Considerazioni Comparative Sui Processi Di Riparazione Delle Phytolaccaceae E Delle Cactaceae

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Considerazioni Comparative SuiProcessi Di Riparazione DellePhytolaccaceae E Delle CactaceaePiera Scaramella Petri , Seren Mazzi & Adele TampieriPublished online: 25 Sep 2009.

To cite this article: Piera Scaramella Petri , Seren Mazzi & Adele Tampieri (1957)Considerazioni Comparative Sui Processi Di Riparazione Delle Phytolaccaceae E DelleCactaceae, Giornale botanico italiano: Official Journal of the Societa Botanica Italiana, 64:4,455-484, DOI: 10.1080/11263505709428083

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PIERA SCARAMELLA PETRI, SERENA MAZZI, ADELE TAMPIERI

CONSIDERAZIONI ,COMPARATIVE SUI PROCESS1 DI RIPARAZIONE

DELLE PKYTOLACCACEAE E DELLE CACTACEAE (*)

(CON TAVOLE XI-XIV e 1 FIG. NU. TESTO)

Frrsmtato 11 22 naggio 1957

INTRODUZIONE

(( Le seul tnoyen de perfectionner les familles naturelles est de joindre A I’ttude des caractkres botaniques celle de tous les faits relatifs i l’ana- tomie et i la physiologic. J’ai dit que l’importance des caractkres depend bien moins de leur Constance que la nicessitt de leur coexistence, j’ai avanct que la plupart des botanistes aprks avoir trop negligt l’etude des organes de la. reproduction, ont commis une erreur presque aussi grande en pritendant que ces organes devaint fournir seuls les bases de la classification naturelle )I.

Con la citazione di queste parole di MIRBEL (1810), il REGNAULT (1860) iniziava il suo lavoro sull’anatomia delle (( CyclospermPes 1) (I),

larnentandosi con CHATIN (( des faibles progrks faits par I‘anatomie com- parte des vtgttaux, et du peu d‘utiliti qu’on en a tirt jusq’ici pour la division naturelle, alors que, dans la zoologic, l’anatomie sert de base solid aux recerches de tous les classificateurs )).

Egli, inoltre, ricordava che la struttura dei fusti pub notevolmente variare, faccndo astrazione dalla posizione sistematica dell3 pianta, a seconda delle condizioni di vegetazione e di ambiente in cui cresce.

Nel fusto delle piante che associano ad una struttura legnosa la proprietj di arrampicarsi, ]’A. riconosceva delle modificazioni, in con- seguenza della funzione, ed affermava che, nelle famiglie composte uni- camente di liane, accanto a generi ranipicanti, se ne conoscono altri capaci di reggersi da soh. A questo proposito il RECNAULT ricordava che ADRIEN DE JUSSIEU aveva fatto notare come in piante diverse per com-

~~

(*) Istituto Botanic0 dell’Universith di Bologna diretto dal Prof. ROBERTO SAVELLI. ( I ) I nomi compresi tra virgolette sono quelli usati dagli AA. 5 quali ci si riferisce.

4553 [Nuovo Ciornale Botanlco Italinno, n. s., vol. LXIV, n. 4, 1957

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portamento, ma appartenenti alla stessa famiglia, i caratteri anatomici essenziali persistono sempre, siano queste rampicanti o no; solo che ai primi si aggiungono i caratteri propri delle liane.

L’anatomia comparata in questo caso avrebbe, secondo il DE JUSSIEU, un doppio valore: potrebbe far riconoscere a quale gruppo naturale ap-

. partiene una pianta e indicarne, relativamente, il mod0 di vegetazione. Second0 questi concetti il REGNAULT, con spirit0 critico, si accinse a1 difficile studio dell’anatomia delle Centrosperme, gruppo di vegetali molto diversi fra loro per la disposizione dei fiori, dei frutti, degli organi vege- tativi e per altri caratteri. Le famiglie di questo gruppo presentano, tut- tavia, particolari punti di contatto, per cui I: giustificabile, anche se con- troverso, il lor0 rawicinamento. Egli si pose i l quesito se lo studio ana- tomico di queste piante potesse essere utilizzato come criterio di classifi- cazione. Tutti i vegetali che, per caratteri anatomici comuni, sono riu- niti in gruppi naturali, possiedono, d’altra parte, qualche carattere speci- f i c ~ che li distingue entro la stessa famiglia.

11 RECNAULT trovb ampia conferma alla sua tesi, ardita per i tempi in cui fu formulata, e, in base ‘alle sue osservazioni, pose nelle (( Ciclo- spermhes )) la famiglia dei Mesembryanthenium che, secondo l’A., sarebbe stata legata alle Portulacacee.

I1 RECNAULT rilevava, inoltre, che le (( Ficoides I), ossia le Cactacee attuali, avevano un seme con una struttura che si avvicinava a quella delle altre famiglie delle Centrosperme. Le Crassulacee, invece, pa! evano, per i loro caratteri, pitl distanti dal tipo principale; ma si riattaccavano, per quanto alla lontana, ai Mesembryanthemum, tramite le Cactacee.

I1 BRONCNIART (1846) aveva trovato, infatti, che il seme delle Crassu- Zacee sprowiste di albume rassornigliava molto a quello di diverse Cac- tacee, e che questo sembrava il termine estremo delle Centrosperme, percib non esitava a porre le Crassulacee a fianco delle Cactacee e nello stesso ordine. Per 1’A. le (( Ficoidee 1) sarebbero state un tipo di transi- zione tra le vere Centrosperme e Ie piante alle quali tendono dall’altro lato, vale a dire le Saxifragacee e le (( Ribdsidhes )) dell‘attuale ordine delle Rosales.

L’esame microscopico rnostrava che tali piante avevano dei carat- teri del tutto speciali, che le isolavano dalle altre famiglie e le rawicina- van0 molto a1 tip0 anatomico delle vere Centrosperme.

I1 REGNAULT, dopo uno studio anatomico minuzioso di molte Cen- trosperme, tra cui le Phytolaccacee, rilevava l’analogia di struttura fra queste e le Cactacee e confermava le ricerche di MIQUEL (1846), che aveva trovato nel legno del Melocactus la presenza di zone parenchimatiche alternate con zone legnose.

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I1 MIQUEL, in un suo studio sulla struttura anatomica del Melo- cactus, si rammaricava che di una famiglia cosi importante come le Cac- tacee si fossero interessati pili gli amatori di curiositi che non gli anato- mici, rammarico valido anche oggi se si considerano gli scarsi lavori di anatomia sulle Cactacee in confront0 con quelli di floristica.

Gli anatomici nei loro lavori mettono dunque in evidenza la strana struttura interna delle Cactacee ed il loro accrescimento, che differisce da quello della maggior parte delle Dicotiledoni e si awicina a quello di alcune Centrospene.

DE CANDOLLE, nella sua Revue de la Famille des Cacties )) (1828), pone le (( Cactoides di VENTENANT )) (I) vicino alle Grossulariacee; ma awerte che LINNEO poneva i Mesembryanthemum ed i Cactus nell’ordine delle Succulente; BERNARD DE JUSSIEU e ADANSON facevano dei Cactus tre generi e li ponevano nella famiglia delle Portulacacee vicino ai Mesem- bryanthemum; invece M. A. L. JUSSIEU riuniva (( Grossiler )I p) e Cactus.

I sistematici seguitano tutt‘ora a tenere tale famiglia distanziata dalle Centrosperme, per quanto il WETTSTEIN ponga le Cactacee in questo Ordine vicino alla famiglia delle Aizoacee.

Difatti il CAMPBELL (1950) pone le Opuntiales addirittura vicino alle Mirtales e LAWRENCE (1951), accettando le idee del BESSEY (1915), le classifica vicino alle Rosales.

Se invece si tiene conto dei lavori morfologici, anatomici ed embrio- logici anche di questo secolo, i caratteri comuni delle Cactacee con 1’0r- dine delle Centrosperme, diventano pih significativi.

DE FRAINE (1910), in un suo studio sul seme delle Cactacee, pensa che l’embriologia possa portare un contributo a1 dibattuto problema.

SCHNARF (1933) aveva osservato una notevole uniformiti nella em- briologia delle Centrosperme: i lor0 caratteri comuni ricordano tanto da vicino quelli delle Cactacee, da giustificare la sistemazione di quest? fa- miglia in tale ordine. Egli per6 non indica gli elementi specifici su cui fonda le sue osservazioni.

MAUFUTZON (1933) si propone di individuarli e caratterizzarli con- frontando I’embriologia delle Cactacee con quelle delle Fitolaccacee.

Egli trova che l’epidermide della nocella t pluristratifiata, che il micropilo t determinato dal tegument0 interno, sporgente oltre il tegu- mento esterno e che nella formazione delle tetradi, la divisione delle due cellule superiori t ritardata ed in esse non si ha la formazione delle pareti. Questi tre caratteri rilevati dall’A., in tre generi delle Cactacee, appaiono

(I) Le attuali Grossulariacee.

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in Otto su nove famighe delle Centrosperme; essi erano stati messi in evidenza nel 1927 dall’ARTSCHWAGER per le Chenopodiacee.

Confermato cosi che i caratteri embriologici di tutte le famiglie delle Centrosperme sono omogenei, e che si ritrovano pure nella discussa famiglia delle Cactacee, MAURITZON conclude proponendo I’inclusione di tale famiglia in questo oidine e mette in risalto gli stretti legami embrio- logici tra le Cactacee e le Aizoacee.

