Congressi seL 2013/2014 Cambiare la politica, cambiare SEL€¦ · aperta, dialogica e improntata...

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CONGRESSI SEL 2013/2014 Cambiare la politica, cambiare SEL [il partito che vorremmo]

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Alle soglie della stagione congressuale la riflessione che proponiamo (in particolare rivolta alla dimensione regionale di SEL Emilia Romagna) intende essere in primo luogo uno stimolo per aprire una discussione finalmente aperta, dialogica e improntata al confronto democratico.

Desideriamo esprimere una visione “altra” rispetto a quella del gruppo dirigente regionale e di molti gruppi dirigenti provinciali (che in questi mesi/anni hanno contribuito a portare SEL alla situazione di grave degrado democratico e partecipativo in cui ci troviamo), sempre più infastiditi dalla critica e dal dissenso e irreparabilmente distanti da una base sempre meno motivata di fronte alla parabola discendente di SEL e al suo deludente risultato elettorale. La divaricazione che si è creata tra gruppi dirigenti, da una parte, e militanti, aderenti, cittadini interessati al progetto di SEL, dall’altra, rappresentata in modo “drammatico” dalla caduta verticale degli iscritti (il dato nazionale, pur nella differenza tra le diverse aree territoriali, è emblematico, più del 50% in meno rispetto al Congresso di Firenze del 2010), dovrebbe indurre chi ha responsabilità politiche e amministrative a porsi lealmente e con spirito di verità di fronte a questo problema. Il dissenso, che oggi in SEL appare pressoché inesistente, si è manifestato in realtà attraverso l’abbandono silenzioso del nostro partito da parte di un numero crescente e significativo di iscritti (non temperato peraltro dalle nuove adesioni), che non può non destare allarme e preoccupazione.

Siamo un gruppo di persone, come molte, che pensano che far politica sia un dovere civico, un impegno sociale, un’assunzione di responsabilità; siamo tra coloro che hanno creduto e credono nell’assoluta necessità di far nascere una formazione politica dai contenuti e dalla cultura di sinistra e che pensano che Sinistra Ecologia Libertà, nel DNA costitutivo racchiuso nelle tre parole, fosse dotata di questa fondamentale caratteristica.

A tre anni dalla sua fondazione, però, questa dotazione originaria è andata sbiadendosi e SEL, disattendendo le promesse di pratiche politiche evolute, collegialità e cessione di responsabilità, si è trasformata in una “specie” di partito dai connotati addomesticati, incline a una sudditanza culturale e politica che ne ha provocato il precoce invecchiamento.L’11 maggio 2013 ci siamo ritrovati in una piazza di Roma a chiedere al Paese intero di fare LA COSA GIUSTA. Poco dopo però, noi per primi, nell’ultimo rinnovo della dirigenza regionale, abbiamo perso l'ennesima occasione per farla, offuscando la stella polare che avrebbe dovuto guidarci nella notte tempestosa dell’attuale stagione politica: discussione, apertura, condivisione, spirito di gruppo, voglia di intrecciarsi con le realtà migliori del Paese, insomma buona politica. La verità, piaccia o non piaccia, è che per l'ennesima volta un ristretto numero di persone, a dire il vero forse solo una o due, hanno sostanzialmente deciso per tutti. Senza coinvolgere le vere fondamenta di questo partito: i circoli, gli iscritti, le federazioni. Il 28 giugno in SEL Emilia Romagna non è stato eletto un coordinamento, ma è stata votata una lista di nomi indicati da un Segretario (come in tanti continuano a chiamare questa figura). Tra eleggere e votare passa un’enorme differenza: in mezzo ci sta infatti il rispetto delle regole e la discussione assembleare. In una parola: la Democrazia. È quella differenza che dobbiamo recuperare ora in vista del congresso regionale del prossimo gennaio, che non potrà certo limitarsi a “ratificare” i nuovi assetti votati nel giugno scorso.Allo stesso modo ci siamo ritrovati il 12 ottobre, sempre a Roma, per chiedere che la nostra Costituzione, ovvero la carta che sancisce i diritti e le regole per tutti, venga applicata e rispettata. Ma sempre più spesso i primi a non rispettare diritti e regole (regole che peraltro ci siamo dati collettivamente) siamo noi! Queste considerazioni valgono in modo particolare nel contesto regionale, dove sembra essersi smarrita LA VIA

