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CONOSCENZE D’ARCHITETTURA Storie di spazi e di costruzioni 4

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conoscenze d’architettura

storie di spazi e di costruzioni4

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Direttore

Piero Cimbolli SpagnesiSapienza – Università di Roma

Comitato scientifico

Maria Antonietta CrippaPolitecnico di Milano

Tiziana D’AcchilleAccademia di Belle Arti di Roma

Giorgio RoccoPolitecnico di Bari

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conoscenze d’architettura storie di spazi e di costruzioni

La collana vuole realizzare un corpus di conoscenze sull’architet-tura del passato – antica e più recente, fino a quella contemporanea – raccolte con un metodo storiografico applicato a casi concreti di edifici singoli, loro insiemi e interi brani di paesaggi antropizzati. L’idea guida è quella di fornire uno strumento di lavoro per i tecnici dell’architettura che sia destinato soprattutto a quanti trattano il tema delle costruzioni già esistenti, del loro rapporto con il terri-torio al contorno e delle diverse culture di cui sono espressione. Perché le architetture, le vecchie come le nuove, devono essere in-tese come insiemi di spazi frutto di rif lessioni tanto sulle loro forme quanto sui relativi organismi strutturali, e non sono mai esistite e non potranno mai prescindere dalla natura dei luoghi dove sorgono e dalla vita di quanti le hanno innalzate.

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Piero cimbolli spagnesi

Sull’Antichità. Scritti d’architettura greca e romana

Dipartimento di Storia, Disegno e Restaurodell’Architettura

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copyright © MMXVaracne editrice int.le s.r.l.

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via Quarto negroni, 1500072 ariccia (rm)

(06) 45551463

isbn 978–88–548–6702–4

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

i edizione: novembre 2015i ristampa: novembre 2017

Il volume è stampato con fondi per ricerche scientifiche di ateneo della Sapienza – Università di Roma

In copertina: Atene, Acropoli, resti del monoptero di Augusto e Roma davanti al fronte est del Partenone, 2011.

In quarta di copertina: Roma, Ara Pacis, 13-9 a.C., particolare, 2015.

Le fotografie inserite nel testo sono state realizzate dall’autore a eccezione di quelle diversamente indicate nelle didascalie.

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indice

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1. L’eretteo, snodo di trasformazioni sull’acropoli di atene . . . . . . . . . . . . . . 7

2. Grecità augustee. architetture ateniesi al tempo di Vitruvio . . . . . . . . . . . . 21

3. Geografia architettonica dell’antica colchide fino al i secolo d.c. . . . . . . . . . 39

4. Luigi crema e la storiografia dell’architettura romana antica nel XX secolo. . . . 75

5. La storiografia italiana dell’architettura greca e romana antiche nella seconda metà del XX secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95

Referenze bibliografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

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Introduzione

Questo libro raccoglie una serie di scritti sull’ar-chitettura greca e romana antiche e la relativa storiografia tra la fine dell’ottocento e tutto il XX secolo, i primi quattro già editi, anche se alcuni in forme diverse, e l’ultimo inedito.

due di quelli pubblicati sono stati stesi quando lavoravo con claudio tiberi alla Fa-coltà di architettura dell’attuale Sapienza – università di roma, nel corso di Storia dell’ar-chitettura antica e medievale che, al momento della mia entrata in servizio nel 1992, egli tene-va da almeno vent’anni1. Gli altri due sono in-vece posteriori e con la mente in parte altrove, anche se nella scia di quanto avviato prima2.

a tiberi, che tra 1989 e 1991 mi aveva se-guito nel dottorato di ricerca, e al suo modo di vedere non solo l’antichità, ma soprattut-to la storia degli uomini, delle loro culture e dell’architettura intesa come una delle tante possibili manifestazioni di esse, mi ero avvi-cinato da molto prima: da studente, quando ne seguii il corso di Storia dell’architettura I nel 1983, al tempo del suo breve saggio dal titolo Equivoci antichi e moderni sull’arte della Grecia classica, che allora colpì molti di quelli che lo frequentavano3. Perché lì egli distinse in maniera sostanziale l’Antichità dall’Antico,

col ricordare lo spessore temporale e le tante dimensioni culturali della prima rispetto al se-condo, in un momento storico che – nell’am-bito della storia dell’architettura intesa come campo d’interessi a vasta scala – vedeva fiori-re soprattutto studi sul secondo, alla maniera rinascimentale quasi confuso con la prima.

