COMUNICAZIONI ORALI - SIO 2017 | 104° National Congress · PROTOCOLLO DI CLASSIFICAZIONE E...

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COMUNICAZIONI ORALI Rinologia e Allergologia Indice 1. L'IMPIEGO DI CARTILAGINE COSTALE OMOLOGA NELLE RINOSETTOPLASTICHE RICOSTRUTTIVE FUNZIONALI: RISULTATI PRELIMINARI 2. TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE EPISTASSI NELLA TELEANGECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA (HHT): NOSTRA ESPERIENZA 3. DICED CARTILAGE INJECTION: RISULTATI ESTETICI E GRADO DI SODDISFAZIONE NEL RIMODELLAMENTO DEL DORSO NASALE. 4. CONTOURING DEL DORSO NASALE IN RINOPLASTICA: LE MATRICI DERMICHE ACELLULARI 5. EFFICACIA DELLA RISONANZA QUANTICA NEL TRATTAMENTO DELL'IPERTROFIA DEI TURBINATI INFERIORI NEL BREVE E MEDIO TERMINE 6. TERAPIA “LONG-TERM” CORTICOSTEROIDEA NELLA POLIPOSI NASALE: VALUTAZIONE DEL METABOLISMO OSSEO MEDIANTE DENSITOMETRIA OSSEA A X-Ray DEXA 7. RINITE NON ALLERGICA EOSINOFILA: CARATTERIZZAZIONE FENOTIPICA IN BASE ALLA RISPOSTA AGLI ANTILEUCOTRIENI 8. EDITING AVANZATO DELLE IMMAGINI RADIOLOGICHE PER LA PIANIFICAZIONE DELLA CHIRURGIA DEL NASO E BASICRANIO 9. TRATTAMENTO INTERCETTIVO NEI PAZIENTI AFFETTI DA RONCOOATIA CON DEVIAZIONE DEL SETTO NASALE NON STENOSANTE 10. FIBROMA OSSIFICANTE GIOVANILE 11. COMPLICANZE SINUSALI MONOLATERALI DA PATOLOGIA O TRATTAMENTI DENTALI: QUANDO LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA ENDONASALE NECESSITA UN APPROCCIO INTRAORALE? 12. RINOPATIE IMMUNOFLOGISTICHE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE: STUDIO DEI PARAMETRI FLOW-MEDIATED DILATION (FMD) E INTIMA-MEDIA THICKNESS (IMT) 13. MIGRAZIONE POST TRAUMATICA DI BULBI PILIFERI A LIVELLO DELLE OSSA NASALI 14. OLFATTO E POLIFARMACOTERAPIA NELL’ANZIANO 15. UTILIZZO AMBULATORIALE DEL MANOMETRO DIGITALE ENDOFLOWER PER LA MISURAZIONE DEI FLUSSI AEREI NELLE DIVERSE SOTTOSEDI NASALI 16. SCLEROTERAPIA NASALE LOCALE ENDOSCOPICA CON LAUROMACROGOL 400 (LA), PER IL TRATTAMENTO DELLA TELEANGECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA (HHT) E DELL’EPISTASSI ANTERIORE 17. RUOLO DELLA CITOLOGIA NASALE NELLA DIAGNOSI DI RINITE OCCUPAZIONALE NEI LAVORATORI DEL LEGNO 18. TRAUMA CRANICO MINORE: VALUTAZIONE DELLA DISFUNZIONE OLFATTIVA E DELLE CARETTERISTICHE CLINICO-NEUROLOGICHE 19. RUOLO PROGNOSTICO DI EOSINOFILIA E BASOFILIA SIERICHE NELLA POLIPOSI RINOSINUSALE

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COMUNICAZIONI ORALI Rinologia e Allergologia

Indice

1. L'IMPIEGO DI CARTILAGINE COSTALE OMOLOGA NELLE RINOSETTOPLASTICHE RICOSTRUTTIVE FUNZIONALI: RISULTATI PRELIMINARI

2. TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE EPISTASSI NELLA TELEANGECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA (HHT): NOSTRA ESPERIENZA

3. DICED CARTILAGE INJECTION: RISULTATI ESTETICI E GRADO DI SODDISFAZIONE NEL RIMODELLAMENTO DEL DORSO NASALE.

4. CONTOURING DEL DORSO NASALE IN RINOPLASTICA: LE MATRICI DERMICHE ACELLULARI

5. EFFICACIA DELLA RISONANZA QUANTICA NEL TRATTAMENTO DELL'IPERTROFIA DEI TURBINATI INFERIORI NEL BREVE E MEDIO TERMINE

6. TERAPIA “LONG-TERM” CORTICOSTEROIDEA NELLA POLIPOSI NASALE: VALUTAZIONE DEL METABOLISMO OSSEO MEDIANTE DENSITOMETRIA OSSEA A X-Ray DEXA

7. RINITE NON ALLERGICA EOSINOFILA: CARATTERIZZAZIONE FENOTIPICA IN BASE ALLA RISPOSTA AGLI ANTILEUCOTRIENI

8. EDITING AVANZATO DELLE IMMAGINI RADIOLOGICHE PER LA PIANIFICAZIONE DELLA CHIRURGIA DEL NASO E BASICRANIO

9. TRATTAMENTO INTERCETTIVO NEI PAZIENTI AFFETTI DA RONCOOATIA CON DEVIAZIONE DEL SETTO NASALE NON STENOSANTE

10. FIBROMA OSSIFICANTE GIOVANILE

11. COMPLICANZE SINUSALI MONOLATERALI DA PATOLOGIA O TRATTAMENTI DENTALI: QUANDO LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA ENDONASALE NECESSITA UN APPROCCIO INTRAORALE?

12. RINOPATIE IMMUNOFLOGISTICHE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE: STUDIO DEI PARAMETRI FLOW-MEDIATED DILATION (FMD) E INTIMA-MEDIA THICKNESS (IMT)

13. MIGRAZIONE POST TRAUMATICA DI BULBI PILIFERI A LIVELLO DELLE OSSA NASALI

14. OLFATTO E POLIFARMACOTERAPIA NELL’ANZIANO

15. UTILIZZO AMBULATORIALE DEL MANOMETRO DIGITALE ENDOFLOWER PER LA MISURAZIONE DEI FLUSSI AEREI NELLE DIVERSE SOTTOSEDI NASALI

16. SCLEROTERAPIA NASALE LOCALE ENDOSCOPICA CON LAUROMACROGOL 400 (LA), PER IL TRATTAMENTO DELLA TELEANGECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA (HHT) E DELL’EPISTASSI ANTERIORE

17. RUOLO DELLA CITOLOGIA NASALE NELLA DIAGNOSI DI RINITE OCCUPAZIONALE NEI LAVORATORI DEL LEGNO

18. TRAUMA CRANICO MINORE: VALUTAZIONE DELLA DISFUNZIONE OLFATTIVA E DELLE CARETTERISTICHE CLINICO-NEUROLOGICHE

19. RUOLO PROGNOSTICO DI EOSINOFILIA E BASOFILIA SIERICHE NELLA POLIPOSI RINOSINUSALE

20. “TUNA-SAVING” MAXILLECTOMIA MEDIALE ENDOSCOPICA: UNA TECNICA CHIRURGICA PER IL PAPILLOMA INVERTITO MASCELLARE

21. DIFFICOLTA’ CLINICO-RADIOLOGICHE NELLA GESTIONE DELLE SINUSITI CRONICHE MASCELLARI NEI PAZIENTI β-TALASSEMICI

22. UTILIZZO DELLA CONE BEAM TC PER IL FOLLOW-UP DELLE COMPLICANZE NASO-SINUSALI NEI PAZIENTI CON FIBROSI CISTICA: RISULTATI PRELIMINARI

23. GESTIONE DELLA CELLULITE PERIORBITARIA E DELL’ASCESSO SUBPERIOSTEO IN PAZIENTI IN ETÀ PEDIATRICA: REVIEW DI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ

24. TRATTAMENTO CHIRURGICO DEGLI OSTEOMI FRONTOETMOIDALI. NOSTRA ESPERIENZA

25. DACRIOCISTORINOSTOMIA ENDOSCOPICA ENDONASALE. INDICAZIONI, SELEZIONE DEI PAZIENTI ED EVOLUZIONE DELLA TECNICA CHIRURGICA

26. IL RISCHIO DI MENINGITE CONSEGUENTE A FESS. CASE REPORT

27. MENINGOCELI E MENINGOENCEFALOCELI DELLA PARETE LATERALE DELLO SFENOIDE: RUOLO DELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA ENDONASALE

28. COMPLICANZE RINOSINUSALI DA TRATTAMENTO ODONTOIATRICO: VALIDAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO

29. L’APPROCCIO ENDOSCOPICO TRANASALE ALLE PATOLOGIE DELLA BASE CRANICA ANTERIORE: L’ESPERIENZA DELLO SKULL BASE TEAM DI VERONA

30. ENDOSCOPIC MARSUPIALIZATION OF CONGENITAL NASOLACRIMAL DUCT CYST IN NEWBORNS: PERSONAL EXPERIENCE

31. MANAGEMENT OF JUVENILE ANGIOFIBROMA PERSISTENCE AFTER ENDOSCOPIC RESECTION

1. L'IMPIEGO DI CARTILAGINE COSTALE OMOLOGA NELLE RINOSETTOPLASTICHE RICOSTRUTTIVE FUNZIONALI: RISULTATI PRELIMINARI

Cimatti Maria Chiara U.O. ORL Azienda Ospedaliero- Universitaria di Bologna Policlinico S.Orsola- Malpighi (direttore: Prof. A. Pirodda) Mancini Michela - U.O. ORL Azienda Ospedaliero- Universitaria di Bologna Policlinico S.Orsola- Malpighi (direttore: Prof. A. Pirodda) Betti Enrico - Scuola di dottorato in Scienze Chirurgiche Università di Bologna, U.O. Chirurgia Maxillo Facciale Costabile Enrico - Scuola di Specializzazione in Chirurgia Maxillo Facciale aggegata tra Parma- Bologna- Ferrara, U.O. Chi. Maxillo Facciale Bologna De Franceschi Lucia - Banca delle Cellule e del Tessuto Muscoloscheletrico, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna Marmi Federico - Banca delle Cellule e del Tessuto Muscoloscheletrico, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna Schiavon Patrizia - U.O. ORL Azienda Ospedaliero- Universitaria di Bologna Policlinico S.Orsola- Malpighi (direttore: Prof. A. Pirodda) Razionale: Importanti deformità nasali possono conseguire a traumi, ascessi settali, patologie autoimmuni, esiti di chirurgia oncologica oppure di rinosettoplastiche. Spesso questi casi rappresentano una sfida per il chirurgo e richiedono la ricostruzione del setto nasale e del terzo medio ed anteriore del naso o dell'intera piramide nasale. Frequentemente sono associate problematiche sia estetiche che funzionali. Per tali ricostruzioni complesse sono necessarie grandi quantità di innesti cartilaginei che difficilmente possono essere ricavati esclusivamente dal setto nasale. Altre fonti per gli innesti sono rappresentate dalla concha auricolare e dalla cartilagine costale. Una valida alternativa può essere l’utilizzo di cartilagine costale omologa di banca. Materiali e metodi: Presso la U.O. ORL del Policlinico S.Orsola- Malpighi di Bologna da Febbraio 2016 ad oggi sono state effettuate 4 rinosettoplastiche ricostruttive con utilizzo cartilagine costale di banca: in 2 casi si è trattato di ricostruzioni nasali dopo demolizione oncologica, in 1 caso si trattava di una rinosettoplastica secondaria, in 1 caso di una rinosettoplastica primaria in paziente con naso torto post traumatico. Cartilagine costale omologa: E’ stata utilizzata cartilagine costale processata e conservata presso la Banca delle Cellule e del Tessuto muscoloscheletrico dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. La cartilagine costale (5°-8° costa bilateralmente) viene prelevata da donatori cadaveri idonei. I criteri di selezione sono quelli previsti dalle “Linee guida per prelievo, processazione e distribuzione di tessuti a scopo di trapianto” e dalle direttive nazionali ed europee, in particolare vengono eseguiti sul potenziale donatore test sierologici per la ricerca di anticorpi e test di amplificazione degli acidi nucleici per la ricerca di antigeni delle principali malattie trasmissibili (VDRL/TPHA per la sifilide, HBcAb, ABsAg, HBV-DNA per epatite B, HCV-Ab e HCV-RNA per epatite C, HIV-Ab e HIV-RNA per HIV). La cartilagine viene prelevata in sala operatoria usando tecniche asettiche e immersa in alcool etilico a 70°C in un apposito contenitore sterile. Ogni campione prelevato viene sottoposto a test microbiologici per la ricerca di batteri aerobi, anaerobi e di miceti, ripetuti ad ogni manipolazione. In ambiente a contaminazione controllata la cartilagine viene processata secondo un protocollo consolidato: in un primo passaggio si rimuove il materiale peri-cartilagineo, in un secondo momento si segmenta. Il tessuto viene dichiarato idoneo all’impianto solo se microbiologicamente negativo (incubazione a 35-37°C in terreni appropriati per un periodo di tempo non inferiore a 7 giorni) e se ogni controllo effettuato ha dato esiti compresi nei limiti di accettabilità definiti. Solo se ritenuto necessario la cartilagine può essere sottoposta ad ulteriore sterilizzazione tramite gamma-