BUXBAUM (1944) vide i rapporti tra i fiori delle Cac!acee e delle Fito- laccacee e da questi dedusse i rapporti esistenti tra le Aizoacee e Ie Cac- tacee. Incoraggiato da queste osservazioni, volle ricercare delle affinid tra le Cactacee e le Fitolaccacee, anche nelle altre parti vegetative e ve- dere se nelle Fitolaccacee riusciva a rintracciaie dei segni precursori del- I’aspetto delle Cactacee. I risultati delle sue analisi morfologiche supe- rarono le aspettative del ricercatore. Considerando le afinita anatomiche, trovb analogie di struttura fra le Opuntie cilindriche e alcune Fitolaccacee date dalla presenza di una ristretta corteccia molto ispessita cui fa ri- scontro un’ampia zona midollare estremamente succulenta.

I1 GRAVIS (1929-35) aveva illustrato l’anatornia di diversi gruppi di Cactacee e mess0 in evidenza la diversa ampiezza della cerchia vascolare, a seconda dei tipi. In alcuni di essi la corteccia, costituita da parenchima clorofilliano, occupava la maggior parte dell’asse e la stretta stela era re- legata al centro. In altri, invece, la cerchia si addossava alla stretta cor- teccia ed era riempita di abbondante midollo. Mentre nel primo CSO

si aveva la presenza di fasci corticali, come ad esempio nell’flatiora sali- cornoides o nel Ripsalis, nell’altro caso si avevano dei fasci inidollari che, per analogia, troveremo nella Phytolacca dioica.

L’A., inoltre, confrontando lo sviluppo dei germogli delle Perieskoi- dee e delle Opuntioidee primitive trova punti di contatto con quelli della Phytolacca clavigera, e nota che nelle Fitolaccacee esistono caratteri pre- cursori dell’aspetto delle Cactacee.

Second0 il BUXBAUM lo studio delle caratteristiche vegetative di- mostra la discendenza delle Cactacee dalle Phytolaccacee e le tendenze evo- lutive alle quali le Cactacee devono le Ioro caratteristiche si trovano gii in atto nelle Fitolaccacee.

MAHESCHWARI (1950) tenendo conto dei lavori di embriologia corn- parata tra le Phytolaccacee e le Cactacee compiuti dal MAURITSON accetta l’idea del BUXBAUM sulla derivazione delle Cactacee dalle Fitolaccacee e la loro evoluzione parallela a quella delle Aizoacee.

Da questi lavori resulta che mentre un gran numero di sistematici basandosi unicamente sui caratteii fiorali seguita a tenere le Cactacee lontano dalle Centrosperme, gli studi di anatomia e di embriologia hanno

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ampiamente confermato la posizione delle Cactacee nelle Centrosperme data dal WETTSTEIN.

Difatti i caratteri embriologici di tutti gli ordini delle Centrosperme sono assai omogenei e la maggior parte di questi si riscontrano nelle Cactacee. Accennati dallo SCHNARF vennero minuziosamente analizzati dal MAURITZON che indic6 come caratteri comuni la struttura dei tegu- menti della nocella e lo sviluppo di quest’ultima, e la modalitd di forma- zione delle tetradi.

SCARAMELLA PETRI (1935-55) aveva segnalato l’analogia di reazione delle Cactacee e della Beta vulgaris ai traumatismi; se tali osservazioni si considerano ora nel quadro dei rapporti sistematici esistenti tra le Centrosperrne e le Cactacee, esse acquistano un nuovo e pili interessante significato. Non t la prima volta che i processi di riparazione servono a chiarire i rapporti filogenetici tra diversi, gruppi di piante (BERTRAND, 1947).

Essendo stata gid messa in rilievo, in caso di lesioni, I’affinitd tra le Cactacee e le Chenopodiacee, si pens6 di aggiungere ai rapporti morfolo- gici ed embriologici esistenti tra le Fitolaccacee e le Cactacee, gil se- gnalati, ma ancora discussi, gli altri eventuali relativi ai processi di ri- parazione per effetto di traumatismi sperimentali.

Si scelsero due specie del genere Fitolacca molto diverse per porta- mento e struttura anatomica, ciot la Phytolacca decandra L. (Phytolacca americana L.) e la Phytolacca dioica L.

La prima specie t a grossa radice carnosa accrescentesi per cambi soprannumerari, per6 in maniera molto diversa da quella della Beta vulgaris.

Ha fusto annuale, almeno nei nostri climi; la sua strurtura non dif- ferisce da quella della maggior parte delle Dicotiledoni. Lo strato di pa- renchima corticale protetto all’esterno da una spessa guaina sclerenchi- matica non t molto ampio; il cambio netto e distinto, situato nella zona tra floema e legno, funziona regolarmente e rapidamente. I1 parenchima midollare, a grandi cellule, succulente quando la pianta t giovane, dis- secca poi invecchiando, diviene spugnoso e si dispone in dischi alternati con intercapedini di aria, lungo tutto il fusto.

La seconda specie, invece, ha fusto perenne che nei climi caldi as- sume grandi dimensioni, quattro o cinque metri; esso t succulent0 e si accresce per opeta di anelli che si originano a1 di fuori dell’anello floema- tico-legnoso primitivo, i cui fasci sono separati da ampi raggi midollari. I1 midollo, a cellule vive per molto tempo (lo abbiamo trovato tale in piante di due anni), t percorso da fasci che talora sono concentrici. Questi ricordano i fasci midollari che si trovano anche in alcune Cactacee.

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Provocando m a lesione meccanica nel fusto di entrambe queste specie di Fitolacca, e introducendo in qualche caso sostanze atte ad esal-. tare i processi di cicatrizzazione stimolando la divisione delle cellule, si volle vedere quali fossero i rapporti fra di esse e se fosse possibile risve- gliare nelle due specie i caratteti latenti della famiglia, come ad esempio, il comportamento di liana di alcuni generi.

Le reazioni avrebbero dovuto niostrarci, inoltre, se veramente esi- steva un addentellato tra le Fitolaccacee e le Cactacee, del tipo di quello che SCARAMELLA PETRI aveva trovato tra le Cactacee e le Chenopodiacee (Be ta vulgaris). In tal mod0 ai reperti morfologici, embriologici ed ana- tomici tendenti a mostrare una affinith fra le Centrosperrne e le Cactacee e la derivazione filogenetica di quest‘ultime dalle Fitolaccacee, si sarebbe aggiunto anche quello dell‘anatomia patologica.

MATERIALE E METODO

Le lesioni furono praticate incidendo da parte a parte, per una lun- ghezza di circa 2 cm., giovani assi di Phytolacca decandra L. e di Phyto-. lacca dioica L., all‘altezza del second0 internodio. Mentre per la Phyto- lacca decandra usufruimmo dei numerosi getti emessi da piante abbon- dantemente diffuse nell’Orto Botanico, per la Phytolacca dioica usammo i fusticini nati direttamente da seme.

Data la rusticiti delle due specie, le piante non risentirono troppo degli effetti del taglio e in breve la ferita venne rimarginata.

Conoscendo l’influenw dei fattori esterni e soprattutto dell’acqua . sui processi di riparazione delle ferite,. dopo l’incisione i fusti in parte

furono lasciati all0 scoperto e in parte, invece, vennero fasciati. Nei fusti con ferita non protetta, il processo di cicatrizzazione t

rapido per la formazione di uno strato suberoso superficiale, ma t meno intensa la reazione dei tessuti interni; a1 contrario, nei fusti in cui i lab- bri della ferita sono fasciati e rawicinati in mod0 da impedire ia mesa a nudo dei tessuti interni e il loro rapido disseccamento, la formazione del sughero di cicatrizzazione i: pi& lenta, ma i processi di riparazione che portano alla ricostituzione della cerchia, interrotta dalla lesione, sono pi& intensi. Cib fu giA constatato da SCARAMELLA PETRI (1951) per il Ricinus e le Cactacee e ancora da SCARAMELLA PETRI e MAZZI (1957) per il Solanurn tuberosum.

Inoltre, poichk sulle ferite non protette si insediavano facilmente funghi saprofiti, non si pub escludere una lor0 azione stimolante sui processi di cicatrizzazione come fu notato, fin dal 1927 dal nostro MON- TEMARTINI e da molti altri AA. in epoca pili recente.

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Avendo avuto piu volte occasione di sperimentare I'azione della bile come attivante delle mitosi, se usata a concentrazione opportune [SCA- RAMELLA PETRI (1953, SCARAMELLA PETRI e STRIGOLI (1957)l pensammo di stimolare i processi cicatriziali sia mescolando piccole quantita di bile alla lanolina sia introducendo nella ferita piccoli impacchi di garza, imbevuti in una soluzione di acqua e di bile a deboli concentrazioni.'

A questo punto i opportuno rilevare che I'interesse preciso di que- sto studio non era rivolto a determinare quali fossero le concentrazioni o gli effetti specifici della bile sui tessuti con i quali era messa a contatto ma a noi interessava solo intensificare ed esaltare i processi riparativi.

I prelievi, sia del materiale semplicemente inciso, sia di quello trat- tat0 nei diversi modi (introduzione di lanolina, colesterolo, impacchi di acqua e di bile) vennero effettuati in pili volte fino alla fine del ciclo ve- getativo degli organi aerei per la Ph. decandra. (fig. 1 nel testo).

Nei fusti fasciati con garza, nella zona del taglio il diametro non era costante, ma pid stretto nel punto legato, pili largo a1 disopra e a1 disotto. La fasciatura ha infatti impedito il suo 'normale accrescimento in spes- sore e ha provocato il ristagno degli assimilati sopra e sotto la ferita. Cib ha una notevole importanza agli effetti dei processi di riparazione, poi- chi: come k risaputo (SCARAMELLA PETRI, 1956) in corrispondenza del rigonfiamento del fusto si ha una pili intensa ricostituzione.

