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Guide dell’accademia Urbense

San CriStoforo

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Memorie dell’Accadenia Urbense (nuova serie) n° 43Collana diretta da Alessandro Laguzzi

Impaginazione di Simona Vaga e Alessandro Laguzzi

Fotolito DRP - Alessandria

Segreteria: Giacomo Gastaldo

L’autore ringrazia: Silvana Tancredi, Stefano Tacchino, Monica Ghio,

Chiara e Alessandra Ferrari, Luana Bianchi che hanno fornito materiali

per la stesura del testo, Mario Ferrari, Pietro Sonzogno, Benito Bosio e

G. Luigi Sonsino che hanno fornito il materiale iconografico.

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Guide dell’accademia urbense

aleSSandro laGuzzi

Guida di

San CriStoforo

Associazione Oltregiogo

Accademia Urbense - Ovada

2002

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Piccolo centro vitivinicolo del-l’alto Monferrato, San Cristoforo èsituato a 301 m. s.l.m., sopra un alti-piano che si estende fino a Capriatad’orba, alla sinistra del torrenteLemme e alla destra del torrente albe-dosa.

il paese dista circa 31 km. dalcapoluogo di provincia, alessandria,non ha frazioni e conta circa 590 abi-tanti. L’estensione del Comune è piut-tosto ridotta, appena 3.60 kmq., e tut-tavia presenta caratteristiche proprie,nel senso di una vera comunità, liberaed indipendente, formatasi attorno alcastello, edificato verso la fine del‘300 intorno alla torre del X sec.

Piccole attività di tipo artigianale(tessile, molino, legno, ferro) affianca-no la principale, ossia la coltura dellavite e la produzione di vini DoC eDoCG.

L’ottima posi-zione geografica nefa la meta di un affe-zionato turismo esti-vo, negli ultimi anniulteriormente incen-tivato dal lavorodelle amministrazio-ni locali e delleassociazioni.

Le viCende

StoriChe

Le sue originirisalgono alla epocaromano-augusteaquando, con la fon-

dazione di Libarna, nacque una reteviaria minore, comprendente un itine-rario che da questa, posta sulla ViaPostumia, attraverso Castelvetus eCarpeneto raggiungeva la Via AemiliaScauri nel tratto che da Dertona porta-va ad Aquae Statiellae. È lungo questopercorso che nacque il primo insedia-mento demico che originerà il nostroborgo.

anche in epoca alto-medievale illuogo giocò un proprio ruolo strategi-co, tanto che nel X secolo vide l’edifi-cazione di un’alta e solida torre a poli-gono irregolare, denominata torre delGazzolo. Essa, secondo il Pistarino,faceva parte di un sistema di avvista-mento che, per il Monte Colma, l’al-barola, il castello di Parodi, raggiunge-va San Cristoforo e di lì Capriata e lapianura, per segnalare, con fuochiaccesi alla sommità, le incursioni che

in quel tempo iSaraceni portavanodalle sponde delMare Ligure all’en-troterra.

il termine Torredel Gazzolo, chedesignò il borgo inquel periodo derivadal vicino bosco,che aveva assuntoil toponimo di Gaz-zolo essendo unabandita (gahagi)dove i re longobar-di cacciavano icervi.

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San CriStoforo

Nella pagina a lato veduta aereadell’abitato

Sopra, la torre del Castello,rimaneggiamento della torredel Gazzolo

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assegnata da re Berengario ii allamarca obertenga, la zona entrò a farparte dei possessi dei Marchesi diParodi, i quali, secondo una tradizioneerudita, avrebbero fatto costruire unastrada segreta che, a tratti ora scopertiora sotterranei, metteva in comunica-zione i due castelli di Parodi e San Cri-stoforo.

Durante la ripresa demograficaverificatasi intorno al Mille, la zona fuinteressata da un’attiva presenza deimonaci di San Siro, il potente mona-stero genovese, che, nel 1065, riceve-vano in dono dal marchese Gundoalcuni beni fondiari siti in loco etfundo Tramontanae, a poca distanzadall’attuale abitato di San Cristoforo.

Erano le prime mosse della pene-trazione genovese nell’oltregiogo.Un’influenza che contraddistingueràin permanenza le vicende storiche delnostro borgo.

interesse precipuo della città ligu-

re, era, in quel momento, quello dicreare una rete di percorsi che colle-gassero le coste alla pianura, sullaquale avviare il sale e le altre preziosemerci, oggetto del loro commercio,evitando di pagare onerosi pedaggi aifeudatari che con le loro terre sbarra-vano loro il passo. Lo scontro con iMarchesi di Gavi e di Parodi era quin-di inevitabile. Così, nel sec. Xii, ilborgo seguì le alterne vicende chevidero i Marchesi di Parodi contrap-porsi al Comune genovese. Ma la spro-porzione delle forze in campo nondava adito a soluzioni diverse dallacompleta sconfitta delle due famigliefeudali, che a fine secolo uscirono discena.

nel secolo successivo, lo sviluppodei commerci non fece che accrescerel’importanza dell’itinerario lungo ilquale sorgeva il borgo, tanto che l’an-tica strada fu, nel 1251, oggetto di con-venzioni tra Genova e Pavia: «…vide-

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In basso, panoramadel concentrico del paese

Nella pagina a lato in alto,la snella figura della torredel Gazzolo poi rimaneggiata eincorporata nel Castello Spinola

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licet a plebe Lemoli versus Gavius, etsicut vadit strata ab ipsa plebe usquead Sanctum Crispoforum, et a S.Cri-spoforo sicut descendit ad acquam quedicitur Abgiosa e ab Abgiosa sicutdescendit ad Castrum Vetus.».

il documento ci consente anche dicostatare che, nel frattempo, il toponi-mo che indicava il paese era cambiatoda Torre del Gazzolo a San Cristofo-ro, nome che ancor oggi conserva.

Sembra che l’origine del cambia-mento vada ricercata nelle vicende cheavevano riguardato l’antica Pieve diSanta Maria in Lemuris, intitolata aiSS. Giacomo e Cristoforo. Secondo latradizione orale, la chiesa era, abimmemorabili, luogo di culto comuneper tutti gli abitanti della valle, com-presi quelli di Gavi e S. Cristoforo.Con l’affermarsi però dei nuovi centriabitati sorsero contrasti e incompren-sioni, che divisero i fedeli, e la Pievedel Lemme fu abbandonata. Questo

portò anche alla spartizione dei santiprotettori. i Gaviesi, che erano piùnumerosi, scelsero come proprio pro-tettore San Giacomo apostolo,lasciando agli abitanti di Torre delGazzolo San Cristoforo. Da allora,essendo quelli che avevano avuto nellasuddivisione San Cristoforo, essi ven-nero designati come “quelli di San Cri-stoforo”, nome che finì, in seguito, pertrasmettersi al paese.

nel 1313, l’8 febbraio, l’imperato-re Enrico Vii di Lussemburgo conces-se in feudo a opizzino Spinola di Luc-coli, capo riconosciuto della famiglia,uomo politico genovese e suocero di

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In basso, la Pieve di Santa Mariadel Lemme vista dalla parte del-l’abside e sullo sfondo San Cristo-foro

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teodoro i di Monferrato, il castrum etburgum Sancti Cristophori e altrifeudi, fra cui Serravalle, arquata, Staz-zano e Pasturana. L’investitura, chevenne riconfermata nel 1323, era fattaad opizzino a nome del consortiledegli Spinola di Luccoli, ovveroriguardava tutti i componenti maschidella famiglia, i quali perciò eranoegualmente signori di tutti i beni rice-vuti in feudo, senza divisioni eredita-rie. Questa investitura sarà all’originedel particolare status che il feudo assu-merà nei secoli, quello di feudo impe-riale.

i feudi iMPeriaLi

La vita politica dell’oltregiogo èsegnata dalla presenza dei feudi impe-riali, una caratteristica e singolareforma di potere che ha lasciato un’im-pronta profonda, tuttora rinvenibilenell’accentuato particolarismo di tantipiccoli centri.

