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CONSIGLIO NOTARILE DI CATANIA COMMISSIONE PER L'AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE PRASSI - LEGISLAZIONE - GIURISPRUDENZA RIUNIONE DEL 12 LUGLIO 2013 GIURISPRUDENZA A) AGEVOLAZIONE PRIMA CASA: TRE MASSIME A FAVORE DEI CONTRIBUENTI: A1) UN CONCETTO ESTESO DI PERTINENZA Come è noto, l'art. 1, comma 3, nota II bis, tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 prevede espressamente che l'agevolazione prima casa "spetta per l'acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze di un immobile"; la norma prosegue prevedendo che "sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7". La questione sottoposta alla Cassazione e decisa con sentenza n. 6259 del 13 marzo 2013 concerneva la possibilità di richiedere l'agevolazione per un lastrico solare di proprietà esclusiva di un condomino, possibilità negata dall'ufficio che sosteneva: a) che il lastrico solare è un bene per sua natura condominiale, ai sensi del'art. 1117 c.c.; e ciò sarebbe comprovato dal fatto che il bene, nella fattispecie, risultava censito in catasto autonomamente, e non con il bene principale; b) che l'elencazione che la legge fa delle pertinenze agevolabili è tassativa. La Cassazione dà ragione al contribuente, sostenendo che proprio il tenore letterale della norma - oltre alla ratio della normativa, che comunque è finalizzata ad incrementare gli acquisti agevolati - autorizza a ritenere che il concetto di pertinenza debba essere inteso in senso lato: difatti, il termine "sono ricomprese" lascia intendere che le pertinenze ivi elencate non sono certamente le uniche agevolabili; la precisazione del legislatore deve essere interpretata nel senso che tutte le pertinenze sono agevolabili, ma quando fra tali pertinenze vi siano beni identificati con le categorie C/2, C/6 e C/7 l'agevolazione spetta per l'acquisto di un solo bene per ciascuna categoria.

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PRASSI - LEGISLAZIONE - GIURISPRUDENZA RIUNIONE DEL 12 LUGLIO 2013GIURISPRUDENZA A) AGEVOLAZIONE PRIMA CASA: TRE MASSIME A FAVORE DEI CONTRIBUENTI:A1) UN CONCETTO ESTESO DI PERTINENZACome è noto, l'art. 1, comma 3, nota II bis, tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 prevede espressamente che l'agevolazione prima casa "spetta per l'acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze di un immobile"; la norma prosegue prevedendo che "sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7".La questione sottoposta alla Cassazione e decisa con sentenza n. 6259 del 13 marzo 2013 concerneva la possibilità di richiedere l'agevolazione per un lastrico solare di proprietà esclusiva di un condomino, possibilità negata dall'ufficio che sosteneva:a) che il lastrico solare è un bene per sua natura condominiale, ai sensi del'art. 1117 c.c.; e ciò sarebbe comprovato dal fatto che il bene, nella fattispecie, risultava censito in catasto autonomamente, e non con il bene principale;b) che l'elencazione che la legge fa delle pertinenze agevolabili è tassativa.La Cassazione dà ragione al contribuente, sostenendo che proprio il tenore letterale della norma - oltre alla ratio della normativa, che comunque è finalizzata ad incrementare gli acquisti agevolati - autorizza a ritenere che il concetto di pertinenza debba essere inteso in senso lato: difatti, il termine "sono ricomprese" lascia intendere che le pertinenze ivi elencate non sono certamente le uniche agevolabili; la precisazione del legislatore deve essere interpretata nel senso che tutte le pertinenze sono agevolabili, ma quando fra tali pertinenze vi siano beni identificati con le categorie C/2, C/6 e C/7 l'agevolazione spetta per l'acquisto di un solo bene per ciascuna categoria.

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Da ultimo, la Corte precisa che la concessione dell'agevolazione prescinde dal fatto che il bene sia autonomamente censito in catasto e non unitamente all'immobile principale, tanto è vero che l'agevolazione spetta anche per gli acquisti con atto separato; affermazione che, per inciso, smentisce l'orientamento del'Amministrazione relativamente alle aree scoperte pertinenziali che, secondo la circolare 38/E del 12 agosto 2005, devono essere graffate.Quanto al rilievo sulla presunta natura necessariamente condominiale del lastrico solare, la Cassazione rileva come ciò sia corretto in assenza di un titolo contrario che attribuisca la proprietà esclusiva del bene, circostanza che ricorreva nella fattispecie.A2) IMPEDIMENTI OGGETTIVI AL TRASFERIMENTO DI RESIDENZAIn un altro caso deciso dalla Cassazione - sentenza n. 14399 del 7 giugno 2013 - un soggetto che aveva acquistato un immobile usufruendo delle agevolazioni prima casa contestualmente impegnandosi a trasferire la propria residenza nei diciotto mesi, non aveva potuto ottemperare all'impegno assunto a causa del rinvenimento di reperti archeologici nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'immobile acquistato.A seguito dell'avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate, il contribuente propone ricorso evidenziando i motivi che gi avevano impedito di adempiere al proprio obbligo di trasferimento.La Commissione Tributaria della Toscana, confermando la decisione della CTP di Pisa, dà ragione al contribuente, e l'Agenzia, con un accanimento quasi inspiegabile ma purtroppo consueto nel comportamento di molti uffici, ricorre in Cassazione: la Suprema Corte, con la sentenza che si commenta, conferma la spettanza delle agevolazioni, proprio in considerazione del fatto che non vi può essere alcuna decadenza nel caso in cui l'impossibilità di trasferirsi sia dovuta ad una causa di forza maggiore.La Cassazione aveva già fatto applicazione di tale principio in passato, mentre la sentenza richiamata a proprio favore dall'Ufficio è stata giudicata non pertinente dai giudici, in quanto si riferiva al caso in cui la mancata esecuzione degli impegni assunti era dipesa da motivi soggettivi del contribuente, e non da

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cause di forza maggiore.A3) Infine, segnaliamo Cass. 26 giugno 2013 n. 16077, che afferma per l'ennesima volta un principio contrario a quanto affermato dall'Amministrazione Finanziaria.La questione risolta dalla Suprema Corte si riferisce, in particolare, al caso di un soggetto - già acquirente di un immobile con le agevolazioni - che rivende nel quinquennio e che riacquista entro l'anno un altro immobile, ma lo acquista a titolo gratuito.Sulla questione, l'Agenzia delle Entrate si era mostrata a più riprese contrario, ritenendo che il riacquisto da effettuare entro l'anno debba intendersi come un reinvestimento (circ. 6/E del 2011, ris. 125/E del 2008 e circ. 18/2013), conclusione che, fra l'altro, appare in contrasto con il fatto che l'atto che può causare la decadenza entro l'anno può essere anche a titolo gratuito e, nella fattispecie, non si vede cosa si dovrebbe reinvestire.La sentenza che si segnala, ripetesi, dà ragione al contribuente, evidenziando che la legge non distingue fra acquisto a titolo oneroso e a titolo gratuito, e richiama, a supporto di tale tesi, l'art. 7 l. 448/98, che riconosce il credito di imposta al soggetto che riacquisti "a qualsiasi titolo" entro l'anno: ciò dimostra che il beneficio prima casa si mantiene anche nel caso in cui il riacquisto avvenga a titolo gratuito.B) UN'IMPORTANTE PRECISAZIONE IN TEMA DI ESPROPRIAZIONE DI BENI IN COMUNIONE LEGALEAnche questa è una sentenza dagli importanti riflessi pratici: si affronta, in particolare, la questione della espropriazione di un bene acquistato da due coniugi in comunione legale, ma limitatamente a debiti contratti da uno solo di essi.Come è noto, la regola generale è quella dettata dall'art. 189 c.c., a tenore del quale "i beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali, delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio da uno dei coniugi....".La questione sottoposta alla Suprema Corte concerne un problema che chi si occupa, quale professionista

