con il Vangelo delle domeniche di - Parrocchia di San ... · 1a SERATA (II domenica di Quaresima...
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Parrocchia di Spezzano-Nirano
Sussidio per gli incontri dei Gruppi
“Questo è il mio figlio,
con il Vangelo delle domeniche di
“Parlava del Tempio
“Il figlio dell’uomo
3
La quaresima è il tempo di un cammino più profondo insieme al
Signore e della verifica della nostra fedeltà al suo progetto per noi.
Possiamo esserci smarriti, aver nascosto i suoi doni, aver tradito la
sua fiducia.
Il Signore ci chiama ad attraversare il deserto, a ritrovare il gusto e la
bellezza di una risposta chiara e limpida come l’acqua di un’oasi.
Il cammino si nutre della parola di Dio, abbondante e forte
durante le domeniche quaresimali.
La Parola ci scuote, ci richiama al senso più profondo e vero della
nostra fede. Essa penetra nella vita ed entra in dialogo con la nostra
storia personale, familiare e comunitaria. Per poter ascoltare il suono
della sua voce facciamo tacere ogni altro rumore, proprio come se ci
mettessimo in ascolto del gorgoglio dell’acqua di una sorgente nel
deserto.
Quaresima: ecco il tempo favorevole
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1a SERATA (II domenica di Quaresima—anno B - 1 marzo)
“Questo è il mio figlio,
l’amato: ascoltatelo!”
PREGHIERA
Gesù, tu sei il Messia di cui parla tutta la Scrittura,
atteso dal popolo di Israele:
donaci di accoglierti nella fede.
Gesù, tu sei il profeta atteso, vero rivelatore di Dio:
donaci di accoglierti nella fede.
Gesù, tu sei il Figlio di Dio, l’amato:
donaci di accoglierti nella fede.
Gesù, tu sei la Parola che ci rivela il senso dell’esistenza:
donaci di accoglierti nella fede.
Gesù, tu sei il crocifisso risorto:
donaci di accoglierti nella fede.
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PREMESSA
‘La trasfigurazione’ è un brano molto importante nel vangelo di
Marco, ma anche non facile da comprendere, perché denso di simboli
molto importanti per gli ebrei (il numero 6, il monte, la nube) e di relazioni con l’Antico Testamento.
Gesù ha appena ricevuto un rimprovero da Pietro per aver
annunciato la sua imminente morte; ma Gesù reagisce chiamandolo
Satana, perché ragiona secondo gli uomini e non secondo Dio.
Ecco quindi che Gesù vuole dimostrare come perdendo la vita Lui la
ritroverà in forma più gloriosa e piena, si manifesta quindi in una
forma divina sperando che anche i discepoli accettino di seguirlo in
questa missione di sacrificare se stessi per diffondere il suo messaggio.
Ma i discepoli sono ancora ancorati all’idea del Messia nazionalista,
che non avrà fallimenti umani, ma porterà Israele alla affermazione
sugli altri popoli come avevano predetto i profeti.
TESTO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)
2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse
su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le
sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra
potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e
conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì,
è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè
e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano
spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì
una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non
Gesù solo, con loro. 9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò
che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai
morti. 10
Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire
risorgere dai morti.
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COMMENTO
1. Dopo sei giorni.
L’espressione sorprende per la precisione ma non è un calcolo
temporale. Questo numero è la combinazione degli avvenimenti che
si verificano nella settimana ‘santa’: due giorni dalla decisione di
prendere Gesù a quello della sua morte, il giorno della morte e i tre
giorni dalla morte alla resurrezione (2+1+3); sei giorni tra il rifiuto e
la resurrezione, questa è la data della trasfigurazione che descrive la
condizione del Figlio dell’uomo risorto. Inoltre visto che il sesto è il
giorno della creazione dell’uomo, la condizione gloriosa della
trasfigurazione rappresenta il punto massimo dell’opera della
creazione.
