CONTRARIE AL DIRIT TO INTERNAZIONALE: LE REQUISIZIONI BRITANNICHE IN ERITREA

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CONTRARIE AL DIRIT TO INTERNAZIONALE: LE REQUISIZIONI BRITANNICHE IN ERITREA Author(s): A. M. Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Anno 5, No. 6 (Giugno 1950), pp. 112-114 Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40757538 . Accessed: 14/06/2014 07:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.79 on Sat, 14 Jun 2014 07:57:50 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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CONTRARIE AL DIRIT TO INTERNAZIONALE: LE REQUISIZIONI BRITANNICHE IN ERITREAAuthor(s): A. M.Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africae l’Oriente, Anno 5, No. 6 (Giugno 1950), pp. 112-114Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40757538 .

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112 AFFRICA

CONTRARIE AL DIRIT Dice l'Alleg. XIV del Trattato di pace, alla linea I9:

« Le disposizioni economiche e finanziarie applicabili alle ex Colonie italiane dovranno formare oggetto degli ac- cordi per la sorte definitiva di detti territori, ai sensi del- l'ari. 23 del presente Trattato». E Vaft. 23 si riferisce alla rinunzi a dell'Italia sui possedimenti territoriali italiani in Africa, ed d permanere di questi ultimi sotto l'attuale amministrazione sino a quando non ne sarà decisa la sorte definitiva; d'accordo fra U.R.S.S., U.S.A., Regno Unito e Trancia, rispettivamente a seguito di raccomandazione dell' Assemblea generale delle Nazioni Unite (Alleg. XI del Trattato).

L'Art. 76 dello stesso Trattato, che, nonostante la chia- rezza del predetto Alleg. XIV, si vorrebbe fosse applica- c ab ile anche alle ex Colonie italiane, tratta al paragrafo 1 di «provvedimenti adottati a seguito della esistenza di uno stato di guerra in Europa » e di « persone che ab- biano fornito, a seguito di requisizione, merci e servizi a favore delle Forze Armate di Potenze Alleate 0 Associa- te in territorio italiano ».

/ provvedimenti adottati « a seguito dello stato di. guer- ra in Europa » non potevano e non possono riferirsi alle requisizioni fatte in Africa in favore delle forze armate britanniche colà operanti.

Inoltre, mentre Vanzidetto Art. 76 tratta delle requisi- zioni a favore delle forze armate alleate in « territorio italiano », altri incisi del medesimo Trattato (Art. 2$, nonché Alleg. XI e XIV) ne fanno una netta distinzione per quanto riguarda i possedimenti territoriali italiani in Africa o le ex Colonie italiane.

Il Trattato rimanda, come detto, alla data della deci- sione definitiva della sorte delle ex Colonie italiane, an- che la promulgazione delle disposizioni economiche e fi- nanziarie relative ad esse ex Colonie; per i rimanenti beni italiani, però, prevede un trattamento diverso, a secondo che siano situati: 1) nel territorio rimasto all'Italia; 2) nei territori da questa ceduti, rispettivamente nel nuovo Territorio Libero di Trieste; oppure, 3) nel territorio di una delle potenze alleate o associate.

Per quanto concerne il Io caso, cioè dei beni italiani situati nel territorio rimasto all'Italia, l'Art. 73 del Trat- tato in esame, stabilisce al paragrafo 2: « Tutti i beni ita- liani che non abbiano formato oggetto di indennità » (cioè determinate unità della marina militare e le motonavi Saturnia e Vulcania) « e si trovano in possesso delle Forze Armate Alleate e Associate in Italia, all'entrata in vigore del presente Trattato, dovranno essere restituite al Gover- no italiano, entro 90 giorni o daranno luogo al pagamento di una adeguata indennità ».

