensa-re che sia meno importante."

Vijaya disse: "Prabhu, sarebbe certo un bene per me sepotessi nutrire una pura bhakti per te. Ti prego, spiegami la

Jaiva-dharma

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perpetuo, senza ritorno.'Nella Brahma-saµhitå Ûrî Bhagavån, parlando a Ûrî

Brahmå, dice:

yan-nåma-kîrtana-phalaµ vividhaµ niΩamyana Ωraddhadhåti manute yad utårthavådam

yo månußas tam iha du˙ka-caye kßipåmisaµsåra-ghora-vividhårtti-nipî∂itångam

'Se un essere umano, dopo aver ascoltato le glorie di Ûrî-nåma non sviluppa fede ma le considera un'esagerazione,verrà gettato nel terribile cerchio di nascite e morti e sof-frirà ogni tipo di miseria.'

Negli Ωåstra sta scritto che i nomi di Bhagavån contengo-no tutte le Sue potenze (Ωakti). Ûrî-nåma è completamentespirituale perciò ha la capacità di dissipare l'illusione di que-sto mondo materiale.

k®ß∫eti mangalaµ nåma yasya våci pravarttatebhasmî-bhavanti råjendra mahåpåtaka-ko†aya˙

Viß∫u-dharma Purå∫a'O Re, milioni di peccati vengono inceneriti se, apporta-

trice di ogni bene, la suprema forma del nåma di Krishna ri-siede nella propria bocca.'

nånyat paΩyåmi jantünåµ vihåya hari-kîrttanamsarva-påpa-praΩamanaµ pråyascittaµ dvijottama

B®had-nåradîya Purå∫a'Migliore tra i bråhma∫a, Ûrî-hari-nåma espia ogni pec-

cato e penso che chi abbandona Ûrî nåma non sia migliore diun animale.'

nåmno hi yåvatî Ωakti˙ påpa-nirhara∫e hare˙tåvat kartuµ na Ωaknoti påtakaµ påtakî nara˙

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åsya jånanto nåma cid-viviktanamahas te viß∫o sumatiµ bhajåmahe

Hari-bhakti-vilåsa (11.274-276, Rg Veda 1.156.3)

'La lettera 'u' indica lo stupore per non riuscire a rende-re la nostra vita colma di successo mediante la pratica delkîrtana di Ûrî Krishna come fai tu, glorificando tat e sat, lacelebre primordiale e completa Realtà. La ragione di ciò èche noi non sappiamo come pregarLo. Perciò è nostro do-vere eterno raggiungere lo scopo della forma umana impe-gnandoci in un incessante Hari-nåma-kîrtana.'

Tutti i Veda e tutte le Upanißad proclamano le glorie diÛrî nåma, ed è una nåma-aparådha bestemmiare i mantrache rivelano le glorie di Ûrî nåma. Alcune persone sfortu-nate negano gli Ωruti-mantra che danno queste istruzioni erispettano di più altre istruzioni delle Ωruti. Anche questa èuna nåma-aparådha e come conseguenza l'offensore nonriuscirà ad avere gusto per il nåma. Devi compiere l'Hari-nåma con la comprensione che questi Ωruti-mantra sono lavita e l'anima delle Ωruti."

Vijaya chiese: "Prabhu, è proprio come se dalla tua boc-ca uscisse del nettare. Ora sono molto ansioso di capire laquinta offesa."

Båbåjî rispose: "La quinta offesa consiste nel fornireun'interpretazione materiale di Ûrî nåma. La Jaiminî-saµhitå spiega così questa offesa:

Ωruti-sm®ti-purå∫esu nåma-måhåtmya-våcisuye'rthavåda iti brüyur na teßåµ niraya-kßaya˙

'Chi considera che i mantra dei Veda, dei Purå∫a, delleUpanißad e degli altri testi Vedici siano esagerati nel descri-vere le glorie del nåma di Bhagavån, cadrà in un inferno

Jaiva-dharmaCapitolo Ventiquattro

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ri-nåma si manifesta all'interno dei nostri sensi spirituali.Perciò l'Hari-nåma và accettato come Verità Assoluta e seuno pensa che sia immaginario, non otterrà mai la Sua mi-sericordia."

Vijaya disse: "Prabhu, prima di rifugiarci ai tuoi piedi diloto, a causa delle cattive frequentazioni, anche noi pensa-vamo in questo modo; ora per tua misericordia, questa con-cezione è svanita. Ti preghiamo, spiegaci ora la settima of-fesa."

Båbåjî spiegò: "Chi si impegna in attività peccaminosecontando sulla potenza di Ûrî nåma per annullarle, è un nå-ma-aparådhî. Se si compiono tali attività pensando che Ûrînåma ci purificherà, non ci si potrà liberare da quelle mon-tagne di peccati solo seguendo le regole e i precetti Vaiß∫avaperchè tutte queste attività si volgeranno in forma di altripeccati della stessa categoria delle nåma-aparådha. Sola-mente il processo che annulla le nåma-aparådha li potrà an-nullare."

Vijaya chiese: "Prabhu, se l'Hari-nåma può distruggeretutti i peccati senza nessuna eccezione, perchè non distrug-ge i peccati di chi canta lo Ûrî nåma e perchè quest’ultimoviene giudicato un offensore?"

Båbåjî rispose: "Il giorno in cui la jîva pronuncerà ilΩuddha-nåma, con il primo Nåma distruggerà tutto il suoprårabdha e aprårabdha-karma e con il secondo in lui na-scerà prema. Coloro che cantano il Ωuddha-hari-nåma nep-pure desiderano di fare attività pie, che dire poi di mante-nere il påpa-buddhi, la mentalità di pensare: "Commetteròpeccato per poi espiarlo cantando il Nåma." Una personarifugiata nel Ûrî nåma mai commetterà peccato; tuttavia puòaccadere che un sådhaka canti solamente il nåma-åbhåsa (lasembianza del nome) e non il Ωuddha-nåma (il puro nome)per qualche nåma-aparådha non cancellata. I peccati com-piuti prima di cantare il nåma-åbhåsa vengono distrutti e

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B®had-viß∫u Purå∫a'Sri-hari-nåma è così potente da rimuovere più peccati di

quelli che l’essere più peccaminoso potrebbe commettere.'

