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Laura Coppini CONSENSO INFORMATO, INFORMAZIONE SANITARIA E COMUNICAZIONE FARMACEUTICA Collana “Orizzonti” 35

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Laura Coppini

CONSENSO INFORMATO, INFORMAZIONE SANITARIA E

COMUNICAZIONE FARMACEUTICA

Collana “Orizzonti”35

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Laura Coppini, Consenso informato, informazione sanitaria e comunicazione farmaceuticaCopyright © 2016 Tangram Edizioni ScientificheGruppo Editoriale Tangram Srl Via Verdi, 9/A – 38122 Trentowww.edizioni-tangram.it [email protected]

Collana “Orizzonti” – NIC 35

Prima edizione: giugno 2016, Printed in EU

ISBN 978-88-6458-153-8

In copertina: Abstract, Geralt – Pixabay

Stampa su carta ecologica proveniente da zone in silvicoltura, totalmente priva di cloro. Non contiene sbiancanti ottici, è acid free con riserva alcalina.

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SOMMARIO

Introduzione 9

I. Rapporto medico-paziente: il consenso informato 131. Il riconoscimento del diritto al consenso informato 132. L’iter interpretativo della Corte costituzionale 193. Autodeterminazione e dignità 224. Efficacia del consenso: il problema dei soggetti incapaci 265. Considerazioni sull’autonomia risarcitoria del danno da omessa

informazione 316. (segue): onere probatorio e nesso di causalità 387. Contenuto dell’obbligo informativo 418. Requisiti e forma del consenso 439. Omessa informazione alla gestante sulle malformazioni

genetiche 4510. Sieropositività: informazione e consenso agli accertamenti

relativi al virus Hiv 47

II. Privacy sanitaria e nuove tecnologie 531. La tutela del diritto alla privacy in ambito sanitario 532. Cartella sanitaria elettronica 563. Fascicolo Sanitario Elettronico e Dossier sanitario 604. Riserbo e tutela risarcitoria 67

III. L’informazione sui servizi sanitari 711. Il paziente-consumatore 712. Informazione e pubblicità in ambito sanitario 75

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IV. Settore farmaceutico 851. La pubblicità dei farmaci 852. Vendita dei farmaci online 913. Responsabilità per danni da farmaci 974. La tutela risarcitoria 1005. Farmaci off-label e responsabilità 1096. Cosmetici: la differenziazione dai medicinali 114

Bibliografia 121Giurisprudenza 134Sitografia 137

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CONSENSO INFORMATO, INFORMAZIONE SANITARIA E

COMUNICAZIONE FARMACEUTICA

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro si propone di affrontare la tematica dell’informazione in ambito sanitario analizzandone questioni che ricadono nel settore del diritto privato.

Si parte dal considerare, innanzitutto, il rapporto medico-paziente che, ormai, deve essere analizzato alla luce dei cambiamenti che lo han-no fatto evolvere in quella che possiamo definire un’alleanza terapeutica tra le due parti. Non si tratta più di una relazione che vede il medico in posizione di supremazia, arbitro incontrastabile circa i processi di cura cui sottoporre il paziente. Ci troviamo, infatti, di fronte a un rapporto in cui il principio del consenso del paziente, inteso quale espressione del di-ritto all’autodeterminazione e il correlato obbligo di informare gravante sul medico, assumono un ruolo sempre più decisivo anche in punto di responsabilità per danni derivanti dalla loro violazione.

La tutela del paziente merita, inoltre, opportune considerazioni in ma-teria di protezione della privacy, in un settore, come quello della salute, dove possono essere oggetto di bilanciamento la riservatezza del singolo, da un lato, e gli interessi generali di tutela della salute collettiva, dall’al-tro. Parlare di privacy, peraltro, ci porta ad affrontare problemi connessi all’utilizzo delle più recenti e avanzate tecnologie che si vanno afferman-do, ormai, nel settore sanitario: a partire dalla cartella clinica elettronica, fino alle novità in tema di Fascicolo Sanitario Elettronico. Queste pecu-liari modalità di trattamento dei dati rendono indispensabili particolari accortezze, vista la delicatezza della materia e, conseguentemente una disciplina idonea a garantire il soggetto che venga leso nella sua riserva-tezza.

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10 Introduzione

Il lavoro passa poi a trattare questioni di informazione e pubblicità inerenti ai servizi sanitari. Il paziente ha, ai nostri tempi, a disposizione canali di diffusione delle informazioni (non necessariamente pubblici-tarie) che vanno moltiplicandosi, ma queste, a volte, possono rappre-sentare un ostacolo, piuttosto che un aiuto, nell’intraprendere scelte corrette da parte sua.

Proprio con riferimento ai servizi sanitari viene fatta una precisazione concettuale per individuare i confini tra informazione e pubblicità, non sempre così evidenti, e si analizzano le disposizioni del codice deonto-logico medico coordinandole con quelle legislative introdotte dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. Decreto Bersani).

