CONTROCAMPO DA PORTO ROTONDO · Rimini o Disneyland. ... le nuove consapevolezze di luoghi che nel...

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Una visione di largo respiro n. 9 - maggio 2016 Sommario 2 7 9 Editoriale di Tatiana Kirova di Gherarda Guastalla Lucchini S di Federico Diletti 14 di Carlo Marcetti 1 CONTROCAMPO DA PORTO ROTONDO di Luigino Donà dalle Rose 11 Nel rileggere l’intervento di conclusione dei lavori fatto da Carlo Marcetti ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte al quadro di Pelizza da Volpedo “Il quarto stato”, tale è il senso di coralità che deriva da questa appassionata ricucitura dei diversi interventi. Non si è perso nessuno dei numerosi stimoli offerti, né si è persa la diversità delle idee espresse, tutte positivamente orientate al futuro e, ovviamente, al fare. E da fare c’è molto, se si considera che le idee e i progetti presentati, anche se solo necessariamente enunciati, coprono tutte le esigenze che Porto Rotondo oggi sembra avere. Con forza emerge il comune convincimento che, senza azioni sinergiche, sarebbe problematico ottenere risultati nei tempi necessari o auspicabili. Ma avendo come riferimento un obiettivo comune, sarà più semplice arrivare a costruire un modello che assicuri coerenza nella realizzazione pratica. È evidente che sia necessario, ancora, spendere tempo e impegno nel valutare i progetti e definirne le priorità, anche se alcuni di loro – per specificità o natura – sembrano essere propedeutici a qualunque altra idea. In particolare, quelli che si riferiscono alla necessità di chiarire gli obiettivi e quindi i compiti del Consorzio e ridefinirne l’assetto per poter operare nelle migliori condizioni possibili. Per rapporto al modello possibile, non vi sono dubbi che tutto debba essere orientato ad assicurare al Borgo un livello di qualità della vita completamente inspirato non solo alla valorizzazione delle eccellenti qualità naturali, ma anche ad una attenta difesa dell’ambiente, sotto tutti gli aspetti. E dalle considerazioni di tutti emerge con uguale chiarezza che Porto Rotondo non deve, né potrà mai, tendere a modelli quali Rimini o Disneyland. Per poter costruire in maniera nuova è assolutamente prioritario che venga ridefinito il rapporto tra il nostro Consorzio e il Comune di Olbia, evitando inutili e spiacevoli confronti o, ancor peggio, raccogliendo le briciole che una politica di basso livello e modesta veduta possono darci. Non sarà attraverso la pretesa, seppure legalmente giustificata, che il Comune di Olbia si assuma tutte le responsabilità possibili e che faccia per il Borgo ciò che è necessario – o che noi riteniamo opportuno – che otterremo dei risultati; dobbiamo piuttosto chiedere con forza che ci siano riconosciute le autonomie necessarie per operare in integrazione a quanto il Comune potrà fare. Occorre, infine, per alcuni uscire dall’equivoco che il Borgo sia, o debba essere considerato, un supercondominio da una parte o una sorta di Comune dall’altra, chiamato a risolvere i problemi, a partire da quelli personali, pensando “a tutti e per tutti”. La Giornata di Studi ha consentito di mettere insieme e confrontare le opinioni di molti, e questo ha – a mio avviso – un valore inestimabile che non può né deve andare disperso. Ce n’è per tutti, e che ognuno di noi possa dire “anche io ho fatto qualcosa per Porto Rotondo”. Il direttore

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Una visione di largo respiro n. 9 - maggio 2016

Sommario

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Editoriale

di Tatiana Kirova

di Gherarda Guastalla Lucchini

S

di Federico Diletti

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di Carlo Marcetti

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CONTROCAMPO DA PORTO ROTONDO

di Luigino Donà dalle Rose

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Nel rileggere l’intervento di conclusione dei lavori fatto da Carlo Marcetti ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte al quadro di Pelizza da Volpedo “Il quarto stato”, tale è il senso di coralità che deriva da questa appassionata ricucitura dei diversi interventi. Non si è perso nessuno dei numerosi stimoli offerti, né si è persa la diversità delle idee espresse, tutte positivamente orientate al futuro e, ovviamente, al fare. E da fare c’è molto, se si considera che le idee e i progetti presentati, anche se solo necessariamente enunciati, coprono tutte le esigenze che Porto Rotondo oggi sembra avere. Con forza emerge il comune convincimento che, senza azioni sinergiche, sarebbe problematico ottenere risultati nei tempi necessari o auspicabili. Ma avendo come riferimento un obiettivo comune, sarà più semplice arrivare a costruire un modello che assicuri coerenza nella realizzazione pratica. È evidente che sia necessario, ancora, spendere tempo e impegno nel valutare i progetti e definirne le priorità, anche se alcuni di loro – per specificità o natura – sembrano essere propedeutici a qualunque altra idea. In particolare, quelli che si riferiscono alla necessità di chiarire gli obiettivi e quindi i compiti del Consorzio e ridefinirne l’assetto per poter operare nelle migliori condizioni possibili. Per rapporto al modello possibile, non vi sono dubbi che tutto debba essere orientato ad assicurare al Borgo un livello di qualità della vita completamente inspirato non solo alla valorizzazione delle eccellenti qualità naturali, ma anche ad una attenta difesa dell’ambiente, sotto tutti gli aspetti. E dalle considerazioni di tutti emerge con uguale chiarezza che Porto Rotondo non deve, né potrà mai, tendere a modelli quali Rimini o Disneyland. Per poter costruire in maniera nuova è assolutamente prioritario che venga ridefinito il rapporto tra il nostro Consorzio e il Comune di Olbia, evitando inutili e spiacevoli confronti o, ancor peggio, raccogliendo le briciole che una politica di basso livello e modesta veduta possono darci. Non sarà attraverso la pretesa, seppure legalmente giustificata, che il Comune di Olbia si assuma tutte le responsabilità possibili e che faccia per il Borgo ciò che è necessario – o che noi riteniamo opportuno – che otterremo dei risultati; dobbiamo piuttosto chiedere con forza che ci siano riconosciute le autonomie necessarie per operare in integrazione a quanto il Comune potrà fare.

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Occorre, infine, per alcuni uscire dall’equivoco che il Borgo sia, o debba essere considerato, un supercondominio da una parte o una sorta di Comune dall’altra, chiamato a risolvere i problemi, a partire da quelli personali, pensando “a tutti e per tutti”. La Giornata di Studi ha consentito di mettere insieme e confrontare le opinioni di molti, e questo ha – a mio avviso –un valore inestimabile che non può né deve andare disperso.Ce n’è per tutti, e che ognuno di noi possa dire “anche io ho fatto qualcosa per Porto Rotondo”. Il direttore

Controcampo da Porto Rotondo n. 9 – anno II maggio 2016

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Il futuro è già domani

Trascrizione dell’intervento di Carlo Marcetti a conclusione della Giornata di Studi - 30 aprile 2016

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La giornata di oggi rappresenta un’occasione dalla quale usciamo sicuramente tutti più ricchi, perché il contesto e le modalità attraverso le quali ci si deve confrontare credo che debbano e possano essere queste. Ciascuno lo fa e lo farà pur svolgendo ruoli diversi: i consorziati e tutti coloro che possono portare un contributo di idee, di azione, di stimolo, di critica ed i componenti del Consiglio di Amministrazione che, per il ruolo che svolgono all’interno del momento di gestione, sono chiamati a farsi carico (spero) di queste sollecitazioni e ad aiutarci a guardare oltre, al futuro. Pensiamo sempre che il futuro sia lontano da oggi. Il futuro è però già domani. Il futuro di questo luogo viene da lontano. Molti intervenuti oggi hanno introdotto apporti qualificati e proposte che, quando erano state presentate in altri contesti con intenzioni di “stimolo”, erano state riduttivamente accolte o valutate come “indicazioni di sognatori”, quasi che non ci fosse per loro un diritto od un titolo a sognare. Eppure se non ci fosse un diritto a sognare, non ci sarebbero le visioni e le visioni non potrebbero avviarsi per quei percorsi che le possono far divenire realtà. Questo territorio ha avuto la fortuna di avere qualche sognatore: Luigino, Nicolò, il Principe Karim… Meno male. Hanno pensato oltre il muretto a secco che recintava le conoscenze del mondo che molti degli indigeni avevano allora ed hanno fatto intravedere, più in là della corte e del muretto che recintava il cortile, una dimensione d’interesse verso quest’Isola, verso questo territorio, verso quelli che erano ambienti qualunque della quotidianità sofferta di tutti i giorni, le nuove consapevolezze di luoghi che nel mondo avevano un altro prezzo, un altro riconoscimento, un altro apprezzamento, e quel prezioso valore che poi nel tempo ha trasformato questa parte della nostra Isola. Ed è da lì che dobbiamo, forse, partire. Non solo per dirci o confermarci quanto oggi è di comune condivisione, o quanto oggi è emerso nei nostri interventi, certo anche questo, ma soprattutto dobbiamo dirci quanto potremo poi spenderci in termini di tempo e di attenzioni per i giorni che devono arrivare. C’è un libro, scritto da un autore sardo morto giovane, qualche anno fa. Ha un titolo carezzevole, per ricordarci quel che siamo, ma è un libro che dà anche testimonianza di un popolo, il nostro, che ha raccontato senza poterla scrivere, perché non sempre ha avuto conoscenza e utilizzo della scrittura, la propria storia. Anche la storia di Porto Rotondo è nata con Luigino e con Nicolò ma quel che prima è stato non lo conosciamo. Non abbiamo segni, abbiamo tracce: qualche colonna che i Romani ci hanno lasciata, una torre di avvistamento che – forzando i termini dell’interpretazione storica – per decenni abbiamo voluto chiamare “nuraghe”, sulle colline ci sono resti di villaggi e di presenze che le sovrintendenze non fanno emergere perché altrimenti più

