Condizioni di vita e vulnerabilità degli anziani. · La tabella 1 propone una descrizione del...

18
Condizioni di vita e vulnerabilità degli anziani. Uno studio sui centri urbani calabresi di Sabina Licursi Paper for the Espanet Conference Risposte alla crisi. Esperienze, proposte e politiche di welfare in Italia e in EuropaRoma, 20 - 22 Settembre 2012 Sabina Licursi è ricercatrice di Sociologia presso il Dipartimento di Sociologia e Scienze Politiche dell’Università della Calabria [email protected], tel. (+39) 0984492510

Transcript of Condizioni di vita e vulnerabilità degli anziani. · La tabella 1 propone una descrizione del...

0

Condizioni di vita e vulnerabilità degli anziani. Uno studio sui centri urbani calabresi

di

Sabina Licursi

Paper for the Espanet Conference “Risposte alla crisi. Esperienze, proposte e politiche di welfare in Italia e in Europa”

Roma, 20 - 22 Settembre 2012

Sabina Licursi è ricercatrice di Sociologia presso il Dipartimento di Sociologia e Scienze Politiche dell’Università della Calabria [email protected], tel. (+39) 0984492510

1

Vecchiaia e vulnerabilità in città Nella dimensione urbana tutto è osservabile con meno filtri che altrove, forse anche le trasformazioni che

interessano la vita degli anziani. Tema, quest’ultimo, che è destinato probabilmente a ricevere maggiore

attenzione in futuro anche in sociologia, se non altro per l’eccezionale invecchiamento delle società

contemporanee, quelle sviluppate e quelle in via di rapido sviluppo: “viviamo attualmente in un'epoca che

ci rende molto diversi da tutti i nostri predecessori. E tuttavia la visione tradizionale e profondamente

radicata della vecchiaia non è stata ancora abbandonata, né riconosciuta per quella che è” (Laslett, 1998). Il

2012 è stato proclamato “Anno europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni”

anche allo scopo di promuovere attività che possano sostenere la solidarietà fra giovani e meno giovani.

L’Italia registra un indice di vecchiaia, pari a 144, superiore di diversi punti alla media dei Paesi UE (pari a

112). Il Sud, in particolare, rischia uno tsunami demografico per il 2050 con un incremento previsto di 10

punti percentuali della popolazione over 75 (Svimez, 2011).

La vulnerabilità, intesa come quella condizione in cui rischi e minacce di vario genere si percepiscono come

più probabili e prossime a seguito di un precario inserimento dell’individuo nei circuiti relazionali e di

distribuzione delle risorse (Ranci, 2002a e b), è diventata la condizione simbolo dei nostri tempi e segna

pesantemente tutte le generazioni. Ad essa si aggiungono stati come l’incertezza e la solitudine (Bauman,

1999 e 2000). È vero, però, che le persone anziane sono solitamente rappresentate come più fragili o,

meglio, come portatori di uno status – quello della terza e quarta età – che più di frequente si lega a

condizioni di malattia, di debolezza, di stati di deprivazione e di isolamento relazionale. Questa percezione

accentuata della fragilità degli anziani è anche dovuta alla scarsa capacità della società odierna di

accoglienza dei loro bisogni. Ecco quindi che la precarietà si lega alla “rottura dell’equilibrio nella relazione

tra l’anziano e il suo spazio di vita, che può essere dovuta a una quantità di fattori e di eventi: una grave

malattia, una disabilità, un impoverimento improvviso o cronico, uno sradicamento dal proprio ambiente

(per ricoveri o altro) cui non corrispondono adeguate risposte, ad esempio in termini di eliminazione di

barriere di vario tipo, di appropriata accoglienza e sostegno, di compensazioni nelle ridotte relazioni sociali”

(Neve, 2011: 67).

Non è tanto l’età, quindi, ma le condizioni della società in cui gli anziani vivono a determinare,

eventualmente, un loro generalizzato stato di bisogno. Tuttavia, l’idea che siano le capacità individuali –

fisiche e mentali – a subire un inevitabile indebolimento è molto diffusa. “L'errore di principio consiste

nell'assumere che la senescenza e la totale dipendenza tipiche di quella che chiameremo 'quarta età' sia la

condizione normale di tutti i gruppi di età entro la grande classe degli anziani e dei vecchi” (Laslett, 1998).

I ritmi, le caratteristiche dei centri abitati, la mercificazione di molti servizi, il costo della vita urbana e le

precarietà che interessano in generale tutti i suoi abitanti possono rendere ancora più brusco il passaggio

dalla condizione di ‘attività’ a quella di ‘dipendenza’ e possono favorire la percezione nell’anziano di un

distanziamento dell’ambiente esterno. Gli effetti possono essere diversi. Tra di essi la chiusura in casa e

l’isolamento o la costruzione di mondi paralleli in cui la routine è fatta di soap-opera o trasmissioni

radiofoniche di preghiera. La casa può diventare rifugio da un ambiente esterno che non ha rispetto per i

ritmi e le necessità degli anziani, ma è sempre più nido vuoto, in cui i figli e i nipoti non trascorrono molto

tempo. Quando accade, poi, che difficoltà di vario genere rendano impossibile continuare questa ridefinita

quotidianità, la risposta è, quasi sempre, l’istituzionalizzazione e, quindi, l’allontanamento dell’anziano dalla

sua abitazione abituale. Scelta che, quando risponde ai bisogni più organici e vitali dell’anziano, incide

pesantemente sul suo equilibrio interiore. Queste sono le condizioni in cui probabilmente si sperimenta la

vecchiaia nella sua accezione negativa.

2

Relazioni comunitarie e servizi di welfare nei contesti urbani calabresi

In Italia negli ultimi due decenni le politiche di welfare hanno conosciuto importanti trasformazioni e alcune

novità nel quadro normativo nazionale hanno determinato il trasferimento di poteri dal centro alle Regioni

e ai Comuni. Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno verificato quanto i sistemi di welfare regionali

presentino differenze significative, anche nell’ambito degli interventi in favore degli anziani (Kazepov, 2009;

Pavolini, 2004). Nel nostro Paese il sistema di protezione sociale nei loro confronti presenta non poche

lacune e manca di “strumenti esplicitamente destinati al contrasto alla povertà su base universalistica”

(Monacelli, 2007: 290) e ha anche risentito dei tagli alla spesa sociale fatti negli ultimi anni. Le insufficienze

del welfare sono solo parzialmente colmate dalle famiglie. Del resto, la “vecchia immagine della famiglia

che accoglie nel proprio seno gli anziani costituendone l'unico sostegno difficilmente potrà ripresentarsi.

