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EStAtE 2018 ANNO XXv — N. 106 — Quaderno n. 16 COmuNICAzIONE, CuLturA E AttuALItÀ NELLA CIttÀ mEtrOpOLItANA DI vENEzIA Copia omaggio [email protected] caSe di pregio la tradizione con innoVazione San Marco 2757 – 30124 Venezia [email protected] caSe di pregio la tradizione con innoVazione San Marco 2757 – 30124 Venezia LEONI E CONIGLI Foto di Andrea Distefano

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EStAtE 2018ANNO XXv — N. 106 — Quaderno n. 16

COmuNICAzIONE, CuLturA E AttuALItÀ NELLA CIttÀ mEtrOpOLItANA DI vENEzIA

Copia omaggio

[email protected]

caSe di pregio

la tradizione con innoVazione

San Marco 2757 – 30124 Venezia

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San Marco 2757 – 30124 Venezia

LEONI E CONIGLI

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CIttÀ2 neXus – n. 106 — Quaderno n. 16 EStAtE 2018

Leoni e ConigliChi sono i Leoni? Chi sono i Conigli?In genere ognuno di noi ha un’idea propria di chi siano i leoni echi siano i conigli. Qui a Venezia quando si parla di Leoni scattasubito il collegamento con la Serenissima Repubblica perché avevafatto del Leone il suo simbolo, che sin dall’anno Mille sventolavaimpresso sulle sue bandiere a incutere rispetto sui mari. E citandola Serenissima il pensiero non può non correre a quel grande vec-chio leone che era il doge Enrico Dandolo partito con i crociati allaconquista di Costantinopoli (1204): egli mise la galea scarlatta intesta alla flotta di quasi cinquecento vascelli dicendosi pronto a vi-vere e a morire con i crociati e con i pellegrini: in quel momento ilLeone della gloriosa bandiera, che sventolava sulle navi dall’annoMille, diventava car ne e ossa, si trasformava in leone vero, facevasentire la sua for za tagliente con le sue unghiate e Costantinopolidiventava veneziana. Il Leone-Dandolo moriva a Costantinopoli eil nuovo doge Pietro Ziani proponeva di trasferire Venezia a Co-stantinopoli (come un novello Costantino che aveva popolato Co-stantinopoli con i romani) e sovrapporre le proprie insegne leoni-ne a quelle del dominio imperiale dell’antica Roma, coronandocosì il sogno veneziano di sostituirsi alla stessa Roma. Ziani sape-va, come tutti i veneziani, che la città fondata sull’acqua era conti-nuamente sottoposta a infiniti pericoli, fiumi limacciosi, cannetiinsani, e il mare, che periodicamente la inondava a dispetto diqualunque riparo cercassero di erigere con tutta la loro potenza. Ildoge sapeva che tre erano i nemici della Repubblica: gli uomini, laterra, il mare e voleva sconfiggerli mutando la collocazione dellacittà nel mondo. Qualcuno però si oppose, rovesciando la suaidea, dicendo che chi era considerato nemico era in effetti il mi-gliore amico, che il mare, per citarne uno, era stato il loro primo al-leato sin dalle origini perché aveva consentito alle popolazioni co-stiere di trovare rifugio e salvezza nelle isole della Laguna, sfug-gendo così al martirio e al massacro perpetrati dalle continue inva-sione barbariche che stavano mettendo fine all’agonizzante impe-ro romano d’Occidente. Anche la terra poteva essere fonte di be-nessere, bastava prenderne possesso e ricavarne querce e altro le-gname prezioso oltre alle tante altre risorse indispensabili agli iso-lani. Messa ai voti, la mozione del doge non passò soltanto per unvoto e Venezia non si sostituì all’antica Roma.

Storie di proposte coraggiose, accettazioni e/o rifiuti ve nesono tante. Volendo fare qualche esempio si possono citare il casolocale del referendum sulla separazione tra Venezia e Mestre equello nazionale sulla formazione dell’ultimo governo italiano.

A proposito dell’ennesimo referendum sulla separazione diVenezia da Mestre o viceversa, ecco quanto è successo: nelmarzo del 2018 il governatore della Regione Veneto fissa il gior-no per votarlo: 30 settembre 2018. Sarà il quinto referendumdella storia e si spera, dalla parte della Terraferma e dalla partedella Laguna, che questa sia finalmente la volta buona. Ma in-tanto il sindaco di Venezia, di estrazione terrafermiera, annunciaricorso al Tar, mentre il provvisorio presidente del Consiglio,Gentiloni, annuncia che la decisione spetta allo Stato e fa ricorsoalla Corte Costituzionale, che tra l’altro, quando Cavallino si èseparato da Venezia unilateralmente (cioè i cavallinesi si sonovotati da soli la separazione) non solo non si sono verificati tuttiquesti passaggi, ma la Corte ha dato ragione a Cavallino e ha im-posto a Venezia di pagare al nuovo Comune il dovuto: dovutocosa? Cavallino si è divisa sua sponte dal territorio veneziano,cosa ritenuta da molti impossibile, e perfino senza pagare a Ve-nezia il dovuto. Il mondo alla rovescia! Con il nuovo Governo, ilministro dell’interno Salvini dichiara che Gentiloni ha sbagliatoa impugnare il referendum per la separazione, promettendo direvocare l’impugnativa davanti alla Consulta.

Sul piano nazionale domenica 27 maggio 2018, a las cinco de latarde, a las cinco en punto de la tarde, all’ora in cui il toreroentra nell’arena per affrontare il toro, il presidente del Consiglioincaricato, Giuseppe Conte, a capo dei due partiti che voglionoformare il così detto governo del cambiamento, si presenta alcapo dello Stato, e rimette il mandato: non si forma il nuovo go-verno perché il presidente della Repubblica, preso atto della listadei ministri, li approva tutti, tranne quello dell’Economia e poi sipresenta ai giornalisti e spiega il perché. Affida l’incarico a unnuovo presidente del Consiglio ma pochi giorni dopo torna inpista Conte: fatta la variazione richiesta dal capo dello Stato, ilgoverno del cambiamento finalmente si forma, trova l’appoggioal Senato e alla Camera, ma non quello dei media, che si scatena-no contro il contratto e contro le promesse in esso contenute giu-dicandole impossibili da realizzarsi.

Dove si trovano oggi i Leoni veri? Al tempo della Repubblicadi Venezia c’era un doge che li teneva a Palazzo Ducale; tra Ottoe Novecento ai Giardini, proprio vicino all’ingresso dell’impo-nente cancellata, chiamata dai veneziani la cheba dei leoni (lagabbia dei leoni), si tenevano ancora dei leoni vivi; nel Novecen-to ce n’erano un paio in Canal Grande, nel giardino della Gug-genheim, cioè Ca’ Venier dei Leoni, oggi non sappiamo...

Quanto ai Conigli, ce ne sono tanti in giro, tantissimi veri, alpunto che un’isola è dedicata a loro, si chiama Motta dei Cunic-ci, misura 4.547 mq e si trova nei pressi di Torcello, dove sorge-vano le isole oggi scomparse di Ammiana e Costanziaco.

Giovanni Distefano

Simbolo della Serenissima Re-pubblica, il leone era, ed è, an-che la rappresentazione icono-grafica di san Marco, patronodi Venezia, amato e celebrato atal punto che, secondo il dettopopolare, i veneziani dicevanodi credere un poco a Dio, nien-te al papa, molto a san Marco.

Su quest’ultimo, curiosità,storie e leggende sono cresciutedi pari passo con la popolaritàdi cui gode. Molto fantasiosa èla spiegazione del perché eglisia rappresentato da un Leonealato che tiene tra le zampe unlibro. Il Leone è il simbolo chel’antica iconografia cristiana haassegnato a Marco (Matteo,Giovanni e Luca, gli altri treevangelisti, erano simbolizzatirispettivamente da un angelo,da un’aquila e da un toro). Il li-bro indica la necessità che la for-za sia governata dalla legge o,più semplicemente, ricorda cheMarco ha scritto un Vangelo.

Ma cosa significa quel belpaio di ali su un Leone tantofiero? Bisogna sapere che Mar-co, oltre a essere un sant’uomo,era anche uno studioso discienze naturali. Un bel giorno,spinto da una curiosità irrefre-nabile sull’origine dei tempora-li, pregò il Signore affinché loaiutasse a salire sopra le nuvo-le dove avrebbe potuto dedi-carsi all’osservazione di queifenomeni. Il Signore volle ac-contentarlo e gli regalò un belpaio di ali. Marco cominciò aesplorare il cielo e in pochi gior-ni s’impadronì di tutti i suoi se-greti. Fu allora che il Padreter-

no cominciò a pensare di esserestato poco prudente: uno scien-ziato infatti avrebbe potutosvelare a tutti le scoperte fatte.Per questo, se pur con qualchedispiacere, lo trasformò in leo-ne: così non avrebbe potutoparlare e neanche scrivere; na-turalmente gli lasciò le ali per-ché potesse scendere a terra.

Se dalla leggenda passiamoalla storia scopriamo che, se-condo il cronista Giovanni Dia-cono, il simbolo più significati-vo della Repubblica, il Leonealato appunto, fu rappresenta-to per la prima volta sul vessil-lo consegnato al doge PietroOrseolo II nell’anno 1000, almomento della sua partenzaper la spedizione militare con-tro i narentani, i temutissimipredoni che avevano le loro ba-si in Dalmazia alle foci dellaNarenta, oggi Neretva. Il Leoneera raffigurato anche sui gonfa-loni che nel 1125 accompagna-rono la traslazione del corpo disant’Isidoro dal l’isola di Chio.Quando nel XIII secolo i mer-canti veneziani portarono inpatria il gonfalone rosso doratoa più code della città persianadi Tabriz, Venezia lo imitò nel-la forma e nel colore e, impri-mendovi nel mezzo la figuradel Leone, ne fece l’emblemadella sua orgogliosa libertà. Dal1300 il Leone diventò simbolostesso della Repubblica e fu raf-figurato non solo sui vessilli,ma sulle monete, sui marmi esulle navi, ogni qualvolta si vo-leva dar segno di potenza e diidentità. E al grido di Viva San

Marco i veneziani intrapreseroogni loro azione militare e non.

Ricordiamo ancora che il Leo-ne è rappresentato in più atteg-giamenti. Può essere “stante”,cioè seduto; “andante”, cioè inpiedi; in moleca (termine tipica-mente veneziano per indicare ilgranchio in periodo di muta) sele ali sono spiegate a ventagliorichiamando le chele del gran-chio. A volte appoggia unazampa, o entrambe, su un libroche può essere aperto, con unascritta variabile, o chiuso, a vol-te con spada. La simbologia de-gli atteggiamenti e della posi-zione è piuttosto complessa e fariferimento a notizie leggenda-rie piuttosto che storiche. Si di-ce, per esempio, che il librochiuso era significante del tem-po di guerra, mentre il libroaperto indicava che si era intempo di pace. Nessuna leggeveneziana però prescriveva peril libro un uso di guerra o di pa-ce e le raffigurazioni più anti-che mostrano invariabilmenteun libro chiuso. L’evoluzionepolitica, e probabilmente ideo-logica, portò all’apertura del li-bro e alle scritte che vi com-paiono. Pax tibi Marce, evangeli-sta meus riporta le parole che laleggenda attribuisce all’angeloin occasione della sosta di Mar-co sulle isolette di Castello.Questa scritta, in occasione diimportanti battaglie, veniva so-stituita dalle parole In hoc signovinces (in questo segno vince-rai) ripetendo il motto che Co-stantino fece riportare sugliscudi dei suoi soldati dopo ilsogno premonitore alla vigiliadella battaglia di Ponte Milvio,da lui vinta nel 312 contro il ri-vale Massenzio. Durante la bat-taglia di Lepanto il Leone por-tava una Croce latina al postodella spada. Infine a simboleg-giare il dominio della Repub-blica in terra e in mare duezampe del Leone poggiavanoin terra e due in acqua.

Se dai leoni ‘finti’ passiamo aquelli veri, e cioè in carne ed os-sa, piace registrare qualche pic-colo aneddoto.

La Serenissima ospitò alcunileoni in palazzi privati e in edi-fici pubblici: il 12 settembre1316 una leonessa, che era te-nuta in gabbia nel cortile di Pa-lazzo Ducale, partorì dei picco-li, destando grande gioia e scal-pore in città, e il popolo vide inquell’evento un buon auspicioper le sorti della Repubblica.

In Piazza San Marco venivatenuto in una gabbia dorata unleone vivo, che però morì, sem-bra avvelenato dalle doraturedelle sbarre. Durante il Carne-vale del 1762 venne esposto unleone vivo, sempre in PiazzaSan Marco, diventato famosoperché ritratto da Pietro Longhinel suo quadro Il casotto del leo-ne, conservato ora nella pinaco-teca della Fondazione QueriniStampalia, circondato da canimascherati e sicuramente am-maestrati.

Daniela Zamburlin

Di pietra, Di stoffa, Di metallo i tanti volti Del ‘serenissimo’ leone

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EStAtE 2018 neXus n. 106 — Quaderno n. 16 – 3

Chi, malauguratamenteper lui, da un po’ ditempo mi legge sulle pa-

gine di questa rivista sa, peraverlo io già detto, che lo scri-vere non è il mio mestiere eforse neanche la cosa che miriesce meglio, ma certamentemi diverte. Un po’ per questo eun po’ per i lusinghieri apprez-zamenti che ho ricevuto, nontroppi per la verità e per lo piùda parte di qualche amico affe-zionato, continuo a farlo. Co-stringendo così i più a sorbirsiargomenti e riflessioni semiserie che, in particolari momen-ti, mi passano per la testa.

Al massimo costringerò il letto-re a girare pagina e a non legger-mi, e questo, a parte il gravedanno di immagine che possocreare al periodico social-cultura-le che mi ospita, certamente nonoltraggia né offende nessuno.

La mia ostinazione è prover-biale e, come anche mi ripetevasempre un mio professore diitaliano, “ci sono sempre ragionigiuste per cose sbagliate”.

Detto ciò e lasciando ai più‘valorosi’ la possibilità di conti-nuare, spero solo di non annoia-re troppo perché, per chi scrive,essere noiosi o banali è quantodi peggio possa capitare.

L’estate è ormai sopraggiuntae con essa il sole e il caldo chetanto abbiamo desiderato nelperiodo invernale. Ironia dellasorte, però, dopo averlo permesi cercato e agognato oggine siamo insofferenti, tanto chele aziende erogatrici di elettri-cità fanno affari d’oro in que-sto periodo, vedendo più cheraddoppiati i consumi grazie aun uso smodato di condiziona-tori o apparecchiature di condi-zionamento.

In alcune circostanze e in al-cuni luoghi, spesso nei pubbliciuffici e sempre nei supermerca-ti, gli ambienti sono così ‘condi-zionati’ che, per soggiornarci,bisogna essere ben coperti. Così,fuori si muore di caldo e si boc-cheggia, dentro, in siffatti am-bienti, quasi si gela. La giustamisura non c’è o non si conosce,soprattutto quando non siamonoi intestatari delle bollette.

Per non parlare poi quandosaliamo in macchina, magariparcheggiata al sole dove, in unminuto e grazie ai più modernie sofisticati impianti, bastaspingere uno dei duecento pul-santi oggi presenti sul cruscot-to, per passare dai 50° ai 16°che abbiamo impostato.

Il risultato è che raffreddori,mal di gola, reumatismi e coli-che varie imperversano come oforse peggio che nei ‘migliori’mesi invernali. Ma allora, mi

domando, se siamo così insof-ferenti al caldo e al sole, per-ché lo abbiamo desideratotanto? forse il problema è pro-prio questo, è che siamo insof-ferenti a tutto e a tutti. Nonsiamo più abituati a resistere, asopportare o tollerare qualcosao, ancora peggio, qualcuno.

È proprio il caso di dire che‘l’asticella della sopportazione’dentro di noi, il termometro na-turale che madre natura ci hadonato, ha subito un processodi staratura. Si è modificato opeggio ancora guastato, è anda-to in tilt, alzando all’inverosimi-le tutti quegli indici di guardiache il buon Dio ci aveva donato.Siamo tutti più insofferenti, ira-scibili, insopportabili e, lasciate-melo dire, non solo per il caldoo il freddo. Ogni questione, ognicosa è oggetto di critica più omeno esasperata, sia essa unevento o un fenomeno naturaleappunto o, addirittura, se ri-guarda situazioni che noi esseriumani abbiamo voluto, costrui-to o realizzato. Per non parlarepoi di nuove idee, proposte oprogetti. C’è sempre qualcunopiù bravo, più forte o che ne sadi più. Si critica sempre e co-munque e dovunque. Si criticaper demolire non per costruire,

con il risultato che le maceriehanno ricoperto ormai tutto ilPaese.

Questi i molti temi che, sep-pur importantissimi, e di gran-de rilevanza, non devono farcidistogliere lo sguardo e il pen-siero sul modo poco ortodossocon cui affrontiamo e malamen-te o poco sopportiamo il caldo eil freddo. Fenomeni notevolissi-mi che, per fortuna, non dipen-dono dalla nostra volontà.

Su come ci siamo organizzatiper il caldo, qualcosa abbiamodetto. Forse poco, anzi pochis-simo, ma certamente quel tantoche basta per fare comprendereche molti o quasi tutti non lotollerano.

Ma sul freddo cosa possiamodire? come ci proteggiamo ecosa facciamo oggi?

E qui non posso fare a menodi ricordare la solerzia di quel-le ataviche mani di mamme enonne, che fin dai primi giornidi settembre iniziavano a sfer-ruzzare con grossi gomitoli dilana, spesso grezza, per confe-zionarci quell’indumento che ciavrebbe consentito di superare,senza troppi danni l’inverno.Le maglie di lana. Già le ma-glie, non le magliette, perchéfatte con fili e nodi così grossi

che necessariamente anche lemisure più piccole erano gran-di. Un po’ perché poi, dopoaverle lavate, si restringevano,e un po’ perché così potevanoessere indossate anche per unoo due anni. Le taglie eranosempre ‘abbondanti’. Ho anco-ra davanti agli occhi la soddi-sfazione che si leggeva sulvolto di nostra madre nel con-fezionarci quel cilicio di fasti-dio e prurito, che ci avrebbe ac-compagnato almeno da ottobrea tutto febbraio.