Queste descrizioni delle glorie di Ûrî-nåma sono veritàsuprema e assoluta, ma quando persone che agiscono nelcampo del karma e jñåna le ascoltano, elaborano specula-zioni per coprire le proprie attività. La loro conclusione èche le glorie di Ûrî nåma menzionate negli Ωåstra non sonopropriamente vere ma delle esagerazioni finalizzate a sti-molare un gusto per il canto di Ûrî nåma.

Per questi offensori le nåma-aparådha faranno da frenonell'ottenere un gusto per l'Hari-nåma. Devi cantare l'Ha-ri-nåma con piena fede nelle affermazioni degli Ωåstra e nonindugiare mai in compagnia di coloro che ne danno spiega-zioni mondane. Inoltre, se te li trovi inaspettatamente difronte, devi subito fare un bagno, anche con gli abiti addos-so. Così istruisce Ûrî Caitanya Mahåprabhu."

Vijaya chiese: "Prabhu, per i capifamiglia sembra diffi-cile cantare il Ωuddha-hari-nåma perchè sono costantemen-te circondati da persone offensive, per nulla devozionali. E'molto difficile per bråhma∫a-pa∫∂ita come noi avere il sat-sanga. Ti prego, dacci la forza di abbandonare le cattivecompagnie. Più ti ascolto più cresce la mia sete di ascoltar-ti. Ora, ti prego, spiegaci la sesta offesa."

Båbåjî rispose: "La sesta offesa consiste nel considerareÛrî-bhagavån-nåma come immaginario. I måyåvådî e i ma-terialisti pensano che l'immutabile nirviΩeßa-brahma sia laVerità Assoluta. Chi crede che i rishi abbiano immaginatoi nomi di Råma e Krishna, come un semplice strumento perottenere la perfezione, sono dei nåma-aparådhî. L'Hari-nå-ma non è immaginario; è una vastu (sostanza reale) spiri-tuale ed eterna. Il sad-guru e gli Ωåstra Vedici ci insegnanoche quando ci impegnamo nel processo della bhakti, l'Ha-

Jaiva-dharmaCapitolo Ventiquattro

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nulla eguaglia l'Hari-nåma. Ora misericordiosamente illu-minaci sulla nona offesa."

Båbåjî rispose: "Tra tutte le istruzioni dei Veda, quelleriguardanti l'Hari-nåma sono le più importanti e solamen-te chi ha ferma fede nella bhakti è qualificato per ascoltarele glorie di Ûrî nåma. E' un'offesa istruire sull'Hari-nåmacoloro che non hanno fede, coloro che sono contrari al ser-vizio trascendentale di Hari o che non hanno gusto nell'a-scolto del Nåma. E' benefico dare istruzioni sull'Hari-nå-ma, la più esaltante tra le pratiche spirituali che, accettata,renderà molto fortunati, ma non si devono dare istruzionisull'Hari-nåma a chi non è qualificato a riceverle. Quandodiventerai un parama-bhågavata allora potrai anche tra-smettere la Ωakti. Questi grandi Vaiß∫ava possono primacreare la fede in Ûrî nåma investendo le jîve di Ωakti spiri-tuale e poi istruirle sull'Hari-nåma tuttavia, finchè rimarraiun madhyama Vaiß∫ava, dovrai trascurare i privi di fede, co-loro che non hanno interesse e gli invidiosi."

Vijaya chiese: "Prabhu, come dobbiamo giudicare ilcomportamento di chi inizia all'Hari-nåma persone squali-ficate solo per desiderio di ricchezza e di fama?"

Båbåjî rispose: "Essi sono nåma-aparådhî."Vijaya aggiunse: "Ti prego, spiega la decima offesa."Båbåjî rispose: "La gente in questo mondo materiale

pensa: "Io sono questa persona, queste ricchezze mi appar-tengono, i figli e i parenti sono miei." Essi sono follementeassorti in questa coscienza materiale. Se fortuitamenteascoltassero da persone erudite le glorie dell'Hari-nåma,potrebbe apparire in loro un momento di rinuncia o di con-sapevolezza, ma se in seguito non rivolgono coscientemen-te la loro attenzione a Ûrî nåma, rientrano anch'essi tra i nå-ma-aparådhî. Perciò è detto nel secondo Ωloka degliÛikßå߆aka:

nåmnåm akåri bahudhå nija-sarva-Ωaktis

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non avrà più gusto a commetterne altri. Il nåma-åbhåsainoltre distrugge molto lentamente qualsiasi karma pecca-minoso residuo. A volte si può incappare inaspettatamen-te in altri peccati, ma anche questi se ne andranno cantan-do il nåma-åbhåsa. Comunque è una nåma-aparådha rifu-giarsi in Ûrî nåma e poi impegnarsi in attività peccaminosepensando: "Poichè Ûrî nåma distrugge tutti i peccati, certa-mente distruggerà anche quelli che commetto ora."

Vijaya disse: "Spiegaci, per gentilezza, l'ottava offesa."Båbåjî rispose: "Il sat-karma si riferisce a tutti i tipi di

dharma (religiosità in senso generico), vale a dire: var∫åΩra-ma, dare in carità e altre attività pie, fare voti (vrata) e altritipi di attività favorevoli, rinunciare ai risultati di tutte leazioni (sannyåsa-dharma), compiere tutti i tipi di sacrifici(yajña), praticare l'a߆ånga-yoga e altro che gli Ωåstra defi-niscono attività auspicabili. Tutte queste attività sono con-siderate dharma materiale (ja∂a-dharma) mentre lo Ûrî nå-ma di Bhagavån trascende la natura materiale. Tutti questisat-karma sono solo dei mezzi ausiliari per raggiungere l'e-statico e spirituale fine ma non costituiscono il fine in sè.L'Hari-nåma è invece il mezzo (sådhana) nella fase di per-fezionamento, mentre è la meta (sådhya) quando si è giun-ti alla perfezione. Per questo il sat-karma non può venir pa-ragonato all'Hari-nåma e chi considera il sat-karma ugualeall'Hari-nåma è un nåma-aparådhi.

Chi si rivolge a Ûrî-hari-nåma per ottenere gli insignifi-canti risultati del sat-karma è un nåma-aparådhî perchè, co-sì facendo, mette in evidenza la sua concezione: considera-re sat-karma e Ûrî nåma sullo stesso piano. Devi rifugiartinell'Hari-nåma con intelligenza spirituale, sapendo che i ri-sultati del sat-karma sono del tutto insignificanti. Questo si-gnifica comprendere il processo del sådhana (abhidheya-jñåna)."