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facilmente sarebbero esposte al saccheggio. E’ la storia di un luogo dolce, come quella di questo territorio, che ha un suo vissuto. Anche quelle genti, come noi, “passavano sulla terra leggeri”. E anche loro, come noi, “passavano sulla terra leggeri come lo scorrere dell’acqua”. Nei popoli che non avevano la scrittura, la storia e la capacità di raccontare, meglio di tramandare, era assegnata ai saggi. Un tempo erano i nonni a raccontare, vicino a un camino spazioso; loro erano i custodi del tempo e “fermavano nella memoria” quel che non si doveva disperdere. Abbiamo ancora qualche custode del tempo che è nato con Porto Rotondo. Credo che, anche noi come persone, potremmo, senza fare sforzi, impegnarci a custodirne i valori, i contenuti, le esperienze di cui siamo portatori. Un territorio è una risorsa per ciò che può esprimere, ma la vera risorsa di quel territorio sono coloro che lo vivono. Sono coloro che ne hanno accompagnato la crescita, lo sviluppo, la vita. E’ vero, ne sono certo, il tempo li ha fortemente modificati. Il Luigino che sta qui oggi è un custode del tempo che sta cercando “disperatamente” un nipotino, a cui trasmettere e trasferire, per non disperderla, una “conoscenza” vissuta ed avviare il “compimento” di nuove esperienze e non vuole necessariamente individuarlo all’interno della propria famiglia. Ci sono altri custodi del tempo di questo territorio. Sono coloro che lo vivevano prima con la propria presenza, e poi si sono ritratti in parte verso “l’interno”. Sono coloro con i quali, con difficoltà (negli enunciati sempre tenuti presenti) si tenta di costruire un rapporto per passare ad una crescita del territorio che sia crescita vera. Una crescita che consenta a entrambi di respirare più profondamente; agli indigeni un po’ di più verso il mare, a coloro che vivono il momento della vacanza, di consolidare, costruire , creare un rapporto di convivenze che li aiutino ad esaltare e rendere più intenso e vero il momento della propria vacanza e presenza. Ora si vive per isole. Siamo abituati a vivere per isole. Anche i contributi di oggi, molto importanti tutti, sono stati, erano contributi frazionati, isole. Ciascuno ha trasmesso il proprio micro-cosmo e credo che quello che emerge in fondo alla fine di questi lavori sia – e lo evidenzio come primo elemento anziché lasciarlo al termine di questo intervento – la necessità che di questi contributi si faccia sintesi cioè che ci si metta insieme e si dia continuità. Il meccanismo, o lo strumento, lo individueremo. Potrebbe essere un gruppo di lavoro, potrebbe essere un comitato che ci rifletta un po’ sopra, che coordini questi apporti straordinari e poi li usi anche per valutare in quale modo essi possano essere utilizzati insieme con il Consiglio di Amministrazione. E’ necessario seguire la “traccia” importantissima di tutto questo “ragionamento” che oggi noi qui abbiamo fatto, maturata anche al di fuori di questo luogo, perché molti contributi sono così importanti sotto la valenza culturale e con riferimento anche ai singoli ambiti in cui essi sono stati proposti e messi alla nostra

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attenzione che, davvero, per ciascuno di loro, sarebbe auspicabile trovare un’occasione di continuità ed approfondimento. Io evito di entrare dentro ciascuno dei contributi che voi avete dato. Sento però, per davvero, il piacere e l’esigenza di dirvi che le indicazioni che sono emerse hanno portato – era quello sono certo il vostro obiettivo – a stimolare le riflessioni per impegnarci a giocare sempre più una partita comune. Perché giocarla? So bene che ciascuno di voi “viaggia” su piani d’interessi personali, territoriali, professionali i più diversi ma in questo contesto di energie messe in campo, pur provenendo da mondi talvolta molto “lontani”, voi vi sentite orgogliosamente “porto rotondini” e ciò vi avvicina, vi fa sentire “un’appartenenza”. Voglio anche pensare che il venire a fare vacanza nella terra di Sardegna, dopo anni, in tanti di voi possa aver lasciato, un segno, qualcosa, una percezione, un “richiamo” forse “ravvicinato” al sentirvi, pur qualche volta riottosi, anche parte di un’appartenenza più ampia. E chi di voi ha colto la possibilità di “viaggiare” la Sardegna, con “qualche giro” per delle terre non solo costiere, credo che abbia maturato la sensazione di sentirsi meno ospite e forse di sentirsi un poco più parte di noi. Vorrei, è un auspicio, che questa fosse un’occasione quindi, anche per chi ha la possibilità di fare viaggi di questa natura, per aprirsi a percezioni di altre o nuove esperienze. Come potete vedere, la squadra che oggi è intervenuta è multietnica: è composta di numerosi “oriundi” e di altrettanti indigeni, si direbbe che sia una bella combinazione. Sentirsi squadra è importante, le partite non sono più gioco unicamente di solisti ed anche i migliori talenti emergono e sono valorizzati nel e dal lavoro del gruppo. Sentiamoci squadra, dunque, sentiamoci elemento di sollecitazione verso noi stessi e verso altri. Lo spirito, che Mario Corrias ha oggi attraverso questa sua iniziativa aiutato a mettere in campo, è uno spirito estremamente importante. Porto Rotondo vive dall’anno scorso, come località turistica, un momento di ripresa. Quest’anno ci sarà un’ulteriore fase di crescita e questa ulteriore ripresa avrà un suo primato significativo anche nelle altre località della Sardegna. Ma, diciamocelo francamente, i meriti sono casuali e sono di altri. Qui non è cambiato nulla. Le responsabilità rimangono tutte, i ritardi rimangono tutti, le politiche dei trasporti si sono appesantite eppure arrivano molte più persone, nei primi tre mesi del 2016, nell’aeroporto siamo a più 30 % nel traffico passeggeri e il traffico marittimo cresce ancora. Tuttavia, poiché siamo persone che sono qui per riflettere, che non vogliono avere bende sugli occhi, sappiamo che i nostri limiti non sono stati superati, che i problemi non sono stati affrontati e che più persone arrivano e più quei limiti marcheranno i nostri ritardi, faranno segnare indebolimenti nella qualità del prodotto, dell’offerta turistica che noi dobbiamo proporre a chi viene a far vacanza in Sardegna, e quindi ancor più tutto questo contesto ci solleciterà delle risposte. Qualcuno ha detto, nel proprio intervento, che la stagione rimane corta. Sì! E’ vero. La stagione rimane corta perché nell’animo di Porto Rotondo c’è un animo, fortemente e profondamente, soprattutto italiano e nell’animo italiano permane un ancoraggio più forte ai condizionamenti posti dalla crisi economica. Ne stiamo

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uscendo forse, ma permane questo fatto e permane una “lettura della vacanza” che è ancorata soprattutto ai mesi di luglio e di agosto. E’ questo ciò che abbiamo. Su questo nostro territorio, e lo possiamo rilevare dai movimenti delle persone che si spostano sul traffico aereo, cresce il turismo internazionale. Nel traffico aeroportuale, in questi anni, abbiamo potuto misurare una crescita significativa dei passeggeri internazionali e una flessione dell’incidenza di quello nazionale. Olbia è l’aeroporto sardo in cui arriva la maggiore quantità di turisti internazionali (inglesi, francesi, tedeschi). Tra le regioni italiane, nell’intero anno, nei comuni costieri di questa provincia, la maggiore quantità di arrivi, nelle strutture ricettive, è data dai sardi che, provenienti da altre parti dell’Isola, scelgono di trascorrervi il weekend. E’ un turismo che cambia. E’ un turismo che fino a qualche anno fa si muoveva per venire in Sardegna prevalentemente con le navi; da circa otto anni, invece, si arriva in Sardegna prevalentemente con l’aereo. Il rapporto con il tempo di percorrenza è quindi oggi molto diverso, costa molto meno venire dall’estero piuttosto che venire dall’Italia – e questo è uno dei motivi per cui vi è stata anche quest’accentuazione di connotazione del turismo internazionale – e non è più “scontato” arrivare con l’auto e con la famiglia al seguito. E’ più naturale venire con l’aereo, noleggiare un’auto, per una settimana, il costo giornaliero, già lo sapete, è fondamentalmente accettabile, e quindi spostarsi nell’Isola, con questo tipo di mezzo. L’aeroporto di Olbia movimenta in attività di noleggio, da giugno a settembre, non meno di 12.000 auto e ne avrebbe necessità per un numero superiore ma le case madri non le mettono a disposizione. In un territorio tutto questo porta oggettivamente delle modifiche, di spostamenti di persone che qualcuno di voi ha rilevato sotto forma di problematiche di sicurezza, di sostenibilità ambientale, di mobilità e d’altro. Porto Rotondo, in tutto questo contesto, si propone come località matura, è una destinazione turistica matura. Le destinazioni turistiche mature, se dovessimo disegnarle con una funzione, hanno più o meno un andamento di questa natura: crescono, si appiattiscono prima di decrescere. Allora, se siamo sulla cresta – e siamo sulla cresta per meriti non nostri ma perché compiacenze o terribili difficoltà internazionali ci mettono su questa posizione – c’è forse tempo per riflettere sul che fare, perché l’offerta turistica del villaggio, o del Borgo come mi piace chiamarlo, pongono la questione del cosa fare e di chi debba fare La denominazione di Borgo darebbe a Porto Rotondo un contenuto e una dignità diversi, il luogo uscirebbe dalla sola percezione di un contesto di vacanza e prenderebbe i connotati di una comunità in cui le persone aspirano almeno a vivere in maniera continuata e ad avere servizi attivi per tutto il corso dell’anno. In quale direzione muoversi? La direzione di un’offerta turistica unicamente verso il turista spiaggiato non è più sufficiente. Il turista spiaggiato è “quello” che sistemiamo o si sistema sulle spiagge durante la giornata, prende il sole per quanto riesce a resistere, lo “raccogliamo” o si “raccoglie” a fine giornata, lo “stocchiamo” nella propria casa o in qualche locale, e abbiamo

