concerto stefano 27 settembre 2008 dorno completo · ♦ Selezione e promozione dei migliori...

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Stefano Ligoratti Stefano Ligoratti Stefano Ligoratti Pianoforte COMUNE DI DORNO Assessorato alla Cultura “Classica a Dorno” presenta “il pianoforte dà spettacolo” Sabato 27 settembre 2008 - ore 21 Sala Polivalente “Walter Damiani”

Transcript of concerto stefano 27 settembre 2008 dorno completo · ♦ Selezione e promozione dei migliori...

Stefano LigorattiStefano LigorattiStefano Ligoratti Pianoforte

COMUNE DI DORNO Assessorato alla Cultura

“Classica a Dorno”

presenta

“il pianoforte dà spettacolo” Sabato 27 settembre 2008 - ore 21 Sala Polivalente “Walter Damiani”

cÜÉzÜtÅÅt

F. Liszt (1811-1886) Fantasia e fuga sul nome B-A-C-H

F. Liszt (1811-1886) Dai "6 Grandi Studi da Paganini di Liszt" (1840): - studio n. 5 in mi maggiore, detto "La caccia" - studio n. 6 in la minore, detto "Tema con variazioni", dall'ultimo capriccio

C. Debussy (1862-1918)

Dai: "12 Études" pour piano, I Livre: Étude n. 2 (1915) - "Pour les tierces"

A. Skrjabin (1872-1915)

Dai "12 Studi op. 8" (1894): - Studio n. 2 - Studio n. 12 "Patetico", in re # minore

\ÇàxÜätÄÄÉ fxvÉÇwÉ gxÅÑÉ

M. Ravel (1875-1937) Sonatine (1905) , nei tempi. - Modèré (doux et expressif) - Mouvement de menuet - Animé

C. Debussy (1862-1918)

Dalla "Suite Bergamasque (1905)": - Clair de lune

C. Debussy (1862-1918)

"Pour le piano" (1901), nei tempi: - Prélude - Sarabande - Toccata

cÜ|ÅÉ gxÅÑÉ

Che cos’è “Classica Viva”

ClassicaViva ® è la divisione Editoriale di New Problem Solving S.r.l. (Dorno, PV), una nuova Casa Editrice, nata da poco con obiettivi di alto profilo.

E’ il punto di riferimento per chi ama la musica classica. Con il legittimo orgoglio del “made in I-taly” valorizza la grande musica italiana ed i musicisti italiani sia in patria che all’estero. Si pone quindi come polo culturale di elevata qualità, ma accessibile e non elitario, per il rilancio della grande musica presso il pubblico, attraendo anche chi non ha mai frequentato finora sale da concerto o com-prato un CD di classica. Diffonde la cultura musicale tra i giovani, con un'opera di divulgazione in collaborazione con le scuole di ogni ordine e grado. Strutturatasi come Network, Classica Viva si avva-le delle nuove tecnologie per far vivere la grande musica, sfrutta il nuovo per diffondere e divulgare una grande tradizione storica. La Casa Editrice è nata nel 2004 con l’obiettivo di scoprire e valorizzare talenti musicali italiani, sia compositori che interpreti, fornendo opportunità di lancio professionale e di lavoro a giovani musicisti e autori.

Il progetto di Classica Viva, profondamente e completamente innovativo, riunisce in un’unica filiera produttiva l’intero processo di selezione di nuovi autori ed interpreti, produzione, pubblicazione, pro-mozione e vendita di musica classica.

In pratica, Classica Viva, soprattutto per mezzo del proprio sito internet www.classicaviva.com, che vende direttamente musica in formato digitale in tutto il mondo con tecnologie di e-commerce, svolge le seguenti attività:

♦ Selezione e promozione dei migliori musicisti italiani per mezzo della propria Agenzia artisti-ca.

♦ Incisione di nuovo repertorio classico, principalmente pianistico, ma anche cameristico, affidato soprattutto a nuovi grandissimi talenti. Le incisioni vengono vendute sia nella forma tradizionale di CD che, in formato MP3, nel catalogo on-line del proprio sito Internet www.classicaviva.com.

♦ Pubblicazione di nuove composizioni musicali, vendendo gli spartiti e le partiture direttamente sul proprio catalogo on-line.

♦ Pubblicazione di libri, saggi e dispense di argomento musicale, in formato elettronico E-book, sempre direttamente dal proprio catalogo on-line.

♦ Organizzazione di recital e concerti dal vivo dei propri artisti, proponendo tali eventi nel pro-prio catalogo on-line ed organizzandoli "chiavi in mano" per Enti, associazioni e comunità locali.

♦ Classica Viva ha dato vita anche a una propria Orchestra sinfonica, che viene proposta per i concerti con vari programmi già strutturati, soprattutto del tipo "concerto con solista e orchestra".

♦ Classica Viva registra in un proprio studio interamente creato a questo scopo, dotato di nuo-vissime e sofisticate apparecchiature digitali e con un ambiente acustico progettato e modellato “ad hoc” dall'Ing. Mario Murace, fondatore e CEO di Chario Loudspeakers, i cui monitor equipaggia-no la sala regia. Lo studio è dotato in permanenza di un magnifico pianoforte a coda Yamaha C7. Lo staff tecnico che si occupa delle registrazioni è composto da giovani musicisti ed esperti infor-matici, all'avanguardia nell'utilizzo di tutte le più moderne tecnologie. Il Tone Meister è il Maestro Stefano Ligoratti.