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delegato, di espropriazioni immobiliari, conosce bene: cosa ha ad oggetto l'espropriazione, il bene per intero ovvero l'ideale quota di un mezzo di pertinenza del coniuge esecutato? E la questione rileva sin dalla fase iniziale della procedura, concernendo anche il pignoramento e le modalità di trascrizione dello stesso.La Cassazione, con sentenza n. 6575 del 14 marzo 2013, partendo dal principio generale incontestabile che la comunione legale è una comunione senza quote e ritenendo impossibile che, anche se a seguito di una espropriazione, un estraneo possa entrare a far parte della comunione legale, conclude che l'unico corollario logico sia quello di sottoporre a pignoramento il bene per intero, con conseguente vendita dello stesso per intero e scioglimento della comunione limitatamente ad un solo bene.Il ricavato della vendita sarà ripartito, pertanto, in parti eguali fra il creditore ed il coniuge non debitore, che si trova involontariamente ad essere anche lui un soggetto passivo dell'espropriazione al quale, secondo il Collegio, andranno indirizzate le notifiche di rito e che potrà opporsi all'esecuzione solo per dimostrare una eventuale titolarità esclusiva del bene.Altro corollario importante sottolineato dalla Suprema Corte è la necessità che la trascrizione del pignoramento venga fatta nei riguardi del bene per intero, contro entrambi i coniugi, magari evidenziando nel quadro D la "contitolarità solidale derivante dal regime della comunione legale".C) UNO SPIRAGLIO SULLA VALIDITA' DEI CD. ACCORDI PREMATRIMONIALI.L'argomento affrontato dalla Cassazione con questa sentenza (la n. 23713 del 21 dicembre 2012) è di quelli spinosi, in passato oggetto di svariati interventi di segno contrario della Suprema Corte: ci riferiamo a quegli accordi di natura patrimoniale che i coniugi raggiungono in una fase diversa dalla crisi del matrimonio, espressamente in previsione o nell'eventualità che quest'ultima si verifichi.La giurisprudenza, a più riprese (pur con qualche timida apertura, cfr. Cass. 30 agosto 2004 n. 17434) ha tacciato di nullità tali accordi per illiceità della causa, in quanto in contrasto, di volta in volta, con i principi di

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indisponibilità degli status, dell'assegno di divorzio, degli interessi dei minori, dei diritti patrimoniali conseguenti alla crisi del matrimonio.Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, i coniugi il giorno prima del matrimonio avevano sottoscritto un accordo in base al quale, in caso di fallimento del matrimonio, la moglie avrebbe trasferito un immobile di sua proprietà al marito per rimborsare allo stesso le somme investite per ristrutturare un immobile di proprietà della moglie; entrato in crisi il matrimonio, il marito chiede il trasferimento dell'immobile ex art. 2932 c.c. e la moglie eccepisce la nullità dell'accordo per illiceità della causa.Secondo la Cassazione, che in motivazione dà atto del filone giurisprudenziale nettamente contrario alla validità di tali accordi, nella fattispecie il meccanismo utilizzato dai coniugi sarebbe diverso, in quanto l'accordo principale sarebbe qualificabile come datio in solutum sospensivamente condizionata allo scioglimento del vincolo matrimoniale. In sostanza, il fallimento del matrimonio non entrerebbe nel meccanismo causale dell'accordo, ma si atteggerebbe a semplice evento dedotto nella condizione sospensiva dello scioglimento del vincolo matrimoniale. Ma l'accordo principale, ripetesi, aveva avuto ad oggetto la regolamentazione di rapporti di dare e avere sorti fra i coniugi prima del matrimonio.Invero, appare difficile non qualificare patto prematrimoniale un simile accordo, certamente mirato a sottrarre alcuni aspetti economici alla disciplina dei rapporti patrimoniali fra coniugi: la sensazione è che i giudici della Suprema Corte non abbiano avuto il coraggio di spingersi oltre e che questa sentenza possa costituire una piccola breccia che possa condurre ad ammettere, in determinati casi, la liceità degli accordi de quo.D) DIRITTO DI ABITAZIONE EX ART. 540 C.C. E SUCCESSIONE LEGITTIMACon una nota sentenza del 6 aprile 2000 (la n. 4329), la Corte di Cassazione, dopo avere definitivamente stabilito che i diritti di uso ed abitazione previsti a favore del coniuge superstite dall'art. 540 c.c. si sommano alla quota di riserva a quest'ultimo riconosciuta, aveva concluso che tali diritti non si aggiungono alle quote

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indivise previste, in tema di successione legittima, dagli artt. 581 e 582 c.c., non essendo ciò previsto da nessuna norma e non essendo previsti in questo tipo di successione gli istituti della riserva e della disponibile.La sentenza, per certi versi rivoluzionaria, era in controtendenza con l'orientamento che a quei tempi prevaleva e che, al contrario, riconosceva tali diritti al coniuge successore per legge, tenendo anche presente il fatto che identici diritti erano riconosciuti al coniuge putativo dall'art. 584 c.c. e che ai più sembrava paradossale riconoscere una tutela più debole al coniuge successore ex lege.Ne è nato un lungo contrasto interpretativo, tanto che, con ordinanza n. 6774 del 2012, la Cassazione ha rimesso la questione al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite.Con sentenza n. 4847 del 27 febbraio 2013, queste ultime, smentendo le conclusioni della sentenza del 2000 riconoscono anche al coniuge successore legittimo i diritti previsti dall'art. 540 c.c., sostenendo che gli interessi sottesi alla ricorrenza di tali diritti - la parificazione, anche affettiva, fra coniugi e l'intenzione di evitare al coniuge superstite lo stress dela ricerca di una nuova casa - ricorrono in entrambi i casi: in realtà, la successione necessaria non è un tertium genus di successione, con autonoma disciplina, ma le sue norme sono state dettate solo per tutelare i diritti dei legittimari.Ma la Cassazione va oltre, e detta anche delle regole per il calcolo dei diritti in questione; coerentemente con le conclusioni raggiunte in tema di successione necessaria, anche nel caso di successione legittima il valore dei diritti in questione andrà stralciato dalla massa, con un meccanismo simile al prelegato, per poi procedere alla divisione fra gli eredi. Pertanto, nella massa da dividere saranno ricompresi il valore della proprietà della casa gravata dal diritto di abitazione e quello dei mobili.E) CANCELLAZIONE DELLE SOCIETA' DAL REGISTRO DELLE IMPRESE E SORTE DEI RAPPORTI PENDENTI: LA PAROLA FINE?Anche questa è una questione nota, della quale ci siamo occupati a piu' riprese nelle precedenti rassegne: mi

