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rassegna dell’ordine degli avvocati di torino la P azienza Pubblicazione trimestrale - Spediz. in abb. postale 70% - Filiale di Torino- Anno XXIV n. 3 - 3° trimestre - 10138 Torino, Corso Vittorio Emanuele II 130 - Contiene I.P. SETTEMBRE 2007 96

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SETTEMBRE 2007 96

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DIRETTORE RESPONSABILE

Mauro RONCO

COMITATO DI REDAZIONE

Luigi CHIAPPERO

Anna CHIUSANO

Stefano COMMODO

Paolo DAVICO BONINO

Vincenzo ENRICHENS

Giulia FACCHINI

Silvana FANTINI

Pier Giuseppe MONATERI

Davide MOSSO

Elena NEGRI

Carlo PAVESIO

Manuela STINCHI

Filippo VALLOSIO

Romana VIGLIANI

Registrato al n. 2759 del Tribunale

di Torino in data 9 giugno 1983

IMPAGINAZIONE

Studio Beta - TO

FOTOCOMPOSIZIONE

Smile Grafica - TO

STAMPA

MARIOGROS - Torino

Per le riproduzioni pubblicate

su questo numero, si ringraziano

Elena Negri e Giulia Facchini

la Pazienzarassegna dell’ordine degli avvocati di torino

Editoriale

3 di Mauro Ronco

Foro culturale

5 Un avvocato, tante professionalità di Carlo Pavesio

8 Università e professione: un rapporto da consolidare di Paolo Montalenti

10 Avvocatura e Mercato di Alberto Musy

12 Mercato, sì… ma senza esagerare di Silvana Fantini

16 Avvocati e mercato: un quadro sconfortante e una scommessa per il futurodi Giulia Facchini

20 Il nostro mestiere è in crisi? Dipende da noi di Riccardo Rossotto

22 Marketing e Qualità: spunti e suggerimenti per sviluppare una strategiavincente e migliorare la performance dello Studio Legale di Giovanna Stumpo

28 Organizzazione e marketing per lo Studio Legale di Paola Parigi

30 Avvocati e informatizzazione di Roberto Macchia

32 Nuovi scenari, problemi e opportunità per l’avvocato di Stefano Commodo

34 Quale futuro per i giovani avvocati? di Stefano Altara

38 Appunti in tema di collaborazione strutturata tra la professione legalee altre professioni e attività di Fabio Alberto Regoli

Notizie e commenti

Dalla Fondazione

41 Magistrati e avvocati pittori di Oliviero Dal Fiume

Dalle Associazioni

42 Dall’Agat di Cristina Martinetti

Dai Collegi43 Puntualizzazioni di Piero Fioretta

Forum

45 Gli avvocati: identità e mercato

46 Ricordi

In copertina:Notifica di titolo esecutivocon contemporaneo atto di

precetto dei primi del 1900.Si ringrazia

Nico Vallosio

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Con gli scritti di questo numero, la Pazienza ha inteso farsipromotrice di un rinnovato dibattito sull’identità dell’avvo-cato. Non pochi colleghi, all’esito del Convegno svoltosinello scorso mese di aprile in ricordo della nobile figura diFulvio Croce, rilevarono la scarsa presenza giovanile all’im-portante evento e sollecitarono la redazione de la Pazienza adapprofondire i problemi della condizione legale, coinvolgen-do nella discussione i colleghi più giovani.

Su questa ispirazione è venuto costruendosi il fascicolodella rivista che sono lieto di presentare. Dall’insieme degliscritti affiorano due tendenze di fondo: per un verso, la con-vinta adesione di tutti gli intervenuti ai valori tradizionalidella professione forense, focalizzati soprattutto nello spiritodi servizio per la tutela dei diritti dei cittadini e nel rispetto deidoveri di competenza, indipendenza e riservatezza; per unaltro verso, il desiderio di partecipare con entusiasmo al pro-cesso di internazionalizzazione e di razionalizzazione chepervade l’universo delle professioni legali in tutti i paesi eco-nomicamente avanzati.

Se forse taluni scritti possono apparire molto sbilanciati inavanti, quasi a descrivere un mondo non del tutto corrispon-dente all’esperienza concreta della gran parte degli avvocatiitaliani, è presente tuttavia in tutti gli Autori il forte desideriodi reagire al rischio della marginalizzazione sociale ed eco-nomica dell’avvocato, la cui attività, secondo coloro che, sulpiano culturale, politico e mediatico, non amano gli avvocati,dovrebbe essere compressa nel settore strettamente giudizia-rio o procuratorio.

Senonché, se la protesta dell’avvocatura contro le misurepunitive dell’estate 2006 e il successivo plateale disinteressedella classe politica per la necessaria riforma della legge pro-fessionale si sterilizzasse nella contrapposizione frontale conil Governo, la nostra categoria sarebbe destinata a ulterioripesanti sconfitte e umiliazioni. Come, invece, è caratteristicadel buon combattente, convinti che la miglior difesa è l’attac-co, occorre che non indietreggiamo di fronte alle sfide dell’o-ra presente e affrontiamo con franchezza i problemi dell’ag-giornamento, della specializzazione e dell’innovazione pro-fessionale.

A chi accredita l’immagine falsa di un avvocato arroccatonella salvaguardia di interessi corporativi, va mostrata l’im-portanza cruciale della professione nella tutela dei diritti deicittadini, sottolineando non soltanto la nostra indispensabilitànel promuovere gli interessi delle fasce più deboli della popo-lazione, ma altresì la nostra capacità di risolvere con compe-tenza i problemi delle imprese che partecipano alla competi-zione economica nel cosiddetto mercato globale.

I contributi pubblicati manifestano con evidenza che gliavvocati non hanno timore dell’innovazione in ordine allemodalità pratiche di svolgimento della professione. Premesoprattutto a essi di mantenere la propria libertà e indipen-denza, come ben scrive Carlo Pavesio nell’intervento cheintroduce questo numero.

Il fascicolo è dedicato prevalentemente al settore civilisti-co e commercialistico, ove maggiore si appalesa la necessitàdi informatizzazione e di specializzazione: segnalo al riguar-do l’articolo di Roberto Macchia, ove è delineato l’impegnodel Consiglio dell’Ordine per favorire concretamente l’infor-matizzazione degli studi legali, allo scopo di renderli adegua-ti alla gestione del processo civile informatico, destinato adiventare operativo entro pochi anni su tutto il territorionazionale.

Ulteriori approfondimenti merita il settore penale. SilvanaFantini, in un articolo che critica acutamente alcune mode dete-riori invalse nel campo della pubblicità e del c.d. marketing,offre al riguardo importanti spunti di riflessione, mettendo inluce le problematiche, per certi versi più drammatiche, checaratterizzano oggi le difficoltà dell’avvocato penalista.

Di notevole rilievo, infine, è il contributo di PaoloMontalenti, ordinario di Diritto Commerciale nella Facoltà diGiurisprudenza di Torino. È frequente tra i colleghi l’osser-vazione relativa ai deficit formativi dei giovani laureati ingiurisprudenza. Indubbiamente all’alto numero di laureatinon corrisponde talora un adeguato grado di preparazione. Lasciagurata riforma del 3+2, per fortuna ora sostituita con ilnuovo percorso 1+4, ha certamente provocato danni diffusialla formazione dei giovani. Eppure – come sottolineaMontalenti – non mancano le vie affinché Ordini professio-nali e Facoltà, rafforzando la collaborazione reciproca, sioppongano al degrado della preparazione media dei laureati,approfittando della nuova sfida dei crediti formativi obbliga-tori, soprattutto per promuovere la conoscenza di settorinuovi del diritto.

Questo fascicolo de la Pazienza mancherebbe al suoobiettivo se non favorisse il coinvolgimento dei colleghi,specie di quelli più giovani, al comune approfondimento deiproblemi relativi all’identità dell’avvocato e all’esigenzadella formazione, della specializzazione e dell’innovazione.Per conseguire questo scopo la redazione de la Pazienza hadeciso di convocare un Forum di discussione e dibattito, chesi terrà nei locali dell’Ordine il 21 novembre prossimo, coninizio alle ore 12.00, di cui verrà data adeguata pubblicità atutti i colleghi.

Mauro Ronco

la Pazienza

Editoriale

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5la Pazienza

“Le rapidissime trasformazionistrutturali dell’economia mon-

diale nei primi anni del nuovo millen-nio hanno radicalmente mutato la natu-ra della globalizzazione del mercato”.Così inizia il Dodicesimo Rapporto sul-l’economia globale e l’Italia – A caval-lo della tigre – del Centro Einaudi e diLazard, edito nel giugno 2007 a cura,fra gli altri, dei proff. Mario Deaglio ePier Giuseppe Monateri, da cui vogliotrarre spunto per queste considerazioni.

Alcuni dati del Rapporto spieganomeglio quanto succede davanti ai nostriocchi.

È un fatto che il 2005-2007 ha vistouna forte riduzione della capacità degliStati Uniti di incidere sulla situazionepolitica-militare del mondo. Ma non solo.

Nel 1997 sei utenti su dieci diInternet erano nord-americani, nel 2007gli utenti sono circa 1.100 milioni dipersone, un abitante su sei del pianeta ei nord-americani sono soltanto due sudieci. L’Asia è in cima alla lista conoltre un terzo degli utenti. L’inglese èancora la lingua prevalente su Internetma con solo un terzo dei siti globali,secondo è il cinese e terzo lo spagnolo.Nella classifica dei motori di ricercadopo i tre “classici” americani (Yahoo,Microsoft Network e Google) si trova ilcinese “Baidu”, ai più sconosciuto. Nelfebbraio 2007 il numero di telefoni cel-lulari in Cina aveva superato il mezzomiliardo, in Brasile era di cento milionisu una popolazione di 190 milioni.

La domanda di governance mondia-le multilaterale è più forte ma in presen-za di una nuova potenza mondialeormai alle porte – la Cina – che chiederàuna rappresentanza “adeguata”.

Nelle acque dello Stretto di Malacca(tra Singapore e l’Indonesia) transita il40% del commercio mondiale!!!, oltre50.000 navi mercantili ogni anno. Il

prof. Deaglio sottolinea la delicatezzadella situazione per il mondo interodovuta alla concomitanza di quattro fat-tori presenti: a) la presenza di pirati; b)la minaccia terroristica; c) il dilemmadella sovranità dei paesi rivieraschi; d)la divergenza degli interessi dellepotenze marittime.

Hu Jintao in Cina, Sonia Gandhi inIndia e Ignacio Lula in Brasile fannomolta attenzione a gestire la continua eimpressionante crescita del loro Pilsenza interferire troppo nei meccanismiche hanno portato alla prosperità anchea costo dei più poveri, ma in Cina si èdata notizia ufficiale che nel 2005 cisono state 87.000 manifestazioni “vio-lente”. La Cina e la Nigeria hanno isti-tuito un collegamento aereo tre voltealla settimana da Pechino a Lagos e l’e-spansione della presenza finanziariadella Cina in Africa è in costante visto-so aumento.

Se in tutta l’area Ocse si usasseroautomobili di ultima generazione ilrisparmio di carburante sarebbe pariall’intera produzione di petroliodell’Arabia Saudita! Se gli americaniregolassero il riscaldamento e l’aria con-dizionata secondo standards europei siavrebbe un risparmio energetico pari acirca il 15% dei consumi mondiali!

Il modello economico vincente diNicolas Sarkozy parla di un mix di“Europa della patrie”, di “Europa dellegrandi imprese” e di “Europa dei gover-ni” ma certamente non si ferma allaFrancia (ben due italiani sono consi-glieri economici del presidente france-se), e il Ministro dell’economia france-se è Christine Lagarde, guarda caso, unnoto avvocato già managing partner diuno dei più grandi studi internazionali,Baker & McKenzie. La Scandinavia sidistingue per creatività e innovazione:Linux, il software libero, Metro la

società leader di free press, Skype cherivoluziona il modo di telefonare pernon parlare di Nokia o del modello Ikeaormai esportato nelle più diverse appli-cazioni, hanno tutti origine scandinava.Dall’altra parte del mondo in Polinesia,parte Wikipedia, la straordinaria enci-clopedia “spontanea” del web cheannovera a oggi 250 mila collaboratori,oltre 250 edizioni in lingue diverse el’edizione inglese consta di 1.700.000voci (interessante che siano presentioltre 12 mila voci in latino e ben 5 milavoci in piemontese)!

I servizi finanziari occupano in GranBretagna oltre due milioni di persone. Ifondi di private equity (a volte denomi-nati fondi avvoltoio o fondi locuste) cheraccolgono capitali privati stannodominando l’economia anche a scapitodelle borse mondiali; è di questi giornila crisi dei subprime negli Stati Uniticon effetti pesanti in tutto il mondo eche con ogni probabilità si porterà die-tro oltre a pesanti perdite per i rispar-miatori un’ondata, anche in Italia, dicontenziosi bancari. Mai forse pensava-mo di attendere con tanta ansia le deci-sioni della Fed o della Banca CentraleEuropea per sapere come difendere inostri risparmi o programmare i nostriinvestimenti.

Il prof. Monateri sottolinea che si haoggi un ordine giuridico mondiale cheoltrepassa sia il diritto pubblico sia ildiritto internazionale, sostanzialmentegovernato dai nuovi attori che sono ilG8, il Wto, il Fondo MonetarioInternazionale e la Banca Mondiale. Aciò si accompagna una precisa tendenzaverso una privatizzazione delle fontidel diritto, e aggiungo, verso unagestione privatista del contenziosocommerciale. La competizione trasistemi giuridici di common law e civillaw non interessa solo gli accademici

Foro Culturale

UN AVVOCATO, TANTE PROFESSIONALITÀ

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ma ha delle conseguenze ben precisesul nostro agire quotidiano in quanto isistemi che tutelano meglio – anchesotto il profilo della selezione dei giudi-ci, della loro indipendenza e meritocra-zia – i diritti di proprietà finiranno peressere considerati più affidabili da unmondo caratterizzato da investimentiglobali a discapito dei paesi che nonadotteranno tali istituti. Non dissimile,nell’elezione del foro competente siprivilegeranno, laddove possibile, luo-ghi come Torino che, come ci ha ricor-dato di recente il Governatore dellaBanca d’Italia, ha dimostrato che è pos-sibile coniugare garanzia di giustizia etempi equi.

Altre due recenti notizie.Lo studio australiano Slater &

Gordon si è quotato dallo scorso mag-gio all’Australian Stock Exchange; conla quotazione ha raccolto 35 milioni didollari australiani (circa 21 milioni dieuro) e nella semestrale 2007 ha indica-to un fatturato pari a 61.9 (circa 37milioni di euro) milioni di dollariaustraliani, di cui il 66% provenientedagli studi presenti nello stato diVictoria (uno stato, con capoluogoMelbourne, circa 5 milioni di abitanti,di poco superiore al Piemonte). Un fat-turato di tutto rispetto ma di molto infe-riore a quelli dei due maggiori studi ita-liani che hanno indicato volumi di affa-ri consolidati abbondantemente oltre i100 milioni di euro. Dal prossimo annoanche gli studi inglesi potranno chiede-re l’ammissione alla quotazione inconformità al recente Legal ServicesBill (e i molti studi inglesi con studianche in Italia?).

Negli Stati Uniti, nell’Ohio, un giu-dice ha fatto arrestare l’avv. BrianJones, perché “impreparato”(!!!). Ilmalcapitato collega si è presentato a unprocesso impreparato chiedendo un rin-vio, giustificandosi dicendo che erastato nominato difensore di ufficio sol-tanto il giorno prima. Il giudice è statofermo e ha fatto arrestare il collega per“oltraggio alla corte”; soltanto dopocinque ore di prigione è ritornato inlibertà.

Infine ci è stato detto che in Italia iservizi legali rappresentano circa 11,6miliardi di euro, circa l’1% del Pil.

Questa lunga serie di dati, riportati inmodo disordinato, vuole solo richiamarel’attenzione che tutti dobbiamo avere anon esasperare interessanti dibattiti sulla

natura del mercato, sull’attività diimpresa o meno degli studi legali, suglistudi grandi contro i piccoli (molto chia-ro sul punto il contributo di FabioAlberto Regoli su la Pazienza di Giugno2007), sulla concorrenza o le tariffe oaltre diatribe che se anche portasseroragione – e non credo – a chi teme ognipossibile “contaminazione” con concetticome interprofessionalità e internazio-nalità, mercato e clienti, efficienza e red-ditività, sarebbero inevitabilmente spaz-zate da un mondo in continuo rapidomovimento che fermo non sta e che a chisi chiama fuori promette solo “stagna-zione ed emigrazione”.

Cosa ci dicono questi fatti.Ci aiutano e ci impongono di legge-

re il mondo per quello che è e non perquello che vorremmo che fosse.

Ci dicono quello che l’avv. FranzoGrande Stevens ha scritto su Il Sole 24ore del 24 luglio 2007: “l’avvocato è,più degli altri, figlio del suo tempo,anzitutto consapevole che l’economiaprecorre il diritto. Ed è mutata profon-damente. Le imprese sono sempre piùtransnazionali ... con il mercato plane-tario sono cadute le barriere del merca-to finanziario e della comunicazione”.Nel dibattito del giornale il 27 luglio ilprof. Antonio Gambaro aggiungeva:“Non vi sono molti modelli del passatoda imitare in quest’epoca di velocimutamenti ... il professionista oggi nonpuò vivere di ricordi: si forma e siaccultura nell’esercizio della professio-ne; ma vi deve giungere con un baga-glio di conoscenze linguistiche e cultu-rali adatte al mondo globale in cuivivrà”, e ancora sottolineava: “È diffi-cile fare previsioni salvo una: il mondoeconomico e sociale sarà sempre piùintessuto da regole giuridiche e per leprofessioni legali non c’è alcuna avvi-saglia di tramonto”.

Mai dichiarazione mi trovò più con-corde, specie per la motivazione “Ilnumero degli avvocati, si dice, è ecces-sivo. Questo è vero se si pensa all’av-vocato come al patrono di liti e contro-versie. ... L’attuale popolazione diavvocati può sopravvivere solo sesmette di pensare che la lite sia l’unicafonte di guadagno e prestigio e inizia aconcepire la professione di avvocatocome servizio volto a rendere menodisagevole la vita altrui”.

Condivido appieno questa indicazio-ne che non è solo di ottimismo e di chia-

ra risposta alle tante cassandre che forsecercano in presunte nuove condizionil’alibi per le loro difficoltà, ma perché èun’affermazione che è realista e chetrova conferma quotidiana.

A una condizione. La indicherò.

Tale affermazione è ancor più vera seriferita alla nostra macro regione, laPianura padana, che rappresenta il 58%del Pil nazionale e il 22% di quello euro-peo con certamente al centro del pendo-lo Milano ma con una crescente impor-tanza del Nord Ovest e di Torino, ancoraoggi sede del più grande gruppo indu-striale italiano e del primo polo bancarioitaliano. Un’area che ha la fortuna diconiugare importanti e stabili presenzeindustriali con la crescente affermazio-ne, come in tutta Europa, dell’economiadei servizi con un mondo delle profes-sioni sempre più visibile ed attore. Sipensi ai ruoli dei banchieri privati, fondidi investimento, consulenti finanziari,auditors, consulenti immobiliari, ... enaturalmente gli avvocati.

Tra le professioni quella forense è lapiù rappresentata in tutti i parlamentidella Ue, in tutte le istituzioni nazionalie internazionali, in tutti gli organiamministrativi delle imprese: non c’èfatto, o evento che direttamente o indi-rettamente non abbia come protagoni-sta un avvocato.

Basta aprire i giornali.È tendenzialmente crescente – con

qualche altalena – il numero degliiscritti a giurisprudenza – perché è unabellissima professione – ma anche per-ché c’è una percezione diffusa e credogiusta che lo spazio per la nostra pro-fessione, proprio per i motivi sopradetti sia più ampio.

Riprendendo alcuni pensieri che hogià espresso ritengo che la domanda di“avvocati” sia oggi crescente ancheperché è più facile “fare” l’avvocatooggi di ieri; è più difficile “essere”avvocato oggi che ieri.

Credo che tutti concordiamo che nonesiste più l’avvocato bensì esistono tantiavvocati che hanno professionalitàdiverse e che hanno bisogno di cono-scenze e strutture organizzative diffe-renziate, così come non esiste più ilmedico ma tanti medici con diverse spe-cializzazioni. Tra un civilista o unamministrativista e un penalista c’è la

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stessa differenza che c’è tra un medicodiagnostico e un chirurgo, e tra civilistiche svolgono attività contenziosa o atti-vità stragiudiziale, c’è la stessa differen-za che c’è tra un cardiologo e un radio-logo, e tra civilisti che si occupano diimprese o di diritto di famiglia c’è lastessa differenza che c’è tra un ortopedi-co e un gastroentorologo e via dicendo.

Tutto ciò per dire che lo spazio peresercitare la nostra professione si èstraordinariamente ampliato in propor-zione al grado di specializzazione e allenuove professionalità che il mondo checi circonda ha richiesto e di cui ha favo-rito l’affermazione.

Le opportunità quindi ci sono e nonsono poche. Per ogni esame universita-rio si possono declinare probabilmente3 o 4 professionalità diverse all’internodello stesso corso.

“Fare” l’avvocato oggi è più facilenel senso che ci si può permettere quel-lo che ieri era un grande lusso: la spe-cializzazione; inoltre, con l’informati-ca, la barriera all’entrata rappresentatadal capitale necessario per iniziareun’attività in proprio si è sostanzial-mente ridotta.

Esiste, per fortuna, ed è più alta, unasola barriera all’entrata – e l’impegnodi tutti deve essere di far sì che rimangaalta – ed è la preparazione, in un mondoche sotto questo profilo è diventato piùcompetitivo. Questa è la condizione acui accennavo prima. Sotto certi profiliè però una barriera “facile” – bastavoler studiare e lo studio oggi è piùaccessibile di ieri.

“Essere” avvocato è però più diffici-le. Perché se è vero che non esiste piùl’avvocato ma tante professionalità diavvocati, così come non esiste più ilmedico ma tanti medici è assolutamen-te vero che esiste pur sempre un giura-mento di Ippocrate unico per tutti e perl’avvocato questo giuramento com-prende l’adesione a tre principi e obbli-ghi che rappresentano l’essenza dellanostra professione:

(a) Competenza: la conoscenza dellalegge è indispensabile – ed è una leggepiù ampia non solo nazionale, che pernoi vuol comunque dire europea, mache per alcune professionalità ha confi-ni più estesi (si pensi al settore finanzia-rio) – ma comunque non più sufficien-te, perché il nostro ruolo è molto piùampio di un mero tecnico. Il parere pro

veritate esiste ancora ed esisterà sem-pre ma sempre più raro e lusso di sem-pre meno. Il nostro ruolo è di accompa-gnare la persona – vuoi che sia sola conproblemi famigliari, successori o dilavoro, o imprenditore con tutte le pro-blematiche tipiche del fare impresa orappresentante di un’istituzione banca-ria o assicurativa o altrimenti – in uncammino di conoscenza dei fatti e diconsapevolezza delle conseguenzemolto più ampio perché soltanto conquesta pienezza di informazione la per-sona – il Cliente – potrà assumere unadecisione.

(b) Indipendenza: la libertà di accetta-re o rifiutare o di dismettere un mandatoè forse la più grande libertà che un pro-fessionista possa avere; è la più ampiadimostrazione di avere il controllo delproprio lavoro, ma è una libertà checosta cara e a cui si deve essere pronti asacrificare molto e a impostare neltempo coerentemente la propria vita pro-fessionale; implica non soltanto l’assen-za di conflitti tra i vari mandati ma un’in-tegrità e obiettività che permetta quellalibertà da condizionamenti, anche psico-logici, di poter in ogni momento fare sìl’interesse del cliente ma di questo nonesserne suddito.

(c) Riservatezza: forse a nessuna pro-fessione è conferito più ampio potere diconservazione della segretezza (forsesolo al confessore); tuteliamo questonostro privilegio che impone però unalto obbligo di lealtà, senza compromes-

si anche con le ribalte di visibilità ditempo in tempo più di moda.

Tante professionalità quindi ci offre ilmondo di oggi con un accesso non diffici-le se la volontà non difetta. Una ricchezzagiuridica e culturale da cui tutti possiamosolo trarre benefici e apprendimento; ilnostro compito è di farla conoscere efavorirne l’accesso ai volonterosi, perevitare il maggior pericolo che abbiamo:la perdita dei migliori talenti.

Guai se questi lasciano il nostro ter-ritorio a favore di altri luoghi più abili acomunicare e ad adattarsi a una realtà incontinuo movimento. Non permettiamoche ciò continui, discutiamo e proget-tiamo un miglior modo di stare insiemee non perdiamo tempo a rincorrere unpassato che francamente interessapoco. Chi non accetta questa bellissimasfida temo che rischi “stagnazione edemigrazione”.

Tante professionalità, tutte più chebenvenute, sempre però un solo avvoca-to i cui doveri e diritti sono quelli del giu-ramento iniziale, perfettamente compa-tibili con il mondo globale, ma che nonaccettano compromessi o scorciatoie edella cui osservanza primo giudicesaranno proprio quegli stessi clienti a cuisi rivolgono i nostri sforzi perché lacompetenza, l’indipendenza e la riserva-tezza sono gli ingredienti - tutti necessa-ri - del vero patrimonio che un avvocatoha e da cui nessuno, se non se stesso,potrà spogliarlo: la credibilità.

Carlo Pavesio

Cina: mercato di Lijiag nello Yunnan

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8la Pazienza

1. - La Facoltà di Giurisprudenzadovrebbe, principalmente, prepararealle professioni legali avvocati, primadi tutto, per ragioni quantitative, e inol-tre magistrati, notai, giuristi d’impresa.