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Si tratta di in programma particolarmente spettacolare e virtuosistico, come suggerito dal titolo. La prima parte è dominata dal brano di F. Liszt, forse troppo poco eseguito al pianoforte, "Preludio e Fuga sul nome di B.A.C.H.". Si tratta della trascrizione pianistica del medesi-mo pezzo, originariamente concepito da Liszt per l'organo. E' musica splendida, scintillante, avvincente, che non manca di incantare il pubbli-co e rende piena giustizia al talento compositivo di Liszt, davvero inno-vativo e travolgente. Seguono due famosi studi di Liszt, dagli Studi di Paganini: il primo, denominato "La caccia", e il secondo, con lo stesso tema, oggetto delle famose variazioni di Brahms. Il primo tempo prosegue con uno splendido e arduo studio di Debussy, e si conclude con due famosi studi di Alexander Skrjabin, tra i quali il celeberrimo "Studio Patetico". Il secondo tempo è interamente dedicato alla musica francese di tipo "Impressionistico", e precisamente ai contemporanei Debussy e Ravel. Si inizia con la "Sonatine" di M. Ravel, pubblicata nel 1905, stupendo e celebre brano solidamente strutturato secondo i parametri classici, e lon-tano dalla poetica impressionista e simbolista, articolato nei tempi "Modéré (doux et expressif)" - "Mouvement de menuet" - "Animé". A Ravel segue poi, con improvviso cambiamento di atmosfera, il "Clair de lune", tratto dalla "Suite Bergamasque", un'opera del 1905, forse il brano più conosciuto di Debussy. Il brano che chiude il concerto, la Suite "Pour le piano", pubblicata nel 1901, e articolata nei movimenti "Prélude, "Sarabande", "Toccata", rap-presenta uno dei brani più virtuosistici dell'intero repertorio di Debussy.

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Note sul programma presentato

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Gli autori: Franz Liszt

Franz Listz Nato a Raiding nel 1811, si affermò come il più grande pianista del suo tempo, grazie ad un virtuosismo senza con-fronti.

Studiò a Vienna con Antonio Salieri e Carl Czerny, e si trasferì giovanissimo a Parigi, dove iniziò una sfolgorante carriera di virtuoso e composi-tore, conducendo al contempo una vita mondana, sentimenta-le e culturale assai movimen-tata (fu amico di Chopin, Pa-ganini, Berlioz).

Si esibì con successo anche come direttore d'orchestra di

opere sinfoniche e teatrali. Dopo una vita avventurosa che lo vide al centro del bel mondo europeo, si diede ad una vita consacrata: prese gli ordini minori e divenne abate. Nel marzo del 1886 iniziò un giro in varie capitali, per assistere a concerti celebrativi dei suoi 75 anni. Nel luglio 1886, recatosi a Bayreuth per le rappresentazioni wagneriane, morì di polmonite.

Liszt portò il pianoforte ad altezze di virtuosismo vertiginoso, in parti-colare nelle Rapsodie ungheresi, negli album, ne “Les Annèes du Péele-rinage”, negli Studi Trascendentali, ecc.. Con la produzione per orche-stra - 12 poemi sinfonici, fra cui i Preludi, le sinfonie Faust e Dante,... - ebbe un forte influsso sulla musica sinfonica del secondo '800, amplian-

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done le risorse armoniche e coloristiche. Dell'ultimo periodo sono mes-se, salmi, oratori.

Tanta ampia e poliedrica produzione era dominata da un'assoluta libertà nei confronti degli schemi tradizionali, da una disinvolta indipendenza dalle convenzioni che lo portò ad assimilare immedia-tamente i tratti di un'epoca e i segni della attualità, ma anche a riunire insieme gli atteggiamenti più disparati e contraddittori: il pianista brillante e mondano e il compositore meditativo di musica religiosa, la rivisitazione di Bach e del contrap-punto arcaico e l'esuberanza espressiva del poema sinfonico. Tale libertà lo accomunò all'altro gran-de esponente del pianismo romantico: Chopin, rispetto al quale, tuttavia, si colloca stilisticamen-te al polo opposto.

Se il pianismo di Chopin ricerca l'intimità del salotto, le forme brevi e la perfezione del cesello, quello di Liszt presuppone invece il grande pub-blico e la dimensione spettacolare dell'esibizione virtuosistica; Liszt pre-dilesse le sonorità irruenti, i grossi contrasti, le forme ampie che diano spazio all'improvvisazione acrobatica. I lavori di Listzt su musiche altrui, che si tratti di parafrasi (opere di ela-borazione costruite su temi altrui) o trascrizioni (adattamenti alla tastiera del pianoforte di opere concepite per altri strumenti), sono varie centi-naia: solo le trascrizioni per pianoforte ammontano a circa duecento tito-li. E’ facile sbarazzarsi di questa produzione affermando che Liszt aderi-va alla moda del suo tempo e che si tratta di opere poco significative. Liszt era un compositore geniale, ovunque mettesse le mani, anche se la quantità talvolta non rispecchia la qualità, e talvolta si possono riscon-

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Nel settembre 2007 ha partecipato al Festival Internazionale "MITO", sia a Milano che a Torino, con un concerto pianistico de-dicato ai bambini, "Children's Corner".