irradiazione ad una dose non superiore a 25 kGray. Infine la cartilagine viene conservata in alcool etilico fino al suo utilizzo. Risultati: La cartilagine costale di banca è stata utilizzata principalmente per ricavare innesti strutturali, come septal estended graf, spreader graft, innesti a squadra, per le sue caratteristiche di rigidità e forza. Non è stata osservata, nella prima mezz’ora dal carving, una tendenza al warping maggiore rispetto ad altri interventi in cui abbiamo utilizzato cartilagine costale autologa. Non si sono verificati episodi di rigetto o di infezione degli innesti cartilaginei. Nel follow up (da 4 a 10 mesi postoperatori) non si sono osservati deformazioni tardive degli innesti né riassorbimento degli innesti. Conclusioni: Le rinosettoplastiche ricostruttive complesse prevedono l’impiego di grandi quantità di innesti cartilaginei per ricostruire la struttura portante del naso. Tali innesti possono essere ricavati dalla cartilagine settale, sito donatore per eccellenza, che tuttavia può risultare di scarsa quantità e qualità soprattutto nelle rinosettoplastiche di revisione. La cartilagine della concha auricolare presenta una forma incurvata e scarsa rigidità che ne limitano l’impiego. La cartilagine costale invece rappresenta un’utile risorsa sia per le caratteristiche della cartilagine stessa sia per l’abbondanza di materiale. La cartilagine costale autologa tuttavia non è sempre utilizzabile per problematiche di ossificazione della cartilagine stessa più frequenti in pazienti oltre i 50 anni o dopo traumi toracici. Inoltre il prelievo prevede un aumento di morbidità per il paziente, dei rischi chirurgici (pneumotorace), dei tempi operatori e della degenza, oltre a comportare una cicatrice aggiuntiva. Una valida alternativa può essere l’utilizzo della cartilagine costale omologa di banca che permette di evitare ulteriori incisioni chirurgiche, riducendo la morbidità, ed accorciando i tempi operatori. Già dagli anni ’60 in letteratura viene riportato l’impiego di cartilagine costale irradiata e più recentemente, Kridel riporta buoni risultati a distanza con rischio di complicanze infettive e di riassorbimento degli innesti sovrapponibili a quello delle rinoplastiche con uso di innesti cartilaginei autologhi. Anche per quanto riguarda l’effetto warping Adams non riscontra differenze statisticamente significative tra la cartilagine costale autologa ed irradiata. Nella nostra esperienza, seppur limitata dall'esiguo numero di pazienti, l’utilizzo della cartilagine costale omologa ci ha permesso di effettuare rinosettoplastiche ricostruttive complesse con buoni risultati estetico-funzionali senza complicanze precoci e/o tardive.

2. TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE EPISTASSI NELLA TELEANGECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA (HHT): NOSTRA ESPERIENZA

Zaccari Dario UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Avato Irene - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Spinozzi Giuseppe - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Pusateri Alessandro - USC Otorinolaringoiatria Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo Ugolini Sara - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Maiorano Eugenia - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Matti Elina - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Pagella Fabio - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Razionale: La teleangectasia emorragica ereditaria (HHT) è una malattia genetica rara a trasmissione autosomica dominante. L'epistassi si manifesta in più del 95% dei pazienti HHT. Le procedure chirurgiche per la gestione dell'epistassi sono state classificate in mini-invasive ed invasive. I vantaggi delle tecniche mini-invasive sono rappresentati da: minore morbidità, riduzione del trauma della mucosa nasale, minor rischio di perforazione settale, ripetibilità del trattamento, non necessità di tamponamento nasale post-chirurgico e breve ospedalizzazione. Lo scopo di questa comunicazione è presentare la nostra esperienza nella gestione chirurgica dell'epistassi nei pazienti affetti da HHT. Materiali e metodi: E' stata condotta un'analisi retrospettiva monocentrica presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell'I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia (Centro di riferimento nazionale per diagnosi e trattamento dell'HHT). Sono stati ricoverati e sottoposti a screening per HHT 591 pazienti, 327 (55.3%) di questi sono stati sottoposti ad intervento chirurgico per epistassi, per un totale di 683 procedure. Nella maggior parte dei casi è stato eseguito un intervento di chirurgia endoscopica endonasale mini-invasiva. Risultati: : L'età media dei pazienti è 56 anni. In 177 (54,1%), il controllo dell'epistassi è stato ottenuto con una sola procedura, mentre in 150 pazienti (45.9%) è stato necessario eseguire più procedure nel tempo. Conclusioni: Nella nostra esperienza la chirurgia endoscopica endonasale mini-invasiva rappresenta l'opzione terapeutica di prima scelta per il controllo dell'epistassi nei pazienti HHT. Questo trattamento risulta ben tollerato e può essere utilizzato come primo step chirurgico anche nei casi con epistassi severa.

3. DICED CARTILAGE INJECTION: RISULTATI ESTETICI E GRADO DI SODDISFAZIONE NEL RIMODELLAMENTO DEL DORSO NASALE.

Toma Salvatore Ospedale San Raffaele Milano Tulli Michele Ferraro Milena Piccioni Lucia Oriella Giordano Leone Bussi Mario Razionale: Il rimodellamento del dorso nasale rappresenta uno step molto rilevante della rinoplastica che richiede un attento planning pre e intra-operatorio. La scelta di eventuali innesti (alloplastici o autologi) di aumento o di “caumoflage” continua ad essere oggetto di dibattito. La “diced cartilage”, facile da prelevare e scolpire, biocompatibile e con basso rischio di infezione ed estrusione, ha assunto, nel corso degli anni, sempre maggior rilievo nella correzione del dorso. Ad oggi sono stati descritti 3 differenti metodi di utilizzo della diced cartilage: diced cartilage injection (DCI), diced cartilage wrapped in fascia e diced cartilage covered with fascia. Il confronto dei risultati estetici ottenuti con e senza utilizzo della DCI è stato oggetto del nostro studio. Materiali e metodi: La popolazione di pazienti sottoposti a rinoplastica primaria con tecnica “open” presso il nostro Istituto negli ultimi 3 anni, è stata divisa in due gruppi in base all’impiego o meno della DCI. Mediante questionari validati abbiamo eseguito un confronto dei risultati estetici e del grado di soddisfazione del dorso nasale tra i 2 gruppi di studio. Inoltre abbiamo analizzato la percentuale di complicanze e il decorso postoperatorio dei pazienti di entrambi i gruppi. Risultati: Il risultato estetico e il grado di soddisfazione del dorso nasale sono significativamente migliori nel gruppo di pazienti sottoposti a DCI. Il numero di complicanze e il decorso postoperatorio nei 2 gruppi è risultato sovrapponibile. Conclusioni: La DCI risulta utile per ottenere un effetto di “camouflage” e in alcuni casi di aumento del dorso, conferendo un aspetto più naturale alla piramide nasale. Dalla nostra esperienza questa tecnica emerge quale valore aggiunto alla rinoplastica. I nostri risultati infatti evidenziano una maggiore soddisfazione estetica del paziente senza un aumentato rischio di complicanze post-operatorie.

4. CONTOURING DEL DORSO NASALE IN RINOPLASTICA: LE MATRICI DERMICHE ACELLULARI

Betti Enrico Dottorando di ricerca in Scenze Chirurgiche, Università di Bologna - U.O. Chirurgia Maxillo-Facciale (Prof. C.Marchetti) Mancini Michela - Medico in Formazione Specialistica ORL - Università di Bologna - U.O. ORL (Prof. A.Pirodda), Policlinico S.Orsola-Malpighi, Bologna Costabile Enrico - Medico in Formazione Specialistica Chirurgia Maxillo-Facciale, scuola aggregata Parma-Bologna-Ferrara, Sede di Bologna (Prof. C.Marchetti) Cimatti Mariachiara - Medico in Formazione Specialistica ORL - Università di Bologna - U.O. ORL (Prof. A.Pirodda), Policlinico S.Orsola-Malpighi, Bologna Schiavon Patrizia - U.O. ORL Azienda Ospodaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola-Malpighi (Direttore Prof. A.Pirodda) Razionale: La qualità della cute del naso è uno degli elementi da prendere in considerazione nel planning di una rinoplastica. Una cute eccessivamente sottile infatti può compromettere il risultato dell’intervento rendendo evidenti anche piccole irregolarità delle strutture osteo-cartilaginee sottostanti o gli innesti posizionati, in particolare in caso di rinoplastiche secondarie o post-traumatiche. In questi casi può essere utilizzata la fascia muscolare (temporale, retroauricolare, del retto addominale) crushed cartilage, free diced cartilage, lipofilling. Sono stati inoltre proposti diversi materiali alloplastici. Verrà fatta una disamina della letteratura dei vari materiali proposti. Valuteremo in particolare l’utilizzo di una matrice a base di collagene non pirogenica, ottenuta da derma porcino mediante un trattamento di liofilizzazione, indicata per la correzione di difetti di tessuti molli. L’impianto di questa membrana permette di mantenere il collagene allo stato nativo per assicurare un rapido rimodellamento (3 mesi) ed una elevata vascolarizzazione del tessuto ricostruito con minor rischio di reazioni collaterali e complicanze. Materiali e metodi: Presso l’U.O. di Otorinolaringoiatria dell’Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna sono stati sottoposti ad intervento di rinosettoplastica con utilizzo di membrana dermica acellulare, 4 pazienti, due casi di rinoplastica primaria e due casi di rinoplastica secondaria. I pazienti inclusi nello studio presentavano una tipologia cutanea a livello del dorso nasale di tipo sottile, valutata clinicamente e sulla TC del massiccio facciale effettuata di routine. Nel post-operatorio è stata effettuata una valutazione a 1- 3 e 6 mesi mediante valutazione clinica e fotografica. Per la valutazione dei risultati sono stati inclusi 3 parametri: -1) reazioni avverse alla membrana -2) qualità soggettiva della cute -3) regolarità/irregolarità del dorso nasale. Risultati: In nessuno dei 4 pazienti si sono registrate reazioni avverse al materiale impiantato come: infiammazione, infezione o rigetto. In tutti e 4 i pazienti si ha avuto un miglioramento soggettivo della qualità della cute. In un caso su 4 si è registrata una lieve irregolarità del dorso legata alla membrana, che è scomparsa al controllo del terzo mese, negli altri 3 pazienti non si sono registrate irregolarità del dorso nasale. Conclusioni: L’utilizzo della matrice a base di collagene appare una buona alternativa all’impiego di materiale autologo in corso di rinoplastica, come ausilio in pazienti con cute del dorso sottile. Si è infatti ottenuto un miglioramento della qualità della cute con buon risultato estetico a livello del dorso nasale in tutti i pazienti operati, senza reazioni avverse e con tempi operatori ridotti rispetto all’impiego di tessuti autologhi. Si tratta tuttavia di uno studio preliminare svolto su un campione limitato di pazienti e necessita pertanto di ulteriori approfondimenti.

