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Confronto tra la teoria olografica del cervello di Karl Pribram e alcuni modelli di reti neurali. By Jeff Prideaux [email protected] Virginia Commonwealth University TRADUZIONE a cura di Dige | http://www.kuht.it | [email protected] Tabella dei contenuti: CAPITOLO 1 INTRODUZIONE CAPITOLO 2 - OLOGRAMMI 2- a Cos'è l'olografia? 2- b Il rapporto dell'ologramma 3- c Ologrammi CAPITOLO 3 - MODELLO GEOMETRICO DI BASE EUCLIDEA CAPITOLO 4 - TEORIA OLOGRAFICA DEL CERVELLO 4- a Prova sperimentale 4- b Altre funzioni della teoria olografica 4- c Il principio di incertezza 4- d Fisica quantistica 4- e Teoria della comunicazione 4- f Strutture dissipative CAPITOLO 5 - CONCLUSIONI 5- a Conclusioni generali 4- b Conclusioni LAVORI CITATI

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Confronto tra la teoria olografica del cervello di Karl Pribram e alcuni modelli di reti neurali.

By Jeff Prideaux [email protected] Virginia Commonwealth Universi ty

TRADUZIONE a cura di Dige | http:/ /www.kuht.it | [email protected]

Tabella dei contenuti:

CAPITOLO 1 – INTRODUZIONE

CAPITOLO 2 - OLOGRAMMI

2- a Cos'è l'olograf ia?

2- b Il rapporto dell'ologramma

3- c Ologrammi

CAPITOLO 3 - MODELLO GEOMETRICO DI BASE EUCLIDEA

CAPITOLO 4 - TEORIA OLOGRAFICA DEL CERVELLO

4- a Prova sperimentale

4- b Altre funzioni della teoria olograf ica

4- c Il principio di incertezza

4- d Fisica quantist ica

4- e Teoria della comunicazione

4- f Strutture dissipative

CAPITOLO 5 - CONCLUSIONI

5- a Conclusioni generali

4- b Conclusioni

LAVORI CITATI

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CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE

Uno dei problemi che affronta la scienza neurale è come spiegare laprova che le lesioni locali nel cervello non alterano selettivamente l'unao l'altra traccia di memoria. Si noti che in un ologramma i dannirestrittivi non disturbano le informazioni immagazzinate poichè sonostate distribuite. Le informazioni sono diventate sfocate sopra l'interolimite della pellicola olografica, eccetto in un preciso settore dovepossono essere recuperate attraverso l'esecuzione di una procedurainversa.Questo documento descriverà nel dettaglio il concetto di olografo, leprove e gli usi di Karl Pribram per sostenere la tesi secondo la quale ilcervello effettua trasformazioni olografiche che distribuisconoinformazioni episodiche sopra le regioni del cervello (e dopo rimette afuoco loro in una forma nella quale noi le ricordiamo). Particolare enfasiverrà posta sul sistema visivo in quanto è il più particolareggiatoall'interno delle neuroscienze. Verranno esaminate le prove e leresponsabilità sulla validità della teoria di Pribram e le più convenzionalitesi per le quali le immagini vengono immagazzinate nel cervello nellaforma di punti e bordi (senza alcuna trasformazione che distribuiscel'informazione sopra grandi regioni). Dove possibile, la stessa prova(per il sistema visivo) sarà utilizzata per valutare entrambe le teorie.

1. La teoria olografica dove le trasformazioni di tipo "Fourier"incamerano le informazioni delle modalità sensoriali nel campo difrequenza. Lo stimolo sensoriale viene disteso (o distribuito) sopra unaregione del cervello. Un particolare esempio (nell'atto visivo) potrebbeessere che le cellule corticali rispondono alle frequenze spaziali dellostimolo visivo.

2. La teoria più tradizionale che è particolarmente caratterizzata dastimoli sensoriali non- trasformati allocati in settori separati delcervello. Un esempio significativo potrebbe essere (nell'atto visivo) chele cellule corticali rispondono alle ampiezze di barre e bordi nellostimolo visivo. Sarà anzitutto necessario in questo articolo spiegare i concetti diologramma e trasformata di Fourier prima che gli esperimenti fisiologicipossano essere compresi. Tenendo a mente che il discorso dentroquegli altri campi serve ad un altro fine del presente articolo.La teoria olografica di Karl Pribram prova che i processi ramificati(dendritici)fungono da trasformatori "spettrali" degli episodi dipercezione. Questa informazione spettrale "trasformata" èmemorizzata e distribuita su un gran numero di neuroni. Quandol'episodio viene ricordato, avviene una trasformazione opposta che èanche il risultato di processi ramificati. Questo processo ditrasformazione ci fornisce conscia consapevolezza.Il Capitolo 2 descriverà il concetto base di ologramma, iniziando adintrodurre la teoria olografica del cervello di Pribram.Il Capitolo 3 discuterà brevemente la convenzionale tesi della via dielaborazione neurale (con particolare attenzione sul sistema visivo). Il

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principale evento di calcolo in questo capitolo è la generazione delpotenziale di azione.Il Capitolo 4 descriverà le prove per la tesi olografica alternativa. Lateoria olografica è basata sull'assunto che il principale eventocomputazionale di neuroni è la polarizzazione e la iper- polarizzazionesulle membrane ramificate di neuroni. La prova che supporta l'idea chequei processi dendritici hanno qualcosa a che fare con la trasformata diFourier verrà di seguito esposta.

CAPITOLO 2 - OLOGRAMMI

Cos'è l'olograf ia?

La parola olografia è derivata da radici greche e significa "scritturacompleta". L'idea è che ogni parte della scrittura contiene informazionisul tutto. Un ologramma (la manifestazione materiale di un olografo) èun'emulsione fotografica nella quale le informazioni su una scena sonoregistrate in maniera molto speciale. Quando l'ologramma è illuminato,si può vedere una realistica e tridimensionale rappresentazione dellascena. Se poi si taglia verso l'alto la fotografia olografica in piccole parti,l'intera immagine potrà ancora essere visibile in ognuna delle parti(sebbene con una piccola perdita di chiarezza). Pribram usa il termine"olonomia" per indicare un ologramma dinamico.

