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CONSULENZA ON LINE Quesiti specifici in materia di dogane, trasporti, contrattualistica internazionale,

assicurazione crediti internazionali, investimenti all’estero

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D) Lavoro giornalmente con il metodo delle Liste Valorizzate per export e import di filato/maglieria con la Romania. Stamani mattina ho preparato i documenti in fretta e furia e adesso mi sono accorta di aver inserito un codice filato sbagliato. Ho "fatturato" un filato con composizione 50%acrilico 50%cotone al posto di un filato 60%cotone 40%acrilico. Il valore che ho indicato, però, è quello della composizione 60/40. Devo richiedere la variazione della Bolletta Doganale per la composizione del filato, oppure è una cosa che posso variare internamente solo nella tenuta del mio magazzino? Tenga presente che i capi che dovrò reimportare dalla Romania saranno etichettati con composizione 60/40. R) Considerato che la nomenclatura combinata dichiarata in bolletta doganale (65096200) risulta essere corretta, riteniamo che possa essere eseguita la rettifica internamente. Trattandosi di TPP con la lista valorizzata è però opportuno chiedere parere anche al Vostro doganalista che ha emesso la bolletta doganale. Le ricordiamo che le regole di origine non preferenziale (Made in) sono contenute nel Reg. Cee 2454/92 e nel relativo allegato 10. Dal testo è possibile notare che è considerata quale lavorazione sufficiente a conferire l'origine "la confezione completa" e come tale devono intendersi tutte le operazioni che debbono essere effettuata successivamente al taglio dei tessuti. Per quanto sopra riteniamo che il citato prodotto non possa essere marcato "Made in Italy". D) Premesse:

- ordine da parte di una ditta americana di stampi e attrezzature per la conseguente produzione di parti meccaniche

- pagamento in compartecipazione di quanto sopra: 50% azienda pratese - 50% cliente americano

- gli stampi e le attrezzature restano in Italia per la produzione dei pezzi e non possono essere richiesti prima del 31/12/2004, come da contratto. Al momento del ritiro degli stampi il cliente Usa dovrà pagare l'altro 50%.

- il pagamento della parte di stampi a carico del cliente Usa viene fatto nel seguente modo: 50% con bonifico bancario per il quale abbiamo provveduto ad emettere fattura non imponibile art.8; 50% con apertura di lettera di credito che sarà pagata al momento della consegna dei primi campioni.

Nel modulo di Lettera di credito che il cliente ha inviato per nostro controllo e approvazione non si menzionano gli stampi ma si dice soltanto che la somma di circa 70.000 dollari sarà pagata alla consegna dei campioni approvati. Va bene fare la fattura indicando solo i campioni? In questo caso anche la fattura di acconto deve riportare solo "acconto per campioni" senza nessun riferimento agli stampi? R) Per quanto disposto dalla risoluzione n.500462 del 18.02.92 è possibile fatturare gli stampi con la non imponibilità di cui all'art.8 del DPR 633//2 a condizione che a fine ciclo produttivo detti stampi vengano inviati al committente estero con emissione di regolare fattura, indicante gli acconti ricevuti, perciò con saldo "zero". Ne consegue che il cliente Usa dovrà: 1) effettuare il secondo pagamento liberamente ovvero

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2) modificare la lettera di credito indicando che il pagamento si riferisce allo stampo ma che il credito è negoziabile con la prova di invio dei campionari. Non è perciò possibile dichiarare il valore di 70.000 USD per i campioni bensì per lo stampo indicando nel "corpo" della fattura il numero dei campioni inviati con valore "ai soli fini doganali". D) La nostra azienda ha partecipato ad una fiera in Spagna per la quale l'ente organizzatore ha rimesso fattura comprensiva di Iva. Come possiamo recuperarla? R) Richiesta di rimborso in Spagna. Moduli: I moduli e le ulteriori informazioni circa l’IVA in Spagna si ottengono rivolgendosi al seguente indirizzo: Delegaciòn Especial de Madrid de la Agenzia Estatal de Administration Tributaria Dependencia Regional de Gestion Section de Regimenes Especiales C/. Guzmàn el Bueno,139, Planta 1 a 28071 Madrid tel. 0034-1-5826739 fax. 0034-1-5826757 Il modulo va compilato in spagnolo, in stampatello e rinviato all’indirizzo di cui sopra correlato della documentazione attestante l’IVA pagata. IVA non rimborsabile: Non è possibile essere rimborsati dell’IVA pagata su:

- sistemazione - pasti - viaggi (tranne quelli deducibili ai fini dell’imposta sul reddito personale e corporativa) - spese di rappresentanza - noleggio auto e carburante (tranne quello ad uso esclusivamente lavorativo0

Importo minimo per la richiesta del rimborso: Se la richiesta è relativa ad un periodo minore di un anno, l’importo non deve essere minore di 25.000 pesetas, a meno che non si tratti del periodo finale dell’anno. L’importo non deve essere comunque inferiore a 3.000 pesetas. Metodo di rimborso: il pagamento avverrà tramite assegno o vaglia postale. Agenti: Se si incarica un agente, questi deve essere dotato di specifica autorità per agire per conto di chi lo ha nominato Appelli: Dettagliate informazioni circa gli appelli in Spagna si ottengono rivolgendosi all’indirizzo sopra riportato. D) Un mio cliente confezionista di Shanghai ha intenzione di aprire una ditta in Italia, possibilmente nella zona di prato, in modo da poter utilizzare il marchio "made in italy" sui capi ( pantalone e giacca uomo ) ottenuti con tessuti pratesi e italiani in genere , che poi venderà in Cina. desidererei sapere: a) quali sono le modalità per una ditta/persona fisica estera per registrare una azienda in Italia. necessito anche di sapere quale documentazione, costi, tempi sono necessari