5. EFFICACIA DELLA RISONANZA QUANTICA NEL TRATTAMENTO DELL'IPERTROFIA DEI TURBINATI INFERIORI NEL BREVE E MEDIO TERMINE

Manna Giuseppe Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva della Seconda Università degli studi di Napoli/Reparto di Otorinolaringoiatria di Villa dei Fiori Mugnano di Napoli Mazzone Salvatore Razionale: scopo dello studio è valutare l'efficacia a breve e medio termine della riduzione volumetrica dei turbinati con risonanza quantica nel trattamento dell’ipertrofia dei turbinati Materiali e metodi: Abbiamo osservato 103 pazienti con ostruzione cronica delle vie aeree nasali

causata da ipertrofia turbinati inferiori.A seconda della loro ostruzione obiettiva delle vie aeree nasali, i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi, mediante endoscopia nasale, Ao, Bo, Co, Do. Ao: ostruzione assente 0-25% Bo: minima ostruzione 25-50% Co: media ostruzione 50-75% Do: maggiore ostruzione 75-100% Pazienti a seconda delle loro ostruzione soggettive delle vie aeree sono stati divisi, in base alla NOSE scale, in 4 gruppi: As, Bs, Cs, Ds. As: ostruzione assente NOSE score 0-5 Bs: minima ostruzione NOSE score 5-10 Cs: media ostruzione NOSE score 10-15

Ds: maggiore ostruzione NOSE score 15-20Abbiamo eseguito un trattamento chirurgico di riduzione volumetrica su turbinati inferiori con risonanza quantica a tutti i pazienti. I risultati del trattamento sono stati valutati 15 giorni dopo il trattamento chirurgico a 3, 6, 12 mesi e 24 mesi.

L'analisi statistica è stata effettuata mediante test chi-quadro con correzione di Yates. Si è ritenuto successo chirurgico l'inclusione di ogni paziente almeno in uno dei gruppi A (As-Ao). Risultati: fase preoperatoria: nessun paziente apparteneva ad uno dei gruppi A. risultati a 3 mesi dal trattamento chirurgico quando 85 pazienti (82,5%) appartenevano almeno ad uno dei gruppi A. La differenza tra il check-up dopo 3 mesi e check-up dopo 24 mesi non era statisticamente rilevante (test X2, p> 0,05). Conclusioni: La tecnologia con risonanza quantica appare efficace nel trattamento dell’ipertrofia dei turbinati inferiori, ha una bassa incidenza di complicazioni, permette costantemente l'uso di anestesia locale, evita l’ospedalizzazione dei pazienti, riduce drasticamente il dolore post-operatorio.

6. TERAPIA “LONG-TERM” CORTICOSTEROIDEA NELLA POLIPOSI NASALE: VALUTAZIONE DEL METABOLISMO OSSEO MEDIANTE DENSITOMETRIA OSSEA A X-Ray DEXA

Plantone Francesca SEDE: UOC Otorinolaringoiatria Universitaria-DAI Neuroscenze, Organi di senso e Apparato locomotore – Bari Barbara Francesco SEDE: UOC Otorinolaringoiatria Universitaria-DAI Neuroscenze, Organi di senso e Apparato locomotore - Bari Gelardi Matteo SEDE: UOC Otorinolaringoiatria Universitaria-DAI Neuroscenze, Organi di senso e Apparato locomotore - Bari Razionale - La poliposi naso-sinusale interessa il 4% della popolazione mondiale. La sua eziopatogenesi è solo in parte conosciuta. Essendo una patologia cronica necessita di trattamento cronico. Nei casi ostruttivi e/o complicate diventa necessario l’approccio chirurgico. Recenti studi hanno evidenziato che la poliposi naso-sinusale può essere suddivisa in diversi fenotipi in base al Grading Clinico-Citologico (GCC) così come i diversi fenotipi possono trarre vantaggio da una terapia mirata (Precision Medicine). Il trattamento cronico con corticosteroidei, sia locali che sistemici, potrebbe interferire con il normale metabolismo osseo, predisponendo il paziente a patologie ossee (osteopenia ed osteoporosi) aumentando il rischio prospettico di frattura. Il presente studio “longitudinali” ha voluto valutare le variazioni densitometriche nei pazienti poliposici sottoposti a trattamento long-term con corticosteroidi. Materiali e metodi – Sono stati esaminati 34 pazienti (12 F, 22M) di età compresa tra 23 e 81 anni (età media 65.5)affetti da poliposi naso-sinusale. Dopo essere stati “fenotipizzati” grazie al GCC, hanno ricevuto trattamento medico con CCS topici (Mometasone furoato, 1 puff per narice 2 volte die a seconda del GCC) e con CCS sistemici (Prednisone 25 mg cpr, a seconda del GCC). Tutti i pazienti, suddivisi per fasce di età (18-34 anni; 34-49 anni; 50-60; > di 60 anni) nel corso degli anni hanno seguito un regolare follow-up (endoscopia nasale, citologia nasale) e densitometria ossea ( X-Ray DEXA) con valutazione del rischio di frattura ossea a 10 anni mediante indice di FRAX (Fracture Risk Assessment Tool). Risultati – dei 34 pazienti esaminati, 16 (47%), (2F e 14 M), non hanno presentato alcuna alterazione del metabolismo osseo in un range di anni di trattamento compreso tra 1 e 13 anni (6< a 5 anni; 5 tra 6 e 10 anni; 5> di 10 anni). 13 (44.2%) pazienti, (6F e7M) hanno presentato osteopenia in un range di trattamento compreso tra 1 e 16 anni (6 <5 anni; 5 tra 6 e 10 anni; 2 > di 10 anni). Nessuno degli osteopenici presentava un indice di FRAX superiore alla soglia necessaria all’indicazione di trattamento medico preventivo.. Soltanto 5 (14.7%) pazienti (4F e 1 M) hanno presentato alla densitometria una osteoporosi in un range di anni di trattamento compreso tra 1 e 18 anni (3<5 anni; 1 tra 6 e 10 anni; 1> di 10 anni). Soltanto 2 pazienti osteoporotici presentava un indice di FRAX superiore alla soglia di rischio di frattuta, tale da consigliare trattamento medico integrativo. Conclusioni – Alla luce dei nostri risultati si evidenzia che il trattamento long-term con CCSt e/o sistemici, alle dosi da noi consigliate, non determina alterazioni statisticamente significative a carico del metabolismo osseo. Sicuramente le alterazioni riscontrate sono da addebitare a fattori non legati al trattamento terapeutico bensì a predisposizioni personali (congenite, malassorbimento ecc) o acquisite ( errate abitudini alimentari).

7. RINITE NON ALLERGICA EOSINOFILA: CARATTERIZZAZIONE FENOTIPICA IN BASE ALLA RISPOSTA AGLI ANTILEUCOTRIENI

De Corso Eugenio Roberta Anzivino, Carla De vita, Silvia Baroni, Chiara Autilio, Renato Morelli, Walter Di Nardo, Matteo Romanello, Antonio Salvati, Giovanni Di Cintio, Gaetano Paludetti. Fondazione Policlinico A. Gemelli Area Testa e Collo. Unità Semplice di rinologia. Università Cattolica del Sacro Cuore. Istituto di otorinolaringoiatria. Largo F.Vito Roma 00168 Roma Fondazione Policlinico A. Gemelli Area Testa e Collo. Dipartimento di biochimica e diagnostica biomolecolare. Largo F.Vito Roma 00168 Roma. Razionale: scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza degli antagonisti selettivi dei recettori CysLT-1, come il Montelukast, nel trattamento dei pazienti con rinite non allergica eosinofila e correlando la risposta alla terapia con le diverse caratteristiche cliniche dei pazienti e con il dosaggio dei markers biochimici di ipereosinofilia. Materiali e metodi: Abbiamo arruolato 78 pazienti (età media: 41; Maschi: 25; Femmine: 53) affetti da rinite non allergica eosinofila che sono stati sottoposti al trattamento con 10 mg/die di Montelukast per 2 mesi. A tutti i pazienti è stato chiesto di completare un questionario prima e dopo il trattamento riguardo i sintomi rinologici (congestione nasale, rinorrea, episodi di starnutazione, prurito nasale, irritazione congiuntivale, lacrimazione, disfunzioni olfattiva, difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni e congestione nasale al risveglio). I sintomi sono stati quantificati mediante scala visuo-analogica e per ogni paziente è stato elaborato uno score medio dei sintomi diurni e notturni e relativo “composite score”. Sono stati considerati responsivi al trattamento i pazienti con una riduzione del composite score di almeno il 50% rispetto al punteggio basale. L’efficacia dei risultati è stata correlata alla presenza di storia familiare di rinite, asma, intolleranza all’aspirina ed ipereosinofilia ematica. Tutti i pazienti sono stati sottoposti, infine, a lavaggio nasale pre e post trattamento per dosare i livelli di eotassina 1 e 2. Risultati: il composite score medio si è ridotto significativamente da 46.05±15 a 20.27±15 dopo il trattamento (p<0.001). Sono stati considerati responsivi al trattamento 42 su 78 pazienti (53,8%). Dall’analisi statistica è emerso che pazienti con storia familiare di rinite eosinofila, con ipereosinofilia ematica e intolleranza all’aspirina avevano un rischio più alto di essere “non responders”, mentre i pazienti asmatici maggiore probabilità di essere “responders”. L’analisi dei markers biochimici (eotassina 1 e 2) pre e post trattamento ha rilevato un aumento della concentrazione degli stessi nel lavaggio nasale nei pazienti “non responders” e una diminuzione nei pazienti “responders”. Conclusioni: i nostri studi suggeriscono che i pazienti affetti da rinite non allergica eosinofila possono beneficiare del trattamento con 10 mg/die di Montelukast. Inoltre è stato possibile identificare diversi fenotipi di malattia che presentano diversa risposta alla terapia. Ulteriori studi sono necessari per chiarire l’efficacia del farmaco e il suo meccanismo di azione così da poter definire con più precisione i pazienti responsivi al trattamento. Parole chiave: riniti non allergiche, antileucotrieni, asma, intolleranza all’aspirina, eotassi.

8. EDITING AVANZATO DELLE IMMAGINI RADIOLOGICHE PER LA PIANIFICAZIONE DELLA CHIRURGIA DEL NASO E BASICRANIO

Dr. Domenico Di Maria1 Dr. Matteo De Notaris2, Dr. Angelo Maria Iannarone1, Dr. Eugenio D’Avenia1 1 U.O.C. di ORL, A.O.R.N. “G. Rummo” Benevento 2 U.O.C. di Neurochirurgia, A.O.R.N. “G. Rummo” Benevento RAZIONALE La chirurgia endoscopica nasale (ESS) estesa al basicranio necessita sempre dello studio radiologico finalizzato alla pianificazione dell’intervento chirurgico. In passato le immagini TC ed RMN del cranio e del massiccio facciale erano valutate separatamente e tra loro integrate grazie alla capacità del chirurgo di eseguire una fusione “mentale” di ciò che aveva memorizzato. Da diversi anni sono disponibili sul web programmi di editing avanzato delle immagini radiologiche che permettono l’editing di esami differenti (TC-RMN, TC-PET). Lo studio preliminare di queste immagini, elaborate in modelli 3D, permette di pianificare in modo più preciso la chirurgia e di ridurre il rischio di complicanze ed errori esecutivi. MATERIALI E METODI Le immagini radiologiche (TC ed RMN) di tre pazienti in attesa di chirurgia endoscopica nasale per

ware, funzionante su piattaforma Mac, di elaborazione dedicato alle immagini

DICOM prodotte da apparecchiature medicali (TC, MR, CR, DR, US).

immagini. Lo scopo della ricerca è stato quello di confrontare le ricostruzioni 3D e delle aree patologiche con ciò che si sarebbe riscontrato in endoscopia durante l’intervento chirurgico. RISULTATI La ricostruzione del primo caso, sul modello 3D mediante l’utilizzo del sistema di colorazione differenziata dei tessuti (CLUT), evidenziava un piccolo meningocele della fessura olfattiva sinistra. Quella del secondo caso, grazie all’utilizzo delle ROI (Region of Interest), ha permesso di discriminare la patologia neoplastica da versamenti mucosi nei seni mascellare, frontale e sfenoidale omolaterale. La ricostruzione del terzo caso, un esoftalmo, confermava la compressione “ab estrinseco” da parte di un mucocele etmoidale dell’orbita destra. Lo studio radiologico preliminare ha mostrato una esatta concordanza con quanto riscontrato durante l’esecuzione dell’intervento chirurgico. CONCLUSIONI L’interpretazione e l’editing delle immagini radiologiche in fase pre-chirurgica nella patologia naso-sinusale e del basicranio è una strumento affidabile per la pianificazione dell’intervento.Alla luce delle attuali risorse tecnologiche e multimediali, la conoscenza di tali strumenti assume il valore di un dovere etico e professionale.

