Copia di vitarivista · 2019. 11. 29. · buon samaritano (Lc 10, 29-37); ci aiuta a vedere, non da...

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Anno LXI - N.186 luglio settembre N.3 - 2019 Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Dossier TERESIO OLIVELLI BEATO martire perché ribelle Vita somasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Ottobre straordinario Cristiani in missione nel mondo

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Anno LXI - N.186luglio settembre

N.3 - 2019VitasomascaPeriodico trimestrale dei Padri Somaschi

Dossier

TERESIO OLIVELLI BEATO martire perché ribelle

Vitasomasca Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

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Ottobre straordinario

Cristiani in missione nel mondo

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Sommario

EditorialeUn testo da cento e lode 3Cari amici Buoni samaritani 4ReportBattezzati e inviati 6Essere missione 10IntervistaParola di Generale: missione è non poter tacere 12Dentro di meL’unica domanda 14

Dossier Teresio Olivelli beatomartire perché ribelle 15

Nostra storiaNel sud-est asiatico 450 anni della nostra storia 24Per riflettereCondividi-AMO 26Vita ecclesialeHumanæ vitæ: un documento sofferto 28Problemi d’oggiQuale energia per fermare i cambiamenti climatici? 30Adolescenti che mentono ai genitori 32Spazio giovaniQuando i videogiochi diventano apprendimento 34Spazio laici - Laicato SomascoParole che sciolgono nodi 36Spazio laici - Fondazione SomascaIl cielo era basso e grigio 38FlashNotizie in breve 39In memoriaRicordiamoli 44Recensioni Letti per voi 46

Anno LXI - N. 186luglio settembre

N. 3 - 2019Periodico trimestrale dei Padri Somaschi

Copertina: Padre Gino Maccalli, 58 anni cremonese, missionariodella Società Missioni Africane,

rapito il 17 settembre 2018 in Niger,da allora nelle mani dei suoi rapitori.

Direzione editorialep. Adalberto Papini,p. Luigi Amigoni.Direttore responsabileMarco Nebbiai.

Hanno collaboratoP. José Antonio Nieto;Enrico Viganò;p. Fortunato Romeo,p. Giuseppe Oddone;p. Luigi Cucci;p. Michele Marongiu;p. Luigi Amigoni;Fabiana Catteruccia;Deborah Ciotti;Mara Heidempergher;Marco Calgaro;Danilo Littarru;Elisa Fumaroli.

FotografieArchivio somasco, Autori, Internet

StampaADG Print srl 00041 Albano Laziale (Roma)Tel. 06.87729452

Abbonamentic.c.p. 42091009 intestato: Curia Gen. Padri Somaschivia Casal Morena, 8 - 00118 Roma

Vita somasca viene inviata agli ex alunni, agli amici delle opere dei Padri Somaschi e a quanti esprimono il desiderio di riceverla. Un grazie a chi contribuisce alle spese per la pubblicazione o aiuta le opere somasche nel mondo.Vita somasca è anche nel web:[email protected] dati e le informazioni da voi trasmessi con la procedura di abbonamento sono da noi custoditi in archivio elettronico. Con la sottoscrizione di abbonamento, ai sensi della Legge 675/98, ci autorizzate a trattare tali dati ai soli fini promozionali delle nostre attività. Consultazioni, aggiornamenti o cancellazioni possono essere richieste a: vitasomasca, Poggio ponente, 1 18018 Vallecrosia (IM)Tel. 3295658343 - Fax 0184295363

Aut. Trib. Velletri n. 14 - 08.06.2006

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Editoriale

Vale cento, come gli anni di collaudo delleriflessioni che contiene, la lettera apostolica,firmata il 30 novembre 1919 da papaBenedetto XV. È la Maximum illud (La piùgrande missione). Preceduta dai documentimissionari di tre papi dell’800 e seguita dalleencicliche dei tre successori di papa DellaChiesa, la lettera si colloca sulla cresta delversante storico che, alla fine della primaguerra mondiale, nota il declinare grave dellenazioni occidentali che hanno scatenatol’inutile strage e prevede il loro imploderedurante e dopo il conflitto del 1939-45. In modo pragmatico, papa Benedetto accennaalla eventualità di missionari interessati “piùalla loro patria terrestre che a quella celeste”.“Ci recano grande dispiacere certe Riviste diMissioni - approfondisce - nelle quali più che lozelo di estendere il regno di Dio appareevidente il desiderio di allargare l’influenza delproprio Paese”. E non si avvedono di “alienarein tal modo l’animo dei pagani dalla santa religione”. Povero di rimandi (14, e solo bibliche, le citazioni), alieno da tecnicismi teologici, il documento diBenedetto XV centra gli aspetti delicati della “missione alle genti” (universalità della attivitàmissionaria, creazione delle Chiese locali, preparazione del clero nativo, collaborazione delle

diverse forze ecclesiali, purificazione di ognicontaminazione coloniale, rispetto delle culturedei vari paesi) che le riflessioni del ConcilioVaticano II e i testi degli ultimi papi hanno poiportato a matura evidenza. Con questo spiritopapa Francesco ha restaurato il dimenticatotesto del secolo scorso e vi ha intravisto unaspinta preziosa per le risposte che oggi daicristiani esige “la missione del Redentore”affidata alla Chiesa. Per la “conversione pastorale e missionariadella Chiesa” non bastano certo né lo specialemese del 2019 né l’assidua meditazione di untesto datato ma “nuovo”. Al Papa lo spuntocentenario e l’iniziativa di ottobre servono aribadire ciò su cui insiste da sempre: l’attivitàmissionaria rappresenta la massima sfida perla Chiesa; l’azione missionaria è il paradigma diogni opera della Chiesa; non bisogna perdere latensione per l’annuncio del Vangelo, compitoprimo della Chiesa.

Un testo da cento e lode

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Carissimi amici di Vita somasca,come sapete anche dal numero scorsodella rivista, i Padri Somaschi, dopo la no-mina di padre Franco ad arcivescovo, handovuto celebrare un Capitolo generale.I padri capitolari hanno eletto me, in-sieme al Vicario generale p. Junar Enor-me, delle Filippine, a p. Giuseppe Od-done, italiano, a p. Gracious Kuttiyil, del-l’India, e fr. José Harvey Montaña, del-la Colombia.Questo mandato è un atto di fiducia deifratelli somaschi verso di me, e unagrande responsabilità che metto sempresotto la guida dello Spirito santo, l’in-tercessione di Maria Madre degli orfanie di san Girolamo Emiliani nostro padree fondatore, e che carico pure su voi,

sempre certo della vostra preghiera e del-l’aiuto che darete.Ci sono tanti progetti, tante cose dafare e tanti compiti da svolgere, ma ho fi-ducia nel mio governo, nei superioridelle varie strutture e in tutti i miei fra-telli somaschi che nei cinque continen-ti continuano a rendere presente il Van-gelo con il carisma di san GirolamoEmiliani (“... se la compagnia rimane conCristo, si otterrà l’intento”). Questo “intento” non è soltanto di re-sponsabilità dei religiosi somaschi, è re-sponsabilità anche di voi laici con i qua-li formiamo la grande famiglia somasca.Vita Somasca ci aiuta in questo “in-tento”; è un prezioso strumento per co-noscere, far conoscere e promuovere

Cari amici

Buoni samaritani

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P. José Antonio Nieto Sepúlveda crs

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tutto ciò che è il vissuto somasco nelmondo. È un mezzo di comunicazioneche ci aiuta a vedere e a capire il pros-simo, specialmente “la preziosa eredi-tà di san Girolamo”, cioè i poveri e i bi-sognosi. È un invito a vivere la parabola delbuon samaritano (Lc 10, 29-37); ciaiuta a vedere, non da lontano come isacerdoti e i leviti, ma da vicino e dalvivo, l’uomo colpito dai briganti, cioè inostri piccoli e i giovani feriti anche oggida tanti briganti, segnati dalla fame,dalla violenza, dalla droga, dalla soli-tudine e dalla mancanza di amore e chesono senza scuola o senza medicine.Cari amici, apriamo gli occhi e conti-nuiamo a essere vicini ai nostri ragaz-zi che Vita Somasca ci fa conoscere e peri quali ci propone di essere buoni sa-maritani. Non possiamo rimanere lontani.Cari lettori di Vita somasca, siamo at-tenti a tutte le realtà che questa rivistaci mette davanti e prendiamoci ognunole responsabilità che, secondo le diver-sità delle chiamate, ci obbligano ad

agire da buoni samaritani.Un ringraziamento spe-ciale a quanti lavorano ehanno lavorato perchéquesta nostra Vita Soma-sca vada avanti e con il vo-stro aiuto realizzi le sue fi-nalità.Voglio anche approfittaredi questa opportunità chemi è data per ringraziarep. Franco per il suo lavo-ro e per l’animazione delnostro Ordine e di tutta lafamiglia somasca.Grazie a tutti voi, e, comedice papa Francesco, pre-gate per me.

Vi benedico e vi saluto.

p. José Antonio crs

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luglio settembre 2019 Vitasomasca

Buoni samaritani nell’arte:pagina a fianco: Giacomo Conti

(1813-1888);

qui a sinistra: L. Grassi 1972. San Girolamo Buon samaritano.

Codogno (LO);

qui sotto: Vincent van Gogh(1853-1890).

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Report

Preghiera per il Mese Missionario Straordinario - Ottobre 2019

Padre nostro, il tuo Figlio Unigenito Gesù Cristo risorto dai morti

affidò ai suoi discepoli il mandato di «andare e fare discepoli tutti i popoli»;

tu ci ricordi che attraverso il nostro battesimo

siamo resi partecipi della missione della Chiesa.

Per i doni del tuo Santo Spirito, concedi a noi la grazia

di essere testimoni del Vangelo, coraggiosi e zelanti,

affinché la missione affidata alla Chiesa, ancora lontana dall’essere realizzata,

possa trovare nuove ed efficaci espressioni che portino vita e luce al mondo.

Aiutaci a far sì che tutti i popoli possano incontrarsi

con l’amore salvifico e la misericordia di Gesù Cristo,

lui che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dalla Lettera del Papa Francesco in occasione del centenario della Maximum illud sull’attività svolta dai missionari nel mondo

Quattro dimensioni indicateci da Papa Francesco per vivere il Mese Missionario Straordinario:

- Incontro personale con Gesù Cristo, vivo nella Chiesa;- Testimonianza: i santi, i martiri della missione, i confessori della fede;

- Formazione biblica catechetica e spirituale circa “la missione alle genti”;- Carità missionaria, come sostegno al lavoro di evangelizzazione.

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Francesco papa missionario.

Era il 1919: al termine di un tremendoconflitto mondiale, che definì inutilestrage, papa Benedetto XV avvertì la ne-cessità di riqualificare evangelicamentela missione della Chiesa nel mondo, per-ché fosse purificata da qualsiasi incro-stazione coloniale e si tenesse lontana dal-le mire nazionalistiche ed espansionisti-che che tanti disastri avevano causato.San Giovanni Paolo II, con parole che oc-corre riproporre all’attenzione di tutti, haesortato la Chiesa a un rinnovato impe-

gno missionario, nella convinzione chela missione fortifica la Chiesa, rinvigo-risce la fede e l’identità cristiana, dà nuo-vo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola.E papa Francesco indice un Mese Mis-sionario Straordinario nell’ottobre 2019,al fine di risvegliare maggiormente laconsapevolezza della Missio ad gentes edi riprendere con nuovo slancio la tra-sformazione missionaria della vita edella pastorale.

È motivo di grande stupore constatare che, dopo tante così gravi fatiche sof-ferte dai nostri nel propagare la Fede, dopo tante illustri imprese ed esem-pi di invitta fortezza, siano ancora così numerosi coloro che giacciono nel-le tenebre e nelle ombre della morte, dato che il numero degli infedeli, secondoun recente computo, arriva al miliardo.

Ci piace dare una meritata lode a quei Vicari Apostolici i quali contribuisconoa far prosperare il Regno di Dio, e che, ove non possano trovare nuovi coo-peratori nel proprio Ordine, sono ben lieti di accoglierne altri di diversa fa-miglia religiosa.

Il sacerdote indigeno, avendo comuni con i suoi connazionali l’origine, l’in-dole, la mentalità e le aspirazioni, è meravigliosamente adatto a instillarenei loro cuori la Fede, perché più di ogni altro conosce le vie della persua-sione. Perciò accade spesso che egli giunga con tutta facilità dove non puòarrivare il missionario straniero.

Dalla Lettera apostolica Maximum illud di Benedetto XV

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Report

Beato Paolo Manna(1872-1952)

Nato ad Avellino, fumembro del PIME e fuordinato sacerdote a Mi-lano nel 1894. Per qualche anno lavoròin Birmania (oggi Myan-mar). Rientrato in Italia nel1907 si dedicò a una in-tensa animazione mis-sionaria, con scritti, in-terventi e iniziative dicooperazione missiona-ria. Lanciò vari periodicimissionari. Nel 1915 fondò l’Unionemissionaria del clero, perporre in stato di missio-ne tutto il popolo di Dio.Dal 1924 al 1934 fu su-periore generale delPIME. Fu ispiratore della na-scita (1936) della Con-gregazione delle Missio-narie dell’Immacolata.Morì a Napoli nel 1952.Fu beatificato da Gio-vanni Paolo II il 4 no-vembre 2001.