Il rapporto degli ologrammi

L'idea di base di un ologramma può persino essere compresa senzaconsiderare gli ologrammi trovati nei negozi di gadget. L'ipotesi èsemplicemente che ogni parte contiene informazioni sul tutto. Oppure,detto in un altro modo, le informazioni non sono localizzate madistribuite. Per chiarire questo concetto si considerino i seguentiesperimenti. Come sarà dimostrato, la luce si trova nel dominioolografico prima di essere trasformata dalle lenti.

Dimostrazione #1. Rimuovere le lenti convergenti in un proiettore didiapositive che forma l'immagine. Situare un piano scorrevole nelproiettore e proiettare la luce sullo schermo. Nessuna immagine siformerà. Tecnicamente, la luce che si proietta sullo schermo è in formaolografica. Ogni punto sullo schermo sta ricevendo informazioni daogni punto del piano. Se una lente "convergente" è posta tra lo schermoed il proiettore di diapositive, si verrà a formare un'immagine sulloschermo. Gli obiettivi possono ora essere spostati verso nuove posizionisu un piano passante attraverso il percorso della luce sullo schermo edin ogni caso un'immagine completa verrà visualizzata (Taylor 1978).Dimostrazione #2. Il suddetto principio può essere dimostrato con unacomune macchina fotografica. Si consideri la possibilità di prendereimmagini di un oggetto (per esempio una montagna lontana). Una voltascattata la prima foto, si avanzi di qualche passo per scattare nuovefotografie. Si proceda in questo modo per altre volte: quando siavranno le immagini sviluppate si noterà che tutte si somigliano. Ciò

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dimostra che l'informazione necessaria a formare l'immagine è presentead ogni punto di qualsiasi posizione si utilizzi per scattare le foto. Se siscruta un oggetto molto lontano e si inclina la propria testa verso unlato si potrà ancora vedere tutto l'oggetto: la luce che arriva agli occhi inentrambe le posizioni è sufficiente per formare l'immagine intera.Dimostrazione #3. Si prenda un binocolo. Si guardi attraverso unobiettivo focalizzando un oggetto lontano. Ora si poggino le ditadavanti alle lenti in modo tale che la luce passi attraverso le due dita edentri nell'obiettivo. Si visualizzerà l'immagine intera. Se si uniscono ledita in modo da far passare la luce solo attraverso delle piccole fessure,si noterà che l'immagine principale sarà ancora presente (con unapiccola perdita di risoluzione). Se si ruotano poi le mani, esponendo laluce in differenti parti delle lenti,si formerà ancora l'immagine completa.Questa è l'ennesima dimostrazione che la luce che cade sulla superficiesu qualsiasi punto dell'obiettivo è in forma olografica.Dimostrazione #4. Uno stenoscopio rappresenta un caso speciale nelquale un'immagine può essere visualizzata senza l'uso di obiettivi(senza subire una trasformazione). Da notare che se lo stenoscopioviene un po' mosso, l'immagine si formerà comunque. Ciò supportal'idea rudimentale che il tutto è incluso nella singola parte (la parte è unarea dello stenoscopio). Tutte le informazioni necessarie per formarel'immagine sono contenute nell'area dello stenoscopio. Un obiettivofunziona in modo da permettere alla luce riverberata sulla più ampiaarea di essere tutta trasformata per formare infine l'immagine.Ciò migliora sia la risoluzione dell'immagine che la capacità della luce diraccogliersi.E' forse sfavorevole che la maggior parte dei manuali di fisiologiadescrivano in modo simile a quello presentato nella seguenteimmagine, l'operazione dell'occhio:

La figura di sopra non esprime l'aspetto di trasformazione degliobiettivi. Tale figura è molto più indicativa di uno stenoscopio. La figura4 (visibile più tardi nel presente articolo) ci offre invece una migliorerappresentazione di ciò che accade alle "lenti dell'occhio".Matematicamente (in una implementazione) una trasformata di Fourierconverte una funzione di tempo f(t) in una funzione di frequenza F(jw)dove la "j" indica che essa è una complessa funzione di frequenza. Inaltre parole, una trasformata di Fourier può convertire un segnale dalcampo di tempo allo spazio di frequenza. Può anche essere utilizzata

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per convertire qualcosa da un campo di posizione spaziale (ad esempiole coordinate spaziali) ad un campo di frequenza.L'idea della trasformata di Fourier è indipendente da cosarappresentano le serie di informazioni. Sarà possibile arguire che se ilcervello fornisce una trasformata di Fourier per stimoli visivi, farà lostesso per le altre facoltà sensoriali, come il tatto, l'udito, ecc..Lo stesso principio può essere mostrato nel campo dell'ottica. Siconsideri, ad esempio, che grandi obiettivi di un telescopio possonoanalizzare due distinte immagini (per esempio due stelle che hannosolo un piccolo angolo che le separa da noi. Delle piccole lenti di untelescopio (o uno specchio) non sono in grado di separare queste duestelle. Allo stesso modo, piccole parti di un ologramma, sebbenecontengano informazioni sul tutto, soffriranno di una piccola perdita dirisoluzione.

La figura 2 è stata riprodotta da Kasper e Feller, "The complete book ofholograms", 1987, pp 4- 5.Come si vede sopra nella figura 2, la piastra olografica registra unmodello diinterferenza tra la luce diversa del laser e la luce sparsa dellaser che rimbalza fuori dall'oggetto. Il modello registrato sulla piastraolografica è nel campo olografico. Tutte le parti della piastracontengono informazioni sul tutto. La luce rimbalzante fuori ogni puntodell'oggetto è distribuita su ogni posizione della piastra olografica. Inalternativa, il modello registrato su una fotografia è un'immagine nonolografica. Le caratteristiche dell'immagine sono situate in unaposizione particolare sulla piastra fotografica. La luce sparsa fuoridell'oggetto (ora nel campo olografico) è trasformata nel campo non

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olografico dagli obiettivi della macchina fotografica (che svolgonoun'effettiva trasformata inversa di Fourier) focalizzando l'immagine sullapellicola fotografica. Per la fotografia, vi è un una corrispondenza fra laproiezione bidimensionale dei punti sull'oggetto e le posizioni sullapiastra fotografica. In modo analogo, la piastra fotografica avràcorrispondenze con tutti gli altri punti.