Niente dimostra altresì che i figli adulti forniscano un regolare sostegno finanziario ai genitori anziani”

(Laslett, 1998). Questo non significa che scompare la solidarietà tra generazioni, ma i legami affettivi

significativi che esistono tra familiari e, in particolare, tra genitori e figli si delocalizzano e devono reggere lo

stress che deriva dalla distanza abitativa e dal poco tempo libero dei più giovani. Allo stesso tempo, i legami

con i vicini, che potevano essere caratterizzati negli anni della giovinezza e dell’età matura da reciprocità e

sentimenti di amicizia, tendono a diventare più deboli e più rari quando si diventa anziani, per l’insorgere di

diversi fattori. Soprattutto nelle grandi città, cresce il ruolo delle reti solidaristiche, pin particolare delle

associazioni presenti su tutto il territorio nazionale e con una solida organizzazione (Ires, 2008).

L’idea di una responsabilità comunitaria nei confronti delle componenti più adulte della società non trova

una concreta realizzazione neanche nella città calabresi, in quel Sud che si tende ancora a rappresentare

come un luogo in cui le relazioni di appartenenza sono più forti che altrove. In realtà, le dinamiche tipiche

dei contesti modernizzati si ritrovano anche negli ambienti urbani calabresi e anche qui i soggetti più

prossimi agli anziani (familiari e parenti, ma anche amici e vicini ) possono essere attivi nella promozione

del loro benessere così come possono costituire un problema, sovraccaricando le funzioni di cura e/o di

sostegno materiale e degli stessi anziani (Neve, 2011).

Questa considerazione lascia intendere che le istituzioni competenti e i servizi sociali in particolare

dovrebbero svolgere, non solo un monitoraggio delle reali necessità degli anziani, ma anche un’attività di

prevenzione e di sensibilizzazione sulle responsabilità che le generazioni più giovani hanno nei confronti di

quelle più adulte. Idealmente, entrambe le attività. Il welfare regionale non ha, infatti, caratteristiche tali da

consentire un funzionamento dei servizi di questo tipo. Il recepimento dei principi normativi della legge

328/2000 non è garanzia dell’applicazione dei principi cui essa si ispira. Esistono ostacoli di vario genere, fra

questi l’attuale assetto dei servizi alla persona già esistenti (in molti Enti locali non c'è un servizio sociale

professionale; i pochi servizi esistenti vengono finanziati più o meno direttamente dalla Regione; non c'è

un'equa distribuzione dei servizi sul territorio; è eccedente la presenza di servizi di ricovero rispetto a quelli

di promozione sociale; alcuni settori, come quello della psichiatria, non ricevono risposte concrete, ecc.

(Panizza, 2004). Per gli anziani – tranne alcune esperienze di accoglienza diurna e di assistenza domiciliare –

esistono soprattutto servizi istituzionalizzanti, gestiti in convenzione con la Regione: sono 105 le strutture

residenziali, divise in case di riposo (con una capacità ricettiva media di 20 anziani) e comunità alloggio (con

una capacità ricettiva media di 12 anziani), distribuite a macchia di leopardo sul territorio regionale.

La ricerca L’indagine è stata realizzata su committenza dello Spi – Sindacato Pensionati Italiani – Cgil Calabria.

L’interesse del sindacato era quello di cogliere gli elementi caratterizzanti le condizioni di vita della

popolazione anziana residente sul territorio regionale: conoscerne meglio i bisogni e le principali cause di

3

sofferenza, ma anche le aspettative, gli impegni e le attese per il futuro. Il questionario utilizzato per la

survey esplora questi e altri temi ed è stato somministrato a circa 2.000 anziani1. Per la stesura del paper ci

soffermiamo solo sulle informazioni riguardanti gli anziani che risiedono in centri superiori ai 30.000

abitanti. In tutta la regione sono solo nove i comuni che hanno queste dimensioni: i cinque capoluoghi di

provincia, tre comuni della provincia di Cosenza e uno di quella di Catanzaro (si veda la figura 1).

Fig. 1 – I comuni calabresi con popolazione superiore a 30.000 abitanti

Le elaborazioni e i commenti contenuti nel paper sono il frutto di una prima analisi dei dati della survey. Lo

scopo è quello, soprattutto attraverso analisi mono e bivariate, di individuare gli elementi essenziali della

condizione anziana e l’eventuale esistenza di gruppi omogenei. L’interesse è quello di verificare quali sono

le dimensioni principali della vulnerabilità e come esse si disegnano nella popolazione urbana anziana.

Le persone contattate nei comuni con una popolazione superiore ai 30.000 abitanti sono 535. Oltre la metà

risiede nelle periferie urbane, il 43% nel centro e una piccola quota (4% circa) in case isolate o inserite in

piccoli nuclei in prossimità delle città.

1 Per la definizione del campione abbiamo individuato delle quote che tengono conto della distribuzione provinciale

della popolazione anziana, della sua composizione per genere e della residenza in comuni con dimensioni

demografiche diverse. Più in dettaglio, definita la numerosità campionaria (2.000 unità), siamo partiti dall’indice di

invecchiamento della popolazione per determinare la quota di campione da estrarre in ciascuna provincia e, sempre in

maniera proporzionale rispetto alla popolazione anziana, abbiamo stabilito le quote per genere. Abbiamo poi distinto i

comuni per classe di ampiezza (fino a 3.000 abitanti, tra 3.001 e 10.000 abitanti, tra 10.001 e 30.000, oltre 30.000) e

abbiamo individuato quelli in cui realizzare la somministrazione in ragione delle risorse disponibili e delle maggiori

opportunità di stabilire contatti sul territorio. Per l’individuazione delle unità campionarie abbiamo optato per la

modalità del campionamento a valanga: le prime persone intervistate, contattate mediante il sindacato, hanno fornito

nominativi compatibili con le caratteristiche richieste dall’indagine.

4

Il 43% del campione è costituito da uomini e il restante 57% da donne. Oltre 70 su 100 vivono dalla nascita

nella città in cui attualmente risiedono.

Poco più di 57 anziani su 100 risultano coniugati, circa 30 su 100 sono vedovi. Separati e divorziati

costituiscono poco più del 5% del campione. I restanti sono nubili o celibi. Sono relativamente di più le

donne non sposate e quelle vedove.

La tabella 1 propone una descrizione del campione per genere e classi d’età. Si può notare che gli anziani

over 75 – soglia oltre la quale statisticamente si registra un aumento delle condizioni di bisogno o malattia

– costituisce poco meno del 43% del totale.

