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Complementi di Petrografia N.O Scienze Geologiche, Lezione n. 6 FACIES METAMORFICHE ED ASSOCIAZIONI MINERALOGICHE STABILI NELLE ROCCE METAMORFICHE 1. Grado metamorfico e facies metamorfiche 1.1. Distribuzione a scala locale e regionale delle associazioni mineralogiche metamorfiche: zone metamorfiche Il primo contributo scientifico in cui fu cartografata la distribuzione regionale delle associazioni metamorfiche risale al 1877, anno in cui Rosenbusch pubblicò una carta geologica in cui venivano esaminate e mappate le zone di contatto tra graniti ercinici e rocce argillose paleozoiche incassanti nella zona di Barr – Andlau dei Vosgi (Fig. 1). Figura 1 Nel suo lavoro Rpsenbusch esaminò in particolare le variazioni tessiturali e mineralogiche delle rocce incassanti il plutone, distinguendo tre zone distribuite in modo circolare attorno al plutone (Fig. 1): 1) una zona più esterna fatta di scisti nodulosi; 2) una zona intermedia di micascisti nodulosi; 3) una zona più interna e più vicina al plutone fatta di hornfels (tipi rocce derivanti dal metamorfismo di contatto). Le tre zone mostrano anche una varabilità mineralogica essendo caratterizzate da clorite (zona 1), biotite (zona 2) e andalusite (zona 3). Tali minerali si formano in queste rocce per temperature crescenti, e appare chiaro che le differenti zone derivano

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Complementi di Petrografia N.O Scienze Geologiche, Lezione n. 6

FACIES METAMORFICHE ED ASSOCIAZIONI MINERALOGICHE STABILI NELLE

ROCCE METAMORFICHE

1. Grado metamorfico e facies metamorfiche

1.1. Distribuzione a scala locale e regionale delle associazioni mineralogiche metamorfiche: zone

metamorfiche

Il primo contributo scientifico in cui fu cartografata la distribuzione regionale delle

associazioni metamorfiche risale al 1877, anno in cui Rosenbusch pubblicò una carta geologica in

cui venivano esaminate e mappate le zone di contatto tra graniti ercinici e rocce argillose

paleozoiche incassanti nella zona di Barr – Andlau dei Vosgi (Fig. 1).

Figura 1

Nel suo lavoro Rpsenbusch esaminò in particolare le variazioni tessiturali e mineralogiche

delle rocce incassanti il plutone, distinguendo tre zone distribuite in modo circolare attorno al

plutone (Fig. 1): 1) una zona più esterna fatta di scisti nodulosi; 2) una zona intermedia di

micascisti nodulosi; 3) una zona più interna e più vicina al plutone fatta di hornfels (tipi rocce

derivanti dal metamorfismo di contatto). Le tre zone mostrano anche una varabilità mineralogica

essendo caratterizzate da clorite (zona 1), biotite (zona 2) e andalusite (zona 3). Tali minerali si

formano in queste rocce per temperature crescenti, e appare chiaro che le differenti zone derivano

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dal metamorfismo a temperature (e quindi, in questo caso, grado metamorfico) crescenti delle rocce

sedimentarie: la zona formatasi alla più alta temperatura (zona 3 ad andalusite) è quella

immediatamente vicina al plutone, la cui intrusione e messa in posto ha fornito il calore necessario

alla trasformazione tessiturale e mineralogica delle rocce incassanti secondo gradi variabili che

riflettono la distribuzione del calore attorno al corpo intrusivo.

Il caso del metamorfismo di contatto è l’esempio più facilmente comprensibile ed evidente

della distribuzione delle differenti associazioni mineralogiche nei terreni metamorfici. I primi lavori

di rappresentazione cartografica del metamorfismo regionale (o orogenico) in un basamento

cristallino riguardano le Highlands Scozzesi e furono pubblicati da Barrow (1893; 1912). La Figura

2 riporta una versione aggiornata del lavoro di Barrow.

Barrow identificò nelle rocce meta-pelitiche costituenti il basamento cristallino delle

Highlands una serie di associazioni mineralogiche variabili. In particolare egli notò nelle rocce

pelitiche la comparsa di minerali metamorfici caratteristici che chiamò minerali indice (index

ZZoonnaa

iinnvveessttiiggaattaa

ddaa BBaarrrrooww

Figura 2. Carta del metamorfismo regionale delle Highlands Scozzesi, che mostra le zone e le associazioni mineralogiche che si sviluppano per gradi metamorfici crescenti. (da Winter, 1996)