“I miei bambini quest’annonon sentiranno freddo” pensa-va, e giù a sferruzzare conmaggior solerzia. E quando ar-rivava il momento di indossarequelle maglie, non vi dico ilsupplizio, il fastidio, il prurito.La sofferenza era tale e tantache, in alcune circostanze, ci sigrattava fino a scorticarsi, conil risultato che il pungicaredella lana a contatto con lapelle aumentava a dismisura.Altro che magliette con cotoneall’interno e lana di fuori, cosìtanto reclamizzate e oggi sulmercato.

Tuttavia, se volevi superarel’inverno e non eri forte comequei soldati Marines dei filmamericani e non volevi correre il

rischio di prenderti una bruttapolmonite, non avevi scampo,non c’era via d’uscita. Doveviindossare la fatidica maglia dilana e, per una settimana alme-no, il fastidio ti accompagnavasempre e ovunque. Poi, quandoormai ti ci eri abituato e il pruri-to non lo sentivi più, dovevi to-glierla perché era giunto il mo-mento di lavarla. Brevi momentidi gioia e di refrigerio, anzi bre-vissimi, perché era già prontal’altra, quella della settimanaprima lavata e stirata. Per fortu-na, però, durante il ‘cambio’ sisoffriva un po’ meno. Forse per-ché l’asticella della sopportazio-ne era ancora al punto giusto,non si era alterata o forse perchédisubbidire alla mam ma non erapossibile. Troppo e grande sa-rebbe stato il suo dispiacere. Delresto, c’è da dire che gli invernidegli anni Sessanta, per quelloche mi è dato ricordare, eranopiù rigidi di quelli di oggi.

Forse perché le case di alloranon erano costruite e riscaldatecome quelle di oggi, ma certa-mente la temperatura esterna an-dava spessissimo sotto lo zero.Solo alcune delle case erano ri-scaldate, quelle più moderne edelle famiglie più abbienti, ma ionon appartenevo a queste.

La mia era una famiglia assaimodesta e numerosa, con novebocche da sfamare e il miopapà, operaio e grande lavora-tore, a fare l’impossibile, insie-me a mia madre, per darci tuttoil necessario e non solo. Com-prese le maglie di lana.

Ricordo che un giorno d’esta-te, già ragazzo, ritornando lasera a casa da un lavoro occasio-nale, incontrai attraversando deicampi un anziano che coltivavala terra. Sudava e indossava lamaglia di lana. Sporca lercia, edall’odore che emanava sup-pongo fosse la stessa che avevaindossato a ottobre come me,ma lui non l’aveva più tolta. Glichiesi: “Ma non ha caldo? per-ché non la toglie?” Mi rispose:“Se serve a fermare il freddo,serve pure a non fare entrare ilcaldo” e, un po’ stizzito, ripresea zappare. Lo ricordo perfetta-mente come fosse ora.

È proprio vero, la mente è la‘cassaforte’ dei propri pensierie dei ricordi. Scrivere serveanche a questo, a diffonderli efarli conoscere agli altri. Al let-tore la possibilità e la voglia direcepirli, condividerli o criti-carli. Basta che l’asticella sia alpunto giusto.

CONDIZIONATORI E MAGLIETTE DI LANAdi teodoro russo

La Mostra del Cinema o Biennale Ci-nema di Venezia nasce come MostraInternazionale d’Arte Cinematografi-ca nel 1932. A volerla fu il presiden-te della Biennale, Giuseppe Volpi.Egli capì l’importanza del cinema co-me nuova forma d’arte e s’inventò laMostra per alleviare la crisi turisticache allora attanagliava la città lagu-nare e salvare la spiaggia del Lido daldeclino del turismo internazionale/ame ricano innescato

dalla grande crisi del 1929 che daWall Street si era allungata sul mon-do. L’andamento delle prenotazioninei grandi alberghi faceva prevedereche anche per quell’anno i ricchiavrebbero viaggiato poco e, rifletten-do su una propria frase, el Lido xestracco, scoccò la scintilla: Volpi neparlò con Luciano De Feo, che da al-cuni anni dirigeva a Roma l’Istitutointernazionale per il cinema educati-vo e così, con l’aiuto dello scultoreAntonio Maraini, segretario generaledella Biennale, di Attilio Fontana,collaboratore di De Feo, e di FlaviaPaulon (l’unica del gruppo a saperconversare in inglese per via delle sue

origini), Volpi fece organizzare dallaBiennale una Esposizione Internazio-nale d’Arte Cinematografica, la pri-ma manifestazione del genere al mon-do, una manna per gli albergatori, perl’arte una mezza rivoluzione. I film furono selezionati dallo stessoDe Feo per una manifestazione noncompetitiva. Dal 6 al 21 agosto nevennero proiettati ben 40 sulla ter-razza del grande Albergo Excelsior.In tutto gli spettatori furono 7.319,ma il sito ufficiale della Biennalesparò un «oltre 25mila», 6 i paesiospitati: Francia, Germania, Italia,Polonia, Stati Uniti d’America eUrss. Ospiti regali per la grande oc-

casione, il principe Umberto di Sa-voia e la consorte Maria José del Bel-gio, assieme ad altri personaggi di ri-lievo mondiale tra cui Edoardo, prin-cipe di Galles, Winston Churchill edHenry Ford. Alla manifestazionec’erano anche i maggiori divi del mo-mento: Greta Garbo, Clark Gable,Fredric March, Wallace Beery, Nor-ma Shearer, James Cagney, RonaldColman, Loretta Young, John Barry-more, Joan Crawford e Boris Karloff,passato alla storia per il suo ruolo delmostro nel primo Frankenstein. Moltidei film presentati diventarono deiclassici della storia del cinema: For-bidden di Frank Capra, Grand Hotel di

Edmund Goulding, The Champ diKing Vidor, Frankenstein di JamesWhale, The Devil to Pay di GeorgeFitzmaurice, l’italiano Gli uomini, chemascalzoni... di Mario Camerini, Anous la liberté di René Clair. Aprì larassegna Dr. Jekyll and Mr. Hyde diRouben Mamoulian. Il primo filmitaliano, Gli uomini, che mascalzoni...,venne presentato la sera dell’11 ago-sto: il pubblico scoprì un grande at-tore, Vittorio De Sica (1901-1974),che in questo film canticchiava lacanzone Parlami d’amore Mariù, tuttala mia vita sei tu, facendola diventare

la mostra Del Cinema

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CIttÀ 4 neXus – n. 106 — Quaderno n. 16 EStAtE 2018

Èuna Biennale molto bella. Le duecuratrici, Yvonne Farrel e Shel-ley McNamara, hanno colto gli

obiettivi enunciati nel manifesto Free-space, declinandoli nelle loro varie pos-sibilità.

L’architettura, per sua natura, è l’artepiù vicina alla vita di tutti noi, orga-nizza non solo le abitazioni, che ci dan-no protezione, gli edifici e gli spazi del-la collettività, ma anche ciò che li cir-conda: definisce le vedute delle stanzein cui sostiamo, il paesaggio che in-staura dall’esterno un dialogo con il co-struito e che è, al tempo stesso, dalle ar-chitetture determinato, i luoghi liberi.Il tema è interpretato dalle curatrici eda ogni nazione con un’ampia gammadi variazioni: spazi come opportunità;edifici nuovamente fruibili attraversoil tempo, quando l’architettura rimane,ma non vi è più necessità della sua fi-nalità iniziale ed è possibile pensare aun altro uso; l’importanza del susse-guirsi del ritmo di vuoti e di pieni; l’ac-cessibilità; la condivisione.Il tocco femminile si avverte nellagentilezza dell’allestimento, che siesprime con la delicatezza delle pro-poste, con gesti di attenzione verso ilpubblico, come avviene per le panchi-ne collocate alle Gaggiandre e nelGiardino delle Vergini, da cui goderele architetture e gli spazi naturali; nel-la maggior presenza di pause e di spa-zi liberi, che si tra ducono in un’inter-pretazione non aggressiva e maggior-mente rispettosa dei luoghi storici;Farrel e McNamara arrivano anzi asottolinearne le peculiarità, con sim-patia e con un sorriso, come, ad esem-pio, all’ingresso delle Corderie, dovesi transita attraverso una citazione, ungrande tendaggio, fatto di corde di ca-napa, che ricordano le gomene dellenavi, lavorate in questi luoghi, che daesse presero il nome e che ondeggianoal passaggio, facendo intravvedere lasemioscurità interna e la forte luce al -l’esterno. Ogni visitatore, varcandoquesta soglia, imprime loro un movi-mento di scorci e di giochi di luce,mai eguale. La leggerezza coinvolgeanche le indicazioni guida delle in-stallazioni, riprodotte talora anzichésu supporti solidi, su tessuti ondeg-gianti e semitrasparenti.

Varcata la soglia, inizia la visita al -l’Arsenale, i cui ambienti sono menocompressi dalle installazioni, che uti-lizzano materiali leggeri e anche que-sto è un modo con cui declinare l’as-serto freespace. Tornano, come per laBiennale Arte 2017, le citazioni dallatessitura, fortemente connessa nell’im-maginario al mondo femminile, grazieanche al linguaggio del mito. L’atti-vità del tessere si riverbera dalle stoffedell’artigianato del Rajastan all’intrec-cio di fibre vegetali con cui si com-pongono spazi ed edifici. Il bambù èpresente in varie proposte: dal Padi-glione cinese a quello dell’Indonesia diAndra Matin, menzione speciale conElevation. Nella struttura esposta, in fi-bra intrecciata, è calato il sapere spon-taneo delle popolazioni locali, che san-no, con i materiali tradizionali, com-porre spazi adatti a dialogare col ven-to, con il sole e con l’acqua, più adatta -bili, quindi, ai cambiamenti climatici.

Vincitore del Leone d’Oro per il mi-glior partecipante è il portogheseEduardo Souto de Moura, la cui instal-lazione, Vol de Jour, anch’essa visibilealle Corderie, è costituita da due gran-di foto aeree, che pongono in raffrontolo stesso spazio rurale, su cui l’autore èintervenuto restaurando edifici in rovi-na, fatti di pieni e di vuoti, e ne evi-denziano il rapporto con la dimensionetemporale, rilevando le modifiche e icambiamenti ad esso apportati.

In questa edizione della Biennale Ar-chitettura, a causa dei recenti eventipolitici non è presente il Padiglione

armeno. È però esposto, alle Corderie,un bel progetto di Gumuchdjian Ar-chitects, Gran Bretagna, che presentala Tread Lightly. A Linear Festivalalong the Transaucasian Trail, un sen-tiero “leggero” in alternativa al turi-smo convenzionale, costruito da vo-lontari, non destinato a un pubblicodi massa, che si snoderà in Armeniaper 750 Km da nord a sud, nel pae-saggio montano e nei luoghi periferi-ci dell’altopiano caucasico. Il progettoprevede la collaborazione degli abi-tanti dei villaggi locali, di architetti eartisti, per la realizzazione di spazipubblici destinati a un festival itine-rante. Il suo compimento, previsto in10 anni, si prefigge anche di porre fre-no all’esodo delle popolazioni monta-ne verso le città. Sono esposti anche imodelli delle strutture che sarannorealizzate lungo il percorso; al termi-ne della Biennale i grandi vasi che lisorreggono saranno donati alla città diVenezia per ospitare alberi di melo-grano, pianta simbolo dell’Armenia.

Il Padiglione dell’Argentina con Vér-tigo horizontal, suggerisce la vastitàdelle pianure che ne contraddistin-guono il paesaggio. La lunga struttu-ra in vetro esposta, che ospita pianteacquatiche, è calata in un’alternanzadi variazioni di luce e cambiamenti at-mosferici, accompagnati dal paesag-gio sonoro del vento e dei temporali.

Il Padiglione Italia, con Arcipelago Ita-lia. Progetti per il futuro dei territori in-terni del Paese, a cura di Mario Cucinel -la, propone il rilancio dei territori in-terni della dorsale appenninica e dellaSardegna, lontani dalle aree metropo-litane. I 5 progetti sperimentali pre-sentati nella Tesa 2 sono opera di 6stu di professionali, che si avvalgonoanche dell’apporto delle popolazionilocali e si collocano in aree colpite dalsisma, o a rischio di abbandono, op-pure che necessitano di un’offerta sa-nitaria adeguata. La possibilità di ri-nascita è coniugata all’esigenza di pre-servare il passato e le testimonianzedel patrimonio culturale in tutte lesue espressioni, materiali e immate-

riali. Ad essi sono affiancati, nella Te-sa 1, 8 itinerari inediti che compren-dono anche l’arco alpino, tramite iquali visitare borghi storici e paesag-gi in cui si attua il dialogo possibiletra patrimonio storico e architetturacontemporanea.

Il Canada propone la mostra Unceded:voci della Terra, presentata da DouglasCardinal e curata da David Fortin e Ge-rald McMaster, con le opere di 18 ar-chitetti e designer indigeni di TurtleIsland (Canada e Stati Uniti), che af-frontano la difficile realtà storica delcolonialismo, la forza di resilienza indi-gena e le conoscenze attuali dell’archi-tettura contemporanea da essa espressa,con un avvolgente sottofondo di voci ecanti autoctoni. La mostra è eccezional-mente ospitata all’Arsenale, in quantolo storico Padiglione ai Giardini pre-senta, con Il Canada Costruisce/Rico-struisce un Padiglione, il risultato del suorestauro, a opera di Alberico Barbianodi Belgiojoso. L’edificio, a forma di unaconchiglia nautilus, ospita due alberi efin dalla prima realizzazione ha costi-tuito una simbiosi architettura/natura,in dialogo, anche grazie all’uso del ve-tro, con lo spazio circostante.

Ai Giardini, dove ogni partecipazionenazionale interpreta il tema freespace se-condo diverse prospettive, punto sa-liente è il Padiglione della Svizzera,vincitore del Leone d’Oro per la mi-glior Partecipazione Nazionale conSvizzera 240. House Tour, su progetto diAlessandro Bosshard, Li Tavor, Mat -thew van der Ploeg, Ani Vihervaara. Ilbianco dominante delle pareti e dellepoche suppellettili a muro, le modula-zioni della luce, che sulle architetturedelle pareti imprimono delicate varia-zioni tutte comprese nella gamma deibianchi e dei grigi, rendono la “visitaalla casa” la perlustrazione di uno spa-zio che non cede i suoi misteri e che, inalcuni casi, disorienta per gli inusualirapporti di scala instaurati tra gli in-terni, con piccoli camminamenti diffi-cilmente percorribili, finestre fuori mi-sura, maniglie posizionate in punti nonrazionali. A parte queste volute “stra-

nezze”, che un po’ ammaliano, si affer-ma il convincimento di visitare un ap-partamento che attende solo di essereabitato, riempito dalle suppellettili chei prossimi proprietari porteranno. Sioscilla tra la sensazione di straniamen-to e quella, nonostante tutto, di unacerta familiarità con questi luoghi, che,in fondo, hanno i requisiti standard diuna casa da abitare, come potrebbe es-sere la nostra, se vuotata dai mobili,perché il linguaggio dell’architetturadegli interni ha raggiunto un’unifor-mità, che costituisce uno degli esiti piùstabili e codificati dell’architetturacontemporanea.

Il Padiglione degli Stati Uniti, conDi mensions of Citizenship, analizza,mentre si sviluppa la costruzione delmuro di confine con il Messico, il si-gnificato di cittadinanza, di apparte-nenza, inclusione. Il tema è proposto a7 livelli dimensionali: Citizen, Civi-tas, Region, Nation, Globe, Networke Cosmos, dal corpo umano alla cittàdel cielo. Si pone l’accento sul ruolo diarchitetti e progettisti nell’interpreta-re tale concetto nell’età della tecnolo-gia e della globalizzazione. Nella se-zione Ecological Citizen, fra i casi distu dio è inserita anche la Laguna diVenezia: vi sono esposte delle barriereda porre a difesa dell’erosione costiera,fatte di materiali naturali biodegrada-bili che, alla fine della Biennale, ver-ranno situate a riparo del perimetrodell’isola della Certosa.

Anche la Germania, con UnbuildingWalls, di GRAFT & Marianne Birth-ler, in forza della propria vicenda stori-ca, affronta il tema dei confini, del pro -te zionismo, della vita in presenza dimuri. Un accorgimento visivo permet-te di avere la sensazione, all’ingresso, diessere di fronte a un muro compatto,ma, man mano che ci si addentra nelpadiglione e che ci si muove in esso, ta-le percezione si trasforma, presenta deivarchi, delle aperture sempre più am-pie, fino a far scomparire l’immaginedel muro. La mostra o spitata prende inesame i progetti realizzati negli ultimi28 anni in uno spazio dalle caratteristi-che senza precedenti, coincidente conl’ex area di confine, vuota, nel cuoredella nuo va capitale.

Il Padiglione francese, curato da Enco-re Heureux, Nicola Delon, JulienChoppin, Sébastien Eymard, con Luo-ghi Infiniti, titolo interpretabile anchecome “luoghi non finiti”, affronta iltema delle architetture nel tempo, delloro cambiamento, della perditadell’iniziale destinazione d’uso, dellaricerca di altre possibilità per mante-nere i luoghi vitali, di condivisione dispazi e progetti per la collettività. Co-me ha osservato Shelley McNamaraalla conferenza di presentazione, lospa zio non è lineare. Gli abitanti deicentri storici percepiscono questa par-ticolare dimensione, pur non essendo-ne talora consapevoli a livello raziona-le; vivono l’interferenza di spazi etempi, convivendo simultaneamente-con il passato e il presente nelle cittàantiche e negli edifici spesso plurise-colari, rivitalizzati e organizzati tutta-via con le tecnologie del presente.