Tab. 1 – Il campione per genere ed età (val %)

65-69 anni 70-74 anni 75-79 anni 80-84 anni

Uomini 36,0 22,5 24,2 17,3 100,0

Donne 28,2 27,9 26,6 17,3 100,0

Totale 31,5 25,6 25,6 17,3 100,0

* N= 535

Fra gli anziani intervistati sono diversi quelli che non hanno completato alcun ciclo scolastico o si sono

fermati alla licenza elementare: si tratta di 242 persone su 535 (pari al 45,2%). Quasi il 75% di loro

appartiene alle ultime due classi di età, ha quindi superato i 75 anni. Fra gli anziani con un’età compresa tra

i 65 e i 74 anni è, invece, maggiormente diffuso il diploma. I laureati, complessivamente, sono poco più di 8

su 100. Il 47% delle donne intervistate è privo di titolo di studio o solo la licenza elementare. Sono sempre

le donne, però, ad avere conseguito in misura maggiore rispetto agli uomini un diploma. La differenza

rispetto alla laurea è di poco meno di un punto percentuale a favore degli uomini.

Rispetto al lavoro, una prima considerazione riguarda la condizione di quanti non hanno mai lavorato: si

tratta di circa 24 persone su 100, quasi tutte donne. Fra quanti, invece, sono entrati nel mondo del lavoro, il

60% ha svolto compiti alle dipendenze e/o in posizione subordinata, solo il 16% si classifica come lavoratore

in proprio. I lavori svolti sono diversi: sono in prevalenza gli operai (soprattutto agricoli e edili) che

superano il 30% del campione, seguono gli impiegati (soprattutto di enti pubblici) pari al 30%, sono 23 su

100 gli insegnanti, mentre gli autonomi (artigiani, commercianti e agricoltori) sono il 16%.

Solitudine e difficoltà quotidiane: gli elementi della vulnerabilità soggettiva

La fragilità delle persone anziane si manifesta soprattutto quando il loro abituale ambiente di vita viene

sconvolto da eventi esterni. Spesso, un lutto, una grave malattia, una disabilità. In molti casi all’origine di

una nuova condizione di vita.

Un intervistato su tre vive da solo. Condizione dettata raramente da una libera scelta (42 su 175) e più

frequentemente da un evento tragico o da un lutto (113 su 175); è una necessità per 12 intervistati e una

condizione inevitabile per 8 anziani rimasti soli. Non è detto che a questa condizione si leghino sentimenti

di solitudine o di abbandono: “la cosiddetta 'intimità a distanza' non è una novità ai nostri giorni” (Laslett,

1998).

Mantenere una vasta rete di relazioni calde e intense può, tuttavia, essere più difficile in certe circostanze.

Fra gli anziani intervistati 69, non hanno figli. Si tratta del 13% circa, cui si avvicina la condizione di un altro

10% che non ha fratelli. Sono 138 quelli che non hanno nipoti. A dichiarare di non avere alcun amico sono

solo 30 anziani, ma quelli che hanno contatti quotidiani con gli amici sono solo il 36%. Le debolezze

relazionali emergono anche dalla constatazione della contrazione del tempo dedicato alla socializzazione

con i vicini. Un tempo, soprattutto al Sud, quasi parenti, oggi oltre il 40% degli intervistati dichiara di

incontrarli raramente. Ancora di più sono coloro che non frequentano alcun gruppo o associazione.

5

Non sono pochi gli anziani intervistati che soffrono la solitudine: il 16% si sente solo sempre e il 47% avverte

la solitudine sporadicamente. Fra i primi, 4 su 10 passano davanti alla tv più di 5 ore al giorno. In generale,

inoltre, nel tempo libero ben l’86,4% degli anziani ‘guarda la tv e/o ascolta la radio’: attività che si svolgono

perlopiù da soli. Solitudine, isolamento, assenza di relazioni significative: una situazione complessa che

trova ulteriore conferma nell’indicazione che hanno dato gli intervistati rispetto agli interventi che

potrebbero migliorare la loro vita. Fra gli item proposti due facevano riferimento alle relazioni e le risposte

sono indicative di un bisogno forte di compagnia e di momenti di ascolto, confronto con altri (si veda il

grafico 1).

Graf. 1 - Il bisogno di compagnia e di confronto (val. % - gli ultimi 3 gradini della scala 0-5)

0

10

20

30

40

50

60

3 4 5

Avere qualcuno che mi tenga compagnia

Avere occasioni per relazionarmi e confrontarmi con altri

La condizione di solitudine è meno cogente quando si può contare sui familiari. Constatazione che trova

una conferma anche nell’indicazione che hanno fornito gli intervistati rispetto alle situazioni di emergenza.

È vero che un intervistato su quattro dichiara che quando si sente male non chiama nessuno, ‘aspetta che

passi’, ma come si può notare dal grafico 2, nel caso in cui avvertano un malore, gli anziani si rivolgono

soprattutto al proprio coniuge o partner e, con minore frequenza, ai figli.

Graf. 2 – Il riferimento nell’urgenza (val. % - somma di ‘sempre’ e ‘quasi sempre’)

0,010,020,030,040,050,060,070,080,090,0

100,0

6

Il riferimento, anche nelle situazioni di emergenza, è alla famiglia nucleare: come si può notare il ruolo di

fratelli, parenti, vicini e amici è marginale. Invece, un riferimento importante è il medico di famiglia, che,

evidentemente, viene individuato come l’esperto cui rivolersi in caso di bisogno.

Molto importanti, rispetto alle generali condizioni di vita degli anziani, sono la percezione che si ha del

proprio stato di salute e le paure che si hanno nella quotidianità.

Nel campione non sono rappresentati gli anziani che vivono in case di cura o che sono ospedalizzati. Tutti,

inoltre, sono stati in grado di rispondere ad un intervistatore e di completare un questionario di oltre 60

domande. Riteniamo, quindi, di non aver contattato anziani con gravi problemi di salute. Tuttavia, poco

meno del 30% degli intervistati giudica il proprio stato di salute pessimo o precario (si veda il grafico 3). A

dare un giudizio negativo (somma di ‘precario’ e ‘pessimo’) sono il 43% degli intervistati analfabeti o con la

licenza elementare, il 28% di quelli con la licenza media, il 16,5% di quelli diplomati e il 6,5% dei laureati.

Fra le possibili spiegazioni: i più istruiti potrebbero avere una capacità di autovalutazione maggiore delle

proprie condizioni, possiedono le risorse materiali e non per intervenire più efficacemente su eventuali

problemi di salute, hanno un passato lavorativo meno usurante. Come si legge sempre nel graf. 3, la

valutazione negativa delle proprie condizioni di salute sale per le donne, che – lo ricordiamo – sono anche

quelle meno istruite, e per la componente più anziana, ossia gli intervistati con più di 80 anni.