9. TRATTAMENTO INTERCETTIVO NEI PAZIENTI AFFETTI DA RONCOOATIA CON DEVIAZIONE DEL SETTO NASALE NON STENOSANTE

G. Marini G.C De Vincentiis, M.L. Panatta, E. Sitzia, F. Pizzoli, P.Partipilo U.O.C. di Otorinolaringoiatria – Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - Roma Numerosi studi dimostrano l’efficacia del trattamento ortodontico con espansione rapida del mascellare (RME) non solo nel normalizzare il deficit trasversale dell’osso mascellare superiore ma anche nel migliorare la morfologia dell’apparato masticatorio e delle vie aeree ed in particolar modo nel modificare una deviazione del setto nasale non stenosante in età pediatrica. L’iposviluppo del mascellare è un deficit di crescita trasversale della mascella superiore che si evidenzia clinicamente con: palato stretto, volta palatina alta, arcate dentarie contratte, morso incrociato monolaterale o bilaterale, protrusione o retrusione mandibolare, latero deviazione mandibolare. La correzione di tale condizione patologica, intervento di ortopedia dento-maxillo-facciale, oltre a migliorare l'estetica e la funzionalità dell'apparato masticatorio, realizza effetti benefici a carico sia delle dimensioni del cavo orale che quelle delle cavità nasali. L'aumento di altezza della volta palatina che accompagna sempre il difetto di sviluppo trasversale del mascellare superiore, diminuisce l'ampiezza delle cavità nasali e può essere alla base di una deviazione del setto nasale non stenosante. L'espansione terapeutica, provocando modifiche positive di ampiezza sia delle cavità nasali che del cavo orale del bambino affetto da tale patologia, porta un incremento del flusso d'aria per via nasale ed un aumento dello spazio orale per la lingua. L’espansione rapida del mascellare superiore rappresenta, nel paziente in crescita, un punto di riferimento nel trattamento delle deficienze trasversali del mascellare superiore, ed anche uno dei capitoli più discussi della letteratura ortodontica per la possibilità che può offrire di ottenere un guadagno di sostanza ossea a questo livello e un ampliamento della base scheletrica nei casi di deficit trasversale mascellare; rappresenta ad oggi un trattamento complementare e/o alternativo nel trattamento dei disturbi respiratori del sonno.

10. FIBROMA OSSIFICANTE GIOVANILE

G.C De Vincentiis M.L. Panatta, E. Sitzia, F.M. Tucci, G. Marini U.O.C. di Otorinolaringoiatria – Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - Roma Il fibroma ossificante è un tumore osteofibroso benigno descritto per la prima volta da Menzel nel 1872 con maggior espressione a livello della tibia nei bambini fino a 10 anni e coinvolgimento di testa e collo generalmente tra i 20 ed i 30 anni. Nel distretto testa collo la maggior localizzazione è a livello della mandibola ( 62%-89%) e pattern maggiormente aggressivo nei casi di localizzazione a livello nasale e dei seni paranasali; le donne sono colpite più degli uomini con rapporto 2:1. In letteratura sono riportati 48 casi coinvolgenti il tratto naso-sinusale dal 1971 al 2011. La variante giovanile può presentare alto rischio di recidiva se rimosso in modo incompleto e questo ha costituito la spinta iniziale verso la resezione open en bloc, l’evoluzione della tecnica endoscopica nasale ha reso possibile l’asportazione con approccio meno invasivo. Gli autori descrivono un caso di fibroma ossificante giovanile etmoido-mascellare in un paziente di 15 anni con riscontro occasionale della patologia. Il paziente è stato sottoposto a duplice intervento per recidiva di malattia a distanza di 7 mesi, non ha presentato complicanze postoperatorie in entrambi i casi e ha eseguito imaging di controllo a 18 mesi dall’ultimo intervento in assenza di ripresa di malattia; attualmente ancora in follow up a due anni di distanza. La scelta di una tecnica endoscopica è l’approccio chirurgico preferenziale soprattutto per i minori effetti demolitivi su strutture ossee in accrescimento.

11. COMPLICANZE SINUSALI MONOLATERALI DA PATOLOGIA O TRATTAMENTI DENTALI: QUANDO LA CHIRURGIA ENDOSCOPICA ENDONASALE NECESSITA UN APPROCCIO INTRAORALE?

G.L. Fadda1 M. Berrone2, G. Cavallo1, M. Ravera1, F. Caranzano1, E. Crosetti3, G. Succo3 1S.C.D.U. Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Oncologia, Università di Torino – polo San Luigi 2S.C.D.U. Odontostomatologia, Dipartimento di Oncologia, Università di Torino – polo San Luigi 3FPO IRCSS, Candiolo Cancer Institute, Head & Neck Oncology Unit, Candiolo, Turin, Italy RAZIONALE: L’utilizzo diffuso degli impianti dentali e delle procedure ricostruttive necessarie per il loro posizionamento ha portato negli ultimi anni ad un aumento delle complicanze sinusali da patologia o trattamento dentale (SCDDT). Lo scopo di questo studio è stato quello di applicare la classificazione di Felisati per orientare l’approccio chirurgico, combinando il trattamento endonasale endoscopico (ESS) e l’accesso endorale qualora necessario. Inoltre, questo studio si è proposto di analizzare le percentuali di sinusiti mascellari odontogene estese all’etmoide anteriore e di investigare quali microorganismi siano responsabili delle SCDDT. MATERIALI E METODI: lo studio include 31 pazienti (età media 51,3 ± 13,28 anni; M/F 13/18). Il sospetto diagnostico di SCDDT era basato sulla presenza di segni e sintomi unilaterali di rinosinusite in pazienti con anamnesi positiva per trattamenti dentali e non rispondente a terapia medica. Tutti i pazienti sono stati sottoposti pre-operatoriamente a tomografia computerizzata (TC) a strato sottile dei seni paranasali e del processo alveolare del mascellare al fine di individuare il foce odontogeno. I pazienti sono stati suddivisi utilizzando la classificazione di Felisati e sottoposti a intervento chirurgico in “one day surgery”. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a follow-up clinico e radiologico per almeno 1 anno. RISULTATI: sedici pazienti sono stati trattati con approccio EES, 3 con approccio intraorale e 12 con approccio combinato. Non sono state osservate complicanze intraoperatorie e perioperatorie. Non si sono verificate recidive durante il periodo di follow-up. Intraoperatoriamente, in 20 casi sono state eseguiti prelievi di materiale purulento, sotto guida endoscopica, per colture batteriche mentre in 5 casi è stata effettuata una biopsia della mucosa sinusale per sospetto di infezione fungina; i microrganismi predominanti sono risultati batteri Gram+. In 5 pazienti sono state identificate ife fungine non invasive. Tutti i pazienti hanno riferito un miglioramento dei sintomi della rinosinusite, confermato attraverso i risultati degli esami clinici e della TC di controllo. CONCLUSIONI: I risultati di questo studio preliminare suggeriscono che un approccio multidisciplinare delle SCDDT consente una diagnosi più precisa ed un approccio terapeutico completo in un solo tempo, così da ottenere un rapido recupero, riducendo al minimo il rischio di recidiva.

12. RINOPATIE IMMUNOFLOGISTICHE E RISCHIO CARDIOVASCOLARE: STUDIO DEI PARAMETRI FLOW-MEDIATED DILATION (FMD) E INTIMA-MEDIA THICKNESS (IMT)

Parisi Francesca SEDE: UOC Otorinolaringoiatria Universitaria-DAI Neuroscenze, Organi di senso e Apparato locomotore – Bari Iannuzzi Lucia SEDE: UOC Otorinolaringoiatria Universitaria-DAI Neuroscenze, Organi di senso e Apparato locomotore - Bari Gelardi Matteo SEDE: UOC Otorinolaringoiatria Universitaria-DAI Neuroscenze, Organi di senso e Apparato locomotore - Bari Razionale - Diversi studi clinici hanno cercato di stabilire l’esistenza di rapporti tra malattie infiammatorie croniche e patologie cardiovascolari. Anche alcune patologie naso-sinusali ad andamento cronico potrebbero essere causa di complicanze cardiovascolari. Il nostro studio si propone di verificare l’eventuale esistenza di tale correlazione. Materiali e metodi – Uno studio caso-controllo è stato eseguito tra Ottobre 2015 e Aprile 2106. I casi (n=44) erano rappresentati da soggetti adulti affetti da patologie naso-sinusali ed esenti da patologie cardiovascolari. I controlli (n=42) nello stesso range di età, erano costituiti da pazienti esenti da patologie naso-sinusali e cardiovascolari. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione rinologica completa e valutazione cardiovascolare analizzando i parametri FMD (Flow-Mediated Dilation) e IMT (Intima-Media Thickness). Risultati - Nell’ambito del Gruppo di studio, 30 pazienti (68,18%) presentavano valore patologico di FMD, 14 pazienti (31,82%) valori normali; di contro, nel Gruppo di controllo, soltanto 9 pazienti (21,42%) presentavano un valore patologico di FMD, contro i 33 (78,58%) con valore di FMD risultato normale (p=0,0000, OR: 7,86). I valori di IMT sono risultati nella norma in entrambi i Gruppi considerati, nonostante i pazienti del Gruppo di studio presentino valori maggiori rispetto al Gruppo di controllo (IMT dx :p=0,022; IMT sx: p=0,007). 35 pazienti del gruppo di studio presentavano una comorbilità con rinite allergica, anche in questo caso le differenze tra Gruppo di studio e Gruppo di controllo sono risultate statisticamente significative(FMD p=0,0000; IMT dx p=0,0429; IMT sx p=0,0498). Confrontando il Gruppo di controllo con il Gruppo di pazienti con poliposi nasale abbiamo ottenuto differenze sia nei valori di FMD (p=0,0017) che in quelli di IMT (dx p=0,0009; sx p=0,0000) rispetto al Gruppo di controllo. Conclusioni – Sembra probabile che l'infiammazione cronica sia coinvolta nella patogenesi della disfunzione endoteliale accelerata e diversi sarebbero i potenziali meccanismi. Tale correlazione configurerebbe la patologia cardiovascolare come nuova e importante comorbilità delle rinopatie.