La comunicazione sanitaria, infine, riguarda anche il settore farma-ceutico nel quale la disciplina comunitaria, poi recepita dal nostro or-dinamento, offre spunti di riflessione quanto alla distinzione tra “infor-mazione” e “pubblicità”, dovendo tenersi presente che, in tale ambito, la promozione a scopo commerciale, rivolta al pubblico, è riservata ai soli farmaci non soggetti a prescrizione medica.

L’attività pubblicitaria è naturalmente finalizzata alla vendita dei pro-dotti e, nell’ambito di cui trattasi, la novità è rappresentata dalla vendita online, introdotta dal d.lg.  19 febbraio 2014, n.  17 nel d.lg.  24 aprile 2006, n. 219. È interessante constatare le implicazioni di carattere civili-stico che questo nuovo strumento comporta a tutela del consumatore, a livello di obblighi informativi e protezione dei dati personali nel compi-mento dell’acquisto per via telematica.

La distribuzione di medicinali sul mercato, quindi la loro immissio-ne in commercio, richiede, inoltre, che sia prevista una disciplina che garantisca una tutela risarcitoria a fronte di danni provocati da farmaci o dispositivi medici; si discute se si debba, a tale scopo, fare riferimento all’art. 2050 c.c. o ricorrere alla disciplina di cui al Codice del consumo per la responsabilità per danni da prodotti difettosi.

Il lavoro prosegue, poi, trattando altre due tematiche: la responsabilità del medico nella somministrazione di farmaci off-label, ovvero l’impiego nella prassi clinica di farmaci già registrati, ma prescritti al di fuori delle indica-zioni autorizzate e la differenziazione dei cosmetici rispetto ai medicinali.

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Introduzione 11

Quello dei cosmetici è un settore del quale una consapevolezza dal punto di vista giuridico è maturata piuttosto tardi. Come dimostrato da molte pronunce della Corte di Giustizia ci troviamo in un ambito in cui viene operato un bilanciamento tra la tutela del commercio co-munitario, nel senso di libera circolazione delle merci, quindi di libera concorrenza, e la tutela del consumatore. Questa si declina come tutela della salute, quanto a sicurezza dei prodotti cosmetici, specie per quanto attiene alla particolare categoria dei “cosmeceutici”, ma anche come tute-la dalla decettività delle informazioni pubblicitarie che possono rendere un cosmetico confondibile con un farmaco.

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I. RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE:

IL CONSENSO INFORMATO

1. Il riconoscimento del diritto al consenso informatoIl percorso intrapreso dalla giurisprudenza, sia in ambito civilistico che penalistico, è stato caratterizzato dall’ancoraggio costituzionale del con-senso informato e dalla sua riconducibilità all’alveo dei diritti individuali e fondamentali dell’individuo.

In questo iter, è proprio l’autonomia del malato, collegata ai principi co-stituzionali tramite la riconduzione del consenso al diritto fondamentale della libertà personale, declinato nel campo della tutela della salute, che delinea poteri e doveri e, di conseguenza, la sfera della responsabilità del medico nella relazione con il paziente. Il ruolo del primo viene ridisegnato alla luce del principio di autonomia e di autodeterminazione di quest’ulti-mo, di modo che ne scaturisce una nuova concezione della salute intesa in senso ampio. Trattasi di una condizione in cui è coinvolta non solo l’analisi della situazione fisico-clinica del soggetto, ma anche una valutazione dello stato psicologico del medesimo, dei suoi valori e della sua volontà.

Il percorso seguito dalla giurisprudenza penale rispetto al tema del consenso informato conosce un primo orientamento che arriva sino al “caso Massimo” deciso dalla Cassazione con sentenza del 21 aprile 1992, n. 56391, la quale si aggiunge a quelle pronunce che affermano l’antigiu-ridicità dell’attività medica che violi il diritto al consenso informato.

1 Cass. pen., 21 aprile 1992, n. 5639, in Cass. pen., 1993, p. 63 ss. In questa sentenza la Corte di Cassazione era stata chiamata a decidere sulla penale responsabilità di un

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14 I. Rapporto medico-paziente: il consenso informato

In un secondo momento, la prospettiva della Suprema Corte si ribalta e si compiono progressi nella teorizzazione di questo istituto: l’ars medi-ca è lecita ogni qual volta miri a proteggere beni di rilievo costituzionale, quali la vita e la salute del paziente. Viene, così, ridimensionato il ruolo del consenso, inteso ora come condizione aggiuntiva di legittimità di un’attività che, già di per sé, è tale2.