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pensato di avere adempiuto ai nostri compiti di fornitori di servizi. Chiaramente non è e non può essere solo così. Talvolta, poi, troviamo anche qualche marziano atterrato da queste parti (sono sempre più frequenti), si muovono per la strada un pochino più rapidi e poiché non utilizziamo di sovente il termine con cui connotiamo la persona che compie questo tipo di movimento veloce (cioè, runner) quando ne parliamo tra di noi, commentiamo quasi sorpresi: “Toh, ma guarda, sta correndo quel matto laggiù…”. Quel matto è alla ricerca di un rapporto con se stesso rispetto ai luoghi, impercettibile o inimmaginabile fino a qualche tempo fa. Quella persona qualche volta va in bici, qualche volta va a piedi, cerca un rapporto di connessione, di con-naturazione con gli spazi, con ciò che gli sta intorno che non ha offerta o ne ha poca. Deve quasi ricercarla e ridefinirla da sé. Può chiamarsi turismo all’aria aperta, si chiama turismo attivo, è un modo di tramutare tempo libero in un’attività di cura di se stessi che a Milano o in un’altra grande città viene riccamente pagato e viene vissuto più spesso nel luogo chiuso delle palestre. L’ambiente,qui, offre qualche cosa che non costa, che si può “prendere” liberamente e ritagliare con modalità diverse, interiorizzando le sensazioni di un più libero rapporto con il tempo. Quindi, come pensare di migliorare la nostra offerta turistica, come estenderla. L’estensione può essere riferita a un arco temporale, e può anche essere riferita a una molteplicità di occasioni attraverso le quali l’offerta non può essere più soltanto quella che fino a qualche tempo fa veniva proposta Porto Rotondo non ha molti alberghi, anzi. Ahimè, credo che questo sia uno dei suoi problemi. Ha altro tipo di ospitalità. E poiché non c’è un ente pubblico che solleciti coloro che offrono altro tipo di ospitalità a fare una riflessione in questa direzione, io credo che siano i diretti interessati – che gestiscono le multi proprietà o che gestiscono interventi di casa vacanza emersi o non emersi – a dover riflettere su quello che sarebbe necessario e opportuno fare. D’altronde, il problema non è – e più di qualcuno se lo pone – soltanto da immaginare sotto forma della cura e della qualità del Borgo e della qualità dei luoghi. Quando urbanisti come Rallo o la De Zordo ci propongono queste tematiche, si può più facilmente pensare ad innamoramenti legati alla loro professione, ma la traduzione delle indicazioni che da loro arrivano è una sollecitazione legata a degli interventi che sarebbe opportuno fare sull’ambiente per renderlo un contesto di qualità superiore, davvero unico, in uno spazio di tempo che le persone hanno da destinare alla vacanza. Un elemento, questo, non secondario, ma unico, anche per coloro che – acquistando una casa – hanno scelto di vivere qui un momento prolungato, un rapporto diverso con il tempo, tutte le volte che per loro sia possibile distaccarsi dagli impegni di lavoro che nella vita hanno lontani da qui. E allora, chi può, oltre noi, che ci siamo resi disponibili, con impegno di tempo personale, ad avviare riflessioni e anche iniziative su questi luoghi? Chi? Qual è il braccio operativo che si deve fare carico di orientare o di pensare a una risposta a un turismo che cambia, a un’offerta turistica che deve dare

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qualcosa in più per soddisfare una domanda turistica che richiede un prodotto più evoluto. Io non riesco a trovare molti soggetti e non riesco a dare risposte molto ampie. Non riesco a immaginare il Comune di Olbia che, sinceramente, ha ben altre cose cui pensare e che, quando può, è nella possibilità di dare più risposte di carattere quantitativo che qualitativo. E in questo caso, si deve pensare di rispondere soprattutto a un contesto di qualità. Le 13.500 persone che abbiamo misurato come presenti a Porto Rotondo nell’agosto del 2014, sono cresciute l’anno scorso e saranno ancor di più quest’anno. E non potrà essere un invocato, o più volte evocato, Comune di Olbia a risolvere o a darvi una mano consistente per affrontare questo tipo di problemi. Certo, il Comune dovrà fare la sua parte. Io consiglio, per quanto possibile, di continuare a perseverare. Se il patrimonio immobiliare sul quale voi avete investito (se titolari d’immobili) o sul quale i commercianti hanno investito (se titolari di attività economiche), volete mantenerlo elevato vogliatevi convincere ancora di più che è necessario che la partita la giochiate soprattutto voi. Coinvolgendo altri, ma soprattutto voi. Per far questo, è sicuramente necessario che ci si parli un po’ di più. Si discuta un po’ di più. Che le iniziative, anche pregiate, che vengono fatte siano meno sporadiche, siano magari messe in modalità di coordinamento fra di loro, e forse è necessario anche iniziare a pensare ad un’ attività del Consorzio che abbia una visione ampia di quel che accade intorno ad esso. Io non ho mai pensato a un C.d.A, braccio operativo del Consorzio, che ragioni sui problemi come se fossero i problemi di un comprensorio allargato o di un condominio allargato. Se il Consorzio è l’unico strumento che avete per poter agire, utilizzate quell’unico strumento – in attesa che se ne creino degli altri – per far sì che quell’unico strumento abbia la possibilità di intervenire, per quanto possibile, laddove è necessario intervenire. Ci deve essere la consapevolezza, anche da parte dei componenti del C.d.A., che la partita ora è questa e che la si deve giocare in tempi brevi. Ci sono poi sono i bracci operativi, gli altri strumenti. In quale direzione devono muoversi? Intanto, uno strumento, sicuramente ben rappresentato da Roberto Azzi che qui oggi è intervenuto, è lo Yacht Club, per le iniziative che compone, che ha posto in essere, per il rapporto storico, consolidato che lo Yacht Club ha con lo spazio di mare qui intorno, con le attività della nautica, per il rapporto che lo Yacht Club ha con la storia di Porto Rotondo e con quello che anima un modo diverso di far vacanza. Un altro soggetto che ritengo indispensabile è il Porto Marina, dove perdura una problematica di confronto forte e sicuramente complessa ma dove non si può continuare a portare avanti un rapporto fra sordi. Credo molto nella capacità degli uomini e penso che questa debba essere posta in essere tutta e per intero, prima che da un “conflitto” nascano danni per tutti. Il buon senso i generali l’hanno sempre trovato misurando, sul numero dei loro soldati morti in battaglia, quali erano le condizioni attraverso le quali fare la pace. Ma se le condizioni per fare la pace sono state delineate a posteriori, per quale motivo il buon senso, o la capacità di sintesi che ciascuno di noi può porre

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in campo non sono già in campo prima e per intero? Il Porto Marina è fondamentale. Segna il rapporto con il mare, segna il rapporto con coloro che vengono a Porto Rotondo dalla parte del mare, è un beneficio di immagine straordinario che non appartiene solo ai titolari del Porto Marina ma a voi tutti. Ed è, quindi, patrimonio di voi tutti. E’ una chiave di lettura, certo, la mia, ne sono consapevole. La possiamo discutere, ma vi pregherei di osservare questi fenomeni, di cui sto parlando, non attraverso la lente d’ingrandimento che ha ciascuno di noi quando mette a fuoco e osserva il “particolare”, piuttosto attraverso la chiave di lettura che ha chi si trova un poco al di sopra delle questioni terrene e vede dall’alto i fenomeni che attorno a noi si sviluppano. Mi permetto di fare queste considerazioni che vi esplicito e sulle quali chi di voi può, deve – a mio parere – fare quanto è possibile e quanto è necessario. Il Consorzio, certo, ha un grande compito: quello di fornire servizi ai consorziati, ai soci. Non ritengo opportuno, in quest’occasione, aprire considerazioni sulle tematiche dell’efficientamento energetico (è un’espressione in uso), del minor consumo dell’energia o delle nuove forme di produzione attraverso fonti alternative... So bene che i costi sono consistenti e che si potrebbero trovare delle soluzioni. Non ne sono puntualmente al corrente, ma è probabile che qualcuno stia già lavorando in questa direzione. E’ anche possibile, ed è necessario individuarle, che vi siano modalità diverse attraverso le quali provvedere all’approvvigionamento idrico, o a parte di esso, e ad introdurre anche qui delle forme di riduzioni dei costi senza ridurre la forza dell’elemento che ha caratterizzato nel Borgo la qualità dei servizi che vengono offerti e quindi anche la qualità della vita. E, per quanto sarà possibile, anche con qualche sacrificio, credo che il Consorzio debba farsi carico di tutto questo piuttosto che lasciarlo in appalto a soggetti terzi o di trasferirne una parte al Comune di Olbia che, sono certo, sul piano della qualità, non sarebbe in condizione di trasferirvi niente in più. Forse, probabilmente, qualche cosa in meno. Due considerazioni ancora. Abbiamo parlato di strumenti ma anche il Consorzio qualche strumento l’ha già e sono gli strumenti tecnici e professionali dei propri addetti. Conservo la sana abitudine – imparata da ragazzo, praticando lo sport – di mettermi in discussione tutte le mattine, prima di affrontare la giornata, e lo faccio partendo dal dato che quello che è stato fatto, è stato fatto, e che la nuova giornata porta degli impegni nuovi e che necessariamente non posso pensare di affrontarli proponendomi nello stesso modo. Non sarà un modello d’interpretazione della nostra vita di tutti i giorni che posso consigliarvi: per me è normale, io non lo vivo con stress ma qualcuno potrebbe. Se i nostri bracci operativi – che sono, nel Consorzio, il suo staff tecnico e il suo C.d.A. – si mettessero in discussione tutti i giorni, certi che si può far sempre meglio e di più, credo che si supererebbe qualche contrapposizione e se ne avrebbero tutti un beneficio generale. Insisto sul fatto che il Consorzio è uno strumento fondamentale. Non ce ne sono altri. Forse nasceranno altri strumenti, forse con

