Conflitti di interesse nel settore finanziario: che fare?

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1 Conflitti di interesse nel settore finanziario: che fare? Marco Pagano Università di Napoli Federico II, CSEF e CEPR

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Conflitti di interesse nel settore finanziario: che fare?. Marco Pagano Università di Napoli Federico II, CSEF e CEPR. Molto utile. Rapporto ben scritto, completo e sistematico. Sola omissione: i mercati mobiliari gestiti dalle banche. - PowerPoint PPT Presentation

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Conflitti di interesse nel settore finanziario: che fare?

Marco Pagano

Università di Napoli Federico II, CSEF e CEPR

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Molto utile

• Rapporto ben scritto, completo e sistematico.• Sola omissione: i mercati mobiliari gestiti

dalle banche.• Idea centrale: i problemi non nascono (solo)

da mancanza di etica, ma dagli incentivi dei decisori. I conflitti di interesse distorcono gli incentivi.

• Molto utile per la situazione italiana.

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Il caso italiano

• Anni ’80-’90: da sistema semplice e chiuso a sistema complesso e integrato.

• Prima, poco spazio al conflitto di interesse:– poco ricorso a capitale azionario esterno;– mercato obbligazionario inesistente;– banche commerciali separate da banche di

investimento;– finanza non integrata con i mercati esteri.

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Il caso italiano (2)

• Ora:– ricorso a capitale azionario esterno maggior

conflitto di interessi con azionisti non-controllanti;– ricorso a mercato obbligazionario conflitto di

interessi con creditori dispersi;– banche universali conflitti tra le varie funzioni

delle banche (vedi Guiso);– integrazione con i mercati esteri possibilità di

“giocare su molti tavoli”.

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Requisiti del nuovo sistema

• Aumento del ruolo dei mercati mobiliari aumento della trasmissione di informazione necessità di tutelarne l’integrità.

• Aumento del numero di funzioni e interrelazioni degli operatori necessità di “pesi” e “contrappesi” nelle organizzazioni.

• Apertura internazionale necessari sistemi informativi e di sorveglianza sovra-nazionali.

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Ritardo organizzativo

• Le istituzioni non hanno tenuto il passo con questo passaggio:– modello organizzativo delle imprese: opaco e

fortemente centralizzato, e gravato da legami familiari (il lato oscuro dell’impresa familiare);

– modello organizzativo delle banche: non ha tenuto conto dei nuovi conflitti di interesse;

– modello della vigilanza: frammentato, e con ottica strettamente nazionale.

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Miscela esplosiva

• Caso Parmalat: conferma che non è saggio “mettere vino nuovo in otri vecchi”.

• L’estrema opacità e centralismo del sistema di comando interno si combina con il pieno accesso al mercato obbligazionario.

• La vigilanza “vede” solo una parte del quadro, e solo di quello nazionale.

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Fattori ambientali aggravanti

• Estrema diffusione di frodi contabili a fini fiscali: facilita l’estrazione di “benefici privati” a danno dei finanziatori esterni (Dyck e Zingales, 2003).

• Depenalizzazione del falso in bilancio.• Mezzi di informazione poco indipendenti.• Sistema giudiziario inefficace nel perseguire

illeciti finanziari.

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Che fare?

• Allineare modelli organizzativi e istituzioni alle necessità di un’economia dove l’integrità e la completezza delle informazioni sono fondamentali.

• Una lunga lista…– accentrare/coordinare la vigilanza su mercati,

istituzioni e società di revisione;– in alcuni casi renderla sopra-nazionale (esempio,

integrare le Centrali dei Rischi nazionali);

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Che fare? (2)

• La lista prosegue …– ridurre le opportunità di frodi fiscali, e aumentare

le sanzioni (anche penali) per le frodi contabili (vedi U.S.A.);

– tutelare e accrescere la libertà dell’informazione finanziaria;

– accrescere l’efficienza dell’azione giudiziaria, con sezioni specializzate in materia finanziaria.

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Ma molto dipende dai privati

• Molti “otri vecchi” possono essere sostituiti solo dall’iniziativa privata, nelle imprese e nelle banche.

• Non è chiaro se questi operatori abbiano gli incentivi giusti per rinnovare i propri modelli organizzativi.

• Il teorema di Coase induce a un cauto ottimismo...