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b) quale percentuale o stadio della lavorazione di un capo di abbigliamento e' necessario espletare in Italia (terminando poi la lavorazione in Cina ) per poter utilizzare la menzione "made in italy " sui capi stessi ? c) quali tassazioni o dogane in genere devono essere applicati per tali lavorazioni o semilavorati ? R) Considerato il contenuto dell'art.24 del Reg. Cee 2913 del 12.10.92: Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più Paesi è originaria del Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione riteniamo che l'apertura di un'azienda in Italia non possa permetterVi di raggiungere lo scopo di apporre il "Made in Italy" sulla confezione finita. Trattandosi di merce in esportazione con destinazione Cina è opportuno verificare la legislazione in vigore in questo Paese. Qualsiasi prodotto fabbricato in Italia (anche un semilavorato) con materie prime italiane può essere marcato "Made in Italy". Per eventuali successive lavorazioni eseguite in Cina non valgono le regole emesse dalla Comunità Economica Europea. L'ammontare dei diritti doganali gravanti sui prodotti fabbricati in Italia deve essere chiesto alla competente Dogana cinese contattando, se del caso, l'ufficio ICE (Istituto Commercio Estero) presente nel Paese ovvero uno spedizioniere che potrà assumere l'informazione tramite un proprio corrispondente. D) Abbiamo effettuato un'esportazione triangolare in Messico. La merce è stata fatturata ad operatore italiano, non imponibile Iva ai sensi dell'art. 8/A. Per tale esportazione non abbiamo, però, ricevuto la relativa bolletta doganale: la dogana ci informa, infatti, di aver emesso una bolletta doganale all'operatore italiano al quale abbiamo fatturato la merce e non a noi. E' corretta tale procedura? R) La Vostra società al fine di dimostrare correttamente la propria esportazione verso il Messico dovrà tornare in possesso della propria fattura (emessa nei confronti del proprio cliente italiano non imponibile iva art.8, 1 comma, lettera a) vistata dalla Dogana con l'apposizione del timbro Con Albi (visto uscire). La bolletta doganale di export deve infatti essere intestata al Vostro cliente italiano il quale tornerà in possesso di tale documento riportante anch'esso il timbro Con Albi. D) Un’azienda di Montemurlo è in procinto di realizzare con regolarità un operazione commerciale che prevede l'importazione dagli Stati Uniti di un macchinario che rivenderà in Spagna. La merce arriverà direttamente a Barcellona. Non è stato molto preciso a proposito, tuttavia, vorrebbe sapere che genere di adempimenti fiscali dovrà curare (IVA spagnola, regole italiane, modalità di fatturazione). R) La merce potrà essere spedita direttamente dagli Usa in Spagna. La società italiana registrerà la fattura del fornitore americano fuori campo iva art.7 DPR 633/72.

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Stesso articolo dovrà essere indicato nella fattura di cessione alla società spagnola evidenziando che trattasi di merce venduta viaggiante allo stato estero. D) Un nostro cliente Usa ci invierà un particolare (pastiglie freno) da assemblare presso di noi, in Italia, sui freni che andremo a costruire per loro. Il kit freno finito potrà ritornare (con regolare fattura) sia negli Usa ma anche a Taiwan oppure nei paesi della Cee. Queste pastiglie possono essere considerate merce in conto lavorazione? Si può evitare di pagare tasse e Iva o almeno solo tasse sull'importazione? R) Al fine di non pagare i dazi e l'iva sulle merci provenienti dagli Usa è possibile accendere una temporanea importazione per lavorazione, semplicemente prestando garanzia per tali diritti doganali, che verrà chiusa (con svincolo della garanzia da Voi prestata) all'atto della rispedizione del prodotto finito negli Usa o a Taiwan. Per le merci destinate nella Cee dovrete effettuare un'importazione definitiva con pagamento immediato dei diritti doganali oppure, nel caso in cui non sia chiara "a priori" la destinazione del prodotto finito potrete accendere una temporanea importazione (prestando garanzia per i diritti doganali) e trasformarla in definitiva (con pagamento del dazio e dell'iva all'atto della trasformazione maggiorati dei relativi interessi) per le merci destinate al mercato comunitario. D) Nell’Incoterm DEQ le spese di sdoganamento sono a carico del venditore. In una pubblicazione della CCIAA intitolata" Raccolta provinciale degli usi" è invece messo in evidenza che queste spese sono a carico del compratore e che ciò rappresenta un'inversione rispetto alle precedenti edizioni degli Incoterms che ponevano lo sdoganamento a carico del venditore. Vorremmo sapere quale delle due interpretazioni è quella giusta. R) Confermiamo che con l'incoterm DEQ le spese di sdoganamento a destino devono intendersi a carico del COMPRATORE così come indicato nella pubblicazione della CCIAA. Si tratta, come peraltro già da Voi evidenziato, di una delle novità introdotte con l'edizione degli incoterms 2000. D) Abbiamo noleggiato da una società tedesca uno stand da utilizzare in una fiera che si svolgerà in Germania. La società noleggiatrice ha emesso regolare fattura a nostro carico a cui ha applicato l'imposta sul valore aggiunto in vigore in Germania (16%). Per poter avere il rimborso di questa aliquota abbiamo fatto richiesta al Ministero delle Finanze tedesco, il quale ci ha risposto chiedendoci di fornirgli alcuni documenti, fra questi un' "Attestazione della qualità di soggetto passivo" rilasciata dallo Stato nel quale risiede il soggetto passivo. Tale attestazione dovrebbe essere così redatta: Denominazione ed indirizzo dell'autorità competente:_____________________ attesta che ________(Denominazione commerciale)______________________ ___(indirizzo e sede)________________________________________________ ____(tipo di attività)_________________________________________________ è registrato come soggetto passivo con il seguente numero fiscale:_____________