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statuti più idonei, ci auguriamo con contenuti di oggetto sociale anche più puntuali e ampi. Ma ora, con questi strumenti disponibili noi dobbiamo ragionare e operare, con le energie e con le risorse umane che sono nel Consorzio, e con quanti altri uomini e donne di buona volontà potremo mettere insieme. Yacht Club, Porto Marina, Parco. Mi “ostino” forse, ma richiamo la vostra attenzione su questo ultimo punto perché, a mio parere, Porto Rotondo deve relazionarsi con il Parco de La Maddalena. C’è anche un accordo internazionale europeo di cooperazione che vede protagonisti il Parco di La Maddalena ed il Parco delle Isole della Corsica del Sud. Il Parco con i suoi confini arriva, qua sotto, a “un passo” dalle coste del Borgo. Qui di fronte ci sono due isole che sono praticamente impenetrabili e c’è uno spazio di mare che è il vostro spazio di mare più naturale. Io credo che, nel futuro, il brand di Porto Rotondo potrà essere più apprezzato e convincente se si realizzerà in modo più ampiamente condiviso la sostenibilità del suo sviluppo e se fra le componenti del brand, da proporre a tanti visitatori, ci fosse anche quello di un accordo di buon vicinato con il Parco. Là dove perdura da sempre un’assenza di rapporti, anche piccole e coerenti iniziative comuni potrebbero segnare un significativo risultato. Un piccolo, buon esempio potrebbe essere dato con qualche operaio del Consorzio che, con una periodicità da concordare, si trasferisce sulle isole e le ripulisce dalle cartacce, dalle plastiche, dai rifiuti che su quelle rive, portati dal mare, regolarmente si accumulano. Un importantissimo percorso successivo di buona ed efficace comunicazione non può essere solo affidato al custode del tempo o alla stampa locale, ma deve raggiungere e trovare spazi nelle rubriche dell’informazione specializzata. Dovrà suscitare attenzione, curiosità, dovrà essere capace di svolgere un effetto attrazione verso quel turista che, forse sorpreso e forse compiaciuto, troverà conferma dell’esistenza di una località attenta alla propria qualità ambientale e vorrà andare a visitarla. Non si conosce la Sardegna. Spesso si procede per stereotipi, un po’ superficialmente. Possiamo credere che forse Porto Rotondo non sia conosciuto ovunque. Ma se quell’iniziativa di raccolta di rifiuti nelle isole di cui ho parlato fosse estesa alle spiagge o a una parte delle coste del comprensorio del Consorzio, qui intorno, e la si conducesse in accordo con qualche associazione ambientalista, tipo il WWF, è probabile che possiate trovare qualche spazio su Rai 1, magari con Donatella Bianchi, che racconta qualcos’altro di diverso dalla percezione che di un villaggio turistico spesso si ha, anche in Sardegna, e cioè di un luogo vinto da una cementificazione sul mare. Guardiamoci sempre con gli occhi degli altri e non guardiamoci mai solo con i nostri, perché i nostri talvolta cedono al compiacimento. Ecco perché prima vi dicevo, facciamo quell’esperimento la mattina anche per controllare i nostri limiti: raccontiamoci o cerchiamo, quando ci raccontiamo, di vedere anche come siamo percepiti dagli altri. Mai dare qualcosa per scontato. Porto Rotondo viene percepito come un luogo dove fondamentalmente i signori che lo frequentano hanno tutto. Tutto

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ciò si traduce in frasi del linguaggio comune molto consolidate: “Ma di che cosa hanno bisogno rispetto ai problemi che ci sono in altra parte del territorio regionale? Sono in condizione, per le risorse che hanno, di affrontarseli e di risolverseli quei loro problemi”. Credo sia necessario tener presente questi aspetti quando si avviano o s’intende consolidare relazioni con interlocutori pubblici e privati i cui scambi non rispondono a strette logiche di mercato. Penso anche sia doveroso quando si vuole fare comunicazione, e a mio parere qui è necessaria, riflettere su quale debba essere l’immagine che il Borgo vorrà dare di sé e far percepire di sé, con quali sfumature e contenuti vorrà proporsi e chi per il Borgo – svolgendo azioni di relazione o di comunicazione (fra loro ci vorrà coordinamento ma dovranno essere persone diverse) – dovrà assumersi questo più intenso e specifico compito. Potrà essere più facile, in questo modo, valorizzare i contenuti di quel brand, che è il brand che in molti oggi ricercano: la sostenibilità nel luogo della vacanza, il luogo della quiete, il luogo nel quale piacevolmente e simpaticamente ci si ritrova, il luogo in cui non si fa violenza, in cui si hanno sicurezze, tanti e altri aspetti. In queste direzioni c’è molto impegno da spendere ma ci sono dispersioni di attenzioni ed energie. Intendiamoci, con altro concetto, si può pur dire che si è presi da altre priorità. Sono certo che il sito Internet di Porto Rotondo sia uno strumento attraverso il quale da domani si può fare qualche cosa in più. Lo trovo statico. La carrellata delle “immagini più belle di Porto Rotondo” ne è la conferma, io che conosco il Borgo, a vederle vado sul depresso. E non credo che susciti attrazione in chi lo guarda se, per qualche motivo, gli è venuta curiosità di andare a visitarselo. Quindi, un aggiornamento del sito, magari “linkarlo” con un’altra risorsa straordinaria che chiede solo d’essere utilizzata e che è il sito della Fondazione. Al vederli, l’uno e l’altro, la differenza di qualità del messaggio che trasmettono è enorme. Se poi fossi un curioso alla ricerca di notizie su Porto Rotondo, cercherei su Internet alla voce “Porto Rotondo” e non mi verrebbe mai in mente di cliccare su “Consorzio di Porto Rotondo”. In questo caso, sistemare un sito che si denomina semplicemente “Porto Rotondo”, mi pare dia la possibilità di un rapporto di accessibilità molto più immediato, agile e finalizzato. E ancora, l’ultimo aspetto sul quale ritorno, è la cucitura col territorio interno. Pensiamola come una “cucitura” fra pari, non come una cucitura di appropriazione, perché così può essere percepita, dalla gente che da sempre vive a Rudalza: una cultura dei “rotondini” di estensione,d’appropriazione di altro territorio, ora che quella parte che per anni hanno occupato non gli è più sufficiente. Sinceramente sono convinto che ci sia spazio comune per respirare insieme. Però, ci deve essere spazio comune per fare insieme progettualità, per pensare insieme ad esigenze comuni e anche per esercitare delle azioni, delle iniziative di sensibilizzazione che nel tempo consentano di avere risposte. Quando sviluppo un ragionamento di questo tipo, naturalmente lo faccio non solo pensando alla parte territoriale del Comune di Olbia ma anche all’altra parte, quella che riguarda il Comune di Golfo Aranci. Un territorio sul quale Rudalza insiste, al di là delle divisioni di confine che ne sono state fatte.

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E’ un territorio sul quale Porto Rotondo deve “pensare” quali ragionamenti/progetto con Rudalza, insieme a Marinella, mettere a punto per il futuro. Ragioniamo in grande, quindi, e pensiamo anche a quegli spazi che solo per mere delimitazioni territoriali non ci “appartengono” ma che, nella costruzione di rapporti e di progetti con le due municipalità, sono sicuramente molto utili. Per ultimo, un richiamo alla figura del custode del tempo. E mi rivolgo a Luigino che tutti insieme nominiamo custode del tempo. Caro Presidente, la vostra Fondazione sta facendo molto. Il mantello di protezione del Consorzio vi dà una mano importante, ma volevo anche darvi testimonianza di un fatto che mi accade sempre più frequentemente: i nostri studenti, e studenti di scuole di parti lontane dell’Isola, chiedono di visitare Porto Rotondo, al di fuori della stagione turistica, come luogo di cultura. Questo significa che nel vostro brand, nella percezione che voi state dando, con fatica, qualche cosa sta cambiando: l’anfiteatro, la chiesa, le iniziative dell’intorno, le vie del molo, eccetera stanno lanciando un segnale di attrazione su cui dovete impegnarvi davvero, perché è un messaggio dai contenuti importanti di cui la gente deve sapere. Voi siete anche questo, non siete soltanto un Borgo cresciuto rapidamente, non siete solo un villaggio turistico, non siete solo cementificazione della costa. E, quando vi visitano, tutti capiscono che siete anche altro. Siete anche rapporto corretto col territorio, rapporto corretto col mare ma sappiamo, e non dobbiamo nascondercelo, quanto ancora ci sia da fare per compiere un salto di qualità e da domani, non dal futuro lontano, siamo chiamati a giocare questa partita. Insieme, perché è molto importante fare squadra. Buon lavoro. C. Marcetti

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“Porto Rotondo: un patrimonio da valorizzare”

Relazione presentata da Tatiana Kirova - 30 aprile 2016

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Ripensando al tema proposto, davanti alle complessità da affrontare per svilupparlo coerentemente, mi sono convinta che, per portare un contributo valido e attuabile, seppur ambizioso, devo ricorrere ai percorsi più volte tracciati per siti e località che ho seguito per l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco (WHL). Non perché oggi il sito di Porto Rotondo possa vantare tutti i parametri di qualità richiesti, ma proprio nella categoria dei “Patrimoni in pericolo” che, nella World List, rischiano di veder cancellate le loro peculiarità che le rendevano “uniche” al mondo. Nel nostro caso, non possiamo rapportarci ai siti gravemente danneggiati da eventi traumatici – come innondazioni e terremoti – che hanno modificato radicalmente l’immagine urbana, come a Kotor (Montenegro) o Ban (Iran), iscritte dopo catastrofi naturali e oggi risorte a nuova vita grazie agli aiuti internazionali e visitate da un turismo culturale a scheda mondiale. Per Porto Rotondo bisogna ripercorrere e delineare “il suo territorio storico di pertinenza”, contesto di eccezionale valore e paradiso naturalistico di rara bellezza su cui si è connotato il fenomeno della Costa Smeralda, centellinando gli episodi del costruito in armonia con l’ambiente che lo ha ospitato. Occorre, perciò, ripercorrerne la storia con l’obiettivo di salvarne l’anima, cioè l’identità in simbiosi tra architettura e natura, seguendo l’autrofizzazione del territorio fino alla lettura delle relazioni coordinate che una saggia regia aveva saputo imprimere e creare l’equilibrata armonia nel territorio di appartenenza. Liberi, dunque, da perimetrazioni imposte dalla politica amministrativa degli enti preposti alla gestione del territorio (comuni, province, regioni, comunità montane, parchi, autorità portuali ecc.) sarà possibile ritrovare i fili della storia e correggere idealmente i piccoli e grandi errori di pianificazione, di urbanistica, degli interventi incongrui che hanno deturbato il paesaggio naturale e culturale dei nostri centri costieri della Sardegna. Ma – al di là del lato affettivo che mi lega da più di 40 anni a Porto Rotondo e alla Sardegna – perché suggerisco di sviluppare la metodica Unesco per i siti d’eccellenza? Perché la bellezza – dichiarata oggi in modo diverso ma comprensibile a tutti – è quella che è in grado di emozionare chi la vive e può reclamare a buon diritto “Regole speciali” per garantirne l’incolumità, la salvaguardia ma anche la valorizzazione futura, filtrandola con progetti sostenibili e di qualità, coerenti e adeguati all’eccellenza del luogo. Quale potrebbe perciò essere il cammino da avviare con azioni concrete e progetti strategici da attuare con l’obiettivo di raggiungere la qualità dell’ambizioso “progetto Unesco”? Non potrò, in effetti, avvalermi dei parametri di giudizio degli antichi borghi rivieraschi dove l’assetto tradizionale e antropologico connota la comunità insediata con valide testimonianze degli antichi mestieri (maestri d’ascia, pescatori ecc.) valori universali della cultura

