Copti egiziani RELIGIONI altro che minoranza - … · ri bizantino e copto-ortodosso, uno scontro a...

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no orgogliosamente discendenti diretti dei faraoni. . Al di là delle convinzioni ideo- logiche, la Chiesa copto-ortodossa è “auto- cefala” per autorità e gerarchia del suo cle- ro. . Al Cairo risiede il suo pontefice, pa- pa Shenouda III, vescovo di Alessandria e patriarca della predicazione di san Marco e di tutta l’Africa. . di Antonio Picasso 76 . east . europe and asia strategies numero 32 . ottobre 2010 . 77 I l 6 gennaio 2010, giorno di Natale secondo i calenda- ri bizantino e copto-ortodosso, uno scontro a fuoco nel piccolo villaggio di Anba Basava, nell’Alto Egit- to, ha causato la morte di nove persone, otto cristiani e un poliziotto musulmano coinvolto nel tentativo di por- re fine alla sparatoria. Secondo la ricostruzione dell’ac- caduto, si sarebbe trattato di una vendetta perpetrata da alcuni musulmani in seguito al rapimento e allo stupro di una bambina della loro comunità, crimine di cui era- no accusati alcuni cristiani. L’episodio ha fatto da deto- natore emotivo presso l’opinione pubblica occidentale. I media e la classe politica sono tornati a parlare di scon- tro fra civiltà e di persecuzione delle comunità cristia- ne che vivono in Medio Oriente. Al contrario, per i cri- stiani copti in Egitto la strage di Natale è da includere in Copti egiziani : altro che minoranza In Egitto l’ennesimo attentato ai cristiani copti riaccende l’interesse per una minoranza reli- giosa di cui si sa poco in Occidente. . Il nome “copto” deriva dal greco classico aigyptyos e significa abitante dell’Antico Egitto. . Su questa base etimologica i copti si considera- RELIGIONI I una lunga catena di persecuzioni che affonda le radici nella convivenza fra la loro Chiesa e la maggioranza mu- sulmana del Paese. L’Occidente sembra essersi accorto solo ora di una co- munità cristiana, autonoma da sempre, ricca di una tra- dizione e di una liturgia che risalgono all’epoca paleo- cristiana. A fronte di questo retaggio storico, le stime de- mografiche relative alla Chiesa copta attesterebbero cir- ca 20 milioni di fedeli, su un totale di 80 milioni di abi- tanti in Egitto. Se così fosse, i copti rappresenterebbero il 25% della popolazione. Le autorità del Cairo, invece, li riducono a meno di 10 milioni. Gli osservatori stranie- ri offrono stime più attendibili e meno legate a strumen- talizzazioni politiche. Attualmente si può parlare di cir- ca 12 milioni di fedeli copti residenti in Egitto e che co- stituiscono il 15% della cittadinanza del Paese. e difficoltà di convivenza fra cristianesimo, ebraismo e Islam risalgono al disfacimento del- l’impero ottomano. All’epoca del sultano, cristia- ni ed ebrei erano riconosciuti come dhimmi: popoli del libro, sottomessi alle leggi del Corno d’oro, liberi comun- que di professare il proprio credo. Tuttavia, osservando il problema sul lungo periodo, possiamo considerare gli A FRONTE Un copto egiziano in un’illustrazione del XIX secolo. QUI SOTTO Il monastero di Sant’Antonio. L Hemis / Corbis / J. Nicolas Corbis / L. de Selva

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no orgogliosamente discendenti diretti dei

faraoni. . Al di là delle convinzioni ideo-

logiche, la Chiesa copto-ortodossa è “auto-

cefala” per autorità e gerarchia del suo cle-

ro. . Al Cairo risiede il suo pontefice, pa-

pa Shenouda III, vescovo di Alessandria e

patriarca della predicazione di san Marco e

di tutta l’Africa. . di Antonio Picasso

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Il 6 gennaio 2010, giorno di Natale secondo i calenda-ri bizantino e copto-ortodosso, uno scontro a fuoconel piccolo villaggio di Anba Basava, nell’Alto Egit-

