Concluso il Sinodo per l’Amazzonia...Il Sinodo si è svolto in un clima fraterno e di preghiera....

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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 31 ottobre 2019 anno LXXII, numero 44 (4.017) Concluso il Sinodo per l’Amazzonia In allegato il mensile «donne chiesa mondo»

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 31 ottobre 2019anno LXXII, numero 44 (4.017)

Concluso il Sinodoper l’Amazzonia

In allegato il mensile «donne chiesa mondo»

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L’Osservatore Romanogiovedì 31 ottobre 2019il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

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Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

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Chi ci separerà dall’amore di Cristo? chiedeval’apostolo Paolo ai cristiani di Roma. E la ri-sposta era incoraggiante: niente e nessuno,«né morte né vita, né angeli né principati, népresente né avvenire, né potenze, né altezza néprofondità, né alcun’altra creatura potrà maisepararci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù,nostro Signore» (Rm 8, 38-39).

Il Papa nell’omelia di domenica per la mes-sa di conclusione del Sinodo speciale perl’Amazzonia, ha voluto però mettere in allar-me il cuore dei cattolici rispetto a qualcosa dipotente e insidioso che potrebbe spezzare que-sto legame, qualcosa che è un altro legame,quello che Francesco chiama “la religionedell’io”, una religione «ipocrita con i suoi ritie le sue “p re g h i e re ” — tanti sono cattolici, siconfessano cattolici, ma hanno dimenticato diessere cristiani e umani —, dimentica del veroculto a Dio, che passa sempre attraversol’amore del prossimo. Anche cristiani che pre-gano e vanno a Messa la domenica sono sud-diti di questa religione dell’io».

Solo una religione può vincere un’altra reli-gione, meglio ancora: solo un amore scalza unaltro amore. Emerge evidente la lezione diSant’Agostino che nel quattordicesimo capito-lo de La città di Dio parla delle due città (ter-rena e celeste) e dei due amori (amor sui eamor Dei), per cui la prima è contraddistintada «un egoistico amore di se stessi tale da arri-vare a disprezzare tutto ciò che riguarda Dio»,la seconda da «un amore spirituale verso Diotale da mettere da parte ogni amore di sé». Ècome se questo amore egoistico creasse unacoltre di nubi capace di non far arrivare il rag-gio luminoso dell’amore di Dio e isolasse l’uo-mo in un illusorio senso di onnipotenza che loastrae dalla realtà e dalla propria verità (cheper Paolo VI è la sostanza della virtù dell’umil-tà).

C’è però un rimedio, esiste qualcosa che rie-sce ad aprire un varco, a permettere il ricon-giungimento con il divino e secondo il Papa èuna voce, anzi un grido: «In questo Sinodoabbiamo avuto la grazia di ascoltare le vocidei poveri e di riflettere sulla precarietà delleloro vite» ha detto Francesco esortandoci auna preghiera precisa, concreta: «Preghiamoper chiedere la grazia di saper ascoltare il gri-do dei poveri: è il grido di speranza dellaChiesa» e ha ripetuto: «Il grido dei poveri è ilgrido di speranza della Chiesa. Facendo no-stro il loro grido, anche la nostra preghiera,siamo sicuri, attraverserà le nubi». Il discorsoprosegue con le immagini di luce, «Perché daldiavolo vengono opacità e falsità [...] da Dio

luce e verità, la trasparenza del mio cuore. Èstato bello e ve ne sono tanto grato, cari Padrie Fratelli sinodali, aver dialogato in queste set-timane col cuore, con sincerità e schiettezza,mettendo davanti a Dio e ai fratelli fatiche esp eranze».

Ecco allora un primo frutto del Sinodo perl’Amazzonia che ha visto la vivace presenzadelle popolazioni indigene all’interno dell’auladell’assemblea: spezzare la religione dell’io, of-frire la possibilità alla Chiesa di allargare losguardo uscendo dall’autoreferenzialità, allar-gare e insieme alzare lo sguardo, che si innalzaproprio se riesce a chinarsi verso chi si trovanel bisogno: «Preghiamo per chiedere la gra-zia di sentirci bisognosi di misericordia, poveridentro. Anche per questo ci fa bene frequenta-re i poveri, per ricordarci di essere poveri, perricordarci che solo in un clima di povertà inte-riore agisce la salvezza di Dio. Sono loro checi spalancheranno o meno le porte della vitaeterna, loro che non si sono considerati padro-ni in questa vita, che non hanno messo se stes-si prima degli altri, che hanno avuto solo inDio la propria ricchezza. Essi sono icone vivedella profezia cristiana». Un Sinodo dunqueprofetico, capace di attraversare le nubidell’egoismo e gettare una luce di speranzaper una Chiesa che lentamente sta apprenden-do il modo per essere veramente sinodale, percamminare insieme.

La Chiesasino dalee la religionedell’io

#editoriale

di ANDREA MONDA

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Pubblichiamo — in una traduzione di lavoro nonufficiale dallo spagnolo — il testo del Documento finaledell’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi perl’Amazzonia, svoltasi dal 6 al 27 ottobre in Vaticano.

INTRODUZIONE

1. «E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccionuove tutte le cose”. E soggiunse: “Scrivi, perché questeparole sono certe e vere”» (Ap 21, 5) - Dopo un lungocammino sinodale di ascolto del Popolo di Dio nel-la Chiesa amazzonica, inaugurato da Papa France-sco durante la sua visita in Amazzonia il 19 gennaio2018, il Sinodo si è tenuto a Roma con un incontrofraterno di 21 giorni nell’ottobre 2019. Il clima è sta-to quello di uno scambio aperto, libero e rispettosodei vescovi pastori dell’Amazzonia, missionari emissionarie, laici, laiche e rappresentanti delle po-polazioni indigene dell’Amazzonia. Siamo stati te-stimoni partecipi di un evento ecclesiale segnatodall’urgenza del tema che richiede l’apertura dinuovi percorsi per la Chiesa nel territorio. Si è con-diviso un lavoro serio in un’atmosfera segnata dallaconvinzione di ascoltare la voce dello Spirito pre-sente.

Il Sinodo si è svolto in un clima fraterno e dipreghiera. Più volte gli interventi sono stati accom-pagnati da applausi, canti e tutti con profondi si-lenzi contemplativi. Fuori dall’aula sinodale, si è re-gistrata una notevole presenza di persone venutedal mondo amazzonico che hanno organizzato attidi sostegno in diverse attività, processioni, comel’apertura con canti e danze che ha accompagnato ilSanto Padre dalla tomba di Pietro all’aula sinodale.Ha avuto un forte impatto la Via Crucis dei martiridell’Amazzonia e si è registrata una massiccia pre-senza dei media internazionali.

2. Tutti i partecipanti hanno espresso una profon-da consapevolezza della drammatica situazione didistruzione che colpisce l’Amazzonia. Ciò significala scomparsa del territorio e dei suoi abitanti, inparticolare delle popolazioni indigene. La forestaamazzonica è un «cuore biologico» per la terrasempre più minacciata. È in una corsa sfrenata ver-so la morte. Esige cambiamenti radicali con estremaurgenza, una nuova direzione che consenta di sal-varla. È scientificamente provato che la scomparsadel bioma amazzonico avrà un impatto catastroficosul pianeta nel suo complesso!

3. Il cammino sinodale del Popolo di Dio nellafase preparatoria ha coinvolto tutta la Chiesa delterritorio, i Vescovi, i missionari e le missionarie, imembri delle Chiese di altre confessioni cristiane, ilaici e le laiche, e molti rappresentanti dei popoliindigeni, attorno al documento preparatorio che haispirato l’Instrumentum laboris. È emersa l’imp ortan-za di ascoltare la voce dell’Amazzonia, mossa dalgrande soffio dello Spirito Santo nel grido dellaterra ferita e dei suoi abitanti. È stata registrata lapartecipazione attiva di oltre 87.000 persone, prove-nienti da città e culture diverse, nonché di numerosigruppi di altri settori ecclesiali e il contributo di ac-cademici e organizzazioni della società civile sui te-mi specifici principali.

4. La celebrazione del Sinodo è riuscita a metterein evidenza l’integrazione della voce dell’Amazzo-nia con la voce e il sentimento dei pastori parteci-panti. È stata una nuova esperienza di ascolto perdiscernere la voce dello Spirito che conduce laChiesa verso nuovi cammini di presenza, evangeliz-zazione e dialogo interculturale in Amazzonia. Larichiesta, emersa nel processo preparatorio, che laChiesa sia alleata del mondo amazzonico, è stata af-fermata con forza. La celebrazione si conclude congrande gioia e la speranza di abbracciare e praticareil nuovo paradigma dell’ecologia integrale, la curadella «casa comune» e la difesa dell’Amazzonia.

CAPITOLO I

Amazzonia: dall’ascoltoalla conversione integrale

5. «E mi mostrò poi un fiume d’acqua di vita, limpidocome cristallo, che scaturiva dal trono di Dio edall’Agnello» (Ap 22, 1) - «Cristo indica l’Amazzo-nia» (Paolo VI, attribuito). Egli libera tutti dal pec-cato e dona la dignità dei Figli di Dio. L’ascoltodell’Amazzonia, nello spirito proprio del discepoloe alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, ciporta a una profonda conversione dei nostri schemie strutture a Cristo e al suo Vangelo.

La voce e il canto dell’Amazzoniacome messaggio di vita

6. In Amazzonia la vita è inserita, legata e inte-grata al territorio che, in quanto spazio fisico vitalee nutriente, è possibilità, sostentamento e limitedella vita. L’Amazzonia, chiamata anche Panamaz-zonia, è un vasto territorio con una popolazione sti-mata di 33.600.000 abitanti, di cui tra i 2 e i 2,5 mi-lioni sono indigeni. Quest’area, costituita dal baci-no del Rio delle Amazzoni e da tutti i suoi affluen-ti, si estende su 9 paesi: Bolivia, Perú, Ecuador, Co-lombia, Venezuela, Brasile, Guyana, Suriname eGuyana Francese. La regione amazzonica è essen-ziale per la distribuzione delle precipitazioni nelleregioni del Sud America e contribuisce ai grandimovimenti d’aria in tutto il pianeta; attualmente èla seconda area più vulnerabile al mondo in relazio-ne ai cambiamenti climatici a causa dell’azione di-retta dell’uomo.

7. L’acqua e la terra di questa regione nutrono esostengono la natura, la vita e le culture di centi-naia di comunità indigene, contadini, afro-discen-denti, meticci, coloni, popolazioni che vivono sullerive dei fiumi e abitanti delle città. L’acqua, fontedi vita, possiede un ricco significato simbolico. Nel-la regione amazzonica, il ciclo dell’acqua è l’asse dicollegamento. Collega gli ecosistemi, le culture e losviluppo del territorio.

8. Nella regione amazzonica esiste una realtàmultietnica e multiculturale. I diversi popoli hannosaputo adattarsi al territorio. All’interno di ogni cul-tura, hanno costruito e ricostruito la loro visione delmondo, i loro segni e i loro significati, e la visionedel loro futuro. Nelle culture e nei popoli indigeni,antiche pratiche e spiegazioni mitiche coesistonocon le tecnologie e le sfide moderne. I volti cheabitano l’Amazzonia sono molto variegati. Oltre al-le popolazioni indigene, c’è un grande meticciatonato dall’incontro e dallo scontro di popoli diversi.

9. La ricerca di vita in abbondanza dei popoli in-digeni amazzonici si concretizza in quello che essichiamano «buon vivere», e che si realizza piena-mente nelle Beatitudini. Si tratta di vivere in armo-nia con se stessi, con la natura, con gli esseri umanie con l’essere supremo, poiché c’è un’i n t e rc o m u n i -cazione tra tutto il cosmo, dove non ci sono néescludenti né esclusi, e dove possiamo forgiare unprogetto di vita piena per tutti. Tale comprensionedella vita è caratterizzata dalla connessione edall’armonia dei rapporti tra acqua, territorio e na-tura, vita comunitaria e cultura, Dio e le varie forzespirituali. Per essi, «buon vivere» significa com-prendere la centralità del carattere relazionale tra-scendente dell’essere umano e del creato, e implicail «fare bene». Questo modo integrale si esprime inun modo peculiare di organizzarsi che parte dallafamiglia e dalla comunità, e che abbraccia un usoresponsabile di tutti i beni del creato. I popoli indi-geni aspirano a ottenere migliori condizioni di vita,soprattutto nel campo della salute e dell’educazio-ne, a godere dello sviluppo sostenibile di cui essistessi siano protagonisti e che essi stessi possano di-scernere, uno sviluppo che mantenga l’armonia coni loro modi di vita tradizionali, dialogando tra la

saggezza e la tecnologia dei loro antenati e con lenuove forme acquisite.

Il grido della terrae il grido dei poveri

10. L’Amazzonia oggi è tuttavia una bellezza feri-ta e deformata, un luogo di dolore e violenza. Gliattacchi alla natura hanno conseguenze per la vitadei popoli. Quest’unica crisi socio-ambientale si èriflessa nell’ascolto pre-sinodale che ha evidenziatole seguenti minacce alla vita: appropriazione e pri-vatizzazione di beni naturali, come l’acqua stessa;concessioni legali di legname e l’ingresso di legna-me illegale; caccia e pesca predatoria; mega-progettinon sostenibili (progetti idroelettrici, concessioni fo-restali, disboscamento massiccio, monocolture, in-frastrutture viarie, infrastrutture idriche, ferrovie,progetti minerari e petroliferi); inquinamento causa-to dall’industria estrattiva e dalle discariche urbane;e, soprattutto, il cambiamento climatico. Si tratta diminacce reali che producono gravi conseguenze so-ciali: malattie derivate dall’inquinamento, traffico didroga, gruppi armati illegali, alcolismo, violenzacontro le donne, sfruttamento sessuale, traffico etratta di esseri umani, vendita di organi, turismosessuale, perdita della cultura originaria e dell’iden-tità (lingua, pratiche spirituali e tradizioni), crimi-nalizzazione e assassinio di leader e difensori delterritorio. Dietro tutto questo ci sono gli interessieconomici e politici dei settori dominanti, con lacomplicità di alcuni governatori e di alcune autoritàindigene. Le vittime sono i soggetti più vulnerabili,i bambini, i giovani, le donne e la sorella madre ter-ra.

11. La comunità scientifica, da parte sua, avvertedei rischi di deforestazione, che a oggi si avvicina aquasi il 17 per cento dell’intera foresta amazzonica,e minaccia la sopravvivenza dell’intero ecosistema,mettendo in pericolo la biodiversità e modificandoil ciclo vitale dell’acqua per la sopravvivenza dellaforesta tropicale. Inoltre, l’Amazzonia svolge ancheun ruolo fondamentale come cuscinetto contro icambiamenti climatici e fornisce sistemi di supportovitale di valore inestimabile e fondamentale collega-ti all’aria, l’acqua, il suolo, le foreste e la biomassa.Allo stesso tempo, gli esperti ricordano che utiliz-zando la scienza e le tecnologie avanzate per unabioeconomia innovativa delle foreste e dei fiumi chescorrono, è possibile contribuire a salvare la forestapluviale, proteggere gli ecosistemi dell’Amazzonia ele popolazioni indigene e tradizionali, e allo stessotempo fornire attività economiche sostenibili.

12. Un fenomeno da affrontare è la migrazione.Nella regione amazzonica ci sono tre processi mi-gratori simultanei. In primo luogo, i casi in cui lamobilità dei gruppi indigeni in territori a circolazio-ne tradizionale, separati da frontiere nazionali e in-ternazionali. In secondo luogo, lo spostamento for-zato di popolazioni indigene, contadini e popoliche vivono sulle rive dei fiumi, espulsi dai loro ter-ritori, la cui destinazione finale coincide tendenzial-mente con le zone più povere e più urbanizzatedelle città. In terzo luogo, la migrazione interregio-nale forzata e il fenomeno dei rifugiati che, costrettia lasciare i loro paesi (tra gli altri, Venezuela, Haiti,Cuba), devono attraversare l’Amazzonia come corri-doio migratorio.

13. Lo spostamento di gruppi indigeni, espulsidai loro territori o attratti dal falso bagliore dellacultura urbana, rappresenta una specificità unicadei movimenti migratori in Amazzonia. I casi in cuila mobilità di questi gruppi avviene in territori ditradizionale circolazione indigena, separati da fron-tiere nazionali e internazionali, richiedono una pa-storale transfrontaliera in grado di includere il dirit-to alla libera circolazione di questi popoli. La mo-bilità umana in Amazzonia rivela il volto di GesùCristo impoverito e affamato (cfr. Mt 25, 35), espul-so e senza tetto (cfr. Lc 3,1-3), ma si esprime anchenella femminilizzazione della migrazione che rendemigliaia di donne vulnerabili alla tratta di esseri

Il documento finale

#Sinododeivescovi

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umani, una delle peggiori forme di violenza controle donne e una delle più perverse violazioni dei di-ritti umani. La tratta di persone legata alla migra-zione richiede un lavoro pastorale permanente inre t e .

14. La vita delle comunità amazzoniche non an-cora condizionate dall’influenza della civiltà occi-dentale si riflette nelle credenze e nei riti sull’azionedegli spiriti della divinità, chiamati in innumerevolimodi, con e nel territorio, con e in relazione allanatura (LS 16, 91, 117, 138, 240). Riconosciamo cheper migliaia di anni quelle comunità si sono presecura della loro terra, delle loro acque e delle loroforeste, e sono riuscite a preservarle fino ad oggi af-finché l’umanità possa godere dei doni gratuiti del-la creazione di Dio. I nuovi cammini di evangeliz-zazione devono essere costruiti in dialogo con que-sta conoscenza fondamentale in cui si manifestanocome semi della Parola.

La Chiesa nella regione amazzonica15. La Chiesa nel suo processo di ascolto del gri-

do del territorio e del grido dei popoli deve farememoria dei suoi passi. L’evangelizzazione in Ame-rica Latina è stato un dono della Provvidenza chechiama tutti alla salvezza in Cristo. Nonostante lacolonizzazione militare, politica e culturale, e al dilà dell’avidità e dell’ambizione dei colonizzatori, cisono stati molti missionari che hanno dato la lorovita per trasmettere il Vangelo. Il sentimento mis-sionario ha ispirato non solo la formazione di co-munità cristiane, ma anche legislazioni come leLeggi delle Indie, che proteggevano la dignità degliIndigeni contro gli abusi perpetrati ai loro popoli eterritori. Tali abusi hanno causato ferite nelle comu-nità e oscurato il messaggio della Buona Novella.L’annuncio di Cristo si è compiuto spesso in conni-venza con i poteri che sfruttavano le risorse e oppri-mevano le popolazioni. Nel momento attuale, laChiesa ha l’opportunità storica di prendere le di-stanze dalle nuove potenze colonizzatrici ascoltan-do i popoli amazzonici per esercitare in modo tra-sparente la sua attività profetica. Inoltre, la crisi so-cio-ambientale apre nuove opportunità per presen-tare Cristo in tutto il suo potenziale liberatorio eumanizzante.

16. Una delle pagine più gloriose dell’Amazzoniaè stata scritta dai martiri. La partecipazione dei se-guaci di Gesù alla sua passione, morte e risurrezio-ne gloriosa ha accompagnato la vita della Chiesa fi-no ad oggi, soprattutto nei momenti e nei luoghi incui essa, a causa del Vangelo di Gesù, vive in mez-zo ad una accentuata contraddizione, come avvieneoggi con coloro che lottano coraggiosamente perun’ecologia integrale in Amazzonia. Questo Sinodoriconosce con ammirazione coloro che lottano, agrande rischio della propria vita, per difendere l’esi-stenza di questo territorio.

Chiamati a una conversione integrale17. L’ascolto del grido della terra e del grido dei

poveri e dei popoli dell’Amazzonia con cui cammi-niamo ci chiama a una vera conversione integrale,con una vita semplice e sobria, il tutto alimentatoda una spiritualità mistica nello stile di San France-sco d’Assisi, esempio di conversione integrale vissu-ta con letizia e gioia cristiana (cfr. LS 20-12). Unalettura orante della Parola di Dio ci aiuterà ad ap-profondire e a scoprire i gemiti dello Spirito e ci in-coraggerà nel nostro impegno a prenderci cura della«casa comune».

18. Come Chiesa di discepoli missionari, implo-riamo la grazia di quella conversione che «compor-ta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’in-contro con Gesù nelle relazioni con il mondo che licirconda» (LS 217); una conversione personale e co-munitaria che ci impegna a relazionarci armoniosa-mente con l’opera creatrice di Dio, che è la «casacomune»; una conversione che promuove la crea-zione di strutture in armonia con la cura del c re a t o ;una conversione pastorale basata sulla sinodalità,che riconosca l’interazione di tutto ciò che è creato.

Conversione che ci porterà a essere una Chiesa inuscita che entri nel cuore di tutti i popoli amazzo-nici.

19. Così, l’unica conversione al Vangelo vivente,che è Gesù Cristo, potrà dispiegarsi in dimensioniinterconnesse per motivare l’uscita verso le periferieesistenziali, sociali e geografiche dell’Amazzonia.Queste dimensioni sono: pastorale, culturale, ecolo-gica e sinodale, che sono sviluppate nei prossimiquattro capitoli.

CAPITOLO II

Nuovi camminidi conversione pastorale

20. «Se uno non nasce da acqua e Spirito, non puòentrare nel Regno di Dio» (Gv 3, 5) - Una Chiesamissionaria in uscita richiede da noi una conversio-ne pastorale. Per l’Amazzonia questo camminare si-gnifica anche «navigare», attraverso i nostri fiumi, inostri laghi, tra la nostra gente. In Amazzonia, l’ac-qua ci unisce, non ci separa. La nostra conversionepastorale sarà samaritana, in dialogo, accompagnan-do le persone con volti concreti di indigeni, conta-dini, afro-discendenti e migranti, giovani, abitantidelle città. Tutto questo comporterà una spiritualitàdi ascolto e annuncio. Questo è il modo in cuicammineremo e navigheremo in questo capitolo.