Pauline Marie Jaricot (1799-1862)

Settima e ultima figlia digenitori che chiesero perlei il battesimo di un sa-cerdote che non avesseprestato il giuramento algoverno rivoluzionario. Vicende di lutti e lo scam-pato pericolo di vita laportarono ad occuparsidei malati e dei poveri e afondare una associazione,Reparation (in maggio-ranza donne), di carità e didevozione ai Cuori di Gesùe Maria. Quando il fratello semi-narista nella Società per leMissioni di Parigi le chie-se di raccogliere aiuti peri missionari in Cina, coin-volse nella preghiera e nel-la ricerca di fondi il suogruppo, da cui nacque laSocietà per la propaga-zione della fede, promos-sa nel 1922 da Pio XI aOpera pontificia. Jaricot fu dichiarata ve-nerabile da papa Giovan-ni nel 1963.

Testimoni

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Nella pagina a fianco, sopra: p. Valerio missionario

somasco già in Nigeria;

al centro: giovane missionario laico.

sotto: bambini del sud-est asiatico.

Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (un tempo Congregazione vaticana di PropagandaFide): fondata da papa Gregorio XV, nel 1622.

Pontificie Opere Missionarie, nate nel XIX e XXsecolo dall’ansia missionaria di laici e chierici:

- Propagazione della Fede, fondata in Francia a Lio-ne, nel 1822, per promuovere preghiere e aiuti mate-riali alle missioni.

- Infanzia Missionaria, sorta ufficialmente a Pari-gi, nel 1843, per coinvolgere nell’aiuto missionario i ra-gazzi di tutto il mondo.

- San Pietro Apostolo, fondata a fine ‘800 in Fran-cia, per sostenere nelle giovani Chiese la formazione di futuri sacerdoti, religiosi e religiose.

- Unione Missionaria, ispirata dal beato PaoloManna, e approvata da Benedetto XV nel 1916. Si propone di suscitare nella Chiesa la passione per lamissione e di contribuire alla formazione missionaria.

luglio settembre 2019 Vitasomasca

Al servizio della evangelizzazione delle genti

41° Pellegrinaggio Macerata-Loreto

nella notte dell'8 giugno 2019. All'inizio venne dato

il mandato missionarioai pellegrini.

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È un passaggio del messaggio che papaFrancesco ha consegnato alla Chiesauniversale per la Giornata MissionariaMondiale 2019.

Io sono sempre una missioneNon è detto un missionario, ma una mis-sione, non è detto il portatore di un mes-saggio, ma il messaggio stesso. Nella mia identità più profonda di bat-tezzato, la missione dovrebbe essere cosìsostanziale fino al punto che io ed essasiamo un tutt’uno, interscambiabili.Mi sembra di sentire in sottofondo unastruggente preghiera dei Navajos “Iosono una preghiera in cammino”.Oltre ad essere una preghiera in cam-

mino, espressione felicissima della miasete di Dio, io sono una missione in cam-mino ad gentes perché amo Dio che mimette in cammino e amo la gente che in-contro lungo il cammino.L’espressione “io sono una missione” eragià stata pronunciata da papa Francesconell’esortazione apostolica EvangeliiGaudium: “La missione al cuore delpopolo non è una parte della mia vita,o un ornamento che mi posso togliere,non è un’appendice, o un momento trai tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicaredal mio essere se non voglio distrug-germi. Io sono una missione su questaterra, e per questo mi trovo in questo

Report

Essere missione“Io sono sempre una missione; tu sei sempre una missione;ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da se stesso,è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita”.

p. Fortunato Romeo

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mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati afuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivifi-care, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela l’infer-miera nell’animo, il maestro nell’animo, il politico nel-l’animo, quelli che hanno deciso nel profondo di esserecon gli altri e per gli altri” (EG 273).

Una serie di azioni caratterizzano il nostro essere mis-sione e sono tutti volti all’altro. L’essere missione investe il corpo e lo spirito di chi ciincontra. Siamo missione quando parliamo e quandoagiamo, siamo missione quando annunciamo il Van-gelo e quando ci prendiamo cura degli altri, siamo mis-sione quando la nostra condotta parla da se stessa e te-stimonia il nostro rapporto con Dio.Essere missione è essere infermieri: formiamo una Chie-sa che si prende cura delle ferite di tutti gli uomini.Essere missione è essere maestri, maestri di pensiero, mae-stri di vita, evangelizzatori della cultura e della morale.Essere missione è essere politici, evangelizzatori del-la polis, della città degli uomini, portando il fuoco del

messaggio di Cristo negli ambiti che sembrano esserepiù lontani dagli spazi normalmente dedicati allo spi-rito ovvero la politica stessa, l’economia, i mezzi di co-municazione, i social network.Essere missione nel mondo di oggi, nella nostra società,è vivere il tempo e lo spazio come luoghi che necessi-tano del Dio della vita e della storia.Essere missione significa essere sempre in cammino,senza mai fermarsi, per raggiungere e illuminare il mag-gior numero possibile di angoli bui, per soccorrere e sol-levare tanti fratelli e sorelle feriti, alla ricerca del sen-so della loro esistenza, alla ricerca della Vita.

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Intervista

Parola di Generale: missione è non poter tacereOggi noi cristiani non possiamo tacere: il Vangelo va annunciato. Se ci sarà bi-sogno di apportare cambiamenti, verranno realizzati in continuità. Spero che ilCentenario del 2021 ci dia la possibilità di aprire altre opere in terre non europee

Così ha detto padre José Antonio Nieto Se-púlveda in questa intervista che mi ha con-cesso dopo l’elezione a Preposito genera-le (il 156° della serie) nel Capitolo del mag-gio 2019. Un Capitolo che certamente pas-serà alla storia somasca come il “Capito-lo del cambiamento”. Per la prima voltadopo quasi cinquecento anni dalla fon-dazione dell’Ordine, il successore di sanGirolamo Emiliani è un non italiano, unospagnolo; per la prima volta il Vicario ge-nerale non è un europeo, ma “è stato pre-so quasi alla fine del mondo”, nelle Filip-pine; e anche il Consiglio generale è più vi-sibilmente formato da rappresentanti ditutto il mondo somasco: due dall’Asia, unodall’America latina, e due da paesi euro-pei, Spagna e Italia. P. José Antonio Nie-to, 57 anni, è stato per nove anni (fino al2017) Vicario generale (primo non italia-no). Prima dell’elezione a Superiore ge-nerale (10 maggio scorso), era responsa-bile dell’Ufficio missionario e superioredella Casa generalizia di Roma.

Padre José Antonio, nelle elezionidel Capitolo generale il “mondosomasco” è più rappresentato. Unsegno della presenza dello Spirito?“Grazie dell’osservazione; penso che lo Spi-rito santo sempre soffi secondo l’anda-mento e la necessità della Chiesa, al di làdelle nazionalità, età o differenti culture”.

Quale è stato il “mandato” al Con-siglio avuto dal Capitolo?“Il Capitolo ha dato suggerimenti, in-dicazioni, scaturiti unicamente dal de-siderio dei nostri confratelli di arricchiree sviluppare maggiormente il nostro Or-dine secondo il carisma di san Girola-mo Emiliani, in modo che operi in sin-tonia con le nostre società (uso il pluraleper rispetto alle varie culture) e in unmondo sempre più globalizzato. Tuttoquesto deve avvenire tenendo contodelle tante esperienze che costituisconola formazione iniziale e la formazionepermanente”.

Di fatto la sua prima uscita uffi-ciale come Padre generale è statail 18 maggio scorso a Somasca perincontrare un bel gruppo di laiciitaliani in pellegrinaggio a san Gi-rolamo. A loro si è rivolto con leparole “noi somaschi”, quasi fos-sero confratelli.“La Provvidenza ha voluto che la visitaa Somasca, accogliendo l’invito del Mo-vimento Laicale Somasco, costituisse an-che la mia prima uscita da Superiore ge-nerale. In tal modo ho potuto, oltre cheincontrare i laici, pregare davanti al-l’urna di san Girolamo e salutare la co-

Enrico Viganò

Nella pagina a fianco: papaFrancesco e p. Jose Antonio .all’udienza del Capitolo 2017;

sotto:il p. generale e fr. Jose Montana.

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munità di Casa Madre, comunitàche assiste i nostri cari padri an-ziani ed è custode delle reliquie e deiluoghi del nostro Fondatore. Per quanto riguarda l’espressione“noi somaschi”, penso che sia la ter-minologia che meglio esprima larealtà, cioè la comunione di tutti co-loro che vivono il carisma che sanGirolamo ci ha lasciato. Ognuno, poi, è invitato a espri-merlo secondo la vocazione rice-vuta: chi da laico, chi da religioso,chi da religioso con il ministero sa-cerdotale”.

Durante l’omelia della Messa,ha ripetuto più volte le paroledi san Pietro (At 4,20): “Nonpossiamo tacere”, richiaman-do così il tema del prossimoconvegno che si terrà ad Alba-no Laziale a fine agosto. “Nel tempo pasquale si ricordanoi primi passi delle prime comunitàcristiane, e il modo con cui essehanno affrontato le nuove situa-zioni. Non ultima la decisione diPaolo e Barnaba che, davanti allarinuncia ad accogliere il Vangeloda parte dei loro fratelli di religioneebraica, decidono di annunciare laBuona Novella ai pagani. C’è unprima e un dopo, e la motivazioneè che “non potevano tacere” la Pa-rola. Così oggi noi cristiani in unmondo così diversificato “non pos-siamo tacere”: il Vangelo va an-nunciato”.

Quale sessennio sarà il suo? Di continuità con quanto hacompiuto padre Franco Mo-scone o di radicale cambia-mento?“Sono stato Vicario generale conpadre Franco e abbiamo condivi-so tanti aspetti dell’andamento delnostro Ordine; e se ci sarà bisognodi apportare cambiamenti, ver-ranno realizzati in continuità. E se,

invece, ci fosse necessità di scelteradicali - e intendo nel senso buo-no della parola - devo dire che sa-ranno nette ma non violente”.

Quale rilevanza avrà il cente-nario “dell’inizio della mis-sione somasca” del prossimo2021, in ricordo della primacasa aperta in El Salvador?“Innanzitutto una “rilevanza diringraziamento” a Dio per questicento anni e per il gran passo cheil nostro Ordine, grazie ai nostripadri, ha saputo fare. E poi questaricorrenza ci deve incoraggiare anon perdere la missionarietà comecarisma di san Girolamo; anchelui, cinquecento anni fa, ha lascia-to la capitale dello Stato (la Re-pubblica di Venezia) per andareprima alla periferia della repub-blica e poi nello Stato confinante, ilducato di Milano. Spero che questocentenario ci possa permettere diaprire opere in paesi extraeuropeidove ancora non siamo”.

Nel 2017, papa Francesco, nel-l’udienza privata concessa aipadri di quel Capitolo, ha datoun mandato preciso: “Parlan-do di orfani, ci sono i nuovimezzi orfani: quei migranti,ragazzi, bambini che vengonoda soli nelle nostre terre ehanno bisogno di trovare pa-ternità e maternità. Vorreisottolineare questo: sui bar-coni tanti vengono da soli ehanno bisogno di questo. Que-sto e altro è compito vostro”.Anche in Italia e in Europa c’ètanto bisogno dei Somaschioggi, sembra dire il Papa.“Le parole del Papa non sono stateuna mera esortazione; sono risuo-nate come un comando, e possoconfermare che nelle nostre comu-nità costituiscono la realtà di vita edi missione. Certo non è facile: cisono troppi meccanismi, anche bu-rocratici, che rendono difficile por-tare avanti il nostro aiuto a tantibambini e giovani”.

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Dentro di me

L’unica domanda

Dalla risposta ad essa dipendono la di-rezione e il centro delle nostre vite. La rivolse Gesù Risorto a Pietro in un ra-dioso mattino. Dopo aver arrostito delpesce per i suoi apostoli, lo chiamò in di-sparte e gli chiese: “Simone, mi ami tu?”.Non è certo una domanda come un’altra,lo si capisce subito: è il nucleo incande-scente del cristianesimo. Fa battere il cuore questa sua richiestaquando pensiamo che egli è Dio e, comeun bambino, non desidera altro che es-sere amato. Si può essere cristiani per motivi assai di-versi. A volte lo si è per senso del dove-re, quando si legge il vangelo come fos-se una morale. Altre volte perché cerchiamo un Dioche ci protegga dai pericoli. C’è poi chi è cristiano per cultura nazio-nale, per tradizione, quasi per inerzia,senza desiderare, in fondo, di seguire sulserio il vangelo (è incredibilmente faci-le diventare cristiani senza Cristo, cre-derci tali perché ci aggrappiamo ad al-cune consuetudini). C’è infine un motivo diverso da tutti que-sti: si può essere cristiani perché si ama

Gesù Cristo e si avverte verso di lui un le-game che tocca le corde più profonde del-l’animo. Lo ritroviamo spesso nei santi,Paolo per primo, legato per sempre a Cri-sto come un innamorato: “Chi ci sepa-rerà dall’amore di Cristo? Forse la tri-bolazione, l’angoscia, la persecuzione, lafame, la nudità, il pericolo, la spada?”.Oppure in Girolamo che lo chiamava“Dolcissimo” e alla morte del quale il Vi-cario di Bergamo scrisse: “D’altro nonragionava, se non di seguire Cristo”. È tutto qui, in questa calorosa e trasci-nante storia d’amore tra noi e Gesù, nonci sono altri motivi per essere cristiani;tutto il resto viene dopo, come conse-guenza della risposta a quella domanda:gli impegni comunitari e parrocchiali, lamorale, la catechesi, la liturgia, la voca-zione, la preghiera… Quale senso avrebbero senza amore perCristo, quale futuro?E se noi non riuscissimo ancora a ri-spondere “sì”, allora Gesù si abbasseràanche verso di noi, proprio come accaddea Pietro, e ci chiederà semplicemente:“Mi vuoi bene? Mi vuoi essere amico?Questo mi basta”.