Direttore Artistico del Network musicale "Classica Viva", incide in esclusiva per l'omonima etichetta discografica: il suo primo Cd, "Variazioni... e dintorni", è stato pubblicato nel gennaio 2007 (è in vendita sul catalogo di Classicaviva, http://lnx.classicaviva.com/catalog)

L’interprete

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polifonici, cosi' come anche la sua spiccata fantasia musicale, ricca di colori "sinfonici", mostrata nell'interpretazione de "La Vallee d'Ober-mann" di Franz Liszt. Si assegna tale Premio con l'augurio di una carrie-ra ricca di successi."

In particolare ha tenuto diversi recital per l'Associazione musicale "ClassicaViva", sia a Milano, nel corso della stagione 2002-2003, che in Lombardia, come pianista solista, organista, Direttore, pianista di musi-ca da camera. Recentemente si è esibito come solista presso il Conserva-torio di Milano, nel chiostro, durante la stagione estiva, e poi per la So-cietà dei Concerti. Il debutto in qualità di solista con orchestra è avvenu-to nel 2005, al Teatro Alfieri di Asti, con il concerto di Mozart per pia-noforte e orchestra K 595, diretto da Marlaena Kessick, in un concerto di beneficenza per l'Unicef.

Nel dicembre 2005 si è esibito con grande successo come solista ad Alassio, accompagnato dall'Orchestra di "Classica Viva", eseguendo il Concerto di Mozart K 595, e subito dopo il Concerto di Schumann in la min,. (link alla recensione on-line: http://www.classicaviva.net/recconcligorattialassio.htm)

Il 29 aprile 2006 ha diretto l'Orchestra di Classica Viva a Gazzuolo (MN), presentando la prima assoluta del Concerto per pianoforte e flauto di S. Calligaris (pianista Stefania Mormone e flautista Stefa-no Maffizzoni).

Il 5 maggio 2005 si è esibito come pianista solista in un importante Gala per la Società dei Concerti, nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano.

L'8 luglio 2007, a Cantù (CO), ha diretto l'Orchestra di Classica Vi-va in un importante concerto sinfonico con grande organico e coro, nel corso del quale ha anche eseguito come solista il Concerto per pianoforte di Schumann, dirigendosi da solo.

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Gli autori: Claude Debussy

trare cadute di gusto e di livello. Ma in queste opere si può trovare il culmine del pianismo di Liszt, della sua arte di trasformista, il massimo sfruttamento dei mezzi tecnici e delle ricerche timbriche.

L’obiettivo di Liszt era soprattutto quello di diffondere musiche ed auto-ri allora poco ascoltati, con la fierezza del grande pianista, convinto che il pianoforte potesse ricreare qualunque brano musicale sulla tastiera, dalle opere organistiche alle grandi sinfonie.

Claude Debussy (1862-1918)

Alcuni musicologi definisco-no Claude Achille Debussy un musicista "impressioni-sta", avvicinando con questa definizione la sua musica ai quadri della scuola di Degas, Monet o Renoir, e al con-temporaneo e raffinato stile "art nouveau". Altri parlano di lui come di un Simbolista, per il suo modo di usare i suoni per produrre sensazio-ni allo stesso modo in cui alcuni poeti simbolisti, come Baudelaire e Verlaine, usa-vano le parole e le frasi.

In ogni caso, il magico pote-re evocativo e di suggestione

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della sua musica è universalmente riconosciuto. Così, Debussy scrisse per pianoforte come nessuno, prima di lui, aveva osato sognare: trasse ispirazione dalle stesse immagini che avevano attratto i pittori impres-sionisti francesi: nuvole, pioggia, vento, luce, ombre... Il risultato fu un nuovo, magico mondo di suoni, che avrebbe ispirato per il futuro diver-se generazioni di musicisti, sia classici sia jazz. L'influenza della sua musica sul 20° secolo è stata enorme, dall'opera pianistica al jazz, per non parlare del suo suo modo di usare l'orchestrazione...

Claude Debussy nacque il 22 agosto del 1862 a St. Germain-en-Laye, in Francia. Fin dall'età di dieci anni, Debussy fu brillante studente del "Conservatorie de musique" di Parigi, presso il quale studiò dal 1872 al 1884. In Conservatorio vinse molti premi come compositore, tra cui il famoso "Prix de Rome", ("Premio di Roma") - nel 1884 - per la sua cantata "L'Enfant prodigue". Ma, in qualità di pianista, pur se molto ap-prezzato dai suoi insegnanti, ebbe anche fama di ribelle, perché usciva con prepotenza dalle regole consuete. Cercava infatti, fin da ragazzo, un nuovo linguaggio musicale.

All'età di diciotto anni, durante le vacanze estive, il giovane Debussy era un pianista ormai alla moda. Così il suo nome, raccomandato dal suo insegnante Antoine Marmontel, giunse alle orecchie della celebre Ba-ronessa Nadezda Von Meck, la protettrice di Ciaikowski. Venne as-sunto per l'estate, con l'incarico di suonare a quattro mani con tutti i membri della famiglia, dare lezioni di piano alla tredicenne Sonia, e far parte di un trio, per far musica per la famiglia. Così, per tre estati, (1880-1882) Debussy assolse questo incarico a Interlaken, Arcachon, Parigi, Nizza, Venezia, Genova, Napoli, Firenze, Roma...