La Chiesa in uscita missionaria21. La Chiesa per sua natura è missionaria e ha la

sua origine nell’«amore fontale di Dio» (AG 2). Ildinamismo missionario che scaturisce dall’amore diDio irradia, si espande, tracima e si diffonde in tut-to l’universo. «Siamo inseriti dal battesimo nella di-namica dell’amore attraverso l’incontro con Gesùche dà un nuovo orizzonte alla vita» (D Ap 12).Questo trasbordare spinge la Chiesa alla conversio-ne pastorale e ci trasforma in comunità vive che la-vorano in équipe e reti al servizio dell’evangelizza-zione. La missione così intesa non è qualcosa di fa-coltativo, un’attività della Chiesa tra le altre, ma èla sua stessa natura. La Chiesa è missione! «L’azio-ne missionaria è il paradigma di tutta l’opera dellaChiesa» (EG 15). Essere un discepolo missionarionon è solo svolgere compiti o fare cose. Si situanell’ordine dell’essere. «Gesù fa notare a noi, suoidiscepoli, che la nostra missione nel mondo nonpuò essere statica, ma è itinerante. Il cristiano è unitinerante» (Papa Francesco, Angelus, 30/06/2019).

a. Chiesa samaritana, misericordiosasolidale

22. Vogliamo essere una Chiesa amazzonica sa-maritana, incarnata nel modo in cui il Figlio di Diosi è incarnato: «Egli ha preso le nostre infermità esi è caricato delle malattie» (Mt 8, 17b). Colui chesi è fatto povero per arricchirci con la sua povertà(cfr. 2 Cor 8, 9), attraverso il suo Spirito, esorta idiscepoli missionari di oggi a uscire incontro a tutti,specialmente ai popoli originari, ai poveri, agliesclusi dalla società e agli altri. Desideriamo ancheuna Chiesa maddalena, che si sente amata e riconci-liata, che annuncia con gioia e convinzione Cristocrocifisso e risorto. Una Chiesa mariana che generai bambini alla fede e li educa con affetto e pazien-za, imparando anche dalle ricchezze dei popoli. Vo-gliamo essere una Chiesa serva, kerigmatica, edu-cante, inculturata, inculturata in mezzo ai popoliche serviamo.

b. Chiesa nel dialogo ecumenicointerreligioso e culturale

23. La realtà multietnica, multiculturale e multire-ligiosa dell’Amazzonia richiede un atteggiamento didialogo aperto, riconoscendo anche la molteplicitàdegli interlocutori: i popoli indigeni, gli abitanti dei

fiumi, i contadini e gli afro-discendenti, le altreChiese cristiane e denominazioni religiose, le orga-nizzazioni della società civile, i movimenti socialipopolari, lo Stato, infine tutte le persone di buonavolontà che cercano la difesa della vita, l’integritàdel creato, la pace, il bene comune.

24. In Amazzonia, «i rapporti tra cattolici e pen-tecostali, carismatici ed evangelici non sono facili.L’improvvisa comparsa di nuove comunità, legataalla personalità di alcuni predicatori, contrasta for-temente con i principi e l’esperienza ecclesiologicadelle Chiese storiche e può nascondere il pericolodi essere trascinati dalle onde emotive del momentoo di racchiudere l’esperienza di fede in ambientiprotetti e rassicuranti. Il fatto che non pochi fedelicattolici siano attratti da queste comunità è motivodi frizione, ma può diventare, da parte nostra, unmotivo di esame personale e di rinnovamento pa-storale» (Francesco, 28/09/2018). Il dialogo ecume-nico, interreligioso e interculturale deve essere as-sunto come la via indispensabile dell’evangelizza-zione in Amazzonia (cfr. D Ap 227). L’Amazzonia èun’amalgama di fedi, per lo più cristiane. Di frontea questa realtà ci si aprono cammini reali di comu-nione: «Le manifestazioni dei buoni sentimenti nonbastano. Abbiamo bisogno di gesti concreti che pe-netrino gli spiriti e scuotano le coscienze, spingen-do ciascuno alla conversione interiore, che è il fon-damento di ogni progresso nel cammino ecumeni-co» (Benedetto XVI, Messaggio ai Cardinali nellaCappella Sistina, 20/04/2005). La centralità dellaParola di Dio nella vita delle nostre comunità è unfattore di unione e di dialogo. Intorno alla Parola sipossono realizzare tante azioni comuni: traduzionidella Bibbia nelle lingue locali, edizioni condivise,diffusione e distribuzione della Bibbia e incontri trateologi cattolici e teologi di confessioni diverse.

25. In Amazzonia, il dialogo interreligioso si svol-ge soprattutto con le religioni indigene e i cultiafro-discendenti. Queste tradizioni meritano di esse-re conosciute, comprese nelle proprie espressioni enel rapporto con la foresta e la madre terra. Insie-me a loro, i cristiani, basati sulla loro fede nella Pa-rola di Dio, si mettono in dialogo, condividendo laloro vita, le loro preoccupazioni, le loro lotte, le lo-ro esperienze di Dio, per approfondire la fededell’altro e agire insieme in difesa della «casa comu-ne». Per fare questo, le Chiese amazzoniche devonosviluppare iniziative di incontro, studio e dialogocon i seguaci di queste religioni. Un dialogo sinceroe rispettoso è il ponte verso la costruzione del«buon vivere». Nello scambio di doni, lo Spiritoconduce sempre più verso la verità e il bene (cfr.EG 250).

Chiesa missionaria che servee accompagna i popoli amazzonici

26. Questo Sinodo vuole essere un forte richiamoa tutti i battezzati dell’Amazzonia a essere discepolimissionari. L’invio in missione è insito nel battesi-mo ed è rivolto a tutti i battezzati. Attraverso di es-so tutti noi riceviamo la stessa dignità di essere figlie figlie di Dio, e nessuno può essere escluso dallamissione di Gesù ai suoi discepoli. «Andate in tuttoil mondo e proclamate la Buona Notizia a tutta lacreazione» (Mc 16, 15). Per questo riteniamo neces-sario generare un maggiore impulso missionario trale vocazioni autoctone; l’Amazzonia deve essereevangelizzata anche dagli amazzonici.

a. Chiesa con un volto indigenocontadino e afrodiscendente

27. È urgente dare alla pastorale indigena il suoposto specifico nella Chiesa. Partiamo da realtà plu-rali e culture diverse per definire, elaborare e adot-tare azioni pastorali che ci permettano di sviluppareuna proposta evangelizzatrice in mezzo alle comu-nità indigene, collocandoci nel quadro di una pa-storale indigena e della terra. La pastorale delle po-polazioni indigene ha una sua specificità. Le colo-nizzazioni motivate dall’estrattivismo nel corso della

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storia, con le diverse correnti migratorie, le hannomesse in una situazione di alta vulnerabilità. Inquesto contesto, come Chiesa, è ancora necessariocreare o mantenere un’opzione preferenziale per lepopolazioni indigene, in virtù della quale gli orga-nismi diocesani di pastorale indigena devono esserecostituite e consolidate con rinnovata azione missio-naria, che ascolti, dialoghi, si incarni e assicuri unapresenza permanente. L’opzione preferenziale per ipopoli indigeni, con le loro culture, identità e sto-rie, ci impone di aspirare a una Chiesa indigenacon propri sacerdoti e ministri sempre uniti e in to-tale comunione con la Chiesa cattolica.

28. Riconoscendo l’importanza dell’attenzioneche la Chiesa è chiamata a prestare in Amazzonia alfenomeno dell’urbanizzazione e ai problemi e alleprospettive a esso connessi, è necessario riferirsi almondo rurale nel suo insieme e alla pastorale ruralein particolare. Dal punto di vista pastorale, la Chie-sa deve rispondere al fenomeno dello spopolamentodelle campagne, con tutte le conseguenze che nederivano (perdita di identità, laicismo imperante,sfruttamento del lavoro rurale, disgregazione fami-liare, ecc.)

b. Chiesa dal volto migrante29. Il fenomeno migratorio, per la sua crescita e

il suo volume, è diventato una sfida politica, socialeed ecclesiale senza precedenti (cfr. DA, 517, a). Difronte a questo, molte comunità ecclesiali hanno ac-colto i migranti con grande generosità, ricordandoche: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25, 35).Lo spostamento forzato di famiglie indigene, conta-dine, afro-discendenti e appartenenti ai popoli chevivono lungo le rive dei fiumi, espulse dai loro ter-ritori a causa di pressioni o di esasperazione davantialla mancanza di opportunità, richiede una pastora-le d’insieme nella periferia dei centri urbani. A talfine, sarà necessario creare equipe missionarie che sioccupino di ciò, coordinando con le parrocchie e lealtre istituzioni ecclesiali ed extraecclesiali le condi-zioni di accoglienza, offrendo liturgie inculturate enelle lingue dei migranti; promuovendo spazi discambio culturale, favorendo l’integrazione nella co-munità e nella città e motivando le persone impe-gnate in questo lavoro a essere protagoniste.

c. Chiesa dal volto giovane30. Tra i diversi volti della realtà panamazzonica

spicca quello dei giovani presenti in tutto il territo-rio. Sono giovani con volti e identità indigene, afro-discendenti, abitanti dei fiumi, estrattivisti, migran-ti, rifugiati, tra gli altri. Giovani residenti in aree ru-rali e urbane, che sognano e cercano ogni giornomigliori condizioni di vita, con il profondo deside-rio di avere una vita piena. Giovani studenti, lavo-ratori e con una forte presenza e partecipazione invari spazi sociali ed ecclesiali. Tra i giovani amazzo-nici vengono presentate realtà tristi come la pover-tà, la violenza, la malattia, la prostituzione infantile,lo sfruttamento sessuale, il consumo e il traffico didroga, la gravidanza precoce, la disoccupazione, ladepressione, la tratta di esseri umani, nuove formedi schiavitù, il traffico di organi, le difficoltà di ac-cesso all’istruzione, la salute e l’assistenza sociale.Purtroppo, negli ultimi anni, si è registrato un si-gnificativo aumento dei suicidi tra i giovani, cosìcome un aumento della popolazione carceraria mi-norile e dei crimini tra e contro i giovani, soprattut-to afro-discendenti e periferici. Vivendo nel grandeterritorio amazzonico, essi hanno gli stessi sogni edesideri degli altri giovani di questo mondo: essereconsiderati, rispettati, avere opportunità di studio,lavoro, un futuro di speranza. Tuttavia stanno vi-vendo un’intensa crisi di valori, o una transizioneverso altri modi di concepire la realtà, dove gli ele-menti etici stanno cambiando, anche per i giovaniindigeni. Il compito della Chiesa è quello di accom-pagnarli ad affrontare qualsiasi situazione che di-strugga la loro identità o danneggi la loro autosti-ma.

31. I giovani sono intensamente presenti anchenei contesti migratori del territorio. La realtà deigiovani nei centri urbani merita un’attenzione parti-colare. Sempre più città diventano ricettacoli di tut-ti i gruppi etnici, popoli e problemi dell’Amazzo-nia. L’Amazzonia rurale si sta spopolando; le cittàdevono affrontare enormi problemi di delinquenzagiovanile, mancanza di lavoro, lotte etniche e ingiu-stizie sociali. Qui, in particolare, la Chiesa è chia-mata a essere una presenza profetica tra i giovani,offrendo loro un accompagnamento adeguato eun’educazione appropriata.

32. In comunione con la realtà giovanile amazzo-nica, la Chiesa proclama ai giovani la Buona Noti-zia di Gesù, il discernimento e l’accompagnamentovocazionale, il luogo di valorizzazione della culturae dell’identità locale, la leadership giovanile, la pro-mozione dei diritti dei giovani, il rafforzamento dispazi creativi, innovativi e differenziati di evangeliz-zazione attraverso un rinnovato e audace ministerogiovanile. Una pastorale sempre in corso, incentratasu Gesù Cristo e sul suo progetto, dialogico e inte-grale, impegnata in tutte le realtà giovanili esistentisul territorio. I giovani indigeni hanno un enormepotenziale e partecipano attivamente alle loro co-munità e organizzazioni contribuendo come leadere animatori, in difesa dei diritti, soprattutto sul ter-ritorio, della salute e dell’istruzione. D’altro canto,sono le principali vittime dell’insicurezza sulle terreindigene e dell’assenza di politiche pubbliche speci-fiche e di qualità. La diffusione di alcol e droghecoinvolge spesso le comunità indigene, danneggian-do seriamente i giovani e impedendo loro di vivereliberamente per costruire i loro sogni e partecipareattivamente alla comunità.

33. Il protagonismo dei giovani appare chiara-mente nei documenti del Sinodo per i giovani (160,46), nell’esortazione papale Christus vivit (170) enell’Enciclica Laudato si’ (209). I giovani voglionoessere protagonisti e la Chiesa amazzonica vuole ri-conoscere il loro spazio. Vuole essere compagnanell’ascolto, riconoscendo i giovani come luogo teo-logico, come «profeti di speranza», impegnati neldialogo, ecologicamente sensibili e attenti alla «casacomune». Una Chiesa che accoglie e cammina coni giovani, soprattutto nelle periferie. Di fronte a ciòsorgono tre urgenze: promuovere nuove forme dievangelizzazione attraverso i social media (cfr.Francesco, Christus vivit 86); aiutare i giovani indi-geni a raggiungere una sana interculturalità; aiutarliad affrontare la crisi valoriale che distrugge la loroautostima e fa perdere loro l’identità.

d. Una Chiesa che percorrenuovi cammini nella pastorale urbana

34. La forte tendenza dell’umanità a concentrarsinelle città, a migrare dalle più piccole alle più gran-di, si registra anche in Amazzonia. La crescita acce-lerata delle metropoli amazzoniche è accompagnatadalla proliferazione di periferie urbane. Allo stessotempo, gli stili di vita, le forme di convivenza, lelingue e i valori plasmati dalle metropoli si trasmet-tono e si impiantano sempre più sia nelle comunitàindigene che nel resto del mondo rurale. La fami-glia in città è un luogo di sintesi tra cultura tradi-zionale e moderna. Nonostante ciò, le famigliespesso soffrono per la povertà, alloggi precari, man-canza di lavoro, aumento del consumo di droghe ealcool, discriminazione e suicidio infantile. Inoltre,nella vita familiare si segnala una mancanza di dia-logo tra le generazioni e si perdono le tradizioni ela lingua. Le famiglie devono inoltre affrontare nuo-vi problemi di salute, che richiedono un’adeguataeducazione in fatto di maternità. I rapidi cambia-menti di oggi riguardano la famiglia amazzonica.Troviamo così nuovi tipi di famiglia: famiglie mo-noparentali sotto la responsabilità delle donne, au-mento delle famiglie separate, unioni libere e fami-glie allargate, diminuzione dei matrimoni istituzio-nali. La città è un’esplosione di vita, perché «Diovive nella città» (D Ap 514). In essa esistono ansia ericerca del senso della vita, conflitti, ma anche soli-darietà, fraternità, desiderio di bontà, verità e giu-stizia (cfr. EG 71-75). Evangelizzare la città o la cul-

tura urbana significa «realizzare e, per così dire,modificare con la forza del Vangelo i criteri di giu-dizio, i valori che contano, i centri di interesse, le li-nee di pensiero, le fonti di ispirazione e i modelli divita dell’umanità, che si presentano in contrasto conla Parola di Dio e il piano di salvezza» (EN 19).

35. È necessario difendere il diritto di tutte lepersone alla città. Il diritto rivendicato alla città sidefinisce come il godimento equo delle città all’in-terno dei principi di sostenibilità, democrazia e giu-stizia sociale. Tuttavia, sarà anche necessario in-fluenzare le politiche pubbliche e promuovere ini-ziative che migliorino la qualità della vita nelle zo-ne rurali, prevenendo così il trasferimento incontrol-lato delle persone.

36. Le comunità ecclesiali di base sono state e so-no un dono di Dio alle Chiese locali dell’Amazzo-nia. Nonostante ciò, è necessario riconoscere che,nel tempo, alcune comunità ecclesiali si sono stabi-lizzate nel territorio, indebolite o addirittura scom-parse. Ma la grande maggioranza rimane perseve-rante e costituisce il fondamento pastorale di molteparrocchie. Oggi i grandi pericoli delle comunitàecclesiali derivano principalmente dal secolarismo,dall’individualismo, dalla mancanza di una dimen-sione sociale e dall’assenza di attività missionaria.Pertanto, è necessario che i pastori incoraggino tuttie ciascuno dei fedeli al discepolato missionario. Lacomunità ecclesiale dovrà essere presente negli spazidi partecipazione alle politiche pubbliche dove siarticolano azioni per rivitalizzare la cultura, la con-vivenza, il tempo libero e la celebrazione. Dobbia-mo lottare affinché alle «favelas» e alle «villas mise-ria» siano garantiti i diritti fondamentali di base:acqua, energia, abitazione e promozione di una cit-tadinanza ecologica integrale. Occorre istituire ilministero dell’accoglienza nelle comunità urbanedell’Amazzonia per una solidarietà fraterna con imigranti, i rifugiati, i senzatetto e le persone chehanno lasciato le zone rurali.

37. La realtà degli indigeni nei centri urbani meri-ta un’attenzione particolare, in quanto sono i piùesposti agli enormi problemi della delinquenza gio-vanile, della mancanza di lavoro, delle lotte etnichee delle ingiustizie sociali. Si tratta di una delle mag-giori sfide di oggi: sempre più città sono il punto diapprodo di tutti i gruppi etnici e dei popolidell’Amazzonia. Sarà necessario articolare una pa-storale indigena della città che si occupi di questarealtà specifica.

e. Una spiritualità dell’ascoltoe dell’annuncio

38. L’azione pastorale si fonda su una spiritualitàbasata sull’ascolto della parola di Dio e del gridodel suo popolo, per poter poi annunciare la BuonaNotizia con spirito profetico. Riconosciamo che laChiesa che ascolta il grido dello Spirito nel gridodell’Amazzonia può far proprie le gioie e le speran-ze, i dolori e le preoccupazioni di tutti, ma soprat-tutto dei più poveri (cfr. GS 1), che sono figli e fi-glie prediletti di Dio. Abbiamo scoperto che le ac-que impetuose dello Spirito, che assomigliano aquelle del Rio delle Amazzoni, che periodicamentestraripano, ci conducono a quella vita traboccanteche Dio ci offre per condividerla nell’annuncio.

Nuovi camminiper la conversione pastorale

39. Le équipe missionarie itineranti in Amazzoniavanno tessendo e costruendo comunità lungo ilcammino, e contribuiscono a rafforzare la sinodalitàecclesiale. Possono includere vari carismi, istituzionie congregazioni, laici e laiche, religiosi e religiose,sacerdoti. Includere per essere uniti dove non sipuò fare da soli. Le visite dei missionari, che parto-no dalla loro residenza e trascorrono del tempo visi-tando le singole comunità e celebrando i sacramen-ti, danno origine a quella che viene chiamata la“pastorale della visita». Si tratta di un tipo di meto-do pastorale che risponde alle condizioni e alle pos-

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sibilità attuali delle nostre Chiese. Grazie a questimetodi e all’azione dello Spirito Santo, queste co-munità hanno sviluppato anche una ricca ministe-rialità che è motivo di ringraziamento.

40. Proponiamo una rete itinerante che raduni ivari sforzi delle équipe che accompagnano e viva-cizzano l’esistenza e la fede delle comunità amazzo-niche. I cammini di incidenza politica per la tra-sformazione della realtà devono essere il frutto deldiscernimento comune di pastori e laici. Al fine dipassare da visite pastorali a una presenza più per-manente, le congregazioni e/o province di religio-si/e del mondo, che non sono ancora coinvolti nellemissioni, sono invitati a stabilire almeno un avam-posto missionario in uno qualsiasi dei paesi amaz-zonici.

CAPITOLO III

Nuovi camminidi conversione culturale

41. «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare inmezzo a noi» (Gv 1, 14) - L’America Latina possiedeun’immensa biodiversità e una grande diversità cul-turale. Al suo interno, l’Amazzonia è terra di forestee acqua, di distese e zone umide, di savane e catenemontuose, ma soprattutto terra di innumerevoli po-poli, molti dei quali millenari, abitanti ancestrali delterritorio, popoli dai profumi antichi che continua-no ad assicurare il loro aroma al continente controogni forma di disperazione. La nostra conversionedeve essere anche culturale, per farci incontro all’al-tro, per imparare dall’altro. Essere presenti, rispetta-re e riconoscere i suoi valori, vivere e praticare l’in-culturazione e l’interculturalità nel nostro annunciodella Buona Notizia. Esprimere e vivere la fede inAmazzonia è una sfida che non finirà mai. Essa siincarna non solo nel lavoro pastorale ma anche inazioni concrete con e per l’altro, nell’attenzione allasalute, nell’educazione, nella solidarietà e nel soste-gno ai più vulnerabili. Vorremmo condividere tuttoquesto in questa sezione.

Il volto della Chiesanei popoli amazzonici

42. Nei territori dell’Amazzonia c’è una realtàpluriculturale che esige di avere uno sguardo cheincluda tutti, di utilizzare espressioni che permetta-no di identificare e collegare tutti i gruppi, nonchédi riflettere identità riconosciute, rispettate e pro-mosse tanto nella Chiesa quanto nella società, chedeve trovare nei popoli amazzonici un valido inter-locutore per il dialogo e l’incontro. Puebla parla deivolti che abitano l’America Latina e nota che, nellepopolazioni originarie, c’è una mescolanza che ècresciuta e continua a crescere con l’incontro e loscontro tra le diverse culture che fanno parte delcontinente. Questo volto, anche della Chiesa inAmazzonia, è un volto che si incarna nel suo terri-torio, che evangelizza e apre cammini affinché i po-poli si sentano accompagnati in diversi processi divita evangelica. È presente inoltre un rinnovato sen-timento missionario da parte degli abitanti deglistessi villaggi, portando avanti la missione profeticae samaritana della Chiesa che deve essere rafforzatadall’apertura al dialogo con le altre culture. Solouna Chiesa missionaria inserita e inculturata porteràalla nascita di particolari Chiese autoctone, dal vol-to e dal cuore amazzonici, radicate nelle culture etradizioni proprie dei popoli, unite nella stessa fedein Cristo e diverse nel loro modo di viverla, espri-merla e celebrarla.

a. I valori culturalidei popoli amazzonici

43. Nella gente dell’Amazzonia troviamo insegna-menti di vita. I popoli originari e quelli che sonoarrivati più tardi e hanno forgiato la loro identità

nella convivenza, portano valori culturali in cui sco-priamo i semi della Parola. Nella giungla, non solola vegetazione si intreccia in quanto le specie si so-stengono l’una con l’altra, ma anche i popoli si re-lazionano tra loro in una rete di alleanze che portavantaggio a tutti. La giungla vive di interrelazioni einterdipendenze e questo accade in tutti gli ambitidella vita. Grazie a questo, il fragile equilibriodell’Amazzonia si è mantenuto per secoli.