C’è una domanda al cuore del cristianesimo, senza la quale esso non potrebbe esistere. Una delle oltre 220 domande che Gesù pose ai suoi interlocutori

p. Michele Marongiu

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DossierTeresio Olivelli beato

martire perché ribelle

“Non posso lasciarli soli, vado con loro”(Teresio Olivelli - rivolto ai destinati al campo di morte di Hersbruck, 30 settembre 1944).

p. Luigi Amigoni

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Dossier

Un profilo nelle parole

Teresio (al centro) con mamma, papa

e zio arciprete

È stato un eroe non delle battaglie, ma della carità, come asseriscono concordemente i te-stimoni della campagna di Russia.(Paolo Rizzi, postulatore della causa di beatificazione e biografo).

All’oppressione, agli egoismi e agli odii bisogna opporre la carità sorridente.(Olivelli, in Il Ribelle, n. 1 - 5 marzo 1944)..Sono stato scoperto quando più vicino speravo il giorno di rivedervi. Di gran cuore per-dono a tutti coloro che mi fecero del male e auguro loro ogni bene, soprattutto che co-noscan Lui e il Suo Amore. Se qualche incremento al Regno di Dio è venuto o verrà peropera mia, la mia gioia sarà completa. Credete fermamente, sostenetevi fortemente,operate fortemente.(Olivelli, lettera alla mamma - testamento, 7 agosto 1944).

Nei confronti di Teresio Olivelli SS e kapò sono mossi da un odio che supera quel-lo riservato agli altri prigionieri politici; lo puniscono continuamente perché sfidail progetto di chi fa della violenza un assoluto demoniaco, perché resiste con fortezzae serenità, perdonando i propri persecutori, senza invocare vendetta.(Paolo Rizzi - Biografia documentata).

È proverbiale che i kapò nell’atto di percuotere qualcuno di noi dicessero: “Vai daOlivelli che ti difenderà”.Olivelli difatti è colpito mortalmente a seguito di un gesto solidale teso a difende-re un giovane ucraino dalle percosse, interponendosi di fronte all’aguzzino.(Testimonianza di un compagno di prigionia).

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luglio settembre 2019 Vitasomasca

Campo di Flossenburg

Cronologia

1916 - Nasce, il 7 gennaio a Bellagio (Como). Dieci anni dopo la famiglia si trasferisce in provincia di Pavia, nella Lomellina vigevanese.

1931 - Inizia a frequentare il liceo Cairoli di Vigevano. È iscritto all’Azione Cattolica.

1934 - Si iscrive all’università di Pavia. È ospite al collegio Ghislieri di Pavia.

1938 - Si laurea in diritto amministrativo. Diventa assistente universitario a Torino.

1940 - È a Roma, all’Istituto nazionale di cultura fascista.1941 - Inizia il servizio militare tra gli alpini.1942 - Parte per la campagna di Russia;

ritorna nel marzo dell’anno dopo.1943 - È rettore del collegio Ghislieri (da maggio).

Non si consegna ai tedeschi, dopo l’8 settembre; è deportato in Austria.Entra (a novembre) nella Resistenza “cattolica” bresciana. Passa a Milano poco tempo dopo.

1944- Fonda e dirige i primi due numeri (di 26) de Il Ribelle.È arrestato a Milano (26 aprile) e trasferito in due campi di concentramento italiani, poi nel lager di Flossenbürg e nel campo di sterminio di Hersbruck.

1945- Muore, il 17 gennaio, nell’infermeria del campo di Hersbruck e il suo corpo è bruciato nel forno crematorio.

1987- Si apre a Vigevano la causa di beatificazione.2018- È dichiarato beato (3 febbraio) a Vigevano, nel palazzetto dello sport.

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Dossier

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A lato: lapide nell’oratorio di Mortara (PV).

Qui sottoe nella pagina a fianco:

momenti della Beatificazione.

Conosciuto nell’ambito storico-culturaledella resistenza antifascista come “il ri-belle per amore”, Teresio Olivelli ha fa-ticato ad entrare con questo titolo anti-conformista nel vocabolario ufficiale del-la Chiesa, che segue uno schema conso-lidato di atti e di terminologia quando sitratta di condurre un discepolo del Si-gnore alla “gloria degli altari”. Altrettanto difficile per gli esaminatoridella Chiesa è risultato accettare Olivellicome martire. Superata facilmente l’in-chiesta diocesana vigevanese sugli esitidi ottima vita cristiana di Olivelli, svol-tasi in due anni e mezzo (marzo 1987-settembre 1989), “la pratica per il tito-lo di beatificazione” arriva a Roma e tro-va rallentamenti nella stesura della“esposizione sulla vita, virtù e fama disantità”. La “fama” di lui addita anche, ma noncome prevalenti, le ragioni del martirio.Nel 2011, dopo due decenni di incertezze

Odio politicoo odio della fede?

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e vari ritardi procedurali,gli esperti della “consultastorica” vaticana ricono-scono Olivelli degno diesempio ufficiale, ma sen-za l’etichetta di martire. Sono l’insistenza del po-stulatore (vigevanese) adapprofondire la via delmartirio “perché più insintonia con gli atti pro-cessuali” e le richiesteesplicite di due cardinalilombardi (Tettamanzi eScola) a far approdare al“ministero vaticano deisanti” una dettagliata“esposizione suppletiva so-pra il martirio” di Olivelli. Ma il gruppo dei teologiche esamina la causa “piùargomentata”, nel 2013,sospende relativamenteal martirio il giudizio, cheè invece positivo da partedel gruppo dei vescovi ecardinali. Seguono altri studi e altreaccurate puntualizzazionisulla base di vecchie e

nuove fonti per convince-re tutti, teologi e vescovi,nel 2017, che Olivelli èun martire. Perciò, per arrivare allabeatificazione non servealcun miracolo accertato.L’istruttoria del martirionon ha avuto lo scopo diabbreviare l’iter per labeatificazione, ma di sta-bilire che “l’odio per lafede” è al fondo della per-secuzione - nei confrontidi Olivelli e di tutti - daparte del nazismo, segna-to da convinzioni radical-mente antievangeliche, aldi là dei gesti superficial-mente religiosi o cristianidi facciata che possonotalora essere comparsi insingoli o più esponentidel sistema. È anticristia-no, ieri come oggi, chi nonsopporta e chi proibisceogni espressione umana,caritativa e solidale, perciòcristiana, di avversari po-litici e ideologici.

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Sopra:Teresio Olivelli

nel lager di Hersbruck, olio di Augusto Colombo, 1957.

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Dossier

Bravo studente, cattolico impegnato, ilgiovane Olivelli si fa apprezzare datutti per carattere e generosità, fruttodi una buona educazione, cui dà ap-poggio anche lo zio don Rocco Inver-nizzi, comasco. Lui emerge anche nello sport, con lapassione per la montagna, l’alpinismoe lo sci. Il periodo adolescenziale-giovanile del-la sua formazione cristiana, il tempo deisuoi studi superiori e universitari (ospi-te al collegio Ghislieri di Pavia), gli annidi insegnamento (1939-40), coincido-no con gli anni di affermazione del fa-scismo.L’incidenza del fascismo sulla persona-lità umana e cristiana di Olivelli costi-tuisce un punto delicato nella ricostru-zione della linea intellettuale e spiritualedi questo “samaritano dei deboli”.Non si è “beati” avulsi dalla storia o,peggio, camminando in parallelo allastoria. E i dati della presenza di Olivellisulla scena ufficiale fascista sono ine-quivocabili: è iscritto al Gruppo Uni-

versitari Fascisti (per altro nella sezio-ne sportiva, quella meno politicizzata);partecipa vittorioso ai littoriali della cul-tura a Trieste (1939); in forza della suatessera è chiamato alla docenza uni-versitaria come assistente a Torino(1938) e all’Istituto nazionale di cultu-ra fascista (1940); così come - intuiti-vamente - la “tessera” spiega la nomi-na a rettore del Ghislieri quando è an-cora in Russia (1° gennaio 1943). Bio-grafi e storici che si sono interrogati sulsuo entusiasmo pro fascismo hannostudiato l’ambiente in cui egli è cre-sciuto: con una spinta cattolica anti-li-berale e anti socialista e quindi ogget-

Nel fascismo ma non del fascismo

Teresio ragazzo e giovanotto

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tivamente curvabile ver-so altro; con un entusia-smo caratteriale che loportava a una considera-zione ottimistica dellaideologia fascista, solofrenata da un coinvolgi-mento parziale critico; einoltre con una visioneantropologica cristianaopposta a quella del fa-scismo.Il fascismo a cui Olivelliaderisce non è il fascismopuro; è quello non vio-lento, non totalitario, nonrazzistico (pur con qual-che cedimento in questosettore, nel 1938; per cuiparla di un “nostro raz-zismo blando, a scarta-mento ridotto”); e il suoallontanamento, pro-gressivo, dal fascismo hainizio difatti nel giugno1940 con l’aggressioneitaliana alla Francia; ac-celera con la sua deci-sione di andare volonta-rio in Russia (1942) congli alpini. Va in guerra infatti nonper amor di guerra o perobbedienza di patria, maper cristiana condivisionecon quanti, giovani, sonocondotti alla impresa bel-lica per insipienza di ver-tice. E l’esperienza russa“risulta decisiva nei ri-guardi di una crisi cheda tempo lui andava ma-turando”.Ci si interroga a ragionese nella sua adesione alfascismo c’è illusione oingenuità politica o in-seguimento di una spe-ciale via di intervento sul-la cultura fascista “percondizionarla e piegarla

ai valori cristiani”. Pre-vale a buon ragione unainterpretazione “social-educativa” dell’accosta-mento al fascismo, co-mune a Olivelli e ad altricattolici. “Il fascismo - dice un col-lega di Olivelli al Ghislie-ri, poi partigiano sociali-sta - era la sola atmosfe-ra che ci circondava; nonaccettare il fascismo pa-reva a noi estraniarci daiproblemi pubblici, dallavita sociale italiana”. Vale come assoluzione ilmotivato giudizio, nel

1947, di don Primo Maz-zolari: “Chi volesse farcolpa a Teresio Olivellidi avere accettato il fa-scismo dimentica che inquegli anni il mondo ita-liano non offriva altrastrada e che il rimanere indisparte - parlo dei gio-vani - raramente signifi-cò superiorità di mente ointegrità d’animo, mastanchezza e scetticismo. I peggiori non solo colo-ro che militano, ma quel-li che rifiutano di com-promettersi per inerzia eper calcolo”.

Teresio alpino e con i suoi soldati

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Dossier

Sul senso dell’impegno di Olivelli nella Re-sistenza si svolge, nel corso della rico-struzione storica in vista della beatifica-zione, un approfondimento analogo aquello circa il fascismo. È certo che, dal-la metà del 1943, sacerdoti e dirigenti lo-cali di Azione cattolica incoraggiano igiovani cattolici ad arruolarsi nelle for-mazioni partigiane, sostenendo che “la re-sistenza al fascismo più che come un de-siderio si impone come una realtà”. È documentabile oggi che la realtà dellaResistenza è meno eroica rispetto a unacerta immagine data dalla “sinistra”, nonsi identifica con una minoranza politiciz-zata; è più complessa, più ricca di umanità,multiforme nei suoi aspetti esteriori e nel-le aspirazioni più profonde. “Si presentanon solo come un fatto militare o politi-co ma anche morale”, con un contributosignificativo dato - senza appoggio arma-to - dai cattolici, che non per questo sonostati attendisti. È sicuro che dopo l’8 set-tembre 1943 il sottotenente degli alpiniOlivelli decide di schierarsi con quanti vo-

gliono liberare l’Italia dal dominio nazista. Due le strade che gli si parano davanti: ri-fugiarsi in montagna e combattere con learmi; stare clandestino in città e sostene-re moralmente quanti combattono con learmi, stabilendo un collegamento tra igruppi legati al Comitato LiberazioneNazionale e i partigiani cattolici. Sceglie laseconda strada. Vuole contribuire allariconquista della libertà e a un futuro digiustizia e di pace non da uomo in armi macon “le armi del Vangelo”, proponendo “larivolta dello spirito”, che è domanda di li-bertà e di pace, impegno di solidarietà, diaiuto ai più bisognosi, di protezione deiperseguitati. Già a fine agosto 1943 scri-ve : “Guardo con fiducia l’avvenire. Come sul caos primitivo, ancora soffia ildivino. Colgano i Cristiani l’anima del tem-po e la sua verità e fermamente la pro-mulghino. Il mondo nuovo sarà più cri-stiano”. Arrestato poco dopo dai Tedeschie deportato in Austria, riesce a fuggire e,a metà novembre 1943, arriva a Brescia,dove avviene il suo “battessimo resisten-ziale”. Avvicina le “Fiamme verdi”, for-mazioni partigiane cattoliche. Si mostra in-teressato soprattutto “alla singolare ed ef-ficace opera educativa, spirituale e cultu-rale compiuta dall’Oratorio filippino del-la Pace (preti di san Filippo Neri) e dalleespressioni più mature del movimento cat-tolico nei riguardi delle giovani genera-zioni”. A Brescia rimane pochi giorni.Punta a Milano, dove arriva il 22 novem-bre. Iniziano i cinque mesi di attività(culminati con l’arresto del 27 aprile1944) accanto ai laici e preti della resi-stenza civile. Olivelli si inserisce senza ri-serve nelle tre realtà ambrosiane della lot-ta non armata al nazifascismo: l’OSCAR(Organizzazione Soccorsi Cattolici Anti-fascisti Ricercati) fondati dal prete scoutAndrea Ghetti, la FUCI (Federazione

Nella Resistenza ma non nella violenza

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Universitari Cattolici) del presidente Car-lo Bianchi (poi arrestato insieme al fami-gerato Olivelli e rinchiuso nella stessa cel-la di san Vittore), e “la Carità dell’arcive-scovo”, diretta da don Giuseppe Bicchie-rai, longa manus del cardinal Schuster.“Siamo contro una cultura fratricida; la no-stra rivolta non va contro questo o quel-l’uomo. Lottiamo per una più fraterna so-lidarietà degli spiriti”. Così scrive Olivelli sul periodico clande-stino “Il Ribelle” n. 2, del 26 marzo 1944,a cui è allegata la nota preghiera Signorefacci liberi (testo riportato), scritta in unanotte insonne tra le prime di marzo, in una“catacomba della città”, in vista della co-

munione dei partigiani in montagna perla Pasqua del 9 aprile. La “rivolta”, la “ri-bellione” esprimono concetti e propositiche danno la misura dell’adesione opera-tiva dei cattolici al radiomessaggio di PioXII del 24 dicembre 1942, in cui si parlaesplicitamente di “crociata per una nuo-va nobile società” e di “lotta in nome diun’umanità da sanare”. Come ha detto uno storico di valore: “Laresistenza costituì il punto di arrivo del-la italianizzazione delle masse cattoliche.Più che un progetto politico netto e maturoessa fu una rivolta morale, non a caso in-carnata nella figura storica e nella me-moria postuma di Teresio Olivelli”.