Ma il Conservatorio lo reclamava, così dovette abbandonare la Von Meck (che, scrivendo a Ciaikowsky, lo loda moltissimo e lo definisce come "un essere incantevole"). Dopo i primi, molto promettenti inizi come virtuoso del pianoforte, infatti Debussy, prepotentemente attirato

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Ha studiato il pianoforte con Maria Gloria Ferrari, Riccardo Risaliti, Leo-nardo Leonardi, Daniele Lombardi, Tiziano Poli; l'Organo con Eva Frick Galliera e con Ivana Valotti; il Clavicembalo con Ruggero Laganà e Maria Cecilia Farina; Composizione con Paolo Arcà e Mario Garuti; Direzione d'Orchestra con Julius Kalmar ed Herbert Handt e Daniele Agiman.

Improvvisamente folgorato dalla musica organistica di Bach, ha iniziato privatamente lo studio della musica soltanto a 11 anni, iniziando pratica-mente subito a comporre già da autodidatta, ed è stato ammesso al Conser-vatorio di Milano all’età di 13 anni.

Appassionato compositore, a 14 anni ha fondato un proprio gruppo musi-cale, "L'Ensemble Perpetuum mobile", con il quale, in qualità di Direttore e pianista, si è esibito in numerosi concerti, eseguendo proprie composi-zioni e trascrizioni e un repertorio di musica barocca.

Nell'estate del 2005 ha fondato l'Orchestra sinfonica "Classica Viva", della quale è Direttore stabile o principale.

Dopo il primo concerto organistico, tenuto a Dorno nel 1999, ha affianca-to gli studi in Conservatorio ad una intensa attività concertistica, esibendo-si per importanti enti concertistici sia in Italia che all’estero, nelle vesti di solista (sia come pianista, che come organista e clavicembalista), Direttore d’Orchestra e camerista. Numerosi anche i premi conquistati in Concorsi Nazionali ed Internazionali...

È Organista titolare e Direttore del Coro della Chiesa di Santa Maria Maggiore di Dorno.

Nel settembre 2007 gli è stato conferito il premio speciale S.I.A.E. al Concorso di Castrocaro “XI Rassegna dei migliori diplomati 2006”, con la seguente motivazione: "La sua appassionata esibizione, ricca di intense emozioni ha colpito la Commissione che, senza indugio, ha deciso di assegnargli tale Premio. La splendida esecuzione di un compositore as-sai complesso da proporre quale Johann Sebastian Bach ha rapito il pub-blico per il rigore formale e per la chiarezza timbrica negli intricati giochi

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link alla sua pagina Web sul Network “Classicaviva”: http://www.classicaviva.com/stefanoligoratti.htm

link ai suoi video su youtube: http://www.youtube.com/user/classicaviva

link ai suoi video su myspace: http://www.myspace.com/stefanoligoratti

Stefano Ligoratti, nato a Milano nel 1986, è piani-sta, organista, clavicem-balista, pianista di musica da camera, compositore, Direttore d'Orchestra.

Impossibile? No. La mu-sica è il suo linguaggio, la sua vita. Così sta ultiman-do i suoi studi presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, frequentando contemporaneamente il Biennio di specializzazio-ne in Pianoforte (con Da-niele Lombardi ), il Corso di Direzione d'Orchestra

(con Daniele Agiman) e il Corso superiore di Composizione (con Mario Garuti).

Nel giugno 2006 si è diplomato in Organo e composizione organistica con il massimo dei voti e la lode, nel mese di ottobre 2006 si è diplomato in Pianoforte con il massimo dei voti, la lode e la menzion d'onore. Nello stesso giorno ha conseguito anche, con votazione 10/10, il Compimento Medio di Composizione tradizionale. Il 4 luglio 2007 ha anche conse-guito, a pieni voti, il Diploma di Clavicembalo.

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Gli autori - Claude Debussy

dalla composizione, si dedicò prevalentemente a questa disciplina. Que-sto provocò rimbrotti da parte del suo insegnante di pianoforte ("anche se ha poco interesse per il piano, ama però molto la musica"), e gli ven-ne rimproverato che le sue esecuzioni erano "nervose" e poco fedeli al testo. Ma anche per quanto riguardava lo studio della teoria le cose non erano del tutto facili. Studiò con Albert Lavignac, ne divenne presto anche amico, e, complice la comune grande passione per Wagner, pas-sarono molte serate insieme a leggere e studiare partiture. Ma Debussy era già critico nei confronti dei ritmi troppi rigidi.