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immateriale oggi pressoché assenti in Sardegna. Penso, invece, di riferirmi ai caratteri dell’architettura contemporanea di qualità che negli anni Sessanta/Settanta del Novecento hanno caratterizzato lo sviluppo mondialmente conosciuto come “Costa Smeralda” tra Portocervo e Portorotondo, selezionando le “architetture d’autore” come testimonianza di opere di grande livello di architetti e artisti internazionali che le hanno create. Un museo a ciclo aperto da percorrere per ricordare che non esistono solo valori naturalistici ma anche interessanti aspetti di inserimento ambientale con architetture nate nel granito con la rigogliosa macchia mediterranea che si specchia nel mare. Ma, poiché siamo ancora nel mondo dei sogni e dei “luoghi del cuore”, possiamo tentare di essere concreti rientrando nel tema “Portorotondo, quale futuro?”. In questo caso, dobbiamo per forza fare i conti con “le regole del gioco”, confrontandoci con l’esistente e dettando noi le regole, se il cammino deve essere virtuoso, per conquistare l’ambito titolo “Patrimonio dell’Umanità” (WHL Unesco). Molti siti iscritti nella lista non sono stati segnalati solo per la loro bellezza e unicità, ma principalmente per la loro organizzazione e capacità di gestire beni complessi come città o vasti territori. Ricordo il caso della città di Guimaraes in Portogallo, assediata da fabbriche e zone industriali, ma scritta per il suo centro storico e per la capacità e le attività che il suo ufficio tecnico-amministrativo ha saputo mettere in atto in un vero “Piano di Gestione”, per cui, con finanziamenti europei, nell’arco di un anno, più del 70% del suo edificato storico, pubblico e privato, è stato restaurato, frutto di un intelligente “Piano di riqualificazione urbana” studiato nei minimi dettagli. Porto Rotondo, pur se non così antico come Borgo, dovrebbe dotarsi, dopo un’accurato censimento dei suoi “valori” di analoghe procedure per il suo borgo, per le coste e spiagge e per il “suo territorio storico di pertinenza” (relazioni con sentieristica storica e frazioni come Rudalza), territorio non necessariamente coincidente con le fasi metrazioni urbanistiche dettate dai comuni d’appartenenza. Per quanto riguarda l’attuale connotazione del Borgo, non posso non sottolineare la necessità che Porto Rotondo si sappia dotare di “norme di comportamento riguardanti tutto l’edificato, una specie di Regolamento complessivo a scala consortile, in grado di regolare i diversi aspetti gestionali e di bloccare da un lato l’aumento di volumetrie dell’esistente, preservando lo skyline urbano e dall’altro di dettare norme differenziate a seconda della qualità dei singoli edifici, arrivando a dettagliare le tipologie d’intervento fino agli edifici di elevato valore architettonico ammettendo solo, in questi casi, gli interventi di restauro conservativo o “restauro del moderno” per architetture d’autore”.

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Tale piano richiede necessariamente un adeguato preventivo e sistematico rilevamento dell’esistente (edificato, degli spazi e paesaggio urbano, dell’arredo e del verde nonché degli allestimenti artistici già realizzati e che devono comunque rispettare ed essere in sintonia con la matrice originaria del sito). Per tale impegnativo progetto occorrerà trovare una “équipe” di volenterosi e qualificati esperti multidisciplinari motivati a riconoscere e censire gli aspetti identitari e caratterizzanti di Porto Rotondo, valori da preservare anche nei confronti dei diversi Piani e progetti in itinere su questo territorio, integrando e suggerendo eventuali correttivi a iniziare da PTP regionale, ai diversi Piani urbanistici comunali, ai Piani dei Parchi marini, alle disposizioni dei piani delle autorità Portuali ai diversi Piani di Settore. Per nostra consolazione, sempre più spesso, là dove le autorità preposte sono poco presenti, le iniziative di Associazioni, Fondazioni, privati cittadini, movimenti d’opinione delle comunità insediate rispondono con più efficacia, consorziandosi, rispetto ai responsabili istituzionali promuovendo cambiamenti anche al di là delle “regole consolidate”. Nelle mie ultime esperienze di siti iscritti nella WHL in Italia, dopo decenni di staticità nell’attuazione dei “Management Plan” obbligatori per ogni sito iscritto, in particolare mi riferisco al “Val di Noto e ai siti del Barocco post-terremoto della fine del Seicento”, si stanno muovendo gli operatori (o stakeholder), come anche nel Salento (candidatura in itinere), dove i produttori di prodotti locali (olio, vino ecc.) sviluppano iniziative con la “Dieta Mediterranea” e lì Associazione degli Ulivi secolari proponendo alla Regione Puglia progetti di valorizzazione territoriale. Nel caso di Porto Rotondo, per radicarsi meglio nel territorio isolano sarebbe necessario proporre progetti che raccordino il Patrimonio identitario del Centro Sardegna con il nostro sito, ma per operare in modo continuativo e concreto occorre innanzitutto costituire un Comitato Permanente. Questo dovrebbe promuovere, al di là delle iniziative già esistenti, un reale progetto territoriale basato sulla valorizzazione delle preesistenze – non solo paesaggistiche ma anche antropologiche – di Patrimonio tradizionale immateriale, legando anche eventi (come sagre paesane, feste e savoir faire locaux) ai prodotti di qualità presenti nella società agropastorale oltre che marinara e nella cultura enogastronomica. Un Comitato promotore, dunque, di Saggi e Garanti di un’identità che si sta disperdendo e banalizzando nei centri di città cresciute troppo rapidamente e selvaggiamente urbanizzate – come la vicina Olbia – e che potrebbe trovare validi difensori nella nostra Porto Rotondo, borgo piccolo ma cosmopolita, novella Atene in grado di dialogare con le autorità locali su diversa scala (nazionale, regionale e locale) perché si formi una nuova coscienza nell’operare esempio per altre realtà in dissoluzione di valori. La continuità nell’operare e non il singolo episodio di una Giornata di studi, per quanto meritevole iniziativa, possono portarci molto lontano. Dobbiamo perciò considerare la nostra Giornata di Studi come inizio di un percorso calendarizzato e reso

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operativamente continuativo con il coinvolgimento dei diversi operatori interessati a far vivere produttivamente e con qualità questo territorio e per far considerare la Costa Smeralda in Sardegna in un panorama internazionale non solo luogo di ville prestigiose ma sito dove riscoprire accanto ai tradizionale stazzi, “la qualità del sito” e “la qualità di vita” nel contesto di eccezionale valenza paesaggistica. Se riusciremo a creare una “Cabina di regia” per promuovere l’inversione di tendenza che oggi ci sta conducendo verso la distruzione del “Borgo originario” e della sua identità e accompagnare nel tempo la rinascita di Porto Rotondo con il suo territorio (stazzi, sentieri e tratturi storici, borgate come Rudalza e testimonianze di archeologia rurale e del paesaggio agropastorale), potremo essere in grado senza dubbio di ritrovare “la qualità” dell’operare sia sul preesistente che sui cambiamenti che si renderanno necessari per la funzionalità e la gestione sia per i residenti che per il turismo di qualità che ritornerà a privilegiarla, anche se non avremo raggiunto l’obiettivo di iscrizione nella Lista dell’Unesco. Oggi in modo particolare dove il termine “Paesaggio” è declinato nei diversi aspetti di “Paesaggio naturalistico”, “Paesaggio culturale” e “Paesaggio storico urbano” tutti e tre presenti come valori per garantire la qualità dei Beni identitari di Porto Rotondo, l’impegno non può non essere corale e condiviso tra tutti noi, ma in primis dai responsabili del territorio, come la Regione Sarda, impegnata a redigere l’attuazione del PTP e tutelare con i vari organismi i suoi valori (conservatoria delle Coste, Parchi marini e risorse ambientali) le comunità Montane e i consorzi di Comuni, perché dia nuovo impulso al censimento del suo Patrimonio naturalistico e culturale, inserendo anche la categoria delle Architetture contemporanee d’autore, dei siti di qualità o luoghi del cuore, “dei paesaggi storici urbani” dove la poesia e l’incanto dei luoghi non è stato ancora contaminato. Ricordiamo infine che, da circa 10 anni, dopo l’approvazione del Codice Urbani (L.44/2006 e successivi) l’impegno istituzionale per la salvaguardia del paesaggio e il censimento dei Beni culturali sul proprio territorio spetta agli Enti Locali, per cui ci auguriamo che anche il Comune di Olbia, di cui Portorotondo è Frazione, si ritrovi in prima linea con noi per creare un Piano di Gestione in chiave Unesco per un’area così eccezionale e ricca di qualità oggi inespressa. Per parte nostra, la costituzione di un Comitato Promotore con al fianco gli Stakeholder del territorio (Associazioni, Fondazioni, enti e Istituzioni come Scuole e Università) oltre al mondo produttivo e professionale a cui sta a cuore la crescita della Sardegna, ci porterà ad essere presenti e propositivi con una serie di iniziative che raccordino l’attuale sviluppo dell’isola promuovendo progetti attuativi (Progetti strategici o “Best practice”) che potranno elevare sia la qualità della via della comunità insediata, sia le esigenze di un turismo cosmopolita che richiede attrattive sempre più differenziate e distribuite nell’arco di una più vasta stagionalità. T. Kirova

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Il Borgo e il mare: la Porto Rotondo che non c’è