I processi di cicatrizzazione per la Ph. dioica, pianta perenne, sono stati seguiti per un tempo pili breve che tion coincise con la fine del pe- riodo vegetativo della parte epigea.

I1 materiale, raccolto in pezzi di asse compresi fra 5 cm. a1 di sopra e a1 di sotto del taglio, veniva fissato in alcool denaturato.

Successivamente lo si sezionava in serie partendo dall'apice verso la base e si procedeva ad una colorazione di contrasto, fatta con verde jodio e carminio boracico, per mettere in risalto rispettivamente il legno e il floema. Per ottenere un migliore differenziamento della colorazione dei tessuti, dopo il trattamento con il verde jodio, le sezioni venivano passate, per alcuni secondi, nel (( Carnoy 1).

Mentre il sezionare materiale giovane non presentava alcun osta- colo, a mano a mano che la cerchia vascolare lignificava e il diametro del germoglio si faceva piti ampio, sorgevano maggiori difficolta.

ANATOMIA NORMALE DI PHYTOLACCA DIOICA E PH. DECANDRA * I

Phytolacca dioica. Poichi: i: sempre opportuno far precedere allo studio dei processi pa-

tologici quello dell'anatomia normale, e inoltre poichi poco si conosce

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intorno alla struttura della Ph, decandra in quanto i vari AA. si sono occu- pati soprattutto della Ph. dioica, abbiamo ritenuto utile riportare breve- mente i dati acquisiti sull‘anatomia di quest’ultima specie, per confron- tarli poi con quelli da noi ricavati per la Ph. decandra.

I1 MARTINS (1855) si era occupato dell’anatomia dei rami della Ph. dioica. TREWIRANUS (1856) scopri i fasci midollari di questa pianta, che non erano stati notati dall’A. precedente. .Tali ricerche furono continuate due anni dopo dal NAGELI e quindi dal REGNAULT.

Quest’ultimo A., tuttavia, non si occupb specificatamente della Ph. dioica, ma della Ph. icosandra, in un suo lavoro sulla struttura del fusto delle piante del gruppo delle (( Ciclosperme n.

I1 DE BARY (1877) fissb con esattezza il luogo di origine della prima cerchia soprannumeraria nel fusto della Ph. dioica.

I1 MOROT (1855) si occupb soprattutto del periciclo. Egli per inciso trattb il problema della prima cerchia soprannumeraria, dando peib un interpretazione differente da quella del DE BARY. Fece per altro interes- santi osservazioni sulla endodermide di detta pianta, notando che essa p s i e d e cellule amilifere nella giovane eta.

I1 DOULIOT (1859, pur avendo descritto particolareggiatamente il decorso dei fasci midollari nella Ph. dioica non diede importanza a queste strutture, in rapport0 alla classifiwzione. Infatti quest’A. ha osservato i fasci midollari solo nella Ph. dioica della famiglia delle Phytoloccacee e nella Grenouia terrae della famiglia delle Crassulacee.

GERARD (1877), continuando gli studi dei precedenti AA., intui che i complessi midollari sono originati dalla nervatura mediana del picciolo fogliare, mentre i fasci laterali di esso si continuano con gli elementi della cerchia normale del fusto.

VAN TIEGHEM (1884), nel suo trattato di Botanica, espresse chiara- mente questo concetto ed affermb che lo strato generale soprannumerario si forma nel periciclo, e ne descrisse l’origine ed il funzionamento. Egli specific6 che i fasci nella foglia sono tre: due laterali e uno mediano. I due laterali penetrano nel cilindro centrale e discendono verticalmente mantenendosi alla sua periferia, mentre il mediano penetra nel midollo in corrispondenza, circa, dei 2/3 della lunghezza del raggio, s’inclina dopo un notevole percorso interno, verso la periferia per arrivare infine a congiungersi ai fasci della cerchia normale.

KRUCH (1893), sintetizzando i lavori dei precedenti AA. si rese conto dell’importanza anatomica e fisiologica presentata dalla Ph. dioica e ne descrisse minutamente la struttura e lo sviluppo.

La struttura primaria del fusto di Ph. dioica, procedendo dall’esterno verso l’interno in una sezione trasversale, presenta:

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epiderniide: con cellule allungate in senso radiale e spesso divise in due parti da un setto tangenziale; ne risulta quindi un’epidermide costituita da due strati di cellule;

parenchima : formato da elementi isodiametrici non ispessiti da cui trarrh origine il fellogeno;

collenchima : ipodermico a piti strati; parenchima corticale : con cellule crescenti in lunghezza procedendo

verso l’interno; jleoterma : corrispondente allo strato piri interno della corteccia e

formato da uno o due piani di cellule. Questo confina con uno strato di fibre liberiane che protegge il cilindro centrale a fasci floematici-le- gnosi intercalati da ampi raggi midollari (vedi fig. 9) (I).

Passando alla struttura secondaria si notano evidenti modificazioni a carico del parenchima del cilindro centrale. Le sue cellule si stirano in senso radiale e compaiono setti che le dividono in due parti. Da una di queste si organizza un cambio che dara origine alla prima cerchia so- prannumeraria formata regolarmente da legno all’interno e floema allo esterno (fig. 6). Questa cerchia t situata esternamente alla cerchia nor- male e non compare nello stesso tempo su tutta la periferia di essa, ma si mostra in relazione con lo sviluppo delle foglie.

La posizione dei fasci vascolari della cerchia soprannumeraria su- scitb vivaci polemiclie. MOROT sosteneva infatti che essi erano corri- spondenti a quelli della cerchia normale, cosiccht i larghi raggi midollari di quest’ultima si continuavano con quelli della cerchia soprannumeraria.

I1 REGNAULT, riferendosi alla Ph. icosandra, affermava invece che la disposizione dei raggi midollari e dei fasci vascolari, nella cerchia nor- male e in quella soprannumeraria, non era corrispondente, ma alterna.

H ~ R A I L (1885) fa giustamente osservare che il diametro della cer- chia soprannumeraria t maggiore di quello della normale cerchia vasco- lare e quindi t comprensibile che alcuni fasci della prima vengano a tro- varsi di fronte a fasci della seconda, mentre altri risultano spostati. Le nostre osservazioni sulla Ph. dioica si accordano con quelle di HBRAIL nel riconoscere che non si pub fissare una disposizione prestabilita per i fasci delle cerchie soprannumerarie che perb assumono sempre un andamento circolare.

Poicht la Ph. dioica t pianta perenne e succulenta, con corteccia stretta e ampio midollo persistente, i fasci midollari servono alla sua nutrizione convogliando sia l’acqua sia gli assimilati. La vitalit3 del pa-

(l) Le figure delle Tavole XI-XIV vengono per breviti, citate col solo nurnero pro- gressivo.

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renchirna di questa specie di Fitolacca, non sfuggi a H~TET, che attribui Ale cellule di tale tessuto la possibilita di dividersi e di accrescersi a1 di fuori della cerchia cambiale. Anzi, a questo scopo, condusse, come ve- dremo in seguito, una serie di esperienze.

La struttura della Ph. dioica nel complesso non differisce molto da quella delle Opuntie cilindriche, sia per la presenza dei fasci midollari, sia per i rapporti di spessore fra corteccia e midollo.

I fasci, anche accrescendosi, restano separati fra di lor0 da ampi raggi midollari.

Phytolacca decandra. La struttura del fusto della Ph. decandra, dapprima erbaceo poi ligni-

ficato, t molto semplice. I getti che si hanno in primavera raggiungono in breve tempo note-

voli dimensioni (2-3 m. di altezza), poi in ,autunno, alla fine del ciclo vegetativo, disseccano.

Mentre. il sostenimento della Ph. dioica, pianta succulenta, t affidato in gran parte a1 turgore delle cellule, nella Ph. decandra abbiamo un no- tevole sistema meccanico rappresentato sia da una guaina collenchima- tica esterna, sia da uno stretto anello di legno reso continuo dall’ispes- simento dei raggi midollari.

Riguardo all’anatomia della Ph. decandra, dobbiamo fare le seguenti considerazioni.

L‘epidennide t robusta e a1 di sotto di essa si differenzia uno strato collenchimatico di cinque o sei file di cellule, cui seguorio un parenchima corticale con cloroplasti ed il fleoterma ricco di granuli di arnido (fig. 1,2).

I1 cilindro centrale I: separato dalla corteccia da fibre librose, dap- prima distanziate, poi pid fitte. In origine gli elementi vascolari non sono molto abbondanti e sono separati dai raggi midollari: all’esterno dei fasci xilematici si ha la porzione floematica.

Ben presto per6 i raggi midollari ispessiscono e con lo xilema for- mano un anello continuo (fig. 3).

Per opera del cambio il legno secondario si forma rapidamente. A1 confine con il midollo, notiamo le primane (vedi fig. 4); nell’anello

xilematico sono visibili le cellule dei raggi midollari e i vasi legnosi accom- pagnati da fibre e da abbondante parenchima. I1 midollo, situato all’in- tern0 dell’anipio anello xilematico, i: a cellule povere di contenuto e a pareti sottili.

Si determinano in un second0 tempo ampi spazi intercellulari e a poco a poco il midollo perde la propria vitalitli, assumendo un aspetto spugnoso.

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Quando la Ph. decandra dissecca, si notano dischi paralleli nell‘am- pia cavith che si 6 formata nell‘anello di legno.