Con l'insegnante di armonia, Émile Durand, i rapporti furono ancor più difficili, perché l'allievo non amava le armonizzazioni stereotipate, rigi-de, proposte dal suo insegnante, che era anche l'autore di uno dei trattati di armonia più apprezzati all'epoca, e dichiarò che "l'armonia ha il difet-to di unificare a tal punto la scrittura che tutti i musicisti, tranne poche eccezioni, sembrano armonizzare allo stesso modo". Alla fine dell'anno '80, Debussy venne addirittura radiato dal corso. Entrò quindi a far parte della classe di composizione di Ernest Guiraud, un bravo musicista, amico di Bizet, ammiratore di Wagner, sperimentatore di scale esotiche e autore di un trattato di strumentazione. Nonostante questo, il Maestro era un po' diffidente nei confronti di un allievo, che improvvisava molto al pianoforte, sperimentava in continuazione nuove armonie e nuove concatenazioni di accordi, nuovi modi melodici e nuove sonorità che dovevano riprodurre i rumori della natura e i rumori della città. Guiraud, dedicatario dell'opera "L'enfant prodigue", con la quale Debussy vinse il primo "Prix de Rome", disse di lui: "è intelligente, ma va tenuto a fre-no... "

Il "Premio di Roma", vinto nel 1884, prevedeva una borsa di studio e un soggiorni di tre anni a Villa Medici, a Roma, ed era studiato affinché i giovani musicisti potessero dedicarsi esclusivamente alla composizione. Dal 1885 al marzo '87 Debussy usufruì quindi, ma a malincuore, di que-

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sta opportunità, che allora era considerata di fondamentale importanza. Non fu infatti mol-to felice a Roma, come testimonia il famoso ritratto qui a fianco, fattogli a quei tempi dal pittore Marcel Baschet.

La sua vita privata, intanto, era abbastanza turbolenta. Passò dalla relazione giovanile (a diciannove anni) con la cantante Marie Blan-che Vasnier, affascinante moglie di un amico e protettore di Debussy, ad un periodo molto "bohémien", in cui frequentò poeti e scrittori,

tra cui il suo grande amico Pierre Louys, Stéphane Mallarmé, Paul Valery, Marcel Proust..., nonché salotti letterari e locali di Montmartre e Pigalle. Tra i pochi musicisti suoi coetanei che apprezzò, ci furono Ernest Chausson e ad Erik Satie, e Paul Dukas, suo ex compagno di conservatorio. Si recò a Bayreuth, ad ascoltare il "Tristano e Isotta", da lui definito "la cosa più bella che io conosca, dal punto di vista dell'emo-zione". Durante l'esposizione internazionale del giugno 1889 fu molto colpito dalle ineffabili "sfumature" delle musiche giavanesi e subì il fa-scino dell'esotismo e dell'oriente, che tanto influenzò la sua musica (si vedano, ad esempio, la "Suite pour le piano" oppure molti dei suoi "Préludes").

Convisse con Gaby Dupont dal 1890 al 1897, ma si trattò di un rapporto rovinato dai litigi e dai tradimenti (ebbe, ad esempio, una relazione con Camille Claudel, la famosa scultrice). Nel 1897, trovatagli nelle tasche una lettera d'amore "che non lasciava dubbi", la Dupont tentò di suici-darsi. Ne derivò un grosso scandalo.

Debussy fu tormentato anche da una costante instabilità economica, cui egli però riconobbe un ruolo positivo per la sua attività creativa: "[...] le mie cose migliori [scrisse nel '92 a Poniatowski] sono probabilmente

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volte a vincere il prestigioso premio Prix de Rome, inutilmente.

Ravel fu influenzato dal compositore Claude Debussy, ed entrambi fu-rono definiti come compositori appartenenti al movimento impressioni-sta. Ravel fu influenzato anche da vari stili musicali legati a diverse par-ti del mondo: il jazz americano, la musica asiatica e le canzoni popolari tradizionali di tutta Europa. Nel 1932 fu coinvolto in un incidente d'auto piuttosto grave, a seguito del quale la sua produzione artistica diminuì sensibilmente. A causa di un'atrofia cerebrale, le sue condizioni peggio-rarono inesorabilmente fino al 1937 quando, il 18 dicembre, fu operato alla scatola cranica. Purtroppo l'intervento non ebbe alcun esito ed egli morì dieci giorni più tardi.

Ravel si considerò sotto molti aspetti un classico: egli utilizzò, infatti, tecniche e strutture compositive tipicamente tradizionali per proporre le sue armonie nuove ed innovative. Fu indubbiamente influenzato da De-bussy, ma fu ispirato anche dalla musica russa e spagnola, e dal jazz degli Stati Uniti, come si evince dal movimento intitolato “Blues” della sua sonata per violino e pianoforte.

Maurice Ravel è stato considerato, insieme a Debussy, uno dei due mag-giori musicisti impressionisti francesi, ma in realtà fu molto più di un semplice impressionista: anche imitando lo stile di altri, il carattere tipi-co delle composizioni di Ravel rimane evidente.

Ravel scrisse, nel 1928, che i compositori dovrebbero acquisire la con-sapevolezza di una coscienza individuale e di una coscienza nazionale. In quell’anno, egli visitò gli Stati Uniti e il Canada con il treno, ese-guendo concerti pianistici nelle principali sale da concerto di venticin-que città. Quando il compositore americano George Gershwin lo incon-trò, gli espresse il desiderio di studiare, se possibile, con lui. Ravel ri-spose: "Perché dovresti essere un Ravel di secondo livello quando puoi

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della morte, la morte arrivò, improvvisa, nel 1915, per un foruncolo for-se provocato dalla puntura di un insetto, degenerato in setticemia…

Maurice Ravel Joseph-Maurice Ravel (Ciboure, 7 marzo 1875 – Parigi, 28 dicembre 1937, compositore e pianista fran-cese, è famoso principal-mente per il suo lavoro per orchestra “Boléro”, e per il celebre arrangiamento or-

chestrale, nel 1922, dei Quadri di un'esposizione di Modest Mussorgsky. Egli stesso descrisse il suo Boléro come "una composizione per orche-stra senza musica". Le orchestrazioni di Ravel sono da apprezzare in modo particolare per l'utilizzo delle diverse sonorità e per la complessa strumentazione.