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riferisco agli effetti della cancellazione delle società dal Registro delle Imnprese, dopo le novità introdotte dalla riforma del diritto societario.Come è noto, l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato è nel senso della efficacia definitivamente estintiva della cancellazione, tanto nel caso di società di persone che di capitali, a prescindere dalla presenza o meno di rapporti attivi e/o passivi.Dato per scontato tale principio, l'interesse degli operatori di diritto si è concentrato su un altro problema di notevole interesse: la sorte dei rapporti pendenti, posto che anche in presenza di questi ultimi la società si estingue.Invero, una parte della giurisprudenza, pur riconoscendo legittimo il principio dell'efficacia estintiva, non riuscendo a trovare un rimedio alla soluzione dei rapporti pendenti, riteneva che in tal caso si potesse ricorrere al meccanismo della "cancellazione della cancellazione eseguita in mancanza dei suoi presupposti", facendo in tal modo rivivere la società che, a quel punto, sarebbe costretta a completare la liquidazione.La sentenza che si commenta - Cass. SS.UU. n. 6070 del 12 marzo 2013 - non solo è assolutamente innovativa ma, considerato che proviene dalle Sezioni Unite della Cassazione, rischia di mettere la parola fine alla questione.I giudici ripercorrono la storia della cancellazione delle società dal Registro delle Imprese, ribadendone l'efficacia estintiva; ma tale efficacia è definitiva e - questo è il punto veramente innovativo - alla stessa consegue un "fenomeno successorio" che comporta il trasferimento ai soci delle obbligazioni pendenti - nei limiti di quanto ricevuto, nelle società di capitali, ed illimitatamente nelle società di persone - mentre i diritti ed i beni, in sostanza le attività, si trasferiscono ai soci in comproprietà indivisa, restando esclusi da questa forma di comproprietà solo le pretese ed i crediti incerti o inesigibili, ai quali si presume che la società, con l'istanza di cancellazione, abbia rinunciato.Mi sembra inutile sottolineare l'importanza di questa sentenza, soprattutto se consideriamo che l'opinione prevalente è sempre stata contraria a riscontrare nell'estinzione delle società un fenomento successorio; le Sezioni Unite non solo riconoscono al fenomeno tale

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natura ma, molto opportunamente, fanno una precisa distinzione fra attività e passività. E così, mentre per queste ultime le conclusioni cui giunge la Suprema Corte rispecchiano il dettato normativo (artt. 2495, 2312 e 2324 c.c.), per le prime viene introdotto un principio senza precedenti che, se confermato, consentirebbe di risolvere molti dei problemi che nella pratica ci troviamo ad affrontare.In particolare, con specifico riferimento ai diritti immobiliari, che è il tema che più ci occupa, in passato si era dubitato della validità della tesi della comunione, anche in considerazione della difficoltà di chiudere la catena delle trascrizioni, in difetto di un titolo che giustificasse il passaggio dalla società ai soci: ma il riferimento che fanno le Sezioni Unite ad un "trasferimento" dei beni ai soci che conseguirebbe alla estinzione della società autorizza a considera legittimo un successivo contratto fra i soci che prenda atto dell'avvenuto trasferimento ex lege e conseguente al fenomeno successorio, contratto del quale dovrebbe ammettersi la trascrizione, proprio ai fini della continuità, fatto salvo ogni approfondimento - ma l'argomento sarebbe troppo lungo per essere trattato in questa sede - in ordine alla tassazione di questo atto; in alternativa, secondo una ricostruzione proposta da Antonio Ruotolo nel commento alla novità riportato nel CNN Notizie del 12 aprile 2013, si potrebbe superare la necessità della trascrizione e ritenere, stante l'automaticità del meccanismo, che l'effetto della contitolarità nasca ex lege e che la pubblicità dello stesso possa scaturire dalle risultanze del Registro delle Imprese. Infine, coerentemente con quanto affermato, le Sezioni Unite concludono che, in caso di giudizi pendenti, il processo andrebbe interrotto e riassunto nei confronti dei soci.F) FINANZIAMENTI PER ESTINZIONE DI DEBITI PREGRESSI: IL MUTUO RESTA FONDIARIO Una recente sentenza della Cassazione (la n. 9482 del 18 aprile 2013) risolve una questione recentemente dibattuta a seguito di alcune prese di posizione della giurisprudenza di merito di segno contrario.Si discute, in particolare, della validità di un mutuo

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fondiario - o inteso come tale - qualora difettino alcuni dei requisiti necessari per attribuire al contratto questa qualifica.E così, con sentenza del Tribunale di Venezia del 26 luglio 2012 era stata dichiarata la nullità di un mutuo "fondiario" perchè concesso per un importo superiore alla soglia dell'80% del valore del bene ipotecato in quanto, ai sensi dell'art. 38 T.U.B., per aversi credito fondiario occorre che il mutuo sia contenuto entro un certo importo stabilito dalla Banca d'Italia. Ne conseguirebbe, per il Tribunale, la nullità per mancanza di causa del contratto, l'inesistenza dell'ipoteca e la qualificazione del credito come chirografario.Con altra sentenza della Corte d'Appello di Brindisi del 22 marzo 2013, è stata dichiarata la nullità di un mutuo fondiario finalizzato alla costruzione di alloggi popolari ma nei fatti utilizzato per l'estinzione di passività pregresse; in particolare, il Collegio parte dal presupposto che il mutuo fondiario è un mutuo di scopo, le cui finalità "colorano" la causa del contratto. Pertanto, la destinazione delle somme a finalità diverse da quelle per le quali erano state concesse comporta una mancanza di causa con conseguente nullità del contratto.La sentenza di Cassazione che si commenta giunge a conclusioni diametralmente opposte: anche nel caso esaminato dalla Suprema Corte si trattava di un mutuo "fondiario" le cui finalità - favorire, grazie alla concessione del prestito, la conservazione e la ripresa di un'azienda - erano state tradite con l'utilizzo delle somme per l'estinzione di passività pregresse; tuttavia, questo utilizzo distorto non comporta, per i giudici, la nullità del contratto, ma l'unica conseguenza è che a quest'ultimo non si renderanno applicabili le norme dettate per i mutui fondiari, ed in particolare la normativa per il consolidamento dell'ipoteca.Pertanto, anche se nella fattispecie l'ipoteca è stata oggetto di revocatoria propria per l'inapplicabilità della predetta disciplina, in generale si può dire che, accogliendo la tesi della Cassazione il mutuo da fondiario si "trasforma" in ipotecario, con conseguente validità della garanzia ipotecaria, conseguenza inammissibile per le sentenze di merito sopra richiamate secondo le quali la garanzia concessa sarebbe addirittura inesistente.