Il Padiglione Venezia interpreta il te-ma freespace nel suo significato di con-divisione e, con follow up! Venice sharesknowledge spaces, propone la conserva-zione della memoria della storia mil-lenaria di Venezia, tramite la digita-lizzazione dei documenti dell’Archi-vio di Stato, dello Iuav, di Ca’ Foscarie di altri enti e istituzioni cittadine,grazie a una rete di vaste collaborazio-ni, che consentirà di costruire la piùgrande base dati mai realizzata con idocumenti veneziani.

La Gran Bretagna, menzione specialecome Partecipazione Nazionale conIsland, propone, quale spazio vuoto,

quello del suo stesso padiglione la-sciato libero da installazioni, utilizza-bile per eventi connessi al tema della16. Biennale Arte. Un altro “spazio li-bero”, inusuale, è visibile salendosull’ampia terrazza del padiglione, dacui si può godere dall’alto, in una di-versa prospettiva, il panorama deiGiardini, con la folla dei visitatori.

Anche l’Ungheria offre una possibilitàanaloga: mentre al suo interno è alle-stita la mostra Liberty Bridge. New Ur-ban Horizons, riferita a vari momenti –il 1990, il 2004, il 2016 – in cui lostorico Ponte di Budapest rimasechiuso al traffico divenendo punto diaggregazione per abitanti e spazio ri-trovato per il tempo libero, se si salesulla torre di avvistamento, si accede auna veduta quasi straniante, quelladelle coperture del vicino PadiglioneCentrale, con le strutture di areazionee di servizio, che lo rendono simile aun edificio industriale, una grandemacchina a servizio della cultura.

Anche per il Padiglione Centrale siscopre, con piacere, che le curatricihanno mantenuto fede al loro propo-nimento. Non è richiesto, infatti, didisporre del filo di Arianna per ritro-vare l’uscita del labirinto, come eraavvenuto in altre edizioni, che aveva-no costipato gli ambienti, realizzandodei percorsi tortuosi. La leggerezza, ilvuoto che predomina sul pieno, ren-dono la visita gradevole, nel susse-guirsi delle proposte dei vari parteci-panti. Tra esse i 3 progetti di RahulMehrotra, India, menzione specialecome partecipante, che colgono l’em-patia e la condivisione instauratasi tragli abitanti di una zona del Rajastan,dove la qualità della vita e del rappor-to interpersonale è stata recuperatagrazie al restauro del paesaggio deva-stato da un precedente uso a cava disabbia, dove i raggruppamenti deglispazi abitativi privati sono integratida ampi spazi esterni condivisi, men-tre gli uffici progettati a Hyderabad,presentano le facciate ricoperte dirampicanti, che fungono da tessutoconnettivo tra i luoghi destinati agliimpiegati e quelli fruiti dai giardinie-ri. Le immagini sono proiettate su su-perfici trasparenti fluttuanti. Sempreal Padiglione Centrale si può apprez-zare Star Apartment, un complesso abi-tativo a Downtown di Los Angeles,destinato a sostegno permanente di102 persone senza fissa dimora. Il te-ma della facciata e delle finestre è de-clinato in varie possibilità in La fac-ciata è una finestra sull’anima dell’archi-tettura di Caruso e St John.

Questa Biennale di Architettura regi-stra per la prima volta la partecipazio-ne della Santa Sede. Il luogo in cui Va-tican Chapels, il Padiglione del Vatica-no è collocato, la suggestiva cornicedel bosco dell’isola di San GiorgioMaggiore, è elemento inseparabiledell’installazione e contribuisce a ren-dere colma di stupore la proposta. Lascelta è stata operata dal curatore Fran-cesco Dal Co. Sono 10 le cappelle co-struite; ogni architetto chiamato a rea-lizzarle ha interpretato liberamente iltema, che ha per riferimento la Cappel-la nel Bosco/ Skog kappellet di Erik Gun -nar Asplung. Tutte le co stru zioni ri-spettano le dimensioni stabilite, di 7metri per 10. In alcune cap pelle lestrutture delle croci risultano libere daqualsiasi funzione di sostegno del tet-to, non sempre presente, a volte solointuibile, e si stagliano superando ilpiccolo spazio della cappella per ab-bracciare direttamente il cielo. Le co-struzioni, in dialogo con il bosco, sonocapanna, rifugio nella natura e tempio.

Concludo ricordando l’assegnazionedel Leone d’Oro alla carriera, su pro-posta delle curatrici, all’architetto in-glese Kenneth Frampton, storico, cri-tico ed educatore.

F R E E S PA C Ela Biennale di venezia

16. Mostra Internazionale di Architetturalinda mavian

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CIttÀ EStAtE 2018 neXus n. 106 — Quaderno n. 16 – 5

Con il desiderio di rispon-dere a questioni circostan-ziali ed esistenziali, mi do-

mando spesso che cosa sia mai lacittà e tutte le risposte convergo-no inevitabilmente verso lo stes-so punto: la città è il luogo dovel’uomo costruisce il proprio de-stino. E per averne conferma, midomando in negativo ciò che es-sa non è, trovando la risposta si-lente del vuoto, dell’assenza,perché si può pensare alla cittàsolo come proposta di vita, diluogo della definizione, dellescelte e delle speranze.

Jean Gaudemet, storico del diritto,affermava che “la rovina o la de-cadenza dell’impero/di Roma/non significano... nulla” a frontedel diritto e dei sistemi istituzio-nali lasciati che sono modelli atti-vi di riferimento. Nel suo grandeviaggio nel Mediterraneo, Fer-nand Braudel riprende l’afferma-zione del suo conterraneo per con-cludere che, caduta Roma, “l’Oc-cidente sarà impregnato della suasopravvivenza”, mettendo conciò in evidenza il valore della cittàcome indicazione di percorso, co-noscenza e patrimonio identita-rio, nucleo di pensiero e di sceltesu cui si costruisce la coesione so-ciale e il suo progetto. La città è un modello di vita, è il si-stema che gli uomini scelgono perstare assieme, è consistenza fisicafatta di edifici, di strade, di luoghidove si esercitano attività, si viveo ci si riunisce, ed è anche il sensovisibile, formale delle modalità incui le funzioni vengono realizzate.Il Palazzo Ducale di Venezia aper-to alla Piazza e il Palazzo Vecchiodi Firenze, che ricorda nella strut-tura una fortezza, sono ambedueedifici dove si esercita il potere eun modello di quell’esercizio. Le città sono storia e metafora, ciòche sono e ciò che fanno vedere diessere. E comunque sono un datodella Storia, soprattutto per unarealtà come la nostra che ha il pri-vilegio – una vera e propria rendi-ta di posizione – di averla. Perchéle categorie dell’identità che han-no un tempo lungo di gestazionee di vita sono rivelazioni di poten-zialità e di condizioni, collanti so-ciali, possibilità di collocarsi co-scientemente in un sistema di re-lazioni dove pensiero convergen-te e pensiero divergente possonoconvivere ed essere progetto.La bellezza è appunto una di que-

ste categorie ed è il modo con cuisi definisce il valore di ciò che at-trae, stimola, appaga e suscita de-

siderio. Per dirla alla maniera diVico, è la verità che sta nella cosa,ciò che in sostanza suggerisce allavita una ragione oltre il finito, sitratti di spazio o di tempo.La bellezza è, variamente, la qua-lità dell’architettura, della pittura,della musica, delle arti, del viveree, fra le molte altre cose, dell’es-sere una città come Venezia chequelle qualità, come altre città,ha riunito nel tempo avendoneun riconoscimento, un riscontro.O gnu na di esse è una modalitàdel l’essere uomo, è come il bosonedi Higgs, l’entità che permette e hapermesso agli uomini di stare as-sieme, costruire comunità di vita,costruire sistemi di relazioni convalori di riferimento e di ricono-scimento con cui costruire proget-ti e destini collettivi, polivalenti econ visioni e interessi differenti.Ovviamente non si tratta di valoriesclusivi perché mi è chiara l’im-portanza che hanno gli interessicome fattore coesivo e nella co-struzione delle società. Ma mi è al-trettanto chiaro che gli interessisono come il denaro, che come sisa, non olet. Sono dei dati senzavol to che appartengono alla bana-lità del quotidiano e che hanno bi-sogno essi stessi di vedersi oltre ilimiti del tempo e dello spazio.Anch’essi hanno bisogno di unamaschera, insomma, devono esse-re una metafora, un’allegoria, de-vono trovare un senso che li arric-chisca, che trasfiguri l’evidenzabrutale che li contraddistingue co-me potenzialità conflittive basatesu relazioni di forza.La metafora è una maschera chenasconde e rivela nello stessotempo ciò che c’è e anche ciò cheè assente, il vuoto. È una dimen-sione che la letteratura gestiscecon grande sapienza raccontan-do il pensiero e le modalità con lequali gli uomini vivono nelle lo-ro cit tà, come accade per Macon-do, la città di Cent’anni di solitudi-ne che dell’America Latina è unparadigma, secondo alcuni, ouna metafora, secondo altri.Nell’uno e nel l’altro caso si trattadi un percorso che colloca coserealmente accadute fuori conte-sto: i Buendía che fondano con iseguaci Macondo, si muovonocome Colombo verso oc cidente efondano la città senza sapere do-ve effettivamente si trovino; Ma-condo non genera il progressoche difatti viene da fuori, portato

dai gitani e da Melquíades; lastessa Remedio la bella sale verso ilcielo ricordando altre ascensioni.Sono fatti che sembrerebberoappartenere a un’atmosfera“magica”, che nella realtà è peròdrammatica perché vera. Macon-do è perciò anche metafora di ciòche manca, che non c’è, che spes-so è visione, è assenza di storia eautonomia, cioè di senso di sé eprogetto, di possibilità di gestireun destino proprio. Come accadecon Lavina di Llano en llamas ocon Comala di Pedro Páramo delmessicano Juan Rulfo che hannola condizione drammatica di es-sere luoghi senza tempo, doveimpera la ripetizione e l’immuta-bilità dei gesti e dei rapporti. So-no metafore di un mondo veroche dal l’e ster no sembra inverosi-mile. E c’è il caso, infine, di SanPietroburgo (Pietrogrado fra il1914 e il 1925, ma da qualchetempo nuovamente assurto allasantità con il nome antico), che laletteratura russa ha odiato rite-nendola origine del male, unaspecie di cancro che pervade ilcorpo della Russia e la rende al-tro, come accade per AkakijAkakevic che proprio lì perde ladimensione di uomo per diven-tare un impiegatuccio di unacittà che lo usa.

Sono metafore e, in quanto tali,hanno la particolare condizione diessere immutabili, il senso diqualche entità, come la città chepuò proporre la propria metafora,senza che questa possa a sua voltacreare la città. E quando ciò avvie-ne si cade nella parodia e nella re-torica, nell’uso fine a se stesso checonsuma. È quello che sta acca-dendo con Venezia che però con-tinua a esistere nella Storia, aven-do il grave problema di entrarenella modernità, nel tempo attua-le per essere progetto, storia e con-ferma della metafora.

Purtroppo, la metafora contem-poranea di Venezia è la LeggeSpeciale, una vera e propria ma-schera congegnata con un eccel-lente dispositivo che funzionanell’ineluttabilità della decadenzae del degrado, che assume il datometaforico della bellezza come unvalore messo in pericolo e che ri-chiede dunque un senso di re-sponsabilità per contrastare o al-lontanare nel tempo qualcosa che

potrebbe avvenire. Nella realtà ri-sulta che, almeno per il momento,si tratta dell’uso retorico di un va-lore per fare profitto. La LS è quin-di la metafora del profitto, il fineassoluto del nostro tempo che tro-va a Venezia una versione possi-bile nel valore della bellezza. La debolezza della LS si basa supremesse scontate, ovvie, direi,perché l’ovvietà svuota di sensoil valore che si intende salvare; ilquale è tutt’altro che ovvio giac-ché la sua qualità è attiva per es-sere, come Venezia, un riferi-mento individuale e collettivocon delle valenze contestuali de-finite, un fattore di chiarezza e diriconoscimento, uno stimolo adagire. Ebbene, se un valore è ov-vio, significa semplicemente chenon è più un valore. Nelle sue varie versioni, la LS af-ferma che La salvaguardia di Vene-zia e della sua laguna è dichiarataobiettivo di preminente interesse na-zionale, ma senza chiarire il perché.Ossia – e mi pare una cosa straor-dinaria di per sé – tutti gli italianiriconoscono a Venezia una qualitàtale da meritare una Legge Specia-le, la quale però, guarda caso, nonsi preoccupa di dire perché Vene-zia è speciale. Ebbene, credo chequesto dato tutt’altro che ovvio,debba essere invece, e di per sé,una definizione del valore di Ve-nezia come città che rappresental’identità collettiva degli italiani inquanto modello dell’abitare nell’ac-qua. Può essere mai consideratoovvio un fatto così straordinario?E così ovvio da non ritenere op-portuna una qualche spiegazio-ne? Ma come, in questo paese diindividualismi esasperati edescludenti, c’è la città di Veneziache è un valore in cui tutti gli ita-liani possono riconoscersi e non sidice loro il perché, si tralascia ildato definitorio e chiarificante co-me se il valore di Venezia fosseun’ovvietà? Ma è possibile che anessuno venga il dubbio che siaproprio l’ovvietà del perché, ovveroil vuoto progettuale la ragione deldeclino segnalato dalla LS e forseanche dell’Italia?In quanto metafora della Veneziacontemporanea, la LS è la madredel Mose, che bisogna collocarenel contesto di una cultura chenon ricerca più nella propria con-dizione gli strumenti per essereuna proposta di vita, e che ricorreperciò al contributo esterno, che

sostanzialmente è la sostituzionedel valore in sé della cosa, con ilvalore denaro vincente. Non faccio queste considerazioniper una qualche finalità moraleg-giante. Siamo in un tempo dove lasalvezza del bene culturale, chespesso è modalità della bellezza,viene affidata al messaggio pub-blicitario che conferma l’eternocon la forza dell’effimero, un ossi-moro che può resistere letteraria-mente, ma non come riferimentodi valore. Non porta da nessunaparte la condanna del profitto, mala verità drammatica è che non di-sponiamo di un sistema di pensiero al-ternativo alla società che funzionasullo stimolo del profitto e credo chesia questo il vero dramma dellacultura umanistica che riconosceforza alla bellezza. Venezia è una concezione delmondo e, parafrasando Braudel,bisognerebbe agire per impregnareil mondo della sua sopravvivenza,cioè bisognerebbe che il mondo sisentisse portatore del suo valoreculturale. La condizione di Venezia qualecittà speciale sta tutta nella suacondizione di città costruitasull’acqua e di essere perciò la me-raviglia che è, e la sua salvezzanon può che essere quella del l’i -dea di Venezia come città. Ed è ap-punto questo modello di città ilsuo valore attivo, la sua bellezza.E ciò vale anche considerando Ve-nezia come città conclusa – la città-museo – che comunque pone lanecessità di affrontare la proble-matica complessa dei materialinecessari per avere competenzescientifiche e maestranze in mate-ria di idraulica, di comportamentidei materiali costruttivi e manu-tenzione nell’acqua salmastra, delproblema dello spostamento dicose e persone, e di tutto l’appara-to necessario per sostenere unacittà-museo, per farla funzionare,stare in piedi ed essere città pro-prio perché è bellezza, un valore at-tivo, storia e non solo metafora. Considerare Venezia come un da-to della Storia, un modello di cittàche ha in sé le grandi implicazionidel suo ruolo storico, della suabellezza come dato del presente,riporta al gesto del cardinale Bes-sarione che consegna a Venezia lasua biblioteca, la conoscenza delpassato fatta libro e il senso dellafunzione di Roma.Mi piacerebbe molto che questofosse il destino di Venezia e nonsolo per la città, ma per il mondo.

Franco Avicolli

La città e la storia

un grande successo discografico.Non c’era nessuna giuria e di fatto lamanifestazione si pose come un fan-tastico evento mondano mondiale:per l’assegnazione dei premi fu in-detto un referendum fra il pubblico,che decretò miglior regista il sovieti-co Nikolaj Ekk per il film Il camminoverso la vita, mentre il film di RenéClair, A nous la liberté (A noi la libertà)venne eletto come il più ‘divertente’.Si era in pieno fascismo.

Il Leone d’Oro è il primo premio anco-ra oggi assegnato nell’ambito dellaMostra. Si chiama così dal 1954; inprecedenza (1949-1953) era cono-sciuto come Leone d’Oro di San Marcoe prima ancora (1947-1948) come

Gran Premio Internazionale di Venezia.Nel 1946 c’era soltanto una segnala-zione. Fino al 1942 il massimo rico-noscimento era la Coppa Mussolini,assegnata per il miglior film italianoe straniero o per il miglior film(1938-1939).