2. Gesù prese con se Pietro, Giacomo e Giovanni, li fece salire
sopra un monte alto, in disparte, loro soli.
C’è una relazione precisa tra questa frase e il brano del capitolo
precedente in cui Gesù predice il destino del Figlio dell’uomo e
ottiene una reazione violenta da parte di Pietro, in nome del gruppo
dei discepoli. Ora Gesù mostrando il proprio amore verso essi, vuole
convincerli, mediante una esperienza straordinaria, che patire la
morte per procurare agli uomini la vita non significa un fallimento,
anzi significa raggiungere la pienezza di vita. Gesù prende con se i
discepoli più noti e forse più resistenti al suo messaggio, come
rivelano i loro soprannomi (Pietro = pietra, il figli del tuono, Giacomo
e Giovanni), i leaders del gruppo, per far gustare loro la bellezza della
resurrezione.
Il ‘monte’ è il simbolo della sfera di Dio in contatto con la storia
umana, ‘monte alto’, si allude al monte Sinai. ‘Li fece salire’ perché da
soli sarebbero incapaci a salire verso una tale condizione spirituale; in
disparte, solo loro perché sono quelli che hanno manifestato
maggiore resistenza al suo progetto di vita: vuole convincerli facendo
loro vedere la sua gloria dopo la vittoria sulla morte, cosi sarà per
tutti coloro che offrono la propria vita per gli altri. I verbi ‘prese con
sé’ ‘fece salire’, nel testo di Marco sono al presente: li prende con se,
li fa salire, per far capire che i discepoli continuano anche oggi ad
avere bisogno di questa esperienza.
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3. ..e si trasfigurò davanti a loro: le sue vesti divennero di un
bianco splendente, come nessun lavandaio sulla terra è
capace di rendere bianche.
Gesù cambia aspetto, Marco descrive questa trasformazione
sottolineando il candore risplendente delle sue vesti. Il bianco
abbagliante simboleggia la gloria divina. Marco sottolinea l’origine non
terrena di tale splendore. La trasfigurazione esprime il trionfo della
vita sulla morte. Se i discepoli interpretassero bene quello che stanno
vedendo perderebbero il timore della morte. Il colore bianco lo
ritroveremo nelle vesti del giovane seduto sul sepolcro, altro legame
con la resurrezione.
4. Apparve loro Elia con Mosè: stavano discorrendo con Gesù.
La seconda parte di questa esperienza che viene offerta ai discepoli è
la relazione dell’ Antico Testamento con Gesù. L’espressione ‘Elia con
Mosè’ mette Mosè in primo piano. Mosè è la legge, il legislatore; Elia
rappresenta i profeti che hanno predetto il Messia. Elia e Mosè
appaiono ai discepoli, ma non parlano con essi. I due personaggi si
rivolgono solo a Gesù, come riconoscessero in lui il Messia atteso da
tanti secoli, come se prendessero istruzioni da lui.
5. Reagì Pietro dicendo a Gesù:
“Rabbi è cosa buona che noi stiamo qui; potremmo fare
tre capanne: una per te, una per Mosè e una per Elia”.
Pietro interrompe lo sviluppo della scena, facendo una proposta:
questa situazione di Gesù glorioso e potente con Mosè ed Elia gli
piace, non vuole cambiare questa tranquillità che ha allontanato per
un po’ la predizione di Gesù che sarebbe andato a morte per la
salvezza degli uomini, che l’ha sconvolto e che ha rifiutato con
violenza. Ha visto la potenza di Gesù e spera che la usi per diventare
un Messia nazionalistico e trionfatore. Pietro continua con il suo
convincimento, la visione non l’ha cambiato, desidera che Gesù associ
alla propria missione Mosè ed Elia per diventare un Messia come
questi lo hanno pensato, non vuole accettare il fallimento della morte
e della Croce.