Vijaya chiese: "Prabhu, abbiamo capito molto bene che

Jaiva-dharmaCapitolo Ventiquattro

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CAPITOLO VENTICINQUEPrameya: Nåmåbhåsa

Il giorno seguente, all’inizio della sera, Vijaya eVrajanåtha giunsero dal rispettabile Båbåjî e, dopo aver of-ferto så߆å∫ga-da∫∂avat, si sedettero sopra un åsana. Vijayane approfittò per chiedere umilmente: "Prabhu, ti prego,sii misericordioso e parlaci della nåmåbhåsa-tattva (la veritàsulla sembianza del canto del Nåma). Siamo molto ansiosidi conoscere la parte più segreta della nåma-tattva."

Båbåjî rispose: "Siete molto fortunati. Se volete com-prendere la nåma-tattva, dovete capire bene tre cose: il nå-ma, il nåmåbhåsa e le nåma-aparådha. Ho già parlato mol-to del nåma e delle nåma-aparådha, ora spiegherò ilnåmåbhåsa ovvero la sembianza di Ûrî nåma."

Vijaya chiese: "Cos'è esattamente nåmåbhåsa e quantitipi di åbhåsa ci sono?"

Båbåjî rispose: "Il termine åbhåsa significa ombra o ri-flesso. Come la brillantezza che emana da un oggetto luc-cicante ha kånti (luce) e chåyå (ombra), similmente il soledel Nome ha due tipi di åbhåsa: la prima è l'ombra (nåma-chåyå) e l'altra è il riflesso luminoso (nåma-pratibimba).Gli eruditi esperti di bhakti-åbhåsa (sembianza di bhakti),di bhåva-åbhåsa (sembianza di emozioni spirituali), dinåmåbhåsa (sembianza di nome) e di vaiß∫ava-åbhåsa(sembianza di Vaiß∫ava), dicono che tutti i tipi di åbhåsa so-no compresi in due categorie: pratibimba (riflesso lumino-so) e chåyå (ombra)."

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tatrårpitå niyamita˙ smara∫e na kåla˙etåd®Ωî tava k®på bhagavan mamåpi

durdaivam id®Ωam ihåjani nånuråga˙

'Bhagavån, Ti sei manifestato in vari nomi, tra cui:Krishna, Govinda, Gopåla, Vanamålî e altri. Hai investitoquesti nomi con tutte le Tue Ωakti (potenze) e non ci sonoproblemi di tempo o di luogo per ricordare Ûrî nåma. LaTua misericordia è senza causa, ma sfortunatamente, per viadelle aparådha che ho commesso, non ho gusto per Ûrî-ha-ri-nåma seppure Tu lo hai così facilmente reso disponibile.'

Ci si deve liberare da tutte queste dieci nåma-aparådhaed impegnarsi nell'Hari-nåma. Se così accadrà, Ûrî nåmarapidamente concederà la Sua misericordia sotto forma diprema e ti trasformerà in un parama-bhågavata."

Vijaya chiese: "Prabhu, posso dunque comprendere chei Måyåvådî, i karmi e gli yogi sono offensori di Ûrî nåma. E'opportuno che i puri Vaiß∫ava partecipino al nåma-kîrtanaquando vi sono molte persone non omogenee riunite?"

Båbåjî rispose: "Non è opportuno che i Vaiß∫ava parte-cipino a gruppi di saõkîrtana nei quali prevale la presenzadi nåma-aparådhi e anche colui che canta è un nåma-aparådhî. Tuttavia non c'è nessun errore nel partecipare agruppi di saõkîrtana in cui prevalgono i puri Vaiß∫ava obhakta generici che cantano il nåma-åbhåsa anzi, in questosanga si percepirà l'ånanda (felicità) del nåma-sankîrtana.

Ora è tardi. Domani vi parlerò di nåmåbhåsa.”Vijaya e Vrajanåtha si estasiarono nel nåma-prema. Do-

po aver offerto preghiere a Båbåjî Mahåråja, presero dai suipiedi della preziosa polvere, la misero sulla loro fronte e tor-narono a casa cantando il kîrtana: hari haraye nama˙ k®ß∫ayådavåya nama˙.

Jaiva-dharmaCapitolo Ventiquattro

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si dei Ωuddha-bhakta (puri Vaiß∫ava) ma che non lo eranoveramente."

Vijaya chiese: "Se accettassero i simboli dei Vaiß∫ava ecantassero Ûrî nåma, anche i Måyåvådî si potrebbero defi-nire vaiß∫ava-åbhåsa?"

Båbåjî rispose: "No, essi non possono essere definitivaiß∫ava-åbhåsa; sono semplicemente degli offensori, quin-di sono vaiß∫ava-aparådhî. In un certo senso si potrebberodefinire vaiß∫ava-åbhåsa perchè si sono rifugiati nel prati-bimba-nåmåbhåsa (il riflesso di una sembianza del nåma) enel pratibimba-bhåva-åbhåsa (il riflesso di una sembianzadi bhåva) ma sono offensori talmente grandi da non poterin nessun modo essere associati al termine Vaiß∫ava."

Vijaya chiese: "Prabhu, ti prego, spiega ancora più chia-ramente quali sono le caratteristiche del Ωuddha-nåma inmodo da comprenderlo bene."

Båbåjî rispose: "Ûuddha-nåma significa pronunciare ilNåma con un'attitudine favorevole, liberi da ogni desideriomateriale (anyåbhilåΩa) e dalle coperture di jñåna, karma ecosì via. Desiderare la felicità spirituale che giunge quandola natura trascendentale del Nåma si manifesta con chia-rezza, non è anyåbhilåΩa (desiderio materiale). Eccettoquesto, ogni altro desiderio, come il volersi liberare dai pec-cati e ottenere la liberazione, sono certamente anyåbhilåΩa(desideri materiali). Non ci sarà Ωuddha-nåma finchè per-marranno dei desideri materiali. Non si riceverà il Ωuddha-nåma finchè rimarrà il desiderio di ottenere il frutto dellapratica di jñåna, karma, yoga e così via.