L’attuale impronta marcatamenterurale di tali paesi, quasi tutti ex feudidi aristocratici genovesi, non deve farperdere di vista, infatti, la loro funzio-ne e posizione strategica, strettamenteconnessa alla fitta trama della viabilitàda e per Genova. La ruralizzazione, ed

in certi casi lo spopolamento, sonofenomeni relativamente recenti; pertutti i secoli precedenti, in cui si svi-luppa la vicenda commerciale finan-ziaria della repubblica, le comunitàdell’oltregiogo furono inserite nellemaglie del sistema economico chefaceva capo a Genova.

tanto più singolare appare dunquela non integrazione delle terre feudalinel territorio della repubblica. tutta-via, questa situazione deriva da unaprecisa scelta dell’aristocrazia genove-se, che controllava i feudi ed avevaconvenienza a non inserirli istituzio-nalmente nello Stato, ma ad usarlicome base della propria potenza priva-ta. al riparo dell’alta sovranità delSacro romano impero, ma di fattoindipendenti per il tenue legame cheessa rappresentava, i signori genovesipotevano, infatti, trasformare i loropossessi in ottimo rifugio per sfuggirealla giustizia penale della repubblicao, in caso di rovesci finanziari, ai pos-sibili creditori, mentre, in caso di dis-grazia politica, il feudo diventavaun’utile base per attendere tempimigliori, mentre si intessevano nuovealleanze e si riorganizzavano le forzedel partito sconfitto.

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In basso, lapide con stemmi pre-sente all’interno del Castello

Nella pagina a lato, veduta aereadel complesso del Castello

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tra le caratteristiche salienti deifeudi imperiali c’è la loro persistenzain piena età moderna e l’evoluzionedella base economica che, fin dalla ori-gine, è solo in parte legata all’agricol-tura, manifestando invece accentuatepropensioni per il commercio e le atti-vità produttive preindustriali; la rura-lizzazione avvenne solo dal XViii sec.e si attuò totalmente nei primi decennidello ottocento, col definitivo passag-gio dal sistema politico-economicoligure a quello piemontese.

il secolo XiV fu caratterizzato dalunghe e annose liti di confine tra ilnostro borgo e il comune di Parodi, icui rappresentanti, in base ad un arbi-trato del 1352, fatto dal podestà diGavi per conto dell’arcivescovo Gio-vanni Visconti, signore di Milano,sostenevano che i confini del feudogiungessero sino al fossato che era inprossimità della torre di S. Cristoforo.Solo a fine secolo, nel 1399, le buoneragioni di Giannotto Spinola, cherivendicava tutto il territorio fra laPieve di Gavi e Capriata ed affermava

che esso si estendeva fino alla CostaLunga ed all’albedosa verso S. Cristo-foro, vennero riconosciute. nello stes-so anno il paese fu definitivamenteassegnato agli Spinola dal Senato dellarepubblica Genovese.

fra il 1431 e il 1435 il Monferratoconobbe uno dei periodi più drammati-ci della sua storia. il Marchese GianGiacomo, nel tentativo di sottrarsi allostato di soggezione in cui si trovava, sialleò con Venezia, in guerra in quelmomento con Milano. L’interventodell’imperatore Sigismondo teso afarlo ricredere non venne ascoltato e ilMonferrino fu dichiarato ribelle. ilfiglio di teodoro ii, allora, per salvarele proprie terre dall’avocazione, le affi-dò al cognato amedeo Viii di Savoia,il quale le incamerò, mentre le altrevenivano occupate dai soldati merce-nari al soldo di filippo Maria Visconti.Con la pace nel 1434 si stabilì che alMonferrato torninassero tutti i territorii cui feudatari si fossero dichiarati afavore di Gian Giacomo. È in questaoccasione che San Cristoforo, con i

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luoghi circonvicini di franca-villa, tassarolo, Pasturana,Montaldeo, entrano nell’orbitamilanese in qualità di feudiimperiali. La conferma ci vieneda un documento del 19 dicem-bre 1454, nel quale filippino,Battista e Stefano Spinola diLuccoli, signori di San Cristo-foro, nel ratificare la pace diLodi, si dichiarano aderenti difrancesco Sforza.

Più tardi, un documento del1523 ci segnala che la gestioneconsortile si è interrotta, infattiil feudo è oggetto di permutatra Cristoforo Spinola, signoredel luogo, e Paolo Spinolasignore di Serravalle, i qualiconcordano di scambiarsi irispettivi beni. il 26 gennaiodello stesso anno, Paolo Spinola, allapresenza di tutti gli abitanti di San Cri-stoforo, prende possesso del feudo. Èsotto la sua signoria che il notaio Gero-

lamo frascara di rossiglione si insedianel paese come scrivano della curia epoi pretore. rogherà fra la fine deglianni ‘40 del secolo e i primi anni ‘60.i suoi atti rispecchiano la vita quotidia-na del borgo: compravendite, permute,locazioni, questioni di dote, debiti con-fessi, conferimenti di procura, testa-menti.

alla morte di Paolo Spinola, nel1556, mentre ai fratelli andavano altribeni, la signoria dell’intero paesetoccò al figlio oberto, come confermòl’imperatore Carlo V nel ratificarel’accordo intercorso fra gli eredi.

Quasi vent’anni dopo, nel 1573,anche oberto si trovò coinvolto in unalite di confine per via di una contesta-ta adduzione delle acque del Lemmefatta dai Guasco, signori della grangiadi Bisio. Secondo la versione dei San-cristoforesi, gli uomini del paese eranointervenuti per rimuovere le chiuse cheerano state fatte dai Guasco in territo-

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A lato, la mole del Castelloquattrocentesco

In basso, lo stemma dellaFamiglia Spinola nel disegnodi una collezione privata

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rio di San Cristoforo. Dopo la lorodistruzione alcuni uomini armati alservizio dei Guaschi erano giunti sinoa San Cristoforo per vendicarsi, maerano stati fatti prigionieri, senzacomunque che fosse stato fatto loroalcun male.

La vicenda rischiò di provocare unincidente diplomatico fra il Sacroromano imperatore e lo Stato di Mila-no ed è emblematica della molteplicitàdei problemi in cui vivevano le nostrecomunità a quel tempo.

