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CONSIGLIO GENERALE DELLA CGIL II Consiglio generale della CGIL, riunito ad Ariccia il 25-26 settembre, è stato aperto dalla decisione, annunciata dal compagno Vittorio Foa, segretario confederale, di di- mettersi dalla sua carica e dall'attività sindacale. La deci- sione era già nota ai compagni, ma essa ha rappresentato e rappresenta tuttavia una scelta dolorosa. Il compagno Foa, in un intervento seguito dal Consiglio generale con com- mossa partecipazione, ha motivato le ragioni della propria scelta. Al termine del breve discorso, un lungo, caldo sa- luto dell'Assemblea alzatasi in piedi ha risposto al compa- gno che per lunghissimi anni è stato fra i protagonisti della vita della CGIL. Ma Vittorio Foa non voleva essere un « com- memorato », come ha detto nell'intervento che pubblichia- mo integralmente qui appresso. E pertanto, semplice e sen- tito è stato a sua volta il saluto della CGIL, che Luciano Lama, segretario generale, gli ha rivolto a nome di tutto il gruppo dirigente e dell'organizzazione. Il senso del saluto, che pubblichiamo anch'esso integralmente dopo quello di Foa, è stato di un apprezzamento e ringraziamento per la lunga milizia, intelligente e « provocatoria », di un intellet- tuale sempre strettamente ancorato alla prassi. Un nuovo lungo applauso ha chiuso questa, che non è stata una ceri- monia ma un atto politico spoglio e vissuto. IL DISCORSO DI VITTORIO FOA Età e ragioni di salute mi hanno indotto a dimet- termi da segretario della CGIL. Si è amichevolmente osservato che l'età non si misura col numero degli anni Resta il fatto che, l'attenzione dovuta al merito che uno ha acquisito con molti anni di lavoro, con- traddice la cruda necessità di congedare chi è logo- rato. Solo rimedio utile per attenuare quella con- traddizione è la fissazione di un limite di età ogget- tivc, impersonale, oltre il quale si deve partire non per incapacità soggettiva, ma per una norma. E in questo caso la norma vale se non vi sono eccezioni. Si è anche osservato che uno deve, per la Causa, sopportare i malanni dell'età e una salute deteriorata. Ma se la salute ha poca imtìortanza per i singoli, essa ne ha molta per l'organizzazione, .soprattutto quando si tratta di quel logoramento tipico del lavoro sinda- cale che coinvolge il modo di lavorare, la calma e la necessaria capacità di percezione dei particolari del movimento, fuori degli schemi generici. A un certo punto bisogna decidersi e scegliere un lavoro più mo- desto, meno responsabile e quindi meno logorante. La dimissione dal mio incarico sindacale non com- porterà perciò alcuna attenuazione di impegno politi- co, che spero anzi di intensificare, in forme e modi opportuni. Quando valutiamo un impegno politico, noi privilegiamo ancora troppo la figura del funzionario rispetto a quella del semplice militante, l'ufficiale di carriera rispetto all'ufficiale di complemento. Pesa la mitologia del « rivoluzionario di professione », valida in periodi di estrema tensione sociale, non certo oggi che non c'è rivoluzione ma solo professione politica, funzione utile ma che è comunque solo uno dei modi di impegno. Per quel che mi riguarda personalmen- te, io appartengo a un partito operaio, il PSIUP, e sa- rò ovviamente a sua disposizione dopo un periodo di necessario riposo e raccoglimento. La mia determinazione, maturata da tempo, è stata rafforzata dalla convinzione che nel sindacalismo ita- liano si è ormai chiusa una fase e che quella nuova che si è aperta, i cui connotati sono ancora sfumati, richiede forze più giovani e àlacri, meno compromesse coi metodi di lavoro del passato. Chi ha vissuto, come me, l'èra del sindacato « cinghia di trasmissione » dei partiti e poi anche, con impegno, quella della lotta contro la « cinghia di trasmissione », non può dare un grande contributo in un periodo in cui la politica rientra con forza nel sindacato, non più dall'alto dei partiti bensì dal basso, dal movimento di resistenza operaia, e al tempo stesso non si conclude nel sinda- cato ma ripropone, se non altro come esigenza, una dimensione nuova del partito, dello schieramento poli- tico della classe operaia. Nel movimento sindacale è oggi pressante la do- manda politica sul rapporto fra sindacato e ciclo eco- nomico, sul parallelismo ininterrotto fra espansione economica e espansione sindacale, come fra depressio- ne economica e depressione sindacale. E' un paralleli- smo che esprime la dipendenza dell'azione sindacale dai meccanismi fondamentali dell'economia capitali- stica o, come si dice, l'integrazione del sindacato nel sistema. In passato la bassa congiuntura è stata per lo più recepita dal sindacato come un dato naturale, cui occorreva adattarsi per opportune iniziative contro la disoccupazione, contro le decurtazioni salariali ecce- tera. Ma la recessione del 1964 e ancor più le vicende in corso, proprio perché sono state precedute da lotte molto avanzate, non sono più accettate passivamente dai lavoratori che dal successo padronale nel recu- perare le concessioni strappate dalle lotte, sono in- dotti a porsi problemi più alti, a mettere in discussio- ne la struttura sociale. Basta vedere l'attuale rabbia operaia per la mancata o tardiva nostra risposta al de- creto congiunturale del governo in carica. Si chiede allora al sindacato di dirigere non soltanto le lotte per miglioramenti economici e normativi, ma anche quelle contro la politica economica, monetaria, creditizia, fi- scale ecc, che riassorbe le conquiste attraverso i prez- zi, le tasse, la disoccupazione, concentra le risorse e aggrava gli squilibri sociali e territoriali. All'atto pra- tico i partiti operai, che pur restano punti di riferi- mento morale e politico e centri di richiamo al con- senso popolare o quindi all'elettorato, risultano desti- tuiti di possibilità di intervento nei punti nodali del potere economico reale, che sono sempre meno nello Stato e sempre più nella società, sempre meno nelle assemblee elettive e sempre più nella organizzazione 4 rassegna sindacale