Il Ωuddha-nåma giunge dall'accettazione del Nåma fattacon una propensione favorevole e rifiutando qualsiasi emo-zione sfavorevole proveniente dal cuore. Se si tengono amente queste caratteristiche della bhakti e si ragiona con cu-ra, diventa chiaro e certo che il Ωuddha-nåma è il nåma li-bero da nåma-aparådha e nåmåbhåsa.

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Vijaya chiese: "Che relazione c'è tra bhakty-åbhåsa,bhåva-åbhåsa, nåmåbhåsa e vaiß∫ava-åbhåsa?"

Båbåjî rispose: "Quando la pratica dei Vaiß∫ava che can-tano l'Hari-nåma è a livello di bhakti-åbhåsa, il nåma chepronunciano viene definito nåmåbhåsa. Anch'essi sonovaiß∫ava-åbhåsa e non puri bhakta. Bhåva e bhakti sono lamedesima cosa, ma su differenti livelli, e perciò hanno duenomi diversi."

Vijaya chiese: "In quale stadio la jîva viene definitavaiß∫ava-åbhåsa?"

Båbåjî rispose: "Lo Ûrîmad-Bhågavatam (11.2.47) affer-ma:

arcåyåm eva haraye püjåµ ya˙ Ωraddhayehatena tad-bhakteßu cånyeßu sa bhakta˙ pråk®ta˙ sm®ta˙

'E' un devoto materialista (kani߆ha) colui che accettal'arcå-mürti (divinità) di Bhagavån come Ûrî Hari e L'ado-ra con fede ma non adora con altrettanta fede il bhakta diKrishna o le altre jîve.'

In questo Ωloka è menzionato il termine Ωraddhå (fede).Tuttavia qui s'intende Ωraddhåbhåsa e non Ωraddhå puraperchè, se si adora Krishna ma non i Suoi bhakta, alloraΩraddhå è sia chåyå (ombra) che pratibimba (riflesso). Vuoldire che quella fede è materiale, non spirituale (apråk®ta-Ωraddhå).

Dobbiamo perciò concludere che chiunque esibisce unafede di questo genere è un devoto materialista (pråk®ta-bhakta) o una sembianza di Vaiß∫ava (vaiß∫ava-åbhåsa).Ûrîman Mahåprabhu ha detto che il padre e lo zio di Ra-ghunåtha dåsa Gosvåmî, Hiranya e Govardhana, eranovaiß∫ava-pråya, ovvero che avevano accettato gli abiti ed isimboli Vaiß∫ava e cantavano il nåmåbhåsa considerando-

Jaiva-dharmaCapitolo Venticinque

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Vijaya chiese: "Se qualcuno canta il nåmåbhåsa, cosa de-ve fare perchè esso diventi Ωuddha-nåma?"

Båbåjî rispose: "La cosa migliore è restare in associa-zione con i Ωuddha-bhakta. Se si resta in loro compagnia esi canta il Nåma con la loro guida e seguendo le loro istru-zioni, allora si acquisirà il gusto per la Ωuddha-bhakti. Il No-me che apparirà sulla lingua in quel momento sarà Ωuddha-nåma. Contemporaneamente si deve abbandonare la com-pagnia dei nåma-aparådhî perchè il Ωuddha-nåma non simanifesta se si resta in loro compagnia. Il sat-sanga è l'uni-ca fortuna per la jîva; ecco perchè il Signore della nostra vi-ta, Ûrî Gaurångadeva, istruì Sanåtana Gosvåmî dicendogliche il sat-sanga è la radice della bhakti. Si deve sempre es-ser cauti ad associarsi con donne e con non devoti, si devepraticare invece il K®ß∫a-nåma in compagnia dei bhakta."

Vijaya chiese: "Prabhu, il sådhaka può giungere a can-tare il Ωuddha-nåma senza dover prima lasciare la moglie?"

Båbåjî rispose: "Abbandonare la compagnia delle don-ne è ceramente imperativo. Un g®hastha-vaiß∫ava che ri-mane con sua moglie con un sentimento di distacco, staagendo nell'appropriato modo Vaiß∫ava in quanto tale si-tuazione non si può definire 'associazione con le donne'.L'attaccamento degli uomini alle donne e delle donne agliuomini viene definito yoßit-sanga. Se un capofamiglia can-ta il K®ß∫a-nåma e abbandona i suoi attaccamenti, otterràsicuramente lo scopo supremo della vita."

Vijaya chiese: "Quanti tipi di nåmåbhåsa ci sono?"Båbåjî rispose: "Lo Ûrîmad-Bhågavatam (6.2.14) ne enu-

mera quattro:

så∫ketyaµ pårihåsyaµ vå stobhaµ helanam eva våvaiku~†ha-nåma-graha∫am aΩeßågha-haraµ vidu˙

'Si può cantare il Ûrî-k®ß∫a-nåma per indicare qualche al-

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Perciò Ûrî Gauracandra, l'avatåra misericordioso di Ka-li-yuga ha detto:

t®∫åd api sunîcena taror api sahiß∫unåamåninå månadena kîrtanîya˙ sadå hari˙

Ûikßå߆aka 3

'Bisogna pensarsi più insignificanti e infimi di un filo dipaglia sulla strada ed essere più tolleranti di un albero. Bi-sogna rispettare gli altri senza desiderare di venir rispettati.Allora saremo qualificati a cantare costantemente Ûrî-hari-nåma.'

Vijaya chiese: "Prabhu, qual è la differenza essenzialetra nåmåbhåsa e nåma-aparådha?"

Båbåjî rispose: "Quando non c'è Ωuddha-nåma, Ûrî nå-ma viene definito nåmåbhåsa. Ad un certo livello questonåmåbhåsa viene definito tale e ad un altro viene definitonåma-aparådha. E' definito nåmåbhåsa cantare il nome inmodo impuro a causa della propria ignoranza, vale a direquando si è controllati dall'illusione e non si è attenti.Quando il Nome viene cantato impuramente ma anche conun desiderio di godimento dei sensi (bhoga), di liberazione(mokßa) o basandosi su di una concezione Måyåvåda, allo-ra viene definito nåma-aparådha. Se gli altri tipi diaparådha (offese) che ho descritto ieri sono presenti persemplice ignoranza, l'aΩuddha-nåma (il nome impuro) pro-nunciato in tale condizione non è nåma-aparådha manåmåbhåsa. E ricorda che, fintanto che, cantando ilnåmåbhåsa, non si commettono nåma-aparådha, ci saràsperanza che nåmåbhåsa lasci il posto a Ωuddha-nåma. Seperò ci sono nåma-aparådha, solo con grande difficoltà ilnåma potrà fiorire nel cuore. Non ci sono altri metodi perricevere benefici e liberarsi dalle offese contro Ûrî nåma senon quello che ho appena spiegato."