13. MIGRAZIONE POST TRAUMATICA DI BULBI PILIFERI A LIVELLO DELLE OSSA NASALI

Nazionale Giuseppe ASLTO3 Rivoli (TO) Ghigna Ivano - ASL TO3 Rivoli (TO) Andreis Marco - ASL TO3 Rivoli (TO) Teglia Roberto - ASL TO3 Rivoli (TO) Magnano Mauro - ASL TO3 Razionale: A Ottobre 2016 abbiamo sottoposto a settorinoplastica funzionale con tecnica open un paziente affetto da stenosi valvolare nasale post-traumatica. Il trauma era avvenuto in età pediatrica e il paziente presentava una cicatrice a livello del dorso nasale (fig.I) con una tumefazione della piramide a tratti di consistenza morbida (diversa rispetto alla consistenza abituale del gibbo osseo) lo stesso soggetto riferiva episodi recidivanti di fuoriuscita di secrezioni purulente curate con medicazioni locali e con sedute di laser terapia. Durante l’intervento abbiamo avuto una certa difficoltà nello scollamento del dorso osseo nella sede sottostante la cicatrice, e nell’isolamento del setto nasale ove era mancante una grossa porzione di cartilagine quadrangolare. Il reperto più strano è stato quando, terminato lo scollamento della cute della piramide nasale, si sono evidenziati dei peli della lunghezza quasi un centimetro impiantati sulle ossa proprie nasali, inoltre abbiamo notato che la cicatrice presentava un prolungamento cutaneo interno probabile causa della colonizzazione ossea dei bulbi piliferi. Abbiamo eseguito una gibbotomia con exeresi della parte ossea con attaccati i bulbi piliferi (Fig. II) e successivo lavaggio con soluzione antibiotica del letto chirurgico. Eliminato il prolungamento cutaneo e revisionata la cicatrice i risultati funzionale e estetici sono stati soddisfacenti. Materiali e metodi: Paziente di sesso maschile di 27 aa di età , ostruzione nasale severa a seguito di trauma in età pediatrica. Sottoposto a TC cranio prima dell’intervento. Eseguito intervento di settorinoplastica funzionale con tecnica open, previa infiltrazione di soluzione di adrenalina e carbocaina al 2%. Osteotomie mediali e basali e innesto columellare di sostegno della punta. Contenzione con archetto rigido e con tamponi. Terapia antibiotica con levofloxacina per 10 gg dopo l’intervento. Risultati: I controlli post operatori a distanza di tre mesi hanno confermato un netto miglioramento della funzionalità respiratoria soggettiva e un buon esito estetico. Conclusioni: Il sovrapporsi dei margini di sutura ha permesso a un lembo cutaneo di crescere in profondità, facendo “colonizzare” le ossa nasali da alcuni bulbi piliferi. Tale caso clinico è la dimostrazione delle modificazioni strutturali che si possano avere a livello nasale inseguito a un trauma intercorso in età pediatrica. E di come esiste una sorta di “adattamento” delle strutture nasali alle nuove situazioni anatomiche che si vengono a creare.

14. OLFATTO E POLIFARMACOTERAPIA NELL’ANZIANO

Facciolo Maria Cristina Ospedale universitario di Padova Marioni Gino Savietto Enrico Nardello Ennio Pendolino Alfonso Luca Manzato Enzo Martini Alessandro Ottaviano Giancarlo Razionale: Secondo recenti studi circa il 50% della popolazione statunitense di età compresa tra i 65 e gli 80 anni presenta una diminuzione della funzione olfattiva, percentuale che sale al 75% sopra gli ottant’anni. L’eziologia della perdita olfattiva legata all’età è ancora poco chiara, tuttavia può essere relazionata all’assunzione di farmaci, che avviene in particolare negli anziani a causa della loro maggiore morbilità. Nel presente studio abbiamo valutato la capacità olfattiva, in termini di soglia ed identificazione, in volontari anziani al fine di valutare la relazione tra olfatto e numero e tipo di farmaci assunti. Materiali e metodi: E’ stato selezionato un gruppo di 50 volontari di età media 74 ±7 anni (35 femmine, 15 maschi). I principali criteri di esclusione sono stati: pregressa chirurgia naso-sinusale, traumi cranici, chemioterapia e radioterapia del distretto testa-collo, riniti allergiche e non, fumo, diagnosi di diabete ed ipotiroidismo. I soggetti sono stati selezionati inoltre in base al questionario Sino-nasal outcome test (SNOT)-22 ed al “Mini Mental State Examination” (MMSE) test, adattato per età. Per ogni soggetto sono stati considerati età, sesso, altezza, peso, BMI, numero e tipo di farmaci assunti. L’identificazione olfattiva è stata determinata tramite lo “Screening 12” test e la soglia olfattiva mediante N-Butanolo “threshold sub-test”. Risultati: L’analisi statistica ha dimostrato che non vi è correlazione tra l’identificazione olfattiva ed il numero di farmaci assunti. Tuttavia la polifarmacoterapia ha una relazione diretta con la soglia olfattiva ed una relazione inversa con l’MMSE. E’ stata inoltre dimostrata una relazione inversa tra età ed identificazione olfattiva. Analizzando la relazione tra diversi tipi di farmaci e la capacità olfattiva, l’analisi univariata ha mostrato una relazione diretta tra soglia olfattiva e assunzione di farmaci bloccanti i canali del calcio, ß-bloccanti, ed antiaggreganti. Esiste invece una relazione inversa tra identificazione olfattiva ed antiaggreganti (acido acetilsalicilico) e diuretici risparmiatori di potassio. L’analisi multivariata, condotta includendo tutte le variabili disponibili, ha dimostrato che i farmaci α-litici e gli antiaggreganti sono direttamente correlati con la soglia olfattiva. Solo per i farmaci antiaggreganti è stata dimostrata una significativa correlazione inversa con l’identificazione olfattiva. Conclusioni: In base al presente studio, anche se condotto su un numero ridotto di pazienti, emerge un’influenza del numero di farmaci assunti dagli anziani sull’olfatto ed in particolare di alcuni di essi. Ulteriori studi saranno necessari per confermare questi dati considerabili ancora preliminari.

15. UTILIZZO AMBULATORIALE DEL MANOMETRO DIGITALE ENDOFLOWER PER LA MISURAZIONE DEI FLUSSI AEREI NELLE DIVERSE SOTTOSEDI NASALI

Cantone Elena ENT Unit, “S. Leonardo” Hospital, Castellammare di Stabia, Italy Cantone Elena - Department of Neuroscience, ENT Unit, University of Naples “Federico II”, Italy De Luca Roberto - Department of Physic “E. R. Caianiello”, University of Salerno, Italy Russo Mario Brandon - Department of Engineering Second University of Naples, Italy Iengo Maurizio - Department of Neuroscience, ENT Unit, University of Naples “Federico II”, Italy Razionale: La realizzazione di studi sperimentali per la valutazione dei flussi aerei nasali è particolarmente indaginosa data la difficoltà di ottenere in vivo un’accurata misurazione dei stessi. Inoltre, sebbene la rinomanometria standard e la rinometria acustica rappresentino i metodi più utilizzati nella pratica clinica, esse forniscono solo una misura globale ed approssimativa dei flussi aerei nasali, senza definirne i particolari temporali o spaziali. Allo stesso modo gli studi sulla fluidodinamica computazionale rappresentano solo una simulazione numerica, ben lontana da quelle che sono le variabili anatomiche e fisiologiche delle cavità nasali. Pertanto, ad oggi, non esistono ancora strumenti diagnostici in grado di misurare oggettivamente la geometria delle cavità nasali, le resistenze ed il grado di ostruzione nei diversi sotto-siti nasali, elemento quest’ultimo fondamentale per una corretta programmazione chirurgica. Materiali e metodi: Allo scopo di superare i limiti della diagnostica standard abbiamo elaborato un modello matematico basato sull’equazione di Bernoulli applicata alle cavità nasali di soggetti sani per lo studio dei gradienti pressori di vari sotto-siti nasali, che sono stati misurati grazie ad un particolare manometro digitale di facile utilizzo nella pratica clinica ambulatoriale (brevetto Gamerra). Il modello bio-fisico elaborato è il primo in grado di valutare la dipendenza dal tempo dei gradienti pressori all’interno del vestibolo nasale, studiando in maniera dinamica, grazie ai vantaggi offerti dalla manometria digitale, i flussi aerei naso-sinusali. Risultati: Il nostro studio, unico in letteratura, ha identificato due curve limite che racchiudono un’area rappresentativa entro cui cadono i livelli “normali” di flusso in corrispondenza del vestibolo nasale. Conclusioni: Il modello può essere esteso allo studio di altri key-points nasali importanti nel mantenimento di una pressione efficace ai fini di una fisiologica ventilazione naso-sinusale, nonché di un adeguato flusso aereo dal naso ai polmoni. La teoria fisica suggerisce che in presenza di una patologia naso-sinusale che riduca il flusso aereo nasale e che renda necessario l’intervento chirurgico, quest’ultimo debba essere pianificato in modo da rispettare il più possibile l’anatomia, in vista di risultati funzionali ottimali.

16. SCLEROTERAPIA NASALE LOCALE ENDOSCOPICA CON LAUROMACROGOL 400 (LA), PER IL TRATTAMENTO DELLA TELEANGECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA (HHT) E DELL’EPISTASSI ANTERIORE

Bellusci Andrea Università di Bologna– DIMES – U.O. ORL Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna Vargiu Lucrezia - Università di Bologna– DIMES – U.O. ORL Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna Farneti Paolo - Università di Bologna– DIMES – U.O. ORL Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna Pirodda Antonio - Università di Bologna– DIMES – U.O. ORL Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna Pasquini Ernesto - Unità ORL Metropolitana– AUSL Bologna Razionale: L’epistassi è una delle più comuni emergenze ORL e rappresenta circa il 12% annuo di accessi nel pronto soccorso del nostro dipartimento. Circa il 60% della popolazione generale ha almeno un episodio di epistassi nella vita ed è un evento documentato nel 93% dei pazienti affetti da teleangectasia emorragica ereditaria (HHT). L’alta incidenza di epistassi implica un importante impatto economico, è pertanto mandatorio che per il trattamento di questa condizione ci si avvalga di misure poco invasive che al contempo garantiscano risultati immediati. Lo scopo di questo studio, è dimostrare l’efficacia dell’infiltrazione submucosale di Lauromacrogol (LA), sia nella comune epistassi anteriore che nei casi di HHT, e documentare la maggiore efficacia ed il minor traumatismo rispetto al comune tamponamento nasale. Materiali e metodi: 0.5-1ml di Lauromacrogol 400 (Aethoxysklerol®) o in singola o in multipla somministrazione con ago 27-gauge (BD Microlance™ 3) sono stati iniettati in prossimità dell’area di sanguinamento (in soggetti affetti da epistassi anteriore). Quando necessario abbiamo eseguito la procedura bilateralmente in un unico tempo. Il trattamento è stato applicato su 26 pazienti (27 procedure), mentre altri 26 sono stati trattati con tamponamento nasale classico. Riportiamo anche la nostra esperienza su 16 pazienti affetti da HHT e trattati con iniezioni di LA dal 2001 a oggi. Risultati: Le infiltrazioni di LA sono state ben tollerate, con un maggior tasso di remissione dei sintomi a costi inferiori (dati confrontati con il tamponamento nasale). Nei pazienti affetti di HHT inoltre ha ridotto considerevolmente gli episodi di epistassi e la necessità di trasfusione. Conclusioni: Le infiltrazioni di Lauromacrogol possono essere considerate una valida alternativa al tamponamento nasale sia nella comune epistassi anteriore che nella HHT, con una buona efficacia e costi inferiori.

17. RUOLO DELLA CITOLOGIA NASALE NELLA DIAGNOSI DI RINITE OCCUPAZIONALE NEI LAVORATORI DEL LEGNO

Salerni Lorenzo Università di Siena Giorli Alessia - Università di Siena Gaudini Elisa - Azienda Ospedaliera Universitaria Senese Livi Walter - Università di Siena Razionale: Le polveri del legno sono riconosciute dalla IARC come cancerogene e associate a comparsa di adenocarcinoma nasosinusale, ma sono anche correlate alla comparsa di sintomi di interesse rinologico che imitano le comuni riniti infiammatorie. Scopo primario di questo lavoro è ricercare una correlazione tra l’esposizione alle polveri del legno e la comparsa di alterazioni patologiche del rinocitogramma riconducibili a rinopatia infiammatoria non allergica su base occupazionale. Materiali e metodi: Ai fini di questo studio sono stati esaminati 181 lavoratori del settore mobiliero della zona della Valdelsa (SI). È stata eseguita una visita otorinolaringoiatrica completa e successivamente sono stati sottoposti a prelievo citologico tramite scraping e/o brushing della mucosa del turbinato inferiore. Sono poi stati allestiti vetrini a fresco che abbiamo colorato con la colorazione di May-Grumwald-Giemsa. Dalla loro osservazione con microscopio ottico ad un ingrandimento di 10, 20, 1000x sono stati compilati i singoli rinocitogrammi. Risultati: Dallo studio citologico nasale dei lavoratori esaminati emerge che la maggior parte di essi presenta delle alterazioni della cellularità nasale. I soggetti con un rinocitogramma patologico compatibile con rinite infiammatoria non allergica costituiscono l’86% del campione esaminato. Rispetto alla totalità dei pazienti osservati, il 34% presenta rinopatia neutrofila, il 29% mostra un quadro a cellularità mista, il 17% presenta rinopatia mucipara, il 4% presenta rinopatia batterica, il 2% presenta rinite eosinofila. Soltanto il 14% del campione presenta un quadro citologico di normalità. Tali percentuali sono molto differenti da quelle osservate nella popolazione generale, in cui si stima che la prevalenza delle riniti non allergiche sia intorno al 20%. Conclusioni: L’esposizione prolungata alle polveri del legno determina la comparsa, a livello della mucosa nasale, di alterazioni citologiche significative nella maggior parte dei soggetti esposti.