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CONSIGLIOGENERALEDELLA CGIL

II Consiglio generale della CGIL, riunito ad Ariccia il25-26 settembre, è stato aperto dalla decisione, annunciatadal compagno Vittorio Foa, segretario confederale, di di-mettersi dalla sua carica e dall'attività sindacale. La deci-sione era già nota ai compagni, ma essa ha rappresentatoe rappresenta tuttavia una scelta dolorosa. Il compagno Foa,in un intervento seguito dal Consiglio generale con com-mossa partecipazione, ha motivato le ragioni della propriascelta. Al termine del breve discorso, un lungo, caldo sa-luto dell'Assemblea alzatasi in piedi ha risposto al compa-gno che per lunghissimi anni è stato fra i protagonisti dellavita della CGIL. Ma Vittorio Foa non voleva essere un « com-memorato », come ha detto nell'intervento che pubblichia-mo integralmente qui appresso. E pertanto, semplice e sen-tito è stato a sua volta il saluto della CGIL, che LucianoLama, segretario generale, gli ha rivolto a nome di tutto ilgruppo dirigente e dell'organizzazione. Il senso del saluto,che pubblichiamo anch'esso integralmente dopo quello diFoa, è stato di un apprezzamento e ringraziamento per lalunga milizia, intelligente e « provocatoria », di un intellet-tuale sempre strettamente ancorato alla prassi. Un nuovolungo applauso ha chiuso questa, che non è stata una ceri-monia ma un atto politico spoglio e vissuto.

IL DISCORSO DI VITTORIO FOA

Età e ragioni di salute mi hanno indotto a dimet-termi da segretario della CGIL. Si è amichevolmenteosservato che l'età non si misura col numero deglianni Resta il fatto che, l'attenzione dovuta al meritoche uno ha acquisito con molti anni di lavoro, con-traddice la cruda necessità di congedare chi è logo-rato. Solo rimedio utile per attenuare quella con-traddizione è la fissazione di un limite di età ogget-tivc, impersonale, oltre il quale si deve partire nonper incapacità soggettiva, ma per una norma. E inquesto caso la norma vale se non vi sono eccezioni.