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6. Infatti non sapeva come reagire,
perché erano terrorizzati:
i discepoli si sentono minacciati da ciò a cui stanno assistendo: si
accorgono che in Gesù c’è una forza divina e temono per se stessi,
poiché poco prima avevano osato opporsi al suo piano e non
comprendono che la trasfigurazione di Gesù era una dimostrazione
del suo amore per loro, non una esibizione di potere. Per questo
Pietro cerca di ingraziarselo con la proposta delle capanne, ma non è
la proposta che si aspettava Gesù.
7. Sopraggiunse una nube che li copriva con la sua ombra,
e ci fu una voce dalla nube:
“questo è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo”.
È il terzo momento dell’epifania (che significa manifestazione del Signore): il primo, la trasfigurazione, ha mostrato la condizione divina
di Gesù; il secondo, l’apparizione di Mosè ed Elia, che Gesù è il
Signore anche dell’Antico Testamento; nel terzo Gesù viene descritto
come il figlio di Dio. L’apparizione della nube fa fallire la proposta di
Pietro che mirava a mantenere i tre personaggi su un piano terreno;
un'altra occasione per Pietro per capire che Gesù e il suo regno non
si situano in questo mondo, ma appartengono alla sfera divina. C’è
quindi un parallelismo con la scena del battesimo: la frase ‘ questo è il
mio figlio, l’amato’ chiarisce la relazione tra Dio e Gesù: il padre
accetta l’impegno di Gesù che lo condurrà alla morte. L’avvertenza
‘ascoltatelo’ presenta Gesù come unico maestro, il nuovo Mosè. Non
c’è reazione dei discepoli alla voce che proviene dalla nube;
l’evangelista sottolinea così la mancanza di comprensione da parte
loro, neppure l’intervento divino è in grado di farli cambiare, di
distoglierli dal loro ideale messianico.
8. E subito, guardandosi attorno,
non videro più nessuno se non Gesù con loro.
La visione si è conclusa, la gloria manifestata non separa Gesù dai
suoi, Gesù sta con loro come prima e neppure li rimprovera, il
pericolo che temevano è scomparso.
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9. Mentre scendevano dal monte ordinò loro
di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto
finche il Figlio dell’uomo non fosse risorto dai morti.
Scendendo dal monte avviene il ritorno dalla sfera del divino alla storia. La mancanza di reazioni da parte dei discepoli fa pensare che il
cambiamento che Gesù di aspettava da loro non si è realizzato. Per
questo proibisce loro di divulgare quanto hanno visto, Gesù non
vuole che diffondano la loro idea messianica sbagliata. Solo dopo la
resurrezione si potrà dare la vera interpretazione della
trasfigurazione.
10. Essi si attennero a quest’ordine, anche se tra loro
discutevano sul significato di quel ‘resuscitare dai morti’.
I discepoli obbediscono senza comprendere il significato delle sue
parole. Nonostante l’insistenza di Gesù la morte del Messia non rientra nei loro calcoli per questo non si spiega che parli di
resurrezione dai morti. Il passo mostra la resistenza di quegli uomini a
disfarsi della tradizione nella quale hanno vissuto e ad abbandonare
antichi ideali di gloria. Una mentalità chiusa deforma i dati che le
vengono offerti e impedisce lo sviluppo personale. Questo vale anche
per noi oggi; anche per noi è difficile staccarsi da giudizi umani degli
avvenimenti e vedere un disegno diverso dai nostri ristretti orizzonti.
Anche a noi Gesù continua a offrire trasfigurazioni per convincerci
che chi perde la propria vita la ritroverà, chi rinuncia all’affermazione
di sé avrà pienezza di vita.
SEGNO: Veste bianca
DOMANDE:
Anche a noi Gesù chiede di cambiare mentalità, cerchiamo di farlo
nelle piccole cose?
Ci è capitato di rinunciare a delle nostre convinzioni e di provare
una gioia più grande?
La voce di Dio chiede di ascoltare Gesù, il Figlio. Come nella vita
quotidiana mi pongo in ascolto? Quali difficoltà incontro?
