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concerto24°giovedì 23 aprile 2009 ore 20.00venerdì 24 aprile 2009 ore 21.00

JuanJo Mena direttoreasier Polo violoncello

Darius Milhaud

Joaquin rodrigo

ludwig van Beethoven

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Il parcheggio di piazza Vittorio Veneto (Vittorio Park) offre a tutti coloro che esibiranno un abbonamento al Ciclo Beethoven-Schubert dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai la possibilità di acquistare una tessera di credito prepagato da 20 ore al prezzo di 15 E (anzichè 26 euro) e cioè E 0.75/h (anzichè 1.30/h). La tessera ha validità annuale, è utilizzabile in qualsiasi fascia oraria e, come nel caso del buono di parcheggio, è uno strumento di pagamento alternativo al denaro, da usare per convalidare il biglietto di uscita.L’acquisto della tessera per il parcheggio si potrà effettuare, previa esibizione dell’abbonamento al Ciclo Beethoven-Schubert, presso il locale cassa presidiato sito nel foyer del piano -1A del Vittorio Park (al di sotto della banchina compresa tra via Della Rocca e via Bonafous).

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giovedì 23 aprile 2009 ore 20.30 turno rossovenerdì 24 aprile 2009 ore 21.00 turno blu

JuanJo Mena direttoreasier Polo violoncello

Darius Milhaud (1892-1974)Suite provençale op. 152dI. AniméII. Très modéréIII. ModéréIV. VifV. ModéréVI. VifVII. LentVIII. Vif

durata 16’ circaultima esecuzione Rai a Torino: 8 novembre 1968, Franco Caracciolo

Joaquin Rodrigo (1901-1999)Concierto in modo galante per violoncello e orchestraAllegretto graziosoAdagietto – Allegretto rustico – Adagietto – Allegretto scherzandoRondò giocoso. Allegro deciso

durata 20’ circaprima esecuzione Rai a Torino

Ludwig van Beethoven (1770-1827)Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 (Pastorale)Allegro ma non troppoAndante molto moto, quasi allegrettoAllegro – A tempo allegro – Tempo I – Presto [attacca]Allegro [attacca]Allegretto, quasi allegro

durata 43’ circaultima esecuzione Rai a Torino: 22 giugno 2004, Rafael Frühbeck de Burgos

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Darius Milhaud Suite provençale op. 152d

alla riscoperta del MedioevoFu la poesia dei trovatori a ispirare la composizione della Suite provençale. Era il 1936, al teatro romano di Orange era in programma una pièce teatrale di Valmy Baisse dedicata alla vita di Bertrand de Born. Il soggetto riportava alle vicende del

grande lirico limosino, rimasto coinvolto nel conflitto tra i figli di Enrico II il Plantageneto (nel XII secolo): lo stesso personaggio che nell’Inferno di Dante sarebbe stato condannato a girare con la testa staccata dal corpo, come tutti i seminatori di discordia. Milhaud ricevette l’incarico di scrivere le musiche di scena per il dramma teatrale; e un anno dopo decise di estrapolare dal materiale prodotto una suite orchestrale, da presentare alla Biennale di

Venezia. Il soggetto si prestava a essere osservato da due differenti profili: da una parte la torbida vicenda politica in cui rimase impigliato Bertrand de Born, dall’altra il fascino remoto del mondo trobadorico, con la sua musica fagocitata dal tempo e dal trascorrere della storia. Milhaud scelse senza indugi il secondo punto di vista, andando alla ricerca di melodie sepolte nel passato della cultura provenzale. Il suo modo di intendere la composizione non poteva certo contemplare una rigorosa analisi alle origini dell’esperienza artistica antica; erano gli anni in cui i musicisti francesi figli di Eric Satie andavano alla disperata ricerca di una musique d’ameublement (musica da tappezzeria), capace di reagire alle astruse complicazioni di importazione tedesca. Una serie di temi popolari tratti dal repertorio provenzale del XVIII secolo poteva assolvere perfettamente al duplice compito di alludere all’antico, senza compromettere quella spensierata orecchiabilità a cui Milhaud non sapeva proprio rinunciare. Ecco perché la Suite provençale raggiunge anche le orecchie dell’ascoltatore più distratto, portando con sé un misto di glorie impolverate, di ricordi rubati al c’era una volta e di ritmi da ballare con le mani sui fianchi. L’orchestrazione è di una straordinaria limpidezza: ogni singolo timbro rimane riconoscibile anche nel bel mezzo degli episodi più concitati. La regolare solennità delle percussioni allude alla pomposa