Graf. 3 – La percezione del proprio stato di salute (val. % totale, donne e 80-84 enni)

26,9

22,8

12,9

40,7

42,6

47,3

25,4

26,7

31,2

4,5

6,9

8,6

Totale

Donne

80-84 enni

ottimo buono abbastanza buono precario pessimo

Ancora, la salute ritorna come principale elemento di preoccupazione (si veda la tabella 2). È la malattia,

infatti, a far paura a poco più di 60 intervistati su 100. Fra questi ci sono soprattutto quanti hanno

dichiarato di avere uno stato di salute non positivo. ‘Mantenersi in forma e in salute’ è tanto importante da

diventare il traguardo più significativo per il futuro per oltre 75 anziani su 100. Altra importante fonte di

angoscia è la solitudine: rispondono così circa 35 intervistati su 100. Nel 50,3% dei casi sono anziani che

vivono soli. È il timore di soffrire quello che caratterizza di più la condizione degli anziani, non tanto quello

di morire. La morte è indicata come fonte di paura solo dal 13,5% del campione: il passaggio

evidentemente, per quanto sia percepito come più prossimo, viene anche considerato naturale e/o

inevitabile. Che non sia la paura per la propria incolumità fisica o per il patrimonio personale quella più

diffusa sembra indicarlo anche il dato relativo a ladri e truffatori, di cui hanno maggiormente paura meno di

20 intervistati su 100.

7

Tab. 2 – Di cosa si ha paura (val %)

Totale Uomini Donne

La malattia 62,0 64,1 60,7

La solitudine 34,2 31,2 36,3

La morte 13,5 15,1 11,9

I ladri e i truffatori 17,4 13,8 20,1

Non poter più essere di aiuto ai miei familiari 20,7 19,5 21,8

Il futuro dei miei figli o dei miei familiari 29,7 33,0 27,4

* Gli intervistati potevano indicare al massimo due risposte

Sembra, invece, che un’altra importante fonte di preoccupazione per gli anziani derivi dalle condizioni di

vita degli altri: la percezione di una crisi che minaccia il futuro dei propri figli o dei familiari e sapere di non

poter essere loro di aiuto sono item scelti complessivamente dal 50,4% degli intervistati. Queste indicazioni

assumono un significato ancora più chiaro se consideriamo che diversi sono gli anziani che non hanno figli e

che vivono in una condizione di isolamento. Questo sguardo timoroso verso il futuro delle generazioni più

giovani è quasi un’indicazione chiara delle loro potenzialità partecipative, costituendo una motivazione

all’azione molto forte.

Alcune differenze fra le i timori degli intervistati emergono se si considera il loro genere (si veda la sempre

la tabella 2). Le donne rispetto agli uomini hanno meno paura della malattia e più della solitudine, meno

della morte e in misura più elevata di ladri e truffatori, temono di più di non poter continuare a sostenere i

propri familiari e sembrano meno angosciate per il futuro dei loro figli.

Le difficoltà che gli intervistati devono affrontare nella loro quotidianità possono davvero essere molteplici.

Abbiamo provato ad indagare quelle che danno un’idea delle capacità dell’anziano di muoversi

agevolmente nel proprio ambiente casalingo e comunitario. Gli anziani intervistati sono in larga misura

autonomi e non interessati da grandi difficoltà. Tuttavia, fra le condizioni di bisogno registrate più di

frequente vi sono quelle connesse alla mobilità (13,1% del totale), alla cura di sé (7,7% per l’igiene

personale e 6% per la preparazione dei pasti) e alla gestione della casa (13,3%) (si veda tabella 3).

Tab. 3 – Le difficoltà della vita quotidiana (val %)

Incidenza sul totale

Incidenza nella classe d’età

80-84

Uscire di casa autonomamente 13,1 32,3

Muoversi autonomamente all’interno della propria abitazione 4,1 11,8

Svolgere autonomamente le pulizie di igiene quotidiana 7,7 17,2

Svolgere autonomamente i lavori domestici 13,3 33,3

Preparare autonomamente i pasti e mangiare 6,0 18,3

Come si può facilmente immaginare, tutte queste difficoltà si manifestano in maniera amplificata fra i più

anziani, disegnando una condizione più acuta di bisogno di accompagnamento e assistenza (si veda sempre

la tabella 3). Tuttavia, in generale, pur riconoscendo di avere difficoltà quotidiane, molti (il 24%) dichiarano

di non rivolgersi a nessuno per superarle. Sembrerebbe emergere un atteggiamento di rassegnazione

rispetto alla propria condizione, che traspare anche – per il 28% circa del campione – dall’assenza di

progetti per il futuro.

Alla rilevazione di queste difficoltà abbiamo affiancato quella inerente gli aspetti più funzionali della vita

odierna. Il titolo di studio ci dà già importanti indicazioni circa le competenze alfabetiche degli anziani e, più

in generale, le loro capacità di stare in città modernizzate. Abbiamo già evidenziato che gli analfabeti o in

8

possesso della sola licenza elementare sono il 45% del campione. Le difficoltà che incontrano nella vita

quotidiana, spesso legate anche alla scarsa dimestichezza con alcuni sistemi informatici, lasciano intendere

che una parte consistente del campione non ha padronanza di alcune attività molto frequenti: la

compilazione di un modello, piuttosto che la lettura di una bolletta o il pagamento del ticket (si veda la

tabella 4). Emerge, inoltre, una difficoltà nei rapporti con le banche e i loro servizi. Innanzitutto, è elevata

(poco meno del 10%) la quota di intervistati che non risponde alla domanda perché non dispone di un

conto corrente bancario o postale. Sono, poi, molto elevate le indicazioni di quanti spesso o qualche volta

hanno disguidi nella gestione del conto corrente o nel semplice prelievo di contanti ad uno sportello

automatizzato. Tutti questi ostacoli assumono un rilievo maggiore fra quanti non hanno un’istruzione

superiore e fra i più anziani.

Il recupero, quando non la formazione, di questo genere di competenze richiede probabilmente un vero

percorso formativo; anche a questo dovrebbero rispondere le politiche di lifelong learning. Non si può,

infatti, dare come spiegazione solo quella del declino delle capacità cognitive e intellettive; declino che

“varia da individuo a individuo al pari del declino fisico, e incide più fortemente su quella che viene definita

'intelligenza fluida' - agilità, originalità, audacia - che non sull'intelligenza 'cristallizzata' - saggezza e capacità

di discernimento” (Laslett, 1998). È opportuno, invece, sottolineare che gli item in corrispondenza dei quali

più della metà degli intervistati risponde di incontrare difficoltà ‘spesso’ o ‘qualche volta’ sono quelli più

direttamente connessi alla comprensione di un testo e all’uso della scrittura (si veda sempre la tab. 4)

È da segnalare che, nonostante l’incidenza delle difficoltà richiamate, il 33% degli intervistati ha dichiarato

di dedicarsi alla lettura nel tempo libero.