to, ha causato la morte di nove persone, otto cristiani eun poliziotto musulmano coinvolto nel tentativo di por-re fine alla sparatoria. Secondo la ricostruzione dell’ac-caduto, si sarebbe trattato di una vendetta perpetrata daalcuni musulmani in seguito al rapimento e allo stuprodi una bambina della loro comunità, crimine di cui era-no accusati alcuni cristiani. L’episodio ha fatto da deto-natore emotivo presso l’opinione pubblica occidentale.I media e la classe politica sono tornati a parlare di scon-tro fra civiltà e di persecuzione delle comunità cristia-ne che vivono in Medio Oriente. Al contrario, per i cri-stiani copti in Egitto la strage di Natale è da includere in

Copti egiziani:altro che minoranzaIn Egitto l’ennesimo attentato ai cristiani copti riaccende l’interesse per una minoranza reli-

giosa di cui si sa poco in Occidente. . Il nome “copto” deriva dal greco classico aigyptyos

e significa abitante dell’Antico Egitto. . Su questa base etimologica i copti si considera-

RELIGIONI

I

una lunga catena di persecuzioni che affonda le radicinella convivenza fra la loro Chiesa e la maggioranza mu-sulmana del Paese. L’Occidente sembra essersi accorto solo ora di una co-munità cristiana, autonoma da sempre, ricca di una tra-dizione e di una liturgia che risalgono all’epoca paleo-cristiana. A fronte di questo retaggio storico, le stime de-mografiche relative alla Chiesa copta attesterebbero cir-ca 20 milioni di fedeli, su un totale di 80 milioni di abi-tanti in Egitto. Se così fosse, i copti rappresenterebbero

il 25% della popolazione. Le autorità del Cairo, invece,li riducono a meno di 10 milioni. Gli osservatori stranie-ri offrono stime più attendibili e meno legate a strumen-talizzazioni politiche. Attualmente si può parlare di cir-ca 12 milioni di fedeli copti residenti in Egitto e che co-stituiscono il 15% della cittadinanza del Paese.

e difficoltà di convivenza fra cristianesimo,ebraismo e Islam risalgono al disfacimento del-l’impero ottomano. All’epoca del sultano, cristia-

ni ed ebrei erano riconosciuti come dhimmi: popoli dellibro, sottomessi alle leggi del Corno d’oro, liberi comun-que di professare il proprio credo. Tuttavia, osservandoil problema sul lungo periodo, possiamo considerare gli

A FRONTE Un copto egiziano in un’illustrazione del XIX secolo.

QUI SOTTO Il monastero di Sant’Antonio.

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tradizioni più antiche, che risalgono all’epoca prearabae preislamica. La liturgia tuttora in vigore nel corso del-la messa prevede una serie di riti in aramaico, la linguadi Gesù. Entrando nei monasteri bisogna togliersi le scar-pe, come all’ingresso delle moschee. Fuori da tutti i luo-ghi di preghiera si trovano i lavatoi, secondo i precettidelle Scritture che prescrivono di presentarsi a Dio la-vati dalla polvere del deserto e dal fango delle città. Lapreghiera copta richiede un raccoglimento spirituale ac-compagnato dal coinvolgimento del corpo affinché que-sto condivida il contatto con Dio. Tutto questo ha porta-to a un sincretismo esteriore fra cristianesimo e Islam. Ilmerito di questo grande risultato è da attribuire ai mo-naci delle abbazie. Nella quotidianità dei rapporti tramonaci e comunità civile si assiste a una venerazioneche rasenta l’idolatria. Questi uomini semplici, dallapelle indurita dal lavoro manuale e dal sole, sono rispet-tati come “santoni” che sarebbero capaci di fare miraco-li. La devozione è testimoniata anche post mortem. I cor-pi dei monaci defunti vengono sottoposti all’antichissi-mo rito della mummificazione, eseguito secondo le pre-scrizioni degli antichi egizi. D’altra parte, la ritualità e lapace incontrate all’interno dei monasteri non è sufficien-te a mascherare l’attuale competizione religiosa con il