Nel caso della fotografia (vedi fig. 3), la luce è distribuita fuori dallafotografia (che adesso si trova nel campo olografico) e che si riflettesull'occhio che effettua una trasformazione(focalizzazione)e che formaun'immagine sulla retina. La natura olografica del riflesso della luce èrappresentata nella figura 4.

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La luce che si propaga dal punto A arriva d ogni punto della lente (comeper la luce che parte da B). La lente opera per trasformare questodominio olografico in un immagine di A e B alla retina.La discussione finora ci ha solo mostrato l'immagine formata sullaretina. La parte interessante della teoria olografica del cervello è cosaaccadrà dopo. Il punto centrale della suddetta discussione è cheun'obiettivo compie un'effettiva ed inversa trasfomata di Fourier sullaluce che gli arriva sopra. La trasformata di Fourier (e anche quellainversa) consiste di circonvoluzioni integrali che matematicamente"spalmano" o meno l'informazione. Per le funzioni continue, latrasformata di Fourier e quella inversa sono come segue (pertrasformazioni tra il tempo ed il campo di frequenza):

La trasformata di Fourier ha inoltre significato tra il dominio spaziale(per esempio la posizione nello spazio bidimensionale) la frequenzaspaziale. Matematicamente la trasformata bidimensionale spaziale è

E la trasformazione inversa:

Dove "x" e "y" rappresentano le coordinate spaziali mentre "a" e "b" sono

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le frequenze orizzontali e verticali.Una realizzazione della trasformata di fourier è senz'altro il principiodella diffrazione. Se si riflette la luce "aderente" attraverso un puntoapparirà lì una grande macchia bianca sullo schermo. Se la luceaderente viene riflessa attraverso due punti separati, sebbene, unmodello di diffrazione apparirà (vedi figura 5). L'orientamento dellagrata è causato dall'orientamento relativo dei due punti.

Figura 5

In ogni coppia di figure, la luce aderente riflessa attraverso il/i punto/isulla sinistra creerebbe il modello di diffrazione visto sulla destra. Il latodestro di ogni figura rappresenta la trasformata di Fourier del latosinistro di "una figura". Riprodotto da Taylor, immagini, 1978, pagina27.Matematicamente, i modelli di diffrazione visti sono dimostrati"prendendo" una trasformazione bidimensionale di Fourier dei duepunti. Il lato destro di ogni figura rappresenta la trasformata di Fouriersul lato sinistro.Se la luce "aderente" (o che scaturisce da un punto) è riflessa attraversodue fessure, un modello di diffrazione può essere spiegato come si notanella figura 6. Da notare una larga macchia nel mezzo e macchie piùpiccole che diminuiscono gradualmente fuori da entrambi i lati. Laseparazione e la posizione angolare della macchia spettrale èdipendente dall'orientamento e dalla separazione delle fessure.

Il lato sinistro di ogni figura indica la geometria delle fessure. Mentre laparte destra mostra il modello di diffrazione ottica. Riprodotto da(Taylor, Immagini, 1978, pagine 42- 43).La figura 7 mostra la trasformata matematica di Fourier di tre differentimodelli (Reticolo a barre, scacchiera e plaid...) nei loro rispettivi domini

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spaziali di frequenza. Lo spettro del reticolo a barre ha sinusoidinumerate dispari che diminuiscono per ampiezza ad ogni lato. Si notiche la figura a "plaid" è composta dall'aggiunta del reticolo a barre. Inmodo simile, la rappresentazione spettrale del plaid è lasovrapposizione della rappresentazione spettrale del reticolo a barreverticale e cosa lo spettro potrebbe essere (non indicato) per un reticoloa barre orizzontale. Si ponga particolare attenzione alla dominazionedei quattro componenti dello spettro del plaid (i quattro puntini piùpesanti verso il centro). Ora si confrontino quei puntini dominati conquelli corrispondenti presenti nello spettro della scacchiera. Si noti chesussiste una rotazione di circa 45°. Questo fatto può essere facilmentecompreso perchè noi possiamo percepire le file bianche o nere deiquadrati che girano su un orientamento di 45° nel caso della scacchiera.Questo fatto diverrà molto importante nell'esperimento fisiologico chesarà esposto righe più avanti in questo documento.

Gli stimoli e il loro spettro di Fourier corrispondente. (A) Reticolo abarre. (B) Scacchiera con quadrati. (C) Scacchiera con rettangoli piùampi che alti. (D) Plaid. Riprodotto da De Valois et. al., 1979, pagina485. Prima di continuare, una coppia di esempi saranno mostrati sulpossibile effetto nel caso in cui non si usi l'intero dominio spettraledurante una trasformata inversa di Fourier. Ciò dimostra la teoriaolografica del "tutto" che si trova in ognuna delle singole parti e mostrainoltre che le immagini "ragionevolemente buone" possono essererealizzate senza effettuare la completa trasformata teorica. Questo èessenziale perchè il processo neurale non è infinito nell'estensione. Ilcervello (per la sua natura limitata) sarebbe solamente capace di"rendere" una trasformata di Fourier troncata. Quando una trasformatadi Fourier viene realizzata di sempre più piccole parti di un campospettrale. Il "tutto" è sempre catturato, ma la risoluzione peggiora.

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Si veda la figura 8.

La parte destra di ogni immagine rappresenta lo spettro mentre lasinistra, lafigura corrispondente. Riprodotto da (De Valois & De Valois,Spatial Vision, 1988, pagina 17).