medico di Firenze che, nel corso di un intervento transrettale, ebbe a decidere, unilate-ralmente, per una laparotomia, senza aver preliminarmente raccolto il consenso della paziente di 83 anni che, invece, era solo stata informata circa il primo intervento e le conseguenze eventuali dello stesso. Il caso fu eclatante. La Corte ritenne, così come indicato dai difensori della parte civile, che effettivamente nel caso di specie si fosse integrato un omicidio preterintenzionale, essendo conseguita la morte della paziente, a nulla rilevando che il medico ebbe ad agire per fini terapeutici. La Corte, infatti, affer-mò che nel caso di specie non si potesse parlare di un vero e proprio stato di necessità e, quindi, nemmeno di un conseguente consenso presunto della paziente. 2 Cass. pen., 27 marzo 2001, n. 36519, in Corr. merito, 2009, p. 304; Cass. pen., 11 luglio 2001, n.  35822, in Cass. pen., 2002, p.  2041; Cass. pen., 29 maggio 2002, n.  26446, in Riv. it. dir. pen., 2004, p.  607. Il medico è sempre legittimato a effet-tuare il trattamento terapeutico giudicato necessario per la salvaguardia della salute del paziente – anche in mancanza di esplicito consenso – dovendosi invece ritene-re insuperabile l’espresso e consapevole rifiuto eventualmente manifestato, ancorché l’omissione dell’intervento possa cagionare un aggravamento dello stato di salute o, persino, il decesso; se poi, in concreto, vi siano tutti i requisiti per ritenere l’intervento chirurgico eseguito con puntuale osservanza delle regole proprie della scienza e della tecnica medica, si deve, solo per tale ragione, anche se mancano specifiche cause di liceità codificate, escludere comunque ogni responsabilità penale del medico, quan-tunque l’intervento abbia avuto esito infausto. A queste pronunce seguono, a dirimere i contrasti giurisprudenziali, Cass. Sez. Un. Pen., 21 gennaio 2009, n. 2437, in www.altalex.it: “l’attività sanitaria, pertanto, proprio perché destinata a realizzare in concre-to il diritto fondamentale di ciascuno alla salute (…) ha base di legittimazione (fino a potersene invocare il carattere di attività, la cui previsione legislativa deve intendersi come “costituzionalmente imposta”), direttamente dalle norme costituzionali, che, appunto, tratteggiano il bene della salute come diritto fondamentale dell’individuo”, con la conseguenza che ai giudici di legittimità sembra “davvero incoerente l’ipotesi che una professione ritenuta, in sé, di pubblica necessità (art. 359 c.p.), abbisogni per legittimarsi, di una scriminante tipizzata, che escluda l’antigiuridicità di condotte stru-mentali al trattamento medico, ancorché attuate secondo le regole dell’arte e con esito favorevole per il paziente”.

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1. Il riconoscimento del diritto al consenso informato 15

Guardando all’ambito civilistico, che è quello che ci interessa più da vicino, la giurisprudenza, valutando il rapporto tra informazione e con-senso, riconosce conseguenze giuridiche a fronte di omessa o carente informazione al paziente, per violazione del diritto all’autodetermina-zione.

Si fa riferimento alle Sezioni Unite del 20083, famose per aver sanci-to l’unitarietà del danno non patrimoniale4, che qui si richiamano per la riconduzione del diritto alla salute e, in particolare di quello all’au-todeterminazione, nel novero dei diritti costituzionalmente garantiti ex art. 2059 c.c. Il pregiudizio di tale diritto, consistente nella lesione al diritto all’informazione, quindi alla libertà di scelta del trattamento terapeutico, potrà dar vita alla pretesa risarcitoria del danno non patri-moniale, indipendentemente dall’esito fausto o infausto e dalle modalità attuative dell’intervento su cui sarebbe dovuto ricadere.

Copiosa è la casistica in cui i giudici, sia di legittimità che di merito, si soffermano su alcuni degli aspetti più rilevanti in tema di consenso all’at-to medico: contenuto del dovere di informazione, valore del modello cartaceo di consenso informato, natura dell’obbligo di informazione e conseguenze del suo inadempimento. In tali pronunce si ribadisce, pres-soché uniformemente, con accordo della prevalente dottrina, la natura contrattuale del dovere de quo, anche per facilitare l’esito favorevole della pretesa risarcitoria del paziente danneggiato (si pensi all’onere probato-rio e alla disciplina della prescrizione)5.

3 Le note sentenze di San Martino, Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972, 73, 74, 75, in Riv. dir. civ., 2009, p. 97 ss., precedute dalle c.d. sentenze gemelle, Cass., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, in Foro it., 2003, I, c. 2272 e da Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Corr. giur. 2003, p. 10174 R. Scognamiglio, “Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale”, in Nov. Dig. It., Torino, 1968, p. 670 ss.; Id., “Danni alla persona e danno morale”, in Riv. dir. priv., 2008, p.  463  ss.; P. Cendon, “Il risarcimento del danno esistenziale nel sistema di tutela della persona”, in Studi in onore di Schlesinger P., III, Milano, 2004, p. 2083 ss.; C. Castronovo, “Danno esistenziale: il lungo addio”, in Danno e resp., 2009, p. 1 ss. 5 La giurisprudenza, stando all’orientamento prevalente, qualifica in termini di inadem-pimento contrattuale l’omessa acquisizione del consenso del paziente ovvero l’acquisi-zione di un consenso viziato da un’informazione insufficiente, così gravando il paziente

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16 I. Rapporto medico-paziente: il consenso informato

Si riconosce, infatti, che il rinvio alla responsabilità contrattuale e alle relative disposizioni codicistiche non contraddice il sempre più concla-mato legame tra consenso informato e dettato costituzionale. La tute-la di un diritto sul terreno civilistico, infatti, e precisamente in campo contrattualistico, riceve ancor più vigore se volta alla salvaguardia di un diritto che trova fondamento nella nostra fonte primaria. Un simile rap-porto sembra vitale e indispensabile per la norma civilistica per dotarsi di una forza ulteriore rispetto a quella che possiede di per sé.