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G) OGGETTO SOCIALE ED ESERCIZIO DI ATTIVITA' FINANZIARIA: PERICOLO DI NULLITA'Come è noto, l'esercizio dell'attività finanziaria è disciplinato dal Decreto Legislativo 385/1993, ed in particolare dall'art. 106 - che disciplina l'esercizio di tale attività nei confronti del pubblico, riservandolo agli intermediari finanziari autorizzati ed iscritti in apposito albo - e dall'art. 113 - che disciplina l'esercizio di tale attività in via esclusiva ma non nei confronti del pubblico, riservato a soggetti iscritti in apposita sezione dell'elenco generale - .E', altresì, noto come moltissimi statuti contengano richiami spesso generici a questo tipo di attività, normalmente nella clausola conclusiva dell'articolo dedicato all'oggetto sociale; con la sentenza che si commenta - la n. 2220 del 30 gennaio 2013 - viene esaminato il caso di un Notaio al quale, in sede di ispezione, era stata contestata la nullità di una clausola contenuta in uno statuto sociale che prevedeva la possibilità di "concedere avalli, fideiussioni e garanzie di ogni genere nei confronti di chiunque...".La Suprema Corte, confermando le sentenze dei giudici di merito, sostiene la nullità della clausola affermando che la previsione di esercitare tali attività è legittima quando le stesse siano svolte non in via prevalente e non nei confronti del pubblico; secondo i giudici, sarebbe illegittima anche la previsione dello svolgimento non prevalente nei confronti del pubblico, in quanto "la possibilità di prevedere la prevalenza o meno dell'attività finanziaria è ammessa soltanto con riguardo ad attività svolte non nei confronti del pubblico": come dire che il solo fatto di esercitare l'attività nei confronti del pubblico rende nulla la clausola, a prescindere dalla prevalenza o meno della stessa.Conseguenza: nullità della clausola per contrasto con una norma imperativa e condanna del Notaio ai sensi dell'art. 28, confermando quell'orientamento (già fissato in occasione della nullità delle clausole compromissorie) secondo il quale anche la nullità parziale è causa di sanzione a carico del Notaio, in quanto trattasi di nullità comunque assoluta.H) CESSIONI DI PARTECIPAZIONI E CLAUSOLE DI GARANZIA

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A proposito di clausole inserite nei contratti, anche questo che si va ad esaminare è un problema noto, le cui conseguenze si riflettono sul piano fiscale e della tassazione.Mi riferisco alla cessione delle partecipazioni sociali ed al caso in cui le parti convengano di inserire in atto clausole di garanzia particolari che consentano di ricollegare il valore della partecipazione al patrimonio società.Con questa sentenza del 19 ottobre 2012 - la n. 17948 - la Suprema Corte, dopo avere ribadito che la cessione delle azioni o quote di una società hanno come oggetto immediato la partecipazione sociale e come oggetto mediato la quota del patrimonio e che gli effetti della cessione non si estendono a quest'ultimo, afferma che queste conclusioni sono valide a condizione che l'acquirente non faccia ricorso ad una clausola di garanzia dalla quale consegua un collegamento fra il valore dell'azione ed il patrimonio sociale.E non vi è spazio alcuno, sostiene la Cassazione, per l'applicazione dell'art. 21 D.P.R. 131/86, che ammette una tassazione unica per le disposizioni che derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, in quanto "le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in virtù di legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione o compenetrazione immediata e necessaria".Pertanto, verranno tassate separatamente la convenzione relativa alla cessione e quella relativa alle garanzie sul patrimonio sociale alla quale, nel caso di specie, è stata applicata un'ulteriore imposta del 3% sul corrispetivo pattuito.L) REPETITA IUVANT!Sì, è proprio il caso di dirlo, perchè negli ultimi mesi vi sono state diverse sentenze che hanno ribadito dei principi da considerarsi ormai ius receptum nel nostro ordinamento, ma che serve sempre ribadire e ricordare:L1)Con sentenza n. 13603 del 30 maggio 2013, la Cassazione

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ribadisce il noto principio per cui nel regime della comunione legale la costruzione realizzata da entrambi i coniugi su un suolo di proprietà di uno solo di essi non costituisce oggetto di comunione ma è di proprietà di quest'ultimo, in virtù del principio dell'accessione, che prevale sempre in assenza di una convenzione contraria (come potrebbe essere la costituzione di un diritto di superficie).In questo caso, la tutela del coniuge non proprietario opera solo sul piano obbligatorio e comporta il riconoscimento di un diritto di credito a suo favore.L2)Con sentenza n. 4890 del 27 febbraio 2013, la Cassazione torna ad occuparsi di un argomento già trattato più volte in precedenti rassegne: la spettanza delle agevolazioni per i trasferimenti di immobili ubicati all'interno di piani particolareggiati nel caso in cui l'intervento costruttivo venga eseguito da un soggetto diverso dal primo acquirente.Nella fattispecie esaminata, il primo acquirente aveva addirittura iniziato l'edificazione, ma prima del suo completamento avevo venduto l'immobile a terzi che successivamente provvedevano al completamento dell'opera.La Cassazione conferma il proprio orientamento - questa volta - contrario al contribuente, sostenendo che lo spirito della norma è nel senso di riconoscere l'agevolazione a condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area avvenga non solo nei termini ma anche da parte del soggetto che richiede i benefici fiscali, introducendo una condizione risolutiva legale che non sembra ammettere alternative.L3)Anche la questione relativa agli oneri condominiali ed al soggetto che li deve sopportare è stata oggetti di diversi arresti giurisprudenziali recenti commentati nelle ultime rassegne.Difatti, la Suprema Corte negli ultimi tempi ha ripetutamente ribadito il principio in base al quale - ferma restando la possibilità delle parti di regolamentare all'interno del contratto i loro rapporti relativi agli oneri condominiali - in mancanza di tale

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accordo le spese straordinarie graveranno sul soggetto proprietario dell'immobile al momento della delibera, mentre per le spese ordinarie l'insorgenza dell'obbligazione viene individuata con il compimento effettivo dell'attività gestionale; quanto ai rapporti con il condominio, gli stessi restano regolati dall'art. 66 disp. att. c.c. (peraltro, con le novità introdotte dalla recente riforma).Questi principi sono stati recentemente ribaditi da Cass. 10 aprile 2013 n. 8782 e da Cass. 2 maggio 2013 n. 10235: quest'ultima sentenza, in particolare, appare particolarmente interessante nella parte in cui afferma, con riferimento alle spese straordinarie, che non si possa ritenere sufficiente ad impegnare il soggetto proprietario una delibera meramente preparatoria ed interlocutoria, con la quale magari si discuta degli interventi da eseguire ma che non impegni il condominio e non assuma carattere vincolante ed impegnativo per l'approvazione degli interventi.L4)Infine, un argomento che ci tocca molto da vicino: la responsabilità per la mancata effettuazione - o inesatta - delle visure ipocatastali.Se ne occupa la Cassazione con la sentenza n. 14865 del 13 giugno 2013, confermando che il mancato compimento delle attività preparatorie alla propria prestazione comporta responsabilità contrattuale del Notaio, in quanto trattasi dell'inadempimento di un obbligo derivante dall'incarico conferito dal cliente e ricompreso nel rapporto di prestazione d'opera professionale.Aggiunge la Suprema Corte che, per quanto normalmente l'incarico venga da una sola parte, creditori della prestazione del Notaio sono tutte le parti del contratto, anche quella che non ha conferito l'incarico, nei cui confronti il contratto di prestazione professionale svolge gli effetti del contratto a favore del terzo, con conseguente possibilità di far valere il diritto ad una corretta prestazione.Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Notaio aveva ottenuto l'esonero dalla sola parte acquirente e ciò, per i giudici, non lo esimeva da responsabilità, anche nei confronti dello stesso acquirente che lo aveva esonerato