44. Il pensiero dei popoli indigeni offre una vi-sione integrata della realtà, capace di comprenderele molteplici connessioni esistenti tra tutto ciò che ècreato. Ciò contrasta con la corrente dominante delpensiero occidentale che tende a frammentare percomprendere la realtà, ma poi non riesce ad artico-lare nuovamente l’insieme delle relazioni tra i varicampi del sapere. La gestione tradizionale di ciòche la natura offre loro è stata fatta nel modo cheoggi chiamiamo gestione sostenibile. Troviamo an-che altri valori nelle popolazioni indigene come lareciprocità, la solidarietà, il senso di comunità,l’uguaglianza, la famiglia, la sua organizzazione so-ciale e il senso del servizio.

b. Chiesa presente e alleatadei popoli nei loro territori

45. L’avidità per la terra è alla radice dei conflittiche portano all’etnocidio, così come l’assassinio e lacriminalizzazione dei movimenti sociali e dei loroleader. La delimitazione e la protezione del territo-rio è un obbligo degli Stati nazionali e dei rispettivigoverni. Tuttavia, buona parte dei territori indigeninon sono protetti e quelli già delimitati stanno co-noscendo l’invasione di fronti estrattivi come l’estra-zione mineraria e forestale, da grandi progetti infra-strutturali, da colture illecite e da grandi latifondiche promuovono la monocoltura e l’allevamentoestensivo del bestiame.

46. In questo modo, la Chiesa si impegna a esse-re alleata dei popoli amazzonici per denunciare gliattacchi contro la vita delle comunità indigene, iprogetti che incidono sull’ambiente, la mancanza didelimitazione dei loro territori, nonché il modelloeconomico di sviluppo predatorio ed ecocida. Lapresenza della Chiesa tra le comunità indigene etradizionali ha bisogno di questa consapevolezzache la difesa della terra non ha altro scopo che ladifesa della vita.

47. La vita dei popoli indigeni, meticci, che abita-no lungo le rive dei fiumi, contadini, “quilomb olas”e/o afro-discendenti e delle comunità tradizionali èminacciata dalla distruzione, dallo sfruttamento am-bientale e dalla sistematica violazione dei loro dirittiterritoriali. Devono essere rispettati i diritti all’auto-determinazione, alla delimitazione dei territori e allaconsultazione preventiva, libera e informata. Questipopoli hanno «condizioni sociali, culturali ed eco-nomiche che li distinguono da altri settori della co-munità nazionale e che sono governati in tutto o inparte dai propri costumi o tradizioni o da una legi-slazione speciale» (OIL Conv. 169, art. 1, 1a). Per laChiesa, la difesa della vita, della comunità, dellaterra e dei diritti dei popoli indigeni è un principioevangelico, in difesa della dignità umana: «Sonovenuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbia-no in abbondanza» (Gv 10, 10b).

48. La Chiesa promuove la salvezza integrale del-la persona umana, valorizzando la cultura dei po-poli indigeni, parlando dei loro bisogni vitali, ac-compagnando i movimenti nelle loro lotte per i lorodiritti. Il nostro servizio pastorale costituisce un ser-vizio per la vita piena delle popolazioni indigene,che ci spinge ad annunciare la Buona Notizia delRegno di Dio e a denunciare situazioni di peccato,strutture di morte, violenza e ingiustizia, promuo-vendo il dialogo interculturale, interreligioso edecumenico (cfr. D Ap 95).

49. Un capitolo specifico richiedono le Popola-zioni Indigene in Isolamento Volontario (P I AV ) oPopolazioni Indigene in Isolamento e Contatto ini-ziale (PIACI). In Amazzonia ci sono circa 130 popolio porzioni di popoli che non mantengono contattisistematici o permanenti con la società circostante.

Gli abusi e le violazioni sistematiche del passatohanno provocato la loro migrazione verso luoghipiù inaccessibili, cercando protezione, cercando dipreservare la loro autonomia e scegliendo di limita-re o evitare i loro rapporti con terzi. Oggi continua-no ad avere le loro vite minacciate dall’invasionedei loro territori da fronti diversi e a causa della lo-ro bassa crescita demografica, e si trovano espostialla pulizia etnica e alla scomparsa. Nel suo incon-tro del gennaio 2018 con i popoli indigeni a PuertoMaldonado, Papa Francesco ci ricorda: «Voi siete ipiù vulnerabili tra i più vulnerabili (....) Continuatea difendere questi fratelli più vulnerabili. La loropresenza ci ricorda che non possiamo disporre deibeni comuni al ritmo dell’avidità del consumo» (Fr.PM). Un’opzione per la difesa dei P I AV /PIACI nonesonera le Chiese locali dalla responsabilità pastora-le nei loro confronti.

50. Questa responsabilità deve manifestarsi inazioni specifiche per la difesa dei loro diritti, con-centrarsi in azioni di pressione affinché gli Stati as-sumano la difesa dei loro diritti attraverso la garan-zia legale e inviolabile dei territori che tradizional-mente occupano, anche adottando misure precau-zionali in regioni dove ci sono solo segni della loropresenza ma essa non è ufficialmente confermata, estabilendo meccanismi di cooperazione bilateraletra gli Stati, quando questi gruppi occupano spazitransfrontalieri. Il rispetto per la loro autodetermi-nazione e per la loro libera scelta sul tipo di rela-zione che desiderano stabilire con altri gruppi deveessere garantito in ogni momento. Ciò richiederàche tutto il popolo di Dio, e specialmente le popo-lazioni vicine ai territori dei P I AV /PIACI, sia sensibi-lizzato al rispetto per questi popoli e all’imp ortanzadell’inviolabilità dei loro territori. Come ha dettoSan Giovanni Paolo II a Cuiabá, nel 1991, «LaChiesa, cari fratelli e sorelle indios, è stata e saràsempre al vostro fianco per difendere la dignitàdell’essere umano, il suo diritto ad avere una vitapacifica, rispettando i valori delle sue tradizioni, co-stumi e culture».

Cammini per una Chiesa inculturata51. Cristo con l’incarnazione non ha ritenuto un

privilegio quello di essere come Dio e si è fatto uo-mo in una cultura concreta per identificarsi con tut-ta l’umanità. L’inculturazione è l’incarnazione delVangelo nelle culture indigene («ciò che non si as-sume non è redento», Sant’Ireneo, cfr. Puebla 400)e allo stesso tempo l’introduzione di queste culturenella vita della Chiesa. In questo processo i popolisono protagonisti e accompagnati dai loro agentipastorali e pastori.

a. L’esperienza della fede espressanella pietà popolaree nella catechesi inculturata

52. La pietà popolare è un mezzo importante checollega molti popoli dell’Amazzonia con le loroesperienze spirituali, le loro radici culturali e la lorointegrazione comunitaria. Sono manifestazioni concui il popolo esprime la propria fede, attraverso im-magini, simboli, tradizioni, riti e altri sacramentali.I pellegrinaggi, le processioni e le celebrazioni pa-tronali devono essere apprezzati, accompagnati,promossi e talvolta purificati, poiché sono momentiprivilegiati di evangelizzazione che devono condur-re all’incontro con Cristo. Le devozioni mariane so-no profondamente radicate in Amazzonia e in tuttal’America Latina.

53. Caratteristica è la non-clericalizzazione dellefraternità, delle confraternite e dei gruppi legati allapietà popolare. I laici assumono un protagonismodifficilmente realizzabile in altri ambiti ecclesiali,con la partecipazione di fratelli e sorelle che svolgo-no servizi e dirigono preghiere, benedizioni, cantisacri tradizionali, animano le novene, organizzanoprocessioni, promuovono le feste patronali, ecc. Ènecessario «proporre una catechesi appropriata eaccompagnare la fede già presente nella religiosità

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popolare. Un modo concreto potrebbe essere quellodi offrire un processo di iniziazione cristiana (...)che ci porta a somigliare sempre più a Gesù Cristo,suscitando la progressiva assunzione dei suoi atteg-giamenti» (D Ap 300).

b. Il mistero della federiflesso in una teologia inculturata

54. La teologia india, la teologia dal volto amaz-zonico e la pietà popolare sono già ricchezze delmondo indigeno, della sua cultura e spiritualità.Quando il missionario e l’agente pastorale porta laparola del Vangelo di Gesù, si identifica con la cul-tura e così avviene l’incontro da cui nasce la testi-monianza, il servizio, l’annuncio e l’a p p re n d i m e n t odelle lingue. Il mondo indigeno con i suoi miti, lasua narrativa, i suoi riti, i suoi canti, la sua danza ele sue espressioni spirituali arricchisce l’incontro in-terculturale. Puebla riconosce già che «le culturenon sono un terreno vuoto, privo di valori autenti-ci. L’evangelizzazione della Chiesa non è un pro-cesso di distruzione, ma di consolidamento e raffor-zamento di questi valori; un contributo alla crescitadei «germi della Parola» (DP 40, cfr. GS 57) pre-senti nelle culture.

Cammini per una Chiesa interculturale

a. Il rispetto delle culturee dei diritti dei popoli

55. Siamo tutti invitati ad avvicinarci ai popoliamazzonici su un piano di parità, rispettando la lo-ro storia, le loro culture, il loro stile di «buon vive-re» (PF 6/10/2019). Il colonialismo è l’imp osizionedi certi modi di vita di alcuni popoli su altri, sianoa livello economico, culturale o religioso. Rifiutia-mo un’evangelizzazione in stile colonialista. Annun-ciare la Buona Notizia di Gesù significa riconoscerei germi della Parola già presenti nelle culture.L’evangelizzazione che oggi proponiamo perl’Amazzonia è l’annuncio inculturato che generaprocessi di interculturalità, processi che promuovo-no la vita della Chiesa con un’identità e un voltoamazzonico.

b. La promozione del dialogointerculturale in un mondo globale

56. Nel compito evangelizzatore della Chiesa, chenon va confuso con il proselitismo, dobbiamo inclu-dere chiari processi di inculturazione dei nostri me-todi e schemi missionari. Nello specifico, si propo-ne che i centri di ricerca e pastorale della Chiesa, incollaborazione con le popolazioni indigene, studi-no, raccolgano e sistematizzino le tradizioni delleetnie amazzoniche per favorire un’opera educativache parte dalla loro identità e cultura, contribuiscaalla promozione e alla difesa dei loro diritti, ne con-servi e diffonda il valore nel panorama culturale la-tinoamericano.

57. Le azioni educative sono oggi messe in di-scussione dalla necessità di inculturazione. È unasfida cercare metodologie e contenuti adeguati aipopoli in cui vogliamo esercitare il ministerodell’insegnamento. Per questo è importante la cono-scenza delle loro lingue, delle loro credenze e aspi-razioni, dei loro bisogni e delle loro speranze, non-ché la costruzione collettiva di processi educativiche abbiano, sia nella forma che nel contenuto,l’identità culturale delle comunità amazzoniche, in-sistendo sulla formazione di un’ecologia integralecome asse trasversale.

c. Le sfide per la salutel’educazione e la comunicazione

58. La Chiesa si assume come compito importan-te quello di promuovere l’educazione sanitaria pre-ventiva e di offrire assistenza sanitaria in luoghi do-

ve l’intervento statale non arriva. È necessario favo-rire iniziative di integrazione a beneficio della salutedegli amazzonici. È inoltre importante promuoverela condivisione sociale dei saperi ancestrali nel cam-po della medicina tradizionale specifica di ogni cul-tura.

59. Tra le complessità del territorio amazzonico,segnaliamo la fragilità dell’educazione, soprattuttotra le popolazioni indigene. Sebbene l’educazionesia un diritto umano, la qualità educativa è carentee gli abbandoni scolastici sono molto frequenti, so-prattutto tra le ragazze. L’educazione evangelizza,promuove la trasformazione sociale, responsabiliz-zando le persone con un sano senso critico. «Unabuona educazione scolastica in tenera età mette se-mi che possono produrre effetti nel corso della vi-ta» (LS 213). È nostro compito promuovere un’edu-cazione alla solidarietà che nasce dalla consapevo-lezza di un’origine comune e di un futuro condivisoda tutti (cfr. LS 202). I governi devono essere tenu-ti ad attuare l’educazione pubblica, interculturale ebilingue.

60. Il mondo sempre più globalizzato e comples-so ha sviluppato una rete informativa senza prece-denti. Tuttavia, un tale flusso istantaneo di informa-zioni non porta a una migliore comunicazione ocollegamento tra i popoli. In Amazzonia vogliamopromuovere una cultura comunicativa che favoriscail dialogo, la cultura dell’incontro e la cura della«casa comune». Motivati da un’ecologia integrale,vogliamo rafforzare gli spazi di comunicazione giàesistenti nella regione, al fine di promuovere conurgenza una conversione ecologica integrale. A talfine, è necessario collaborare con la formazione diagenti di comunicazione autoctoni, soprattutto indi-geni. Costoro non sono solo interlocutori privilegia-ti per l’evangelizzazione e la promozione umana sulterritorio, ma ci aiutano anche a diffondere la cultu-ra del «buon vivere» e della cura del creato.

61. Per sviluppare i vari collegamenti con l’interaAmazzonia e migliorare la sua comunicazione, laChiesa vuole creare una rete di comunicazione ec-clesiale panamazzonica, che comprende i vari mezziutilizzati dalle Chiese particolari e da altri organi-smi ecclesiali. Il loro contributo può avere risonan-za e aiuto nella conversione ecologica della Chiesae del pianeta. La R E PA M può collaborare nella con-sulenza e nel supporto ai processi di formazione,nel monitoraggio e nel rafforzamento della comuni-cazione nella regione panamazzonica.

Nuovi camminiper la conversione culturale

62. In questo senso, proponiamo la creazione diuna rete scolastica di educazione bilingue perl’Amazzonia (simile a Fe y Alegría), che articoli pro-poste educative che rispondono ai bisogni delle co-munità, rispettando, valorizzando e integrando alloro interno l’identità culturale e quella linguistica.

63. Vogliamo sostenere, supportare e favorire leesperienze educative di educazione interculturale bi-lingue che già esistono nelle giurisdizioni ecclesia-stiche dell’Amazzonia e coinvolgere le universitàcattoliche affinché lavorino e si impegnino in rete.

64. Cercheremo nuove forme di educazione con-venzionale e non convenzionale, come l’educazionea distanza, secondo le esigenze dei luoghi, dei tem-pi e delle persone.

CAPITOLO IV

Nuovi camminidi conversione ecologica

65. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbia-no in abbondanza» (Gv 10, 10) - Il nostro pianeta èun dono di Dio, ma sappiamo anche che stiamo vi-vendo l’urgenza di agire di fronte a una crisi socio-ambientale senza precedenti. Abbiamo bisogno diuna conversione ecologica per rispondere adeguata-mente. Quindi, come Chiesa amazzonica, di fronte

all’aggressione sempre maggiore contro il nostrobioma minacciato di scomparire con conseguenzetremende per il nostro pianeta, ci mettiamo in cam-mino ispirati dalla proposta dell’ecologia integrale.Riconosciamo le ferite causate dall’essere umano nelnostro territorio, vogliamo imparare dai nostri fra-telli e sorelle dei popoli originari, in un dialogo disaperi, la sfida di dare risposte nuove cercando mo-delli di sviluppo giusto e solidale. Vogliamo pren-derci cura della nostra «casa comune» in Amazzo-nia e proponiamo nuovi cammini per farlo.

Verso un’ecologia integralea partire dall’enciclica Laudato si’

a. Minacce contro il bioma amazzonicoe i suoi popoli

66. Dio ci ha dato la terra come dono e comecompito, per prenderci cura di essa e rispondere diessa; noi non siamo i suoi padroni. L’ecologia inte-g ra l e ha il suo fondamento nel fatto che «tutto è in-timamente connesso» (LS 16). Per questo motivol’ecologia e la giustizia sociale sono intrinsecamenteunite (cfr. LS 137). Con l’ecologia integrale emergeun nuovo paradigma di giustizia, poiché «un veroapproccio ecologico diventa sempre un approcciosociale, che deve integrare la giustizia nelle discus-sioni sull’ambiente, per ascoltare sia il grido dellaterra che il grido dei poveri» (LS 49). L’ecologia inte-grale collega così l’esercizio della cura della naturacon quello della giustizia per i più poveri e svantag-giati della terra, che sono l’opzione preferita da Dionella storia rivelata.

67. È urgente affrontare lo sfruttamento illimitatodella «casa comune» e dei suoi abitanti. Una delleprincipali cause di distruzione in Amazzonia èl’estrattivismo predatorio che risponde alla logicadell’avidità, tipica del paradigma tecnocratico domi-nante (cfr. LS 101). Di fronte alla pressante situazio-ne del pianeta e dell’Amazzonia, l’ecologia integralenon è un cammino in più che la Chiesa può sce-gliere per il futuro in questo territorio, è piuttostol’unico cammino possibile, perché non c’è nes-sun’altra via praticabile per salvare la regione. Ladepredazione del territorio è accompagnata dallospargimento di sangue innocente e dalla criminaliz-zazione dei difensori dell’Amazzonia.

68. La Chiesa fa parte di una solidarietà interna-zionale che deve favorire e riconoscere il ruolo cen-trale del bioma amazzonico per l’equilibrio del cli-ma del pianeta; incoraggia la comunità internazio-nale a fornire nuove risorse economiche per la suatutela e la promozione di un modello di sviluppogiusto e solidale, con il protagonismo e la parteci-pazione diretta delle comunità locali e delle popola-zioni originarie in tutte le fasi dalla progettazionealla realizzazione, rafforzando anche gli strumentigià sviluppati dalla convenzione quadro sul cambia-mento climatico.

69. È scandaloso che i leader e persino le comu-nità siano criminalizzati solo per aver rivendicato iloro propri diritti. In tutti i paesi amazzonici esisto-no leggi che riconoscono i diritti umani, special-mente quelli delle popolazioni indigene. Negli ulti-mi anni, la regione (amazzonica) ha subito com-plesse trasformazioni, in cui i diritti umani delle co-munità sono stati colpiti da norme, politiche pub-bliche e pratiche incentrate principalmentesull’espansione delle frontiere estrattive delle risorsenaturali e sullo sviluppo di megaprogetti infrastrut-turali, che esercitano pressioni sui territori ancestraliindigeni. Questo va accompagnandosi, secondo lostesso rapporto, a una grave situazione di impunitànella regione in riferimento alle violazioni dei dirittiumani e delle barriere per ottenere giustizia (rap-porto IACHR/OAS, Indigenous and Tribal Peo-ples of Panamazonia, 5 e 188, settembre 2019).

70. Per i cristiani, l’interesse e la preoccupazioneper la promozione e il rispetto dei diritti umani, siaindividuali che collettivi, non è facoltativo. L’e s s e reumano è creato a immagine e somiglianza di Dio

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Creatore e la sua dignità è inviolabile. Ecco perchéla difesa e la promozione dei diritti umani non è so-lo un dovere politico o un compito sociale, ma an-che e soprattutto un’esigenza di fede. Potremmoforse non essere in grado di modificare immediata-mente il modello di sviluppo distruttivo ed estratti-vista, ma abbiamo bisogno di sapere e di mettere inchiaro a che punto siamo?, da che parte stiamo?,quale prospettiva assumiamo?, come trasmettiamola dimensione politica ed etica della nostra paroladi fede e di vita? Per questo motivo: a) denunciamola violazione dei diritti umani e la distruzioneestrattiva; b) assumiamo e sosteniamo le campagnedi disinvestimento delle compagnie estrattive legateai danni socio-ecologici dell’Amazzonia, a partiredalle stesse istituzioni ecclesiali e anche in alleanzacon altre Chiese; c) chiediamo una transizione ener-getica radicale e la ricerca di alternative: «La civiliz-zazione richiede energia, ma l’uso dell’energia nondeve distruggere la civilizzazione!» (Papa France-sco, Discorso ai partecipanti al convegno «Transizioneenergetica e cura della casa comune», 9 giugno 2018).Proponiamo di sviluppare programmi di formazionesulla cura della «casa comune», che devono essereprogettati da operatori pastorali e altri fedeli, apertia tutta la comunità, in «uno sforzo di sensibilizza-zione della popolazione» (LS 214).

b. La sfida dei nuovi modellidi sviluppo equo, solidale e sostenibile

71. Notiamo che l’intervento umano ha perso ilsuo carattere «amichevole», per assumere un atteg-giamento vorace e predatorio che tende a spremerela realtà fino all’esaurimento di tutte le risorse natu-rali disponibili. «Il paradigma tecnocratico tende adominare l’economia e la politica» (LS 109). Percontrastare questo fenomeno, che danneggia grave-mente la vita, è necessario cercare modelli economi-ci alternativi, più sostenibili, più amichevoli nei ri-guardi della natura, con un solido «fondamentospirituale». Per questo motivo, insieme ai popoliamazzonici, chiediamo che gli Stati smettano diconsiderare l’Amazzonia come una dispensa inesau-ribile (cfr. p. PM). Vorremmo che sviluppassero po-litiche di investimento che abbiano, come condizio-ne per ogni intervento, il rispetto di elevati stan-dard sociali e ambientali e il principio fondamenta-le della preservazione dell’Amazzonia. Per questo ènecessario che contino sulla partecipazione di Po-poli Indigeni organizzati, di altre comunità amazzo-niche e delle diverse istituzioni scientifiche che stan-no già proponendo modelli di sfruttamento dellaforesta esistente. Il nuovo paradigma dello svilupposostenibile deve essere socialmente inclusivo, combi-nando conoscenze scientifiche e tradizionali per raf-forzare le comunità tradizionali e indigene, soprat-tutto donne, e far sì che queste tecnologie siano alservizio del benessere e della protezione delle fore-ste.

72. Si tratta quindi di discutere il valore reale cheogni attività economica o estrattiva possiede, cioè ilvalore che essa apporta e restituisce alla terra e allasocietà, considerando la ricchezza che ne estrae e lesue conseguenze socio-ecologiche. Molte attivitàestrattive, come le grandi miniere, in particolarequelle illegali, riducono sostanzialmente il valoredella vita amazzonica. Infatti, sradicano la vita deipopoli e i beni comuni della terra, concentrando ilpotere economico e politico nelle mani di pochi.Peggio ancora, molti di questi progetti distruttivisono realizzati in nome del progresso e sono soste-nuti — o consentiti — da governi locali, nazionali estranieri.