Da sempre forgia, in realtà, profili pro-fessionali più diversificati: diplomatici,funzionari pubblici, dirigenti bancari eassicurativi, manager industriali, colla-boratori di organizzazioni comunitarie

e internazionali, esperti commerciali ecosì via.

Il modello c.d. del 3+2 ambiva a for-mare professionalità minori ma l’espe-rienza è stata fallimentare: piùdell’80% degli iscritti prosegue oltre lalaurea triennale, tappa intermedia diincerta utilità e ora, con l’introduzionedel sistema 1+4, sostanzialmenteabbandonata. Le ragioni dell’insucces-so: la scarsità di sbocchi sul mercato dellavoro, da un lato; l’assenza di una sele-zione rigorosa, dall’altro lato.

L’Europa, si dirà, conosce i diplomibrevi; ma, si dimentica, conosce anchemeccanismi selettivi via via più severicon il progredire dei livelli di forma-zione.

La Francia ne è esempio paradigma-tico, proprio nel nostro settore: gliavvocati sono circa 40.000, tanti quantinel Lazio (in Italia sono circa 160.000).

I finanziamenti pubblici alla Facoltàcorrelati al numero degli studentiincentivano l’abbassamento del livellodegli studi, degli accertamenti, dellapreparazione.

Il meccanismo dei crediti ha irrigidi-to il sistema. Ferma restando l’esigenzadi mantenere percorsi formativi “cultu-rali” (storico, romanistico, filosofico,comparatistico), bisogna rafforzare ipercorsi professionali, ritornando agli“indirizzi” (privatistico, commerciali-stico, penalistico, amministrativistico),e favorire, nuovamente, la libertà discelta degli studenti nell’ambito di essi,anziché fossilizzare il sistema in rigideripartizioni tra materie pressoché intoto obbligatorie, frutto più di media-zioni che di scelte culturalmente moti-vate.

2. - Gli Ordini professionali hannospesso nutrito una immotivata diffi-denza o, addirittura, una vera e propria

UNIVERSITÀ E PROFESSIONE: UN RAPPORTO DA CONSOLIDARE

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ostilità verso l’Università, rivendican-do, per esempio, l’“esclusiva” sullaformazione professionale: si pensi allebattaglie di alcuni anni or sono delConsiglio Nazionale Forense in questadirezione.

La risposta istituzionale è stata, amio parere, non del tutto appropriata: leScuole di specializzazione per le pro-fessioni legali, per esempio, suscitanoperplessità in chi vuole accedere allaprofessione forense, per il notevoleimpegno di frequenza richiesto, chepuò rendere problematico lo svolgi-mento della pratica. La Scuola torinese,per il vero, ha profuso molti sforzi orga-nizzativi per compensare questo limitecon la qualità del servizio.

3. - Il Consiglio dell’Ordine e laFacoltà di Giurisprudenza torinesi rap-presentano un’esperienza positiva dicooperazione, di integrazione, discambio reciproco che può, anzi deve,essere rinnovata, corroborata e intensi-ficata.

A un periodo ormai lontano di sepa-ratezza, è seguita una fase di proficuacollaborazione. Oltre alla Scuola diSpecializzazione, di cui ho dettopoc’anzi, ricordiamo la ScuolaForense, retta da strutture “paritetiche”e frequentata da oltre 400 praticantiogni anno; i Convegni sulle grandinovità legislative (penso ai cicli diincontri su La Riforma del diritto socie-tario e su la Riforma del diritto falli-mentare); i Seminari presso laFondazione Croce; la CameraArbitrale, in cui sono presenti Ordiniprofessionali, avvocati, dottori com-mercialisti, notai, professori universita-ri; la collaborazione accademica a laPazienza; i contributi di tanti giovaniavvocati alle Riviste giuridiche (daGiurisprudenza Italiana a Giuri-sprudenza Commerciale, al NuovoDiritto Societario): ecco le testimonian-ze concrete di un robusto tessuto con-nettivo tra Università e professione,proficuamente articolato in forme direciproco scambio e di collaborazione.

Il cammino aperto deve essere man-tenuto e consolidato, in particolare afronte dei processi di profonda trasfor-mazione che il diritto e le professionilegali stanno attraversando.

4. - Ordini e Facoltà devono mirare atre obiettivi di fondo: la conoscenza delnuovo, la qualità delle prestazioni pro-

fessionali, la correttezza dei professio-nisti.

Il diritto è, nell’ultimo trentennio,profondamente mutato.

Il diritto comunitario è oggi, a pienotitolo, diritto interno; la globalizzazio-ne delle regole non è formula di stile madiritto vivente (si pensi ai mercatifinanziari); la trasformazione normati-va processo sempre più rapido, anziincessante: l’aggiornamento e la spe-cializzazione costituiscono, dunque,sotto questo profilo, il futuro della pro-fessione.

Le contrapposizioni antinomichetra legal firm e studio tradizionale rap-presentano, a mio parere, un problemamal posto. Entrambe sono forme,diverse, di esercizio della professioneche coesistono e continueranno a coe-sistere in tutti gli ordinamenti, cosìcome coesistono grande e piccolaimpresa. In entrambi i modelli di eser-cizio della professione la qualità del“servizio” o della “prestazione” pro-fessionale rappresentano la garanziadel successo.

I settori nuovi del diritto sono semprepiù numerosi: dal diritto dei mercatifinanziari alle nuove frontiere del dannoingiusto, dalla contrattualistica interna-zionale all’arbitrato, dal diritto dell’am-biente al diritto delle Authorities, dalnuovo diritto del lavoro al diritto del-l’informatica, molteplici sono i campi incui i giovani, pur sempre curando unasolida e indispensabile formazione dibase giudiziale e stragiudiziale, possonoutilmente costruirsi un percorso tecnica-mente qualificato in cui emergere.

5. - Impressionante è, invece, nellarealtà, la carenza di preparazione: para-dossale la ricerca, spesso affannosa, daparte degli studi professionali, di prati-canti mediamente bravi (con un punteg-gio di laurea superiore a 105/110), purnel lamentato (fino all’ossessione)eccesso di laureati.

Sorprendente, nella realtà, la scarsaconoscenza della lingua inglese, stru-mento ormai indispensabile, quantomeno in ambito privatistico, nonostantele opportunità offerte (si pensi al pro-gramma Erasmus).

Sotto questo profilo l’Universitàdeve analizzare seriamente le proprieresponsabilità nel non opporsi con suf-ficiente fermezza, in generale, aldegrado della preparazione media deilaureati e, in particolare, nel non favo-

rire in misura adeguata l’insegnamen-to e la frequenza delle materie piùinnovative.

Gli Ordini devono avviare una rifles-sione sul necessario rigore della sele-zione agli esami di avvocato.

6. - Gli Ordini professionali devonoaltresì essere più coraggiosi verso l’in-novazione, approfittando, per esempio,della nuova sfida dei crediti formativiobbligatori, per favorire la conoscenzadi settori nuovi del diritto.

Penso, per esempio, all’arbitrato,istituto ancora fortemente sottovalutatonel nostro Paese, nonostante che i limi-ti e le lentezze della giustizia togatasiano quotidianamente denunciati inogni sede.

Preparazione giuridica e qualitàdella prestazione professionale, dun-que: ma il “terzo pilastro” della profes-sione è il rispetto delle regole diDeontologia. Anche in questo campoOrdini e Facoltà devono incrementare ipropri sforzi.

Gli Ordini, abbandonando polemi-che un po’ rétro, qual è la diatriba sullapubblicità, dovrebbero rafforzare inve-ce i controlli sulla qualità delle presta-zioni professionali, sul rispetto dellariservatezza, sul divieto di agire in con-flitto di interessi e sulla rigorosa osser-vanza delle incompatibilità.

Nella Facoltà di Giurisprudenza laDeontologia è sconosciuta: accanto ainumerosi insegnamenti complementa-ri, non sempre di evidente utilità, uncorso in questa materia dovrebbe esseresicuramente attivato.

7. - Formazione giuridica solida erigorosa, selezione seria ed equilibrata,robusta pratica giudiziale e stragiudi-ziale di base, forte specializzazione,conoscenza delle lingue e dei dirittistranieri, rispetto delle regole deontolo-giche sono, a mio parere, le linee diret-trici che dovrebbero far convergereFacoltà di Giurisprudenza e Ordini pro-fessionali verso il comune obiettivo diformare professionisti aperti allamodernità e, nel contempo, saldamenteancorati ai principi tradizionali checaratterizzano la professione dell’avvo-cato.

Ricordando che la democrazia siregge sulla meritocrazia e che compor-tarsi secondo correttezza è, anche, unbuon affare.

Paolo Montalenti

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L’ inserto Economie di Le Figarodella prima domenica di set-

tembre dedicava un’intera pagina allafuga dei migliori avvocati francesidagli studi nazionali a quelli anglo-americani. Dei primi venti studi diFrancia per fatturato solo tre studinazionali reggono la concorrenza,tutti gli altri si vanno via via assotti-gliando nei numeri o fondendo constudi internazionali. La causa princi-pale di questa emorragia di cervelli,riportava l’articolo, è determinata dalfatto che il salario dei giovani avvoca-ti d’affari negli studi di origine anglo-sassone è generalmente il doppio diquelli degli studi francesi. La politicadi remunerazione più generosa riducela differenza tra senior e junior part-ners degli studi e assicura una mag-gior coesione interna allo studio ridu-cendo la tentazione di fare da sé nonappena si è raggiunta una certa noto-rietà presso la clientela.

Chi scrive condivide l’insegnamen-to di chi sostiene che il modello isti-tuzionale non è indifferente rispetto alsuccesso delle organizzazioni, sianoesse organizzazioni private, pub-bliche, commerciali o professionali[O. E. Williamson, “OrganizationForm, Residual Claimant, and Cor-porate Control”, in Journal of Law andEconomics, vol. XXVI, n. 2, pp. 351-366; S. Macaulay, “Non-ContractualRelations in Business: A PreliminaryStudy”, in Granovetter e Swedberg (acura di), The Sociology of EconomicLife, Oxford, 1992 (1ª ed. 1963)].

Anche in Italia assistiamo al feno-meno di cui riferisce il quotidianotransalpino. L’avvento di studi legalistranieri nel nostro paese ha indottoalcuni studi legali italiani a intrapren-dere la strada della ristrutturazionedella loro organizzazione interna inossequio ai modelli di competizioneinternazionale.

La competizione sul mercato globa-

le non avviene lasciando intatto ilmondo delle professioni; gli studi lega-li italiani ed europei stanno vivendoadesso quello che è avvenuto inAmerica tra gli anni Ottanta e Novanta.Il mercato delle professioni legali staassumendo una dimensione globale inconseguenza dell’accentuarsi dell’in-ternazionalizzazione delle imprese. Lastruttura delle law firms muta in osse-quio ai modelli manageriali di organiz-zazione delle imprese. Gli Stati Unitid’America hanno sviluppato per primila necessità di una presenza capillare distrutture professionali in grado di assi-stere le imprese nei singoli Stati o inquelli più importanti (New York,Illinois, California). Sulla scorta diquanto è avvenuto al di làdell’Atlantico, in Europa si va svilup-pando un sistema integrato di studilegali.

Sull’esempio delle grandi law firmsamericane, anche da noi si assiste a unatendenza alla specializzazione in campie settori sempre più ristretti, intessendouna serie di rapporti relazionali con altrispecialisti in modo da offrire ai clienti(in particolare: aziende, società) unapiù ampia gamma di servizi altamentequalificati. Per riprendere l’immagineutilizzata dall’editore di The AmericanLawyer, Steven Brill, gli studi legaliche avranno maggior successo nei pros-simi anni saranno costituiti non da ungruppo di professionisti con competen-ze generiche, ma da un gruppo di spe-cialisti che per soddisfare le esigenzedei clienti dovrà superare le 500 unità.

La causa di quest’ultimo fenomenoè sicuramente da rinvenirsi nell’au-mento del numero degli uffici legali inseno alle corporations: disponendogià al loro interno di avvocati che sioccupano delle varie questioni giuridi-che, le aziende sono diventate piùselettive nella scelta dello studio lega-le esterno al quale chiedere una consu-lenza.

Ciò ha comportato, innanzi tutto,uno spostamento di competenze, percui gli studi legali si sono rivolti a queisettori del diritto che venivano trascu-rati dagli uffici legali interni alleaziende, o perché di particolare com-plessità tecnica, o perché antieconomi-ci, vista la loro rara incidenza nei casiconcreti.

Una diretta conseguenza di questaevoluzione è rappresentata dalla diver-sa natura dei rapporti tra studi legali eclienti: se prima si caratterizzavano perla loro ampiezza e durata, oggi sonomeno esclusivi e più orientati a unaconsulenza specifica.

La modernità è caratterizzata dalsopravvento dell’economia rispettoalla politica, cui deve aggiungersi laportata globalizzante del progressotecnologico e scientifico, linfa vitaledel capitalismo moderno, che mettesempre più imprese in condizione dioperare in un mercato senza confininazionali o geo-fisici [R. Mullerat,Globalisation of the World,Globalisation of Law, Globalisation ofLawyers, Globalisation of Firms, TheFellows of the American BarFoundation, Forum of InternationalLegal Practice, San Diego, California,atti dell’intervento del 18 febbraio2001; Id., The Practice of Law in2010, 45° Congresso UnioneInternazionale degli Avvocati, Torino,atti dell’intervento del 29 agosto2001].

In questo modello, alla figura del-l’avvocato tradizionale si affianca quel-la di un superavvocato con caratteristi-che molto diverse. Al professionistadotato di notevole prestigio e potere, ilcui sapere e le cui tecniche sono stateacquisite attraverso un addestramentospecifico (lo studio del diritto e delleargomentazioni legali), si aggiunge unnuovo modello di professionista, con-centrato più sui risultati finali del pro-prio operato che sulla corretta costru-

AVVOCATURA E MERCATO

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zione del proprio argomentare [D.Clark, “A Comparative Look at theRoles, Functions, and Activities ofLawyers”, in J. J. Barcelò e R. C.Cramton, Lawyers’ Practice andIdeals: A Comparative View, L’Aja1999, p. 22]. Ma, soprattutto, si assistealla nascita di colossi della consulenzalegale la cui importanza va via viaaumentando, fino a farli assurgere anuovi centri di emanazione di saperegiuridico, di produzione di soluzioni, dimodelli e di regole del diritto. I super-avvocati stanno creando un nuovo tes-suto di esperti chiaramente in concor-renza con i tradizionali formanti deldiritto nella determinazione delle lineeevolutive dei sistemi giuridici della tra-dizione occidentale.

La pratica legale in Italia si è sem-pre basata su una conduzione di tipounipersonale, piccoli uffici dove gliavvocati lavoravano in stretto rappor-to con il cliente, padrone e amico almedesimo tempo. Le fortune dell’av-vocato sono spesso collegate a quelleimprenditoriali dei clienti di riferi-mento. È stato stimato che, ancoroggi, il 97% degli studi italiani nonconta più di tre soci e che i professio-nisti che operano da soli continuano aoccupare una parte importante delpanorama legale del nostro Paese. I160.000 avvocati italiani, che allafine di quest’anno saranno molto pro-babilmente 170.000, lavorano soli oin coppia, fanno in misura prevalenteun lavoro connesso all’attività giudi-ziale e il loro comprensibile obiettivoprofessionale è quello di fare piùcause che possono; la maggior partedi loro si è formata nel periodo che vadal 1980 a oggi. Hanno ricevuto unaformazione universitaria molto pocoattenta agli aspetti pratici dellaprofessione forense e perlopiù dedi-cata allo studio di spaccati dell’evolu-zione dottrinale in materie molto spe-cifiche.

Nessuno di questi ha ricevuto uncorso di negoziazione (le tecniche diRaiffa e Fisher), nessuno ha affronta-to un corso di tecniche dell’interroga-torio o più semplicemente di tecnichedi redazione di un parere o di unamemoria, qualcuno ha sostenutoesami in cui si impartiva qualche ele-mento di analisi economica del dirit-

to, qualcun altro, magari per l’eroi-smo del docente, ha partecipato aduna “moot court” (simulazione di unprocesso).

Per la stragrande maggioranza l’en-trata in uno studio legale è la scoperta diun mondo completamente nuovo. Inumeri sono tali per cui è molto diffici-le prevedere se, all’interno dello studiopresso cui ciascuno ha fatto pratica, sisiano impartite quelle tecniche prati-che, quelle regole comportamentali(l’educazione si darebbe per acquisita)e quelle competenze professionali cheformano il vero know how di ogni pro-fessione e che determinano la capacitàdi sopravvivenza della professionemedesima.

Oggi l’avvocato ha assunto ruolidiversi da quelli tradizionali, o daquello che la tradizione forense piùautocompiaciuta ci ha tramandato. Danobile mediatore tra le ragioni dei pri-vati e le esigenze dell’autorità costi-tuita, da custode delle tecniche dellainterpretazione giurisprudenziale, sitrova a essere a un tempo imprendito-re di se stesso, promotore, consulente,mediatore culturale di fronte alla plu-ralità delle fonti normative autoritati-ve (nazionali e internazionali) e per-suasive (prassi e autoregolamentazio-ni), preoccupato delle crescenti incur-sioni di altre discipline nel campo giu-ridico (finanza, economia, psicolo-gia), vittima e carnefice a un tempo diuna giungla burocratica sempre mute-vole quali sono diventati gli uffici giu-diziari.

Una giustizia inefficiente perde,con il tempo, la propria capacità diaffermazione all’interno del sistemapolitico economico, rendendo diffici-le per tutti i propri membri quellacapacità di autoaffermazione median-te il riconoscimento collettivo chepare essere uno dei premi più ambitidai suoi componenti. Se è vero che laconfigurazione di un sistema politicoe amministrativo, ai nostri giorni, èdeterminata da molteplici dimensionie strutture, nonché dalla intrinsecarelazione osmotica fra Stato e merca-to, tra mercato e società civile, trasocietà e Stato, allora le professioniforensi devono porre attenzione anuovi fenomeni. Lo studio delle tecni-

che di negoziazione, per esempio,basterebbe per comprendere il para-digma logico-fattuale che precede lanascita di un processo; il “puzzle” deicontesti argomentativi “fatti”, “pote-re”, “interessi” e “regole” offrirebbeun quadro nitido di quelli che sono icontesti con cui quotidianamente igiudici e gli avvocati, più o menoinconsapevolmente, si confrontano;una migliore organizzazione dellerisorse umane, tecnologiche e ammi-nistrative utilizzate nell’offerta deiservizi legali sono tutti modelli cuiispirarsi per riguadagnare lustroall’interno di una società diffidenterispetto alle professioni forensi.

I grandi studi legali internazionalicostituiscono lo strumento attraversoil quale le multinazionali e i loro part-ner finanziari possono operare a livel-lo globale, volta a volta, esportando oimponendo i tipi contrattuali, i model-li di risoluzione delle controversie, glistrumenti societari, le strutture patri-moniali e le regole di gestione delleprocedure concorsuali che meglio siattagliano alle loro esigenze. I medesi-mi studi assurgono a modelli di effi-cienza e autorevolezza. Si assiste alritorno del diritto nel mondo degliaffari, ma tale ritorno coincide conl’assunzione di una posizione di cen-tralità delle regole e delle tecniche diamministrazione aziendale ancheall’interno delle strutture degli attorigiuridici più rilevanti: le corporatelaw firms.

Non è ancora possibile dire qualesarà il panorama della professionelegale in Italia negli anni a venire.Senz’altro il fenomeno delle megalaw firms è iniziato da tempo e i nostrinumeri non rivelano alcuna arretra-tezza rispetto agli altri paesidell’Europa continentale. È difficileprevedere la capacità di resistenza delmodello nazionale di studio legale,rispetto al modello angloamericanodegli studi internazionali, sicuramen-te l’avvocato sarà sempre uno degliattori fondamentali del sistema eco-nomico-giuridico-politico, ma avràcaratteristiche professionali, cono-scenze e modelli di riferimento nuovirispetto agli attuali.

Alberto Musy

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12la Pazienza

La crisi dell’avvocatura viene perlo-più ricollegata all’aumento espo-

nenziale del numero di avvocati, che hainciso pesantemente sul rapporto per-centuale tra professionisti e clienti,diminuendo, da un lato, la redditivitàdella professione e, dall’altro, mettendoa rischio la qualità e l’equo costo dellaprestazione.

L’effetto inflattivo genera infatti unaconcorrenza fondata non sulla qualità,ma sul ribasso al di sotto degli ormai abo-liti limiti tariffari, e anche la tentazioneper il professionista con scarsa clienteladi ottenere una soddisfazione economicasproporzionata rispetto all’effettivo pre-gio e valore dell’attività prestata.

Il superamento dell’attuale non certofavorevole situazione viene collegato auna auspicata politica legislativa che,attraverso una selezione seria e basatasu criteri omogenei, ponga limiti allacrescita numerica ed esalti le peculia-rità e le funzioni costituzionalmentetutelate della professione, invece di svi-lirle e omologarle a una qualsiasi pre-stazione di servizi in nome della liberaconcorrenza.

Ma una ulteriore causa delle diffi-

coltà attuali viene individuata nell’in-capacità della categoria di rapportarsicorrettamente col mercato, che è incontinua evoluzione e che presentaconnotazioni sempre più internazionali.Viene pertanto ritenuto rimedio impre-scindibile che gli avvocati attuino stra-tegie di marketing.

Mercato, marketing, pubblicità sonoconcetti poco presenti nel bagaglio cul-turale di chi esercita la professione.

Il rapporto tradizionale avvocato-cliente, con il primo che attende in studiodi essere contattato dal secondo, sembradecisamente antitetico rispetto ai princi-pi del marketing, secondo i quali “ilcompito principale di un’organizzazioneconsiste nell’individuare le esigenze e idesideri dei potenziali clienti e nel sod-disfarli tramite la progettazione, lacomunicazione, la determinazione delprezzo e la distribuzione di offerteappropriate e competitive.” (Kotler).

Per consuetudine l’avvocato poco siinterroga su quali bisogni espressi olatenti abbia la sua clientela, in quantostoricamente essi si inquadrano in cate-gorie abbastanza note di assistenza, didifesa e di consulenza.

Ciò, tuttavia, non significa che siavero che l’avvocato non abbia sino aoggi valutato il suo specifico mercato eoperato per accrescere o consolidare laclientela. Soltanto, sia per i vincoli deon-tologici connessi col divieto di pubbli-cità, ora parzialmente caduti, sia pertener fede a valori di dignità e decoro,attraverso i quali storicamente si è distin-to dagli altri prestatori di servizi, si èmosso con discrezione, senza troppourlare i suoi contatti, anche per evitareche la loro pubblicizzazione li compro-mettesse o causasse un danno al cliente.

Ma a seguito dell’evolversi della legi-slazione l’avvocatura ha fatto emergere,o ha comunque soddisfatto, bisogni dap-prima latenti e poi sempre più esplicitatidalle aziende e da alcune categorie diprivati. Si vedano, per esempio, le con-sulenze preventive e tutta quella attivitàche è propedeutica a evitare contenziosi,o a predisporre i presupposti per superar-li felicemente, o a evitare sanzioni oprovvedimenti amministrativi negativi oincriminazioni per tutta quella categoriadi illeciti, perlopiù extracodicistici, con-nessi, per esempio, con la prevenzionedegli infortuni sul lavoro, con la preser-vazione dell’ambiente e con la sicurezzadei dati personali.

Questo marketing intelligente ediscreto non necessita di ricerche dimercato posto che è l’avvicendarsidelle imposizioni normative a creare ibisogni dei privati e delle aziende e,dunque, l’aggiornamento professionaleha come corollario la valutazione dellenecessità che le nuove leggi fannonascere e l’individuazione delle strate-gie migliori da proporre al mercato.

La staticità dell’avvocato intelligen-te e imprenditore di se stesso è dunquesolo apparente, perché egli trae spuntodall’aggiornamento per rapportarsi colcliente e per fargli comprendere le

MERCATO, SÌ...MA SENZA ESAGERARE

Vietnam: vendita di incensi a Hué

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nuove esigenze che il modificarsi dellanormativa crea via via.

Se è vero che l’avvocato sino a oggi èuscito poco, anche metaforicamente, dalsuo studio, è altresì vero che, comunque,l’ha fatto, anche se per partecipare comerelatore a convegni, per pubblicare arti-coli e libri. L’aspetto scientifico in talioccasioni è apparentemente preponder-ante, tuttavia il ritorno di immagine el’operazione di marketing e di pubblicitàè certamente incisiva, se si considera chestudiosi della Legal MarketingAssociation (LMA) sostengono chemolti potenziali clienti asseriscono cheascoltare il discorso di un avvocato è unodei modi più efficaci con i quali si puòdeterminare se è esperto di una certamateria. (Schmidt S.J., BusinessDevelopment for Lawyers: Strategiesfor Getting and Keeping Clients, 2006,pagg. 39 e segg.).

In questa categoria di azioni pubbli-citarie indirette rientra anche il cercareo l’accettare di sottoporsi a interviste oil partecipare a trasmissioni televisive.La finalità esplicita è quella di divulga-re le ragioni del cliente, nell’ambito diuna estensione mediatica dell’eserciziodi difesa, ma è altresì evidente l’effettodi divulgazione e di miglioramento del-l’immagine del professionista.

Ora la liberalizzazione di formeesplicite di pubblicità ha favorito lanascita di riviste specializzate che,anche al fine di incrementare il loroproprio mercato, enfatizzano l’utilitàdelle operazioni di marketing legale,fino a farla assurgere a una vera neces-sità di sopravvivenza.

Nell’ambito di tale politica pretta-mente editoriale, com’è ovvio, le rivistetrovano disponibilità di risorse soprattut-to in quegli studi che, avendo dimensio-ni aziendali e operando perlopiù inambito transnazionale, mostrano mag-giore propensione a investire in marke-ting e in pubblicità e che, nati in bacini dicultura giuridica anglosassone, hannosalutato con grande favore le apertureche le nuove modifiche ordinamentalihanno operato, valutandole come unprimo passo verso una omologazione aquelle tradizioni e a una “sprovincializ-zazione” del mondo legale italiano.