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data_______________ Timbro del servizio________________ Firma (nome e qualifica)___________________ Vorremmo sapere se la Camera di Commercio è l'ente competente per rilasciare tale attestazione, oppure avere informazione sull'ente a cui rivolgersi. R) Al fine di ottenere il rimborso dell'iva pagata in Germania si rende indispensabile dimostrare che la Vostra società è titolare di una partita iva in Italia. A tale scopo dovrete consegnare alle Autorità tedesche l'attestazione rilasciata dall'Agenzia delle Entrate (ex ufficio iva) attestante l'attribuzione della partita iva nei confronti della Vostra società D) Esiste dazio per l'importazione in Italia di "tessuto non tessuto" (cod. dog. 239DU11IT02) dal Brasile? R) Il codice da Voi indicato non corrisponde alla nomenclatura combinata comunitaria. E' stata perciò nostra premura eseguire le necessarie ricerche ed abbiamo individuato nella voce 5603 (tutto il capitolo) la voce doganale del prodotto di Vostro interesse. L'importazione dal Brasile di tessuto non tessuto, scortato da Eur1, è gravato di un dazio avegolato (fino al 31.12.02) del 3,4% contro un dazio pieno del 4,3%. D) Nel mese di novembre 2002 abbiamo spedito n. 3 macchinari tessili in Turchia. Il cliente lamenta il fatto che tali macchinari non fossero completi di sufficienti pezzi di ricambio. Vogliamo, pertanto, provvedere all'invio di n. 2 casse contenenti pezzi di ricambio in fornitura gratuita. Naturalmente non vogliamo far pagare i dazi doganali al cliente. Come dobbiamo emettere i documenti per la spedizione? R) L’invio delle 2 casse in Turchia potrà essere da Voi effettuato emettendo una fattura pro-forma riportante il valore “ai soli fini doganali” delle merci inoltrate (tale valore dovrà comunque essere un valore “reale” dei beni). Sulla fattura pro-forma indicherete che trattasi di invio in garanzia. All’atto dell’importazione dei beni in Turchia verranno applicati i dazi gravanti sulle merci. Se, per ragioni commerciali, non volete fare pagare tali diritti doganali al cliente dovrete assolvere Voi tale adempimento (soluzione da noi vivamente sconsigliata) pattuendo una resa della merce DDP (come da incoterms edizione 2000) D)

Abbiamo spedito una partita di merce ad un’azienda statunitense Gli accordi erano 20% in anticipo il resto prima della consegna della mercé. L’anticipo di $7000 è stato pagato e la mercé e' stata spedita all'arrivo dell'assegno, con clausola di consegnarla solo alla copertura dello stesso. Il problema è stato che l'assegno non e' stato onorato e la mercé adesso è ferma in dogana con spese onerose e rischio di confisca. Successivamente il cliente ci ha proposto di ritirare la mercé ma con uno sconto del 50%. Si tratta di truffa? Poiché continua a lavorare e mi risulta a comprare anche

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in Italia,vorremo sapere che possibilità abbiamo per costringere lo stesso a ritirare la mercé od a farci rimborsare le cospicue spese.

R) Riteniamo opportuno comunicarVi che se la merce risulta giacente in Usa a Vostra disposizione, l’operazione non può considerarsi rientrante in una truffa bensì in un’incauta vendita. Infatti è possibile disporre per il ritorno della merce. Per quanto riguarda le spese sostenute di trasporto, sosta ecc., non coperte dall’anticipo ricevuto, riteniamo che le stesse potrebbero essere chieste alla Futura Trade se quest’ultimo operatore ha agito in qualità di intermediario. Per quanto sopra indicato Vi suggeriamo di chiedere parere al Vostro legale di fiducia. D)

Due clienti dello Studio, entrambi imprenditori tessili, a fronte del calo delle vendite registrate sul mercato statunitense, dove entrambi operano, pur in segmenti differenziati, per il tramite di agenti, avrebbero manifestato il proposito di aprire un comune ufficio di rappresentanza a New York condividendone le spese. L’idea sarebbe quella di affittare in una opportuna area della città un fondo di modeste dimensioni (circa 50 mq) ed avvalersi dell’opera di due persone da reperire in loco, una che svolga le funzioni di segreteria presso l’ufficio e l’altra che si dedichi continuativamente ai contatti e alle visite al cliente. L’investimento dovrebbe consentire di assicurare al mercato un servizio più efficiente e tempestivo, di accrescerne la conoscenza nel tempo, e di potenziare in ultima analisi i volumi delle vendite affrancandosi dal rapporto con gli attuali agenti, sempre meno redditizio. Una alternativa potrebbe essere rappresentata dall’affiancarsi ad una struttura già esistente e collaudata, posto che sia possibile e conveniente per le parti in gioco una integrazione di questo tipo. Le produzioni dei due clienti appartengono alla fascia medio alta del mercato, una più improntata alla classica produzione pratese, l’altra maggiormente ispirata alla moda, più innovativa e ricca di fantasia. Premesso quanto sopra, rivolgiamo i seguenti quesiti, su agevolazioni finanziarie: - Quale forma di finanziamento agevolato o contribuzione a fondo perduto fra quelle esistenti risulta maggiormente congeniale per l’iniziativa di specie? - Da un punto di vista squisitamente operativo, in un ottica di esperienza concreta, quali passi è opportuno compiere per accedere con successo a tali forme di sostegno? - A cosa occorre porre particolare attenzione? - Cosa deve essere senz’altro evitato? - Quali circostanze assegnano un maggior punteggio? - Quali limiti ne pregiudicano la riuscita? - E ancora, come si articola la procedura di accesso, quali soggetti ne sono coinvolti e quali atti devono essere compiuti, in che modi e tempi? Premesso quanto sopra, rivolgiamo i seguenti quesiti, su aspetti di marketing: in linea generale: - Quali passi è opportuno compiere per porre in essere un investimento del genere con prospettive di successo? - Cosa è sicuramente da evitare e a cosa invece occorre fare particolare attenzione in un ottica squisitamente operativa? - Cosa insegna l’esperienza di iniziative similari già intraprese, se di Vostra conoscenza? in particolare: - Quali sono le caratteristiche del mercato statunitense nel comparto dei tessuti per quanto concerne la organizzazione del servizio di approvvigionamento?