Si è anche osservato che uno deve, per la Causa,sopportare i malanni dell'età e una salute deteriorata.Ma se la salute ha poca imtìortanza per i singoli, essane ha molta per l'organizzazione, .soprattutto quandosi tratta di quel logoramento tipico del lavoro sinda-cale che coinvolge il modo di lavorare, la calma e lanecessaria capacità di percezione dei particolari delmovimento, fuori degli schemi generici. A un certopunto bisogna decidersi e scegliere un lavoro più mo-desto, meno responsabile e quindi meno logorante.

La dimissione dal mio incarico sindacale non com-porterà perciò alcuna attenuazione di impegno politi-co, che spero anzi di intensificare, in forme e modiopportuni. Quando valutiamo un impegno politico, noiprivilegiamo ancora troppo la figura del funzionariorispetto a quella del semplice militante, l'ufficiale dicarriera rispetto all'ufficiale di complemento. Pesa lamitologia del « rivoluzionario di professione », valida

in periodi di estrema tensione sociale, non certo oggiche non c'è rivoluzione ma solo professione politica,funzione utile ma che è comunque solo uno dei modidi impegno. Per quel che mi riguarda personalmen-te, io appartengo a un partito operaio, il PSIUP, e sa-rò ovviamente a sua disposizione dopo un periododi necessario riposo e raccoglimento.

La mia determinazione, maturata da tempo, è statarafforzata dalla convinzione che nel sindacalismo ita-liano si è ormai chiusa una fase e che quella nuovache si è aperta, i cui connotati sono ancora sfumati,richiede forze più giovani e àlacri, meno compromessecoi metodi di lavoro del passato. Chi ha vissuto, comeme, l'èra del sindacato « cinghia di trasmissione » deipartiti e poi anche, con impegno, quella della lottacontro la « cinghia di trasmissione », non può dareun grande contributo in un periodo in cui la politicarientra con forza nel sindacato, non più dall'alto deipartiti bensì dal basso, dal movimento di resistenzaoperaia, e al tempo stesso non si conclude nel sinda-cato ma ripropone, se non altro come esigenza, unadimensione nuova del partito, dello schieramento poli-tico della classe operaia.

Nel movimento sindacale è oggi pressante la do-manda politica sul rapporto fra sindacato e ciclo eco-nomico, sul parallelismo ininterrotto fra espansioneeconomica e espansione sindacale, come fra depressio-ne economica e depressione sindacale. E' un paralleli-smo che esprime la dipendenza dell'azione sindacale

dai meccanismi fondamentali dell'economia capitali-stica o, come si dice, l'integrazione del sindacato nelsistema. In passato la bassa congiuntura è stata per lopiù recepita dal sindacato come un dato naturale, cuioccorreva adattarsi per opportune iniziative contro ladisoccupazione, contro le decurtazioni salariali ecce-tera. Ma la recessione del 1964 e ancor più le vicendein corso, proprio perché sono state precedute da lottemolto avanzate, non sono più accettate passivamentedai lavoratori che dal successo padronale nel recu-perare le concessioni strappate dalle lotte, sono in-dotti a porsi problemi più alti, a mettere in discussio-ne la struttura sociale. Basta vedere l'attuale rabbiaoperaia per la mancata o tardiva nostra risposta al de-creto congiunturale del governo in carica. Si chiedeallora al sindacato di dirigere non soltanto le lotte permiglioramenti economici e normativi, ma anche quellecontro la politica economica, monetaria, creditizia, fi-scale ecc, che riassorbe le conquiste attraverso i prez-zi, le tasse, la disoccupazione, concentra le risorse eaggrava gli squilibri sociali e territoriali. All'atto pra-tico i partiti operai, che pur restano punti di riferi-mento morale e politico e centri di richiamo al con-senso popolare o quindi all'elettorato, risultano desti-tuiti di possibilità di intervento nei punti nodali delpotere economico reale, che sono sempre meno nelloStato e sempre più nella società, sempre meno nelleassemblee elettive e sempre più nella organizzazione

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della produzione e del lavoro, che si trova al centrodello scontro sindacale.