Due effetti ne sono derivati.Il primo è quello del crearsi, secondo

le regole del marketing, appunto, di unbisogno di pubblicità sino a ora assai

poco sentito dai legali italiani, i quali,anzi, sino a ieri hanno ritenuto che azio-ni di mailing e inserzioni pubblicitariefossero controproducenti, in quantolesive del decoro dello studio.

La voglia di comparire e la necessità,indotta, di esserci laddove nomi presti-giosi con fatturati da grande aziendaparlano di se stessi e del futuro del mer-cato legale, con linguaggio più damanager di una impresa che da avvoca-to, creano tentazioni assai forti.

Ma non sembra che sino a ora visiano dati sul ritorno economico di taliinvestimenti pubblicitari (la cosiddettaredemption), in termini di acquisizionedi clientela.

Il dubbio è che, per il momento, l’ap-parizione con interviste o inserzioni suriviste specializzate costituisca un vei-colo di crescita di autostima o diaumento di conoscibilità meramenteinterna alla categoria.

Le aziende per gli affari di grandelivello si muovono con criteri di fama ecompetenza diversi dalla capacità dispesa dello studio per l’acquisto di spazipubblicitari e quando necessitano di assi-stenza continuativa o della gestione delcontenzioso scelgono privilegiando il cri-terio della ricerca di un rapporto di massi-ma disponibilità del legale e di un prezzocontenuto della prestazione, dati questiche non rientrano nelle informazioni cheforniscono le inserzioni. Queste si limita-no di norma all’indicazione degli ambitidi specializzazione ma non danno alpotenziale cliente elementi di preferenza.

Il privato, soprattutto se privo di rife-rimenti, può essere veicolato da un’in-serzione sui quotidiani, ma di norma ilcosto dell’investimento pubblicitarioappare sproporzionato rispetto allaredemption, anche perché il privato conottime capacità economiche ha di solitoriferimenti propri.

Il secondo effetto scaturito dallaliberalizzazione della pubblicità e dallanascita di riviste specializzate è quellodella diffusione di modelli di studi lega-li assolutamente insoliti per la realtà ita-liana. Non solo per le dimensioni e peril campo di attività ma soprattutto per iltipo di approccio alla professione.

Si badi, l’attività di alcuni avvocatid’affari prestigiosi e a capo di articolatestrutture che sono e sono stati artefici ditransazioni economiche di rilievo non ècerto una novità, così come conseguen-

za naturale della globalizzazione appa-re il fatto che molti avvocati abbianoesteso il loro bacino di utenza oltre iconfini nazionali e continentali in colla-borazione con partners stranieri. OgniConsiglio dell’Ordine si onora di anno-verare tra i suoi iscritti avvocati di cosìalto prestigio.

Ma il modello di struttura, “law firm”,che viene ora proposto e che si affermaessere il solo in linea con le esigenze delmercato, ha caratteristiche simili a quelledi una piccola-media impresa:

- una “dirigenza” che si misura intermini di fatturato, che perlopiù vedecon favore l’ipotesi di ingresso di socidi capitali negli studi legali e che è pre-valentemente occupata nell’attività distringere alleanze, assicurare alla strut-tura partners particolarmente importan-ti e nel presentare le attività dello studioai potenziali clienti;

- un numero alto, spesso molte deci-ne di dipendenti, collaboratori e asso-ciati, rispetto ai quali il carisma delsocio anziano a volte non nasce dalfatto che egli sia maestro di professionema è connesso con abilità tipicamentemanageriali e dunque con una prepon-derante forza economica, organizzativae di relazioni esterne;

- una spasmodica ricerca di specia-lizzazione da cui inevitabilmente deri-va una parcellizzazione della professio-nalità dei soci giovani e ancor più deipraticanti;

- un’assimilazione dei praticanti alavoratori dipendenti, che vengono pre-parati più per un miglior inserimento“aziendale” che per una attività profes-sionale dotata di autonomia e che rara-mente hanno un maestro di riferimento;

- una deontologia stringata, cheenfatizza come confine primario l’in-compatibilità, il valore deontologico alquale il cliente è più sensibile (perchécomprende appieno gli svantaggi chegli deriverebbero da un professionistache non ne tenesse conto), e che ricono-sce pochi altri principi, forse solo l’ob-bligo di riservatezza e il diritto all’indi-pendenza. Quest’ultima, peraltro, èspesso più apparente che reale, postoche la rilevanza economica di un clien-te o di un incarico rende in ogni realtàdifficile la sua attuazione;

- una scala di valutazione qualitativastrettamente ancorata all’entità del fat-turato, che ha come corollario l’elencodella clientela di prestigio.

Queste realtà, che tendono a disco-

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starsi sempre di più dall’avvocatura tra-dizionalmente intesa per divenireaziende di fornitura di servizi legali eche parlano un linguaggio managerialeed economico incomprensibile anchelessicalmente per chi è abituato ai broc-cardi latini del “legalese”, hanno unaloro precisa funzionalità e adeguatezzarispetto alle materie e alla fascia di mer-cato in cui operano, ma non necessaria-mente debbono costituire un modellocui ogni avvocato dovrà adeguarsi persopravvivere.

Esse, infatti, annoverano non pochilati negativi.

I “matrimoni” degli studi legali distampo anglosassone con i più quotatistudi legali italiani che si occupavano didiritto delle imprese avvenuti nell’ulti-mo decennio non sembrano, salvo rareeccezioni, essere durati a lungo.

Ciò non solo perché in molte occasio-ni sono risultati poco convenienti econo-micamente per i soci italiani, ma ancheperché questi ultimi sono abituati a muo-versi con la libertà tipica della professio-ne e mal sopportano inquadramenti pret-tamente aziendali caratterizzati da auto-rizzazioni e formalità interne.

Sussistono difficoltà anche dal puntodi vista della soddisfazione della clien-tela, posto che il mercato italiano nongradisce uno studio legale eccessiva-mente specializzato che costringe spes-so a cambiare interlocutore e non amaregole di tariffazione rigida.

I problemi di cui sopra, se possonoessere marginali quando sorgano in uncontesto caratterizzato da grandi nume-ri, da grandi clienti e da grandi fatturati,diventano invece ostacoli sempre piùdifficilmente superabili man mano chesi scenda di livello quanto alle capacitàeconomiche della clientela.

Inoltre, per gli studi che hanno un’u-tenza composta da privati o da piccoleaziende e che non possono permettersi diessere supportati da regie professionali dimarketing, il puntare su un’immagineeccessivamente orientata agli affari eparametrata al fatturato con atteggiamen-ti pubblicitari aggressivi, secondo lo stilestatunitense, può risolversi in una cadutadi stile e rivelarsi controproducente.

Non sono infrequenti i casi di studiche sbandierano in interviste fatturatiche divisi per il numero delle personedichiarate come appartenenti alla strut-tura rientrano nei minimi pro capitedella media nazionale o che fannoseguire alla dichiarazione di consistenti

fatturati l’elenco dei clienti tra i qualispiccano noti enti benefici, dando cosìal lettore la fastidiosa consapevolezzache parte delle offerte che egli ha devo-luto a tale ente sono confluite nellecasse dello studio legale.

Certamente sono passati i tempi incui l’avvocato lasciava trascorrere uncerto lasso di tempo tra la conclusionedell’incarico e l’invio della sua nota persottolineare come la sua attività è lega-ta a valori rispetto ai quali la parcella-zione è solo marginale, tuttavia farsipubblicità dichiarando il fatturato non èmodo di proporsi ritenuto appropriatoneppure dall’industria, la quale enfatiz-za il prodotto o il marchio e riserva idati del bilancio agli azionisti.

Non si deve poi dimenticare che perla realtà italiana l’assistenza nel conten-zioso costituisce il fulcro di una profes-sionalità che ha dignità costituzionale eche è peculiare dell’avvocato, distin-guendolo dal mero tecnico del diritto.

Questa attività è marginale neimodelli di law firm.

Certamente in ambito penale, maanche in parte del contenzioso civile, inspecie quello attinente alla famiglia, gliaspetti economici per il cliente possononon essere preponderanti, posto chespesso è in gioco la sua libertà e la suastessa vita. In tali contesti le regole,anche deontologiche, non possono pre-scindere da queste peculiarità, che malsi adattano a studi che operano conregole e criteri aziendalistici.

La crescita di questo tipo di profes-sionalità, poi, necessita di una praticaeffettiva, sul campo, al seguito di unavvocato esperto. Il praticante avvocatoche debba esercitare prevalentemente inaule penali avrà bisogno di un vero tiro-cinio, che è percorso diverso rispetto aun graduale inserimento in ambiente dispecializzazione monotematica in undipartimento di una grande struttura, inattesa del conseguimento del titolo.

Sarà quindi opportuno valutaresenza isterismi e senza pericolosemanie di grandezza, ma anche senzapregiudizi, i nuovi scenari, individuan-do gli aspetti di vera innovazione ecogliendone tutte le opportunità, masenza dimenticare i tradizionali valoridi riservatezza, probità e decoro.

Le materie di cui si occupa l’avvoca-to sono molteplici e ogni categoria diclientela ha sue specifiche esigenze.

Sta all’avvocato cercare quale sia il

settore a lui più congeniale e qualestruttura organizzativa sia la miglioreper tale ambito.

Sta all’avvocato trovare nell’aggior-namento continuo nuovi spunti pernuove aree di intervento in un mercatolegale che è in espansione.

La clientela italiana è ancora pocoabituata alle consulenze preventive siain ambito aziendale sia nel privato.Molte necessità di assistenza legalesono ancora a livello latente e unabuona azione di immagine e di informa-zione anche da parte degli organismiistituzionali o associativi può favorire ilrecupero di spazi di lavoro, spazi cheogni giorno si aprono comunque innuovi settori regolamentati.

La strada della specializzazione sem-bra obbligata, anche se questa non deveessere miope e tale da rendere l’avvoca-to incapace di avere una visione com-plessiva dei problemi del cliente.

La qualità dell’organizzazione dellostudio può fornire un miglioramentodella prestazione e dell’immagine dellaprofessionalità.

Gli studi orientati alle aziende hannoda poco scoperto l’utilità delle certifi-cazioni di qualità e della conformitàalle norme ISO. Di solito l’organizza-zione di uno studio legale resta unaspetto interno, nascosto. Ma se essa èportata a conoscenza dei potenzialiclienti, fa marketing.

Anche gli aspetti di bilancio dovreb-bero essere valutati con attenzione peruna buona pianificazione delle risorse,parte delle quali dovrà certamente esse-re dedicata a far conoscere all’esternola professionalità, l’esperienza e le spe-cifiche competenze.

Ciascuno, a seconda della clientela,può spaziare attraverso ai mezzi piùdiversi: per esempio, da un miglior alle-stimento di un ormai indispensabile sitointernet, che appaia un vero e propriosalotto di accoglienza per il cliente,all’utilizzo di spazi su pubblicazioni,specialistiche o generiche, purché i cri-teri di riferimento siano il valore e laqualità della prestazione.

Non farebbe bene alla nostra società equindi al nostro mercato, prima ancorache all’immagine dell’avvocatura, chel’omologazione a criteri d’oltre oceanoportasse anche in Italia pubblicità simili aquella ideata da un avvocato statunitenseche ha tappezzato la sua città di manifesticon lo slogan “La vita è corta. Divorzia!”.

Silvana Fantini

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16la Pazienza

che mi accingo a fare sul rapporto traavvocati e mercato.

Secondo la Cassa “... Per l’anno2005 si rileva un incremento nominaledel monte reddituale dichiarato dagli

avvocati, rispetto all’anno precedentepari al 6%” (peccato che nel 1991 lapercentuale di crescita annua fosse del28% e si sia mantenuta del 14% circafino al 1997) pertanto: “... il fatturatomedio risulta pari a 70.583 euro, conun incremento nominale rispetto alvalore del 2004, pari allo 0,6% cui cor-risponde una riduzione, in terminireali, pari a1l’1,1%” (sic!).

Andando a fondo di questi dati risul-ta, però, che il 31% degli iscritti allaCassa dichiara un reddito inferiore a12.200 euro e paga soltanto la contribu-zione soggettiva minima (tale percen-tuale sale al 42,7% per le professioniste);il 58% del monte reddituale dichiaratoviene prodotto dal 12% dei professioni-sti mentre l’87% degli avvocati producesoltanto il 42% del reddito complessiva-mente dichiarato dalla categoria.

Conclude l’articolo che “... dal 2000a oggi il reddito – medio – degli avvo-cati italiani ha perso potere di acqui-sto”. Detto in parole povere non abbia-mo perso solo in cultura, prestigio epeso politico, ma siamo nel complessodecisamente più poveri.

Questa penosa situazione è dovuta auna crisi congiunturale o a una com-plessiva incapacità della nostra catego-ria professionale di stare sul mercato eseguirne i trend di sviluppo? La ripostaesatta pare essere la seconda visto che,come si rileva nel rapporto del Censis“Caratteristiche e insediamento nellosviluppo dell’avvocatura italiana”,redatto nel 2006 per conto dell’Aiga –Associazione Italiana GiovaniAvvocati – “... La domanda di consu-lenza legale non è meno amplia e tendea crescere in funzione dell’andamentostesso della litigiosità e del contenziosogiudiziario a essa collegato. Dal 2000

Idati apparsi nell’articolo intitolatoRedditi 2005 sulla Previdenza

Forense n. 2 del 2007 sono da un latoestremamente preoccupanti dall’altrostimolanti per la riflessione introduttiva

AVVOCATI E MERCATO: UN QUADRO SCONFORTANTE EUNA SCOMMESSA PER IL FUTURO

Cina: mercato di Canton

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al 2004 i delitti denunciati all’autoritàgiudiziaria sono cresciuti del 36,9%, –mentre i procedimenti civili sono cre-sciuti dell’11,6% considerando insiemeprimo grado e appello – assai più diquanto non siano cresciuti gli avvocati,del tutto necessari ai cittadini per potersostenere la propria difesa in sede extragiudiziale prima e giudiziale poi”.

Ma non solo, esaminando, come fa ilCensis nel suo rapporto la proporzionetra numero degli iscritti alla Cassa, il lororeddito pro capite e il livello del Pil regio-nale si assiste a un fenomeno curioso,laddove il Pil pro capite risulti più eleva-to ovvero nel Nord del paese, la presenzadegli avvocati iscritti alla Cassa appare,in proporzione alla popolazione residen-te, più contenuta che al Sud.

Se uniamo questi dati a quelli relativiai nuovi diritti giustiziabili – Anna RosaSindico: Relazione introduttiva allaConferenza Nazionale dell’Avvocaturadi Riva del Garda del giugno 2000 chevanno “... dalla new economy alla bioe-tica, alla maternità surrogata alle ado-zioni internazionali, dai matrimoni trapersone appartenenti a etnie diverse, alriconoscimento di diritti alle famiglie difatto, dal riconoscimento del danno esi-stenziale alla responsabilità civile permobbing, dalle azioni promosse neiconfronti dei professionisti per perditadi chances, a quelle nei confronti deimedici per mancato consenso al tratta-mento sanitario, dal diritto sportivo allatutela della privacy, dalle azioni a tute-la dei consumatori al diritto alla sicu-rezza nei posti di lavoro...” e da ultimoalla difesa tecnica obbligatoria per leparti e per i minori nelle procedureavanti al Tribunale per i Minorenni, cirendiamo conto che, probabilmente, laclasse forense – specialmente delleregioni a più alto reddito pro capite –non ha ancora espresso come e quantopotrebbe il proprio potenziale rispettoalle dinamiche produttive e alle realtàterritoriali in cui opera.

Veniamo dunque alla scommessaper il futuro. Che cosa può fare unostudio di medio-piccole dimensioni difronte a questo quadro sconfortante daun lato ma stimolante dall’altro?

Direi, invertendo le priorità elencateda Sivia Hodges e Giulia Picchi nell’ar-ticolo pubblicato su Italia Oggi il 2 ago-sto 2007 dal titolo “Anche i piccoli studipossono fare marketing”, che la primacosa che noi professionisti dobbiamofare è comprendere i trend economici

e sociali nei quali viviamo e le granditendenze macroeconomiche conse-guenti la globalizzazione. Sugge-riscono le esperte che leggendo, comepiù o meno tutti troviamo il tempo difare, i quotidiani locali o nazionali oqualche rivista o guardando la televi-sione, riflettiamo sui mutamenti in attoo sui cambiamenti demografici (es. latendenza a sposarsi sempre meno, ilprogressivo invecchiamento dellapopolazione, la necessità di garantireun passaggio generazionale in azienda,l’assorbimento di piccole e medieaziende da parte di multinazionali, ecc.)e proviamo a immaginare quale impat-to tutto ciò ha o potrebbe avere suinostri clienti attuali o quali nuovi clien-ti potremmo acquisire se ci occupassi-mo di una o più delle problematichederivanti da tali mutamenti.

Per quanto riguarda i nostri attualiclienti dovremmo infatti, nell’ottica diun servizio personalizzato e su misura,sollecitare loro una riflessione preven-tiva sui temi, personali, patrimoniali oaziendali, che li coinvolgono o potreb-bero creare loro problemi in prospetti-va. Il professionista del futuro, quelloche vive nel mercato non può più limi-tarsi a svolgere l’incarico che gli vieneconferito ma, consapevole del fatto cheil cliente-consumatore è tanto piùdisponibile a pagare tanto più gli si fac-cia risparmiare tempo ed energie, dovràproporre, suggerire, stimolare la gestio-ne dei problemi che via via si potrannopresentare offrendo la sua visione pro-spettica al cliente “inguaiato” a gestireil presente e l’emergenza. Questa rego-la detta “value for time” – “pago per iltempo che mi fai risparmiare” – è unaregola molto importante che, nello svi-luppo del mercato, ha sostituito la pre-cedente regola del “value for money”cioè “pago in proporzione al denaroche mi fai guadagnare o risparmiare”.

Compreso il contesto nel quale cimuoviamo dovremmo poi concentrarcisu noi stessi, capire che tipo di profes-sionista siamo in questo momento,quali sono i nostri campi di attività prin-cipale, chi sono i nostri clienti e in chesettori operano, come è andato e comesta andando il nostro business.

In questa analisi che è prodromica adindividuare le cosiddette visione e mis-sione, a mio modesto parere può esseredi grande utilità il famigerato studio disettore che se compilato con precisione(ovvero fascicolo per fascicolo) e non a

spanne, come risulta che molti colleghifacciano, ci fornisce un quadro esausti-vo delle percentuali dei nostri settori diattività, sia dividendo il giudiziale dallostragiudiziale sia mappando il giudizia-le per materia.

Fatto ciò e incrociando i dati ottenu-ti dallo studio di settore con quelli rela-tivi al nostro fatturato diviso per settoridi attività, avremo un quadro assoluta-mente preciso di quali siano le materieo i clienti redditizi e quelli che no, conpossibilità di decidere di accantonarealcune materie o alcuni clienti che perla nostra organizzazione di studio nonsono lucrativi. Questo non vuole dire,badate, che ci siano dei cittadini o dellecause che non meritino assistenza lega-le, ma vuole solo dire che ci sarà qual-che altro collega il cui “core business” –attività principale – o la cui organizza-zione di studio consentirà di dare a quelcliente o per quella questione una assi-stenza legale adeguata con il dovutorapporto qualità prezzo.

Mi spiego meglio: ognuno di noi devetrovare il giusto rapporto tra costo eprezzo della prestazione erogata; talecosto sarà evidentemente inferiore tantopiù la prestazione sarà standardizzata esi svolgerà in un unico settore di attivitàin quanto i tempi di studio e approfondi-mento saranno minori e maggiore saràl’esperienza maturata; di conseguenza icosti di produzione ovvero nel nostrocaso il rapporto tempo impiegato-risul-tato fornito, saranno minori. Questo ciporta inevitabilmente verso una specia-lizzazione. Credo fermamente che itempi dell’avvocato tuttologo, per ilquale personalmente ho il più profondorispetto perché vince ogni giorno i perni-ciosi effetti dell’analfabetismo di ritor-no, siano in quest’ottica definitivamentetramontati.

A questo punto siamo pronti per la“visione” ovvero per sognare a occhiaperti il professionista che siamo e chevorremmo diventare e per la “missione”ovvero per capire come raggiungere ilrisultato che ci siamo prefissi. Secondol’articolo sopra citato la “mission” (scu-sate ma in inglese suona meglio e pro-fuma meno di incenso e ceri) declina la“vision” lungo tre direttrici, ovvero:“1) le caratteristiche della propria atti-vità; 2) dei clienti cui ci si vuole rivol-gere; 3) il ruolo che si vuole avere sulmercato e le ragioni per le quali ci sidifferenzia dai concorrenti e per cui uncliente dovrebbe scegliere proprio noi e

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non uno dei nostri competitor – vantag-gio competitivo –”. Dopo avere sceltodunque un campo di attività prevalenteovvero dopo avere individuato il nostro“core business”, dovremo quindi indi-viduare il nostro segmento di mercatodi riferimento.

Nel nostro mestiere un segmento dimercato ha innanzitutto una ampiezzaspaziale che normalmente è delimitatadall’area geografica in cui operiamo,ma all’interno di questa area geografi-ca, che potremo indicare come circon-dario di una Corte di Appello, potremodecidere se operare su un solo tribunaleo più o scendere ancora più nel piccoloe offrire servizi legali per esempio inpaesi che ne siano ancora sforniti.

In secondo luogo noi offriremo lenostre prestazioni a una certa fascia diclientela che opera o vive in quellazona geografica, ovvero alle piccole emedie aziende, alle agenzie assicurati-ve, alle persone che hanno difficoltàfamiliari, ecc.

In terzo luogo offriremo i nostri servi-zi a una fascia bassa, media o a unagamma alta di consumatori-clienti e, aseconda della fascia di mercato cheabbiamo scelto o vogliamo raggiungere,moduleremo i nostri servizi e approntere-mo una organizzazione anche logistica distudio in funzione della clientela cheabbiamo o vogliamo raggiungere.

Dovremo infine scoprire e puntare sulnostro “vantaggio competitivo”, ovve-ro sulla caratteristica che ci differenziadai nostri competitor (termine molto piùgarbato e privo di connotazioni negativedi concorrenti); siamo più “accessibili”?ovvero i clienti hanno facilità a mettersiin contatto con noi e a ottenere le rispo-ste che necessitano?, siamo più “effi-cienti”?, siamo “meno cari”? In questosenso le lamentele dei nostri clienti suicolleghi che magari hanno lasciatovanno intese non come pettegolezzi macome preziose indicazioni per il nostrofuturo professionale.

Non ho volutamente indicato tra ledifferenze competitive il “siamo piùpreparati” perché non possiamo scor-darci che il nostro cliente non è, a prio-ri, in grado di valutare la differenza dipreparazione tra noi e i nostri “competi-tor”; questa valutazione la potrà faresolo ex post, alla luce dei risultati cheabbiamo ottenuto (dei problemi che gliabbiamo risolto) quindi la migliore pre-parazione non è in partenza un vantag-gio competitivo spendibile, serve inve-ce a creare la “fama” in base alla qualesarà molto più facile successivamenteacquisire nuovi clienti in base al criteriodel “passaparola”.

Per concludere: tutto questo per cosìdire “discernimento” deve però partire –e qui credo che la categoria pecchi di

profonda incapacità di analisi – non giàdai nostri desiderata, ma dalle esigenzedel cliente ovvero deve essere “clientoriented” (vedi Giovanna Stumpo inquesto stesso numero, cioè partire dallespecifiche richieste e aspettative dei“clienti target”. Dovremo quindi accet-tare una rivoluzione nel nostro modo dioperare: dall’avvocato che dopo avereappeso la targa fuori del portone, sedutonel suo studio attende il cliente, al pro-fessionista che acquisisce il suo cliente elo fidelizza proponendosi – ovviamentenel rigoroso rispetto delle norme deonto-logiche – di soddisfare le esigenze orisolvere i problemi che il cliente ha oancora non sa di avere.

Come vedete ci attende una sfidaappassionante; credo che se ciascuno dinoi, accompagnato da una riflessione eprofonda capacità di visione dei nostriorgani di autogoverno, in primis deinostri Consigli degli Ordini la sapràaccogliere potremo vincere e ridiventa-re una componente importante eapprezzata della nostra società e nonsolo in termini di Pil prodotto.

Non possiamo però nasconderci cheil prezzo inevitabile della trasformazio-ne sarà che una parte degli attuali iscrit-ti agli ordini si troveranno per impossi-bilità, incapacità o ignavia, fuori delmercato.

Giulia Facchini

Bangkok: mercato fluviale

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La situazione potrebbe sembrareparadossale. In un mercato sia

nazionale che internazionale dove ibisogni legali sono in aumento, la cate-goria (o forse la corporazione?) degliavvocati si interroga, con fatica, sul suostato di salute e sulle sue criticità.

Stenta ad adeguarsi alle innovazionitecnologiche, si irrigidisce sul nuovomodo di interpretare la professione sulmodello importato dai paesi anglosas-soni, rifiuta, a volte aprioristicamente,l’apertura di una discussione seria,franca e progettuale sul suo futuro. La“ciliegina” delle liberalizzazioni haulteriormente scosso e avviluppato lacategoria.

Quali sono le ragioni di questa stranasituazione? In Italia, nel settore cosid-detto civile-commerciale, si rischia diassistere alla spaccatura del nostromondo in due grandi aree: quella deglistudi associati, magari con agganciinternazionali, organizzati come vere eproprie aziende, e quella dei professio-

nisti singoli o al massimo caratterizzatada alcuni legali che lavorano insieme,sotto lo stesso tetto, per dividere sag-giamente i costi della struttura.