Ravel nacque nei pressi di Biarritz, nella regione Basca francese, ai con-fini con la Spagna; la madre era basca, e il padre un inventore e impren-ditore svizzero.

All'età di sette anni, il giovane Maurice iniziò a studiare il piano, e ini-ziò a comporre cinque o sei anni più tardi. I genitori lo incoraggiarono in quest'attività, e lo mandarono a studiare al Conservatorio di Parigi, dapprima per gli studi generali, ed in seguito come studente di pianofor-te. Durante i suoi studi a Parigi, Ravel incontrò e frequentò numerosi compositori giovani e innovativi, che usavano chiamarsi Apaches per la loro vita sregolata. Studiò musica al conservatorio con Gabriel Fauré per quattordici straordinari anni. In questo periodo, Ravel provò diverse

Gli autori - Maurice Ravel

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dovute all'esistenza penosa che ho condotto finora; è possibile infatti che questa mia vita economicamente incerta sia più consona all'invenzione di quanto non sia l'ammollimento di un'esistenza senza preoccupazioni e la soporifera seta che tesse intorno al cervello il pensiero di un avvenire sicuro."

Nel 1899 si sposò con Rosalie Texier (detta Lilly), nel pieno di una pe-nosa crisi economica. E, finalmente, gi arrise il successo, nel 1901, con la pubblicazione dei "Nocturnes", e nel 1902, con la prima rappresenta-zione dell'Opera "Pelléas et Mélisande". L'Opera venne rappresentata nei teatri di tutto il mondo, e Debussy si dedicò anche all'attività di criti-co musicale.

E, insieme alla prosperità, arrivò una nuova crisi sentimentale: cono-sciuta Emma Bardac, intrecciò una relazione con lei. Chiese il divorzio alla moglie Lilly, ma questa tentò (anche lei! e per ben due volte!) il suicidio, sparandosi un colpo di pistola. Ma sopravvisse. Debussy fuggi quindi con Emma sull'isola di Jersey, nel Canale della Manica (ispiratrice del celebre Preludio "L'Isle Joyeuse"). Finalmente riesce a sposare Emma, nel 1908, e a godere di un periodo di quiete e relativa prosperità, rallegrato dall'adorata figlia Claude-Emma, nata nel 1905, soprannominata ChouChou, cui egli dedicò i suoi famosi "Children's Corners".

Nei suoi ultimi anni egli creò molte composizioni che ebbero grande successo (ad esempio il balletto "Prélude à l'après midi d'un faune", scritto per i "Ballet russes" di Diaghilev, con la coreografia di Nijinsky). Fece anche molte tournées all'estero, esibendosi anche come Direttore. Colpito da un doloroso tumore, morì nel 1818, a cinquantacinque anni.

Caratteristiche della sua opera

Ancor più degli autori romantici, Debussy ruppe con la forma classica. Le sue composizioni si distinguono per una costruzione melodica libera-

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mente ispirata alle musiche orientali (ricorso alla gamma pentatonica e numerose alterazioni). I temi sono sparsi, disseminati, le ricerche armo-niche audaci, le sfumature timbriche infinite e il ritmo sempre comples-so. Le sue opere sono prima di tutto "sensoriali", vogliono far provare all'ascoltatore sensazioni particolari, traducendo in musica immagini e precise impressioni. I titoli evocativi delle sue opere illustrano d'altra parte molto bene questa sua ambizione, anche se sono spesso solo indi-cativi e non Costituiscono un vero e proprio "programma" ("passi sulla neve", "la ragazza dai capelli di lino", "la cattedrale inghiottita".... Egli sostituì, in questo modo, le note ai colori, in modo quasi sinestetico. Ec-co perché viene generalmente qualificato come musicista "impressionista".

Ma la sua principale innovazione consistette nel rifiuto della tradiziona-le "forma sonata", del tipo A-B-A, che, nonostante le variazioni apporta-te da Beethoven, Schubert e Brahms, costringeva il compositore a pro-cedere secondo uno schema fisso e predefinito. Fu proprio Debussy ad affermare, una volta per sempre, la libertà assoluta del compositore a fissare egli stesso le regole dell'opera che sta inventando. E' per questa ragione che egli appartiene indissolubilmente al ventesimo secolo, che inizia con lui. Fedele alla propria concezione, e, come Baudelaire "aux nuages qui passent, aux merveilleux nuages", non adottò mai formule fisse (come sarà il caso della musica seriale che sarebbe seguita), pur costruendo forme di straordinaria coerenza interna.