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minerals), e distinse una serie di zone metamorfiche regionali che, da Sud a Nord, corrispondono a

alle zone a chlorite, biotite, granato, staurolite (non riportata in Fig. 2 ma distinta da Barrow nei sui

documenti originali), cianite, sillimanite. I minerali indice di una zona possono essere presenti

anche in altre zone: ad esempio la biotite compare per la prima volta nella zona a biotite, ma è

ancora presente nella zona a sillimanite, lo stesso avviene per il granato. Barrow interpretò questa

sequenza di zone come il risultato del riscaldamento da parte di un plutone, solo successivamente

venne attribuita questa sequenza di zone al metamorfismo orogenico regionale per aumento di

pressione e temperature durante un evento orogenico. La comparsa di questi minerali indice è il

risultato di complesse reazioni metamorfiche che riflettono un aumento di temperatura e pressione,

ed è stato riconosciuto in Scozia il carattere progressivo del metamorfismo. Il termine progressivo

implica che una roccia, prima di raggiungere il suo stato definitivo ha attraversato una serie di

trasformazioni intermedie di grado progressivamente crescente. Il termine grado metamorfico

intende l’intensità (in termini di pressione e temperatura) delle trasformazioni metamorfiche. La

zona a sillimanite di Barrow corrisponde all’alto grado, quella a staurolite al medio grado, quella

clorite al basso grado. Analogamente si definisce progrado il metamorfismo che passa attraverso

gradi crescenti, mentre si definisce retrogrado il metamorfismo che avviene attraverso una serie di

trasformazioni di grado decrescente. La serie di zone e di ‘minerali indice’ riconosciuti per la prima

volta da Barrow in Scozia, sono molto diffuse nei basamenti cristallini e le associazioni

mineralogiche nelle rocce pelitiche sono particolarmente sensibili alle variazioni di temperatura e

sono state intensamente studiate a partire dallo studio di Barrow. Per questo motivo lo stile

metamorfico secondo la sequenza di zone riconosciuta in Scozia (Figura 1) è noto come

metamorfismo Barroviano.

1.2. Isograde metamorfiche

A partire dal contributo di Barrow, il concetto di zone di minerali e di minerali indice fu

ulteriormente approfondito, sino ad arrivare ai moderni concetti sulla distribuzione del

metamorfismo nei terreni metamorfici. Tilley (1924) introdusse il soncetto di metamorfismo

isogrado riferendosi a rocce metamorfiche formatesi alle stesse condizioni P-T. Con il termine

isograda si intende una superficie che segna la prima comparsa di determinati minerali indice o di

una associazione di minerali in rocce di uguale composizione chimica. Ad esempio, la prima

comparsa di sillimanite in un terreno metamorfico delinea il confine di una zona a sillimanite. Le

isograde illustrano quindi la (paleo)distribuzione della temperatura in un determinato terreno

metamorfico e corrispondono pertanto all'intersezione tra una paleogeoterma e la topografia attuale.

Alcune litologie sono più sensibile alle variazioni P-T perchè i minerali che le costituiscono hanno

campi di stabilità limitati. Le rocce pelitiche sono dei buoni indicatori del grado metamorfico. Zone

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metamorfiche ad estensione regionale che si sviluppano in corrispondenza di margini convergenti

rappresentano i markers dei gradienti regionali in P e T. La tettonica post-metamorfica e

aggiustamenti isostatici esumano in superficie i terreni metamorfici e le superfici isograde vengono

ad intercettare la superficie topografica. Nelle lezioni precedenti è stato evidenziato come la

trasformazione di un minerale (e/o gruppi di minerali) in altri minerali più stabili sia regolata da

reazioni. Le isograde delimitano sul terreno la comparsa di nuove associazioni mineralogiche,

determinate da reazioni che avvengono in una determinata roccia (con una precisa composizione) in

funzione della pressione e della temperatura. Si può pertanto fare riferimento a isograde di reazione.

1.3 Facies metamorfiche e serie di facies

Il concetto di facies metamorfica risale a Eskola (1915, 1939) e si sviluppò essenzialmente

come concetto di terreno ed è particolarmente utile per caratterizzare rapidamente il grado

metamorfico. Una facies metamorfica è definita dall'intero set di associazioni mineralogiche che si

sviluppano in litologie a composizione totale diversa e spazialmente associate. Ci si riferisce alle

associazioni metamorfiche stabili nei differenti tipi di rocce spazialmente associate con il termine di

paragenesi. Se queste paragenesi rappresentano uno stato di equilibrio termodinamico, allora

possiamo considerare le differenti paragenesi nelle differenti rocce come formatesi alle stesse

condizioni P-T. Nel definire una zona metamorfica si considera un solo tipo di roccia e si interpreta

lo sviluppo di paragenesi diverse in zone diverse come legate a variazioni P-T. Nel definire una

facies metamorfica paragenesi diverse in rocce spazialmente associate sono collegate a

composizioni chimiche diverse e sono interpretate come formatesi in condizioni P-T analoghe. Le

facies sono state formalmente distinte per mezzo di nomi che si riferiscono alle paragenesi

caratteristiche delle rocce femiche: ad es. la facies scisti verdi è caratterizzata da rocce in cui

clorite verde, epidoto, attinolite e albite sono predominanti in rocce femiche. Una lista di facies e

minerali è riportata in Tabella 1, occorre sottolineare nuovamente che le paragenesi distintive delle

varie facies riportate in Fig. 3 sono caratteristiche di rocce femiche. La Tabella 2 riporta invece uno

spettro di paragenesi caratteristiche di più tipi di rocce metamorfosate in condizioni di temperatura

crescente e che permettono di definire più facies metamorfiche. La collocazione nello spazio P-T

delle varie facies è riportata in Figura 3.