Tab. 4 – Le difficoltà degli anziani (val. %)

Spesso Qualche volta

Raramente Mai Non Risponde o

non pertinente

Leggere un avviso o una notizia su un giornale e non capirne bene il significato

21,3 35,3 20,9 21,9 0,6

Non riuscire velocemente a fare i conti della spesa (es. il resto dovuto)

12,5 29,9 26,2 30,3 1,1

Incontrare difficoltà a leggere le bollette

25,6 21,9 15,0 37,0 0,6

Avere difficoltà nella gestione di un conto corrente

34,8 13,6 10,8 32,5 8,2

Incontrare difficoltà nella compilazione di un’autocertificazione o di un modulo postale

37,9 19,6 14,4 27,1 0,9

Non riuscire a fare un prelievo di contanti allo sportello bancomat o bancoposta

33,8 7,7 10,7 38,7 9,2

Incontrare difficoltà a pagare il ticket per una prestazione sanitaria

25,6 22,8 15,1 35,7 0,7

Risorse materiali e strategie di fronteggiamento

Una delle condizioni della precarietà di cui più si discute con riferimento alle giovani generazioni (Gallino,

2006) è quella derivante dalle condizioni materiali di vita: patrimonio, reddito e, quindi, lavoro.

9

Quest’ultimo in Calabria costituisce un vero miraggio: il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni

è del 39% (Svimez, 2011). Come stanno le cose per gli anziani calabresi?

Fra quelli che abbiamo contattato vive in una casa di proprietà il 60% circa. Gli uomini che hanno la

proprietà dell’abitazione sono il 64,5%. Meno del 30% del totale vive in affitto e circa il 7% in alloggio

popolare (le donne che vivono in una casa popolare sono l’8,3%). Solo 11 anziani su 100 lamentano

un’inadeguatezza degli spazi domestici, gli altri considerano adeguata la loro casa o addirittura troppo

grande. Sono soprattutto gli intervistati più giovani (tra i 60 e i 65 anni) ad essere proprietari della casa in

cui abitano: 70 su 100; mentre a vivere in un alloggio popolare è il 12,5% degli anziani con un’età compresa

tra 75 e 79 anni. Sempre tra questi ultimi, ben il 35,3% vive in affitto.

Di cosa vivono? Le entrate che hanno a disposizione derivano in larga misura dalle pensioni da lavoro (si

veda il grafico 4). Quindici su cento percepiscono la pensione sociale; hanno, quindi, compiuto 65 anni e

fruiscono di una prestazione di assistenza sociale perché vivono una condizione di difficoltà reddituale. Il

valore minimo di questo assegno nel 2012 è pari a 429 euro (per i nuclei familiari composti da una sola

persona) e a fruirne sono soprattutto donne (oltre l’80%), persone con più di 70 anni (85% circa), privi di

titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare (72%). Nella voce ‘altra pensione’ sono indicate

prevalentemente le pensioni di reversibilità e in misura molto limitata le indennità di accompagnamento,

che interessano gli anziani non più in grado di deambulare o che necessitano di un’assistenza continua.

Graf. 4 – Le pensioni (val %)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

pensione da lavoro

pensione sociale

pensione di invalido civile

pensione di invalidità da

lavoro

altra pensione

Le entrate mensili individuali (comprensive di pensioni, eventuali altri redditi, affitti, ecc.) dichiarate

durante l’intervista sono in media di 1.030 euro al mese. Si va da valori pari a zero ad entrate pari a 5.000

euro. La mediana ci dice che la metà degli intervistati dichiara entrate inferiori a 999 euro. La divisione in

quartili, poi, ci consente di individuare un primo quarto del campione che dichiara entrate inferiori a 700

euro, un altro quarto che ha entrate comprese tra 700 e 999, ancora un altro quarto fra 999 e 1200 e solo

un ultimo quarto dichiara entrate superiori a 1200 euro mensili. Possiamo aggiungere che meno del 30% si

colloca nella fascia compresa tra 1000 e 1499 euro, solo il 12,5% arriva fino a 2000 euro e, infine, poco più

di 2 intervistati su 100 superano questa soglia.

Come consente di notare il grafico 5, il valore medio delle entrate mensili dichiarate varia in maniera

considerevole a seconda di alcune caratteristiche degli intervistati. Il genere: in media tra quello di cui può

disporre una donna e quello di cui può disporre un uomo ci sono circa 200 euro di differenza. Il titolo di

studio: ad una istruzione formale superiore sembra corrispondere un livello reddituale più elevato, tanto

10

che in media tra le entrate di una persona anziana senza titolo di studio o con la sola licenza elementare e

un suo pari laureato c’è una differenza di oltre 800 euro. L’età, infine, che non aiuta neanche da questo

punto di vista: le classi più elevate hanno entrate medie più basse e, soprattutto, gli anziani con un’età

compresa tra i 75 e i 79 anni paiono quelli più in difficoltà.

Graf. 5 – Entrate medie mensili per genere, titolo di studio e classe d’età

1143,59

945,87

780,66

1021,10

1279,35

1610,00

1203,11

1007,86

869,95

971,64

uomo

donna

nessuno o lic. elem.

lic. media

diploma, qualif./avv.

laurea e post laurea

65.69

70-74

75-79

80-84

gen

ere

tito

lo d

i stu

dio

clas

se d

'età

Con le entrate dichiarate non si riesce a fare molto. Gli anziani devono, generalmente, condurre una vita

molto parsimoniosa e non è detto che questo basti. Come è possibile notare dai dati riportati in tabella 5,

infatti, sono molti quelli che non riescono ad affrontare tutte le spese, a prestare un aiuto economico ad un

figlio o un parente, a risparmiare qualcosa. Per la solidarietà materiale verso altri non sembra poi esserci

alcuno spazio.

Tab. 5 – Cosa si riesce a fare con il reddito disponibile (val %)

Spesso Abbastanza spesso Raramente Mai Non risponde

Affrontare tutte le spese 15,7 32,1 42,6 9,0 0,6

Aiutare un figlio/a o un parente 8,4 16,3 39,6 32,5 3,2

Risparmiare 3,6 6,9 30,5 56,4 2,6

Aiutare altre persone attraverso una donazione

0,9 2,6 12,5 78,7 5,2

Per capire se le difficoltà testimoniate sono contingenti o assumono una certa stabilità, abbiamo chiesto

agli intervistati di fare un bilancio delle rinunce resesi necessarie negli ultimi 2 anni. La tabella 6 consente di

notare che alcune difficoltà (arrivare a fine mese, risparmiare sull’abbigliamento, sulla spesa alimentare,

sulle spese mediche) sono avvertite pesantemente e rischiano di compromettere la qualità della vita degli

intervistati e, in alcuni casi, quasi di sospendere la loro condizione di cittadini. Al quadro delle entrate che

abbiamo proposto poco sopra e che evidenziava l’esistenza di situazioni diffuse di quasi indigenza, si

accosta la condizione di quanti hanno bisogno di utilizzare i risparmi per riuscire ad arrivare a fine mese

(dichiara di doverlo fare ‘spesso’ e ‘abbastanza spesso’ il 47,6% del campione).