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- Come è opportuno muoversi per entrare presso le grandi aziende e promuovere i propri prodotti? - Quali sono le abitudini di acquisto, i tempi, i luoghi? - Affiancarsi ad un ufficio già esistente e consolidato è una ipotesi percorribile, con una possibile logica economica per entrambe le parti o deve essere esclusa? - Indicativamente quali sono i costi di un locale di 50 mt.q. in zona strategica di New York, e i compensi annui di due persone dedite ai compiti sopra delineati? - Come è opportuno muoversi per entrare in contatto con persone del luogo che conoscano il mercato ed il settore e che siano giovani e disposte a giocarsi la carriera in tale iniziativa? - Che cosa apprezza in modo particolare il cliente statunitense, e cosa invece lo indispone irrimediabilmente nel rapporto commerciale? - Le aziende che hanno maggior successo in detto mercato a cosa devono principalmente la propria fortuna? R) Per rispondere in modo completo a queste domande si potrebbe scrivere una tesi. In effetti abbiamo scritto anni fa una :Guida per aprire una filiale a New York" in parte obsoleta che tratta di questi argomenti. In ogni riassumiamo i punti principali: 1. L'idea di aprire un ufficio e' buona. Però da quanto capisco il cliente desidera rimpiazzare gli agenti con altre persone del settore. Secondo noi e' molto difficile trovare persone in loco che lavorino a stipendio o a stipendio e provvigione e rimangano fedeli all'azienda per molto tempo. E' più utile mandare persone dall'azienda italiana che conosce il prodotto e il modus operandi dell'azienda. Il problema e' che se questa persona non conosce il mercato si rischia di perdere i clienti. E' difficile dare consigli senza sapere quale sia la situazione attuale, ovvero come operano gli agenti (esclusivi o no) quale fatturato generino, e perché non possono dare un servizio migliore. Se possibile e' meglio potenziare una struttura esistente piuttosto che distruggerla per costruirne un'altra da zero. 2. L'investimento per mandare avanti un ufficio va calcolato di almeno $200.000 all'anno. La cosa e' giustificata da un fatturato di almeno dieci volte. Il mercato tessile e' così frazionato in sottosettori che non e'' possibile dare informazioni su come funziona e quali sono le abitudini di acquisto. Se le aziende italiane in questione senza gli agenti attuali non hanno queste informazioni rischiano troppo nel cercare di operare in modo indipendente nel mercato. Il settore tessile in USA e particolarmente a New York funziona molto su conoscenze personali. Affiancarsi a un ufficio esistente può servire a eliminare molti svantaggi. Bisogna trovare un ufficio senza conflitti di interessi con le due aziende in questione e al quale convenga venderne i prodotti. Il costo dell'ufficio e' la spesa più piccola dell'operazione. Gli affitti per 50 metri quadrati possono costare 30.000 dollari all'anno e bisogna trovare spazio nella zona dove sono locati gli altri operatori del settore. Il resto dei costi va a stipendi e costi operativi. D) Con la presente Vi richiediamo modulo per rimborso I.V.A. tedesca da presentare al competente ufficio Iva in Germania.

R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue:

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Il rimborso dell’IVA in Germania può essere richiesto compilando il modulo che alleghiamo alla presente. Nel caso in cui fosse di Vostro interesse Vi segnaliamo il nominativo di un professionista di Bolzano che è in grado di seguire la pratica di recupero IVA in Germania. D) Non gestisco la compilazione del modello Intra, ma ho comunque avuto degli input che ovviamente mi hanno fatto venire dei dubbi sulla gestione delle note di credito con ritorno o senza ritorno di merce e sulla triangolazione. I dubbi sono venuti a mente fresca, e le mie domande sono queste: - note credito Quando si parla di entro 12 mesi ed oltre 12 mesi si intende anno solare oppure materialmente i 12 mesi? Ho sia degli abbuoni che ritorni di merci che coincidono con il passaggio anno, i mesi che intercorrono dalla data fattura di vendita alla nota di credito sono massimo 5 (spedizione novembre 2002 reso e nota credito maggio 2003 o fattura dicembre 2002 ed abbuoni febbraio 2003) ho emesso note credito in esenzione articolo 41 ed il dubbio mi viene sull'uso del fuori campo IVA art.26. - triangolazione Ho emesso per un cliente americano 4 fatture in esenzione IVA art.8, ma la merce è stata spedita in Italia. Dovevo emettere fattura con IVA? A questo punto cosa faccio? R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per comunicarVi quanto segue: giusto quanto disposto dall’art. 26 del DPR 633/72 l’operatore può annotare le note di variazione in diminuzione (Note credito) sui registri IVA purché non sia trascorso un anno (365 giorni) dall’effettuazione dell’operazione a cui la nota di variazione si riferisce. Trascorso detto termine le variazioni non possono più essere annotate sui registri IVA ma solamente in contabilità generale. In questo caso però è necessario ridurre il plafond relativo alle cessioni verso l’estero. Precisiamo altresì che la registrazione in IVA entro l’anno è facoltativa. Per questo motivo un’azienda può optare per annotare tutte le variazioni solo in contabilità generale. Per gli scambi intracomunitari se la variazione viene registrata in IVA è obbligo indicarla anche nei modelli intra 1 ter sia ai fini fiscali che a quelli statistici (per periodicità mensile di presentazione dei listings). Se la nota di credito si riferisce a resi ed il documento non è stato registrato ai fini IVA è indispensabile compilare il modello intra 1 ter ai soli fini statistici (sempre per i soggetti con periodicità mensile di presentazione). Per merci consegnate in Italia, fatturate ad un Cliente Americano è indispensabile emettere la fattura con IVA. Affinché il Cliente non rimanga inciso dell’Imposta dovrà nominare un Rappresentante Fiscale in Italia. Anche in questo caso la Vostra fattura dovrà però essere emessa con l’Imposta. D) Vendiamo un disco freno ad una ditta austriaca ma lo spediamo ad una ditta italiana che lo assembla sulle ruote che poi spedisce al nostro cliente austriaco.Che problemi comporta per noi questa triangolazione? dobbiamo evidenziare qualcosa sul DDT e sulla fattura che andiamo ad emettere? R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue: La Vostra fattura di vendita, così come il Vostro DDT dovranno essere emessi avendo cura di evidenziare il nominativo austriaco quale acquirente e quale destinazione finale del Vostro prodotto. Nelle note dei documenti evidenzierete che le merci subiranno una sosta tecnica per conto lavorazione presso l’indirizzo del secondo operatore italiano. Al termine della lavorazione il secondo soggetto italiano dovrà fornirVi copia del documento di trasporto internazionale