Relazione presentata da Gherarda Guastalla Lucchini - 30 aprile 2016

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Doverosa premessa, penso siate d’accordo con me che indietro non si torna. Non avremo mai più la Porto Rotondo raffinata, immersa nella macchia mediterranea, frequentata dal jet set, dove le piazze sono sculture e le case discrete, colorate, amate e curate, il cui valore era rappresentato non tanto dai metri quadri calpestabili, quanto dall’arredo raffinato e dalla frequentazione di persone colte o semplici, che avevano in comune l’amore e l’attenzione per le bellezze naturali e il mare, e vivevano nel reciproco rispetto gli spazi comuni. Tutto questo non esiste più. All’epoca qualcuno diceva che all’ingresso del villaggio c’era una sbarra che si abbassava, impedendo l’ingresso, quando a volere entrare era una donna brutta, non vecchia, semplicemente brutta. Non cadiamo nella trappola di rimpiangere il passato, di rimpiangere quella Porto Rotondo che ha creato la cultura della “alta società” (che peraltro racchiudeva in sé pericolose contraddizioni). Non cadiamo nella banalità dell’autocompiacimento negativo. Dobbiamo convivere con le realtà in cui siamo immersi, che sono purtroppo simbolo di una trasformazione sociale ed economica che tutto il mondo sta attraversando e che possiamo, dobbiamo, gestire ma non possiamo eliminare. Non cadiamo nella trappola delle piccole cose del mondo antico, o del consenso di tutti a tutti i costi, perché questo porta inevitabilmente alla paralisi della modernità e dell’innovazione. Chiediamoci invece perché località meno ricche di attrattive, meno belle, riescano ad essere più vitali e soprattutto ad apparire di più. Quello che penso dovremmo fare, è capire come vorremmo vivere, e far vivere, questo posto che nonostante tutto è ancora bellissimo. Ritengo che per farlo dobbiamo cominciare a condividere le nostre aspettative e le nostre frustrazioni. Condividere per corresponsabilizzare. Da tempo invece prevale tra le istituzioni e quelli che chiamerei i grandi investitori, un atteggiamento che rende difficile il dialogo, e penalizza lo sviluppo armonico e la vita del Borgo. Gli abitanti, i consorziati, non si sentono ascoltati e coinvolti da chi gestisce il potere, e questi litigano tra loro. I progetti importanti, le nuove realizzazioni urbanistiche o abitative, ma anche gli interventi minori, quali gli eventi, non sono condivisi con gli altri attori del borgo, quelli che vivono e fanno vivere Porto Rotondo. I professionisti, i commercianti, i lavoratori, i proprietari di case, non sono consultati, o anche semplicemente informati. E non sempre le novità sono belle o apprezzate. Chi tra noi non si è chiesto, quando si prepara a rientrare a Porto Rotondo dopo una assenza prolungata, “speriamo di non dovermi arrabbiare per la ennesima bruttura, per il nuovo affronto alla bellezza naturale o architettonica”? Le difficoltà vissute in questi anni da tutti noi, nascono anche dalla

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scarsa attenzione che è stata riservata alla comunicazione. Al dialogo si è spesso preferito lo scontro e, alla corretta informazione, l’autoesaltazione. Oggi stiamo mettendo le basi per uno spazio, una volontà, di confronto e progettazione. Ma non mi sembra ci siano ancora il disegno, la visione, gli strumenti per confrontarci sul futuro. Non possiamo chiedere, e tanto meno obbligare, i privati a condividere il loro operare e i loro progetti con tutti noi portorotondini, anche se potrebbe essere loro vantaggio farlo. Possiamo però chiederlo al Consorzio e alla Fondazione. Il primo, perché siamo obbligati a farne parte, la seconda perché per sopravvivere deve trovare contributi volontari. Cosa chiediamo? Chiediamo un dialogo continuo e costruttivo tra i consorziati e il Consorzio. Come? Sviluppando la comunicazione tanto sul versante dell’ascolto quanto su quello delle proposte e della spiegazione di come si opera. Per farlo il Consorzio dovrà inserire competenze e professionalità con deleghe precise, mettendo in circuito tutto ciò che oggi vive nella dimensione privata dell’operare solitario. Un piccolo esempio? Nel paese dei furbetti, chi vuole fare degli interventi nella sua proprietà lo fa nei lunghi mesi invernali, quando Porto Rotondo è deserta. Anche quando non si tratti di un abuso, queste modifiche possono risultare un danno per i vicini. Non è difficile ottenere la licenza per la variante, o per la nuova costruzione dal Comune (ricordiamoci che il nostro borgo è “periferia” di Olbia). La norma però stabilisce che la licenza è valida salvo i diritti dei terzi. Bene, se questi terzi intervengono a costruzione fatta, possono anche vincere la causa, ma molto difficilmente otterranno la demolizione dell’abuso. Alcuni consorziati che hanno chiesto al Consorzio perché non ha impedito un mini o grande scempio, si sono sentiti rispondere che il Consorzio non ha nessun potere al riguardo. Vero, ma ritengo abbia il dovere di salvaguardare la bellezza del Borgo e i diritti acquisiti dei consorziati. Basterebbe che si preoccupasse di informare – comunicare – all’interessato cosa sta avvenendo, in modo di metterlo in condizione di intervenire prima che l’intervento sia completato, dando le stesse opportunità a chi vuole cambiare l’esistente e a chi vuole preservarlo. Non si tratta di fare la spia o di immischiarsi dei fatti altrui. Semplicemente si tratta di mettere tutti nella condizione di salvaguardare i propri interessi, il proprio patrimonio, o meglio il patrimonio comune, perché se Porto Rotondo perde il suo fascino, è la collettività che ne paga le conseguenze. Anche il silenzio è un atto di comunicazione, e in molti casi è un atto di comunicazione ostile. Questo è solo un esempio, ma quello che vorremmo fosse fatto, sempre, è che i portorotondini potenzialmente interessati da uno o più aspetti di un’opera pubblica, di una iniziativa commerciale

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o culturale, siano opportunamente e tempestivamente informati, invitandoli a partecipare in modo proattivo alla definizione, allo sviluppo, alla realizzazione e alla valutazione ex-post dell’iniziativa, del progetto, della costruzione. Per concludere, cosa direste di siglare, almeno tra noi, un patto di convivenza all’insegna del “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”? Rispettiamo noi per primi le regole e cerchiamo di educare gli altri al rispetto delle regole, senza arroganza, ma convinti che il successo crescente del poco rispetto dei diritti degli altri, o peggio dell’illegalità, nel pubblico e nel privato non debba vedere premiati i furbi e umiliati gli onesti. Non mi sembra giusto che oggi, nell’immaginario collettivo, la vera trasgressione consista nel vivere nella legalità, consapevoli che questo comporta un prezzo, e richieda di lottare senza paura contro chi vive barando. Sforziamoci di spostare la nostra attenzione dagli “interessi” alle “opportunità”, perché alla fine credo siano queste ultime a dare valore anche alle “cose”. Questo per quanto concerne la comunicazione, chiamiamola “interna”. Ma c’è l’altro aspetto, quello della comunicazione verso il mondo esterno, che non può essere sottovalutato. Dobbiamo rendere Porto Rotondo più attrattiva erga omnes. Il modo più semplice e rapido sarebbe fare una grande campagna pubblicitaria su tutti i mezzi disponibili, ma non credo che le nostre risorse economiche ce lo consentano. E allora dobbiamo cominciare a fare una comunicazione intelligente e mirata, adeguata alle nostre attuali disponibilità finanziarie, e anche alla realtà della Porto

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Rotondo 2016, iniziando magari a esaltare tutti i plus naturali e strutturali che pure ci sono, parlandone bene tra noi e con i nostri amici e conoscenti. Se noi per primi continuiamo a dire che Porto Rotondo non è più quello di una volta, che tutto è scaduto e involgarito, a eccezione dei prezzi che, quelli sì, sono quelli astronomici di una volta eccetera eccetera, come possiamo aspettarci che ci sia la corsa per venire a passare qui una vacanza? Porto Rotondo ha attrattive uniche, su questo credo siamo tutti d’accordo: diamoci allora un piano strategico di valorizzazione di queste caratteristiche, proiettato su un orizzonte di 10-15 anni, capace di costruire una visione condivisa non solo dell’area fisica, ma anche del tipo di vita cui puntiamo. Nel frattempo, cominciamo immediatamente a reimpostare e innovare il nostro sito, in modo da comunicare seriamente e tempestivamente fatti e progetti, senza cadere nell’autocelebrazione inutile, quando non inopportuna. Invitiamo persone influenti a trascorrere una breve vacanza a Porto Rotondo, facendo loro vivere l’atmosfera di condivisione che ha sempre caratterizzato il nostro borgo. Impariamo ad avvalerci dei nuovi strumenti di comunicazione per confrontarci, dibattere, influire sul fare o non fare; sul proporre e informare in tempo reale. In sintesi, elaboriamo un piano di comunicazione adeguato, realistico, sostenibile e attuiamolo.

G. Guastalla Lucchini

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Statuto e Consorzio: quale modello?

Relazione presentata da Federico Diletti – 30 aprile 2016

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Quando mi fu chiesto di preparare una relazione sullo Statuto del Consorzio per la giornata di Studi su Porto Rotondo, la prima reazione fu negativa. Perché parlare ancora di regole, clausole, vincoli? Sono tutte cose che annoiano e anche poco comprensibili. Molto meglio ascoltare cosa si pensa di fare per il piano urbanistico, per la viabilità, per i parcheggi, per il problema dell’acqua e di altri servizi. Ma subito dopo mi sono chiesto come sarebbe possibile trattare argomenti, quali quelli testé indicati, senza una normativa di riferimento alla quale ricollegare i progetti che si intendono presentare, le scelte da adottare, le soluzioni da approvare. Sarebbe assolutamente impensabile gestire la vita del villaggio senza una disciplina che sovraintenda ogni relazione e ogni decisione. Quindi, prima ancora di parlare di urbanistica, di ambiente, di verde pubblico o di qualsiasi altro argomento che riguardi il territorio del Comprensorio di Porto Rotondo, occorre avere ben chiara una regolamentazione di riferimento e perciò uno Statuto. Questo, infatti, costituisce, per le associazioni non riconosciute come il Consorzio, la prima fonte normativa. Nello Statuto deve trovare risposta ogni iniziativa che si assume per le necessità dei consorziati e per la salvaguardia dei loro interessi. Mi sembra evidente perciò l’importanza che riveste lo Statuto e per questo occorre una paziente ricerca delle soluzioni giuridicamente più corrette e concretamente più adeguate alle necessità della vita del villaggio. Detto, quindi, della rilevanza che assume lo Statuto, non si può prescindere dal fatto che questo debba necessariamente rispecchiare la volontà della collettività consortile, in particolare non possa in alcun modo privilegiare interessi di alcuni a scapito di altri. In sostanza, lo Statuto deve essere di tutti i consorziati e il Consorzio è l’organismo preposto ad eseguire i compiti previsti dallo Statuto stesso in favore dei consorziati. E’ quindi evidente che il Consorzio, al pari dello Statuto, è di tutti i consorziati. Queste considerazioni di fondo mi portano conseguentemente a fare alcune riflessioni in merito alla regolamentazione esistente, nonché alle prospettate modifiche. Innanzi tutto, va detto che il Consorzio, in quanto tale, è un Consorzio di urbanizzazione, e non altro, ossia è l’organo che fornisce servizi ai consorziati. Da ciò discende che la partecipazione è obbligatoria se vengono mantenuti gli scopi e i compiti per i quali il Consorzio stesso è nato. Nel momento in cui queste condizioni mutano, c’è da dubitare se sussista ancora l’obbligatorietà dell’iscrizione, posto che si realizzerebbe una “novazione” del rapporto associativo. Ossia, qualora si realizzasse una convergenza dei consorziati a modificare le finalità dello statuto e del Consorzio, creando una struttura che si dedica a compiti e funzioni alternative, o solo aggiuntive a quelle sue proprie, sarebbe necessario che ciascun partecipante manifestasse espressamente la propria volontà di adesione al Consorzio. In altre parole, è forse possibile che sia maturata la convinzione che