apostolo sbarcarono ad Alessandria d’Egitto. Il loroobiettivo era introdurre il Verbo di Gesù in quell’ambien-te culturale alessandrino che da secoli vantava una ric-co fiorire di correnti filosofiche e religiose. Il cristianesi-mo, tuttavia, riuscì ad attecchire in Egitto con difficoltà.San Marco vi morì martire nell’80 d.C, mentre san Pao-lo fu costretto a fuggire. Da allora la Chiesa copto-orto-dossa si definisce “miafisita”, in quanto Cristo deve es-sere visto come un’“unica natura del Verbo incarnato”,non com’è invece presso i cattolici e gli ortodossi, secon-do i quali la natura divina prevale su quella umana. Nel corso dei secoli i monaci copti hanno alimentato le

ni ideologiche, la Chiesa copto-ortodossa è “autocefala”per autorità e gerarchia del suo clero. Al Cairo risiede ilsuo pontefice, papa Shenouda III, vescovo di Alessan-dria e patriarca della predicazione di san Marco e di tut-ta l’Africa. Quattro sono i pilastri che reggono l’identitàdi questa Chiesa: a) il fatto che l’Egitto abbia ospitato laSacra Famiglia durante la fuga dalla “strage degli inno-centi” voluta da Erode; b) la discendenza della sua dot-trina da san Marco; c) l’alto valore attribuito al monache-simo ascetico; d) il sincretismo con l’Islam riscontrabi-le in alcuni dettagli della liturgia.

isitare i monasteri copti, costruiti lungo il Niloed esservi ospitati per condividere le giornate dipreghiera significa vivere un’esperienza che tra-

scende il reportage giornalistico. Vuol dire infatti tuffar-si in una tradizione mistica che ha avuto la forza di tra-mandarsi fino ai nostri giorni. L’Egitto avrebbe offerto ri-fugio alla Sacra Famiglia allorché il re di Giudea ordinòil massacro dei bambini del suo regno. L’episodio narra-to nel Vangelo di Matteo costituisce un motivo di vantosia per i copti sia per i musulmani. Le figure di Gesù e diMaria, infatti, sono venerate anche dall’Islam. Fra il 62 e il 64 d.C, san Marco evangelista e san Paolo

scontri interconfessionali come un fiume carsico. L’in-tolleranza si è alternata a prolungati momenti di pacifi-ca coabitazione. Caduto il sultano nel 1918, è venuto me-no lo status di dhimmi. È vero, a quel tempo l’Egitto di-sponeva da decenni di una relativa autonomia politica daIstanbul ed era vincolato agli interessi coloniali di Fran-cia e Gran Bretagna, eppure anche al Cairo la conviven-za interreligiosa non è stata sempre facile. «Questa non èuna terra ostile. Questa è la nostra terra!». L’obiezione èdi Amba Mousa, uno dei vescovi copti più influenti, in-contrato recentemente nel suo studio del Cairo. «La Ter-ra Santa, l’Egitto, la Siria, l’Iraq sono la culla del cristia-nesimo. Se considerassimo questi Paesi come nemici,verrebbe meno la testimonianza diretta di Cristo in terra.Verrebbe a mancare il valore storico del Vangelo». La ri-flessione dell’alto prelato fa crollare il teorema formula-to in Occidente in merito a tutte le Chiese mediorientali.«Siamo perseguitati da tredici secoli. Quel che è accadu-to ad Anba Basava non è nuovo, né ci spaventa».

Il nome “copto” deriva dal greco classico aigyptyos, inriferimento all’abitante dell’Antico Egitto. Su questa ba-se etimologica i copti si considerano orgogliosamente idiscendenti diretti dei faraoni. Al di là delle convinzio-

A SINISTRA Shenouda III, papa della Chiesa copta-ortodossa

mentre riceve fiori dai bambini.

AL CENTRO Amal Meseha con una foto del figlio, Abanoub Atef,

uno dei sei cristiani copti egiziani uccisi mentre celebravano,

lo scorso gennaio, la festività del Natale copto

in un villaggio dell’Alto Egitto.