La giurisprudenza, inoltre, ha chiarito, di recente, che il difetto di in-formazione è ascrivibile alla categoria della negligenza6, con l’effetto di sancire l’inescusabilità anche a fronte di casi di speciale difficoltà per le ragioni riferibili alla corretta interpretazione dell’art. 2236 c.c. È il ruo-lo della diligenza, quale criterio per la determinazione del contenuto dell’obbligazione, che impone la deduzione, nel nucleo del contratto, del dovere di informare.

Può considerarsi, ormai, superata la tesi, riferibile a un orientamento minoritario, secondo cui il dovere di informazione sarebbe concretizza-zione dei doveri di lealtà e correttezza nella fase di formazione del con-tratto, riconducibile, pertanto, ai comportamenti seconda buona fede ex 1337 c.c., nelle trattative precontrattuali7.

stesso, in quanto parte “adempiente”, del solo onere di allegarlo e onerando il medico e/o la struttura della prova contraria, in merito al fatto di aver, invece, esattamente adempiuto all’anzidetta obbligazione. Si vedano, ex multis: Cass., 23 maggio 2001, n. 7027, in Foro it., 2001, I, c. 2504; Cass., 19 ottobre 2006, n. 22390, Danno e resp., 2007, p. 103; Cass., 29 settembre 2009, n. 20806, in Ragiusan, 2010, p. 315 s.; Cass., 9 febbraio 2010 n. 2847, in Giust. civ. Mass., 2010; Cass., 28 luglio 2011, n. 16543, in Danno e resp., p. 621; Cass., 30 settembre 2014, n. 20547, in Giust. Civ. Mass., 2014. In dottrina: N. Callipari, Il consenso informato nel contratto di assistenza sanitaria, Mi-lano, Giuffrè, 2012, p. 128; V. Montanari, “L’inadempimento medico per la (sola) violazione del consenso informato”, in Danno e resp., 2012, p. 631 ss.; A. Borretta, “Responsabilità medica da omesso o insufficiente consenso informato e onere della prova, “in Resp. civ. prev., 2014, p. 906. 6 Cass., 31 luglio 2013, n. 1834, in www.personaedanno.it. 7 Cass., 25 novembre 1994, n. 10014, in Foro it., 1995, I, c. 2913; Cass., 15 gennaio 1997, n. 364, ivi, c. 771.

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II. PRIVACY SANITARIA E NUOVE TECNOLOGIE

1. La tutela del diritto alla privacy in ambito sanitarioAbbiamo visto come la finalità curativa che anima l’agire medico si deb-ba ispirare all’esaltazione dell’autodeterminazione del paziente, nell’ac-cezione più lata di rispetto della vita privata, come diritto a determinare la costruzione della propria sfera personale89. La stessa finalità, tuttavia, si spinge a coinvolgere, più in generale, il problema della protezione della riservatezza90 che in certe ipotesi può essere oggetto di bilanciamento con valori contrapposti legati a interessi della collettività91.

In tale ambito si registra l’attenzione riservata alla dignità del malato dal Garante per la protezione dei dati personali, nel cui mirino finiscono sempre più spesso casi di lesione del riserbo in sanità, con raccoman-

89 Evidenziano come l’autodeterminazione abbia una funzione strumentale in relazio-ne alla realizzazione di altri diritti, S. Rodotà, “Persona, riservatezza, identità, Pri-me note semantiche sulla protezione dei dati personali”, in Riv. crit. dir. priv., 1997, p. 152 ss.; G. Ferrando, Consenso informato del paziente e responsabilità del medico, principi, problemi e linee di tendenza, ivi, 1998, p. 45 ss.; D. Messinetti, Circolazione dei dati personali e dispositivi di regolazione dei poteri individuali, ivi, 1998, p. 339 ss.; C. Scognamiglio, “Dignità dell’uomo e tutela della personalità”, in Giust. civ., 2014, 67 ss. 90 P. Zatti, Note sulla semantica della dignità, in maschere del diritto volti della vita, Milano, 2009, p. 47. 91 E. Navarretta, “Commento all’art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati),” in C. M. Bianca e F. D. Busnelli (a cura di), La protezione dei dati personali. Commentario al D.lgs. 30 giugno 3003, n. 196 (“Codice della privacy), I, Padova, 2007, p. 349.