La signoria degli Spinola, cheverrà riconfermata nel 1562, si inter-romperà, però, nel 1598, quando, allamorte di oberto, per mancanza didiscendenza legittima, l’imperatorerodolfo ii avocherà a sé la terra, cheverrà infeudata a Gio. ambrogioDoria. Per dovere di cronaca aggiun-geremo che la decisione imperiale pro-vocò le reazioni di Gio antonio Spino-

la, che aveva acquistato da oberto ibeni che egli possedeva in S. Cristofo-ro e altrove credendoli enfiteutici, ilquale dette inizio ad una causa che sitrascinò per decenni per chiudersi infi-ne a favore del Doria.

i Confini deL territorio

Presso la Biblioteca Civica Beriodi Genova è conservata una serie didiplomi del Sacro romano impero: inessa si contano cinque pergameneriguardanti il feudo imperiale di SanCristoforo, la più antica delle qualirisulta essere l’originale dell’investitu-ra fatta, il 14 novembre 1598, dall’imperatore rodolfo ii. in questo diplo-ma abbiamo la descrizione, sommariama già sufficiente per un orientamentoattuale, dei confini del territorio:«Totum castrum S. Christophori, cumsuo territorio et finibus qui sunt a locoqui vocatur a Monte Pagano veniendoper Costam Longam usque in flumenArbiosum eundo, et veniendo peripsum flumen usque ad clapam Busse-rolam, et inde eundo per Disuliamusque per Cimerelam…».

il citato «flumen arbiosum» è evi-dentemente il confine naturale del ter-ritorio dal lato sud, mentre la «clapamBusserolam» era una cascina oggiidentificata come cascina Bosio. La«Cimerelam» è sicuramente la cascinaCamarella; al contrario non è stataidentificata la «Disuliam», località chein ogni caso doveva trovarsi sulla dor-

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A lato, i resti dell’antica portadel paese

In basso, una torre medioevaled’avvistamento ora inglobatanel centro storico

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sale tra le attuali cascine S. Stefanoe Costanza e, come dimostranodocumenti posteriori, doveva trat-tarsi di un prato.

L’estensione dei territori è rima-sta pressoché inalterata nel corso deisecoli e, praticamente, coincide congli attuali confini amministrativi delComune.

Da quanto abbiamo sinora dettosi evidenzia l’importanza dei confi-ni, non stupisce quindi che si pen-sasse a redigere delle apposite cartetopografiche per risolvere i contenzio-si che i trattati non bastavano a chiari-re. È del 1608 la più antica rappresen-tazione che ci sia pervenuta della Valledel Lemme e del Castello di San Cri-stoforo, affidata da Pasquale Sauli,commissario generale della repubbli-ca di Genova, alla mano del pittoreBattista Carrosio, maestro di SinibaldoScorza.

nel Seicento il borgo dovette sop-portare le angherie e le vessazioni divari eserciti; nel 1625 vi si acquartieròun’armata franco-sabauda. Scrive un

cronista a proposito di San Cristoforo:«piccolo castillo dei Doria havendol’uno e l’altro luogo saccheggiato conbarbara mano, come si fece degli altricastilli di nobili genovesi vicini». nel1654 toccò alle truppe piemontesi delmarchese Villa di occupare il borgo.Quello che avvenne in quel periodo èricordato in una lettera del signore delborgo al Magistrato della Sanità diMilano: «… la poca comodità di que-sto luogo e la miseria dei sudditi, chenelli due anni passati han patito dal-l’armi nemiche saccheggi desolationiet abbruciamenti di case ..». Portata

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A lato, i confini del feudo diSan Cristoforo con la Repubblicadi Genova in una cartadi Battista Carosio del 1608

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probabilmente dai soldati, la peste fecela sua comparsa nel Genovesato, tantoche nel 1656 il conte francesco PiccoPastrone: «Visitor Generale per lasanità nel stato di Monferrato» fecesospendere ogni genere di traffico ecommercio nei feudi imperiali di SanCristoforo, francavilla Bisio, tassaro-lo e Pasturana; fosse fortuna o effica-cia delle misure prese, il borgo quellavolta sfuggì al flagello della peste.

Proprio in quell’anno, il 1656, nellarelazione riguardante i feudi imperiali,San Cristoforo, che apparteneva alconte Carlo Doria, è così descritto: «viè un puoco di castello, e farà circaottanta fuochi». nonostante questamisera citazione, il luogo doveva esse-re di certo il centro più impor-tante fra quelli circonvicini poi-ché nel 1694 pagava alla came-ra imperiale ben 235 scudi emezzo, 117 doppie e 18 lire:molto più di Mornese o di tas-sarolo ed addirittura quattrovolte quanto pagato da franca-villa Bisio.

nel 1714 l’imperatore CarloVi confermò a Leonardo Doriail feudo di San Cristoforo. atutti i diritti già riconosciuti,dopo pochi anni veniva aggiun-ta anche la possibilità di succes-sione per tutti i discendenti,legittimi o illegittimi che fosse-ro. Concessione quest’ultimarichiesta esplicitamente pergarantire a Carlo Leopoldo,figlio naturale di Leonardo, lasuccessione al feudo, cosa cheavvenne tranquillamente nel1726 alla morte del padre.

il paese rimase feudo impe-riale fino al 1736, anno in cui,in virtù dei preliminari del trat-

tato di Vienna, diventò parte del regnodi Sardegna. La nuova sovranità nonimpedì che, pochi anni più tardi, ilborgo fosse coinvolto nelle operazionibelliche dovute alla Guerra di Succes-sione austriaca, che vedeva austriaci eSardi contrapposti a francia, Spagna erepubblica di Genova.

nel giugno 1746, infatti, le truppeaustro-piemontesi si insediano a SanCristoforo, che diventa base per diver-se scorrerie. nel luglio i reparti di stan-za nel borgo, sconfinati nelle localitàdi Costa, Spessa, Serra e Bosio, dopoaver devastato il territorio e ucciso cin-que uomini, «hanno sino spogliato ledonne nude e di molte se ne sono ser-viti». Per rappresaglia le milizie geno-

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Nella pagina a lato in basso,panorama di San Cristoforo

In basso, la statua e le stazionidel Rosario della cappellaomonima nella Parrocchiale

Nella pagina seguente in basso,antico torchio collocato al pianoseminterrato della “Casa Lunga”

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vesi occupano Mornese, dove intendo-no «attaccare il fuoco e bottinare».Pochi anni dopo la fine del conflittoregalerà, finalmente, al borgo e all’in-tera Penisola cinquant’anni di pace.

a fine secolo, non avendo discen-denza diretta, Carlo Leopoldo lasciò ipropri beni in eredità a Giovanni for-nari e la regia Camera dei Conti rati-ficò la successione.

nel 1798 San Cristoforo fu teatrodello scontro tra i rivoluzionari giaco-bini concentrati in Carrosio e le miliziepaesane leali ai Savoia che muovevanoda Castelletto e da Silvano d’orba.ottenuta la vittoria, i Carrosiani prete-sero da San Cristoforo una forte con-tribuzione per lasciare il suo territorio.