Signore facci liberi preghiera del ribelle

Signore, che fra gli uomini drizzasti la Tua Croce segno di contraddizione,che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidiee gli interessi dominanti, la sordità inerte della massa,a noi oppressi da un giogo oneroso e crudeleche, in noi e prima di noi, ha calpestato Te fonte di libere vite,dà la forza della ribellione.

Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi:alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze,vestici della Tua armatura. Noi ti preghiamo, Signore.

Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria:sii nell’indigenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell’amarezza.

Quanto più s’addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e diritti.Nella tortura serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare.

Se cadremo fa’ che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.

Tu che dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita” rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa.

Liberaci dalla tentazione degli affetti: veglia Tu sulle nostre famiglie.

Sui monti ventosi e nelle catacombe della città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare.

Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia,ascolta la preghiera di noi ribelli per amore.

Teresio Olivelli

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Nostra storia

Qui sotto: Alabang, Muntinlupa,Concelebrazione Eucaristica

con la rinnovazione devozionaledei voti e Via Crucis vivente.

Pagina a fianco a sinistra: Ordinazioni

sacerdotali e aggregazioniin spiritualibus.

a destra: Tagaytay,prima Professione religiosa

e i partecipanti agli esercizi spirituali.

Nel sud-est asiatico 450 anni della nostra storia

La ricorrenza del 450° anniversario del-la nascita della Congregazione dei PadriSomaschi, che è stata propiziata da papaSan Pio V ma che ha all’origine san Gi-rolamo Emiliani, è stata ricordata conparticolare solennità nelle Filippine,ove ha sede il governo della Provincia so-masca del Sud-Est dell’Asia.Le celebrazioni hanno preso l’avvio con ilsolenne triduo pasquale, intensamentevissuto nella parrocchia di san GirolamoEmiliani in Alabang, Muntinlupa (peri-feria di Manila). Compatta è stata la par-tecipazione popolare ai riti della Setti-mana santa: nella Messa in Cœna Dominidel Giovedì santo, in cui è stato rivolto uncaloroso saluto ai sacerdoti somaschiconcelebranti; nella commemorazionedella passione del Signore, il Venerdìsanto, e nella Via Crucis serale, con le va-rie stazioni ”viventi” interpretate dai gio-vani della parrocchia; e poi nel giorno diPasqua con le solenni e affollate celebra-zioni. Il secondo momento è stato vissutonel corso degli esercizi spirituali, dal 22

al 26 aprile, tenuto nella chiesa del no-stro seminario di Tagaytay. Erano pre-senti religiosi di tutta la provincia, pro-venienti anche dall’Indonesia e dal Viet-nam, e un folto gruppo di Suore missio-narie somasche, che hanno noviziato ecomunità formativa nella stessa città: intutto quasi cento persone. Gli esercizi, sulla spiritualità somasca,sono stati proposti da p. Giuseppe Od-done, allora Vicario generale.Gli eventi conclusivi della commemora-zione dei 450 anni della nostra storia,(che ha manifestato la vitalità e lo slan-cio missionario della Provincia del Sud-Est dell’Asia) si sono svolti, il 29 aprile,ancora nella nostra parrocchia di Mani-la. Al mattino si è tenuta l’assemblea pro-vinciale. Davanti al Vicario generale è av-venuta anche la rinnovazione devozio-nale dei voti, la consegna delle “nuove”Costituzioni, e l’aggregazione in spiri-tualibus di un centinaio di laici che col-laborano con i nostri religiosi nelle va-rie comunità filippine.

p. Giuseppe Oddone

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Speranze somasche in Oriente

Il 29 Aprile 2019 ci sono stati due momenti significativi nella Chiesa di San Girolamo in Alabang, Muntinlupa. Al mattino la celebrazione, con la rinnovazione dei voti e la consegna delle nuove Costituzioni, è statacaratterizzata anche dalla presenza di numerosi laici, amici delle Opere, chiamati “Friends of St. Jerome”,diversi dei quali hanno ricevuto l’Aggregazione in Spiritualibus. Nel pomeriggio dello stesso giorno Mons. JoséRojas ha ordinato sacerdoti tre giovani filippini: p. Nolie V. Lazaga, p. Jessie H. Samson, p. Mandee N. Batac.Un mese dopo, il 31 maggio, cinque novizi: Agustinus Gasur, Oktavianus Kurniawan, Agustinus Alex Datu,Jomel L. Escober e Marion M. L. Lapid, hanno emesso la prima professione religiosa: due sono indonesiani etre filippini. Infine l’8 giugno nella Capella dei Santi Angeli, in Tagaytay, il Vescovo Ruperto Santos, di Balangaha ordinato cinque diaconi, tra cui quattro indonesiani: Yuvenaris Akoit, John Loubert C. Manansala, NorbertoS. Soares, Moses Sma ed Eduardus Jebar, primo frutto di un lungo tirocinio di preparazione. Sono in vista, prima della celebrazione del Terzo Capitolo della Provincia, altre professioni solenni in Indonesiacome pure ordinazioni sacerdotali. Ringraziamo il Signore per questo anno ricco di gioiosi eventi; rimaneanche un monito a pregare il Padrone della messe perché mandi coraggiosi e perseveranti operai. La messe infatti è molta: le Case Miani in Filippine si stanno sviluppando richiedendo persone generose ededicate alla missione somasca.

P. Luigi Cucci

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Condividi-AMO

La società è in continuo cambiamento,tra delusi e arrabbiati; la tendenza a par-tecipare a interessi comuni è sempre piùin calo. Alcuni però, fortunatamente,sono impegnati nella partecipazione at-tiva alla vita sociale, avendo compreso ilvalore dello spirito cooperativo. Una dimensione collettiva è necessaria;è, altresì, momento di confronto, per po-ter realizzare il bene comune. La relazione, oggi più che mai, è impor-tante: avere rapporti familiari e d’amici-zia fa parte del senso del nostro essere qui.L’importante è sentire il comune forte de-siderio di creare un mondo nuovo, mi-gliore, per vivere civilmente insieme.

Non morire mentre si viveLa vita è già di per sé un continuo im-previsto, ecco perché sono necessarirapporti stabili e “vivibili” per trovare unrifugio sicuro.

Infatti, l’uomo si è smarrito e ci sono mil-le modi per perdersi spiritualmentequando nella propria interiorità si av-verte una sorta di morte, quando la vitaè impigliata nelle reti del “non senso”.Norman Cousins (1915-1990), giornali-sta e scrittore statunitense, disse: ”La tra-gedia della vita non è la morte, ma ciòche lasciamo morire dentro di noi men-tre siamo in vita”.Ecco l’utilità dell’altro che ci viene in-contro nella reciprocità, che è uno scam-bio d’amore, come comunione di inten-ti e sentimenti, nella significativa cura del-l’altro. In effetti, siamo tutti fratelli in Cri-sto. Un proverbio africano afferma: “Dasoli siamo un filo, insieme diventiamotessuto”. Dio stesso si è donato a noi nel-l’incontro, nella relazione, nella nostraumanità. Solo ricreando le stesse condi-zioni diventiamo testimoni credibili diquesta intensa, completa eredità.

Fabiana Catteruccia

Per riflettere

Condividere significa avere fiducia e incontrare l’altro affinché si possa donare in un atteggiamento di ascolto, pazienza, tolleranza e accettazione

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Papa Francesco nell'udienzaai partecipanti al Congresso

della Federazione BiblicaCattolica.

Tale testimonianza deve essere trasfor-matrice in esempi per gli altri: “Un gram-mo di buon esempio vale più di un quin-tale di parole” (san Francesco di Sales).Condividere significa accogliere per crea-re uno scambio di conoscenza e ascoltoreciproco: dovrebbe diventare un eser-cizio quotidiano, in grado di trasforma-re la mancanza in presenza e la lonta-nanza in prossimità. Condividere è anche una piena disponibi-lità che, prima di aprire le braccia all’acco-glienza, apre il cuore, lo spirito e la mente.L’altro diventa ispirazione e modello dicrescita, come specchio che deve portarcia migliorare dando il meglio di noi.Confucio, filosofo cinese morto nel V° se-colo a.C., affermava: “Se incontri unuomo di valore, cerca di assomigliargli.Se incontri un uomo mediocre, cerca isuoi difetti in te stesso”.Cristo, ben descritto da santa Caterina daSiena, “è come un ponte gettato tra il Pa-radiso e la terra”. La sua venuta, tra l’al-tro, è servita a semplificare l’unione trail divino e l’uomo, aiutandoci a suppor-tare le nostre fragilità, ma anche a co-municare con il fratello, attraverso l’em-patia solidale, e con il Padre, tramite lapreghiera. La parola di Gesù, quindi ilVangelo, è Parola che dà vita. Ce lo ricorda papa Francesco, in occa-

sione del Congresso internazionale pro-mosso dalla Federazione Biblica Catto-lica. Spiega che l’annuncio e la condivi-sione della Parola portano nel mondo ilrespiro di Dio: “Annunciare, promuo-vere la comunione, perché la Parola por-ta all’unità e invita ad ascoltare l’altrosuperando i propri particolarismi”.Pertanto, la chiara e responsabile con-sapevolezza che le proprie idee, parole eazioni hanno una ripercussione e una ri-sonanza impattante sulla società ci ren-dono ancora più coinvolti a cooperare,con progetti di solidarietà che possonotrasformare la realtà, da sterile in pro-duttività benefica. Quando la relazione è condivisione, èfrutto di sintonia con Dio che, come silegge nel Vangelo di Matteo (17, 20), per-mette di spostare le montagne. Se ognuno di noi potesse contagiarel’altro dell’amore divino, ogni giornodiventerebbe una festa. Quindi condividi-AMO e contagi-AMOl’altro, trasferendo la ricchezza, la luce eil cuore che ci derivano dall’ amore di Cri-sto, come dono inestimabile, per distri-buirlo fraternamente. Parafrasando Sallustio: “Con la condi-visione e la concordia le piccole cose cre-scono, con la discordia anche le piùgrandi vanno in rovina”.

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Vita ecclesiale

Humanæ vitæ: un documento sofferto

Nell’anno della canoniz-zazione di Paolo VI (2018),cinquantesimo della suaultima enciclica, Huma-næ vitæ, si è riconsideratoa fondo il testo intorno acui si condensarono tutte letensioni di quegli anni,coincidenti con il dilagaredel movimento del ’68. Chi ha scavato negli archi-vi vaticani che custodisco-no le carte dell’enciclicasulla regolazione delle na-scite ha concluso: “Paolo VImaturò un giudizio e sisentì obbligato in coscien-za a esprimerlo in forza delsuo ministero, ben sapen-do che andare in quella di-rezione lo avrebbe posto inuna prevedibile, dolorosadistanza da settori nonmarginali della Chiesa”.