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il Consorzio si debba occupare di altro rispetto ai servizi per i quali è stato originariamente costituito, ma allora il vincolo di iscrizione – non essendo più legato a quelle condizioni – richiede, necessariamente, una nuova palese manifestazione di adesione da parte di ogni singolo consorziato. Va infatti ricordato che l’iscrizione a un consorzio, circolo, club, associazione non scaturisce per obbligo (imposto dall’alto) o per successione ereditaria, ma necessita dell’espressa manifestazione di volontà della persona interessata. Ciascuno deve avere la possibilità e quindi il diritto, di iscriversi liberamente, se vuole, ma soprattutto di non partecipare e quindi di non associarsi, se non vuole, così come prevede la nostra carta costituzionale (art.18 Cost.). Intendiamoci, il Consorzio è necessario, guai non ci fosse. Personalmente, sono legato a un’idea di Consorzio che risponda adeguatamente ai bisogni dei consorziati fornendo i servizi per i quali è nato. Perché mai il Consorzio si dovrebbe occupare di cose che istituzionalmente non le sono proprie, quali eventi sportivi, culturali, di spettacolo e altro, addebitando i costi ai consorziati, e così facendo anche rinviando o addirittura eliminando necessari, e a volte indispensabili, interventi sui servizi? Fra l’altro queste iniziative, finanziate dai consorziati, sono spesso usufruite dai non consorziati che non pagano alcunché. Porto Rotondo non è un villaggio “stile Valtur” dove la quota di vacanza comprende l’eventuale possibilità di fare sport, godere degli spettacoli e quant’altro. I consorziati hanno scelto Porto Rotondo per la bellezza del mare, delle spiagge, del Borgo e per la possibilità di ricevere un’elevata qualità dei servizi da parte del Consorzio. La partecipazione si fonda proprio sul presupposto dell’erogazione di servizi e non su altro. Con ciò non nego che la vacanza possa essere più gradevole se nel villaggio vengono organizzate manifestazioni di spettacolo (abbiamo un teatro molto bello, secondo me anche poco utilizzato), o sportive, o culturali, ma devono essere patrimonio di iniziativa privata che troverà certamente il consenso dei consorziati interessati. Chi vuole partecipa e paga il biglietto relativo, come in qualunque località turistica e non. Detto, quindi, della funzione indispensabile di un Consorzio di urbanizzazione, lo Statuto non può che rispecchiare questa soluzione e deve rispettare, in ogni sua parte, l’identità fondamentale che le spetta. Ribadisco il Consorzio è dei consorziati e lo Statuto deve essere dei consorziati e per i consorziati. E una volta approvato deve essere rispettato da tutti. Non siamo nel Far West dove ognuno fa quello che vuole e si assiste, ad esempio, all’apertura di cantieri all’inizio della stagione turistica quando al contrario tutto deve essere pronto per accogliere consorziati e turisti nel migliore dei modi. Perché non effettuare le opere nei mesi autunnali quando non c’è nessuno? Anche il rispetto delle regole e comportamenti coerenti qualificano la località. Da alcuni, tuttavia, si osserva che, mantenendo ancorata la Struttura ai vecchi compiti, si preclude la possibilità di attrattiva e di sviluppo

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di Porto Rotondo. Credo sia esattamente il contrario. Un Consorzio che si occupa di tutto rischia di fare male anche quello che dovrebbe. Mi spiego. Un Consorzio concentrato a risolvere i problemi del Borgo, destinando le risorse al miglioramento dei servizi, dopo una necessaria e mirata “ristrutturazione”, sarebbe il miglior biglietto da visita per quanti desiderano investire nel villaggio. Una cura più attenta del decoro architettonico delle costruzioni, delle piazze, del verde, una ridefinizione della viabilità, dei parcheggi, in sostanza un’incisiva attenzione all’insieme del Borgo renderebbe sicuramente più gradevole e quindi attrattivo Porto Rotondo, oltre a essere un compito dovuto nei confronti di tutti i consorziati. Invece, un Consorzio che si dedica ad altre attività finisce per perdere di vista, e quindi trascurare, ciò per cui i consorziati sono iscritti e pagano. A questo punto, non vorrei si dicesse che ho parlato del Consorzio e non dello Statuto. Ma è esattamente la stessa cosa. Le norme dello Statuto devono essere lo specchio del Consorzio che si vuole e parlare di Statuto significa verificare la rispondenza del testo alla Struttura esistente. Non solo, ma, a mio avviso, verificare anche se quanto si definisce risponde alla reale volontà di tutti i consorziati. Il titolo della giornata di studi odierno ci stimola a formulare suggerimenti e proposte sul futuro di Porto Rotondo. Non vorrei si pensasse che sono ancorato a vecchi e rigidi schemi, ma non posso che auspicare lo Statuto dei consorziati e, di conseguenza, il Consorzio dei consorziati. Vi sono alcuni che desiderano l’ingresso negli organi consortili di persone anche non iscritte al Consorzio, ma di provata capacità e competenza tali da assicurare quel miglioramento qualitativo richiesto. Senza nulla togliere all’idea, che può suscitare consensi, mi chiedo se cosi facendo non si potrebbe verificare la situazione di un Consiglio direttivo totalmente composto da non consorziati. Personalmente sono convinto che fra i tanti iscritti vi siano persone con competenze e professionalità sicuramente in grado di reggere la guida del Consorzio. Penso, perciò, che gli organi statutari debbano essere composti da consorziati perché interessati e coinvolti in prima persona alle sorti del villaggio possono esprimere meglio i desideri e le esigenze della collettività consortile. E con riguardo, poi, al concetto d’interesse vorrei soffermaste la vostra attenzione. Non v’è dubbio che ogni consorziato abbia investito in una proprietà a Porto Rotondo non solo per fare vacanza ma, appunto, per investimento. Quindi, l’interesse di ciascun consorziato è constatare se questo è stato proficuo o se, purtroppo, non si è rivelato tale. Non mi addentro sugli aspetti della crisi immobiliare che ha colpito anche Porto Rotondo negli ultimi anni perché non è il mio campo (e comunque non mi compete in questa sede), ma mi preme sottolineare la finalità principale perché tutti noi consorziati stiamo insieme nel Consorzio. Avere un ritorno dal pagamento delle quote in termini di elevato standard qualitativo dei servizi consortili. Questo è l’interesse che chiediamo perché da ciò discende quella elevata “qualità di vita” che permette di valorizzare la scelta immobiliare fatta. Sicuramente altre iniziative, turistiche, sportive e ludiche possono

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avere un’influenza positiva sul “valore” del borgo, ma non deve competere al Consorzio il ruolo di promotore e gestore. Altri, privati o società, gli stessi Yacht Club e Fondazione, se assolutamente autonomi e distinti dal Consorzio, possono promuovere iniziative a Porto Rotondo nel campo dell’intrattenimento culturale, sportivo, o della promozione turistica. Anzi, è auspicabile che lo facciano, proprio per dare alla località turistica ulteriori motivi di interesse e attrattiva. Forse il modello che propongo non piacerà ad alcuni, ma vivendo Porto Rotondo da oltre trentacinque anni, ho ascoltato molte lamentele di tanti consorziati che hanno visto ridursi il grado di qualità dei servizi, il progressivo decadimento dell’assetto architettonico e urbanistico del Borgo (basti pensare a Piazza Rudalza) e in sostanza un generale peggioramento. Chi non ricorda l’iniziativa di far scendere le biciclette dalla scalinata della chiesa facendole catapultare in piazza San Marco? E’ forse questa l’idea di sviluppo o di attrattiva turistica per il rilancio di Porto Rotondo? O ancora, permettere l’utilizzo del salotto di piazza San Marco per manifestazioni prive di qualsiasi interesse culturale o di spettacolo quanto meno decoroso? Il tutto a carico dei consorziati. Non è forse auspicabile che Consorzio e Statuto siano dei consorziati? Quanto affermo in queste poche pagine non è dettato da spirito di polemica né di contrapposizione con alcuno. Anzi, ho molta gratitudine per coloro che hanno creato dal nulla questa località. Ho esposto le ragioni di un modello organizzativo che riflette il pensiero di molti consorziati e il desiderio che questo permanga a salvaguardia di quegli obiettivi di qualità richiesti da tutti. Ragioni che non sono solo di coerenza giuridica, ma anche di concreti risvolti sulla qualità di vita del villaggio e anche sul valore del patrimonio immobiliare. Trattando l’argomento Statuto, non posso non esprimermi sulle modifiche che la Commissione preposta ha di recente elaborato, benché le argomentazioni sin qui svolte abbiano già in gran parte risposto. Tranquillizzo subito voi tutti dicendovi che non affronterò la disamina dei singoli articoli, anche se sarei molto motivato a farlo perché tante parti meriterebbero di essere trattate, proprio per l’importanza che riveste lo Statuto. In ogni caso, ho provveduto a trasmettere alla Commissione incaricata le osservazioni alle modifiche proposte, formulando soluzioni ai vari articoli nel solco dei concetti sopraesposti. In questa sede, quindi, toccherò solo pochi punti che reputo fondamentali e per i quali mi auguro vi sia un ripensamento. Il nuovo Statuto prevede la sostituzione del “Consorzio del Comprensorio di Porto Rotondo” con il “Consorzio di Sviluppo del Comprensorio di Porto Rotondo”. Quindi cambia una delle parti del rapporto associativo e mutano di conseguenza le attività e i compiti. In sostanza, il Consorzio dovrà occuparsi anche di altro rispetto alle funzioni che istituzionalmente gli sono proprie e che hanno originato la sua costituzione. Per le motivazioni che ho ampiamente esposto, non mi dilungo oltre, ma richiamo alla vostra attenzione tale modifica che non è di poco conto perché, a mio avviso, fa venir meno l’obbligatorietà della partecipazione al Consorzio, non sanabile da un’approvazione a maggioranza in sede di Assemblea