Chi siamo e perché perseveriamo (in

direzione ostinata e

contraria) nel sognare il cambiamento

Unapremessa

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MAESTRA dell’inclusione e della democrazia e si corre il rischio che gli angusti “apparati” di partito e i nostalgici notabilati locali uccidano la dimensione della partecipazione e della fruizione dei fondamentali diritti ad essa connessi.Una gestione così opaca e verticistica del soggetto politico SEL è anche all’origine (noi riteniamo) delle scelte politiche poco orientate al cambiamento operate da SEL a livello regionale, dove la mancanza di una posizione autonoma nei confronti delle politiche attuate dal PD, e un sostanziale appiattimento sulle scelte amministrativo-programmatiche imposte dal partito maggioritario nelle giunte di centrosinistra, hanno penalizzato e mortificato il progetto politico originario di SEL nelle sue istanze di cambiamento radicale delle politiche neoliberiste, che si sono affermate ormai diffusamente anche nelle azioni di governo locale.In Emilia Romagna, anziché sancire la propria omologazione al più forte alleato, SEL avrebbe potuto e dovuto impegnarsi nella costruzione di un percorso di deciso contrasto agli assetti socio-economici correnti e alle degenerazioni privatistiche e neocorporative del modello emiliano-romagnolo, ormai agonizzante rispetto alle forme innovative e autenticamente cooperative che lo avevano caratterizzato in passato. Avvalendosi dell’apporto fondamentale di movimenti sociali e politici d'alternativa, della cittadinanza attiva diffusa e delle tante soggettività e realtà associative che si battono per il cambiamento del modello dominante, avrebbe potuto e dovuto sostenere il proprio progetto politico come soggetto operante, prima ancora che in una coalizione di partiti, nel tessuto vivo di una società sofferente (dove ormai la depressione economica e la povertà dilagano, interessando strati sempre più vasti della popolazione, e la mancanza di lavoro e di diritti sociali e civili sta toccando soglie che fanno temere un punto di non ritorno).

Il prevalere di una struttura verticale è un aspetto che contraddistingue i vecchi partiti ed è una delle maggiori cause dell’allontanamento delle persone dalla politica.

Sappiamo bene a quali conseguenze porti il gap che separa gli organismi decisionali dalla “base” e dai cittadini; la vera sfida sta nel creare strutture orizzontali (le Fabbriche di Nichi insegnano) e reti plurali di soggetti collaborativi e sinergici, come d’altronde ci eravamo proposti di fare al Congresso fondativo di Firenze e come ci indicano le belle parole enunciate dal nostro Statuto, troppe volte disatteso. Una forza di sinistra deve essere il più possibile trasparente non solo per quel che riguarda i finanziamenti e la scelta dei candidati, ma soprattutto nel decidere la propria organizzazione e le proprie modalità di funzionamento, rifuggendo il più possibile dal verticismo e riducendo, fino ad annullarlo, l’enorme divario dei sempre più ristretti gruppi dirigenti dalla base.Le recenti inchieste della guardia di finanza sulle “spese pazze” dei gruppi consiliari della Regione Emilia Romagna, nessuno escluso, danno la misura tangibile di questo divario e sollevano tristemente il velo sulla condizione di una dirigenza politico-istituzionale autoreferente, che sancisce ogni giorno di più la sua appartenenza a un ceto partitocratico impermeabile al controllo sociale e all’esercizio della democrazia.Occorre subito un processo di profondo ripensamento dell’organizzazione e della vita interna di SEL, oggi più che mai serve un congresso vero sulla forma partito e sui processi di selezione della classe dirigente. Se alle ultime elezioni SEL non è riuscita ad intercettare una parte significativa del consenso andato a Grillo, è perché tanti italiani hanno premiato col loro voto il M5S per dare un colpo ad un sistema inetto, incapace di mettersi in relazione con i problemi veri delle persone e preoccupato solo di conservare i suoi privilegi.Serve un partito radicato sul territorio, nei luoghi di lavoro e di aggregazione. Restiamo convinti che, sebbene siano fondamentali i luoghi virtuali, debbano esistere luoghi fisici della politica (entrambi in grado di promuovere nuove forme e strumenti di democrazia partecipativa e deliberativa): circoli, strade, piazze, per momenti assembleari e attività partecipate di gruppi tematici e di interesse, per incontri con e tra i cittadini, singoli od organizzati.

