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COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUL RAPIMENTO E SULLA MORTE DI ALDO MORO RESOCONTO STENOGRAFICO 29. SEDUTA DI MERCOLEDÌ 25 MARZO 2015 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI INDICE PAG. Sulla pubblicità dei lavori: Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 3 Audizione del senatore Ferdinando Imposi- mato: Fioroni Giuseppe, presidente . 3, 4, 5, 7, 11, 12, 13, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32 Bolognesi Paolo (PD) ..................... 19, 20, 21, 22 Buemi Enrico (Aut-PSI-MAIE) .............. 6, 17, 22 23, 24, 28, 29 Carra Marco (PD) ....................................... 26 Cervellini Massimo (Misto-SEL) ................ 30 PAG. Cominardi Claudio (M5S) .......................... 31, 32 Corsini Paolo (PD) ................................ 18, 19, 25 Gasparri Maurizio (FI-PdL XVII) ....... 14, 15, 16 17, 18, 24 Gotor Miguel (PD) ....................................... 29 Grassi Gero (PD) ................................... 18, 28, 31 Imposimato Ferdinando . 3, 4, 5, 6, 7, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32 Montevecchi Michela (M5S) ................. 18, 24, 26 ALLEGATO: Risposte del senatore Ferdi- nando Imposimato ai quesiti trasmessigli per iscritto .................................................... 33 Atti Parlamentari 1 Camera Deputati – Senato Repubblica XVII LEGISLATURA DISCUSSIONI COMM. ALDO MORO SEDUTA DEL 25 MARZO 2015

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COMMISSIONE PARLAMENTAREDI INCHIESTA SUL RAPIMENTO E SULLA

MORTE DI ALDO MORO

RESOCONTO STENOGRAFICO

29.

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 25 MARZO 2015

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

I N D I C E

PAG.

Sulla pubblicità dei lavori:

Fioroni Giuseppe, presidente ...................... 3

Audizione del senatore Ferdinando Imposi-mato:

Fioroni Giuseppe, presidente . 3, 4, 5, 7, 11, 12, 13,15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22

23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32

Bolognesi Paolo (PD) ..................... 19, 20, 21, 22

Buemi Enrico (Aut-PSI-MAIE) .............. 6, 17, 2223, 24, 28, 29

Carra Marco (PD) ....................................... 26

Cervellini Massimo (Misto-SEL) ................ 30

PAG.

Cominardi Claudio (M5S) .......................... 31, 32

Corsini Paolo (PD) ................................ 18, 19, 25

Gasparri Maurizio (FI-PdL XVII) ....... 14, 15, 1617, 18, 24

Gotor Miguel (PD) ....................................... 29

Grassi Gero (PD) ................................... 18, 28, 31

Imposimato Ferdinando . 3, 4, 5, 6, 7, 12, 13, 14,15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23

24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32

Montevecchi Michela (M5S) ................. 18, 24, 26

ALLEGATO: Risposte del senatore Ferdi-nando Imposimato ai quesiti trasmessigliper iscritto .................................................... 33

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PAGINA BIANCA

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTEGIUSEPPE FIORONI

La seduta comincia alle 20.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non visono obiezioni, la pubblicità dei lavori saràassicurata anche mediante l’attivazionedell’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del senatoreFerdinando Imposimato.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recal’audizione del senatore Ferdinando Im-posimato, che ringraziamo per la cortesedisponibilità con cui ha accolto l’invito aintervenire questa sera in Commissione.

Il senatore Imposimato ha iniziato aoccuparsi del caso Moro già in occasionedella prima inchiesta, il 13 maggio 1978,pochi giorni dopo il ritrovamento delcorpo in via Caetani. All’epoca venne no-minato un pool di magistrati, tutti giovanigiudici istruttori, del quale facevano parte,oltre al dottor Imposimato, i dottori Gal-lucci, Priore, Amato e D’Angelo. Successi-vamente, ha seguito anche l’istruttoria delprocesso Moro-bis.

Il senatore Imposimato ha acquisito,dunque, nel corso della sua attività pro-fessionale, una conoscenza dettagliata delcaso Moro, che ha avuto modo di appro-fondire nei suoi diversi profili. Con l’au-dizione di questa sera la Commissioneintende ripercorrere con il suo contributoalcuni degli avvenimenti di quei giorni, neltentativo di chiarirne gli aspetti ancoraoscuri.

Al senatore Imposimato chiedo di rife-rire alla Commissione in particolare sulleindagini da lui svolte riguardo a tre cru-ciali aspetti del caso Moro: l’esatta dina-mica dell’azione terroristica del 16 marzo1978, il luogo o i luoghi della prigioniadell’onorevole Moro e gli eventuali colle-gamenti internazionali delle Brigate Rossein connessione al sequestro e all’uccisionedi Aldo Moro.

Ricordo a tutti i componenti la neces-sità di evitare interventi a microfonospento, in modo da consentire di registraretutti gli interventi.

Ai fini del più ordinato svolgimento deilavori, propongo di terminare l’audizioneentro le 23, fermo restando che ci riser-viamo di richiedere al senatore Imposi-mato eventuali approfondimenti scritti susingoli profili di interesse o una successivaaudizione, secondo le determinazioni cheavremo.

Se non ci sono obiezioni, do la parolaal senatore Imposimato. Successivamentegli rivolgerò alcune domande per dare poila parola ai componenti che lo richiede-ranno.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Ringra-zio il presidente e i membri della Com-missione, a cui auguro di proseguire unproficuo lavoro ai fini dell’accertamentodella verità. Tuttavia, devo dire subito unacosa, ossia che intervengo anche nella miaqualità di difensore di fiducia della sena-trice Maria Fida Moro, figlia di Aldo Moro,nei due procedimenti penali pendenti da-vanti alla Procura della Repubblica diRoma.

Il primo procedimento è per una de-nuncia che io ho presentato a suo tempo.Il secondo è pendente davanti alla Procuragenerale presso la Corte d’appello di Romaed è a carico di ignoti eventuali complici

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del colonnello Camillo Guglielmi presentiin via Fani, virtualmente accusati di con-corso nella strage di via Fani e, in specie,negli omicidi di Oreste Leonardi, Dome-nico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzie Raffaele Iozzino.

Per questi due specifici episodi io in-tendo avvalermi del segreto professionaleai sensi dell’articolo 4 della legge istitutivadi codesta Commissione, che è stata isti-tuita nella XVII legislatura. Questo ancheperché io ho dei vincoli di segretezza cheriguardano indagini che sono in corsoproprio in questo momento. Ciò, però, nonci impedisce di parlare delle cose che ilpresidente mi ha chiesto poco fa e, inparticolare, della dinamica, della parte cheriguarda il luogo e i luoghi della prigioniae delle connessioni internazionali.

Per quanto riguarda la dinamica, lei hafatto riferimento al processo Moro-bis. Ilprimo processo è stato istruito diretta-mente dal consigliere istruttore ErnestoCudillo. La prima parte di questa vicendaè stata, quindi, investigata dal consigliereCudillo, il quale ha emesso la prima or-dinanza di rinvio a giudizio, cui è seguita,subito dopo, la mia ordinanza del gennaiodel 1982.

Per quanto riguarda la dinamica, chia-ramente all’epoca dei fatti c’è stata unacerta fluidità nella ricostruzione della vi-cenda. Il numero dei partecipanti all’as-salto prima della collaborazione di alcunibrigatisti rossi era, all’inizio, di nove per-sone. Successivamente, questo numero èaumentato a dieci, poi a undici e poi adodici.

Quello che ha provocato un’incertezzaper quanto riguarda la ricostruzione delladinamica dell’agguato di via Fani e deifatti successivi è che si è collocata lapresenza di un personaggio misterioso,anzi di due personaggi misteriosi, chesarebbero stati a bordo della motocicletta,ossia della motocicletta Honda. Di talemoto parlò un testimone che era statoprima sentito da altro magistrato – mipare Infelisi – e che è stato sentito poi dame come testimone. Si tratta di Alessan-dro Marini. Questa vicenda è in parte

oggetto di investigazione proprio davantialla Procura generale della Corte d’appellodi Roma.

Voglio subito dire che Alessandro Ma-rini, nel raccontare il fatto, ha riferito cheuno dei due uomini che erano sulla mo-tocicletta aveva il viso coperto da unpassamontagna e che un altro, invece, eraa volto scoperto. Uno di questi due è statopoi descritto come persona somigliante aEduardo De Filippo. A parte la confusioneche spesso Alessandro Marini fa tra chistava davanti e chi stava dietro, riferi-mento che cambia nel corso delle sue variedeposizioni, il problema è che, a un certopunto, io mi sono trovato di fronte a unordine di cattura emesso dalla Procuradella Repubblica contro Corrado Alunni ealtri esponenti del terrorismo, nonché al-l’indicazione da parte dello stesso Ales-sandro Marini della possibilità che uno diquei due personaggi fosse Alunni. Per-tanto, io ho disposto una ricognizioneformale. Vado a memoria, non ho gli attidella ricognizione, anche perché quellaparte del processo è stata stralciata. Noiabbiamo fatto una ricognizione personaleformale davanti al difensore e AlessandroMarini ha riconosciuto con assoluta cer-tezza in Alunni il soggetto a volto scoperto.

PRESIDENTE. Poi ha cambiato idea ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. No. Ioho verificato se ciò fosse possibile. Potevaessere anche questo. Dopodiché, è suc-cesso che io – ripeto, vado a memoria,perché non ho gli atti di quella ricogni-zione – ho accertato che sicuramenteCorrado Alunni non era in via Fani, nésulla motocicletta, né tra coloro che hannosparato e che sarebbero usciti da dietro lasiepe che era di fronte al bar. Perché erasicuramente da escludere che Alunni fossela persona indicata da Alessandro Marini ?Perché io credo di ricordare abbastanzabene che nel giorno del delitto CorradoAlunni si trovava nel carcere di ReginaCoeli. Praticamente non era possibile chefosse lui.

A parte questo alibi di ferro, che smon-tava la ricognizione – la quale, peraltro,

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era stata confermata anche da altri testi-moni, che però si sbagliavano tutti –c’erano state anche altre dichiarazioni deiprimi collaboratori di giustizia, i qualiavevano escluso che Corrado Alunniavesse fatto parte del gruppo di coloro cheavevano preso parte all’azione.

Non mi è restato altro da fare cheprosciogliere Corrado Alunni e mantenereil processo a carico di una serie di impu-tati che sono stati poi individuati e indicatinel capo di imputazione dal pubblico mi-nistero. Lo stesso pubblico ministero èstato costretto a chiedere il prosciogli-mento di Corrado Alunni.

Le ricognizioni sbagliate sono un fattomolto frequente, ma bisogna anche ag-giungere che Corrado Alunni è sicura-mente estraneo all’agguato di via Fani.Non c’era la minima possibilità della suapresenza. Era da escludere che egli fossepresente in via Fani. È stato un errore,oppure è stato un riconoscimento sba-gliato fatto volontariamente ?

PRESIDENTE. Quando lei dice che furiconosciuto da altri, intende oltre a Ma-rini ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Che ioricordi, credo che ci fossero altre personeche avevano riconosciuto Corrado Alunni.Tuttavia, sbagliavano tutte, perché, se eraa Regina Coeli, non poteva essere lui.Tant’è che io l’ho citato come caso dierrore giudiziario gravissimo commesso aseguito di ricognizione e ho detto che laricognizione è un mezzo insidioso diprova, perché molto spesso vengono rico-nosciuti personaggi completamente estra-nei.

Questa storia ha comportato automa-ticamente che io escludessi AlessandroMarini dal novero dei possibili testimoniutilizzabili ai fini dell’indagine, perché laricognizione con certezza di CorradoAlunni, che, invece, era certamente incarcere e, quindi, aveva un alibi di ferro,ha comportato che tutto il suo racconto...

L’episodio della moto Honda in sé si èverificato. C’è stata una sentenza passatain giudicato che ha descritto quell’episodio

e ha condannato i brigatisti in contumacia.La sentenza ha addebitato ai brigatistil’episodio, ritenendo che quei soggetti fos-sero complici dei brigatisti. Questo è unfatto che è accertato e non è dubitabile.Tuttavia, io non potevo più utilizzare Ma-rini come testimone per individuare queidue personaggi, perché aveva fatto concertezza una ricognizione sbagliata.

La ricognizione credo di averla vistanella sentenza del « Moro uno », firmatadal consigliere Cudillo. Se si acquisisce,quindi, quella sentenza, che io ho letto disfuggita, ma che non ho, si vede che c’è lapresenza di Corrado Alunni. Non ricordo,però, se nella sentenza fosse già stataaccertata l’erronea ricognizione. Può es-sere che la ricognizione sia avvenuta in unsecondo momento.

Per quanto riguarda la dinamica dalpunto di vista balistico, io ho nominatouno dei più grandi periti balistici esistentiin Italia, Domenico Salza, che purtroppo èmorto. Domenico Salza era famosissimo intutto il mondo, tant’è che veniva chiamatoanche dai Paesi dell’Est per la sua bra-vura. Era il direttore della scuola di Gar-done Val Trompia.

PRESIDENTE. Insieme con Benedetti,o a Benedetti fu affidata dopo ? Non affidòla perizia insieme a entrambi ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io l’affi-dai a lui come guida di un collegio dicinque periti, ma quello che mi davagaranzie era Salza.

Io ho portato la sentenza perché con-tiene proprio la descrizione di quella bellaperizia, nella quale viene messo in evi-denza prima di tutto quante armi hannosparato in via Fani. Le armi, dice il perito,sono state sette, a differenza di quantoafferma Morucci, il quale dice che nellamia perizia si parla di sei armi. È tuttoscritto in questa sentenza del 1982, apagina 246, che è stata riprodotta negli attiparlamentari. Si dice che è stata usata una« pistola mitra, calibro 9 parabellum, pre-sumibilmente modello FNA 1943, oppureSten, con la quale furono sparati 49colpi ».

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Il perito dice anche che quell’arma nonè stata mai più trovata. Leggendo un po’...

ENRICO BUEMI. Senatore, pistola oSten ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Sten.Per la verità, fa due ipotesi.

ENRICO BUEMI. Lo Sten non è unapistola.

FERDINANDO IMPOSIMATO. « Mitracalibro 9 parabellum, presumibilmente delmodello FNA 1943, oppure Sten con laquale furono sparati 49 colpi ». Così èscritto nella perizia. Poi che possa essereuna pistola...

Il mitra Sten è un mitra di fabbrica-zione inglese a canna corta a 32 colpi indotazione a eserciti della NATO, come laGran Bretagna, la Francia e via elencando.Questo risulta negli studi che sono statifatti su quest’arma. Invece, l’arma FNA1943 è una pistola mitragliatrice – utiliz-zata, come si dice anche nelle rivistespecializzate, dalla Repubblica Sociale –da 400 colpi al minuto, con caricatore di10, 20, 30 e 40 colpi.

La ricostruzione dei periti balistici dame nominati, ovviamente, risale al 1981-82e credo che, tutto sommato, sia rimastaabbastanza valida, nel senso che non cisono state altre ricostruzioni che l’hannomessa in dubbio. I colpi sparati da unastessa arma erano 49. Nessuno dei briga-tisti aveva un’arma di quel tipo, ragion percui è da ritenere che questa fosse un’armain possesso di una persona estranea algruppo di fuoco, che era rappresentato dasoggetti che sono stati identificati comeMoretti, Morucci, Gallinari, Bonisoli eFiore.

Credo che su questo non ci sia moltoaltro da dire rispetto alle cose accertate asuo tempo. D’altronde, del senno di poisono piene le fosse. C’è stato un successivocambiamento nella ricostruzione dei fatti.

Tuttavia, io vorrei dire una cosa. In-nanzitutto c’è stata una lacuna. Anche selei non me l’ha chiesto, ritengo di segna-

larla: noi siamo intervenuti il 18 maggiodel 1978, non il 13. Il 13 è stato trasmesso.Materialmente abbiamo avuto...

Noi abbiamo avuto questo handicap,che, secondo me, è stato molto dannoso aifini dell’indagine che doveva essere fattadurante i 55 giorni. Il Codice di procedurapenale vigente all’epoca dei fatti imponevaalla Procura della Repubblica di trasmet-tere gli atti al giudice istruttore per iprocessi di strage di competenza dellaCorte d’assise subito e comunque con unatolleranza non superiore ai 45 giorni.Quando il pubblico ministero, procuratoreDe Matteo, ha deciso di trasmettere gli attial giudice istruttore, io ero impegnato inaltri procedimenti penali e non avevonemmeno la più pallida idea che avreiavuto l’incarico di istruire anche questo. Iomi occupavo di processi di criminalitàorganizzata. Durante i 55 giorni ho avutoil piacere di liberare manu militari, as-sieme ai Carabinieri e alla Polizia, treostaggi, Michela Marconi, Angelo Apollonie Giovanna Amati. Ebbene, quella normadel Codice di procedura penale, che credofosse l’articolo 391, non è stata rispettata.Purtroppo, non è stata rispettata nem-meno dal procuratore generale, perché il25 aprile 1978 egli ha chiesto in visione gliatti alla Procura della Repubblica, li haricevuti in visione e ha avocato il processoper ragioni di opportunità.

Credo di ricordare che il procuratoredella Repubblica avesse già preparato unalettera di trasmissione degli atti al consi-gliere istruttore per l’istruttoria formale.In questo caso gli atti dovevano veniredirettamente al giudice istruttore e nonpotevano essere più avocati.

Comunque, il procuratore generale Pa-scalino ha preso in visione il processo e,pur riconoscendo anche davanti alla Com-missione Moro che il processo si sarebbedovuto formalizzare in tempi brevi, non loha formalizzato. Pertanto, esso è arrivatoa noi quando ormai non c’era più alcunapossibilità di cercare la prigione di Moroe di liberarlo manu militari, come io avevoavuto la possibilità di fare con altriostaggi.

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Credo che questo sia importante perchého letto molto spesso delle critiche, fatteanche dalla Commissione Moro, sul com-portamento di tutta la magistratura inqui-rente, nella quale poteva essere compresoanche il giudice istruttore, per quello cheera accaduto nei 55 giorni. Non si consi-derava, però, che il giudice istruttore eraintervenuto quando ormai Moro era statoucciso e, quindi, non c’era più alcunapossibilità di intervenire e di trovare laprigione.

Premesso che la mia linea comunqueera quella del rifiuto totale di ogni con-cessione a un possibile scambio di prigio-nieri, la linea da seguire in tutti i processiè stata quella della massima fermezza edell’intervento manu militari.

Detto questo, non ho molto altro daaggiungere per quanto riguarda la que-stione della dinamica del fatto, oltre allecose che sono già state accertate e scrittenella sentenza, che, se volete, posso la-sciare qui, ma che credo voi possiatebenissimo avere.

Per quanto riguarda la dinamica, devoanche aggiungere che, purtroppo, è avve-nuto un fatto piuttosto grave nella miavita. Lo devo citare perché rappresenta unpassaggio che ha determinato l’abbandonodelle indagini del caso Moro. L’11 ottobre1983 è stato ucciso mio fratello.

Nel 1984 Morucci ha deciso di parlaree di chiamarmi, attraverso l’avvocato Tom-maso Mancini, assieme alla Faranda, perdescrivere la dinamica dell’agguato di viaFani. Io sono andato a Rebibbia. Pur-troppo, ero vincolato alle richieste fatte daMorucci, nel senso che voleva parlare conme perché Mancini gli aveva detto diparlare con me. Io sono andato e ho presonota della sua volontà di collaborazione.Morucci mi ha fatto una ricostruzionedella dinamica dell’agguato di via Fanimettendo solo il suo nome e riservandosidi fare gli altri nomi in un momentosuccessivo. Non si definiva collaboratore digiustizia né pentito, ma semplicementeuno che voleva contribuire alla ricercadella verità.