Ma 11 sindacato non può, per sua natura, dare unacompiuta risposta a quella domanda politica; esso puòriproporla, attraverso l'esplosione delle contraddizioniacutizzate dalle lotte, e infatti la ripropone, natural-mente in modo alterno, di autonomia operaia o di su-bordinazione alla politica economica, cioè alle sceltedel capitalista collettivo. Il problema politico, con lesue alternative, è ormai posto nel movimento e vadibattuto senza veli pudichi, se si vuole che lo stessomovimento non ristagni per mancanza di ossigeno po-litico o, come si dice oggi, per mancanza di « credibi-lità ». Per uscire dalle gravi difficoltà in cui si trovaoggi il sindacalismo italiano, oggetto (al pari dei par-titi operai) di una gigantesca operazione neoriformi-stica da parte del capitale più dinamico e del governo,bisogna rendersi conto che la contestazione, la resi-stenza all'integrazione non sono oggi nello schieramen-to politico ma nella concretezza del movimento e cheè qui che occorre una forte luce politica. Obbiettivo difondo resta, ovviamente, la riorganizzazione unitariadello schieramento politico della classe operaia, conuno o più partiti che saranno tanto più in grado didare risposte politiche quanto più saranno « sociali »,cioè compenetrati dei problemi della produzione epresenti nella produzione stessa.

Ma proprio sulla produzione si apre un altro di-

lemma politico nel sindacato. Storicamente, la classeoperaia è sempre stata la molla del progresso generaledella società e quindi anche la molla del progressoproduttivo. Ma come si realizza, nella pratica, questapromozione dello sviluppo? In tutti i sindacati vi è chipensa che il progresso si promuove rifiutando lo sfrut-tamento e quindi l'intensificazione produttiva e pro-duttivistica, costringendo il capitalista a cercare (seb-bene invano) di sostituire l'uomo con la macchina econ la tecnologia avanzata. Chi sostiene questa linea,e quindi esalta il potenziale politico delle lotte sullacondizione di lavoro, è convinto che una subalternaaccettazione degli obbiettivi produttivi come sono po-sti dal sistema realizza a medio e lungo termine solouna stagnazione. Un aperto confronto politico è con-dizione per lo sviluppo rivendicativo. Non c'è vuotopolitico nel sindacato: anche l'economicismo, il pan-sindacalismo di destra o di sinistra hanno implicazio-ni politiche; lo stesso tradeunionismo, che sembra ve-dere solo la rivendicazione e null'altro, è una benchiara posizione politica, di appoggio al sistema capi-talistico e alla sua stabilizzazione, una posizione po-litica di conservazione. Liberiamoci dunque delle re-sidue illusioni sull'efficacia di un sindacalismo che nonparla di politica e rendiamoci conto che il sindacali-smo è oggi un terreno dello scontro di classe.

L'affrontare con chiarezza lo sfondo politico del-

l'azione sindacale non è motivo di divisione, ma stru-mento di unità sindacale. Una unità sindacale mono-litica, fondata su una identità d'i posizioni e quindi suun minimo comune denominatore non sarebbe sop-portata, in ragione del suo basso livello politico, daimilitanti operai della CGIL e di altri sindacati. L'uni-tà si fa nel confronto democratico delle diverse posi-zioni, e non più solo fra sindacato e sindacato, ma an-che all'interno di ciascun sindacato, anche all'internodella CGIL. Per vincere definitivamente le correntipartitiche bisogna avviare nei fatti il confronto di ideee tendenze diverse, sul significato profondo, politico,della lotta sindacale, sulle sue prospettive a livello disistema sociale. Non pretendo qui di prefigurare i li-neamenti del futuro sindacato, so bene che il pensieronasce dalla pratica sociale e che la riflessione sul nuo-vo sindacalismo sarà da voi fatta attraverso le lotte.Voglio solo sottolineare la necessità di metodi e forzenuove.