Immagino di essere inviato sul monte insieme ai tre discepoli. Quale
potrebbe essere la mia reazione? Direi anch’io le parole di Pietro,
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I1a SERATA (III domenica di Quaresima - anno B 8 marzo)
“Parlava del Tempio
del suo corpo
PREGHIERA
O Signore, che cacciasti dal tempio
coloro che lo rendevano impuro,
purifica il nostro cuore e la nostra vita,
affinché tu possa risplendere in essi
come umile re di pace,
accolto in semplicità e verità.
Donaci una fede grande,
capace di accogliere te
e tutto quanto vuoi donarci.
Rendici capaci di perdonare,
perché tu, per primo,
ogni giorno ci perdoni.
Amen.
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PREMESSA
Dalla III alla V domenica di quaresima la liturgia ci offre tre testi
dell'evangelista Giovanni con lo scopo di introdurci sempre meglio nel
mistero pasquale. Il brano scelto per la III domenica di Quaresima ci presenta il tema
del tempio, anzi del nuovo tempio, poiché con la Pasqua di Gesù Dio
si fa presente nel corpo risorto del Cristo. Posto all'inizio dell'attività
di Gesù, in Giovanni il brano acquista un significato inaugurale e di
presentazione sintetica della sua missione e dell'esito che avrà.
Mentre per i sinottici questo episodio dà inizio alla settimana
conclusiva della vita di Gesù (cfr. Mc 11,15-17 e par), Giovanni lo pone
all’inizio del suo ministero. Egli vuole così indicare che il confronto
con il tempio rappresenta il primo e più significativo compito del
Messia (cfr. Mal 3,1-3) e al tempo stesso pone tutto il ministero di
Gesù nella prospettiva della sua morte e risurrezione.
Secondo i primi tre vangeli Gesù, scacciando i venditori e i
cambiavalute, che fornivano ciò che era necessario per i sacrifici e le
offerte, blocca l’esercizio del culto: così facendo egli dichiara che il
luogo sacro è ormai illegittimo a causa dell’infedeltà del popolo e dei
suoi capi (cfr. Ger 7,11 citato in Mc 11,17 e par) e ne preannunzia la
distruzione (cfr. Mc 13,2 e par).
Nel quarto vangelo appare invece che Gesù si oppone sì al modo in
cui il tempio era utilizzato, ma di riflesso si presenta come colui che
ne porta a compimento il simbolismo.
Dopo una breve introduzione (v. 13), il racconto si divide in due parti:
l’intervento di Gesù (vv. 14-17) e il dialogo con i giudei (vv. 18-22).
Chiude il racconto una riflessione dell’evangelista (vv. 23-25).
TESTO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 13-25)
13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a
Gerusalemme.14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e
colombe e, là seduti, i cambiamonete.15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro
dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse:
13
«Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un
mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto:
Lo zelo per la tua casa mi divorerà. 18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero:
«Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò
risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in
quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del
tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli
si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla
parola detta da Gesù. 23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti,
vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù,
non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che
alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.
COMMENTO
Il vangelo della terza domenica di quaresima offre alla nostra
contemplazione la purificazione del tempio e ci invita
a cercarne il significato.
13. Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei
e Gesù salì a Gerusalemme.
L'introduzione del brano fa menzione della Pasqua dei Giudei,
espressione tipica di Giovanni, che intende porre una netta
separazione tra la festa ebraica e la pasqua cristiana. Per Gesù la festa
ebraica era scaduta nel suo significato, passando dal ricordo della
liberazione ad un evento di mercato (il commercio degli animali per il
sacrifico, favorito dai sacerdoti per il guadagno che comportava).
Secondo l'evangelista Giovanni Gesù andò tre volte a Gerusalemme
per celebrare tale festa, quella del testo che stiamo leggendo è la
prima pasqua (la seconda è narrata in 6,4 in riferimento alla
moltiplicazione dei pani; la terza la troviamo in 11,55, appena prima
della passione e morte, come nei sinottici, cfr.Mc 14,1ss e paralleli).
14
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e
colombe e, là seduti, i cambiamonete.
15. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori
dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro
dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi,
16 e ai venditori di colombe disse: "Portate via di qui queste
cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!".
Di fronte allo spettacolo poco edificante e ancor meno religioso del
commercio nel cortile del tempio, come pure dell'andirivieni di gente
ed animali che usavano il cortile riservato ai pagani (dei gentili) come
scorciatoia pur raggiungere il monte degli ulivi, Gesù richiama il
senso profondo del tempio e dell'attività che vi si deve svolgere.
Quello di Gesù è un gesto messianico che si rifà a Malachia 3,1:
"ecco, io manderò il mio messaggero a preparare la via davanti a me e
presto entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate" e Zc 14,21: "in
quel giorno non vi sarà più mercante nel tempio del Signore";.
A differenza dei sinottici non definisce il tempio casa di preghiera, ma
casa del Padre mio .
In questo testo per la prima volta Gesù chiama Dio Padre mio e
indirettamente si proclama suo Figlio; affermazione sconcertante per
un israelita e che ci fa comprendere quanto Gesù dice sul suo
rapporto con Dio in diverse affermazioni contenute nel quarto
vangelo (Gv5,17-26; Gv6,32.37.40; Gv10,30; Gv14,10).
17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto:
Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
Questo commento redazionale ci fa capire che il testo è raccontato
dall'evangelista alla luce della resurrezione (cfr. Sal 69,10 ) e in senso
profetico; infatti il mutamento di tempo del verbo dal passato al
futuro indica che tutta la vicenda di Gesù, che l'evangelista sta per
narrare, si svolgerà nel segno dello zelo per Dio. La sua è una vita
tutta volta a compiere la volontà del Padre, sino alla fine e in questo
senso il testo diventa anche un annuncio della passione di Gesù.
Mentre per i sinottici questo episodio è il motivo addotto per
condannare Gesù (cfr. Mc 11,18; Lc 19,47-48), in Giovanni è preludio
della sua morte.
15
18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero:
"Quale segno ci mostri per fare queste cose?".
19 Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio
e in tre giorni lo farò risorgere".
20 Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito
in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?".
Come altrove nei vangeli, davanti ai gesti profetici di Gesù (in questo
caso l'autorità esercitata sul tempio e su quanto vi accade) i giudei, o più in
generale i suoi avversari, chiedono un segno prodigioso a garanzia
dell'autorità di Gesù.
Ma il segno proposto da Gesù si pone su di un piano completamente
diverso: non un prodigio strepitoso, segno di potenza, ma un gesto
profetico: Giovanni gioca intenzionalmente sull'ambiguità del
verbo farò risorgere (in greco eghéiro che significa sia innalzare un edificio, sia far risorgere un morto). Indicando la sua resurrezione afferma che
avrebbe trasformato il vecchio tempio (di pietre) in uno nuovo che
avrebbe rivelato la sua divinità. Il tempio si identifica così con il suo
corpo
21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si
ricordarono che aveva detto questo, e credettero
alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Ancora due versetti redazionali: l'evangelista precisa il senso delle
parole di Gesù come profezia della sua pasqua. Il corpo, l'umanità di
Gesù, è il luogo della presenza e della manifestazione di Dio in mezzo
all'umanità, dunque è il vero tempio. Il culto dovrà d'ora in poi fare
riferimento alla sua persona (Gv 1,14; 1,51; 4,20-24).
La fede nella Scrittura è posta dall'evangelista sullo stesso piano di
quella nella parola detta da Gesù, a significare che solo dopo la
resurrezione i discepoli compresero appieno la portata delle parole e
dei gesti, di tutta la vita di Gesù.
Per Giovanni il nuovo tempio, sempre attuale e duraturo, è il corpo di
Cristo risorto dai morti, che diventa il luogo della presenza di Dio tra
il suo popolo.
16
23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa,
molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo
nome.
24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti
25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza
sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.