L’anno successivo il borgodovette poi subire la presenzadei francesi, che, nel 1799,installarono proprio tra le suemura le artiglierie già collocatein precedenza a Parodi.

Lo SviLuPPo SoCio-eConoMiCo

nel corso dei secoli XVi e XVii, ilfeudo di San Cristoforo, data l’esiguitàdel suo territorio, non poteva soddisfa-re le esigenze alimentari di una popo-lazione (per l’epoca) molto densa. ilpaesaggio agricolo della zona erarestato per moltissimo tempo, quelloprodotto dalla colonizzazione cister-cense del XiV sec., che aveva intro-dotto l’insediamento rurale sparso ebonificato larga parte delle foreste edei boschi della zona.

La vita economica di S. Cristoforo,per ciò, faceva perno sul commercio,sui trasporti, sull’intermediazione,sfruttando la posizione strategica cheesso occupava, proprio al centro didiverse entità politiche-istituzionali, a

breve distanza danumerosi borghi.

il passaggiodal sistema econo-mico regionaleligure a quello pie-montese ed ilsuperamento dellaframmentazionei s t i t u z i o n a l esegnarono unaprofonda trasfor-mazione, in sensonegativo, nellavita del paese.

L’unificazionedella nostra Peni-sola portò notevoli

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A lato, San Cristoforo inuna carta di G. Chafriondel 1697

Nella pagina a lato,panorama, le vigne e ilmonte Tobbio

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cambiamenti nella struttura politica edeconomica di San Cristoforo. iniziaro-no infatti a prendere forma le primeattività artigianali e commerciali auto-nome, si diffuse ampiamente la picco-la proprietà terriera, si intensificò illavoro agricolo e avanzò la viticoltura,che prese definitivamente il soprav-vento sulle aree boschive.

Significativo di questo orientamen-to è l’episodio che vide mutare radical-mente il paesaggio agrario del borgo.nei primi anni del secolo appena tra-scorso, l’antico Bosco del Gazzolo, illuogo dove i re longobardi avevanocacciato i cervi, che aveva mantenutoper tutta l’Età Moderna lo stato giuri-dico di comunaglie, viene smembratoe venduto ai privati: nel giro di pochis-simi anni il disboscamento e la messaa cultura del territorio sono realizzati.La crescita demografica, che si mani-festa fra fine ottocento e il nuovosecolo e che spinge tanti abitanti dellazona all’emigrazione, non consenteripensamenti.

altrettanto emblematico del climadi modernizzazione che il territoriovive è il progetto che nel 1907 presen-ta il marchese Emilio Spinola, sindacodi Gavi, il quale prevede una linea fer-roviaria a basso costo d’impianto che

colleghi novi ad arquata con stazioniintermedie a Gavi, Pratolongo, SanCristoforo, rovereto e francavilla, piùun breve tratto per collegare Gavi conCarrosio. Lungo l’intero percorso nonerano previste opere d’arte, se non unagalleria di circa 150 m. fra arquata ePratolongo. nonostante l’impegnoeconomico fosse relativo, i particolari-smi di campanile s’incaricarono diaffossare il progetto, come del restoavevano già fatto per molti altri.

«Parodi BruCia»

i ParoDESi

triBUtano iMPEritUra riConoSCEnza

aL PoPoLo Di S.CriStoforo

PEr L’aBBonDanza DEi SoCCorSi

Loro offErti Con SLanCio

DEGno Di SoMMo EnCoMio

nELLa LUttUoSa CirCoStanza

DELL’inCEnDio DEL ProPrio PaESE

PErPEtrato Dai nazifaSCiSti

iL 7 Marzo 1945E PEr La LiBErazionE Di PriGioniEri

CaDUti in Mano Di tEDESChi

nELL’aPriLE SUCCESSiVo

PrEMi iDDio

CoSi’ noBiLE ESEMPio

D’UMana SoLiDariEta’8 SEttEMBrE 1945

13San CriStoforo

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Questa lapide, apposta dagli abi-tanti di Parodi sul muro della chiesaparrocchiale di San Cristoforo, èun’importante testimonianza dellagenerosità dei Sancristoforesi, e rap-presenta un perpetuo ringraziamentoper l’ assistenza prestata in occasionedell’incendio appiccato dai nazistidurante la ii guerra mondiale al paesedi Parodi. i Parodesi che subironodanni trovarono nel paese vicino rifu-gio ed un aiuto concreto. La lapideche, a guerra finita, i Parodesi portanoa Sancristoforo chiude nel segno disperanza per un futuro di rapportiumani civili, pacifici, solidali un tristeperiodo per le nostre popolazioni.

La seconda metà del novecento,portò con sé ulteriori modificazioni neltessuto economico e sociale dellanostra zona, poiché assistiamo al feno-meno, comune in ogni angolo d’italia,

dello spopolamento delle campagne,con il conseguente abbandono di terree case, da parte dei paesani direttiverso città, o comunque grossi centri,in cerca di un lavoro meno incerto emaggiormente remunerativo.

recentemente invece, per fortuna,la tendenza si inverte: i giovani, puravendo lavoro fuori sede, preferisconofare i pendolari e restano in paese,ristrutturando le vecchie case, recupe-rando parte del centro storico, dandonuova linfa vitale ad un grande alberosecolare che rischiava di scomparire.

Si riprende possesso della propriaidentità, in alcuni casi si torna a colti-vare la terra, si iniziano a rivalutare letradizioni, il territorio, l’antica voca-zione vitivinicola, mentre riprendonoforza le associazioni locali e ne vengo-no create di nuove, con l’attenzionerivolta al futuro e la consapevolezza

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In basso, sala Consiliare, pianoterra della “Casa Lunga”

Nella pagina a lato, vistad’insieme del complessodel Castello

In basso, la porta d’accessoal Castello

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dell’importante eredità ricevuta dallegenerazioni passate.

iL Centro StoriCo:iL CoMPLeSSo deL CaSteLLo

il castello di San Cristoforo tornòdi proprietà degli Spinola nel 1826 e,nonostante i numerosi cambiamentipolitici intervenuti, rimase, come imolti possedimenti, nelle mani degliSpinola Carpeneto fino al 1957, quan-do tutto fu venduto a privati.

il complesso è ubicato al centro delpaese ed è circondato da mura, cheracchiudono il castello con i suoicaseggiati adiacenti («Casa Lunga» eforesteria), il parco e la chiesa parroc-chiale. La superficie complessiva ècirca 6000 mq.

Quattro sono gli accessi che condu-cono al complesso: quello principale,da Piazza Martiri della Benedicta(detta anticamente aia del forno), ealtri tre secondari, rispettivamente daVia Quattro novembre, da Via Macal-lè e da Via irmo ferrari.

iL CaSteLLo

E’ un elegante maniero caratteriz-zato da un’agile torre, detta del «Gaz-zolo», che è il frutto, come abbiamogià avuto modo di spiegare, del rima-

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neggiamento della torre costruita infunzione antisaracena tra il X e l’Xisecolo.

a questa primitiva fortificazione siaggiunse poi, ad opera degli Spinola, ilcastello, che, nella sua forma attuale, èquattrocentesco e non sembra aversubito nel corso del tempo trasforma-zioni che ne stravolgessero i caratteri.Si presenta infatti d’impianto nitido,compiuto, senza sbavature.