Beni da restituire Per quanto riguarda il 20 caso, cioè dei beni italiani

situati nei territori ceduti (Alleg. XIV del Trattato) o nel Nuovo Territorio Libero di Trieste (Alleg. X del Trat- tato), è previsto, tra l'altro: a) /'/ rispetto per i beni, di- ritti e interessi dei cittadini italiani residenti permanenti nei territori ceduti, con diritti eguali a quelli dei citta- dini dello Stato successore; b) parità ai cittadini stranieri, degli altri cittadini italiani, nel trattamento dei loro beni, diritti e interessi entro i territori ceduti, con l'aggiunta precisazione che detti beni, diritti e interessi non potran- no essere trattati 0 liquidati, come stabilito ter i beni ita-

LE REQUISIZIONI li ani situati nel territorio di una potenza alleata o asso- ciata, ma dovranno essere restituiti ai rispettivi proprie- tari (salvo il disposto dell' Art. 74/D paragrafo 2, per le istallazioni e le attrezzature industriali esistenti nei ter- ritori ceduti, e pertinenti a società italiane per la distri- buzione del gas e dell'elettricità, con sede sociale in Ita- lia, in quanto potranno servire per soddisfare le richieste di indennità verso l'Italia, del rispettivo Stato successore e dei suoi cittadini).

Per quello che si riferisce infine al 30 caso, cioè dei beni italiani situati nel territorio di una potenza alleata 0 associata, l'Art. 79 del più volte citato Trattato pre- cisa: essere diritto di ciascuna di dette potenze, di avva- lersi dei beni, diritti e interessi italiani che si trovino nel suo territorio, per soddisfare le proprie domande e quelle dei suoi cittadini (ammontanti a 25 milioni di dollari S. U . per l'Etiopia), con qualche eccezione per i beni dei cittadini italiani autorizzati a risiedere in una qual siasi delle Nazioni Unite.

Segue che, ove si potessero considerare i beni italiani situati nelle ex Colonie d'Africa alla stregua di quelli in « territorio italiano » (Io caso), gli stessi, m quanto an- cora in possesso delle forze armate britanniche, dovreb- bero venire restituiti; ove invece si volessero trattare co- me situati in uno dei territori ceduti, dovrebbero venire « rispettati » alla pari dei beni, diritti e interessi riferen- tisi ai cittadini della subentrante potenza alleata o asso- ciata (20 caso); e ove infine si dovessero trattare come situati nel territorio di una potenza alleata o associata, ma pertinenti a cittadini italiani ivi autorizzati a risie- dere (come è il caso per le ex Colonie italiane), dovreb- bero parimenti essere «rispettati» (30 caso).

Inderogabile indennizzo Comunque per tutti e tre i surriferiti casi il Trattato

in questione stabilisce che l'Italia debba indennizzare le persone fisiche e giuridiche per quanto queste ebbero re- quisito, sequestrato o danneggiato dalle forze armate al- leate e associate (Art. 76 paragrafo 2, Art. 79 paragrafo 3, e Art. 7 4/ E). E lo Stato successore (in Eritrea, al tem- po l' Amministrazione britannica) è tenuto, in base al Trattato, di facilitare il rispettivo regolamento (Alleg. XIV a linea I3), mentre la possibile inadempienza del- l'Italia nel corrispondere la dovuta indennità a chi di ra- gione, autorizza questi, in quanto residente in territorio ceduto, e pertanto avente gli stessi diritti di un cittadino delle Nazioni Unite, di chiedere ed ottenere che paghi Li potenza alleata o associata ai cui organi va ascritta la requisizione, il sequestro o il danno che sia. Ciò perché nel Trattato l'obbligo di pagare le infrascritte indennità viene sì trasferito dalle potenze alleate e associate all'Ita- lia, ma vi manca il consenso degli aventi diritto alle in- dennità stesse; perciò se non paga l'Italia, rimane immu- tato l'obbligo per la potenza alleata o associata di pa- gare.

Dice VArt. 80 del Trattato di pace: « Le Potenze Al- leate e Associate dichiarano che i diritti ad esse attribuiti in ha.SP. Atrii Atti fidi ia CRìb/lV/ivìnviì' a -rn fUovtì ifrtlirfin*

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AFFRICA 113

TO INTERNAZIONALE BRITANNICHE IN ERITREA

situati nei loro tenitori) del presente Trattato esauriscono tutte le loro domande e le domande dei loro cittadini per perdite o danni risultanti da fatti di guerra, ivi compresi i provvedimenti adottati durante l'occupazione dei loro ter rit ori, che siano stati imputati all'Italia e che si svol- sero fuori del territorio italiano, eccezione fatta delle do- mande fondate sugli Articoli 75 (Restituzione da parte dell'Italia) e 78 (beni delle Nazioni Unite in Italia).