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ed a favore del quale la sentenza ha riconosciuto il risarcimento dei danni patiti. L'esonero deve venire da entrambi le parti del contratto, in quanto anche il venditore può avere interesse ad una corretta prestazione del Notaio, in quanto potrebbe trovarsi esposto ad un risarcimento per i danni patiti dall'acquirente.Pertanto, o l'esonero viene da tutti o lo stesso è tamquam non esset e non produce alcun effetto.LEGISLAZIONEA) Con legge 31 dicembre 2012 n. 247, pubblicata nella G.U. n. 15 del 18 gennaio 2013, è stata introdotta nel nostro ordinamento la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense.Si segnalano, in particolare l'art. 2, ove viene affermata la natura riservata di tale attività tanto per l'attività giurisdizionale quanto per la consulenza giuridica (in quest'ultimo caso con l'eccezione di quelle professioni, come quella notarile, per le quali vi siano specifiche competenze in determinati settori del diritto); l'art. 3 prevede la possibilità di esercitare la professione in forma associativa, sia fra soli avvocati che fra avvocati ed altri professionisti; l'art. 5, che delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore un decreto legislativo che disciplini le nuove società fra avvocati, indicando i criteri da adottare con riferimento al tipo sociale (società di persone, di capitali e cooperative), alla partecipazione ad un'altra società, alla denominazione, all'organo di gestione, all'incarico professionale, alla responsabilità del professionista, alla iscrizione in un'apposita sezione dell'albo, alla responsabilità disciplinare, ai redditi prodotti ed al principio che l'esercizio della professione forense non costituisce attività di impresa e che, conseguentemente, la società non è soggetta a fallimento.B) Con legge 14 genaio 2013 n. 4, pubblicata sulla G.U. n. 22 del 26 gennaio 2013, in vigore dal 10 febbraio 2013, è stata dettata la disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi, cioè quelle attività volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi esercitata abitualmente e prevalentemente con lavoro intellettuale, con esclusione delle attività

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riservate a soggetti iscritti in appositi albi o elenchi.In particolare, per quel che maggiormente ci interessa, l'art. 2 prevede la possibilità di costituire associazioni di natura privatistica finalizzate a valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche.

C) Con il Decreto del Ministero della Giustizia dell'8 febbraio 2013, pubblicato sulla G.U. del 6 aprile 2013, in vigore dal 21 aprile 2013, è stato disciplinato il Regolamento in materia di esercizio di attività professionali regolamentate, ai sensi dell'art. 10, comma 10, della 12 novembre 2011 n. 383, dando attuazione a quanto prescritto dall'art. 10, comma 10, della Legge.L'art. 2 disciplina l'ambito di applicazione del regolamento, che non si riferisce alle associazioni professionali ed alle società costituite secondo modelli precedenti alla L. 183/2011.Nella Relazione - stranamente non nel regolamento - si prevede espressamente che lo svolgimento di pubbliche funzioni, quali quella notarile, non può costituire oggetto di attività in forma societaria, confortando una conclusione alla quale la dottrina era già giunta in precedenza.Il Capo II, art. 4, disciplina la fase del conferimento dell'incarico, con particolare riferimento agli obblighi posti in questa a carico della società, che deve:a) consegnare al cliente un elenco dei soci professionisti e dei soci con finalità di investimento;b) consentire a quest'ultimo la scelta del professionista che deve eseguire l'incarico;c) fare eseguire, comunque, l'incarico ad un soggetto abilitato;d) informare il cliente sulla esistenza di conflitti di interesse fra lo stesso e la società.La prova dell'adempimento dei predetti obblighi deve risultare da atto scritto.L'art. 5 consente al professionista di avvalersi della collaborazione di ausiliari e, in casi eccezionali, di sostituti, dandone comunicazione al cliente che può comunicare il proprio dissenso.L'art. 6 estende l'incompatibilità relativa alla partecipazione a più società professionali anche alle società multidisciplinari, salvi il recesso e

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l'esclusione; la stessa norma disciplina le condizioni in presenza delle quali il socio di investimento può far parte della società (requisiti di onorabilità, assenza di condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione e mancata camcellazione da un albo professionale per motivi disciplinari).L'art. 7 disciplina l'iscrizione della società in una Sezione Speciale del Registro delle Imprese.Infine, il Capo IV disciplina l'iscrizione e la cancellazione della società dall'albo professionale.

D) Con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 23 aprile 2013 è stato prorogato al 30 settembre 2013 il termine, inizialmente fissato al 12 maggio 2013, entro il quale i soggetti esercenti l'attività di mediazione devono regolarizzare la loro posizione inviando apposita SCIA alle Camere di Commercio competenti per l'attribuzione di un n. REA speciale; e ciò in conseguenza della soppressione degli albi precedenti e dei vecchi numeri identificativi.

E) Con Decreto Legge n. 63 del 4 giugno 2013, pubblicato sula Gazzetta Ufficiale 130 del 5 giugno 2013 ed entrato in vigore il 6 giugno 2013, è stata nuovamente modificata la disciplina in materia di rendimento energetico al fine di adeguare la disciplina nazionale alla direttiva comunitaria 2010/31/UE.Con la nuova disciplina viene soppresso l'attestato di certificazione energetica e introdotto l'attestato di prestazione energetica, ossia il "documento, redatto e rilasciato da esperti qualificati ed indipendenti, che attesta la prestazione energetica di un edificio attraverso l'utilizzo di specifici descrittori e fornisca raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza energetica", documento da redigere secondo le prescrizioni contenute nella suddetta Direttiva.L'art. 3 prevede alcuni casi di esclusione dell'obbligo di dotare l'immobile dell'A.P.E., fermo restando che per i casi ivi non disciplinati è sempre in vigore, in quanto non abrogata, la disciplina introdotta nel paragrafo 2 delle Linee Guida Nazionali.L'art. 4 del Decreto rinvia ad appositi criteri ministeriali per l'adozione dei criteri, della

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metodologia di calcolo e dei requisiti della prestazione energetica.L'art. 6, dopo avere individuato i presupposti per il rilascio distinguendo fra fabbricato in corso di costruzione, di nuova costruzione o ristrutturati, introduce l'importante novità dell'obbligo, per il venditore, di rendere disponibile l'A.P.E. sin dall'avvio delle trattative e di consegnarlo al compratore alla chiusura delle stesse; ne consegue l'opportunità di sensibilizzare le parti sin dalla conclusione del contratto preliminare, al fine di ottemperare al detto obbligo. La stessa norma prevede, inoltre, in caso di vendita di un edificio sulla carta, l'obbligo del venditore di fornire evidenza della futura prestazione energetica.Il comma 3 dello stesso art. 6 conferma la previgente disciplina relativa all'inserimento in atto di una clausola con la quale il compratore dichiari di avere ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla prestazione energetica.Il comma 5 dell'art. 6 disciplina la durata dell'A.P.E., che avrà validità per 10 anni dal rilascio, salvi gli aggiornamenti necessari in occasione di interventi di ristrutturazione e riqualificazione dell'edificio; tale durata resta, tuttavia, condizionata al rispetto delle prescrizioni di controllo della prestazione energetica, in difetto il documento perde efficacia il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata; quanto agli Attestati di certificazione energetica già rilasciati, l'art. 6 comma 10, fa salvi quelli rilasciati prima del 6 giugno 2013.L'art. 15 del Decreto introduce un'ulteriore novità, in quanto per la prima volta sono previste delle sanzioni per la violazione degli obblighi nascenti dalla normativa; in particolare:a) viene sanzionato l'obbligo di dotazione al momento della vendita con un'ammenda da 3.000,00 a 18.000,00;b) per l'analoga violazione in caso di nuova locazione (anche questa ipotesi costituisce una novita' del decreto), è prevista una sanzione da euro 300,00 a euro 3.000,00;- la violazione di riportare i parametri energetici negli annunci di vendita o locazione è sanzionata con un'ammenda da 500,00 a 3.000,00 euro.Quanto alla fase transitoria, in attesa che vengano