CAPITOLO 3 - MODELLO DI BASE GEOMETRICA EUCLIDEA

La teoria convenzionale afferma che il principale evento computazionalenei neuroni è la generazione dell'azione potenziale. Il caricamento diquest'ultima (per una singola cellula o per una rete di cellule) indical'innesco di una particolare percezione. Nel caso più remoto (la cellulapiù anziana, di prima generazione) il caricamento di una singola cellulapuò innescare una certa memoria di percezione. Sebbene, piùtipicamente, sia il simultaneo caricamento di un'intera collezione dicellule vicine in una rete, che innesca la percezione. Questa sarà poimediata dalla propagazione dell'azione potenziale (attraversol'assone) da altre parti del cervello. Sarebbe la risposta emergente eintegrante su "le altre parti del cervello" (comprese altre modalitàsensitive) che rendono la sensazione della percezione.Per la percezione visiva, vi è un flusso di informazioni ((Kendel,Principles of Neural Science, page 438)

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Retina: le cellule rispondono a piccoli stimoli circolari.Nucleo genicolato laterale: le cellule rispondono a stimoli circolari.Corteccia visiva primaria: trasforma il campo ricettivo concentrico inalmeno tresensi.1. Campo visivo decomposto in brevi segmenti di linea di orientamentodifferente, attraverso l'orientamento delle colonne. Distinzione inizialedi forma e movimento.2. Le informazioni sul colore vengono processate attraverso macchieche difettano dell'orientamento selettivo.3. Gli input dei due occhi sono uniti attraverso le colonne oculari didominanza (una delle fasi necessarie nella "profonda" percezione).Le connessioni centrali del sistema visivo sono notevolmente specifiche.Le regioni separate della retina proiettano al nucleo genicolato lateralenel talamo in modo che un completo campo visivo per ogni occhio èrappresentato nel nucleo.Tipi diversi di cellule nella retina proiettano a bersagli differenti neltronco del cervello. Ogni assone genicolato termina nella cortecciavisiva, soprattutto nel quarto strato. Le cellule in ogni strato hanno unloro modello di connessioni con altre regioni sottocorticali.Le cellule nella corteccia visiva sono organizzate in colonne di specificoorientamento, nelle colonne oculari di dominanza e in macchie. Alcunidi questi neuroni possiedono connessioni orizzontali. Le informazionifluttuano sia tra gli strati che orizzontalmente attraverso ogni strato. Leunità di colonna sembrano funzionare come moduli di calcoloelementari. Ogni gruppo di cellule si comporta come un circuitodedicato a processare un input e a trasmetterlo sopra.

CAPITOLO 4 - TEORIA OLOGRAFICA DEL CERVELLO.

Prove sperimentali.

Hubel e Wiesel (1959, 1962) descrissero e classificarono cellule corticalisemplici e complesse. Essi conclusero che entrambe le specierispondessero ottimamente a barre e bordi di determinatoorientamento. Un altro punto di vista era che ogni cellula corticalepoteva essere selettiva per ogni parte dello spettro bidimensionale diFourier (un certo componente di frequenza in un particolareorientamento) dello stimolo visivo (Robson, 1975. De Valois, Albrecht& Thorell, 1977). E' stata sollevata la questione che un vero rivelatoredel bordo avrebbe bisogno di dinamiche non lineari ed è poco chiaro sele cellule corticali esibissero le dinamiche non lineari necessarie.Le due idee differenti erano che le cellule corticali funzionassero comerivelatori di bordi non lineari o come filtri lineari di frequenza spaziale.Ognuna di queste due ipotesi possiede differenti previsioni a propositodi come le cellule corticali possano rispondere a stimoli visivi. Usandograte e scacchiere come stimoli visivi, De Valois ed altri potevanodistinguere tra queste due possibilità.La figura 7 mostra differenti modelli (che possono essere presentaticome

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stimoli visivi) e il corrispondente spettro di frequenza. Qui ogni spettroè tracciato in forma polare dove la distanza dal centro rappresenta lafrequenza spaziale dello stimolo e l'angolo (da 0°) rappresenta leinformazioni di fase o l'orientamento della frequenza spaziale dellostimolo. La forma dei punti rappresenta l'ampiezza. Nelle coordinaterettangolari lo spettro sarebbe interpretato come un componente difrequenza in direzione verticale ed orizzontale.Per esempio, il reticolo a barre verticali (vedi figura 7) manifesterà unafrequenza (che ripete il modello) in direzione orizzontale. Larappresentazione spettrale di questa immagine sarebbe scomposta neivari componenti di frequenza tutti in direzione orizzontale. Ciò sarebbetracciato (nella rappresentazione usata qui) come punti lungo l'asseorizzontale. Una trama spettrale di un reticolo a barre orizzontaliconsisterà invece di punti lungo l'asse verticale.Quando un animale viene presentato con il campo visivo spaziale (laparte sinistra di ogni figura) la domanda può essere formulata in questomodo: "le cellule corticali stanno rispondendo alle informazioni neldominio spaziale originale oppure alle informazioni nello spettro difrequenza?". In quale rappresentazione si trova l'informazione che arrivaalle cellule corticali? Può essere inventato un esperimento per verificareuna giusta soluzione tra le due possibilità esaminate? Per esempio, c'èuna particolare cellula corticale che risponde alla presenza di una lineanel campo visivo oppure al componente fondamentale di Fourier (a uncerto orientamento) dello spettro? Questo problema è stato risoltoconfrontando la risposta della stessa cellula a differenti campivisuali (De Valois, 1979).Una serie di esperimenti è stata effettuata su gatti e scimmie (De Valois1979) per verificare se le cellule corticali rispondessero a differenzenello spettro di Fourier. Il primo degli esperimenti è stato elaboratosull'osservazione che i principi dello spettro di Fourier per la scacchieraerano ruotati di 45° rispetto ai principi di Fourier sia del reticolo a barreche del plaid (vedi figura 7). Il reticolo a barre verticali, i plaid e lascacchiera hanno ciascuno bordi verticali nella stessa posizione. Perciò,se una cellula di corteccia stesse funzionando come un rivelatore delbordo, la cellula avrebbe risposto ottimamente al reticolo a barre, aiplaid e alla scacchiera ciascuna allo stesso orientamento. Se, tuttavia, lecellule corticali stessero rispondendo ai principi dello spettro, esseavrebbero risposto ottimamente ad un modello di scacchiera che èruotato di 45° rispetto agli altri modelli (del plaid o del reticolo) e cheè orientato per produrre una risposta ottimale.In entrambi i gatti e le scimmie la procedura sarbbe come segue. Unpiccolo elettrodo verrebbe inserito in una cellula della corteccia visivaper misurare il numero di potenziali di azione al secondo. I parametriottimali dello stimolo sono stati in primo luogo determinati per lacellula. E' stato individuato il campo ricettivo e l'animale è statoposizionato in modo che il dominio ricettivo fosse concentrato"sull'esposizione di portata". Allora fu determinata la posizione e lafrequenza spaziale ottimale per la cellula, provando con differenti tipi direticoli (ad esempio a curva). La frequenza temporale ottimale è statainvece individuata lasciando alla deriva il modello più dissonante