11

Tab. 6 – Le difficoltà (val. % con riferimento agli ultimi 2 anni)

Spesso Abbastanza spesso

Raramente Mai Non risponde

Arrivare a fine mese con difficoltà 34,8 33,5 21,3 9,5 0,9

Dover risparmiare sulle spese per l’abbigliamento 48,2 23,7 16,1 9,3 2,6

Dover risparmiare sul riscaldamento della casa 28,8 31,6 16,8 20,2 0,2

Dover risparmiare sulla spesa alimentare 24,5 21,5 21,7 29,3 3,0

Dover risparmiare sulle spese mediche 20,9 18,7 14,8 42,6 3,0

Non pagare alla scadenza le bollette 6,2 16,1 24,1 51,0 2,6

Dover utilizzare i risparmi per poter arrivare a fine mese

22,4 25,2 23,0 26,7 2,6

Complici tutte queste difficoltà, molte delle persone intervistate hanno fatto ricorso, negli ultimi due anni,

ad un prestito. Il 22,2% degli intervistati si è rivolto ad un familiare, il 16,1% ad una banca e l’11% ad una

finanziaria. È vero che le ragioni che portano a contrarre un debito sono diverse e non abbiamo

informazioni circa l’entità dei prestiti. Certamente, il ricorso alle banche e alle finanziarie è più difficile

quando la posizione reddituale e patrimoniale è debole e quando l’età è avanzata. Anche questo spiega il

consistente riferimento ai familiari.

Le risorse materiali che gli anziani hanno a disposizione non consentono loro di vivere in un clima sereno.

Alcuni, però, vivono una condizione di vulnerabilità più accentuata. Può essere utile individuare alcuni

indicatori delle fragilità espresse rispetto alle risorse materiali e considerare la loro incidenza sul campione

per genere, titolo di studio e classe d’età (si veda la tabella 7). Senza alcuna pretesa esaustiva, questa

esplorazione consente di verificare ulteriormente la maggiore vulnerabilità delle donne rispetto agli uomini,

degli anziani con un titolo di istruzione basso e degli over 75.

Tab. 7 – Incidenza di alcune fragilità per genere, titolo di studio e classe d’età (val %)

arriva a fine mese con difficoltà

deve risparmiare sulla spesa alimentare

entrate mensili dichiarate <1.000 €

gen

ere Uomo 67,1 43,3 53,2

Donna 69,0 47,9 61,4

tito

lo d

i

stu

dio

nessuno o lic. elem. 85,1 67,4 83,1

lic. media 65,4 34,6 56,1

diploma, qualif./avv. 52,5 25,9 26,6

laurea e post laurea 32,6 21,7 26,1

clas

se d

'età

65-69 63,7 37,5 43,5

70-74 66,9 41,9 61,0

75-79 72,8 56,6 72,1

80-84 72,0 52,7 60,2

Vulnerabilità derivata

Per una valutazione complessiva delle condizioni di vita di una persona anziana è necessario tener conto di

chi e ciò che lo circonda: “collocare la persona nel suo contesto di vita (…) e valutare quanto e come

l’impatto ambientale e i fattori personali incidono sul suo funzionamento e sulle sue condizioni di

12

salute/benessere, aiuta a spostare l’attenzione da un’ottica statica e prioritariamente medicalizzante ad

aspetti classificatori che mettono a fuoco capacità e livelli di performance individuale, relazionale e sociale

nella realtà della vita quotidiana di ogni persona” (Bresci, 2011: 85). Almeno due sono, quindi, gli ambiti in

cui indagare la presenza di eventuali fattori che incidono negativamente sulle condizioni generali di vita

della popolazione anziana e non hanno un legame diretto con le loro personali abilità/difficoltà o con le

risorse materiali di cui possono disporre. Il primo ci sembra che possa essere individuato con il contesto

familiare e il secondo con quello urbano.

Come già notato, dalla tabella 5 si evince che poco meno di 1/4 degli intervistati sostiene un figlio o un

parente spesso o abbastanza spesso. A questo sostegno spesso si lega la coabitazione: abita con un figlio

sposato il 5% degli intervistati e con un figlio single il 16,8%. In entrambe le circostanze, in nucleo vive per

lo più in una nuova casa in cui ha inizio la convivenza (quasi il 60%), oppure sono gli intervistati ad

accogliere in casa i figli (oltre il 16%).

Ancora, il sostegno diventa più esplicito in alcune circostanze in cui si può parlare di un vero e proprio

lavoro di cura che interessa quasi esclusivamente l’ambito familiare ristretto (si veda la tabella 8). In oltre 8

casi su 100 la persona di cui l’anziano si occupa è non autosufficiente, ha cioè bisogno di un aiuto

assistenziale permanente e continuativo per svolgere le principali attività quotidiane.

Tab. 8 – Di chi si prendono cura gli anziani (val. %)

Quotidianamente

Una o più volte alla settimana

In qualche occasione

Mai

Partner/coniuge 76,3 0,7 14,8 8,1

Figli/e 25,5 14,0 44,5 15,9

Nipote/i 32,1 21,3 34,6 12,0

Fratelli/Sorelle 3,3 3,6 32,0 61,2

Parenti 1,6 1,1 9,7 87,6

Amici 0,3 0,8 14,9 84,1

Vicini 0,5 1,4 15,2 82,9

Questo lavoro di cura tende a ricadere in misura maggiore sulle donne, similmente a quanto è

probabilmente accaduto nell’età matura degli intervistati (Saraceno, 2007): sono circa 73 su 100 quelle che

si occupano intensivamente dei mariti o compagni (contro il 65% circa degli uomini); sono poco meno di 40

su 100 quelle che supportano i figli (contro il 26% degli uomini). L’unica eccezione è rappresentata

dall’impegno con i nipoti, che interessa equamente i nonni di entrambi i sessi (si veda il grafico 6).

Oltre alla frequenza delle attività di cura, una indicazione dell’impegno che gli anziani dedicano ai familiari è

data dal sostegno materiale che offrono e che certamente pesa sulle loro condizioni economiche, non

ottime. Nella tabella 9 abbiamo riportato le risposte degli intervistati con riferimento agli ultimi due anni.

Anche in questo caso la solidarietà espressa non va oltre i ristretti confini familiari e riguarda

principalmente il partner/coniuge e i figli.