Dopodiché, c’è stata una fase moltolaboriosa, durata mesi, nel carcere di Re-

bibbia, per sentire Morucci, al quale io hofatto, ovviamente, la domanda sulla mo-tocicletta.

PRESIDENTE. Morucci ha detto chenon c’era.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Morucciha fornito una risposta ambigua. Ha detto– l’ho riletto oggi – « posso escludere chedelle Brigate Rosse abbia fatto parte unacoppia di persone che abbia fatto uso diuna motocicletta. Non abbiamo mai avutouna motocicletta nel fare le nostre opera-zioni », lasciando la possibilità di credereche quei soggetti della motocicletta fosseroestranei alle Brigate Rosse. Non ha ag-giunto altro e di questo non ha volutosapere più. All’epoca a me interessava chericostruisse la dinamica dell’agguato di viaFani. Egli ha anche voluto e accettato diricostruire tutto il percorso fatto da viaFani fino alla Standa di via dei ColliPortuensi, con tutti i passaggi e i trasfe-rimenti di Moro.

Questo aspetto è molto importante,perché Morucci ha fatto quella ricostru-zione, alla quale io ho voluto che parte-cipasse anche il giudice Priore. Abbiamofatto insieme questa ricostruzione.

PRESIDENTE. Sembra poco compati-bile con altri riscontri dei tempi. Lei haricostruito, secondo quello che Morucci hadetto, ovviamente.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Moruccimi ha detto e io ho scritto tutto... Dopo sifanno i riscontri, è la prassi. Non possodire: « Tu stai dicendo... ». Io prima devoscrivere tutto e poi lo devo esaminare efare i riscontri.

Questo l’ho scritto a mano. È un ap-punto che ho fatto su sua dettatura. Quic’è tutta l’indicazione della dinamica delfatto, in cui lui escludeva la presenza dellaRAF (Rote Armee Fraktion). Io ho pensato– onestamente, sbagliando, credo – anchealla possibilità che ci fosse stata la pre-senza della RAF. Perché ? Perché avevamotrovato nel covo di via Gradoli diverse

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tracce della presenza di documenti diesponenti della RAF, tra cui quelli cheriguardavano Willy Peter Stoll e ed Elisa-beth von Dyck, due capi della RAF. Nonsolo, ma c’erano addirittura comunicaticon una rivendicazione di attentati a firmacongiunta della RAF e delle Brigate Rosse.

Per vostra conoscenza, posso indicarviquella che Morucci ha indicato come lastrada che poi abbiamo percorso insieme.Abbiamo fatto un esperimento giudizialeio, Priore, Morucci e Faranda. Si tratta divia Fani, via Stresa, piazza Monte Gaudio,via Trionfale, via Belli, via Casale DeBustis, via Massimi, via Serranti, piazzaMadonna del Cenacolo – dove sarebbeavvenuto il trasbordo dalla 132 al furgone850, mai trovato – via della Balduina, viaDe Carolis, via Damiano Chiesa, via Fa-scetti, via Papiniano, via Proba Petronia,via Di Tullio, via De Fabritiis, via ValleAurelia, via Bonaccorsi, via Bacciarini, viaMoricca, via Gandino, via Vitelli, via Baldodegli Ubaldi, piazza Irnerio, piazza Car-pegna, via di Torre Rossa, via AureliaAntica, via della Nocetta, via Cocchia, viaVallauri, via Bellotti e Standa in via deiColli Portuensi.

Mi pare che ci fosse ancora un tra-sbordo su un altro autofurgone, mai tro-vato, e poi ci fu il viaggio fino a quella cheè stata la prigione, che richiedeva cinqueminuti. Abbiamo fatto un esperimento.L’ho fatto io.

Rispondo, quindi, alla seconda do-manda. Io ho voluto verificare. Morucci hadetto: « Noi siamo arrivati fino a questopunto e ce ne siamo andati ». Sono rimastisolo, credo, Moretti e Gallinari, che sonoandati via su un autofurgone con Moro abordo.

Nel frattempo, però, era avvenuto unaltro fatto: io nel 1980 avevo cominciato aindagare su Anna Laura Braghetti, che erastata arrestata, su mio mandato di cattura,a seguito di denuncia dei Carabinieri delreparto operativo. Io ho incominciato aindagare su alcune dichiarazioni fatte dacollaboratori di giustizia, i quali avevanodetto che la prigione si trovava nel luogoin cui viveva Anna Laura Braghetti in-

sieme a Gallinari. Si trattava, quindi, divedere dove abitava Anna Laura Braghetti.Attraverso le indagini svolte dai Carabi-nieri ho accertato che aveva due possibiliresidenze, una in via Laurentina 501, doveabitavano anche il fratello, la zia e altri,l’altra in via Montalcini 8, interno 1. Perla verità, i Carabinieri, quando hannoarrestato la Braghetti, non hanno scrittoquale fosse la residenza effettiva. Hannodetto che era una latitante e l’hannofermata per la strada. Quindi, è sorto ilproblema di stabilire quale fosse la resi-denza.

Sulla base delle dichiarazioni di Sava-sta, di Peci e di qualche altro io ho cercatodi stabilire se via Montalcini fosse laprigione e, per farlo, sono andato, con unmaresciallo dei Carabinieri mio segretario,Cosimo Lagetto di Gallipoli, e ho fattoun’ispezione. Non potevo fare una perqui-sizione e non fu una perquisizione perché,nel frattempo – parlo del 1980, quando èavvenuto l’arresto di Anna Laura Bra-ghetti, due anni dopo il sequestro e l’omi-cidio di Moro – l’appartamento era giàstato venduto dalla Braghetti a un notaio.Abbiamo bussato e io ho detto: « Sono ilgiudice. Dovrei fare un’ispezione dei luo-ghi ». « Perché ? ». « Perché qui probabil-mente è stato Moro ». « No, lo posso esclu-dere ». « Ho capito, ma lei è venuto dopo ».C’è stata una discussione. Dopodiché, iosono entrato nell’appartamento, ho visto ladislocazione delle varie camere e ho rite-nuto di individuare la possibile prigione diAldo Moro in un piccolo vano che erasituato tra il bagno e la cucina, sbagliando.In un secondo sopralluogo fatto con Prioree con Morucci e Faranda, infatti, abbiamoscoperto che, invece, la camera da pranzo,o da letto, era percorsa da una lineatrasversale che era stata lasciata da unaparete nascosta da una libreria. A quelpunto, ho ritenuto, dal punto di vista diuna certezza morale e anche logica, che laBraghetti non potesse abitare nel luogo incui c’erano tutti i parenti. L’unico punto incui poteva aver tenuto Aldo Moro eral’appartamento di via Montalcini, per varieragioni.

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Prima di tutto perché pochi giorni dopoessere andata ad abitare in via Montalciniaveva fatto mettere le grate di ferro,contrariamente a quello che ha detto poiDalla Chiesa, il quale ha dichiarato cheerano state installate a distanza di tempo.Gli inquilini hanno detto che le hannomesse subito dopo che hanno preso pos-sesso della casa. In secondo luogo, perchéAnna Laura Braghetti abitava in quell’ap-partamento insieme a un certo Altobelli.In terzo luogo, perché si poteva accederea quell’appartamento direttamente dal ga-rage, dall’autorimessa. In quarto luogo,perché Anna Laura Braghetti non avevafatto intestare a nessuno, nemmeno a sestessa, l’appartamento.

Prima di abbandonare la magistraturae di andare dapprima all’InternationalMaritime Organization e poi alle NazioniUnite a Vienna, io ho ritenuto di scriverequest’ultima testimonianza che restava dafare in una sentenza, che ho portato qui.Era la sentenza che riguardava Piperno ePace. C’è un capitolo nel quale io parlodella scoperta della prigione di via Mon-talcini, capitolo XVI, p. 325, sentenza n.1267/81 GI dell’8 febbraio 1984, e indicoin venti pagine le ragioni per cui ritengoche quella fosse la prigione.

Teniamo presente che all’epoca nes-suno dei brigatisti che erano nella prigioneaveva deciso di parlare e di collaborare.Anna Laura Braghetti non aveva dettonulla, Gallinari non si sapeva se fossepresente o no, Altobelli non era statoindividuato. Io, però, per scrupolo, fecifare una perizia grafica al fine di accertarechi fosse questo Altobelli e non potetti farealtro che utilizzare tutte le firme dei variterroristi che avevamo individuato, tra lequali c’erano tutte tranne quella di Ger-mano Maccari. Chiaramente noi non po-tevamo pensare a Germano Maccari, chenon era un terrorista denunciato o cono-sciuto da qualcuno. Abbiamo, quindi, uti-lizzato tutti gli scritti che abbiamo trovatonei vari covi che fino allora erano statiscoperti e, a un certo punto, abbiamodovuto escludere che i contratti firmati daAltobelli potessero essere stati firmati daqualcuno di quelli che erano conosciuti,

come Gallinari. La perizia grafica escluseche si trattasse di Gallinari oppure diqualche altro brigatista.

A questo punto, c’è l’interruzione delleindagini. Perché ? Chiaramente io non hopotuto continuare, anche perché, dopol’assassinio di mio fratello, ho ricevutoparecchie minacce da parte di ignoti – hoportato un dossier – nelle quali si diceva:« Noi dobbiamo impedire a Imposimato dicontinuare a fare le indagini ». Questo ingenerale, perché io mi stavo occupando inquel periodo sia del caso Moro, sia dellabanda della Magliana.

Per quella vicenda sono stati anchecondannati all’ergastolo in via definitivaquattro imputati, tra cui Pippo Calò e altritre esponenti della mafia, che però eranodi origine napoletana. C’è una sentenzapassata in giudicato, che però è arrivatadopo vent’anni.

Dopodiché, ci sono state varie indagini.Nella sentenza scritta dai magistrati dellaCorte d’assise che riguarda l’omicidio dimio fratello si è detto anche... Io hoportato le copie di quegli atti, non peraltro, ma perché questo fatto di leggereogni tanto che non si è approfondito, nonsi è fatto, non si è detto... Non parlo di voi.Parlo di altri che hanno lamentato che ilgiudice non avesse approfondito certe... Iodevo mettere in evidenza che si omette unpiccolo particolare, ossia che io sono statocostretto ad andar via anche perché nellostesso tempo Lupacchini, che aveva eredi-tato il processo della banda della Maglianadopo che io avevo dovuto lasciarlo, seppeche c’erano degli esponenti della bandadella Magliana che avevano fatto delleriunioni con due esponenti dei servizisegreti che volevano ammazzare...

Io ho fatto la copia di tutti gli atti,perché si tratta di atti di altri processi. Sevoi volete, li posso allegare, anche perdimostrare che c’è stata un’interruzionenelle indagini che io avevo iniziato. Credoche non sia più il caso di indugiare suquesta vicenda, ma è importante sapereche la ragione per la quale si è verificatoquesto assalto prima a mio fratello Francoe a sua moglie Maria Luisa, l’11 ottobre1983, e poi a me, con la minaccia ad altri

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miei familiari, ha avuto, secondo la Corted’assise di Santa Maria Capua Vetere –sentenza n. 9/2000 ed altri atti giudiziarie inchieste giornalistiche – l’origine nellemie molteplici indagini tra cui il casoMoro. Al piano criminale contro la miapersona si fa riferimento sia nel processoalla banda della Magliana in persona diPippo Calò ed altri, condannati all’erga-stolo, sia nelle indagini sulla stessa bandadel giudice istruttore Lupacchini, ma an-che nel processo in Corte di assise aPerugia per l’omicidio Pecorelli a caricodello stesso Calò ed altri. Gli atti dei variprocessi dimostravano che la banda dellaMagliana era legata ai servizi segreti ita-liani, come emerse nel caso Moro nell’epi-sodio del lago della Duchessa, come messoin evidenza nell’inchiesta del giudice Mo-nastero e nel mio libro Doveva morire, maanche dall’intervista di Antonio Mancinialla giornalista Federica Sciarelli e dallibro inchiesta scritto da Angela Camuso,dal titolo Mai ci fu pietà, Editori Riuniti.

Questa è una parte della sentenza dellaCorte d’assise di Santa Maria Capua Ve-tere. Poi c’è una parte dell’ordinanza diLupacchini. È solo la parte che riguardame, perché quella intera sarebbe un mal-loppo. Poi c’è un libro di Federica Sciarellicon un’intervista a un esponente dellabanda della Magliana, il quale conferma lecose che sono state dette. Credo che siadoveroso vedere questo testo. Lo possolasciare senz’altro.

Contemporaneamente al caso Moro, iomi sono occupato anche degli omicidi diGirolamo Tartaglione, di Girolamo Miner-vini e di Riccardo Palma, della strage dipiazza Nicosia e di altri gravi fatti delit-tuosi, come gli omicidi di alcuni apparte-nenti alla Polizia, tra cui Domenico Ta-verna, Mariano Romiti e il tentato omici-dio di Michele Tedesco.

Dico questo non per trovare giustifica-zioni, ma per indicare che si è trattato diun’indagine molto complessa, nel corsodella quale – passo alla terza domanda –per la prima volta sono venuti alla lucecasi molto preoccupanti e allarmanti di

collegamenti fra le Brigate Rosse e i servizisegreti stranieri.

In particolare, è venuto fuori in ma-niera abbastanza robusta, abbastanzaprovata un collegamento delle BrigateRosse col KGB. Questo collegamento èstato confermato vent’anni dopo dallascoperta dell’esistenza di un colonnellodel KGB, Fëdor Sergej Sokolov, che avevapedinato Moro per quattro mesi, pertutto il periodo precedente all’agguato divia Fani e al sequestro di Aldo Moro. Aparte il fatto che l’aveva saputo lo stessoMoro, che ne aveva parlato con Dell’An-dro, come mi ha poi riferito un ingegneredi Bari, la cosa grave è un’altra. Ilprincipale collaboratore di Moro, che sichiamava Tritto, ebbe l’idea, subito dopola cattura di Aldo Moro, che questoSokolov fosse coinvolto nella vicenda. Ilpomeriggio dello stesso 16 marzo del1978 Tritto andò al Ministero dell’internoe denunciò Fëdor Sergej Sokolov, che egliaveva visto molte altre volte e che avevaanche provocato serie preoccupazioni inAldo Moro. Di questa vicenda, però, imagistrati non hanno mai saputo niente.Io ne sono venuto a conoscenza soltantovent’anni dopo, quando è emerso il nomedi Sokolov nel dossier Mitrokhin. Ungiornalista ha chiamato a Mosca questoSokolov, il quale ha detto di aver fre-quentato l’Università « La Sapienza »dopo essere venuto in Italia con la falsaqualifica di borsista esperto in storia delRisorgimento italiano. Sulla vicenda c’èstata una dichiarazione, che io ho tro-vato, di Francesco Cossiga, il quale hadichiarato che questo episodio era vero eche Tritto era andato da lui a riferirlo;c’è anche un verbale davanti ai Carabi-nieri. Nel verbale dice di aver saputo chec’era stata la denuncia da Tritto, ma hanegato di essere stato informato da partedei servizi segreti.

Questo, invece, risulta dai documenti,da cui emerge in maniera chiara che,durante tutta la fase preparatoria delsequestro, esistevano delle informative daparte dei servizi segreti nei confronti di

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Cossiga che dicevano che c’era questoSokolov che pedinava Moro e che andavatutti i giorni...

Come ultima cosa vorrei dire – credosia importante – che, quando io ho rite-nuto di trovare la prigione, ho sentito tuttigli inquilini. Ho chiamato un funzionariodell’UCIGOS e gli ho detto che intendevosentire tutti gli inquilini dell’edificio di viaMontalcini. Se quella era la prigione, hopensato, gli inquilini non potevano nonaver visto delle persone entrare e usciredall’appartamento all’interno 1 del pa-lazzo.

A questo punto le cose si sono com-plicate. Mentre io pensavo di aver fattouna cosa che poteva essere gradita agliinvestigatori, così non è stato. Quando hochiesto di avere la presenza di tutti gliinquilini, sono venuti tutti, tranne il piùimportante, ossia la professoressa CiccottiPiazza, che poi sarebbe stata sentita, adistanza di anni, da Priore e Sica.

Fatto sta che, quando io ho sentito gliinquilini – credo che sia importante sa-pere questo – ho avuto la sorpresa diapprendere per la prima volta che non eroio il primo ad aver scoperto la prigione.Essa era stata già individuata da funzio-nari dell’UCIGOS, che avevano sentito gliinquilini, fra cui c’erano l’ingegner Man-fredo Manfredi, la moglie, De Seta, l’inge-gner Signore, i familiari di quest’ultimo ela Tombellini. C’erano, dunque, inquiliniche dichiaravano concordemente che al-cuni funzionari dell’UCIGOS erano andatia via Montalcini. L’epoca è rimasta in-certa, ma hanno riferito che la visita fattadai funzionari dell’UCIGOS era avvenutanell’estate del 1978.

A questo punto, io ho chiesto, primaper telefono, poi per iscritto, una docu-mentazione di tutte le indagini che eranostate svolte. Non era possibile che fossestato individuato l’appartamento-prigionedella Braghetti e che fossero stati sentititutti gli inquilini, ma che in realtà, allafine, agli atti del processo non fosse ri-masto niente di quelle indagini. Dopodi-ché, mi è stato mandato un rapporto senzafirma, che io ho portato qui e che forse èil caso di vedere, nel quale si diceva una

cosa che mi fece sobbalzare, ossia chenessuno dei condomini all’epoca avevanotato la presenza della Renault rossa.Sempre utilizzando il metodo logico –considerate che, se qualche persona avevasegnalato all’UCIGOS la Renault rossa,questa persona non poteva che aver vistola Renault rossa durante i 55 giorni, dalmomento che il 9 maggio la Renault rossaera stata bloccata e sequestrata – io hochiesto ripetutamente all’UCIGOS, primadi andarmene, di farmi sapere chi avessesegnalato la presenza della Renault rossa,che poi loro avevano accertato non esserestata vista.

Per tutta risposta, mi è stato mandatoquesto rapporto, nel quale si diceva cheera vero che c’era Anna Laura Braghetti,ma che era vero anche che non aveva datoadito a preoccupazioni di sorta perché erauna persona che non risultava perseguitada mandati di cattura e aveva addiritturasporto una denuncia contro qualche in-quilino.

Dopo questa risposta piuttosto preoc-cupante io non ho potuto più fare altro.Solo dopo cinque o sei anni c’è stato uninterrogatorio. C’è stato un esame da partedi Priore, nel corso del Moro-quater, ed èrisultato tutto quanto è stato scritto nellasentenza Moro-quater, ossia che la mattinadel 9 maggio la signora Piazza, che inse-gnava a Velletri, era uscita di buon mat-tino e aveva visto la Renault rossa nel boxcontiguo al suo. Aveva notato la presenzadella Braghetti, che ha poi confermato diessersi preoccupata della presenza diquella signora. Dopodiché, la professoressaCiccotti Piazza era partita e la seraavrebbe visto la Renault in televisione, maqueste sono tutte cose che ho letto nellasentenza Moro-quater, scritta quattro ocinque anni dopo rispetto a quando ioavevo iniziato l’indagine.

Questo è il rapporto che mi vennemandato il 30 luglio del 1980; era unrapporto del 16 ottobre 1978, in cui si diceche: « Nulla è emerso in ordine a un’autoRenault 4 di colore rosso... ».

PRESIDENTE. Il sopralluogo sarà statoeffettuato qualche giorno prima.

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FERDINANDO IMPOSIMATO. Questihanno poi spiegato cosa era successo, iol’ho letto: la signora Ciccotti ne ha neparlato col proprio cognato, l’avvocatoMartignetti, il quale abitava, credo, nellostesso stabile dell’ex Ministro Gaspari.Martignetti ne ha parlato con Gaspari, ilquale ha fatto un appunto, che è statomandato a Rognoni.