Giuseppe Volpi (Venezia 19 novem-bre 1877-Roma 16 novembre 1947),fu molte cose. Mercante di bestiame,imprenditore di lungimiranti vedu-te, ministro delle finanze nel gover-no Mussolini e conte, ma anche unodei fondatori dell’area industriale diMarghera e del rilancio culturale diVenezia. Figlio di Ernesto e di Emi-lia De Mitri, rimasto orfano di padreabbandonò l’Università di Padova esi trasferì in Levante in cerca di for-tuna. Diventò ricco esportando ta-bacco dal Montenegro, investì i gua-

dagni realizzati nella nascente indu-stria elettrica e nel 1905, rientrato inItalia, costituì la Sade (Società Adria-tica di Elettricità), raggiungendo intal modo una posizione di rilievo nelsettore della produzione e della for-nitura di energia elettrica. Nel 1917fu tra i protagonisti della realizzazio-ne del nuovo Porto Marghera e dopoil primo conflitto mondiale acquistòcon il suo gruppo prestigiose catenealberghiere, a Venezia il Grand Ho-tel sul Canal Grande e l’Excelsior alLido. Aderì al fascismo e nel 1922 di-ventò senatore del regno, poi gover-natore della Tripolitania fino al1925: Vittorio Emanuele III gli con-ferì il titolo di conte di Misurata. Dal1925 al 1928 fu ministro delle Fi-nanze. Fu poi presidente della Bien-nale veneziana dal 1930 al 1942 egrazie al suo dinamismo, alla sua ef-

ficienza, ai suoi tanti interessi, ne al-largò i confini culturali (complici ivantaggi turistici come presidentedella Ciga Spa) con la creazione delFestival Internazionale di Musica(1930), della Mostra Internazionaled’Arte Cinematografica (1932), delFestival Internazionale del Teatro(1934) e di due Convegni di Poesia(1932 e 1934). Fu presidente della Confindustria dal1934 al 1943. Nel 1938 divennepresidente delle Assicurazioni Gene-rali al posto di Edgardo Morpurgo,che, in quanto ebreo, veniva estro-messo a causa delle leggi razziali. Nel1939 diventò proprietario del Gaz-zettino. Con il crollo del fascismo si riciclò:dopo l’8 settembre 1943 fuggì inSvizzera, entrò in contatto con gliambienti della Resistenza e finanziò

il movimento per rifarsi il look poli-tico: infatti, dopo la liberazione, unacommissione d’inchiesta, che dovevaappurare le sue responsabilità duran-te il regime fascista, lo prosciolse daogni accusa. Tornò in Italia, ma nona Venezia, e si legò agli ambienti de-mocristiani. Tra i suoi beni l’acqui-sto e il restauro di Villa Barbaro diMaser, dimora cinquecentesca, pro-gettata da Andrea Palladio. Dopo lamorte il suo corpo venne portato aVenezia, dove a celebrare il suo fune-rale fu il patriarca di Venezia, il fu-turo papa Giovanni XXIII. Giusep-pe Volpi venne sepolto in una tombaacquistata nella Chiesa dei Frari aSan Polo, tra una pala d’altare di Ti-ziano e il sepolcro del Canova. (gidi)

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CIttA 6 neXus – n. 106 — Quaderno n. 16 EStAtE 2018

ricordare il grande regista ermanno olmi è fondamentale per venezia

Anche se Asiago è diventataper lui la seconda patria, berga-masco di nascita, Olmi è statoun simbolo per la Mostra cine-matografica del Lido.

Palma d’Oro nel 1978 conL’albero degli zoccoli, Olmi firmaun capolavoro, pieno di profon-da suggestione e perfettonell’armonioso dipanarsi deisentimenti descritti.

Infatti la Biennale nel 2008 glitributa il massimo onore con ilLeone d’Oro alla carriera, la suanotorietà diventa unanime rico-noscimento mondiale per un re-gista che ha fatto del documen-tario uno strumento di diffusio-ne dell‘arte del racconto popo-lare, un neorealismo rivisitato erilanciato in chiave poetica, do-ve la genuinità dell’immaginediviene un tutt’uno con la natura e l’uomo sua espressione e storia. Leone più che meritato a detta del-la critica e del pubblico, che la Mostra veneziana gli attribuisce per alcune opere fondamentali: La leg-genda del santo bevitore (1988) e Il mestiere delle armi (2001), film dell’anima con una cifra di semplicitàdisarmante nel fascino suggestivo di una continua emozione.

Mi ritorna in mente quella sua frase illuminante: se vuoi che un pensiero cambi il mondo, prima devi cam-biare te stesso, in cui colpisce la profondità della riflessione sull’essere umano. E così ritroviamo la suamaestria in E venne un uomo, presentato alla 73ma Mostra veneziana, mentre nella 74ma del 2017 vieneproposto in anteprima il dvd dedicato al cardinale Martini.

Olmi, se n’è andato ad Asiago, appunto, a 86 anni, lasciando un grande vuoto che solo il ricordo e lariproposizione dei suoi lavori possono in parte colmare.

Se c’è un grande regista veneto è proprio Ermanno Olmi, con la sua immediatezza filmica che de-scrive poeticamente il popolo sullo sfondo di una misurata e genuina religiosità, che lo pone fuori daltempo.

Elena Paola Fontana Perulli

il si per fermare il DeClino e per Dare Un fUtUro ai nostri fiGli

Dal primo referendum del 1973, quindi dopo più di 45 anni, conti-nuano a dirci che va tutto bene così, anzi, rimanendo con un unico Co-mune risolveremo il problema del declino economico, dell’esodo, deiproblemi ben noti di Venezia e Mestre. Forse è giunto il momento dinon farci più prendere in giro, anche perché chi si è opposto, semprecon tesi non motivate che creavano timori infondati nella popolazio-ne, erano coloro che in quel momento avevano il potere e temevanodi perderlo. Proprio come oggi, per primo il sindaco, che nonostantel’impegno solenne e scritto preso in campagna elettorale ha deciso difar di tutto per ostacolare il referendum. Una volta la tesi più di mo-da erano i maggiori costi di due Comuni rispetto a uno; oggi che si èdimostrato l’opposto, le tesi dominanti sono la dimensione troppopiccola di due Comuni e i contenziosi che ne deriverebbero.Le ragioni del SI confutano completamente queste e altre tesi cheportano solo a false paure e confusione.Venezia e Mestre sono due città diverse – Venezia poi è un caso uni-co al mondo – e necessitano di amministrazioni diverse; ma questonon vuol dire che ognuno se ne andrà per conto suo perché a coor-dinare i due nuovi Comuni ci saranno la Città Metropolitana e la Re-gione, e ogni problema relativo alla creazione dei due Comuni saràserenamente risolto in quelle sedi.I cittadini avranno dei consiglieri eletti più vicini alle loro richiestesecondo un modello di amministrazione locale che realizza il princi-pio di prossimità insieme a quello di sussidiarietà previsto dalla Co-stituzione italiana: chi ha avuto modo di vivere in Comuni più pic-coli sa quanta meno burocrazia c’è e quanto più conta la richiesta delsingolo cittadino. Anche perché ogni ricerca seria dimostra che i Co-muni di dimensione ideale sono quelli fra i 50mila e i 100 mila abi-tanti, come avviene nelle città metropolitane europee, da Bruxelles aVienna da Londra a Parigi. Ma forse qualche politico nostrano hapaura del controllo democratico dei cittadini...Venezia autonoma potrà finalmente richiedere uno Statuto speciale, co-me Trento o Bolzano, o un riconoscimento europeo di specialità con con-seguente regime amministrativo speciale, fiscalità di vantaggio, zonafranca, altri istituti speciali di difesa e sviluppo del territorio, della resi-denzialità e delle attività produttive e imprese operanti nella Laguna.In tal modo finalmente verranno sollevati i cittadini di Mestre che og-gi pagano con i veneziani le tasse locali fra le più alte d’Italia per so-stenere i costi della stupenda Venezia insulare. E finalmente essi po-tranno vivere in una città normale, non periferia di Venezia, dove svi-luppare le piccole imprese e riconvertire l’area di Marghera, final-mente bonificata laddove ora le bonifiche restano al palo da decenni.Mestre città normale, ma di dimensioni importanti potrà valorizzare ilfatto di essere snodo strategico e logistico nei flussi di persone e di mer-ci fra nord e sud, est ed ovest; Venezia, anche se con meno abitanti, af-fermerà il suo ruolo di top destination internazionale che le è dovutonon dal numero di abitanti, ma dal valore della sua storia, dalla suaunicità morfologica e culturale e dalla sua fama mondiale.Potranno finalmente essere attuate politiche per ripopolare Venezia,per sistemare le fondamente e i canali, per attirare nuove imprese; eci sarà un maggior controllo e partecipazione su decisioni spesso de-vastanti come quelle sul Mose e su altri temi come le grandi navi e ilturismo di massa. Attraverso un maggiore controllo politico e de-mocratico dei cittadini si potrà vigilare sulla riduzione degli sprechie il contenimento dei costi dell’amministrazione, anche nelle societàpartecipate e aziende municipalizzate, così da assoggettarle al coor-dinamento della Città Metropolitana se davvero operativa.In altre parole i Comitati per il SI alla creazione dei Comuni di Ve-nezia e Mestre chiedono che finalmente non si creda più alle falsepromesse di chi per restare al potere non accetta il cambiamento; madi fare una scelta non tanto coraggiosa (cosa sarà mai di tanto stra-volgente creare un nuovo Comune!), ma che abbia come obiettivo lasalvaguardia delle nostre città e il futuro dei nostri figli che voglia-mo possano scegliere di restare a vivere nella loro citta!

Gian angelo BellatiPresidente MO.V.A Movimento Venezia Autonoma

separazione amministrativa in piÚ ComUni: “DiviDi la riCCHezza e Diventa poverta”

Era il 2014 quando il commissariostraordinario di Venezia, VittorioZappalorto, nominato a seguitodello scandalo Mose, si esprimevasulla richiesta di parere inoltratadalla Regione: «La nuova legge del-la Città metropolitana si riferisce alcomune di Venezia nella sua formaattuale». Se la Regione dovesse co-munque indire il referendum, se-condo i pareri dei tecnici del mini-stero, prevarrebbe la legge delloStato.

Ora, nel tentare di districarsinella  sempe  più ingarbugliatavicenda in primis giuridica, cisembra prendere forma una vo-lontà di altro genere: che non èquella di contribuire a dare ri-sposte o qualità di vita miglioriai nostri concittadini ma ben al-tro; una oliata macchina peraffossare celermente la CittàMetropolitana, e probabilmentechi ora ne è alla guida. 

Premesso che, né io né il miopartito siamo contrari alla con-sultazione,  purché legittima,per la separazione dei due Co-muni, tento di sintetizzare le ra-gioni in cinque punti, che nonsono sicuramente esaustivi e/oesaurienti:

Il primo motivo è sicuramenteeconomico e patrimoniale. In-fatti, nonostante negli anni sisiano tentate proiezioni sulle ri-sorse che spetterebbero ai dueComuni, il dato è che anche inuna ipotetica compensazione,consentita dalle diversità delleentrate, si avrebbe come risulta-to che entrambi i Comuni sareb-

bero più poveri. Quindi menorisorse da dedicare ai servizi eagli investimenti. Si pensiall’eterno conflitto sugli aspettipatrimoniali che terrebbe installo amministrativamente le‘due città’ per decenni (Cavalli-no  docet), in un intricato siste-ma sia immobiliare che societa-rio con innesti metropolitani. Inuna proiezione di qualche tem-po  fa,  nell’ipotizzare alcuneazioni per raggiungere il pareg-gio di bilancio per entrambi iComuni, si vedevano per esem-pio dimezzare i servizi di puli-zia e asporto rifiuti e raddop-piare le imposte locali.

Il secondo motivo è di tipo am-ministrativo: Organi. Si dice chesi risparmierebbe sugli organiamministrativi. Ritengo che nonsono questi i risparmi che inci-dono, ma due Comuni con unsin daco ciascuno, assessori,consiglieri e tutta la macchinaamministrativa duplicata, an-che non avendo più  le Munici-palità, non darebbero i risparmidesiderati, anzi.

Il terzo motivo riguarda la pre-senza di infrastrutture o poli at-trattori che difficilmente si pos-sono, con gestioni separate, as-segnare o identificare con unComune o con l’altro oppurenello stesso tempo gestire sepa-ratamente: porto, aeroporto, ca-sinò, insediamenti industriali,culturali e turistici.

Il quarto motivo di contrarietà èla perdita sicura di Venezia co-me capoluogo di Regione inconsiderazione dello scarso pe-so demografico. E anche se aicittadini può sembrare un parti-colare di poco conto, così non è.Un ruolo, che proprio ora nellasua dimensione metropolitana,Venezia come città unica, deve

esercitare e rafforzare in terminiregionali e nazionali, in virtùdel fatto che questo vedrebbe si-curamente un accesso priorita-rio alle risorse e un’attenzioneparticolare per tutte quelle pro-blematiche di ampia scala.

Il quinto motivo di contrarietà èche ora i temi del traffico, del -l’inquinamento, della mobilità,del trasporto, del sociale/ sani-tario, della cultura ecc., vedononella pluralità della città una si-nergia. E anche se la città storicaassorbe più risorse  per alcuniservizi, viceversa la compensa-zione permette ai cittadini me-desimi standard di qualità piùalti.

Se le motivazioni sono che l’am-ministrazione sarebbe più vici-na ai cittadini o che finalmente idue Comuni troverebbero la lo-ro identità o libertà (più povertàmeno libertà) mi chiedo, qualeidentità? l’identità si costruiscesugli obiettivi e sui progetti cheguardano al futuro. In questomomento, dal punto di vistaeconomico, occorre uno sforzoper pensare a soggetti di mag-giori dimensioni che unifichinorealtà più piccole. Per VeneziaCentro Storico la popolazione èprecipitata a livelli così bassiche, nonostante gli sforzi, è im-pensabile ogni discorso di auto-nomia, a me no che non si vogliaprivilegiare la rendita di posi-zione, condannandola a quantotutti noi abbiamo sempre con-trastato. 

Ora, se il vecchio detto, “dividila ricchezza e diventa povertà”,si rilevasse fondato, basterebbefar funzionare bene quello chec’è già.

michele zuin assessore al Bilancio del Comune di Venezia

Ho raGGiUnto i 90 anni

Se Dio ti ha fatto vivere fino a questa età, tu devi ricambiare dandoun esempio di serenità e distacco dai problemi materiali. Dedicatiad amare il tuo prossimo e a godere della natura, leggere poesie,ascoltare musica. Se ti è possibile renditi ancora utile. Comunquenon dimenticare che sei più libera. Il tuo aspetto fisico non ti devepiù preoccupare, scopri la bellezza interiore!Gli amori umani non ti devono più toccare, solo l’amore verso i fi -gli rimane eterno. Chi ha avuto amore, amicizia e comprensioneper una vita intera è stato toccato dalla fortuna. La solitudine èmol to pesante e a volte ti toglie la serenità, ma de vi imparare adessere amica di te stessa, ricordando le cose buone che hai fatto etrovandone altre da fare.Don Renato, parroco della Chiesa di Sant’Antonio al Lido, il gior-no della festa del Santo ha esortato: “Siate forti, misericordiosi ecoraggiosi”. E i mali fisici come combatterli? Dimenticandoli un po’, curandolisenza ossessione, alla morte ci devi arrivare. Sii pronta, come ago-gnassi una meta felice.Continuiamo a ridere e a giocare, e non saremo mai ‘vecchi’!Questo soliloquio l’ho scritto per me, per aiutarmi, ma spero cheanche voi, cari amici, ne possiate trarre beneficio.

Evi Spero

Page 7: COmuNICAzIONE, CuLturA E AttuALIt* NELLA CItt ... · rono la traslazione del corpo di sant’Isidoro dall’isola di Chio. Quando nel XIII secolo i mer-canti veneziani portarono in

NErO LAvAGNAEStAtE 2018 neXus n. 106 — Quaderno n. 16 – 7

LIDO INCONTRA

La Pro Loco di Lido e Pellestrina conla collaborazione della Comunità ar-mena e il contributo del Comune diVenezia, del Con sorzio Venezia e ilsuo Lido, dell’Università Ca’ Foscari,dell’Ordine degli Avvocati di Vene-zia, della Fondazione Feliciano Ben-venuti, dell’Eiuc, del Global Campusof Human Rights e di Barchetta Blu,ha deciso di promuovere una serie dieventi di approfondimento per far ac-costare la cittadinanza alle relazionitra la Serenissima e la cultura arme-na.Narrativa, cinema, teatro, cucina,musica, storia, diritto, poesia, labora-tori per l’infanzia e visite guidate so-no stati e saranno protagonisti di ap-puntamenti iniziati il 30 marzo e chesi protrarranno fino al 22 ottobre. Dall’elenco di autori, registi, studiosie artisti coinvolti nella rassegna citia-mo: Baykar Sivaz lyan, Astrid Kat-charyan, Sonia Orfalian, Aldo Ferrari,Sona Haroutyunian, Antonia Ar-

slan,Teresa Tentori, Claudio Fanton,Alessandro e Francesco Piovan, Ker-vork Bozouklian, Jean Eric Thirault,Julien Amedro, Mariann Jurcovic, Li-sa Ferrali, Robert Djamoussian, NinaValeri, Giuseppe Dal Bianco, Giusep-pe Laudanna, Fatih Akin, AtomEgoyan, Paolo e Vittorio Taviani.All’organizzazione degli eventi hannocontribuito Sabina Italiano, Gugliel-mo Serafini e Germana Daneluzzi.“Abbiamo pensato a un programma diampio respiro – spiega Micaela Salma-si, presidente della Proloco Lido diVenezia e Pellestrina – che potessecoinvolgere molti aspetti della cultu-ra armena. Con questa manifestazioneintendiamo valorizzare i legami stori-ci e le potenzialità presenti ancor og-gi, anche al fine di farli conoscere piùdiffusamente.” “Si tratta di un progetto ambizioso,sottolinea Michela Cafarchia, presi-dente del Consorzio Venezia e il suoLido. Auspichiamo che questa mani-festazione diventi l’appuntamentoculturale biennale della nostra isola.”

Questo il fitto calendario di eventiestate-autunno:

6 luglio: Hotel Rigel – h. 15.00Storia del Diritto, La Repubblica veneta egli Armeni, a cura del COA Venezia edegli Avv. R. Fogliata e C. Fabris.Ingresso libero.

28 luglio: Chiostro S. Nicolò – h. 21.00 Suoni d’Armenia, in memoria di PadreKomitas, a cura di Giuseppe Dal Bian-co – Duduk, flauti etnici.Ingresso libero.

1° agosto: Hotel Rigel – h. 17.30 Affinità con i cieli notturni, presentazio-ne del libro di Astrid Katcharyan.Astra Sahondjian, negli ultimi annidell’Ottocento, spirito ribelle, femmi-nista ante litteram, scelse il proprioma rito, Setrag Tokadjian, editore diun quotidiano liberale. Fu tra le primedonne a diventare giornalista, fondòuna prestigiosa casa di moda ad Ate-ne. Per sfuggire al grande crimine(Medz Yeghern), visse in esilio.Ingresso libero.