Due modi di interpretare la nostraprofessione che, pur partendo da origininecessariamente identiche, stannoprendendo direzioni diverse, con velo-cità di sviluppo non comparabili.

Come ho avuto modo di dire, anchepubblicamente, negli ultimi mesi, credoche questo straordinario, sì ho propriodetto straordinario, mestiere ci impon-ga di sospendere, almeno per il momen-to, il nostro “stomaco”, le nostre alteri-gie, i nostri approcci elitari e a voltepresuntuosi per provare ad aprire un“cantiere di lavoro” nel quale, tuttiinsieme, rivisitare, con umiltà diapproccio, il nostro modo di essereavvocati nel terzo millennio. Tale eser-cizio servirà, credo, per noi, per i nostricollaboratori, per i nostri clienti, per ilnostro microcosmo insomma.

Provo a lanciare la prima pietra dun-

que individuando alcune aree sullequali dobbiamo concentrarci e confron-tarci, per davvero, a costo di tirare fuorivecchi “rospi”, di dire faticose verità, difare una doverosa autocritica singola ocollettiva.

Propongo dunque l’apertura di alme-no cinque “cantieri” per cinque “nerviscoperti” del nostro mestiere.

Le liberalizzazioniIo credo che se le liberalizzazioni

significano maggior competizione ecompetizione significa accelerare itempi e i metodi di un confronto leale trai protagonisti, allora il risultato non puòche essere positivo sia per noi sia per inostri clienti. Il vero tema è forse costi-tuito dalla nostra preparazione culturaledi fronte all’evidenziarsi di tale fenome-no, per certi versi inarrestabile. Siamouna categoria cosiddetta intellettuale chedeve trovare forme di “lotta”, diverse ealternative a quelle messe in atto da altrecategorie colpite dal decreto Bersani.Dobbiamo imparare a confrontarci sutemi quali, per esempio, la comunicazio-ne pubblicitaria e l’informazione dellecose che facciamo, oppure la nuova cul-tura gestionale che deve essere ormaiconsiderata una parte integrante edessenziale del nostro mestiere; oppure,ancora, sull’innovazione tecnologicache impatta sulle nostre abitudini lavora-tive ovvero sul come contemperare isacrosanti principi contenuti nel nostrocodice deontologico con la societàdominata da internet.

Il posizionamento professionaleCi lamentiamo spesso di aver subito

delle “invasioni di campo” da altri pro-fessionisti. Anche in questo caso dob-biamo metterci la necessaria curiositàper uscire dal vittimismo e incomincia-re a guardarci intorno fuori dai nostri

IL NOSTRO MESTIERE È IN CRISI?DIPENDE DA NOI

Cina: mercato di Canton

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uffici e dai tribunali. Dobbiamo allarga-re i nostri confini, capire meglio cosa cista succedendo intorno, e riappropriarcidelle nostre materie. Su questo punto ildialogo con gli altri ordini professiona-li diventa, a mio avviso, una tappanecessaria. Non dobbiamo, in altreparole, accontentarci di essere vissuticome una “forca caudina”, come uncosto, a volte inefficiente. Siamo e dob-biamo essere riconosciuti come dei“problem solvers”: un’opportunità perrisolvere i problemi non un laccio-lac-ciuolo imposto dalla legge. Per fare ciòdobbiamo dimostrare con preparazio-ne, sacrificio e passione, di essereall’altezza di questa missione. Unrecente sondaggio rivolto alle grandiaziende che utilizzano quotidianamentegli studi legali, ha evidenziato come iclienti diano per presupposta la compe-tenza e che, invece, scelgano gli avvo-cati per la conoscenza specifica del lorobusiness, la disponibilità a esserciquando serve: il tutto a un costo-benefi-cio compatibile.

Le tariffe professionali: il giustocompenso

Se nell’attività giudiziale le tariffeprofessionali possono essere un validosupporto per la individuazione deinostri compensi, nell’attività stragiudi-ziale il discorso cambia. Il mondo dellaconsulenza oggi viaggia su tariffe basa-te sostanzialmente su (I) costo orario,(II) success fee, (III) convenzioni, (IV)forfait. Dobbiamo concentrarci per tro-vare in questo quadro un criterio adatta-bile, con intelligenza e flessibilità, alnostro mestiere. Provocatoriamente sipotrebbe addirittura sostenere che ilcompenso basato sulla tariffa orariapotrebbe essere premiante per “chi-ci-mette-di-più!”. Dobbiamo, in realtà,difendere il Pensiero, con la P maiusco-la, l’Idea che, magari, in pochi minutipuò risolvere un problema controverso.In un attimo, un’intuizione (figlia dianni di studio, di esperienza e, perchéno, di creatività) può contribuire a scio-gliere un nodo che sembrava irrisolvi-bile. Il criterio di quantificazione deinostri compensi deve essere basatoanche su questa constatazione.

Mi soccorre in questo caso una sto-riella che ritengo utile richiamare in que-sta sede: “Uno stressato manager pienodi impegni e come al solito in ritardo,viene bloccato da un guasto della suaautovettura in mezzo ad una landa

deserta in cui non c’è neanche la coper-tura per il suo cellulare. Disperato iltizio prova a capire le cause dell’inci-dente, senza venirne a capo. Nel frattem-po vede su una collina davanti a lui uncontadino che, a bordo del suo trattore,sta arando i campi. Il nostro uomo sisbraccia e cerca di attirare la sua atten-zione. Dopo qualche minuto il contadinocambia direzione e scende dalla collinaverso la sua auto. Il tizio, nervoso, ango-sciato da tutti i ritardi che il sinistro glista causando nella sua caotica giornata,prega il contadino di trainare la suaauto fino alla più vicina officina. Il con-tadino, paziente e metodico gli chiede diaprire il cofano per provare a risolvergliil problema. L’uomo, stizzito per taleulteriore perdita di tempo, accetta amalincuore l’invito. Il contadino dàun’occhiata al motore, recupera un mar-tello dal suo trattore, da un gran colposullo spinterogeno e dice all’uomo diriprovare ad accendere il motore.L’uomo, ormai fuori di sé per questainutile sceneggiata, gira la chiave nelcruscotto e, con grande sorpresa, accen-de il motore. Imbarazzato ma felice,chiede al contadino “quanto le devobuon uomo?”. Il contadino ci pensa suun attimo e risponde “1.182 euro!”L’uomo, colpito dall’esosità dellarichiesta (l’intervento era durato nonpiù di tre minuti) non contesta esplicita-mente il costo, ma interroga il contadinosul perché di tale prezzo, così preciso earticolato. Il contadino serafico rispon-de: “182 euro per l’ammortamento deltrattore, la quota di lucro cessante per isuoi terreni momentaneamente abban-donati, il costo della benzina e di tutti glialtri elementi del trattore: 1.000 europerché... perché Le ho risolto un proble-ma ... irrisolvibile!”.

Credo che questa storiella, nella suabanalità, ci debba far riflettere.

La pubblicità e i rapporti con lastampa

Con il fiorire delle rubriche prima edelle riviste poi, che si occupano delnostro mondo (un trend anche questoimportato dal mondo anglosassone), lareazione della nostra categoria è statacaratterizzata da un misto di euforiaacritica e di preoccupazione irraziona-le. Mediamente, se tutti noi vediamo ilnostro “faccione” sul giornale o secomunque si parla bene del nostro stu-dio, è probabile che la nostra reazionesia dettata da concetti tipo “una buona

rivista: una corretta informazione almercato”. Se invece non ci siamo o,peggio, si critica il nostro studio, la rea-zione è all’incirca questa “sono giorna-li di gossip, che non contano niente,poco professionali”. Ciò dimostra checulturalmente dobbiamo ripensare ainostri rapporti con la stampa, cercandodi trovare un equilibrio fra il codicedeontologico e una corretta e veritierainformazione al mercato. Il fenomenodella stampa specializzata in questionilegali è un dato di fatto: dobbiamo con-frontarci con esso con lucidità e chia-rezza, non limitandoci a rifiutarlo.

Responsabilità sociale: formazio-ne - solidarietà

Come dianzi accennato, il nostro èun mestiere “chiave” per aiutare i terzia risolvere i loro problemi. Credo che lanostra responsabilità sia quella di far sìche ciò avvenga a favore di tutti, anchedi coloro che non si possono permetteredi pagare i nostri costi. Abbiamo inoltredue doveri sui quali riflettere e costrui-re delle soluzioni moderne ed eque: igiovani che si approcciano alla nostraprofessione e i colleghi anziani chenecessitano di un supporto.

Con la prima categoria dobbiamoconfrontarci con generosità ma neces-sario spirito improntato a meritocrazia:i praticanti devono capire che l’impe-gno, la disponibilità e la capacità dilavorare in squadra sono valori chedipendono dal come uno vuole essere,non da che cosa ha imparato all’univer-sità. Su questo bisogna essere, a mioavviso, intransigenti: poi sarà la carrie-ra dei singoli a premiare le competenzee i talenti.

La seconda categoria va da un latoaiutata, ovviamente dopo una verificasui bisogni reali, ma, dall’altro, vaanche, mi si passi il termine, sfruttata.Quanta competenza, quanta saggezza,regna nell’animo di avvocati che hannodedicato decine e decine di anni a que-sto nostro straordinario mestiere.

*** *** ***

Di questioni aperte ce ne sarebberomolte altre: ma proviamo a partire diqui. Con la lucida umiltà di chi è con-scio delle proprie criticità, ma chevuole, nel contempo, affrontarle e risol-verle per competere in modo sano, vir-tuoso e progettuale.

Riccardo Rossotto

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PremessaIl settore dei servizi sta attraversan-

do nel nostro Paese una fase di grandimutamenti, dovuti a una pluralità di fat-tori. La creazione del mercato unico alivello europeo, il recepimento e l’at-tuazione nazionale delle direttivecomunitarie sulla libera circolazionedelle persone e dei servizi affiancateall’allargamento della stessa UnioneEuropea (UE) oggi costituita da 27 Statimembri, hanno generato uno spontaneoampliamento del mercato nella doman-da e nell’offerta che, con specifico rife-rimento al settore legale, ha portato alradicamento in Italia sempre più cre-scente e massiccio di Studi di deriva-zione straniera; organizzati come vere eproprie imprese e capaci di applicarelogiche espansionistiche di penetrazio-ne, in un nuovo mercato territoriale.Oltre frontiera UE, esiste poi un ulterio-re mercato di riferimento – la Cina,l’India – che non può più essere ignora-to a causa dei riflessi ingenerati daiflussi migratori di persone e di produ-zione, sull’andamento dell’economianazionale e sulla nostra competitività.Sì che, molti Studi legali non solo stra-nieri ma anche italiani, sulla scia diquanto già fatto dalle imprese loroclienti, hanno cominciato a cercaresinergie con Studi locali, ovvero hannodeciso di aprire una propria sede secon-daria in loco, applicando anch’essi unapolitica di espansione territoriale; perfungere da “ponte” per le imprese ita-liane che intendono operare in talinuovi mercati emergenti e – fenomeno

più recente – per dare la possibilitàanche ai principali operatori del merca-to straniero, di ottenere la necessariaassistenza, per avviare attività, effettua-re investimenti, o creare sinergie strate-giche a livello di business, in Italia.

Le nuove tecnologie dell’informa-zione e soprattutto l’arrivo di Internetnell’impresa, negli uffici della PubblicaAmministrazione, nelle case di ognuno,e finalmente anche negli Studi profes-sionali hanno esteso anch’esse – e piùesponenzialmente – il mercato; ingene-rando una situazione tale per cui è dive-nuto ormai anacronistico e riduttivo siaper chi chiede sia per chi – di converso– offre prodotti e servizi, concentrarsi olimitarsi al mercato fisico/territoriale(nazionale, europeo, internazionale) afronte del nuovo “mercato globale”reso possibile dalle nuove tecnologie.Sotto questo profilo anche i serviziofferti dagli Ordini professionali, daiTribunali e dagli Uffici Giudiziari e diCancelleria sono sempre più informa-tizzati e, sempre più numerosi, consen-tono metodi di sviluppo di lavoro e diinter-relazione più dinamici, grazie alricorso e alle applicazioni della telema-tica e delle nuove tecnologie. Anche ilcliente è cambiato; è più attento, piùinformato, sa di poter scegliere, èdiventato esigente. Pretende un prodot-to/servizio di qualità, tempi rapidi dirisposta, personale qualificato e compe-tente, prezzi contenuti; e predilige chi sireca direttamente da lui e gli fa rispar-miare “dannose” dispersioni temporalied economiche. Come insegnano gli

esperti, si è cioè passati da un mercato“business oriented” a “client oriented”;ove la tendenza di tutti i settori merceo-logici è volta a produrre beni e servizi ilpiù possibilmente “personalizzati”, adhoc, in base alle specifiche richieste edaspettative del “cliente target”. In que-sto quadro di riferimento, il dl. Bersanin. 223/06 come convertito con la leggen. 246/06 dell’estate scorsa e le modifi-che conseguentemente imposte alladisciplina domestica della professioneforense, obbligatoriamente rivista eaggiornata da ultimo nel gennaio diquest’anno, hanno ulteriormente con-tribuito a dare una “scossa” al mondodella libera professione di Avvocato. Inun ambiente di lavoro dove non ci sonopiù barriere all’ingresso, né confini ter-ritoriali geografici, e, come diretta con-seguenza della normativa Bersani, si èdato libero sfogo alla concorrenza(come noto è caduta l’obbligatorietà deiminimi tariffari in favore della liberanegoziabilità della parcella, sono venu-ti meno molti limiti ai divieti di comu-nicazione informativa e si consente l’e-sercizio della professione anche informa di associazione multidisciplina-re) sono soprattutto gli Studi legali dimedio-piccole dimensioni ovvero di“tradizione” tipicamente nazionale, chestanno vivendo un momento di forteripensamento sul proprio modo di lavo-rare e del proprio modello di business.La vera sfida appare infatti oggi quelladi avere la capacità di adattare il proprioDna e soprattutto la “metodologia”dello sviluppo del lavoro, alle evoluzio-

MARKETING E QUALITÀ: SPUNTI ESUGGERIMENTI PER SVILUPPAREUNA STRATEGIA VINCENTE EMIGLIORARE LA PERFORMANCEDELLO STUDIO LEGALE

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ni del mercato e del contesto socio-eco-nomico di riferimento; sfruttando tuttigli strumenti, le tecniche e gli insegna-menti utili a fare sì che “il servizio lega-le” sia fruibile in modo rapido, efficien-te e a costi il più possibile contenuti.Ciò che tuttavia differenzia lo Studiolegale dalle altre realtà organizzativeappartenenti al settore manifatturiero odel terziario, è l’assenza di un metodounivoco e codificato di gestione, che siacapace di ricondurre a sistematicità lepersone, i sistemi operativi e i processi.La tendenza della più parte degli Studilegali italiani, soprattutto di medio-pic-cole dimensioni è infatti quella di gesti-re gli aspetti correlati allo sviluppo dellavoro in modo non pianificato o scrit-to, tralasciando di regolamentare, e alcontrario preferendo fare riferimentoad abitudini comportamentali, spessoconsolidatesi nel tempo, sulla base diprassi, consuetudini e usi. Sottova-lutando spesso di focalizzare l’attenzio-ne su quei fattori produttivi, finanziari,tecnologici e organizzativi che, giàampiamente diffusi e utilizzati nel con-testo impresa per realizzare al meglio leattività e i processi del lavoro, sonoormai divenuti indispensabili per affer-mare e mantenere il proprio settore dibusiness, in un mercato non più circo-scrivibile entro confini fisici, altamentecompetitivo e, soprattutto, in continuaevoluzione.

1. Un possibile modello organizza-tivo di riferimento. Se è vero, come èvero che lo Studio legale, in quantorealtà organizzativa costituisce nel suocomplesso un “microcosmo” estrema-mente complesso e articolato, concaratteristiche e logiche di processo adaltissima elevazione di personalizza-zione, è pur vero anche che le tecnichee i metodi di organizzazione e gestione(alias di Management) che valgono peraltre e diverse realtà organizzative e chesono riconosciute come standard –spesso internazionali – di successo, benpossono costituire utili esempi e, congli opportuni adattamenti alla specifi-cità legale, fungere da validi strumentiallo sviluppo dei processi del lavorodello Studio legale. Senza per questo,configgere con le regole dettate dallanormativa cogente o dalla disciplinadomestica per la regolamentazione del-l’esercizio della professione forense,ovvero snaturare il ruolo istituzional-mente riconosciuto al professionista, di

garante della corretta applicazione deldiritto e di tutela degli interessi delcliente. L’art. 17-bis del CodiceDeontologico Forense (gennaio 2007)indica la “certificazione di qualità” trale informazioni che il professionistalegale può scegliere di riportare nei pro-pri mezzi di comunicazione informati-va. Nel contesto specifico degli Studilegali, e più in generale del settore dellelibere professioni vi è tuttavia scarsaconoscenza del percorso che occorreseguire per dare corso al “processo dicertificazione”, e soprattutto si è incon-sapevoli del fatto che alla base di talescelta vi è la volontaria adozione daparte dello Studio, di una norma inter-nazionale e tecnica di riferimento (lanorma UNI EN ISO 9001:2000 -Sistemi di gestione per la qualità -Requisiti)2, che è prima di tutto impor-tante e utile per realizzare un modello diorganizzazione, gestione e controllointerno (i.e. un modello di Mana-gement), efficiente, funzionale e sumisura. Realizzare un percorso finaliz-zato allo sviluppo di un modello gestio-nale dello Studio legale conforme allostandard ISO significa infatti avviareun “progetto di organizzazione, gestio-ne e controllo” e confrontarsi con unanorma tecnica e internazionale, utiliz-zandola come strumento di Mana-gement; mutuando i suoi concetti e lesue prescrizioni dal contesto in cui sisono sviluppati (il mondo dell’impre-sa), alla specificità legale. Attraversol’ausilio di un esperto della norma tec-nica – il consulente esterno allo Studioche di norma funge da Project Manager– lo Studio legale può cioè avviare unprogetto finalizzato a realizzare un“Sistema di gestione per la qualità”(alias un sistema integrato di persone,sistemi operativi e processi), che verràsviluppato ponendo la norma tecnica aparametro di riferimento organizzativo,tenendo tuttavia conto delle peculiaritàdello Studio (ubicazione territoriale,dimensioni, settori di attività, sedi esuccursali, numero di dipendenti e col-laboratori, livello di informatizzazioneinterna, risorse fisiche impiegate ester-namente, livello organizzativo attual-mente esistente/assente, target cliente,mercato di riferimento, ecc.) e deputan-do una specifica risorsa interna delloStudio (il “Responsabile del Sistema digestione per la qualità”, alias il futuroManager/Office Manager di Studio)appositamente scelto e addestrato3, allo

sviluppo del progetto organizzativo.Per la norma UNI EN ISO 9001:2000infatti, la qualità consiste nel “grado incui un insieme di caratteristiche soddi-sfa i requisiti”. Significa quindi inprimo luogo “qualità del lavoro”, ossiadel metodo seguito dall’organizzazionenella pianificazione, progettazione enello sviluppo del lavoro e nell’eroga-zione del servizio. L’adozione di unpercorso di Management – ossia di svi-luppo di un “Sistema di Gestione per laQualità”, inteso dalla norma tecnicaISO quale “sistema per tenere sottocontrollo una organizzazione con rife-rimento alla qualità” – può essere con-siderata, anche per uno Studio legalecome un investimento, ossia come unsistema manageriale cui ricorrere permigliorare la qualità del lavoro e per losvolgimento delle prestazioni, qualun-que sia l’area di specializzazione, il set-tore di attività, e il mercato in cui loStudio operi ovvero intenda operare.Con innegabili ricadute positive per loStudio, anche in chiave di marketing.Ed in vero, i contenuti e gli insegna-menti della norma tecnica UNI EN ISO9001:2000 sono utili sia a uso mera-mente interno (ossia per l’ottimizzazio-ne dell’organizzazione di Studio), sia afini di “differenziazione sul mercato”;avviando un percorso finalizzato alconseguimento della certificazione diqualità dello Studio legale, con l’obiet-tivo di dare visibilità all’esterno dellavoro svolto internamente dallo Studiosotto il profilo organizzativo, e utiliz-zando la certificazione ottenuta, su tuttii mezzi di comunicazione informativadello Studio4.

2. Focus sui “principi per la qua-lità”. Come insegna in particolare lanorma tecnica UNI EN ISO 9001:2000(Sistemi di gestione per la qualità -Fondamenti e terminologia) “per gui-dare e far funzionare con successoun’organizzazione, è necessario diri-gerla e tenerla sotto controllo, inmaniera sistematica e trasparente” eavere dei “principi” in base ai quali lepersone dell’organizzazione si ricono-scono e possono coerentemente impo-stare la propria “filosofia del lavoro”.Scegliere di avere un modello di orga-nizzazione di riferimento è cioè impor-tante, ma del pari importante è, prima diogni cosa, avere dei principi cardine,sulla base dei quali impostare la propria“filosofia di lavoro e di direzione del-

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l’organizzazione”. Anche nel contestolegale, un primo approccio orientatoallo sviluppo di un modello di organiz-zazione, gestione e controllo interno,parte dalla definizione dei valori, del-l’etica e della filosofia di Studio; inbase ai quali definire gli obiettivi strate-gici di medio – lungo periodo, definirele regole di azione e il budget necessarial loro conseguimento, e orientare diconseguenza il “modus operandi” ditutte le risorse. Sotto questo profilo aifini della definizione della “politica edegli obiettivi per la qualità” di Studio,un utile punto di partenza può esseredato dai c.d. 8 principi di gestione per laqualità, che sono alla base delle teoriedel c.d. TQM (Total Quality Mana-gement) di cui alle norme tecniche edinternazionali ISO di riferimento, qui diseguito riassunti e sintetizzati.

1. Orientamento al cliente: le orga-nizzazioni di qualsiasi tipo dipendonotutte dai loro clienti; l’esercizio diogni attività deve quindi essereimprontata al rispetto del principio di“centralità del cliente” e impostata inun’ottica il più possibile “client orien-ted”, ossia tenendo conto dei bisogni edelle esigenze (presenti e future) delcliente, nella logica di soddisfare e di(tendere a) superare le sue stesseaspettative;

2. Leadership: nell’ambito di ogniorganizzazione, il compito di stabilirel’unità di intenti e di indirizzo dell’or-ganizzazione stessa, spetta ai vertici didirezione. Sono cioè i “capi” che devo-no esercitare la “funzione diLeadership” (i.e. di indirizzo e guidastrategica) e che hanno il compito dicreare e mantenere un ambiente di lavo-ro che coinvolga pienamente le persone(i.e. professionisti, collaboratori edipendenti), nel perseguimento di spe-cifici obiettivi pianificati;

3. Coinvolgimento del personale: lepersone, a tutti i livelli, rappresentanol’essenza stessa dell’organizzazione edil loro pieno coinvolgimento permettedi porre le loro capacità, al servizio ditutta la struttura. Il successo di ogniorganizzazione dipende quindi prima diogni cosa dalla capacità che i capihanno di dare rilevanza alle risorse fisi-che, prevedendo strumenti e metodolo-gie che assicurino il loro coinvolgimen-to, la loro responsabilizzazione, nonchéla loro motivazione partecipativa, intutte le attività che svolgono.

4-5. Approccio per processi e

approccio sistemico alla gestione: unrisultato si ottiene con maggiore effi-cienza quando le attività e le risorse –fisiche, strutturali e di budget – finaliz-zate al suo conseguimento, sono gestitecome un processo. Nell’ambito di qual-siasi organizzazione è cioè essenzialeidentificare, capire e gestire (come fos-sero un sistema integrato) “i processi”che sono alla base dello sviluppo delleattività quotidiane e le loro interazioni.Realizzare i collegamenti tra i diversiprocessi funzionali, con i sistemi opera-tivi e le persone, contribuisce infattiall’efficacia e all’efficienza dell’orga-nizzazione, e facilita il conseguimentodegli obiettivi prefissati.

6. Miglioramento continuo: ilmiglioramento continuo delle presta-zioni complessive, dovrebbe costituireun obiettivo permanente di ogni orga-nizzazione. Tutte le organizzazionidovrebbero cioè dotarsi di adeguatistrumenti di analisi e misurazione dellaloro prestazionalità (c.d. “performancedell’organizzazione”), per tendere amigliorarla e potenziarla progressiva-mente e nel tempo.

7. Rapporti di reciproco beneficiocon i fornitori: un’organizzazione e isuoi fornitori sono interdipendenti; per-ché le attività e le prestazioni di questiultimi, incidono e influenzano la qua-lità delle prestazioni dell’organizzazio-ne stessa. Ne deriva che, nel contesto diogni organizzazione, un rapporto direciproco beneficio migliora, perentrambi, la capacità di creare valore. Ilsuccesso dell’organizzazione dipendequindi anche dalla capacità della stessadi arrivare a gestire i fornitori esternicome “partners” integrati.