Per l'evangelista ci sono diversi tipi di fede: alcuni insufficienti, come la
fede nel taumaturgo Gesù: molti, vedendo i segni che egli compiva,
credettero nel suo nome (v. 23), che ritroviamo anche in Nicodemo.
Altri che si aprono ad un approfondimento (la samaritana che dimostra
una fede messianica) ed infine la vera fede nel Figlio di Dio (il Battista,
3,22-36; Maria e i discepoli 2,11.22), quella a cui bisogna approdare.
Gesù conosce l'intimo dell'uomo, le sue fragilità e non si lascia
ingannare dall'entusiasmo superficiale che segue i suoi segni; egli ha la conoscenza propria di Dio e sa distinguere coloro che accettano
appieno le sue parole e la sua persona, senza lasciarsi condizionare
dalle apparenze.
Il segno del tempio che Gesù ha appena offerto, è un gesto che ci
richiama all'autenticità del rapporto con Dio, liberandolo
dall'esteriorità in cui il sistema dei sacrifici l'aveva rinchiuso.
Il percorso quaresimale è anche per noi un tempo propizio per
purificare e rafforzare la nostra fede e vivere il culto a Dio nella
libertà e nella verità del vero tempio, che è l'umanità di Gesù Cristo.
Riflessione
A questo punto viene a proposito una considerazione che potrebbe
anche toccarci da vicino: c'è da chiedersi perché Gesù sia così
severo con i "religiosi" e misericordioso con i "lontani".
Tentiamo una risposta:
Il Gesù del Vangelo si dimostra misericordioso verso i
peccatori che aprono il loro cuore ad accogliere la sua
salvezza, ma è severo nei riguardi di coloro che frequentano
il tempio per formalismo religioso e si ritengono giusti e
quindi non bisognosi della sua salvezza.
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Alcuni esempi tratti dalla nostra routine
La Messa solo se di “precetto” e a condizione che sia breve.
Le preghiere formulate a memoria frettolosamente senza pensare con
chi si parla e cosa diciamo.
L’astinenza dalle carni in determinati giorni, magari tradita da altre
trasgressioni di gola o di altri piaceri.
Un’elemosina tirata via senza neanche guardare in faccia chi la riceve
Sono tutte pratiche che soddisfano forse “la legge”, una certa
“legge”, o fanno da “aspirina” per la nostra coscienza, ma non ci
convertono, non creano le condizioni di comunione con Dio.
Conclusione
Per entrare in comunione con Dio, scopo e fine della vita di ogni cristiano, non basta osservare una serie di “pratiche”, pur buone e
sante; bisogna che queste siano incarnate in una vita vissuta secondo
il comandamento dell’amore, il cui fine non è quello di giustificare e
tranquillizzare la nostra "buona coscienza", ma quello di convertirci a
Lui, di aprirci all’Amore che ci viene donato.
SEGNO: Sferza di cordicelle
DOMANDE:
I mercanti nel tempio danno "scandalo"
Cosa significa per un cristiano dare scandalo??
Anche io, a volte sono stato come quei mercanti ??. esempio ....
La chiesa è il corpo mistico di Cristo: cerco di addentrarmi
in questo mistero? Cosa penso della Chiesa?
Testimonio ai non credenti la bellezza di essere chiesa?
Il mio corpo è tempio di Dio, cerco di rispettarlo?
Ringrazio il Signore per avermelo dato ??
Penso anch’io al fatto che compiere puntualmente azioni rituali
possa donare la salvezza?
18
II1a SERATA (IV domenica di Quaresima - anno B 15 marzo)
“Il figlio
dell’uomo
deve
essere
innalzato”
PREGHIERA
Dio buono e fedele,
che mai ti stanchi
di richiamare gli erranti
a vera conversione
e nel tuo Figlio innalzato sulla croce
ci guarisci dai morsi del maligno,
donaci la ricchezza della tua grazia,
perché rinnovati nello spirito
possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore.
Amen
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PREMESSA
Nicodemo: è un ebreo, fariseo, capo dei giudei, probabilmente
membro del sinedrio (organo religioso di governo in Gerusalemme).