Con la sua attenzione scrupolosa alle sensazioni fisiche date dal suono, trovò così una espressività unica ed una forma di sensualità, prive di qualunque ermetismo ed intellettualismo. Debussy accordò alla sonorità di ciascun strumento un proprio autonomo ruolo drammatico nell'opera. Con lui, il suono da solo acquista significato, anche al di fuori dell'archi-tettura globale dell'opera. Questo costituì una rivoluzione totale del mo-do di far musica europeo, che associava fino ad allora la bellezza all'ela-borazione ragionata di un processo musicale ben costruito, in cui l'im-

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ni preludi che vennero definiti da un critico “più corti del becco di un passero, più brevi della coda di un orso”.

Egli disse di sé: “Non c’è nulla che io non sappia esprimere al pianofor-te e da espressioni differenti posso costituire un intero sistema come un’intima tonalità o un tutto. Mi sembra che il linguaggio musicale ab-bia possibilità descrittive più efficaci di qualunque concetto astratto”. Egli voleva trasformare il mondo per mezzo dell’arte, riportandolo all’u-nicità originale. Altra sua fondamentale affermazione (la stessa di Ra-meau): “non c’è differenza tra armonia e melodia: esse sono una cosa sola”.

Al ritorno da una trionfale tournée in America, nel 1907 venne lanciato a Parigi dal celebre impresario Sergej Djaghilev, e presentò il celebre “Poema dell’estasi”. Parigi era in quel momento piena di musicisti russi e vera e propria culla della musica Divenne amico di Rimskij Korsa-kov. La moglie di Rimskij sentì Skriabin dire al marito: “sperimenterai tutte le sensazioni, le armonie dei suoni, le armonie dei colori, le armo-nie dei profumi!”. Entrambi i compositori avevano dalla nascita il dono di vedere i colori mentre sentivano le note, ma Rimskij dichiarò di non capire la faccenda dei profumi…

Nel 1909, grazie ad un accordo con l’editore Koussevitzkij, Skrjabin tornò in patria. Ebbe un grande successo con le sue nuove composizioni, trionfali tounées pianistiche, e scrisse il “Prometeo”. Per questa compo-sizione ideò la “tastiera per luce”, che produceva luci cangianti ad ogni nota suonata dal pianoforte. La sua nuova produzione accentrata sul “mistero” richiedeva l’unione della musica con la danza ed altre arti. Egli pensava melodie che “iniziavano col suono e finivano nel gesto”.

Negli ultimi anni compose ancora diverse Sonate per pianoforte, tra cui la famosa Decima, il suo canto del cigno, e si dedicò al celebre (e in-compiuto) “Atto preparatorio”. E fatto, strano, mentre stava scrivendo

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di “Studi” op. 8 appartengono proprio a questo periodo.

L’incontro, nel 1894, con l’editore Mitrofan Beljaev, grande mecenate, permise l’inizio della luminosa carriera di Skrjabin e gli consentì di de-dicarsi alla composizione senza problemi economici. Senza la guida costante, benevola e prudente di Beljaev, la vita di Skrjabin sarebbe sta-ta più disordinata: l’editore lo trattava spesso bruscamente e lo tormen-tava, chiedendogli sempre nuove composizioni, ma senza il suo conti-nuo pungolo oggi avremmo meno musica...

Nel 1897, il matrimonio sbagliato con la pianista Vera Issakovic, che gli creò molti problemi perché fu difficilissimo ottenere il divorzio, anche dopo che aveva iniziato la convivenza con la nuova compagna, Tatjana Feodorovna Schloezer (lo Zar legalizzò la loro unione soltanto quando ormai Skriabin era in punto di morte). Per far fronte agli impegni di fa-miglia, appena arricchitasi di un figlio, nel 1898 egli accettò una catte-dra di pianoforte al Conservatorio di Mosca. Ma la sua natura era insof-ferente all’insegnamento, che lo infastidiva terribilmente, anche se egli fu docente molto coscienzioso e venne definito “assolutamente eccezio-nale come Maestro”. Egli scrisse a Beljaev: “Il Conservatorio, natural-mente, interferisce con il mio lavoro, soprattutto perché mi impedisce di concentrarmi. Bisogna ascoltare troppa musica di altra gente .”

Insegnò comunque per quattro anni, durante i quali compose una quanti-tà straordinaria di opere. Nel 1902 raggiunse la fama completa cui mira-va e a partire dal 1903, data in cui in cui si dimise dal Conservatorio e si trasferì all’estero - in Svizzera e poi a Parigi - compose una eccezionale quantità di musica, tra cui il celebre “Poema Divino”, la Terza Sinfonia. Skrjabin tendeva ora alla sintesi. “Voglio ottenere la massima espressio-ne con mezzi minimi”, diceva spesso. E lo ossessionava un principio: “dalla più grande delicatezza (affinamento), attraverso la forza attiva (volo), alla massima grandiosità”. In base a questo principio, passava da estese partiture a brevi frammenti, quasi delle miniature. Compose alcu-

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provvisazione era impietosamente bandita. E, anche se la sua musica è tutto, meno che improvvisata, essa può nondimeno dare questa impres-sione, vista la totale libertà che esprime.