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emanati i nuovi decreti, si ritiene che nelle more l'attestato di prestazione energetica possa essere rilasciato con questa nuova intestazione ma con i parametri con i quali veniva predisposto l'A.C.E., così come disciplinato dal D.P.R. 2 aprile 2009 n. 59; ciò in quanto l'art. 16, comma 4 bis, del decreto prevede l'abrogazione del D.P.R. 59/209 dall'entrata in vigore dei nuovi decreti, lasciando intendere che fino a tale data i vecchi criteri sono sempre in vigore. A questa conclusione è giunto anche il Ministero dello Sviluppo Economico con Circolare 12976 del 25 giugno 2013, ove espressamente si prevede che fino all'emanazione dei decreti si adempie alle prescrizioni di legge redigendo l'A.P.E. con le modalità di calcolo di cui al D.P.R. 2 aprile 2009 n. 59.Infine, ricordiamo che sulla G.U. 149 del 27 giugno 2013 è stato pubblicato il D.P.R. 16 aprile 2013 n. 75, recante disciplina dei criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici.

F) Come è noto, l'art. 12, comma 1 quater del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, prevede che per l'anno 2013 le amministrazioni pubbliche non possono acquistare immobili a titolo oneroso che non si riferiscano ad operazioni già autorizzate in data antecedente alla entrata in vigore del decreto.La norma ha originato non poche difficoltà operative, principalmente a causa della rigida interpretazione data alla stessa dalla Corte dei Conti secondo la quale, considerata la ratio sottesa a tale disciplina - mantenere inalterati i saldi di bilanci ed evitare esborsi di denaro pubblico - l'ha ritenuta applicabile a tutte le fattispecie negoziali, inclusa la permuta ed inclusi i casi in cui il trasferimento si riferisca ad operazioni connotate da fini di pubblica utilità (es. cessioni in luogo di esproprio).Con l'art. 10 bis del decreto legge 8 aprile 2013 n. 35, introdotto in sede di conversione dalla legge 6 giugno 2013 n. 64 (entrata in vigore l'8 giugno 2013), è stata dettata un'interpretazione autentica della norma suddetta, specificando che il divieto non si applica:-- alle procedure relative all'acquisto a titolo oneroso

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di immobili e terreni effettuate per pubblica utilità ai sensi del T.U. 327/2001;-- alle permute a parità di prezzo;-- alle operazioni di acquisto conseguenti a delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi e che individuano i compendi immobiliari oggetto delle operazioni;-- alle procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali.In sostanza, la portata del divieto appare assai ristretta e limitata alle operazioni connotate dalla assoluta novità.

G) Il 22 giugno 2013 è entrato in vigore il Decreto Legge 21 giugno 2013 n. 69 (cd. Decreto Del Fare), che ha introdotto alcune interessanti novità per la professione. In particolare:1) l'art. 76 introduce nel c.p.c. l'art. 791 bis, che consente ai condividenti, con il consenso unanime e qualora non vi siano contestazioni sul diritto alla divisione nè sulle quote o altre questioni pregiudiziali, di rivolgersi al giudice per chiedere la nomina di un Notaio al quale affidare le operazioni di divisione. Tale possibilità era già riconosciuta al giudice dall'art. 790 c.p.c.; la novità, in questo caso, consiste nel dare tale possibilità agli stessi interessati, che potranno in tal modo evitare le lungaggini di un giudizio.Il Notaio predisporrà un progetto di divisione o disporrà la vendita dei beni non comodamente divisibili; decorsi i termini per mancata opposizione nei termini, lo stesso verrà depositato in cancelleria, il giudice lo dichiarerà esecutivo con decreto, rimandando gli atti al Notaio per gli adempimenti successivi;2) l'art. 82 apporta ulteriori modifiche all'art. 161 l. fall., che disciplina il cd. preconcordato (o concordato in bianco); in particolare, al fine di evitare l'utilizzo improprio e meramente dilatorio dell'istituto, si prevede l'obbligo di allegare al ricorso, oltre alla copia dei bilanci degli ultimi tre esercizi, anche l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti;3) l'art. 84 reintroduce la mediazione obbligatoria, riducendo le materie per le quali la stessa costituisce condizione di procedibilità (non ci sono più i

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risarcimenti danni da incidenti stradali), la durata (da 4 a 3 mesi) e riconoscendo agli avvocati il ruolo di mediatori di diritto.Ai sensi del secondo comma della stessa norma, la nuova disciplina entrerà in vigore decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione;4) l'art. 30 introduce alcune novità in edilizia; in particolare:-- viene ricompreso nel concetto di ristrutturazione edilizia anche la demolizione e la ricostruzione di un edificio, ma viene soppressa la previsione che lo stesso abbia la stessa sagoma del precedente;-- vengono apportate delle modifiche alla disciplina del silenzio-assenso, negandone l'applicazione, in particolare, in caso di mancata emissione del provvedimento di assenso da parte dell'autorità preposta alla tutela dei vincoli ambientale, culturale e paesaggistico; inoltre, in caso di inerzia del soprintendente, il parere potrà essere emesso dal Comune;-- viene introdotto il concetto di agibilità parziale degli edifici, sia come possibilità di riconoscerla ad una parte funzionalmente autonoma degli stessi (singoli edifici e singole porzioni) che per singole unità immobiliari;-- interessante anche la modifica all'art. 9 della Legge Tognoli; in particolare, dopo la nota previsione che consente, a determinate condizioni, di sdoganare il trasferimenti autonomo degli stessi, viene previsto che tale possibilità sia estesa anche in caso di trasferimento del solo vincolo di pertinenzialità dei parcheggi, così consentendo di spostare il vincolo da un bene principale ad un altro dello stesso proprietario;5) l'art. 52 introduce novità in tema di riscossione di somme iscritte a ruolo da parte del soggetto esattore. In particolare quest'ultimo, ferma restando la possibilità di iscrivere l'ipoteca legale per un importo non inferiore al noto limite di euro 20.000,00, non potrà dar corso all'espropriazione se trattasi dell'unico immobile di proprietà del debitore che ivi risieda anagraficamente (con esclusione delle abitazioni di lusso) e, in ogni caso, potrà procedere alla espropriazione solo se l'importo complessivo del credito supera i 120.000,00 euro.5) l'articolo 56 proroga al 16 ottobre 2013 il termine per il versamento dell'imposta sulle transazioni

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finanziarie (cd. tobin tax) per le operazioni compiute fino al 30 settembre 2013.