Nei terreni metamorfici è possibile cartografare variazioni nell'associazione mineralogica da

una zona all'altra (Fig. 3.4). Ad esempio, le associazioni paragenetiche

(1) clorite + epidoto + attinolite + albite

(2) muscovite + biotite + quarzo

(3) diopside + tremolite + calcite

(4) plagioclasio + granato + orneblenda

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Facies Associazione mineralogica (paragenesi) caratteristica delle varie

facies in rocce femiche

Zeolite Zeoliti, in particolare laumontite, wairakite, analcime

Prehnite-Pumpellyite Prehnite + pumpellyite

Scisti blu Glaucofane + lawsonite o epidoto (+ albite + clorite)

Eclogite Granato + onfacite

Scisti Verdi Clorite + albite + epidoto + attinolite

Anfiboliti ad epidoto Plagioclasio (albite-oligoclasio) + oneblenda + epidoto + granato

Anfibolite Plagioclasio (oligoclasio-andesina) + orneblenda + granato

Granulite Ortopirosseno (+ clinopirosseno + plafioclasio + orneblenda + granato

Tabella 1. Facies metamorfiche (Da Spear, 1995).

200 400 600 800 1000 12000

0

0.2

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

Pressure GPa

Temperature °C

Not realized on Earth

High P/T

Intermediate P

/T

Low P/T

0.4

0.6

0.8

Zeolite

Prehnite-

Pumpellyite

Blueschist

Eclogite

Greenschist

Epidote

amphibolite

Amphibolite

Granulite

Figura 3.

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Tabella 2.

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indicano chiaramente condizioni P-T di formazione diverse e differenti sistemi chimici. Le

paragenesi 1, 2, 3 si sviluppano in rocce a differente composizione chimica totale (X) e le

paragenesi 1 e 4 si formano in rocce a composizione identica (rocce femiche in cui varia solo il

contenuto in H2O) a condizioni termobariche diverse. Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato

che la paragenesi 1 (facies scisti verdi) è stabile a temperature più basse rispetto all'associazione 4

(facies anfibolitica): esse riflettono condizioni di T, cioè grado metamorfico, diverse.

In generale, le paragenesi metamorfiche di basso grado sono caratterizzate dalla presenza di

fasi mineralogiche contenti H2O e CO2; mentre nelle paragenesi di alto grado metamorfico i

componenti suddetti decrescono drasticamente. Il metamorfismo progrado determina perciò il

rilascio di fasi fluide dovute alla disidratazione e alla decarbonatazione dei minerali di basso grado.

Il metamorfismo retrogrado comporta invece un decremento di temperatura che generalmente è

accompagnato da reazioni di idratazione e arricchimento in CO2 dei minerali retrogradi.

Lo sviluppo delle varie associazioni metamorfiche è controllato da variazioni di P,T e X, ma

considerando uno specifico tipo di roccia a composizione totale X fissa, ogni variazione

nell'associazione mineralogica riflette variazioni di P e T. Una zona metamorfica è una porzione

cartografabile di un corpo metamorfico in cui le rocce hanno grado metamorfico simile, tale zona

può essere identificata attraverso la presenza di una paragenesi simile in rocce con composizione

totale analoga.

Negli anni 60 Myashiro ha riconosciuto che terreni metamorfici caratteristici di vari

ambienti geodinamici differenti sono caratterizzati da serie di facies metamorfiche (metamorphic

Facies Series) diverse che sono da mettere in relazione ai differenti regimi termici e/o gradienti

geotermici . In Figura 3 è possibile considerare 4 serie di facies:

(1) serie di facies a pressione intermedia e temperature da intermedie a alte: include le facies scisti

verdi, anfibolitica e granulitica. Questo tipo di facies caratterizzano il metamorfismo Barrowiano

descritto precedentemente e riportato in Figura 3: questi terreni sono dominati dalla presenza di

rocce in facies scisti verdi e anfibolitica, mentre le rocce in facies granulitica appartengono alle

zone metamorfiche di più alto grado;

(2) serie di facies di basso grado: queste facies sono state riconosciute più recentemente delle altre.