Gustave Doré, Dante e Virgilio davanti a Bertand de Born

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atmosfera celebrativa delle corti medievali; così come alcuni episodi affidati al timbro goliardico di ottavino e tamburo ci ricordano le smorfie dei giullari nei cortili dei castelli feudali. Milhaud ripensa a una musica di cui sappiamo poco o nulla; ma lo fa con la sensibilità di chi privilegia il collettivo sull’individuale; per questo non ci dobbiamo stupire che nella Suite provençale non si senta affatto la spinta al soggettivismo della poesia troboadorica, ma il rumore confuso della gente, in tutta la sua informe personalità, che affollava i selciati dei borghi antichi. Proprio come se una taverna medievale ricordasse un fumoso caffè parigino degli anni Trenta.

Joaquin rodrigo Concierto in modo galante per violoncello e orchestra

Da Boccherini a rodrigoNato a Sagunto nel 1901, Joaquín Rodrigo a tre anni fu colpito da una grave forma di difterite che lo rese inguaribilmente cieco; ma alla privazione della vista rispose affinando una straordinaria sensibilità all’ascolto. Dopo aver assistito a una rappresentazione di Rigoletto in piena adolescenza, decise di sfruttare la sua buona condizione economica per perfezionarsi a Parigi con Paul Dukas presso l’École Normale de Musique. La scelta non era certo casuale, visto che negli anni Venti la Spagna era di casa nella capitale francese: Manuel de Falla, Cristóbal Halffter, Ricardo Viñes vi si erano trasferiti da tempo, portando una ventata di esotismo autentico in quella città che aveva sempre avuto l’abitudine di viaggiare senza allontanarsi dalle rive della Senna. Poi, nel 1939, il ritorno in patria, a Madrid, dove Rodrigo divenne presto un uomo di successo, ambasciatore mondiale della cultura spagnola. Il Concierto in modo galante nacque nel 1949, per il violoncello di Gaspar Cassadó. All’epoca la fama di Rodrigo era alle stelle, soprattutto dopo la pubblicazione del Concierto de Aranjuez (1939), vera hit della discografia anni Quaranta. A dieci anni da quel successo planetario Rodrigo si confrontava di nuovo con il linguaggio del concerto solistico; ma questa volta lo faceva ripensando alla Spagna del XVIII secolo, al tempo in cui Boccherini incantava la corte madrilena. E così nacque un lavoro che allude senza reticenze alla cultura galante, alla sensibilità in punta di piedi del repertorio settecentesco. Cassadó reagì entusiasticamente alla prima lettura della partitura:

Un lavoro eccellente che arricchisce di una pagina importante il repertorio per violoncello e orchestra. La sua strumentazione manifesta una straordinaria

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economia di mezzi, che rende questo concerto uno dei pochi brani in cui il violoncello non è mai schiacciato dal peso dell’orchestra.

L’interpretazione del violoncellista metteva in risalto la trasparenza dell’orchestrazione. Ma il Concierto in modo galante colpisce soprattutto per la sua raffinata rievocazione del Settecento. L’armonia e i movimenti del basso sono quasi sempre tonali; ma i movimenti ritmici ossessivi sembrano già parlare la lingua dello stile minimalista americano. E poi c’è l’ombra di Boccherini, soprattutto in una raffinata arte dell’immaginazione, fatta di visioni nitide e colorite: squilli di tromba in lontananza, echi di marsigliese, passi di danza composti e regali, sovrapposizioni tra idee disparate, proprio come se due complessi strumentali si sfidassero a colpi di serenate tra le vie di Madrid. L’Adagietto ha la stessa temperatura emotiva del movimento lento che ha reso celebre il Concierto de Aranjuez. Fronzoli galanti prendono forma nei pizzicati dei violoncelli, mentre il solista abbandona il Settecento per sfoggiare una cantabilità dalla passionalità tardoromantica: nella sezione centrale fa capolino quello stile cameristico a metà tra il colto e il popolare che è tipico dei duetti di Boccherini. Il finale, col suo incedere giocoso, mette in mostra tutto il virtuosismo in punta d’archetto del solista e una ricercata combinazione di colori orchestrali. Ma tra melodie incipriate e tessiture orchestrali trasparenti come un concerto barocco si fanno largo alcune inquietudini moderne che ci ricordano con discrezione la data di nascita del Concierto in modo galante.