13

Graf. 6 – Incidenza del lavoro di cura per genere (val. % - somma di ‘quotidianamente’ e ‘una o più volte alla settimana’)

64,6

26,3

43,4

72,7

37,843,7

Partner/coniuge Figli/e Nipote/i

uomini donne

Tab. 9 – Sostegno economico (val. % con riferimento agli ultimi 2 anni)

Spesso Abbastanza spesso

Raramente Mai

Partner/coniuge 35,9 7,8 8,9 47,3

Figli/e 19,2 16,9 34,3 29,6

Nipote/i 3,1 10,2 31,3 55,4

Fratelli/Sorelle 0,5 1,9 12,0 85,6

Altri parenti 0,0 0,2 6,8 93,0

È ragionevole ritenere che il sostegno economico cui pensano i nostri intervistati sia molto variabile e

dipenda dalle loro disponibilità e dalle condizioni economiche dei familiari: un partner/coniuge che non ha

mai lavorato o che ha perso il lavoro, un figlio disoccupato e nipoti le cui necessità non sono

adeguatamente soddisfatte dai genitori richiedono, probabilmente, interventi economici relativamente più

significativi. In ogni caso, questo tipo di sostegno è presente anche fra gli intervistati che hanno dichiarato

un livello di entrate mensili molto basso (si veda il graf. 7). Quello che si può evidenziare è che l’incidenza

degli interventi di sostegno per partner/coniuge e per i figli aumenta all’aumentare delle risorse

economiche disponibili. Per il sostegno dei nipoti, invece, valgono probabilmente spiegazioni differenti: ad

esempio la capacità dei genitori di far fronte alle loro richieste.

Con riferimento all’ambiente urbano possiamo, innanzitutto, precisare che le città in cui vivono gli anziani

calabresi non hanno grandi dimensioni: le aree urbane più significative sono quella di Reggio Calabria, che

ha circa 200.000 abitanti, e quella di Cosenza e Rende (comuni distinti, ma con una continuità abitativa), in

cui risiedono poco più di 100.000 abitanti. Tuttavia, abbiamo notato come siano presenti i caratteri dei

contesti urbani moderni e si siano allentati molti legami comunitari un tempo, forse, maggiormente

presenti. Anche le città di piccole dimensioni, inoltre, presentano una frammentazione interna e sono

visibili tendenze segreganti, sebbene con forme e tempi meno immediatamente percepibili, sono inserite

nelle dinamiche di differenziazione/divisione dei luoghi (Magatti, 2007). È perciò importante ricordare che il

53,1% degli intervistati vive nelle periferie urbane.

14

Graf. 7 – Il sostegno economico ai familiari e le entrate mensili (val. % - somma di ‘spesso’ e ‘abbastanza spesso’)

0

10

20

30

40

50

fino a 449 tra 500 e 999 tra 1000 e 1499

tra 1500 e 2000

oltre 2000

Partner/coniuge Figli/e Nipote/i

Alla richiesta di esprimere quanto alcuni fattori peggiorino la qualità della loro vita, gli intervistati hanno

risposto evidenziando la consapevolezza implicita di vivere in una città frammentata.

Le condizioni di vita sono segnate da alcuni fattori (si veda la tabella 10).

Tab. 10 – Cosa peggiora la qualità della vita (val. % - somma di ‘molto’ e ‘abbastanza’)

Per tutti Per chi vive in periferia

Criminalità 95,1 97,2

Furti nelle case 91,6 94,0

Inquinamento 88,2 90,1

Sporcizia 88,2 91,5

Rumore 73,1 75,4

Traffico 67,1 64,4

Mancanza di verde 61,3 61,3

Presenza di immigrati, di nomadi/zingari 54,8 63,0

Mancanza di mezzi pubblici 49,3 57,7

Parcheggi 47,5 47,9

Mancanza di luoghi di aggregazione e svago 45,2 47,2

Esistenza di barriere architettoniche 41,7 43,7

Mancanza di negozi 36,6 50,0

Gli elementi che segnano negativamente l’ambiente urbano e che non rimangono indifferenti sulla qualità

della vita degli anziani sono diversi: più di 9 intervistati su 10 lamentano la diffusione di criminalità e furti

nelle abitazioni. La percezione di questa forme di illegalità e dei reati connessi cresce in quanti vivono nelle

periferie. A spiegare valori così elevati sono anche le caratteristiche dei contesti urbani calabresi: alcune

delle città in cui risiedono gli intervistati sono difficili da questo punto di vista e la criminalità – anche quella

organizzata e con interessi mondiali – utilizza modalità molto cruente.

Affianco a questi elementi se ne collocano altri (inquinamento, sporcizia, traffico, mancanza di verde),

segnalati come ‘molto importanti’ o ‘abbastanza importanti’ da non meno di 6 intervistati su 10, che

richiamano le problematiche più diffuse nelle città odierne. Tuttavia, pensando alle città calabresi,

l’incidenza di molti di questi fattori non è attribuibile all’industrializzazione delle aree circostanti, all’elevata

15

densità demografica o smili, piuttosto allo sviluppo disordinato – in alcuni casi abusivo – di intere aree o

quartieri. Per gli anziani residenti nelle periferie urbane sono più percepite proprio quelle disfunzioni che

derivano da una cattiva gestione del territorio. Per questi ultimi, infine, pesano relativamente di più sulla

qualità della vita, da un lato, la presenza di popolazione immigrata e, dall’altro, l’assenza di attività

commerciali e le insufficienze del trasporto pubblico (tipiche dei cosiddetti quartieri dormitorio), che

rendono assai difficile per un anziano che non si muove più in auto anche fare la spesa. Abbiamo già visto

che la mobilità può diventare un ostacolo, soprattutto per quanti hanno superato gli 80 anni (si veda la

tabella 3). Per il giudizio sulla presenza di popolazione immigrata (oggettivamente poco rilevante), un

valore così elevato, oltre che sottacere una chiusura nei confronti del diverso che meriterebbe un

approfondimento, può forse trovare una spiegazione nella presenza, soprattutto, di lavoratori stagionali,

provenienti prevalentemente dall’Africa, e di comunità rom nei campi presenti in quasi tutte le città

calabresi.

Anziani risorsa attiva(bile)?

È possibile capovolgere la prospettiva dalla quale solitamente si guarda agli anziani? E, soprattutto, fra i

nostri intervistati ci sono anche persone che rappresentano una risorsa per la comunità in cui vivono o per i

loro familiari?

È certo che l’invecchiamento della popolazione richiederà un incremento della spesa sociale destinata a far

fronte alle misure necessarie per un sostegno adeguato alla terza e alla quarta età. Tuttavia, è importante

cambiare il giudizio su questo genere di spese e superare gli stereotipi negativi sugli anziani come

destinatari passivi. Nel lavoro sociale questo cambiamento passa attraverso una valorizzazione della

persona anziana, ripensata non più come utente e/o beneficiario ma come risorsa (Bresci, 2011). Nella

ricerca comporta, probabilmente, una maggiore valorizzazione delle loro capacità, dei sostegni che

garantiscono ai loro familiari e di quelli che potrebbero garantire alla comunità in cui vivono (Ires, 2012).