18. TRAUMA CRANICO MINORE: VALUTAZIONE DELLA DISFUNZIONE OLFATTIVA E DELLE CARETTERISTICHE CLINICO-NEUROLOGICHE

Angeletti Diletta Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Ciofalo Andrea - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Iannella Giannicola - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Falasca Vincenzo - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Pasquariello Benedetta - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Manno Alessandra - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Zambetti Giampietro - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Giacomello Paola - Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Roma “La Sapienza” Magliulo Giuseppe - Organi di Senso Department University, Sapienza University of Rome, Viale del Policlinico,151 – 00161, Rome, Italy. Razionale: Lo studio si pone l’obiettivo di valutare la funzione olfattiva e le correlazioni clinico-neurologiche di un gruppo di pazienti con trauma cranico minore. Materiali e metodi: Questo studio si basa sull’analisi retrospettiva di 118 pazienti (60 maschi e 58 femmine; con una media di età di 46 anni) che si sono recati presso il Dipartimento di Organi di Senso del Policlinico Umberto I con diagnosi di trauma cranico minore e riferendo deficit olfattivo. In accordo con le attuali linee guida, il trauma cranico è considerato minore per i pazienti con il Glasgow Coma Scale tra 13 e 15. I pazienti arruolati sono stati sottoposti ad una visita otorinolaringoiatrica completa. Sono state presi in considerazione la sede del trauma, l’eventuale perdita di coscienza e la riduzione o assenza della funzione olfattiva. Sono state infine valutate le indagini radiologiche (TC e/o RM) effettuate dopo il trauma e la presenza o meno di edemi, emorragie o fratture ossee. Infine è stata eseguita la valutazione dell’olfatto mediante sniffing test, il quale comprende 3 sub-test per la valutazione della soglia di percezione, della capacità discriminativa e identificativa degli odori. Risultati: Dei pazienti esaminati, nell’87% dei casi è stata diagnosticata un’anosmia mentre solo nel 13% dei casi una iposmia. Nessuna correlazione è emersa circa la presenza di lesioni radiologicamente evidenziate e tra la sede della lesione e i diversi tipi di disfunzione olfattiva (p> 0,05 e p = 0.5 rispettivamente). Infine l’analisi dei dati ricavati dai tre sub-test per la valutazione della funzione olfattiva ha dimostrato una riduzione della soglia di percezione degli odori in assenza di deficit della discriminazione degli stessi; valori inferiori nei tre sub-test sono stati evidenziati nei pazienti con lesioni cerebrali evidenziate radiologicamente o nei casi di trauma cranio-facciale o occipitale. Conclusioni: I traumi cranici, anche se minori, costituiscono una delle più frequenti cause disfunzione olfattiva. L’analisi dei dati ricavati ha dimostrato che, al contrario di ciò che ci si aspetterebbe, i traumi cranici minori causano più frequentemente anosmia rispetto all’iposmia. I meccanismi eziologici sono disparati; la lesione assonale dovuta allo stiramento dei filuzzi olfattori a livello della lamina cribra (neuroaprassia o neurotmesi) o una lesione del neuroepitelio sembrano essere i principali meccanismi patogenetici. In conclusione, un’attenta valutazione

otorinolaringoiatrica con test di valutazione dell’olfatto nei casi di trauma cranico è, a nostro parere, obbligatoria al fine di effettuare una precoce diagnosi di iposmia o anosmia e di impostare un tempestivo iter terapeutico.

19. RUOLO PROGNOSTICO DI EOSINOFILIA E BASOFILIA SIERICHE NELLA POLIPOSI RINOSINUSALE

Zanotti Claudia Dipartimento di Neuroscienze DNS, Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova Brescia Giuseppe - Dipartimento di Neuroscienze DNS, Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova Barion Umberto - Dipartimento di Neuroscienze DNS, Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova Martini Alessandro - Dipartimento di Neuroscienze DNS, Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova Marioni Gino - Dipartimento di Neuroscienze DNS, Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova Razionale: Identificare i pazienti a maggior rischio di recidiva di rinosinusite cronica polipoide (CRSwNP) rappresenta una delle maggiori difficoltà in ambito rinologico. Il principale scopo di questo studio è stato quello di identificare i cutoffs dei valori preoperatori di eosinofilia e basofilia sieriche (in termini sia di conta totale sia di percentuale) con la capacità di stimare il rischio di recidiva di CRSwNP in pazienti sottoposti a intervento chirurgico. L’obiettivo secondario è stato quello di utilizzare i suddetti cutoffs per calcolare il rischio di recidiva in sottogruppi di pazienti con diagnosi istologica di CRSwNP eosinofila o aspecifica. Materiali e metodi: E’ stato condotto uno studio retrospettivo su 280 pazienti (127 con CRSwNP eosinofila, 153 con CRSwNP aspecifica), per analizzare il ruolo prognostico dei valori preoperatori di eosinofilia e basofilia sieriche. Risultati: Nella casistica generale, i livelli medi di eosinofilia e basofilia sieriche preoperatorie sono risultati significativamente più elevati nei pazienti che avrebbero sviluppato recidiva di CRSwNP. I pazienti con un valore di eosinofili sierici totali ≥0.24 cellule×109/L e percentuale ≥3.7% avevano degli odds ratio (OR) calcolati per la recidiva pari rispettivamente a 2.57 e 2.19; i pazienti con un valore di basofili sierici totali ≥0.03 cellule×109/L e percentuale ≥0.5% avevano OR pari a 2.19 e 2.24, rispettivamente. Nella sottopopolazione di pazienti con diagnosi istologica di CRSwNP eosinofila, i livelli medi di eosinofili e basofili sierici (totali e percentuali) sono risultati significativamente più elevati nei casi che avrebbero sviluppato recidiva. I livelli sierici di eosinofilia e basofilia erano tra loro direttamente correlati. L’OR di recidiva era pari a 2.52 nei pazienti con alti livelli sierici di eosinofili (≥5.9%), mentre era pari a 2.52 e 2.69 nei pazienti con alti livelli sierici di basofili (≥0.04 cellule×109/L e ≥0.5%, rispettivamente). Conclusioni: Il ruolo di elevati livelli di eosinofili e basofili sierici dovrebbe essere studiato in maniera approfondita poiché questi possono individuare i pazienti a maggior rischio di recidiva nella CRSwNP con istologia eosinofila. Questi risultati preliminari supportano il crescente interesse verso il ruolo fisiopatologico dei basofili nella CRSwNP.

20. “TUNA-SAVING” MAXILLECTOMIA MEDIALE ENDOSCOPICA: UNA TECNICA CHIRURGICA PER IL PAPILLOMA INVERTITO MASCELLARE

Avato Irene UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Zaccari Dario - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Borsetto Daniele - Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova Cazzador Diego - Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova Tomacelli Leonardo Pusateri Alessandro - USC Otorinolaringoiatria, Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo Matti Elina - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Emanuelli Enzo - Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova Pagella Fabio - UOC ORL Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia Razionale: Il seno mascellare è il sito di origine più comune del papilloma invertito. Attualmente la maxillectomia mediale con tecnica endoscopica rappresenta il gold standard per il trattamento del papilloma invertito mascellare. Con questa valida tecnica rimane la possibilità di complicanze quali ad esempio la stenosi delle vie lacrimali con conseguente epifora. Nell'ottica di evitare tali complicanze presentiamo una modifica della tecnica chirurgica con la preservazione della testa del turbinato inferiore e del dotto nasolacrimale. Materiali e metodi: Un'analisi retrospettiva è stata condotta in pazienti trattati per papilloma invertito mascellare in centri di terzo livello tra il 2006 ed il 2014. Sono stati applicati i concetti della chirurgia orientata sul peduncolo e, in casi selezionati di localizzazione del peduncolo a livello della parete anteriore, è stata eseguita una maxillectomia mediale modificata con tecnica endoscopica che viene descritta in questa comunicazione. Risultati: Dal 2006 al 2014, sono stati trattati 84 pazienti. Una maxillectomia mediale endoscopica standard è stata praticata in 55 casi (65,4%), mentre nei rimanenti 29 (34.6%), è stata eseguita una maxillectomia mediale endoscopica modificata. Abbiamo osservato 3 recidive (3/84; 3.6%) dopo un follow-up minimo di 24 mesi. Conclusioni: Proponiamo un nuovo approccio chirurgico per casi selezionati di papilloma invertito mascellare. Con questa tecnica la maxillectomia mediale è eseguita preservando la testa del turbinato inferiore e il dotto nasolacrimale (“TuNa-saving”). Tale tecnica consente una buona visualizzazione del seno mascellare, buoni risultati in senso oncologico ed una riduzione del tasso di complicanze.

21. DIFFICOLTA’ CLINICO-RADIOLOGICHE NELLA GESTIONE DELLE SINUSITI CRONICHE MASCELLARI NEI PAZIENTI β-TALASSEMICI

Martino Federica Università degli studi di Roma "Tor Vergata" Giacomini Pier Giorgio - Università degli studi di Roma \"Tor Vergata\" Melis Milena - Università degli studi di Roma \"Tor Vergata\" Greco Laura - Università degli studi di Roma \"Tor Vergata\" Passali Francesco Maria - Università degli studi di Roma \"Tor Vergata\" Razionale: La β-Talassemia è una patologia ematologica ereditaria della quale sono ampiamente descritte le modificazioni anatomiche del massiccio facciale, quali l’assottigliamento delle strutture corticali e l’espansione delle cavità ossee causate dall’iperplasia midollare ma pochi sono gli studi sui seni paranasali. Il nostro obiettivo è quello di rivelare una possibile correlazione tra patologie sinusali e β-talassemia, documentare le problematiche diagnostiche nell’interpretazione delle immagini radiologiche e studiare le variazioni anatomiche tipiche dei seni mascellari. Materiali e metodi: È stato effettuato uno studio retrospettivo su 59 pazienti affetti da β-talassemia major, con segni e sintomi di sospetta infezione delle vie aeree, e su 44 controlli sani con una morfologia cranio facciale normale e senza patologie naso sinusali, utilizzando la TC a 64-strati senza m.d.c. Sono stati esaminati i seguenti parametri del seno mascellare: lo spessore osseo massimo nel piano assiale della parete laterale, lo spessore della parete anteriore, la densità e il volume a livello del primo premolare. Risultati: Una differenza statisticamente significativa è stata riscontrata tra i due gruppi in esame: il volume e la densità del seno mascellare dei pazienti talassemici risultano ridotti, lo spessore della parete anteriore e laterale aumentati. Nel gruppo dei 59 pazienti β-talassemici selezionati, 38 hanno riportato un’evidenza radiologica di infiammazione dei seni mascellari; inoltre, in 21 di questi, si sono riscontrate anche le caratteristiche alterazioni anatomiche. In altri 8 pazienti talassemici si è evidenziata invece un’erronea diagnosi, in quanto erano presenti i peculiari reperti anatomici ma nessuna evidenza radiologica di infiammazione, risultando falsi positivi clinici. Nel gruppo di controllo, si sono evidenziati 8 casi di sinusite e nessun caso con le alterazioni anatomiche descritte. I pazienti talassemici, infine, hanno un rischio relativo di sinusite del 2,27%, più del doppio superiore rispetto la popolazione sana. Conclusioni: L’aumento del rischio di sinusite è correlato alla β-talassemia sia per l’immunodepressione indotta dalla terapia post-trapianto e sia per la conformazione anatomica tipica del seno mascellare, (prevalenza di sinusite pari al 50%). L’aumento dello spessore osseo può essere erroneamente interpretato come patologico ispessimento mucosale. Al fine di evitare un’indicazione chirurgica errata, consigliamo di prendere in considerazione i nostri reperti radiologici nella valutazione delle immagini TC, tenendo conto della presenza o meno di patologie ematologiche ereditarie.