Ne segue che pure il Regno di Gran Bretagna, in uno ai suoi cittadini, è stato soddisfatto di ogni sua pretesa verso l'Italia, tanto da non sussistervi più alcuna ragione perche i suoi organi - ad esempio quelli che attualmente amministrano l'Eritrea - non paghino il corrispettivo delle requisizioni, sequestri e danni ivi effettuati, ed il cui one- re non è stato, come si è visto, addossato all'Italia; ne più potrà essere posto a carico di questa.

Principii di giustizia «Conformandosi ai principi di giustizia», le poten-

ze alleate ed associate intesero di regolare le quistioni che avevano ancora pendenti con l'Italia (IV premessa del Trattato di pace del lo febbr. I947); per cui dette poten- ze alleate e associate non vollero certamente venire meno agli impegni da esse assunti con la II Convenzione del- l'Aia (la sola che sia stata ratificata dall'Italia e dalla Gran Bretagna).

L' anzidetta Convenzione dell'Aia ha indubbiamente co- dificato principi di diritto consuetudinario universalmen- te riconosciuti; e l'Art. 3 della Convenzione stessa sanci- sce essere la parte belligerante tenuta a dare indennità, qualora violi le disposizioni del Regolamento annessovi. Pure i giuristi inglesi più noti in tema di diritto interna- zionale sono concordi nel rilevare come la morale e l'uma- nità abbiano da tempo condannato ogni forma di saccheg- gio, tanto da essersi affermata in sua vece la pratica della requisizione; anche la portata della quale, però, venne man mano attenuata dalla Civiltà, sino a far oggi pre- valere il concetto doversi la stessa limitare a procurare alle truppe occupanti l'indispensabile ai bisogni della guer- ra, e segnatamente a quanto risulti necessario per la si- curezza e la difesa; in ogni caso compensando il privato delle diminuzioni del patrimonio che così gli vengono imposte.

Inoltre, lo Stato belligerante non può operare requi- sizioni al fine di impossessarsi di beni mobili e immobili quale prezzo della pace.

Inoltre, che tutto quanto viene requisito deve essere effettivamente usato per i fini della guerra, oppure deve venire restituito alla conclusione della pace, símilmente ai mezzi di trasporto, di cui l'Art. 53 del Regolamento annesso alla Convenzione dell'Aia; sempre pagando ai privati il dovuto prezzo *o fitto che sia, o facente salvo il loro diritto di ottenere la rispettiva indennità da chi è tenuto a pagarla.

Infine, i Comandanti militari debbono rivolgersi alls

Autorità locali per effettuare una qualsiasi requisizione, lasciando a dette autorità il compito di fornire quanto essi richiedono, e indi di ripartire il risultante onere fra i rispettivi abitanti.

Nella fattispecie l'Autorità Militare Britannica, occu- pata l'Eritrea il 1. aprile I94I, operò requisizioni e se- questri di ogni e qualsiasi cosa che le capitava sottomano (merci grezze e lavorate, macchinari, mezzi di trasporto, costruzioni edili, ecc), anche ali' infuori delle reali neces- sità dell'esercito occupante, cioè impossessandosi in certi casi dell'intera proprietà di persone fisiche e giuridiche, le quali, da una parte si ebbero così stroncata ogni possi- bilità di lavoro, e dall'altra, o non vennero indennizzate affatto, oppure ricevettero soltanto qualche acconto, men- tre la Gran Bretagna trascurò per sino nel successivo Trat- tato di pace di provvedere in alcun modo per il dovuto compenso.

Tutto ciò nonostante che l'art. 46 del Regolamento annesso alla Convenzione dell'Aia faccia obbligo di ri- spettare la proprietà privata e vieti di confiscarla; nono- stante che l'art. 52 dell' anzidetto Regolamento dia la fa- coltà di richiedere ai privati requisizioni in natura ed in servizi, soltanto ed in quarìto siano giustificate dai biso- gni dell'esercito occupante, in proporzione alle risorse lo- cali, e verso pagamento in contanti o rilascio di conforme ricevuta; nonostante che il 20 comma dell'ari. 53 dello stesso Regolamento precisi che l'occupante nulla possa re- quisire in uso all'infuori di materiale ferroviario, tele- grafi terrestri, telefoni, piroscafi e navi in genere, depo- siti d'armi e ogni tipo di munizione da guerra: cioè che esso occupante non ha diritto di sequestrare o confiscare, per poi restituire regolando la dovuta indennità al mo- mento della pace, tutti gli altri beni non espressamente innanzi elencanti.