Abbiamo ben chiara

l’idea del partito che vorremmo...

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Riteniamo peraltro che i meccanismi della democrazia rappresentativa all’interno del partito e nell’organizzazione dello Stato non siano affatto superati, ma che ne vada garantita la corretta applicazione, dalla base sino al vertice, con gli opportuni dispositivi di garanzia e contrappesi. Rendere nei territori il più ampia possibile la partecipazione degli iscritti (coinvolgendo anche i non iscritti) alle decisioni cruciali per la vita dei circoli; aprire le sedi come luoghi di dibattito, confronto, informazione e formazione a tutta la cittadinanza; dar vita a gruppi tematici aperti relativi alle molteplici problematiche e questioni territoriali; incrementare le forme di comunicazione, dibattito e circolazione delle idee sul web… sono tutte misure essenziali per la vita del partito. La piena attuazione dei principi statutari di democrazia e pluralismo deve essere la bussola che orienta la nostra azione politica.Ma democrazia e pluralismo si misurano nei fatti, non con enunciati privi di sostanza. Abbiamo inserito nello statuto nazionale le primarie quale forma di democrazia diretta e partecipata. Ma con le primarie (le primarie di coalizione, ma ancor più le primarie per decidere le candidature alle elezioni dei parlamentari) abbiamo scritto una brutta pagina, dimostrando quanto a volte la pratica possa discostarsi dalla teoria.Il partito che vorremmo è una comunità di persone motivate, trasparenti, oneste e solidali, con cui condividere ideali e valori e di cui poterci fidare, che guarda oltre il suo angusto steccato e cerca di ampliarsi sempre più includendo i “pezzi” migliori della società civile.Il partito che vorremmo chiude con i vecchi, logori e tristemente noti “giochini” della politica, privilegia le competenze e l’innovazione a scapito delle “conoscenze” e dei piccoli orti da coltivare, mette in soffitta i personalismi, rispetta le regole date e lavora per il bene collettivo, non per servire correnti o interessi particolaristici, né per autoalimentare se stesso o ingrassare il proprio ingordo ceto politico.La forma forse più interessante di soggettività e autonomia politica e culturale nata all’interno di SEL Emilia Romagna, la Rete regionale delle donne, è stata guardata da subito con sospetto (da qualcuno/a inizialmente con attenzione strumentale, in attesa di coglierne eventualmente le possibilità di “sfruttamento” pro domo sua) e cancellata poi con un colpo di spugna, non appena è apparsa come una minaccia la sua carica dirompente e il suo potenziale di cambiamento degli assetti di potere consolidati. Allo stesso modo, in occasione del precedente evento congressuale, la proposta di costituire un Comitato tecnico-scientifico a supporto dell’iniziativa politica di SEL era stata affossata con un gesto di protervia da dirigenti regionali (ancora saldamente in sella), evidentemente atterriti di fronte all’idea di doversi misurare con i saperi e le competenze diffuse di cui è portatrice la comunità dei partecipanti alla res publica.Nel partito che vorremmo gli incarichi interni (che devono essere sempre incarichi di servizio) e le candidature alle cariche istituzionali vengono decisi alla luce del sole sollecitando la discussione e la partecipazione, e non nel chiuso di una stanza (che sia intorno a un caminetto da salotto o a un traballante tavolo da sede di partito, poco importa), sempre dai soliti, con il solo scopo della spartizione o dell’occupazione del “potere”.Sinistra Ecologia Libertà è il partito che vorremmo ma che purtroppo ANCORA NON È. Non ci stiamo ad una politica stantia che non impara mai dai propri sbagli, vogliamo un cambiamento vero.