73. Insieme ai popoli amazzonici (cfr. LS 183) eal loro orizzonte di «buon vivere», chiediamo unaconversione ecologica individuale e comunitaria chesalvaguardi un’ecologia integrale e un modello disviluppo in cui i criteri commerciali non siano al disopra dei criteri ambientali e dei diritti umani. Vo-gliamo sostenere una cultura di pace e rispetto —non di violenza e oltraggio — e un’economia incen-trata sulla persona che si prende cura anche dellanatura. Pertanto, proponiamo di elaborare alternati-ve di sviluppo ecologico integrale a partire dalle vi-

sioni del mondo che siano costruite con le comuni-tà, salvaguardando la saggezza ancestrale. Sostenia-mo progetti che propongono un’economia solidalee sostenibile, circolare ed ecologica, sia a livello lo-cale che internazionale, a livello di ricerca e nelcampo d’azione, nei settori formali e informali. Inquesto senso, sarebbe utile sostenere e promuovereesperienze di cooperative di bioproduzione, riserveforestali e consumi sostenibili. Il futuro dell’Amaz-zonia è nelle mani di tutti noi, ma dipende soprat-tutto dal fatto che abbandoniamo immediatamenteil modello attuale che distrugge la foresta, non por-ta benessere e mette in pericolo questo immenso te-soro naturale e i suoi custodi.

Chiesa che si prende curadella «casa comune» in Amazzonia

a. La dimensione socio-ambientaledell’evangelizzazione

74. Tutti noi dobbiamo essere custodi dell’op eradi Dio. I protagonisti della cura, protezione e difesadei diritti dei popoli e dei diritti della natura inquesta regione sono le stesse comunità amazzoni-che. Sono gli attori del proprio destino, della pro-pria missione. In questo scenario, il ruolo dellaChiesa è quello di alleata. Hanno espresso chiara-mente che vogliono che la Chiesa li accompagni,che cammini con loro e non imponga loro un modoparticolare di essere, un modo specifico di sviluppoche ha poco a che fare con le loro culture, tradizio-ni e spiritualità. Essi sanno come prendersi curadell’Amazzonia, come amarla e proteggerla; ciò dicui hanno bisogno è che la Chiesa li sostenga.

75. Il ruolo della Chiesa è quello di rafforzarequesta capacità di sostegno e partecipazione. Inquesto modo promuoviamo una formazione che tie-ne conto della qualità etica e spirituale della vitadelle persone a partire da una visione integrale. LaChiesa deve prestare la massima attenzione alle co-munità colpite da danni socio-ambientali. Conti-nuando con la tradizione ecclesiale latinoamericana,dove figure come san José de Anchieta, Bartoloméde las Casas, i martiri paraguaiani, morti a RioGrande do Sul (Brasile) Roque González, sant’Al-fonso Rodríguez e san Juan del Castillo, tra gli al-tri, ci hanno insegnato che la difesa dei popoli ori-ginari di questo continente è intrinsecamente legataalla fede in Gesù Cristo e alla sua Buona Notizia.Oggi dobbiamo formare agenti pastorali e ministriordinati con sensibilità socio-ambientale. Vogliamouna Chiesa che prenda il largo e muova i suoi passiper l’Amazzonia, promuovendo uno stile di vita inarmonia con il territorio, e allo stesso tempo con il«buon vivere» di chi ci vive.

76. La Chiesa riconosce la saggezza dei popoliamazzonici sulla biodiversità, una saggezza tradi-zionale che è un processo vivo e sempre in progres-so. Il furto di queste conoscenze è la biopirateria,una forma di violenza contro queste popolazioni.La Chiesa deve contribuire a preservare e mantene-re queste conoscenze e le innovazioni e le pratichedelle popolazioni, rispettando la sovranità dei paesie le loro leggi che regolano l’accesso alle risorse ge-netiche e ai saperi tradizionali associati. Per quantopossibile, essa dovrebbe aiutare queste popolazionia garantire che i benefici derivanti dall’utilizzo diqueste conoscenze, innovazioni e pratiche sianocondivisi in un modello di sviluppo sostenibile e in-clusivo.

77. Vi è l’urgente necessità di sviluppare politicheenergetiche che riducano drasticamente le emissionidi anidride carbonica (CO2) e di altri gas legati alcambiamento climatico. Le nuove energie pulitecontribuiranno a promuovere la salute. Tutte le im-prese devono istituire sistemi di monitoraggio dellacatena di approvvigionamento per garantire che laproduzione che acquistano, creano o vendono siaprodotta in modo socialmente e ambientalmente so-stenibile. Inoltre, «l’accesso all’acqua potabile e si-cura è un diritto umano basilare, fondamentale e

universale, perché determina la sopravvivenza dellepersone, ed è quindi una condizione per l’e s e rc i z i odegli altri diritti umani» (LS 30). Questo diritto èriconosciuto dalle Nazioni Unite (2010). Dobbiamolavorare insieme affinché il diritto fondamentale diaccesso all’acqua pulita sia rispettato nel territorio.

78. La Chiesa opta per la difesa della vita, dellaterra e delle culture originarie amazzoniche. Ciòcomporterebbe l’accompagnamento dei popoliamazzonici nella registrazione, sistematizzazione ediffusione di dati e informazioni sui loro territori esul loro status giuridico. Vogliamo dare prioritàall’incidenza e all’accompagnamento al fine di rag-giungere la demarcazione dei territori, in particolarequelli dei PIACI (America di lingua spagnola) oPIAV (America di lingua portoghese). Incoraggia-mo gli Stati a rispettare i loro obblighi costituziona-li su tali questioni, compreso il diritto di accessoall’acqua.

79. La Dottrina sociale della Chiesa, che da tem-po si occupa della questione ecologica, si arricchi-sce oggi di una visione più completa che compren-de il rapporto tra i popoli amazzonici e i loro terri-tori, sempre in dialogo con la loro sapienza e sag-gezza ancestrale. Per esempio, riconoscendo il mo-do in cui le popolazioni indigene si relazionano eproteggono i loro territori come un riferimento in-dispensabile per la nostra conversione a un’ecologiaintegrale. In questa luce vogliamo creare ministeriper la cura della «casa comune» in Amazzonia, lacui funzione sia quella di prendersi cura del territo-rio e delle acque insieme alle comunità indigene, eun ministero di accoglienza per coloro che sono al-lontanati dai loro territori verso le città.

b. Chiesa povera, con e per i poveria partire dalle periferie vulnerabili

80. Riaffermiamo il nostro impegno a difenderela vita nella sua interezza dal suo concepimento alsuo tramonto e la dignità di tutte le persone. LaChiesa è stata ed è al fianco delle comunità indige-ne per salvaguardare il diritto a una vita propria etranquilla, rispettando i valori delle loro tradizioni,costumi e culture, la preservazione dei fiumi e delleforeste, che sono spazi sacri, fonte di vita e di sag-gezza. Sosteniamo gli sforzi di tanti che difendonocoraggiosamente la vita in tutte le sue forme e fasi.Il nostro servizio pastorale costituisce un servizio al-la vita piena delle popolazioni indigene che ci ob-bliga ad annunciare Gesù Cristo e la Buona Novel-la del Regno di Dio, a contenere le situazioni dipeccato, le strutture di morte, la violenza e le ingiu-stizie interne ed esterne e a promuovere il dialogointerculturale, interreligioso ed ecumenico.

Nuovi cammini per la promozioneecologica integrale

a. Domanda profetica e messaggiodi speranza a tutta la Chiesae a tutto il mondo

81. La difesa della vita dell’Amazzonia e dei suoipopoli richiede una profonda conversione persona-le, sociale e strutturale. La Chiesa è inclusa in que-sta chiamata a disimparare, imparare e reimparareper superare così ogni tendenza ad assumere mo-delli colonizzatori che hanno causato danni in pas-sato. In questo senso è importante che siamo consa-pevoli della forza del neocolonialismo che è presen-te nelle nostre decisioni quotidiane e del modello disviluppo predominante che si esprime nel modellocrescente della monocoltura agricola, dei nostrimezzi di trasporto e dell’immaginario di benesserederivante dal consumo che viviamo nella società eche ha implicazioni dirette e indirette in Amazzo-nia. Di fronte a questo, che è un orizzonte globale,anche ascoltando le voci delle Chiese sorelle, vo-gliamo abbracciare una spiritualità di ecologia inte-

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grale, per promuovere la cura del creato. Per rag-giungere questo obiettivo dobbiamo essere una co-munità di discepoli missionari molto più partecipa-tiva e inclusiva.

82. Proponiamo di definire il peccato ecologicocome un’azione o un’omissione contro Dio, controil prossimo, la comunità e l’ambiente. È un peccatocontro le generazioni future e si manifesta in atti eabitudini di inquinamento e distruzione dell’armo-nia dell’ambiente, trasgressioni contro i principi diinterdipendenza e rottura delle reti di solidarietà trale creature (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica,340-344) e contro la virtù della giustizia. Proponia-mo anche di creare ministeri speciali per la curadella «casa comune» e la promozione dell’ecologiaintegrale a livello parrocchiale e in ogni giurisdizio-ne ecclesiastica, che abbiano tra le loro funzioni lacura del territorio e delle acque, nonché la promo-zione dell’enciclica Laudato si’. Assumere il pro-gramma pastorale, educativo e di incidenza dell’En-ciclica Laudato si’ nei capitoli V e VI a tutti i livelli estrutture della Chiesa.

83. Come modo per riparare il debito ecologicoche i paesi hanno con l’Amazzonia, proponiamo lacreazione di un fondo mondiale per coprire partedei bilanci delle comunità presenti in Amazzoniache promuovono il loro sviluppo integrale e autoso-stenibile e, quindi, anche per proteggerle dal desi-derio predatorio di aziende nazionali e multinazio-nali di estrarre le loro risorse naturali.

84. Adottare abitudini responsabili che rispettinoe valorizzino i popoli dell’Amazzonia, le loro tradi-zioni e la loro saggezza, proteggendo la terra ecambiando la nostra cultura del consumo eccessivo,la produzione di rifiuti solidi, stimolando il riutiliz-zo e il riciclaggio. Dobbiamo ridurre la nostra di-pendenza dai combustibili fossili e l’uso della pla-stica modificando le nostre abitudini alimentari(consumo eccessivo di carne e pesce/frutti di mare)con stili di vita più sobri. Impegnarsi attivamente aseminare alberi, ricercando alternative sostenibili inagricoltura, energia e mobilità nel rispetto dei dirittidella natura e delle persone. Promuovere l’educa-zione all’ecologia integrale a tutti i livelli, promuo-vere nuovi modelli economici e iniziative che favori-scano una qualità di vita sostenibile.

b. Osservatorio Socio PastoraleAmazzonico

85. Creare un osservatorio pastorale socio-am-bientale, rafforzando la lotta per la difesa della vita.Effettuare una diagnosi del territorio e dei suoi con-flitti socio-ambientali in ogni Chiesa locale e regio-nale, per poter assumere una posizione, prenderedecisioni e difendere i diritti dei più vulnerabili.L’Osservatorio lavorerebbe in collaborazione conCelam, CLAR, Caritas, REPAM, Episcopati nazio-nali, Chiese locali, Università cattoliche, CIDH, al-tri attori non ecclesiali del continente e rappresen-tanti delle popolazioni indigene. Chiediamo inoltreche nel Dicastero per il Servizio dello SviluppoUmano Integrale venga creato un ufficio amazzoni-co che sia in relazione con questo Osservatorio econ le altre istituzioni locali amazzoniche.

CAPITOLO V

Nuovi camminidi conversione sinodale

86. «Io in loro e Tu in me, perché siano perfettinell’unità» (Gv 17, 23) - Per camminare uniti laChiesa ha bisogno di una conversione sinodale, si-nodalità del Popolo di Dio sotto la guida dello Spi-rito in Amazzonia. Con questo orizzonte di comu-nione e partecipazione cerchiamo nuovi camminiecclesiali, soprattutto nella ministerialità e sacra-mentalità della Chiesa dal volto amazzonico. La vi-ta consacrata, i laici, e tra loro le donne, sono i pro-tagonisti di sempre, ma sempre nuovi, che ci chia-mano a questa conversione.

La Sinodalità missionarianella Chiesa amazzonica

a. La sinodalità missionariadi tutto il Popolo di Diosotto la guida dello Spirito

87. «Sinodo» è una parola antica, venerata dallaTradizione; indica il cammino che percorrono insie-me i membri del popolo di Dio; rimanda al SignoreGesù, che si presenta come «la via, la verità e la vi-ta» (Gv 14, 6), e al fatto che i cristiani, che lo han-no seguito, furono chiamati «i discepoli della via»(At 9, 2); essere sinodali significa seguire insieme«la via del Signore» (At 18, 25). La sinodalità è ilmodo di essere della Chiesa primitiva (cfr. At 15) edeve essere il nostro. «Come infatti il corpo è unosolo e ha molte membra, e tutte le membra del cor-po, pur essendo molte, sono un corpo solo, così an-che il Cristo» (1 Cor 12, 12). La sinodalità caratte-rizza anche la Chiesa del Vaticano II, intesa comePopolo di Dio, nell’eguaglianza e nella comune di-gnità di fronte alla diversità dei ministeri, carismi eservizi. “Indica lo specifico modus vivendi et operandidella Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizzain concreto il suo essere comunione nel camminareinsieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipa-re attivamente di tutti i suoi membri alla sua mis-sione evangelizzatrice”, cioè nel “coinvolgimento enella partecipazione di tutto il Popolo di Dio allavita e alla missione della Chiesa» (Commissione Teo-logica Internazionale, La sinodalità..., nn. 6-7).

88. Per camminare insieme, la Chiesa oggi ha bi-sogno di una conversione all’esperienza sinodale. Ènecessario rafforzare una cultura del dialogo,dell’ascolto reciproco, del discernimento spirituale,del consenso e della comunione per trovare spazi emodalità di decisione comuni e rispondere alle sfidepastorali. In questo modo, la corresponsabilità nellavita della Chiesa sarà promossa in uno spirito diservizio. È urgente camminare, proporre e assumerele responsabilità per superare il clericalismo e le im-posizioni arbitrarie. La sinodalità è una dimensionecostitutiva della Chiesa. Non si può essere Chiesasenza riconoscere un effettivo esercizio del sensus fi-dei di tutto il popolo di Dio.

b. Spiritualità della comunione sinodalesotto la guida dello Spirito

89. La Chiesa vive della comunione con il Corpodi Cristo attraverso il dono dello Spirito Santo. Ilcosiddetto «Concilio Apostolico di Gerusalemme»(cfr. At 15; Gal 2, 1-10) è un evento sinodale in cuila Chiesa Apostolica, in un momento decisivo delsuo cammino, vive la sua vocazione alla luce dellapresenza del Signore risorto in vista della missione.Questo evento si costituì nella figura paradigmaticadei Sinodi della Chiesa e della sua vocazione sino-dale. La decisione presa dagli Apostoli, in accordocon tutta la comunità di Gerusalemme, è stata ope-ra dell’azione dello Spirito Santo che guida il cam-mino della Chiesa, assicurandole la fedeltà al Van-gelo di Gesù: «È parso bene, infatti, allo SpiritoSanto e a noi» (At 15, 28). Tutta l’assemblea accettòla decisione e la fece propria (At 15, 22); poi la co-munità di Antiochia fece lo stesso (cfr. At 15, 30-31).Essere veramente «sinodale» vuol dire avanzare inarmonia sotto l’impulso dello Spirito vivificante.

90. La Chiesa in Amazzonia è chiamata a cammi-nare nell’esercizio del discernimento, che è il centrodei processi e degli eventi sinodali. Si tratta di de-terminare e percorrere come Chiesa, attraverso l’in-terpretazione teologica dei segni dei tempi, sotto laguida dello Spirito Santo, il cammino da seguire alservizio del disegno di Dio. Il discernimento comu-nitario permette di scoprire una chiamata che Diofa sentire in ogni determinata situazione storica.Questa Assemblea è un momento di grazia peresercitare l’ascolto reciproco, il dialogo sincero e ildiscernimento comunitario per il bene comune delPopolo di Dio nella Regione Amazzonica, e poi,

nella fase di attuazione delle decisioni, per conti-nuare a camminare sotto l’impulso dello SpiritoSanto nelle piccole comunità, parrocchie, diocesi,vicariati, “p re l a t u re ”, e in tutta la regione.

c. Verso uno stile sinodale di vitae di lavoro nella regione amazzonica

91. Con audacia evangelica, vogliamo implemen-tare nuovi cammini per la vita della Chiesa e il suoservizio a un’ecologia integrale in Amazzonia. La si-nodalità segna uno stile di vivere la comunione e lapartecipazione nelle chiese locali che si caratterizzaper il rispetto della dignità e dell’uguaglianza ditutti i battezzati e le battezzate, la complementaritàdei carismi e dei ministeri, la gioia di riunirsi in as-semblea per discernere insieme la voce dello Spiri-to. Questo Sinodo ci offre l’occasione di rifletteresu come strutturare le chiese locali in ogni regione epaese, e di procedere a una conversione sinodaleche indichi percorsi comuni di evangelizzazione. Lalogica dell’incarnazione insegna che Dio, in Cristo,è legato agli esseri umani che vivono nelle «cultureproprie dei popoli» (AG 9) e che la Chiesa, Pop olodi Dio inserito tra i popoli, ha la bellezza di unvolto pluriforme perché si radica in molte culturediverse (EG 116). Questo si realizza nella vita e nel-la missione delle chiese locali radicate in ogni«grande territorio socio-culturale» (AG 22).

92. Una Chiesa dal volto amazzonico ha bisognoche le sue comunità siano impregnate di spirito si-nodale, sostenute da strutture organizzative in ac-cordo con questa dinamica, come autentici organi-smi di «comunione». Le forme di esercizio della si-nodalità sono varie, dovranno essere decentralizzatenei loro diversi livelli (diocesano, regionale, nazio-nale, universale), rispettose e attente ai processi lo-cali, senza indebolire il legame con le altre Chiesesorelle e con la Chiesa universale. Le forme orga-nizzative per l’esercizio della sinodalità possono es-sere varie. Stabiliscono una sincronia tra la comu-nione e la partecipazione, tra la corresponsabilità ela ministerialità di tutti, prestando particolare atten-zione all’effettiva partecipazione dei laici al discer-nimento e alla presa di decisioni, rafforzando lapartecipazione delle donne.

Nuovi camminiper la ministerialità ecclesiale

a. Chiesa ministeriale e nuovi ministeri93. Il rinnovamento del Concilio Vaticano II p o-

ne i laici nel seno del Popolo di Dio, in una Chiesatutta ministeriale, che ha nel sacramento del battesi-mo il fondamento dell’identità e della missione diogni cristiano. I laici sono «i fedeli [...] che, dopoessere stati incorporati a Cristo col battesimo e co-stituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi par-tecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale diCristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa enel mondo, la missione propria di tutto il popolocristiano» (LG 31). Da questa triplice relazione, conCristo, la Chiesa e il mondo, nasce la vocazione ela missione del laicato. La Chiesa in Amazzonia, invista di una società giusta e solidale nella cura della«casa comune», vuole fare dei laici attori privilegia-ti. Il suo modo di agire è stato ed è vitale, sia nelcoordinamento delle comunità ecclesiali, nell’e s e rc i -zio dei ministeri, sia nel suo impegno profetico inun mondo inclusivo per tutti, che ha nei suoi marti-ri una testimonianza che ci interpella.

94. Come espressione della corresponsabilità ditutti i battezzati nella Chiesa e dell’esercizio del sen-sus fidei di tutto il Popolo di Dio, sono nate le as-semblee e i consigli pastorali in tutti gli ambiti ec-clesiali, come pure le equip e di coordinamento deidiversi servizi pastorali e dei ministeri affidati ai lai-ci. Riconosciamo la necessità di rafforzare e amplia-re gli spazi per la partecipazione del laicato, sia nel-

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la consultazione che nella presa di decisioni, nellavita e nella missione della Chiesa.

95. Sebbene la missione nel mondo sia compitodi ogni battezzato, il Concilio Vaticano II ha sotto-lineato la missione del laicato: «l’attesa di una terranuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimola-re la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra pre-sente» (GS 39). Per la Chiesa amazzonica è urgenteche si promuovano e si conferiscano ministeri a uo-mini e donne in modo equo. Il tessuto della chiesalocale, anche in Amazzonia, è garantito dalle picco-le comunità ecclesiali missionarie che coltivano lafede, ascoltano la Parola e celebrano insieme, vicinoalla vita della gente. È la Chiesa degli uomini e del-le donne battezzati che dobbiamo consolidarepromuovendo la ministerialità e, soprattutto, la con-sapevolezza della dignità battesimale.

96. Inoltre, il Vescovo può affidare, con un man-dato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti,l’esercizio della cura pastorale delle comunità a unapersona non investita del carattere sacerdotale, chesia membro della comunità stessa. Devono essereevitati i personalismi e quindi sarà un incarico a ro-tazione. Il Vescovo potrà costituire questo ministeroin rappresentanza della comunità cristiana con unmandato ufficiale attraverso un atto rituale, affinchéil responsabile della comunità sia riconosciuto an-che a livello civile e locale. Resterà sempre il sacer-dote, con la potestà e la facoltà di parroco, a essereil responsabile della comunità.

b. La vita consacrata97. Il testo evangelico — «Lo Spirito del Signore

è sopra di me; per questo mi ha consacrato conl’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lie-to annuncio» (Lc 4, 18) — esprime una convinzioneche anima la missione della vita consacrata inAmazzonia, inviata ad annunciare la Buona Novellanell’accompagnamento prossimo ai popoli indigeni,ai più vulnerabili e ai più lontani, a partire da undialogo e da un annuncio che rende possibile unaprofonda conoscenza della spiritualità. Una vitaconsacrata con esperienze intercongregazionali e in-teristituzionali può rimanere in quelle comunità,dove nessuno vuole stare e con chi nessuno vuolestare, imparando e rispettando la cultura e le lingueindigene per arrivare al cuore dei popoli.

98. La missione, mentre contribuisce a edificare econsolidare la Chiesa, rafforza e rinnova la vita con-sacrata e la chiama con più forza a riprendere ciòche è più proprio della sua ispirazione originaria.In questo modo la sua testimonianza sarà profeticae fonte di nuove vocazioni religiose. Proponiamo discommettere su una vita consacrata con un’identitàamazzonica, rafforzando le vocazioni autoctone.Sosteniamo l’inserimento e l’itineranza delle perso-ne consacrate, insieme ai più poveri ed esclusi. Iprocessi formativi devono includere una focalizza-zione a partire dall’interculturalità, dall’inculturazio-ne e dal dialogo tra le spiritualità e le cosmovisioniamazzoniche.

c. La presenza e l’ora della donna99. La Chiesa in Amazzonia vuole «allargare gli

spazi per una presenza femminile più incisiva nellaChiesa» (EG 103). «Non riduciamo l’impegno delledonne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruo-lo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa per-de le donne, nella sua dimensione totale e reale, laChiesa rischia la sterilità» (Papa Francesco, I n c o n t rocon l’episcopato brasiliano, Rio de Janeiro, 27 luglio2013).