Concludo. Voi sapete che questo distacco è difficile.Mi consentirete di non vestire di parole dei sentimentiche sono agitati e profondi. Vi prego caldamente, inragione di una antica stima reciproca, di dispensarvida parole di commemorazione o gratificazione. Vogliosolo ringraziarvi tutti, e con voi mille e mille compagninoti o sconosciuti, per quel che in tanti anni avetefatto di me.

IL SALUTO DI LUCIANO LAMA

Cari compagni,credo che sia anche vostro desiderio, ed è in

ogni caso mia intenzione accogliere la domandadi Vittorio Foa di non sanzionare con discorsi dicommiato un passo importante e doloroso, anche,per lui e per noi. Non c'è bisogno che i sentimentisiano espressi per essere profondi. E' vero.

Per questo noi abbiamo deciso che io soltanto, anome della Segreteria, dica qualche parola. Credoche sul pensiero politico di Foa che ci è noto e chenel suo discorso di oggi egli ha lucidamente rivoltoal futuro noi rifletteremo ancora, anche perché Foanon va in pensione, non si ritira dalla milizia ope-raia con questo suo distacco dalla CGIL.

Concordiamo tutti sul fatto che oggi il movi-mento sindacale è proiettato nella politica, impe-gnato in un confronto diretto con governo e par-titi come mai, in Italia. Perché si è rotto quell'equi-librio, quel gioco delle parti che è un po' la storiadel nostro passato nel rapporto sindacati-partiti.Nel momento in cui i lavoratori anche attraversoil sindacato esprimono le loro esigenze di progres-so, di cultura, di emancipazione al di fuori del rap-porto di lavoro, nella società, in quel momento loschema secondo il quale ciascuno fa il suo me-stiere cade. E comincia il capitolo, nel quale noisiamo, del modo come lo fa, delle radici delle suescelte, del legame che riesce a stabilire con la mas-se. In questo consiste certo una delle differenzenon superabili fra sindacati e forze politiche per-ché la scelta di rinnovamento sociale delle organiz-

zazioni di massa, anche la più radicale, non può di-scendere da uno schema ideologico precostituito,ma deve nascere invece dall'esperienza stessa del-lo sfruttamento che ci fa uguali, nel sindacato, la-voratori di ogni colore.

E' chiaro che questa scelta del sindacato creauna situazione nuova per tutti nella società, ancheper i partiti e che la loro insostituibile presenza eazione può essere ed è influenzata dal comporta-mento del sindacato. La politica unitaria se sapràspazzare le nuvole di questi giorni e riprenderenuova lena ingigantisce la funzione e il peso delsindacato.

Ma son d'accordo con Foa che un tale obiettivo,l'unità organica, sarebbe irraggiungibile se non siponesse alla sua base, come un insostituibile « apriori », la possibile coesistenza di posizioni sinda-cali diverse, mutabili e variamente intrecciate, an-che connesse alla diversa nozione che ogni lavora-tore ha del suo domani e della collocazionedella classe a cui appartieie, ma tutte legittime ecompatìbili con la convivenza comune in un unicosindacato.

Già oggi questa legge vige all'interno di ciascunaorganizzazione, in effetti. Per l'unità questa leggedeve diventare legge di tutti. Saranno i lavoratori,gli organi dirigenti che essi si daranno, a compie-re di volta in volta le loro scelte, nel rispetto pienoe democratico di ogni posizione. Di questa e dialtre cose discuteremo nella riunione dei tre Con-sigli generali, che si terrà tra un mese.