I prossimi congressi, federali, regionale e nazionale, potrebbero essere l’occasione per provare a dare davvero un volto e un corpo nuovo al nostro partito.Anche nella preparazione e realizzazione degli eventi congressuali noi auspichiamo la massima apertura di SEL all’interlocuzione

e al confronto con altri soggetti a noi vicini per sensibilità e impegno sociale, politico e culturale, siano essi associazioni, sindacati,

organizzazioni politiche, sempre nell’ottica dell’inclusività, tenendo però ben saldi i principi fondativi di SEL.

Vediamo nei congressi un’occasione di

cambiamento. Siamo pazzi visionari?

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Ma i nostri interlocutori privilegiati saranno soprattutto i movimenti, i comitati, le associazioni sociali e di volontariato, i gruppi di cittadinanza attiva, con cui dovremo instaurare rapporti basati finalmente sul dialogo e sulla collaborazione leale, non già su opzioni strumentali e di circostanza, e alle cui istanze condivise sarà nostro compito dar voce istituzionale e politica (ad esempio: riappropriazione dei beni comuni, acqua in primis; giustizia sociale e ambientale e conversione ecologica dell’economia; pace e nonviolenza; lavoro e reddito di cittadinanza; diritti sociali e civili; etc.)Anche in vista delle prossime elezioni amministrative, dovremo avviare un confronto serrato con le forze del cosiddetto centrosinistra, ad iniziare dal PD, non sottraendoci a una valutazione necessariamente critica delle politiche perpetrate in particolare nelle ultime due Legislature (che hanno prodotto i guasti sopra richiamati) e basandoci su un’attenta valutazione dei programmi e dei contenuti proposti.La ricerca di un accordo con le potenziali forze del centrosinistra non può avvenire “costi quel che costi”, magari al prezzo insostenibile della “svendita” dei nostri principi fondativi e dei nostri punti programmatici qualificanti e imprescindibili, per entrare in una virtuale stanza dei bottoni in cui pigiare i bottoni è un’operazione a noi preclusa. Se vogliamo essere la Sinistra che conquista responsabilità di governo non per accordi tra partiti ma perché in grado di conquistare consensi nei territori e tra i cittadini, attraverso una proposta politica capace di indicare in modo netto la non più rinviabile inversione di rotta richiesta dagli attuali drammatici scenari, ogni decisione in merito ad alleanze e coalizioni dovrà essere discussa e condivisa con gli iscritti e con tutti i soggetti interessati, attraverso assemblee aperte e confronti autenticamente democratici.Per quanto riguarda gli orientamenti e gli stimoli forniti alla discussione interna a SEL in preparazione dei congressi, noi pensiamo che il documento unico congressuale, per la sua natura poco interlocutoria e profondamente carente dal punto di vista dell’apertura alle istanze democratiche e partecipative da più parti sollecitata (nonostante l’indubbio interesse dei temi affrontati e la valenza progettuale e prospettica di alcuni orientamenti abbozzati), non favorisca l’apertura di spazi per una discussione aperta e autentica. È per questo che ci impegneremo a valorizzare e sostenere in ogni sede congressuale gli emendamenti presentati da tutte e tutti coloro che intendono contribuire a colmare queste vistose lacune, cercando di imprimere a SEL quella svolta democratica e partecipativa che deciderà il suo futuro (il suo rilancio o la sua definitiva perdita di “senso” e consenso) all’interno dello scenario politico regionale e nazionale.