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54 II. Privacy sanitaria e nuove tecnologie

dazione di adeguare il funzionamento e l’organizzazione delle strutture sanitarie alle prescrizioni di cui al d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, il c.d. Codice della privacy. Negli ultimi anni si sono rincorsi provvedimenti riguardanti il momento del ritiro dei referti e della documentazione re-lativa agli esami effettuati; sono state bandite le consegne a busta aperta a soggetti privi di delega e specificate le cautele nella consegna di presidi sanitari che non possono essere lasciati in buste trasparenti a vicini di casa o incustodite davanti all’ingresso92.

Oltre alle particolari precauzioni nei confronti delle persone affette da Hiv, la tematica del riserbo ha riguardato anche la libertà religiosa, prevedendo i casi in cui possano essere raccolte informazioni sull’orien-tamento confessionale dei ricoverati93.

Sempre nelle pieghe delle Relazioni annuali del Garante, trova con-ferma come l’incauto utilizzo della posta elettronica e della rete da parte dei professionisti sanitari, di strutture ospedaliere, ma anche di altri enti, continui a comportare lesioni alla sfera privata anche nel trattamento dei dati sanitari94. La vastità del campo di intervento del Garante non sorprende perché le informazioni sulla salute rappresentano il nocciolo duro della privacy, atte a rivelare gli aspetti più intimi e riservati della personalità.

Prendendo in esame il d.lg.  n.  196/2003, per l’argomento che a noi interessa, va detto che questo oltre a una disciplina generale valevole per tutti i dati personali, prevede regole specifiche per alcune categorie di informazioni. Il titolo V della parte II, incentrandosi, per la verità, più sul settore in cui avviene il trattamento che sul tipo di dato interessato, disciplina in modo rigoroso il trattamento delle informazioni personali

92 In tema di referti online, vedi provvedimento 19 novembre 2009, in G. U. 11 di-cembre 2009, n. 288; per il resto cfr. Garante Privacy, Relazione annuale, Diritto alla protezione dei dati personali: garanzie per i cittadini e sicurezza dei sistemi, 2005, p. 44 ss.; Id., Relazione annuale, Protezione dei dati, trasparenza e tecnologie della comu-nicazione, 2012, p. 120 ss. 93 Garante privacy, Provvedimento 12 novembre 2014, n. 515. 94 Approfondiscono queste problematiche la Relazione annuale 2013 e la Relazione annuale 2014.

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1. La tutela del diritto alla privacy in ambito sanitario 55

in ambito sanitario, sotto il profilo delle modalità di accesso, conserva-zione e utilizzazione, tenendo conto del ruolo dei medici e del personale paramedico. La tipologia di informazioni considerate dalla normativa è variegata: alcune disposizioni riguardano i dati idonei a rivelare lo sta-to di salute, oggetto delle previsioni contenute agli artt. 76, 81, 84, 91; un articolo specifico è dedicato ai dati genetici (art. 90) che per la loro capacità predittiva godono di particolare tutela95. Tali norme vengono coordinate nella loro applicazione con quelle della Parte I del Codice, di cui agli artt. 22 e 26, rispettivamente relative ai principi applicabili al “Trattamento dei dati sensibili e giudiziari” e alla “Garanzia per i dati sensibili” che sanciscono la conservazione separata dei dati idonei a rive-lare lo stato di salute e il generale divieto della loro diffusione.

Non è questa la sede per soffermarsi sulle delicate questioni che sor-gono dal coordinamento di queste due parti del Codice, ulteriormente complicate dall’assenza di una dettagliata definizione legislativa di dato sanitario del quale si enuncia solo l’idoneità a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale96. Si può, qui, sinteticamente richiamare il contenuto delle regole dettate all’art. 76 per esercenti le professioni sanitarie e orga-nismi pubblici sanitari. Viene previsto che se il trattamento riguarda dati e operazioni indispensabili per perseguire finalità di tutela della salute e incolumità fisica dell’interessato, il criterio generale sarà quello del con-senso, espressione della scelta autodeterminativa della persona. Qualora

95 Sulla nozione di “dato genetico” Cass., 13 settembre 2013, n. 21014, in Danno e resp., 2014, p. 43 ss., con nota di A. Agnino. 96 L’idoneità va intesa in senso ampio, comprensiva non solo di informazioni relative a malattie, ma di ogni riferimento da cui possa desumersi o presumersi uno stato pato-logico, sintomatico o cronico, nonché ogni informazione relativa allo stato fisico, psi-chico e relazionale dell’individuo, cfr. J. Monducci e G. Pasetti, “Il trattamento dei dati sanitari e genetici”, in Aa.Vv., Il codice in materia di protezione dei dati personali. Commentario sistematico al D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a cura di J. Monducci e G. Sartor, Padova, 2004, p. 255 ss. Sarà il singolo operatore, di volta in volta, a indi-viduare quale informazione possa essere considerata idonea a fornire indicazioni sullo stato della salute, F. Caggia, “Il trattamento dei dati personali sulla salute con partico-lare riferimento all’ambito sanitario”, in V. Cuffaro, R. D’Orazio e V. Ricciuto (a cura di), Il codice del trattamento dei dati personali, Torino, 2007, p. 409 ss.