3. Focus sui “processi dell’orga-nizzazione”. La norma UNI EN ISO9001:2000 fa dei processi che caratte-rizzano la vita di un’organizzazione, ilsuo asse portante e richiede che essivengano correttamente individuati emonitorati nel loro andamento, al finedi garantirne il miglioramento conti-nuo. Nel gergo della qualità, si parla inproposito del c.d. “approccio per pro-cessi”, che nel caso specifico delloStudio legale richiede di procedereall’individuazione dei processi correla-ti alla realizzazione del servizio legale edelle attività a essi correlati, indivi-duando anche le interazioni degli stessi,con le persone di cui si compone l’orga-nizzazione di Studio. Rilevano quindi,

quanto alla pianificazione strategicadelle prestazioni di tipo legale: I) i pro-cessi decisionali e strategici di compe-tenza dei vertici dell’organizzazione(i.e. Titolare/Soci) correlati alla defini-zione dei valori, dell’etica, della politi-ca di Studio (c.d. Mission o Vision) efinalizzati alla individuazione e pianifi-cazione degli obiettivi di risultato cheessi intendono conseguire nel tempo; II)i processi operativi, che presuppongo-no il coinvolgimento dei livelli struttu-rali e delle funzioni di Studio di livellomedio-intermedio (i.e. professionisti,collaboratori, dipendenti e fornitori) eche sono correlati alle attività di “pro-gettazione e sviluppo” del serviziolegale in tutte le sue diverse estrinseca-zioni (i.e. gestione del cliente; aperturadella pratica; attività di ricerca e studio;creazione degli atti/contratti/pareri;attività di udienza/cancelleria; predi-sposizione della nota spese; archivia-zione – cartacea/informatica – dellapratica, ecc.); III) i processi di supporto,che interessano il personale dipendentee lo “staff” di Studio e che consistono inquelle attività correlate alla realizzazio-ne del servizio legale, senza le quali iprocessi operativi non potrebbero giun-gere a buon fine (ad es. gestione dellabiblioteca, delle banche dati, del knowhow di Studio, delle dotazioni informa-tiche; attività di reception, segreteria,amministrazione; organizzazione egestione della convegnistica e dellapubblicistica; sviluppo delle PR e della“immagine coordinata di Studio”, ecc.).A questi processi basilari, si aggiungo-no quelli utili e necessari a verificareche il modello organizzativo scelto evoluto dallo Studio legale, venga cor-rettamente attuato, monitorato nel suoandamento e, ove possibile, miglioratonel tempo (i.e. processo di verificaispettiva interna che consista in una pia-nificata attività di audit, che fa capo auno specifico Responsabile, ed è volta averificare la conformità del modello diManagement di Studio come progettatoe realizzato; processo di riesame delladirezione, che richiede il coinvolgi-mento periodico e programmato deivertici dello Studio – in persona delRappresentante della direzione – confunzioni di verifica, controllo e azione,in relazione all’organizzazione diStudio; processo di gestione delle risor-se, che è di competenza di una specificarisorsa interna dello Studio (il c.d.Office Manager) e presuppone che tutte

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le risorse, ai vari e diversi livelli funzio-nali vengano adeguatamente seleziona-te, formate, responsabilizzate, motivatee incentivate al conseguimento degliobiettivi pianificati; processo di analisidei dati, che si estrinseca nell’attività dirilevazione, aggregazione, studio,implementazione e monitoraggio deidati e delle informazioni concernentil’andamento dei processi su cui si fondail modello organizzativo e gestionaledello Studio, e che è finalizzata a dare il“dato oggettivo” del loro effettivo, pun-tuale e corretto andamento (e, in difetto,a fornire le basi per la definizione delleopportune azioni di correzione/dimiglioramento).

4. Codificare le “regole organizza-tive”. Erigere la norma UNI EN ISO9001:2000 a parametro del corretto ope-rare della propria struttura operativo-gestionale e implementare il modelloorganizzativo proposto, internamenteallo Studio, significa scegliere di agiresulla base della preventiva corretta indi-viduazione dei processi e delle attivitàdi Studio, per arrivare a gestire concognizione di causa, in modo program-mato e pianificato tutto quello che gior-nalmente accade in Studio; gestendoanche in modo strutturato tutte le rela-zioni e inter-relazioni che coinvolgonol’ambiente legale nel mercato di riferi-mento, in relazione al cliente target e atutte le altre parti interessate (c.d.Stakeholders). Sul lato pratico e, nelcaso dello Studio legale, fare questosignifica essere consapevoli del fattoche lo sviluppo di un modello organiz-zativo conforme allo standard ISOimpone la scelta volontaria di abbando-nare l’abitudine a ricorrere a regolecomportamentali fondate sulla “prassi”e sulle consuetudini, in favore di unadiversa e chiara definizione di “chi facosa, come lo deve fare, entro qualitempi e con quali risorse e sotto il con-trollo di chi”. Avviare un “percorso qua-lity oriented” significa cioè scegliere diarrivare – con l’ausilio di un esperto – a“codificare per iscritto” le regole dicomportamento e di azione, oltreché icompiti e mansioni di ogni singolo com-ponente dell’organizzazione; indivi-duando anche i ruoli e le responsabilitàdi ogni livello funzionale della strutturadi Studio in una apposita “documenta-zione di sistema” (i.e. Manuale dellaQualità, Procedure interne, Istruzioni dilavoro per i Professionisti e il personale,

Tabelle che specificano e dettagliano il“quadro delle responsabilità e autorità”di tutte le risorse e individuano obiettiviprestazionali per tutti e ognuno, Or-ganigrammi, Funzionigrammi e Man-sionari di Studio, ecc.), con previsioneanche dell’introduzione di appositi stru-menti di misura dell’impegno/dellaperformance di ognuno, che assicurinola “efficacia” del sistema organizzativo-gestionale e di controllo programmato evoluto (i.e. Timesheet per il controllo deltempo dedicato allo sviluppo delle atti-vità giornaliere; Piano di formazioneannuale per garantire la formazionecontinua e l’aggiornamento permanentedelle risorse; Business Plan per l’ammi-nistrazione delle finanze/il controllo digestione dello Studio ecc.), nel perse-guimento di una “politica per la qualitàe di obiettivi di risultato” cui tendere nelmedio-lungo periodo. Il successo delmodello organizzativo interno, si fondapoi sulla “consapevolezza” dell’impor-tanza dell’apporto fattivo di tutti e ognu-no, nella sua concreta realizzazione. Losviluppo di un progetto di Managementefficace, presuppone quindi anche la previsione di periodici momenti di incontro-confronto-decisione (c.d.brainsorming), con il coinvolgimentodei diversi livelli funzionali di Studio, alfine di affrontare temi correlati all’orga-nizzazione, al controllo di gestione, allapianificazione attuale e prospettica delleattività, all’analisi delle principali “criti-cità di Studio” (i.e. c.d. problem setting- problem solving); in un clima di lavoroche faciliti il più possibile il dialogo, ilconfronto e all’apporto fattivo – soprat-tutto in termini di idee innovative – ditutti e ognuno.

5. Certificare l’organizzazione. Lascelta di operare un cambiamento delDna di Studio adottando, in formavolontaria lo standard ISO 9001:2000può risultare vincente, per rendere ipropri servizi più competitivi e in lineacon i requisiti di efficienza e di prati-cità dettati dall’odierno mercato; chepresuppone oggi necessariamente lacapacità di confrontarsi anche con“modelli prestazionali” europei e inter-nazionali, spesso qualitativamente piùcompetitivi e all’avanguardia rispetto aquelli nostri tradizionali; perchéimprontati su una logica “di risultati”piuttosto che “di mezzi”. La decisionedi parametrarsi al modello di manage-ment suggerito dalla norma tecnica da

parte di uno Studio legale, nasce e sigiustifica prima di tutto per esigenzeinterne, finalizzate a fare in modo chela struttura organizzativa lavori e pro-duca in modo più efficiente, rapido etrasparente. Vi sono tuttavia situazioniparticolari, tali per cui il percorso orga-nizzativo rappresenta solo il primopasso verso un obiettivo più ampio eambizioso; che trova la sua ragiond’essere nella scelta o nell’esigenzasentita dallo Studio di conseguire lacertificazione di conformità. Per “cer-tificazione” ai sensi della norma tecni-ca UNI CEI EN 45020:1998(Normazione e attività connesse) s’in-tende infatti l’attestazione che vienefornita da un soggetto indipendente eautonomo, in forma di assicurazionescritta che un prodotto, un processo oun servizio è conforme ai requisiti spe-cificati da una previsione di natura tec-nica di riferimento. Più in particolare, econ specifico riferimento alla certifica-zione contemplata nel nostro CodiceDeontologico Forense, si tratta dell’at-testazione rilasciata da un Organismoterzo e autonomo (l’Organismo di cer-tificazione che è terzo rispetto alloStudio legale, al consulente delloStudio che lo ha supportato nello svi-luppo del percorso di “ProjectManagement” finalizzato alla realizza-zione del modello organizzativo/alSistema di gestione per la qualità sug-gerito dallo standard ISO, e al clientetarget), circa l’idoneità dell’organizza-zione (i.e. persone, processi e sistemioperativi integrati in un “sistema digestione per la qualità” di Studio), aerogare la prestazione, nel rispettodelle esigenze e delle prerogativeespresse dal cliente target; nonché lacapacità dello Studio ampiamente inte-so, a mantenere nel tempo il consegui-mento dei risultati attesi, secondo leindicazioni fornite dalla norma tecnicadi riferimento, per tramite dei suoi pro-cessi interni organizzati in conformitàdelle sue prescrizioni e gestiti “conmodalità controllate”. È cioè “certifi-cazione di processo” (i.e. del metododel lavoro) e non “certificazione diprodotto/servizio” (i.e. del singoloatto, parere, contratto, udienza, ecc.).Avendo chiaro il concetto di certifica-zione (non si tratta cioè solo comemolti pensano di un mero “bollino”),ben si comprende perché sempre piùStudi legali che, avendo svolto interna-mente il lavoro di pianificazione e pro-

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grammazione delle proprie modalitàoperativo-gestionali-di controllo, rea-lizzando un sistema di gestione per laqualità conforme allo standard ISO, nerichiedano poi la certificazione daparte di un Organismo terzo5. Il fine èquello di effettuare, con tale richiesta ein caso di accertamento positivo, una“scelta strategica di competitività”,derivante dalla possibile “spendibilità”dell’attestazione di conformità suimezzi di comunicazione di tipo tradi-zionale (i.e. carta da lettere, biglietti davisita, targa) e/o innovativo (i.e. sitoInternet, brochure, Manuale qualità),con innegabili vantaggi in chiave diimmagine, visibilità, e marketing. Perrivelare all’esterno (al mercato e alpubblico) la capacità organizzativadella struttura di Studio e l’affidabilitàdel/dei professionista/i operante/i, persuo tramite, e anche certamente perfruire di uno strumento di individua-zione e di comunicazione efficace,capace di differenziare lo Studio daicompetitors non certificati. Per loStudio legale l’attestazione di qualitàISO funge infatti da “facilitatore” nellosviluppo di nuove relazioni con altrisettori “di business” già certificati (i.e.Imprese, Banche, Compagnie diAssicurazioni, Enti Pubblici, ecc.); concui lo Studio legale certificato può con-dividere lo stesso “linguaggio organiz-zativo” con evidente privilegio e prefe-renza rispetto alle altre realtà organiz-

zative (concorrenti) – legali e non –non certificate.

Conclusioni:Dati Censis di quest’anno individua-

no nel 78% la percentuale degli Studilegali che dichiarano di voler puntaresullo sviluppo del modello organizzati-vo e nell’84% quelli che ricercano laminimizzazione delle inefficienze nellosviluppo delle attività quotidiane6.

Migliorare la qualità del servizio edell’ambiente di lavoro, con innegabiliricadute positive sia interne che esterneallo Studio è possibile. E si tratta prin-cipalmente di affrontare una questionedi metodo.

Lo standard internazionale più rico-nosciuto per la gestione della qualità –la norma tecnica UNI EN ISO9001:2000 – può essere utilizzata comeriferimento o best practice per miglio-rare la progettazione e sviluppo delleprestazioni dello Studio legale.

Il buon funzionamento e una ade-guata organizzazione-gestione e con-trollo dei processi, delle persone e deisistemi operativi dello Studio influen-zano fortemente il risultato delle sueprestazioni professionali; quindi, insenso lato “la qualità” dei servizi offer-ti al cliente target. Di più certificazioneper la qualità ISO 9001:2000 rilasciatada un Organismo terzo, rileva anche inchiave di marketing legale; facilitandolo Studio nella propria strategia di “dif-

ferenziazione” dai competitors, nelmantenimento di un determinato posi-zionamento ovvero nella penetrazionedi nuovi mercati/settori del mercato –nella “fidelizzazione” del cliente tar-get/acquisizione di nuovi clienti.

Da esperta della materia, mi preme tut-tavia concludere con alcune precisazioniimportanti. La norma tecnica ISO, il siste-ma di gestione per la qualità e la certifica-zione ISO concerne la struttura e il meto-do operativo di Studio; garantendone l’ef-ficacia organizzativa e l’efficienza pro-duttiva. Elementi questi che tuttavia dasoli, non possono assicurare la qualitàdella singola prestazione del professioni-sta legale; che si caratterizza sempre perla sua natura di prestazione d’opera intel-lettuale. La perizia, la diligenza, la com-petenza professionale oltreché le qualitàpersonali e la correttezza deontologicadell’Avvocato non sono “certificabili”, eanche l’implementazione di un sistema diManagement conforme allo standard ISOgarantisce diversamente – e solo –, l’esi-stenza di strumenti corretti, al fine di sod-disfare, con metodo, le esigenze e aspetta-tive del cliente target. Incidendo più “sulmetodo” che sul “contenuto del servizioerogato”, la qualità, nel senso ISO, sisostanzia nella standardizzazione dei pro-cessi erogativi del servizio. Giammainella standardizzazione del prodotto/ser-vizio legale.

Giovanna Stumpo1

1 Avvocato, Pubblicista ed Editorialista, Docente di Organizzazione presso la Scuola Forense dell’Ordine degli Avvocati di Milano. Senior Partner di StudioBaldin Euroquality Srl (www.studiobaldin.it), assiste numerosi Studi Legali nello sviluppo di progetti di organizzazione, marketing e qualità (fino all’eventua-le conseguimento della certificazione ISO). Per informazioni e contatti www.giovanna.stumpo.name, [email protected] La norma tecnica e internazionale UNI EN ISO 9001:2000 e le altre norme tecniche citate nel testo, sono reperibili nel Sito Internet dell’Ente Nazionale diNormazione di riferimento, www.uni.it. Per la metodologia applicativa dello standard ISO utile a sviluppare un percorso di organizzazione, gestione e control-lo dello Studio legale si rimanda più diffusamente a A. Baldin - G. Stumpo “La qualità negli Studi Legali - Come si applica il sistema di gestione qualità (Vision2000)”, Maggioli ed. anno 2003.3 La norma UNI EN ISO 9001:2000 può rappresentare “il modello” cui improntare “il modus” delle attività operative e gestionali delle organizzazioni di qual-siasi tipo e natura perché le sue disposizioni hanno natura universale. Le organizzazioni che si avvicinano a tale norma, lo fanno con la finalità di ricondurre auna metodologia pianificata e scritta, le loro attività di business; scegliendo di abbandonare le prassi comportamentali non scritte, in favore di una pianifica-zione codificata dei processi di sviluppo del lavoro, in un apposito manuale/regolamento scritto. Con particolare riferimento al settore legale, dotarsi di un siste-ma di Management conforme allo standard ISO significa adottare volontariamente la metodologia suggerita dalla norma tecnica, e acquisirla – a livello di orga-nizzazione e persone – come fatto culturale da implementare internamente allo Studio; allo scopo di garantire la corretta gestione dei metodi di lavoro ai varilivelli funzionali e di migliorare la qualità delle prestazioni, attraverso l’introduzione di tecniche di pianificazione del lavoro, di standardizzazione dei proces-si, il controllo di ogni e tutte le attività di Studio.4 Per l’applicazione degli insegnamenti ISO in chiave di “sviluppo di un percorso di marketing legale” si veda G. Stumpo, “Marketing per gli Studi Legali -Strumenti e tecniche per una strategia vincente e per migliorare la performance”, Giappichelli ed., anno 2006.5 Il processo finalizzato all’ottenimento della certificazione di conformità, rappresenta nella logica della norma UNI EN ISO 9001:2000 “il coronamento” dellasua corretta applicazione. Sotto il profilo pratico-operativo, una volta che lo Studio legale ha sviluppato la “documentazione di sistema” e implementato cor-rettamente al proprio interno la metodologia organizzativa suggerita dalla norma tecnica, con l’ausilio del consulente qualità, si procede alla ricercadell’Organismo di certificazione che corrisponde alle esigenze e al ramo di attività di Studio (in Italia gli Organismi accreditati SINCERT – Sistema Nazionaleper l’Accreditamento degli Organismi di Certificazione e Ispezione – sono infatti una cinquantina, ciascuno accreditato per uno o più settori di certificazionecorrispondenti ai vari e diversi raggruppamenti merceologici; la certificazione poi, può avere una “spendibilità” nazionale o internazionale, anche a secondadell’Organismo che la rilascia). Individuato l’Organismo di certificazione, lo Studio legale riceve il formulario per la domanda di certificazione e il relativoregolamento. Si dovrà poi inviare all’Organismo la “documentazione di sistema sviluppata” per la prima valutazione della conformità della stessa alla normatecnica ISO di riferimento. In un momento successivo un Auditor inviato dall’Organismo di certificazione verificherà la reale applicazione della norma all’in-terno dello Studio legale, valutando se quanto “documentato” risulti effettivamente implementato. Alla fine del processo di verifica andato a buon finel’Organismo emette il certificato (valevole per tre anni) con specifica dei settori di certificazione e delle sedi certificate. Lo Studio legale come detto, potrà quin-di darne visibilità nei propri mezzi informativi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza circa l’Organismo di certifica-zione scelto, e il campo di applicazione dell’attestazione da questo rilasciata (cfr. art. 17-bis del Codice Deontologico Forense).6 Fonte, C. Morelli, Avvocati divisi tra mercato e Ordine, in Italia Oggi Quotidiano, 19 luglio 2007, pag. 46.

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Il marketing è uno strumento praticoutile per orientare qualsiasi organiz-

zazione che si muova in un contestoeconomico (normalmente definito“mercato”), all’obiettivo di una gestio-ne efficace delle relazioni con la pro-pria clientela, sia nel momento che pre-cede la progettazione e creazione diprodotti, sia nella individuazione dellesue caratteristiche, sia nella fase suc-cessiva della commercializzazione edella cura dei clienti che lo hannoacquistato. De relato, il marketing lega-le può essere definito come la tecnica dimarketing applicata alla professioneforense, ovvero al “prodotto/serviziolegale”, sul “mercato dei servizi legali”,nel rispetto delle sue regole, tra cui, tral’altro, si collocano i canoni deontolo-gici forensi.Nel corso degli ultimi anni questa disci-plina ha attirato una sempre maggioreattenzione da parte dei professionisti,pure in un contesto, come quello italia-no, caratterizzato da una tradizione cul-turale di stampo classico e da una storiae un tessuto di matrice corporativa.Da quando, nell’ultimo decennio, ilnumero degli avvocati è aumentatoesponenzialmente, la quantità e qualitàdel lavoro, il livello di reddito e la stes-sa percezione sociale della figura del-l’avvocato sono molto cambiate, pernon dire che sono irriconoscibili.Un tempo l’avvocato aspettava i clientinello studio e si limitava ad essere pre-sente quando i clienti, prima o poi, ave-vano bisogno di lui, oggi e sempre piùspesso, è il professionista ad usciredallo studio e a visitare il cliente.A sua volta quest’ultimo è molto cam-biato, diventando un cittadino e unimprenditore più consapevole spessocon maggiori pretese sul risultato del-l’attività.Grazie anche alla crisi del modelloordinistico, alla crescente internaziona-lizzazione del lavoro, l’avvocato oggiha bisogno di nuovi strumenti per

affrontare la competizione. Il lavoro vainformatizzato, va affinata la capacitàdi analisi del proprio contesto di riferi-mento, vanno approfonditi i bisognidella propria clientela attuale e poten-ziale, occorre una totale consapevolez-za dei pregi e difetti della propria orga-nizzazione, dalla capacità di pianifica-zione finanziaria e gestionale, finoall’abilità nelle relazioni e nella comu-nicazione.Solo una maggior apertura e soprattuttoun investimento di tempo e risorseverso questi strumenti consentono unapproccio strategico innovativo all’atti-vità e al management dello studio, siasotto il profilo organizzativo che quali-tativo.La principale sfida proposta dal marke-ting è quella di ripensare se stessi, lostudio, la propria identità professionale,le proprie abitudini, le vocazioni fino aquel momento date per scontate, tra-sformando le proprie caratteristiche invantaggi competitivi e in opportunità.Lo studio legale è un soggetto comples-so, una organizzazione funzionale foca-lizzata primariamente sull’obiettivo difornire servizi altamente personalizzatie confidenziali (il mandato alla lite sifonda sul principio dell’intuitu perso-nae), allo scopo della soddisfazionenon solo economica dell’interesse delcliente nella massimizzazione del pro-fitto del professionista.Anche se spesso sottaciuto o considera-to inelegante, lo scopo economico del-l’attività dell’avvocato trova confermaproprio nella struttura tariffaria obbli-gatoria, di cui ci si è finalmente avviatial superamento. Le tariffe minime emassime, così come lo stesso impiantodi calcolo del valore delle prestazioni,hanno avuto sì la funzione di garantireal cittadino norme chiare di riferimentonei confronti di una attività che in quan-to intellettuale ha un valore intangibile,ma anche quella di tutelare il lavorodell’avvocato, la cui prestazione di

mezzi ottiene un riconoscimento pro-prio in virtù di un sistema tariffarioblindato.Le novità legislative che hanno portatoall’abolizione delle tariffe minime nonrinnegano questo assunto, ma lo supe-rano aprendosi a un sistema di pricingpiù moderno che rende necessario l’uti-lizzo delle tecniche di marketing.Potendo e dovendo formulare proprietariffe, anche all’interno di griglie diriferimento, sarà inevitabile anche perlo studio legale l’adozione di politichedi prezzo che non potranno prescindereda un rapporto dialettico con il mercatoe con la concorrenza, ma che soprattut-to non potranno aggirare il controllo digestione della propria attività.Pochissimi avvocati, oggi come oggi,hanno la consapevolezza del valoreintrinseco della propria prestazione edella sua esatta composizione, un totaleformato da costi, imposte, quote diammortamento, tempo di lavoro, spre-chi o risparmi dovuti alla ripetitività ostandardizzazione di alcune attività.Pochissimi potrebbero affermare consicurezza che un’ora del proprio lavorovale, mediamente “un tanto” e qualeparte di quel “tanto” è puro utile e qualeinvece sia la copertura di spese fisse ovariabili.L’avvocato, non potrà più fare a menodi conoscere esattamente il valore delproprio lavoro, sia in termini di costoorario che di costo fisso e sulla base diquesti dati potrà formulare politiche di“prezzo”. La scelta di fatturare su baseoraria o secondo le voci del tariffariotradizionale sarà sempre più libera econsentirà di calibrare anche il costodelle prestazioni a ogni singolo caso,rafforzando e non depauperando l’in-tuitu personae su cui si fonda il rappor-to con il cliente.A seconda del livello della propria pre-stazione, dell’economicità e dell’effi-cienza della propria organizzazione,l’avvocato e lo studio si collocheranno

ORGANIZZAZIONE E MARKETINGPER LO STUDIO LEGALE

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in questa o quella fascia di mercato epotranno comunicare nel modo giustomigliorando la percezione delle propriequalità e peculiarità anche nei confron-ti della clientela potenziale, rafforzandoi propri vantaggi competitivi.Nonostante alla maggioranza degliavvocati italiani il parallelo risulti odio-so per il mero accostamento terminolo-gico, lo studio legale ha una strutturaorganizzativa assolutamente similare aquella di una piccola impresa (artigianao commerciale) e pertanto la sua gestio-ne sarà tanto più efficace quanto saran-no adottati con competenza gli stru-menti e le tecniche gestionali propriedell’azienda.Indipendentemente dal fatto che le pre-stazioni erogate da uno studio legaleabbiano un carattere prevalentemente(ma non solo), intellettuale e che l’inca-rico che sta alla base dell’acquisto delservizio erogato si fondi su un incaricofiduciario, non si vede perché, nellagestione del rapporto tra studio e clien-te e nella organizzazione dello studionon vadano adottate le migliori formu-le organizzative.La razionalizzazione dei processi, lacomprensione e lo snellimento delleprocedure interne di controllo e di deci-sione, la gestione della delega, dellaleadership, la distribuzione dei carichidi lavoro, la gestione dell’archivio edella banca dati della conoscenza, l’ef-ficienza della fatturazione e dellagestione dei crediti, il controllo digestione, l’analisi dell’andamento dellostudio e le pianificazioni strategiche,per esemplificare, sono attività cheappartengono alla pratica della gestioneaziendale, ma non c’è ragione per nonconsiderarle come strumenti molto utilianche per lo studio legale.Gli studi legali italiani sono nella mag-gioranza piccoli o piccolissimi: lafascia più numerosa comprende studi incui sono impiegati mediamente da 3 a10 addetti; la fascia di dimensioneappena superiore (da 10 a 30 addetti) èconcentrata nelle grandi città e normal-mente ha vocazione internazionale. Lacategoria ancora superiore, che superain numero i 30 avvocati riguarda unnumero di studi inferiore al centinaio intutto il Paese. Pochissimi (4/5) studilegali italiani contano più di 100 profes-sionisti.La soglia dei 30 legali è generalmenteconsiderata la massa critica indicativadella necessità di dotarsi di una struttu-ra associativa/societaria e di una gestio-ne manageriale, normalmente affidata aun avvocato con funzione di managingpartner o a un direttore generale scelto

all’esterno dello studio e del gruppodegli avvocati.Quanto alla formula gestionale dell’e-sercizio collettivo dell’attività, attual-mente non si discosta dai modelli con-sentiti della condivisione delle spese traprofessionisti autonomi (estremamentediffusa), della associazione professio-nale e della società tra avvocati (model-lo introdotto nel 2001 che ha avutoscarsissimo successo soprattutto acausa dell’assenza pressoché totale divantaggi fiscali rispetto all’associazio-ne).Sarà interessante, nello sviluppo futuro,valutare l’impatto della introduzionedella nuova formula, per ora solo gene-rica, della società multidisciplinare,che, in linea teorica, permette la crea-zione di strutture consulenziali ampie eorganizzate sulla base di una specializ-zazione verticale.Normalmente è un solo membro o unpiccolo gruppo di soci che prende ledecisioni rilevanti per lo studio, sia sulpiano finanziario che strategico chestrettamente professionale.Gli altri addetti hanno funzione mera-mente esecutiva, seppure con diversilivelli di delega e responsabilizzazione.Mutuando la formula di distribuzioneaziendale del lavoro, sarà estremamentedifficile, se non impensabile immagina-re di attribuire la funzione di responsabi-le di marketing a un professionista iden-tificato o a un addetto a ciò preposto.La funzione di marketing pertantodovrà essere diffusa all’interno dell’or-ganizzazione e coinvolgere il maggiornumero di addetti, fatte salve le attivitàdi pianificazione strategica che vannoconsiderate, definite e attuate dall’auto-rità del/dei decision maker.Al socio dirigente o al gruppo di sociandrà pertanto la funzione strategica edi pianificazione, agli stessi sarannoriservate le principali attività relaziona-li e di comunicazione, mentre tutti i col-laboratori e il personale di segreteriasaranno titolari delle attività di clientcare e client relationship managementessenziali al successo del marketing distudio.Ciò non impedisce che un consulenteesterno indirizzi le diverse fasi inizialidi analisi e strategia per poi aiutare lostudio nelle successive fasi di controllo.Negli studi di dimensioni maggiori, nelquale anche il carico di lavoro di unaddetto di marketing è proporzionale,viene normalmente individuata unafigura interna che si interfaccia con ilmanagement per la realizzazione ope-rativa delle strategie di marketing e chesi occupa, per esempio, della gestione

del sito dello studio, della realizzazionedelle attività di relazione e comunica-zione dello studio e della organizzazio-ne degli eventi.Negli studi che appartengono a networkinternazionali e che adottano il modelloorganizzativo inglese, la funzione dimarketing è affidata a un team di addet-ti che lavorano in staff con il managingpartner.