Probabilmente l’anello legnoso continuo non permette, come invece accade per opera dei fasci midollari nella Ph. dioica, la nutrizione del midollo.

ANATOMIA PATOLOGICA DI PHYTOLACCA DIOICA E PH. DECANDRA

Phytolacca dioica La particolare struttura della Phytolacca dioica e la sua somiglianza

con quella di alcune Cactacee (rapport0 esistente fra il volume della corteccia e quello del midollo, presenza di ampi raggi midollari e rapido potere di riparazione), hanno fatto porre questa pianta tra quelle a strut- tura anomala e non sono mancate, come si t visto, osservazioni di affi- nit3 della sua struttura con quella delle Chenopodiacee. I fasci midollari del fusto avrebbero 1: funzione, data la persistenza del midollo, di assi- curare gli scambi idrici e nutritivi.

La primitiviti di struttura e la vitaliti delle cellule parenchimatiche sia della corteccia che del midollo noncht dei raggi, non sfuggi ad H ~ T E T (1869) che, con una tecnica ancora oggi valida, studi6 i processi di ripa- razione. L’A. fu portato a concludere che in questa pianta l’accresci- mento piG che per il normale cambio intrafascicolare, aweniva per opera delle cellule parenchimatiche che conservavano inalterata la proprieth di dividersi, essendo ricche di citoplasma ed avendo nucleo grande. H ~ E T praticava una incisione longitudinale nel fusto, come del resto abbiamo fatto noi, e notava i processi cicatriziali. Anche asportando l’anello floe- matico-legnoso, otteneva la cicatrizzazione e la rigenerazione degli ele- menti di conduzione, noncht l’incapsulamento di fasci o di lor0 por- zioni.

La produzione di gemme sulle parti rigenerate fu studiata dal BAL- DINI (1887-89), il quale concluse che le vere gemme awentizie sono solo quelle che si differenziano dai tessuti di cicatrizzazione.

Veniva in tal modo confermata la grande capacith di rigenerazione dei tessuti, in conseguenza di un trauma.

TURPIN, studiando i processi fisiologici che accompagnano gli innesti, osservava la curiosa caratteristica dell’incapsulamento di porzioni di fasci alterati, da parte di un parenchima e di un tessuto meccanico, e talvolta la lor0 espulsione.

L’incapsulamento da parte del fascio alterato per un trauma o per l’inoculazione di sostanze tossiche fu notato da BUSCALIONI e SCARAMELLA (1935) nelle Cactacee e da SCARAMELLA PETRI (1939) nella Beta. Anche

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in altre piante, ad esempio Phaseolus e Ricinus (SCARAMELLA PETRI, 1947- 1951) e Asparagus (D’AMATo, 1953), si pub avere l’incapsulamento di parti alterate, ma il fenomeno non i: appariscente come nelle Cactacee e nelle Chenopodiacee. Inoltre in queste ultime famiglie si ha, intorno a1 vaso o ai gruppi di vasi incapsulati dal parenchima, un’attiva prolifera- zione di questo tessuto. L’aspetto di tali raggruppamenti cellulari, che racchiudono i vasi imbruniti, fa assumere ad essi la denominazione di (( nidi )) (fig. 12).

Quando la proliferazione t molto attiva, si pub formare tutto attorno agli elementi vascolari un cambio da cui si organizza una cerchia regolare con i vasi xilematici volti verso i vecchi vasi e il floema in senso opposto. Per la formazione di un parenchima corticale e di un tessuto sclerenchi- matico, si pub avere, intorno al vaso alterato, una Vera e propria stela (fig. 24).

Nelle Cactcrcee, come Opuntia vulgaris e Opuntia ciiindrica, mentre sopra e sotto la lesione, l’asse mantiene la sua unit& nel punto colpito si scinde in pili parti indipendenti. Cib fece supporre a SCARAMELLA che i cladodi delle Opuntie potessero derivare da una fasciazione.

Nella Beta intorno ai vasi colpiti non si ha solo la formazione di una cerchia di cambio che organizza dei fasci floematici-legnosi, ma attorno a questi si organizzano pili cerchie concentriche che ripetono la struttura del fittone.

Anche in questo caso si assiste a1 suo smembramento in pili pezzi, rompendosi quell’equilibrio che attraverso la coltura aveva portato la radice di bietola a presentare un asse unico.

Recentemente MELETTI (1956) ha descritto nelle Cactacee delle rea- zioni indotte dall’acido salicilico che non presentano niente di partico- lare e di nuovo rispetto a quelle descritte da oltre venti anni da BIJSCA- LIONI e SCARAMELLA, e da SCARAMELLA. E pure owio che si abbia un attenuazione del processo allontanandosi nei due sensi dal punto colpito, anche se si hanno a distanza quei fenomeni di risonanza descritti dalla FOURCROIX (1938).

Ora nella Ph. decandra, praticando un’incisione longitudinale, si ottengono delle reazioni in tutto analoghe a quelIe fin qui illustrate; solo il processo di riparazione presenta un’intensiti diversa a seconda che l’incisione sia lasciata allo scoperto, o sia stato introdotto in essa un piccolo tampone imbevuto di una soluzione di bile a concentrazioni va- riabili. Introducendo della bile pura si t avuto un effetto letale.

Nella incisione semplice si verifica un processo cicatriziale che inte- ressa tutti i tessuti, compreso il midollo. Nel punto ove il fusto t stato interrotto si ha un processo di cicatrizzazione wperficiale del parenchima

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corticale, e a1 di sotto un’attiva proliferazione delle cellule, proliferazione che si estende anche davanti la cerchia interrotta. In questo punto i raggi midollari, giA ampi, si allargano distanziando i fasci. Se il taglio ha col- pito un fascio, la porzione mortificata viene incapsulata e spinta in fuori, mentre i margini imbruniscono e si verifica un‘attiva proliferazione del parenchima. I1 pezzo di fascio che invece resta nel parenchima pub cir- condarsi, a spese delle cellule confinanti con esso (che si dividono atti- vamente), di un anello di cambio. Esso produrri floema e nuovi elementi vascolari che si accolleranno ai precedenti.

I1 process0 di cicatrizzazione interessa non solo il fianco del fusto, la cui superficie si arrotonda (vedi fig. 20), ma tutta la superficie midol- lare interna che, come si & detto, & molto ampia rispetto alla parte cor- ticale.

Le cellule midollari si ingrossano, 12 pid superficiali ispessiscono le pareti che si colorano col verde jodio, indice di una suberificazione. L’ipertrofia si propaga agli strati retrostanti e le cellule, poste dopo quattro o cinque piani dalla superficie di taglio, entrano in divisione dando origine ad uno strato subero-fellodermico che isola il fascio mi- dollare vicino alla cerchia legnosa (fig. 7).

Le cellule a1 di sopra dello strato subero-fellodermico rimangono parenchimatiche e ricostituiscono, insieme ad esso, la corteccia che si continua con quella normale. All’interno della corteccia neoformata si viene organizzando, a partire da quello preesistente, un nuovo cambio.

Esso produrri dalla parte della lesione del floema e dalla parte opposta dello xilema che tende a congiungersi con quello della cerchia normale.

In breve nella meti del fusto si ha la ricostituzione dell’anello com- pleto. Dove alla lesione si era aggiunto l’effetto di una soluzione di bile, l’alterazione sia del tessuto vascolare sia del parenchima midollare ve- nuto a contatto con essa & stata maggiore; molto piii intensi per6 sono stati i processi di riparazione. Attorno alla porzione di legno alterata si forma un tessuto cicatriziale che tende ad isolarla. Si forma inoltre un cambio che riunisce le due cerchie floematico-vascolari, sia l’interna che l’esterna, in una sola (fig. 9). La cerchia interna pub anche avere la parte xilematica del fascio divisa in due dal tessuto di cicatrizzazione (fig. 8).

Riassumendo, i processi di riparazione della Ph. dioica sono molto rapidi: non solo si ha la riparazione e la cicatrizzazione superficiale, ma anche la ricostituzione della cerchia per opera di un cambio. Per effetto della ferita, le zone di legno alterate sono incapsulate ed isolate e attorno ad esse si forma un tessuto cicatriziale. Ogni fascio della cerchia pub quindi comportarsi come un’entiti morfologica a st.

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Phytolacca decandra.

Questa Phytolacca ha struttura di Dicotiledone tipica, clot con una cerchia vascolare, composta di fasci che si uniscono precocemente per effetto della lignificazione. Essa, in seguito ad incisioni, specie se si in- troducono sostanze stimolanti come la bile, ha un comportamento singo- fare, che rileva chiaramente le affinita della pianta non solo con la Ph. diuica, ma anche con le piante a struttura di liana della stessa famiglia, noncht con le Cactacee sia a fusto eretto, sia rampicante.

Per effetto dell’incisione si ha l’ingrossamento del fusto: anche a oc- chio nudo si vedono bene i due labbri. La grossezza e la regolarith del fusto variano a seconda che la ferita sia stata o no legata.

I prelievi del materiale furono fatti in periodi consecutivi a partire da un mese dal taglio, eseguito su rami giovani, fino a cinque mesi dopo. Qwndo la ferita non 1: fasciata, i labbri si divaricano (fig. 1 A nel testo). In seguito alla fasciatura, invece, pare quasi che si sia ottenuta la sal- datura delle due parti dell’asse; ma in realth, sezionando il pezzo, si vede che tale saldatura t solo apparente (fig. 1 B nel testo).