100. Il Magistero della Chiesa dal Concilio Vati-cano II ha evidenziato il posto centrale che la don-na occupa in essa: «Ma viene l’ora, l’ora è venuta,in cui la vocazione della donna si completa in pie-nezza, l’ora in cui la donna acquista nella societàun’influenza, un irradiamento, un potere finora mairaggiunto. È per questo, in questo momento nelquale l’umanità sperimenta una così profonda tra-sformazione, che le donne imbevute dello spirito

del Vangelo possono tanto per aiutare l’umanità anon decadere» (Paolo VI, 1965; AAS 58, 1966, 13-14).

101. La saggezza dei popoli ancestrali afferma chela madre terra ha un volto femminile. Nel mondoindigeno e occidentale, le donne sono coloro che la-vorano in molteplici campi, nell’istruzione dei figli,nella trasmissione della fede e del Vangelo; sonouna presenza vivente e responsabile nella promozio-ne umana, per cui si chiede che la voce delle donnesia ascoltata, che siano consultate e partecipino allepresa di decisioni e, in questo modo, possano con-tribuire con la loro sensibilità alla sinodalità eccle-siale. Apprezziamo la funzione della donna, ricono-scendo il suo ruolo fondamentale nella formazionee nella continuità delle culture, nella spiritualità,nelle comunità e nelle famiglie. È necessario che el-la assuma con maggiore forza la sua leadershipall’interno della Chiesa e che la Chiesa la riconoscae la promuova rafforzando la sua partecipazione neiconsigli pastorali delle parrocchie e delle diocesi, oanche nelle istanze di governo.

102. Di fronte alla realtà che soffrono le donnevittime di violenza fisica, morale e religiosa, femmi-nicidio compreso, la Chiesa si pone in difesa dei lo-ro diritti e le riconosce come protagoniste e custodidel creato e della «casa comune». Riconosciamo laministerialità che Gesù ha riservato alle donne. Ènecessario promuovere la formazione delle donne inteologia biblica, teologia sistematica, diritto canoni-co, valorizzando la loro presenza nelle organizzazio-ni e la loro leadership all’interno e all’esternodell’ambiente ecclesiale. Vogliamo rafforzare i lega-mi familiari, soprattutto per le donne migranti. As-sicuriamo il loro posto negli spazi di leadership enelle loro competenze specifiche. Chiediamo la re-visione del Motu Proprio Ministeria quædam di sanPaolo VI, affinché anche donne adeguatamente for-mate e preparate possano ricevere i ministeri del let-torato e dell’accolitato, tra gli altri che possono es-sere svolti. Nei nuovi contesti di evangelizzazione edi pastorale in Amazzonia, dove la maggior partedelle comunità cattoliche sono guidate da donne,chiediamo che venga creato il ministero istituito di«donna dirigente di comunità», dando a esso un ri-conoscimento, nel servizio delle mutevoli esigenzedi evangelizzazione e di attenzione alle comunità.

103. Nelle numerose consultazioni che si sonosvolte in Amazzonia, è stato riconosciuto e sottoli-neato il ruolo fondamentale delle religiose e dellelaiche nella Chiesa amazzonica e nelle sue comuni-tà, visti i molteplici servizi che offrono. In molte diqueste consultazioni è stato sollecitato il diaconatopermanente per le donne. Per questo motivo il temaè stato anche molto presente durante il Sinodo. Giànel 2016, Papa Francesco aveva creato una «Com-missione di studio sul diaconato delle donne» che,come Commissione, è arrivata a un risultato parzia-le su come era la realtà del diaconato delle donnenei primi secoli della Chiesa e sulle sue implicazioniattuali. Vorremmo pertanto condividere le nostreesperienze e riflessioni con la Commissione e atten-derne i risultati.

d. Diaconato permanente104. Per la Chiesa amazzonica, è urgente la pro-

mozione, la formazione e il sostegno ai diaconi per-manenti a causa dell’importanza di questo ministeronella comunità. In modo particolare, a motivo delservizio ecclesiale richiesto da molte comunità, spe-cialmente dalle popolazioni indigene. Le specificheesigenze pastorali delle comunità cristiane amazzo-niche ci portano a una più ampia comprensione deldiaconato, un servizio che esiste fin dall’inizio dellaChiesa e che è stato riproposto come grado autono-mo e permanente dal Concilio Vaticano II (LG 29,AG 16, OE 17). Il diaconato di oggi deve anche pro-muovere l’ecologia integrale, lo sviluppo umano, lapastorale sociale, il servizio a chi si trova in situa-zioni di vulnerabilità e povertà, configurandolo aCristo Servo, diventando una Chiesa misericordio-sa, samaritana, solidale e diaconale.

105. I presbiteri devono tenere in conto che ildiacono è al servizio della comunità per mandato esotto l’autorità del vescovo, e che hanno l’obbligo

di sostenere i diaconi permanenti e di agire in co-munione con loro. Si deve tenere presente il mante-nimento dei diaconi permanenti. Questo include ilprocesso vocazionale secondo i criteri di ammissio-ne. Le motivazioni del candidato devono puntare alservizio e alla missione del diaconato permanentenella Chiesa e nel mondo di oggi. Il progetto for-mativo si divide tra studio accademico e pratica pa-storale, accompagnato da un’équipe formativa edalla comunità parrocchiale, con contenuti e itinera-ri adatti a ogni realtà locale. È auspicabile che mo-glie e figli partecipino al processo di formazione.

106. Il programma di studi (curriculum) per laformazione del diaconato permanente, oltre allematerie obbligatorie, deve includere temi che favori-scano il dialogo ecumenico, interreligioso e intercul-turale, la storia della Chiesa in Amazzonia, l’affetti-vità e la sessualità, la cosmovisione indigena, l’eco-logia integrale e altri temi trasversali tipici del mini-stero diaconale. L’équipe dei formatori sarà compo-sta da ministri ordinati e laici competenti, in lineacon il D i re t t o r i o del diaconato permanente approva-to in ogni paese. Vogliamo incoraggiare, sostenere eaccompagnare personalmente il processo vocaziona-le e la formazione di futuri diaconi permanenti nel-le comunità che abitano sulle rive dei fiumi e indi-gene, con la partecipazione di parroci, religiosi e re-ligiose. Infine, che ci sia un programma di accom-pagnamento alla formazione permanente (spirituali-tà, formazione teologica, questioni pastorali, attua-lizzazione dei documenti della Chiesa, ecc.), sottola guida del Vescovo.

e. Itinerari di formazione inculturata107. «Vi darò pastori secondo il mio cuore» (Ger

3, 15). Questa promessa, essendo divina, è validaper tutti i tempi e contesti, quindi vale anche perl’Amazzonia. Destinata a configurare il sacerdote aCristo, la formazione per il ministero ordinato deveessere una scuola comunitaria di fraternità, espe-rienziale, spirituale, pastorale e dottrinale, a contat-to con la realtà delle persone, in armonia con lacultura locale e la religiosità, vicina ai poveri. Ab-biamo l’esigenza di preparare buoni pastori che vi-vano la Buona Novella del Regno, conoscano leleggi canoniche, siano compassionevoli, il più possi-bile simili a Gesù, la cui pratica sia quella di fare lavolontà del Padre, alimentati dall’Eucaristia e dallaSacra Scrittura. Quindi, una formazione più biblicanel senso di assimilazione a Gesù come si mostranei Vangeli: vicino alle persone, capace di ascoltare,di guarire, di consolare pazientemente, non cercan-do di imporsi, ma di manifestare la tenerezza delcuore di suo Padre.

108. Per offrire ai futuri presbiteri delle chiese inAmazzonia una formazione dal volto amazzonico,inserita e adatta alla realtà, contestualizzata e capa-ce di rispondere alle numerose sfide pastorali e mis-sionarie, proponiamo un piano formativo in lineacon le sfide delle chiese locali e della realtà amazzo-nica. Deve includere nei contenuti accademici disci-pline che si occupano di ecologia integrale, ecoteo-logia, teologia della creazione, teologie indie, spiri-tualità ecologica, storia della Chiesa in Amazzonia,antropologia culturale amazzonica, ecc. I centri diformazione alla vita sacerdotale e consacrata devonoinserirsi, preferibilmente, nella realtà amazzonica, alfine di favorire il contatto del giovane amazzonicoin formazione con la sua realtà, mentre si preparaalla sua futura missione, garantendo così che il pro-cesso di formazione non si allontani dal contenutovitale delle persone e della loro cultura, oltre a of-frire ad altri giovani non amazzonici l’opp ortunitàdi partecipare alla loro formazione in Amazzonia,favorendo così le vocazioni missionarie.

f. L’Eucaristia, fonte e culminedi comunione sinodale

109. Secondo il Concilio Vaticano II, la partecipa-zione all’Eucaristia è la fonte e il culmine di tutta lavita cristiana; è il simbolo dell’unità del Corpo Mi-stico; è il centro e il culmine di tutta la vita della

#Sinododeivescovi

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L’Osservatore Romanogiovedì 31 ottobre 2019il Settimanale

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comunità cristiana. L’Eucaristia contiene tutto il be-ne spirituale della Chiesa; è la fonte e il culmine diogni evangelizzazione. Facciamo eco alla frase disan Giovanni Paolo II: «La Chiesa vive dell’Eucari-stia» (Ecclesia de Eucharistia, 1). L’Istruzione dellaCongregazione per il Culto Divino Redemptoris sa-c ra m e n t u m (2004) insiste affinché i fedeli godanodel diritto alla celebrazione eucaristica come stabili-to nei libri e nelle norme liturgiche. Tuttavia sem-bra strano parlare del diritto di celebrare l’Eucari-stia secondo quanto prescritto, mentre non si parladel diritto ancor più fondamentale di accessoall’Eucaristia per tutti: «Nell’Eucaristia la pienezzasi è già realizzata, ed è il centro vitale dell’universo,il centro pieno di amore e di vita inesauribile. Uni-to al Figlio incarnato, presente nell’Eucaristia, tuttoil cosmo rende grazie a Dio. Infatti, l’Eucaristia è inse stessa un atto di amore cosmico» (LS 236).

110. Esiste un diritto della comunità alla celebra-zione, che deriva dall’essenza dell’Eucaristia e dalsuo posto nell’economia della salvezza. La vita sa-cramentale è l’integrazione delle varie dimensionidella vita umana nel mistero pasquale, che ci raffor-za. Per questo motivo le comunità vive reclamanoveramente la celebrazione dell’Eucaristia. Essa è,senza dubbio, il punto di arrivo (culmine e consu-mazione) della comunità; ma è, allo stesso tempo, ilpunto di partenza: di incontro, di riconciliazione, diapprendimento e catechesi, di crescita comunitaria.

111. Molte delle comunità ecclesiali del territorioamazzonico hanno enormi difficoltà di accessoall’Eucaristia. A volte ci vogliono non solo mesi, maanche diversi anni prima che un sacerdote possatornare in una comunità per celebrare l’Eucaristia,offrire il sacramento della Riconciliazione o ungerei malati nella comunità. Apprezziamo il celibato co-me dono di Dio (Sacerdotalis Caelibatus, 1) nella mi-sura in cui questo dono permette al discepolo mis-sionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pie-namente al servizio del Popolo santo di Dio. Essostimola la carità pastorale e preghiamo che ci sianomolte vocazioni che vivono il sacerdozio celibe.Sappiamo che questa disciplina «non è richiestadalla natura stessa del sacerdozio ... anche se pos-siede molteplici ragioni di convenienza» con esso(PO 16). Nella sua enciclica sul celibato sacerdotale,san Paolo VI ha mantenuto questa legge e ha espo-sto le motivazioni teologiche, spirituali e pastoraliche la sostengono. Nel 1992, l’esortazione post-sino-dale di san Giovanni Paolo II sulla formazione sa-cerdotale ha confermato questa tradizione nellaChiesa latina (PDV 29). Considerando che la legit-tima diversità non nuoce alla comunione e all’unitàdella Chiesa, ma la manifesta e la serve (LG 13; OE6), come testimonia la pluralità dei riti e delle disci-pline esistenti, proponiamo di stabilire criteri e di-sposizioni da parte dell’autorità competente, nelquadro della Lumen Gentium 26, per ordinare sacer-doti uomini idonei e riconosciuti della comunità,che abbiano un diaconato permanente fecondo e ri-cevano una formazione adeguata per il presbiterato,potendo avere una famiglia legittimamente costitui-ta e stabile, per sostenere la vita della comunità cri-stiana attraverso la predicazione della Parola e lacelebrazione dei sacramenti nelle zone più remotedella regione amazzonica. A questo proposito, alcu-ni si sono espressi a favore di un approccio univer-sale all’a rg o m e n t o .

Nuovi camminiper la sinodalità ecclesiale

a. Strutture sinodali regionalinella Chiesa amazzonica

112. La maggior parte delle diocesi, delle prelatu-re e dei vicariati dell’Amazzonia hanno territoriestesi, pochi ministri ordinati e scarse risorse finan-ziarie, attraversando difficoltà per sostenere la mis-sione. Il «costo dell’Amazzonia» ha gravi ripercus-sioni sull’evangelizzazione. Di fronte a questa real-tà, è necessario riprogettare il modo in cui sono or-

ganizzate le Chiese locali, ripensare le strutture dicomunione a livello provinciale, regionale e nazio-nale, e anche dal punto di vista pan-amazzonico.Pertanto, è necessario articolare gli spazi sinodali egenerare reti di sostegno solidale. È urgente supera-re le frontiere che la geografia impone e costruireponti che uniscano. Il Documento di Aparecida hagià insistito sul fatto che le Chiese locali generinoforme di associazione interdiocesana in ogni nazio-ne o tra paesi di una regione e che favoriscano unamaggiore cooperazione tra le Chiese sorelle (cfr.D Ap 182). In vista di una Chiesa presente, solidalee samaritana, proponiamo: ridimensionare le vastearee geografiche delle diocesi, vicariati e «prelatu-re»; creare un fondo amazzonico per il sostegnoall’evangelizzazione; sensibilizzare e incoraggiare leagenzie di cooperazione cattolica internazionale asostenere le attività di evangelizzazione al di là deiprogetti sociali.

113. Nel 2015, mentre commemoriamo il 50° anni-versario dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi daparte di san Paolo VI, Papa Francesco ci ha invitatoa rinnovare la comunione sinodale ai vari livelli del-la vita della Chiesa: locale, regionale e universale.La Chiesa sta sviluppando una rinnovata compren-sione della sinodalità su scala regionale. Sostenutadalla tradizione, la Commissione Teologica Interna-zionale afferma: «Il livello regionale nell’e s e rc i z i odella sinodalità è quello che si realizza nei raggrup-pamenti di Chiese particolari presenti nella stessaregione: una provincia — come è avvenuto soprat-tutto nei primi secoli della Chiesa — o un paese, uncontinente o parte di esso» (Documento «La sino-dalità nella vita e nella missione della Chiesa», Va-ticano, 2018, 85). L’esercizio della sinodalità a que-sto livello rafforza i legami spirituali e istituzionali,favorisce lo scambio di doni e aiuta a proiettare cri-teri pastorali comuni. La pastorale sociale congiun-ta delle diocesi situate ai confini dei paesi deve es-sere rafforzata per affrontare problemi comuni chevanno oltre l’ambito locale, come lo sfruttamentodelle persone e del territorio, il traffico di droga, lacorruzione, la tratta di esseri umani, ecc. Il proble-ma della migrazione deve essere affrontato in modocoordinato dalle Chiese di frontiera.

b. Universitàe nuove strutture sinodali amazzoniche

114. Proponiamo che venga istituita un’UniversitàCattolica Amazzonica basata sulla ricerca interdisci-plinare (compresi gli studi sul campo), l’incultura-zione e il dialogo interculturale; che la teologia in-culturata comprenda la formazione congiunta per iministeri laici e la formazione dei sacerdoti, fondataprincipalmente sulla Sacra Scrittura. Le attività diricerca, istruzione e divulgazione dovrebbero inclu-dere programmi di studio ambientale (conoscenzeteoriche basate sulla saggezza dei popoli che vivononella regione amazzonica) e studi etnici (descrizionedelle diverse lingue, ecc.). La formazione degli inse-gnanti, l’insegnamento e la produzione di materialedidattico devono rispettare i costumi e le tradizionidelle popolazioni indigene, sviluppando materialedidattico inculturato e svolgendo attività di divulga-zione in diversi paesi e regioni. Chiediamo alle uni-versità cattoliche dell’America Latina di contribuirealla creazione dell’Università Cattolica Amazzonicae di accompagnarne lo sviluppo.

c. Organismo EcclesialeRegionale Post-sinodaleper la regione amazzonica

115. Proponiamo di creare un organismo episco-pale che promuova la sinodalità tra le Chiese dellaregione, che aiuti a delineare il volto amazzonico diquesta Chiesa e che continui il compito di trovarenuovi cammini per la missione evangelizzatrice, in-corporando soprattutto la proposta dell’ecologia in-tegrale, rafforzando così la fisionomia della Chiesaamazzonica. Si tratterebbe di un organismo episco-pale permanente e rappresentativo che promuova la

sinodalità nella regione amazzonica, articolato conil Celam, con una propria struttura, in un’o rg a n i z -zazione semplice e articolato anche con il REPAM.In questo modo può essere il canale efficace per as-sumere, a partire dal territorio della Chiesa latinoa-mericana e caraibica, molte delle proposte emerse inquesto Sinodo. Sarebbe il nesso in grado di artico-lare reti e iniziative ecclesiali e socio-ambientali a li-vello continentale e internazionale.

d. Rito per le popolazioni indigene116. Il Concilio Vaticano II ha aperto spazi per il

pluralismo liturgico «per le legittime diversità e i le-gittimi adattamenti ai vari gruppi, regioni, popoli»(SC 38). In questo senso, la liturgia deve risponderealla cultura perché sia fonte e culmine della vita cri-stiana (cfr. SC 10) e perché si senta legata alle soffe-renze e alle gioie del popolo. Dobbiamo dare unarisposta autenticamente cattolica alla richiesta dellecomunità amazzoniche di adattare la liturgia valo-rizzando la visione del mondo, le tradizioni, i sim-boli e i riti originali che includono la dimensionetrascendente, comunitaria ed ecologica.

117. Nella Chiesa cattolica ci sono 23 diversi Riti,segno evidente di una tradizione che fin dai primisecoli ha cercato di inculturare i contenuti della fe-de e la sua celebrazione attraverso un linguaggio ilpiù possibile coerente con il mistero da esprimere.Tutte queste tradizioni hanno origine in funzionedella missione della Chiesa: «Le Chiese dello stessoambito geografico e culturale sono venute a celebra-re il mistero di Cristo con espressioni particolari,caratterizzate culturalmente: nella tradizione del“deposito della fede”, nel simbolismo liturgico,nell’organizzazione della comunione fraterna, nellacomprensione teologica dei misteri e nelle varie for-me di santità» (CCC 1202; cfr. anche CCC 1200-1206).

118. È necessario che la Chiesa, nella sua instan-cabile opera evangelizzatrice, operi perché il proces-so di inculturazione della fede si esprima nelle for-me più coerenti, perché sia celebrato e vissuto an-che secondo le lingue proprie dei popoli amazzoni-ci. È urgente formare comitati per la traduzione e lastesura di testi biblici e liturgici nelle lingue dei di-versi luoghi, con le risorse necessarie, preservandola materia dei sacramenti e adattandoli alla forma,senza perdere di vista l’essenziale. In questo senso ènecessario incoraggiare la musica e il canto, il tuttoaccettato e incoraggiato dalla liturgia.

119. Il nuovo organismo della Chiesa in Amazzo-nia deve costituire una commissione competente perstudiare e dialogare, secondo gli usi e i costumi deipopoli ancestrali, l’elaborazione di un rito amazzo-nico che esprima il patrimonio liturgico, teologico,disciplinare e spirituale dell’Amazzonia, con parti-colare riferimento a quanto afferma la Lumen gen-tium per le Chiese orientali (cfr. LG 23). Questo siaggiungerebbe ai riti già presenti nella Chiesa, ar-ricchendo l’opera di evangelizzazione, la capacità diesprimere la fede in una cultura propria, il senso didecentralizzazione e di collegialità che la cattolicitàdella Chiesa può esprimere; si potrebbe anche stu-diare e proporre come arricchire i riti ecclesiali conil modo in cui questi popoli si prendono cura delloro territorio e si relazionano con le sue acque.

CONCLUSIONE

120. Concludiamo sotto la protezione di Maria,Madre dell’Amazzonia, venerata con vari titoli intutta la regione. Per sua intercessione, chiediamoche questo Sinodo sia espressione concreta della si-nodalità, affinché la vita piena che Gesù è venuto aportare nel mondo (cfr Gv 10, 10) possa raggiunge-re tutti, specialmente i poveri, e contribuire alla cu-ra della «casa comune». Che Maria, Madredell’Amazzonia, accompagni il nostro cammino; asan Giuseppe, fedele custode di Maria e di suo Fi-glio Gesù, consacriamo la nostra presenza ecclesialein Amazzonia, una Chiesa dal volto amazzonico ein uscita missionaria.

#Sinododeivescovi

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LL’Angelusin piazzaSan Pietro

Prima della recita dellapreghiera mariana con ifedeli presenti in piazza SanPietro a mezzogiorno del 27ottobre il Pontefice hacommentato la primaLettura della trentesimadomenica del tempoordinario. Tratta dal Librodel Siracide (35, 21.16), haspiegato Francesco, «ci haricordato il punto dipartenza» del camminosinodale dedicato allaRegione panamazzonica:ovvero «l’invocazione delpovero... Il grido dei poveri,— ha spiegato — insieme aquello della terra, ci ègiunto dall’Amazzonia.Dopo queste tre settimanenon possiamo far finta dinon averlo sentito. Le vocidei poveri, insieme a quelledi tanti altri dentro e fuoril’Assemblea sinodale —Pastori, giovani, scienziati —ci spingono a non rimanereindifferenti. Abbiamosentito spesso la frase “piùtardi è troppo tardi”: questafrase non può rimanere unoslogan. Che cosa è stato ilSinodo? È stato, come dicela parola, un c a m m i n a reinsieme, confortati dalcoraggio e dalleconsolazioni che vengonodal Signore. Abbiamocamminato guardandocinegli occhi e ascoltandoci,con sincerità, senzanascondere le difficoltà,sperimentando la bellezza diandare avanti uniti, perservire». Per il cammino cheverrà, ha concluso ilPontefice, «invochiamo laVergine Maria, venerata eamata come Reginadell’Amazzonia. Lo èdiventata non conquistando,ma “inculturandosi”: colcoraggio umile della madreè divenuta la protettrice deisuoi piccoli, la difesa deglioppressi. Sempre andandoalla cultura dei popoli. Nonc’è una cultura standard,non c’è una cultura pura,che purifica le altre; c’è ilVangelo, puro, che siincultura».Al termine dell’Angelus ilPapa ha lanciato un appelloper il Libano, — con leparole che pubblichiamo inultima #controcopertina —ha salutato i gruppi presentie ha ricordato il mesemissionario straordinario,rinnovando l’invito apregare il Rosario.

a Parola di Dio oggi ci aiuta a pregare attra-verso tre personaggi: nella parabola di Gesùpregano il fariseo e il pubblicano, nella primaLettura si parla della preghiera del povero.