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ludwig van Beethoven sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 (Pastorale)

Tra pittura e sentimenti«Più rappresentazione dei sentimenti che pittura»; il programma con cui Beethoven accompagnò la prima esecuzione della Sinfonia “Pastorale” suonava davvero come una curiosa forma di excusatio non petita. Era il 1808, il grande dibattito tra musica assoluta e musica a programma era ancora molto lontano; ma Beethoven avvertiva già negli strumenti della musica descrittiva un pericolo da cui difendere la rappresentazione dei sentimenti: lo stile puramente imitativo rischiava di relegare la musica nel regno della pittura sonora, limitando la sua innata inclinazione a esprimere ciò che non si vede, né si sente. L’esigenza è perfettamente raccolta dalla Pastorale, in cui l’uomo, in tutta la sua complessità emotiva, si trova senza dubbio al centro della scena; ma Beethoven, mettendo le mani avanti, voleva proprio tentare di evitare una lettura dell’opera che evidentemente riteneva possibile; «più pittura che sentimento» voleva dire privilegiare il valore delle emozioni, ma non rinnegare del tutto l’esistenza di un intento descrittivo: come rappresentare uno stato emotivo provocato dalla natura, senza dare qualche pennellata del paesaggio circostante? Nonostante l’invito esplicito di Beethoven non furono in pochi alla prima esecuzione, avvenuta al Teatro An der Wien la sera del 22 dicembre 1808, a sentirsi trascinati da un atteggiamento profondamente pittorico; il compositore Johann Friedrich Reichardt addirittura scrisse: «Abbiamo ascoltato una Sinfonia Pastorale, o ricordi di una vita campestre, in cinque movimenti pieni di vivacissime pitture e immagini». Certo la serata avrebbe spossato le orecchie anche del più fine ascoltatore (il programma prevedeva, oltre alla Sinfonia Pastorale, «Ah perfido» op. 65, il Gloria e il Sanctus della Messa in do, il Quarto concerto per pianoforte e orchestra, la Quinta sinfonia e una lunghissima improvvisazione al pianoforte eseguita dallo stesso Beethoven); ma l’esortazione a viaggiare con l’immaginazione non poteva proprio essere frenata da una musica che sembra annientare le pareti della sala da concerto, per portare il pubblico a respirare a pieni polmoni l’aria della natura. La musicologia e l’estetica del Novecento hanno insistito tanto sull’identità puramente musicale del linguaggio beethoveniano, in cui l’extramusicalità risulta perfettamente subordinata alla forma sinfonica; ma possiamo davvero uscire da un’esecuzione della Pastorale senza sentirci la testa piena zeppa di immagini in movimento? Nel tema su cui si apre l’opera c’è tutto questo complesso sistema di forze: l’ingenua innocenza delle melodie popolari,