La pianta è quadrilatera, regolare, eincorpora nello spigolo sud-occidenta-le la torre preesistente, che risulta cosìa filo delle nuove facciate del castello,che però si interrompono all’attaccocon le murature della torre, rendendochiarissimo il processo di «accosta-mento» del fortilizio recente all’operapiù antica. L’ingresso è difeso da uncortile d’arme posto all’esterno delblocco murario: motivo questo tutt’al-tro che frequente in zona, anzi uniconella configurazione attuale, che, anostro avviso, è una rielaborazione(probabilmente seicentesca) di un’ope-ra avanzata più antica. Dalla porta(pedonale, non si può accedere alcastello a ca vallo), sormontata dallostemma della famiglia Spinola, siaccede in un piccolissimo cortileaddossato al muro esterno e da questoad un ponte (in origine probabilmentelevatolo) che immette all’eleganteporta bugnata di accesso alla costru-zione: porta e cortiletto formano cosìuna t rovesciata. Si tratta in sostanzadi un piccolo rivellino, i cui fianchisono venuti a saldarsi al corpo di fab-brica principale. Sporgono dai muridelle feritoie ad altezza d’uomo.

L’interno si articola intorno al pic-colo cortile. i corpi di fab brica occu-pano tre lati, mentre il quarto - in cui èricavato l’ingresso - mostra la cortina

liscia fino al cammino di ronda. Siaccede al palazzo baronale tramite unalunga scala esterna. tutto l’intemo delcortile è decorato di affreschirinascimen tali (o tardo-gotici, sebadiamo allo stile), purtroppo in via dideterioramento.

apparato a sporgere su tutti i lati esulla torre, la cui struttura muraria èstata con ogni probabilità rifatta all’e-poca della costruzione del castello (imattoni hanno le stesse dimensioni e lastessa tessitura). anche la torre pre-senta consistenti tracce di decorazionead affresco di epoca barocca.

il castello è tangente ad una piùbassa e più larga cerchia fortificata,racchiudente le scuderie, gli alloggidella servitù, la cappella e un piccologiardino all’italiana.

tutto il complesso è ottimamenteconservato.

il castello possedeva anticamenteuna pinacoteca con opere di pregio euna biblioteca con volumi e carteggi dialto interesse storico e letterario (tra cuialcune lettere di Garibaldi); nel tempo,purtroppo, è stato progressivamentespogliato, anche delle suppellettili.

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Nella pagina a lato, Castelloe torre di San Cristoforo

In basso, cortile internodel Castello, scalone d’accessoagli appartamenti

Nella pagina seguente in alto,figurina che decora l’atrio degliappartamenti padronali

In basso, la “Casa Lunga”lato ovest

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attualmente è in via di ristruttura-zione, ed è previsto un suo futuro uti-lizzo a fini turistico-culturali.

La «CaSa LunGa»

Edificio risalente al XV secolo,ebbe diverse destinazioni, fra cui quel-le di cantina, tinaggio, locale torchia-tura, per ciò che concerne il pianoseminterrato, e di abitazione ausilia-ria del proprietario del castello per ipiani superiori.

Costituisce il corpo ovest del com-plesso ed attualmente, dopo un accura-

to lavoro di restauro, ospita, al pianoterra, le sale di rappresentanza comu-nale.

La foreSteria

Destinata all’accoglienza degliospiti e dei forestieri, venne edificatanel XV secolo e costituisce il corpo estdel complesso.

Disposta su due piani, al primoconserva – benché murato – un pas-saggio che collegava chiesa e castello:veniva utilizzato dai proprietari delmaniero per giungere direttamenteall’interno della parrocchiale, dove, alriparo di una grata, potevano assisterenon visti alle funzioni religiose.

iL ParCo

Circondato dalle secolari mura, ilparco offre, sotto le fronde degli ippo-castani, una piacevole frescura negliassolati pomeriggi estivi.

Diventato di recente proprietàcomunale, è stato attrezzato per i gio-chi dei bambini e viene utilizzato permanifestazioni turistiche e di promo-

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Nella pagina a lato, ingressoal complesso del Castelloda via Macallè

In basso, ingresso al complessodel Castello da via IV Novembre

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zione del territorio. Esso, oltre allaparte principale, consta di piccoli giar-dinetti indipendenti, attualmente nonutilizzati, ma che presentano suggesti-vi angoli paesaggistici.

tra Storia e LeGGenda ...

numerosi sono i racconti cheavvolgono il castello in un’aura dimisteriosa suggestione....

Si racconta che, all’interno delmaniero, sia celato uno strano libro, incui sono narrate storie terrificanti alpunto tale che, chiunque le legga, per-vaso dalla paura, non riesce più neppu-re ad avvicinarsi a San Cristoforo:risale agli anni trenta del secolo scor-so, l’ultima volta in cui qualcuno, tro-vato tale volume, abbia proprio reagitocosì ...

Si narra che una notte, intorno aiprimi del novecento, una signora, abi-tante nei pressi del castello, venne sve-gliata da strani rumori provenienti dalparco interno. incuriosita, si alzò, uscìed entrò nei giardini: qui, sotto gliippocastani, vide qualcosa di moltoparticolare. Una strana processione dipersone biancovestite incedeva a passolento, formando un cerchio; ciascunadi loro teneva in mano una candelaaccesa e l’atmosfera del luogo e del

momento era inconsueta e surreale,ma, al tempo stesso, comunicava ungrande senso di pace e di serenità.

Qualcuno diede a questa signorauna candela e la invitò ad unirsi algruppo. Ella accettò e prese parte allostrano rituale.

al termine di esso, tutti i presenti si

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dileguarono e la donna, rimasta sola,fece ritorno a casa. appoggiò la cande-la sul comodino accanto al letto e tornòal suo riposo.

La luce del mattino ed il risvegliole fecero trovare una macabra sorpre-sa: quella candela spenta, lasciata sultavolino da notte, si era trasformata inun dito mozzato!!!

ChieSa ParroCChiaLe di San Cri-Stoforo Martire

Contemporaneamente all’edifica-zione del castello fu eretta, per ordinedegli Spinola, una piccola cappellagentilizia, a servizio dei marchesi edella popolazione residente. La cap-pella era incorporata nelle mura peri-metrali di difesa e la sua collocazionecorrispondeva, all’incirca, al presbite-rio dell’attuale chiesa parrocchiale.ampiezza circa 5 x 6 m., bassa, roma-nica come la torre, con le finestre chiu-se da grate di ferro, una delle quali furinvenuta nel corso degli ultimi rifaci-menti. il tetto della cappella era costi-tuito in parte dal passo di ronda delleguardie e per l’altra parte, circa 3 m.,era coperto da lastre di cotto.

La prime notizie certe della chiesaparrocchiale attuale risalgono alla rela-zione di Mons. Bossi, Visitatore apo-stolico dell’archidiocesi di Genova,

del 1582. L’edificio era stato eretto sulsedime dell’antica cappella e il campa-nile parzialmente sovrapposto all’absi-de.