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56 II. Privacy sanitaria e nuove tecnologie

la finalità di tutela della salute riguardi, invece, un terzo o la collettività, la previa autorizzazione del Garante supplisce all’eventuale mancanza della manifestazione di volontà97.

Tale prospettiva risulta parziale e insoddisfacente. È evidente che no-tizie così intime si prestino a molteplici e multiformi utilizzazioni, data la vasta e imprevedibile gamma di soggetti (non solo operatori del set-tori clinico-ospedaliero) che quotidianamente gestiscono informazioni riguardanti la salute.

Le nuove tecnologie rappresentano, dunque, una concreta minaccia alla violazione della nostra riservatezza, anche per quanto attiene stret-tamente all’ambito della salute. Ha destato interesse una recente ricerca americana che ha rilevato come, nell’inconsapevolezza di quasi tutti noi, i dati sanitari diventino preziosi attraverso meccanismi che si basano sul-la ricerca in rete da parte degli utenti di informazioni, relative a certe malattie o a certi sintomi, conseguentemente girate dai siti consultati ad aziende terze senza l’esplicito consenso dell’interessato98. Parimenti non sembra arginabile il fenomeno dei cookies utilizzati per catalogarci sulla base delle ricerche che facciamo su Google99.

2. Cartella sanitaria elettronicaLa cartella clinica rappresenta la raccolta di dati del paziente idonei a rappresentare la sua storia clinica. La sua primaria funzione è quella di fornire al personale sanitario che entra in contatto con il malato le in-formazioni necessarie per garantirgli l’assistenza necessaria. Essa, inoltre,

97 D. Poletti, “Commento all’art. 76, (Informativa del medico di medicina generale o del pediatra),” in C. M. Bianca e F. D. Busnelli (a cura di), La protezione dei dati personali. Commentario al D.lgs., 30 giugno 3003, n. 196 (“Codice della privacy), II, cit., p. 1213. 98 T. Libert, “Privacy Implications of Health information Seeking on the Web”, in Communications of the ACM, 53, 3, p. 68 ss. 99 R. De Meo, “Autodeterminazione e consenso nella proliferazione dei dati persona-li”, in Dir. inf. e informatica, 2013, p. 587 ss.

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III. L’INFORMAZIONE SUI SERVIZI SANITARI

1. Il paziente-consumatoreA partire dagli anni Novanta dello scorso secolo e, più intensamente nell’ultimo decennio, in ambito europeo si è assistito a un crescente in-tervento, sia normativo che giurisprudenziale, nel settore della salute. Esso ha preso le mosse dall’applicazione delle regole del mercato interno e della libera circolazione, sino a realizzare un progressivo ampliamento delle politiche europee connesse alla salute, atte a esercitare una crescente influenza sull’organizzazione e sulle scelte dei sistemi sanitari nazionali.

Il fenomeno della circolazione delle persone per motivi legati alla sa-lute o alle prestazioni sanitarie, ha subito una notevole evoluzione all’in-terno dell’Unione, sino ad arrivare alla Direttiva 2011/24/UE, concer-nente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera.

Peraltro, il tema della mobilità attraverso lo spazio europeo per ragioni di cura, è stato oggetto di pronunce della Corte di Giustizia che analiz-zano il fenomeno dal punto di vista della tutela di diritti individuali ed è seguendo le argomentazioni di tali sentenze che si può arrivare a conce-pire il paziente come consumatore130.

130 Sull’argomento si segnala, tuttavia, l’orientamento della Suprema Corte in ord. Cass., 2 aprile 2009, in Resp. civ. prev., 2009, p. 1291 ss., con nota di D. Chindemi, Il paziente di una struttura sanitaria pubblica non è “consumatore” e l’azienda non è “pro-fessionista”. Gli Ermellini, qui chiamati a pronunciarsi sull’operatività del foro del con-sumatore, escludono che l’utente di un servizio sanitario pubblico o privato conven-zionato, possa acquisire la qualifica di “consumatore” e la struttura di “professionista”.

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72 III. L’informazione sui servizi sanitari

Secondo l’accezione dei Trattati, i trattamenti sanitari sono conside-rati servizi: il cittadino europeo, pertanto, può liberamente spostarsi nell’Unione Europea per ottenere le prestazioni mediche desiderate. La Corte ha qualificato le cure come “servizi”, ai sensi dell’art. 60 Trattato CEE, indipendentemente dal fatto che siano dispensate in ambito ospe-daliero o ambulatoriale, in cliniche pubbliche o private, e indifferente-mente dalla modalità di retribuzione delle prestazioni, siano esse pagate direttamente dal paziente, rimborsate o finanziate dal sistema nazionale assicurativo131.

Intendere i trattamenti sanitari come servizi comporta, come conse-guenza, un’evoluzione nel modo di interpretare la figura del paziente e la sua posizione rispetto al sistema sanitario per quanto attiene alla libertà di cura, al flusso di informazioni che riceve e alla facoltà di spostarsi nel-lo spazio europeo. La persona che si muove per ottenere cure mediche viene, così, intesa come consumatore di un servizio che, diversamente da altre prestazioni di natura meramente commerciale, è caratterizzato da alcune particolarità che possono richiedere il soddisfacimento di deter-minati standard o giustificare certe restrizioni.