Obiettivi e preoccupazioni Quando nel 1967 Paolo VIgiudica arrivato il tempo distendere l’enciclica sullaregolazione delle nascitedispone di alcuni puntichiari di riferimento. Ritiene acquisiti quasi datutti, su matrimonio e fa-miglia, gli orientamentiteologici fondamentali, rin-novati, espressi dai vesco-vi con lui nel Concilio;mantiene inalterato l’at-teggiamento di fondo, diottimismo e comprensioneverso la cultura moderna,come da lui indicato nellaprima enciclica (1964), Ec-clesiam suam; ha viva laconsapevolezza dei trattinuovi del “problema dellenascite” e dei mutamenti

intervenuti nel vissuto e nelpensiero della gente, spe-cie nel mondo europeo enordamericano; non igno-ra le politiche della natali-tà “offensive” già in atto neipaesi in via di sviluppo; hadavanti i risultati dellacommissione (istituita perfornire indicazioni alpapa), formata da vescovi,teologi e laici, che a largamaggioranza si è espressaper un ampliamento deimetodi di controllo dellenascite approvati dallaChiesa. Tra i favorevoli c’èanche il futuro papa Gio-vanni Paolo I, mentre il fu-turo Giovanni Paolo IIchiederà di introdurre pro-fondi mutamenti nel mododi sostenere le ragioni tra-dizionali. Paolo VI conser-

Così Paolo VI, nel 1978, poco prima della morte, affermò della sua enciclica di dieci anni prima. Sul tema delicatissimo della regolazione delle nascite non decise da solo, come gli fu rimproverato, ma avvertì che si sarebbe trovato solo

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p. Luigi Amigoni

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va salde alcune preoccu-pazioni inserite nel docu-mento del Concilio su“Chiesa e mondo”. Ha infatti voluto che, indetto documento, al para-grafo 51 “sull’accordo del-l’amore umano col rispet-to della vita”, si inserissequesta frase: “i figli dellaChiesa nel regolare la pro-creazione non potrannoseguire strade che sonocondannate dal magiste-ro”, con espresso rimandoa pronunciamenti di PioXI e Pio XII. Proprio il ri-ferimento a tale magisteroprecedente il Concilio di-venta il punto di tensionetra il Papa e la commissio-ne sopraddetta. La più par-te di tali componenti pen-sa che i contenuti origina-li del documento concilia-re sul matrimonio abbianoricadute sull’insegnamen-to della morale tradizio-nale; che non ne debbanoavere è invece pacifico perla minoranza della com-missione.Paolo VI è seria-mente convinto che, ri-guardo al matrimonio-fa-miglia, è necessario un cer-

to rinnovamento della teo-logia, oltre che della pa-storale, ma che ciò noncomporta l’esigenza di mo-dificare quanto la Chiesafino ad allora ha insegna-to sulla liceità o meno del-la regolazione delle nasci-te. In questa direzione, chemette in primo piano lalegge morale naturale, simuove Paolo VI, aiutato daalcuni teologi, piuttostofreddi alle sollecitazionidel Concilio. Si arriva cosìal maggio 1968 quandoegli approva la stesura del-l’enciclica, in uscita perfine mese, De nascendæprolis. Osservazioni criti-che arrivano dai tradutto-ri della Segreteria di Stato.Il papa ordina di revisio-nare il testo e riformulaampiamente la parte delledirettive pastorali (13 pa-ragrafi su 31). Il 25 luglio è firmata laHumanæ vitæ.

Un testo silenziatoMai documento papale èstato più atteso, anche dal-la opinione pubblica laica.Ma il testo è letto diversa-

mente, secondo le diversearee geografiche; anche ledonne si differenziano daimaschi nel giudizio. Nei paesi occidentali allo-ra si parla di “bomba de-mografica nel terzo mon-do” e di “liberazione delladonna”. Ma nel sud delmondo, dove avanza ilcontrollo demografico, coni ricatti delle sterilizzazio-ni forzate, l’enciclica è ac-colta come un sostegnoper le donne che scelgonola maternità. Nel documento poi i rischidella manipolazione ge-netica sono dal Papa con-siderati molto seri.

Nonostante questo, sulpiano ecclesiale le diffi-coltà ad accettare l’enci-clica come magistero au-torevole sono legate nonsolo ai posizionamenti ri-spetto al Concilio e allesue prospettive.Molti avvertono, sul pianopsicologico, un sottile sen-so di paternalismo nel lin-guaggio papale. Sembraad alcuni che il matrimo-nio presentato dall’enci-clica sia solo virtuale“come se nelle famiglie cifossero solo coppie che siamano teneramente”, sen-za difficoltà economiche, esenza figli difficili o stresslegato al lavoro o alla suamancanza.Ha scritto una delle re-dattrici (dimessesi alcunimesi fa) del mensile Don-na Chiesa Mondo: “Sel’enciclica avesse affidato laresponsabilità ultima allacoscienza illuminata deiconiugi, avrebbe potutocontinuare ad alimentarei dibattiti. La proibizioneha reso ogni discussioneimpossibile”. E così di fat-to per anni l’enciclica èpassata sotto silenzio.

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Quale energia per fermarei cambiamenti climatici?

Nella conferenza COP21 di Parigi (2015)si è unanimemente riconosciuto che ilcambiamento climatico è il più preoccu-pante problema per l’umanità e si è indi-viduato un percorso per fermarlo: la tran-sizione dai combustibili fossili alle ener-gie rinnovabili entro il 2050. Ogni Governo deve presentare un PianoNazionale Integrato per l’Energia e il Cli-ma che si inserisca necessariamente inquesto quadro. Qui di seguito una seriedi considerazioni per poter seguire il di-battito in corso e districarsi fra buona ecattiva informazione.

Ancora metano? No, grazie!Immediatamente dopo COP21 sono par-tite forti pressioni delle lobby che hannointeressi nella ricerca ed estrazione diidrocarburi, nell’importazione di GNL(Gas Naturale Liquefatto) e nella messa

in opera di strutture per la sua di distri-buzione e importazione (gasdotto TAPetc.). Fa parte di queste pressioni il ricat-to “diminuzione oil & gas uguale perdi-ta di posti di lavoro”.Ciò è falso in quanto il bilancio fra postipersi e posti creati nella transizione daicombustibili fossili alle vere energie rin-novabili (idroelettrico, solare ed eolico) èe sarà positivo perché l’intensità di lavo-ro nelle rinnovabili è sempre più alta diquella che si ha nell’industria estrattiva.Le compagnie petrolifere, incoraggianol’uso del metano non solo per la produ-zione di elettricità, ma anche come “com-bustibile ponte” per la mobilità. È vero che a parità di energia prodotta, ilmetano genera il 24% in meno di CO2 ri-spetto a benzina e gasolio, ma questo nonbasta per combattere il cambiamento cli-matico in modo sostanziale. Va poi tenuto presente che il metano è ungas serra 72 volte più potente di CO2. Poi-ché nella lunga filiera del metano (estra-zione, trasporto, utilizzo) si stima ci sia-no perdite di almeno il 3% rispetto allaquantità di gas usato, passando dal car-bone e dal petrolio al metano c’è il rischiodi peggiorare la situazione riguardo gli ef-fetti sul clima. Anche per quanto riguarda l’inquina-mento, il particolato prodotto dalla com-bustione del metano è, come massa, in-feriore a quello prodotto dal gasolio, male particelle sono in numero superiore epiù piccole, quindi potenzialmente più pe-ricolose per la salute. Non ha senso considerare il metano co-

Marco Calgaro

Problemi d’oggi

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“Il mondo intero è ancora fuori rotta”. Così ha detto AntonioDe Oliveira Guterres, segretario generale dell’ ONU, alla 24a conferenza sui cambiamenti climatici (COP24) di Katowice, Polonia, nel dicembre 2018

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me combustibile “pulito”.Anche nel settore dei tra-sporti c’è una forte spintaper passare a veicoli ali-mentati a gas e non ai vei-coli elettrici ma è provatoche questi ultimi sonosempre più convenientiperché i motori elettrici so-no 3-4 volte più efficientidi quelli a combustione, epoi non inquinano.

Biocarburanti? Meglio di no!

Un discorso molto delica-to è quello sui “biocarbu-ranti” perché tocca grandiinteressi economici e mol-ti incentivi. Questi vengo-no abbondantemente pub-blicizzati sulle pagine deiquotidiani e in TV fino adaffermare che “in Italia ilcarburante si otterrà an-che dalle bucce delle me-le”. In linea generale puòessere utile ottenere bio-carburanti da prodotti discarto, ma va detto che iprodotti di scarto sono inpiccola quantità rispetto aivolumi di consumo dei car-buranti. Ecco allora che il

biocarburante non sarà ot-tenuto solo da scarti e ri-fiuti, ma principalmentedallo sviluppo di una filie-ra agricolo/industriale de-dicata. Oggi la materia pri-ma è costituita in gran par-te da olii vegetali, in parti-colare olio di palma cheimportiamo dai paesi tro-picali, per il 50 % dall’In-donesia dove, anziché pro-durre cibo, per coltivare ta-li palme vengono abbattu-te intere foreste tropicaliche hanno un’azione posi-tiva sul clima.

Teleriscaldamento? No, grazie!

Occorre certo anche ri-sparmiare energia termicanelle nostre case ma nondiffondendo reti di teleri-scaldamento alimentateda centrali termoelettri-che, a biomasse, o da ince-nerimento dei rifiuti per-ché ogni tipo di combu-stione genera sempre CO2e inquinamento da parti-colato. Molto meglio mi-gliorare la coibentazionedegli edifici (cosiddetto

“cappotto termico”) e dif-fondere l’uso di pannellisolari termici e pompe dicalore nonché, dove possi-bile, usare la geotermia.

Nel 2018 c’è stata una diminuzione

del 27% nel costo dei pannelli

fotovoltaici.

La quantità di celle fabbricabili

con un lingotto di silicio puro è

destinata ad aumentare ulteriormente

grazie al progresso tecnologico.

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Problemi d’oggi

Adolescenti che mentono ai genitori

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Scoprire di avere un Pinocchio in casa, nonè sempre una esperienza gratificante perun genitore, anzi sovente capita che man-di in black-out il rapporto con il proprio fi-glio. Durante il passaggio dalla fanciullezzaalla pre-adolescenza e poi all’adolescenza,capita che i ragazzi iniziano a raccontarequalche piccola bugia, omettere dettagli.Perché improvvisamente si rompe que-sta dinamica comunicativa? Per alcuniversi, si tratta di un processo fisiologicodi crescita, una ricerca di autonomia, unmodo per divincolarsi dalla morsa geni-toriale, difendendo strenuamente il pro-prio territorio, le proprie scelte, le proprieconvinzioni e le proprie priorità. È la conseguenza logica di una ricerca diautonomia dettata dalla fase di passaggio.La reazione genitoriale, in questa delica-ta fase è spesso accompagnata da un for-te senso di delusione, amarezza. È il tempo dove si sperimenta il “tradi-mento” del proprio figlio, e il sentirsi im-provvisamente “tagliato fuori” da scelte,fino a qualche mese prima condivise, fa-vorisce una destabilizzazione che portacon se, rabbia, timore e sconforto.

Come comportarsiPiù i genitori cercano di tenere le redi-ni in mano, maggiormente il figlio ado-lescente cercherà di divincolarsi. Non vuole, con questo atteggiamento,esprimere rottura, ma solo necessitàprofonda di ritagliarsi il suo spazio. Se ci si pensa bene, tutti i bambini han-no nel loro repertorio la bugia; quantevolte sarà capitato che il bimbo neghil’evidenza più ovvia, davanti ad unamancanza, o al giocattolo che ha appe-na rotto. In questa fase, la bugia subisceuna evoluzione, non è più la rottura delgiocattolo da negare, ma sono i rappor-ti interpersonali, la scuola, le amicizie,che vengono vissuti come propri e, cometali, devono essere salvaguardati, coperti,vissuti senza ingerenze di alcun tipo. Ora la sua mente, in continua evoluzio-ne, sa creare bugie ad arte con maggiorarguzia e fantasia. Avere un figlio adolescente significa rap-portarsi con un’altra persona, con un’al-tra voce che esprime esigenze, afferma di-ritti, idee, spesso provocatorie che ri-chiedono di essere ascoltate e capite.

Danilo Littarru

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Al contrario, un adolescente che condi-vide perennemente con i genitori le sueesperienze, che non è in grado di averesegreti, nascondendosi ogni tanto dallaloro attenzione, è un adolescente che nonè ancora capace di sopportare il peso del-la responsabilità e sensi di colpa che unpercorso di autonomia porta con sé. Le bugie, quindi, sono un chiaro segna-le di un rapporto in fieri, ma possono es-sere occasione per riflettere e compren-dere nuove necessità. Ogni motivazione che spinga alla bugiapuò essere letta come nuova opportuni-tà per il genitore per rivedere alcuni at-teggiamenti, regole o comportamenti

finalizzati a migliorare il rapporto e la co-municazione con il proprio figlio.Occorre però saper contestualizzare inmaniera puntiforme le situazioni che sipresentano, e discernere la gravità, per-ché il mentire può avere un peso diffe-rente, soprattutto quando l’adolescentepone in essere comportamenti a rischio,come abuso di alcol e droghe, autolesio-nismo, guida spericolata. È qui che l’in-ganno deve essere svelato dal genitore alpiù presto. È importante far capire al ra-gazzo che il rapporto genitori-figli si devefondare sulla fiducia, e che la menzognanon può essere uno stile comportamen-tale reiterato.

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Spazio giovani

Come elementi naturaliI giochi multimediali nascono tra gli an-ni ’60 e ’70 offrendo, per la prima volta,attraverso un monitor, la possibilità di in-teragire con l’immagine e il suono. Essi si svolgono in ambienti simulati consempre maggior realismo e interattivitàe, anche se vengono concepiti come pro-dotti che servono per avvincere, stupire einteressare, in realtà, ripropongono lestesse caratteristiche dei giochi tradizio-nali, con diverse valenze formative.Il gioco, infatti, è cultura del tempo e del-la storia dell’uomo. Afferma McLuhan: “I giochi sono situa-zioni che permettono la partecipazionedi molte persone a qualche scena signi-ficante delle loro vite collettive”.Varie sono le posizioni che hanno assun-to gli esperti sull’argomento. PhilippeQuéau afferma che “nei videogame si creala nuova cultura dell’immagine”. Roberto Maragliano sostiene che “i vi-deogiochi rappresentano una grande ri-

voluzione epistemologica perché per-mettono di interagire con varie situazio-ni attraverso la multisensorialità”.Seymour Papert, invece, critica il conte-nuto eccessivamente violento di molti pro-dotti in commercio e sottolinea il rischioche i videogiochi possano rendere il ra-gazzo passivo. Nell’odierna società è evi-dente come i videogiochi rappresentinol’occasione per i ragazzi di avvicinarsi alcomputer e alla cultura informatica, ca-ratterizzata da una moltitudine di mes-saggi massmediali e da nuovi linguaggi dicomunicazione. I bambini e gli adolescenticonsiderano le tecnologie come elementinaturali della propria vita, non hanno nes-suna difficoltà a utilizzarle anzi ne sonoaffascinati. I videogiochi si dividono in va-rie categorie: giochi d’azione, d’avventu-ra, di ruolo, di strategia, sportivi, logici,labirintici, di simulazione; i criteri di va-lutazione degli stessi riguardano la qua-lità cognitiva, la cultura, la presenza dicontenuti didattici e il grado di realismo.