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attraverso i passi del rispettivo campo. Se la cellula corticalefunzionasse come un rivelatore del bordo, si prevederebbe che ilreticolo a barre, il plaid e la scacchiera inducano a tutti il massimo deipunti al secondo nella cellula alla stessa posizione. La risposta dellacorteccia al reticolo a barre è stata determinata con varie rotazioniangolari. La cellula della corteccia visiva ha risposto in modo ottimale almodello di scacchiera che era ruotato di 45° rispetto al reticolo a barreche era ruotato in modo da produrre la risposta ottimale (vedi figura 9).Questa era una prova che la cellula corticale visiva rispondesse aiprincipi di Fourier non come un rivelatore di bordi.

Riprodotta da De Valois 1979, pagina 489.

In un altro esperimento, gli stimoli di scacchiere con differentidimensioni dei motivi (1/1, 2/1. 0.5/1) vengono presentati agli animaliper il confronto con lo stimolo visivo del reticolo a barre. La dimensione(ortogonale) alterata dei motivi della scacchiera non dovrebbecompromettere l'ipotetica attività delle cellule corticali visive dirispondere ai bordi invariati. Se, d'altra parte, le cellule visive stannorispondendo ai principi di frequenza di Fourier, i diversi modelli discacchiera dovrebbero essere ruotati in modo da prendere il massimonumero di punti al secondo dalle cellule. Da notare come, confrontandola figura 7B con la 7C, i principi di Fourier (i puntini più grandi) sonosituati ad un angolo differente dal centro. Fu scoperto infatti che imodelli differenti di scacchiere dovevano essere ruotati di un importoche si abbinava esattamente a cosa avrebbe previsto la matematicadella trasformata di Fourier (la posizione dei principi di Fourier). Quandoi dati furono tracciati nuovamente con i punti ruotati in accordo allaposizione matematicamente prevista dei principi di Fourier, fu scopertoche esisteva un abbinamento considerevole. Ciò era un'ulteriore provache la cellula corticale visiva stava rispondendo alla posizione angolaredei principi di Fourier e non ai bordi dei quadrati visti nelmodello non trasformato.In un altro esperimento, i modelli delle scacchiere a plaid con medesimedimensioni venivano presentati (con rotazioni differenti) allo stimolovisivo degli animali. Ancora, se la cellula corticale stava fungendo darivelatore di bordi, sarebbe stato previsto che la cellula avesse rispostoottimamente ai due modelli allo stesso orientamento (quando i bordisono nella stessa posizione). Fu appurato, invece, che la cellula corticalerispondesse ottimamente al modello di scacchiera che era ruotato di

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45° rispetto alla posizione del modello del plaid (che era stato orientatoper consentire un migliore responso).La prossima serie di esperimenti è centrata sull'osservazione che iprincipi di Fourier per la scacchiera (con quadrati della stessa larghezzadelle barre del reticolo) erano dislocati più lontano dal centro che ifondamenti di Fourier del reticolo a barre. Così potrebbe essereeffettuata una prova per verificare se le cellule corticali stavanorispondendo alla larghezza (separazione tra linee) o alla frequenzaspaziale del modello presentato. Se la cellula corticale stavarispondendo alla separazione tra bordi, allora il miglior abbinamentoper la scacchiera sarebbe stato con i quadrati della stessa larghezzadelle barre del reticolo. Se invece la cellula corticale stava rispondendoai principi di Fourier, allora una scacchiera con motivi differenti performa (o per differente larghezza delle barre) indurrebbe la rispostaottimale. la sensibilità del contrasto è stata definita come il contrasto diun modello necessario a rendere un certo numero di punti al secondoper la cellula corticale. Il controllo era il reticolo con una larghezza dibarre che produceva il massimo responso delle cellule corticali. Lalarghezza sperimentale della barra (rendendo la migliore risposta peruna posizione ottimale) per la scacchiera, abbinava cosa era previstodalla matematica di Fourier (De Valois, 1979). Ciò fornisce molte proveche la cellula visiva stava rispondendo ai principi di Fourier e non aibordi dell'immagine.In un ulteriore esperimento, le dimensioni relative ai motivi degliscacchi erano cambiate per il modello di scacchiera (2/1, 1/1, 0.5/1 inproporzione). Da notare dalla figura 7 che come una dimensione delmotivo viene cambiata, la distanza (dal centro) dei principi di Fouriermuta anch'essa. Potrebbe allora essere determinato che la larghezza(data ad un certo rapporto) fornisce il miglior risultato (se orientatacorrettamente). Se le cellule corticali stessero rispondendo allalarghezza degli scacchi, allora la differente larghezza/altezzadelle proporzioni non dovrebbe influenzare la risposta della cellula.Se, invece, la cellula stesse rispondendo ai principi di Fourier, alloradovrebbe rispondere ottimamente alle differenti larghezze degli scacchiquando l'altezza e la larghezza del rapporto cambiano. E' stato scopertoche la cellula di corteccia rispondeva ottimamente ai modelli discacchiera di diverse larghezze e che queste abbinavano cosa lamatematica di Fourier avesse previsto (De Valois, 1979). Quando i dativenivano tracciati in accordo alle previsioni teoretiche, la cellula fu coltarispondere alla frequenza spaziale (la distanza dal centro dei principi diFourier) per i modelli orientati in modo ottimale. Ciò dimostrava chele cellule corticali rispondessero alla trasformata di Fourier dello stimolovisivo presentato. Tutti questi esperimenti sono stati ripetuti per lecellule visive multiple dei gatti e delle scimmie che danno semprerisultati simili. La prossima serie di esperimenti esaminerà se le celluledi corteccia potrebbero essere sensibili ai più alti componenti dellospettro di Fourier. Se fosse così, allora questa sarebbe una valida provache queste cellule corticali si comportano come filtri di frequenzaspaziale (e no come bordi e rivelatori di barre). I più alti spettri disinusoidi del reticolo sono alla stessa posizione della frequenza