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straordinaria, ma solo attraverso una palese manifestazione di volontà di ciascun singolo consorziato di esser iscritto al “nuovo” Consorzio. Per quanto riguarda le Multiproprietà, è prevista la partecipazione al Consorzio da parte del “rappresentante dei proprietari di quote”. Il rappresentante è un delegato, non è il proprietario. Se si ammette l’iscrizione del rappresentante si snatura il presupposto fondamentale della partecipazione o iscrizione stessa al Consorzio. E sarebbe oltremodo ingenuo, oltreché dannoso dal punto di vista economico, perseverare nell’errore già visto. Se, infatti, il rappresentante di una multiproprietà, ammesso a partecipare secondo il redigendo Statuto, non versa le quote consortili, al tentativo di recupero delle somme non pagate opporrebbe la legittima eccezione che la morosità riguarda il multiproprietario e non il rappresentante. Perciò qualunque motivazione tesa a perseverare nella regolamentazione prospettata va considerata del tutto priva di validità, proprio perché basata su un criterio di partecipazione assolutamente in contrasto. Al riguardo, va segnalato che altri Consorzi correttamente iscrivono i proprietari anche di una sola quota di multiproprietà, come il Consorzio Costa Smeralda. Altro argomento molto importante è l’espressione di voto. I principi generali del nostro ordinamento di equità e uguaglianza ci insegnano che vanno evitate le concentrazioni di voto in poche mani. Orbene, la soluzione proposta prevede che in occasione delle Assemblee un solo consorziato possa essere portatore di tre milioni di voti. Se si pensa che in tali occasioni partecipano quasi sempre circa otto milioni di voti, si comprende facilmente come pochissime persone, anche solo tre, possano condizionare l’andamento delle decisioni. Non sarebbe forse logico, e aggiungo corretto, introdurre un meccanismo di limitazione delle deleghe e dei voti per singolo delegato, come già avviene ad esempio per le assemblee di molte banche o nelle società, in base al codice civile, proprio al fine di evitare la concentrazione di voti in poche mani? E veniamo alla quantificazione dei voti che – ad ogni revisione di Statuto – fa esplodere a turno la rabbia di questi o di quelli, a seconda che si aumentino i voti per metro quadro delle ville o degli appartamenti o degli esercizi commerciali. Non so dire se sia più giusto attribuire 85 voti agli appartamenti e 80 alle ville o viceversa, o ancora se 100 voti per alberghi e negozi siano giudicati eccessivi o troppo pochi. Mi chiedo, e vi chiedo, se non sia possibile, in alternativa, applicare il criterio dei millesimi di proprietà per la ripartizione delle spese consortili, come per i condomini. Probabilmente ciò comporterebbe un impegno nella verifica o nella misurazione delle superfici delle proprietà, tale da rendere non immediata la sua applicazione. Ma, se ciò fosse tecnicamente possibile, anche se in tempi non brevi, non meriterebbe forse dedicarvisi se si realizza il principio di correttezza fra consorziati, perchè basato sulla contribuzione legata alla superficie di proprietà, evitando, al contempo e definitivamente, le lamentele sull’attribuzione del numero dei voti per metroquadro? Termino con una segnalazione e con un interrogativo che lascio alla vostra riflessione.

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Il testo statutario dispone che il Consiglio di Amministrazione può deliberare la sospensione di determinati servizi nei confronti del consorziato inadempiente. Anche l’erogazione dell’acqua? L’innegabile diritto di esigere le quote consortili legittima l’interruzione dell’erogazione? Non si tratta, forse, di un bene primario e indispensabile che la nostra più autorevole Magistratura, includendolo fra i diritti inviolabili, afferma debba essere garantito anche a chi è moroso? E il nostro ordinamento giuridico non prevede forse strumenti alternativi più adeguati e corretti per il recupero delle somme non pagate? Per incidens, non vorrei si pensasse che le argomentazioni svolte sono il frutto di fantasie da leguleio o, peggio, di un… (omissis)… mentale. Sono tutte questioni serie che coinvolgono migliaia di consorziati che versano cospicue quote. Chiudo questo mio intervento ringraziandovi per l’attenzione e con il sincero augurio, che rivolgo in particolare a tutti noi consorziati, che, al di là del modello organizzativo che verrà approvato, Porto Rotondo trovi la strada di un vero e duraturo rilancio.

F. Diletti

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Relazione presentata da Luigino Donà dalle Rose– 30 aprile 2016

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Da approdo ospitale sulla rotta della cultura e delle bellezze naturali, Porto Rotondo, già oggi raffinata e preziosa culla d’arte apprezzata in tutto il mondo, un giorno spero potrà fregiarsi del titolo di patrimonio dell’umanità. Il futuro del Borgo è legato indissolubilmente a questo traguardo ambizioso. L’impegno di tutti noi, oggi, deve essere orientato alla conservazione di Porto Rotondo e di ciò che la natura stessa ci ha lasciato in eredità, ma anche verso un pensiero lungimirante: ultimare quel percorso culturale, pensato e disegnato 52 anni fa su misura per questo angolo di paradiso. Mancano ancora alcuni tasselli per rendere davvero unico il mosaico architettonico e urbano della pòlis, avvolta nel caldo abbraccio dell’estro e del genio di talentuosi artisti. Il ricco patrimonio di capolavori che oggi vanta Porto Rotondo è di tutti, è il giusto riconoscimento a una delle capitali artistiche più preziose fra i comuni costieri della Gallura. È un valore aggiunto per chi possiede una casa, così come è un valore aggiunto la Fondazione Porto Rotondo: una realtà senza scopo di lucro che ha il compito di valorizzare, completare, migliorare, preservare e promuovere il patrimonio storico, artistico e culturale del borgo. Anche attraverso un ricco e qualificato programma estivo di eventi che apre il sipario nei nostri spazi culturali. Di angoli suggestivi e così belli da togliere il fiato ce ne sono diversi su quest’Isola. Madre natura a Porto Rotondo ha dato il meglio di sé, noi con artisti, personaggi famosi e tanti amici, abbiamo sognato, modellato e incastonato una pòlis nel paesaggio granitico circondato da spiagge incantevoli e da una verdeggiante, quanto profumata, macchia mediterranea: il Porto, l’Agorà e il Teatro. I confini urbani si sono poi ampliati con la chiesa di San Lorenzo, ideata e realizzata da Andrea Cascella, scultore di pietra e granito, e Mario Ceroli, grande artista del legno. Ciascuno ha lasciato la sua impronta. Opere d’arte tanto conosciute e apprezzate da guadagnarsi spazi importanti nelle più prestigiose riviste autorevoli di architettura e d’arte. Le case nel tempo sono cresciute di valore, il trend sale perché il patrimonio artistico di Porto Rotondo continua ad arricchirsi di opere architettoniche e culturali. Uno dei concetti chiave su cui ruota lo sviluppo futuro del Borgo è questo: la mia casa è la tua casa. I luoghi simbolo del paese sono di tutti: tengo a sottolineare, dei sardi, dei miei amici consorziati e di quanti lavorano nel Consorzio e che tanto hanno dato. Ma anche dei tantissimi visitatori e turisti che ogni anno, da diverse parti del mondo,

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si recano di proposito in questo lembo di terra sarda per ammirare non solo i capolavori naturali. In futuro il numero è destinato fortemente a salire.Basterebbe riuscire a completare il percorso culturale straordinario che, ripeto, è nato dalla piazza di Cascella, la darsena di San Gregorio, la chiesa di Ceroli col suo campanile, l’affascinante teatro “Mario Ceroli”, che non è ancora finito! La via del Molo di Chapalain, con la sua ultima opera: “Il sentiero dell’arte”, in fase di realizzazione, e la futura piazza dei Fiori. E un importante intervento del mio grande amico Pinuccio Sciola. Chiudo il mio intervento riallacciandomi al titolo di questo importante incontro. La grande sfida del domani è la capacità di mantenere lo spirito identitario della Fondazione di Porto Rotondo, preservandola e curandola nel tempo. Per ora continuo a sognare che si completino tutte queste opere tanto volute. La pòlis si inserisce in modo perfetto nella civitas, che guarda al futuro. Con lo stesso entusiasmo di un passato non troppo lontano, oggi consolidato dal forte spirito di appartenenza. E, mi auguro... che quanto è stato fatto non venga distrutto dal “piano casa”!

L. Donà dalle Rose

Controcampo da Porto Rotondo Direttore responsabile:

Mario V. Corrias

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Nel prossimo numero… - Ri-progettare Porto Rotondo di Daniele Rallo. - Dall’abaco al piano particolareggiato di Simonetta De Zordo. - Difendiamo i nostri valori immobiliari di Franco Giacomazzi. - Dall’esperienza di Porto Rotondo a un progetto di legge regionale di Leornardo Salvemini. - Porto Rotondo, non più solo Borgo per pochi di Ilaria Cruciani. - Y.C. Porto Rotondo, veicolo fondamentale per lo sviluppo e la promozione turistico-nautica del territorio di Roberto Azzi. - Consorzio di Porto Rotondo: un’ipotesi di assetto organizzativo e gestionale di Sergio Tucci. - Acqua, l’oro blu di Nadia Volpi.

Segnaliamo ai lettori:

Tutte le relazioni e, ove presenti, le fotografie di documentazione, presentate nella Giornata di Studi del 30 aprile 2016, possono essere consultate e scaricate dal sito del Consorzio di Porto Rotondo. Sullo stesso sito è disponibile anche il Masterplan elaborato qualche anno fa.