Tutto questo è accaduto dopo. Chiara-mente Rognoni questo appunto l’ha avutodopo l’assassinio di Moro. Io credo chequesta notizia Martignetti l’abbia avutasubito dopo l’uccisione di Moro. La mac-china, cioè, è stata vista prima del 9maggio 1978, ma la notizia è stata datadopo che la signora ha ritenuto di rico-noscere la macchina.

PRESIDENTE. È la vicenda che si ri-collega a Remo Gaspari e al fogliettoconsegnato.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Questoera per completare.

PRESIDENTE. Io vorrei farle solo dueulteriori domande, prima di lasciare spa-zio ai colleghi.

Nel 1984 Valerio Morucci rivelò algiudice istruttore che l’approvazione deicomunicati del comitato esecutivo delleBR avveniva a Firenze, in un luogo messoa disposizione dal comitato rivoluzionariotoscano. I comunicati dati ai giornali, inqualunque città venissero diffusi dalle BR,provenivano tutti dalla stessa macchina edallo stesso ciclostile che erano a Firenze.

È stato esattamente evidenziato che lasede fiorentina in cui si riuniva il comitatoesecutivo delle BR e dove erano stateassunte tutte le decisioni più importantidel sequestro Moro, compresa forse ladecisione di uccidere l’ostaggio, rimasesconosciuta per ventidue anni. Quella sedeè stata individuata poi dalla Commissioneparlamentare stragi ed era nella disponi-bilità dell’architetto Giampaolo Barbi.

Nel corso della sua audizione presso laCommissione stragi, come è noto, Moruccievidenzia che, a suo avviso, sarebbe statonecessario farsi dare da Moretti una ri-

sposta su due significative questioni: chifosse l’anfitrione ospitante il comitato ese-cutivo e chi fosse l’irregolare che dattilo-scriveva i comunicati, che sono, invero,presenze sfuggite alla giustizia.

Vorrei sapere da lei se su questo temapuò aggiungere qualcosa e, in particolare,quali furono i rapporti che si svilupparononel 1984 fra l’autorità giudiziaria di Romae quella di Firenze, e con quali esiti.

FERDINANDO IMPOSIMATO. L’auto-rità giudiziaria di Firenze non ha maitrasmesso a me alcun documento cheriguardasse la presenza di esponenti delcomitato esecutivo, di cui ha parlato Mo-rucci solo nel 1984, il mese prima che iolasciassi la magistratura per andare aLondra.

Questo era sicuramente un filone daapprofondire. Non è stato approfondito,però, anche perché nel rapporto che ri-guardava la presenza di Senzani...

PRESIDENTE. Noi ci riferiamo a que-sto.

FERDINANDO IMPOSIMATO. ... cherappresenta l’elemento chiave di questavicenda, costui era stato sempre denun-ciato come un personaggio che aveva avutoun ruolo nell’ambito del terrorismo apartire dal 1979-80-81.

PRESIDENTE. Anche se i dati ci con-sentono di vedere che molto probabil-mente stava già con Gallinari, già all’epocadella bomba al carcere di Sollicciano, nel1977.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Colsenno di poi io posso dire che lui era già...

PRESIDENTE. Questo l’ho capito. A meinteressava soltanto sapere che nel 1984tra Firenze e Roma non si parlava. Solonel 1992 Fleury manderà le carte, che poi,dopo un congruo lasso di tempo, sareb-bero state archiviate.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Non èstata mai mandata alcuna carta al giudice

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di Roma. Questa è la sentenza nella qualesi parla di Senzani. Tutti i riferimenticronologici riguardano il periodo 1979-80-81, sempre dopo la vicenda Moro.

PRESIDENTE. Lei ha avuto mai sen-tore che Senzani fosse utilizzato comeconsulente o dal Ministero dell’interno odal Ministero di grazia e giustizia, non oggi– perché ora lo sappiamo – ma allora ?Per lei era un ignoto.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Per meSenzani era stato colui che aveva fatto dabasista, colui che aveva indicato i magi-strati da eliminare. Io così l’ho ritenuto.Questo, però, in via epidermica. Di provenon ce n’erano, perché tutti i rapporti...

C’è stata, come lei saprà, una dichia-razione, che ci ha sorpreso, fatta a mee a Priore da parte di Roberto Buzzatti,che era il braccio destro di Senzani,sempre nel 1979-80-81. Buzzatti videSenzani insieme a un agente dei servizisegreti, che prima si ritenne di ricono-scere in Musumeci. Poi, nella sua descri-zione, l’agente da 1,80 m che era si è« abbassato » a 1,65 m.

In questa sentenza ci sono molti rife-rimenti a Senzani, come in documenti chemi sono stati mandati da organi investi-gativi di vario genere, ma sono tutti suc-cessivi. Si parla del progetto di Senzani diunire le Brigate Rosse alla ’ndrangheta perprovocare un’evasione di massa da alcunecarceri del Sud e dei contatti di Senzani.

PRESIDENTE. Questa, però, è una que-stione che esula dal nostro interesse.Quindi, lei, quando indaga, non ne hasentore. Al di là che fosse stato lui l’idea-tore, fatto di cui non trova le prove, nonha mai sentito parlare di Senzani comeconsulente di nessuno dei due ministeri,allora.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Al-l’epoca no.

PRESIDENTE. Un’ultima cosa. Questobenedetto memoriale Morucci l’ha pensato

lui ? Ha avuto influenze illuminantiesterne ? Ci sono imprecisioni e inesat-tezze che sono un misto tra ciò che puòsembrare verosimile e ciò che non è vero,tanto da porsi la domanda: ci sarà statoun rapporto tra la genesi del memoriale el’introduzione del tema della dissocia-zione, ci sarà stato un rapporto tra ilmemoriale e il non dimenticare o fardimenticare qualcosa ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Morucciha cercato di inquinare le prove. Io holetto velocemente il memoriale grazie aidue libri pregevoli che sono stati preparatidall’onorevole Gero Grassi, che ringrazio.Si tratta di due libri che mi hanno con-sentito di prendere visione di documentiche non avevo mai visto, perché moltidocumenti sono stati fatti sparire. Li hotrovati per la prima volta in quei due libri,che sicuramente mi hanno aiutato a capiredi più.

PRESIDENTE. Facciamo un esempio.Riguardo alla verifica del percorso fatto,da lei compiuta, oggi a noi sembra moltopoco plausibile che a piazza Madonna delCenacolo avvenga quel cambio e ci sembraancora meno plausibile l’idea che le treauto che furono utilizzate per sequestrareMoro vengano ritrovate nella stessa gior-nata a distanza di ore a via Licinio Calvo,non essendo ciò compatibile con le dina-miche dei tempi.

Se questa ipotesi di un’inaffidabilità...Lei ha poi interrotto le indagini e, quindi,non ha più seguito, ovviamente.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Le dicola verità. Io mi sono posto subito laquestione della possibilità che ci fossestato il trasbordo a piazza Madonna delCenacolo. Per quanto le possa sembrarestrano, io ho fatto un esperimento giudi-ziale, insieme ai due. Ho ripetuto la scena.Di fronte a piazza Madonna del Cenacoloc’è un bar, ma la situazione è cambiataoggi. Praticamente abbiamo ripetuto esat-tamente la scena così come descritta.

PRESIDENTE. Dei riferimenti oculari,però, dicono cose diverse, che hanno but-

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tato dentro un borsone ed è partito unfurgone con uno solo alla guida.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lo so.Morucci ha detto un sacco di balle, tant’èvero che parla di sei armi usate, quandoinvece in questa sentenza sono sette.Credo di aver letto che faceva riferimentoa sei armi. Invece, io parlo di sette armi.

Lui cerca di eliminare... Per la verità,questo è l’obiettivo principale, se possodire quello che io penso.

PRESIDENTE. Questa è la sua opi-nione.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Morucciha voluto sicuramente fare una cosa, il cuidestinatario è stato Cossiga. Io la pensocosì. Può essere che mi sbagli, ma noncredo, perché praticamente fa una descri-zione dei fatti che tende a eliminare i duedella moto. I due lì ci stavano ? Chissà. Chifossero non lo so, ma dire che quei duesono il parto della fantasia di diversitestimoni... Là si tratta pure della polizia.

PRESIDENTE. A lei potrebbe sembrareplausibile che su quella moto ci fosseroCasimirri e Lojacono di ritorno dal bloccodella strada ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Casi-mirri sicuramente è un personaggio che èapparso anch’egli dopo, tant’è vero chenella mia inchiesta non esiste. Casimirriappare in un secondo momento.

Secondo me, Morucci questa cosa l’hafatta per dare un segnale al Ministrodell’interno, che poi è diventato Presidentedella Repubblica, facendogli credere unacosa diversa da quella che era. Questa è lamia supposizione. Che Morucci fosse bu-giardo e da ritenere poco attendibile èfuori discussione. Io l’ho preso a verbalecom’era mio dovere. Dopodiché, non hopotuto fare quelle verifiche che, invece,sarebbe stato giusto fare, poiché me nesono andato.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghiche intendano intervenire per porre que-siti o formulare osservazioni. Il primoiscritto è il senatore Gasparri. Ricordo atutti coloro che intendono intervenire cheil senatore Imposimato all’inizio dell’audi-zione ha chiesto la facoltà di avvalersidell’articolo 4 della legge istitutiva dellaCommissione, cioè del vincolo di segre-tezza per le indagini in corso di fronte allaProcura di Roma e alla Procura generaledella Corte d’appello.

MAURIZIO GASPARRI. Probabilmentequello che voglio dire potrebbe non avereun seguito, ma lo dico lo stesso. Le coseche ho ascoltato, francamente – lo devodire, senatore Imposimato – non mihanno aggiunto conoscenze particolari. Sisono ripercorsi vari fatti, protagonisti evicende che sono da decenni agli attigiudiziari e anche della storia italiana.

Io volevo, invece, sentire la sua opi-nione sul suo ultimo libro, quello sui 55giorni di Moro, su una vicenda che lei haillustrato, cadendo in una trappola di unapersona...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Puòparlare più lentamente ? Altrimenti nonriesco a capire quello che lei dice.

MAURIZIO GASPARRI. Le scandisco leparole. Io non ritengo di aver imparatoquesta sera cose nuove o che non fosseroampiamente conosciute per chi ha seguitola vicenda.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Menomale. Mi fa piacere. Sono proprio con-tento di questo fatto.

MAURIZIO GASPARRI. Adesso devoparlare io, non deve parlare lei. Io aspetto.Quando si è calmato, parlo.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Prego,dica.

MAURIZIO GASPARRI. È calmo ?

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FERDINANDO IMPOSIMATO. Sì, iosono calmissimo.

MAURIZIO GASPARRI. Io più di lei.

PRESIDENTE. Evitiamo i battibecchi,altrimenti questa sera alle 23 siamo an-cora ai preliminari del senatore Gasparri.

MAURIZIO GASPARRI. Non si preoc-cupi. Ci metto pochi minuti.

Io ritengo che le cose che ho ascoltatosulla vicenda fossero sostanzialmente notea chi l’ha seguita, da giornalista o dapolitico. Le cose che abbiamo sentito, inomi e i personaggi sono noti alle crona-che.

Io ritengo, invece, che sarebbe interes-sante sapere da lei se rivendica ancoral’ultima sua opera letteraria, quella sui 55giorni, che ha avuto ampia divulgazione eche io penso, ma è una mia opinionepersonale, l’abbia vista incappare – lei haparlato prima di balle e di inquinamentodelle prove riferendosi ad altre vicendestoriche – in qualche inquinatore di proveche divulga balle.

Mi riferisco al suo ultimo libro. Sefosse vero quello che lei ha scritto, firmatoe divulgato, con prefazione di autorevolis-simi suoi colleghi della Cassazione, sonocose scritte e avallate da magistrati im-portanti della storia della Repubblica...Praticamente, lei racconta – penso chetutti conoscano quel libro, se stanno inquesta Commissione – che militari italianie internazionali avessero individuato ilcovo, che risiedessero nell’appartamento alpiano di sopra e che intorno a quel covoci fossero tendoni, appostamenti, stazio-namenti di forze armate di vario genere,con un coinvolgimento, se fosse vero quelracconto che lei ha avallato, divulgato efirmato... So che c’è un’inchiesta perché èstato considerato proprio un millantatocredito, una diffusione di notizie...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Da chi èstato considerato ? Dica i nomi.

MAURIZIO GASPARRI. C’è un’inchie-sta della magistratura a Roma di cui il

pubblico ministero credo sia il dottorPalamara. Non c’è una sentenza, c’è un’in-chiesta.

FERDINANDO IMPOSIMATO. C’è unasentenza passata in giudicato ?

MAURIZIO GASPARRI. La vedo pre-venuto. Il libro ha venduto un sacco dicopie e chi l’ha letto potrebbe credere chequesto sia vero.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lei l’haletto il libro ?

MAURIZIO GASPARRI. Sì, l’ho letto edè scritto anche male. Ci sono molti errorie ripetizioni. Se vuole, glieli farò rilevare.Ci sono molte cose ripetute più volte escritte un po’...

PRESIDENTE. Arriviamo alla do-manda.

MAURIZIO GASPARRI. Io l’ho letto ele dirò – ci conosciamo, senatore – anchetutte le cose che ha ripetuto più volte. Illibro non è stato riletto. È stato stampatocon molta fretta.

Questi aspetti lei ritiene che fosserocose fondate e reali ? Il racconto a chi l’haletto fa immaginare decine e decine, cen-tinaia di militari che si sarebbero alternatiin turni di guardia e in appostamentidall’appartamento al piano di sopra delcovo, che non avrebbero impedito l’ucci-sione di Moro stando al piano di sopra,cosa che, francamente, a me appare pa-radossale. Anche la stessa magistratura aRoma ha aperto un’inchiesta su questevicende. Come finirà non lo so. Mi augurobene per lei certamente.

È mai possibile che nell’arco di quasiquarant’anni dai fatti... C’è questo signoreche manda le mail, che poi pare sia lostesso che l’ha fatto in altre epoche. Lei glicrede e pubblica il libro. Se fosse vero,possibile che non ce ne siano altri uno,due, tre o quattro che abbiano avallatoquesto racconto ? Se fosse vero, ripeto, lavicenda avrebbe coinvolto una quantitàenorme di militari, battaglioni interi.

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Qualcuno avrebbe dovuto dirlo, dopo de-cenni. Abbiamo ascoltato anche qui sacer-doti e protagonisti vari.

In realtà, poi, al di là di questo pro-blema, che ci siano due o tre soggetti chesono sfuggiti all’indagine è probabile, masempre appartenenti alle Brigate Rosse,l’organizzazione terroristica che porta laresponsabilità della strage di via Fani edell’uccisione di Moro.

Quest’ultimo suo scritto lei lo riven-dica ? Condivide quello che ha scritto ? Loritiene attendibile o meno ? A me pare nonattendibile e che abbia contribuito acreare confusione, che abbia diffuso ballee abbia inquinato.

L’inchiesta è contro il libro di fatto,perché lo ritiene inattendibile. Lei è unconoscitore profondo della materia, per lecose che anche questa sera ci ha ricordato.Non vi sareste accorti neanche voi al-l’epoca che c’era tutto un esercito interoappostato intorno a Moro, che non haimpedito quell’orrendo delitto che tantopesa sulla storia italiana.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Il fattoche lei non ritenga attendibile quello cheio ho scritto mi conforta, perché io non hoalcuna stima di lei, per cui tutto quello chedice...

MAURIZIO GASPARRI. Lei non è ve-nuto qui per dare attestati di stima, se-natore Imposimato.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Vogliorispondere, signor presidente.

MAURIZIO GASPARRI. Io parlo difatti storici. Presidente Fioroni, il senatoreImposimato non può rilasciare attestati distima. Io disistimo profondamente chi dif-fonde balle.

PRESIDENTE. Senatore Imposimato, iovorrei evitare che degenerassimo. SenatoreGasparri, non interrompa.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io con-fermo tutto quello che ho scritto, che perme è vero al mille per cento.

MAURIZIO GASPARRI. Perfetto. Perlei è vero tutto quello che è stato scritto.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Nessunodi quelli che sono stati chiamati in causanel libro mi ha detto una sola parola. Négli eredi, né le persone da me nominatehanno chiesto una sola...

MAURIZIO GASPARRI. Perché non haparlato di questo fatto nella sua illustra-zione ? Sarebbe sconvolgente. C’è un’altraverità. Lei non l’ha citato nella sua rela-zione.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lei nonmi deve interrompere.

MAURIZIO GASPARRI. Lei ha dettoche non ha stima, scusi.

PRESIDENTE. Riusciamo a evitare ilmatch ? Grazie. Senatore Imposimato, sirivolga alla Commissione – sono tuttiinteressati – non solo al senatore Ga-sparri.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Nonposso tollerare insulti. Io ho letto le di-chiarazioni che questa persona ha fatto.Poiché io ho una dignità da difendere, chenon può essere scalfita da quello...

MAURIZIO GASPARRI. La richiamo allinguaggio, visto che non lo fa il presi-dente. Lei è sotto indagine per aver scrittocose ritenute non vere.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Perquanto riguarda le sue osservazioni, ri-peto, io mi avvalgo del segreto professio-nale. Nello stesso tempo, però, dico chequello che ho scritto non ha trovato al-cuna smentita, fino a questo momento.Non ha trovato smentita da alcuno deipersonaggi che sono indicati nel libro.Punto e basta.

Non accetto provocazioni. Quando civediamo un’altra volta... Vediamo, perchéla partita è ancora in corso. C’è un’inda-gine da parte della Procura che non si èconclusa in alcun modo. Non ha accertatouna verità. Questo libro è quello che è.

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Sarà modesto, sicuramente non è un gran-ché, ma è un libro nel quale io horiversato quelle che ritengo essere leprove, fatti provati.

MAURIZIO GASPARRI. Mi interessavaprendere atto che lei ritiene veritieraquella ricostruzione, a mio avviso perso-nale – mi consentirà di avere un’opinione– completamente falsa, sulla quale laProcura di Roma ha aperto un’inchiestaritenendola falsa e della quale lei, nellasua ricostruzione storica, ricca di episodie nomi, non ha fatto menzione. Sarebbel’unico fatto importante e innovativo dellasua audizione, ma c’è il segreto ai sensidell’articolo 4...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lei co-nosce il codice di procedura penale ? Lalegge istitutiva di questa Commissione diceche il teste... Io sono difensore e mi onorodi essere difensore di Maria Fida Moro, inprimo luogo.

MAURIZIO GASPARRI. Allora è inutilela sua audizione.

ENRICO BUEMI. Questo lo decidiamotutti insieme, senatore Gasparri.

FERDINANDO IMPOSIMATO. In se-condo luogo, oltre a me c’è un altroavvocato, Walter Biscotti, il quale difendealtre parti offese. Io mi sono impegnatocon me stesso, ma anche con i magistrati,a non fare osservazioni, a non anticipare,a non violare il segreto di indagine.

PRESIDENTE. L’ha detto all’inizio del-l’audizione. Dopo averlo detto, io l’hointerrogato su ciò che rimaneva fuori daquel perimetro. È inutile che discutiamo.

MAURIZIO GASPARRI. Io prendo attoche quella è la verità secondo il dottorImposimato, di cui non possiamo parlare.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io nonrispondo perché...

MAURIZIO GASPARRI. Lei non ri-sponde perché non è in grado di sostenerequegli argomenti, che sono falsi. Lei nonrisponde. Si nasconde dietro il segreto pernon affrontare in questa Commissioneparlamentare... Perché lei non è in gradodi sostenere...

PRESIDENTE. Senatore Gasparri, evi-tiamo.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Tam-quam non esset. Lei è inesistente !