Quando i videogiochidiventano apprendimentoLa scuola offre oggi agli alunni l’opportunità di interagire con le nuove tecnologie

se individua progetti e strategie che ne valorizzino l’uso a livello pedagogico e se affianca un’adeguata mediazione didattica

Deborah Ciotti

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Computer e iPad riescono in genere sia acatturare l’attenzione, stimolando la pro-duzione verbale e aiutando il ragazzo amigliorare le capacità mnemoniche, sia asuscitare curiosità, voglia di esplorare egratificazione, in modo da risvegliare neiragazzi capacità che forse hanno solo bi-sogno di un input adeguato per far cre-scere la sicurezza in loro stessi. Non è, quindi, da sottovalutare il ruolo

che le nuove tecnologie hanno svolto esvolgono nel percorso educativo: il loroutilizzo anche nell’ambiente scolastico,infatti, risulta essere una via vincenteper supportare l’apprendimento e svi-luppare le abilità di problem solving edi creatività dei ragazzi; l’importante ècatturare le abilità che i ragazzi acquisi-scono nel gioco per riportarle in uno spa-zio di riflessione fattiva e condivisa.

Risorse per molteplici situazioniI videogiochi sono una risorsa molto im-portante anche per i ragazzi con disabili-tà, perché offrono loro sia l’opportunità diveicolare gli obiettivi didattici e i loro rela-tivi contenuti, sia l’occasione per stimolarlia utilizzare strategie per la risoluzione deiproblemi, per il miglioramento del livel-lo di attenzione e per la memorizzazionedella sequenza di azioni necessarie a ese-

guire un compito. Il gioco può essere uti-le anche con ragazzi che hanno scarsa fi-ducia nelle proprie capacità e con note-voli difficoltà di attenzione e di memoria:può essere usato come una metodologiaattiva, non disgiunta dall’esercizio dellacreatività, sia a casa che a scuola, dove l’in-segnante sceglie in funzione degli obiet-tivi e lo inserisce in un particolare seg-mento di lavoro educativo. Non esistono,

infatti, giochi solo didattici, ma ogni gio-co può offrire valenze didattiche: l’im-portante è adeguare le proposte in fun-zione dei bisogni dei ragazzi, ma anchedel luogo in cui l’attività deve essere svol-ta, garantendo un ambiente sereno e tran-quillo che consenta al ragazzo di potersiimpegnare al meglio delle sue capacità.Questa deve essere la prima regola di con-gruenza tra gioco e percorso didattico. La seconda è l’utilizzo di strumenti che fa-cilitino la ristrutturazione cognitiva del-l’agito ludico. Viviamo in un mondo do-ve non si può più rimanere statici, ma unmeccanismo fondamentale con i ragazzie gli allievi diventa quello di programma-re e modificare gli interventi e, soprattut-to, di innovare le proposte, anche in ba-se all’utilizzo di strumenti tecnologici checonsenta ai ragazzi di crearsi una visionepiù ampia della realtà che li circonda.

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Spazio laici - Laicato Somasco

Parola viene dal latino parabola, simili-tudine e dal greco paraballo, metto a la-to. La parola, astrazione simbolica, na-sce accanto all’oggetto o all’azione cherappresenta. Ma non è solo mera de-scrizione: è un’entità creativa perché sce-gliendo una parola si genera una realtà. È un’attività spesso automatica, che fac-ciamo così comunemente da non prestarcipiù attenzione, eppure quante volte sa-rebbe bastata una sfumatura diversa, unaparola più forte, più dolce o più attentaper cambiare il corso di un evento.C’è chi dice che quando siamo arrabbia-ti diciamo quello che pensiamo davve-ro, senza filtri. Forse. Più spesso proba-bilmente dopo aver sfogato la collera cirendiamo conto di aver oltrepassato illimite, talvolta anche dicendo qualcosache non corrisponde al vero ma che ser-viva a colorire lo sfogo. La Parola ci met-te in guardia da un uso improprio delleparole (cf Sir 5,10-14).Nel libro dei Proverbi viene detto “Una

risposta gentile calma la collera, unaparola pungente eccita l’ira” (15,1) e po-co dopo “una parola buona è un alberodi vita, quella malevole è una ferita alcuore” (15,4). La scelta è nostra. Possia-mo caricare di pesi gli altri e stringerenodi al respiro, come dice don Paolo Al-liata commentando il film The mission,oppure essere mani amiche che sciolgo-no nodi, spostano pesi e chiamano ilmorto fuori dal suo sepolcro, quello incui ci rinchiudiamo, soffocati dalla rab-bia e dall’angoscia per aver sbagliato,mancato, tradito (Don Paolo Alliata. Do-ve Dio respira di nascosto, pag. 80).

Curare o ferire. Colpire o sostenere. La scelta è in mano a me.Quante volte preferiamo il gossip, i com-menti in corridoio, le critiche sottili espesso alle spalle, le polemiche sterili ei giudizi affrettati. Mentre quello che po-trebbe salvare una relazione, aiutare unapersona, guarire una situazione o anchesolo risollevare chi è sfiduciato, è na-scosto in una presenza silenziosa, in unosguardo amichevole, in una parola diconforto. Un detto Sufi ci può aiutare adiscernere quando parlare e quando ta-cere: “Tre cose dovremmo chiederci pri-ma di parlare. La prima: Sono vere que-ste parole? La seconda: Sono necessa-rie? La terza: Sono gentili? Se sono ve-re, necessarie e gentili, meritano di es-sere dette”. Soppesare le parole, resti-tuire loro il giusto peso, riconoscerne laforza e la bellezza, ma anche la lama ta-gliente che è insita in quello che comu-nichiamo. Sabato 18 maggio, durante il4° Pellegrinaggio dei laici a Somasca, ab-biamo fatto questo: dare alle parole unnuovo valore, riconsegnare un ruolo im-portante al silenzio, riconoscere che og-getto, modalità e tempi con cui parlia-mo sono aspetti che generano un effet-to su chi riceve le nostre parole.

Parole che sciolgono nodi

Elisa Fumaroli

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E anche su noi stessi. Ne-gli incontri per i giovaniad Assisi, i francescani ri-petono spesso che diven-tiamo quello che ascoltia-mo. Possiamo sceglierecosa far entrare nelle no-stre orecchie. E cosa faruscire dalla bocca, cheparla dalla pienezza delcuore (Mt 12,34).Quanto ci fa bene sentirediscorsi edificanti e ap-prezzamenti per quelloche facciamo, riconosce-re raggi di bellezza in chici circonda e imparare lagratitudine delle piccolecose, che valorizza il quo-tidiano, il dettaglio, la cu-ra di chi ama senza sosta,mentre prepara un caffè eoffre un sorriso. Che le no-stre parole siano per scio-gliere i nodi, per allegge-rire i pesi che portiamo,per dare e ridare speran-za. Che siano anche pun-genti e forti, in difesa dichi non ha voce, dei piùdeboli, delle ingiustizieche si perpetrano davan-ti ai nostri occhi anche og-gi. Parlare per costruire,per ribaltare, per lottare.

Ma sempre in vista del-l’uomo e della sua edifica-zione. Sempre mettendo alcentro il fratello che cam-mina con me. Come fa Ge-sù. Da Risorto, “la primacosa che dice è: Pace. Viai pesi, datemi i nodi, li scio-gliamo. Si riparte. Aveteimparato che l’amore co-nosce il suo tormento, at-traversa la sua sconfittae deve rinascere. Perchél’amore vuole rinascere,sempre di nuovo. Pace avoi!” (Dove Dio respira dinascosto, pag. 82).

Quando abbiamo bisogno di Lui, si lascia trovare da noi e sta al nostro fianco dovunque andiamo.

Perché Egli non rompe mai un’alleanza

(Es. Ap. Christus vivit, 2019 – n. 154).

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Spazio laici - Fondazione Somasca

Il cielo era basso e grigioMara Heidempergher

Equipe Bassa SogliaIl cielo era basso e grigio, il grigio torbido e opaco, specchio di questa città di ac-ciaio, cemento e vecchie vernici scrostate. Era sul bordo del marciapiede insieme alle altre. Aveva all’incirca diciassette anni, era la più giovane, si capiva che era appena ar-rivata dall’ansiosa inclinazione del suo corpo teso, come se fosse sulle spine.Non l’aveva mai fatta prima questa cosa, e non conosceva nessuna delle altre, chea furia di occhiate furtive avevano l’aria di carceriere in una gabbia senza sbarre.E io decisi che in quella gabbia ci dovevo entrare, forzandole quelle sbarre.C’è qualcosa riguardo alla paura che viene superato dalla spontaneità.Più in fretta uno decide, meglio si libera da quel fardello che paralizza.Scesi dall’auto e mi diressi dritta e decisa verso di lei presentandomi, ma capii su-bito che non conosceva la mia lingua.E non c’è niente come non riuscire a comunicare per farti sentire in una terra di nessuno.Volevo rivederla, provare a dirle qualcosa o a farmi dire qualcosa, poche parole,non troppe, e poi tornare e tornare ancora.L’abbracciai.Di che cosa profuma l’abbraccio?Quella stessa notte poi, nel garage dell’Usuelli, accesi il motorino, indossai il ca-sco, e guardandomi attorno cercai qualcuno a cui poter raccontare tutto questo,a cui almeno potesse interessare, ma a quell’ora per le strade non c’era quel qual-cuno, o forse io non l’ho trovato.Salii in sella del mio motorino sgangherato e rumoroso e nel tragitto verso casa,mi vennero in mente quei fasci di luce, quei piccoli gesti ingenui, il pacchetto diMarlboro con le scritte di pericolo di morte, le tante tag sui muri, cose strane.Per raggiungere casa all’estrema periferia della città attraverso il centro, passaiaffianco al Castello, imponente e austero, e pensai che sono i desideri su vasta sca-la a fare la storia.Lei è solo una ragazza con un sogno preciso, ma fa parte di una folla che si sparpagliaanonima e silenziosa per le strade, e sebbene non siano una migrazione o una rivolu-zione, si porta dietro il calore pulsante dei loro piccoli sogni e delle loro delusioni.

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Con l’impegnativa consegna dell’apostolo Pietro Nonpossiamo tacere, riferito alla volontà di non rifiutare anessuno l’annuncio del Vangelo, nemmeno sotto mi-naccia o paura di morte, si è tenuto ad Albano Laziale,gli ultimi due giorni di agosto e domenica 1° settembre,il Convegno n. 12 del “Laicato somasco”. Si è trattatodella speciale assemblea annuale che vede radunati, dasud e nord Italia, laici che a titolo individuale o in grup-po si rifanno a san Girolamo e alla spiritualità dei So-maschi, per realizzare il programma di fede e di caritàche orienta la loro vita cristiana. Seguendo l’argomen-to che ha indicato p. Franco Moscone nel 2018 parte-cipando all’ultimo incontro laicale come Superiore ge-nerale, il Convegno si è mosso sulla scia del mandatomissionario di papa Francesco, lanciato per l’ottobre2019, nel ricordo della grande lettera missionaria di pa-pa Benedetto XV. Far crescere in tutti il senso di re-sponsabilità personale nella missione della Chiesa, es-sere fermento di Vangelo nel nostro mondo, diventarecreativi nel trasmettere l’eredità del passato, aprirsi al-lo Spirito che ci fa scoprire la gioia del Vangelo mentrelo si comunica: questi i crudi punti assegnati a tutti dapapa Francesco in questi anni e che devono essere mes-si a fuoco in tutta la Chiesa nel mese missionario.

Al Convegno ha tenuto la relazione teologica di basedon Paolo Alliata, prete della parrocchia milanese diSanta Maria Incoronata su “Il grande nascondino; perguardare al mondo con simpatia”, che ha aperto il pri-mo giorno “per andare controcorrente”. La giornata è stata conclusa da una testimonianza su“portare il Vangelo in carcere”.Discorrendo di Parola e parole, si sono portati l’esem-pio di san Girolamo (suor Giusy Cogoni) e le modalitàdialogiche, anche in traduzione teatrale, con cui si in-terpella sul Vangelo chi ci sta vicino. E questo è stato il secondo giorno.I lavori si sono chiusi domenica a mezzogiorno (sinte-si e messa finale), dopo che i convegnisti hanno potu-to approfondire “i nuovi media, i nuovi luoghi, i nuo-vi linguaggi, i nuovi strumenti” in una tavola rotondacui hanno partecipato il direttore di TV 2000 Vincen-zo Morgante, il giornalista di Radio Mater Enrico Vi-ganò, il direttore editoriale di Vita somasca, padre Adal-berto Papini e il direttore responsabile della stessa,Marco Nebbiai.