Nelle Fitolacche pili giovani, le due porzioni del fusto separate assu- mono l’aspetto di due mezze lune rawicinate per le due superfici di taglio, che si sono arrotondate pili o meno regolarmente a seconda della reazione (in alcuni casi il labbro t rotondo, in altri presenta due smerli (vedi fig. 20).

Nelle Fitolacche adulte ed ormai alla fine della vegetazione, invece, le due parti ritornano rotonde e assumono l’aspetto di due assi perfet- tamente ricostruiti con il midollo a1 centro.

A questo proposito t interessante notare che nella Ph. decandra il midollo non 2: persistente, ma si secca formando dei dischi; le cellule si riempiono di aria e il midollo ricorda quello del sambuco. Per effetto del trauma le cellule midollari, assumendo un carattere meristematico, acquistano una nuova vitalit& di mod0 che il midollo della Ph. decandra presenta le caratteristiche di quello della Ph. dioica. Alla sua nutrizione, invece che i fasci midollari, come awiene per quest’ultima, prendono parte attiva i fasci della cerchia ricostituita.

Per una stessa superficie nel punto leso, ove l’asse si t ricostituito in due stele, si viene ad avere una superficie doppia di fasci.

Nel caso della semplice incisione il process0 cicatriziale i: pili rapido, ma k pili lenta la ricostituzione di nuovi tessuti. Per studiare questi pro- cessi di riparazione bisogna esaminare il comportamento dei singoli ele- rnenti.

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Partendo dalla zona rnidollare che t la pitj arnpia, vediamo anche qui che le cellule pid vicine a1 taglio conservano la forrna rotonda e ispes- siscono la rnernbrana che si colora col verde jodio. I veri processi di ripa- razione corninciano qualche strato sotto a questo. Le cellule parenchima- tiche si allungano e diventano ipertrofiche (vedi fig. 16-17).

All’ipertrofia segue iperplasia e le cellule corninciano a dividersi per setti paralleli. A spese di queste si forrna uno strato subero-fello-

Fig. 1. - A . Fusto d i Phytoluccu decondro dopo 3 mesi dall‘incisione. - B.’Idem mi fesciato, in sezione frucersde. (Grandem ntturale).

dermico che costeggia i bordi della ferita ed interessa tutto il midollo (vedi figg. 13-14). Dopo un certo tempo l’ipertrofia si estende ad altri strati di cellule midollari; a partire dai bordi della ferita dove era pre- sente il tessuto vascolare si VA originando un cambio capace di produrre floerna verso i bordi della ferita stessa e legno verso lo xilema prirnitivo. La forrnazione di tale tessuto t lenta e dificilmente tutta la cerchia si cornpleta.

Nel caso di sernplici incisioni non notiamo alcunchi: di particolare nel sisterna vascolare.

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A mano a mano che i tessuti di conduzione si formano, le cellule midollari confinanti col legno neoformato si organizzano e si dividono, originando legno centripeto (vedi fig. 21).

La formazione del legno della cerchia di riparazione, pic che dal cambio posto fra legno e floema, deriva da! midollo e gli elementi legnosi presentano i caratteri del legno di trasfusione.

Quando invece si fascia la ferita o si insinua un impacco di garza imbevuto in una soluzione di bile, si devono distinguere le reazioni parti- coIari (( in loco 1) da quelle a distanza, assai piti interessati, che provocano il rimaneggiamento della cerchia vascolare. Come effetto locale sui vasi colpiti si pub avere il lor0 imbrunimento e la reazione delle cellule mi- dollari che li circondano, se si tratta delle primane, oppure delle cellule del parenchima corticale.

La fig. 12 mostra un fusto giovane e si vedono le cellule del midollo in divisione per isolare la porzione degli elementi legnosi incapsulati. Nel midollo t visibile una cellula ispessita a punteggiature semplici.

La fig. 11, invece, mostra le primane che vengono isolate dal paren- chima midollare che ingrossa le sue cellule.

Se si raccolgono i pezzi di Ph. decandra dopo due mesi da! taglio e da! trattamento in bile, t facile vedere la formazione di un doppio lab- bro (vedi fig. 20). Quando I: stato fatto il taglio il tessuto legnoso della cerchia, per reazione di gruppi di cellule parenchimatiche, viene lacerato in due; tali cellule si moltiplicano (fig. 21) formando come un cuneo di riempimento e finiscono coll’ispessire le proprie membrane, dando in seguito origine a cellule che ricordano le tracheidi. Talora, per effetto del taglio l’unica cerchia legnosa formata in parte dai fasci con i loro vasi, le fibre e i parenchimi ed in parte dai raggi midollari lignificati, comincia a presentare una particolare reazione.

I raggi midollari vengono sottoposti ad un process0 di delignifica- zione e le cellule, dividendosi, apportano ad essi un aumento di superficie in mod0 che i fasci vengono allontanati l’uno dall’altro. Questo awiene in senso radiale.

Dentro a1 fascio e a1 raggio midollare compaiono delle strie di pa- renchima che dividono lo xilema in piti porzioni. Si pub quindi parlare di cerchi concentrici di parenchima e di vecchio legno (vedi fot. 18). Queste strie di parenchima interposte allo xilema formano davanti a ciascuna porzione di xilema sottostante, mai in corrispondenza dei raggi, deiie isole di floema (vedi fig. 19).

Ognuna di queste isole risulta separata dal raggio midollare (vedi

In tal mod0 nella Ph, decandra si formano piti cerchie concentriche figg. 18-19).

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che ricordano la Ph. dioica, ma, invece di essere formate da un cambio originatosi al di fuori della cerchia primitiva, hanno qui origine dallo spezzettamento del primitivo fascio in tanti blocchi.

Quando la reazione del tessuto parenchimatico L intensa, la regola- rith delle cerchie neoformate scompare ed ogni desma legnoso diviene il centro di una nuova stela, circondandosi di un cambio.

In tal caso il floema non rimane da una parte del legno, volto verso l‘esterno, ma lo circonda. I1 cambio, a1 di sotto, pub aggiungere legno centripeto a1 vecchio legno. Si forma cosi un asse di tipo arcaico, senza formazione di midollo (vedi fig. 25). Che si tratti di una Vera stela lo testi- moniano sia I’endodermide che la guaina di fibre sclerenchimatiche che, circondano il nuovo complesso isolato.

In certi casi nel tessuto di riparazione, per opera di un cambio che partendo dalla primitiva cerchia segue i labbri della ferita e va lungo il midollo, si forma una serie di fasci che riproducono esattamente la cerchia floematico-legnosa primitiva. La formazione del legno t talvolta cosi imponente che, sia quelli della vecchia cerchia che quelli della nuova, possono fondersi dando, a1 semicerchio anche in questo caso, l’aspetto di una sifonostela (vedi fig. 23).

Esaminando questi processi di riparazione nella Ph. decandra ri- sulta evidente la possibilith da parte della cerchia vascolare di dividersi in tante porzioni, capaci ciascuna di assumere la propria indipendenza, ricordando il comportamento notato nei fittoni della Beta e delle Ca- ctacee.

Inoltre non sono rari i casi di torsione e di spostamenti dei fasci (vedi fig. 22) che si notano nelle piante rampicanti; essi ci confermano il carattere (( liana )) di molti membri della famiglia, carattere sopito in quelle piante che sono dritte e capaci di autosostegno,

Infine nella Ph. decandra, sfornita contrariamente ad altre specie della famiglia di un midollo differenziato, sorge la possibiliti che tale midollo si comporti come quello rnisto delle piante piti primitive.

DISCUSSIONE SUI RISULTATI

NAGELI nel 1858 classificava la Phytolacca dioica nel gruppo di piante che presentavano cerchi successivi di accrescimento a1 di fuori del primo, e la poneva tra quelle che mostravano.un’anomalia di struttura. Lo stu- dio delle anomalie, specie nelle piante rampicanti, aveva interessato rnolti AA. tra cui HARTIG, SCHLEIDEN, NETTO, SANIO; essi si erano preoccupati soprattutto della loro classificazione in base alla direzione dei fasci.

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MULLER (1866) per primo, nello studiare la struttura anomala delle piante rampicanti, si sofferma a considerare i rapporti fra la struttura e il mod0 di vita delle specie studiate.

WESTERMAIER e AMBROON (1881) pongono per la prima volta la questione delle relazioni tra la struttura anatomica e la funzione di una cellula o di un gruppo di cellule. Essi riconoscono che per determinare la natura e Je conseguenze di queste relazioni bisogna necessariamente ricorrere all’anatomia comparata e considerano, innanzi tutto, i rapporti tra il mod0 di vita e l‘istologia delle piante rampicanti. Second0 tali AA. si verificano due ordini di modificazioni nella struttura interna. Una nel tessuto conduttore e una nell’organizzazione del tessuto meccanico. Gli AA. insistono sulla necessit2 di una protezione meccanica degli ele- menti conduttori nelle liane, che del resto si trova realizzata nella mag- gior parte dei casi. Nelle piante rampicanti i raggi midollari e il paren- chima legnoso assumerebbero una disposizione particolare, legata a1 mod0 di vita e si avrebbe un notevole sviluppo del sistema meccanico.

HABERLANDT (1882) studia le modificazioni del sistema conduttore dovute soprattutto a1 mod0 di vita delle piante ed alla fisiologia delle liane, confermando ci6 che avevano gii visto WESTERMAIER e AMBROON, che interpretavano la presenza di gruppi floematici nel legno come do- vuta ad un’azione protettiva di questo durante la torsione.