Il suo genio di orchestratore e la sua estrema attenzione ai colori stru-mentali fanno di lui il degno erede di Berlioz e, quanto meno, il degno contemporaneo di Ravel. Ma soprattutto, lo designano fratello spirituale di Rimbaud e di Baudelaire, ancor più che della pittura impressionista. E, soprattutto, la sua arte di fissare l'istante, che si affranca dalla logica tradizionale per scatenare tutti i sensi (L'Isle Joyeuse), la sua rottura con il gusto classico, hanno rivoluzionato per sempre la storia della musica, e sono alla radice dal divorzio parziale tra il pubblico e la musica con-temporanea. Audacemente imprevedibile ma dotato di un gusto squisito, geniale colorista e sottile drammaturgo, Debussy è, come Rameau al quale rese omaggio con le sue "Images pour le piano", un compositore molto "francese" (si firmava spesso, d'altronde, "Claude de France"). Ma, al tempo stesso, donò così una magistrale rinascita a tutta la musica europea.

Alexander Skrjabin Marina Skrjabina, la figlia di Skrjabin, ci presenta la figura di suo pa-dre scrivendo che egli rappresenta “un tentativo di sfuggire alla medio-crità della vita quotidiana… una tormentata ricerca di vita spirituale assente dal mondo di oggi”. La sua arte “non è spettacolo o divertimen-to, ma vuole trasformare e sublimare, dare la pienezza e la gioia della vita”. Entro i limiti di spazio e di tempo, Skrjabin voleva trasformare l’uomo - tutti gli uomini - in un altro universo.

Per presentare la biografia di questo autore partiamo dalla famosa affer-mazione di Georgij Plekanov, l’architetto della Rivoluzione sovietica: “la musica di Skrjabin era il suo tempo espresso in suoni”.

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E quale tempo! Alexander Skrjabin nacque a Mosca il 25 dicembre 1871, secondo il no-stro calendario, o il 6 gennaio, secondo il calendario ortodos-so.

Morì il 14 (o il 27) aprile 191-5, quindi alla vigilia della rivo-luzione di ottobre. Figlio unico di famiglia nobile ma non tito-lata, rimase orfano di madre, (una dotata pianista) all’età di un anno e venne affidato ad una zia, Ljubov, che l’adorava e lo allevò, secondo la defini-zione dello stesso Skrjabin, come “un bambino di vetro”.

Nessuno della sua famiglia, soprattutto il padre, rigido uffi-

ciale dell’esercito perennemente all’estero, capì mai molto della figura di Skrjabin come compositore, né delle “cattedrali di suono”, come ancora oggi i russi chiamano la sua musica, né, ancor meno, delle sue idee.

Il suo talento musicale fu precocissimo. A tre anni pregò di potersi sede-re al pianoforte, a cinque sapeva già suonare dei motivi “in modo delica-to e carezzevole”. A otto compose la sua prima opera. Iniziò seriamente lo studio della composizione a dodici anni, con Sergej Taneev e contem-poraneamente studiò da cadetto dell’esercito, intrattenendo spesso i suoi compagni con concerti al pianoforte e proprie composizioni. Divenne anche allievo prediletto del famoso pianista e docente Zverev. Quando

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entrò al Conservatorio di Mosca, a sedici anni, ebbe come compagni di studio personalità straordinarie, tra cui Sergej Rachmaninov, di un an-no più giovane, e Josef Lhevine, il meraviglioso pianista che vinceva tutti i premi del Conservatorio. La competizione tra questi geni musicali era così accesa che, a vent’anni, Skrjabin si accanì talmente nello studio che, sforzando troppo la mano destra, ebbe seri problemi e risentì poi per tutta la vita di perdita di volume di suono e di agilità sulla tastiera a causa dei dolori alla mano.

Seppe però trarre profitto dalla sua sventura, e si dedicò alla composi-zione, dando alla luce il suo primo capolavoro, la Prima Sonata, e il fa-moso “Preludio e Notturno op. 9 per la mano sinistra”. Per molti anni il nome di Skrjabin fu sinonimo di abilità, virtuosismo e bellezza di suono della mano sinistra, addirittura citato come “lo Chopin della mano sini-stra” nella pubblicità dei suoi concerti in America.

Si diplomò al Conservatorio nel 1892, ma ricevette solo la “Piccola me-daglia d’oro” (come sua madre). Per la Grande medaglia, che invece ottenne Rachmaninov, gli mancò la menzion d’onore del docente di composizione Anton Arensky, cui resta lo storico e perenne demerito di aver bocciato Skrjabin in tutte le prove di composizione, benché fosse chiaramente il più dotato, ispirato e pronto tra tutti i giovani talenti di allora. Come pianista, basti questa definizione che venne data di lui: “quando suona, dei fiori sbocciano dalla punta delle sue dita”.

Lasciato il Conservatorio, Skrjabin si dedicò a “socializzare”, come di-ceva lui. Teneva concerti privati nelle case di mecenati, discuteva con gli amici. E beveva fino all’oblio. Egli voleva l’”ebbrezza” nella musi-ca, ma considerava l’alcolismo come segno “volgare e fisico” di un’e-stasi spirituale più sublime. Infatti, più il suo mondo spirituale si arric-chiva, più diminuiva la sua dipendenza dall’alcool, finché vi rinunciò del tutto. Iniziarono invece gravi attacchi nervosi, che lo lasciavano stre-mato. Ma egli intanto componeva meravigliosamente, e i dodici splendi-

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