Le possibilità che le città odierne abbiano anziani attivi si giocano su alcune dimensioni chiave: la loro piena

partecipazione alla vita della società; il loro inserimento attraverso attività solidaristiche e, in alcuni casi,

lavorative; la garanzia che mantengano uno stile di vita dignitoso adeguando la società locale alle loro

esigenze (alloggi, infrastrutture, sistemi informatici e trasporti).

Rispetto alla prima dimensione, la ricerca evidenzia che la partecipazione degli anziani alla vita della città

non è così debole: la partecipazione associativa – esclusi i gruppi di preghiera – interessa circa 20 anziani su

100; gli intervistati che frequentano un centro sociale o una piazza tutti i giorni oppure una o più volte alla

settimana sono il 19%. Non manca negli intervistati il desiderio di tenersi informati su quanto accade nel

mondo. Infatti, oltre l’80% di loro segue tutti i giorni programmi tv di informazione, oltre la metà legge

puntualmente quotidiani o riviste settimanali di informazione. L’interesse partecipativo che viene

dimostrato da queste indicazioni andrebbe sostenuto, ad esempio partendo dalla disponibilità di 33 anziani

su 100 di iniziare a fare volontariato e dalle principali motivazioni da loro espresse: per esprimere

solidarietà verso gli altri (44 su 100), per sentirsi utile (42 su 100).

L’inserimento più efficace degli anziani nella società è, probabilmente, quello che passa attraverso la sfera

privata e si traduce in un apporto concreto alle difficoltà degli altri. È utile ricordare che la relazionalità dà

soddisfazione agli anziani. Nel tempo libero oltre la metà degli intervistati (il 56,4%) ‘incontra familiari,

amici o vicini’. Molti di loro (poco più del 40%) per il futuro hanno in mente soprattutto di continuare a

‘godere della compagnia dei propri cari’. La solidarietà che esprimono è prevalentemente orientata verso i

familiari. Abbiamo già visto che gli anziani mettono a disposizione di partner/coniugi, figli, nipoti il loro

tempo e le loro attenzioni (nel lavoro di cura) e le loro risorse economiche. Soprattutto nei confronti dei

nipoti, gli intervistati svolgono una funzione di accompagnamento alla crescita molto importante.

16

Graf. 7 – Cosa fanno con i nipoti (val %)

0 10 20 30 40 50 60 70

Gioco, gli racconto storie e cose simili

Esco con loro (per fare acquisti, per passeggiare, ecc.)

Li accompagno e/o li vado a prendere a scuola, in palestra, in parrocchia, ecc.

Mi prendo cura di loro (cucino, faccio la spesa, lavo la loro biancheria, ecc.)

Li aiuto nello svolgimento dei compiti di scuola

Come mostra il grafico 7, i nonni seguono i nipoti soprattutto nelle attività di gioco (molto importanti per i

bambini e per la loro socializzazione), sono anche un supporto concreto per gli spostamenti (casa-scuola,

palestra, ecc.) e nello svago – loro che pure hanno tante difficoltà a muoversi nella città! Circa 10 nonni su

100 svolgono, poi, un vero e proprio lavoro di cura nei confronti dei nipoti e in poco più del 5% dei casili

seguono anche nello svolgimento dei compiti di scuola. Partecipano attivamente, quindi, all’educazione e

socializzazione dei nipoti. Non è certo un compito da poco, è probabilmente destinato a crescere di

intensità e si potrebbe sviluppare come sostegno all’intera società: “questo tipo di funzioni, che potrebbero

diventare doveri che ogni membro della nuova terza età deve assolvere, illustrano il ruolo che questa fascia

della popolazione avrà probabilmente in futuro, quando avrà acquistato un grado di solidità che le

consentirà di negoziare i propri compiti sociali da una posizione di indipendenza” (Laslett, 1998).

Altro canale di inserimento nella società è il lavoro. Svolgono un’attività di lavoro retribuita meno di 5

intervistati su 100 e meno di 2 su 100 lavorano tutti i giorni. Del resto, in questi pochi casi il lavoro non è un

impegno gratificante ma risponde all’esigenza di trovare con risorse proprie risposte a bisogni che la società

non copre. In questo senso, il cammino per garantire uno stile di vita dignitoso a tutti gli anziani sembra

ancora lungo. Probabilmente, però, per intraprenderlo occorrerà prioritariamente recuperare le situazioni

più compromesse, immaginando una valorizzazione degli anziani più attivi.

Riferimenti bibliografici

Bauman Z. (1999),La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna. Bauman Z. (2000), La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano. Bresci L.L. (2011), Valorizzazione e promozione dell’adulto e dell’anziano come risorsa sociale, in Studi Zanca, n.1, pp.

80-90 Censis (2006), Invecchiare oggi: cosa pensano gli anziani, Roma. Gallino L. (2006), L’Italia in frantumi, Laterza, Roma-Bari. Ires (2008), L’anziano come risorsa. Casi, testimonianze e condizioni per lo sviluppo della partecipazione sociale degli

anziani, Roma, documento on line ires.it, data di consultazione 01/07/2012. Ires (2012), Il capitale sociale degli anziani. Volontari e nonni come creatori di benessere: potenzialità, opportunità,

limiti dall’analisi di sei studi di caso, Roma, documento on line ires.it, data di consultazione 01/07/2012. Kazepov Y. (a cura di) (2009), La dimensione territoriale delle politiche sociali in Italia, Carocci, Roma. Laslett P. (1998), Vecchiaia, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, Treccani.it, data di consultazione 10 luglio 2012 Magatti M (2007), La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, il Mulino, Bologna. Monacelli D. (2007), La protezione sociale degli anziani in Italia tra previdenza e assistenza: un’analisi retrospettiva in

una prospettiva di riforma, in Politica Economica, a. XXIII, n. 3, pp. 289-320.

17

Neve E. (2011), La fragilità sociale della persona anziana: problemi e risposte, in Studi Zanca, n.1, pp. 65-71 Panizza G. (2004), Il profilo sociale regionale, in Panizza G., Marcello G., E si prese cura di lui. Profili della povertà in

Calabria, Rubbettino, Soveria Mannelli. Pavolini E. (2004), Regioni e politiche sociali per gli anziani- Le sfide della non autosufficienza, Carocci, Roma. Ranci C.,(2002a), Le nuove vulnerabilità sociali in Italia, il Mulino, Bologna Ranci C.,(2002b), Fenomenologia della vulnerabilità sociale, in“Rassegna Italiana di Sociologia”, a. XLIII, n. 4, ottobre-

dicembre 2002, pp. 521-551 Ruggeri F. (1993), Necessità e risorsa. Le coordinate della presenza anziana, Franco Angeli, Milano Saraceno C. (2007), Sociologia della famiglia, il Mulino, Bologna. Svimez (2011), Rapporto Svimez 2011 sull’economia del Mezzogiorno, il Mulino, Bologna. Who (1996), Brasilia declaration on Ageing and Health, Brasilia