14 Sett.: Chiostro S. Nicolò – h. 18.00L’Armenia e gli studenti del l’Eiuc(Master Europeo in Diritti Umani eDe mocratizzazione). Inaugurazionedell’Anno Accademico 2018/2019 eincontro con il Prof. B. Sivazlyan.Ingresso libero.

22 Sett.: Chiostro S. Nicolò – h. 17.00Teatro/Musica/Poesia – Il Duduk, vo-ce d’Armenia nel mondo: dai suonidelle tradizioni alle sonorità musicalia cura di Teresa Tentori con ClaudioFanton, Alessandro e Francesco Pio-van. Canto di accompagnamento ai fi-gurantidi Terepia, il teatro di figurache interpreta brani tratti dal Libro diMush di Antonia Arslan. Voce narran-te Sona Haroutynian.Ingresso libero.

29 Settembre: Isola di San Lazzaroh. 10.00-12.00

Speciale visita dell’isola, arricchita dalettura di fiabe armene e atelier creati-vo, a cura di Barchetta Blu, con Sabi-na Italiano. Prenotazioni: [email protected]

11 Ottobre: Villa Pannonia – h. 17.30Il volto armeno di Venezia, conferenza diSona Haroutyunian.Ingresso libero.

19 Ottobre: Villa Pannonia – h. 17.30 Dalla Masseria delle allodole alla Stradadi Smirne, conferenza di Antonia Ar-slan con Germana Daneluzzi e SabinaItaliano per Barchettablu. Ispirato airicordi familiari dell’autrice, il raccon-to della tragedia di un popolo, e lastruggente nostalgia per una terra euna felicità perdute. La masseria delleallodole è la casa, sulle colline del l’A -natolia, dove nel maggio 1915, all’ini-zio dello sterminio degli armeni daparte dei turchi, vengono trucidati imaschi della famiglia, adulti e bambi-ni, e da dove comincia l’odissea delledonne, trascinate fino in Siria. Ingresso libero.

22 Ottobre: Cinema Astra – h. 17.30Biglietto euro 5,00Proiezione del film La masseria delle al-lodole di Paolo e Vittorio Taviani,2007, 122 min.

Tra la Serenissima e la na -zione armena si instauraro-no, nel corso dei secoli, sal-

di rapporti di amicizia, di colla-borazione e di fiducia reciproci. Con questo spirito e con la fina-lità di far conoscere i legami in-tercorsi tra Venezia e la Comu-nità armena, è in corso di svolgi-mento, dal 30 marzo al 22 ottobre2018, su proposta della Prolocodi Lido e Pellestrina con la colla-borazione della Comunità, il fe-stival Lido incontra: L’Ar menia, gliArmeni e la Serenissima. La culturadi un popolo in esilio. I vari appuntamenti propongonoconcerti di musica armena, in cuisi ha la possibilità di ascoltare ilsuono del duduk, lo strumentoche più di ogni altro interpretaed esprime l’anima del popoloarmeno, con il suo originale tim-bro musicale, che evoca il soffiomesto del vento degli altopianicaucasici. Ai concerti si alternanoproposte tea trali, conferenze,proiezioni di film, visite guidateall’isola di San Lazzaro, incontrienogastronomici, nel corso deiquali si realizzano delle cene incui si possono apprezzare le pie-tanze della cucina armena. È in-dubbiamente una bella formulaconviviale, che invita al dialogo ealla conoscenza.Il professor Baykar Sivazliyan ètra i promotori dell’iniziativa e loringrazio per la sua disponibilità aconcedermi questa intervista.Non è possibile, in questa sede,elencare tutte le importanti tappedel suo curriculum; cito solo le piùsignificative, in grado di delinear-ne il profilo: nato a Istanbul, si tra-sferisce a Venezia, studia presso ilCollegio Moorat-Ra phael, si lau-rea a Ca’ Foscari in Lingue e Let-terature Orientali. Insegna StoriaArmena presso il Collegio Arme-no, quindi Lingua Armenaall’Università degli Studi di Mila-no. Autore di numerose monogra-fie e contributi sulla situazionedelle minoranze nel l’Impero Ot-tomano e sulla presenza della co-munità armena nel Ve neto, èmembro, dal 2005, del l’Unionedegli Armeni d’Italia, di cui è sta-to, dal 2009 al 2016, presidente.

la sua formazione, i ruoli svoltie che tuttora ricopre in seno allaComunità armena italiana, larendono un interlocutore atten-to e privilegiato del dialogo trapresenza armena e realtà italia-na, veneta e veneziana, in gradodi cogliere i passaggi e le modi-

fiche che nel corso del tempopossono essere intervenuti. po-trebbe renderci par tecipi dellesue impressioni in merito?Venezia è da sempre stata un faro,un punto di riferimento e di attrazio-ne internazionali per la cultura ar-mena. Basti pensare che il pri mo li-bro in lingua armena è stato stampa-to a Venezia nel lontano 1512 e solonel 1778 in Armenia. L’aperturamentale della Serenissima Repubbli-ca non era soltanto culturale, ma so-prattutto commerciale. Del resto,quando in altre parti dell’Europa i li-bri in lingua ebraica veniva no bru-ciati, a Venezia c’erano decine di ti-pografie che stampavano questi pre-ziosi volumi. Dal 1512 al 1800 esi-stevano ben 19 tipografie ve ne zianeche stamparono circa 250 titoli di li-bri e mappe in lingua armena. Eraun’operazione commerciale ma an-che molto raffinata, la cultura fra lecolonne portanti della potenza dellaSerenissima Repubblica.

Nel 2017 si sono festeggiati i 300anni dell’insediamento della Co-munità monastica armena nel -l’isola di San Lazzaro grazie al -l’opera dell’abate Mekitar. La ri-correnza ha seguito quella, pur-troppo di ben altro segno, del2015, anno in cui si è celebrato ilcentenario del Genocidio del po-polo armeno. Venezia e tutto ilterritorio italiano e regionale so-no stati punteggiati da manife-stazioni di attenzione per questieventi. Non si può non ricordare,con un sentimento di profondagratitudine, come, tra gli avveni-menti che hanno contribuito arinsaldare e a rinnovare lo stori-co rapporto di amicizia tra Vene-zia e la nazione armena, vi siastata la calda e spontanea acco-glienza data dalla città ai soprav-vissuti del Primo Genocidio delXX secolo, che, con vicendedrammatiche, erano riusciti agiungere a Venezia.

Dal 2014 lei è stato membro delComitato statale della repub-blica d’armenia, istituzione in-ter-armena, per la Commemora-zione del centenario del Genoci-dio degli Armeni del 1915. puòraccontarci i tratti salienti dique sta sua esperienza?Per me è stata una esperienza unica.

Il popolo ‘diasporico’, dimenticandotutte le proprie differenze, culturali,politiche e di provenienza, ha saputounire le proprie forze e presentarsi almondo con la sua storica ‘maesto-sità’, ha saputo parlare un linguag-gio nuovo, rivolto al mondo intero,non più il linguaggio di un popolovittima, ma di un popolo egregia-mente sopravvissuto alle angherieimposte al proprio passato. Ci siamopresentati non più con le lacrime delpopolo genocidiato, ma con il sorrisoorgoglioso del vincitore.

Tali ricorrenze concorrono amantenere viva l’attenzione sul-le vicende del popolo armeno.Istituzioni e studiosi si sono pro-digati da molti anni a divulgarnela conoscenza; tra essi AntoniaArslan, che, grazie ai suoi scrittie all’opera instancabile di diffu-sione compiuta con conferenze,in particolare nelle scuole, puòessere considerata una vera am-basciatrice del popolo armeno.Da La masseria delle allodole, unbest seller, i fratelli Taviani han-no tratto l’omonimo film, che haraggiunto un vastissimo pubbli-co. Fra il 2014 e il 2016, vari mem-bri e studiosi, coordinati dal -l’Unione degli Armeni d’Italia,sono stati in centinaia di scuoleitaliane, di ogni ordine e grado,portando la testimonianza delnostro piccolo popolo e parlandodi una felice esperienza di inte-grazione. Il costante impegno dienti e di studiosi ha indubbia-mente contribuito alla nascita diun interesse nuovo, meno stereo-tipato e più approfondito per lastoria e la cultura armene, chenon si limita agli aspetti più noti,ma che va allargandosi a tutte leespressioni culturali di questoantico popolo. Un segnale di ami-cizia tra Veneto e Armenia è, adesempio, il gemellaggio attuato,in ambito enologico, da parte del-la Confraternita del Raboso, conl’acclimatazione in Armenia, delvitigno Raboso, delle terre delPiave, e, a Vazzola, dell’antico vi-tigno armeno Arenì. Anche larea lizzazione del film Hotel Gaga-rin, per la regia di Simone Spada,ambientato in Armenia, può co-stituire un altro segnale di comel’Armenia sia entrata a far parteanche dell’universo creativo ita-liano e di come riesca a trovare in

esso inusuali chiavi di interpreta-zione. Pure il festival Lido incontracoglie questo cambiamento e sicolloca in questa direzione.

potrebbe fornirci ulteriori rag-guagli su questa nuova sensibi-lità nei confronti delle temati-che armene?La sensibilità dell’Italia in generale edella città di Venezia in particolarepotrebbero essere presi come esempiodella voglia di integrazione fra diver-se culture e realtà nazionali. Come sisa, l’integrazione può avere un sensose è ‘sentita’ e desiderata da tutte ledue parti. In questo caso, i venezianie gli armeni sono stati sempre in sin-tonia, con correttezza ma anche conconcretezza. Forse perché per primisono stati i veneziani a conoscere gliarmeni sulla loro terra, si è instaura-ta una specie di scelta di partenaria-to. Dopo questo positivo connubio, laRepubblica decise di creare le condi-zioni affinché gli armeni venisseroaccolti nella città lagunare, ovvia-mente stiamo parlando del XIII seco-lo, quando esisteva ancora il Regno diCilicia. Non è casuale se il titolo di re-gina di Cipro, Gerusalemme e Arme-nia verrà portato, per ultimo, da unagraziosa veneziana, Caterina Corna-ro, sulla cui tomba, nella Chiesa diSan Salvador, è inciso.

Dal suo curriculum si evincel’importanza del Collegio moo -rat-raphael, dove lei stu diò e in-segnò e dove si avvicenda ronogenerazioni di studenti armeni,tra cui il poeta Daniel varujan.per quanto concerne la mia fa-miglia, anche mio padre, i suoifratelli, mio cugino edoardo,giunsero a venezia per compie-re i loro studi presso il Collegio.in coincidenza con la nascitadella repubblica di armenia co-minciò a venire meno la funzio-ne del Collegio moorat-ra -phael. Ci può dare indica zionisul percorso che portò alla chiu-sura del celebre istituto?Tra i vari aspetti di tale processo vi èanche quello economico, che è peròuna conseguenza, non la motivazio-ne di tale esito. Il popolo armeno, co-me altri popoli con uguali esperienzee tradizioni storiche diasporiche, pro-babilmente non era preparato a vive-re un momento di ‘statalizzazione’.Così tanti giovani che volevano avere

una certa preparazione armenistica,si sono rivolti verso la rinascente Ar-menia. Come del resto, quasi tutti igiovani del Seminario di San Lazza-ro, oggi sono provenienti dall’Arme-nia e dalle zone densamente abitatedagli armeni della Georgia. Si è in-vertito il senso del viaggio.

il viaggio in armenia, molti annifa più difficoltoso e quasi un av-venimento, è ora diventato unameta turistica usuale e molto fre-quentata. Quali accorgimenti equali itinerari preferire per poteravere un approccio autentico an-che con la popolazione, sempreospitale e disponibile? Ovviamente la parte spirituale del -l’Armenia dovrebbe essere tenuta inprima considerazione. Un paese cheha scelto il Cristianesimo per primo,come religione di Stato, ha tanto daoffrire all’ospite occidentale. L’affa-bilità del popolo armeno e la sua vici-nanza alla cultura europea sono unagaranzia di positività che il turistaporterà a casa dal suo viaggio.

so che da pochi giorni è rientratoda un soggiorno nella repubbli-ca di armenia e ha potuto osser-vare il recente cambiamento cheha interessato il Governo arme-no, denominato Rivoluzione diVelluto, in quanto frutto di paci-fiche manifestazioni della popo-lazione, che ha espresso senzaforma di violenza alcuna il pro-prio dissenso, riuscendo a modi-ficare la situazione di governo.po trebbe con parole sue descri-vere questi storici avvenimenti? Come si sa, nelle repubbliche ex so-vietiche si erano create delle nuovesatrapie di potere, dopo la cadutadell’Unione Sovietica. Per fortunaquesto fenomeno non si era verifica-to in Armenia. Però dopo un quartodi secolo di governanti ormai invec-chiati, il popolo ha ritenuto giusto unradicale cambiamento. In una decinadi giorni, senza una goccia di sangueversata, un intero apparato dirigenteè stato mandato in pensione. Questolo dobbiamo anche a una esperienzastorica molto difficile degli armeni,che odiano la violenza e sono diven-tati molto saggi negli atti pubblici,consci anche della collocazione geo-politica. Va rilevato inoltre che anchele voci limpide della Diaspora arme-na hanno dato un valore aggiunto aquesta bella operazione in punta dipiedi.

linda mavian

l’armenia, gli armeni e la serenissima. la cultura di un popolo in esilio Intervista a Baykar Sivazliyan

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pONtE DEI SOSpIrI 8 neXus – n. 106 — Quaderno n. 16 EStAtE 2018

Capita spesso di leggere singoleparole o brevi frasi scritte in ve-neziano, co sa apparentementesemplice, ma che in realtà lo èsolo in parte poiché il nostrodialetto, o forse sarebbe più giu-sto definirlo lingua, presentaalcu ne particolarità fonetichesconosciute all’italiano. Cerche-remo dunque di suggerire un mo-do chiaro per trascrivere queisuoni tipici del veneziano parla-to che non trovano riscontri nel-la lingua ufficiale. Sia ben chia-ro che in quanto esporremo nonc’è alcun secondo fine di naturapolitica, si tratta solo di alcuneproposte per arrivare a una gra-fia comune anche sulla base del-le osservazioni, favorevoli ocontrarie, che saranno in ognicaso molto gradite.

Iniziamo con un esempio pratico.Tutti noi avremo certamentesentito pronunciare la parola“gondola” da un non venezianoche cerca di imitare la nostra par-lata: immancabilmente dirà“gondoa” non riuscendo a ren-dere la particolare “l” tipica dinoi veneziani del Centro Storico; infatti anche nell’immediato re-troterra risulta difficile trovare lostesso identico suono. Quando si cerca di riportarloscri t to si trovano tre diverse gra-fie: “gondola”, all’italiana, “gon-doa”, in falso dialetto, e “gon-doea”, dove la “e” dovrebbe in-dicare la nostra speciale pronun-cia, il che non ha senso: la “e” èuna vocale che può essere chiu-sa o aperta ma resta sempre “e”. Questo semplice esempio ci in-duce a ritenere necessario usaredei segni diacritici che distin-guano la pronuncia venezianada quella dell’italiano per i fone-mi non esistenti nella lingua na-zionale. Una proposta in questosenso era stata avanzata qualchedecennio fa dalla Società Filolo-gica Veneta ma non mi risultaabbia avuto molto successo.Cerchiamo allora di diffondereintanto tra quanti provano a scri-vere in veneziano poche e sem-plici nozioni per rendere grafica-mente alcuni di questi suoni percosì dire autoctoni, fermo restan-do che l’alfabeto è naturalmentesempre quello latino.Le vocali non presentano parti-colarità, vale quanto detto sopraper la “e”: quindi per renderegraficamente la “l” venezianasuggeriamo l’impiego non della“e” ma del segno “ł“ traslato dalpolacco. Quindi “gondoła”, “ca-voło”, “łampada”, “ghe ło digo”,“el xé łu”, ecc. Ovviamentequando il suono è lo stesso del -l’italiano si userà la normale gra-fia, italiano “un ballo lento” ve-neziano “un bało lento”. Il segnodiacritico va usato anche quandosembra che le due vocali separa-te dalla “ł” rap presentino ununico suono, esempio “sardełe”,“bigołi”, “bocołi”, ecc. Proprio quest’ultima parola ser-ve a sottolineare una caratteristi-ca tipica di tutti i dialetti veneti,cioè la mancanza delle conso-nanti doppie: si scrive e si pro-nuncia “bocoło” e “bricoła”, nonbriccola, come si è sentito in unservizio giornalistico della Rai.Quindi niente doppie, racco-

mandando però sempre a scola-ri e studenti dalla prima elemen-tare all’ultimo anno delle supe-riori di scriverle correttamentein italiano! Perciò scriviamo Ve-nesia, non Venessia. Del restoanche in spagnolo, salvo “rr” e“ll” che si legge però “gl” di gi-glio, le doppie non esistono e la“s”, ad esempio di “mesa”, tavo-la, viene pronunciata sorda, cioèmolto vicina all’italiano “mes-sa”, ma non uguale!Ciò serve a introdurre una pro-posta per la lettera “s” che in ita-liano presenta due ben distintepronunce ma un unico segnografico: sonora in “rosa”, sordain “sopra”. In veneziano si puòrendere la prima con la “x”(“roxa”, “xé”), la seconda con lanormale “s” che corrisponde an-che alla doppia italiana, quindi“roso”, “saso”, ecc. I due fonemirappresentano anche la “z” ita-liana nella forma sonora, “xio”,“xaino”, e sorda, “Venesia”, “elmexe de marso”. Il suono “z”,sonoro o sordo che sia, da noinon esiste e rappresenta spessoper molti veneti un vero e pro-prio problema per la sua esattapronuncia. Escluderei la grafia“th” che potrebbe invece esserepresa in considerazione per suo-ni presenti in altri dialetti veneti,quindi il toponimo Ceggia siscriverà “Theia”, cinque sarà“thinque” ad esempio nel bellu-nese. Oggi a Venezia questo suo-no è scomparso, come non esistela pronuncia italiana di “sc” da-vanti a “i”o “e”. Questo fonemain Laguna si trasforma in praticain una “s” sorda, esempi “łasar”,“siar”, “naser”, ecc. Al contrarionon esiste in italiano il nostro“s-c” di “s-ciopo”, “s-cianta”,ecc. che deve conservare questagrafia per evitare equivoci con lalingua nazionale.Queste potrebbero essere le pri-me norme grafiche fondamenta-li per rendere in modo chiaro lanostra parlata che, è bene non di-menticarlo, deriva dal latino(con apporti celtici e gallo-ro-manzi) e quindi può essere con-siderata come una vera e proprialingua romanza.Da approfondire l’uso della “j”come semiconsonante davantialle vocali. Questa lettera è stataintrodotta nell’alfabeto latino inetà post-classica, per cui si devescrivere correttamente almenonei testi scolastici “iuventus”,“iunior”, “Iupiter” ecc.Ma poiché oggi ben pochi cono-scono il latino nell’uso correntetroviamo la “j”, in particolare“junior” viene ritenuta una pa-rola inglese e quindi pronuncia-ta “giunior”. Juventus scritto con la I sarebbeper i tanti tifosi della squadra to-rinese un delitto di lesa maestà eprovocherebbe una sollevazionepopolare!Tornando a noi ripetiamo che ilveneziano non è il veneto che inrealtà, non essendo stato codifi-cato in una forma univoca validaper l’intera regione, come “dia-letto ufficiale” non esiste. Tutta-via, per essere parlato nel capo-luogo regionale e quindi per ilprestigio anche culturale che nederiva, il nostro resta il principa-le tra i dialetti veneti. Ricordia-

mo anche che il cronista ufficialedella Serenissima, Marin Sanu-do, scriveva in veneziano, usatonormalmente da tutte le magi-strature della Repubblica Venetafino alla sua abdicazione in favo-re della Municipalità Provviso-ria, in una forma definita ”vene-to illustre”.Riconosciuta quindi la specificadignità linguistica del venezianoe facendo riferimento per quantoriguarda il lessico a quello odier-no, ovviamente carico di neolo-gismi di varia derivazione entra-ti nell’uso comune, se ne potràiniziare uno studio sistematicocome accade per tutte le linguedel mondo, fissando cioè le rego-le grammaticali e sintattiche.