22. UTILIZZO DELLA CONE BEAM TC PER IL FOLLOW-UP DELLE COMPLICANZE NASO-SINUSALI NEI PAZIENTI CON FIBROSI CISTICA: RISULTATI PRELIMINARI

Di Cicco Maurizio Centro di Riferimento ORL per la Fibrosi Cistica, UOC Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano Di Pasquale Daniele - Università degli Studi di Milano, UOC Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano Firetto Maria Cristina - Dipartimento di Radiologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano Colombo Carla - Centro Regionale Fibrosi Cistica, Fondazione IRCCS Ca\' Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano, Milano Razionale: La gestione delle complicanze naso-sinusali della Fibrosi Cistica (FC) rappresenta una sfida per lo specialista ORL. E’ stato dimostrato come i seni paranasali, agendo da reservoir di P. aeruginosa, influenzino le basse vie respiratorie incidendo sulle riacutizzazioni di FC. La diagnosi precoce e il follow-up delle complicanze ORL della FC sono pertanto importanti per permetterne un trattamento adeguato. La TC del massiccio facciale è l’indagine radiologica più utilizzata per il follow-up delle complicanze ORL dei pazienti con FC; tuttavia la ripetuta esposizione a radiazioni ionizzanti in questi pazienti rappresenta un noto problema. La cone beam TC (CBTC) utilizzata soprattutto in ambito odontoiatrico e maxillo-facciale per la ricostruzione 3D è caratterizzata da una bassa esposizione a radiazioni ionizzanti. Presso il nostro centro di regionale FC è stato sviluppato un protocollo sperimentale di follow-up radiologico per le complicanze naso-sinusali della FC mediante l’utilizzo della CBCT, allo scopo di ridurre l’esposizione a radiazioni ionizzanti senza perdere utili informazioni per la gestione clinica. Materiali e metodi: Tra Maggio 2015 e Luglio 2016, 35 pazienti con FC, seguiti presso il centro regionale, sono stati sottoposti a indagine radiologica del massiccio facciale con tecnica CBTC per lo studio delle complicanze naso-sinusali. 15 maschi, 20 femmine; età media 15,5; range 3-30. I reperti radiologici sono stati analizzati sia qualitativamente sia mediante il punteggio Lund-Mackay. Risultati: Punteggio Lund-Mackay basato sui reperti CBTC: media 15,5; range 1-24. I reperti radiologici più frequenti riscontrati sono: poliposi, medializzazione delle pareti dei seni mascellari, mucocele e riassorbimento osseo. Conclusioni: I nostri risultati dimostrano l’efficacia della CBTC nell’identificare le più frequenti complicanze naso-sinusali della FC se confrontata con la TC del massiccio-facciale, che rimane il gold standard in caso di sospetto di complicanze maggiori (e.g. invasione orbitaria, erosione della base cranica). La CBCT ha dimostrato di poter combinare basso assorbimento di radiazioni con una buona risoluzione d’immagine del massiccio facciale nei pazienti con FC; è nostra opinione che la CBCT rappresenti un ottimo strumento per uno stretto follow-up radiologico nei pazienti con FC in cura allo specialista ORL.

23. GESTIONE DELLA CELLULITE PERIORBITARIA E DELL’ASCESSO SUBPERIOSTEO IN PAZIENTI IN ETÀ PEDIATRICA: REVIEW DI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ

Fornaciari Martina Ospedale S.Orsola-Malpighi, Bologna Farneti Paolo - Ospedale S.Orsola-Malpighi, Bologna Sciarretta Vittorio - Ospedale S.Orsola-Malpighi, Bologna Demattè Marco - Ospedale S.Orsola-Malpighi, Bologna Fernandez Ignacio Javier Razionale: Valutazione del corretto algoritmo terapeutico multidisciplinare per i pazienti pediatrici affetti da cellulite periorbitaria quale complicanza di una sinusite acuta ed identificazione precoce dei casi da sottoporre a terapia chirurgica per via endoscopica (FESS) Materiali e metodi: Studio retrospettivo su 57 pazienti di età inferiore ai 14 anni con diagnosi di cellulite periorbitaria complicante un quadro di rinosinusite acuta. Ricerca di un’associazione statisticamente significativa tra variabili legate al paziente (età, sesso, storia di rinite allergica), presentazione clinica e radiologica (manifestazioni oculari, seni paranasali coinvolti, assenza o presenza di febbre, estensione pre o post-settale),trattamento richiesto (terapia steroidea, terapia antibiotica, intervento chirurgico), stagione di esordio, ricorrenza della cellulite o sviluppo di un ascesso subperiosteo Risultati: L'età media dei pazienti, 35 maschi (62%) e 22 femmine (38%), è di 3,9 anni. Tutti sono stati sottoposti a valutazione oftalmologica e sottoposti a terapia antibiotica infusionale. In 22 casi (38,6%) non responsivi entro 48 h alla terapia medica si è eseguita una TC del massiccio facciale, e in 3 di essi anche una RM, con riscontro in 9 pazienti (15,8%) di un ascesso subperiosteo. Questo gruppo di pazienti è stato sottoposto a un trattamento chirurgico endoscopico con completa risoluzione del quadro clinico. Solo 3 bambini (5,3%) hanno avuto una recidiva a distanza di 1, 2 e 25 mesi dall’intervento chirurgico risoltasi con la sola terapia medica Conclusioni: La terapia medica è la terapia di prima scelta sia per la forma presettale che per quella postsettale di cellulite periorbitaria. In caso di mancato miglioramento del quadro a 48h dall’inizio della terapia è opportuno eseguire una TC del massiccio facciale e, nel caso si identifichi un ascesso subperiosteo, il drenaggio per via chirurgica endoscopica (FESS). Nel nostro studio non è stata identificata una correlazione statisticamente significativa tra le variabili prese in esame e la ricorrenza dell’infezione. Si nota invece come vi sia una correlazione statisticamente significativa tra l’estensione della sinusite e la probabilità di sviluppare un ascesso subperiosteo (p=0,04).

24. TRATTAMENTO CHIRURGICO DEGLI OSTEOMI FRONTOETMOIDALI. NOSTRA ESPERIENZA

Tarchini Paolo ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano Mevio Niccolò - ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano Dragonetti Alberto Giulio - ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano Razionale: Gli osteomi sono i tumori benigni più frequenti dei seni paranasali. La localizzazione più frequente è frontotmoidale. Negli corso degli ultimi 20 anni le controindicazioni al trattamento endoscopico esclusivo (ESS) si sono ridotte. Per i gradi più alti rimane indicata l’exeresi per via esterna spesso tramite osteoplastica frontale (OPF). Materiali e metodi: Dal 2012 al 2016, presso la nostra struttura, sono stati trattati 22 ostemi frontoetmoidali di diverso grado ( I:6, II:4, III:11,IV:1) e diversa presentazione sintomatologica con diverse patologie associate. Le ESS sono state 19 le OPF 3. Sono stati valutati gli outcomes sintomatologici e le complicanze post operatorie in funzione del grado e del tipo di approccio in 20 casi, 17 ESS e 3 OPF (2 casi di ESS non eleggibili per f-up inferiore a 6 mesi). Risultati: Tutti i casi presentavano sintomi pre-op (12 casi associavano patologie rinosinusali) 2 casi presentano persistenza dei sintomi dopo chirurgia(grado III trattati con ESS). 2 casi hanno riportato complicanze post operatorie (1 dacriocistite in ESS e 1 Ematoma sottocutaneo in OPF). 18 casi (90%) hanno ottenuto risoluzione dei sintomi (15/17 ESS e 3/3 OPF). Conclusioni: L’approccio endoscopico si dimostra efficace negli osteomi frontoetmoidali di basso grado(I,II e III selezionati). Per gli osteomi di grado più elevato l’osteoplastica frontale rimane una procedura che offre una maggiore probabilità di completa exeresi mantenendo una scarsa morbilità perioperatoria e un buon risultato estetico.

25. DACRIOCISTORINOSTOMIA ENDOSCOPICA ENDONASALE. INDICAZIONI, SELEZIONE DEI PAZIENTI ED EVOLUZIONE DELLA TECNICA CHIRURGICA

Berni Canani Francesco UOC di ORL e Ch. Cerv Facciale Ospedale Civile di Pescara Razionale: La DCR rappresenta un valido trattamento dell'epifora e delle flogosi ricorrenti delle vie lacrimali. I vantaggi della tecnica endoscopica endonasale includono l'assenza di cicatrici cutanee e l'ottima visualizzazione della patologia intranasale. Materiali e metodi: Sono stati valutati 34 casi sottoposti a DCR endoscopica endonasale dal gennaio 2013 all'ottobre 2015. In tutti i casi si è proceduto all'utilizzo di stent lacrimali Risultati: Vengono esposti i risultati a medio e lungo termine Conclusioni: Una dettagliata raccolta anamnestica e una approfondita valutazione dell'apparato lacrimale così come una adeguata preparazione pre-operaoria del paziente sono importanti per raggiungere i migliori risultati a lungo termine della DCR endoscopica.

26. IL RISCHIO DI MENINGITE CONSEGUENTE A FESS. CASE REPORT

Petrone Paolo UO Otorinolaringoiatria - Ospedale San Giacomo, Monopoli Dalena Egidio - UO Otorinolaringoiatria - Ospedale San Giacomo, Monopoli Razionale: La chirurgia fibro endoscopica sinusale (FEES) rappresenta il trattamento chirurgico di elezione per la patologia del distretto naso-sinusale. Nonostante gli elevati standard di esecuzione, questo tipo di chirurgia presenta delle possibili complicanze, minori e maggiori. Tra le complicanze maggiori nell’1-3% dei casi vi è rischio di comparsa di meningite. Materiali e metodi: Paziente di 50 anni, sottoposto ad intervento chirurgico per poliposi naso-sinusale bilaterale. Durante l’intervento chirurgico è sottoposto ad uncinectomia bilaterale, antrostomia media ed etmoidectomia anteriore bilaterale in endoscopia rigida in anestesia generale. Nel giorno successivo all’intervento, il paziente manifesta febbre alta, rigidità nucale e alterazione dello stato mentale. Viene sottoposto a valutazione neurologica e TC cranio (negativa per fistole rinoliquorali), e successivo trasferimento in Malattie Infettive in terapia con: ceftriaxone ad alti dosaggi e vancomicina, mannitolo e desametasone. Successivamente viene eseguita puntura lombare che darà diagnosi definitiva di meningite da Pneumococco. Risultati: La meningite come complicanza di un intervento chirurgico di FESS può svilupparsi in rari casi isolati per ascesso intracranico o per trombosi settica del seno cavernoso. Più frequentemente può svilupparsi a seguito di una infiammazione preesistente della mucosa dei seni paranasali. E’ più frequente in caso di intervento chirurgico di difficoltà elevata, o per la formazione di una fistola rinoliquorale in corrispondenza della lamina cribrosa, del tetto etmoidale, del seno sfenoidale (parete superiore o laterale), del seno frontale (parete posteriore) o della lamina perpendicolare dell’etmoide. L’incidenza di meningite nella FESS è la stessa che può presentarsi per la chirurgia intracranica convenzionale o per la chirurgia ipofisaria. I principali agenti eziologici responsabili sono: Stafilococcus Aureus, batteri gram negativi o colonizzazione polimicrobica. Conclusioni: L’intervento chirurgico di FESS è un intervento contaminato e quindi deve essere sempre preceduto dall’esecuzione di una terapia antibiotica di profilassi, sebbene il rischio di meningite sia molto basso, e sebbene la somministrazione antibiotica in profilassi non riduca il rischio di infezione. E’ fondamentale la corretta informazione sulle possibili complicanze connesse a questo tipo di intervento chirurgico. Anche se queste informazioni possono determinare un aumento dello stato d’ansia, il rischio di rifiuto di intervento è molto basso (2%) e le informazioni dettagliate sono maggiormente apprezzate a differenza dei modelli di consenso costituiti da un mero elenco di complicanze che non vengono discussi col paziente.