Da una relazione del parroco DonMichele Borra al Vescovo di acqui,datata 1838, si apprende che «la formadella chiesa è ovale nella volta e qua-drata nei muri perimetrali. il pavimen-to di pietra di Lavagna e marmi è inbuono stato». La chiesa era di circa 12x 22 m.

nel corso dei secoli numerosi furo-no ancora gli interventi: nel 1888 fu

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A lato, chiesa Parrocchialedi San Cristoforo

In basso, statua di NostraSignora del Carmelo,Parrocchiale di San Cristoforo

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rifatto il campanile e nel 1894 lachiesa venne ampliata ed assun-se la sua attuale connotazione.tale ampliamento è stato possi-bile grazie all’abbattimento diun caseggiato (le antiche scude-rie) posto nella parte nord delcomplesso del castello, tra l’an-tica chiesa e la Casa Lunga, ed èvisibile perché la parte nuovacorrisponde alla porzione divolta più alta.

Ulteriori interventi sono statieffettuati nel 1916 e nel 1925.Grazie al rifacimento del pavi-mento, tra il 1951 e il 1952, ven-nero alla luce delle piccole cellemortuarie, collocate all’incircanella parte centrale della chiesa:esse furono svuotate e successi-vamente interrate. nel 1974 lachiesa fu ridipinta internamente.

La Parrocchia era di diritto dipatronato laicale, ossia la nomi-na del parroco veniva fatta dal marche-se.

Questa situazione restò immutatafino alla seconda metà del XX sec., nelmomento in cui l’allora proprietariorinunciò ai diritti, dopo avere, nel1963, nominato il parroco Don Miche-le Scaglione.

La Parrocchia fa parte, dal 1800,della diocesi di acqui.

La facciata è austera, scandita indue piani da una cornice aggettante, eculmina con un timpano; ai lati sonostati realizzati, in corrispondenza del-l’ampliamento, due contrafforti.

Le uniche decorazioni della faccia-ta sono le lesene in mattoni, ai suoiestremi e nei contrafforti, e, al secondopiano, due finestre (coronate da archi atutto sesto) e una nicchia centrale, rial-zata rispetto ad esse, che racchiude al

suo interno un mosaico raffiguranteSan Cristoforo.

L’interno è ad una sola navata e ledecorazioni a fresco e a stucco, cherisalgono al XiX sec., sono in stilebarocco.

L’altare maggiore, dedicato a SanCristoforo, è di stile barocco e vennerealizzato in marmi bianchi e rossi estucco durante il Settecento. nell’absi-de è dipinto San Cristoforo che attra-versa il fiume portando il BambinGesù. Sul lato destro del presbiterio ètutt’oggi presente una grata, che celauna tribuna, un tempo raggiungibiledirettamente dal castello e usata daifeudatari per assistere alle funzioni.

La chiesa presenta al suo internotre piccole cappelle: sul lato destro,partendo dall’ingresso principale, l’al-tare del Sacro Cuore di Gesù. Segue la

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A lato, chiesa Parrocchiale,interno

Nella pagina seguente, inalto, la statua di San Cristo-foro interno della Parroc-chiale

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cappella dei Santi (edificata dai bor-ghigiani per ordine dei proprietari delcastello) con sull’altare unapala (probabile opera di G.B.Carlone) raffigurante nellaparte superiore Gesù in gloriatra la Madonna e San GiovanniBattista e in basso i santi Seba-stiano, rocco e Carlo Borro-meo. Completano il dipintoun’altra figura sacra, probabil-mente il Beato Carlo Spinola,morto martire in Giappone, e lefigure dei due committenti. ailati due dipinti: S, antonioabate e un santo francescano.

Sulla parete opposta si aprela cappella dedicata allaMadonna del rosario. Edifica-ta, a partire dal 1610, dopo untragico fatto di sangue, dal1628 divenne di patronatodella Compagnia del rosario.La forma attuale è stata rag-giunta nel secolo successivo.La statua della Vergine è cir-condata da quindici formelleche rappresentano i misteri delrosario. ai lati dell’altare duetele raffiguranti S. Domenico e

S. Caterina da Siena.La chiesa conserva inoltre due sta-

tue artistiche in legno raffiguranti N.S.del Carmelo (opera dello scultore G.rungaldier di ortisei, del 1924) SanCristoforo (scolpita da a. righetti diGenova).

L’oratorio dei SS. GiaCoMo

e CriStoforo

Un breve cenno merita questo ora-torio, oggi scomparso, che, eretto neiprimi anni del XV secolo, fuori dallemura del castello, fu sentito dai bor-ghigiani come loro luogo di culto incontrapposizione alla Chiesa parroc-chiale, che, essendo all’interno delle

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In basso, statua di NostraSignora del Carmelo,Parrocchiale di San Cristoforo

Nella pagina a lato in alto,chiesa dell’Annunziata,in basso pala dell’altar maggiore

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mura del castello, era avvertita comecappella privata del signore del luogo.

Si pensi che nel Cinquecento, perottenere il permesso di ampliare l’ora-torio, la popolazione si assoggettò allerichieste del feudatario che impose lacostruzione, all’interno della Parroc-chiale, dell’altare dei Santi.

La Parrocchiale e l’oratorio furonoper secoli elemento distintivo di divi-sione per la popolazione del paese, frai famigli del castello e chi aspirava ademanciparsi da quella signoria ingom-brante. Solo nel secondo dopoguerra,con la vendita del castello, la Parroc-chia diventò la chiesa di tutti i Sancri-stoforesi. L’oratorio venne demolitonel 1968 e al suo posto nacque l’ope-ra parrocchiale Don Luigi Perucchio.

Le Corti

Sono complessi di abitazioni e fie-nili, racchiusi da mura, testimonianzadelle dimore rurali della zona. nellevicinanze del castello ne troviamo duetipici esempi: «il Calò» e la «Corte deiBobbi», un tempo di pertinenza delmaniero ed utilizzate come scuderie edabitazioni.

ChieSa CaMPeStre

deLLa annunziata

Costruita verso il 1700, si trovava acirca 500 passi dalle ultime mura delpaese e consisteva in una piccola cap-pella utilizzata per le celebrazionidelle feste riguardanti la benedizionedei campi e degli animali. attorno,venivano sepolte le persone sconosciu-

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te decedute nei boschi ai confini delpaese. nella seconda metà dell’800 lachiesa fu ampliata e assunse la struttu-ra attuale a tre navate. inoltre tra ilmuro del cimitero e la chiesa fucostruita una loggia di accesso allasacrestia che servì come rifugio per ipellegrini, i viandanti e gli zingari.Poi, nel lato est della chiesa, vennecostruita anche una piccola canonica,poiché si desiderava che quella chiesadiventasse la nuova parrocchiale di S.Cristoforo, libera e indipendente dalpatronato del castello. alla morte delcanonico dell’epoca il progetto venneperò abbandonato.

L’edificio è in stile tardo barocco,conserva una statua del «Sacro Cuore»(opera del righetti) e un’antichissimastatua della «Madonna Bambina»,oltre a tele di un certo pregio. Durantele feste patronali lo spazio circostanteospitava le tradizionali bancarelle e lafiera del bestiame.