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Non possiamo tacere12° Convegno del Movimento Laicale Somasco

ad Albano Laziale

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Virtù eroiche di Monsignor Giovanni Ferro, Venerabile

Il 5 luglio 2019, il Santo Padre Francesco ha ricevutoin Udienza Sua Eminenza Reverendissima il SignorCardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazio-ne delle cause dei santi. Durante l’Udienza il SommoPontefice ha autorizzato la Congregazione a promul-gare il decreto riguardante le virtù eroiche del Servo diDio Giovanni Vittorio Ferro, dell’Ordine dei Chierici Re-golari di Somasca, Arcivescovo di Reggio Calabria-Bo-va; nato a Costigliole d’Asti (Italia) il 13 novembre 1901e morto a Reggio Calabria (Italia) il 18 aprile 1992.La procedura canonica circa le cause di beatificazioneprevede alcuni passi precisi. Nella diocesi in cui è mor-ta la persona di cui è richiesta la causa di beatificazio-ne, il vescovo, su richiesta del postulatore del gruppopromotore della causa, avvia - non prima dei cinqueanni dalla morte del candidato - l’istruttoria, costi-tuendo un apposito Tribunale diocesano. Davanti alTribunale i testimoni sono chiamati a riferire fatti con-creti sull’esercizio, ritenuto eroico, delle virtù cristiane(tre virtù teologali: Fede, Speranza, Carità e quattro vir-tù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperan-za) e altre specifiche del proprio stato di vita. Inoltre siraccolgono tutti i documenti riguardanti il candidato. Al candidato si dà il titolo di Servo di Dio. Chiusa l’istruttoria diocesana, atti e documentazionepassano a Roma, alla Congregazione delle cause deisanti. Qui il postulatore, sotto la direzione di un rela-tore della Congregazione delle cause dei santi, prepa-

ra la Positio, cioè la sintesi della documentazione che prova l’esercizio eroico delle virtù. La Positio viene sot-toposta all’esame di nove teologi che esprimono il loro voto. Se la maggioranza è favorevole, la causa passa al-l’esame dei cardinali e dei vescovi, membri della Congregazione. Quando il loro giudizio è favorevole il Prefet-to della Congregazione presenta il risultato di tutto l’iter della causa al Papa che concede l’approvazione e au-torizza la Congregazione a redigere il decreto relativo, di cui - in seguito - viene data pubblica lettura e pro-mulgazione. In questo momento il Servo di Dio è Venerabile. Si avvia poi la istruttoria canonica per provare ilmiracolo richiesto per i venerabili non martiri. L’istruttoria è analoga a quella per le virtù eroiche. Promulgato anche questo secondo decreto, il Papa decide la beatificazione, che è la concessione del culto pub-blico limitato a un ambiente particolare. Per arrivare alla canonizzazione (culto pubblico nella Chiesa univer-sale) di un beato, anche martire, occorre il riconoscimento di un miracolo, il secondo per i non martiri.

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Radio Mater Radio Chiesa

Nel 2019 (a febbraio) Radio Mater ha ricordato i 25anni di “missione radiofonica” e ha reso noti i passag-gi di vita che ha attraversato con un opuscolo che è an-che un riconoscente omaggio al fondatore, direttore,animatore della radio, don Mario Galbiati (89 anni, 66di messa; nominato parroco di Arcellasco di Erba - Co-mo, nel 1966). Radio Mater si caratterizza, contemporaneamente, co-me “comunità di vita” e “comunità di preghiera” e stru-mento di servizio fedele e obbediente alla Chiesa mi-lanese, vera madre e maestra per la ispirazione e laguida che ogni vescovo (i cardinali Martini, Tettamanzi,Scola e oggi mons. Delpini) ha assicurato ad essa. Nasce “in supplenza” di Radio Maria (sorta ad Arcel-lasco di Erba, diocesi di Milano, nel 1983, sempre peropera di don Mario che la lascia nel 1991, dopo mo-menti burrascosi) ricevendo benedizione e incitamentodalla Conferenza Episcopale Italiana, che allora ha co-me segretario mons. Tettamanzi.Si insedia, come la precedente, in Arcellasco di Erba(emigra poi, nel settembre 2013, nel vicino paese diAlbavilla, sempre diocesi ambrosiana), e si definiscesubito, e coerentemente si mostra, come “voce delladiocesi”, “voce dei vescovi”, “voce delle liturgie”.

Aggregata ai SomaschiL’opuscolo ricorda anche (p. 42) l’aggregazione in spi-ritualibus di Radio Mater ai Somaschi: “Domenica 3 febbraio 2013, alle ore 15.30, Radio Ma-ter riceve, nella persona del suo fondatore don Ma-rio, dal padre Generale dei Padri Somaschi, padreFranco Moscone (attuale arcivescovo di Manfredo-nia, Vieste e San Giovanni Rotondo), l’aggregazio-ne in spiritualibus all’Ordine dei Chierici RegolariSomaschi, per la vicinanza e professionalità con cuila Radio ha seguito il Giubileo somasco, per i 500anni della liberazione di san Girolamo”. Alla notizia del riconoscimento, grande è stata la com-mozione di don Mario: “È la prima volta che, in tren-t’anni di apostolato radiofonico ricevo un attestatocosì prestigioso. E questo mi dà tanta gioia perché,oltre al mio sacerdozio diocesano, questa apparte-nenza mi fa sentire anche ‘religioso’, con il suo abitodi povertà, castità, obbedienza che mi custodisce”. La pergamena di aggregazione viene consegnata indiretta radio, nel corso della concelebrazione nellaCappellina di Radio Mater alla presenza dei religiosisomaschi, dei componenti la Comunità di Radio Ma-ria e dei fedeli.

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Flash

Provincia delle Filippine - Ordinazione diaconaleSabato 8 giugno 2019 alle ore 10.00, nella Capella deiSanti Angeli del Somascan Major Seminary in TagaytayCity, mons. Ruperto Santos, vescovo di Balanga, ha ordi-nato cinque diaconi, tra cui quattro indonesiani: Yuve-naris Akoit, John Loubert C. Manansala, Norberto S. Soa-res, Moses Sma ed Eduardus Jebar, primo frutto di unlungo tirocinio di preparazione.Auguriamo loro di essere dei veri diaconi-servi dei pove-ri; san Girolamo li aiuti con la sua intercessione.

Provincia delle Filippine - Ordinazione presbiteraleLunedì 29 aprile 2019 alle ore 15.00, nella nostra chiesaparrocchiale St. Jerome E. & Sta. Susana di Ayala Alabang- Muntinlupa City (Filippine), i nostri confratelli. p. No-lie V. Lazaga, p. Jessie H. Samson e p. Mandee N. Batac,sono stati ordinati Presbiteri da mons. José Rojas Rojas,vescovo di Libmanan. Concelebrava anche il nostro Vica-rio generale di allora, p. Giuseppe Oddone, in visita nelleFilippine. La Comunità religiosa somasca ha partecipatoal completo unitamente a parenti e amici.Auguriamo loro un lungo apostolato sacerdotale ricco digrazie e di benedizioni del Signore.

Provincia delle Filippine - Professione temporaneaVenerdì 31 maggio 2019 alle ore 10.00, nella cappella deiSanti Angeli del Somascan Major Seminary di TagaytayCity (Filippine), durante la concelebrazione eucaristicapresieduta dal Preposito provinciale, cinque novizi: Agu-stinus Gasur, Oktavianus Kurniawan, Agustinus Alex Da-tu, Jomel L. Escober e Marion M. L. Lapid, due indone-siani e tre filippini, davanti a tutta la Comunità religiosa,hanno emesso per la prima volta i voti di castità, pover-tà e obbedienza nella loro Professione temporanea en-trando così a far parte della nostra Congregazione.San Girolamo li aiuti nel cammino appena intrapreso ela Vergine Maria Madre degli orfani li protegga sempre.

Provincia dell’India -AustraliaSabato 11 maggio 2019, alle ore 18.00, nella St. Jerome’sCatholic Church di Munster WA (Australia), alla presen-za della Comunità religiosa somasca, dei familiari e deinumerosi fedeli della nostra parrocchia, il diacono so-masco don Christopher John Maria De Sousa ha ricevu-to la consacrazione sacerdotale per l’imposizione dellemani e la preghiera consacratoria di mons. Donald Ge-orge Sproxton, vescovo ausiliare di Perth. Auguriamo a lui ogni bene dal Signore e lo affidiamo al-la protezione di san Girolamo.

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Provincia de Centro América y del CaribeNei giorni 29 luglio - 3 agosto 2019, presieduto dal Pre-posito generale p. José Antonio Nieto Sepúlveda, nella Ca-sa religiosa La Ceiba de Guadalupe di San Salvador, è sta-to celebrato il Capitolo della Provincia de Centro Améri-ca y del Caribe. È stato eletto Preposito provinciale il rev.p. Juan Carlos González Menéndez, finora superiore del-la comunità di Dajabón, in Repubblica Dominicana. Pri-mo Consigliere, p. Juan Mario Ramos Reyes, Prepositoprovinciale uscente. Secondo Consigliere, p. José de laCruz Rodríguez Godoy, superiore della comunità di Te-gucigalpa, in Honduras. Auguriamo loro buon lavoro, so-prattutto nella preparazione e celebrazione del prossimocentenario di presenza dei Somaschi in Centroamerica.

Provincia dell’India - Professione solenneDomenica 5 maggio 2019, alle ore 10.00, nella cappelladella nostra Casa religiosa Yuva Vikas di Bangalore – Kar-nataka (India), alla presenza del Preposito provinciale edi tutta la Comunità religiosa, i nostri confratelli: StalinSoosai Rajan Soosai Nayagam, Jayaraj Francis Sebasthi-kannu e Balthazar Essak, si sono donati totalmente e persempre al Signore con i Voti solenni. Auguriamo loro dimantenere sempre lo stesso entusiasmo e fervore.

Provincia dell’India - Professione temporaneaDurante la medesima concelebrazione eucaristica, settegiovani: Anup Kumar Bandi, Bikash Lakra, Michael Ar-changel, Shyam Kumar Bheemisetti, Prabhakar Majhi, Iru-daya Salamon Antony e Vimal Joshuva hanno emesso perla prima volta i voti di castità, povertà e obbedienza nellaloro professione temporanea. Auguriamo loro di mante-nersi sempre fedeli a quanto promesso e invochiamo laprotezione della Madre degli Orfani e di san Girolamo.

Provincia dell’India - Sri LankaPresbiterato

Giovedì 23 maggio 2019, alle ore 09.30, nella Cattedra-le di San Sebastiano di Mannar (Sri Lanka), alla presen-za del p. Provinciale dell’India, delle comunità somasche,della Delegazione e dei familiari, il diacono somasco donMichael Julan Francis ha ricevuto la consacrazione sa-cerdotale per l’imposizione delle mani e la preghiera con-sacratoria di mons. Fidelis Lionel Emmanuel Fernando,vescovo di Mannar. Sabato 25 maggio nella chiesa par-rocchiale B. Sacrament Church di Thoddaveli, suo paesenatale, ha celebrato la sua Prima Santa Messa. San Girolamo lo protegga sempre e il Signore lo accom-pagni nel suo apostolato sacerdotale.

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P. Gino Gomba

Padre Gino Gomba è morto il 10 luglio 2019 all’ospedale di Bra (CN) dove era ri-coverato per una forma tumorale. Nato l’11 aprile 1948 ad Alba (CN) - nel cui ci-mitero è adesso sepolto - ha frequentate il seminario somasco di Cherasco (CN) eha emesso i voti temporanei nel 1965 a Somasca; compiuti gli studi teologici aRoma e Torino è stato ordinato sacerdote a Cherasco nel giugno 1977.Ai funerali (a Narzole, dove ha vissuto i tre anni finali di vita da quasi-infermo, se-guito con amore dai confratelli e amici della comunità) hanno partecipato il ve-scovo Brunetti, di Alba, e il vescovo Ravinale, emerito di Asti, oltre a vari confratellie a persone che sono state aiutate da p. Gino o l’hanno aiutato soprattutto negli ul-timi anni, di cecità totale per lui. Dell’attenzione data a chi era malato o in difficoltàp. Gino ha fatto una ragione di vita senza mai usare come freno il suo pesante de-ficit di vista. Ha cominciato nelle “opere di misericordia” già ai tempi della forma-zione e poi ha proseguito a Torino (parrocchia e opera somasca del Fioccardo)occupandosi specificamente (tra il 1980 e il 1988) di un gruppo di non vedenti,che frequentavano corsi per centralinisti.“La nostra casa Fraternità giovanile del Fioccardo - scriveva nel foglio del pro-getto - non vuole essere per loro solo un pensionato. Un progetto di massima pre-vede non solo l’autonomia nella gestione dei bisogni primari, ma una gradualeautonomia nel muoversi nei luoghi fuori casa servendosi dei mezzi pubblici, aiu-tati in queste esigenze dagli educatori di comunità e dai volontari della zona”.Dopo una parentesi in India e Filippine, p. Gino con gli ex tossicodipendenti (dal1989 al 1999), a Ponzate e in altri centri. Infine come cappellano nella casa di ri-poso di Castello di Annone (AT), per tre anni e nell’ospedale di Asti (per 14 anni,fino al 2015). Laureato in lingue straniere e insegnante per tre anni nel collegiosomasco di Caldas de Reis - Spagna, ha sempre partecipato a movimenti di spiri-tualità, tra cui il Rinnovamento dello Spirito. L’ultimo gruppo di appartenenza haonorato il suo funerale con una splendida rassegna di gioiosi canti di risurrezionee di speranza.