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la serena laboriosità della gente di campagna, la ventata di sentimenti rassicuranti e materni che investe l’uomo a contatto con la natura. I due temi della struttura sinfonica ci sono; ma non vi è traccia di quell’antagonismo che spesso anima la dialettica della forma-sonata: le idee germogliano una dall’altra, senza intaccare in nessun momento quel senso di serenità assoluta su cui si apre l’opera. Anche nella successiva Scena al ruscello il contenitore non contraddice le esigenze sintattiche della scrittura sinfonica: uno svolgimento strofico basato su un periodo ricorrente di diciotto battute. Ma c’è spazio anche per la liquidità di un fresco ruscello (gli archi con sordina) e per un curioso dialogo tra volatili (flauto-usignolo, oboe-quaglia, clarinetto-cuculo). Che l’episodio ‘ornitologico’ soddisfi perfettamente le categorie della cadenza solistica è un dato di fatto incontestabile; ma questo non ci impedisce di avvertire in quegli ameni chiacchierii tra legni una serie di immagini nitide e parlanti.Anche nella Gioconda riunione di contadini le categorie della forma sonata sono intatte. Per l’analisi si tratta di uno Scherzo con Trio perfettamente allineato alla fisionomia della tradizione classica. Ma ciò che investe l’ascoltatore con efficacia contagiosa è l’allegra vivacità di un gruppo di contadini in festa: difficile non vederli battere i piedi per terra in una serie di rustici movimenti di danza. La ripresa si esaurisce su una dissolvenza incrociata destinata a fare scuola per tutto l’Ottocento: un improvviso temporale investe la gioiosa convivialità dei contadini. Qui la pittura non si può proprio lasciare a casa: i nervosi saliscendi dei violini alludono alle raffiche di vento; i lampi dei fulmini sono evocati dai guizzanti movimenti dell’ottavino; ottoni e timpani rumoreggiano nel registro grave pennellando tutta la rabbia sonora dei tuoni. Il paesaggio tempestoso è descritto nei minimi dettagli; ma la pittura non è fine a se stessa: esprime lo spavento dell’uomo di fronte all’imprevedibile violenza della natura. Ed è solo così che le emozioni possono divenire incontrollabili quando alla tempesta segue il canto di ringraziamento dei pastori: una semplice descrizione ci avrebbe lasciato indifferenti; ma dopo aver provato il terrore della tempesta non è possibile non avvertire un senso di commossa identificazione nella gioia da lacrime agli occhi di chi si sente vivo, dopo aver avuto la sensazione di aver perso tutto. Per questo, con buona pace di Beethoven e della sua dichiarazione programmatica, l’ascolto della Pastorale ci obbliga a leggere proprio in quella pittura, da cui il compositore voleva prendere le distanze, uno strumento infallibile per arrivare a rappresentare i sentimenti dell’uomo. Inutile far finta di non vedere le pennellate che percorrono ogni angolo della partitura e che avrebbero spinto Debussy a

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vedervi il primum movens del poema sinfonico ottocentesco (le sue parole in realtà non dimostravano alcun timore reverenziale, visto che accordavano alla Pastorale un ruolo «inutilmente imitativo»). Ma guai a vedervi il vero obiettivo della scrittura beethoveniana. L’imitazione è solo il mezzo per raggiungere altri lidi; dalla natura si arriva all’uomo, compiendo un visionario percorso alla scoperta delle emozioni.

la Pastorale, Fantasia e la censura

La Sesta sinfonia di Bee-thoven è stata impiegata nell’episodio dei centau-ri del cartone animato diretto da Walt Disney Fantasia (1940). La mu-sica del secondo movi-mento accompagna una scena al ruscello, in cui i personaggi sguazzano tra le acque di un fiume divino, tra fauni, amorini

e altre figure leggendarie; l’ambientazione funge da sfondo per l’amore tra due centauri. Segue una scena bacchica, in cui il Dio del vino, rubicondo e claudicante, rotola con i suoi grappoli d’uva tra le altre creature mitologiche: la colonna sonora è La gioconda riunione tra contadini, completa di successiva tempesta, che si infrange sui personaggi con violenza spaventosa. La sezione del cartone fu molto criticata per gli abiti eccessiva-mente succinti delle figure femminili, ma soprattutto per la pre-senza di personaggi, ispirati alla fisionomia degli uomini africani, che impersonano i servitori di Bacco e dei centauri. Per questo motivo alcuni fotogrammi dell’episodio sono stati censurati fino al 1969.

il concerto di giovedì 23 aprile è trasmesso in collegamento diretto su radio 3.