A DESTRA Il monastero copto

della Santa Vergine e di St. John Kame.

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sviare oltre i confini nazionali le responsabilità delle per-secuzioni alle quali è soggetta la sua comunità, affinchél’intero Egitto – con il regime in primis – ne esca “imma-colato”. Dall’altra pretende di far passare il Paese comela vittima di un male, la Fratellanza musulmana, le cuiorigini in questa terra però sono incontrovertibili. In generale l’intero Egitto sta attraversando un momen-to particolarmente difficile della sua storia. Le incognitepiù immediate sono legate al futuro della presidenza di

Hosni Mubarak. Negli ultimi mesi la salute del “farao-ne”, 82 anni e al potere dal 1981, sembra essere peggio-rata. Nel novembre 2011, la popolazione egiziana saràchiamata a votare il nuovo presidente. È quindi giunto ilmomento di affrontare il nodo della successione. Il pro-blema riguarda la sopravvivenza del regime, la stabilitàinterna del Paese e gli equilibri di tutto il Medio Orien-te. Ci si domanda se l’ennesima candidatura del rais pos-sa essere ancora giustificata dalla ragion di Stato, oppu-re se non rischi di apparire sconveniente.Di conseguenza, il passaggio di consegne al figlio Gamalpotrebbe essere una soluzione. Quest’ultimo ha ricevu-to l’appoggio delle Forze armate e dei servizi di sicurez-za, il General Intelligence Service (Gis), vale a dire duetra le lobby politiche più influenti del Paese. Nella fatti-specie, hanno svolto un ruolo chiave gli oltre 1,6 miliar-di di dollari versati dagli Stati Uniti nelle casse dello Sta-to egiziano tra il 2008 e il 2010, per il miglioramento dei

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La paura di questa Chiesa è la diaspora, come sta accaden-do per quella maronita in Libano, oppure per i cristianicaldei in Iraq. I copti quindi si sono trasformati in una for-tezza sociale inespugnabile. Per questo le autorità eccle-siastiche preferiscono declassare il “massacro di Natale”a un incidente di percorso ed evitano di far passare la pro-pria comunità come quella irachena, vittima di un stilli-cidio collettivo. «La nostra comunità corre solo due peri-coli: la diaspora e la ghettizzazione. Rischi in cui è cadu-ta la Chiesa maronita in Libano». Secondo Amba Mousain Egitto la situazione è molto più tranquilla. La sua Chie-sa infatti sta portando avanti una linea politica proiettatasul lungo periodo. L’educazione dei bambini implica lapreparazione professionale e la trasmissione di un senti-mento nazionalistico per la costruzione delle generazio-ni future, sia come copti sia come cittadini egiziani. «L’armonia è ciò che distingue il nostro Paese dal restodel Medio Oriente. Il solo responsabile del fanatismoislamico è Khomeini». Sono ambigue talune affermazio-ni di Amba Mousa. Il vescovo prima di tutto glissa su al-cuni elementi di contrasto fra le autorità governative delCairo e il vertice della sua Chiesa. Omette per esempio ilfatto che Shenouda III abbia vissuto quattro anni in esi-lio nel monastero di san Bishoy, dal 1981 al 1985. Evitadi parlare dell’obbligo per cui ogni venerdì il papa deveallontanarsi dal Cairo per motivi di sicurezza. Durante ilgiorno di preghiera islamico la sua presenza nella capi-tale potrebbe costituire una fonte di disordini. Da ultimoè interessante notare il riferimento critico al defunto pa-dre della rivoluzione iraniana, bollato come la causa ditutti i mali del mondo musulmano. Puntare l’indice con-tro la teocrazia sciita di Teheran, spina nel fianco del-l’Islam sunnita – che proprio in Egitto trova la sua più co-smopolita manifestazione – sembra essere un modo pernon colpire direttamente quelli che potrebbero essere iveri nemici dei copti all’interno del Paese, la Fratellan-za musulmana, per esempio.