Sono caratterizzate dalle rocce in facies zeolitica e in facies prehnite-pumpellyite, anche se una

suddivisione più complessa è stata recentemente proposta da alcuni autori (Liou et al., 1987);

3) serie di facies legate a metamorfismo di contatto: alle basse P e alte T tipiche delle aureole

metamorfiche di contatto si formano associazioni metamorfiche tipiche e piuttosto distintive, anche

se c’è sovrapposizione tra le paragenesi costituenti le facies delle cornubianiti ad albite-epidoto, le

cornubianiti a orneblenda e quelle a pirosseno, e le paragenesi caratteristiche delle facies scisti

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verdi, anfibolitica e granulitica. Nelle rocce pelitiche un carattere distintivo è la presenza di

andalusite e l'assenza di granato almandinico;

4) serie di facies di alta pressione: Le facies scisti blu ed eclogitica rappresentano ambienti

metamorfici caratterizzati dalla produzione di fasi mineralogiche dense in condizioni di pressione

elevata. Le metabasiti in facies scisti blu mostrano un caratteristico colore grigio-blu dovuto alla

presenza di anfibolo sodico, la facies eclogitica è caratterizzata dalla presenza di pirosseno sodico

(onfacite) all'equilibrio con granato ricco in piropo e almandino.

In Fig. 3 sono tracciati alcuni gradienti geotermici lineari che passano attraverso i suddetti gruppi di

facies e che sono indicativi di differenti ambienti geologici.

La associazioni mineralogiche che si sviluppano durante il metamorfismo Barroviano in

metapeliti e in rocce femiche associate è riportata in Tabella .. Queste associazioni sono indicative

di una serie di facies di basso grado, scisti verdi e anfibolitica e sono diffuse in numerosi basamenti

costituiti da rocce metamorfiche.

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Temperatura

450

400

550

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2. Equilibrio

Per capire e rappresentare quantitativamente lo sviluppo delle associazioni mineralogiche

metamorfiche nelle rocce, queste ultime possono essere considerate come sistemi chimici a più

componenti costituiti da più minerali e, probabilmente, un fluido intergranulare. Ciascuno di questi

costituenti è denominato fase: le fasi sono fisicamente separabili e possono essere allo stato solido,

liquido o gassoso. Quarzo e plagioclasio sono fasi separate in uno scisto pelitico; se il plagioclasio

ha composizione intermedia tra albite e anortite, i termini puri albite e anortite possono essere

considerati come componenti della fase plagioclasio. Se il sistema viene assoggettato a determinate

condizioni P-T e tali condizioni vengono mantenute per un tempo sufficientemente lungo, gli atomi

all'interno del sistema si raggrupperanno nella configurazione più stabile possibile e il sistema

raggiungerà uno stato di equilibrio. Questa configurazione può essere rappresentata da una o più

fasi solide liquide e gassose in funzione della composizione del sistema e delle condizioni P-T al

contorno. In genere le fasi stabili sono quelle a più bassa energia libera. Un esempio è riportato nel

diagrammi P-G e T-G di Figura 4, che descrivono la stabilità di andalusite e cianite. Per P<PE la

fase stabile (a energia libera G più bassa, Fig. 4) è l'andalusite, mentre la cianite è stabile a P>PE.

Lo stesso ragionamento si applica al diagramma T-G di Fig. 4.

G

PPe

Andalusite

Cianite

G

TTe

Andalusite

Cianite

Figura 4

Se le condizioni P-T del sistema vengono cambiate le fasi coesitenti cessano di essere in equilibrio

e si stabilizzano altre configurazioni e altri minerali con assetto energetico più favorevole. Tali

cambiamenti sono conosciuti come reazioni metamorfiche e portano alla formazione di una nuova

associazione di fasi che è in equilibrio alle nuove condizioni. Tutti i sistemi chimici a

composizione analoga e soggette alle stesse condizioni metamorfiche sviluppano la stessa

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paragenesi se raggiungono condizioni di equilibrio. Il fatto che in uno studio a scala regionale tutte

le rocce a composizione analoga all'interno di una zona metamorfica sviluppino la stessa

paragenesi mineralogica, evidenzia che l'equilibrio è stato raggiunto.

4. Diagrammi di fase

4.1 I diagrammi P-T

Il modo più comune per rappresentare i campi di stabilità di differenti paragenesi è utilizzare un

diagramma pressione - temperatura (P-T), perché questo tipo di diagrammi ci permette di

visualizzare facilmente vari ambienti litosferici in cui si può formare una determinata paragenesi.

Dalla regola delle fasi (V=C+2-F) deriva che una roccia con C componenti e una paragenesi con P

fasi, dove P<C, sarà stabile in un ben preciso dominio del diagramma P-T perché la sua varianza è

come minimo = 2 e ha pertanto due gradi di libertà. La paragenesi occupa pertanto un campo

bivariante. La Fig. 5 illustra i campi bivarianti in cui sono stabili sillimanite, cianite e andalusite; in

questo caso la regola delle fasi prevede 1 componente (Al2SiO5), 1 fase e una varianza 2. La

coesistenza all'equilibrio tra una coppia di queste fasi (es. cianite-sillimanite, 1 componente, 2 fasi

e varianza 1) avviene solo lungo una curva univariante; ciò comporta che ad ogni variazione di T

corrisponda un ben preciso valore di P. In Fig. 5 le curve univarianti si intercettano in un unico

punto a varianza 0 dove le tre fasi coesistono all'equilibrio per un ben preciso valore di P e T.