Egli va da Gesù di notte (momento particolare in cui gli ebrei
leggono e studiano le scritture, la Torah, la Legge…) Gesù è la Parola di
Dio, data agli uomini, Gesù è il VERBO = Nicodemo di notte
studia la “Parola”, la Legge donata, che è Gesù, una
persona e non più un libro.
TESTO
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (3, 14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 14«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita
eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio
unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma
abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo
per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di
lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato
condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno
amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le
sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la
luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
COMMENTO
14 «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto,
così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
Come Mosè innalzò… (Nm 21,4-9). Il popolo si era lamentato, aveva mormorato contro Dio per via dei disagi nel deserto. Ecco
comparire serpenti velenosi… con morso mortale.
20
Ma il Signore buono dona un antidoto: Mosè, uomo della legge e
MEDIATORE innalza un serpente di bronzo, chi alzava lo sguardo in
alto, guardando l’immagine bronzea, non moriva nonostante il
veleno dei serpenti.
Ora qui, questo episodio è un chiaro riferimento alla croce.
Come allora, anche oggi Dio dona il suo antidoto contro il peccato
che porta morte all’umanità. Come allora avverrà un
innalzamento = è questo il grande intervento di Dio per
liberare l’uomo dal maligno e dalla schiavitù e corruzione
del peccato.
15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna
Dal vedere al credere: chi guardava il serpente non moriva. Ora
quel vedere è sostituito dal credere: è un vedere più profondo, non solo e tanto degli occhi, ma del cuore; credere a Gesù; Lui
sarà elevato, tutti potranno vedere il Figlio di Dio innalzato sulla
croce. L’uomo non avrà più dubbi: l’Amore di Dio è vero e
affidabile, solidale, assoluto, sincero, redime e purifica. E’ un Amore
più forte del peccato. Il male si cura solo con l’Amore, non esiste
un’arma così potente ed efficace. Innalzato perché tutti potranno
vederlo e riconoscerlo. credere = aprire il cuore e lasciarsi
amare.
Sulla croce allora abbiamo due GRANDI IMMAGINI
quella della violenza e della cattiveria dell’uomo, la forza del
peccato;
ma abbiamo anche l’espressione più alta della misericordia del
Padre, donata a noi in Gesù; c’è la rivelazione dell’Amore che si
spinge davvero al massimo; una potenza così grande da
sconfiggere ogni male, togliere la morte!
Sulla croce duellano male e bene, vince il bene. La croce è segno
della cattiveria dell’uomo, ma che ora diventa il Trono dell’Amore
di Dio. Il male è tolto, trasformato.
Queste poche righe ci raccontano questa sconvolgente verità.
21
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare
il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui
non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Qui c’è espressa in termini elevatissimi, con un esempio in sé unico,
la grandezza dell’Amore di Dio.
Amare è dare, fino al dono della vita. Dare tutto, a chi è
amabile, simpatico, accogliente, riconoscente, risulta più facile. Qui
invece si dice che Dio ha dato tutto (Suo Figlio) a coloro (noi –
umanità) che non sono belli, simpatici e tanto meno accoglienti e
recettivi verso il dono; dare tutto, dare Suo Figlio ad una umanità
che non é aperta ad accogliere quel dono, che non lo vuole, non lo
cerca, bè, questo è lodevole, toglie ogni ambiguità: quel dono è
amore puro. Ad un uomo che non chiede di essere liberato Dio
offre la vita di Suo Figlio perché finalmente quell’uomo gusti la libertà e l’Amore vero. Non essere più schiavo ma riguadagnare la
vita. L’Amore vero si dona sempre, anche quando dall’altra
parte non c’è alcun segno di accettazione o di gratitudine.
Gesù spiega questo a Nicodemo, uomo buono che si interroga e
viene di notte da Gesù per ricevere Luce e Rivelazione.
17 Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo
per condannare il mondo, ma perché il mondo
sia salvato per mezzo di lui.