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comprovante l’avvenuta consegna delle merci in Austria. La cessione da Voi effettuata comporta quindi l’emissione di una fattura di vendita non imponibile IVA art.41 legge 427/93 e la compilazione del modello intrastat “ai soli fini fiscali” in quanto sarà cura del secondo operatore italiano compilare il modello per la parte statistica. D) Ho un dubbio per quanto riguarda le cessioni intracomunitarie. Fino ad oggi abbiamo emesso le fatture per la cessione di un bene, assoggettando le merci ad IVA 41 e le spese di trasporto ad IVA 40. Nella dichiarazione intrastat quindi l'ammontare euro mi corrisponde all'articolo 41. Nel corso del 24 giugno, organizzato dalla Camera di Commercio di Prato, che ho seguito però ci veniva comunicato che le spese di trasporto e tutte le spese accessorie direttamente imputabili alle merci, dovevano essere registrate con il codice 41 e dovevano essere dichiarate nell'ammontare euro dell'intrastat. Come vanno fatte le fatture? Cosa devo dichiarare nell'intrastat? R) Tutte le spese accessorie alla vendita della merce (imballaggio e trasporto) seguono la non imponibilità IVA del prodotto principale (art.41) e come tali devono essere oggetto di compilazione del modello intrastat. Naturalmente, operando in tal senso, avrete una perfetta corrispondenza tra l’ammontare della dichiarazione intrastat ed il registro IVA corrispondente al non imponibile art.41 legge 427/93. D) Ho come programma idep. Vorrei sapere quali documenti devo tenere per una corretta archiviazione ai fini fiscali per quanto riguarda il modello. Dopo la presentazione alla dogana a me rimane solo il foglio timbrato riepilogativo. E’ sufficiente? Cos'altro dovrei allegare? Ci siamo accorti di aver emesso una fattura ad un cliente spagnolo rispetto che ad un altro. La data della ft. e' maggio, quindi e' già andata nella dichiarazione intrastat del 2 trimestre, già presentata in dogana. Se decido di variare l'intestatario della fattura come devo agire? R) Al fine di poter esibire agli eventuali organi di controllo la Vostra dichiarazione intrastat dovrete essere in possesso della stampa della righe di dettaglio di tutti i modelli riepilogativi delle operazioni intracomunitarie. Al fine di facilitare tale verifica siamo a suggerirVi di archiviare la dichiarazione intrastat unitamente ad una fotocopia delle fatture oggetto della dichiarazione. Al fine di regolarizzare l’errore di compilazione relativo al cliente spagnolo dovrete compilare una riga del modello intra ter evidenziante il segno “-“ e la partita IVA errata del cliente spagnolo ed una seconda riga con segno “+” riportante il dato corretto (entrambe riferite al II trimestre). D) Vi richiediamo alcune delucidazioni in merito: 1- nel caso in cui non sia stata identificata con il codice “2” la natura della transazione nelle rettifiche intra 1-ter e intra 2-ter per restituzioni di merce, ma sia stato inserito il codice “1”, quali sono le sanzioni applicabili e i tempi per poter correggere i modelli; 2- vorremmo sapere in maniera esatta: -gli anni per i quali potremmo avere ancora delle verifiche sui modelli; -entro quanto tempo potremmo effettuare spontaneamente delle correzioni e quantificare eventuali sanzioni;

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-poiché esiste un sistema sanzionatorio diverso fra errori di rilevanza fiscale e statistica, poter quantificare gli importi delle sanzioni; -esistono e quali sono i casi di errore dei modelli per i quali non viene applicata nessuna sanzione; 3- nel caso in cui siano menzionate le spese di trasporto in fattura che trattamento devono seguire e se esistono casi in cui sono escluse. R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue: Da quest’anno il “campo” della natura della transazione nei modelli intrastat ha assunto rilevanza solamente statistica. Gli eventuali errori commessi possono pertanto subire solamente l’applicazione delle sanzioni statistiche. In passato tale “campo” aveva rilevanza fiscale e statistica per cui l’eventuale errore poteva comportare sanzioni fiscali e statistiche. Le rettifiche spontanee del modello possono essere effettuate senza limiti di tempo e non comportano l’applicazione di alcuna sanzione. Le verifiche da parte degli uffici preposti possono interessare le dichiarazioni intrastat degli ultimi 5 anni. Le sanzioni fiscali risultano essere da Euro 516.46 a 1032,92 per ciascun modello errato (indipendentemente dal numero degli errori commessi nell’ambito dello stesso modello). Le sanzioni statistiche, che paradossalmente sono più elevate, risultano essere da Euro 516,46 a 5.164,57 per ciascun modello errato (indipendentemente dal numero degli errori commessi nell’ambito dello stesso modello). Difficilmente vengono applicate, da parte dei funzionari preposti ai controlli, le sanzioni statistiche. Pur non esistendo, in linea di principio, errori non sanzionabili, l’applicazione delle penalità è a discrezione dei funzionari della pubblica amministrazione (l’errore nell’indicazione della natura della transazione nei modello ter, a nostro avviso, non si configura come un errore grave). Le spese di trasporto evidenziate in fattura devono essere considerate spese accessorie della merce e pertanto devono essere dichiarate nei modelli intrastat come valore aggiuntivo dei prodotti. La riga del modello intrastat riporterà pertanto la somma tra il valore della merce e le relative spese di trasporto.