Diagrammi composizionali

Chemografia

Figura 5. Diagramma P-T che mostra i campi di stabilità degli allumosilicati

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4.2 I diagrammi di fase composizionali

I diagrammi P-T consentono di visualizzare i campi di stabilità di alcune associazioni di minerali rispetto ad altre. É altrettanto importante utilizzare diagrammi che consentano di definire il controllo esercitato della composizione totale del sistema sulle paragenesi metamorfiche. I diagrammi di fase composizionali consentono di stabilire se lo sviluppo di differenti paragenesi in differenti campioni di roccia sia il risultato di effettive variazioni nei parametri P-T, oppure se sia determinato da differenze nella composizione dei campioni. Questi diagrammi sono costruiti per condizioni P-T specifiche e mostrano le possibili composizioni dei minerali e le paragenesi che possono svilupparsi a quelle determinate condizioni. La chemografia è lo studio delle differenti associazioni mineralogiche in dipendenza delle variabili composizionali del sistema. Per la costruzione dei diagrammi di fase composizionali occorre individuare, per un determinato sistema di riferimento e/o caso di studio, i componenti e le fasi (minerali e fluidi) rappresentativi del sistema. È possibile costruire diagrammi a due e a tre componenti.

4.2.1 Sistemi a due componenti

La Figura 6 riporta la rappresentazione di un sistema a due componenti (A e B) e 5 fasi (a = A; b = B; c = AB; d = A3B; e = AB3). Il sistema è quindi rappresentato da una linea che ha come estremi i componenti A e B: la proiezione delle varie fasi dipende dalle proporzioni di A e B nelle singole fasi. Le fasi a, b sono interamente costituite dai uno dei due componenti e si proiettano agli estremi del diagramma composizionale; la fase c, costituita da A e B in proporzioni uguali, si proietta al centro del diagramma.

Figura 6.

Dall’esame di Figura 6 è possibile risalire ai rapporti di reazione tra le fasi. Ad esempio, le

fasi a, b possono reagire tra loro per dare qualunque fase composizionalmente compresa tra loro (c, d, e), mentre b + c possono dare e (b + c = e). Altre reazioni sono possibili, ad esempio a + c = d; d + e = c, a + b = c + d, ecc.

La parte in basso della Figura 6 mostra inoltre le associazioni metamorfiche stabili in dipendenza della composizione totale del sistema. Nel caso in cui sia stabile la fase c, esemplificabile da un sistema in cui è avvenuta la reazione a + b = c, una roccia la cui composizione corrisponde al cerchio nero, sarà costituita dalle fasi a + c in proporzioni modali uguali; una roccia corrispondente al cerchio grigio sarà costituita dalle fasi c + b, ed in questo caso la fase b sarà modalmente la più abbondante (c = 33% modale; b = 66 %).

Esempio pratico. Un esempio pratico di questa situazione è rappresentato da una

trasformazione metamorfica che avviene diffusamente nelle rocce della Facies Eclogitica, e/o ricristallizate secondo gradienti di alta pressione e bassa temperatura. La trasformazione corrisponde alla destabilizzazione del plagioclasio albitico all’aumentare della pressione in base alla reazione

Albite = giadeite + quarzo (NaAlSi3O8 = NaAlSi2O6 + SiO2)

A

A

B

B

a

a

b

b

c

c

d e

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Nelle rocce metamorfiche di alta pressione delle Alpi Occidentali sono state descritte da Ernst ( 1965) paragenesi ad albite + quarzo e a giadeite + quarzo. Indicando in un profilo derivante dall’analisi di terreno la presenza di un minerale stabile nelle rocce mediante una linea continua, si ha il seguente schema

che raffigura la transizione sul terreno da paragenesi ad albite a paragenesi a giadeite (associate entrambe a quarzo). La linea verticale che separa le due paragenesi rappresenta l’isograda della reazione albite = giadeite + quarzo Questo sistema può essere rappresentato mediante la scelta di due componenti (giadeite e quarzo) e di tre fasi (albite, giadeite e quarzo) (Figura 7). La scelta di giadeite e quarzo come componenti risulta dal fatto che la fase albite (NaAlSi3O8) è costituita dai componenti giadeite e quarzo in proporzioni uguali.