18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già
stato condannato, perché non ha creduto nel nome
dell’unigenito Figlio di Dio.
Qui viene tratteggiato il vero volto di Dio, gli viene ridonata la sua
immagine autentica. Non si può più raccontare Dio come essere
punitivo, vendicativo, quasi avverso e in competizione con l’uomo.
Dio è venuto nella carne per stare dalla nostra parte, desidera il
nostro miglior bene, la salvezza appunto. Non è venuto per
condannare: non è viene per mandarci all’inferno, ma per liberarci
da quella vita di inferno nella quale ci si era tutti cacciati. Viene per
la nostra Salvezza, questo è il motivo di Dio tra noi.
22
Il Giudizio non lo scrive Dio, ma lo scriviamo noi; da come ci
poniamo dinanzi alla venuta e presenza di Gesù. Accoglierlo o
rifiutarlo, è questo che crea il giudizio. Con la venuta di Gesù noi
dobbiamo prendere posizione (credere o non credere); non possiamo
più essere imparziali, non prendere una decisione, restare
indifferenti. Saremo giudicati dall’Amore, se ci siamo lasciati toccare
guarire da esso oppure no; se abbiamo guardato l’amore innalzato,
oppure siamo rimasti ad occhi chiusi.
19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo,
ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce,
perché le loro opere erano malvagie.
20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene
alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.
Si ripete ciò che è appena sopra stato affermato e lo si
approfondisce.
Dio viene, l’amore è elevato, quasi come una lampada posta in alto,
una Luce che non posso dire che non ci sia… ma quella Luce ha
trovato gli uomini al buio a fare le loro vite cattive… opere malvagie.
C’è una umanità che desidera la tenebra e ama agire al buio, cioè
tenere nascosta la Verità; fare le cose al buio insomma.
Il male viene fatto al buio, di notte, si cerca di coprire la verità;
pensiamo a tutto quello che nella cultura di oggi si vuol fare passare
per bene pur essendo manifestatamente male.
Il peccatore che continua a vivere nel proprio male e non accetta di
essere portato alla Luce per vedere sotto uno sguardo nuovo quella
vecchia vita!
E’ insomma il cosiddetto peccato contro lo Spirito Santo di cui parla
San Luca, quello che non potrà trovare perdono, ma non perché Dio
non perdona, ma perché l’uomo non si lascia incontrare da
tanta misericordia. Desidera e vuole accanitamente la tenebra e
opere malvagie = l’uomo può rifiutare Dio, il Paradiso, la Salvezza,
l’Amore, la Vita Nuova.
23
21 Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia
chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
C’è anche l’umanità che accetta la Luce, la desidera, la cerca, la vuole
vedere. Cristo è questa nuova Luce di Vita Vera. Questi uomini vengono
verso la Luce, cioè rispondono a Gesù, accolgono la Sua proposta, la Sua
Vita, si lasciano guidare dall’Amore che è sorto nel mondo. Sentono una
fortissima attrazione per quella Luce che è Gesù ed il Suo vangelo.
Le opere di queste persone hanno alla base un atteggiamento esistenziale e
di cuore diametralmente opposto ai primi. Le loro opere sono fatte alla
luce del sole, e questi non hanno alcun problema a riconoscere che in
fondo tutto quello che di bene attraverso di loro si compie viene da Dio,
tutto dunque rimanda a Dio, è di Dio. Non c’è in loro la malizia di volersi
attribuire nulla, ma di fatto sono grati a Dio della vita, delle opere, in tutto riconoscono il merito della Luce che permette di vivere così.
SEGNO: crocefisso
DOMANDE:
Ti lamenti dei disagi della vita? O li accetti come volontà di Dio?
Quando guardi la Croce cosa pensi? Che sentimenti ti suscita?
Hai capito perché viene Gesù sulla terra? Lo hai accolto? Hai accolto la
sua luce?
Hai incontrato nella tua vita persone “luminose” che ti hanno
testimoniato la fede e la luce di Cristo?