MAURIZIO GASPARRI. Io mi dichiarosoddisfatto di quello che è avvenuto, chedimostra che ho ragione.

PRESIDENTE. Per amore di verità pertutti, altrimenti questa sembra un’audi-zione privata tra il senatore Gasparri e ilsenatore Imposimato, che può essere fattain altra sede: in apertura di seduta ilsenatore Imposimato ha dichiarato cheintende avvalersi dell’articolo 4 della no-stra legge istitutiva; inoltre vi è l’esigenzadi rispettare il vincolo di segretezza perindagini in corso.

MAURIZIO GASPARRI. Sulle bugie.

PRESIDENTE. Senatore Gasparri,adesso non dica sciocchezze. Lo accerteràla magistratura.

MAURIZIO GASPARRI. Prendo attoche di quelle bugie non si può parlare.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Le bugiele dice lei. Io non dico alcuna bugia. Leimi sta insultando.

MAURIZIO GASPARRI. Illustri quegliargomenti e ci dimostri che ha detto laverità. Siamo qui per indagare.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lei nonconta niente, non vale niente e mi da delbugiardo !

MAURIZIO GASPARRI. Presidente Fio-roni, questa è una Commissione d’inchie-

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sta. È fatta non per essere vilipesi, ma perindagare. Le bugie sono coperte dal se-greto...

PRESIDENTE. Io dovrò sospendere laseduta, se continuiamo così. Poiché inquesta Commissione va rispettata la legge,se uno si avvale dell’articolo 4 della leggeistitutiva, queste domande non sono néammissibili, né accettabili, né tanto menoil senatore Imposimato deve fornire rispo-sta.

MAURIZIO GASPARRI. Ne parleremonelle prossime sedute.

MICHELA MONTEVECCHI. Presidentevorrei intervenire. Mi ha vista ?

PRESIDENTE. Sì, quando è il suoturno.

MICHELA MONTEVECCHI. Vorrei sa-pere se mi ha segnata nell’elenco degliiscritti a parlare.

PRESIDENTE. Senatrice Montevecchi,non tutti abbiamo bisogno di fare una cosaper volta: c’è chi ne fa dodici insieme. Senon la chiamerò, avrà ragione di lamen-tarsi.

PAOLO CORSINI. Io vorrei tornare unattimo con lei sulla domanda che le ha giàrivolto il presidente di questa Commis-sione. L’affermazione di Morucci secondola quale le Brigate Rosse non si sono maiservite di motociclette e nell’ambito delleloro iniziative hanno sempre utilizzatoaltri mezzi di trasporto è un’affermazioneche io reputo fondata. Tuttavia, è statopubblicato tempo fa il libro di un giovanericercatore, la sua tesi di laurea, il qualeinsiste – ha già richiamato questo dato ilpresidente Fioroni – sull’ipotesi che i duedella motocicletta siano Casimirri e Loja-cono.

Mi risulta che stia per essere pubbli-cato un libro, dovuto in questo caso nona un giovane ricercatore, ma a uno stu-dioso che già in passato si è occupato delcaso Moro con qualche significativo risul-

tato, il quale, all’insaputa di quanto scrittodall’altro studioso, non conoscendo il testoprecedente, giunge alle stesse conclusioni.

GERO GRASSI. Chi è ?

PAOLO CORSINI. Poi ti dico il nome.Poiché il libro non è ancora stato pubbli-cato, mi secca farlo.

PRESIDENTE. Andiamo avanti.

PAOLO CORSINI. Non ho niente danascondere. È per una ragione di corret-tezza. Non posso dire il nome pubblica-mente. Poi glielo dirò.

Senz’altro, senatore Imposimato, lei po-trà concordare con me nella valutazioneche, qualora l’ipotesi fosse fondata, intro-durrebbe un elemento di giudizio estre-mamente significativo, perché le supposi-zioni di presenze straniere o di agenti diservizi italiani che assegnerebbero al casoMoro un significato tutt’affatto particolareevidentemente cadrebbero e tutta la vi-cenda verrebbe riportata dentro il quadrodella presenza delle BR.

Com’è noto, Casimirri si è sottratto allagiustizia italiana. So che abbiamo avviatouna richiesta di poterlo audire. Quali sonogli elementi in base ai quali lei prima,rispondendo al presidente della Commis-sione, ha liquidato questa ipotesi e hadetto che, a suo avviso, non sembrerebbefondata ? Lei ha qualche elemento ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Qualeipotesi ?

PAOLO CORSINI. Mi riferisco all’ipo-tesi che i due della motocicletta – cheAlessandro Marini dichiara fossero pre-senti e che gli avrebbero sparato rom-pendo il parabrezza – non possano essere,a suo avviso, Casimirri e Lojacono.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Per laverità, io non ho fatto quest’affermazione.

PAOLO CORSINI. Lei ha detto chesostanzialmente lo escluderebbe, che lepare poco probabile.

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FERDINANDO IMPOSIMATO. Questadomanda, purtroppo, ricade proprio nel-l’ambito del tema che è oggetto della miaopposizione alla Procura generale dellaCorte d’appello di Roma. Come lei sa, laProcura generale della Corte d’appello haconfigurato un’ipotesi, che è l’imputazionevirtuale a carico del colonnello Guglielmi,ritenendolo responsabile di concorso inomicidio per omissione. Questo è il puntodi partenza. Inoltre, ha fatto una richiestadi archiviazione. Contro la richiesta diarchiviazione io e l’avvocato Walter Bi-scotti abbiamo fatto un’opposizione, che sisarebbe dovuta discutere il 20 marzo diquest’anno.

La risposta gliela fornirò. L’opposizionesi basa proprio su tutta questa storia, suquesta vicenda. Io ho fatto un accenno...

PRESIDENTE. Se, però, abbiamo dettoche non ne parliamo, non ne parliamo néper il senatore Gasparri, né per il senatoreCorsini.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io nonne posso parlare perché è in corso un’in-dagine che è stata avocata dal procuratoregenerale, il quale ha ritenuto di revocarela richiesta di archiviazione. Io ho fattoanche una memoria a sostegno della ri-chiesta di revoca dell’archiviazione. È tuttoin fase di accertamento da parte dellaProcura generale. Per il rispetto che ioporto alla Procura generale, che ha fattoun atto di grande coraggio nello svolgerequesta indagine, credo di dovermi aste-nere, anche perché potrei dire delle scioc-chezze.

PAOLO CORSINI. Le pongo una do-manda: qual è la sua valutazione del casoRavasio e del giornalista di PanoramaCipriani ?

PRESIDENTE. È in relazione alle no-tizie sulla presenza del colonnello Gu-glielmi.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Pur-troppo anche questa questione rientra...

PRESIDENTE. ... nell’articolo 4 dellalegge istitutiva.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Ravasioha fatto riferimento a Guglielmi. Guglielmiè venuto fuori a seguito dell’indicazione diRavasio. Pertanto, io non posso parlaredella vicenda perché Ravasio è il testi-mone. È una parte centrale dell’indagineche la Procura generale sta conducendo inquesti giorni, a partire dalla revoca. Credoche abbia informato voi di questa richie-sta.

PRESIDENTE. Sì. L’ha annunciata quiil procuratore Marini.

FERDINANDO IMPOSIMATO. È statacontemporanea alla mia richiesta di re-voca dell’archiviazione e di proseguimentodelle indagini. Io ho fatto una richiesta diproseguire le indagini, a cui è seguitaanche un’analoga richiesta da parte del-l’avvocato Biscotti. Siamo vincolati, quindi,a questo segreto.

Grazie. Mi spiace. Magari al più prestoci rivedremo.

PAOLO BOLOGNESI. Io vorrei ritor-nare sull’indagine da lei svolta nel mo-mento in cui ha interrogato Morucci e hasviluppato e ripreso tutto il percorso cheMorucci dice sia stato fatto dopo l’assaltodi via Fani.

Una delle cose che non si compren-dono, o almeno che io non comprendo,nell’analisi di quello che lei ha fatto, èl’aver avallato i discorsi di Morucci perquanto riguarda, in primo luogo, la pre-senza dei brigatisti, che sono un numeroche a mano a mano cresce.

Il fatto di non avere contestato questedichiarazioni ha fatto poi in modo che allafine si sia creata, a mano a mano, nelcorso delle varie sentenze sul caso Morouna verità molto particolare, non sicura-mente attinente al vero, sia per quello cheriguarda il numero dei brigatisti sia perquello che riguarda il fatto di aver par-cheggiato simultaneamente le tre mac-chine in via Licinio Calvo, se non sbaglio,e anche per ciò che riguarda il trasbordonella piazza Madonna del Cenacolo.

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Tutto questo è strano. Lei non hatenuto conto, per esempio, di quello chediceva la possibile testimone Elsa MariaStocco in relazione all’ora precisa in cui sierano svolti i fatti che lei aveva visto. Giàsoltanto quella testimonianza avrebbe siaaumentato il numero dei partecipanti, siadescritto tutta la dinamica in manieramolto diversa da come è stata riferita daMorucci.

In più, un’altra cosa molto inverosimile,sempre nell’ambito di questa ricostru-zione, è come il furgone in cui dovevaessere messo Moro, « imballato » nellacassa per poterlo portare via, fosse statolasciato abbandonato nel posto in cui eraparcheggiato, senza nessuno che gli facessela guardia. Uno strumento determinanteper tutta l’operazione, non poteva esseresicuramente lasciato da solo. Questo è unaltro punto che andava a confliggere si-curamente con il numero dei brigatisti e,ancora di più, con il fatto che è invero-simile... Ripeto, già la testimonianza so-steneva che quel furgone avesse un autista,quantomeno.

Io volevo sapere per quale motivo que-ste contestazioni non sono state fatte,anche perché il non aver fatto...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Ho ca-pito. Posso rispondere ?

PAOLO BOLOGNESI. Finisco.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lei puòfinire, ma se me lo dice sette volte... Me lopuò dire anche otto volte, ma... Va bene.

PRESIDENTE. Facciamo finire l’onore-vole Bolognesi. La domanda non è unaprovocazione. È una domanda. Lo lascifinire.

PAOLO BOLOGNESI. L’ha presa comeuna provocazione ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. No. Nes-suna provocazione. Non amo le ripetizioni.La domanda è chiara.

PRESIDENTE. Come c’è libertà di ri-sposta, c’è altrettanta libertà di domanda,senatore Imposimato. Non siamo inun’aula di tribunale.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Il cuoredella domanda, se non ho capito male, èperché io non abbia fatto accertamentisulle affermazioni di Morucci. Questo mipare il cuore della domanda.

PAOLO BOLOGNESI. Vorrei dire soloche, non soltanto alla luce del senno di poi,ma già allora, nel momento in cui c’era lapossibilità di indagare e di sentire alcunitestimoni, si è lasciata una possibilità di farentrare un mucchio di balle che sono diven-tate storia, per quello che riguarda il casoMoro. Io credo che questo potessimo benis-simo evitarcelo. Questo è il punto.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io hofatto una premessa, che mi pare, pur-troppo, non sia stata bene intesa da lei,onorevole Bolognesi. Ho detto prima cheio, dopo aver sentito Morucci e Farandaper mesi, ho ricevuto minacce gravissime,di cui c’è testimonianza negli atti che holasciato al presidente. Sono minacce chehanno riguardato non solo me, ma anchealtri miei familiari. Io ho dovuto inter-rompere le indagini, che sono state pro-seguite da altri.

Lei ha sentito questo ? Io l’ho dettoprima. Lei, invece, come se io non avessiparlato, mi fa delle domande su cose cheio non ho fatto per la semplice ragione chesono partito per andare a Londra, dovesono andato all’International Maritime Or-ganization, perché c’erano ragioni di sicu-rezza estrema. Posso mettere a repentagliola vita mia, ma non quella dei miei pa-renti. Non lo dico per provocare la com-mozione sua o dei presenti, ma perché èun fatto che è provato dalle sentenzescritte dalla Corte d’assise di Santa MariaCapua Vetere e di Napoli e dalla sentenzascritta dal giudice Priore.

Detto questo, per la verità a questeomissioni io non attribuisco tutta questaimportanza; io, perlomeno, non vedo per-ché uno in più o uno in meno cambie-

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rebbe qualche cosa. Quello che è impor-tante, secondo me, è sapere chi erano queidue che erano sulla motocicletta e suquesto sta indagando la Procura generale.

Poi bisogna anche accertare chi eraCasimirri: lo ripeto, un personaggio che ame non era proprio apparso, perché nes-suno lo aveva denunciato, quindi io nonpotevo nemmeno ipotizzare che fosse lui;così come non era stata indicata la Algra-nati.

Queste cose dimostrano che, purtroppo,c’è stata una difficoltà di indagare all’ini-zio. Alcuni personaggi sicuramente sonostati protetti, come Casimirri, che è andatoin Nicaragua e di cui non è stata chiestanemmeno l’estradizione. Ma io non c’entroin queste cose; sono tutte accadute dopol’assassinio di mio fratello e le minacceche sono proseguite. Perciò ho portato lasentenza, perché io sono andato via.

Queste accuse implicite che mi vengonorivolte di omessa contestazione a Moruccidelle falsità, io non le accetto. Io nonpotevo fare più nulla perché ho lasciato ilprocesso. Punto e basta. Poi ha proseguitoPriore.

Morucci mi faceva quelle dichiarazioniche sono durate mesi; non c’è stata unadichiarazione e basta. Parliamo di unacosa detta nel 1984. La regola è che unoprima prende atto di tutte le dichiarazionidel collaboratore di giustizia, poi le devesottoporre a verifica, doverosamente, at-traverso le indagini che deve affidare ne-cessariamente alla Polizia, ai Carabinieri ealla Guardia di finanza, dopodiché puòavere una visione precisa delle cose. Que-sto è un mestiere non facile, che richiedei suoi tempi, soprattutto quando per laprima volta io mi sono trovato di fronte auna marea di informazioni nuove.

Secondo me, la sua ricostruzione del-l’itinerario percorso da via Fani fino alluogo dove c’è stato l’ultimo trasporto èvera, perché anche la Cassazione dice chequando ci sono delle dichiarazioni daparte di collaboratori di giustizia è possi-bile scindere – parla di scindibilità – ledichiarazioni, nel senso che alcune pos-sono essere vere e altre false.

Personalmente le considero afferma-zioni vere.

PRESIDENTE. Mi sembra chiaro. Loaveva già detto e ce lo ha rispiegatomeglio.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Adessosto parlando dell’itinerario.

PRESIDENTE. Aveva risposto a me,ricorda ? Le avevo chiesto la stessa cosa.

PAOLO BOLOGNESI. La cosa è questa:d’accordo, lei prima l’aveva accennato, èuna cosa che è durata dei mesi. Le mi-nacce sono arrivate dopo.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Sì, maho dovuto completare. Le posso dire, an-che per spiegare delle cose che mi vengonoin mente, che Morucci mi ha spiegato cheera stato predisposto un piano per rapireMoro – per la prima volta l’ho scoperto io– nella chiesa di Santa Chiara. Ho dovutoverbalizzare tutte le dichiarazioni che ri-guardavano la presenza di Moro in quellachiesa e il progetto di rapirlo lì, cherichiedeva, secondo lui e secondo altri, uncerto numero di persone; e quel pianosarebbe stato realizzato senza uccidere gliuomini della scorta.

È stata una ricostruzione che è duratamesi. Prima ho dovuto scrivere gli appunti,poi abbiamo dovuto verbalizzare, con lapresenza del difensore. Se lei legge lamassa di cose che io ho scritto, prima siscrivono e poi si fa. Non ho detto chequesto è assolutamente attendibile. Anzi,ho dichiarato prima che lui ha detto moltebugie, soprattutto nel memoriale, affer-mando cose non vere sul numero dellearmi e su altre cose.

PAOLO BOLOGNESI. Lei prima hadetto che la prigione è sicuramente quelladi via Montalcini e il percorso porta là. Omi sbaglio ?

PRESIDENTE. C’è un appunto mano-scritto del racconto...

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PAOLO BOLOGNESI. Siccome sul di-scorso della prigione ci sono quantomenomolti dubbi, anche qui viene avallato com-pletamente che la prigione è stata l’appar-tamento di via Montalcini, e finisce lì.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Esatto.Per me è al cento per cento via Montalcini.

PAOLO BOLOGNESI. Prendo atto. Inbocca al lupo.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Se poivuole che le faccia un piacere e le dica cheho dei dubbi, glielo dico. Però dubbi nonne ho.

PRESIDENTE. Adesso non discutiamo.

PAOLO BOLOGNESI. Posso avere qual-che dubbio ?

PRESIDENTE. Come no ? Anche il se-natore Imposimato consente che possiamoavere opinioni diverse, soprattutto dopotrentasette anni di indagini.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Se poi cisarà l’opportunità, in risposta alle do-mande scritte o in una seconda audizione,le dirò tutte le ragioni per cui io ritengoche la prigione sia quella. Sono parecchie,non ce n’è una sola. Non c’è solo Morucci,ci sono diverse dichiarazioni.

ENRICO BUEMI. Fermo restando chele leggi dello Stato valgono anche in questasede e tutti siamo chiamati a rispettarle,senatori, testi, auditi, vorrei porre tredomande.

Mi rendo conto che la prima sfiora leriserve che lei ha fatto rispetto ai proce-dimenti in corso, però lei valuti se puòrispondere oppure no.

Lei ha avuto notizia di una perquisi-zione fatta di recente, qualche anno fa,presso un’abitazione in provincia di Cuneoriferita a un certo Fissore, nel comune diBra o nella zona di Bra ?

PRESIDENTE. Nell’abitazione della exmoglie o moglie separata di fatto.

ENRICO BUEMI. Esattamente.Le chiedo se può parlare di questa sua

conoscenza e se, in riferimento al contestodelle armi, quindi all’indagine scientificasui proiettili rinvenuti in via Fani, le risultiche presso quell’abitazione è stata seque-strata una pistola di calibro piccolo, difabbricazione cecoslovacca.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Quale,la Skorpion ?

ENRICO BUEMI. Adesso non ricordo lamarca. Presso quell’abitazione è stata tro-vata una pistola di un certo calibro e diuna certa marca.

Le chiedo se in via Fani siano statitrovati proiettili che, nell’analisi fatta,siano riconducibili a pistole di quella ti-pologia.

In secondo luogo, lei ha parlato del-l’alloggio della Braghetti precisando chenon era intestato alla Braghetti stessa. Leiconosce l’intestatario precedente, cioèquello ufficiale, prima della disponibilitàin uso alla Braghetti ? Chi era ?

Infine, lei ha parlato della presenza diservizi segreti stranieri. Abbiamo avutonotizia, attraverso la sua dichiarazione,della presenza di questo colonnello Soko-lov del KGB, che è un servizio segretostraniero. E gli altri ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Partodall’ultima domanda. Dei servizi segretistranieri nella mia sentenza – parlo diallora – ho indicato anche il Mossad. IlMossad è sicuramente stato in contattocon le Brigate Rosse, perché molti briga-tisti hanno indicato i servizi segreti israe-liani come referenti. Per la verità neparlano come di soggetti che cercavano distabilire rapporti con le Brigate Rosse.

ENRICO BUEMI. Ci sono riscontrinella scena del sequestro ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Ci sonomolte dichiarazioni. Riscontri di armi oaltro no.

ENRICO BUEMI. Presenze ipotetiche ?

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FERDINANDO IMPOSIMATO. Non cisono. Ci sono molte dichiarazioni. Io hopreso atto di quelle dichiarazioni chevenivano da più parti e le ho riversate inun paragrafo in cui si parla proprio dirapporti... Ho scritto quelle che sono ledichiarazioni e basta.