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fondamentale ma le più alte sinusoidi della scacchiera sonoposizionate ad orientamenti diversi (vedi figura 7). Se una cellulacorticale esibisce sufficientemente una sintonizzazione spaziale, puòpotenzialmente rispondere separatamente al principio e alla terzasinusoide dei modelli. Ad esempio, si immagini un reticolo con le barrepiù strette in modo che la frequenza del principio cade su cosa era laterza sinusoide per un reticolo a barre più ampie. Una cellula visivasensibile a questa posizione spettrale, risponderebbe ad entrambi glistimoli (e gli stimoli verrebbero presentati nellostesso orientamento). Per la scacchiera, la situazione sarebbe un po'diversa. Il più piccolo modello graduato della scacchiera sufficiente aprodurre un principiodi Fourier alla medesima posizione di frequenzadella terza sinusoide (che produrrebbe un più ampio graduato modellodi scacchiera)sarebbe ruotato leggermente per un responso ottimale.E' stato dimostrato che una cellula corticale (che risponde al reticolo abarre ad una certa frequenza e ad un certo orientamento)risponderebbe anche ottimamente al reticolo con le larghezze dellabarra tre volte superiori al formato (che sarebbe un terzo dellafrequenza spaziale) con la stessa posizione. I principi di Fourier delreticolo con le barre più strette sono caduti sulla terza sinusoide della"grata" con le barre più ampie. E' stato inoltre dimostrato che lamedesima cellula che risponde ad una grata con un'onda a seno (ad unacerta frequenza e ad un certo orientamento) non risponderebbe allastessa onda di un terzo di quella frequenza alla stessa posizione. Affinchè la cellula risponda in maniera ottimale, un modello discacchiera con i motivi a scacchi di una certa grandezza deve essereruotato verso la posizione più adeguata di una scacchiera con i motiviche sono tre vole più larghi. Questa rotazione si abbina a quellateoreticamente prevista dalla matematica di Fourier. (De Valois 1979).Simili esperimenti sono stati effettuati con il sistema sensomotorio deiratti (Pribram, 1994) dove sono inoltre state trovate delle cellulecorticali capaci di reagire alle informazioni dello spettro.

Altr i aspetti della teoria olograf ica del cervello

Pribram sostiene che sia il tempo che l'informazione spettrale vengonosimultaneamente immagazzinati nel cervello. Inoltre egli ponel'attenzione sul limite con il quale sia i valori spettrali che temporalipossono essere determinati simultaneamente con qualsiasi misurazione(Pribram, 1991). Questa incertezza descrive un principio di minimodefinito da Gabor nel 1946 (l'inventore degli ologrammi) come unquanto di informazione. La microrielaborazione dendritica è concepitada Pribram per approfittare di questo rapporto di incertezza in modo darealizzare l'elaborazione ottimale delle informazioni. Pribram affermache il cervello opera come una struttura dissipativa dove lui stessocontinuamente si organizza per minimizzare questa incertezza. Iprossimi paragrafi tenteranno di spiegare i concetti di "principiodi incertezza" e di "strutture dissipative" che si auto- organizzano.

Il Principio di incertezza

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Fisica quantistica.

Nella fisica quantistica, il principio di incertezza può essere definito nelmodo seguente (parafrasando Pagels, 1982): si consideri di avere undispositivo in grado di misurare simultaneamente la posizione e laquantità di moto di un elettrone. Ogni volta che viene premuto un tasto,il dispositivo visualizza valori numerici che indicano la posizione e laquantità di moto. Anche se, ogni volta che si spinge un tasto, siotterranno misurazioni leggermente differenti per la posizione e laquantità di moto. Se sono state effettuate abbastanza misurazioni, sipotrà procedere con un'analisi statistica. Heisenberg utilizzò il terminedelta 'q' per indicare la diffusione o l'incertezza delle misure diposizione intorno ad un certo valore medio ed il termine delta 'p' perindicare invece la diffusione o l'incertezza delle misure di quantità dimoto intorno ad un valore medio (per la serie di misurazioni).Egli scoprì così che (delta q) x (delta p) >= h dove 'h' indica la costantedi Planck. Dopo una serie di misurazioni, le posizioni possono essereespresse con una media di + / - di una certa incertezza. Ciò vale ancheper la quantità di moto. Non importa quanto preciso si assembli undispositivo di misurazione del quanto, perchè i prodotti delle incertezzenon possono mai essere inferiori alla costante di Planck. Per esempio,se uno può costruire un dispositivo che determina esattamente laposizione (dove delta q = 0) allora non potrebbe essere capace dideterminare nulla circa la quantità di moto (poichè delta p = infinito).Sussiste una relazione simile (di incertezza) tra l'energia di unaparticella e il tempo trascorso. Dopo una serie di misurazioni, ilprodotto dell'incertezza dell'energia (delta E) per l'incertezza del tempotrascorso è sempre maggiore o uguale alla costante di Planck. Si deducequindi che (delta E) x (delta t) >= h.

Teoria comunicativa Nella teoria della comunicazione, si sostiene inoltre una variazione delprincipio di incertezza (Gabor, 1986). La misurazione della frequenzapuò essere svolta con una precisione arbitraria. Idem, la misurazionedel tempo dell'evento può essere effettuata con la stessa precisione. Maesiste un limite alla precisione quando queste misurazioni sono presesimultaneamente. Si può misurare esattamente sia la frequenza (di peresempio un tono) sia del tempo (di un evento) ma non entrambi nelmedesimo istante. Per esempio, se il tempo di un evento è conosciuto(che indica una funzione di impulso) ci sarebbero componenti difrequenza tutti sopra e sotto lo spettro. Se, d'altra parte, le informazionidi frequenza fossero conosciute esattamente, si potrebbe saperequalsiasi informazione di quando accadono. Un singolo picco (oppureuna coppia di picchi se si considera la frequenza negativacorrispondente) nello spettro implica che un tono possiede limiti infinitinel dominio di tempo. Analogamente al principio di incertezza delquanto, quando le misurazioni di frequenza e di tempo vengono svoltesimultaneamente, sussiste un limite alla precisione possibile. Pribram

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sostiene che il cervello funzioni come una struttura dissipativa checerca di diminuire questa incertezza nella direzione dei suoi limititeoretici.