Jaiva-dharmaCapitolo Venticinque

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na, per chi ha una natura asurika (demoniaca) e per chi sioppone allo scopo ultimo. Ora, ti prego, parlaci dellestobha-nåmåbhåsa."

Båbåjî rispose: "Il termine stobha significa pronunciareÛrî-nåma con un sentimento di antagonismo allo scopo didisturbare il canto del nome di Krishna. Per esempio, se unpuro bhakta sta cantando l'Hari-nåma, un offensore po-trebbe affrontarlo dicendo: "Sarà il tuo 'caro Hari' a pren-dersi cura di tutto?" Questo è un esempio di stobha e quel-lo stobha-nåma può concedere la liberazione persino a per-sone tanto ipocrite. Il Nome ha questa potenza naturale."

Vijaya chiese: "Cos'è helå-nåmåbhåsa?"Båbåjî rispose: "Helå-nåmåbhåsa significa pronunciare

Ûrî nåma in modo irrispettoso. Nel Pråbhåsa-kha∫∂a stascritto che, anche se si pronuncia Ûrî-nåma in modo negati-vo, ciò libera comunque da questo mondo materiale.

madhura-madhuram eran mangalaµ mangalånåµsakala-nigama-vallî sat-phalaµ cit-svarüpam

sak®d api parigîtaµ Ωraddhayå helayå våbh®guvara nara-måtraµ tårayet k®ß∫a-nåma

'Migliore dei Bh®gu, questo nåma-brahma è più dolce deldolce e più favorevole di tutto ciò che è favorevole. E' il pu-ro e squisito frutto della rigogliosa pianta delle Ωruti; è lapersonificazione della conoscenza e libera ogni essere uma-no che canti anche solo una volta il Ûrî-k®ß∫a-nåma, sia chelo faccia in modo rispettoso che irrispettoso.'

In questo Ωloka il termine Ωraddhayå significa 'con ri-spetto' e il termine helayå 'senza rispetto'. Il significato del-l'affermazione 'nara-måtraµ tårayet' è che il nome diKrishna concede la liberazione anche ai mleccha."

Vijaya chiese: "Ma non è offensivo cantare l'Hari-nåma

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tra cosa (sånketa), scherzando (parihåsa), in modo antago-nistico (stobha) o persino irrispettosamente (helå). Gli eru-diti sanno che anche questi quattro tipi di nåmåbhåsa (sem-bianza del nåma) cancellano un numero sterminato di pec-cati.'

Colui che ignora la nåma-tattva e la sambandha-tattva in-corre in questi quattro tipi di nåmåbhåsa."

Vijaya chiese: "Cos'è sånketya-nåmåbhåsa?"Båbåjî rispose: "Sånketya-nåmåbhåsa consiste nel pro-

nunciare il nome di Bhagavån alludendo a qualcos'altro.Ajåmila ad esempio nel momento della morte chiamò suofiglio Nåråya∫a, quindi l'esclamazione del nome Nåråya∫afatta da Ajåmila è sånketya-nåmåbhåsa. Quando i Musul-mani vedono un maiale, mostrano disprezzo gridando:'Håråma! Håråma!' L'esclamazione 'håråma' contienedue sillabe 'hå' e 'råma', quindi la persona che pronuncia laparola 'håråma' ottiene la liberazione dal ciclo di nascite emorti solo per aver pronunciato quel sånketya-nåmåbhåsa.

Tutti gli Ωåstra concordano nel dire che il nåmåbhåsa con-cede la mukti. Tramite Ûrî nåma viene stabilita una forte re-lazione con Mukunda (Colui che dà la liberazione) perciò,pronunciando Ûrî nåma si entra in contatto con BhagavånMukunda e per quel contatto si ottiene facilmente la libe-razione (mukti). La stessa liberazione che si ottiene congrande difficoltà con la brahma-jñåna (conoscenza imper-sonale) è facilmente raggiungibile per tutti, senza sforzo al-cuno, semplicemente pronunciando il nåmåbhåsa."

Vijaya chiese: "Prabhu, abbiamo letto in diversi passi de-gli Ωåstra che chi pronuncia i nomi di Krishna anche scher-zando ottiene la liberazione. Quindi ciò vale anche per co-loro che desiderano la liberazione (mumukßu), per chi è or-goglioso della propria erudizione, per i mleccha (chi vivesenza seguire nessun principio religioso) privi di tattva-jñå-

Jaiva-dharmaCapitolo Venticinque

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Jaiva-dharma

nåma-aparådha (offese al nome)?"Båbåjî rispose: "Accumulare peccati con le nåma-

aparådha è persino più spaventoso che commettere i cinquemahå-påpa (gravi peccati) per milioni di volte. Così si puòstimare il tremendo risultato delle nåma-aparådha."

Vijaya chiese: "Prabhu, capisco che le conseguenze del-le nåma-aparådha sono molto pericolose ma non c'è unqualche esito positivo anche dal pronunciare i nomi in mo-do offensivo?"

Båbåjî rispose: "Ûrî nåma darà qualsiasi risultato desi-deri ottenere il nåma-aparådhî mentre canta i nomi ma nonconcederà k®ß∫a-prema, nel contempo però l'offensore do-vrà subire le conseguenze delle sue offese verso Ûrî nåma.Chi offende Ûrî nåma e pronuncia il Nome con mentalitàmalvagia all'inizio lo canterà con questa mentalità ma poioccasionalmente lo farà senza malvagità. Il canto del nomeprivo di questa mentalità distorta gli farà accumulare dellesuk®ti (attività spirituali pie) e, molto lentamente, man ma-no che le suk®ti aumentano, per loro influsso sarà in grado diavere la compagnia di persone sante che cantano il Ωuddha-nåma. L'influenza del sat-sanga indurrà il nåma-aparådhîa cantare Ûrî-nåma costantemente e questo lo libererà dal-le nåma-aparådha. Persino coloro che nutrono un grandedesiderio di liberazione seguendo questo processo gradual-mente diventano degli hari-bhakta."