Ho parlato dei rapporti con il KGB;tema anche questo era abbastanza diffuso,perché molti hanno parlato di armi chesono venute da parte della Palestina, nel1979, però con l’avallo dell’Unione Sovie-tica. Di questo soprattutto hanno parlatoSavasta ed altri, tant’è che poi si è sco-perta la pista bulgara, perché c’è stata lamediazione dei bulgari nei contatti frasovietici e Brigate Rosse.

Per quanto riguarda la notizia dellaperquisizione dell’abitazione di Fissore,questa è una parte cruciale della miaopposizione, molto dettagliata. Ho fattoprima l’opposizione e poi una memorianella quale si descrive particolarmentetutta la vicenda legata ad Antonio Fissore,che ha subito una perquisizione nella suaabitazione.

Posso dire che sono state fatte molteindagini da parte dell’autorità di poliziagiudiziaria di Torino, senza dire il merito,quindi sono soddisfatto. Le indagini sonostate fatte molto bene da parte dellapolizia giudiziaria di Torino, secondo me.

Inoltre, circa la questione dell’alloggiodella Braghetti, per evitare di commettereerrori l’ho scritto dettagliatamente in que-sta sentenza che è stata stampata negli attiparlamentari. Il fatto è pacifico: la Bra-ghetti ha comprato quell’appartamento,però non ha fatto la registrazione delpassaggio di proprietà. Lo dice anche DallaChiesa, che diede incarico a una sezione diCarabinieri a Roma di verificare la fon-datezza delle accuse contenute in quelrapporto, perché quel rapporto sarebbestato dato anche al generale Dalla Chiesa.Ha detto che la Braghetti non risultavaproprietaria dell’appartamento.

ENRICO BUEMI. Ma qualche verificasul proprietario ufficiale...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Sul pro-prietario precedente ?

ENRICO BUEMI. Sì.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Sì. Sonoi nomi...

ENRICO BUEMI. No, verifica nel sensodel suo ruolo...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Ah,sulla sua contiguità ? Sì, ma non è risultatoassolutamente nei ranghi perché la Bra-ghetti, per la verità, non era consideratauna terrorista nota; era considerata un’ir-regolare che lavorava regolarmente in unufficio all’Eur, dove andava tutte le mat-tine. Mi pare che durante la prigionia diMoro sarebbe stata pedinata. Queste sonole tre cose che lei mi ha chiesto.

ENRICO BUEMI. Vorrei farle un’altrabrevissima domanda, sempre in meritoalle armi: sono state sequestrate ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Primavorrei rispondere a un’altra cosa che leimi ha chiesto. Lei ha fatto una giustadomanda. Le armi sono state sequestratee io ho chiesto una perizia per accertarese quella pistola di cui parla lei, cecoslo-vacca, possa essere stata utilizzata...

PRESIDENTE. Quindi, lei parla dellearmi trovate nella casa della signora Fis-sore.

Però il senatore Buemi adesso ha unaseconda domanda da porle.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Però leimi aveva fatto questa domanda.

ENRICO BUEMI. Sì.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Allora,io ho detto che nella mia richiesta alprocuratore generale ho chiesto di di-sporre una perizia balistica al fine diaccertare la possibile utilizzazione, se c’èstata, di quell’arma cecoslovacca e anchedi altre eventuali armi in possesso...

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PRESIDENTE. Naturalmente possiamoricordare a Imposimato le cose che hafatto prima, ma non possiamo dire sullecose recenti.

ENRICO BUEMI. D’accordo. Vorreitornare sulle indagini scientifiche sullearmi. Le armi sono state sequestrate; ibossoli sono stati analizzati dal punto divista scientifico dal perito.

PRESIDENTE. Parliamo delle perizie diSalza.

ENRICO BUEMI. Sì, quelle del seque-stro, quelle di via Fani. Le armi, da quelloche lei indica, sono state di due tipologie,quella di provenienza italo-tedesca equella di provenienza inglese, lo Sten el’altra arma. Vorrei capire la provenienza,perché sono due armi che hanno unastoria alle spalle, in quanto sono armidella Seconda guerra mondiale.

PRESIDENTE. Possiamo definirle noi,senza chiedere sforzi al senatore Imposi-mato, perché c’è la perizia allegata. Lapolizia scientifica ha ritrovato a GardoneVal Trompia, sostanzialmente, tutti i bos-soli...

ENRICO BUEMI. E le armi che hannosparato ?

PRESIDENTE. ... e gran parte dellearmi. Una non l’abbiamo trovata. Quandoeseguiremo ulteriori accertamenti, ci to-glieremo questa curiosità senza chiederesforzi di memoria.

FERDINANDO IMPOSIMATO. È tuttoscritto qui dentro. Questi di Gardone ValTrompia sono molto precisi. DomenicoSalza è stato un perito bravo che harisolto dei casi di mafia. Io lo indicai aGiovanni Falcone. Riuscì a risolvere, at-traverso le indagini balistiche, il collega-mento fra tre delitti.

PRESIDENTE. Adesso do la parola allasenatrice Montevecchi, a cui devo dellescuse. Non perdo mai le staffe e le hoperse con la senatrice, quindi mi scuso.

MICHELA MONTEVECCHI. Accolgo lescuse. In realtà, nella mia domanda mi hagià preceduto il senatore Buemi, in quantovolevo chiedere ulteriori approfondimentisul potenziale coinvolgimento dei servizisegreti in questa vicenda.

Vorrei anche chiederle una cosa che ame sfugge. Ho letto il libro, ma mi sfuggeanche perché il senatore Gasparri in realtànon ha approfondito, non ha articolato,quindi non ho capito da lui quali fosseroi capi...

MAURIZIO GASPARRI. Se mi danno laparola glielo illustro...

MICHELA MONTEVECCHI. Se mi fafinire di parlare... Poiché non ho trovatonotizie di questa inchiesta, vorrei sapere sepuò approfondire questo aspetto.

Inoltre, vorrei che ci chiarisse il con-tenuto del libro richiamato dal collegaGasparri relativo al potenziale coinvolgi-mento di Gladio e di altre strutture simi-lari.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Perquanto riguarda la questione dell’indaginesull’eventuale presenza dei servizi segreti,questa è una domanda giusta, ma pur-troppo fa parte dell’indagine che è in corsooggi da parte della Procura generale dellaCorte d’appello di Roma.

PRESIDENTE. Non ho dubbi. Dimen-ticando la parte recente, nel pregressodella sua attività di indagine o della suaconoscenza, esistono dati non coperti danessun segreto istruttorio che vi hannofatto pensare a coinvolgimenti o a riferi-menti delle BR a servizi segreti di un poloo dell’altro rispetto al muro di Berlino ?Quindi, mi riferisco a sue eventuali cono-scenze pregresse o a dichiarazioni a leirilasciate, nel corso di indagini svolte inpassato che possono servire a noi – credofosse questa la domanda della senatriceMontevecchi – per avere un quadro.

Siccome ha detto al senatore Buemi dirammentare di aver letto più riferimentidelle BR a questo aspetto, vorrei chiederlese può aiutarci su dove cercare.

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FERDINANDO IMPOSIMATO. Dunque,la seconda domanda riguardava l’even-tuale...

PRESIDENTE. Adesso fermiamoci aquella sui servizi, poi passiamo alla se-conda.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Perquanto riguarda la questione dei servizi, èinutile nascondersi dietro un dito. Datempo sto cercando di indagare su Gio-vanni Senzani, perché potrebbe esserestato un elemento che ha fatto da colle-gamento fra i servizi e le Brigate Rosse. Lodico non perché la Commissione, giusta-mente, ha messo a fuoco questo tema, maperché prima ancora dell’istituzione dellaCommissione io mi ero dedicato a Gio-vanni Senzani in quanto mi ero accortoche c’era stata una carenza delle infor-mazioni nei miei riguardi, come giudiceistruttore, rispetto a un personaggio chiavedi questa storia.

Tanto è vero che ho portato questa serauna serie di richieste che ho fatto all’Ar-chivio storico del Senato per avere infor-mazioni su Giovanni Senzani. C’è un dos-sier che purtroppo è ancora coperto da...Non è segreto di Stato, ma non si puòvedere.

PRESIDENTE. Se ce ne lascia copia,andiamo a prendere quelle carte.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Primasono andato a chiederlo a voce, dopodichého fatto una formale richiesta il 29 no-vembre 2013.

Dopo che ho letto le dichiarazioni divarie persone importanti, che hannomesso a fuoco questa storia, ancora di piùho cercato di avere quei documenti. Hoscritto diverse lettere di sollecitazione, manon mi è stato detto... Queste sono lerisposte, che vi consegno. Pregherei ilpresidente della Commissione di acquisirlein copia.

Senzani, secondo me, è un personaggiochiave di tutta questa storia, perché ha unatteggiamento assolutamente ambiguo, cheadesso non posso spiegare perché rientra

nella vicenda di cui si sta occupandoanche il collega Biscotti, che ha fattoun’esplicita richiesta di approfondire que-sto aspetto.

Approfitto però della presenza pressola Commissione per dire che mi hannorisposto che esiste un dossier, ma nonpossono darmelo, il che è ancora piùgrave.

PAOLO CORSINI. Scusi, esiste un dos-sier dove ?

PRESIDENTE. Leggo il documento checi fornisce il dottor Imposimato e cheacquisiamo: « Al nostro Archivio storicodel Senato ci sono atti concernenti lapersona di Giangiacomo Feltrinelli... ».

FERDINANDO IMPOSIMATO. Avevochiesto due cose.

PRESIDENTE. « ... scheda informativarelativa a Giovanni Senzani, 5 giugno1989, documento classificato, trasmessodal servizio per l’informazione e la sicu-rezza militare in data 12 giugno 1989.Sarà mia cura comunicarle quanto primale ulteriori informazioni » e spiegano imotivi per cui...

Noi queste le acquisiremo. Adesso fa-remo le fotocopie.

PAOLO CORSINI. Senzani ha avuto unrapporto con l’allora Ministero di grazia egiustizia.

PRESIDENTE. Il senatore Imposimatoha risposto che poi ne ha inteso parlare,ma quando faceva le indagini di Senzaninon ha mai trovato traccia.

PAOLO CORSINI. Senzani ha svoltoattività di educatore presso case per mi-norenni che dipendevano dal Ministero digrazia e giustizia. C’è anche un libroscritto da Senzani in cui racconta...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lo so,ma questo l’ho accertato dopo.

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PRESIDENTE. Senatore Corsini,quando faceva le indagini non ha maiinteso parlare di Senzani, né come con-sulente né altro. Dopo se n’è accorto.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Ho pro-vato un certo disagio nel pensare chec’erano dei colleghi che avrebbero dovutoinformare i magistrati di Roma e nonl’hanno fatto, perché queste cose le ab-biamo sapute dopo anni. Per me c’erasoltanto questa informativa che mi haconsentito di scrivere quello che ho scrittoin questa sentenza e basta.

PRESIDENTE. Senatrice Montevecchi,può ricordarci l’oggetto della sua secondadomanda ?

MICHELA MONTEVECCHI. Gladio.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Anchequesta è una domanda giusta che, pur-troppo, rientra nella vicenda oggetto didell’indagine che sta conducendo la Pro-cura generale della Corte d’appello diRoma.

PRESIDENTE. Gliela riformuliamo. Aprescindere dall’indagine che sta facendoadesso la Procura generale, quando eragiudice istruttore o comunque, prima dellevicende attuali, nelle sue conoscenze enella sua storia si è mai imbattuto inGladio ? O ne ha avuto notizia solo suc-cessivamente ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Mai. Inpassato non ho mai avuto a che fare conla vicenda Gladio, salvo quando sono ve-nuto a conoscenza, nel 2005, di un libronel quale si indicava il nome di un « gla-diatore », Nino Arconte, della cui esistenzasono venuto a conoscenza soltanto attra-verso quel libro che mi è stato dato dallafiglia di Aldo Moro.

Dopodiché ho acquisito tutti gli atti,però parliamo di cose...

PRESIDENTE. Noi parlavamo diquello...

FERDINANDO IMPOSIMATO. ... coseche meritano un necessario approfondi-mento.

PRESIDENTE. Onorevole Carra, senzavoler fare censure preventive, però ab-biamo capito qual è il perimetro in cuinon possiamo fare domande.

MARCO CARRA. Può darsi che io stiaall’interno di quel perimetro, e in questocaso ovviamente sarò ammonito o addi-rittura espulso.

Vorrei sottoporre qualche riflessione alsenatore Imposimato su una grande que-stione che mi pare questa sera non siastata toccata e che, tuttavia, appare co-stantemente negli scritti, nei libri, negliinterventi che egli ha svolto nel corso diquesti anni. Mi sto riferendo alle presunteresponsabilità politiche. Mi interessa ca-pire alcuni spunti che ho recuperato at-traverso gli scritti del senatore Imposimatorelativamente ai segnali che sarebberogiunti allo Stato di un possibile rapimentodi un esponente di primo piano dellaDemocrazia Cristiana. Chiedo di sapernedi più e di sentire anche l’opinione delsenatore Imposimato circa le ragioni diquesta eventuale sottovalutazione.

Il senatore Imposimato, sempre in al-cuni suoi scritti, conferma una tesi a memolto cara, che io condivido totalmente,relativa alla situazione nella quale si tro-vava lo Stato, il Ministero degli interni, nelmomento in cui doveva affrontareun’emergenza come quella del terrorismo.Impreparazione, disorganizzazione: il se-natore Imposimato ci dice – è una teoriache io ho recuperato anche negli scritti,nella riflessione, nel lavoro, nello studio diSergio Flamigni – che non c’era alcunaimpreparazione o disorganizzazione, oquanto meno non era l’elemento predo-minante l’incapacità dello Stato di affron-tare quell’emergenza, ma semmai c’erauna vera e propria regia occulta.

Sul ruolo di Gladio è già stato detto, omeglio è già stato non detto per le ragioniriportate.

Da ultimo, c’è un’affermazione impor-tante. Lei, lo ripeto, ha sostenuto che i

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vertici dello Stato in qualche misura de-vono essere considerati i responsabili po-litici di quello che è accaduto. Mi rendoconto di toccare aspetti delicati, però mipare che abbia fatto anche dei riferimentinominativi: l’allora Ministro degli interni,l’allora Presidente del Consiglio.

C’è una domanda che lei in uno scrittosi è posto, quando ha fatto riferimentoanche alle convergenze di Stati e quindi diservizi segreti (CIA, KGB, Mossad e quan-t’altro). Mi riferisco a quando lei chiede sesono state davvero solo le Brigate Rosse auccidere Aldo Moro. È una riflessionesulla quale mi piacerebbe confrontarmicon lei, sentire la sua opinione dal vivo, inuna circostanza solenne come questa,quindi con ulteriori elementi di approfon-dimento rispetto a quello che i suoi scrittihanno già riportato.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Certo,occorrerebbe molto tempo per dare unarisposta esauriente a questa domanda giu-stissima, alla quale non voglio sfuggire.Tuttavia, anche questa domanda... La que-stione Moro è una vicenda unitaria chenon può essere, secondo me, guardata inmaniera frammentaria.

Comunque, io ho ritenuto che ci siastata una responsabilità per omissione daparte di alcuni esponenti politici e l’hoscritto. L’ho ritenuto non sulla base di mieastratte considerazioni, ma sulla base dielementi di ordine documentale e di or-dine logico e con un’analisi attenta dialcuni documenti.

Voglio citare fra tutti quel famoso do-cumento del 2 marzo 1978, che, ripeto, hovisto per la prima volta nel 2005...

PRESIDENTE. Nel famoso libro a cuifaceva riferimento.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Nel fa-moso libro. Mi pare la giornalista si chia-masse Veca. Comunque, quello che miinteressava era quel documento che poi miè stato mostrato anche dall’ammiraglioFalco Accame. Il documento reca la datadel 2 marzo del 1978, sopra reca « riferi-mento G-219 » e, ancora, « Direzione ge-nerale SB », Stay Behind.

Quel documento – questo però l’hoaccertato ex post, ecco perché lei mi fa unadomanda che riguarda non il passato, maanche il presente – è venuto nelle manidel Ministero dell’interno e il MinistroCossiga lo ha liquidato... Però, ripeto,quando lo ha fatto io ero già fuori dalleindagini, quindi la cosa non mi ha toccato.Mi ha toccato, però, quando io, comedifensore di Maria Fida Moro, ho dovutoverificare se quel documento avesse unacerta credibilità. Allora mi sono chiesto:ma quel documento del 2 marzo del 1978,che era a distruzione immediata e che il« gladiatore » Arconte sostiene di aver ri-cevuto con l’incarico di portarlo a Beirute di averlo portato a Beirut eccetera...Insomma, a parte quel racconto, che pureè importante, chi doveva stabilire se ildocumento fosse o meno vero ? Lo dovevastabilire il giudice istruttore, perché così sifa. Nel processo, se c’è un documento chesi sospetta essere falso o vero, non è cheviene deciso (anche oggi) dal Ministrodell’interno o dal Ministro della giustizia odal Ministro della difesa, ma viene decisodal giudice con una perizia tecnico-graficache stabilisce se il documento è vero ofalso.

Allora, noi qui abbiamo un’autenticafatta da un notaio su richiesta... ma questonon c’entra niente. Però sono andato aleggere gli atti da cui risulta che il docu-mento è falso e c’è una semplice afferma-zione, in un rapporto: il Ministero delladifesa ha affermato che il documento èfalso. Punto. Non c’è nessuna perizia.

Che cosa bisognava fare ? Bisognavachiamare il capitano di vascello RemoMalusardi e chiedergli se lo avesse scrittolui o se quella firma fosse falsa. Ma nonè stato fatto. In secondo luogo, bisognavachiedere all’ammiraglio Torrisi, che erauomo della P2, se per caso avesse maivisto questo documento. Tutto questo nonè stato fatto. Quindi, non è stata fatta néun’indagine sulle persone da cui apparen-temente proviene il documento, né sugliuffici, poiché certamente non poteva es-sere frutto dell’invenzione di un poveromarinaio come Nino Arconte. Adesso nonvoglio difenderlo, ma questa persona è

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stata di recente alla RAI ed è riuscita aottenere una sentenza da parte del tribu-nale in cui si afferma che è un « gladia-tore », quindi sono stati condannati alcunidei giornalisti che lo avevano accusato diessere un mistificatore, un mentitore. Igiornalisti sono stati condannati al risar-cimento dei danni, e io ho copia dellesentenze. Non solo, ma c’è anche unoscritto da parte dell’ammiraglio Martini –è una lettera che ho qui con me – che dicea Nino Arconte sostanzialmente: « Tu or-mai sei un ex gladiatore, abbandona l’ideadi continuare a pensare al nostro passatoperché ormai Gladio non esiste più ». Que-sta è una lettera del 19 febbraio 1991:« Caro Arconte, le tue riflessioni amaresulla vittoria tanto sofferta... ». Posso an-che dare una copia di questo scritto.

Intendo dire che c’è stata una liquida-zione di un documento che io personal-mente ritengo vero – lo ripeto tre volte –perché è impossibile che un marinaioqualsiasi, che ha fatto quel viaggio (èpartito da La Spezia il 6 marzo del 1978ed è tornato dopo la strage di via Fani eil sequestro di Aldo Moro), possa avereinventato. Non poteva avere gli strumentitecnici per attuare una falsificazione diquel tipo. È impossibile. Più o meno unacerta esperienza ce l’ho, conosco comeoperano i falsari, ma quello non è unfalso.

Ecco, su questo richiamo l’attenzionedella Commissione per valutare l’opportu-nità di acquisire tutti gli atti che riguar-dano il signor Arconte e di sentirlo, perchéegli ha dimostrato anche di recente, conuna decisione del tribunale di Oristano,che aveva fornito alla RAI un video e unframmento di un documento che è sparito,che non è stato restituito. Dunque, iltribunale ha condannato la RAI a risarcireArconte, che non è un delirante. Se lovogliamo liquidare come un delirante...