HERAIL (1885) prende posizione tra i due gruppi, l’uno che si pu6 definire puramente descrittivo e l’altro finalistico, inaugurato dal MUL- LER, e si propone di vedere se le anomalie che si riscontrano nelle liane sono o no legate a1 loro mod0 di vita. Egli, dopo l’analisi anatomica di piante di diverse famiglie e in particolare della Phytolacca dioica, arriva alla conclusione.che l’unit2 del piano di struttura del fusto persiste nono- stante tutte le modificazioni che un organo pub subire. Dice peraltro, che le anomalie di struttura sono indipendenti dal mod0 di vita della pianta, poicht piante appartenenti a diverse famiglie, ma sempre rampi- canti, possono presentare una grande diversiti di struttura.

HBRAIL faceva notare che se da una parte WESTERMATER e AMBROON avevano segnalato in alcune specie di piante rampicanti caratteri da lor0 ritenuti differenziali, come ad es. vasi legnosi pic larghi, vasi cribrosi pic ampi, parenchima midollare e raggi midollari piG abbondanti, egli dall‘altra, con esame esteso a uno stesso genere, aveva trovato identit2 di caratteri, sia nelle specie rampicanti sia in quelle ad autosostegno. Tali osservazioni lo portano a concludere che le anomalie di struttura sono indipendenti dal mod0 di vita della pianta e sono legate pic ai ca- ratteri della famiglia che a quelli dell’ambiente.

Noi abbiamo fatto notare la profonda differenza esistente tra la

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struttura del fusto della Phytolacca dioica e della Phytolacca decandra. Mentre nella Phytolacca dioica i fasci sono separati da ampi raggi midollari, che ispessiscono solo tardivamente le loro pareti, nella Phyto- facca decandra la lignificazione 6 precoce. Inoltre, nel parenchima corti- cale e midollare della Phytolacca dioica si riscontrano i fasci corticali e midollari; questi ultimi, invece, mancano nella Pfiytofacca decandra.

E perb bastato che noi rompessimo I’equilibrio con l’incisione, pro- vocando un trauma, per vedere i raggi midollari della Phytolacca decandra delignificarsi ed entrare in divisione.

Nel legno di questa pianta, costituito da ampi vasi e accompagnato da fibre, abbiamo visto formarsi delle bande di tessuto parenchimatico a disposizione intercalare. Non solo, ma rnentre fino a1 rnomento della lesione la zona corticale era nettamente separata dal cilindro centrale da una guaina sclerenchimatica ad elementi distanziati e da un fleoterma ricco di amido, e i fasci erano disposti in un’unica cerchia con cambio ad anello (struttura che si ritrova nelle Phytolaccacee adulte), successi- vamente tale regolarid di struttura scompare.

Nelle zone di parenchima formatesi in mezzo a1 legno, vediamo com- parire, sempre in corrispondenza dei fasci vascolari e mai dei raggi rni- dollari, delle isole di floema (vedi fig. 18). In tal rnodo I’unica cerchia floematico-legnosa viene ad essere spezzata in pili cerchie concentriche. Esse non sono originate da un cambio formatosi a1 di fuori della prima cerchia e che l’ammantella, ma derivate dallo spezzettamento dell’anello

. xilematico che interpone, per la stimolazione traurnatica dei parenchimi legnosi, delle bande di parenchima a distanza piti o meno regolari.

In altre parole, compaiono quegli stessi adattamenti che si hanno nelle liane: raggi midollari rnolto ampi, strie di parenchima intercalate nel legno in corrispondenza del quale si formano i gruppi floematici. Le posizioni di questi gruppi floematici non 2: solo determinata da una loro ricerca di protezione, come credevano HABERLANDT e la sua Scuola, ma soprattutto dalla necessith di organizzare un process0 di riparazione dei cordoni rimasti interrotti dalla torsione.

Tale assestamento tip0 (( liana )), che si riscontra nella Phytolacca dioica e che si forma ex novo nella Phytolacca decandra, non deve mera- vigliare se ricordiamo che nella famiglia delle Phytolaccacee non man- can0 specie ad habitus di liana. Questo carattere interno dovuto non solo all’adattamento, ma anche ad una caratteristica genetica della famiglia, riaffiora quando la Phytolacca decandra sia sottoposta ad un trauma.

La possibilitj dello spezzettamento della stela e l’adattamento alla torsione k una caratteristica comune ad altre famiglie delle Centrosperme, ad esempio si ha marcatissima nella Beta vulgaris, e si pub ritrovare sia

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nella parte sotterranea sia nello scapo fiorifero, che pub spesso presen- tare dei fenomeni di fasciazione e di torsione.

Nei fittoni della Beta ad accrescimento dovuto a cambi che si dif- ferenziano attorno a1 wore della pianta producendo fasci floematico-xilema- tici separati da raggi midollari, quando qualche fatto interviene ad alte- rare l’equilibrio acquisito, si verifica uno smembramento in pili pezzi. Ognuno di questi risulta costituito da una porzione di fasci, e precisa- mente da quei giri concentrici che hanno perso la lor0 continuita. Ogni porzione distaccata per I’allargamento del parenchima si circonda di tessuto floematico. Non k raro inoltre vedere dei tratti di fittone arroto- larsi a riccio, torcersi, intrecciarsi con altre porzioni, ricordando il com- portamento delle piante rampicanti.

Se il process0 di riparazione degli assi delle Phytolaccacee pub essere awicinato a quello della Beta, a maggior ragione pub essere paragoriato a quello delle Cactacee.

In queste ultime, a seconda dei generi, abbiamo, come si k detto, il cilindro centrale localizzato a1 centro e ammantellato da un’ampia corteccia, oppure un piccolo strato di parenchima corticale ed un’ampia cerchia con un midollo. In molte specie possono essere presenti, come si i: notato nelle Phytolaccacee, fasci corticali e fasci midollari. Come fu osservato da SCARAMELLA PETRI in (( Hylocereus undatus 11 (1939), anche tra le Cactacee non mancano specie a comportamento lianoso. In tali piante, nei punti in cui la torsione k spinta a1 massirno, si ha un appiatti- mento dei fusti o uno spezzettamento di questi in pili parti che si ren- dono indipendenti per tornare poi a fondersi a breve distanza. I1 cilindro centrale in un primo momento mostra solo i fasci floematici, cui vanno addossandosi le formazioni xilematiche a forma di V. I raggi midollari nei soggetti giovani sono grandi ed a cellule molto voluminose.

I cordoni vascolari si ingrossano e le varie porzioni di xilema mo- strano tracheidi di varie dimensioni.

. Col tempo i cordoni floematici vascolari ed i raggi midollari vanno incontro a modificazioni. Nei raggi midollari parecchie seiie tangenziali di cellule parenchimatiche ispessiscono le lor0 pareti, che si colorano sia con la safranina sia col verde jodio, e mostrano delle punteggiature semplici. In ogni raggio si forma un arco scleroso diretto tangenzial- mente. Alle due estremit3 esso quasi sempre si innesta all’arco di fibre legnose presenti nello xilema, in mod0 che in prossimith della regione midollare si forma un anello continuo, del tip0 di quello che k stato illu- strato per la Phytolacca decandra. Anche in tale pianta gli elementi sclerosanti affini a quelli conduttori servono, da una parte, ad accumu- lare acqua e dall’altra a facilitare le comunicazioni fra gli elementi con-

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duttori di un fascio e quelli 'dell'altro. Infine essi, formando un anello continuo poco permeabile, impediscono che l'acqua raccolta si disperda nella corteccia. Questo assetto istologico non dura a lungo, perch6 ben presto scompaiono nuovamente sia in certi punti.de1 fascio sia dai raggl midollari, gli elementi sclerosati e in mezzo all'anello di tessuto lignificato si forma una zona parenchimatosa, per6 un pb lontano da quella che con- fina col midollo. Con la comparsa della guaina di tracheidi ad ispessi- menti distanziati, il fascio assume l'aspetto di un desrna arcaico fornito di legno centripeto o di trasfusione; in altre parole diviene un fascio del tipo diploxilo.

VAN THIEGHEM (1884) aveva notato la presenza di resti nucleari e plasmatici in molti di tali elementi e attribuiva loro un carattere paren- chimatoso; comunque proprio da tali elementi si parte la formazione prima d 4 floema e poi del legno. CiZ, confermerebbe che in tali piante la possibilita di accrescersi non i: affidata solo alle cellule cambiali.

H~TTET, in alcune esperienze sulla Phytolacca (Percunia) sottoposta a mutilazioni ed incisioni, fin dal 1862 faceva notare che (( duns les arbres dicotyles <i dtveloppement rapide et d tissu parenchyrnateux trks abondant, les. zones utriculaires et mgme le canal midullaire, peuvent reproduire des faisceaux ligneux et un tissu cortical et il se forme des faisceaux fibreux et des vaisseaux partout ofi il y 4 dans le v fg t ta l des utricules assez jeunes et douds d'assez de vitalitt pour se reproduire ou pour former de nouveaux organes, mais il ne s'en forme que 16 oh se trouvent ces cellules n.

In queste piante che vengono considerate a costituzione primitiva non si avrebbe una eccessiva individualizzazione dei tessuti, poichi: qua- lunque cellula parenchimatica in buone condizioni di vitalit3 sarebbe stata non solo capace di dividersi, ma anche di dare dei tessuti differen- ziati.