1. La preghiera del fariseo comincia così: «ODio, ti ringrazio». È un ottimo inizio, perchéla preghiera migliore è quella di gratitudine, èquella di lode. Ma subito vediamo il motivoper cui ringrazia: «perché non sono come glialtri uomini» (Lc 18, 11). E spiega pure il moti-vo: digiuna due volte la settimana, mentre al-lora era d’obbligo una volta all’anno; paga ladecima su tutto quello che ha, mentre era pre-scritta solo sui prodotti più importanti (cfr Dt14, 22 ss). Insomma, si vanta perché adempieal meglio precetti particolari. Però dimentica ilpiù grande: amare Dio e il prossimo (cfr Mt 22,36-40). Traboccante della propria sicurezza,della propria capacità di osservare i comanda-menti, dei propri meriti e delle proprie virtù, ècentrato solo su di sé. Il dramma di questouomo è che è senza amore. Ma anche le cosemigliori, senza amore, non giovano a nulla,come dice San Paolo (cfr 1 Cor 13). E senzaamore, qual è il risultato? Che alla fine, anzi-ché pregare, elogia se stesso. Infatti al Signorenon chiede nulla, perché non si sente nel biso-gno o in debito, ma si sente in credito. Sta neltempio di Dio, ma pratica un’altra religione, lareligione dell’io. E tanti gruppi “illustri”, “cri-stiani cattolici”, vanno su questa strada.

E oltre a Dio dimentica il prossimo, anzi lodisprezza: per lui, cioè, non ha prezzo, non havalore. Si ritiene migliore degli altri, che chia-ma, letteralmente, «i rimanenti, i restanti»(“loipoi”, Lc 18, 11). Sono, cioè, “rimanenze”,sono scarti da cui prendere le distanze. Quan-te volte vediamo questa dinamica in atto nellavita e nella storia! Quante volte chi sta davan-ti, come il fariseo rispetto al pubblicano, innal-za muri per aumentare le distanze, rendendogli altri ancora più scarti. Oppure, ritenendoliarretrati e di poco valore, ne disprezza le tra-dizioni, ne cancella le storie, ne occupa i terri-tori, ne usurpa i beni. Quante presunte supe-riorità, che si tramutano in oppressioni e sfrut-tamenti, anche oggi — lo abbiamo visto nel Si-nodo quando parlavamo dello sfruttamentodel creato, della gente, degli abitantidell’Amazzonia, della tratta delle persone, delcommercio delle persone! Gli errori del passa-to non son bastati per smettere di saccheggiaregli altri e di infliggere ferite ai nostri fratelli ealla nostra sorella terra: l’abbiamo visto nelvolto sfregiato dell’Amazzonia. La religionedell’io continua, ipocrita con i suoi riti e le sue“p re g h i e re ”— tanti sono cattolici, si confessanocattolici, ma hanno dimenticato di essere cri-stiani e umani —, dimentica del vero culto aDio, che passa sempre attraverso l’amore delprossimo. Anche cristiani che pregano e vannoa Messa la domenica sono sudditi di questareligione dell’io. Possiamo guardarci dentro evedere se anche per noi qualcuno è inferiore,scartabile, anche solo a parole. Preghiamo perchiedere la grazia di non ritenerci superiori, dinon crederci a posto, di non diventare cinici ebeffardi. Chiediamo a Gesù di guarirci dalparlare male e dal lamentarci degli altri, dal

3. Arriviamo così alla preghiera del povero,della prima Lettura. Essa, dice il Siracide, «at-traversa le nubi» (35, 21). Mentre la preghieradi chi si presume giusto rimane a terra, schiac-ciata dalla forza di gravità dell’egoismo, quelladel povero sale dritta a Dio. Il senso della fe-de del Popolo di Dio ha visto nei poveri «iportinai del Cielo»: quel sensus fidei che man-cava nella dichiarazione [del fariseo]. Sono lo-ro che ci spalancheranno o meno le porte dellavita eterna, loro che non si sono consideratipadroni in questa vita, che non hanno messose stessi prima degli altri, che hanno avuto so-lo in Dio la propria ricchezza. Essi sono iconevive della profezia cristiana.

In questo Sinodo abbiamo avuto la graziadi ascoltare le voci dei poveri e di rifletteresulla precarietà delle loro vite, minacciate damodelli di sviluppo predatori. Eppure, proprioin questa situazione, molti ci hanno testimo-niato che è possibile guardare la realtà in mo-do diverso, accogliendola a mani aperte comeun dono, abitando il creato non come mezzoda sfruttare ma come casa da custodire, confi-dando in Dio. Egli è Padre e, dice ancora ilSiracide, «ascolta la preghiera dell’o p p re s s o »(v. 16). E quante volte, anche nella Chiesa, levoci dei poveri non sono ascoltate e magarivengono derise o messe a tacere perché scomo-de. Preghiamo per chiedere la grazia di saperascoltare il grido dei poveri: è il grido di spe-ra n z a della Chiesa. Il grido dei poveri è il gri-do di speranza della Chiesa. Facendo nostro illoro grido, anche la nostra preghiera, siamo si-curi, attraverserà le nubi.

Il grido dei poveriè il grido di speranza della Chiesa

C e l e b ra t adal Papa la messa

per la chiusuradel Sinododei vescovi

per l’Am a z z o n i a

#copertina

Dio luce e verità, la trasparenza del mio cuore.È stato bello e ve ne sono tanto grato, cari Pa-dri e Fratelli sinodali, aver dialogato in questesettimane col cuore, con sincerità e schiettezza,mettendo davanti a Dio e ai fratelli fatiche esp eranze.

Oggi, guardando al pubblicano, riscopriamoda dove ripartire: dal crederci bisognosi di sal-vezza, tutti. È il primo passo della religione diDio, che è misericordia verso chi si riconoscemisero. Invece, la radice di ogni sbaglio spiri-tuale, come insegnavano i monaci antichi, ècredersi giusti. Ritenersi giusti è lasciare Dio,l’unico giusto, fuori di casa. È tanto importan-te questo atteggiamento di partenza che Gesùce lo mostra con un confronto paradossale,mettendo insieme nella parabola la personapiù pia e devota del tempo, il fariseo, e il pec-catore pubblico per eccellenza, il pubblicano.E il giudizio si capovolge: chi è bravo ma pre-suntuoso fallisce; chi è disastroso ma umileviene esaltato da Dio. Se ci guardiamo dentrocon sincerità, vediamo in noi tutti e due, ilpubblicano e il fariseo. Siamo un po’ pubbli-cani, perché peccatori, e un po’ farisei, perchépresuntuosi, capaci di giustificare noi stessi,campioni nel giustificarci ad arte! Con gli altrispesso funziona, ma con Dio no. Con Dio iltrucco non funziona. Preghiamo per chiederela grazia di sentirci bisognosi di misericordia,poveri dentro. Anche per questo ci fa bene fre-quentare i poveri, per ricordarci di essere po-veri, per ricordarci che solo in un clima di po-vertà interiore agisce la salvezza di Dio.

disprezzare qualcuno: sono cose sgradite aDio. E provvidenzialmente, oggi ci accompa-gnano in questa Messa non solo gli indigenidell’Amazzonia: anche i più poveri delle socie-tà sviluppate, i fratelli e sorelle ammalati dellaComunità dell’Arche. Sono con noi, in primafila.

2. Passiamo all’altra preghiera. La preghieradel pubblicano ci aiuta invece a capire che cosaè gradito a Dio. Egli non comincia dai suoimeriti, ma dalle sue mancanze; non dalla suaricchezza, ma dalla sua povertà: non una po-vertà economica — i pubblicani erano ricchi eguadagnavano pure iniquamente, a spese deiloro connazionali — ma sente una povertà divita, perché nel peccato non si vive mai bene.Quell’uomo che sfrutta gli altri si riconoscepovero davanti a Dio e il Signore ascolta lasua preghiera, fatta di sole sette parole ma diatteggiamenti veri. Infatti, mentre il fariseostava davanti in piedi (cfr v. 11), il pubblicanosta a distanza e “non osa nemmeno alzare gliocchi al cielo”, perché crede che il Cielo c’è edè grande, mentre lui si sente piccolo. E «sibatte il petto» (cfr v. 13), perché nel petto c’èil cuore. La sua preghiera nasce proprio dalcuore, è trasparente: mette davanti a Dio ilcuore, non le apparenze. Pregare è lasciarsiguardare dentro da Dio — è Dio che mi guar-da quando prego — , senza finzioni, senza scu-se, senza giustificazioni. Tante volte ci fannoridere i pentimenti pieni di giustificazioni. Piùche un pentimento sembra una auto-canoniz-zazione. Perché dal diavolo vengono opacità efalsità — queste sono le giustificazioni —, da

C’erano «non solo gli indigeni dell’Am a z z o n i a »ma «anche i più poveri delle società sviluppate,i fratelli e sorelle ammalati della comunitàdell’Arche», nelle prime file della basilica di SanPietro, dove domenica 27 ottobre Papa Francescoha celebrato la messa per la chiusura del Sinododei vescovi per la Regione panamazzonica.Al l ’altare della Confessione hanno concelebratocon il Pontefice cardinali, vescovi e sacerdotimembri dell’assemblea speciale.

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PSpirito sinodalein cammino

rima di tutto desidero ringraziare tutti voi cheavete dato questa testimonianza di lavoro, diascolto, di ricerca, di cercare di mettere in pra-tica questo spirito sinodale che stiamo impa-rando, forse, a fissare. E che ancora non riu-sciamo a ultimare. Ma siamo in cammino, sia-mo sulla buona strada. Stiamo capendo sem-pre più che cosa è questo camminare insieme,stiamo capendo che cosa significa discernere,che cosa significa ascoltare, che cosa significaincorporare la ricca tradizione della Chiesa neimomenti congiunturali. Alcuni pensano che latradizione sia un museo di cose vecchie. A mepiace ripetere quello che diceva GustavMahler: «La tradizione è la salvaguardia delfuturo e non la custodia delle ceneri». È comela radice dalla quale viene la linfa che fa cre-scere l’albero affinché dia frutto. Prenderequesto e farlo andare avanti: è così che i primipadri concepivano ciò che era la tradizione.Ricevere e camminare in una stessa direzione,

con questa triplice dimensione tanto bella diVincenzo di Lerino già nel V secolo [«Il Dog-ma cristiano, rimanendo assolutamente intattoe inalterato, si consolida con gli anni, si svi-luppa con il tempo, si approfondisce conl’età»] (cfr. Primo Commonitorio, 23; PL 50, 667-668). Grazie per tutto questo.

Uno dei temi che sono stati votati, e chehanno ottenuto la maggioranza — tre temihanno ottenuto la maggioranza per il prossi-

mo Sinodo — è quello della sinodalità. Non sose sarà scelto, non ho ancora deciso, sto riflet-tendo e pensando, ma certamente posso direche abbiamo camminato molto e dobbiamocamminare ancora di più in questo percorsodella sinodalità. Grazie a tutti voi per la vostracompagnia.

L’esortazione postsinodale, che non è obbli-gatorio che il Papa la faccia, probabilmenteno; scusate, la cosa più facile sarebbe: «bene,ecco il documento, vedete voi». A ogni modo,una parola del Papa su ciò che ha vissuto nelsinodo può far bene. Vorrei dirla prima dellafine dell’anno, di modo che non passi troppotempo, tutto dipende dal tempo che avrò perp ensare.

Abbiamo parlato di quattro dimensioni. Inprimo luogo, la dimensione culturale, l’abbia-mo lavorata, abbiamo parlato d’inculturazione,di valorizzazione della cultura, e tutto ciò congrande forza, e sono rimasto contento di quelche è stato detto al riguardo, che sta dentro latradizione della Chiesa. L’inculturazione: giàla Conferenza di Puebla, per ricordare quellapiù vicina, aveva aperto quella porta. In se-condo luogo la dimensione ecologica. Voglioqui rendere omaggio a uno dei pionieri diquesta coscienza dentro la Chiesa, il PatriarcaBartolomeo di Costantinopoli. È stato uno deiprimi ad aprire la via per creare questa co-scienza. E dopo di lui, tanti lo hanno seguito,e con quell’inquietudine, e sempre con accele-razione di progressione geometrica, dell’equip edi Parigi; e poi sono seguiti gli altri incontri.È nata così Laudato si’ con un’ispirazione a cuiha lavorato tanta gente, a cui hanno lavoratoscienziati, teologi, pastoralisti. Ebbene, questacoscienza ecologica che va avanti e che oggidenuncia un cammino di sfruttamento com-pulsivo, di distruzione, di cui l’Amazzonia èuno dei punti più importanti. Direi che è unsimbolo. Questa dimensione ecologica in cuisi gioca il nostro futuro, non è così? Nelle ma-nifestazioni fatte dai giovani, nel movimentodi Greta e in altri, alcuni sorreggevano un car-tello con scritto: «Il futuro è nostro», ossia,

Il discorsoconclusivodi Papa Francesco

#sinododeivescovi

Discernere, ascoltare,camminare insieme: sonoalcuni degli atteggiamentidella «sinodalità» indicatida Papa Francesco aipadri che hannopartecipato all’assembleaspeciale per l’Amazzonia, icui lavori in aula si sonoconclusi nel pomeriggio disabato 26 ottobre. Durantel’ultima congregazionegenerale il Pontefice hapreso la parola,pronunciando il discorsoche pubblichiamoin una traduzione dallospagnolo.

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«non decidete voi il nostro futuro». «È no-stro!». Già in questo c’è la coscienza del peri-colo ecologico, ovviamente non solo in Amaz-zonia, ma anche in altri luoghi: il Congo è unaltro punto, altri settori, nella mia patria c’ènel Chaco, la zona dell’“Imp enetrabile”, che èpiccola, ma, in qualche modo, anche noi cono-sciamo il problema. Accanto alla dimensioneecologica c’è la dimensione sociale di cui ab-biamo parlato, che non è più solo ciò che sisfrutta selvaggiamente, il creato, la creazione,

ma anche le persone. E in Amazzonia appareogni sorta di ingiustizia, distruzione di perso-ne, sfruttamento di persone a ogni livello e di-struzione dell’identità culturale. Ricordo chearrivando a Puerto Maldonado — credo diaverlo già detto, non ne sono certo — nell’ae-roporto c’era un manifesto con l’immagine diuna bambina molto bella, con scritto: «Difen-diti e fai attenzione alla tratta». Ossia, è que-sto l’avvertimento al turista che arriva. La trat-ta ascolta, e la tratta al più alto livello di cor-ruzione, ma di persone a ogni livello. E questoinsieme alla distruzione dell’identità culturale,che è un altro dei fenomeni che voi avete se-gnalato molto bene nel documento. Come sidistrugge l’identità culturale in tutto ciò. E laquarta dimensione, che le include tutte — e di-rei la principale — è quella pastorale, la dimen-sione pastorale, l’annuncio del Vangelo è ur-gente, è urgente. Ma che sia udito, che sia as-similato, che sia compreso da quelle culture. Siè già parlato di laici, di sacerdoti, di diaconipermanenti, di religiosi e religiose, su cui con-tare in questo campo. E si è parlato di ciò chefanno e di rafforzarlo. Si è parlato di nuoviministeri, ispirati al Ministeria quaedam di Pao-lo VI, di creatività in questo. Creatività neinuovi ministeri, e vedere fino a dove si può ar-rivare. Si è parlato di seminari indigeni, e conmolta forza. Ringrazio per il coraggio che haavuto il cardinale O’Malley, perché ha messo ildito nella piaga in qualcosa che è una vera in-

giustizia sociale, ossia che di fatto non si con-senta agli aborigeni di compiere il camminoseminaristico e il cammino del sacerdozio.Creatività in tutto quel che riguarda i nuoviministeri. Accolgo la richiesta di riconvocare lacommissione e forse allargarla con nuovi mem-bri per continuare a studiare come nella Chie-sa primitiva esisteva il diaconato permanente.Sapete di essere giunti a un accordo tra tuttiche però non è chiaro. Ho consegnato ciò allereligiose, all’Unione generale delle religiose,che è stata quella che mi ha chiesto di fare laricerca, l’ho consegnato a loro e ora ognunodei teologi sta cercando, sta investigando. Iocercherò di farlo di nuovo con la Congregazio-ne per la Dottrina della Fede e inserire nuovepersone in questa Commissione. Raccolgo lasfida, che avete lanciato: «e che siano ascolta-te». Raccolgo la sfida [applausi]. Sono emersealcune cose che vanno riformate: la Chiesa de-ve sempre riformarsi. La formazione sacerdota-le nel paese. In alcuni paesi, ho sentito dire, inun gruppo o qui una volta — io l’ho ascoltatouna volta — che si notava una certa mancanzadi zelo apostolico nel clero della zona nonamazzonica rispetto alla zona amazzonica.

Con il cardinale Filoni abbiamo difficoltà,quando una congregazione religiosa lascia unvicariato, a trovare sacerdoti di quel paese cheprendano il suo posto: «No, non sono adattoa questo». Ebbene, questo va riformato. Laformazione sacerdotale nel paese è universale,e c’è la responsabilità di farsi carico di tutti iproblemi dei paesi geografici, diciamo, diquella Conferenza episcopale. Per riformarebisogna che non ci sia mancanza di zelo. Ri-cordo anche che due hanno detto che forsenon si vede una mancanza di zelo così forte;scusate, c’è mancanza di zelo, forte o menoforte, ma... in giovani religiosi, ed è una cosadi cui bisogna tener conto. I giovani religiosihanno una vocazione molto grande e bisognaformarli allo zelo apostolico per andare neiterritori di confine. Sarebbe bene che nel pia-no di formazione dei religiosi ci fosse un’esp e-rienza di un anno o più in regioni limitrofe.Non solo, e questo è un suggerimento che horicevuto per iscritto, ma ora lo dico: che nelservizio diplomatico della Santa Sede, nel cur-riculum del servizio diplomatico, i giovani sa-cerdoti trascorrano almeno un anno in terra dimissione, ma non facendo il tirocinio nellaNunziatura come si fa ora, che è molto utile,ma semplicemente al servizio di un vescovo inun luogo di missione. Questo punto sarà esa-minato ma è anche una riforma da vedere. Ela redistribuzione del clero nello stesso paese.È stato detto, in riferimento a una situazioneparticolare, che c’è una grande quantità di sa-cerdoti di quel paese nel primo mondo, peresempio negli Stati Uniti, in Europa, e non cene sono per inviarli alla zona amazzonica diquello stesso paese. Questo andrà valutato, maoccorre essere d’accordo. I fidei donum i n t e re s -sati... è vero che a volte — è accaduto a mementre ero vescovo nell’altra diocesi — vieneuno che tu hai mandato a studiare e ti diceche si è innamorato del posto ed è rimasto nelposto e, nonostante tutto ciò che offre il primomondo, non vuole tornare alla diocesi. Chiaro,uno per salvare la vocazione cede. Ma su que-sto punto occorre fare molta attenzione e nonfavorire. Ringrazio i veri sacerdoti fidei donumche vengono in Europa dall’Africa, dall’Asia edall’America, ma quelli che sono fidei donumche restituiscono quel fidei donum che l’E u ro p aha fatto loro. Ma quelli che vengono e riman-gono sono un pericolo. È una cosa un po’ tri-ste, mi diceva un vescovo in Italia, che ha tredi questi sacerdoti che sono rimasti e che nonvanno a celebrare messa nei paesini di monta-gna se prima non ricevono l’offerta. È una sto-

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ria di qui, di ora. Allora, facciamo attenzione aciò, e dimostriamo coraggio nel fare quelle ri-forme di ridistribuzione del clero nello stessopaese.

E un punto della dimensione pastorale èstato quello della donna. Ovviamente la don-na: quello che si dice nel documento “non èabbastanza”, che cos’è la donna, giusto? Neltrasmettere la fede, nel conservare la cultura.Vorrei solo sottolineare questo: che ancora nonci siamo resi conto di cosa significa la donnanella Chiesa e ci limitiamo solo alla parte fun-zionale, che è importante, ma deve essere neiconsigli... o in tutto ciò che è stato detto. Mail ruolo della donna nella Chiesa va molto aldi là della funzionalità. È su questo che biso-gna continuare a lavorare. Molto al di là.

Poi si è parlato di riorganizzazioni, è statofatto nella parte finale del documento e ho vi-sto, attraverso i voti, che alcuni non eranoconvinti. Organismo di servizio, seguendo laRepam, fare una specie di..., che la Repam ab-bia più consistenza, una sorta di volto amaz-zonico. Non so, di progredire nell’o rg a n i z z a -zione, progredire nelle semi-Conferenze epi-scopali, ossia: c’è una Conferenza episcopaledel paese, ma c’è anche una semi-Conferenzaepiscopale parziale di una zona, e questo si faovunque. Qui in Italia c’è la Conferenza epi-scopale lombarda... Ossia, ci sono paesi chehanno Conferenze episcopali settoriali, alloraperché i paesi della regione amazzonica nonpossono fare piccole Conferenze episcopaliamazzoniche, che appartengono a quella gene-rale, ma che fanno il loro lavoro. Organizzan-do questa struttura tipo Repam, tipo Celamamazzonico... Aprendo, aprendo.