proposito di quest’ultima Amba Mousa dice:«Loro rappresentano il male per tutto l’Egitto,non solo per noi copti. Sono un pericolo per Mu-

barak, sono gli unici estremisti in un sistema di plurali-smo politico. La loro presenza costringe il governo a fartacere tutte le voci di dissenso, anche quelle moderate».L’interpretazione dei fatti da parte di Amba Mousa è vo-lutamente complessa e “bizantina”. Da una parte vuole

mondo musulmano. Oltre le mura delle abbazie infatti,il canto dei muezzin dall’alto dei minareti sovrasta ilsuono delle campane. L’appello quotidiano alla preghie-ra indirizzata ad Allah risulta più forte di quello per lacelebrazione della messa copta. Pur avendo attraversato momenti oscuri di conflittuali-tà, come quello attuale, la Chiesa copta ha svolto un ruo-lo precipuo nell’edificazione dell’Egitto moderno. Nellaseconda metà dell’Ottocento il Paese visse una fase diprofonda apertura culturale e di sviluppo socio-econo-mico, la nahda (rinascimento), una sorta di Età dei Lumiche avrebbe condotto Il Cairo all’emancipazione dal co-lonialismo e – per volontà del presidente Gamal AbdelNasser – all’affermazione del Paese come potenza regio-nale. In questo processo di modernizzazione la comuni-tà copta ha contribuito efficacemente al sostegno delleistituzioni cairote.

A tale proposito, la figura di papa Shenouda III è emble-matica. Nato nel 1921, fu un valoroso ufficiale dell’eser-cito egiziano e si distinse durante la Prima guerra arabo-israeliana, nel 1948. Poi, dopo aver risposto alla vocazio-ne monastica e aver trascorso quattro anni in solitudinenel deserto, venne eletto papa nel 1971 alla morte di Ci-rillo VI. Sotto il pontificato di Shenouda III la comunitàcopta ha ritrovato una forza vitale che le ha permesso pri-ma di partecipare alla costruzione dell’Egitto moderno eora di difendersi dagli attacchi del fondamentalismo ji-hadista, nonché di contenere quello spopolamento cheè comune a tutte le Chiese del Medio Oriente. Un risultato positivo del pontificato di Shenouda III è rin-tracciabile nelle cosiddette Sunday school. I copti sonoconvinti che lo Stato egiziano non sia in grado di fornireun’adeguata preparazione scolastica alle nuove genera-zioni, di conseguenza sopperiscono a queste lacune conle “scuole domenicali”. «Noi non facciamo solo catechi-smo», spiega un insegnate incontrato presso la ChiesaSospesa del Cairo. «Ci impegniamo anche in materie nonreligiose. Vogliamo che i nostri figli possano andare al-l’università, magari anche all’estero, con la giusta prepa-razione. Il governo non ha gli strumenti adeguati per que-sto e le uniche alternative sono le madrase». Le Sundayschool sono quindi sussidiarie all’istruzione statale.«Noi copti siamo talmente pochi e circondati da così tan-te moschee che non possiamo permetterci di essere im-preparati».

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Padre Ireneus in preghiera a Deir Abu Maqar,

monastero copto che sorge lungo la strada del deserto

tra il Cairo e Alessandria.

L’insediamento monastico

risale al 360 d.C.,

l’età dei Padri del deserto,

Antonio, Macario e Pacomio.

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on Naguib, è un centro tentacolare di attività industriali,finanziarie e commerciali. La holding di riferimento diquesta famiglia è la Orascom, dalla quale si diramano in-vestimenti nelle telecomunicazioni, nell’edilizia e neivillaggi turistici. I Sawiris sono presenti anche in Italiagrazie alla Wind. Deus ex machina del clan però è il pa-dre di Naguib, Onsi Sawiris. Nato nel 1930, questo busi-nessman d’altri tempi ha cominciato a muovere i primipassi nella finanza nell’Egitto nasseriano. Dopo la crisidi Suez nel 1956 e un breve periodo di difficoltà, Sawi-ris riuscì a ripristinare i buoni rapporti con il governo, di-

venne il primo consulente finanziario del presidente Sa-dat e riuscì a conservare la stessa posizione con Muba-rak. Oggi Forbes ha stimato il patrimonio personale del“vecchio Sawiris” in una cifra intorno agli 1,7 miliardidi dollari. Di fronte a un esempio come questo è difficilepensare che Mubarak possa rinunciare al sostegno deicopti, preferendo altri gruppi di pressione, sebbene di fe-de islamica. Non è un caso infatti che, mentre ad AnbaBasava si perpetrava il massacro interreligioso, GamalMubarak, in rappresentanza del padre, prendeva partealla messa solenne celebrata da Shenouda III. .