27. MENINGOCELI E MENINGOENCEFALOCELI DELLA PARETE LATERALE DELLO SFENOIDE: RUOLO DELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA ENDONASALE

Vargiu Lucrezia U.O. ORL Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna. Farneti Paolo - U.O. ORL Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna. Bellusci Andrea - U.O. ORL Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola-Malpighi, Università di Bologna. Zoli Matteo - U.O. Neurochirurgia, Ospedale Bellaria, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche, Bologna Mazzatenta Diego - U.O. Neurochirurgia, Ospedale Bellaria, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche, Bologna Frank Giorgio - U.O. Neurochirurgia, Ospedale Bellaria, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche, Bologna Pasquini Ernesto - U.O. ORL Metropolitana, AUSL Bologna Razionale: Meningoceli e meningoencefaloceli della parete laterale dello sfenoide sono condizioni potenzialmente mortali in particolare per l’elevato rischio di meningite. Nostro scopo in questo studio è dimostrare che la chirurgia endoscopica endonasale è meno traumatica per il paziente, gravata da meno complicanze perioperatorie e allo stesso tempo ugualmente efficace. Materiali e metodi: Presentiamo una casistica di 23 pazienti, 7 maschi e 16 femmine, età media 52 anni (26-73), tutti operati per via transnasale endoscopica; 11 erano affetti da meningo-encefalocele e 12 da meningocele, di questi, 19 presentavano fistola rinoliquorale all’esordio ed in 3 casi era stato documentato un pregresso episodio di meningite. L’outcome dell’intervento è stato studiato mediante neuroimaging. Risultati: Non sono state osservate complicanze post operatorie ad eccezione di un singolo caso di convulsioni al risveglio dall’anestesia; il follow up medio è stato di 84 mesi (4-167) e non sono mai state documentate recidive. Conclusioni: La chirurgia endoscopica nasosinusale può essere considerata una valida alternativa alla chirurgia open per il trattamento del meningocele e meningo-encefalocele della parete laterale del seno sfenoidale. Rispetto all’approccio craniotomico la tecnica endonasale endoscopica presenta diversi vantaggi come l’assenza di maneggiamento cerebrale, il minor rischio di infezioni, la più facile tollerabilità per il paziente e la riduzione dei tempi di ospedalizzazione.

28. COMPLICANZE RINOSINUSALI DA TRATTAMENTO ODONTOIATRICO: VALIDAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO

Collura' Fabio Clinica Otorinolaringoiatrica Ospedale San Paolo, Università degli Studi di Milano, Milano, Italia Molteni Marco Giannini Lorenzo Sykopetrites Vittoria Scotti Alberto Portaleone Sara Maria Castellarin Paolo Felisati Giovanni Pipolo Giorgia Carlotta Razionale: Le complicanze nasosinusali da trattamento odontoiatrico (SCDTT) rappresentano una condizione sempre più frequente come risultato del diffuso uso di impianti dentari e delle procedure ricostruttive utilizzate per il loro posizionamento. In tali patologie, l’interessamento mascellare non è esclusivo: al contrario un’estensione extramascellare risulta essere spesso presente. La corretta valutazione dell’eziologia e dell’estensione al distretto nasosinusale di tali complicanze risulta di fondamentale importanza nella gestione del paziente in previsione di un trattamento chirurgico. Scopo del presente studio è di valutare un protocollo di classificazione e di trattamento proposto dal nostro gruppo nel 2013 [Felisati], che prospetticamente abbiamo introdotto ed utilizzato durante la pratica clinica giornaliera nei pazienti con SCDTT che non rispondevano alla sola terapia medica o odontoiatrica. Materiali e metodi: Hanno preso parte allo studio 128 pazienti consecutivi (45 M e 73 F, età media 52,4 anni), trattati presso la Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Ospedale San Paolo ( Università degli studi di Milano, Milano) ed il reparto di Chirurgica Maxillo-Facciale dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano, in un periodo compreso tra Gennaio 2013 ed Agosto 2016, e ha arruolato pazienti affetti da SCDTT non responsiva alla sola terapia medica o al trattamento odontoiatrico. Tutti i componenti sono stati classificati e chirurgicamente trattati secondo il protocollo proposto da Felisati nel 2013 che prevede di associare alla chirurgia funzionale nasosinusale un approccio endorale per alcuni specifici quadri patologici. Tutti i pazienti hanno eseguito una endoscopia nasale ed una TC del massiccio facciale preoperatoria. Abbiamo incluso nello studio solo pazienti con un follow up minimo di 6 mesi. Risultati: Tutti i pazienti sono stati classificati con successo seguendo il protocollo da noi proposto. Inoltre, anche il trattamento chirurgico si è dimostrato adeguato e risolutivo: 125/128 pazienti hanno completamente risolto il loro problema. Un paziente ha necessitato di un ulteriore ciclo di terapia antibiotica, un altro paziente è stato sottoposto a revisione chirurgica dopo chiusura di fistola oroantrale, e un ultimo ha abbandonato il follow up postoperatorio utile per valutare il successo del trattamento. Conclusioni: Il termine SCDTT è stato correttamente introdotto a completamento del più classico “sinusite odontogena” e definisce bene tale classe di patologie in cui il “primum movens” risulta essere odontoiatrico ma la condizione di malattia non è necessariamente infiammatoria (sinusite) o odontogena in sensu strictu. I dati raccolti, inoltre, evidenziano che il protocollo di classificazione è funzionale al trattamento che risulta essere sicuro ed efficace, con circa il 98% di successo finale.

29. L’APPROCCIO ENDOSCOPICO TRANASALE ALLE PATOLOGIE DELLA BASE CRANICA ANTERIORE: L’ESPERIENZA DELLO SKULL BASE TEAM DI VERONA

Sacchetto Andrea Università degli Studi di Verona Marchioni Daniele Gulino Antonio Musumeci Angelo Pinna Giampietro Razionale: Lo scopo del nostro studio è quello di valutare l’outcome clino-chirugico dell’approccio endoscopico transnasale per il trattamento delle patologie della base cranica anteriore. Materiali e metodi: È stata condotta un’analisi retrospettiva su 50 pazienti affetti da patologie interessanti la base cranica anteriore trattati mediante approccio endoscopico transnasale presso il Centro Universitario di riferimento di Verona tra il Dicembre 2014 ed il Giugno 2016. L’intervallo minimo di follow-up dei pazienti è di 6 mesi. Sono stati classificati i dati anagrafici e clinici ed analizzate le caratteristiche radiologiche ed istologiche, le tecniche chirurgiche e le complicanze intra- e post-operatorie. Risultati: Dei 50 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico, 39 pazienti erano affetti da neoplasia, 8 pazienti presentavano fistola rinoliquorale, 2 erano affetti da ascesso cerebrale, 1 paziente da encefalocele. È stato osservato un caso di sanguinamento intra-operatorio che è stato risolto mediante trasfusione, una fistola rinoliquorale che è stata risolta mediante intervento di revisione chirurgica. Al termine del periodo di follow-up è stato osservato un unico caso di decesso avvenuto per altra causa. Conclusioni: In accordo con i nostri risultati preliminari, l’approccio endoscopico transanale per il trattamento delle patologie della base cranica anteriore si è dimostrato efficace e gravato da un tasso di complicanze intra- e post-operatorie accettabile.

30. ENDOSCOPIC MARSUPIALIZATION OF CONGENITAL NASOLACRIMAL DUCT CYST IN NEWBORNS: PERSONAL EXPERIENCE

Marco Berlucchi Department of Pediatric Otorhinolaryngology, Spedali Civili, Brescia, Italy Zorzi Silvia - Department of Otorhinolaryngology, University of Brescia, Brescia, Italy Razionale: Congenital nasolacrimal duct cyst (CNLDC) is a rare disorder in newborns. This disease manifests with epiphora, dacryocystitis sometimes associated with nasal obstruction. We reviewed our case series about diagnosis and management of patients presenting with CNLDC. Materiali e metodi: A retrospective review identified a group of 5 patients with CNLDC between April 2008 and December 2016. Two were male and 3 female with a mean age of 2 months (range: 2 days - 14 months). An Ophthalmologic and ENT evaluation including a nasal endoscopy were performed in all children. A CT of the sinuses was carried out in 3 children. At first, all patients underwent unsuccessful systemic antibiotic therapy and topical treatment by means of steroid eye drops. Following, marsupialization of CNLDC by endoscopic nasal approach was carried out in all patients. Nasal packing was not necessary. In 1 case, a lacrimal stent that was removed after 6 months was positioned. Risultati: All patients complained of epiphora, recurrent dacryocystis associated with medial canthal swelling and nasal obstruction in 3 and 1 case, respectively. Rhinoscopy revealed a CNLDC detected just beneath the inferior turbinate, filling the anterior part of the inferior meatus and extending medially to the nasal cavity. This disorder was present bilaterally in 1 neonate. TC-scan was performed in 3 cases. No post-operative complications were observed. No recurrence was identified after a mean follow-up of 53 months. Conclusioni: CNLDC must be included in the differential diagnosis when a neonate shows epiphora. Nasal endoscopy allows identified this lesion. Endoscopic marsupialization is an effective and safe surgical treatment for CNLDC.

31. MANAGEMENT OF JUVENILE ANGIOFIBROMA PERSISTENCE AFTER ENDOSCOPIC RESECTION

Bertazzoni Giacomo Clinica Otorinolaringoiatrica - Spedali Civili di Brescia Schreiber Alberto - Clinica Otorinolaringoiatrica - Spedali Civili di Brescia Ravanelli Marco - Radiologia 2 - Spedali Civili di Brescia El-Naggar Ahmed - Unit of Otorhinolaryngology, Tanta University, Tanta, Egypt; Clinica Otorinolaringoiatrica - Spedali Civili di Brescia Ferrari Marco - Clinica Otorinolaringoiatrica - Spedali Civili di Brescia Rampinelli Vittorio - Clinica Otorinolaringoiatrica - Spedali Civili di Brescia Nicolai Piero - Clinica Otorinolaringoiatrica - Spedali Civili di Brescia Razionale: Management of persistent juvenile angiofibroma (JA) after endoscopic resection is still a matter of debate. In the attempt to better understand the behavior, optimize treatments, and minimize morbidity of persistent JA, we report our experience in managing both unintentional and planned residual JA focusing on follow-up strategies and disease progression. Materiali e metodi: We retrospectively reviewed the clinical records of all JA cases treated with endoscopic surgery at the Unit of Otorhinolaryngology of the University of Brescia (Italy) between January 1994 and October 2015. Patient imaging records were evaluated to determine the length of follow-up, as well as the presence and evolution of residual disease. The diameter of persistent lesions was assessed in consecutive follow-up images and assessed with a linear regression test to determine if significant size variation occurred over time. Risultati: Seventy-four cases of JA were included. Mean follow-up was 113 months (6-266 months), with MRI performed every 6-8 months for at least 3 years. Intentional residual disease was left in 1 case (1%) in the inferior orbital fissure and greater sphenoidal wing, unintentional residual disease was present in 4 patients (5%) at the level of the basisphenoid and pterygoid canal. All the residual lesions were close to the pterygoid process and 4 originally had blood supply from the ICA. Residual lesion size ranged between 5.6 and 31.8 mm. Linear regression analysis of the evolution of residual lesion size during follow-up demonstrated a significant decrease in diameter in 2 cases; 2 lesions did not show significant size variations. Significant growth of the lesion was detected in 1 case, as its diameter increased by 5% over 31 months (5.6 to 5.9 mm). Conclusioni: Persistent JAs tend to regress spontaneously or remain stable over time. Although statistically significant lesion growth was observed in one case, it was clinically negligible. Consequently, surgical approaches to JA should focus on minimizing morbidity in treatment by avoiding unnecessary removal of JA in critical areas.