D) Una ditta mia assistita, con sede in Prato, intende svolgere attività di importazione di calzature di ogni genere dalla Cina, vi sarei grato di avere istruzioni sulle procedure da seguire (in modo particolare sulle quote d'importazione). R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue: L’importazione dei beni di cui alle seguenti voci doganali: 6402 9900 6403 9100 6403 9900 può essere effettuate liberamente senza richiedere alcuna licenza ministeriale. Potrete pertanto procedere con l’importazione (emissione di bolletta doganale di import) ed il pagamento dei relativi diritti (dazio ed iva) sulla base della fattura del fornitore. Per i prodotti di cui alle voci doganali: 6404 110090 6404 191000 risulta essere in vigore un contingente. Dovrete pertanto, prima di effettuare l’importazione, ottenere l’autorizzazione da parte del Ministero delle Attività Produttive (che la concederà sulla base dell’autorizzazione concessa dalle autorità cinesi all’esportatore). A tale scopo siamo a suggerirVi, al fine di ridurre i tempi necessari all’ottenimento dell’autorizzazione, di appoggiarVi ad uno Studio specializzato in questo pratiche di Roma (se necessario potremo fornirVi un nominativo).

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D) Nel febbraio 2001 una ditta polacca ha scelto alcuni articoli di tessuto presenti nel nostro magazzino, facendo un ordine. Abbiamo stabilito consegna immediata tramite spedizioniere pagamento libero a mezzo BB a 90 gg. netti sulla ns. Banca. Dopo questo primo ordine ne sono seguiti altri a poca distanza uno dall'altro. 1°ordine - fatt. 40 del 16/02/01 di Lire 15.494.800 2°ordine - fatt. 53 del 01/03/01 di Lire 2.697.100 3°ordine - fatt. 84 del 06/04/01 di Lire 12.429.000 4°ordine - fatt. 86 del 11/04/01 di Lire 2.790.200 Visto che alla scadenza, maggio 2001, non avevamo ricevuto il bonifico a fronte della prima fattura, abbiamo contattato telefonicamente il cliente. Il cliente polacco ci informo' che a causa di insolvenze da parte della sua clientela, si trovava in difficolta' finanziarie e ci chiedeva di spostare i pagamenti a settembre 2001. Ad ottobre non ricevendo ancora il saldo del nostro credito, abbiamo accordato una dilazione nei pagamenti fino a dicembre 2001. A febbraio 2002 non avevamo ancora ricevuto il saldo e nonostante le ns. ripetute telefonate rimaneva uno scoperto di €uro 8.892,99. Abbiamo consultato un amico avvocato il quale gentilmente preparo' una bozza di lettera di sollecito che noi inviammo alla ditta polacca. Dopo questa lettera,fu concordata una nuova dilazione di pagamento con date e importi e saldo entro fine novembre 2002. Abbiamo ricevuto solamente i primi bonifici e nonostante le lettere che ha scritto l'amico avvocato, ad oggi risulta sempre un nostro credito di €uro 5.500,00. Ho spiegato a grandi linee come siamo giunti ad avere ancora oggi uno scoperto presso la ditta polacca. La prego gentilmente di dirmi se ci sono i presupposti per recuperare il suddetto credito. R) Con riferimento al quesito in oggetto e come sempre in questi casi, non posso sapere se vi siano possibilità di recupero del credito in questione. Tutto dipende dalla solvibilità del debitore e dalla disponibilità del creditore di affrontare i costi delle azioni di recupero, naturalmente a proprio rischio. L’alternativa è quella di mettere il credito a perdita, evitando così ulteriori esborsi e ricavando il relativo beneficio fiscale. Ove si volesse procedere, per limitare gli esborsi si potrebbe intanto chiedere l’intervento dell’ICE competente per territorio. Nel caso in cui tale iniziativa non dovesse dare esito, si potrebbe interpellare un legale polacco concordando con quest’ultimo, in via preventiva e in forma scritta, modalità delle possibili azioni e relativi costi. A volte, con un po’ di fortuna, è sufficiente una lettera di diffida da parte del legale locale. Resto a disposizione per ulteriori approfondimenti ed in particolare per l’individuazione dell’eventuale legale polacco. D) Siamo una ditta che produciamo tessuti per abbigliamento, e vendiamo ad alcuni clienti russi, premetto che usualmente non ci viene richiesto per la spedizione il certificato di origine, ma poichè stiamo sottoscrivendo una polizza assicurativa sulle vendite a credito verso la Russia e questa polizza, in caso di sinistro, prevede che dovremo allegare alla richiesta di risarcimento il certificato di origine relativo alla spedizione che ha provocato il sinistro, sono a chiederVi:

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posso richiedere questo successivamente (diciamo nell'arco dei 7/8 mesi successivi) e solo se il pagamento non andasse a buon fine e quindi mi necessiterebbe per essere allegato alla richiesta di risarcimento? R) Con riferimento al quesito in oggetto osservo che, di norma, il certificato di origine viene rilasciato per merci in via di spedizione al momento in cui ne è fatta richiesta. Conformemente al Regolamento comunitario 2454/93 del 2/7/1993 sul codice doganale comunitario, solo in casi eccezionali (errore, omissione involontaria o circostanze particolari) è permesso il rilascio del certificato di origine di merce già spedita. In tali casi, sarà necessario presentare alla Camera di Commercio competente per il rilascio i documenti relativi all’avvenuta spedizione (fattura con visto di uscita della dogana, bolletta di esportazione, ecc.) ed una dichiarazione del titolare/legale rappresentante dell’azienda esportatrice, che giustifichi la mancata richiesta al momento della spedizione delle merci. Un certificato d’origine tardivo, inoltre, reca la scritta “rilasciato a posteriori”. Suggerisco pertanto di richiedere il certificato di origine per ogni spedizione verso la Russia. Tuttavia, per completezza di risposta, sarebbe necessario prendere visione del contratto di assicurazione che intende stipulare, in base al quale è richiesto il rilascio del certificato di origine. Mi rendo disponibile a tal fine e resto in ogni caso a disposizione per ogni eventuale ulteriore occorrenza. D) Abbiamo bisogno di ricevere informazioni dettagliate su "Eur1". R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue: Il certificato “Eur1” attesta l’origine preferenziale delle merci e consente all’acquirente del prodotto di non pagare i dazi o di pagarli in misura ridotta all’atto dell’importazione delle merci nel Paese di destinazione. Tale documento viene pertanto emesso dall’esportatore (sia esso comunitario o extracomunitario) o da un suo rappresentante (doganalista) all’atto dell’espletamento delle formalità di export. L’Eur1 può essere emesso a condizione che il prodotto possa essere considerato di origine preferenziale in base alla specifica regola (individuata in base alla voce doganale della merce) fissata nell’accordo tra la UE ed il Paese del cliente o del fornitore. D) Ho la necessità di avere dei chiarimenti in merito ad un problema riscontrato. A ottobre 2003 ho presentato l'elenco delle cessioni relative al 3° trimestre, e solo in questi giorni mi sono accorta di non aver inserito nel suddetto modello una fattura di un cliente Cee. Per avere informazioni, ho chiamato sia la Dogana di Prato, la quale mi risponde che per loro devo soltanto fare una integrazione al modello già presentato, e che essendo una correzione spontanea non sono soggetta a sanzione; sia la Dogana di Montale, dove ho effettivamente presentato il modello a ottobre, la quale mi comunica che non essendoci nell'elenco nessun'altra fattura del cliente in oggetto, per loro e' omissione e quindi tardiva presentazione e sanzionabile. Quale delle due ha ragione?, e visto che comunque devo presentare il modello a Montale (a Prato non mi accettano l'integrazione perche' non sono in possesso del 3 trimestre 2003) cosa posso fare? R)

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Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue: Confermiamo, così come comunicato dalla Dogana di Prato, e come disposto dall’art.11, comma 4, dlgs 471/97, che la correzione spontanea della dichiarazione intrastat (indipendentemente dalla presenza o meno di fattura del medesimo fornitore) non comporta l’applicazione di alcuna sanzione e si configura quale integrazione del modello. D) Siamo produttori di serbatoi in plastica secondo la tecnologia dello stampaggio rotazionale. Per una produzione particolare abbiamo dovuto acquistare del materiale proveniente dagli USA. Noi inoltriamo le nostre richieste al Fornitore in Europa e da questo ci viene fatturato. E’ successo quanto segue: La ditta Americana ha inviato la merce e ha emesso fattura alla corrispondente Europea ad un certo valore. La merce è stata sdoganata in Italia al prezzo fatturato dalla ditta USA a quella Europea e quindi abbiamo pagato il dazio sulla base di questa fattura. Successivamente la corrispondente Europea ha emesso fattura alla nostra azienda ad un prezzo diverso e superiore che noi abbiamo registrato e pagato. C’è differenza quindi tra il valore della merce sdoganata e quello da noi pagato. Il quesito è il seguente: la nostra azienda è in difetto? è sanzionabile oppure no? Il trasportatore mi ha detto che siamo sanzionabili e che la sanzione varia da 1 volta a 10 volte l’importo omesso. R) Purtroppo la bolletta doganale risulta essere stata compilata erroneamente e necessita l’attivazione della “revisione dell’accertamento” presentando oltre alla fattura USA anche quella del Vostro diretto fornitore tedesco. Presentata l’istanza alla competente Dogana, lo spedizioniere non pagherà, giusto quanto disposto dall’articolo 147 del Regolamento CEE 2454/93 una maggiorazione di dazio, ma dovrà pagare l’IVA sul valore della fattura europea aumentato del dazio già pagato. Non vengono applicate sanzioni. Le fatture USA naturalmente non dovranno essere registrate. D) Scrivo per richiedere informazioni sul tipo di visto necessario per vendere tessuti sul mercato americano, quindi per poter avere un permesso prolungato di soggiorno , e se questo visto deve essere legato all'apertura di un ufficio in America, oppure no. Noi avevamo sentito che il visto E1 poteva essere adatto, ma volevamo avere informazioni su come richiederlo, la spesa , quanto tempo serve per ottenerlo, etcc. R) Il soggiorno in USA per lavoro non richiede l'apertura di un ufficio in America anche se l'apertura di un ufficio e il conseguente trasferimento di personale rende più facile la presenza continuata in USA. I principali visti per venditori di aziende straniere in USA sono i seguenti: B1: Per personale di vendita, per negoziare accordi o investimenti (Durata 6 mesi). L1A: Trasferimenti intra-company per personale manageriale che ha lavorato per almeno un anno nell'azienda estera e viene trasferito in USA in una filiale o sussidiaria (Durata 7 anni). L1B: Trasferimenti intra-company per personale specializzato che ha lavorato per almeno un anno nell'azienda estera e viene trasferito in USA in una filiale o sussidiaria (Durata 5 anni).