Strutture dissipative

La seconda legge della termodinamica afferma che l'entropia aumentasempre in ogni sistema isolato (figura 10). Questo significasemplicemente che se qualcosa è lasciata da sola, essa si muoveràverso l'equilibrio... si muoverà verso il disordine massimo... la suarelativa condizione interna di energia tenderà ad essere minimizzata.Non ci è stata, finora, alcuna osservazione confermatascientificamente che questa legge non sia valida.

Un sistema isolato può essere diviso in un sottosistema che è aperto alflusso di energia ed all'ambiente del sottosistema (vedi figura 11).Come tale, l'intero e isolato sistema obbedisce ancora alla secondalegge della termodinamica, ma è possibile che il sottosistema possasperimentare una diminuzione dell'entropia a scapito del relativoambiente.

E' garantito l'aumento di entropia nell'ambiente del sottosistema (dalla seconda legge della termodinamica) più della diminuzione. Si notiinoltre che il sottosistema può solo essere mantenuto estraneodall'equilibrio fino a che sussiste energia utilizzabile nel suo ambiente.

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Quando l'entropia dell'ambiente è al massimo (nessuna energiautilizzata), è garantito che tale sistema procederà verso l'equilibrio.Esiste una classe speciale di questi sottosistemi (come descritto sopra)dove l'organizzazione di essi proviene esclusivamente dai processi cheavvengono entro i suoi limiti. Questi sottosistemi vennero identificati daI. Prigogine nel 1984 (che vinse il Nobel per il suo lavoro) come"strutture dissipative". Pribram crede che il cervello sia simile ad unastruttura dissipativa.Un modo per modellare una struttura che va verso l'equilibrio è quello di minimizzare una espressione matematica per l'energia interna (che èuguale a massimizzare un'espressione per l'entropia). Questo vienechiamato il principio di azione minima. Sebbene ciò non sarebbeappropriato per una struttura dissipativa, poichè non sta andando versol'equilibrio. Le strutture dissipative si auto- organizzano intorno adifferenti "principi di minima azione". Nella teoria olografica delcervello, Pribram ha minimizzato l'entropia (che massimizza il numerodi informazione che è possibile immagazzinare) come "il principio diazione minima". Così, il sistema (il cervello) organizza se stesso inmodo che più informazioni possano essere memorizzate.Nelle reti di Hopfield e nel motore di Boltzmann (che sono simulazioni acomputer di processi neurali), i calcoli procedono in termini diraggiungimento di un minimo di energia. Nella teoria olografica, icalcoli procedono invece verso il raggiungimento di una quantitàminima di entropia e perciò una massima quantità di informazione.Nella formula di Boltzmann il principio di minima azione conducead una condizione di equilibrio spazio- temporale di minima energia.Nella sua teoria, Pribram descrive il principio di azione minima comestrumento capace di aumentare la quantità di informazioni (cioè ingrado di minimizzare l'entropia).Indipendentemente, (in altri esperimenti) Schneider e Kay (1994) hannoproposto una variazione sulla seconda legge della termodinamica chepuò essere applicabile al paradigma olografico elaborato da Pribram."Il princpio di termodinamica che governa i sistemi afferma che comequesti vengono spostati dallo stato di equilibrio, essi utilizzeranno tuttele vie disponibili per eseguire in senso inverso il gradiente applicato.Come quest'ultimo aumenta, così aumenta l'abilità del sistema diopporre il movimento all'equilibrio."Sarebbe interessante verificare se sussiste una relazione tra il lavoro diSchneider e di Kay con quello di Pribram.La teoria olografica del cervello sostiene che il cervello è continuamentenei processi di correlazione. Questo chiarisce perchè noi effettuiamoassociazioni (come i sensi sono integrati). C'è ovviamente un vantaggiodi calcolo per un cervello che immagazzina le informazioni sensoriali (ele percezioni) nel dominio olografico o spettrale in contrasto con ilmodello di cervello che memorizza direttamente le singolecaratteristiche.Il paradigma olografico afferma che il ricordare o il pensare è un'azionesimultanea simile alla trasformata di Fourier. La trasformata inversa,invece, (come il laser che rifletteva nell'ologramma ottico) ci permette diavere una nuova esperienza, ad un certo livello, di una percezione

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precedente. Questo è cosa costituisce la memoria.