Allora, lei mi fa questa domanda, ma ioper rispondere non posso fare un’affer-mazione punto e basta. Devo dire: perchéCossiga non ha mandato al giudice istrut-tore quel documento del 2 marzo 1978 –non dico a me, poteva mandarlo anche aPriore, eravamo in quattro, c’era il con-

sigliere istruttore – affinché venisse dispo-sta una perizia tecnico-grafica, al fine distabilire se fosse vero o falso ? Io il do-cumento l’ho visto nel 2005.

Vi è un’altra cosa che ho scopertograzie all’onorevole Gero Grassi. C’è unverbale contenente alcune dichiarazioni diLettieri che io non avevo mai visto, nelquale Lettieri dice che il comitato di crisisi è riunito il 12 marzo. È tutto scritto nellibro dell’onorevole Gero Grassi che io holetto cinquanta volte.

GERO GRASSI. Non è un libro, è undossier.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Questo èmolto importante: come fa a riunirsi il 12marzo un comitato di crisi prima delsequestro di Aldo Moro ?

Credo che se lo sia chiesto anche l’ono-revole Grassi. Lo ringrazio, ripeto, perchéio sono rimasto sbalordito. Mi trovo difronte a una riunione del comitato di crisialla quale hanno partecipato anche per-sone che non sono mai state indicate, chepoi abbiamo scoperto essere parte delcomitato, come il generale Dalla Chiesa, ilquale dice di essere stato chiamato incausa per fare un’indagine soltanto nel-l’agosto del 1978, mentre in realtà hapartecipato, come aveva dichiarato e comeè dimostrato attraverso documenti, alleriunioni del comitato di crisi nell’aprile del1978. Ci sono le prove documentali che ionon avevo mai visto.

ENRICO BUEMI. Presidente, l’ordinedel giorno di quel comitato qual era ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Era lagestione del sequestro Moro. Il comitato dicrisi si occupava della gestione del seque-stro Moro.

ENRICO BUEMI. Il 12 marzo !

FERDINANDO IMPOSIMATO. Si è riu-nito il 12 marzo, poi...

PRESIDENTE. Quando avremo acqui-sito...

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FERDINANDO IMPOSIMATO. Io parlodelle altre riunioni, successive.

PRESIDENTE. Lei è rimasto meravi-gliato dall’esistenza di un comitato...

FERDINANDO IMPOSIMATO. Noi ave-vamo informazioni...

ENRICO BUEMI. Ma il comitato siriuniva anche a prescindere...

PRESIDENTE. Non ho dubbi, ma nonvorrei fare adesso un dibattito con l’ono-revole Grassi.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lespiego. Sapevamo ufficialmente che il co-mitato di crisi era stato istituito il 16marzo del 1978, se non che vado a leggereil dossier...

PRESIDENTE. Molto probabilmente ilcomitato di crisi di Lettieri esisteva aprescindere dal fenomeno di Moro, perchéera sui fatti del terrorismo, ritengo. Ma-gari l’onorevole Grassi questo lo sa.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Egli puòconfermare se io ricordo bene o male. C’èquel verbale dell’onorevole Lettieri...

PRESIDENTE. Mi permetto solo di direche sarei preoccupato se il Ministero degliinterni avesse pensato, in pieno terrori-smo, di istituire un comitato di crisi solodopo il sequestro Moro e non ci fosse statoun comitato di crisi che in qualche mododel fenomeno si occupava anche prima.Verificheremo, ma molto probabilmente sitratterà della circostanza che sono statichiamati allo stesso modo organismi chepoi si sono modificati, però non lo pos-siamo appurare stasera.

MIGUEL GOTOR. Leggo dichiarazionidi Lettieri del 24 settembre del 1980:« Credo che possa essere utile, proprio alfine di muoversi con elementi concreti,ricordare che io sono stato nominato Sot-

tosegretario al Ministero dell’interno nelluglio del 1976 e che nel settembre del1977 dal Ministro... ».

FERDINANDO IMPOSIMATO. Lei staleggendo...

PRESIDENTE. Il documento Grassi.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Per ve-dere se riesco a trovarlo pure io.

MIGUEL GOTOR. Non c’è bisogno.Giochiamo a fidarci.

PRESIDENTE. Ci possiamo fidare.

MIGUEL GOTOR. « ... e che nel set-tembre del 1977 dal Ministro dell’internoCossiga mi è stata attribuita la delega perla pubblica sicurezza. Pertanto, tutta lamia partecipazione al problema che inte-ressa l’inchiesta sulla strage di via Fani el’assassinio dell’onorevole Moro parte daquesto dato istituzionale: la delega per lapolizia. A seguito di questa responsabilitàche mi è stata attribuita, ho curato in sedeparlamentare taluni aspetti importanti,istituzionali, della riforma della polizia e,a partire dal 12 marzo 1978, sempre conla presenza di Cossiga, ho seguito questocomitato tecnico politico operativo, conrapporti costanti, giornalieri, con il verticedelle forze di polizia e dei servizi disicurezza. La prima riunione di questoorgano, che è sorto a seguito degli avve-nimenti che sono a conoscenza della Com-missione, è avvenuta il 16 marzo, lo stessogiorno della strage di via Fani ».

FERDINANDO IMPOSIMATO. Laprima riunione. Però esisteva già dal 12.

MIGUEL GOTOR. Sì. A me sembrachiaro.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io mipongo la domanda...

MIGUEL GOTOR. Non entro nel me-rito, ho voluto soltanto dare lettura del

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verbale, non tanto per lei, quanto a be-neficio di coloro che seguono i nostrilavori anche tramite Radio Radicale.

PRESIDENTE. Non vorrei che noi pen-sassimo che è stato costruito ad hoc inattesa del rapimento di Moro. Questa è lagiusta convinzione del senatore Gotor eanche la mia, e risulta dagli atti.

Prima di dare la parola al senatoreCervellini, ricordo che alle ore 23 chiuderòla seduta. Per il resto, porremo quesiti periscritto. Non possiamo cambiare la deci-sione che abbiamo assunto.

MASSIMO CERVELLINI. Prima delladomanda vorrei fare una breve premessa.Io sono felice che ci sia un’indagine incorso, ma nello stesso tempo mi lagno chesi collochi in questa audizione. La polpa dialcune questioni che mi sentivo e ci sen-tivamo di porre sta tutta lì dentro.

PRESIDENTE. Non è che l’indagine ciimpedisce di fare domande. È che il se-natore Imposimato è difensore...

MASSIMO CERVELLINI. Però di averele risposte...

PRESIDENTE. Non possiamo chiedereal senatore Imposimato di evitare di farela professione di avvocato.

MASSIMO CERVELLINI. Assoluta-mente, non sto dicendo questo. Ritengo loabbia capito. È evidente che passa intornoad alcune questioni legate a personaggi, aSenzani, al ruolo di Gladio. Credo cheforse ci dobbiamo porre la questione diquando poter fare una nuova audizione,liberi reciprocamente e nel rispetto dellequestioni poste.

In più, faccio una domanda specifica.Lei ha detto che è verosimile il percorsoverso il covo prigione ed è verosimile al100 per cento che sia il covo prigione divia Montalcini. Ritiene che sia l’unico covoprigione ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Perquanto riguarda la questione dell’unicocovo, mi sono spesso chiesto se accanto avia Montalcini ci fosse un’altra prigione,dopo l’arresto di Elfino Mortati che facevaparte del comitato toscano delle BR. ElfinoMortati, accusato e arrestato per omicidio,decise di collaborare e disse di essere statoportato nel Ghetto. Però, siccome disse cheera stato portato in parte incappucciato, ioe Rosario Priore abbiamo spesso tentato diindividuare quel covo del comitato toscano,che poi era collegato con le Brigate Rosse,per accertare se Aldo Moro fosse stato an-che collocato lì prima di essere portato invia Caetani, dal momento che il Ghetto ècontiguo a via Caetani.

Sono state formulate diverse ipotesi,ma alla fine non siamo riusciti a indivi-duare con certezza il luogo, che mi pare,però, in uno dei rapporti che è statoscritto fosse stato indicato in via San-t’Elena, se non ricordo male.

Però da questo io non ho tratto laconclusione che lì ci fosse stato AldoMoro, perché non c’erano elementi diriscontro. Allora, è rimasta una domandache io mi sono posto e che ho ancheindicato nei libri, laddove ho parlato di« prigione alternativa »: se per caso leBrigate Rosse si fossero accorte di esserestate individuate avrebbero potuto portareMoro in un’altra prigione.

Un’altra prigione che è stata indicatacome possibile si trovava a Fiumicino. Neparla anche un giudice di Bologna, Grassi,il quale ha scritto una bellissima ordi-nanza di rinvio a giudizio, occupandosidell’Italicus e della strage di Bologna. Peròsi occupa anche della questione di Gladioa cui dedica un capitolo molto particola-reggiato. Trattando di Gladio, parla dellavicenda Moro e di Fiumicino, dove cisarebbero state le Brigate Rosse e la bandadella Magliana.

Tutto questo non ho potuto verificarloperché queste cose le ho sapute quandoormai non ero più in grado di fare veri-fiche. È inutile nasconderlo, quando io hosaputo delle cose nel 2008, nel 2009, nel2010, non ho avuto la possibilità e non hovoluto fare delle indagini difensive che

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avrei potuto fare, essendo stato nominatonel 2006 da Maria Fida Moro, perchéritenevo che le cose fossero così delicate,così complicate e così difficili che solo unaprocura o un giudice per le indagini pre-liminari avrebbe potuto procedere. Per-tanto, quando è venuto uno a parlarmi diuna certa storia, io l’ho mandato diretta-mente dal Procuratore della Repubblica diNovara o di Roma. E ho presentato io ladenuncia al Procuratore, allegando la de-nuncia che mi era stata data. Io dovevofarlo perché ero difensore della parteoffesa. Dopodiché, ho spiegato alle personeche sono venute da me che io non erogiudice istruttore, ma ero difensore diMaria Fida Moro, quindi le ho pregate dinon chiamarmi e di non importunarmi,dal momento che mi chiamavano in con-tinuazione. Tutto questo è documentato.Io non ho mai cercato nessuno; qualcunomi ha cercato, io ne ho preso atto e poil’ho dirottato prima dal Procuratore dellaRepubblica di Novara e poi da quello diRoma.

Presidente, io la ringrazio, ma la pregodi scusarmi. Io penso che sia il caso dirinviare la seduta per parlare delle cose inmaniera più dettagliata, non perché iovoglia...

PRESIDENTE. Credo che la cosa piùsemplice sia proporre un aggiornamentodella seduta quando sarà finita l’applica-zione dell’articolo 4 della legge e quindi leisarà libero dal dovere di segretezza. Aquel punto, ricalendarizzeremo l’audi-zione.

L’onorevole Grassi e l’onorevole Comi-nardi, che si erano iscritti a parlare, e glieventuali altri ci faranno pervenire entromartedì della settimana prossima i quesitiscritti, in maniera tale che li invieremo alsenatore Imposimato, avendo anch’io unapprofondimento da chiedere sulla RAF esu Casimirri.

CLAUDIO COMINARDI. Signor presi-dente, intervengo sull’ordine dei lavori.

Se c’è la disponibilità da parte deldottor Imposimato a venire di nuovo inun’altra seduta, potremmo approfittarne,

visto che mi pare di aver capito che forsec’è anche qualche altro collega interessatoa fare ulteriori domande. Se abbiamo ladisponibilità da parte del dottor Imposi-mato. Lei a inizio seduta ha detto chequesta audizione sarebbe terminata alle 23e qualora ci fossero state lungaggini neavremmo convocata un’altra...

PRESIDENTE. Onorevole Cominardi,siccome due terzi delle domande – io sonoper l’utilità dei nostri lavori – purtropporiguardano risposte che diventano « astampo » perché sono per nove decimigravate dal vincolo di segretezza che ha ilsenatore Imposimato, credo che sia inutilea mio avviso fare un’ulteriore audizione seil senatore Imposimato non è libero dipoter rispondere alle domande.

CLAUDIO COMINARDI. Però lei nonconosce la mia domanda, quindi non puòsapere se prevede quel tipo di risposta.

PRESIDENTE. Infatti gliela mande-remo per iscritto e il senatore Imposimatoci risponderà.

CLAUDIO COMINARDI. Un conto è ladomanda per iscritto, un conto è la do-manda in Commissione.

GERO GRASSI. Ma le domande scrittepoi vengono riportate nei resoconti ?

PRESIDENTE. Sì, verranno pubblicate.Personalmente devo formularne una

sulla RAF, ma siccome vorrei evitare dicontinuare a fare domande... SenatoreImposimato, credo che tutte le domandeche sono state poste hanno riferimento afatti che non siamo stati in grado diaffrontare perché non può rispondere,pure volendo.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Io laprego di scusarmi perché sono stato unpoco... Per me è importante rispondereesaurientemente alle domande. Purtropponon sono in grado di farlo perché io devospiegare bene, devo produrre i documenti.

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Ne ho portati molti, qui. Se io non sono ingrado di farlo perché non c’è tempo,dobbiamo necessariamente aggiornare laseduta.

PRESIDENTE. Allora, l’aggiorniamo aquando lei sarà libero dal vincolo disegretezza.

CLAUDIO COMINARDI. Ma la Com-missione ha una durata di un anno emezzo !

PRESIDENTE. Onorevole Cominardi,pensare che purtroppo il vincolo di segre-tezza valga per i prossimi tre anni e chela Procura...

FERDINANDO IMPOSIMATO. No, cisono dei termini entro i quali la Procuradeve decidere.

CLAUDIO COMINARDI. Quali sono ?

FERDINANDO IMPOSIMATO. Già èpassato un anno e mezzo, devono passarepochi mesi, per quanto riguarda la que-stione...

PRESIDENTE. Generale.

FERDINANDO IMPOSIMATO. Credoche possiamo confidare sul fatto che entroquel termine o si archivia o si rinvia agiudizio. Quindi, in ogni caso...

PRESIDENTE. In ogni caso il senatoreImposimato sarà libero. Ha detto che èpassato un anno e mezzo, quindi restanopochi mesi.

Ringrazio il senatore Imposimato e di-chiaro conclusa l’audizione.

La seduta termina alle 23.05.

IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTIESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE

DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

DOTT. RENZO DICKMANN

Licenziato per la stampail 10 ottobre 2015.

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

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ALLEGATO

Risposte del senatore Ferdinando Imposimato ai quesiti trasmessigli per iscritto.

Il sottoscritto Ferdinando Imposimato premette che in sede di audizione dinnanzialla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro,il 25 marzo 2015, nella sua qualità di difensore della parte offesa Maria Fida Moro,figlia dello statista Aldo Moro, chiese di avvalersi del segreto professionale, ex articolo4 della legge istitutiva della Commissione stessa. Ciò in pendenza di indagini davantialla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e alla Procura generalepresso la Corte di appello di Roma e per rispettare il segreto d’indagine di quegli stessiuffici.

Nonostante questa richiesta sono stati rivolti allo scrivente, nella seduta del 25 marzo2015, quesiti che in alcuni casi erano rispettosi del segreto professionale, in altriignoravano l’invocato segreto su questioni rilevanti della tragedia di Aldo Moro e degliuomini della scorta: quesiti che talora erano posti in termini assertivi di fatti ecircostanze, ad avviso dello scrivente quanto meno dubbie o in via di accertamento. Atali domande che non rispettavano il diritto della difesa al segreto lo scrivente nonpoteva sottrarsi, per evitare che dal suo silenzio potesse dedursi l’ammissione implicitadi verità inesistenti o travisate o dubbie. Tuttavia i tempi limitati stabiliti dal Presidentenon consentivano risposte esaurienti alle domande che riguardavano temi rilevanti manon coperte da segreto, come quelle formulate dai parlamentari sottoindicati. Alcuneriguardavano processi non istruiti dal sottoscritto. Pertanto lo scrivente ritiene doverosorispondere alle domande seguenti con risposte che, per quanto incomplete per via delsegreto professionale, tengano conto di alcuni fatti essenziali che servono a beninquadrare le vicende indicate nelle domande e a meglio spiegare le risposte.

A. Risposte ai quesiti dal deputato Gero Grassi.

1) Sa dirci come è deceduto l’ingegner Manfredo Manfredi, residente a Roma in viaMontalcini ?

La domanda dell’onorevole Gero Grassi è importante; riguarda la morte dell’ingegnerManfredo Manfredi, un personaggio chiave della vicenda Moro, morto quando loscrivente era parlamentare e non aveva alcun titolo per indagare, non essendomagistrato in servizio né membro della Commissione Moro o della Commissione stragi,né difensore della parte offesa.

L’ingegner Manfredo Manfredi era, negli anni 1977-1978, amministratore delcondominio di via Montalcini 8, nel quale era situato un appartamento abitato dallabrigatista Anna Laura Braghetti e da altri brigatisti. Egli svolse, forse senza volerlo, unruolo fondamentale nelle indagini sul caso Moro, sia consentendo la scoperta, da partedel giudice istruttore, della prigione di via Montalcini 8 interno 1 e di alcune dellepersone che l’abitavano, sia rivelando la circostanza che quella casa era stata giàindividuata da investigatori dell’UCIGOS almeno fin dall’estate 1978 senza che mai néla Procura della Repubblica né l’ufficio istruzione del Tribunale di Roma ne fossero

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stati informati. In seguito il sottoscritto accertò che anche il generale Carlo AlbertoDalla Chiesa aveva indagato, nell’estate del 1978, su quell’appartamento di viaMontalcini 8.

L’ingegner Manfredi venne individuato, nell’ambito delle ricerche della prigione diAldo Moro, dallo scrivente svolte quale Giudice istruttore nominato il 17 maggio 1978dal Consigliere istruttore, assieme ai Giudici istruttori Francesco Amato, Rosario Prioree Claudio D’Angelo.

La conoscenza dell’ingegner Manfredi avvenne, si ripete, nel corso delle indaginisvolte dal sottoscritto dopo l’arresto, da parte dei Carabinieri di Roma, il 28 maggio1980, su mandato di cattura del Giudice istruttore scrivente, di Anna Laura Braghetti,brigatista rossa. Accertò il sottoscritto, subito dopo l’arresto della Braghetti, che ladonna, in seguito nota come la carceriera di Aldo Moro, pur risiedendo anagraficamentein Roma via Laurentina 501, aveva abitato di fatto, per oltre un anno, nell’appartamentodi via Montalcini 8 interno 1 in Roma.

Ella lo aveva acquistato nel giugno 1977, pagandolo in contanti coi soldi delsequestro dell’armatore genovese Costa, e lo aveva abitato con Prospero Gallinari e ilsedicente Maurizio Altobelli, che molti anni dopo, quando ormai lo scrivente era statocostretto ad abbandonare le indagini a seguito dell’assassinio del fratello Francesco,venne identificato in Germano Maccari, che lo scrivente non ha mai interrogato.

L’appartamento di via Montalcini era quasi quotidianamente frequentato dal capodelle BR Mario Moretti, che interrogava Moro nel vano prigione ricavato in quell’ap-partamento. Moretti abitava in via Gradoli 91.

Accertò inoltre il sottoscritto, in qualità di giudice istruttore, che la Braghetti nonaveva mai registrato il trasferimento della proprietà dell’appartamento, pur avendopagato interamente il prezzo. Rilevò che era situato al primo piano e che vi si accedevaanche direttamente dal box-garage. Apparve rilevante al sottoscritto la circostanza chequell’appartamento non risultava collegato a nessun’altra base delle Brigate Rosse giàscoperta, mentre tutti gli altri appartamenti brigatisti erano collegati tra loro da traccecomuni risultanti dai documenti sequestrati al loro interno.