Rapporti tra marketing legale edeontologiaRimosso l’ostacolo della vincolativitàdelle tariffe (peraltro relative solo alleattività giudiziali), non vi sono limitideontologici di sorta all’implementa-zione di politiche e strategie di marke-ting.È un equivoco comune infatti quelloche accomuna la tecnica di orientamen-to al mercato con la pubblicità.Nonostante questo parallelismo ècomunemente operato e fondato su unaopinione diffusa, esso si fonda princi-palmente proprio sulla ignoranza delletecniche di marketing di cui la pubbli-cità è solo uno degli strumenti, nemme-no il più significativo.Piuttosto può avere qualche rilevanza ilcontrasto tra alcune attività di marke-ting e l’art. 19 del Codice deontologicoforense che generalmente punisce“L’accaparramento di clientela” amezzo di commissioni o premi a inter-mediari o agenti e in genere l’offerta diprestazioni professionali con la pro-messa di vantaggi. Se sul primo punto(divieto di intermediazione), la norma èchiara e costituisce un riferimento pre-ciso (spesso disapplicato), sul secondopunto l’interpretazione terminologica eoggettiva di talune attività promoziona-li potrebbe lasciare spazio all’insorgen-za di dubbi. Dal gennaio del 2006, conl’ultima modifica del Codice deontolo-gico, è diventato possibile per lo studiolegale utilizzare un sito internet, intrat-tenere rapporti con la stampa (anche sein forma passiva e non attiva) e farepubblicità informativa. È venuto dun-que il momento per gli avvocati italianidi imparare a pianificare le proprie atti-vità di promozione e la propria strategiadi mercato, ricordando che, comunquelo si voglia interpretare, non esiste un“marketing assoluto”, ma solo punti diriferimento e tecniche di analisi e misu-razione, oltre a un essenziale e indefet-tibile principio: la conoscenza del mer-cato, la pianificazione e l’individuazio-ne dei propri obiettivi sono le chiavi delsuccesso.

Paola Parigi

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Mi sto occupando della Com-missione Informatica del nostro

Ordine da quasi quattro anni e possodire di avere ormai acquisito, da un lato,una maggiore dimestichezza con i variproblemi che la rapidissima evoluzionedell’informatica ha posto e continua aporre a noi avvocati anche nell’organiz-zazione dei nostri studi e, dall’altro, unapiù chiara visione di quello che è illivello medio di informatizzazionedegli avvocati.Una rivoluzione silenziosa, ma epocaleha attraversato le nostre vite professio-nali negli ultimi 15 o 20 anni.Negli Anni ‘80 si è incominciato a par-lare di informatica giuridica e tale ter-minologia è entrata a far parte, in modosempre più diffuso, del nostro vocabo-lario comune a partire dall’inizio degliAnni ‘90 in cui abbiamo assistito a unacrescita esponenziale della informatiz-zazione accompagnata dalla rapidissi-ma diffusione di Internet e del WorldWide Web.Ci siamo trovati ad aver a che fare conl’informatica giuridica in ambiti appli-cativi diversi che hanno, in buonasostanza, stravolto il precedente mododi esercitare la professione e di organiz-zare i nostri studi professionali.Un primo ambito applicativo è statoquello che ha visto l’introduzione deisistemi informatici redazionali e, cioè,di quei programmi di editing del testo(word processor) che consentono laproduzione di documenti scritti.La loro utilizzazione ha cambiato com-pletamente i modi e i tempi di appronta-mento dei documenti scritti.Con l’adozione del computer per la lororedazione si sono, infatti, superati i pro-blemi dei tempi lunghi collegati allacorrezione delle bozze e alla conse-guente ribattitura dei testi corretti.Immediata è divenuta la redazionedegli atti ripetitivi per il confeziona-mento dei quali è ormai sufficientememorizzare all’interno della “macchi-

na” i diversi modelli standardizzati chevengono, poi, di volta in volta, adattatial caso di specie con l’introduzione deidati particolari più specifici.La redazione degli atti è, poi, stata ulte-riormente agevolata dall’utilizzo deiprogrammi di editing coordinato conuna seconda applicazione informaticarappresentata dalla raccolta e gestionedi dati e, cioè, da quell’applicazioneche ha consentito la creazione delle c.d.banche dati dalle quali è possibile attin-gere informazioni anche per la forma-zione degli atti.Si tratta, per esempio, di raccolte di giu-risprudenza, di raccolte di dottrina e/odi raccolte di testi normativi il cui con-tenuto, oltre che consultato per mezzodel personal computer, può anche esse-re trasmigrato all’interno dell’atto chesi sta preparando con una semplicissi-ma attività meccanica che non richiedepiù la digitazione di tutte le parole datrasferire.Le banche dati su supporto informatico,inoltre, hanno, nel corso del tempo, tesoa soppiantare i corrispondenti docu-menti cartacei (libri, codici, riviste,ecc.) sia per l’anzidetta loro peculiarità(agilità delle operazioni di trasferimen-to dei dati da un documento all’altro),sia per la estrema facilità di consulta-zione determinata dalla possibilità dieffettuare le ricerche dei documentid’interesse mediante l’utilizzo di“parole chiave” che ne consentonol’immediata evidenziazione all’internodell’enorme massa degli altri documen-ti che per la specifica ricerca in corsorisultano irrilevanti.Ma banche dati sono anche tutte quelleche ciascun singolo utente (o gruppo diutenti collegati in rete interna - intranet)è andato creandosi con la formazionedei vari documenti informatici memo-rizzati nel proprio Personal Computerovvero archiviando, mediante scansio-ne elettronica, documenti cartacei pree-sistenti.

Anche questi documenti possono,ovviamente, essere utilizzati medianteoperazioni di assemblaggio e/o estrapo-lazione nella redazione di nuovi atti conevidentissimo ulteriore risparmio ditempo.Con la diffusione di internet, accentua-tasi in modo esponenziale a far data daiprimi Anni ‘90, si è, poi, avviata la ten-denza a passare dall’utilizzo delle ban-che dati racchiuse in singoli supportiinformatici (prima floppy disk e, poi,CD Rom) in dotazione a ciascun singo-lo utente, alle banche dati c.d. on-line e,cioè, disponibili sulla rete globale dallaquale possono, per lo più a pagamento,essere consultate e/o acquisite al pro-prio personal computer.L’utilizzo di internet ha, in realtà, rap-presentato un ulteriore gigantescopasso in avanti in quel processo di rivo-luzionamento del modo di fare la pro-fessione che, come accennato all’ini-zio, si è avviato nei primi Anni ‘80.Con internet, infatti, non solo si è aper-to l’accesso a un pressoché infinitonumero di dati attingibili rimanendoseduti alla propria scrivania, ma si ècreata, attraverso l’utilizzo della postaelettronica (e-mail) la possibilità di dia-logare con qualsiasi altro utente e di tra-smettergli o riceverne dati e/o docu-menti in tempo reale ovunque lo stessosi trovi.Ciò ha significato incredibile velociz-zazione degli scambi di informazioni e,conseguentemente, anche una corri-spondente riduzione dei tempi di rispo-sta entro i quali si pretende che l’avvo-cato fornisca la propria prestazione pro-fessionale soprattutto, ma non solo,quando la stessa abbia natura di parere.Un terzo fondamentale ambito applica-tivo dell’informatica al mondo dell’av-vocatura è quello dei programmi “c.d.gestionali” che hanno consentito diautomatizzare l’attività burocratico-amministrativa dei nostri studi.Si tratta dei programmi di parcellazio-

AVVOCATI E INFORMATIZZAZIONE

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ne, di gestione della contabilità, digestione dell’agenda e di gestione deifascicoli informatici (che tendono sem-pre più a contenere integralmente ilfascicolo cartaceo i cui diversi docu-menti vengono singolarmente scansio-nati per essere trasformati in files elet-tronici archiviabili nella memoria delPC) che possono presentare diversissi-mi livelli di affinamento e di correlazio-ne e di conseguente automatizzazione.Questa rivoluzione che ho definito“epocale” si caratterizza, forse ancheper l’estrema velocità dei grandissimicambiamenti che si sono succeduti eche sono tuttora in atto, per attraversarela nostra professione in modo del tuttodisomogeneo.Il livello di informatizzazione dei diffe-renti studi legali è, invero, diversissimoe si spazia da situazioni in cui l’infor-matica ha appena fatto il suo timidoingresso magari anche in forme ormaialquanto obsolete (l’obsolescenza nelcampo dell’informatica ha tempi bre-vissimi) a situazioni che si collocanoall’avanguardia di quanto oggi è possi-bile avere in tale ambito.Questa disomogeneità di fondo è statapossibile perché fino a oggi nel nostrocampo, contrariamente a quanto èavvenuto per altre categorie professio-nali per le quali vi sono state vere e pro-prie imposizioni normative (si pensi aicommercialisti che si sono visti costret-ti, ormai da qualche anno, alla presenta-zione delle dichiarazioni dei redditi invia telematica), il legislatore non haimposto nessun obbligo particolare cherendesse indispensabile l’informatizza-zione dei nostri studi.Una simile situazione, però, è destinataa non potersi più protrarre ancora alungo.Dal 2001, infatti, a livello ministerialesi sta lavorando per dare attuazione allaprevisione del processo civile telemati-co che sostanzialmente prevede che iflussi informativi e documentali trautenti esterni (avvocati e ausiliari delgiudice) e Uffici Giudiziari si realizzi-no attraverso la trasmissione di dati pervia informatica (internet) previo accre-

ditamento, mediante smart card, delsoggetto legittimato all’invio.In altre parole, allorché tale nuovomodello di processo sarà reso operativoin via generale, gli atti di parte dovran-no essere redatti per mezzo di uno spe-cifico programma di editing fornito dalMinistero che sarà integrato da appositisistemi software per la firma e la cifra-tura del documento. Lo stesso, poi,verrà inoltrato telematicamente (dasoggetto che avrà accreditato la proprialegittimazione mediante smart card)alla Cancelleria dell’Ufficio Giu-diziario competente che provvederà afornire attestazione elettronica anchedel momento della sua presa in carico.Sempre per via telematica, poi, avverran-no le comunicazioni fra l’Ufficio e l’u-tente (avvocato) e quest’ultimo avrà lapossibilità di consultare da remoto (dalproprio studio) via internet il fascicoloinformatico del procedimento contenen-te gli atti delle parti, i provvedimenti deigiudici e l’indicazione delle scadenze.Attualmente questa forma di processo èin fase di sperimentazione in sette sedipilota (Bari, Bergamo, Bologna,Catania, Genova, Lamezia Terme ePadova) ove sono costituiti dei labora-tori di sperimentazione composti da unristretto numero di avvocati, magistrati,cancellieri ed esperti informatici.Superata la fase di sperimentazione ini-ziale (che, anche per gli ormai croniciproblemi di bilancio dell’amministra-zione della giustizia, si è protratta assaipiù del previsto), si procederà a rendereoperativo tale sistema in tutte le sedi diTribunale e per allora sarà indispensa-bile che tutti gli avvocati che intende-ranno operare in sede giudiziale civilesiano dotati di adeguata formazione incampo informatico (con le sempre piùaccentuate semplificazioni dell’utilizzodell’informatica, tale esigenza di for-mazione sarà sicuramente minimale,ma dovrà necessariamente essere pre-sente) e siano forniti degli indispensa-bili strumenti tecnici.Sarà verosimilmente il momento in cui,abbandonate le autonome iniziativeindividuali di aggiornamento e di ade-

guamento dei propri sistemi-studio alleepocali innovazioni introdotte dal-l’informatica in capo giuridico, ci sidovrà necessariamente dotare di unlivello standardizzato minimo di dota-zioni e competenze informatiche.Il nostro Consiglio ha, ormai da tempo,avviato alcune significative iniziativevolte ad anticipare taluni dei beneficiche conseguiranno all’adozione dellanuova modalità di gestione del proces-so civile e ad una più ampia applicazio-ne dell’informatica alla nostra attivitàprofessionale.Si tratta del servizio “Sentenze on line”che consente di acquisire, da remoto(stando, cioè, nel proprio studio), copiadelle sentenze e degli altri provvedi-menti civili pronunciati dal Tribunale edalla Corte d’Appello di Torino.A fianco di tale servizio si è ancheavviato quello di consultazione daremoto delle informazioni contenutenei registri di cancelleria della Corted’Appello e, a breve, ultimata una gra-vosa operazione di bonifica e di norma-lizzazione della banca dati delTribunale relativa alle generalità degliavvocati risultati patrocinatori di causependenti, si potrà avviare il detto servi-zio anche con riferimento alle causependenti avanti il Tribunale.Un ultimo significativo sforzo, poi,stiamo compiendo per cercare di avvia-re analoghi servizi anche per le SezioniPenali del Tribunale e della Corted’Appello di Torino che, al momento,rappresenterebbero un’esperienza pilo-ta unica su tutto il territorio nazionale.Questo avvio della sperimentazione del-l’utilizzo delle nuove tecnologie infor-matiche per “dialogare” con gli UfficiGiudiziari rappresenta sicuramenteun’occasione unica per consentire, aquei colleghi che hanno trascurato diaggiornarsi compiutamente al riguardo,di recuperare il tempo perduto e presen-tarsi, in tal modo, pienamente preparatiall’appuntamento con le grandissimeinnovazioni tecnologiche che prestodiventerà indispensabile utilizzare.

Roberto Macchia

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Affrontare il tema dell’organizza-zione degli studi legali nell’attua-

le momento significa affrontare in uncolpo solo un complesso di aspetti, cherappresentano insieme problemi eopportunità e che in tutta evidenzahanno cambiato lo scenario del lavorodell’avvocato, così come quello di tantealtre professioni e categorie sociali.Sintetizzando e senza voler essere esau-stivi: un mondo sempre più piccolo, chefavorisce lo shopping preventivo delGiudice più efficiente; l’incidenza deldiritto comunitario e delle convenzioniinternazionali; la crescita di un’econo-mia basata sulla erogazione di servizipiuttosto che sulla produzione di beni;il concorso/confronto di normativeregionali e statuali, tra l’altro in conti-nuo cambiamento; il ricorso sempre piùdiffuso agli arbitrati sia convenzionaliche regolamentati, anche come effettodella crisi della giurisdizione ordinaria,una crisi che in Italia sfiora la rinunciaalla giurisdizione civile da parte delloStato; il multiculturalismo; la continuaevoluzione dei mezzi di comunicazionee dell’elettronica.

Un panorama in rapida trasforma-zione, quindi, ma che non ci deve inti-midire perché i cambiamenti riguarda-no anche tanti ambiti della nostrasocietà, con continue opportunità perl’avvocato, che tenterò di esaminarealmeno per gli aspetti salienti.

Lo Studio cresce con l’Avvocato: cicresce “intorno” e a volte neppure ce neaccorgiamo, ma è certo che questa cre-scita non può più essere lasciata al casoe deve essere il risultato di un progettoben preciso, anche se potrà avvenire indiverse modalità, tante quante sono leesperienze di ciascuno. Con l’ulteriorerilievo che questo ciascuno può inrealtà essere un insieme complesso disoggetti che hanno deciso di condivide-

re l’esperienza professionale, non soloe non tanto relativamente ai “mezzimateriali per l’organizzazione dellostudio”, come recita il tentativo di defi-nire per categoria generale lo “studioassociato”, ma con la messa a punto e lacomune realizzazione di un progetto diattività professionale che coincide conun’esperienza umana molto coinvol-gente, che potrà interessare anche figu-re professionali diverse tra loro.

Organizzazione e progetto, certo, masenza dimenticare l’ingrediente fonda-mentale per una buona crescita profes-sionale che resta, anche a costo di cade-re nel banale, l’entusiasmo: il migliorcompagno di chi vive questaProfessione, che rimane la più bella; unentusiasmo che dobbiamo “far sentire”ai clienti perché, dal più piccolo al piùimportante, sappiano che tutta la nostracapacità e la nostra tenacia sarannosempre al loro servizio.

In cambio dai nostri clienti ricevere-mo la fiducia e la fiduciarietà deverimanere l’elemento fondamentale,qualunque sia la dimensione del nostrostudio, della libera professione: sial’avvocato che il cliente avranno mododi verificare in continuazione la reci-proca correttezza, che per il professio-nista comprende capacità e preparazio-ne, restando liberi di mantenere o menoil rapporto.

Per chi non si muove in recinti pro-tetti, la soddisfazione del cliente rimaneinfatti il principale volano di crescita, èper questo che l’entusiasmo deve starevicino alla prudenza la cui rima è “com-petenza”: se da un lato siamo sfidati dasempre nuovi orizzonti sia specialisticiche geografici – e le sfide vanno raccol-te e devono essere lo spunto per unacontinua crescita basata sulla formazio-ne – un mandato potrà essere accettatosolo quando il nostro bagaglio di cono-

scenze ci consentirà il suo correttoespletamento.

Competenza anche per affrontareuno dei cambiamenti che può essere unrischio e riguarda il rapporto avvoca-to/cliente che tende a diventare azien-da/consumatore: la tendenza è com-prensibile in una società dei grandinumeri come la nostra, ma l’unicarisposta che consentirà all’avvocato dimantenere quell’indipendenza nei con-fronti del cliente che da sempre caratte-rizza la libera professione è la defini-zione – ragionata e progettata – dellapropria area di attività e competenza,nel cui ambito acquisire quella capacitàche garantirà la capacità di attrazionedella clientela.

Small office big business? Può ancheessere, ma se teniamo presente il richia-mato principio di competenza ci rende-remo conto che le prestazioni che cichiede il cliente, sia privato che azien-da, comportano sempre più spessoapprocci che impongono l’eserciziocontemporaneo di diverse aree delsapere giuridico, senza il quale nonpotremo rispondere adeguatamente almandato conferitoci.

L’esperienza e la crescita degli Studiassociati confermano l’evidenza di talerilievo; lo studio deve crescere conColleghi e collaboratori che siano capa-ci, coinvolti e acquisiscano un comunemodo di operare, in particolare il piace-re di far parte del gruppo e il saper lavo-rare in gruppo, posto che proprio la spe-cializzazione crea situazioni che coin-volgono più aree: due coniugi che siseparano dopo avere creato un’aziendaconferita in una società di capitali,necessitano del lavoro congiunto diColleghi che dovranno sapere cos’è unadue diligence e padroneggiare il dirittodi famiglia.

Le modalità di organizzazione di

NUOVI SCENARI, PROBLEMI EOPPORTUNITÀ PER L’AVVOCATO

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uno studio articolato, come dicevoprima, potranno essere le più varie: dal-l’associazione professionale allasocietà tra professionisti. Sono inveceperplesso sulla prospettiva di vederecoinvolti negli studi soci di capitali,addirittura con la prospettiva della quo-tazione in borsa; mi sembra che taleipotesi si porti dietro un accento inevi-tabile sulla remunerazione del capitale,con tutti i rischi per gli aspetti deontolo-gici coinvolti. È difficile avere soluzio-ni definitive su una problematica cosìcomplessa che necessiterebbe di unadeguato approfondimento, qualunquesia però la strada scelta è il profilo dellafiduciarietà, che sopra ho sottolineato,che dovrà essere salvaguardato affin-ché l’Avvocatura mantenga – pur nelpragmatico confronto con l’attualità – isuoi caratteri essenziali.

Nella particolare situazione in cui citroviamo a operare, in cui dovremoconiugare il locale con il globale, unruolo privilegiato hanno le collabora-zioni con studi stranieri, perché è natu-rale assistere i propri clienti nelle loroiniziative personali o imprenditoriali sumercati diversi; questo profilo è impor-tante non solo per la naturale conse-guenza rappresentata dall’opportunitàdi assistere in Italia i Colleghi di altripaesi, ma perché ci consente di con-frontarci con altre esperienze e con altrisistemi, acquisendo conoscenze che poi– è globale anche il villaggio del diritto– sono molto utili davanti ai nostri giu-dici, pensiamo al filone statunitensedell’analisi economica del diritto, allaresponsabilità delle banche e advisorper la collocazione di bond et similia, aldanno da prodotto, ecc.

Da un’esperienza di stabile collabo-razione con Colleghi di altri Paesi pos-sono nascere organizzazioni stabili,utili per il miglioramento della qualitàdell’attività dei professionisti coinvolti,ma soprattutto per arricchire il bagagliodi conoscenze e opportunità da offrirealla propria clientela: sarà poi la singo-la vicenda e la sensibilità dei professio-nisti coinvolti a suggerire il grado diintegrazione.

Tentare di tracciare delle linee guidadi quelle che possano essere le linee disviluppo dell’Avvocatura è quindi diffi-cile proprio per le variabili, tutte valide,che possono essere percorse; sono inve-ce possibili alcune considerazionigenerali: per prima cosa va detto chel’Avvocatura non può pensare di rego-

lare da sola il proprio campo d’azione,dovendosi confrontare con il legislatoresia nazionale che comunitario.

Particolarmente sconsigliati – penail rischio di sopravvivenza per la stessa“specie” (che difficilmente godrebbedell’attenzione del Wwf) – atteggia-menti tenuti nel passato, che hanno por-tato gli avvocati italiani a subire unaprogressiva erosione del proprio ruolo eimmagine perché non si è avuta la tem-pestiva percezione di ciò che stavacapitando a livello nazionale e soprana-zionale, soprattutto mi sembra che siamancata la percezione di come cambia-va la società e di come tale cambiamen-to incideva all’interno stesso dell’avvo-catura.

Pensiamo al ruolo svolto dallesocietà di revisione e da altre società dicapitali, legate al settore confindustria-le del cosiddetto “terziario avanzato”(le stesse coinvolte in ogni recente casodi default, che tradotto significa“distruzione del risparmio”) e alla loro“occupazione” dell’area della consu-lenza di alto profilo; per restare sull’ar-gomento, ma sono numerose le situa-zioni simili, fondamentale sarà la capa-cità di ottenere una riserva – attualmen-te inesistente e anzi osteggiata dal-l’Authority sul Mercato – della consu-lenza ai legali iscritti regolarmenteall’Albo, che si giustifica non certo perun privilegio ai professionisti qualifica-ti ma per una concreta e dovuta tuteladel cliente/consumatore.

Vorrei però anche ricordare che nellesocietà i ruoli non nascono per caso, main quanto sappiano rispondere a un’esi-genza: notoriamente non si vendonogelati al Polo Nord e così non ci saràspazio per un’Avvocatura che non sap-pia essere strumento di giustizia sostan-ziale e di reale utilità, concreto servizioche gli altri partecipi a una comunitàpossano riconoscere. Con l’ulterioreconsiderazione che tali ruoli non sidifendono per diritto acquisito: non ciaiuterà molto il continuo richiamarel’art. 24 della Costituzione, per sottoli-neare l’irrinunciabile funzione dell’Av-vocatura, quando il “sistema” non dàgiustizia ... alcune Corti d’Appello (nonTorino, fortunatamente!) rinviano dicinque anni tra la prima e la secondaudienza ... al Tribunale per i Minorennidi Torino i provvedimenti sono quasi unmiraggio e i bimbi diventano ragazziprima di sapere chi è il loro veropadre...

Questo per dire che l’Avvocaturadeve saper avere un ruolo di sollecita-zione civile, per acquisire come corposociale una funzione che sia la natura-le proiezione delle migliaia di espe-rienze personali, a difesa di un’idea“alta” di giustizia spesso trascuratanella realtà in cui tutti viviamo.Fondamentale sarà quindi prendereposizione – con forti iniziative pubbli-che e sui mezzi di informazione – con-tro tutte quelle forme di inefficienza edi ingiustizia che affliggono i nostriconcittadini, trascurando invece cadu-te di stile rappresentate da tutele cor-porative.