Sergio Chieregato

sCrivere in venezianoproposte per Una Grafia ComUne

Nexus sarà lieta di pubblicare te-sti in lingua veneziana che ri-spettino le regole qui proposte daSergio Chieregato, da inviare a:

[email protected]

L’anima segreta di Venezia nella poesia di Fabia Ghenzovich

“Se ti la vardi contro luse / Se la guardicontro luce” è la condizione utile a ol-trepassare il diaframma del visibile edentrare in quel territorio dove storia eleggenda, credenze popolari e mondoquotidiano, maschere e persone, calli ecanali si vestono delle sfumature delpensiero sgorgato dalle parole di Fa-bia Ghenzovich, che affida il propriouniverso interiore all’intensità espres-siva della lingua veneziana. Infatti,dopo le prime tre raccolte in lingua ita-liana, adesso per le edizioni Superno-va è uscito questo volumetto – Se ti lavardi contro luse - che apre un circuitodi piena sintonia con il luogo di nascita; qui l’autrice mira proprio aspogliare la realtà del suo peso specifico, così ne amplia i contorni,ne “ausculta” la pulsazione in una poesia che vive sulla trasparen-za del ritmo e sulla sostanza del sentimento, segnale indicatore diun orizzonte brulicante di luci improvvise, modulati chiaroscuri,momenti di rammarico neutralizzati da una sfumatura d’ottimismo(1), consapevolezza di una sospensione del tempo nello spazio (2),attimi di recupero di un passato mitico (3), la voglia d’abbandononel vortice dei sensi (4). La raccolta – composta da 30 liriche, di cuila prima e l’ultima in italiano, le altre in veneziano; con puntuale no-ta introduttiva di Francesco Sassetto e postfazione di Ivan Crico – èun piccolo gioiello tascabile concepito per far “respirare” Veneziaanche lontano dalla Laguna, che diventa quinta teatrale dove – at-traverso recuperi memoriali, ricorsi al potere illusorio dei sogni,sguardi orizzontali sul presente – prende corpo un vasto repertoriodi umori, dislocati in una gamma di sfumature emotive che vannodal ripiegamento nella rarefazione spirituale, fino ai margini di untenero ammiccamento con l’eros, che emerge dai ricordi e si proten-de nell’attualità di una vocazione a coniugare in bella sintesi d’equi-librio il godimento dell’anima e il piacere dei sensi. In tal modo lapoesia di Fabia Ghenzovich sa diventare lente d’ingrandimentopuntata sugli affetti e lievitare in vari passi in impalpabile soffiod’infinito, soprattutto quando la lingua veneziana si muove su unbinario che porta alla sintesi tra la potenza significante della parola(magicamente vicina e, nel contempo, estranea a cadute vernacola-ri) e la funzione di una metrica, che nella lettura evoca con chiarez-za la musicalità del parlato.

Enzo Santese

(1) Un profumo, un color / de mancanza, de sconti / zardìni, noma per que-lo filo / verde, ostinà filo a filo / tra pièra e pièra, / a recordarne mai stuàda// la vogia de un prà.(2) Spentonài da nove / ale, gavémo desmentegà / la tera soto i nostri pìe?(3) Che beli che gèrimo / da putèli, co’ la testa imbotìa / de tanta fantasia.(4) Strassìna el me corpo / drento ‘na tempesta // de fogo e un ingropo / deteneressa.

Inizia con questo numero diNexus una nuova rubrica dedica-ta a Venezia che prende in consi-derazione poesie o brani narrati-vi dedicati alla città.

A volte è accaduto che Supernovavenisse diciamo così ‘scippata’ diqualche titolo di libro. Per esempio ilpri mo volume della trilogia dedicataa Venezia (Storia di Venezia 1797-1997), di Giovanni Distefano eGiannantonio Paladini, intitolatoDai dogi agli imperatori, uscitonel 1996. Quel titolo creato dai dueautori fu pari pari utilizzato da unaltro editore per un proprio libro eperfino da una mostra nel 1997. Inseguito Supernova è stata ‘scippata’del titolo di una collana, Profili ve-neziani, creata nel 2008 con Ildoge Renier, scritto dall’omonimodiscendente del doge, Paolo Renier,cui è seguito Antonia Bembo, unamusicista veneziana alla cortedel re Sole... Questa collana eranata dopo la chiusura di una prece-dente, iniziata nel 1999 e curata daGiovanni Distefano e Leopoldo Pie-tragnoli, che si intitolava Profili ve-neziani del Novecento: ogni volu-me raccoglieva i ritratti di 4 grandipersonaggi veneziani del Novecento;sono stati prodotti 9 volumetti perun totale di 36 ritratti. È accadutoanche che Nexus, il periodico di Su-pernova, venisse a sua volta ‘scippa-

to’ del titolo di una rubrica: Ritrattiveneziani... Transeat. Speriamo chealmeno questa nuova rubrica nonsusciti altrettanti appetiti...

«Le città non sono soltanto cu-muli di pietre – ha scritto qual-cuno – sono anche le personeche ci vivono» o che ci hannovissuto. Questo primo ricordosulle pagine memorabili dedica-te a Venezia è riservato a Mar celProust, che della città aveva unavenerazione e di cui molto hascritto. Si riportano qui soltantopochi, ma significativi brani:«Mia madre mi aveva accompa-gnato per qualche settimana aVenezia e – siccome vi può esse-re bellezza tanto nelle cose piùumili come nelle più preziose –vi godevo impressioni analoghea quelle che tanto spesso, untempo, avevo provato a Com-bray, ma trasposte su una tona-lità affatto diversa e più ricca. [...]Molti dei palazzi in Canal Gran-de erano trasformati in alberghi[...] La sera, uscivo da solo, inmezzo alla città incantata, per-dendomi fra i quartieri scono-sciuti come un personaggio delleMille e una notte. Era rarissimoche non m’avvenisse di scoprireper caso, durante le mie passeg-giate, qualche piazza sconosciutae spaziosa di cui nessuna guida,

nesssun viaggiatore m’avevanoparlato. Ero penetrato in una retedi straducole, di calli che divido-no in ogni senso, con le loro sca-nalature, il settore di Venezia fraun canale e la laguna [...] Qui, pa-reva intenzionalmente nascostoin un intrico di straducole, comequei palazzi dei racconti orientalidove nottetempo viene condottoun personaggio che, riaccompa-gnato a casa propria prima del -l’alba, non deve saper ritrovarel’abitazione magica dove finiràcol credere d’essere stato solo insogno. [...] Dissi a mia madre chenon sarei partito [...] su di unabarca ferma di fronte all’albergoun musicista cantava “Sole mio”.[...] Quella Venezia dove stavoper rimanere da solo non avevanessuna simpatia per me. Mi pa-reva isolata, irreale; e quel cantodi “Sole mio”, levandosi come la-mento sulla Venezia che avevoconosciuto, pareva testimoniaredel mio dolore. [...] Venezia era labellezza, la bellezza leniva il do-lore [...] chi sta perdendo qualco-sa o qualcuno viene fatalmenteattratto da Venezia. [...] udendoquel “Sole mio” che era diventa-to quel canto disperato e che, cosìurlato, davanti a quei palazzi in-consistenti, li disfaceva consu-mando la rovina di Venezia.»

a cura di gidi

Per avere un’idea concreta di co-me si dovrebbe scrivere oggi lalingua veneziana, Supernovaconsiglia la lettura del libro

No go dito gnentedi Jason Francis Mc Gimsey.Il libro raccoglie quattro raccon-ti in lingua veneziana che esplo-rano la vita contemporanea del-la città lagunare attraverso il vis-suto un po’ particolare di alcunigiovani della Laguna.Con un linguaggio diretto e po-polare si assaggia, in una formadi scrittura del tutto inedita, l’ar-te del raccontare caratteristica diquesta città unica.

pagine memorabili su venezia – 1

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AppuNtAmENtI CuLturALIEStAtE 2018 neXus n. 106 — Quaderno n. 16 – 9

“incontri con l’autore”

GRANDE ALBERGO AUSONIA & HUNGARIAGran Viale, 28 – Lido di Venezia

Giovedì 8 maggio 2014 – ore 18:00

presentanoLetizia Lanza e Teodoro Russo

intervieneTiziana Agostini

Assessora Comune di Venezia

al termine brindisi e autografi

LAMPI E CRAMPI... E SLANCICOME NASCE VENEZIA?I NUMERI DI VENEZIA

Cristiana Moldi Ravenna:Giovanni Distefano:

Lorenzo Bottazzo:

Hotel HUnGariavenerdì 13 luglio – ore 18:00El Giacometo desmissiàdi franco ferrari Delfino

Giancarlino Benedetti Corcos(LT2 2018)

presenta letizia lanza

intervengono teodoro russoGiovanni Distefano

villa pannoniavenerdì 14 settembre ore 17:30

Se ti la vardi contro luse

di fabia Ghenzovichpresenta enzo santese

mercoledì 26 settembre ore 17:30

Sala Tommaseo

tre voci della poesia venetacontemporanea:

Bolla, naletto, vianellopresentano

Giovanna pastega e franco ferrari Delfino

Pensieri di Bordo è il nuovolibro fresco di stampa del co-mandante Ferruccio Falconipubblicato con il patrocinio delRegno del Lesotho di cui il co-mandante è console generaleonorario. In questo libro, ric-chissimo di immagini a colori,l’eclettica personalità dell’uomoche ha navigato tutti i mari diquesto mondo, e che è stato pi-lota del Porto di Venezia, di-spiega tutte le sue potenzialità:«Ho navigato molto – si leggenell’incipit della presentazione– sia a vela che a motore ed an -che a remi su tanti mari e fiumie lagune del mondo e vissutoalcune esperienze contadinenella ridente lunigiana e negliameni ambiti del Montello, edei boschi del Cansiglio».Questi pensieri di bordo prendo-no qui la forma di poesie asso-lutamente verticali, quasi palinecon le quali il poeta-uomo dimare segna il suo percorso quo-tidiano scegliendo di poetare“in rime baciate per massima ef-ficacia mnemonica”. Il libro si conclude con una pa-gina dedicata alla sua più recen-te creatura: il Museo Falconi cheNexus ha già presentato ai letto-ri, lo straordinario Museo Falco-

ni aperto gratuitamente al pub-blico, dove il comandante haraccolto e continua a raccoglie-re, tra l’altro, strumenti del tem -po passato ancora perfettamen-te funzionanti che “celebrano” imestieri del mondo e che Falco-ni ha messo in poesia sotto il ti-tolo di “Fucina culturale”:

Qui stazian felici le mentitra opere diverse ed attraenti.

Qui l’antico e il moderno saper son quel motore

che a progredire induce con amore.

Hotel HUnGariaINAUGURAZIONE FACCIATA

sabato 15 settembre ore 18:00

***SPETTACOLO TEATRALE

Novecento di Alessandro Baricco

sabato 22 settembre ore 21:30

Centro Studi di Ragusaattore Giuseppe Ferlitoregia di Franco Giorgio

QUANDO UN ASINO SI TRAVESTE DA LEONE

Una volta un asino si stancò di essereconsiderato secondo la sua specie. Co-minciò a immaginare che sarebbe statoproprio piacevole essere onorato e rive-rito come il re degli animali. Come fa-re? Pensa e ripensa, alla fine gli venneun’idea. Andò in cerca di una pelle dileone, se la mise addosso, si acconciòben bene e così se ne andava in girospacciandosi per un leone. Infatti, alsuo apparire, anche solo da lontano, in-cuteva timore agli altri animali. Eglistesso si stupì alquanto, quando si ac-corse che intere mandrie di mucche egreggi di pecore fuggivano appena loscorgevano. E così accadde per moltigiorni. L’asino era felice e beato. Avevaassunto nel frattempo un’andatura piùfiera e s’era abituato al suo nuovo ruo-lo. Ma ecco che a un tratto il tempocambiò. Si levò un forte vento. La pelledi leone che portava addosso si gonfiò,si sollevò e volò via. E il nostro asino ri-mase così com’era in realtà, sotto gli oc-chi di tutti. L’inganno era stato scoper-to. Chi prese a deridere l’asino, chi si ar-rabbiò con lui per la sua scelleratezza.Qualcuno non esitò a batterlo. E il po-veretto se ne stava peggio che mai tra lebeffe e le botte di tutti. Ecco quel cheaccade quando un asino prova a farsipassare per leone.

Da Leggende del popolo armeno a cura diBaykar Sivazlyan e Scilla Abbiati, Tar-ka/Fattoria del mare

EMIGRANTIE IMMIGRATI

Se dovessimo spiegare il signifi-cato della parola “emigrazio-ne” potremmo certamente dire

che è il tentativo di ricerca di unluogo diverso da quello in cui si ènati, per avere una vita migliore persé e per i propri cari. Fin qui nulladi strano o apocalittico, potendoconsiderare emigrante anche coluiche, per svariati motivi, si trasferiscein una città diversa di uno stessoStato. Ma non è questo il fenomenodi cui vogliamo parlare, anche se ilnostro Paese conosce e vive il trasfe-rimento, mai interrottosi, di interefamiglie dal sud al nord.

L’emigrazione, nei secoli scorsi perla colonizzazione di molti paesidell’America Latina, dell’America delNord da parte di spagnoli, inglesi eirlandesi, portò alla nascita di nuoviStati. Uno per tutti gli Stati Unitid’America, così come avvenne perl’Australia e la Nuova Zelanda. Tut -ta la geografia politica, già nel passa-to e così come oggi configurata, sideve a emigrazioni e colonizzazioni.

Anche il nostro Paese, per esem-pio all’inizio del Novecento, ha co-nosciuto un fenomeno migratoriodi dimensioni bibliche, con milionidi connazionali che lasciavano laPatria per cercare lavoro e miglioricondizioni di vita in paesi stranieri.Sono la fame, la miseria, le malattiea determinare l’esodo. L’Italia post-unitaria era un paese prevalente-mente agricolo, caratterizzato daun altissimo tasso di povertà, so-prattutto nelle campagne.

Chi emigrava lo faceva il più dellevolte proprio perché non aveva di chevivere, mosso dalla disperazione edall’impossibilità di nutrire se stessoe i propri cari. Il viaggio, il più dellevolte transoceanico, avveniva in con-dizioni di promiscuità, con gravi ca-renze igienico-sanitarie, con gli emi-granti ammassati in terza classe, gliuni addosso agli altri.

Le “navi” che li trasportavanoera no spesso poco sicure, piroscafiin disarmo, caricate all’inverosimi-le. Per questo si verificarono moltinaufragi che portarono a mortemolti emigranti. Ma non eranosolo i naufragi a fare morti, le ma-lattie a carattere epidemico comemorbillo, influenze, difterite, cole-ra, tifo si diffondevano a causadell’affollamento degli emigranti,del freddo o dell’esposizione a feci evomito sul ponte delle navi e negliambienti in cui erano costretti astare questi sventurati. L’unicaricchezza che gli emigranti italianiportavano con sé era la forza dellebraccia, ed è per questo che finivanoper svolgere i lavori più pesanti, ri-fiutati dagli altri. Le condizioni di

lavoro erano il più delle volte pessi-me, i diritti dei lavoratori pochi oaddirittura inesistenti.

Alla fine del secondo conflittomondiale l’emigrazione dall’Italiariprese con vigore. Le nuove meteerano il Canada, l’Argentina, il Ve-nezuela, così come il flusso migrato-rio dal Sud al Nord Italia per trova-re occupazione nelle grandi fabbri-che del Piemonte e della Lombardia.Verso l’Europa, Francia, Belgio,Svizzera e Inghilterra, i Paesi cherichiedevano più mano d’opera,oltre a Germania e Lussemburgo.Agli inizi degli anni Settanta le im-migrazioni nei nostri territori co-minciarono a superare le emigrazio-ni, diventando ai nostri giorni feno-meno del tutto fuori controllo. Im-

migrazione di massa, nella quasi in-differenza dell’Europa.