Il paziente-consumatore è colui che si informa sui trattamenti sanitari e sulla loro disponibilità, che va in cerca delle cure tecnologicamente e scientificamente più avanzate, valutando le alternative disponibili anche nell’ottica di un risparmio economico personale. Si assiste, dunque, a un mutamento, a livello sociale, della figura del paziente, sia come singolo individuo, che nel rapporto con il medico.

A tale riguardo è stato opportunamente rilevato che, mentre in passato il malato era inteso come oggetto della terapia di cui era indiscusso so-

L’azienda ospedaliera non riveste la qualità di professionista poiché quando eroga la prestazione a favore dell’utente non agisce nell’esercizio di un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, in quanto il suo svolgimento deve avvenire nel necessario ri-spetto dei principi di economicità, atteso che comunque l’irrogazione del servizio può essere assicurata anche se cagiona perdite. 131 Si possono richiamare: Corte Giust., C-286/82, Luisi e Carbone c. Ministero del tesoro, par. 16; C-159/90 Grogan, par 18-21; C-372/04 Watts, par. 86; C-444/05 Sta-matelaki, par. 19-22; C-211/08 Commissione europea c. Regno di Spagna, par. 47-49.

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1. Il paziente-consumatore 73

vrano il medico, l’evoluzione della scienza medica, oggi, ha portato a ri-considerare in chiave antropologica questa relazione, con l’effetto di (ri)personificare il paziente132. Tali considerazioni, peraltro, si presentano perfettamente in linea con quanto osservato a proposito di autodetermi-nazione e consenso.

La nuova concezione di una relazione integrata tra medico e paziente, che possiamo anche definire come alleanza terapeutica, ha cominciato a farsi strada negli anni Settanta ed è ancora in evoluzione: da persona, il paziente sta diventando consumatore di un trattamento sanitario, ma si rendono opportune alcune considerazioni.

Il settore della salute si differenzia notevolmente da altri contesti di consumo di prodotti e di servizi. Si pensi, a tale proposito, a quegli ele-menti che rendono la pubblicità in ambito sanitario uno strumento assai potente, foriero di opportunità, ma allo stesso tempo, anche di minacce per l’utente finale.

Innanzitutto il rapporto consumatore-paziente e medico fornitore del servizio è un esempio paradigmatico del concetto di asimmetria in-formativa. Il paziente medio possiede un basso grado di conoscenza in merito alla malattia da cui è affetto, alle differenti soluzioni terapeutiche possibili, ai farmaci disponibili, alla prognosi e ai possibili outcome clini-ci ottenibili seguendo il piano terapeutico consigliato

Va precisato che il paziente è un consumatore atipico, poiché anomalo è il bene di consumo di cui si desidera fruire. Servizi e prodotti sanita-ri appartengono a quella categoria di servizi che data la loro complessità intrinseca, sono difficilmente valutabili da chi ne fruisce, anche dopo il consumo. Data la natura immateriale dei servizi sanitari, tipicamente il pa-ziente attribuisce valore alle dimensioni visibili dell’offerta che riceve, quali la facoltà di accesso (lunghezza della lista di attesa, vicinanza della struttura alle vie di comunicazione, capienza dei parcheggi per auto), l’ambiente in cui viene erogata la prestazione (vicinanza della sala chirurgica al reparto di degenza, pulizia della camera, confort degli arredi, qualità del vitto), il per-

132 W. Andereck, “From patient to consumer in the medical marketplace”, in Cam-bridge Quaterly of Healthcare Ethics, 16, 2007, p. 110.

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IV. SETTORE FARMACEUTICO

1. La pubblicità dei farmaciL’evoluzione della normativa comunitaria sui medicinali ha portato all’a-dozione della Direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario re-lativo ai medicinali per uso umano, all’interno della quale sono confluite disposizioni contenute in precedenti direttive concernenti i vari aspetti della disciplina sui farmaci. In particolare, il Titolo VI (Classificazione dei medicinali) riporta le disposizioni in materia (art. 70, par. 1) rispet-tando i criteri già stabiliti dalla Direttiva 92/26/CEE147 (art. 71, par.1) e fissa, conformemente alla precedente disciplina, le sottocategorie dei me-dicinali soggetti a prescrizione medica (art. 70, par. 2, lett. a. “prescrizio-ne che non può essere rinnovata”; lett. b. “prescrizione medica speciale”; lett. c. “prescrizione limitativa, riservata a taluni ambienti specializzati”).