Inoltre all’appartamento di via Montalcini erano state apposte dalla Braghetti gratedi ferro a tutte le finestre, cosa che non era mai accaduta in tutte le altre basi delleBrigate Rosse. A parte ciò, l’appartamento era situato in un luogo non frequentato daesponenti delle BR né dell’Autonomia organizzata o di Potere operaio.

Anche sulla base di altri elementi indicati dettagliatamente nella sentenza n. 1267/GI contro Piperno Francesco e altri, dell’8 febbraio 1984, nel capitolo XVI, pagine 325e seguenti, a mia firma (sentenza consegnata brevi manu all’onorevole Gero Grassi,subito dopo avere ricevuto dallo stesso i suoi preziosi dossier sul caso Moro), utilizzandoelementi accertati e facendo uso della deduzione logica di Aristotele (Organon), ilsottoscritto affermò con certezza che la prigione di Moro era stata in via Montalcini8 interno 1 e dedicò un intero capitolo alla descrizione della prigione in via Montalcinie dei motivi di quella deduzione. Tale ricostruzione fu più volte richiamata e condivisadal Giudice istruttore Rosario Priore nelle successive istruttorie.

La scoperta della prigione era per il sottoscritto, assieme alla ricerca della verità suesecutori e mandanti, il solo modo di onorare la memoria del grande statista scomparsoAldo Moro, umiliato da una lunga e dolorosa prigionia.

Scoperto l’appartamento di via Montalcini, con l’aiuto dei Carabinieri che avevanoarrestato la Braghetti e i suoi complici, il sottoscritto dispose perizia grafica per risalirealla identità di Altobelli, con esito negativo, e decise di esaminare tutti gli inquilini dellostabile (e qui viene in rilievo il ruolo di Manfredo Manfredi) chiedendo loro tutto ciòche avevano visto e sentito sui movimenti della Braghetti e degli altri inquilini tra cuiMaurizio Altobelli, poi individuato in Germano Maccari.

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Nel 1980, quando avvenne l’arresto della Braghetti da parte dei Carabinieri, alcunidegli inquilini dell’edificio di via Montalcini si erano trasferiti altrove. Per questo ilsottoscritto chiese all’UCIGOS, struttura creata dal Ministro Francesco Cossiga nel 1977o ai primi del 1978, di citare, davanti al sottoscritto in qualità di giudice istruttore, tutticoloro che dal giugno 1977 a tutto il 1978 avevano abitato nello stesso edificio dellaBraghetti. Il sottoscritto non immaginava neppure lontanamente che quella indaginesarebbe stata fonte di problemi di ogni genere.

Uno dei primi inquilini di via Montalcini sentito come testimone fu l’ingegnerManfredi, che, quale amministratore del condominio, aveva avuto contatti più degli altricon la Braghetti, col sedicente Altobelli e forse con altri eventuali ospiti della casa.

Manfredo Manfredi ebbe un ruolo rilevante nella ricostruzione della vita e deicomportamenti della Braghetti e di Altobelli in quell’appartamento e nella ricerca dipersone che lo abitavano o lo frequentavano. Manfredi descrisse Altobelli, che sipresentava come marito della Braghetti, come « un giovane di 25 anni, statura media,longilineo, distinto, castano, senza barba né baffi. Aveva gli occhiali da vista. L’uomoqualche volta andava nel garage per prendere l’auto, una Ami 8 ». La Braghetti avevaabitato in via Montalcini per tutto il tempo relativo alla preparazione ed esecuzionedel sequestro Moro, salvo rare apparizioni nella casa di via Laurentina.

Disse ancora Manfredi al sottoscritto: « Qualche tempo prima del trasloco dellaBraghetti (avvenuto nell’estate 1978), mia moglie fu avvicinata da due uomini che, dopoessersi qualificati per funzionari dell’UCIGOS, chiesero informazioni sul conto dellacoppia che abitava al piano terra. I due funzionari chiesero di incontrare anche altriinquilini dello stabile per raccogliere informazioni sul conto della coppia Braghetti-Altobelli. All’incontro parteciparono due funzionari e una donna anch’essa dell’UCIGOS,che sembrava la più alta in grado. Mi dissero che di lì a poco avrebbero eseguito unaperquisizione nell’appartamento della Braghetti, se non che, dopo qualche giorno,avvenne il trasloco della Braghetti senza che fosse stato eseguito alcun controllo.Durante il trasloco, mia moglie annotò il numero di targa del camioncino che effettuòil trasloco e me lo comunicò telefonicamente ».

La testimonianza dell’ingegner Manfredi era importantissima. C’era la prova chel’UCIGOS, creato da Cossiga, aveva scoperto l’appartamento di via Montalcini 8 fin daepoca imprecisata del 1978.

Lo scrivente riuscì ad avere, dopo molte resistenze e dopo una richiesta del 6 luglio1980, unita alla nota del 30 luglio 1980, una relazione senza firma dall’UCIGOS del 16ottobre 1978. In essa si parlava della presenza di Braghetti e Altobelli in via Montalcini,dell’acquisto dell’appartamento venduto alla Braghetti dal dottor Giorgio Raggi per lasomma di 45 milioni di lire, del trasferimento della Braghetti in via Laurentina, dellaCitroen Ami 8 targata Roma T68800, e si concludeva: « Nulla è emerso in ordine aun’auto Renault 4 di colore rosso », auto dello stesso tipo e colore di quella usata peril trasporto di Aldo Moro da via Montalcini a via Caetani. La circostanza non potevaessere casuale.

Tutto questo era stato accertato due anni dopo la morte di Moro, anche e soprattuttograzie alla testimonianza dell’ingegner Manfredo Manfredi e degli altri inquilini, salvoi coniugi Piazza-Ciccotti, abitanti nello stesso stabile di via Montalcini, che non eranostati convocati davanti al giudice. La signora Graziana Ciccotti in Piazza, che conoscevacircostanze rilevanti della vicenda legata alla presenza della Braghetti, non era statacitata a comparire davanti al giudice nell’ufficio di Piazzale Clodio.

Il 1o giugno 1988, mentre il sottoscritto era stato costretto dall’assassinio del fratelloFrancesco Imposimato (11 ottobre 1983) a interrompere le indagini e a lasciare lamagistratura per andare a Vienna alle Nazioni Unite, i magistrati inquirenti subentratinell’indagine sentirono la testimone professoressa Graziana Ciccotti Piazza. A questaerano risaliti attraverso l’avvocato Mario Martignetti, cognato della Ciccotti. Il predetto

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Martignetti, minacciato di arresto il 1o giugno 1988, finalmente parlò e indicò nellapersona di Graziana Ciccotti Piazza la persona che aveva visto, attraverso la serrandabasculante del box di Altobelli e Braghetti, confinante con quello di Piazza, la Renaultrossa, poi vista il 9 maggio 1978 in televisione. L’auto rossa era stata vista dalla CiccottiPiazza la mattina presto del 9 maggio 1978, perché la signora doveva quella mattina,con la sua auto, parcheggiata nel box confinante con quello della Braghetti, partire dibuon’ora, come faceva ogni mattina, per andare a Velletri ove insegnava.

Il punto cruciale di questa vicenda è che a tutto questo si giunse grazie allatestimonianza di Manfredo Manfredi e di altri inquilini di via Montalcini e che nessunodegli atti di queste indagini dell’UCIGOS era stato comunicato alla Procura dellaRepubblica di Roma e ai Giudici istruttori del caso Moro. Nessuno aveva mai parlatodi via Montalcini e della Renault rossa.

Venendo alla domanda dell’onorevole Gero Grassi, il sottoscritto conferma che,avendo dovuto lasciare la magistratura per andare prima a Londra e poi a Viennaall’ONU a seguito dell’omicidio del fratello Franco, non ha potuto più esaminarel’ingegner Manfredi neppure come difensore della parte offesa Maria Fida Moro. Dellasua morte lo scrivente seppe oltre trenta anni dopo dalla professoressa De Seta, mogliedel Manfredi, dal sottoscritto già esaminata nel 1980. La morte sarebbe avvenuta aseguito di incidente stradale nei primi anni Novanta. Manfredi sarebbe mortonell’incidente nei pressi dell’abitazione in cui si era trasferito nella zona della Cassia.Non seppe lo scrivente quando e come l’incidente mortale fosse accaduto.

2) È vero che Valerio Morucci ha riferito a Lei, nel corso di un interrogatorio, cheil comitato esecutivo delle Brigate Rosse si riuniva a Firenze durante il rapimento di AldoMoro ?

La domanda, in Commissione stragi, venne posta a Morucci dall’onorevole MauroZani il 18 giugno 1997 in questi termini: « Mi sembra che lei abbia dichiarato una voltaal giudice Imposimato che il comitato esecutivo delle Brigate Rosse si riuniva a Firenzein un luogo messo a disposizione dal comitato rivoluzionario toscano » (audizione diValerio Morucci presso la Commissione stragi, 18 giugno 1997, dossier dell’onorevoleGero Grassi, p. 319). La risposta di Morucci fu: « Sì, è vero », senza riferimento ad altrecircostanze.

All’ulteriore domanda dell’onorevole Zani: « Sa dirmi quale fosse questo luogo ? », larisposta di Morucci fu lapidaria: « Assolutamente no ». Da questa seconda risposta, cheforse sarebbe stato opportuno inserire nella domanda dell’onorevole Grassi, emergechiaramente l’inutilità della risposta di Morucci, che non indicò né il luogo né lepersone che ospitarono il comitato esecutivo delle Brigate Rosse a Firenze. Del resto,Morucci non sembra aver mai fatto, nel 1984, durante le dichiarazioni spontanee reseal sottoscritto, il nome di Giovanni Senzani, quale organizzatore degli incontri a Firenzecol comitato esecutivo durante il sequestro Moro.

Inoltre, a parte il processo Metropoli, lo scrivente non ebbe alcun ruolo nell’indaginesugli attentati che Senzani avrebbe progettato di compiere a Roma contro il Ministerodi grazia e giustizia e contro la Democrazia Cristiana, dopo la strage di via Fani. E nonfui io, almeno questo è quanto ricordo, a occuparmi dell’arresto di Giovanni Senzani,nel 1979, ma altro giudice istruttore. Infatti il sottoscritto non lo ha mai interrogatoné conosciuto. Senzani fu arrestato quale esponente delle BR e sarebbe stato rimessoin libertà poco dopo da altro giudice. Egli, secondo i rapporti inviati al giudiceImposimato per altra vicenda concernente Piperno, Pace e altri ex esponenti di Potereoperaio, avrebbe preso il posto di Gallinari dopo l’arresto del brigatista nel 1979. E negliatti portati a conoscenza dello scrivente nel processo Metropoli, si parla sempre

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dell’attività di Senzani a Firenze, a casa di Stefania Sarsini nel 1979, e di rapporti conla ’ndrangheta e le BR, ma solo tra il 1979 e il 1981 per preparare l’evasione dallecarceri di Palmi e Lamezia Terme (procedimento penale n. 1267/81 GI Imposimatocontro Piperno, Pace e altri – non c’era Senzani tra gli imputati – p. 210-211) Cosìil trasporto, ad opera di Senzani, della brigatista Natalia Ligas nella clinica di unparlamentare lucano avvenne nel giugno 1981 (ibidem p. 212-213-214). Non c’era alcunmotivo per credere che quei rapporti fossero errati.

La stessa Commissione Moro del 1980-1983 fece riferimento a Senzani, dicendo che« due anni dopo il sequestro Moro, nel dicembre 1980, Senzani, per rafforzare il propriopeso nell’organizzazione [BR] si era collegato direttamente ai capi » delle Brigate Rosse(relazione della Commissione Moro presieduta dal senatore Mario Valiante, vol. 54, p.95-96). Nei rapporti si parlò di un viaggio di Senzani a Parigi nel dicembre1981(sentenza-ordinanza Imposimato 1267/81 A GI del 1984, p. 358-360).

3) Lei ha sostenuto il 24 novembre 1999 nella Commissione stragi che il generale DallaChiesa fece vedere a Pecorelli alcuni verbali di interrogatorio di Moro. Cosa può aggiungea proposito ?

La domanda riguarda sia la scoperta della prigione di Aldo Moro in via Montalcinida parte dello stesso generale Dalla Chiesa sia i verbali degli interrogatori di Moro resia Moretti nella prigione e trovati in parte nel covo di via Monte Nevoso ai primi diottobre 1978. La domanda riproduce ciò che il sottoscritto disse il 24 novembre 1999alla Commissione stragi, presieduta dal senatore Pellegrino: « Con nota del 30 luglio1980 » in risposta a una mia richiesta del 1o luglio « mi venne inviata una relazionesenza firma del luglio-agosto 1978 in cui si dichiarava che erano stati fatti accertamentisu via Montalcini, ma che avevano avuto esito negativo ».

I motivi della preoccupazione del sottoscritto erano due. Il primo era che nellarelazione del Ministero dell’interno, a proposito della Renault rossa fossero stati fattiaccertamenti su via Montalcini, ma che avevano dato esito negativo, senza che sispiegasse come e perché era stata svolta quella indagine.

D’altra parte colui che aveva stilato il documento inviato dal Ministero nel 1980, chenon era firmato, dichiarava di non sapere nulla e che non era stata segnalata alcunapresenza in proposito.

Osservò il sottoscritto che se era stata fatta una indagine sulla Renault rossa in viaMontalcini, qualcuno aveva per forza dovuto segnalarne la presenza, altrimenti non cisarebbe stata alcuna ragione per indagare sulla Renault rossa. Infatti la deduzione delsottoscritto era fondata: i coniugi Piazza-Ciccotti avevano notato la Renault 4 rossa nelbox della Braghetti confinante col loro, e la signora Graziana Ciccotti in Piazza avevavisto la Renault anche la mattina presto del 9 maggio 1978, prima di partire per Velletriove ella lavorava come insegnante.

Il secondo motivo di preoccupazione era che nella relazione del Ministero si parlavadi Braghetti e Altobelli e si diceva che si trattava di « due persone che non avevanodato motivo a rilievi »; in realtà Braghetti e Altobelli, alias Germano Maccari, avevanopartecipato al sequestro Moro e al suo omicidio.

« In seguito abbiamo saputo » (disse lo scrivente in Commissione) « che anche ilgenerale Dalla Chiesa aveva scritto un rapporto in cui parlava in termini negativi diquesta base, dove non ci sarebbe stato niente, mentre è certo che c’era la prigione diAldo Moro » (resoconto stenografico dell’audizione di Ferdinando Imposimato presso laCommissione stragi, 24 novembre 1999, nel dossier dell’onorevole Gero Grassi, p. 345).Quel rapporto era stato da me letto forse negli atti di qualche commissione di inchiestao tra documenti del senatore Flamigni, ma non credo abbia mai fatto parte di rapporti

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inviati allo scrivente al momento dell’arresto della Braghetti nel 1980 o precedente-mente o successivamente.

È certo, comunque, che Dalla Chiesa sapeva di via Montalcini fin dal 1978. Ciò sideduce da quello che egli stesso disse alla Commissione Moro il 23 febbraio 1982: « Perquanto riguarda via Montalcini, devo dire che presi servizio il 10 settembre 1978 ». Masubito dopo ammise circostanze rilevanti, non riferite alla Procura né al sottoscritto.Egli disse: « Verso la fine di agosto [1978] frequentando in quei giorni il Gabinetto delMinistro degli interni [che era Rognoni], mi venne affidato un appunto che io scrissia mano, dettato così... in cui si diceva che, in detta via, era stata vista una Renaultrossa il mattino della consegna del cadavere dell’onorevole Moro, che la titolare di unprecisato appartamento era una certa Braghetti la quale – per l’appartamento – avevaspeso 45 milioni. Vi era un garage con ingresso a bascula. Comunque le indagini eranogià state affidate all’UCIGOS e alla DIGOS di Roma. Però mi si disse: » Quando lei avràin mano... veda un po’ anche lei cosa si può fare” ». Continuando, Dalla Chiesa disse:« Incaricai la sezione di Roma di fare accertamenti in proposito. La sezione di Romarispose escludendo che la Braghetti [...] figurasse come titolare di questo appartamentoanche dopo gli accertamenti fatti presso le conservatorie (dove non risultava registratoalcun atto di acquisto o di vendita) » (resoconto stenografico dell’audizione di CarloAlberto Dalla Chiesa presso la Commissione Moro, 23 febbraio 1982,; p. 134 del dossierdell’onorevole Gero Grassi). « Risultava [...] che il garage esisteva, ma nessuno degliinterpellati nell’occasione aveva potuto notare la Renault rossa ». Andando avanti disse:« Né l’Altobelli fu individuato tra le fotografie mostrate nell’occasione ».

Al riguardo emerge evidente che era giunta al Ministero dell’interno, guidatodall’onorevole Virginio Rognoni, almeno nell’estate del 1978, la precisa segnalazionedell’onorevole Remo Gaspari, che aveva avuto come fonte l’avvocato Martignetti, a suavolta informato dalla professoressa Graziana Ciccotti Piazza, circa la presenza dellaRenault rossa nel garage contiguo a quello della stessa Ciccotti. Circostanza poi riferitadai coniugi Piazza nel 1988 o in altra data ai magistrati Cudillo dell’ufficio istruzionee Sica e Salvi della Procura della Repubblica di Roma. A quel tempo ero in Parlamento.

Sarebbe bastato accertare, attraverso la stessa Braghetti, da chi ella avesse preso inaffitto o acquistato l’appartamento all’interno 1 di via Montalcini 8 (per cui Dalla Chiesaindica il prezzo in 45 milioni di lire, provenienti sicuramente dal sequestro Costa,commesso dalle BR a Genova) per capire che l’acquisto c’era stato ma il contratto nonera stato registrato e riguardava un appartamento strutturato in modo particolare. Lamancata registrazione e il modo di pagamento dovevano suscitare sospetti sul conto diBraghetti e soprattutto di Altobelli, tanto più che nessuna persona con quel nome econ quella residenza risultava all’anagrafe. Si sarebbe scoperto che si trattava dipersona con falso nome, autore quanto meno del delitto di sostituzione di persona edi uso di documenti falsi, e in realtà anche del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro,per i quali venne condannato dalla Corte di assise di Roma.

Quanto all’affermazione di Dalla Chiesa alla Commissione Moro presieduta dalsenatore Valiante (« Io esclusi tranquillamente – forse molto tranquillamente – chepotesse essere stata la prigione »), essa era strana e in contrasto con ciò che disse subitodopo. Egli infatti aggiunse una frase che dimostrava che la Renault rossa, che avevatrasportato il cadavere di Moro, potesse essere passata da via Montalcini il 9 maggio1978. Il generale Dalla Chiesa disse: « Posso aver pensato, dopo, che di lì fosse passatala Renault rossa (perché tale macchina era in consegna ad uno di questi. Sarebbe statatenuta in giro per Roma per alcuni giorni) e che, avendo a disposizione questo garage,qualcuno, certamente d’accordo con la Braghetti, abbia tenuto nascosta la macchinaanche lì dentro e che sia uscita proprio quel mattino per andare a caricare la salma

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dell’onorevole Moro e portarla sul luogo del rinvenimento ». (audizione di Carlo AlbertoDalla Chiesa presso la Commissione Moro, 23 febbraio 1982,; p. 137 del dossierdell’onorevole Gero Grassi).

Si tratta di un’ammissione rilevante, che dimostra quanto meno che il generale DallaChiesa sapesse che qualche brigatista aveva nascosto la Renault rossa in luogosconosciuto della città, per poi portarla in via Montalcini, d’accordo con la Braghetti,per utilizzarla, la mattina del 9 maggio 1978, per il trasporto del cadavere che si sarebbetrovato in altro luogo. Questo dichiarò il generale Dalla Chiesa per dimostrare che Moronon era prigioniero in via Montalcini ma altrove. Restava il fatto che secondo DallaChiesa la Renault era stata usata per il trasporto di Moro passando da via Montalcini.Questo comportamento della Braghetti e dell’Altobelli configurava e configura di persé solo il delitto di partecipazione al sequestro e all’omicidio di Aldo Moro, sia a caricodella Braghetti sia del sedicente Altobelli, alias Maccari.