Figura 7. Rappresentazione chemografica delle fasi albite, giadeite e quarzo e della reazione di destabilizzazione dell’albite

La presenza di albite nella parte alta della Figura 7 indica che questo minerale è stabile nel sistema, mentre l’assenza di albite nella parte bassa della Figura indica che questo minerale si è destabilizzato per dare giadeite e quarzo. In presenza di albite stabile, due rocce a composizione differente indicate dai cerchi nero e grigio, saranno rispettivamente costituite da giadeite + albite (66 % modale di giadeite e 33% di albite) e da albite + quarzo (80% albite e 20% quarzo). In seguito alla destabilizzazione metamorfica dell’albite entrambe le rocce risultano costituite da giadeite + quarzo, ma in proporzioni modali differenti ( 75% giadeite e 25% quarzo nella roccia nera; 60 % quarzo e 40 % albite nella roccia grigia). Da questa analisi è quindi possibile stabilire le relazioni quantitative tra la composizione chimica della roccia e la sua composizione mineralogica in funzione delle reazioni metamorfiche più importanti.

In un digramma pressione – temperatura (Fig. 8) la reazione albite = giadeite + quarzo è rappresentata da una curva la cui posizione nello spazio P-T è ricostruita in base a dati sperimentali (informazioni derivanti da esperimenti di laboratorio utilizzando composizioni sintetiche che simulano il materiale naturale e strumenti che consentono un aumento controllato della pressione e della temperatura) ed in base ad estrapolazioni delle proprietà termodinamiche ricavate per le singole fasi coinvolte nella reazione metamorfica. È possibile disegnare due sezioni di questo

Albite

Giadeite

Quarzo

Isograda

Distanza

AlbiteGiadeite

NaAlSi2O6 NaAlSi3O8 SiO2

Quarzo

Giadeite

NaAlSi2O6 SiO2

Quarzo

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diagramma: 1) una sezione isobara (a P=Pe costante; dove Pe è la pressione di equilibrio a cui avviene la reazione) temperatura verso composizione del sistema (diagramma T-X); 2) una sezione

Albite

Giadeite

+ quarzo

P

Pe

TeT

P

PeTe

Giadeite + quarzo

Giadeite +

albite

Giadeite +

albite

albite+

quarzo

albite+

quarzo

Giadeite GiadeiteQuarzoAlbite Albite Quarzo

Giadeite + quarzo

T

Figura 8 Rappresentazione della reazione albite = giadeite + quarzo

isoterma (a T = Te, dove Te è la temperatura di equilibrio a cui avviene la reazione) pressione verso composizione (diagramma P-X). Nel diagramma P-T la sezione a P = Pe incontra la curva di reazione a T = Te; pertanto le paragenesi sono: giadeite + quarzo per T < Te; giadeite + albite o quarzo + albite per T > Te in funzione della composizione totale del sistema ed in particolare del suo contenuto in silice;

Nel diagramma P-T la sezione a T = Te incontra la curva di reazione a P = Pe; pertanto le paragenesi sono:

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giadeite + quarzo per P > Pe; giadeite + albite o quarzo + albite per P < Pe in funzione della composizione totale del sistema. Nei diagrammi T-X e P-X una linea orizzontale corrisponde ad una reazione. Queste informazioni possono essere riportate nei diagrammi P-T riassumendo le chemografie stabili nel sistema nei vari campi di variazione di pressione e temperatura. I minerali coesistenti sono collegati da una linea continua ininterrotta (linea congiungente; tie line); a bassa T e alta P coesistono giadeite e quarzo; a bassa P e alta T coesistono giadeite e albite oppure albite e quarzo in funzione della composizione (i.e. contenuto in SiO2 della roccia).

4.2.2 Sistemi a tre componenti

La Figura 9 riporta la rappresentazione di un sistema a tre componenti (A, B e C) e 8 fasi (a = A; b = B; c = C; d = AB; e = AC; f = BC; g = ABC; h = ABC2). Il sistema è quindi rappresentato da un triangolo che ha come estremi i componenti A, B e C: la proiezione delle varie fasi dipende dalle proporzioni di A, B e C nelle singole fasi. Le fasi a, b e c sono interamente costituite dai uno dei tre componenti e si proiettano agli estremi del diagramma composizionale; la fase d, costituita da A e B in proporzioni uguali, si proietta a metà del lato congiungente i due componenti. Lo stesso vale per la fase e, a metà del lato AC. La fase g, costituita da A,B, C in proporzioni uguali si proietta al centro del diagramma ternario; la fase h si proietta in posizione più prossima al vertice C. In questo tipo di diagrammi i minerali stabili tra loro sono uniti da linee congiungenti (tie lines) e gli incroci tra linee che congiungono coppie di minerali diversi esprimono una reazione.

A

B C

c

a

b

de

f

g

h

Figura 9.