Una delle servette metà asino, metà donna africana censurate in Fantasia

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È nato nel 1965 a Vitoria-Gasteiz (nella provincia basca di Álava). Dopo aver intrapreso gli studi di armonia e composizione sotto la guida di Carmelo Bernaola presso la Scuola Superiore di Musica della città natale, si è trasferito a Madrid, per studiare direzione d’orchestra con García Asensio. Si è quindi perfezionato in Germania con Sergiu Celibidache.Fin dagli esordi della sua carriera internazionale ha diretto

le più importanti orchestre spagnole: Orchestra Nazionale di Spagna, Orchestra Sinfonica della Radio Televisione Spagnola, Orchesta Sinfonica de Barcelona e Nazionale della Catalonia, le orchestre di Madrid, Granada, Valencia, Málaga e Siviglia. È ospite abituale delle orchestre sinfoniche di Brasov, Bacau, Bucarest, della Georgia e della Radio di Berlino, collaborando con solisti quali Aldo

Ciccolini, Rudolf Buchbinder, Mischa Maisky, Viktoria Mullova, Christian Zimmermann. Dal 2002 dirige regolarmente l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Dal 1999 è Direttore principale e Direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica di Bilbao, con la quale ha registrato per Naxos un’integrale delle opere sinfoniche di autori della Regione Basca. La Radio Nazionale di Spagna, per la quale ha realizzato numerose registrazioni, gli ha tributato il premio “Ojo Crítico”. Recentemente è stato nominato Primo direttore ospite del Teatro “Carlo Felice” di Genova.

JuanjoMena

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Nato a Bilbao, ha suonato con l’Orquesta Nacional de España, la Israel Philharmonic Orchestra, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, la Bergen Philharmonic, la Dresdner Philharmonie, l’Orchestra dell’Opéra di Nizza, le orchestre della Galicia, di Tenerife, di Madrid, di Bilbao e Siviglia. Tra i direttori con cui ha collaborato si annoverano Rafel Frühbeck de Burgos, Christian Badea, Anthony Witt, Claus Peter Flor,

Günther Herbig, Aldo Ceccato, Pedro Halffter, Juanjo Mena, Gómez Martínez e Max Valdés.Recentemente ha suonato alla Carnegie’s Weill Recital Hall di New York e si è sibito con la Dresdner Philharmonie, l’Orquesta Nacional de España, l’Orquesta Sinfónica de Bilbao, l’Orquesta Sinfónica de Castilla y León, l’Orquesta Sinfónica de Mineria, la Huntsville Symphony Orchestra. Ha lavorato spesso con Alfredo Kraus,

ricevendo inviti da enti illustri quali il Maggio Musicale Fiorentino e il Covent Garden. Alcuni compositori spagnoli quali Luis de Pablo e Antón García Abril gli hanno dedicato loro lavori.Ha inciso per Claver, Rtve, Marco Polo e Naxos. Insegna al Centro Superior de Música del País Vasco e suona un violoncello Francesco Ruggieri (Cremona 1689), grazie al contributo della Banesto.

asierPolo

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Beethoven e SchubertorchesTra sinfonica nazionale Della raialexanDer lonquich, direttore e pianistaAuditorium Rai “A. Toscanini”

1°concertogiovedì 30 aprile 2009 - ore 21franz schubert, Sinfonia n. 1 in re maggiore D 82ludwig van Beethoven,Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestrafranz schubert, Sinfonia n. 2 in si bemolle maggiore D 125

2°concertolunedì 4 maggio 2009 - ore 21franz schubert, Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D 485franz schubert, Sinfonia n. 6 in do maggiore D 589 “Piccola”ludwig van Beethoven,Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra

3°concertovenerdì 8 maggio 2009 - ore 21franz schubert, Sinfonia n. 3 in re maggiore D 200ludwig van Beethoven,Concerto n. 3 in do minore op. 37, per pianoforte e orchestrafranz schubert, Sinfonia n. 4 in do minore D 417 “Tragica”

4°concertomartedì 12 maggio 2009 - ore 21franz schubert,Andante in si minore D 936A (strumentazione di Roland Moser)franz schubert, Sinfonia n. 7 in si minore D 759 “Incompiuta”ludwig van Beethoven,Concerto n. 4 in sol maggiore op. 58 per pianoforte e orchestra

5°concertosabato 16 maggio 2009 - ore 21ludwig van Beethoven,Concerto n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73per pianoforte e orchestra “Imperatore”franz schubert, Sinfonia n. 8 in do maggiore D 944 “Grande”