Vijaya chiese: "Se semplicemente cantando un solo No-me si possono rimuovere tutti i peccati, perchè è necessariocantare costantemente Ûrî nåma come in un flusso ininter-rotto di olio fragrante?"

Båbåjî rispose: "La natura e il comportamento dei nå-ma-aparådhî sono sempre distorti. Il nåma-aparådhî pernatura si oppone a Krishna (bahirmukha) e perciò non hagusto nel restare in compagnia di persone sante, in tutto ciòche è di buon auspicio, nè nel celebrare i giorni legati a Bha-

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antagonisticamente o irrispettosamente?"Båbåjî rispose: "E' un'offesa se quella persona lo fa con-

sapevolmente e con cattive intenzioni. Ma se uno manca dirispetto in modo inconsapevole è nåmåbhåsa."

Vijaya chiese: "Qual è il risultato di pronunciare ilnåmåbhåsa e cosa non si ottiene?"

Båbåjî rispose: "Il nåmåbhåsa porterà ogni tipo di godi-mento, felicità, liberazione e gli otto tipi di perfezione(siddhi), ma non darà k®ß∫a-prema, la meta più alta per chiha la forma umana tuttavia, abbandonando le cattive com-pagnie, associandosi costantemente con i Ωuddha-bhakta,seguendone regolarmente le istruzioni, si può diventare ra-pidamente un madhyama Vaiß∫ava poi, in pochi giorni, sipuò ottenere la Ωuddha-bhakti e k®ß∫a-prema."

Vijaya chiese: "Prabhu, molti vaiß∫ava-åbhåsa portanosul loro corpo i simboli caratteristici dei Vaiß∫ava e canta-no sempre il nåmåbhåsa, ciònonostante, pur dopo lungotempo, non ricevono prema. Qual è la ragione?"

Båbåjî rispose: "Qui è racchiuso un segreto. Il vaiß∫ava-åbhåsa-sådhaka è qualificato a ricevere la devozione purama non ha una bhakti pura ed esclusiva. Può essere che luistia frequentando qualcuno che ritiene un sådhu ma che inrealtà è un Måyåvådî e quindi non un puro bhakta. A cau-sa di questa associazione non desiderabile, il sådhaka se-guirà le istruzioni apasiddhåntike (conclusioni filosofichenon autentiche) del Måyåvådî con la conseguenza che qual-siasi bhakty-åbhåsa egli possieda svanirà, facendolo gra-dualmente cadere nella categoria dei Vaiß∫ava-aparådhî. Inquella condizione è difficilissimo anzi, praticamente impos-sibile, che lui possa progredire. Ma se le sue suk®ti sono for-ti, riuscirà a liberarsi dalla cattiva associazione e a ritrovarela compagnia di persone sante; da quel sat-sanga potrà poiottenere il puro Vaiß∫avismo."

Vijaya chiese: "Prabhu, quali sono le conseguenze delle

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bhukti-mukti-siddhi-våñhå düre pårihåra'Se vuoi cantare il puro K®ß∫a-nåma, allora cerca il

sådhu-sa∫ga e nello stesso tempo rinunzia a ogni desideriodi godimento, di liberazione e di perfezione mistica.'

daΩa-aparådha tyaja måna apamånaanåsaktye vißaya bhuñja, åra laha k®ß∫a-nåma

‘Stai lontano dalle dieci offese a Ûrî nåma, dal falso or-goglio, dal disprezzo verso gli altri e così via. Accetta gli og-getti dei sensi solo per quello che necessita e con spirito didistacco, e canta incessantemente il K®ß∫a-nåma.'

k®ß∫a-bhaktir anuküla saba karaha svîkårak®ß∫a-bhaktir pratiküla saba kara parihåra

'Accetta tutto ciò che è favorevole alla K®ß∫a-bhakti co-me la tua stessa vita e abbandona totalmente tutto ciò chepuò danneggiare la tua pratica della K®ß∫a-bhakti.'

jñåna-yoga-ce߆å chå∂a åra karma-sangamarka†a-vairågya tyaja yåte deha-ranga

‘Non impegnarti nel karma, jñåna e yoga e resta distan-te dall'attaccamento ai segni esterni della rinuncia(marka†a-vairågya).'

k®ß∫a åmåya påle, rakße-jåna sarva-kålaåtma-nivedana-dainye ghucåo jañjåla

'In ogni momento coltiva questa ferma fede: "Krishnacertamente mi sosterrà e mi proteggerà." Adotta le qualitàdi Ωara∫ågati iniziando da dainya (umiltà) e åtma-nivedana(piena sottomissione ai piedi di loto di Krishna) perchè pra-

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Capitolo Venticinque

gavån. La sua inclinazione è verso persone, cose, fini e atti-vità indegne tuttavia, se canterà sempre Ûrî nåma, non avràtempo per attività e compagnie simili così, non trovandosipiù in una compagnia indesiderabile, il suo canto di Ûrî nå-ma gradualmente lo purificherà e gli farà apprezzare le co-se favorevoli."

Vijaya chiese: "Prabhu, dalla tua bocca sta fluendo unacorrente di dolcissima Ûrî-nåma-tattva che ci sta entrandonel cuore attraverso le orecchie, così ora siamo inebriati daÛrî-nåma-prema-rasa. Oggi siamo riusciti a comprenderequesti differenti argomenti riguardanti nåma, nåmåbhåsa enåma-aparådha. Ora ti prego, dacci l'istruzione finale ap-propriata al nostro caso."