CaPPeLLe CaMPeStri

Sono quattro, situate lungo le viedel paese: la più importante è la cap-

pella dedicata alla Madonna dellaneve, che si erge sulla sommità dellavecchia strada per Gavi (chiamataappunto «della Cappelletta»). E’ diforma rotonda, come una piccola torreche saluta il viandante, e custodisce lespoglie dei benefattori che la costrui-rono. La festa si celebra il 5 agosto.

Due piccole cappelle private, postesulla strada che porta a Gavi (entram-be dedicate alla Madonna della Guar-dia), si aprono sulla via che i pellegri-ni percorrevano per recarsi all’omoni-mo santuario.

La quarta, ed ultima, è anch’essa

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Nella pagina a lato cappellacampestre in quello che ful’antico bosco del Gazzolo

A lato, cappella N.S. della Neve

In basso, interno e altare dellaChiesa dell’Annunziata

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dedicata alla Madonna ed è collocataall’uscita del paese, in direzione diCapriata d’orba.

L’edicola, risalente alla fine del-l’ottocento, è stata recentementerestaurata.

La Pieve di Santa Maria

deL LeMMe

La Pieve di S. Maria dista 3 Km. daSan Cristoforo e fa parte del territoriodel Comune di Gavi.

Sorta forse su un precedente tem-pio pagano, si erge sul bordo di un ter-razzo che strapiomba per tre lati sul-l’ampia ansa del torrente Lemme.Questa singolare chiesetta, adibitaormai da tempo immemorabile a depo-sito per legna ed attrezzi agricoli, èpriva delle navate laterali, poiché quel-la di destra è stata conglobata nellacasa colonica che la affianca, mentrequella di sinistra purtroppo è crollata.La Pieve, così ridotta alla sola navatacentrale e all’abside, è decorata nellafacciata da archetti e lesene asimmetri-ci; la tecnica usata e i materiali impie-gati consentono di fissarne la nascitaattorno all’anno Mille.

nonostante la sua grezza apparen-za, l’importanza della sua architettura

è manifesta. La sua forma è diuna semplicità assoluta: l’inter-no presenta una elementaregeometria di forme, ma ilparallelepipedo dell’aula e lasezione di cilindro e di sferadell’abside, così mossi nelleloro superfici e dominati dallaessenziale orditura del tettototalmente in vista fino almanto dei coppi, conferisconoall’ambiente un senso arcano.

La commovente e ingenuadecorazione di facciata con le

lesene e gli irregolari archetti pensilitrasforma un valore in una quantitàplastica del muro. il suo distendersileggero e mosso fa apparire le superfi-ci modellate dalla mano di uno sculto-re più che da una intelligenza che dise-gna e definisce piani e volumi.

L’insieme manifesta inoltre con

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A lato, cappelletta campe-stre

In basso, la Pieve di SantaMaria del Lemme

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estrema evidenza la presenza armoniz-zata dell’opera, dell’ultimo raggiungi-mento dell’architettura contadina eindissolubilmente compenetrata inessa, la prima nascita dello stile roma-nico.

ancora, la presenza intatta deglispazi a coltivo e di quelli naturali chele stan d’attorno, fanno di questa chie-sa il più affascinante esemplare delgenere, presente sul territorio alessan-drino. (fumagalli 1978)

alla Pieve del Lemme è legataun’antica leggenda:

in una fosca notte di tempesta, unuomo di Gavi riceve una visita del dia-volo. tuoni e lampi suggellano il pattofra i due: in cambio dell’anima l’uomochiede tesori, lunga vita e la costruzio-ne in una sola nottata di una chiesa.Lucifero e la sua corte si mettonoall’opera.

L’uomo, però, in preda al rimorsofugge a cavallo nelle tenebre. Giuntoin prossimità di una chiesa si gettabocconi sul sagrato a chiedere miseri-cordia. il cavallo proseguendo la suacorsa, sveglia col frastuono degli zoc-coli il sacrestano di Gavi che, scam-biando probabilmente i bagliori delladiabolica officina con i bagliori del-l’alba, da di piglio alle corde e suonal’ave Maria.

il diavolo, al rintocco, fuggecol suo corteo, abbandonando lachiesa senza campanile. nellafuga si sprofonda nelle visceredel monte, lasciando sulla nudaroccia l’impronta infuocata delsuo capello e del suo enormeorecchio, visibile ancora pocotempo fa, prima della costruzio-

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A lato, Pieve del Lemme det-taglio della decorazione adarchetti della facciata

In basso, interno dellaPieve, lacerto di affrescorappresentante S. Pietro

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ne della strada per francavilla.tanta fu la fretta che furono dimen-

ticati nel monte i tesori e una chiocciad’oro (simbolo di fecondità e lungavita) preparati per la vittima.

i viandanti, passando di lì nellenotti senza luna, giurano di aver uditoil tintinnare delle monete e il chioccia-re della gallina.

La fantasia popolare, non sapendose identificare nella “chiesa del Diavo-lo la parrocchiale di San Giacomo oSanta Maria della rocchetta, finì perattribuire entrambe ad un interventosatanico.

iinarra una delle tante leggende, che

un tempo i Saraceni erano diventatipadroni di Gavi e che nel vecchio ora-torio di S. Giacomo avevano stabilitola sede del loro culto.

La popolazione di Gavi continuavaperò a frequentare la vecchia Pieve delLemme ove i canonici celebravanosolenni funzioni religiose, e disertaval’oratorio che, disadorno com’era, nonaveva alcuna attrazione sull’animo deicredenti.

il Diavolo, adirato per l’insuccessodel culto saraceno che favoriva quan-t’era il poter suo, volle, col fascino del-l’arte, accaparrarsi i credenti e in una

notte tenebrosa, tra l’ulular del vento eil rimbombo dei tuoni, con un colpodella sua magica bacchetta, feceimprovvisamente sorgere, sulle rovinedel vecchio oratorio, lo splendidotempio che possiamo ancora attual-mente ammirare.

i buoni Gaviesi però non abbocca-rono all’amo e continuarono a fre-quentare le funzioni della chiesa deipadri.

adirato, il Diavolo si portò ungiorno sul colle dirimpetto alla Pieve,sull’altra sponda del Lemme, per lan-ciare la sua maledizione, quando dallachiesa vide uscire, tra il suono di cantidolcissimi, una maestosa, divota pro-cessione.

Disperato per l’impotenza del suoblasfemo tentativo, con un possenteurlo di rabbia battè un tremendo colponella roccia, sprofondando con grandestrepito e frastuono nella profonditàdegli abissi infernali.

E ancora attualmente è dato osser-vare il punto preciso ove il Diavolodette la tremenda cornata ed una vastaimpronta circolare, sfumata all’incon-tro da un alone di colore cupamenterossastro, dà ancora il nome alla loca-lità, sinistra per notturni terrori, cheviene chiamata “U capé du Diavu”.

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La PiSCina CoMunaLe

La piscina di San Cristoforo, dallaforma curiosa e insolita, è stata unadelle ultime realizzazioni che hannopermesso di completare il CentroSportivo Comunale.

negli impianti c’è la possibilità dipraticare nuoto, tennis, pallavolo, pal-lacanestro, calcio, pattinaggio, oltreche il classico gioco delle bocce.