Un’ultima considerazione mi vienesuggerita dal bel libro di Flavio Carolie Ludovico Testa Tutti i volti dell’Arte- da Leonardo a Basquiat (veramenteconsigliabile!!), quando descrivendol’avvento del predominio dell’artecontemporanea statunitense, resosievidente in occasione e dopo laBiennale di Venezia del 1964, indivi-duano l’elemento fondamentale di talesupremazia nel “sostegno istituziona-le” che tutto il sistema statunitenseseppe mettere a servizio dei propriartisti, per quella battaglia culturaleche veniva subito dopo la loro vittoriamilitare e a completamento della stes-sa. Gli Stati Uniti hanno saputo appli-care lo stesso modulo anche nell’am-bito delle attività professionali, impo-nendo i propri studi legali come inter-locutori necessari – per esempio – deipiù importanti progetti di sostegnoeconomico al terzo mondo ovvero aipaesi dell’Est europeo dopo la cadutadei regimi comunisti. Questa è unapartita davvero strategica per la possi-bilità di sviluppo della nostra attività,ma è anche una partita che il singoloprofessionista/studio, salvo rarissimeeccezioni nella nostra Italia, non puògiocare da solo; è una partita che sigioca e si vince solo se si fa sistema,proprio come gli americani fecero aVenezia con i loro artisti; sarà quindideterminante il ruolo di sensibilizza-zione che gli Organi di rappresentanzadell’Avvocatura sapranno svolgere alivello istituzionale. Sono infatti dav-vero rilevanti i fondi amministratidall’Italia o da Enti europei nell’ambi-to di accordi economici con altri Paesied è giusto che gli avvocati italianisiano messi in condizione di parità coni colleghi di altri Stati.

Stefano Commodo

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Qualche mese fa è stato lasciatonella mia casella alla Cat un

biglietto manoscritto da un avvocato inetà ormai avanzata. L’anziano collegasi proponeva, in modo garbato e digni-toso, per qualche collaborazione d’u-dienza o di altro tipo. Dire che ne sonorimasto colpito è dire poco.

Per attitudine personale non homaturato l’abitudine, in questi dueanni, di pensare continuamente a mestesso come presidente dell’Agat, main quel momento, sebbene ricoprissiancora quel ruolo di rappresentante deigiovani avvocati, mi sono sentitomolto poco giovane e con una respon-sabilità ancora più grande di quella chequel ruolo mi dava. Il pensiero hacominciato a correre, con immaginiche si sovrapponevano rapidamente, apartire dalla figura di chi avrebbepotuto fare un passo così, sino a giun-gere a coloro che avrebbero potutofarlo, ma se ne sono astenuti per i piùsvariati motivi, o, con uno di quei saltimentali incontrollabili che quotidiana-mente ci accompagnano, a immagina-re quale futuro ci sarebbe stato per me,per i collaboratori del mio studio e,soprattutto, per quelle migliaia di gio-vani avvocati e praticanti che si sonoaffacciati alla professione dopo di mee ancora lo faranno nel futuro.

In breve, quale mercato ci attende?Quale attende i giovani professionisti?È il mercato che si aspettano? Masoprattutto: saranno in grado di gover-narlo?

Uso il termine “mercato” di proposi-to. Non c’è da scandalizzarsi e non sideve reagire con quella ritrosia che, sespinta agli eccessi o incentrata sui tec-nicismi, risulterebbe incomprensibilenon solo alla società, ma anche proprioai giovani praticanti e avvocati, che,

non dimentichiamolo, sono più aperti edinamici verso questa idea di “merca-to” professionale, ineluttabilmente cre-sceranno e si prepareranno a perdereanche loro la connotazione di “giovani”per divenire il vero baricentro profes-sionale della categoria.

E allora, per aiutarci a comprenderedove ci porta il futuro, se sarà così atinte fosche come prevede qualcuno, ègiusto interrogare anche i giovani,conoscerne le aspettative, le speranze,le prospettive. È altrettanto giusto cer-care di indirizzare queste aspettative,speranze e prospettive nel migliormodo possibile, indicando un modello,una strada che tenga conto anche dellavalorizzazione del ruolo dell’avvocatonella società e non disperda l’identitàprofessionale in altri rivoli tentatori.

Nell’editoriale del presidente Roncopubblicato sull’ultimo numero de laPazienza emerge la preoccupazione perla ridotta partecipazione giovanile inoccasione degli appuntamenti inmemoria dell’avv. Fulvio Croce neltrentesimo anniversario del suo assassi-nio. Preoccupazione legittima e condi-visibile.

Anche io ho colto questo vuoto, per-ché effettivamente in quei giorni hoincontrato e intravisto i giovani colle-ghi che più o meno si è soliti incrociarein altre occasioni di formazione, di stu-dio o di partecipazione, ma nulla più.Potrei quasi nominarli uno a uno, cosìcome posso prevederne la partecipazio-ne alla prossima importante occasione.Ma gli altri?

Questo fatto non deve stupire osconvolgere, ma deve farci riflettere piùdi altre volte perché in quel caso eranoin gioco elementi fondamentali dellanostra professione, quali l’indipenden-za, la passione civile, la fedeltà istitu-

zionale. Valori forti e importanti, la cuiaffermazione va richiamata e ribadita aigiovani, le cui scelte ricadono non solosu loro stessi, ma anche sulla categoriae sulla società.

Sarebbe però sbagliato mettere lacroce addosso ai giovani avvocati senzainterrogarsi sul perché vi sia questoscollamento fra generazioni e questoaffievolimento nei valori fondamentaliche devono costituire i capisaldi dellaprofessione forense. E se si individuaquesto perché, bisogna intervenire, epresto.

La prima fase passa dunque attraver-so la conoscenza del problema. Perquesto motivo saluto con soddisfazioneil questionario rivolto ai giovani, sem-pre pubblicato sull’ultimo numero de laPazienza; può essere un punto di par-tenza per conoscerne le domande ecomprenderne le esigenze, staremo avedere, ma intanto che sia anche l’av-vio di un dialogo più ampio e costante,di un coinvolgimento continuo e appas-sionante.

Ci sono, però, delle ragioni sulloscollamento fra generazioni che sonofacilmente individuabili sin d’ora.

Diciamo subito, a scanso di equivo-ci, che il problema non è solo della cate-goria forense, ma è più diffuso nellasocietà. Il senso delle istituzioni non èquello di una volta, l’affermazione divalori quali la giustizia e la legalità sitrova ormai relegata nell’angolo, tal-volta derisa, in una società in cui i pro-fessori a scuola fanno fatica ad afferma-re la propria autorità, non di rado sonominacciati, se non malmenati, dai geni-tori degli studenti, la gara al più furbovede partecipare tutti indistintamente,gli esempi cosiddetti “istituzionali”sono talvolta agghiaccianti per la bas-sezza del livello.

QUALE FUTURO PER I GIOVANI AVVOCATI?

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Non è certo questa la sede per argo-menti di questo genere, né intendo arro-garmi il diritto o la capacità di svolger-li, ma continuo a pensare che rinchiu-derci nel nostro guscio professionale,con una analisi settoriale, anche in que-sto caso sarebbe improduttivo e forierodi errori, come lo è nei casi in cui sidiscute di temi professionali non mera-mente tecnici (quali per esempio ilsegreto professionale, l’antiriciclaggio,l’indipendenza) nelle ristrette riunioniin cui partecipano soltanto avvocati,senza alcun coinvolgimento dellasocietà civile, senza interagire con altrerealtà, quantomeno quelle a noi piùvicine o che a noi si rivolgono.

Qualcuno potrebbe obiettare chequel senso di impotenza di fronte asituazioni che riguardano la professio-ne diventa un paralizzante senso di inu-tilità se il discorso si amplia a questionipiù generali di carattere politico osociologico. Lo stesso se si interrogachi – magari appena laureato e proietta-to ad affermarsi nel mondo della pro-fessione – neppure pensa a se stessocome a un soggetto propulsivo per lasocietà di domani. Forse chi formulaqueste obiezioni ha ragione, ma metterela testa sotto terra non è la soluzione.

Direi che per almeno un paio dimotivi sia diventato improduttivo,soprattutto per i giovani, aspettare chedal cielo arrivi una riforma della profes-sione che guarisca tutti i mali, soprat-tutto considerate le innumerevoli pro-poste rimaste lettera morta. In primoluogo, perché una pur incrollabile fidu-cia nelle istituzioni non toglie il fattoevidente della spesso disarmante inca-pacità delle classi politiche a portare acompimento organiche riforme di strut-tura o comunque riforme che non sianofiglie di compromessi e contrattazionidi sorta. In seconda battuta perché nonc’è riforma che tenga – anche la più giu-sta – se non c’è la volontà e la determi-nazione di attuarla veramente da partedegli attori impegnati sul campo,soprattutto ove questi non siano coin-volti nella sua realizzazione.

Gli elementi necessari per potercominciare a realizzare, sin da subito,un rinnovamento della nostra profes-sione che veda i giovani efficace moto-re propulsivo sono quindi, per forza dicose, altri.

Uno spunto viene anche dalla rifles-sione se occorra davvero riformare

integralmente l’ordinamento giudizia-rio quando vi sono alcuni tribunali,quale quello di Torino (che la stampa haaccreditato come il migliore sotto piùprofili, e non fatichiamo a crederlo) chelavorano egregiamente con l’ordina-mento attuale, così dimostrando checomunque, pur nelle attuali carenzestrutturali ed economiche, è in grado difunzionare? È solo un problema disistema e di norme, come si è solitiriempirci la bocca, o è anche un proble-ma di cultura professionale e di perso-ne?

Siccome vacilla la fiducia – soprat-tutto dei giovani – nella attuabilità diprossime riforme condivise e partecipa-te da una avvocatura mai così debolesotto il profilo dell’autorevolezzamorale e di quella politica (non si capi-rebbe altrimenti perché un Parlamentocon un così alto numero di avvocati nonsia riuscito a incidere in maniera rile-vante sulla criticata “Riforma Bersani”sulla professione forense), e intanto laprofessione vive una fase di radicaletrasformazione, e siccome è certo checomunque occorrono e occorrerannosempre le persone giuste che maturanocon la voglia di operare con impegno epassione, nel nostro piccolo è su questofronte che bisogna lavorare, è sulla for-mazione della futura categoria che sigioca una buona fetta della credibilità edella continuata affermata rilevanzadella avvocatura.

Insomma se dall’alto nessuno batteun colpo efficace, nonostante proclami,

astensioni, annunci, la corposa presen-za di avvocati in Parlamento, allora nonci resta che continuare a lavorare sem-pre più intensamente dalle persone, col-tivando ai valori della professione chi, acausa dell’alto numero di laureati sfor-nati dall’Università e di candidati all’e-same da avvocato, a breve costituirà lamaggioranza numerica nel mondoforense. Facciamo in modo che abbianola giusta consapevolezza, la vera pas-sione, il senso etico nella professione,oltre che nella vita, la corretta forma-zione, l’opportuna specializzazione, ilresponsabile rapporto con gli organiistituzionali. È da qui che dobbiamopartire.

Dunque, prescindendo dal ruolo fon-damentale della famiglia nell’insegna-mento ai giovanissimi di valori fonda-mentali quali l’uguaglianza, la legalità,il decoro, la giustizia, valori propridella nostra professione, occorre corre-re a macinare sempre maggiore lavorosu quei fronti più vicini in cui l’inter-vento è senz’altro ancora possibile,come quello della formazione intesa insenso lato, e rafforzare il dialogo contutti gli attori – istituzionali e no – che sirapportano con gli avvocati.

Penso in particolare all’Università,che deve essere percepita anche comeluogo di insegnamento di valori, oltreche di mero superamento di esami.

Proprio nei mesi scorsi, nell’ambitodi quel dialogo che con il mondo asso-ciativo universitario l’Agat ha sempremantenuto aperto, ho avuto l’occasione

Guatemala: mercato di Chichicastenango

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di capire che in Università la possibilitàdi farlo c’è ancora, che se c’è il giustocoinvolgimento la passione esiste anco-ra; va solo coltivata.

E così, nell’aula magna della Facoltàdi Giurisprudenza, nel corso di unamoot court organizzata, insieme adAgat, da Elsa (European LawStudents’Association) e dal prof.Mattei, mi sono trovato di fronte a uncentinaio di ragazzi attenti e partecipa-tivi e ad alcuni appassionati studentiche avevano dato vita a squadre che sibattevano per far vincere al proprioimmaginario cliente un processo simu-lato con tanto di caso, atti ben scritti,discussione orale vibrante e preparata ecollegio giudicante. In un’altra occasio-ne mi sono trovato ad avere la possibi-lità di illustrare ad alcuni studenti checosa vuol dire essere avvocato, dialo-gando apertamente con loro, così com-prendendo che di questi incontri gene-ralmente non se ne organizzano affatto.

Lo scollamento tra generazioni haorigine precedente all’ingresso nell’av-vocatura e solo in seguito trova il pro-prio apice. Tuttavia, le situazioni positi-ve in cui mi sono imbattuto, seppuresporadiche, sono di buon auspicio einducono a riflettere.

Dunque, proviamo a ripartire da lì,dall’Università. Con la Facoltà diGiurisprudenza la collaborazione èattiva, ma questo non significa chebasti. Non dobbiamo lasciarla sola,magari portata alla deriva da program-mi burocratici e ministeriali, collabo-riamo con lei, in maniera sempre piùrobusta e strutturata. Perché non orga-nizzare istituzionalmente incontriperiodici con gli studenti universitari?Perché non coinvolgere avvocati gio-vani che si interfaccino con loro percondividere i propri valori professiona-li come capacità di affermazione deivalori dell’avvocatura? Sarebbe unbuon modo, credo, per maturare da unlato la convinzione del proprio valore edel proprio ruolo nell’avvocatura e altempo stesso per trasferire tale convin-zione a chi li seguirà presto a ruota.Perché non incidere affinché si realizziche chi sceglie di svolgere l’attività dipraticante avvocato, lo faccia consape-vole anche del ruolo sociale che l’av-vocato ha, dei valori di giustizia, dilealtà, di legalità, di indipendenza, diappartenenza istituzionale e di servizioche deve affermare?

Se così si riuscisse a fare, magari nelfuturo sarà qualche giovane professio-nista ad affermare i valori corretti quan-do si trova di fronte a esempi sbagliati enon qualche esempio sbagliato a indi-care la strada non giusta al giovanesprovveduto collega.

Se non si riuscisse a raggiungerequesto obiettivo chi ne subirà le conse-guenze sarà comunque soprattutto lasocietà stessa, oltre che la categoria, enoi tutti continueremo a subire le soli-te tiritere – a quel punto temo semprepiù giustificate – da un lato dei giova-ni (avvocati) che non hanno valori, chenon conoscono l’etica, la deontologia,il senso di appartenenza e dall’altrolato che gli avvocati che hanno gliincarichi sono sempre gli stessi, che igiovani non sono coinvolti, che unavolta superato l’esame si è costretti aisolarsi nel proprio mondo alla ricercadi qualche sporadica occasione dilavoro, che la pratica è mal pagata seva di lusso, che l’aggressività nellaricerca dei clienti è causata anche dallanecessità economica, che i consiglieridell’Ordine non cambiano mai, chetanto è tutto inutile perché non si rie-sce a cambiare niente...

Con l’effetto evidente che intantonella coscienza sociale subiremmoulteriori colpi, forse letali per la credi-bilità complessiva della professionenella sua accezione tradizionale.

E ancora, proviamo pure a coinvol-gerli maggiormente, questi giovanicolleghi, una volta iscritti alla pratica eall’albo, facciamo in modo che i gio-vani laureati comprendano che ilConsiglio dell’Ordine degli Avvocatinon è solo il luogo in cui si depositanole domande di iscrizione all’albo, fac-ciamo in modo che non solo partecipi-no agli incontri formativi e alle inizia-tive degli organi rappresentativi del-l’avvocatura fra il pubblico, se vabene, ma anche come relatori, inseria-moli nella loro organizzazione, conti-nuiamo ad avvicinarli alle istituzionicon la partecipazione a commissioni ecomitati; solo così verrà metabolizzata“sul campo” e non inutilmente impo-sta dall’alto l’importanza del mestiere(nel senso nobile di “ministero”) chehanno scelto. In questo modo, ognivolta che saranno “chiamati” all’assi-stenza professionale, la potranno pre-stare con il giusto approccio e, comeho già avuto modo di dire, con quel

rispetto delle regole che significafedeltà istituzionale e con quella pas-sione che per gli avvocati significapassione civile.

In quest’ottica, io credo, si possonocreare ulteriori presupposti affinché itemuti dirompenti effetti dell’ingressodel mercato nella professione forensepossano essere superati.

Se si riuscisse a tanto, saremmo certoa buon punto, ma non avremmo esauritoil nostro compito, perché occorreràcomunque adoperarsi per garantire unlivello qualitativo elevato, magari nel-l’ambito della sempre più inevitabilespecializzazione, e dunque attraverso uncostante e vero lavoro di aggiornamentoe formazione professionale.

Non c’è niente da fare: il mercatonell’ambito delle libere professioninon escluderà mai la qualità, anche inuno scenario in cui alcuni faranno“comunicazione” più di altri, altriancora interverranno sulle tariffe inmaniera spregiudicata oppure si pro-porranno attraverso grandi realtàdimensionalmente ed economicamen-te inattaccabili e al tempo stesso quali-tativamente elevate.

Se si vuole emergere, il mercato for-nisce e fornirà ancora la certezza di riu-scirci quanto meno se, permeati di giu-sti valori, si eccelle davvero, anche inuna sola materia, che sia già nota e stu-diata ovvero di nuovo sviluppo in unasocietà in continua e inarrestabile evo-luzione. E soprattutto se si investe informazione, che per i professionistisignifica prevalentemente dedicaretempo e sforzi allo studio e al sapere.

Non credo sia una prospettiva utopi-ca. Occorre però che i giovani chevogliono emergere ne abbiano vera-mente la possibilità e ottengano gli stru-menti formativi e di aggiornamentosenza costi gravosi, secondo quel solcoche l’Ordine di Torino e alcune associa-zioni più virtuose hanno tracciato e che,con il sistema dei crediti, andrà struttu-rato e organizzato in modo tale che sipercepisca come un momento profes-sionale fondamentale e non come unaaffannosa rincorsa.

L’importante è non stare fermi:avvocati senza futuro ce ne potrannoanche essere, con i numeri che abbiamodi fronte, ma un futuro senza Avvocati(con la “a” maiuscola) è impensabile.

Stefano Altara

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1. Inquadramento del tema e struttu-ra dell’articolo.

Il tema della collaborazione tra lanostra professione di avvocato e altreprofessioni può essere affrontato da dif-ferenti prospettive: per esempio, circo-scrivendolo alle sole relazioni con altreprofessioni liberali tradizionali, oppureestendendolo alle più varie attività eco-nomiche (normalmente classificabili intermini di “prestazioni di servizio”).Diversamente, l’ottica potrebbe esserequella della contrapposizione competi-tiva: è di questi anni il problema delleattività nel passato riservate all’una oall’altra professione e successivamenteestese a categorie vecchie e nuove.Ancora, ci potrebbe essere la tentazionedi ragionare in termini di sovrapposi-zione di fatto: pensiamo alla consulen-za societaria, la quale viene da sempre,legittimamente e a ottimi livelli, fornitainnanzi tutto da notai e dottori commer-cialisti, ma ormai anche – per citarnesolo alcuni – dalle banche d’affari,spesso da fondi di investimento e ventu-re capitalists e, più in generale, da tutticoloro i quali etichettano la loro presta-zione utilizzando la non meglio defini-ta e definibile categoria anglofona(ovviamente) degli advisor. Ancora, cisi potrebbe attestare sul piano dellamera osservazione ed esaltazione dellaconcorrenza ideologicamente e astrat-tamente – quasi ontologicamente – con-siderata: è questo da lungo tempo l’at-teggiamento dell’Unione Europea, laquale equipara la professione di avvo-cato alla stregua di una qualsiasi attivitàdi impresa (ma non è questa la sede per

dissertare delle evidenti differenze:autorevoli colleghi del nostro Foro nehanno molte volte illustrato, anchedalle pagine di questa rivista, i motivi ei fondamenti anche legislativi). Infine,si potrebbero intendere i rapporti inesame ai fini della valutazione dellepotenzialità di forme di collaborazionepiù o meno strutturate: in altre parole,dallo studio multidisciplinare al colle-gamento, con diversi livelli di esclusi-va, tra strutture o singoli professionistidistinti e indipendenti.

La casistica, ovviamente, potrebbeproseguire quasi all’infinito a secondadella fantasia di ciascuno. Resta natural-mente fuori dal tema il diverso problema(che non affronterò perché attiene alcampo della preparazione professionale:ma non per questo deve essere sottovalu-tato) della capacità dell’avvocato di inte-ragire con altri soggetti al di fuori diqualsivoglia schema organizzato.

Ho inteso limitare il compito che miè stato assegnato, in questo numero che– è bene ricordare – viene dedicato almercato, tendenzialmente all’ultimodegli aspetti sopra citati: cioè le formedi collegamento in senso proprio, nelleloro possibili articolazioni (strutturaunitaria multidisciplinare: struttureseparate, ma strettamente cooperanti, invia più o meno esclusiva). Le mie valu-tazioni non si estenderanno al temadelle reti transnazionali.

Intendo qui tralasciare discorsi diprincipio, i quali, sicuramente utili eappassionanti, tendono a essere relegati aun piano puramente teorico: come sug-gerisce il tema di questo coraggioso

numero de la Pazienza (e cioè il merca-to), mi sembra che, abbandonati per unmomento almeno i dibattiti anche interni(alcune volte tesi o strumentali a equilibridi natura politico-forense), sia il tempodelle scelte innovative, avendo tutti noibisogno di promuovere e vedere, intempi assai brevi, decisioni e linee guidaserie, aggiornate, non influenzate dagliinteressi di questa o quella organizzazio-ne o ente, in grado di durare nel tempo,pena la sostanziale scomparsa della pro-fessione così come oggi la conosciamo.

Provo quindi a fornire alcune rifles-sioni, strettamente personali, quantoalla possibilità e convenienza del se edel come l’avvocato abbia convenienzaa collegarsi, in maniera più o menostrutturata, con altre categorie profes-sionali e attività economiche.

2. Il quadro di riferimento di fatto.In un numero dedicato – come sopra

ricordato – al mercato, l’ottica non puòche essere quella propria del mercatostesso: e questo indipendentemente dalnome che al mercato si intenda dare.

Prima di capire con chi l’avvocatopossa collegarsi e sotto quale forma, ènecessario che l’avvocato comprenda sestesso ed il suo ruolo nell’odierna realtàeconomica e sociale. Tale comprensionenon può essere soltanto storica, tradizio-nale o auto-referenziale, ma – per quan-to ispirata al nostro prestigioso passato –deve essere incentrata sulla realtà di oggie protendersi verso una prospettiva tem-porale di medio termine.

In linea con la mia visione, già altrevolte espressa in questa rivista, partirei

APPUNTI IN TEMA DI COLLABORAZIONE STRUTTURATA TRA LA PROFESSIONE LEGALE EALTRE PROFESSIONI ED ATTIVITÀ

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da poche premesse: l’avvocato oggi ètendenzialmente considerato – ocomunque come tale viene percepito daclienti imprese – un prestatore di servi-zi (legali) specializzati, in concorrenzacon altre categorie (alcune le abbiamocitate prima: notai, commercialisti,banche d’affari, fondi, advisors di varianatura), senza la protezione di unnumero chiuso (e anzi con una strutturaprofessionale – specie in Italia – dove ilnumero degli iscritti agli albi è di granlunga superiore a quanto l’economiarichieda), con un’opinione pubblicaostile (abbiamo visto tutti la reazioneassolutamente positiva al c.d. decretoBersani), una classe politica quantomeno indifferente, un’Università non ingrado di selezionare e indirizzare, unsistema della giustizia sostanzialmentein crisi.

Ciononostante, l’avvocato ha din-nanzi a sé, quale effetto dell’incremen-to del livello di consapevolezza degliindividui (i quali, al contrario delleimprese, considerano l’avvocato comelo strumento-chiave per l’accesso allatutela giurisdizionale) e dei gruppiorganizzati, il crescere del bisogno digiustizia a cui si ricollegano lo sviluppodi forme alternative di composizionedelle liti (arbitrati e ADR in testa),l’ampliamento del “numero” dei diritti,l’allargamento dei settori nei quali èrichiesta la capacità di rapido reperi-mento, conoscenza e interpretazionedelle regole, l’aumento dei soggettibisognosi di protezione (nuove aggre-gazioni assumono rilevanza giuridica epolitica: pensiamo ai consumatori e aisoggetti che saranno portatori di classactions).

Ancora, assistiamo alla rinnovatasensibilità al delicato tema del conflittodi interessi, alla rivalutazione dell’indi-pendenza, alla richiesta da parte dellaclientela di risposte sempre più rapide,precise, innovative e (naturalmente)giuridicamente fondate, in assenza deiquali elementi la clientela non esita (edesiterà sempre meno) a porre l’avvoca-to (al pari di qualsiasi altro professioni-sta) dinnanzi alle sue responsabilitàanche in termini risarcitori.

3. La centralità dell’assenza diconflitto di interessi e della perma-nenza dei requisiti di indipendenza especializzazione.

Dato un quadro di riferimento difatto, dobbiamo ora cercare di com-prendere se abbia un senso che l’avvo-cato si “allei” con altre professioni (ilcommercialista, il consulente dellavoro, il notaio, il geometra e così

via) o attività e se questa alleanzaabbia da essere strutturata e esclusivaoppure no.

La risposta appare fluida: mentre solodieci anni or sono un collegamento strut-turato tra l’avvocato e un altro professio-nista sarebbe stato probabilmente forierodi risultati positivi, quanto meno per ilsuo carattere innovativo, ma anche per-ché l’avvocato non era nell’occhio delciclone dell’attenzione politica (come sei problemi strutturali dell’economia ita-liana dipendessero dalla liberalizzazionedella nostra professione...), oggi lo sce-nario è radicalmente mutato: l’avvocatodeve riconquistare terreno sul piano del-

l’autorevolezza anche sociale e, nel fareciò, deve rispondere a quanto gli viene datutti i settori richiesto: e cioè di essereindipendente, autorevole, rapido, specia-lizzato, lontano da conflitti di interessi oanche solo dall’apparenza di tali conflit-ti. Quindi, l’avvocato che intenda valuta-re se allearsi con altri professionisti dovràinnanzi tutto porre l’accento sui questitemi-chiave.