Båbåjî rispose: "Pa∫∂ita Jagadånanda nel suo Prema-vi-varta (Capitolo 7) ha dato delle istruzioni bellissime. Ascol-tate attentamente:

asådhu-sange bhåî, k®ß∫a-nåma nåhi hayanåmåkßara bahiråya ba†e, tabu nåma kabhu naya

'Caro fratello, ricorda che il K®ß∫a-nåma non si risvegliain compagnia dei non devoti. Dalla bocca usciranno sola-mente le sillabe di Ûrî nåma, ma il Nåma stesso rimarrà lon-tano.'

kabhu nåmåbhåsa haya, sadå nåma-aparådhae saba jånibe bhåî, k®ß∫a-bhaktir-bådha

‘ In loro compagnia di certo ci sarà solo nåma-aparådha;a volte, per grande fortuna, ci sarà nåmåbhåsa, ma tu sai chesia nåmåbhåsa che nåma-aparådha ostacolano la fiorituradella K®ß∫a-bhakti.'

yadi karibe k®ß∫a-nåma, sådhu-sa∫ga kara

Jaiva-dharma

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racandra, tieni sempre a mente il duro rimprovero di Ûrî-man Mahåprabhu verso Cho†a Haridåsa.'

bhåla nå khåibe, åra bhåla nå paribeh®dayete rådhå-k®ß∫a sarvadå sevibe

'Non mangiare cibo ricco e non indossare abiti raffinatima rendi sempre sevå (servizio) a Ûrî Rådhå-Krishna nelprofondo del tuo cuore.'

ba∂a-haridåsera nyåya k®ß∫a-nåma balibe badanea߆a-kåla rådhå-k®ß∫a sevibe kuñja-bane

'In qualsiasi momento, sia di giorno che di notte, riempi-ti la bocca con l'Hari-nåma come faceva Ba∂a Haridåsa, enel tuo cuore compi il sevå a Rådhå-Krishna nei kuñja diV®ndåvana durante le otto parti del giorno e della notte.'

g®hasta, vairågî dünhe bale gorå-råyadekha bhåî nåma binå jena dina nåhi jåya

'Guarda fratello! Gaura-Råya ha dato questa istruzio-ne. Non c'è distinzione ad essere g®hasta (uomo di famiglia)o vairågî (rinunciato). In entrambe le situazione non si de-ve lasciare che un giorno, un'ora e neppure un momento,passino senza pronunciare il Nåma.'

bahu anga sådhane bhåî nåhi prayojanak®ß∫a-nåmåΩraye Ωuddha karaha jîvana

'Oh fratello! Non è necessario praticare molti tipi disådhana. Semplicemente rifugiati nel K®ß∫a-nåma: la tuavita si purificherà e s’impregnerà di significato.'

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Jaiva-dharmaCapitolo Venticinque

ticare questi sei tipi di amorevole abbandono distrugge larete di måyå.'

sådhu påbå ka߆a ba∂a jîvera jåniyåsådhu-bhakta-rüpe k®ß∫a åilå nadiyå

'E' molto raro che la jîva ottenga sådhu-sa∫ga. Sapendociò Bhagavån Ûrî Krishna stesso è disceso nella forma di unsådhu bhakta a Nadiya (Navadvîpa).'

gorå-pada åΩraya karaha buddhimångorå båî sådhu guru kebå åche ån

'Perciò siate intelligenti: rifugiatevi ai piedi di Ûrî Gaura!Quale sådhu o guru è più grande di Lui? Lui è Krishna!'

vairågî bhåî gråmya-kåthå nå sunibe kånegråmya-vårttå nå karibe, jabe milibe åna

'Fratello mio che vivi la rinuncia, se a volte ti incontri conaltri, non ascoltare nè discuti argomenti mondani.'

svapne o nå kara bhåî strî-sambhåßa∫ag®he strî-chå∂iyå bhåî åsiyåcha bana

‘Fratello (Bhai), non parlare con le donne, neppure in so-gno. Ricorda di come hai lasciato a casa la moglie e sei an-dato nella foresta (Ûrî V®ndåvana) per impegnarti con tuttoil tuo cuore nel bhajana.'

yadi cåha pra∫aya råkhite gaurångera sanecho†a-haridåsera kathå thåke yena mane

'Se desideri porre il tuo amore ai piedi di loto di Ûrî Gau-

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Jagadånanda Pa∫∂ita. Båbåjî, entrato a lungo in uno statodi semi coscienza, ora li abbracciò e piangendo cantò il se-guente kîrtana:

k®ß∫a-nåma dhare kata bala

'Che potere ha il nome di Krishna?'

vißaya-våsanånale mora città sadå jvale,ravi-tapta maru-bhümi sama

ka®∫a-randhra-patha diyå, h®di måjhe praveΩiya,barißaya sudhå anupama

'Il mio cuore era perennemente bruciato dal fuoco deidesideri materiali, come un deserto arso dai raggi del sole,ma Ûrî nåma, entrando nel profondo del mio cuore attra-verso le tube delle orecchie, ha versato un nettare impareg-giabile nella mia anima.'

h®daya haite bale, jihvåra agrete caleΩabda-rüpe nåce anukßa∫a

kan†he mora bhange svara, anga kåµpe thara thara,sthira haite nå påre cara∫a

'Ûrî nåma parla dall'interno del mio cuore, si agita sullapunta della mia lingua e costantemente danza su di essa sot-to forma di suono trascendentale. La mia voce si spezza, ilmio corpo freme ancora e ancora e i piedi più non mi so-stengono.'

cakße dhårå, dehe gharma, pulakita saba carmavivar∫a haila kalevara

mürcchita haila mana, pralayera ågamanabhåve sarva-deha jara-jara

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baddha-jîve k®på kari k®ß∫a haila nåmakali-jîve dayå kari k®ß∫a haila gauradhåma

‘ Misericordioso verso le jîve prigioniere in questa era didiscordia, Ûrî Krishna è diventato nåma-rüpa poi, provan-do ancor più compassione, è diventato anche Gaura e ÛrîGaura-dhåma (Navadvîpa).'

ekånta-sarala-bhåve bhaja gaura-janatabe ta påibe bhåî Ωrî-k®ß∫a-cara∫a

‘Per cui, mirando un solo obiettivo e senza duplicità nelcuore, adora solo Ûrî Gaura Candra. Fratello, in questo mo-do certamente otterrai il rifugio ai piedi di loto di ÛrîKrishna Candra.'

gaura-jana-sanga kara gaurånga baliyåhare k®ß∫a nåma bala nåciyå naciyå

'Canta l'Hare Krishna nåma-kîrtana in associazione coni bhakta di Gaura e danza invocando continuamente:"Gaurånga! Gaurånga!"'

acire påibe bhåî nåma-prema-dhanayåhå vilåite prabhur'nade' e ågamana

'O fratello! Impegnato in questo modo otterrai la ric-chezza inestimabile del nåma-prema, il gioiello che Cai-tanya Mahåprabhu, disceso a Navadvîpa, distribuì a tutti.'