In seguito alle politiche forse piùrestrittive adottate dagli altri Stati eper le politiche di apertura adottatedai nostri governi, abbiamo assistitoe assistiamo a un vero e proprioesodo verso il nostro Paese. Albane-si prima, nord africani poi, appro-darono sulle nostre coste alla ricercadi un Paese in cui rifarsi una vita.

Molte le leggi negli anni per re-golamentare arrivi e permanenze:legge Martelli, legge Turco-Napoli-tano, legge Bossi-Fini. Tutte al finedi regolamentare ulteriormente iflussi in ingresso, cercando di sco-raggiare l’immigrazione clandesti-na e istituendo centri di permanen-za temporanea, prevedendo anchela possibilità del l’espulsione imme-diata dei clandestini o di chi, nelnostro Paese, non avesse un com-portamento secondo la legge.

Il problema dell’immigrazione dimassa dei clandestini, ampiamentesottovalutato dalla classe politicasoprattutto in termini di sconvolgi-menti demografici-antropologici-culturali-economici, arreca e arre-cherà profondi problemi all’internodella comunità e dei suoi equilibri.Ma chiudere le frontiere, i porti onon rispondere agli S.O.S. delleimbarcazioni in difficoltà al largodelle nostre coste non può e nondeve essere la giusta risposta delPaese e degli Stati Uniti d’Europa.

La nostra fede e il nostro passatodi emigranti ci inducono all’acco-

glienza e all’ospitalità. Difficile farela stima dei morti durante i viaggisu barconi e gommoni verso il no-stro Paese. Il fenomeno dei naufragiha spesso commosso l’opinionepubblica. Sembra il ripetersi dellaStoria al contrario.

Il fenomeno dell’emigrazione è do-vuto sostanzialmente alle condizionidi povertà, alla mancanza di libertà edei diritti umani, nella maggiorparte dei paesi africani e in granparte dei paesi del Medio Oriente,dell’Asia e dell’America Latina. Ilmodo migliore per contrastare l’emi-grazione in Italia e in Europa, feno-meno socialmente preoccupante e checomporta sconquassi socio-economicidi grandissima portata, sarebbe quel-lo di lavorare per garantire miglioricondizioni di vita e di lavoro neiPaesi d’origine. Per garantire agliabitanti diritti civili e libertà dallaschiavitù, dalla guerra, dalla sotto-missione a ideologie deliranti.

Questo il cammino da intrapren-dere, e sarà certamente lungo e dif-ficile, pieno di insidie e difficoltà.Dovrà tuttativa essere intrapresocon costanza, assiduità e senza maiabbassare la guardia per la gran-dezza, la complessità del fenomenoe soprattutto andrà portato avantiinsieme agli altri Paesi europei.

Sarà questa, forse, la prima sfidada risolvere per gettare le basi diquegli Stati Uniti d’Europa a cuitutti dovremmo aspirare.

Teodoro Russo

LA NUOVA DISCIPLINA DEGLI APPALTI

PUBBLICI

A CURA DI

GIANFRANCO PERULLI

Il veneziano Gianfranco perul-li, avvocato e docente di Dirittoamministrativo all’UniversitàIuav di Venezia, ha appenapubblicato un volume che vienediffuso in tutte le librerie giuri-diche italiane, coordinando unaricerca assieme ai seguenti auto-ri: Antonio Ametis, Luca Borto-lato, Gianmaria Boscaro, An-drea Bullo, Fabio Cacco, Giu-seppe Chiaia, Massimo Chirie-leison, Gaetano Guzzardi, Al-berto Lentini, Francesco Longo,Alberto Mingarelli, MartinaOsetta, Marta Ossola, MariaTraistaru, Anna Maria Ustino eSamanta Vianello.

Alla fine del secondoconflitto mondiale l’emi-grazione dall’Italia ripresecon vigore. Le nuove meteerano il Canada, l’Argen-tina, il Venezuela, così

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10 neXus – n. 106 — Quaderno n. 16 EStAtE 2018

pONtE DEI SOSpIrI

Un canto a tre colori nel ventomai avrà l’afflato liricodi un alato leoneche sposò la memoria del mare, le ferite che salironoal vessillo di gloriadalla mezzaluna in fiamme.

Di quel sangue sparso a Lepantosi dà lustro chi è diversodai cialtronidemocraticamente famosi,che irridono chi piangesul crollo delle rivetra lo spreco della vanità.

da Festival Giorgio Baffo e altre poesie (Supernova 2017)

PAROLA MIAAldo Vianello

[Venezia Multimediale]

Biennale D’arte in BianCo e neroDanilo reato

Il lungo cammino della Biennale, la più prestigiosa esposizione, uni-versalmente riconosciuta come la vetrina dell’arte contemporaneapiù importante del mondo, inaugurata il 30 aprile 1895, può essereoggi rivisitato attraverso le tappe più significative nello splendidodocumentario di Antonello Sarno in un dvd, intitolato Venezia Pop.L’arte in bianco e nero, prodotto e distribuito dall’Istituto Luce Cine-città srl. Sarno ha avuto la felice intuizione di scandagliare a fondol’enorme giacimento di filmati muti e sonori, che l’Istituto Luce con-serva in modo encomiabile, e con il montaggio rapido e incisivo diAngelo Musciagna ha mescolato immagini, ricavate dai cinegiornalidal 1928 al 1978, agli illuminanti interventi di due presidenti (CarloRipa di Meana e Paolo Portoghesi), di quattro prestigiosi curatori(Achille Bonito Oliva, Germano Celant, Francesco Bonami e Bice Cu-riger) e di alcuni artisti che hanno lasciato la loro innegabile impron-ta, guadagnando i premi più ambiti e facendo della Biennale il pro-prio trampolino di lancio verso la notorietà internazionale (MarinaAbramovich, Michelangelo Pistoletto, Enzo Cucchi, Francesco Cle-mente, Maurizio Mochetti e Luigi Ontani).Il documentario spazia attraverso cinquant’anni di storia della Bien-nale dalla nascita dei cinegiornali fino al 1978, anno in cui questa for-ma curiosa di informazione tramonta definitivamente, ma sono an-che gli anni in cui i mutamenti lasciano il loro segno indelebile: dal-le mostre tradizionali delle prime decadi del Novecento, inauguratedal re, alle Biennali del ventennio fascista dove i busti del duce dia-logano a distanza con quelli di Lenin del padiglione dell’Urss. A Ita-lo Moscati spetta poi di rievocare il fatidico biennio 1943-1945 quan-do i Giardini della Biennale vennero trasformati nel Cinevillaggio, for-temente voluto da Mussolini dopo l’armistizio di Cassibile, per pro-durre il cinema di propaganda e consenso di Salò e ospitare il traslo-co degli stabilimenti di Cinecittà, danneggiati dai bombardamentidegli alleati. Partecipiamo poi alla rinascita del dopoguerra, con unaBiennale, inaugurata dal presidente della Repubblica, Luigi Einaudi,e agli anni in cui i cinegiornali mostrano la totale incomprensione neiconfronti delle nuove frontiere artistiche. Intanto Burri, Vedova, Fon-tana, Manzù, Turcato e Merz cominciano a decollare, ma nuove po-lemiche e scandali si fanno avanti con gli anni ’60 e la Pop Art con lacontestata assegnazione del Leone d’Oro a Robert Rauschenberg.Carlo Ripa di Meana ipotizza addirittura che sia stata una manovrapilotata dalla Cia per fronteggiare il successo del “realismo sociali-sta” dell’Unione Sovietica. Altre polemiche, di natura diversa, con letele gettate dagli stessi artisti in Laguna nel ’68 o coperte e girate pernasconderle alla vista del pubblico. Sono gli anni della grande con-testazione e tutto in bianco e nero, come i nostri ricordi, ma il per-corso finale ci traghetta rapido verso gli anni ’70 dove artisti e cura-tori si mostrano più indulgenti: d’altronde queste edizioni, nel beneo nel male, portano la loro firma. Chiude la rassegna degli interven-ti il regista di Monuments Men (2014), l’attore George Clooney, un te-stimone della Hollywood delle star, amante dell’arte e da sempre in-namorato di Venezia. Si conclude così questo percorso in bianco ne-ro che, come recita il booklet di accompagnamento del dvd, vuole es-sere sostanzialmente: “un quadro d’insieme, corale, realizzato alloscopo non di celebrare ma di divulgare, rendendo accessibile a tuttila storia della Biennale d’Arte, ricchissima ed affascinante.”

Venezia Pop. L’arte in bianco e nero (2015) regia e sceneggiatura di Anto-nello Sarno; consulenza artistica: Benedetta Lucherini; produzione: IstitutoLuce e Agnus Dei production, distribuzione: Istituto Luce Cinecittà S.r.l.;DVD; dur. 67’; prezzo 9,99 euro.

raCContare l’arte: oltre il visiBile – 3

action painting(Espressionismo Astratto)

L’Action Painting nasce in Ame -rica nel 1945 e si diffonde prestoin Europa. Un gruppo di giova-ni artisti americani, influenzatodalla presenza di artisti europeiche avevano trovato rifugionegli States durante gli eventibellici, è sollecitato a sprigionareuna nuova e dirompente espres-sività. Nasce l’Espres sionismoamericano, un modo di dipinge-re su grandi superfici, che ven-gono ricoperte con grumi di co-lore, segni, graffi, macchie. Conl’Action Painting che, a mio pa-rere, appartiene doverosamentea una terra giovane senza radiciculturali ereditate dalla tradi-zione classica mediterranea, ilmondo dell’arte contemporaneariceve una ventata potentemen-te innovatrice che scardina tuttele certezze acquisite. Jackson Pollock è il rappresen-tante più autorevole del -l’Espres sionismo astratto ameri-cano. La sua pittura, apparente-mente irrazionale, si manifestamediante composizioni dove icolori vorticano sulla superficiedi tele di inusuali proporzioni,nel senso della grandezza, stesesul pavimento. Colori primarigocciolati senza l’uso del pen-nello esprimono una violentatensione emotiva che sarà il mo-

tivo dominante anche in Italia,nelle opere del veneziano Emi-lio Vedova e del toscano Alber-to Burri.

All’inizio del 1950 opera a NewYork, Robert Rauschenberg. Undecennio dopo nelle sue opereincominciano ad apparire ele-menti di collage, oggetti di scar-to della produzione industriale,del consumismo e della pubbli-cità. Sono i primi atti di quelmovimento che prenderà ilnome di Pop Art, e che rispon-de alle caratteristiche di sottrar-re il prodotto di uso quotidianodal contesto per trasformarlo inun feticcio, volto a denunciareprovocatoriamente il dominiodella produzione sulla societàmoderna e quindi sull’uomo.Anche la Pop Art esige l’elimi-nazione di ogni raffigurazionenaturalista, privilegiando strac-ci, legni, carcasse di automezzidisastrati recuperati nelle offici-ne e nelle discariche, ricompostirifacendosi alla concezioneanarchica dei dadaisti.

Negli anni Ottanta si diffondenegli States una nuova tenden-za artistica. Prende il nome diArte concettuale e propone distimolare il pubblico a rifletteresull’origine dell’opera, che nondeve più essere giudicata secon-do il senso artistico, ma, piutto-sto, per la capacità di indurre ilpubblico a riflettere sui temi po-litici e i cambiamenti dei costu-mi nella società. Il Concettuali-smo esige di abbandonare ogni

figurazione per privilegiare lafase progettuale.

La Land Art rientra nel suo am-bito: da quando Christo, l’arti-sta bulgaro naturalizzato ameri-cano, con la performance TheFloating Piers (2016) ha collegatole sponde del Lago d’Iseo conuna chilometrica passerella gal-leggiante percorribile da unpubblico entusiasta e partecipe,l’Arte concettuale ha conosciutoanche in Italia una vasta popo-larità. La performance di Chri-sto voleva far rivivere il paesag-gio al di là del quadro dipinto:quindi l’ambiente naturale vistocome spazio alternativo da ren-dere vivibile al pubblico.

È evidente, ormai, che parte deimovimenti artistici contempora-nei hanno avuto inizio negliStati Uniti.

Nei primi anni Cinquanta-Ses-santa arriva la Body Art, percerti versi vicina all’Arte concet-tuale. Si presenta alla ribalta in-ternazionale con un alto tasso divolgarità. Lo spazio di interven-to dei suoi rappresentanti è ilcorpo umano, che viene usatocome supporto da scalfire, inci-dere, verniciare. Questo movi-mento diventa di moda in unmondo dove impera la sottocul-tura e segna il distacco definiti-vo dalla tradizione che avevatrasmesso agli esseri umani ilsenso della bellezza.

Giovanni Talamini

preziositÀ Di niDoIl vetro è canto di luce, soffio di mi-stero, intensità di ardore. Mi avvolgo di atmosfera sognante.“Tutt’intorno è brezza e mare” in unaccordo di luce. Un brillio mutevole con avidità diocchi, visione offerta con splendoredi materia. Un incanto, uno smarri-mento dentro un recinto di rami,culla seducente, dimora sicura divita, di protetta solitudine. Maternoabbraccio d’amore, un indugiare diattimi con stupore di sguardi.Nido prezioso con quiete di respiri.Una bellezza di “filanti ragnatele.”M’illumino di trasparenze in uncontatto di momenti trattenuti, ri-flessi che la luce concede in un al-ternarsi di immagini.“La luce un prodigio quieto” su tantameraviglia.Avverto quasi un fremito d’ali, pal-piti e suoni. Nido dell’accoglienza, “silenzio diperla.”Nido e perle… corpo e anima… fio-riture di grazia, legami e incantesi-mi, giacigli di materni ardori dove“un fulgore chiama” con morbidezzadi riposo.“Un nido caldo al richiamo, all’unicosuo proprio nuovo bagliore, suono.”La vita è perla rara nel suo nido ri-fugio.Venezia, armonia di bellezze e cu-stoditi tesori in una danza di respi-ri e un gemmare di luci nel grembodi laguna, nido di offerta con ninnananna d’acque. Sacro nido… cantodi vita con estesa eco in fantasiosogalleggiare.“Anche quel mare di onde serene si pie-ga fino ad essere nido.”L’artista Antonia Trevisan consegnaal Museo del Vetro di Murano unapreziosità di nido dentro legami dicuore “con battito che scandisce i pensie-ri come l’onda spezza la pietra in sabbia.”

Marisa Tumicelli

(citazioni poetiche di S. Martufi, A.Temporelli, A. Merini, C. Janés)

renzo piano. PROGETTI D’ACQUA

La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova propone, dal 24 maggioal 25 novembre 2018, Renzo Piano. Progetti d’acqua. Messa in scena distudio azzurro, a cura di Fabrizio Gazzarri, in occasione del decenna-le di inizio lavori al Magazzino del Sale, realizzati grazie al progettodonato da Renzo Piano, unito a Emilio Vedova da un rapporto di lun-ga e profonda amicizia. Nel corso dell’inaugurazione Alfredo Bian-chini, presidente della Fondazione, ha ricordato come, nella primametà degli anni ’70, i Magazzini del Sale avessero rischiato la demo-lizione per lasciare spazio a una piscina pubblica. Emilio Vedova, chetra la fine degli anni ‘60 e i primi anni ‘70 aveva nel quarto modulodei Magazzini il suo studio-laboratorio, iniziò una campagna per lasalvezza di tali strutture, raccogliendo intorno a sé il sostegnodell’opinione pubblica. Rammento che Giuseppe Mazzariol, duran-te le sue lezioni al Corso di Storia dell’Arte Contemporanea all’Uni-versità Ca’ Foscari, osservò come tale devastante progetto conside-rasse meritevole solo la struttura esterna, l’involucro di tali architet-ture, che non si prevedeva di abbattere, cronologicamente successi-vo agli ambienti medievali in cui si immagazzinava il sale, non com-prendendo che la parte più significativa non era rappresentata dallapur armoniosa scansione delle pareti esterne, bensì dagli interni, coni muri di mattoni non intonacati, che definivano spazi oblunghi, ele-vati in altezza, da Mazzariol paragonati a quelli di una cattedrale go-tica, che celebrava i valori del lavoro: ci chiese di accompagnarlo a unincontro con Vedova, che difese, di fronte alle telecamere, con l’ener-gia che lo contraddistingueva, tali luoghi storico-monumentali.Una coincidenza che mi piace rilevare è quella tra il tema della Bien-nale Architettura 2018, Freespace, e la campagna che condusse alla sal-vezza dei Magazzini del Sale, che ora, visitabili e fruibili, continuanoa far parte dell’antico tessuto urbano della città.Studio Azzurro per questo anniversario ha attuato la messa in scena di16 progetti, selezionati da Renzo Piano tra le architetture da lui realiz-zate in vari luoghi del mondo tra il 1960 e il 2017, che hanno quale de-nominatore comune l’essere riferibili all’elemento acqueo. Messa inscena e non esposizione: il visitatore si muove, infatti, nello spazio se-mibuio, sviluppato in profondità e altezza, in un’atmosfera in cui la lu-minosità proviene dagli otto grandi schermi trasparenti sorretti dal si-stema robotizzato ideato da Renzo Piano. Ogni schermo ospita le se-quenze di due progetti. L’assenza di cornici che ne delimitino la forma,le immagini su essi proiettate, che sconfinano oltre le dimensioni deisupporti e si trasferiscono, per un gioco di rifrazione, sul pavimento, ilpaesaggio sonoro di sottofondo, elaborato da Tommaso Leddi, che in-clude voci, rumori, silenzi, il suono del vento, dell’acqua, di tempora-li lontani e frammenti del Prometeo. La tragedia dell’ascolto, composto daLuigi Nono per la Biennale Musica del 1984, contribuiscono a rendereliquida l’atmosfera in cui ci si sposta, mentre ci si sofferma innanzi aglischermi, senza separare la percezione delle immagini da quelladell’ambiente, con cui si fondono in un paesaggio immateriale.