CAPITOLO 5 - CONCLUSIONI

Osservazioni generali

Lo strumento dell'olografia ottica, i granuli d'argento sulla pellicolafotografica, mette i coefficienti di Fourier. Nella teoria olografica, icoefficienti di Fourier sono immagazzinati come i micro- processi dipolarizzazione e depolarizzazione che avvengono nelle ramificazionidendritiche. Sia la teoria di Pribram che altre tesi convenzionali hannodiviso il cervello nei vari moduli di comunicazione e funzionamento.Una differenza principale è in come le informazioni vengonoimmagazzinate in questi moduli cerebrali. Per esempio, nella caso dellapercezione visiva, nelle teorie convenzionali le specifiche caratteristichevengono memorizzate in alcune cellule dedicate. Questi diversi sotto-moduli hanno vie parallele ad altri moduli che producono l'esperienzavisiva unita. Ciò sarebbe più o meno analogo ad un computer cheeffettua l'elaborazione dei segnali direttamente sull'immagine. Peresempio, i circuiti dedicati alla rilevazione del bordo si collegherebberoad altri circuiti per altre caratteristiche come il colore. Ogni peculiaritàdell'immagine viene memorizzata (o processata) in circuiti dedicati.Questi ultimi, possiedono anch'essi vie parallele che conducono ad altreregioni del cervello nelle quali viene formata l'esperienza soggettiva ecollettiva della percezione. La teoria olografica (nel caso dellapercezione visiva) dimostra nuovamente che l'immagine che si formasulla retina viene trasformata in un campo spettrale. Leinformazioni in questo dominio "spettrale" e olografico sono distribuitesu un'area del cervello (in un certo insieme di cellule) dallapolarizzazione di varie funzioni sinaptiche nelle strutture dendritiche. Aquesto punto, non c'è più un'immagine localizzata e memorizzata nelcervello. Le correlazioni e le associazioni possono essere realizzate daaltre parti del cervello che proiettano alle medesime cellule. Lo statoconscio (e la memoria) è un sottoprodotto della trasformazione dalcampo spettrale al campo dell'immagine. La parte più radicale di questateoria è l'affermazione di Pribram secondo il quale un "ricevente" non ènecessario per verificare il risultato della trasformazione(dallo spettro olografico all'immagine). Egli infatti sostiene che ilprocesso di trasformazione rappresenta cosa noi sperimentiamo (nellavita quotidiana). La memoria non è altro che una ricostruzione dellanostra iniziale percezione sensoriale. La neurofisiologia modernarespinge la linea di demarcazione tra osservatore ed osservato (cioè trasoggetto ed oggetto).Nell'elaborazione dei segnali, c'è sempre bisognodi essere un "utilizzatore finale" per appurare i segnali trasformati oprocessati. Nel migliore dei casi, le neuroscienze procedono piùverso una spiegazione finale dell'osservatore. Chi scommetterebbe ipropri soldi o la propria carriera dimostrando di essere capace dirisolvere questi problemi in un paio di anni? La teoria di Pribram cerca dirisolvere questi interrogativi.La tesi più accreditata oggi è che il cervello è un dispositivo di

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elaborazione. Sebbene questa idea stia influenzando massiccciamenteanche la letteratura, essa dimostra che esistono severe limitazioni alcalcolo. (Penrose, 1994. Rosen, 1991. Kampis, 1991. Pattee, 1995). Peresempio, Penrose utilizza una variazione del "problema di fermata" perverificare che la mente non può essere un processo algoritmico. Rosenargomenta che il calcolo (o la simulazione) è una rappresentazioneinadeguata delle cause naturali che si trovano in natura. Kampisafferma che le informazioni contenute in un processo algoritmicovengono fissate all'inizio e nessuna nuova informazione può essereassimilata successivamente. Pattee sostiene che la separazionecompleta delle condizioni iniziali e le equazioni del movimentonecessarie in un calcolo possono essere solamente un casospeciale in natura. Pattee è convinto che i sistemi capaci di fare i lorodispositivi di misurazione possono interessare cosa essi vedono edhanno una specie di "chiusura semantica".E' possibile che il cervello trascenda il comportamento di calcolo. Se èdavvero così, sarà molto interessante vedere quali aspetti della teoria diPribram sono in relazione alle precedenti idee contrarie alle teoriecomputazionali applicatealla natura del cervello.

Conclusioni

La teoria di Pribram di un cervello che funziona olograficamente, non èscevra da alcune importanti considerazioni. Ecco una lista dei principaliconcetti annessi al paradigma olografico:

1. L'apparente frequenza spettrale che filtra gli aspetti delle cellulecorticali.

2. Il rapporto tra le trasformate di Fourier e gli ologrammi

3. La tesi che danni al cervello in alcune regioni non causanonecessariamente laperdita di specifiche memorie.

4. Il vantaggio elaborativo di effettuare correlazioni nel dominiospettrale.

5. La sua idea (di Pribram) dell'esperienza conscia che è simultanea alcervello che effettua queste trasformazioni simili a quelle di Fourier (checontemporaneamente associano una percezione con altre giàimmagazzinate). Egli crede che l'esperienza conscia sia l'atto diassociazione stessa e tale correlazione avviene nelle strutturedendritiche attraverso la somma delle polarizzazioni (edepolarizzazioni) tramite i processi nella ramificazioni dendritiche.

6. Il cervello è una struttura dissipativa e organizza se stessa intorno alprincipio di azione minima e di minimizzazione di un rapporto diincertezza.

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La maggior parte dei neurofisiologi sperimentali sono appenasoddisfatti di raccogliere dati neurologici indipendenti da qualsiasiteoria globale del cervello o della mente, lasciando una tesi sul cervelloalle generazioni future.Così, Karl Pribram non è menzionato nei migliori libri di neurofisiologia(come "Principi di una scienza neurale" di Kandel, Schwartz, Jessel,1991). Ciò è sfavorevole perchè egli può aiutare ad avere una rispostaalle innumerevoli domande sperimentali. Con una diversa teoriaarrivano differenti domande che possono condurre ad innovativiesperimenti capaci di portare nuove informazioni sul caso.Eventualmente, le idee di Pribram (o alcune variazioni su di esse)troveranno la loro strada nella consapevolezza dei maggiorineurofisiologi (e potranno apparire nei loro libri) non appena l'attualefascino per la biologia molecolare finirà il suo corso. Allora l'attenzionedei neurofisiologi potrà ancora essere diretta verso lo studio diun'organizzazione globale del sistema, lasciando in ombra lasemplice analisi delle parti.

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GLOSSARIO

- Diffrazione: Complesso dei fenomeni di propagazione per ondeelastiche elettromagnetiche che non si accordano con la legge dellapropagazione rettilinea dei raggi nei mezzi omogenei, secondo l'otticageometrica

- Assone: Prolungamento della cellula nervosa che mantiene la suaindividualità a grande distanza. Eventuali sinonimi: cilindrasse, neurite.

- Cellule corticali: cellule o neuroni relative alla corteccia (cerebrale).

- Elettrodo: Conduttore attraverso il quale la corrente elettrica penetrain un corpo e ne esce.

- Dendrite: Ognuno dei prolungamenti, tipicamente ramificati, chenelle cellule nervose sono responsabili della trasmissione dell'impulso alpirenoforo.

Tradotto dall'originale ( http: / /www.acsa2000.net /bcngroup/ jponkp / )

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