di claudio tiberi, potenziale letterato dell’antichità prestato per un caso della vita all’ingegneria civile, ho delineato altrove l’ap-porto scientifico complessivo, in occasione di un convegno in suo onore nel 2011 e nell’in-troduzione all’edizione critica dei suoi scritti ancora inediti al momento della scomparsa4. il senso di questo ricordo in apertura a questa serie di riflessioni sull’architettura greca e ro-mana antiche è un altro. Perché forse senza il suo stimolo a guardare l’antichità (soprattut-to greca) e alla relativa complessità estrema e, per tramite di essa, senza il suo impulso a non smettere mai di esaminare criticamente in primo luogo sé stessi, forse in una Facol-tà universitaria di architettura come quella di roma – tutta tesa, da parte degli storici tra gli anni settanta e novanta del XX secolo, verso rinascimento, Barocco e quant’altro di più recente o contemporaneo servisse come

fonte d’ispirazione formale o anche solo cul-turale per la progettazione di forme e spazi alternativi a quelli dell’International Style o del Post-modern di allora – forse, dicevo, tutta l’ar-chitettura antica mi sarebbe rimasta, per così dire, alquanto distante. dico questo perché a suo tempo di tiberi mi colpirono la capacità di scindere la ricerca scientifica pura relativa al passato, condotta a tutto campo e senza preclusioni, da quella cosiddetta applicata, da lui considerata meno aperta perché fina-lizzata alla progettazione del nuovo. Proprio il campo della ricerca pura soddisfaceva, in-fatti, la sua curiosità innata verso tutte le ma-nifestazioni dell’essere umano, perché capace assai più d’altro di comprendere il passato nella sua interezza e nei suoi lati meno chiari.

Questo è il motivo perché da studente mi accostai al suo modo di studiare prima ancora che ai suoi temi preferiti: fra tutti, la Grecia in tutti i suoi tempi e luoghi e – ma solo su un piano secondario – le trasformazioni della cultura romana antica al contatto con la gre-ca precedente. sempre a proposito di culture diverse, di scambi reciproci e dei relativi esiti architettonici fu sempre lui, dopo il dottora-to, a coinvolgermi in studi vari sul mondo del

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Mediterraneo orientale di religione cristiana greco-ortodossa e sulle relative complessità. a tiberi devo l’avermi mandato ogni estate e per otto anni di seguito a chios, isola del mare egeo orientale davanti all’asia Minore, a stu-diare dal 1992 in poi non l’antichità – pochi resti, anche se interessanti – ma soprattutto l’architettura medievale locale: il frutto di commistioni intricate tra mentalità bizantine medie e tarde e insieme genovesi occidentali non sempre concretizzatosi in forme e spazi costruiti. d’altra parte, è anche vero che in quegli anni la curiosità mia di affrontare luoghi

radicalmente nuovi dai soliti italici peninsulari e di lavorare fuori dall’italia e dall’europa al-lora molto occidentalizzate, unita al desiderio di affrontare – in quel momento tra i pochi della mia generazione – culture ed esistenze completamente diverse dalla nostra (non ul-tima, anche, la mia familiarità personalissima con rinascimento, Barocco e ottocento tardo nostrani), non mi avevano fatto appassionare per niente ai temi precedenti di tiberi stesso – Bramante e il tempo suo, serlio, Vasari – a cui pure egli aveva dedicato la stessa intensità che aveva riservato all’antichità greca e romana.

come anticipato in apertura, l’ultimo testo di questa raccolta è inedito e – a parte alcune modifiche minime dovute alla collo-cazione editoriale diversa da quella origina-ria mai portata a termine – fu scritto nei tre anni dopo la morte dello stesso tiberi il 19 marzo 2009, per una progettata riedizione di un suo breve lavoro uscito l’anno prima per la Jaca Book di Milano, che riassumeva la sua visione complessiva dell’architettura greca e romana antiche così come l’aveva insegnata per lungo tempo nei corsi di Storia dell’archi-tettura I e Storia dell’architettura antica e medie-

Figura 1 – Le corbusier, due vedute dell’acropoli di atene dal Licabetto. inchiostro su carta lucida, 1911 (Paris, Fondation Le corbusier, FLc 2454; da cohen 2013).