Quando I'Hylocereus assume la struttura a zone parenchimatiche intercalate a1 primitivo xilema e si verifica la delignificazione dei raggi, nei punti ove si opera la torsione, ciascun fascio diventa un'unit3 indi- pendente viene circondato dal parenchima capace di produrgli tutto attorno del floema; in tal mod0 ciascun fascio diventa il centro di una nuova stela. E, mentre a! di sopra e a1 di sotto della torsione la stela del- l'asse conserva la sua unit3, nei punti contorti risulta smembrata.

Orbene se si inocula catrame in fusti di Opuntia, Cereus e Cactus a sufficiente autosostegno e a stela regolare, mostranti l'ultima traccia della costituzione (( liana I), propria di alcune specie, negli ampi raggi midollari, nei punti ove hanno luogo i processi di riparzione si pub ottenere la scissione dell'asse in tante stele distinte. I1 process0 di riparazione si svolge con intensit3 varia, ma gli esempi piti significativi si ritrovano in

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quelle Opuntie cilindriche, che non a caso sono state accostate per la lor0 struttura alle Phytolaccacee. Nelle Opuntie quando la lesione spezza l’anello floematico in due archi, si forma un tessuto cicatriziale che man- tiene separate le due metB della cerchia vascolare. Davanti a questo si differenziano elementi collenchimatici; pid all’interno le cellule del pa- renchima midollare si distendono poi si dividono formando tante file, con lo stesso process0 che abbiamo illustrato per il midollo della Phyto- lacca decandra.

Per effetto dell’evoluzione da tali cellule si sviluppano dei cordoni con il floema volto verso il collenchima neoformato e l‘acclusa zona ne- crotica, mentre il legno si forma di fronte a1 legno del primitivo arco.

Tali formazioni di tessuti conduttori finiscono per collegare fra loro le estremiti dei singoli archi dovuti a1 dimezzamento della cerchia, primi- tiva. Si ristabilisce in tal modo, la cerchia vascolare che risulta raddop- piata; per di pid le due stele essendosi appiattite dal lato della lesione, pid che a cerchia rassomigliano, in complesso a semilune. Quando la zona necrosata non ha margini regolari pub raggiungere in pid parti la super- ficie del cladodio. In tal caso questo si spezza limitatamente alla zona malata in un certo numero di colonne verticali che sono cinte dalla pri- mitiva epidermide da un lato e dalle propaggini necrotiche dall’altro. Ogni colonna racchiude in tal mod0 una stela o una pseudostela, a se- conda delle peculiari costituzioni del sequestro e del numero dei fasci staccati dall’originaria cerchia vascolare. Meristemi compaiono pure in sen0 ai fasci del cladodio non ancora smembrato e allora si osserva che ogni desma si allunga, venendo spezzato in due da un imponente svi- luppo di parenchima intrafascicolare, analogamente a cib che abbiamo notato nella Phytolacca decandra (vedi fig. 23).

Anche nei Cereus lesi, il sistema vascolare si smembra in parecchie stele o pseudostele, ciascuna con il proprio midollo.

Ogni nuova stela ha sempre in comune con la vecchia, anche se perfettamente ricostituita, un settore vascolare pid o meno grande.

Pure per queste piante viene segnalata, entro i desmi, la forma- zione di strie interposte di parenchima, capaci di organizzare nuovi floemi e di contribuire ai rimaneggiamenti che le cerchie subiscono.

Quando la sostanza iniettata (nel caso dei Cereus il catrame) si adden- tra nei vasi o negli spazi intercellulari, provoca ovunque una reazione che si palesa con il passaggio delle cellule perenchimatiche all0 stato cambiale; esse proliferando formano dei (( nidi 1) attorno ai vasi, oppure dei noduli puramente parenchimatosi. I cordoni legnosi subiscono per effetto di t‘ali formazioni una parziale disorganizzazione. Ben presto le tracheidi del midollo misto si fanno numerose disponendosi in reticolo

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e dopo un decorso orizzontale in van0 senso, in sen0 a1 midollo, fini- scono per innestarsi sulla cerchia vascolare, limitatamente per6 al set- tore prossimo alla lesione. Ci6 determina un profondo rimaneggiamento nei complessi xilematici e floematici i cui elementi assumono spesso la forma di C per portare il floema dalla parte della lesione, da qualunque lato questa si trovi, e il legno, col tessuto di trasfusione, a1 polo oppos~o. Nel momento della torsione, quindi, i cordoni vascolari della stela assu- mono l'aspetto di quelli della radice, poicht il floema viene a trovarsi affiancato a1 legno invece che sovrapposto ad esso.

Nella zona dove il lavorio patologico t pid intenso, i cordoni vasco- lari si associano in gruppi di due o pid e in pari tempo si involucrano in una robusta guaina comune parenchimatosa che, a prescindere dalle dimensioni, ricorda in certo mod0 i (( nidi )) dovuti all'incapsulamento di porzioni di legno. Durante tale processo i raggi midollari possono rendersi indistinti.

I1 fenomeno della torsione dei cordoni vascolari indica che la sede della lesione diventa il cardine del nuovo orientamento dei fasci libro- legnosi (perb nei Cereus non t stato possibile stabilire se i fasci, girando, diventino inversi o piuttosto centripeti, essendo impossibile, per 11 grande disordine vascolare, rintracciare le primane).

Particolarmente interessante t il comportamento delle tracheidi mi- dollari, che in talune specie sono sparse in tutto il midollo, in altre solo in vicinanza dei fasci e in altre ancora si estendono sui fianchi dei cordoni vascolari in sen0 ai raggi midollari.

In base alle osservazioni fatte si t portati a considerare tali tracheidi come rappresentanti del tessuto di trasfusione o centripeto, residui di quei cordoni xilematici presenti nel midollo delle piante ancora non molto evolute.

Si t voluto rievocare il comportamento delle Cactacee di fronte alle lesioni meccaniche e all'introduzione di sostanze stimolanti, per ri- levarne l'analogia con quello che fu gii osservato nelle Chenopodiacee (Beta vulgaris) e nelle Phytolaccacee.

Sia nella PhytoIacca dioica, certamente piii primitiva e con costitu- Zione di stela anomala, sia nella Phytolacca decandra con una lesione meccanica, cui abbiamo aggiunto una sostanza stimolante come la bile, siamo riusciti a riprodurre le stesse reazioni.

Si 2 visto cosi un processo cicatriziale lungo i margini della lesione. Tale processo t preceduto da un'enorme distensione delle cellule midol- lari, che poi si dividono. Queste in prossimiti della lesione, sotto uno strato di cellule a pareti ispessite, producono del fellogeno e uno strato corticale. Poi, a partire dal punto dove la cerchia primitiva t stata inter-

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rotta, si ha la formazione di un floema che i: la diretta continuazione di quello situato ai margini della suddetta cerchia e che ha ruotato, con- tornando i labbri della ferita. Lo strzto floematico che proviene dai due lati interrotti prosegue a mano a mano verso l’interno e si congiunge fino a ripristinare la cerchia, . Contemporaneamente a1 floema si ha la formazione di ulteriori ele-

menti vascolari e, se si esaminano delle Phytolaccacee dopo un lungo pe- riodo, si pub rilevare che hanno completato la cerchia vascolare rotta dalla lesione. In tal mod0 nel punto colpito si ha la formazione di due stele complete.

Tale processo cicatriziale comune alla Phytolacca dioica e alla Phy- ~ ~ Z Q C C U decandra i: pili rapido ed imponente se in mezzo ai labbri della ferita si 2: posta una garza imbevuta in una soluzione di bile.

C’t da notare un altro fenomeno interessante. Nella P ~ Y ~ O ~ Q C C U de- candra la vitalith delle cellule midollari non 6 lunga, quando invece la stela t ferita pare che il parenchima midollare venga ringiovanito e acquisti una grande resistenza, cosa che si riscontrava naturalmente nelle Phyto- Zacca dioica, probabilmente per la funzione di nutrizione esercitata dai fasci midollari presenti in tale specie.

I1 processo di riparazione delle Phytolaccacee non avrebbe un signi- ficato particolare, ma rientrerebbe nei comuni processi cicatriziali. . Molto pili interessanti, invece, sono i processi che awengono in sen0 alla primitiva cerchia vascolare per effetto sia del trauma che del- I’azione stimolante della bile e del ristagno dei materiali nutritivi per effetto della fasciatura.

Si assiste nella Phytolacca decandra a una delignificazione dei raggi midollari che si allargano e distanziano i fasci che cosi riacquistano la propria individualita. Inoltre nel parenchima del legno compaiono delle bande di nuovo parenchima, che frazionano il fascio in pili parti. I1 pro- cesso i: particolarmente visibile verso i labbri della ferita, dove i pezzi del fascio sono allontanati per effetto di un cuneo che si t insinuato e che decresce di volume andando dai bordi a1 centro del semicerchio. Sopra ai fasci preesistenti si origina del floema, questo pud restare a contatto solo con la porzione di xilema, o pub proliferare awolgendo tutta la porzione. In tal caso una volta che l’ha attorniata pub originare dei nuovi elementi che si accollano tutt’attorno alla parzione preesistente. Si forma cosi una stela di tip0 arcaico in quanto manca di midollo. In- torno alla porzione in tal mod0 isolata, si forma una guaina di cellule sclerenchimatiche e l’endodermide. .Ogni fascio va a costituire una stela a sk, non solo, ma si pub talvolta parlare, di pili stele formate dallo spez- zettamento dell’intero fascio, per interposizione di parenchima.

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Talvolta si pub avere la fusione di due o tre fasci. Inoltre la guaina '

sclerenchimatica che segna il limite tra il cilindro centrale e la corteccia, pub piegarsi e girare a1 di sotto della porzione isolata di un fascio, che viene cosi spinta verso la corteccia dopo essersi incapsulata di parenchima.