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BiGlieTTeria e inforMazioni

abbonamenti (5 concerti):Platea A 130,00 euroPlatea B 110,00 euroPlatea C 90,00 euroBalconata A 110,00 euroBalconata B 90,00 euroGalleria 90,00 euroGiovani (dal 1979) 30,00 euro

Biglietti per singolo concerto con poltrona assegnata:Platea 30,00 euroBalconata 28,00 euroGalleria 26,00 euroGiovani (dal 1979) 15,00 euro

ingressi senza assegnazione del posto:Adulti 20,00 euro (in ogni settore)Giovani (dal 1979) 9,00 euro (in ogni settore)

I biglietti di ingresso sono in vendita esclusivamente a partire daun’ora prima dell’inizio dello spettacolo fino ad esaurimento deiposti disponibili.

Modalità di pagamento: contanti, bancomat, carta di credito,assegno circolare o di c/c bancario non trasferibile intestato a:Rai TV.

Biglietteria:Auditorium Rai “A.Toscanini” - Piazza Rossaro - 10124 TorinoTelefono 011 8104653 - 8104961Fax 011 888300e-mail: [email protected]

La biglietteria è aperta dal martedì al venerdì con orariocontinuato 10.00 - 18.00 e le sere dei concerti a partire daun’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

VenDiTa on-line:Sul sito www.orchestrasinfonica.rai.it si possono effettuarele seguenti operazioni:- acquisto della poltrona numerata di platea, balconata e galleria

Diritto di prevendita: 2,50 euro per commissioni di servizio(non rimborsabili in caso di annullamento del concerto).

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Violini PriMi*Alessandro Milani (di spalla), °Marco Lamberti, °Giuseppe Lercara, Antonio Bassi, Claudio Cavalli, Patricia Greer, Valerio Iaccio, Elfrida Kani, Kazimierz Kwiecien, Alfonso Mastrapasqua, Fulvia Petruzzelli, Francesco Punturo, Rossella Rossi, Ilie Stefan, Lynn Westerberg, Alice Iegri.

Violini seconDi*Roberto Righetti, °Enrichetta Martellono, Maria Dolores Cattaneo, Carmine Evangelista, Rodolfo Girelli, Alessandro Mancuso, Maret Masurat, Antonello Molteni, Vincenzo Prota, Francesco Sanna, Isabella Tarchetti, Luca Carlomagno, Daniela Godio, Anna Pugliese.

Viole*Luca Ranieri, °Geri Brown, °Ula Ulijona, Antonina Antonova, Massimo De Franceschi,Rossana Dindo, Federico Maria Fabbris, Alberto Giolo, Maurizio Ravasio, Margherita Sarchini, Luciano Scaglia, Matilde Scarponi.

Violoncelli*Massimo Macrì, °Wolfango Frezzato, °Ermanno Franco, Giacomo Berutti, Pietro Di Somma, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi, Fabio Storino, Antonio Amadei, Davide Pracca.

conTraBBassi*Cesare Maghenzani, °Gabriele Carpani, °Silvio Albesiano, Giorgio Curtoni, Luigi Defonte, Maurizio Pasculli, Paolo Ricci, Virgilio Sarro.

flauTi*Monica Berni, Fiorella Andriani.

oTTaViniCarlo Bosticco, Fiorella Andriani.

oBoi*Francesco Pomarico, Sandro Mastrangeli.

corno inGleseTeresa Vicentini

clarineTTi*Enrico Maria Baroni, Graziano Mancini.

clarineTTo PiccoloFranco Da Ronco

faGoTTi*Elvio Di Martino, Cristian Crevena.

corni*Stefano Aprile, Valerio Maini, Giuseppe Merlo, Bruno Tornato.

TroMBe*Roberto Rossi, Ercole Ceretta, Daniele Greco D’Alceo.

TroMBoni*Diego Gatti, Devid Ceste.

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TroMBone BassoGianfranco Marchesi

TuBaDaryl Smith

TiMPaniClaudio Romano

PercussioniMaurizio Bianchini, Carmelo Gullotto, Alberto Occhiena.

* prime parti ° concertini

alessandro Milani suona un violino “francesco Gobetti” del 1711; luca ranieri suona una viola “Gio. Paolo Maggini” del 1600,ambedue appartenenti alla fondazione Pro canale di Milano.

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