Figura 2 – oskar Kokoshka, il tempio di Poseidone a Paestum. Matite colorate su carta, 1963 (da tittoni, Masini, a cura di, 1992).

2 Introduzione

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vale dell’università di roma La Sapienza5. La riedizione non ebbe seguito a causa anche della crisi economica del Paese, allora appe-na agli inizi e che ancora perdura. Ma, come accade spesso in questi casi, la revisione del testo e delle sue illustrazioni originali – non pubblicate nel 2008 per scelta dell’editore – era già stata compiuta in un tempo molto contenuto. soprattutto, ne avevo già scritto l’introduzione, molta durante quindici giorni di permanenza alla scuola archeologica ita-liana di atene a gennaio 2012. in quel tempo breve ma intenso, eccezionalmente gelido

e con l’acropoli innevata, con la biblioteca vuota di professori e insieme solo a un paio di studenti, avevo affrontato quasi un secolo di studi italiani sull’architettura greca e romana antiche. in parallelo, avevo anche ripercorso in solitudine i libri su cui il mio professore s’era attardato tante volte e i luoghi a cui mi aveva iniziato di persona nel 1994, durante un primo soggiorno insieme proprio alla scuo-la di atene in occasione di uno dei congres-si internazionali sul restauro dell’acropoli.

Questo è per dire di alcune delle vicen-de che mi hanno avvicinato allo studio delle

mentalità e dei culti greci e romani dell’an-tichità in Mediterraneo e altrove, ai correlati complessi di architetture, ai brani di territori al contorno che da essi dipendevano, alle loro varie questioni figurative e alle correlate solu-zioni costruttive e strutturali: parti inscindibili di un vasto insieme di organismi architettoni-ci oggi comprensibili solo per brani e appe-na intuibili come interi, frutto di un periodo storico tramontato da tempo, l’antichità ap-punto, e realizzati nell’ambito di alcuni popoli in particolare. senza la mie frequentazioni di claudio tiberi, spesso anche a lato del conte-

Figura 3 – Le corbusier, spazio interno e illumina-zione naturale del serapeo di Villa adriana presso tivoli, 1911 (ridisegno dal carnet d’orient n. 5, in Le corbusier 1953; da talamona, a cura di, 2012).

Figura 4 – oskar Kokoshka, il colosseo e l’arco di costantino a roma. Matite colorate su carta, 1949 (da tittoni, Masini, a cura di, 1992).

Introduzione 3

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sto accademico, l’idea – come ho accennato più sopra – che l’antichità (momento preciso) fosse cosa sostanzialmente diversa dall’antico (genere di cose, di oggetti appartenenti a un passato) – così come invece è ancora troppo spesso divulgato in maniera troppo sommaria in tante Facoltà d’architettura italiane – forse avrei continuato a ritenerla valida solo per i miei studi storici di carattere più generale e senza scoprirne i legami con l’architettura: cioè a vederla in funzione di un tempo trascor-so da indagare con la curiosità solita, ma trop-po lontano per destare un interesse concreto ancora oggi. Quest’interesse avrebbe potuto spingermi al più verso lo studio di fattezze di resti, piuttosto che a ricercare i significati di lungo periodo di esse. Perché un conto è un oggetto, un pezzo di costruzione, un edificio, uno spazio architettonico considerato di per sé, avulso dal tempo suo e nell’ambito di un desiderio presente e continuo – sempre insod-disfatto – di forme nuove, di formalismi e di referenti di carattere solo formale; un conto è penetrarne i ruoli effettivi calati nel tem-po loro e le relative permanenze successive, ripercorrerne trasformazioni al loro stato at-tuale spesso quasi impercettibili, affrontare la complessità dei relativi organismi strutturali, piuttosto che interrogarsi sull’uso reale che di spazi, oggetti e avanzi vari s’è fatto in passa-to e sul loro contesto più ampio al contorno.