In altre parole si ha il frazionamento della stela delle PhytoZaccacee' in modo del tutto simile a quello notato per le Chenopodiacee e le Ca- ctacee. Non solo, ma lo smembramento e la tendenza nei punti colpiti alla torsione dei cordoni ci riporta a1 carattere (( liana 1) della famiglia, che del resto t comune anche alle Cactacee. Inoltre, essendo i-vasi assai piG grandi ed essendo visibili le primane, non esiste dubbio che il legno che si forma abbia un carattere arcaico e centripeto: cib conferma che le supposizioni gih fatte per le Cactacee erano attendibili.

CONCLUSIONI

Le ricerche compiute sui processi di riparazione delle PhytoZaccacee [Phytolacca decandra e Phytolacca dioica], contribuiscono a riconfermare l'esistenza di rapporti tra questa famiglia e quella delle Cactacee.

Le affinith istologiche fra le due famiglie, apprezzabili si, ma non determinanti nei soggetti normali, vengono messe in rilievo durante il processo di riparazione, specie se alla lesione meccanica artificiale si accoppia l'azione di sostanze stimolanti.

La presenza di bande di parenchima tra gli elementi xilematici viene esaltata mettendo in evidenza un carattere comune alle due famiglie.

Inoltre vengono poste in risalto le caratteristiche del parenchima midollare che risulta un tessuto misto a carattere primitivo in entrambe le famiglie.

Anche i raggi midollari, ispessiti nella Phytolacca decandra e poco accentuati, in conseguenza del trauma si allargano e ritornano paren- chimatici con lo stesso processo notato per le Cactacee.

Infine il carattere di ( ( l iana~, appartenente solo a qualche specie delle due famiglie, riaffiora durante i processi di riparazione.

Anche in questo caso si ha la conferma che l'ambiente, da solo, non t capace di determinare una data struttura in una specie, se questa non ne possiede gih i caratteri latenti.

L'affinith dei processi di ciiatrizzazione tra le PhytoZaccacee e le Cactacee chiarisce quelli che erano gih stati rilevati tra le Cactacee e le Chenopodiacee.

Le ricerche embriologiche e morfologiche avevano gii indicato una parentela fra le Cactacee e le altre Centrosperme. .

L'embriologia di tutte le famiglie delle Centrosperme poteva consi-

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derarsi omogenea e non si sarebbe potuto spiegare il ritrovamento delle stesse caratteristiche nelle Cactacee, se queste, come volevano alcuni si- stematici, fossero da considerare filogeneticamente distinte.

Le stesse ricerche morfologiche avevano dimostrato una stretta pa- rentela tra le Cactacee e alcune Phytolaccacee, solo non riusciva chiaro perchl: alcune specie di Phytoloccacee a struttura regolare venissero con- siderate sistematicamente lontane. L’avere risvegliato le tendenze ata- viche anche nelle Phytolaccacee apparentemente a stela normale porta una luce conciliativa anche nel campo morfologico.

11 contributo portato dall’anatomia comparata e patologica nel ri- solvere la controversa questione dei legami filogenetici e delle affiniti della famiglia delle Cactacee con l’ordine delle Centrosperrne, t stato in questo caso di notevole valore ed h in accord0 con i reperti trovati nel- l’embriologia e nella morfologia normale.

La comparsa di tracheidi nel parenchima midollare della Pyto- lacca decandra in seguito a h lesione ci conferma I’affinith tra questi ele- menti e i fasci midollari della Phytolacca dioica, e inoltre ci conferma il carattere di parenchima midollare misto a f h e a quello delle Cactacee.

In tal mod0 seguendo i processi di cicatrizzazione si sono venuti a trovare, dopo quelli illustrati per le Chenopodiacee, dei nuovi legami tra le Cactacee e le Phytolaccacee.

Tali analogie, se confrontate con i rapporti messi in luce tra le due famiglie sia dalle ricerche di embriologia sia da quelle di morfologia, non possono essere ritenute occasionali e portmo un contributo alla tesi di WETTSTEIN, di BUXBAUM e di altri, che giustamente attribuiscono la famiglia delle Cactacee all’ordine delle Centrosperrne.

Nota: I1 piano del lavoro e lo studio dell’anatomia patologica 6 dovuto alla Prof.sa. SCARAMELLA PETRI, lo studio dell’anatomia nomale della Phytolacca dioica e decandra alla Dott.sa MAZZI ed, infine, la Dottsa TAMPIERI ha coadiuvato sia alla parte sperimentale sia alle ricerche bibliografiche.

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SUI PROCESSI DELLE PHYTOLACCACEAE E DELLE CACTACEAE 483

SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE XI-XIV

TAVOLA I.

Fig. 1. - Sezione di giovane fusto di Phytolacca decandra : porzione xilematica. Sono visibili le primane del midollo. Evidente pure il fleoterma. Ing. - 160.

' Fig. 2. - Sezione di P. decandra pih adulta. I fxci sono separati dai raggi midollari. Ing. N. 160.

Fig. 3. - Sezione di fusto di P. decandra in etH ancora pic avanzata. Si nota la porzione floematia. Ing. - 160.

Fig. 4. - Idem, a maggior ingrandiniento. Sono visibili i raggi midollari e il protoxilema. Ing. - 200.

Fig. 5. - Sezione di giovane fusto di Phyrolacca dioica. Si osservi come i raggi midollari siano proporzionalmente pih ampi dei precedenti e come siano pre- senti nel midollo i tipici cornplessi. Ing. - 80.

Fig. 6. - Idem, in eth pic avanzata. Ing. - 80.

TAVOLA 11.

Fig. 7. - P. dioica: processo di riparazione nella zona del midollo. k isolato uno dei complessi midollari. Ing. - 180.

Fig. 8. - Tessuto cimtriziale in attiva divisione tra il labbro della ferita e la cerchia normale. Ing. N 180.

Fig. 9. - La vecchia porzione legnosa i: isolata da1 tessuto ciatriziale. Si forma un arc0 di cambio che congiungerh i fasci neoformati a quelli preesistenti. Ing. - 90.

Fig. 10. - I1 processo di riparazione 6 completo e nella parte rnessa a110 sco- perto si sono riformati i fasci orientati con lo xilema verso lo xilema preesistente. Ing. - 90.

Fig. 11. - Sezione di giovane fusto. Una porzione di vasi alterata viene incap- sulata dal midollo. Ing. - 180.

Fig. 12. - Primane alterate in prossimiti delle cellule midollari che reagi- scono. Ing. - 180.

TAVOLA 111.

Fig. 13. - Process0 cicatriziale nelle cellule del parenchima midollare di P. de-

Fig. 14. - Particolare della divisione delle cellule del midollo. Ing. - 390. Fig. 15. - Processi di riparazione sulla superficie di lesione. Nella parte pih

vicina a1 tessuto di conduzione si ha il ripristino della cerchia. A1 centro cellule del parenchima in divisione, ma ancora indifferenziate. Ing. - 155.

Fig. 16. - Particolare della precedente. Ing. - 310. Fig. 17. - Cellule midollari ipertrofiche. Ing. - 390. Fig. 18. - Banda di parenchima incuneatasi entro la cerchia legnosa. Di fronte

Fig 19. - Particolare della precedente. Davanti all0 xilema si vede la forma-

candra, che si sono divise. Ing. - 310.

ai fasci si forma il floema. Ing. - 155.

zione di gruppi floematici separati dai raggi midollari. Ing. - 155.

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484 SCARAMELLA PETRI, MAZZI, e TAMPIERI

TAVOLA IV.

Fig. 20. - P . decandra; reazione a1 taglio con la formarione di due Iabbri.

Fig. 21. - Particolare della precedente a maggiore ingrandimento. Ing. - 180. Fig. 22. - Spezzettamento della cerchia legnosa normale, conseguenze del

Fig. 23. -' Dalla parte della lesione si i. neoformato dello xilema che va, a con-

Fig. 24. - Particolare 3 maggior ingrandimento. Ing. - 180. Fig. 25. - Porzione di fascio kolata. Tutto attorno si t formata un umbio.

Nello xilema interrotto si origina un cuneo d i parenchima. Ing. - 30.

taglio. Ing. - 90.

giungersi con quello preesistente. Ing. - 75.

Ing. - 180.

SUMMARY

Reparation processes in Phytolacca dioica and decandra show a clear analogy with the processes observed in many other families of Centrospermee, as Cactaceae and Chenopodiaceae.

They also give a new contribution to anatomical and embryological founds which cause the inclusion of Cactaceae into the order of Centrospermee, although this position not be well accepted till now by every botanist.

RIASSUNTO

I processi di riparazione della Phytolacca decandra e P. d'oica mostrano un'ana- logia con quelli osservati in altre famiglie delle Centrosperme, come ad esempio fe Chenopodiacec e le Cactacee.

Cib convalida e porta un nuovo contributo ai reperti di anatomia ed embriolo- gia, che fanno porre le Cactacee nelle Centrosperme, posizione che perb ancor oggi non t da tutti accettata.

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P. SCARAMELLA PETRI, S. MAW, A. TAMPIERI. - Comiderazioni comparative sui pro- cersi di rivarazione delle Phvtolaccaceae e delle Cactaceae.

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I Nnovo Giornale Botanico l ta l iano Noova serie, Val. LXIV, Tav. XIII. 1

P. SCARAMELLA PETRI, S. MAZZI, A. TAMPIERI. - Considerazioni comparative sui processi d i riparatione delle Phytolaccaceae e delle Cactaceae,

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