Se uno solo di questi elementirischia di essere compromesso, o vi ècomunque il rischio che venga percepi-to come compromesso, l’avvocatodovrà valutare strade diverse rispettoall’alleanza in corso di valutazione.

Bangkok: mercato fluviale

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la PazienzaForo culturale40

4. L’individuazione dell’obiettivo delcollegamento.

Abbiamo quindi superato il primoscoglio. Resta il secondo, altrettantoimportante: nella valutazione di un’ag-gregazione con altre professioni l’av-vocato deve chiedersi se l’aggregazio-ne incrementerà il livello qualitativo equantitativo della sua attività. In altritermini, se i suoi clienti, attuali o poten-ziali, ne otterranno dei vantaggi dal-l’aggregazione e se e saranno in gradodi comprenderli.

L’errore fondamentale sarebbe quel-lo di porsi un differente quesito: i pro-fessionisti con i quali l’avvocato pensadi allearsi gli porteranno nuovi clienti?Tale domanda è sbagliata per almenotre ragioni: la prima, perché è possibileche gli altri professionisti stiano imma-ginando di incrementare la loro attivitàattraverso i clienti dell’avvocato. Laseconda è che l’accento deve essereposto su quel che i clienti (anche poten-ziali) desiderano o apprezzerebbero:dubito che oggi come oggi la clientelapossa essere attratta dal solo fatto dellamultidisciplinarietà: chi va dall’avvo-cato va per un problema specifico (esempre più il cliente selezionerà l’av-vocato sulla base della specializzazionedi questi). La terza domanda, che toccaun tema con il quale noi avvocati cimuoviamo ancora con disagio, si ricol-lega ai costi della struttura e all’incre-mento (o decremento) del margine deri-vante da una aggregazione multidisci-plinare. Basti pensare che la dinamicadei costi e del margine varia fortemen-te, anche all’interno della nostra profes-sione, a seconda del tipo di specializza-zione: per fare un esempio futuribile,chi si occuperà in via preferenziale diclass action avrà costi, e soprattuttodinamiche finanziarie legate alla neces-sità di anticipare spese (arriviamo a unavalutazione di quello che in un’aziendachiameremmo capitale circolante) bensuperiori rispetto a chi si occupi dimateria locatizia.

5. Il problema dell’esclusiva e dellasua apparenza. I potenziali limitidelle strutture solo apparentementemultidisciplinari.

Una variabile di grande importanza èdata dall’esclusiva relativamente allearee coperte dai potenziali alleati. Nellestrutture effettivamente unitarie (equindi negli studi, peraltro pochissimi,realmente multidisciplinari: al pariperaltro delle unioni tra avvocati ope-ranti in settori differenti), il problema èstato affrontato e risolto alla radice daipartecipanti, i quali avranno ben consi-

derato i vantaggi derivanti dall’esclusi-va reciproca, rispetto all’inevitabilevenir meno della possibilità di esserericercati da colleghi degli alleati.

La questione si presenta più sottile perquanto riguarda quei collegamenti tradiverse attività (ma il discorso vale ancheper le aggregazioni solo formali tra avvo-cati con specializzazioni differenti) che,sotto l’aspetto dell’unitarietà, in effettirappresentino, in maniera non dichiarata,una semplice divisione di spese o, inmodo più efficiente e moderno, una cen-tralizzazione dei servizi generali (centra-lino, ricevimento, sale riunioni e cosìvia), a cui dovrebbe fare da contrappesola possibilità di presentazione verso l’e-sterno come strutture multidisciplinarie/o di dimensioni medio-grandi. In talicasi, in sintesi, vi dovrebbero essere ivantaggi della libertà individuale, di uncostante confronto professionale, di uninterscambio di clientela e di un maggio-re impatto sugli eventuali clienti nuovi;sull’altro piatto della bilancia, però,potrebbero esserci situazioni nelle quali icolleghi degli alleati tenderebbero arivolgersi a quello specifico avvocato –per ben evidenti ragioni – con difficoltà(se non diffidenza), oltre che una man-canza di strategie, modalità operative,obiettivi e visioni effettivamente comuni.Quindi, con riferimento a queste organiz-zazioni non esclusive, occorrerà prelimi-narmente valutare se, nel medio periodo,il confronto professionale sia effettivo,l’impatto commerciale sia reale e, lastbut not least, se lo scambio di clientela trai partecipanti sia almeno pari al venirmeno di incarichi da parte di soggettiterzi.

Mi sembra però che i clienti (oggipiù di un tempo: e in prospettiva ancordi più) si rivolgano all’avvocato semprepiù per la materia strettamente legale,oltre tutto indirizzandosi a professioni-sti differenti a seconda del problemacon un’attenzione che va ben al di làdella mera tripartizione civile - penale -amministrativo. A fronte di ciò, nonpochi sono i casi ove i clienti desidera-no avere il loro notaio, il loro commer-cialista, il loro consulente del lavoro ecosì via: e anzi, ricercano nell’avvocatoquella figura indipendente e autorevoleche possa confortarli nel rapporto congli altri professionisti, talvolta anchecontrapponendosi a questi ultimi nel-l’analisi dei rischi.

6. Una possibile alternativa per i gio-vani: la condivisione dei servizi gene-rali.

Resta il fatto che, preso atto della ten-denziale diminuzione della redditività

media della nostra professione (situazio-ne che diventa assoluta e spesso dram-matica se riferita alle nuove leve), le pos-sibilità di ridurre i costi fissi devonoessere attentamente valutate.

In quest’ottica, l’avvocato (speciegiovane) potrebbe valutare non tanto lacostituzione di una struttura che vogliaapparire verso l’esterno, pur non essen-dolo, unitaria e complessa (come ho pro-vato ad accennare sopra, i rischi di mar-ginalizzazione da parte delle altre cate-gorie professionali sarebbero troppo ele-vati), quanto l’inserimento (senza alcunaconseguenza formale: e quindi senza pre-sentarsi per quel che non è) in una strut-tura di ufficio dove professionisti operan-ti in campi diversi dividano i servizi cen-trali: questa situazione permetterebbe diabbattere sensibilmente alcuni tra i costidi studio più importanti (ad esempio,centralino, rete informatica, segreteria esale riunioni), eliminando il rischio ditrovarsi già all’inizio del cammino limi-tati nei potenziali rapporti con altri pro-fessionisti; immutate (e forse anzi facili-tate) la possibilità di interscambio e con-fronto con il collega della porta accanto.

7. Prime conclusioni.Le poche e superficiali riflessioni

che precedono mi sembra che dimostri-no come non esista una ricetta in temadi collaborazioni, siano esse effettiva-mente solo strutturate o apparenti: l’u-nico elemento che ne emerge appareessere quello della necessità di valuta-zioni concrete, non aprioristiche, noninfluenzate da sirene “quantitative”,comunque rivolte a un’esaltazionedella professionalità, dell’indipendenzae della specializzazione e mai, invece,alla sopravvalutazione di elementipuramente formali (una carta intestatacomplicata, la proclamazione di aggre-gazioni invece non esistenti e così via).

L’altro tema-chiave, con il qualedovremo sempre più misurarci, è quellodella redditività: una aggregazione, qualene sia la forma, dovrà portare vantaggi senon sul piano dell’incremento del fattura-to (valutazione che, probabilmente, solol’avvocato con un qualche avviamentopotrà operare), quanto meno sul pianodella diminuzione dei costi a fronte dellanecessità di avere strutture sempre piùaggiornate sul piano della tecnologia e deiservizi di supporto: specie i giovani avvo-cati dovrebbero attentamente valutarequesti elementi, affiancando alla neces-sità dello sviluppo della cultura dello stu-dio associato vero, una ormai ineludibileattenzione al tema dei costi.

Fabio Alberto Regoli

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41la Pazienza

Non è fatto inconsueto, nella storiadell’arte, e segnatamente della pit-

tura, imbattersi in professionisti, dive-nuti famosi come artisti. Basterà ricor-dare KANDINSKIJ, già assistente dellafacoltà di legge dell’Università diMosca, che ogni studio abbandonò perricercare i silenzi senza avvenire costi-tuiti dal colore nero.

Ebbene dal 13 al 27 febbraio, nellebelle sale del Palazzo Capris di Cigliè,si è svolta una mostra di pittura dal tito-lo “Toghe col pennello” cui hanno par-tecipato magistrati e avvocati deldistretto della corte d’Appello diTorino.

Non è la prima volta che, sotto ilcomune denominatore dell’espressioneartistica, gli operatori della Giustiziamostrano un volto diverso dal consue-to; ma erano ormai trascorsi circavent’anni dall’ultima volta che unasimile iniziativa era stata promossa dalConsiglio dell’Ordine.

Molti di coloro che allora avevanoesposto le loro opere non ci sono più esono stati affettuosamente ricordati, inapertura della manifestazione, dall’avv.Piero FIORETTA che un valido contri-

buto ha dato alla organizzazione dell’e-sposizione.

L’iniziativa ha avuto successo a giu-dicare dall’impossibilità di ospitare tuttigli artisti presenti nei Tribunali, e dalnumero dei visitatori che, alla cerimoniadell’inaugurazione, non hanno trovatoposto a sedere. Un po’ per simpatia, unpo’ per curiosità e un po’ per sincerointeresse a questa forma artistica, coloroche hanno presenziato alla mostra hannodato segno di apprezzare il gusto esteticoe la sensibilità dei pittori.

Tutti gli stili sono stati rappresentati:dai bei disegni a matita di raffinati veri-sti, agli olii e agli acrilici, agli acquerel-li di surrealisti, impressionisti, espres-sionisti, astrattisti; tutti hanno dimo-strato di saper volare sopra e fuori dalleaule giudiziarie, e con grande sensibi-lità di espressione. Tutti hanno datocorpo alle loro sensazioni con paesaggi,figure, colori, liberandosi, diciamocosì, dalla paralisi che ci lega agliobblighi quotidiani.

Molti che si conoscevano solo comeavvocati e magistrati, sono stati cono-sciuti, e voglio aggiungere, piacevol-mente, come pittori.

Non è qui possibile commentare leopere di tutti i partecipanti cui va, comeal presidente della Fondazione, avv.Pierluigi AMERIO, un sincero ringra-ziamento per la disponibilità dimostrata.

Ricordiamo, almeno per nome, gliartisti:

Vittorio BALDI; Pier GiorgioBALESTRETTI; Stefano BOGLIO-NE; Quinto BOSIO; Nicola CICCA-RELLI; Oliviero DAL FIUME; ElenaDE FILIPPIS; Patrizia DISTEFANO;Guglielmo DURAZZO; Paolo FAIS;Piero FIORETTA; Giuliana GABRI;Liana GALEOTTI MAZZOLENI;Vincenzo LAPICCIRELLA; SandraLIMONICI; Roberto MATTEI;Sabrina MOLINAR MIN; ElenaRIVAUTELLA; Rosario SCALISE;Ettore SERAFINO; Carlo AlbertoZABERT.

Molti di costoro offriranno una loroopera per un’asta benefica che saràtenuta il 6 novembre 2007 presso lasede della Fondazione a PalazzoCapris. Partecipate numerosi.

Oliviero Dal Fiume

Notizie e commenti

Dalla Fondazione

MAGISTRATI E AVVOCATI PITTORI

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È con orgoglio che affronto questidue anni come presidente dei gio-

vani avvocati di Torino.Non temo le osservazioni sul “cor-

porativismo”, né i nasi arricciati di chiconsidera le associazioni professionalicome congreghe protettrici di interessipersonali ed egoisti.

Per l’Agat parlano i fatti: gli incontridi formazione, i seminari di approfon-dimento, la massimazione delle senten-ze della Corte d’Appello dal 1990, letante iniziative che portiamo avanti dasempre.

Invito i giovani a iscriversi persapere cos’è davvero un’associazionee per dare nuovi stimoli a chi ne fa giàparte.

Invito i colleghi oltre i 45 anni a fareiscrivere i giovani di studio, perché lapartecipazione dei praticanti e dei gio-vani avvocati dipende anche dai lorodomini.

Il direttivo che lavorerà con me e cheè punto di riferimento dell’associazioneè formato da: Marco D’Arrigo,Costanza d’Ormea (Tesoriere), AnnaGarbagni, Alberto Griva, Matteo

Rossomando, Angelica Scozia, EnricoTardy (Vice Presidente), AlessandroTufani (Segretario).

Nel Collegio dei Probiviri siederan-no: Mauro Aimi, Stefano Altara, EnricoDogliotti, Nicoletta Domenichini,Giorgia Ilotte.

Confido nei suggerimenti e nelleidee che i colleghi, giovani e meno, pra-ticanti e avvocati, vorranno farci arriva-re per migliorare sempre di più l’attivitàe la vita associativa.

Cristina Martinetti

Dalle Associazioni

DALL’AGAT

42

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43la Pazienza

Ho letto quanto scritto, a proposito del processo in Torinoalle Brigate Rosse, da vari autori (Colleghi e non) pub-

blicato sul numero 94 del marzo 2007 de la Pazienza.Non entro nel merito del contenuto di tali scritti – taluni

indubbiamente pregevoli per spirito e sostanza – e mi limitoa puntualizzare su alcune affermazioni che ivi compaiono,che non mi paiono storicamente esatte.

Premetto che, poiché il numero de la Pazienza è uscito incorrispondenza con il trentesimo anniversario dell’assassiniodi Fulvio Croce (1977) e voleva ricordarlo, forse si sarebbepotuto dare maggiore rilievo alla figura dell’Uomo, figurache finisce di passare in secondo piano di fronte alla esposi-zione delle vicende giudiziali (e non) e alla narrazione auto-biografica operata da taluno dei difensori al processo poi(come noto) conclusosi nel successivo anno 1978.

Ignoro invero cosa sappiano i Colleghi – che trent’anniorsono non erano ancora tali – dell’Uomo.

Fulvio Croce non era solo il Presidente dell’OrdineForense torinese, difensore designato ex art. 130 del vecchiocodice di procedura penale che, come tale, ha pagato per lafollia omicida dei brigatisti, ma era anche il Vicepresidentedella romana Unione delle Curie (seconda solo per importan-za al Consiglio Nazionale forense): lo era divenuto anche perla stima e la considerazione di cui godeva quale vecchio gen-tiluomo piemontese (era parente di Costantino Nigra) dotatodi fine umorismo, capitano degli Alpini, legionario fiumano,convinto liberale, uomo dotto e sottile giurista, avvocato sti-mato per il suo garbo e la sua cortesia, ma che sapeva essereduro e severo allorché le circostanze lo richiedevano.

Ma non è di questo, ho premesso, che intendo parlare.Ho letto in uno degli articoli pubblicati che, dopo l’assas-

sinio del Presidente, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocatiavrebbe deciso che “mai i consiglieri avrebbero potuto assu-mersi un qualsiasi incarico che fosse a difesa di coloro cheavevano rivendicato l’assassinio del Presidente dell’Ordinedegli Avvocati”. Ciò non è vero.

Il Consiglio non ha mai assunto una delibera consimileanche se è innegabile che, nell’ambito dello stesso, esistesse-ro opinioni di segno opposto.

Per il vero, la vicenda non può essere compresa se non sitiene conto della c.d. questione Autodifesa della quale, nelcitato numero de la Pazienza, non ho trovato notizia.

E poiché questa è storia, ritengo doveroso farne cenno peropportuna informazione di coloro che evidentemente nonsono informati, o hanno dimenticato.

La questione “autodifesa” venne evidenziata in Consigliodall’avv. Grande Stevens che riferì circa lo studio fatto in pro-posito dai proff. Chiavario, Barosio, Lozzi e Siniscalco allor-ché, iniziato nel 1976 il processo ai brigatisti rossi, si verificòla revoca a opera di costoro dei difensori di fiducia, il rifiuto

di accettare la difesa da parte dei difensori d’ufficio indicatidal Consiglio, la nomina ex lege a difensore del Presidentedell’Ordine, le intemperanze di udienza, il rinvio del proces-so.

L’argomento venne inserito nel luglio 1976 tra i temi dadiscutere al biennale Congresso nazionale degli Avvocati chesi sarebbe tenuto a L’Aquila dal 9 al 13 settembre 1977. Crocedesignò me come relatore per l’Ordine di Torino. Gli altrirelatori sul tema erano gli avvocati Vincenzo Cavallari diBologna, Arturo Sorgato di Venezia, Orazio Campo diPalermo.

Preparai la relazione e prima di inviarla alla Segreteria delCongresso, la feci leggere all’avv. Fulvio Croce che laapprovò integralmente senza chiedere la modifica di una solavirgola.

Illustrai poi la relazione a L’Aquila, a settembre 1977,dopo che Fulvio Croce era stato assassinato.

Preciso che, dopo l’assassinio del nostro Presidente eprima dell’apertura del Congresso, partecipai comeSegretario del Consiglio, a talune riunioni. Ne rammento una,con il presidente della Corte d’Appello di Torino dott. Casolie funzionari venuti da Roma, ove mi vennero date preciseassicurazioni che si sarebbe provveduto a emettere subito unprovvedimento legislativo sulla autodifesa. Poi si rimandò adopo il Congresso. Vi era infatti opposizione da taluniambienti (ad esempio il presidente di allora del Tribunale diTorino, avv. Prosio, mi disse che non comprendeva il perchégli avvocati volessero rinunciare alla rappresentanza giudi-ziale esclusiva, per ottenere la quale si erano battuti nel seco-lo precedente).

In realtà vi era molta disinformazione, la stessa che rilevoesservi attualmente sul punto: ed è la stessa che, al Congressodi L’Aquila, portò alla non approvazione (per una minimadifferenza di voti) della mozione favorevole alla autodifesa.

Alla cena che concluse i lavori congressuali ero, comeovvio, amareggiato. Parlando con i Presidenti di taluni ordiniminori (per iscritti e quindi per numero di voti) e tornandosull’argomento mi sentii dire “Ma, Fioretta, se le cose eranocosì come mi dici, avremmo votato a favore: non lo sapeva-mo”.

Io avevo trascorso sei giorni al banco della Presidenza congli altri relatori e non potevo evidentemente trovarmi nel con-tempo tra i congressisti per spiegare la fattispecie e le relativeproblematiche: non era compito mio, bensì dei componentidelle Delegazioni che affiancavano me e gli altri relatori (tuttifavorevoli fuorché l’avvocato Sorgato).

Così, per usare un termine caro al vecchio amico e colle-ga avv. Alfredo Noya, per una “sfasatura” di voti non passòla mozione sull’autodifesa. E, ovviamente, lo Stato che nonaveva brillato né prima, né durante, né dopo, si dimenticò

Dai Collegi

PUNTUALIZZAZIONI

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la PazienzaNotizie e commenti44

del problema solo compiacendosi dei risultati raggiunticon la celebrazione nel 1978 del processo: risultati che,a mio sommesso parere, non paiono così definitivi dagiustificare particolare compiacimento ove si pongamente ai fatti più recenti e alla ripresa della attivitàeversiva.

Aggiungo che le relazioni sull’autodifesa sono pub-blicate negli Atti del XIV Congresso Nazionale giuridicoforense in volume che esiste presso la bibliotecadell’Ordine degli Avvocati.

Sarebbe opportuno che, prima di scrivere (e, me lo sipermetta, di “pontificare” in proposito) ci si informassedi come stiano le cose.

Per chi non ha avuto modo (e debbo ritenere sia la stra-grande maggioranza dei Colleghi) di leggere la relazionemia (e di Croce che la approvò integralmente), nonessendo questa la sede per riportarne l’intero contenuto(la relazione stessa, stampata, riempiva ben 32 facciate)ne riassumo qui di seguito i punti salienti.

1) Ogni individuo imputato ha diritto di difendersi.2) La Convenzione internazionale consente all’im-

putato di autodifendersi: ciò in quanto può non esserviobiettività e autonomia da parte del difensore d’ufficiodesignato (la Convenzione internazionale voleva porrerimedio agli inconvenienti verificatisi in processi poli-tici: taluni dei quali in Spagna e altri nell’AmericaLatina).

3) Il diritto alla difesa è sacro. Ma una cosa è un dirit-to e altra cosa è un obbligo: avere il diritto alla difesanon significa avere l’obbligo di difendersi, così comeavere il diritto alla vita non significa avere l’obbligo divivere.

4) Parlare di “difesa tecnica” operando una dicotomiatra difesa tecnica e difesa nel merito, non ha senso. Ladifesa tecnica sovente sconfina nel merito: è sufficienteconsiderare come una eccezione di forma sia idonea aprovocare la conclusione del processo (ad esempio sottoil profilo della nullità di un atto, della decorrenza di ter-mini o della prescrizione).

5) L’Italia aveva aderito alla Convenzione ma, moresolito, non aveva promulgato la necessaria legge per l’at-tuazione: infatti il nostro codice escludeva la possibilitàdi una “autodifesa” (espressamente prevista nel PattoInternazionale sui diritti civili e politici approvato dal-l’assemblea generale dell’Onu il 16/12/1966). Occorrevapertanto una modifica al codice di procedura penalevigente.

6) Il diritto dello Stato di difendersi e di processare l’e-versore è fuori discussione.

Chi tenta la rivoluzione sa che, se vincerà, avrà poteri eonori; se perderà, verrà spazzato via. È un rischio checorre, lo conosce, e non può lagnarsi delle conseguenzeche gliene derivano.

Questo, in poche righe, il sunto della relazione (che,come detto, è pubblicata e che, chi ne ha interesse, puòandare a leggere).

* * *

Ringrazio dell’attenzione e porgo cordiali saluti.

Piero Fioretta

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45la Pazienza

Forum

GLI AVVOCATI: IDENTITÀ E MERCATO

La redazione de la Pazienza ha deciso di convocare un Forum di discussione e dibattito sui problemi trattati e affronta-ti in questo numero. L’incontro si terrà presso i locali del Consiglio dell’Ordine il prossimo 21 Novembre con inizio alleore 12.00. Verrà, comunque, data pubblicità dell’evento.

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46la Pazienza

Caro Gianfranco,prima che tu chiudessi i tuoi occhi per sempre, mi sareb-

be piaciuto ricordarti e commentare con te le ragioni delnostro comune vissuto ultraquarantennale, cominciando dalfortunato caso che, nella lontana antivigilia del Natale del1965, senza sponsor o referenti, per averti qualcuno fatto ilmio nome, ti presentasti nel mio studio per offrire la tua col-laborazione. Offerta che accolsi volentieri per l’entusiasmo,la serietà delle motivazioni che avevi addotto e per le condi-vise scelte ideologiche.

Ma se tali connotazioni erano prognosticamente più chesufficienti per l’instaurazione di un rapporto professionalesoddisfacente, rassicurante ed amicale non lo erano perché turiuscissi a trasformarlo in un rapporto, in una comunanza divita fraterna, difficilmente ripetibile, non scevra da episodi-che divergenze di opinioni che, inevitabilmente superate, lavalorizzavano.

Ciò è avvenuto per le tue doti naturali, caratterizzate dauna rara, totale assenza di invidia, da una innata trasparenza,da una capacità di relazionarti con colleghi avversari o meno,nelle controversie giudiziali o a prescindere da esse, con unagenuina carica non di semplice colleganza ma di simpatia, diamicalità, corredata da “battute”, ricche di humour, cosìcome da una ferma, appassionata esposizione delle tue dife-se, avanti ai Giudici, rispettandone ruolo e dedizione alla lorofunzione, sapendo anche allentare la tensione, che potevaapparire o crearsi in alcune occasioni, con moti di spirito,oltre che, naturalmente con i colleghi e collaboratori dellostudio che ti hanno e a cui hai voluto bene.

Era, pertanto, inevitabile che, colleghi e no, persone note omeno, venuti a conoscenza della tua dipartita, abbiano volutomanifestare la loro stima, simpatia e rimpianto per essere

stato colpito, iniquamente, da una patologia che ti ha condot-to a morte.

Ma non solo!Quello che valorizza la tua vita professionale è la scelta,

convinta, coerente e costante di dedicare le tue qualità e dotidi avvocato alla appassionata difesa e alla tutela, specie inmateria previdenziale, dei diritti, che ritenevi lesi, dei com-ponenti la “fascia debole” della società, di migliaia di perso-ne con insufficienti beni materiali, con deficit culturali, con-sentendo loro, dopo averli ascoltati con pazienza e compren-sione cercando di rassicurarli, di riuscire a migliorare, siapure parzialmente, la loro “minorità” socioeconomica.

Hai, cioè, assolto a una delle funzioni che onorano la“toga”, che hai indossato con tanta dignità.

Nell’ultimo anno della tua vita, le sofferenze fisiche e psi-cologiche, a causa del “male oscuro” che ti aveva fisicamen-te menomato, sono state mitigate dal calore della continuapresenza e dall’affetto dei tuoi cari che hanno ricambiato,gratificandoti, dell’amore che, soprattutto e sopra tutti, hailoro dimostrato, certo che nel proporre, nello studio del qualesei stato un punto essenziale di riferimento, l’inserimento delfiglio Flavio, questi ne avrebbe raccolto il testimone.

Caro Gianfranco, non ho avuto la possibilità di farti leggerequeste mie valutazioni, d’altronde a te note, così come non ho lapossibilità di riempire il vuoto che hai lasciato, così come nonl’hanno più neppure i colleghi dello studio che hanno avuto labenigna sorte di averti come amico, e non solo come collega,così come non l’hanno più i bisognosi della tua difesa, cosìcome non ho la speranza di dirti “arrivederci”, ma posso, alme-no, confermarti un sofferto “addio” e un commosso “grazie”.

Giuseppe Scalvini

Ricordi

*La Pazienza 96 11-10-2007 15:03 Pagina 46