Dall’esame di Figura è possibile risalire ai rapporti di reazione tra le fasi. Ad esempio, le

fasi a, b possono reagire tra loro per produrre d; altre reazioni di questo tipo sono: c + a = e; b + c = f; a + f = g, etc. Alcune reazioni, per incrocio di tie lines, sono ad esempio: c + d = a + f; g + f = b + h; d + h = g + f

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In Figura 9 le fasi comprese all’interno di una campo dato da tre fasi sono in rapporto di reazione; esempi di questa situazione sono le reazioni

h = g + f + c; h = a + f + c. AAnncchhee nneell ccaassoo ddeeii ddiiaaggrraammmmii tteerrnnaarrii èè ppoossssiibbiillee ccoonnssiiddeerraarree llee ccoommppoossiizziioonnii ddeellllee rrooccccee

ttoottaallii.. LLee ppaarraaggeenneessii ssttaabbiillii ppeerr uunn ddeetteerrmmiinnaattoo ttiippoo ddii rroocccciiaa ssoonnoo qquueellllee cchhee ggrraaffiiccaammeennttee iinncclluuddoonnoo llaa ccoommppoossiizziioonnee ddeellllaa rroocccciiaa.. IIll sseegguueennttee eesseemmppiioo pprraattiiccoo iinnddiiccaa llee rreellaazziioonnii ttrraa ppaarraaggeenneessii mmiinneerraallooggiicchhee ee ccoommppoossiizziioonnee ddeellllee rrooccccee..

Esempio pratico. La reazione di decarbonatazione calcite + quarzo = wollastonite + Co2 ; CaCO3 + SiO2 = CaSiO3 + CO2 avviene diffusamente nelle rocce carbonatiche per aumento di temperatura: calcite e quarzo

sono i minerali stabili a temperature più basse. Questa reazione può essere modellizzata utilizzando

un sistema a tre componenti (CaO, SiO2, CO2). Il digramma composizionale di Figura 10 riporta le

fasi coinvolte nella reazione e le composizioni totali di tre rocce (A,B,C). Nel caso della stabilità di

calcite e quarzo (Fig. 10B) la chemografia del sistema prevede la coesistenza di calcite +

wollastonite + quarzo nelle rocce A e B (in A e B varia la percentuale modale dei minerali

costituenti), mentre la roccia C è costituita da calcite + quarzo + CO2. La reazione stabilizza

l'associazione a wollastonite + CO2 (Fig. 10B). In questo caso la paragenesi a wollastonite + CO2 +

calcite si sviluppa nella roccia A, mentre B e C sviluppano una paragenesi a wollastonite + quarzo

+ CO2. Le linee congiungenti (tie-lines) che uniscono i vari minerali in questo diagramma e

definiscono le paragenesi alle varie pressioni e temperature e l'incrocio tra tie-lines definisce la

reazione. Ad esempio il passaggio dalla topologia B e C rappresenta la reazione, ed è visualizzato

dall'incrocio tra le tie-lines calcite-quarzo e wollastonite-CO2. Le Figura 10D riporta la curva di

reazione e le topologie stabili.

4.2.3 Il diagramma AFM (Al2O3-FeO-MgO)

I diagrammi chemografici vengono scelti in base al tipo di sistema, in base al tipo di

minerali che formano le paragenesi e che vengono coinvolti nelle reazioni metamorfiche ed in base

al tipo di relazioni che si vogliono investigare. I diagrammi sinora mostrati utilizzano composizioni

‘pure’ dei minerali rappresentati tutti da termini puri (end members). Ad esempio il plagioclasio

utilizzato nel caso della reazione albite = giadeite + quarzo corrisponde ad albite pura, anche se I

plagioclasi corrispondono spesso a soluzioni solide tra albite (termine puro di sodio) e anortite

(termine puro di calcio). In pretica I diagrammi di fase sinora utilizzati non mostrano le relazioni di

fase in funzione delle soluzioni solide presenti effettivamente nei minerali. Un caso imposrtamte è

fornito dalle soluzioni solide possibili nei minerali tra termini puri in FeO e termini puri in MgO. Il

granato e la clorite ad esempio, sono spesso soluzioni solide tra termini puri di FeO (ad esempio

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l’almandino e la Fe-clorite) e termini puri di MgO (il piropo e il clinocloro). È stata spesso

CO2

CaO

cc

woqtz

SiO2

CO2

CaO

cc

woqtz

SiO2

A

B

C

CO2

CaO

cc

woqtz

SiO2

A

B

C

CO2

CaO

cc

woqtz

SiO2

A

B

C

CO2

CaO

cc

woqtz

SiO2

A

B

C

P

T

cc+qtz

wo + CO2

A

C D

B

Figura 10. Chemografia della reazione calcite-quarzo = wollastonite-CO2

documentata in natura la presenza di soluzioni solide ed è stato notato l’aumento del contenuto in