Violazioni del diritto Ecco alcuni esempi di violazion:: l'Autorità britanni-

ca, cessate le ostilità, finita la guerra, firmata la pace, I'll gennaio I949 si è impossessata di un gruppo elettro- geno di una Società italiana, non già per i bisogni del- l'esercito occupante, ma per mantenere liquidi circa ̂ o kg. di piombo nella tipografia del giornale di Asmara quando venga a verificarsi (in pratica una decina di volte all'anno) V interruzione per qualche ora dell'energia for- nita dalla centrale elettrica della città, e benché all'uopo si possa provvedere più vantaggiosamente con un ccmu- ne fornello a petrolio.

L'Autorità britannica effettuò requisizioni anche in contrasto con il suo preciso obbligo di evitare l'impove- rimento del paese (Eritrea), impossessandosi completamen- te, in certi casi, della totalità dei mezzi di lavoro, così da pregiudicare persino l'esistenza di quella popolazione, come, ad esempio, si verificó per la Società Noceti, alla quale vennero requisiti, sino all'ultimo, tutti i pezzi di ricambio e tutti ì materiali necessari all'esercizio dei pro-

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pri autocarri, tanto da costrìngerla alla messa in liquida- zione ed a cessare ogni e qualsiasi attività.

Dal giorno dell'occupazione della Eritrea, l'Autorità britannica ha indetto centinaia di aste pubbliche, ven- dendo attraverso le stesse la maggior parte dei beni mobili privati nell'incontro che li requisiva e sequestrava (anzi- ché usarli, come sarebbe stato suo dovere, per i bisogni dell'esercito occupante) .

Da tutto quanto abbiamo esposto, deriva senza possi- bilità dì dubbio:

Io) che l'Autorità britannica in Eritrea, avendo agito in contrasto con quanto il suo Governo si era uffi- cialmente impegnato di osservare con la ratifica del pro- tocollo della precitata Convenzione dell'Aia, e cioè confi- scando della proprietà privata, anche all'infuori dei bisogni dell'esercito, senza tenere alcun conto del limite imposto dalle risorse locali, trascurando l'intermedio delle autorità del posto e senza pagare indennità al riguardo, o corri- spondendovi soltanto un qualche acconto, e dato che nep- pure è stato in alcun modo provveduto in merito attra- verso il successivo Trattato di pace del lo febbraio I947, ha commesso un'aperta violazione rispetto agli impegni di cui innanzi.

Veggasi Annual Digest of public international law cases: « The encroachment ubich rules 52 H.R. admits upon private property, which otherwise is to bé respected, is justified by the necessity of keeping up the occupying army. This army is permitted to requisition as it directly wants ».

2*) che l'Autorità britannica dell'Eritrea ha fissato d'imperio i prezzi di quanto requisito, e che comunque tale misura, attesa la sopravvenuta svalutazione della Ster- lina ed il mancato frutto (interesse) delle rispettive som- me, risulta oggi del tutto inadeguata.

$') che l'Autorità britannica dell'Eritrea ha l'ob- bligo di restituire tutto quello che non è stato realmente e direttamente impiegato per i bisogni della guerra - oltrs beninteso i mezzi di trasporto - pagando una congrua in- dennità per il rispettivo uso.

L'Autorità britannica dell'Eritrea si era impegnata uf- ficialmente, almeno nei confronti di alcune Società, dì « saldare tutto alla cessazione delle ostilità »; e ciò all'in- fuori di qualsiasi riserva, considerazione o riferimento.

In prosieguo, detta Autorità ha scritto al Banco di Roma, di Asmara, che tutte le requisizioni sarebbero state saldate dopo la firma del Trattato di pace con l'Italia.

A. M.

Si ricostruisce la Mostra d'Oltremare ROMA - Fra le obere monumentali che formano il

complesso architettonico della Mostra d'Oltremare di Na- poli, l'Arena Flegrea, rappresenta una delle realizzazioni a suo tempo compiute dall'Ente Autonomo della Mostra, certamente più interessanti e notevoli.