Un bar ben fornito rende piacevoleil soggiorno; sagre, tornei sportivi emanifestazioni ravvivano le serateestive sancristoforesi.

tradizioni e ManifeStazioni

La cadenza delle feste popolari, inun’alternanza di sacro e profano, rical-ca sia antiche tradizioni sia consolida-te usanze relativamente recenti.

i Sancristoforesi amano partecipa-re numerosi alla S. Messa della nottedi natale, per poi scambiarsi gli augu-ri ed andare ad ammirare il presepemeccanizzato, costruito del tutto arti-gianalmente nella locale sezione del-l’associazione nazionale alpini.

La sera precedente l’Epifania, nelpiazzale antistante la chiesa parroc-chiale, viene preparalo un grande falò,mentre dalla torre del castello scivola,sospeso nel vuoto, un fantoccio chebrucerà a contatto con le alte fiammesprigionate dalla pira incandescente,mentre al suono di squillanti campa-nellini, sopraggiungono due figurantiin costume da Befana che distribuisco-no calze ricolme di dolciumi a tutti ibimbi, mentre vin brulé e frittelle aiu-tano i presenti a sopportare più agevol-mente i rigori della serata invernale.

La prima domenica di giugno si

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Nella pagina a lato, incisioneraffigurante un corteo satanico

A lato, particolare del centrostorico (foto di Andrea Repetto)

In basso, veduta d’insieme delCentro Sportivo Comunale

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festeggia il patrono, San Cristoforo,con una processione lungo la via prin-cipale del paese, alla quale prendonoparte mezzi di trasporto di svariatanatura, dalle auto e moto d’epoca allevetture di servizio di Carabinieri. Poli-zia, Guardia di finanza, Vigili delfuoco, Corpo forestale, ProtezioneCivile, in virtù del fatto che il Santo èanche protettore degli autisti. Un rin-fresco attende i partecipanti nel piaz-zale accanto alla Chiesa Campestredell’annunziata, per l’occasione aper-ta al pubblico.

Luglio è ilmese di granlunga più densodi avvenimenti,per così dire,“mondani”: iprimi due finesettimana sonointeramente dedi-cati alla sagradegli “anlòti focia man”, presso ilCentro SportivoComunale, cherichiama da moltianni ormai, folteschiere di appas-sionati estimatorisia delle speciali-tà gastronomichetradizionali, siadei robusti vinidelle nostre colli-ne.

ii sediciluglio o la dome-nica immediata-mente successi-va, S. Cristoforoonora la Madon-na del Carmine,

alla quale tutti gli abitanti sono parti-colarmente devoti, con una solenneprocessione che si snoda per le stradedell’intero paese, abbellito in ogni suoangolo con frasche, piante, fiori e can-dide lenzuola ricamate Le donne pre-parano dolci, torte, focacce salate e leoffrono ai presenti nel parco del castel-lo.

in quella parte dell’anno consacra-ta alle ferie estive, agosto. San Cristo-foro offre ai suoi ospiti serate danzantied intrattenimenti vari, allestiti siadalla Pro Loco, presso il Centro Spor-

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tivo Comunale, sia dalla SaoMS, neilocali della sua tradizionale sede.

Si nutre, infine, una speciale vene-razione per S. Michele arcangelo e glisi dedica la prima domenica di ottobre,a conclusione della vendemmia, perringraziarlo del raccolto ottenuto e perpregarlo affinché renda altrettantobuono il vino che si produrrà. Polentae torte casalinghe vengono preparate eservite per l’intero pomeriggio, sino atarda sera, nelle cantine della CasaLunga.

PaSSeGGiando tra i BoSChi

Partendo dal centro storico si pos-sono effettuare numerose passeggiate:i sentieri sono in parte costituiti dalleantiche vie di comunicazione che col-legavano tra di loro cascinali, vigneti eboschi.

interessante è il percorso che daSan Cristoforo conduce a Parodi Ligu-

re, che si presenta sterrato ed è percor-ribile sia a piedi sia in mountain bike.Percorrendo questo itinerario, che siconclude nella località di San remi-gio, frazione di Parodi, si possonoammirare innumerevoli varietà dellaflora locale, tra cui querce, castagni,acacie, pioppi, nonché una particolarespecie di mughetto, dalle caratteristi-che veramente uniche.

tra la fauna locale, composta davolpi, daini, cinghiali, merli, colombied anatre selvatiche, non dimentichia-mo i caratteristici gam- beri dell’albe-dosa, animaletti in via di estinzione edunque protetti.

altra piacevolissima passeggiatatra i boschi, è quella che, salendo alMonte Paganone (326m.), conducealla «Grotta dei Partigiani», un anfrat-to calcareo naturale, utilizzato comenascondiglio durante la resistenza.Con una piccola deviazione, questotracciato consente di raggiungere ilSantuario della Madonna della Guar-dia di Gavi.

BiBLioGrafia

1) Una visita al castello di San Cri-stoforo, in «novinostra», anno i n°.2,novembre 1960

2) G.S.r.E., Val Lemme e i Gazzuo-li in «novinostra», anno Vi n°.3, set-tembre 1966

3) D.t. MorEno – G.P. MariSCot-ti, I confini del feudo di San Cristofo-ro in un diploma imperiale del XVII

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Nella pagina a lato,San Cristoforo, panorama

A lato, festa degli “Anlotifoci a man”

In basso, processione di Cristiper le vie del borgo

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secolo, in «novinostra», dicembre1967, marzo – giugno 1968

4) G. PiStarino, Castelli del Mon-ferrato Meridionale nella Provincia diAlessandria, Cassa di risparmio dialessandria, alessandria, 1970

5) a. fUMaGaLLi, Arte romanicanel territorio di Alessandria, in: a.fUMaGaLLi G. PiStarino, Dalla pievealla cattedrale nel territorio di Ales-sandria, C.r.a., alessandria, 1978

6) f. Conti G.M. taBarELLi,Castelli del Piemonte, Vol. ii, Gorlich,novara, 1978.

7) Due terre tra il Piemonte e laLiguria: Capriata d’Orba e San Cri-stoforo, ricerca a cura di della ScuolaMedia Statale «Giovanni XXiii» diCapriata d’orba, insegnante P.P. PoG-Gio, 1981.

8) C. fErrari, G. MaSUCCo, SanCristoforo, metamorfosi di un feudo,Università degli Studi di Genova,

facoltà di architettura, Corso di Storiadella città e del territorio, a.a.1999/2000

9) EMiLio PoDEStà’, Atti del notaioGerolamo Frascara (1547-1564), in:iD., Documenti per la storia dell’Ol-tregiogo Monferrino, ovada, accade-mia Urbense, 2000.

10) anDrEa SCotto, Storia delfeudo e degli abitanti di S. Cristoforo,s.l., s.e., s.d. (ma 2001).

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Questo volume, a cura dell’Accademia Urbense,

è stato impresso nel mese di Maggio 2002

dalla tipografia Ferrando s.n.c. di Molare

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