Entrambe le Direttive hanno codificato caratteristiche e tipologie inerenti ai farmaci da dispensare dietro presentazione di ricetta medi-ca (c.d. farmaci etici), senza prevedere, ma anche senza vietare agli Stati membri di introdurre specifiche sottocategorie per i farmaci non sog-getti ad essa (farmaci da banco o OTC – Over The Counter). Si pensi che l’ordinamento italiano che ha recepito la Direttiva 2001/83/CE con

147 Direttiva concernente la classificazione in materia di fornitura dei medicinali per uso umano, ai sensi del cui art. 2, par. 1, sono soggetti a prescrizione medica i medicinali che “possono presentare un pericolo (…) se usati senza il controllo medico, o (…) in condizioni anormali, o contengono sostanze (…) di cui è indispensabile approfondire gli effetti colla-terali, oppure sono (…) prescritti per essere somministrati per via parentelare (iniettabili)”.

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86 IV. Settore farmaceutico

d.lg. n. 219/2006 identificando all’art. 96 come “medicinali non soggetti a prescrizione quelli che non rispondono ai criteri di cui agli artt. da 88 a 94”, nei quali sono classificati i medicinali soggetti a prescrizione secon-do le indicazioni contenute nel già citato art. 70, par. 2, della Direttiva. Per i farmaci dispensabili senza ricetta medica, l’art. 96, comma 3, della normativa nazionale, prevede l’ulteriore suddivisione, non contempla-ta dalla normativa comunitaria, tra “medicinali per automedicazione” e “medicinali non soggetti a prescrizione medica”.

Tali categorie erano state introdotte nel nostro ordinamento già al momento del recepimento della Direttiva 92/96/CE, mediante d.lg. n. 539/1992 che riservava la denominazione SOP (senza obbligo di prescrizione) ai farmaci che, pur essendo dispensabili senza ricetta, non erano cedibili al consumatore senza un controllo da parte del medico o del farmacista, riservando l’espressione “farmaci da banco” ai medicinali destinati all’uso autonomo da parte del cittadino. La definizione risulta praticamente identica alla nozione contenuta nell’art. 3, par. 2, della Di-rettiva 92/28/CEE, introdotta con lo scopo di disciplinare la pubblicità in campo farmaceutico, in cui si individuavano, come oggetto di pubbli-cità presso il pubblico, solo quei medicinali previsti e concepiti per essere utilizzati senza intervento di un medico.

Soffermandosi sulla normativa di cui alla Direttiva 2001/83/CEE, si nota come il termine “Pubblicità” abbia denominato il Titolo VIII, ma che viene poi affiancato dal temine “informazione” nel Titolo VIII bis (“Pubblicità e informazione”) a seguito delle modifiche apportate dal-la Direttiva 2004/27/CE. Viene qui inserito l’art.  88 bis che prevede la possibilità che la Commissione possa avanzare nuove proposte atte a “garantire una informazione di qualità, obiettiva, affidabile e di carattere non promozionale sui medicinali”.

Sembra opportuno, a questo punto, approfondire il significato delle nozioni comunitarie di “pubblicità” e di “informazione” nell’ambito del farmaco. Come è stato sottolineato dall’Avvocatura Generale dello Stato, in un caso prospettato davanti alla Corte di Giustizia148, sebbene

148 Corte Giust., 2 aprile 2009, C-421/07, “Damgaard”, in Racc., 2009, p. 2629 ss.

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1. La pubblicità dei farmaci 87

la Direttiva non fornisca una loro precisa definizione, l’articolato nor-mativo sottolinea l’evenienza che l’informazione sui farmaci possa non rivestire il carattere di messaggio pubblicitario. L’art. 86, par. 1149, infat-ti, consente di dedurre che la divulgazione del dato informativo possa non rappresentare un mezzo propagandistico qualora al suo interno non siano contenuti intenti di natura promozionale. Come ribadito dalla Commissione, in una sua risposta a interrogazione parlamentare sull’in-tenzione di modificare la legislazione comunitaria onde autorizzare la pubblicità al pubblico di alcuni farmaci venduti solo dietro presentazio-ne di ricetta, “le informazioni servono l’interesse dei paziente, mentre la pubblicità promuove la commercializzazione del prodotto quindi serve alle industrie”. La Commissione specifica che le proposte di modifica dell’art. 88 Direttiva del 2001 si riferiscono alle informazioni, non alla pubblicità.

Vero è che, per l’attuale invadenza della comunicazione, gli annunci a volte non consentono di distinguere chiaramente il confine tra contenu-to pubblicitario e servizio informativo, dal momento che le due tipolo-gie di messaggio convivono e si intersecano nello stesso spazio temporale utilizzando i medesimi canali.

Si capisce, dunque, secondo il parere dell’Avvocatura Generale come sia spesso difficoltoso, per il giudice comunitario tracciare un confine

149 L’articolo fornisce un elenco descrittivo delle attività che sono reputate appartenenti all’ambito pubblicitario: Ai fini del presente titolo si intende per «pubblicità dei me-dicinali» qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue: la pubblicità dei medicinali presso il pub-blico, la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli, la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, la fornitura di campioni di medicinali, l’incitamento a prescrivere o a forni-re medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, a eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile, il patrocinio di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, il patrocinio dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione.

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