Linda Mavian

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CrONACA E CurIOSItÀEStAtE 2018 neXus n. 106 — Quaderno n. 16 – 11

Direzione e RedazioneG. DISTEFANO (dr. ed.), N. FALCONI (dir. resp.), D. ZAMBURLIN (cond.)

L. LANZA (red.), M. REGINA (red.)

Hanno collaborato a questo numero

FRANCO AVICOLLI, GIAN ANGELO BELLATI, SERGIO CHIEREGATO, ANDREA DISTEFANO,GIOVANNI DISTEFANO, ELENA PAOLA FONTANA PERULLI, LETIZIA LANZA,

LINDA MAVIAN, TAZIA NUVOLARI, DANILO REATO, TEODORO RUSSO, BAYkAR SIVAZLIYAN, ENZO SANTESE, , EVI SPERO, GIOVANNI TALAMINI,

MARISA TUMICELLI, ALDO VIANELLO, DANIELA ZAMBURLIN, MICHELE ZUIN

REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE

SUPERNOVA EDIZIONI srl, Via Orso Partecipazio, 24 – 30126 Venezia-Lido

Tel/fax 041.5265027 – cell. 3491481059email: [email protected]

website: www.supernovaedizioni.it

STAMPA: Grafiche Biesse s.a.s. – Scorzè (Venezia)

I Quaderni di Nexus continuano a tenere in vita le idee di quello che è stato ininter-rottamente per oltre 24 anni ormai il periodico culturale veneziano sorto con auto-rizzazione del Tribunale di Venezia n. 1114 il 23.3.93

Le opinioni espresse nei testi firmati impegnano esclusivamente i rispettivi autori

comunicAzione, culturA e AttuAlitA nellA cittA metropolitAnA di VeneziA

Anno XXV n. 106 – Quaderno n. 16

ESTATE 2018 ***

Ariete. Si profila un'estate ricca di avveni-menti e di incontri, grazie a Mercurioa lungo positivo. Il mese favorito saràquello di agosto, con il Sole nel segnoamico del Leone: unite l'utile al dilet-tevole!

Toro.Marte in Acquario e Mercurio in Leo-ne creeranno un'estate movimentata enon particolarmente riposante. Consi-glierei comunque di staccare un po', sevi riesce, nel mese di luglio. Cambia-menti in vista per i primissimi gradiper via di Urano, entrato da poco nelvostro segno.

Gemelli. Sarà un'estate coi fiocchi, perché i

transiti stagionali vi favoriscono, an-zi alcuni stazioneranno un po' più alungo, in un moto retrogrado apparen-te. Avrete la possibilità di conoscereper sone, fare cose e mettere carne al fuo-co. Cogliete al volo le buone occasioni,e non rinviate al domani.

Cancro. L'estate si configura alquanto propi-zia per il vostro cielo con le stelle sta-gionali, com'è logico, a vostro favore econ in più Giove super-positivo fino anovembre. Anche i primi gradi del se-gno, pur soggetti all'opposizione di Sa-turno, potranno beneficiarne a pienemani.

Leone.Le stelle estive, che di solito mettono ilvo stro segno al top, quest'anno saran-no un po' innervosite dall'opposizionedi Marte in Aquario, che concederà

co munque una tregua da metà agostoa metà settembre. Questo sarà il perio-do migliore per staccare e andare invacanza. Consiglio: considerando an-che la quadratura di Giove, sarà me-glio rinviare avventure rischiose fino anovembre.

Vergine.Vi piacerà l'estate del 2018, cariamici della Vergine, con tante stelleamiche al vostro arco. Cercate di con-ciliare svago e lavoro, perché sarà con-veniente sfruttare i favori di Giove inScorpione, prima che cambi segno ametà novembre.

Bilancia. Sarà una buona estate, care Bilance,perché i transiti stagionali di Mercu-rio e Venere, in aspetto di quadraturadal Cancro, quest'anno sono passativelocemente nel mese di giugno. Gode-

tevi quindi una stagione ricca di bellesituazioni e incontri interessanti.Qualche tensione saturnina per i pri-missimi gradi del segno non rovineràla festa.

Scorpione.Sarà un'estate un po' tosta, cari scor-pioncini, poiché la doppia quadraturadi Marte in Aquario e Mercurio inLeone, potrebbe offuscare i benefici diGiove nel segno. Per fortuna Venere visarà amica e riscalderà il vostro cuore.

Sagittario. I transiti estivi, di solito un po' alta-lenanti con i segni dei climi freddi,quest'anno faranno un'eccezione. Siprepara dunque una stagione ricca diavvenimenti e incontri, con Mercuriopositivo per quasi 3 mesi, in attesa cheGiove, governatore del vostro segno, siappresti a farvi visita dopo 12 anni.Preparatevi ad accoglierlo adeguata-mente.

Capricorno.Quest'anno i transiti stagionali di op-posizione sono passati in anticipo e co-

sì la vostra estate ne guadagnerà al-quanto. Divertitevi e non fatevi man-care niente: avete Giove dalla vostra.

Acquario.Sarà un'estate un po' impegnativa pervia di quel Marte nel segno, in oppo-sizione a Mercurio nel Leone. Oltre atutto, Giove in quadratura dalloScorpione non soffia il vento in poppa.Non cercate nuove vie e godetevi ciò cheavete, arriveranno presto tempi mi-gliori.

Pesci.Transiti estivi più che favorevoli, caripesciolini. Molti pianeti, sia veloci chelenti, sono in postazione positiva. Seavete un sogno nel cassetto sfruttate ifavori di Giove che fino a metà no-vembre avrà per voi un occhio di ri-guardo.

Avviso ai gentili lettori: le previsioniconsiderano i transiti unicamente ri-spetto al Sole di nascita.

le stelle di taziaˆ ˆ

ˆˆˆˆ

Aprile 20185 Mestre: due agguati serali per strada.Venezia: saldo negativo nascite-morti nel2017. Nascite 291 decessi 831. La presenza straniera a Venezia si è impen-nata con l’inizio del nuovo secolo: nel2002 si contavano circa 6mila stranieri,nel 2007 circa 20mila e nel 2018 circa36mila, per cui si crede che vi siano incittà 141 etnie diverse e si parlino altret-tante lingue oltre al veneziano e all’italia-no. Il podio, come si legge nel Gazzettino,è così costituito: Bangladesh (5mila918,di cui 3mila820 maschi e 2mila98 femmi-ne), Moldavia (4mila459, di cui 1428 ma-schi e 3mila31femmine), Cina (3mila350);seguono poi ucraini (2mila511), albanesi(1541), francesi (319), polacchi (265), in-glesi (265). Sopra le 100 unità si trovanocoreani, iraniani, giapponesi, georgiani,dominicani, indiani.6 Il Tar approva le bricole in plastica. 7 La presidente del Senato, Casellati, in vi-sita a Venezia, promette il suo impegno perla città che ha contribuito alla sua elezione.Venezia ha bisogno oggi come nel passatodi diventare in primis una zona franca. 8 Sport allucinante alla Certosa pubbliciz-zato su FB da due giovani donne ‘distur-bate’: vi portano i loro cani che istigati acacciare i conigli presenti sull’isola li ucci-dono a morsi, mentre le due ‘eroine’ po-

stano le prodezze dei propri animali. 11 I dati della Polizia confermano l’emer-genza di aggressioni e liti, boom di espul-sioni. Intanto la stampa riporta il caso diun sbandato 30enne tunisino che, rimessoin libertà, picchia a freddo un vigile fuoriservizio, ma non viene ancora arrestato. Villa Salus compra tutto il San Camilloagli Alberoni, che comprende l’ospedaleIrccs (Istituto di ricovero e cura a caratterescientifico) e la Casa di riposo Stella Maris.12 Va a cena con gli amici, trovato mortoin acqua nel Rio di San Girolamo a Can-naregio, era un 36enne esperto nuotatore.Sembra che il tram trasporti fino a 44mi -la passeggeri al giorno.Torme di ladri si abbattono su Mestrecome cavallette e svuotano garage, uffici,aziende, negozi...13 Un ragazzo veneziano aggredito dadue falsi mendicanti: uno chiede l’elemo-sina e lo distrae, l’altro tenta di immobi-lizzarlo alle spalle, il tutto per sfilargli ilportafogli. La reazione del ragazzo mettein fuga i due malfattori.14 Il Gazzettino scrive: “Actv, Venezia‘mantiene’ Mestre” perché il passivo deitrasporti di Mestre (15 milioni) è pagatocon l’attivo di Venezia (40 milioni).15 Il Gazzettino publica una statistica suVenezia comprata dai cinesi: nel 2000c’erano 17 attività condotte da cinesi,oggi ve ne sono 266, e il trend non sem-bra fermarsi. Coprono ogni settore com-merciale: bar, ristoranti, pelletteria, abbi-gliamento, calzature, e poi anche bazar,cellulari, ombrelli...

Il Tronchetto continua a essere dominatodagli intromettitori a dispetto di tutto.30 I No global fanno un’incursione controi varchi di Piazzale Roma (piazzati neigiorni precedenti) urlando al megafono:“Perché non andate a mettere i tornelli alTronchetto dove c’è la mafia, dove ci sonoi calabresi, dove ci sono i veri problemi?”

Maggio 20181° Le deviazioni causate dai totem postida qualche giorno al Ponte di Calatrava ein Lista di Spagna per deviare i flussi tu-ristici sembrano funzionare e così le zonedi Santa Croce, San Polo e Dorsoduro sirianimano.Marghera: pestaggio in pieno giorno tradue rumeni sbandati pieni di birra. 2 dopo aver giocato (e perso) la Final Fourdi Champions League, la Reyer vince laFiba Europe Cup.4 No alla cultura a pagamento: associa-zioni e cittadini giustamente protestanocontro i costi per l’uso degli spazi da uti-lizzare per incontri culturali.5 L’American Airlines effettua il primocollegamento diretto Venezia-Chicago, almomento stagionale. I muratori veneziani si dimezzano: uno sudue è straniero.7 Mestre: tre giovani cinesi aggrediti epicchiati dal branco in Piazza Barche.Sulla stampa si legge dei medici GianlugiDa Campo (ortopedico) e Luana Semenza-to (posturologo) che hanno introdotto aVenezia una medicina innovativa, l’ago-puntura cranica, che consente di combat-

tere dolori acuti, sub acuti e cronici siaper problemi ortopedici sia neurologici.10 La Giunta comunale ratifica lo stopsul “cibo da asporto”.13 Il Campanile di San Marco è giornal-mente visitato da una media di 1700 per-sone per un incasso di circa 10mila euro.Si è insediata a San Servolo la Scuola postaccademica di studi avanzati sulle neuro-scienze Nsas (Neuroscience School of Ad-vanced Studies) http://www.nsas.it/�Mestre: Via Col di Lana dominio di unaventina di sbandati e spacciatori che im-pediscono alle persone non solo di staretranquille, ma di sistemare la propria bici-cletta nelle rastrelliere perché vi si siedonosopra, come dire, “qui comandiamo noi”.16 Buranelli-Turisti: 1 a 600.17 Mestre: si barricano in negozio per lerisse in strada tra sbandati. 18 Venezia: 30enne albanese aggredito eaccoltellato in Cam po Santa Margherita datre nordafricani che volevano derubarlo.20 Vogalonga n. 44: 2100 imbarcazioni8300 partecipanti.Sul litorale 38mila seconde case.23 Emergenza bullismo anche nel vene-ziano.25 Storica banda di rumeni marcata avista dalla Polizia presa mentre tenta dirapinare due anziani turisti. Il capo dellabanda ha precedenti in Laguna fin dal2000, così riporta Il Gazzettino.La Super Ulss formata da Ulss 12 (Vene-zia), Ulss 13 (Dolo-Mirano) e Ulss 14(Chioggia) presenta il bilancio di un annodi attività: 2,5 milioni di prestazioni.

Mestre: anziano rapinato in pieno giorno.26 Venezia: 40enne americano si tuffa inRio Marin nudo, un elegante veneziano dipassaggio raccoglie i vestiti lasciati sullariva e si dilegua, come dire: “così impari arispettare la città.” Bravo! 30 Veneziani Centro Storico-Turisti 1-73.

Giugno 20182 Il consigliere del M5S, Davide Scano,protesta contro la Giunta del sindaco terri-colo: “I soldi del ‘Patto per Venezia’, desti-nati alla città insulare per la manutenzionedi ponti, rive, rii e case a favore della resi-denzialità sono stati dirottati a Mestre peril passaggio ciclopedonale di San Giuliano.Andrò a Roma a farmi sentire.” 3 Proteste dei No global a Piazzale Romacontro i varchi, dove espongono la scrittaVENICELAND e distribuiscono finti bigliet-ti d’ingresso. 10 Mestre: all’interno della stazione ferro-viaria un gruppo di turisti si attarda achiacchierare, due nigeriani li obbliganocon grida e minacce a spostarsi perché in-tralciano il loro sporco traffico. Il Gazzet-tino titola: “Scene di ordinaria violenzaquotidiana”.11 Un migliaio di persone in corteo perla città a dire NO a Veniceland.18 A Dorsoduro i volontati ripuliscono imuri aiutati da studenti americani.Squadre speciali di vigili in Via Piave-Stazione contro le bande che spadroneg-giano nella zona. 19 Lido: si firma per trasformare l’exOspedale al Mare in resort di lusso.

Fin dagli albori della futura Re-pubblica Serenissima la religio-sità veneziana assume spiccateconnotazioni femminili. NovellaVergine Maria, per volontà divi-na la Città sulle lagune non do-vrà essere violata dal dominiostraniero: non per caso secondola tradizione locale risulta fonda-ta il 25 marzo del 421 d.C., cioènel giorno in cui l’Arcangelo Ga-briele annunzia una nuova epocadi amore, speranza, salvezza perl’umanità. Si tramanda infattiche proprio a quella data risalgala decisione del generale Narse-te, vincitore dei goti, di erigere laChiesa di San Giacometto a Rial-to, la più antica delle chiese ve-neziane. L’immagine della Ma-dre di Dio è diffusa sia nel centrostorico sia nel le isole: dai mosaicibizantini della Cattedrale di San-ta Maria Assunta a Torcello alDuomo di Murano; dalla Basilicadi San Marco al Ponte di Rialto;dal l’i scrizione Unde origo, inde sa-

lus posta sul pavimento al centrodella Chiesa della Madonna del-la Salute (iniziata nel 1631), allastatua davanti alla stazione diSanta Lucia. Se a Torcello e a Mu-rano la Bea ta Vergine, raffigura-ta nell’abside mentre indica ilBambino che tiene in braccio, è“Colei che mostra la Via” (Hodi-ghitria), pure i mosaici della Basi-lica esaltano la centralità del cul-to mariano, con le rappresenta-zioni della Theo to kos Orante, laRedentrice, la Sedes Sapientiae e,di nuovo, l’Hodighitria. Nel 1204,dopo il sacco di Costantinopoli,arriva in Laguna la Nicopeia, la“Vittoriosa”, accolta fin dall’ini-zio come protettrice della città,venerata e implorata nei momen-ti più drammatici. Altre impor-tanti icone sono la Mesopanditis-sa, patrona di Candia, collocatanella Chiesa della Salute nel 1669dopo la conquista turca dell’iso-la, e la Tremussa, a Santa MariaFor mosa. Grande devozione è ri-

servata pure a Margarita di An-tiochia vergine e martire, patro-na delle acque e delle partorienti,che vanta l’omonima chiesadell’853. All’origine del culto,una leggenda cristiana ambien-tata nel quarto secolo d.C., dovealla santa, prigioniera in attesadel martirio, appare un enormedrago circondato da serpenti chela divora, e subito dopo un uomonero. Nella Legenda aurea di Jaco-po da Varagine la vergine, primadella decapitazione, auspica perle donne a lei devote la possibi-lità di partorire felicemente, cosìcome lei stessa, con l’aiuto dellaCro ce, si è sgravata del drago,perspicua creatura demoniaca. Ilsuo culto accompagna l’espan-sione del cristianesimo da Orien-te a Occidente, sovrapponendosivia via a tradizioni e miti che lorendono un significativo indica-tore esoterico.

Letizia Lanza

reliGiositÀ veneziana

la CittÀ raCContagidi

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CENTRO DI RINGIOVANIMENTO LANNA GAIAIl Centro di ringiovanimento lanna Gaia è il primo e unico tempio del benessere a Venezia ispirato all’antica tra-dizione olistica Thailandese originaria della regione Lanna. L’esclusività dei trattamenti è garantita dalla professio-nalità delle terapiste, tutte provenienti dalla Thailandia e diplomate presso la prestigiosa Lanna Thai Academy.All’interno dei 1000 mq del Centro LANNA GAIA, interamente dedicati al benessere del corpo della mente e dellospirito, potrete fuggire dai frenetici ritmi quotidiani e scegliere tra un’ampia gamma di trattamenti per godere ditutti i benefici dell’autentico massaggio Thai. Le cure delle mani esperte delle terapiste sbloccheranno le tensioni ri-pristinando la circolazione dell’energia e aiuteranno il rilassamento e il ringiovanimento del corpo donando unasensazione di rinascita. Inoltre potrete usufruire della SPA attrezzata con bagno d’aroma cromoterapico, sauna fin-landese, solarium, bagno turco, percorso kneipp, grotta Jacuzzi, docce emozionali e area relax.Regalatevi momenti di completo relax, lasciatevi affascinare da un ambiente esclusivo, rilassatevi e lasciatevi cocco-lare, il vero benessere è al Centro di Ringiovanimento LANNA GAIA… non resta che provare.

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Venezia Centro Storico:Archivio di StatoBiblioteca CalegheriBiblioteca CorrerBiblioteca MarcianaBiblioteca QueriniBistrot de VeniseLibreria EmilianaLibreria GoldoniLibreria Toletta LT2

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di Gianfranco perullist mark’s BasiliCa

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by Giovanni Distefanotranslation from Italian by

edward smith

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DOVE TROVO NEXUS *