H) Con legge 24 giugno 2013 n. 71 è stato convertito il D.L. 26 aprile 2013 n. 43, il cui art. 7 bis, comma 3, ha rideterminato il valore delle imposte fisse di bollo da euro 14,62 a euro 16,00 e da euro 1,81 ad euro 2,00; restano fermi gli importi dell'imposta dovuti per l'adempimento con MUI.I contrassegni già emessi, inoltre, potranno essere integrati con altri contrassegni di importi sufficienti a raggiungere i minimi, così come confermato da un comunicato della Federazione Italiana Tabaccai.La Legge è stata pubblicata sulla G.U. n. 147 del 25 giugno 2013 ed è entrata in vigore il 26 giugno 2013.

I) Con il Decreto Legge 28 giugno 2013 n. 76 (Decreto Lavoro), pubblicato sulla G.U. 150 del 28 giugno 2013, è stata riscritta la disciplina della società a responsabilità limitata semplificata, ed in particolare è stata prevista espressamente la possibilità di costituire tale tipo di società per i soggetti di qualsiasi età, con conseguente eliminazione del limite dei 35 anni e del divieto di cedere le quote a soggetti over 35. Inoltre:a) è stato soppresso il divieto di affidare l'amministrazione ad estranei;b) è stata abrogata la possibilità di costituire s.r.l. a capitale ridotto e quelle già costituite riqualificate come s.r.l. semplificate.Non è stata abrogata la norma che sanciva l'esenzione dagli onorari notarili; da questo punto di vista, il Comunicato Stampa del Ministero che, fra l'altro, fa riferimento al fatto che "questi interventi rafforzano il ruolo dell'imprenditorialità nella crezione di occupazione. Da oggi chiunque in Italia, a prescindere dall'età, può aprire una società a costi pressochè nulli", nonstante le rassicurazione che provengono dai nostri organi istituzionali, non sembra di buon auspicio, ferma restando l'assoluta incostituzionalità di provvedimenti simili.In questa fase, possiamo solo dire che oggi la costituzione della s.r.l.s. sembra di difficile attuazione, in presenza di un modello standard

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ministeriale - non abrogato - contenente prescrizioni in contrasto con la nuova normativa, segnatamente con riferimento all'età dei soci, al divieto di cedere le quote ed all'organo amministrativo.

PRASSIInfine, passiamo in rassegna le principali novità di prassi degli ultimi mesi:A) Con Risoluzione n. 4421 del giorno 11 gennaio 2013, il Ministero dello Sviluppo Economico fuga i dubbi, espressi da alcuni in passato, sulla necessità di rispettare i dettami dell'art. 2556 c.c. - forma pubblica o scrittura autenticata per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di un'azienda - nel caso in cui oggetto dell'atto sia un'azienda di proprietà di un piccolo imprenditore, di un imprenditore agricolo o di una società semplice.Il Ministero precisa, al riguardo, che l'originario impianto codicistico è stato modificato dalla legge 580 del 1993, che ha assoggettato a registrazione in Sezioni Speciale del Registro delle Imprese.Pertanto, conclude il Ministero, si deve ritenere che gli obblighi formali prescritti dall'art. 2556 debbano essere rispettati anche quando il contratto si riferisca ad aziende di proprietà dei soggetti sopra menzionati.B) Con Circolare n. 2/E del 24 gennaio 2013, l'Agenzia delle Entrate affronta il problema della registrazione dei verbali di apertura di cassetta di sicurezza redatti ai sensi dell'art. 48 del decreto legislativo 31 ottobre 1990 n. 346.L'Agenzia, premessa la natura di atto pubblico del verbale in quanto redatto da pubblico ufficiale, in primo luogo afferma che lo stesso dovrebbe essere sottoposto a registrazione in termine fisso, ai sensi dell'art. 11 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/86; ma aggiunge che la stessa norma esclude dall'obbligo di registrazione gli atti richiamati dagli artt. 4, 5, 11, 11 bis ed 11 ter della tabella.L'art. 5 della tabella, in particolare, esclude dall'obbligo di registrazione gli atti "formati per l'applicazione, riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle imposte e tasse a chiunque

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dovute".Poichè il verbale di cui si discute ha la funzione di certificare l'esatta individuazione delle cose mobili e dei valori contenuti nella cassetta al fine di determinare - e tassare - l'attivo ereditario del de cuius, l'Agenzia conclude che per lo stesso non vi è obbligo di richiedere la registrazione.C) Con Risoluzione 11/E del 13 febbraio 2013, l'Agenzia interpreta la norma che prescrive l'obbligo di allegare alla dichiarazione di successione i certificati catastali - art. 30, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 346/90 - alla luce dei principi affermati dallo statuto del contribuente e dalle recenti modifiche apportate dalla legge 183/2011 al D.P.R. 445/2000.Da tale impianto normativo emerge il principio generale che il contribuente deve essere messo in condizione di assolvere agli obblighi tributari con il minor numero di adempimenti possibile e che spetta alla P.A. acquisire d'ufficio tutti i dati e i documenti già in suo possesso; conseguentemente, in considerazione del fatto che gli uffici possono accedere facilmente ai dati catastali con il sistema SISTER, l'Agenzia conclude che i contribuenti non devono essere più obbligati ad allegare alla dichiarazione di successione i dati catastali.D) Commentiamo ora, per l'estremo interesse dell'argomento trattato, una risposta ad interpello resa dalla Direzione Regionale della Toscana in data 14 febbraio 2013, prot. 911.Si affronta, in particolare, il caso, invero assai frequente, di un soggetto che aveva acquistato un immobile usufruendo delle agevolazioni prima casa e che rivende lo stesso immobile prima del decorso dei cinque anni.Come è noto, il mancato riacquisto di altro immobile da adibire a prima abitazione entro un anno dalla vendita comporta la decadenza dai benefici e, ai sensi dell'art. 2772 c.c., il sorgere del privilegio a favore dello Stato.Nel caso esaminato dalla Direzione Regionale, il venditore riteneva eccessiva la richiesta dell'acquirente di depositare presso il Notaio rogante la somma che sarebbe stata richiesta dall'Agenzia delle Entrate in caso di mancato riacquisto, in quanto il privilegio