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E1: denominato "Treaty Trader" per aziende nel settore import export (durata indefinita con rinnovo ogni 2 anni). E2: denominato "Treaty Investor" per aziende che investono capitali in USA (come E1). Per ottenere il visto E1 il volume di affari dev'essere sufficiente per giustificare la presenza continuata del personale estero. Non è necessario aver lavorato per l'aziende per almeno un anno come per il visto tipo B1. Per ottenere tale visto bisogna dimostrare l'esistenza di un notevole numero di transazioni tra l'Italia e gli USA; che il valore del commercio è sostanziale; che la persona inviata ha sufficiente acume per condurre le operazioni; che il personale sarà in grado e lascera' gli USA al termine del periodo; che l'azienda ha un passato di attività commerciale con gli Stati Uniti. È quindi apparente che per ottenere il visto E1 è necessario che la ditta abbia già un'attivita' commerciale sostanziale con gli USA. Altrimenti il visto più adatto è il B1. In genere i visti vengono concessi in un paio di mesi e il costo è inferiore a 200 dollari. D) Devo effettuare un'esportazione di biscotti in Giappone e avrei bisogno di sapere quale documentazione aggiuntiva e moduli doganali (certificati di origine ecc) devo produrre, vista la tipologia del prodotto. R) Facciamo seguito alla Vostra richiesta per relazionare quanto segue: L’esportazione di biscotti in Giappone, in aggiunta ai tradizionali documenti doganali richiede l’emissione di un certificato di analisi che dovrà essere emessa a cura dell’ASL locale.

D) Come già annunciato telefonicamente con la presente per richiedervi di esaminare la questione qui esposta. Premesso che la nostra azienda produce e vende cosmetici per capelli, per il lancio di un nuovo prodotto abbiamo ordinato presso un produttore Turco 11.000 magliette personalizzate con nostro marchio per un valore di circa 23.000 Euro. Alla consegna della merce che è avvenuta circa il 16.03.04 abbiamo verificato che esteticamente il materiale prodotto era conforme, ma non conoscendo bene il settore tessile non abbiamo rilevato che i capi mancavano di etichetta di produzione riportante materiali e lavaggio. Successivamente abbiamo distribuito suddette magliette insieme al nostro nuovo prodotto cosmetico abbracciando vari stati sia CEE che extra CEE. Appena la merce è arrivata ai parrucchieri sono cominciate le lamentele che hanno riguardato proprio la mancanza di etichettatura. Inoltre per alcuni stati la merce addirittura non ha passato proprio la dogana. Quindi abbiamo bloccato la commercializzazione delle magliette e di conseguenza del prodotto con danni economici molto rilevanti. Ad oggi visto che il produttore dice che l’etichettatura è un’opzione di produzione da richiedere al momento dell’ordine vi chiediamo se esiste una percorso legale atto a far risultare la partita acquistata non conforme per la commercializzazione.

R)

Con riferimento al quesito in oggetto e sulla base delle informazioni fornitemi, osservo che - benché sia noto che la circolazione in ambito comunitario di prodotti del tipo T-shirt possa legittimamente avvenire solo se queste risultino provviste dell’etichettatura indicante la provenienza delle stesse, il materiale e le modalità di lavaggio - la questione in oggetto è piuttosto complessa.

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Dai documenti trasmessi risulta infatti che la consegna della merce è avvenuta FOB a Istanbul; da tale premessa consegue che il produttore si è spogliato di ogni responsabilità nel momento stesso in cui la merce è stata messa a disposizione dell’acquirente ad Istanbul, appunto. Il successivo trasporto ed il passaggio doganale di importazione sono avvenuti dunque a spese e a rischio dell’azienda. Rilevo inoltre che ai sensi dell’articolo 4 della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, al rapporto in oggetto è applicabile la legislazione turca e la giurisdizione competente è il foro di Istanbul. Non è invece applicabile la Convenzione di Vienna del 1980 sui Contratti di Vendita internazionali, non sottoscritta dalla Turchia. Peraltro l’azienda ha avuto modo di visionare preventivamente e di approvare espressamente i campioni di T-shirt, nonostante, presumo, fossero a loro volta sprovvisti di etichettatura. Alla luce di quanto sopra esposto, anche supponendo che il produttore turco fosse a conoscenza dell’obbligo di etichettatura delle magliette in territorio UE, sembra dunque doversi escludere una responsabilità specifica del produttore medesimo, salvo che la legislazione turca, come si è detto applicabile al caso in esame, non preveda analoghi obblighi di etichettatura. Un approfondimento della normativa turca comporterebbe tuttavia un costo elevato e forse non proporzionato al valore della merce acquistata. Resta il fatto che al fine di far valere gli eventuali diritti dell’azienda sarebbe necessario agire ad Istanbul con costi, tempi e rischi non proporzionali all’entità della vertenza. L’azienda potrebbe comunque rivolgersi alla Camera di Commercio Italiana in Turchia (http://abone.tnn.net/cciist/itahome.htm) o all’ICE di Istanbul, per una consulenza e, comunque, per segnalare l’accaduto, verosimilmente senza esporsi a particolari oneri. In conclusione, consiglio comunque all’azienda di contestare formalmente la fornitura, minacciando eventualmente una vertenza giudiziaria, quantomeno al fine di ottenere un contributo economico o, qualora la relativa fattura non fosse ancora stata saldata, uno sconto sulla stessa o, eventualmente, un accordo per la restituzione e la “messa a norma” delle T-shirt a carico del produttore turco. Non mi pare invece che sussistano i presupposti giuridici ed economici per un’azione di risarcimento.