Ed ora ancora una parola a Vittorio. Noi chel'abbiamo conosciuto più da vicino in questi 22anni di lavoro alla CGIL e alla F1OM potremmodire molte cose. Io voglio soltanto apprezzare unaspetto del suo contributo: egli è un intellettuale,tale è rimasto nella accezione più pura e completadel termine. Ma a differenza di altri uomini dellasua estrazione e formazione Foa ha sempre cercatodi radicare le idee, lo sforzo dell'intelligenza e del-l'immaginazione al movimento reale, all'azione del-la quale sentiva e sente il valore insostituibile. Eanche quando ci siamo trovati di fronte ad appa-renti salti nelle sue posizioni di politica sindacale,a inopinati mutamenti di atteggiamento, ciò dipen-deva sempre da una verifica effettuata, da un con-tatto stabilito, da un confronto fra idee e pratica,sensibilità e opzioni operaie per l'azione, confrontonel quale quest'ultimo termine ha sempre avuto ilsopravvento nelle sue scelte.

Io considero questo come un grande merito dìFoa, un contributo al metodo del nostro lavoro chenon possiamo smarrire.

Molte altre cose dovrei dire, perché 22 anni dilavoro comune in un organismo come il nostronon sono passati invano né per Foa né per noi.Questi anni, sono stati per tutti, la parte più bella,la più piena della nostra vita di militanti. Ma con-cludo qui, augurando a Vittorio buona salute ebuon lavoro nel nuovo impegno politico al qualesi accinge, a nome di tutto il Consiglio generale edi tutti i lavoratori.

Il Consiglio generale è poi passato al secondo pun-to all'ordine del giorno: integrazione della segreteriaconfederale, dopo le dimissioni date in marzo da Ago-stino Novella e quelle di Vittorio Foa. il presidente diturno Mario Didò, segretario confederale, ha presen-tato le proposte della Segreteria: Elio Giovannini, se-gretario nazionale della FIOM, e Giuseppe Vignola, finoa poco fa segretario responsabile della Camera dellavoro di Napoli. Un applauso ha espresso l'unanimeapprovazione per questa scelta, mentre i due compa-gni venivano affettuosamente invitati alla presidenza,per cominciare a « prendersi le loro (nuove) respon-sabilità >.

Successivamente, Didò ha dato notizia delle dimis-sioni — per motivi vari — di alcuni componenti delConsiglio generale eletto dal Congresso di Livorno,nel luglio '69. In particolare, ha letto una lettera diNovella, che ritiene di non poter più svolgere per mo-tivi pratici la funzione che da lui ci si potrebbe at-tendere come membro del Consiglio generale. Gli al-tri compagni dimissionari, oltre a Vittorio Foa, sono:Amarante, Beggiato, lozzi, Magliotto, Stefanini, Ferrin,Cecchi, Finessi, Pasotti e Tondi. Didò ha presentatole proposte dei nuovi membri del Consiglio generale,approvate all'unanimità; essi sono:

BIANCHI Fernando, segretario regionale PiemonteBIGNAMI Lionello, coordinatore Sezione stampa e

propaganda CGILCASADIO Lauro, segretario regionale LombardiaCOCCHI Iginio, segretario regionale CampaniaCOLDAGELLI Neno, segretario CCdL VicenzaLINDI Giorgio, segretario CCdL ParmaDE BLASIO Giuseppe, segretario nazionale SFIMASETTI Albertino, segretario nazionale FIOMMORRÀ Nando, segretario CCdL NapoliRASTRELLI Gianfranco, coordinatore sezione organiz-

zazione CGILRUGGERI Claudio, segretario regionale EmiliaSPADA Giuseppe, CI. Dalmine Bergamo.Inoltre è stata approvata la sostituzione di Panico,

membro del Consiglio dei probiviri, con Sauro Bolo-gnesi, segretario della Camera del lavoro di Ravenna.

In apertura dei lavori, Didò aveva annunciato cheanche per quest'anno è stata bandita la borsa di stu-dio intitolata a Giacomo Brodolini.

Dopo la nomina dei nuovi membri del Consiglio, hapreso la parola il compagno Lama.

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