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sarebbe una conseguenza della decadenza e sorgerebbe dopo il decorso dell'anno.In effetti, la soluzione del problema si fonda proprio sulla individuazione del momento in cui sorge il privilegio; e la conclusione cui giunge la Direzione toscana è di segno opposto a quella del contribuente. A sostegno di tale tesi, viene richiamata la sentenza della Cassazione n. 2294 dell'11 maggio 1978, secondo la quale "il debito di imposta preesiste nella sua interezza alla decadenza dal beneficio" con la conseguenza che la decadenza dal beneficio si verifica dal momento dell'acquisto: si configura, cioè, una situazione condizionante che sospende la concessione del beneficio "talchè, caduta la condizione, la situazione deve riportarsi all'origine".Ne consegue che il credito dello Stato nasce, contestualmente al privilegio, al momento del confezionamento dell'atto; il privilegio si estingue con il decorso di 5 anni, termine di decadenza non soggetto a sospensione o interruzione.Inoltre, l'acquirente diventerebbe una sorta di responsabile senza debito, in quanto, ai sensi dell'art. 57, comma 4, D.P.R. 131/86, l'imposta complementare è carico del solo soggetto il cui comportamento è stato causa della sua insorgenza: ne consegue che l'imposta non potrà essere chiesta all'acquirente, che tuttavia si troverebbe coinvolto nela fase della procedura esecutiva avente ad oggetto l'immobile acquistato.Alla luce di quanto sopra, la Direzione Toscana conclude che il credito dello Stato ed il privilegio che lo assistono sorgono al momento del confezionamento dell'atto e non a seguito del mancato riacquisto entro l'anno, come sostenuto dal contribuente.E) Come è noto - cfr. l'ultima rassegna di febbraio - con la legge di stabilità del 2013 (art. 1, comma 473, della legge 24 dicembre 2012 n. 228) sono stati riaperti i termini per l'affrancamento delle plusvalenze (termine peraltro scaduto l'1 luglio 2013).Con Circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, l'Agenzia, in risposta ad alcuni quesiti dei contribuenti:-- precisa e ribadisce che il valore da indicare nell'atto di trasferimento, ai fini dell'applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastale è quello che scaturisce dalla rivalutazione. Pertanto,

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qualora nell'atto si dovesse indicare un valore inferiore, "salterebbe" il meccanismo di rivalutazione e le plusvalenze andranno calcolate secondo le regole ordinarie,oltre, ovviamente, alle conseguenze per quanto concerne la tassazione dello stesso atto;-- conferma la possibilità di evitare tali conseguenze o con meccanismo simile al prezzo valore (praticamente chiedendo la tassazione dell'atto sul valore, più alto, che scaturisce dalla rivalutazione) o con una nuova rivalutazione, che stabilisca un valore del terreno più basso rispetto alla precedente rivalutazione: in tal caso, è possibile compensare l'imposta dovuta con quella pagata, ma è esclusa ogni possibilità di rimborso;-- estende la possibilità di affrancamento anche ai diritti edificatori, che hanno trovato recentemente un espresso riconoscimento, seppur in materia di pubblicità immobiliare, nel nostro ordinamento: ciò in quanto lo ius edificandi può essere considerato autonomamente rispetto al diritto di proprietà del terreno.F) Con la Circolare 18/E del 29 maggio 2013, l'Agenzia delle Entrate ha diffuso una corposa circolare di 237 pagine con la quale ha inteso fornire ai contribuenti ma, principalmente, agli operatori una Guida Operativa per la tassazione degli atti notarili, con specifico riferimento all'imposta di registro.La circolare costituisce una summa, un punto generale della situazione sulla tassazione degli atti, ribadendo principi e conclusioni già espressi in precedenti documenti ufficiali.Contiene, tuttavia, alcuni elementi interessanti, fra i quali segnaliamo:-- l'ammissibilità del rimborso delle somme versate a titolo di imposta sulla caparra confirmatoria o sull'acconto prezzo in sede di tassazione del contratto preliminare, qualora le stesse siano superiori all'imposta dovuta per il definitivo (si pensi ad un definitivo soggetto ad IVA o per il quale si richiedano particolari agevolazioni);-- l'applicabilità dell'imposta di registro nella misura dell'8% per il trasferimento dei terreni ricadenti nelle cd. zone bianche, per le quali gli strumenti urbanistici non abbiano previsto la destinazione nè all'edilizia nè all'agricoltura;-- l'adesione alla tesi espressa dalla Cassazione in più

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riprese, secondo la quale l'agevolazione per il trasferimento dei terreni ricadenti in piani particolareggiati spetta anche nel caso in cui il terreno ricada su un'area per la quale lo strumento urbanistico preveda la possibilità dello sfruttamento edificatorio pur in assenza di uno strumento di programmazione secondaria, come il piano particolareggiato, come nel caso in cui il piano regolatore esaurisca tutte le prescrizioni e non sia necessario adottare, appunto, un piano particolareggiato;-- l'espressa previsione che non si hanno masse plurime, nel caso di divisione di beni acquistati con titoli diversi, qualora l'ultimo titolo sia successione e la stessa si riferisca solo ad uno dei beni coinvolti nella divisione (si pensi al caso di Tizio e Caio che acquistano con un atto un bene, con un atto successivo un altro bene e che diventano comproprietari di un terzo bene in virtù di un acquisto mortis causa successivo ai precedenti atti).G) Con circolare 20/E del 18 giugno 2013, l'Agenzia delle Entrate fornisce alcuni chiarimenti fiscali sulle reti di imprese.Preliminarmente, l'Agenzia fa una distinzione fra la rete-soggetto e la rete-contratto: la prima si avrebbe nel caso in cui, per scelta dei contraenti, si decida di attribuire soggettività giuridica alla rete mediante iscrizione della stessa al Registro delle Imprese, la previsione di un organo comune che la rappresenti e la dotazione di un fondo comune; in tal caso, la rete diventa un soggetto di diritto, distinto dalle imprese, con capacità giuridica tributaria autonoma, in grado di realizzare fattispecie impositive ad essa imputabili, con tutti i conseguenti obblighi tributari in materia di imposte dirette ed indirette.Pertanto, qualora la rete eserciti attività commerciale, alla stessa si renderanno applicabili le disposizioni relative alla determinazione della base imponibile degli enti commerciali; in caso contrario, alla stessa si renderanno applicabili le norme relative agli enti non commerciali.Quanto al rapporto con le imprese, le stesse partecipano con i loro contributi alla formazione del fondo patrimoniale e la loro partecipazione è assimilabile ad un conferimento a favore di un soggetto distinto:

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conseguentemente, non si renderanno applicabili le agevolazioni fiscali previste dall'art. 42, comma 2 quater del D.L.78/2010, in quanto le stesse sono condizionate alla realizzazione del programma di rete da parte delle imprese, circostanza che nella fattispecie non ricorre.La situazione è ben diversa nella rete-contratto, dove le imprese mantengono la loro autonomia e la loro soggettività tributaria, per cui gli atti posti in esecuzione del programma si riflettono sulle singole imprese, così come la titolarità di beni, diritti ed obblighi: in questo caso, la predetta agevolazione sarà applicabile.Infine, l'Agenzia fa un cenno al'imposta di registro e, coerentemente con le sue conclusioni, afferma che nel caso di rete-soggetto che esercita attività di impresa al fondo patrimoniale si applicherà l'art. 4, lettera a) della tariffa, ovvero la stessa tassazione prevista per la costituzione e gli aumenti di capitale delle società; diversamente, nel caso di rete soggetto che non svolge attività commerciale, troveranno applicazione le norme dettate per tali enti e, in via residuale, l'art. 9 che disciplina gli atti diversi che hanno contenuto patrimoniale.Per la rete-contratto, sarà sempre applicabile l'imposta fissa di registro, ai sensi dell'art. 11, tariffa, parte prima.H) Infine, si segnala la circolare 22/E del 28 giugno 2013 che, in maniera simile alla circolare 18/E, fa il punto della situazione sul regime IVA applicabile alle cessioni e locazione dei fabbricati, recentemente oggetto di ulteriori modifiche a seguito dell'entrata in vigore del D.L. 83/2012 convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 134.La circolare fornisce chiarimenti sulla tassazione, sostanzialmente confermando principi già espressi precedentemente. Alberto Spina