Perché solo praticato così lo studio dell’archi-tettura dell’antichità oggi può avere ancora un senso, considerato che tanti temi architet-tonici attuali sono già stati tutti affrontati da secoli e spesso, per di più, nell’ambito di realtà assai più complesse e, in proporzione, con as-sai maggiori disponibilità economiche di ora.

Per concludere, l’idea è di avviare un su-peramento del vecchio modo d’intendere per esempio tutta l’architettura greca e romana antiche come un insieme di templi, i sacelli sa-cri, o di grandi masse murarie più o meno con-cave e spesse, esaminati quasi esclusivamente per i loro valori plastici: cioè quasi fossero solo enormi sculture monolitiche più o meno com-plesse. Perchè così essa era considerata – come oramai oggi non si può più fare in via esclusi-va – ancora negli anni cinquanta e nella prima metà degli anni sessanta del novecento sia, in fondo, da claudio tiberi sia da illustri artisti che, a loro volta, avevano rivoluzionato l’arte occidentale nella sua componente figurativa già nella prima metà del secolo, col procede-re loro stessi dallo studio dei maggiori esem-pi greci e romani antichi in Mediterraneo.

non a caso, di questo tipo di attenzione e di sensibilità critica riversatesi in seguito a cascata anche nella storiografia architetto-nica occidentale – non solo italiana – sono un ottimo esempio alcuni disegni di due tra i protagonisti della rivoluzione modernista

dell’arte nel XX secolo. Per l’architettura gre-ca, gli schizzi di Le corbusier (del 1911) e di oskar Kokoshka (del 1963), che si soffermano soprattutto sui giochi di luce e d’ombre della grande massa del Partenone ad atene in rela-zione a quella del massiccio dell’acropoli e sui riflessi di colore tra le colonne e la trabeazione del cosiddetto tempio di Poseidone a Paestum (Figure 1, 2). Per l’architettura romana, due altri schizzi dei medesimi artisti (ancora del 1911 e del 1949), in questo caso funzionali a evidenziare da parte di Le corbusier la com-plessa articolazione dell’illuminazione natu-rale interna del serapeo di Villa adriana pres-so tivoli (con una lettura ripresa in seguito proprio da tiberi) e da parte di Kokoshka gli spessori e l’alternarsi dei piani curvi verticali del colosseo a roma, in corrispondenza dello sperone ottocentesco contro il muro perime-trale romano ancora in piedi (Figure 3, 4, 5).

trascorso un secolo dall’avvio di tutto ciò e di fronte a un’altra realtà quotidiana, forse non è più solo questo che oggi vale la pena studiare.

A sottolineare i vari momenti di stesura degli scrit-ti raccolti qui, spesso avvenuta in biblioteche e luoghi molto diversi tra loro, in alcuni casi nelle referenze bi-bliografiche è citata come opera a sé ogni singola edi-zione di alcuni testi base. Ringrazio l’arch. Carmen Manfredi di Roma per la cura redazionale dell’insieme.

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1. Spagnesi 2002; Spagnesi 2003.2. Cimbolli Spagnesi 2009; Cimbolli Spagnesi 2011d.3. Tiberi 1983.4. Tiberi 2011; Cimbolli Spagnesi 2011a; Cimbolli Spagnesi 2011b; Cimbolli Spagnesi 2011c; Cimbolli Spagnesi 2012.5. Tiberi 2008. Cito volutamente il nome dell’attuale Sapienza – Università di Roma nella dizione preceden-te il mutamento di logo del 2008.

Note

Figura 5 – Villa adriana, serapeo, ii secolo d. c. (foto di claudio ti-beri, 2001).