Si è parlato di una riforma rituale, di aprirsiai riti. Questo è di competenza della Congre-gazione per il Culto Divino, e può farlo se-guendo i criteri, e so che lo può fare molto be-ne, e fare le proposte necessarie che l’incultu-razione richiede. Ma bisogna sempre mirare adandare oltre, ad andare al di là. Non solo or-ganizzazione rituale, ma anche organizzazionedi altro tipo, quello che ispira il Signore. Delle23 Chiese con rito proprio che sono menziona-te nel documento, e che sono state menzionatealmeno nel pre-documento, credo che 18, senon 19, sono Chiese sui iuris e hanno iniziatodal poco, creando tradizioni fin dove il Signo-re ci porterà. Non bisogna temere le organiz-zazioni che custodiscono una vita speciale.Sempre con l’aiuto della Santa Madre Chiesa,Madre di tutti, che ci guida in questo cammi-no affinché non ci separiamo. Non abbiatepaura di loro.

E un contributo anche rispetto all’o rg a n i z -zazione della Curia romana. Mi sembra chebisogna farlo e io parlerò di come farlo con ilcardinale Turkson. Aprire una sezione amazzo-nica dentro il Dicastero per il Servizio delloSviluppo Umano Integrale. Di modo che, da-to che non ha lavoro, gliene do altro...!

Vorrei, oltre che ringraziare voi, come hogià fatto, ringraziare tutti quelli che hanno la-vorato fuori, soprattutto fuori da questa Aula.I segretari che hanno aiutato, la segreteria na-scosta, i media, l’équipe di diffusione, quelliche hanno preparato gli incontri e le informa-zioni. I grandi nascosti che permettono a unacosa di andare avanti. La famosa regia, che ciha aiutato tanto. Anche a loro va un ringrazia-mento.

Includo la presidenza della Segreteria Gene-rale nel ringraziamento generale e un ringra-ziamento ai mezzi di comunicazione — chepensavo che sarebbero stati qui ad ascoltare lavotazione, dato che è pubblica —, per quelloche hanno fatto. Grazie per il favore che ci

R i t ro v a t ele statuettegettate nel Tevere

In apertura della quindicesimacongregazione generale del Sinododei vescovi per l’Am a z z o n i a ,svoltasi nel pomeriggio di venerdì25 ottobre, al terminedella preghiera iniziale il Papaha rivolto ai presenti le seguentip a ro l e .

Buon pomeriggio, vi vorreidire una parola sulle statuedella pachamama che sonostate tolte dalla chiesa nellaTraspontina, che erano lìsenza intenzioni idolatrichee sono state buttate alTe v e re .Prima di tutto questo èsuccesso a Roma e comevescovo della diocesi iochiedo perdono alle personeche sono state offese daquesto gesto.Poi comunico che le statue,che hanno creato tantoclamore mediatico, sonostate ritrovate nel Tevere. Lestatue non sonodanneggiate.Il Comandante deiCarabinieri desidera che siinformi di questoritrovamento prima che lanotizia diventi pubblica. Almomento la notizia èriservata e le statue sonocustodite nell’Ufficio delComandante dei Carabinieriitaliani.Il Comandante deiCarabinieri sarà ben lieto didare seguito a qualsiasiindicazione che si vorrà darecirca la modalità dipubblicazione della notiziae per le altre iniziative chesi vogliono prendere ariguardo, ad esempio,riferisce il Comandante,«l’esposizione delle statuedurante la Santa Messa dichiusura del Sinodo», sivedrà. Io delego ilSegretario di Stato cherisponda a questo.Questa è una bella notizia,grazie.

fanno di diffondere il Sinodo. Chiederei loroun favore: che nella diffusione che faranno deldocumento finale si soffermino soprattuttosulle diagnosi, che è la parte più consistente,che è la parte dove davvero il Sinodo si èespresso meglio: la diagnosi culturale, la dia-gnosi sociale, la diagnosi pastorale e la dia-gnosi ecologica. Perché la società deve farsi ca-rico di ciò. Il pericolo può essere che a volte sisoffermino forse — è un pericolo, non dico chelo faranno, ma la società lo chiede — sul vede-re che cosa hanno deciso in quella questionedisciplinare, che cosa hanno deciso in quell’al-tra, quale partito ha vinto e quale ha perso.Ossia su piccole cose disciplinari che hanno laloro importanza, ma che non farebbero il beneche questo Sinodo deve fare. Che la società sifaccia carico della diagnosi che noi abbiamofatto nelle quattro dimensioni. Io chiederei aimedia di fare tutto questo. C’è sempre ungruppo di cristiani di “élite” ai quali piace in-tromettersi, come se fosse universale, in questotipo di diagnosi. In quelle più piccole, o inquel tipo di risoluzione più disciplinare intra-ecclesiastica, non dico inter-ecclesiale, intra-ec-clesiastica, e dire che ha vinto questa oquell’altra sezione. No, abbiamo vinto tutticon le diagnosi che abbiamo fatto e fino a do-ve siamo giunti nelle questioni pastorali e in-tra-ecclesiastiche. Ma non ci si chiuda in que-sto. Pensando oggi a queste “élite” cattoliche,e cristiane a volte, ma soprattutto cattoliche,che vogliono andare “al piccolo” e si dimenti-cano del “grande”, mi è venuta in mente unafrase di Péguy e sono andato a cercarla. Cercodi tradurla bene, credo che ci possa aiutare,quando descrive questi gruppi che vogliono“la piccola cosa”, e si dimenticano della “co-sa”. «Poiché non hanno il coraggio di starecon il mondo, loro credono di stare con Dio.Poiché non hanno il coraggio di impegnarsinelle opzioni di vita dell’uomo, credono di lot-tare per Dio. Poiché non amano nessuno, cre-dono di amare Dio». Mi ha fatto molto piace-re che non siamo caduti prigionieri di questigruppi selettivi che del Sinodo vogliono vede-re solo che cosa è stato deciso su questo o su

quell’altro punto intra-ecclesiastico, e neganoil corpo del Sinodo che sono le diagnosi cheabbiamo fatto nelle quattro dimensioni.

Grazie di cuore, perdonatemi se sono statopetulante e, per favore, pregate per me. Gra-zie.

Il documento si pubblica con il risultatodelle votazioni, ossia di ogni numero il risulta-to delle votazioni.

#sinododeivescovi

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L’Archivio Vaticano ha una storia secolare, per-ché fu fondato intorno al 1611 da Paolo V,quando separò più nettamente i fondi archivi-stici da quelli librari della Biblioteca Vaticana.Era una tendenza diffusa nelle compagini sta-tuali europee del tempo, nel quale si moltipli-cavano gli archivi «secreti», cioè privati, a di-sposizione del sovrano. Ma, come accade perla vicina Biblioteca, rifondata in epoca umani-stica da Niccolò V, l’Archivio Vaticano è solo ilsegmento “mo derno” di una storia molto piùlunga, quasi bimillenaria, che incomincia conla storia della Chiesa e ne segue e accompagnal’intero cammino, quasi dalle origini apostoli-che ai giorni nostri. Nel vastissimo patrimoniodocumentario accumulato nei secoli si rifletteveramente il transitus Domini, il cammino delSignore Gesù nella storia degli uomini attra-verso le vicende della comunità dei credenti inLui. Vicende che inevitabilmente riflettono leluci e le ombre delle realtà umane ma soprat-tutto indicano lo sforzo di una costante fedel-tà, spesso espressa nella santità e nel martirio.

Leone XIII, nel 1881, ebbe lo straordinariocoraggio e la profonda lungimiranza di aprireprogressivamente agli studiosi di tutto ilmondo la consultazione dei documenti raccoltinell’Archivio Vaticano. Si trattò davvero dicoraggio e lungimiranza perché con quella de-cisione, superando anche non poche resistenzeinterne, il Papa infranse il clima di assedio nelquale le vicissitudini della storia e della culturaavevano confinato la Chiesa e la Santa Sede.E lo fece con un gesto che ci appare oggi difiducia nell’intelligenza e nella rettitudineumana. Al termine di quello che è stato defini-to il «secolo della storia», il Papa affermò conforza, nella celebre lettera Saepenumero conside-ra n t e s (18 agosto 1883), la convinzione che nonbisognava avere paura della ricerca, che nonbisognava temere di dire la verità né osare didire il falso. La saggezza ciceroniana si coniu-gava così alla certezza evangelica che la Veritàci libererà. La storia “mo derna” dell’A rc h i v i oVaticano nasce da qui. Nel giro di pochi de-cenni quello che era stato un venerabile e pre-zioso deposito di carte, che aveva servito ilPapa e la Curia nel governo della Chiesa maaveva anche alimentato con copie e trascrizionile maggiori opere storiche, dal Baronio aiMonumenta Germaniae historica, divenne ancheun operoso centro di studi e di ricerche nelquale convennero e continuano a convenireistituti storici e ricercatori di tutto il mondo,

senza preclusioni di fede, di nazionalità o dic u l t u re .

La decisione di papa Francesco di mutare,nella denominazione dell’Archivio, l’aggettivo«segreto» in «apostolico» è in piena continui-tà con quella di Leone XIII e dei suoi successo-ri. Il connotato fosco e opaco che ormai ac-compagna nella sensibilità e nell’immaginarioil termine «segreto» rendeva necessario questopasso, dal momento che si è smarrito il valoreoriginario di «segreto», cioè semplicemente di«privato» (s e c re t u m da s e c e r n e re , quindi «riser-vato», cioè a disposizione del sovrano e delsuo governo). Ma il termine «apostolico» èstoricamente attestato già nel Seicento, nel se-colo della nascita del moderno Archivio Vati-cano. Esso spesso concorre con l’aggettivo chepoi è storicamente prevalso e in qualche modoesprime lo stesso concetto, anzi lo innalza e lopotenzia. L’Archivio Vaticano è l’Archivio delPapa, della sua Curia; è quindi pienamente everamente «apostolico», cioè è necessario e in-dispensabile al successore dell’apostolo Pietronel suo servizio alla Chiesa universale. Maquesto Archivio, profondamente “cattolico”perché in esso si riflette la vita della Chiesauniversale e del mondo intero, è condiviso,senza paura, con gli studiosi di tutto il mon-do, con un gesto di fiducia e di apertura che èl’apologia più certa e convincente della nostrafede.

La scelta di papa Francesco ha un’altra, feli-ce e significativa conseguenza. Da questo mo-mento il primo aggettivo che connota le deno-minazioni dell’Archivio e della Biblioteca di-viene lo stesso. Entrambe le istituzioni sono«apostoliche», nel senso che sono nel cuoredella missione della Chiesa di annunciare almondo la salvezza di Gesù Cristo. Archivio eBiblioteca non sono un gioiello e un lusso delpassato ma sono sempre una risorsa per il fu-turo, per comprendere e interpretare la storiadegli uomini, della quale sono uno specchioincomparabile e fedele. Come disse papa Fran-cesco in visita all’Archivio il 4 dicembre 2018,l’Archivio non è solo un luogo ove custodire ilpassato ma un’opportunità per frequentare ilfuturo. Il Motu Proprio è dunque un atto di fe-deltà al Vangelo e, al tempo stesso, alla storiae di questo dobbiamo essere grati a papaFr a n c e s c o .

*Cardinale Archivista e Bibliotecariodi Santa Romana Chiesa

Un attodi fedeltàal Vangeloe alla storia

#motuproprio

di JOSÉ TOLENTINODE MEND ONÇA*

Motu Propriodi Papa Francescosulladenominazionedell’Arc h i v i oVa t i c a n o

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VENERDÌ 25«La preghiera fa miracoli»: lo ha detto il Papanel discorso improvvisato a braccio durantel’udienza ai partecipanti al capitolo generaledell’ordine dei Servi di Maria, ricevuti nell’au-letta dell’Aula Paolo VI. Il nome dell’anticoistituto nato a Firenze nel tredicesimo secoloha riportato il Pontefice con la memoria«all’anno 1957, al Seminario di Villa Devoto» aBuenos Aires, dove «c’erano due di voi — haricordato — che studiavano lì... Sono stati loroa raccontarmi la storia di Alessio Falconieri edegli altri sei, e io mi sono entusiasmato diquesto, come esempio di santità. Vedere uomi-ni ricchi, commercianti — anzi, fiorentini [rido-no] —, che sono stati capaci di fare questascelta per la Madonna. È la parola “servo”,

“servizio”, a servizio della Madonna. Questastrada di servizio, di umiliazione, di camminoumile. E mi sono entusiasmato al punto che,durante tutta la vita, da quel momento, io fe-steggio con particolare amore il 17 febbraio[memoria liturgica dei Santi Sette Fondatoridei Servi di Maria], anche con la Messa». Neldiscorso preparato e consegnato Francesco hainvece chiamato l’ordine a «raccogliere e gesti-re» la sfida «della multiculturalità» nelle «co-munità religiose cattoliche» che «sono diven-tate dei “lab oratori” in questo senso».

LUNEDÌ 28«Sollecitato in questi ultimi anni da alcuni

stimati Presuli, nonché dai miei più stretti col-laboratori, ascoltato anche il parere dei Supe-riori» dell’istituzione interessata, il Ponteficeha deciso con la lettera apostolica in forma diMotu Proprio L’esperienza storica che «da orain poi l’attuale Archivio Segreto Vaticano, nul-la mutando della sua identità, del suo assettoe della sua missione, sia denominato ArchivioApostolico Vaticano». Il documento, datato 22ottobre, ripercorre la storia dell’antico organi-smo per poi ricordare come «il termine Secre-

In questi ultimi giorni di ottobre vi invito a pregareil #SantoRosario per la missione della Chiesa oggi,

in particolare per i missionari e le missionarieche incontrano maggiori difficoltà. #ottobremissionario

@Pontifex, 28 ottobre

Nella mattina di lunedì 28ottobre il Papa ha ricevutoin udienza un gruppo di presulidella Conferenza episcopaledella Nuova Zelandain visita «ad limina»

”I discorsi all’o rd i n edei servi di Maria

Il Motu Propriosull’Archivio Vaticano

tum», fosse inizialmente «giustificato, perchéindicava... l’archivio privato, separato, riserva-to del Papa. Così intesero sempre definirlo tut-ti i Pontefici e così lo definiscono ancora oggigli studiosi, senza alcuna difficoltà. Questa de-finizione, del resto, era diffusa, con analogo si-gnificato, presso le corti dei sovrani». Tuttavia,secondo Francesco «con i progressivi muta-menti semantici che si sono verificati nelle lin-gue moderne e nelle culture e sensibilità socia-li di diverse nazioni, in misura più o menomarcata, il termine... cominciò a essere frainte-so, a essere colorato di sfumature ambigue,persino negative». Ecco perché «avendo smar-rito il vero significato del termine s e c re t u m eassociandone istintivamente la valenza al con-cetto espresso dalla moderna parola “s e g re t o ”,in alcuni ambiti e ambienti, anche di un certorilievo culturale, tale locuzione ha assunto l’ac-cezione pregiudizievole di nascosto, da non ri-velare e da riservare per pochi. Tutto il contra-rio di quanto è sempre stato e intende essere».

In tarda mattinata Francesco ha anche rice-vuto (foto a sinistra) nella sala dei Papi delPalazzo apostolico i firmatari cristiani, ebrei emusulmani della Dichiarazione congiunta sulleproblematiche del fine vita sottoscritta pocoprima nella Casina Pio IV da rappresentantidelle religioni monoteiste abramitiche. «L’eu-tanasia e il suicidio assistito sono moralmentee intrinsecamente sbagliati e dovrebbero esserevietati senza eccezioni... Nessun operatore sa-nitario dovrebbe essere costretto o sottopostoa pressioni per assistere direttamente o indiret-tamente alla morte deliberata e intenzionale diun paziente attraverso il suicidio assistito oqualsiasi forma di eutanasia...»; si incoraggia,al contrario «una qualificata e professionalepresenza delle cure palliative ovunque e perciascuno»: sono questi i più significativi pas-saggi del documento, che è stato proposto dalrabbino Avraham Steinberg, copresidente delConsiglio nazionale israeliano di bioetica, aPapa Francesco, il quale ha affidato alla Ponti-ficia accademia per la vita (Pav) il coordina-mento del gruppo congiunto interreligioso oc-cupatosi della stesura.

#7giorniconilpapa

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VENERDÌ 25Scegliere la salvezza nella lotta

interiore tra bene e maleChiedere al Signore la «luce» per «conoscerebene» cosa succede «dentro» ogni persona.Questa l’invocazione di Papa Francesco allamessa del mattino. Riflettendo sulla prima let-tura, tratta dalla lettera di san Paolo ai Roma-ni, il Pontefice si è soffermato sulla «lotta in-teriore» e «continua» dell’Apostolo delle genti«fra il desiderio di fare il bene» e l’incapacità«di attuarlo»: una vera e propria «guerra» che«è dentro di lui». Qualcuno — ha detto Fran-cesco — potrebbe chiedersi se, compiendo «ilmale che non vuole», san Paolo sia «all’infer-no», sia «uno sconfitto»: eppure, ha ricordatoil Pontefice, «è un santo», perché «anche isanti sentono questa guerra dentro se stessi».È «una legge per tutti», «una guerra di tutti igiorni». «È una lotta tra il bene e il male — haproseguito il Papa — ma non un bene astrattoe un male astratto: fra il bene che ci ispira loSpirito Santo di fare e il male che ci ispira ilcattivo spirito di fare. È una lotta». Una lotta— ha insistito Francesco — «di tutti noi. Sequalcuno di noi dicesse: “Ma, io non sentoquesto, io sono un beato, vivo tranquillo, inpace, non sento”... io direi: “Tu non sei beato;tu sei un anestetizzato, che non capisce cosasuccede”». In questa lotta quotidiana, ha ag-giunto il Pontefice, oggi ne «vinciamo» una,domani ce ne sarà «un’altra» e dopodomaniun’altra ancora, «fino alla fine». E il pensierodel Papa è andato anche ai martiri, che «han-no dovuto lottare fino alla fine per mantenerela fede»; e ai santi, come Teresina del Bambi-no Gesù, per la quale «la lotta più dura era ilmomento finale», sul letto di morte, perchésentiva che «il cattivo spirito» voleva sottrarlaal Signore. Ci sono dei momenti «straordinaridi lotta» — ha constatato il Pontefice — ma an-che «dei momenti ordinari, di tutti i giorni».E qui Francesco ha evocato il Vangelo di Lu-ca, in cui Gesù dice alle folle e al contempo«a tutti noi: sapete valutare l’aspetto della ter-ra e del cielo; come mai, questo tempo non sa-pete valutarlo? Tante volte — ha osservato ilPapa — noi cristiani siamo indaffarati in moltecose, anche buone; ma cosa succede dentro dite? Chi ti ispira questo? Qual è la tua tenden-za spirituale, di questo? Chi ti porta a farequesto? La vita nostra abitualmente è comeuna vita di strada: andiamo per la strada dellavita... quando andiamo in strada, soltantoguardiamo le cose che ci interessano; le altre,non le guardiamo». La lotta, ha spiegato Fran-cesco, «è sempre tra la grazia e il peccato, trail Signore che vuole salvarci e tirarci fuori daquesta tentazione e il cattivo spirito che sem-pre ci butta giù», per «vincerci». L’invito delPapa è stato dunque a chiedersi se ciascunosia «una persona di strada che va e viene sen-za accorgersi di cosa succede» e se le decisioniprese vengano «dal Signore» o siano dettatedall’“egoismo”, “dal diavolo”. «È importanteconoscere cosa succede dentro di noi», ha af-fermato Francesco. «È importante vivere unp o’ dentro, e non lasciare che la nostra animasia una strada dove passano tutti». E come sifa, questo? «Prima di finire la giornata — haraccomandato il Papa — prenditi due-tre minu-ti: cosa è successo oggi di importante dentrodi me? Oh, sì, ho avuto un po’ di odio lì e hosparlato lì; ho fatto quell’opera di carità... Chiti ha aiutato a fare queste cose, sia le brutte,sia le buone? E farci queste domande, per co-noscere cosa succede dentro di noi. Alle volte— ha concluso — con quell’anima chiacchiero-na che tutti abbiamo, sappiamo cosa succedenel quartiere, cosa succede nella casa dei vici-ni, ma non sappiamo cosa succede dentro dinoi». (giada aquilino)

MARTEDÌ 29La speranza è l’aria

che respira il cristianoLa speranza è come buttare l’ancora all’altra

riva. Ha usato quest’immagine Papa Francescoalla messa del mattino per esortare a vivere«in tensione» verso l’incontro con il Signore,altrimenti si finisce corrotti e la vita cristianarischia di diventare una «dottrina filosofica».La riflessione è partita dalla prima lettura del-la liturgia (Rm 8, 18-25), nella quale san Paolo«canta un inno alla speranza». Di sicuro «al-cuni dei romani» sono andati a lamentarsi el’apostolo esorta a guardare avanti. «Ritengoche le sofferenze del presente non siano para-gonabili alla gloria futura che sarà rivelata innoi» dice parlando anche della Creazione.«Questa è la speranza: vivere protesi... versol’incontro con il Signore». Ci possono esseresofferenze e problemi ma «questo è domani»,mentre oggi «tu hai la caparra» di tale pro-messa che è lo Spirito, il quale «ci aspetta» e«lavora» già da adesso. La speranza è infatti«come buttare l’ancora all’altra riva» e attac-carsi alla corda. Ma «non solo noi», tutta laCreazione «nella speranza sarà liberata», en-trerà nella gloria dei figli di Dio. «La speranzaè questo vivere in tensione, sempre; sapere chenon possiamo fare il nido qui: la vita del cri-stiano è “in tensione verso”», ha evidenziato ilPapa. «Se un cristiano perde questa prospetti-va — ha avvertito Francesco — la sua vita di-venta statica e le cose che non si muovono, sicorrompono. Pensiamo all’acqua: quando l’ac-qua è ferma, non corre, non si muove, si cor-rompe. Un cristiano che non è capace di esse-re proteso, di essere in tensione verso l’altra ri-va, gli manca qualcosa: finirà corrotto. Per lui,la vita cristiana sarà una dottrina filosofica, lavivrà così, lui dirà che è fede ma senza speran-za non lo è». Il Pontefice ha notato, poi, co-me sia «difficile capire la speranza». Se parlia-mo della fede, ci riferiamo alla «fede in Dioche ci ha creato, in Gesù che ci ha redento, erecitare il Credo e sappiamo cose concrete del-la fede»; anche per la carità si sa che riguardail «fare del bene al prossimo, agli altri». Ma lasperanza è difficile comprenderla: «È la piùumile delle virtù» che «soltanto i poveri pos-sono avere. E noi vogliamo essere uomini edonne di speranza, dobbiamo essere poveri,poveri, non attaccati a niente». Perché «unavirtù che si lavora — diciamo così — tutti igiorni: tutti i giorni bisogna riprenderla, tutti igiorni bisogna prendere la corda e vedere chel’ancora sia fissa là e io la tengo in mano; tuttii giorni è necessario ricordare che abbiamo lacaparra, che è lo Spirito che lavora in noi conpiccole cose». Per far capire come vivere lasperanza, il Papa ha fatto poi riferimentoall’insegnamento di Gesù nel brano del Vange-lo di (Luca 13, 18-21) quando paragona il re-gno di Dio al granello di senape. «Aspettiamoche cresca», non andiamo tutti i giorni a vede-re come va, perché altrimenti «non cresceràmai», ha evidenziato Francesco riferendosi alla«pazienza» perché, come dice Paolo, «la spe-ranza ha bisogno di pazienza». È «la pazienzadi sapere che noi seminiamo, ma è Dio a darela crescita. La speranza è artigianale, piccola»,è «seminare un grano e lasciare che sia la terraa dare la crescita». Per parlare della speranza,Gesù, nel brano del Vangelo commentato dalPapa, usa anche l’immagine del «lievito» cheuna donna prese e mescolò in tre misure di fa-rina. Un lievito non tenuto in frigo ma «impa-stato nella vita... Per questo, la speranza è unavirtù che non si vede: lavora da sotto; ci fa an-dare a guardare da sotto. Non è facile viverein speranza, ma io direi che dovrebbe esserel’aria che respira un cristiano, aria di speranza;al contrario, non potrà camminare, non potràandare avanti perché non saprà dove andare»,ha concluso il Pontefice. (debora donnini)

Le omeliedel Pontefice

Natalia Baykalova«La speranza» (particolare)

#santamarta

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Leggendo gli Atti degli Apostoli si vede comelo Spirito Santo è il protagonista della missio-ne della Chiesa: è Lui che guida il camminodegli evangelizzatori mostrando loro la via das e g u i re .