Ricordiamo inoltre

Venerdì, 31 maggio, è deceduta la signora Fiorina Bollini di anni 90, sorella dip. Giannino Bollini, della Comunità di Vallecrosia.I funerali sono stati celebrati martedì, 4 giugno alle ore 14, nella Prepositurale diSan Vittore martire in Rho (MI).Giovedì 25 luglio è deceduta a Como, nella casa di riposo delle Figlie di San Giu-seppe di Borgovico, Cecilia (Dora) Scotti di anni 91, sorella di p. Gabriele Scottisuperiore della Comunità di Tagaytay (Filippine). I funerali sono stati celebrati sa-bato 27 luglio alle ore 10, presso la cappella della Casa di Riposo San Giuseppe,Via Borgovico 6 - Como.Martedì 6 agosto, è deceduta la Sig.ra Luisa Pennesi Ved. Corbetta, di anni82, mamma del nostro giovane religioso Luca Corbetta, morto a Somasca il 15marzo 1999. I funerali sono stati celebrati giovedì 8 agosto alle ore 10.00, a Ber-gamo nella Parrocchia di Sant’Alessandro in Colonna.

In memoria

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P. Bruno Luppi

Il 27 luglio 2019 all’ospedale dei Fatebenefratelli di Ciempozuelos (vicino alla casasomasca di Aranjuez - Madrid) è morto, a 77 anni e mezzo, p. Bruno Luppi, supe-riore della Provincia di Spagna dal 1984 al 1993 e poi superiore generale a Romaper 12 anni, fino al 2005.Nel giugno 2019 erano passati 50 anni dalla sua ordinazione sacerdotale, ricevutaa Magenta (MI); e a settembre sarebbero stati 60 anni di professione religiosa,emessa a Somasca. Quarto di cinque figli di una famiglia emiliana trasferitasi nel vercellese (a Lam-poro) dopo la seconda guerra, ha dovuto affrontare negli ultimi anni della vita lapesante prova di una malattia che lo ha debilitato e poi annullato nelle sue possi-bilità conoscitive. I funerali, nel parco del collegio di Aranjuez, hanno visto, con la presenza di unasorella e di una nipote, la larga e commossa partecipazione di gente (ex alunnigiovani e vecchi, insegnanti, amici) che ha beneficiato della tenerezza, serenità,semplicità e sapienza del “querido padre Bruno” nei giorni della buona salute e chelo ha sostenuto con affetto e solidarietà nel tempo del travaglio. All’omelia il “nostro” vescovo Franco Moscone che ha presieduto i funerali (con lapresenza del Vicario generale della diocesi di Getafe, del Superiore e dei religiosidella provincia Spagna, del Superiore provinciale e altri confratelli italiani) haestratto dal tesoro dei suoi 40 anni di amicizia profonda e di contatti con p. Brunogli elementi interpretativi della riconoscenza e della stima di tutti, a partire daireligiosi giovani e meno giovani, di Spagna, paese amato, in cui è giunto nel 1963(a Caldas de Reis, nella Galizia, per due anni) e poi nel 1972, dopo tre anni daprete a Rapallo (GE). Rifacendosi al brano del Vangelo del giorno, di Marta e di Maria, e legandolo al tri-plice dono di lavoro, devozione e carità, lasciato in programma da san Girolamo,l’ex Padre generale ha mostrato del suo predecessore le doti virtuose della empa-tia e dell’umanità, ricca, immediata, creativa, laboriosa (anche in cucina), calo-rosa, che riduceva differenze e distanze, e grazie alla quale non ha maiabbandonato un religioso in difficoltà o in ricerca.Ha, in secondo luogo, marcato la sensibilità con cui p. Bruno ha coltivato e comu-nicato, anche a livello istituzionale, l’amore e la fantasia di iniziative per i piccoli,i poveri, gli orfani, gli emarginati (“piccoli” è stato un termine abituale del suo vo-cabolario, introdotto poi nel lessico ufficiale della Congregazione somasca). Ha inoltre dato forte risalto allo spirito missionario, con cui, da provinciale, ha al-largato alla periferia di Barcellona i confini della Spagna somasca e, dopo, ha con-vintamente guidato la Congregazione, spingendola ad aprire mente, cuore e operein paesi per essa nuovi (in est Europa, e Albania, Ecuador, Sri Lanka, Australia,Mozambico). Poi, in coerenza, p. Bruno si è fatto coraggiosamente missionario inMozambico per due anni di buona salute (2006-2008) e successivamente è dive-nuto maestro di noviziato per giovani mozambicani, ad Aranjuez, nella casa in cuiera stato precedentemente educatore in scuola, formatore di giovani chiamati allavita religiosa e superiore. Alla fine nella stessa casa è stato avvolto dalla premura e benevolenza dei “suoi”,che l’hanno onorato e amato come padre del loro cammino e della loro crescita.

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Recensioni

ANNUNCIAVA LORO LA PAROLA - Percorsi nel Nuovo Testamento Bruno Maggioni - pp. 251 - Vita e Pensiero, 2018Maggioni (87 anni), comasco, biblista insigne, al tramonto della sua carriera di studioe di insegnamento, continua ad essere punto di riferimento grazie alla ristampa dei suoilibri più noti e alla riproposizione di testi raccolti in “opere collettive”. Come avviene inquesto libro in cui due docenti-allievi di Como fanno scoprire e apprezzare quattro stu-di sui Vangeli e altri sei su prospettive generali della Bibbia. Ne esce “il Maggioni di sem-pre”, con la chiarezza e la profondità assicurate da una solida erudizione, che si mostracon digressioni grammaticali minime e misurati riferimenti critici. Sembrano lezioni adappunti. Come si ricava dal penultimo dei testi: “Raccontare la storia di Gesù. Sempli-ci appunti”. Dice il settimo di questi (p. 208): “La storia di Gesù Cristo non permette chel’uomo costruisca astrattamente una figura geometrica di Dio che poi, nelle contraddi-zioni della storia, subito si frantuma. Le contraddizioni - la croce ne è la gigantografia -rivelano il volto di Dio, non lo smentiscono”.

IL POSTMODERNO SPIEGATO AI CATTOLICI E AI LORO PARROCI Prima lezione di teologia urbana Armando Matteo - pp. 150 - Ed. Messaggero Padova, 2018 Con un tono un po’ dottorale l’autore, calabrese, con “cattedra teologica” a Roma, de-finisce l’intreccio socio-culturale (interessi, giudizi, scelte private e pubbliche) che èsotto il nome di post-moderno: “nuova descrizione e inedito apprezzamento del mon-do delle cose e delle cose del mondo” (p. 37) . Con la fine delle grandi “narrazioni ideo-logiche” è avanzato l’ap-ateismo (più apatia che ateismo), che ha fatto dire al teoricodella “società liquida”, Bauman, che “da pellegrini siamo divenuti turisti-vagabondi”(p. 54). In modo schematico si riassumono così le matrici fondamentali della civiltàoccidentale abbandonate: “Platone è in pensione”; “il paradiso può attendere”, “l’ uo-mo è meno animale politico e più sociale” (con un sistema di potere molto persona-lizzato e una comunicazione digitale narcisistica). Ma anche in questo quadro rove-sciato “i punti cardinali della rivelazione evangelica” possono reggere alla sensibilitàdi oggi: “Dio esiste e non sei tu”; “ama e fa’ ciò che vuoi”; “mai senza gli altri”.

PIERRE CLAVERIE- La fecondità di una vita donataa cura di Gianni Festa - pp. 116 - EDB, 2019 Claverie è l’ultimo caduto (1° agosto 1996) dei 19 martiri di Algeria, religiose e religiosi,beatificati a Orano l’8 dicembre 2018; è il più alto nella scala gerarchica (vescovo dal 1981)e forse il più ostinato a far capire il senso splendido dell’amicizia musulmano-cristiana,bandendo ogni proselitismo e marcando le differenti (e spesso inconciliabili) coordina-te di pensiero di ognuna delle due religioni. Dai ritratti del libro esce anche come perso-na che ha realizzato linearmente la sua “vocazione religiosa”. Il volume del resto è unomaggio di vari “predicatori” al confratello che alla scuola di san Domenico si è consu-mato “per qualcosa che valga la pena per gli altri e per se stesso”(p.41). Novizio nel 1958,studia dal 1959 al 1967 nella grande scuola dell’Ordine, di Le Saulchoir - poco fuori Pa-rigi - sotto i grandi maestri Chenu e Congar. Prete nel 1965, è mandato nel ‘67 in Algeria(dove, da genitori francesi, è nato nel 1938). L’evoluzione spirituale di Claverie è spec-chiata nella diverse note autobiografiche. “Ho ascoltato molte prediche - confessa guar-dando agli anni di scuola - sull’amore del prossimo senza mai rendermi conto per 20 an-ni che anche gli arabi erano il mio prossimo. Non sono mai uscito da questa bolla colo-niale (p. 39). “Fratelli e amici algerini - dice nel giorno in cui viene ordinato vescovo - de-vo a voi se ho scoperto l’Algeria. Con voi, oltre la lingua araba, ho imparato a parlare e acomprendere il linguaggio del cuore, quello dell’amicizia fraterna nella quale comunica-no le razze e le religioni. Voglio sperare che questa amicizia, più profonda delle nostre

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differenze, resista a tutto. Perché io credo che essa venga da Dio e a Dio conduca” (p. 40).Convinto che si entra in contatto con le religioni solo attraverso le persone, Claverie, “ve-scovo dei musulmani”, un mese prima della morte sintetizza così la sua esperienza di cri-stiano: “Come Gesù si è collocato sulle linee di frattura del peccato, così la Chiesa compiela sua missione quando è presente nelle fratture che crocifiggono l’umanità nella sua car-ne; in Algeria noi siamo su una di queste linee sismiche” (pp. 48-49). A suggello: Claverieviene ucciso insieme al suo giovane amico musulmano Mohamed Bouchikhi: “Fosse an-che solo per uno come lui è valsa la spesa di rimanere nell’Algeria degli anni 90”.

NUOVE GENERAZIONI - II volti giovani dell’Italia multietnicaa cura di G. Paolucci; prefazione di E. Affinati - pp. 95 - Società Editrice Fiorentina, 2017Una dedica felice (“A quanti ci testimoniano che prima della diversità c’è la comunanza”)introduce il libro, con 18 storie di figli di migranti, raccolte in vari luoghi. A supporto cisono immagini di una bella mostra, del 2017, al 38° Meeting di Rimini. I “dannati dellaterra” di una volta non sono lontano ma, sbarcati nei paesi degli antichi dominatori, vi-vono con noi. “Semo Esraa e Asmaa, italo-egiziane; famo a’ seconda media a Montever-de-Roma”: così una mini carta d’identità di due, sempre meno “figli di stranieri” e più“nuovi italiani”.

C’ERA UNA VOLTA ANDREOTTI - Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un paeseMassimo Franco - pp. 488 - Solferino, 2019Di Giulio Andreotti, ignorato - con qualche ipocrisia - negli anni dopo la morte (capitata il6 maggio 2013), si è parlato un po’ in occasione del centenario della nascita, segnata il 19gennaio 1919. Parte del risveglio di “composta memoria” è da attribuire all’aggiornato pro-filo di Massimo Franco, oggi anche interventista TV di calibrate e pacate riflessioni. L’au-torevole notista-politologo del Corriere della sera giunge, 30 anni dopo Andreotti visto davicino e passando da Andreotti, la vita di un uomo politico, la storia di un’epoca,del 2008,al voluminoso, organico ritratto, inclusivo anche di un paese che non c’è più; e perciò va-le per l’alfiere democristiano il “c’era una volta”, avvolto da dimenticanza, indifferenza, no-stalgia, difesa e oltraggio, in attesa di un giudizio storico fondato oltre i sentimenti, che sa-rà possibile anche grazie alle carte del suo immenso archivio, lasciato alla Fondazione Stur-zo. Nei 25 corposi capitoli c’è la carriera, con fortune e disgrazie (in particolare la disav-ventura dei processi per mafia e omicidio) dell’uomo che è sopravvissuto a otto papi, dueguerre mondiali, a fascismo, monarchia, a “prima-seconda repubblica”; risultando il poli-tico italiano più popolare all’estero, più osannato in Vaticano, e noto spesso ai più comeun fuoriclasse delle battute fulminanti, diventate locuzioni comuni. Dei “mitici” aspetti au-tentici ha fatto parte la sua famiglia (la “invisibile” moglie e i quattro figli, sempre defila-ti), esempio di stile e di sobrietà, “uno dei misteri meglio custoditi” dal “presidente”. Sulpiano politico Franco argomenta bene la sua tesi di fondo: specchio delle complessità edelle contraddizioni italiane, Andreotti nel lungo periodo della guerra fredda (1945-1989),ha garantito sempre, da vero leader di sistema, lo status quo italiano (e occidentale), ri-spettando lealmente i rapporti politici di equilibrio creatisi, e curando pure quelli perso-nali, tra Usa, regimi comunisti dell’est Europa, Europa atlantica, Medio-orientale e Terzomondo.Per quanto riguarda l’amicizia con i Somaschi e la frequentazione della loro chie-sa romana (per molti anni per la messa feriale) di santa Maria in Aquiro, nel libro fannofede due passaggi. Il primo è la nota del battesimo (1919, 1° febbraio) ricevuto dal “divoGiulio”, “in Aquiro” dal somasco p. Tamburrini, “un sacerdote ciociaro, inutile dirlo” (p.27). Suo il consiglio dato ai compagni del piccolo Andreotti: “non andate con Giulio, che èun poco di buono”. Il secondo passo (p. 454) è una lettera del 2005; “in essa ringrazia - di-ce Franco - una strana lista di persone…(tra cui) i Somaschi di santa Maria in Aquiro”.

p. Luigi Amigoni

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