Si tratta infatti di un grandioso teatro all'aperto per I5 mila spettatori, a carattere permanente, in travertino, che riecheggia i teatri greco-romani, con attrezzature sce- notecniche e un palcoscenico capace di duemila attori. In previsione della sua riattivazione completa nel I95I, l'Ente Autonomo^ Mostra d'Oltremare, ha già predisposto, informa VAidi, i lavori per la riparazione dei danni cau- sati dalla guerra all'Arena, che sarà pronta nell'agosto di quest'anno per riaprire al pubblico i suoi battenti. Con la cooperazione degli enti turistici e teatrali, l'Ente Auto- nomo Mostra d' Oltremare ha già in corso di organizza- zione un programma di rappresentazioni , fra cui uno spet- tacolo goldoniano, una presentazione con criteri d'arte del- le audizioni di canzoni in concomitanza con i festeggia- menti della Piedigro4ta napoletana, spettacoli coreogra- fici, sportivi, ecc.

Rapporti economici tra l'Angola e il Congo

L'industrializzazione della grande colonia belga offre possibilità di traffici al territorio portoghese

II Congo Belga: quasi due milioni quattrocentomila chilometri quadrati di superficie, quasi undici milioni di indigeni, circa cinquantadue mila europei; l'Angola: quasi un milione duecentocinquanta mila chilometri quadrati circa quattro milioni di indigeni e centocinquantamila eu- ropei.

Queste due colonie contigue, pur essendo differenti nella loro struttura, nella evoluzione, nella densità di popola- zione e nelle loro risorse, tuttavia tendono a completarsi. L'Angola si presenta come un prolungamento del Porto- gallo e un giorno forse, come avviene oggi per il Brasile, potrà essere il riflesso della cultura e dei costumi della lontana metropoli. Nel Congo Belga invece si cerca piut- tosto di sviluppare una civiltà autoctona in ciò che essa può avere di buono: non si tende ad applicare una ci- viltà occidentale, ma a far progredire le civiltà indigene già esistenti, facendole approfittare degli acquisti occi- dentali. Sorte da concetti divergenti, queste due filosofie coloniali non si contraddicono, ma rappresentano due differenti aspetti di una stessa volontà di apportare a due popoli diseredati una nuova forza che permetta loro di prendere progressivamente il posto dovuto, e di ave- re in futuro il loro peso in un mondo nuovo.

L'Angola è una colonia già antica, il Congo invece è ancora molto giovane; abbiamo quindi da un lato la lunga esperienza di un paese che portò il suo conmercio e la sua civiltà al di là dei mari, e dall'altro una volontà paziente, un passato denso di efficiente lavoro e delle riconosciute attitudini all'organizzazione e alla valoriz- 2azione industriale.

Nel Congo abbiamo un ricco retroterra compresso nella sua espansione da uno stretto sbocco marittimo difficile a raggiungersi e da vie di comunicazione in- sufficienti. L'Angola invece possiede un lungo tratto di costa ricca di porti collegati persino con le frontiere e con i giacimenti minerari del Congo con una linea ferroviaria diretta.

L'Angola, paese agricolo, offre all'esportazione sale prodotti pescherecci e bestiame, mentre il Congo, ricco di mano d'opera, vede crescere sempre più i suoi biso- gni di approvvigionamente, dato le condizioni climatiche spesso sfavorevoli all'allevamento del bestiame e dato che intere regioni sono completamente in via d'indu- strializzazione. Oggi questi elementi appaiono come i fattori di una economia in formazione basata su frut- tuosi scambi frai i due paesi.

Questa corrente di scambi è ancora lontana dall'aver raggiunto l'intensità prevedibile, tuttavia nel 1949 l'An- gola ha esportato nel Congo più di 27.000 tonnellate di prodotti delle quali diecimila di sale e diecimila di pesce. Ma oltre ad incrementare fortemente l'esporta- zione, il Congo procura alii' Angola un guadagno non indifferente col pagamento dei servizi ferroviari e por- tuali che evacuano gran parte della sua produzione mi- neraria e facilitano le importazioni. Inoltre, è evidente, che progredendo sulla via dell'industrializzazione, il Con- go potrà trovare in Angola nuovi sbocchi. In quest'epoca in cui le colonie dell'Africa Centrale sembrano tutte ac- cumunate da uno stesso destino è interessante vedere accrescersi e normalizzarsi gli scambi fra questi paesi, e sotto questo aspetto l'Angola e il Congo Belga appaiono come due complementari assommanti tutte le possibilità di una fruttuosa collaborazione futura.

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