Questo lo vediamo chiaramente nel momen-to in cui l’apostolo Paolo, giunto a Troade, ri-ceve una visione. Un Macedone lo supplica:«Vieni in Macedonia e aiutaci!» (At 16, 9). Ilpopolo della Macedonia del Nord è fiero diquesto, è tanto fiero di aver chiamato Paoloperché fosse Paolo ad annunziare Gesù Cristo.Ricordo tanto quel bel popolo che mi ha ac-colto con tanto calore: che conservino questafede che Paolo ha predicato loro! L’Ap ostolonon ha esitato e parte per la Macedonia, sicu-ro che è proprio Dio ad inviarlo, e approda aFilippi, «colonia romana» (At 16, 12) sulla viaEgnatia, per predicare il Vangelo. Paolo si fer-ma lì per più giorni. Tre sono gli avvenimentiche caratterizzano il suo soggiorno a Filippi,in questi tre giorni: tre avvenimenti importan-ti. 1) L’evangelizzazione e il battesimo di Lidiae della sua famiglia; 2) l’arresto che subisce,insieme a Sila, dopo aver esorcizzato unaschiava sfruttata dai suoi padroni; 3) la conver-sione e il battesimo del suo carceriere e dellasua famiglia. Vediamo questi tre episodi nellavita di Paolo.

La potenza del Vangelo si indirizza, anzitut-to, alle donne di Filippi, in particolare a Lidia,commerciante di porpora, della città di Tiati-ra, una credente in Dio a cui il Signore apre ilcuore «per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). Lidia, infatti, accoglie Cristo, riceve il Bat-tesimo insieme alla sua famiglia e accogliequelli che sono di Cristo, ospitando Paolo e Silanella sua casa. Abbiamo qui la testimonianzadell’approdo del cristianesimo in Europa: l’ini-zio di un processo di inculturazione che duraanche oggi. È entrato dalla Macedonia.

Dopo il calore sperimentato a casa di Lidia,Paolo e Sila si trovano poi a fare i conti con ladurezza del carcere: passano dalla consolazio-ne di questa conversione di Lidia e della sua

famiglia, alla desolazione del carcere, dovevengono gettati per aver liberato nel nome diGesù «una schiava che aveva uno spirito di di-vinazione» e «procurava molto guadagno aisuoi padroni» con il mestiere di indovina (At16, 16). I suoi padroni guadagnavano tanto equesta povera schiava faceva questo che fannole indovine: ti indovinava il futuro, ti leggevale mani — come dice la canzone, “prendi que-sta mano, zingara” — e per questo la gente pa-gava. Anche oggi, cari fratelli e sorelle, c’ègente che paga per questo. Io ricordo nellamia diocesi, in un parco molto grande, c’eranopiù di 60 tavolini dove seduti c’erano gli indo-vini e le indovine, che ti leggevano la mano ela gente credeva queste cose! E pagava. E que-sto succedeva anche al tempo di San Paolo. Isuoi padroni, per ritorsione, denunciano Paoloe conducono gli Apostoli davanti ai magistraticon l’accusa di disordine pubblico.

Ma cosa succede? Paolo è in carcere e du-rante la prigionia accade però un fatto sor-prendente. È in desolazione, ma invece di la-mentarsi, Paolo e Sila intonano una lode aDio e questa lode sprigiona una potenza che lilibera: durante la preghiera un terremoto scuo-te le fondamenta della prigione, si aprono leporte e cadono le catene di tutti (cfr. At 16, 25-26). Come la preghiera della Pentecoste, anchequella fatta in carcere provoca effetti prodigio-

Cuore ospitalee fede audace

Al l ’udienzag e n e ra l e

il Papa indicaai fedeli l’esempio

della primacomunità cristiana

#catechesi

«Un cuore aperto, sensibilea Dio e ospitale versoi fratelli, come quellodi Lidia, una fede audace,come quella di Paoloe di Sila, e ancheun’apertura di cuore, comequella del carceriereche si lascia toccare dalloSpirito Santo»: è l’idealeproposto dal Papa ai fedelipresenti in piazza SanPietro per l’udienzagenerale di mercoledì 30ottobre. Proseguendole catechesi sugli Atti degliapostoli il Pontefice hacommentato il passo16, 9-10, che raccontacome la fede cristianaapproda in Europaa seguito della visionedi san Paolo cui apparein sogno un macedone.

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La Gran Bretagna ha restituito all’Argentina lastatua della Vergine di Luján che si trovava alleFalkland-Malvinas nel 1982 durante la guerra e cheera stata collocata nella cattedrale castrensebritannica di San Michele e San Giorgio adAldershot, vicino Londra. A sua volta, l’A rg e n t i n aha donato una copia dell’immagine mariana allaGran Bretagna. Un gesto di riconciliazione e diamicizia suggellato dalla benedizione di PapaFrancesco durante l’udienza generale. L’iniziativa èstata resa possibile dall’impegno dei due ordinarimilitari: i vescovi Paul James Mason per la GranBretagna e Santiago Olivera per l’Argentina. «È ungesto semplice, simbolico, di fraternità ma ha ungrande valore storico per i nostri popoli» spiegano.L’immagine della Vergine di Luján si trovava nelleMalvinas ed era stata posta in diverse chiese,proprio perché molto cara ai soldati, e in particolarenel cimitero militare. Ma poi se ne erano perse letracce. In realtà era stato il cappellano militarebritannico padre Alfred Height, presenteall’udienza, a portarla nel Regno Unito dopo averchiesto l’autorizzazione. Di recente è stataricostruita la storia della statua, che farà finalmenterientro in terra argentina il 3 novembre e verràsubito portata in pellegrinaggio in alcuni luoghisimbolici. «Appena mi è stata segnalata questavicenda mi sono dato da fare con passione perriportare l’immagine della Vergine patrona

Un gesto di riconciliazione

si. Il carceriere, credendo che i prigionieri sia-no fuggiti, stava per suicidarsi, perché i carce-rieri pagavano con la propria vita se fuggivaun prigioniero; ma Paolo gli grida: «Siamotutti qui!» (At 16, 27-28). Quello allora do-manda: «Che cosa devo fare per essere salva-to?» (v. 30). La risposta è: «Credi nel SignoreGesù e sarai salvato tu e la tua famiglia» (v.31). A questo punto accade il cambiamento:nel cuore della notte, il carceriere ascolta laparola del Signore insieme alla sua famiglia,accoglie gli apostoli, ne lava le piaghe — p er-ché erano stati bastonati — e insieme ai suoi ri-ceve il Battesimo; poi, «pieno di gioia insiemea tutti i suoi per avere creduto in Dio» (v. 34),imbandisce la mensa e invita Paolo e Sila a re-stare con loro: il momento della consolazione!

Nel cuore della notte di questo anonimo car-ceriere, la luce di Cristo brilla e sconfigge letenebre: le catene del cuore cadono e sbocciain lui e nei suoi familiari una gioia mai prova-ta. Così lo Spirito Santo sta facendo la missio-ne: dall’inizio, da Pentecoste in poi è Lui ilprotagonista della missione. E ci porta avanti,occorre essere fedeli alla vocazione che lo Spi-rito ci muove a fare. Per portare il Vangelo.

Chiediamo anche noi oggi allo Spirito San-to un cuore aperto, sensibile a Dio e ospitaleverso i fratelli, come quello di Lidia, e una fe-de audace, come quella di Paolo e di Sila, eanche un’apertura di cuore, come quella delcarceriere che si lascia toccare dallo SpiritoSanto.

dell’Argentina tra la sua gente» confida il vescovocastrense britannico. «In segno di gratitudineabbiamo donato, in cambio, ai nostri amicibritannici una copia della statua mariana proprioper tenere saldi i nostri legami nella fede» gli fa ecoil suo omologo argentino. Con particolare affetto ilPapa ha accolto le persone malate e con disabilità.Tra questi un bimbo polacco di cinque anni alquale, spiega la mamma Anna, «a gennaio è statodiagnosticato un tumore al cervello non operabile esenza possibilità di cure se non palliative». Asostenere la famiglia c’è la comunità dell’asilo dellesuore dell’Immacolata Concezione di via Zaruby, aVarsavia. Il piccolo, nato il 27 aprile 2014, giornodella beatificazione di Giovanni Paolo II, hafortemente voluto questo incontro: gli era stataproposta una gita a Disneyland, per distrarsi, ma luiha chiesto di poter incontrare il Papa. «Nonostantetutto non perdiamo la speranza, anche perchécrediamo nella forza della preghiera» dice lamamma. Di grande significato il dono di duebonsai a Francesco nella prospettiva del suo attesoviaggio apostolico in Giappone, a novembre.«Hanno 150 anni» spiega Junichi Moritaka che,insieme a padre John Taniguchi, ha presentato ildono al Pontefice. «Nel 2003 — ricorda — avevamogià offerto a Giovanni Paolo II venti piccoli alberidi ciliegio di due varietà particolari che oggi sonosplendidamente fioriti nei Giardini Vaticani».

#catechesi

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di ENZOBIANCHI

GDio dei viventinon dei morti!

10 novembreXXXII domenica

del Tempoo rd i n a r i o

Luca 20, 27-38

Peter Paul Rubens«Il grande giudizio finale»(1614-1617, particolare)

iunti quasi al termine della lectio cursiva delvangelo secondo Luca prevista dall’annata li-turgica C, oggi ascoltiamo un brano evangeli-co che riguarda la morte, tema decisivo e ine-vitabile per tutti gli umani, quindi anche per idiscepoli di Gesù.

Gesù è ormai entrato nella città santa diGerusalemme (cfr Lc 19, 28-38) e nei suoi ulti-mi giorni durante la sua predicazione è inter-rogato da quelli che lo ascoltano. Nel nostrotesto è il caso di alcuni appartenenti al movi-mento dei sadducei, una porzione del popolodi Israele essenzialmente clericale, legata al sa-cerdozio. Profondamente conservatori e tradi-zionalisti, essi praticavano una lettura fonda-mentalista delle Scritture sante, tra le qualiprivilegiavano la To ra h (il Pentateuco), mentrenon consideravano rivelativi i profeti e gliscritti sapienziali. E proprio perché nella To -ra h , mediante una sua interpretazione letterale,non si trova la resurrezione dei morti quale ve-rità da credere, i sadducei la rigettavano, a dif-ferenza dei farisei e degli esseni, che invece laprofessavano come destino ultimo dei giusti.

Per mostrare l’assurdità di tale fede nella re-surrezione del corpo dalla morte, questi sad-ducei pongono a Gesù un esempio ridicolo eassurdo, che pare demolire la convinzione cheanche Gesù e i suoi discepoli condividevanocon gli altri figli di Israele. Essi fanno ricorsoalla legge del levirato, presente nella Torah (cfrDt 25, 5-10), che autorizzava un uomo a spo-sare la cognata rimasta vedova e senza figli.Lo scopo di questa normativa è evidente: ai fi-gli che nasceranno sarà imposto il nome dellafamiglia del padre, sicché la discendenza saràassicurata al fratello defunto. In base a talelegge — dicono i sadducei — una donna diven-ta moglie di sette fratelli, perché questi muoio-no uno dopo l’altro. «Da ultimo — concludo-no — morì anche la donna. Alla resurrezione,dunque, di chi sarà moglie? Poiché tutti e set-te l’hanno avuta in moglie».

È buona cosa sapere che al tempo di Gesùera dominante una concezione materiale delRegno messianico e delle realtà a esso connes-se, perciò si credeva che la resurrezione avreb-be permesso ai morti del passato di prendereparte al Regno per essere giudicati e ritrovarenella beatitudine una fecondità straordinaria.Affermava, per esempio, rabbi Gamaliele:

«Verrà un tempo in cui la donna partoriràogni giorno una volta». La resurrezione erapensata come rianimazione del cadavere, ritor-no alla vita corporea precedente: una conce-zione a dir poco enigmatica, che aprirebbe nu-merosi problemi...

Guardando a questo intervento dei saddu-cei, non possiamo non denunciare il cinismodi molti uomini religiosi anche nella chiesa dioggi: per loro non esiste innanzitutto la soffe-renza umana ma piuttosto la lettura della real-tà attraverso una casistica teologica o morale...Non sentono il peso spesso insopportabile deldolore umano, ma a loro interessa innanzituttola “dottrina”, e di conseguenza misurano tuttocon l’appello alla legge. Ma chi non conoscela compassione può essere un buon teologo?Può essere uno che ha una parola per l’umani-tà sofferente e peccatrice? No, è solo uno cheparla di Dio per mestiere, senza la passioneper chi fatica tanto a vivere!

Gesù invece risponde con autorevolezza,interpretando diversamente l’idea della resur-rezione: egli rivela che questo mondo passa eche la novità del regno dei cieli non conterràpiù la necessità inscritta nella vita biologica diuomini e donne. Per Gesù, tra questo mondoe il mondo che viene c’è un contrasto radica-le, non perché questa terra e questo cielo deb-bano essere distrutti e tornare al nulla, ma nelsenso che l’assetto e la necessitas inscritti in es-si non saranno più presenti. Il mondo cheviene è una realtà altra da quella che cono-sciamo: vi entreranno quanti, in base al giudi-zio universale da parte di Dio (cfr Mt 25, 31-46), saranno ritenuti degni, i “benedetti dalPa d re ” (Mt 25, 34). Il giudizio provocheràuna crisi e una cernita: quelli che sulla terrahanno vissuto secondo la volontà di Dio — laconoscessero o meno —, prenderanno parte alRegno. Su quelli che invece hanno contrad-detto questa volontà che è l’amore, nient’a l t roche l’amore verso gli altri, ovvero sui “male-detti” (Mt 25, 41), non c’è alcuna parola nelvangelo secondo Luca: su di loro un silenziototale, come se non fossero degni di essererialzati dal nulla della morte... Ecco come Ge-sù alza il velo sulla realtà dell’altro mondo,nella quale vi sarà una ri-creazione inimmagi-nabile, una trasfigurazione radicale che pos-siamo solo intravedere pensando agli angeli,

#meditazione

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ai messaggeri di Dio, creature non mortali,non corruttibili. Gesù aggiunge inoltre chenel Regno cesserà ogni attività di prosecuzio-ne della specie, dunque ogni attività sessuale,perché non si morirà più. Confessiamo one-stamente che su questa realtà che non cono-sciamo e che ci è annunciata in modo allusivonon sappiamo dire, non sappiamo immagina-re. A noi dovrebbe bastare l’essere convintiche la realtà dopo la resurrezione della carnesarà comunione con Dio e con tutti gli umani

polo la conoscenza di Dio (cfr Os 4, 6)! Edecco, nelle parole conclusive di Gesù, la corre-zione di questa non-conoscenza: «Che poi imorti risorgano, lo ha indicato anche Mosè aproposito del roveto, quando dice: “Il Signoreè il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio diGiacobb e” (Es 3, 6). Dio non è dei morti, madei viventi; perché in lui tutti vivono». Secon-do Gesù la resurrezione è già testimoniata dal-la To ra h , anche se i sadducei non sanno discer-nerla all’interno delle sante Scritture: i padri

e che in questa comunione nulla andrà perdu-to dell’amore che abbiamo vissuto, amando eaccettando di essere amati. Questo ci dovreb-be bastare: un’eterna comunione d’amore, unacondizione in cui non ci saranno più il pian-to, il lutto, la separazione, il dolore, la morte(cfr Is 25, 16; Ap 7, 17; 21, 4), perché saremo«figli di Dio».

Di fronte alla realtà crudele della morte,l’annuncio della resurrezione è il non evidente,il non credibile per eccellenza, ma proprioquesto è il nucleo della fede cristiana: fede inprimo luogo nella resurrezione di Gesù Cristo,il Signore, e di tutti i credenti in lui. Come hapredicato l’Apostolo Paolo, se Cristo non è ri-sorto dai morti vana è la fede cristiana, e senon c’è resurrezione dei morti neanche Cristoallora ha vinto la morte, neanche lui è viventeper sempre (cfr 1 Cor 15, 12-17).

Quanto alle parole di Gesù: «I figli di que-sto mondo prendono moglie e prendono mari-to, ma quelli che sono giudicati degni della vi-ta futura e della risurrezione dai morti, nonprendono né moglie né marito», non possiamodimenticare che per secoli sono state lette co-me un invito a vivere già qui il celibato per ilRegno. Né dimentichiamo che, proprio a par-tire da quest’affermazione, i monaci hannoparlato del proprio stato come della “vita an-gelica”. Oggi invece leggiamo tali parole conun’ermeneutica diversa, non ritenendole piùun fondamento alla condizione del celibatoper il Regno. Sappiamo infatti che Gesù siserviva delle immagini della sua cultura, com-prensibili al suo uditorio, per porre l’accentosull’annuncio della resurrezione della carnequale speranza per i suoi discepoli.

Ma a mio avviso il punto teologico e rivela-tivo culminante di questa discussione con isadducei sta in un’affermazione di Gesù conte-nuta nel brano parallelo di Marco e di Mat-teo: «Voi vi ingannate, perché non conoscetele Scritture né la potenza di Dio» (Mc 12, 24;Mt 22, 29), quella dýnamis che può operare,creare e ri-creare... Accusa terribile, rivolta aquei sacerdoti ai quali competeva dare al po-

della nostra fede hanno vissuto per Dio, e laloro fede ha fatto sì che siano viventi in Dio,oltre la morte. Perché l’alleanza tra Dio e ilsuo popolo, tra Dio e gli umani tutti, è taleche nulla e nessuno potrà romperla: non certola morte, perché egli è fedele e nella morte sipresenta a noi con le braccia aperte, in attesadi prenderci con sé come figli e figlie amatiper sempre.

Ecco l’ignoranza dei sadducei, la loro inca-pacità di leggere le parole dette da Dio a Mo-sè, dunque la loro non fede nella potenza diDio. I credenti invece sono convinti che, es-sendo in alleanza con Dio, quando muoionovivono per Dio e in Dio, perché Dio è fedelee non viene mai meno alla sua promessa e allasua alleanza. Siamo posti di fronte al grandemistero dell’esodo pasquale: moriamo a questomondo per essere rialzati mediante una trasfi-gurazione della nostra intera persona, spirito ecorpo, alla vita in Cristo, nel Regno eternodell’a m o re .

Questa pagina evangelica non è solo testi-monianza e confessione della resurrezione daparte di Gesù, ma contiene domande per noioggi. Quali sono le ragioni per cui ci diciamocristiani e viviamo? Crediamo veramente chela morte non sia l’ultima parola su ciascuno dinoi e che le ragioni per cui viviamo fino a do-nare la vita sono ragioni di fede e di speranzanella resurrezione, la quale non sarà prolunga-mento, continuità della nostra vita terrestre,ma continuità del nostro amore vissuto comeuomini e donne dotati della grazia del Signo-re? Crediamo veramente che l’amore di Dioper noi va oltre la morte? Crediamo concreta-mente che la morte è evento pasquale, eventoche dobbiamo vivere e attraversare per amarefino all’estremo (cfr Gv 13, 1) e per credere inDio radicalmente, totalmente, facendo dellanostra morte un atto di consegna della vitaa lui che ce l’ha donata? Oggi la crisi della fe-de che attraversa la chiesa è innanzitutto de-bolezza della fede nella resurrezione, nella vitaeterna.

#meditazione

«Vita di Cristo (Luca 20, 28)»,miniatura di Cristoforo de Predis(secolo X V, Torino, Biblioteca giàre a l e )

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Rivolgo un pensiero specialeal caro popolo libanese,

in particolare ai giovani,che nei giorni scorsi hanno

fatto sentire il loro gridodi fronte alle sfide

e ai problemi sociali, moralied economici del Paese.Esorto tutti a ricercare

le giuste soluzioni nella viadel dialogo, e prego

la Vergine Maria, Reginadel Libano, affinché, con

il sostegno della comunitàinternazionale, quel Paese

continui ad essere unospazio di convivenza pacifica

e di rispetto della dignitàe libertà di ogni persona,

a beneficio di tuttala Regione mediorientale,

che soffre tanto.

Dopo-Angelus, 27 ottobre

#controcopertina

Il mio pensiero va all’amatoIraq, dove le manifestazionidi protesta avvenute durantequesto mese hanno causatonumerosi morti e feriti. Mentreesprimo cordoglioper le vittime e vicinanza alleloro famiglie e ai feriti, invitole Autorità ad ascoltareil grido della popolazione chechiede una vita degnae tranquilla. Esorto tutti gliiracheni, con il sostegno dellacomunità internazionale,a percorrere la via del dialogoe della riconciliazione e acercare le giuste soluzioni allesfide e ai problemi del Paese.Prego affinché quel popolomartoriato possa trovare pacee stabilità dopo tanti anni diguerra e di violenza, dove hasofferto tanto.

Udienza generale, 30 ottobre