MgO (cioè dei termini puri magnesiaci) all’aumentare della temperatura. L’investigazione delle

variazioni del contenuto in FeO ed MgO nei minerali delle rocce metamorfiche può quindi in

qualche misura fornire una valutazione quantitativa delle condizioni di temperatura raggiunte

durante il metamorfismo. Occorre però valutare le relazioni di fase tra i minerali e valutare

l’influenza della composizione della roccia sugli scambi FeO-MgO tra minerali. Questo tipo di

relazioni sono state diffusamente investigate nelle rocce metapelitiche ed un diagramma molto

utilizzato per queste rocce è il diagramma AFM (Figura … ). Per questa rappresentazione occorre

considerare che nelle rocce pelitiche alcuni minerali sono presenti sino alle condizioni di più alto

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grado metamorfico (quarzo, muscovite, biotite) ed i seguenti componenti possono essere trascurati

perchè ritenuti in via approssimativa ininfluenti sugli equilibri di fase:

SiO2: in presenza di quarzo si può considerare questo componente in eccesso; se tutte le

paragenesi contengono quarzo le variazioni in SiO2 influiscono solo sulla quantità di quarzo nella

roccia;

H2O: si assume che H2O sia presente come fase in eccesso nel metamorfismo delle

metapeliti;

TiO2: in presenza di biotite e/o di rutilo, questo componente si considerato tamponato e

quindi trascurabile;

MnO e CaO: sono in basse quantità, si pensa quindi che netrino come componenti nei

minerali senza alterare gli equilibri di fase;

Na2O: se questo componente è in basse quantità è possibile trascurarlo poiché vicaria il K2O

nelle miche. Se è presente in abbondanza, non è lecito trascurarlo.

I componenti fondamentali sono pertanto Al2O3-FeO-MgO-K2O, rappresentati nel tetraedro

AFMK di Figura 11 Occorre osservare che nel tetraedro sono presenti minerali silicatici e minerali

idrati: la presenza di queste fasi indica che il sistema è proiettato da SiO2 e H2O: di conseguenza gli

allumosilicati cianite, andalusite e sillimanite (Al2SiO5) cadono nel vertice A. L’utilizzo del

tetraedro AFMK è piuttosto complesso per verificare i rapporti di reazione tra minerali e per

determinarele varie paragenesi in funzione delle composizioni delle rocce. Si usa invece una

proiezione sulla faccia AFM a partire dalla composizione della muscovite, situata sul lato AK del

tetraedro. Questa soluzione fu proposta da J.B. Thompson (1957) che notò che la muscovite è

sempre presente nelle peliti e può quindi essere usata come punto da cui proiettare sulla faccia AFM

le composizioni di tutti gli altri minerali (Fig. 11). Proiettando dalla muscovite alcune fasi, ad

esempio la biotite, cadono al di sotto del lato FM: la proiezione definitiva AFM è riportata in Figura

11. Il diagramma AFM permette quindi di visualizzare e di caratterizzare le variazioni

composizionali di FeO ed MgO nei minerali metamorfici più importanti del sistema pelitico.

Uso del diagramma AFM. Come nel precedente diagramma ternario, le paragenesi stabili

sono indicate da linee congiungenti e i rapporti di reazione sono determinati dall’incrocio di tie

lines oppure dalle relazioni geometriche descritte precedentemente. Un aspetto importante del

diagramma AFM è invece la relazione tra composizione del sistema e variazione composizionale

dei minerali. La Fig. … riporta un diagramma AFM costruito per determinate condizioni P-T ed in

cui sono proiettati sia cianite (ky), cloritoide (cld), almandino (alm), clorite (chl) e biotite (bt), sia le

composizioni totali di alcune rocce (A, A', B, B').. Le barre in corrispondenza di cld alm, chl, bt

indicano le possibili variazioni nel rapporto Fe/Mg in questi minerali a queste condizioni P-T. Le

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linee congiungenti indicano la stabilità in questo sistema di paragenesi a due (ky-cld, cld-alm, cld-

chl, etc), o a tre fasi (cld-alm-chl, alm-bt-chl). Le rocce A e À’ sono costituite da alm-chl-cld in

proporzioni modali variabili (A’ è più ricca in cld di A) e corrispondono a sistemi bivarianti (C=3,

F=3): in questi casi la paragenesi e definita solo dalle variabili P-T e la composizione di alm , cld e

chl è fissa, non varia cioè da A ad A'. Le rocce B e B' hanno diverso rapporto Fe/Mg , sono

costitutite entrambe da cld e chl e corrispondono a sistemi a varianza 3 (C=3, F=2). Tali sistemi non

sono solo descritti da variazioni P-T, ma anche da X, cioè da variazioni composizionali dei minerali

costituenti. Nella roccia B, cld e chl hanno un determinato rapporto Fe/Mg, più basso del rapporto

Fe/Mg di chl e cld costituenti la roccia B'. In questo caso il sistema è perciò vincolato da tre

variabili.

Figura 12

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4.2.4 Il diagramma ACF