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parto energetico e le entrate che provengono dal pedag-gio navale del Canale di Suez registrano saldi nettamen-te positivi. In Egitto sono presenti oltre 200 istituti di cre-dito, fra nazionali e esteri. Le entrate della zakat – la “de-cima” imposta dal Corano ai fedeli musulmani – e i ric-chi investimenti della minoranza copta permettono unacircolazione monetaria virtuosa nell’intero Paese. La re-cente scoperta di riserve di gas poi ha fatto rientrarel’Egitto nel circuito energetico, dopo un periodo in cui sitemeva una sua marginalizzazione. Il costo della vita pe-rò sta crescendo in modo incontrollabile. Il governo èvincolato da trattati internazionali che gli impongono unsurplus di esportazione, soprattutto delle derrate alimen-tari. Ne consegue che la popolazione è costretta a pagaregeneri di prima necessità, prodotti dalla sua stessa agri-coltura, a un prezzo maggiorato. La modernizzazione delsettore industriale poi resta limitata ad alcuni comparti.

a tutto questo allo stato di insicurezza sociale ilpasso è breve. Una realtà dissidente e caratteriz-zata da derive fondamentaliste qual è la Fratel-

lanza musulmana trova ossigeno in un Egitto nascosto.Lontano dalla middle class delle città – composta da li-beri professionisti, impiegati e operai specializzati – vi-ve un sottoproletariato che è facile preda della propagan-da antigovernativa. Il governo del Cairo ha certamentedefinito un’efficace politica di prevenzione del terrori-smo. Per combattere i mali sociali, però, non è sufficien-te la repressione e tanto meno la propaganda ossessiva.Nel Sud del Paese i ritratti del presidente sono affissi aogni lampione della luce. Ma questo assillante monitoalla popolazione di ossequiare il rais non ha portato i ri-sultati sperati. Nel frattempo, sul fronte delle riforme ver-so la democrazia, il governo egiziano pare arenato. Di quiil dubbio su quanto sia realizzabile un passaggio indolo-re di consegne tra Hosni Mubarak e suo figlio.

Inserita in un contesto socio-politico tanto complesso, lacomunità copta si sente schiacciata tra un regime che, asuo giudizio, non riesce a garantirle l’adeguata protezio-ne e il crescente fondamentalismo della Fratellanza mu-sulmana. Oltre le preghiere e le Sunday school però, icopti costituiscono una lobby finanziaria e produttivadella quale l’Egitto non può fare a meno. Il 40% delleagenzie turistiche presenti nel Paese, per esempio, è diproprietà copta. Il clan dei Sawiris, di cui è noto il tyco-

sistemi di difesa nazionale e dell’apparato antiterrori-smo. Le istituzioni del Cairo però appaiono meno carat-terizzate da quel populismo inoculato nel loro tessuto daNasser negli anni Cinquanta e dal machiavellismo di cuiinvece Sadat era stato artefice. Oggi il regime si specchianelle condizioni di vita del Cairo. Questa megalopoli di21 milioni di abitanti appare incapace di contenere le in-certezze del futuro.L’intero Egitto del resto lascia trasparire sintomi di debo-lezza, che potrebbero suggerire un’involuzione. Certo, intermini macroeconomici, il Paese vanta una solidità so-pra la media rispetto all’intero mondo islamico e all’Afri-ca. Il settore turistico, quello bancario, in parte il com-

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Shenouda III, attuale papa della Chiesa copto-ortodossa

e patriarca della predicazione di san Marco e di tutta l’Africa.

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