Dopo che Vijaya e Vrajanåtha ebbero ascoltarono dallabocca di Ûrîla Båbåjî Mahåråja questo passaggio del Prema-vivarta di Ûrî Jagadånanda, sentirono il cuore agitarsi per-chè assorbiti nel sentimento di mahå-prema espresso da Ûrî

Jaiva-dharmaCapitolo Venticinque

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meravigliosi. Tale è il potere da Lui manifestato che quan-do inizia a sbocciare anche solo un poco, rivela la Sua for-ma e le Sue qualità divine. Così il mio cuore viene rapito etrascinato in presenza di Ûrî Krishna.'

pür∫a-vikaΩita hañå, braje more jåya lañådekhåya more svarüpa-vilåsa

more siddha-deha diyå, k®ß∫a-påse råkhe giyåe dehera kare sarba-nåΩa

'Ora, completamente sbocciato, il fiore di prema di Ûrînåma mi porta a Vraja e mi rivela i Suoi passatempi amoro-si. Il Nåma mi rivela la mia siddha-deha (identità spiritualeeterna), mi porta a fianco di Krishna e poi cancella tutto ciòche è in relazione a questa mia forma mortale.'

k®ß∫a-nåma cintåma∫i akhila-rasera khaninitya-mukta Ωuddha-rasamaya

namera bålåî yata, saba la'ye hai hata,tabe mora sukhera udaya

'Il nome di Krishna è la gemma che soddisfa tutte le aspi-razioni divine (cintåma∫i) ed è una miniera di bhakti-rasa(sentimenti estatici della devozione). Egli è eternamente li-berato e la personificazione del Ωuddha-rasa (i sentimentispirituali più alti). Quando tutti gli impedimenti al cantodel Ωuddha-nåma (puro nåma) verranno rimossi, la mia fe-licità vera si risveglierà.'

Cantando questo nåma-kîrtana ancora ed ancora, tra-scorse metà della notte. Quando il kîrtana ebbe termine,Vijaya e Vrajanåtha, col permesso di Gurudeva, tornaronoa casa assorti nel nåma-rasa.

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'Fiumi di lacrime scorrono dai miei occhi, il sudore ba-gna tutto il mio corpo, tutta la mia pelle freme per l'estasi, ipeli si rizzano e il pallore appare sul mio viso. La mia men-te cede, inizio a sperimentare uno stato confusionale e ilmio corpo vibra per il flusso delle emozioni estatiche.'

kari eta upadrava, citte varße Ωudhå-dravamore ∂åre premera sågare

kichu nå bujhite dila, more ta båtula kaila,mora citta-vitta saba hare

'Mentre causa questo tumulto estatico, Ûrî nåma versa li-quido nettareo nel mio cuore e mi trascina in un oceano didivino amore (prema). Egli non mi fa più capire nulla e mitrasforma in un pazzo rubandomi la mente e ogni mia altrafacoltà.'

lainu åΩraya jån'ra hena vyavahåra tån'ravar∫ite nå påri e sakala

k®ß∫a-nåma icchåmaya jåhe jåhe sukhî haya,sei mora sukhera sambala

'Mi sono rifugiato in questo Suo comportamento. Nonsono capace di descriverLo a fondo. Ûrî-k®ß∫a-nåma è in-dipendente ed agisce come la Sua dolcezza comanda. Inqualsiasi modo Egli diventa felice, quello è anche il fonda-mento della mia felicità.'

premera kalikå nåma, adbhuta-rasera dhåmahena bala karaye prakåΩa

îßat vikaΩi' puna˙, dekhåya nija-rüpa-gunacittà hari laya k®ß∫a påsa

'Ûrî nåma è il bocciolo di loto di prema e dimora di råsa

Jaiva-dharmaCapitolo Venticinque

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Finito di tradurre il 29 Luglio 2002, nel ben augurantegiorno della scomparsa di Ûrî Gopala Bhatta Gosvåmî.

Un ringraziamento particolare và a coloro che, con il lo-ro sincero apporto, hanno contribuito alla realizzazione diquesto secondo volume del Jaiva-dharma di Srila Bhaktivi-noda Thakura.

Ûrî Ûrî Rådha-Krishna e i Loro puri bhakta così come iVaiß∫ava tutti sicuramente apprezzano il loro servizio be-nedicendoli con la loro misericordia.

Dedichiamo questa edizione italiana ai nostri guru e inparticolare a Ûrîla Nåråya∫a Mahåråja che col suo ultra cin-quantennale impegno sta rendendo disponibile questa let-teratura a tutte le genti del mondo.

Vaiß∫avadåsanudåsaLîlå Purußottama dåsa

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Jaiva-dharmaDodicesimo Capitolo

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Jaiva-dharmaDodicesimo Capitolo

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Jaiva-dharmaDodicesimo Capitolo

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Jaiva-dharmaDodicesimo Capitolo

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Jaiva-dharmaDodicesimo Capitolo

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Andare oltre Vaiku∫tha

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Dodicesimo Capitolo

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INVITOAd un incontro con un sadhu autentico

dall’India

Mercoledì 30 Aprile

alle ore 20,30

presso il centro Yoga HamsaVia Candelo 32 - Biella

LA NATURA ESSENZIALE DELL’ANIMA

Nel corso del suo tour europeo, Sripad Bhaktivedanta Van Maharaja, sannyasi

Vaisnava, proveniente da Navadvipa, Bengala Occi-dentale, terrà una conferenza sull’essenza del messag-gio spirituale dei Veda che viene trasmesso in modo

continuo ed inalterato da 5000 anni.Ci saranno bhajans devozionali tradizionali e un

piccolo rinfresco vegetariano.Ingresso libero

Ti spettiamo

Per informazioni telefonare a 015-928173

!

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INVITOAd un incontro con un sadhu autentico

dall’India

Mercoledì 30 Aprile

alle ore 20,30

presso il centro Yoga hamsaVia Candelo 32 - Biella

LA NATURA ESSENZIALE DELL’ANIMA

Nel corso del suo tour europeo, Sripad Bhaktivedanta Van Maharaja, sannyasi

Vaisnava, proveniente da Navadvipa, Bengala Occi-dentale, terrà una conferenza sull’essenza del messag-gio spirituale dei Veda che viene trasmesso in modo

continuo ed inalterato da 5000 anni.Ci saranno bhajans devozionali tradizionali e un

piccolo rinfresco vegetariano.Ingresso libero

Ti spettiamo

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Andare oltre Vaiku∫tha