Poi a domanda in Commissione Moro se la Renault 4 « è stata utilizzata anche peril giudice Tartaglione », il generale Dalla Chiesa fece in commissione Moro quest’altragravissima ammissione: « A me risulta che [la Renault] abbia girato per Roma perqualche giorno, ma durante il sequestro Moro » (audizione di Carlo Alberto Dalla Chiesapresso la Commissione Moro, 23 febbraio 1982,; p. 137 del dossier dell’onorevole GeroGrassi). Ma nessuno chiese da cosa ciò gli risultasse !

Dalla Chiesa dimostrò che era ben informato sulla Renault rossa, tenuta in giro perRoma prima di essere portata nel garage della Braghetti prima dell’assassinio di Moro.Ma non fece alcun rapporto al Procuratore della Repubblica e al Giudice istruttore perriferire fatti accertati nel 1978. Anzi sostenne in Commissione che aveva preso servizionel settembre 1978, fatto che non escludeva che egli si fosse occupato del sequestro edell’omicidio di Aldo Moro.

L’onorevole Ugo Pecchioli, in Commissione Moro, rilevò con stupore e con estremaprecisione che « entrambi i corpi di polizia [polizia e carabinieri] andarono a vederequesto covo [di via Montalcini] e la DIGOS, addirittura, interpellò e poi riunì gliinquilini di quella palazzina raccogliendo anche degli indizi pesanti » (CommissioneMoro, seduta del 23 febbraio 1982,; p. 138 del dossier dell’onorevole Gero Grassi).

Non solo; occorre collegare tutto questo con ciò che scrisse Pecorelli sulla rivista OPnell’ottobre 1978; riguardava il fatto di un generale « che aveva scoperto la prigione diMoro durante il sequestro ma non era intervenuto perché impedito dal potere politico ».Ecco cosa scrisse tra l’altro Pecorelli: « Caso Moro. Il Ministro non sapeva niente ? LaDigos non ha scoperto nulla, i servizi poi sapevano tutto, sapevano perfino dove eratenuto prigioniero... dalle parti del Ghetto... perché un generale dei carabinieri eraandato a riferirglielo di persona nella massima segretezza. Perché non ha fatto nulla ?Il Ministro non poteva decidere nulla su due piedi, doveva sentire più in alto... quantoin alto ? magari sino alla loggia di Cristo in Paradiso ? » E ancora: « Pecorelli alludevaalla loggia P2 che riteneva condizionasse le decisioni del Ministro Cossiga ».

Questi era notoriamente legato a Licio Gelli, come mi disse lo stesso Gelli e comeammise lo stesso Cossiga nella sua autobiografia, e previde una fine violenta per ilgenerale Carlo Alberto Dalla Chiesa che Pecorelli definisce « Amen » (S. Flamigni, Ifantasmi del passato, p. 115-116).

Quanto al riferimento al Ghetto da parte di Pecorelli, era ovvio che Dalla Chiesaavesse riferito a Pecorelli della conoscenza della prigione, ma non l’ubicazione dellaprigione in via Montalcini. Sarebbe subito scattata un’indagine su via Montalcini e sugliinquilini della palazzina al civico 8.

Di queste indagini del generale Dalla Chiesa su via Montalcini, che a distanza di anniportarono ad accertare una verità drammatica, il generale Dalla Chiesa (è beneripeterlo) non informò l’ufficio istruzione cui era stato inviato il processo penale dallaProcura dopo l’assassinio di Moro, il 17 maggio 1978.

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Non basta. Da una ricostruzione del senatore Sergio Flamigni, eseguita sulla basedi documenti inoppugnabili del giudice di Venezia Mastelloni che istruì la vicenda diArgo 16, risulta che il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e il Questore Emilio Santilloprobabilmente sapevano della prigione di Moro. Essi avevano partecipato a due riunioniplenarie, il 10 e il 14 aprile 1978, presso il Viminale, del gruppo informativo e delgruppo operativo, creati all’indomani della strage di via Fani.

Il commissario Pasquale Schiavone, responsabile dei NOCS, aveva partecipato, conSantillo, con Dalla Chiesa e con il capo gabinetto del Ministro Cossiga, ArnaldoSquillante, a una riunione al Ministero della Marina, qualche giorno dopo l’operazionedi depistaggio del Lago della Duchessa, per mettere a punto un piano di interventoarmato per la liberazione di Moro. A quell’incontro i due funzionari furono « ricevutial primo piano dall’ammiraglio Antonio Geraci e vi parteciparono anche ArnaldoSquillante, un esperto del terrorismo straniero e altri ». Ciò si ricava dalla sentenzadel giudice istruttore del Tribunale di Venezia Carlo Mastelloni sull’abbattimento diArgo 16 del 10 dicembre 1998, pp. 2444 e 2445.

Da notare che la sentenza del giudice Carlo Mastelloni è sottoposta presso l’archiviodi Palazzo Giustiniani allo stesso regime di classifica applicato anche con riferimentoalla mia sentenza del 1984 sulla prigione di via Montalcini e ai verbali degli inquilinidello stabile, che non sembra siano reperibili in nessun altro archivio, ad eccezioneforse di quello del senatore Flamigni.

Né si può desumere l’inesistenza della prigione di Moro in via Montalcini dalledichiarazioni rese alla Commissione Moro dal giudice Rosario Priore il 17 dicembre2014. Il giudice Priore ha dichiarato a codesta Commissione Moro, smentendo se stessoe le sue circostanziate affermazioni contenute in una sua sentenza: « Posso dirvi chela prigione di via Montalcini mi ha sempre convinto poco. Non posso credere che unuomo piuttosto alto possa essere stato tenuto in una specie di bugigattolo di dimensionilimitatissime, in cui non poteva nemmeno stendere le gambe, per tutta la durata delsequestro. Morucci e Moretti si sono sempre vantati di avere predisposto quella sortadi prigione così ben camuffata, per cui nessuna persona avrebbe mai potutoindividuarla, a meno che non avesse avuto le piante catastali di quel palazzo. Comeè possibile stare lì un periodo di oltre cinquanta giorni e non avere nessun danno alcorpo ? Si dice, infatti, che Moro fosse, al momento della morte, eutonico in tutte leparti del corpo. L’unica cosa che notai al tempo era che gli era cresciuta una radabarba, ma credo che l’avesse lasciata crescere dopo aver avuto la notizia [...] che nonsarebbe stato liberato. Prima, infatti, lo avevano illuso che sarebbe stato liberato equindi aveva ripreso, in una struttura diversa da quella di via Montalcini, a scriverein un modo regolare, normale » (resoconto stenografico dell’audizione di Rosario Priorepresso la Commissione Moro, 17 dicembre 2014, p. 20).

Proseguendo nelle sue dichiarazioni, il giudice Priore ha aggiunto: « Poi non bisognamai dimenticare che i nostri brigatisti hanno organizzato il sequestro di Moro aimitazione del sequestro Schleyer. Hanno preso lezioni da quelli della RAF, hanno agitoscegliendo un palazzo con vano garage dotato di ascensore che portava ai piani, hannooperato usando una grande cesta ».

Erano esattamente le caratteristiche della prigione di via Montalcini 8 interno 1.Dopo di che, il giudice Priore afferma: « Moro, purtroppo, mi dispiace dirlo, non ha

mai fatto menzione, nei lunghi cinquantacinque giorni, degli uomini della scorta cheerano, come sapeva, sicuramente morti. La prima cosa chiesta da Schleyer a quelli dellaRAF è stata che fine avessero fatto i suoi uomini, se fossero feriti o morti. Si èpreoccupato dei suoi uomini di scorta, cosa che non ha fatto Moro » (resocontostenografico dell’audizione di Rosario Priore presso la Commissione Moro, 17 dicembre2014, p. 21). Alla replica dell’onorevole Grassi: « O non sappiamo se lo abbia fatto »,

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la risposta finale di Priore è stata inappellabile: « No, i brigatisti lo avrebbero detto.Invece non l’hanno detto ».

Una svolta imprevista e imprevedibile, in mancanza di dati obiettivi, quella delgiudice Priore sulla prigione di Aldo Moro, contraddetta clamorosamente e ripetuta-mente, con dovizia di particolari, dalla sua stessa sentenza ordinanza del 1990.

Leggiamo infatti cosa il giudice Priore scrisse nel 1990 nella sentenza Moro quater,che smentisce clamorosamente le recenti dichiarazioni alla Commissione Moro: « Giàsei anni fa questo ufficio, in motivazioni del Moro ter, aveva indicato nell’appartamentoal numero 1 in via Montalcini 8 il luogo ove era stato tenuto in sequestro Aldo Moro,elencando le ragioni dell’individuazione. Sempre in quell’84, nel corso dell’istruzione delprocesso Metropoli, a seguito delle confessioni di Morucci e Faranda e di sopralluogocon gli stessi, questo ufficio aveva rilevato le tracce materiali delle modifiche chel’appartamento aveva subito per essere adattato a “prigione”; in particolare i residui diun tramezzo costruito da Moretti in quella che all’epoca del sopralluogo era una camerada letto, per ricavarne il vano di una cella; tramezzo cui erano stati appoggiati deimobili che nascondevano l’accesso al locale per il sequestrato, e che fu demolito abrevissima distanza di tempo dall’esito del sequestro ad opera di colui che lo avevacostruito e di Gallinari » (ordinanza del Giudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto1990 nel cosiddetto Moro quater 369/85 A GI, p. 76).

Il giudice Priore mostra di condividere pienamente la ricostruzione del capitolo sullaprigione in via Montalcini da me effettuata nella predetta sentenza e a seguito delsopralluogo cui il giudice Priore partecipò assieme a Imposimato. Il giudice Priore nonfece alcun rilievo critico, nel corso dell’ispezione in via Montalcini, sull’individuazionedella prigione e sulla inidoneità ad ospitare Moro per 55 giorni, quando venne, assiemeal sottoscritto, nell’appartamento di via Montalcini della Braghetti, Altobelli e Gallinari,ove esisteva una traccia lasciata sul pavimento di legno da una parete che celava laprigione, che il giudice Priore descrive così bene nella sua ordinanza, salvo dimenti-carsene dinnanzi alla Commissione Moro.

Non basta. Priore lamenta la sterile polemica fatta da molti sulla certezza dellaprigione, nonostante l’evidenza delle prove, e afferma testualmente: « Nonostantel’evidenza di tali prove, le polemiche sulla prigione, sul numero degli addetti a talestruttura, sulle indagini che non avrebbero tempestivamente condotto alla sua scoperta,sono continuate anzi si sono rafforzate nel corso della quarta istruzione » (ordinanzadel Giudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater369/85 A GI, p. 76).

Ma non è finita qui. Dice Rosario Priore: « Le dichiarazioni rese al riguardo delprimo tema da Azzolini al senatore Flamigni avevano già avuto conferma nellerisultanze giudiziarie sino al terzo processo Moro, e ne hanno trovato anche in questo.C’è stata una sola prigione ed essa è stata preparata con l’ausilio della colonna romana,delegata peraltro, come s’è visto, al compimento e alla gestione, sotto la direzione delComitato esecutivo, dell’intiero sequestro. Solo per la sua acquisizione solo in un primomomento ci fu incarico a un membro di Torino. Immediatamente dopo si dettemandato a un membro romano “pulito”, che potesse cioè agire sotto il suo nome veroe quindi potesse esserne prestanome » (ordinanza del Giudice istruttore Rosario Prioredel 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater 369/85 A GI, p. 77).

Ma non si ferma qui il giudice Priore. Prosegue per convincere gli ultimi scettici,dicendo: « La prigione era stata studiata e predisposta in modo che fosse sicura al centoper cento. L’appartamento era stato blindato e vi erano dei pannelli insonorizzati. Altermine la struttura è stata svuotata. La predisposizione era tale da poter reggere adun primo impatto delle Forze di Polizia e consentire una certa difesa.

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L’esecutivo aveva dato ordine di non uccidere Moro, in caso di intervento delle Forzedell’ordine: si doveva al contrario trattare la resa per garantire l’incolumità dei BR edel prigioniero » (ordinanza del Giudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990nel cosiddetto Moro quater 369/85 A GI, p. 77).

Proseguendo nella sua descrizione, il giudice Priore continua instancabile, dicendo:« La Renault è arrivata alla base solo la sera prima. Moro era stato ucciso nel box dellabase con armi silenziate; dapprima era stata usata un’arma a raffica [Skorpion], equindi, dal momento che ancora si muoveva, con altra arma altri due colpi. Moro eragià morto quando la Renault lasciò la base. Morucci portò Moro in via Caetani, perchés’era studiata la via giusta per portarlo tra il PCI e la DC » (ordinanza del Giudiceistruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater 369/85 A GI,p. 78).

Azzolini aveva parlato di un quarto uomo, oltre a Moretti, Gallinari e Braghetti: ilquarto uomo fu individuato in Germano Maccari, che partecipò all’uccisione di Moro.E non ha nessuna importanza che Priore, errando, esclude il quarto uomo dallaprigione. Quarto uomo scoperto dal senatore Flamigni. Era la prova definitiva cheAzzolini aveva detto la verità completa sulla prigione e coloro che l’avevano abitata.

Non solo. Priore, nel suo racconto iniziale contenuto nell’ordinanza – sentenza del1990 a sua firma, descrive la parte riguardante la scoperta della prigione da parte delMinistero dell’interno, che il sottoscritto non poté fare dopo l’assassinio del fratelloFrancesco l’11 ottobre 1983. Ed ecco cosa scrive Priore, confermando via Montalcinicome unica prigione di Moro: « L’onorevole Rognoni, Ministro dell’interno dell’epoca,riferiva a questo giudice di avere ricevuto tra giugno e luglio 1978 la visita al Viminaledel collega Gaspari. Costui in quella occasione gli aveva segnalato che una macchinarossa del tutto simile a quella ritrovata in via Caetani con il cadavere di Moro era statavista sostare in precedenza in via Montalcini. Ricordava, sempre l’onorevole Rognoni,di avere preso un breve appunto e di averlo trasmesso al suo capo di gabinetto prefettoCoronas, dandogli anche il nome della fonte ». In seguito si accertò che la fontedell’onorevole Gaspari era l’avvocato Mario Martignetti, che aveva scritto un appuntoin cui si affermava: « È vero che a causa di una prestazione professionale da me svoltaall’epoca del rinvenimento del corpo dell’on. Moro, mi convinsi dell’opportunità che lericerche della sua prigione fossero estese a via Montalcini. Ed è vero anche che ho resopartecipe l’onorevole Gaspari di quel mio convincimento » (ordinanza del Giudiceistruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater 369/85 A GI,p. 86-87).

« Le fonti del Martignetti consentivano la ricostruzione della vicenda dai suoi inizi.I due erano i coniugi Ciccotti Piazza, abitanti nello stesso stabile, ove era sitol’appartamento della Braghetti e cioè in via Camillo Montalcini n. 8 » (ordinanza delGiudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater 369/85A GI, p. 87).

« Piazza Giorgio, cognato dell’avvocato Martignetti » – scrive Priore – « riferiva chequalche giorno prima dell’uccisione di Moro, la moglie [Ciccotti Graziana] aveva vistoattraverso la serranda basculante del box degli Altobelli – Braghetti un’autovettura dicolore rosso ». « Il box della Braghetti » – prosegue il giudice Priore – « era a un soloposto macchina ed era contiguo a quello dei Piazza, per cui costoro, per raggiungereil proprio dovevano passarvi dinanzi. La macchina rossa era stata vista una sola voltadalla moglie e di mattina presto, poiché la signora Piazza, che era insegnante a Velletri,doveva lasciare Roma di buon’ora » (ordinanza del Giudice istruttore Rosario Priore del20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater 369/85 A GI, p. 87).

Il giudice Priore fornisce altri elementi a conferma di questa ricostruzione chepossono essere rinvenuti nella sua stessa sentenza ordinanza del 1990, nella quale siparla degli inquilini di via Montalcini sentiti dal Giudice istruttore [Imposimato]. Tra

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essi erano Manfredo Manfredi che aveva conosciuto la Braghetti nel 1977, un giovanesui venticinque anni che gli era stato presentato come il marito, la moglie di Manfredi,Stefania De Seta, l’ingegner Signore e i figli, tutti sentiti dal Giudice istruttoreImposimato nel 1980.

Quanto all’ora dell’assassinio di Moro e all’ultimo viaggio verso via Caetani, il giudicePriore la indica con precisione nelle ore 8.30, dedicando alcune pagine della sentenzaall’epilogo della tragedia, sia pure errando nell’indicare anche Gallinari come autoredell’assassinio di Moro assieme a Moretti. In realtà a uccidere Moro furono Moretti eGermano Maccari.

Priore scrive testualmente: « La Renault rossa ha lasciato il garage della palazzinadi via Montalcini, all’interno del quale era stato ucciso poco prima l’onorevole AldoMoro, alle 8.30. Sulla vettura c’erano Moretti e Gallinari. L’auto ha raggiunto via deiColli Portuensi; da qui ha seguito il percorso già compiuto dalla Dyane azzurra finoa Monteverde; quindi sempre per strade secondarie è giunta in viale Glorioso, da cui,all’altezza del Ministero della Pubblica Istruzione, ha compiuto l’attraversamento diviale Trastevere: dopo pochi metri ha girato per via Induno e di qui a Piazza inPiscinula; poi ha attraversato il Ponte Rotto, ha percorso il lungotevere sul retrodell’anagrafe, e ha raggiunto piazza di Monte Savello a poca distanza dalla Sinagoga »(ordinanza del Giudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moroquater 369/85 A GI, p. 67).

« Qui Moretti e Gallinari hanno parcheggiato la Renault e hanno raggiunto a piediMorucci e Seghetti, che erano in attesa ed hanno riferito l’esito delle ultime ricognizionisul tratto finale del percorso. Le due coppie hanno poi raggiunto le rispettive vetture,ovvero Moretti e Gallinari la Renault e Morucci e Seghetti una Simca 1300 verdemetallizzata » (ordinanza del Giudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nelcosiddetto Moro quater 369/85 A GI, p. 67).

« Questa Simca ha fatto da battistrada alla Renault per la strada del ghetto ebraicoe passando per piazzetta Mattei e via Paganica, ha raggiunto via delle Botteghe Oscure,ove si è affacciata per accertare se vi fossero o meno forze di polizia. Ha percorso poiquesta strada sino all’altezza di via Caetani ove ha girato, seguita sempre dalla Renault.Solo quasi al termine della strada ha trovato un posto libero e lo ha segnalato allaRenault. Dopo che è stata parcheggiata questa vettura, il conduttore dell’altra si èallontanato e i restanti tre hanno raggiunto a piedi, attraverso le vie del Ghetto, dinuovo piazza di Monte Savello, ove alle 9 e qualche minuto si sono separati » (ordinanzadel Giudice istruttore Rosario Priore del 20 agosto 1990 nel cosiddetto Moro quater369/85 A GI, p. 68). Né il passare degli anni sembrava avesse fatto cambiare idea algiudice Priore. Infatti in sede di audizione davanti alla Commissione stragi, nella sedutagiovedì 11 novembre 1999, il giudice Priore, replicando a chi, come l’onorevole Fragalà,ipotizzava che Moro fosse stato prigioniero nel Ghetto, confermò che la prigione diMoro era stata in via Montalcini affermando: « È mia opinione che la prigione di Moroper la gran parte del tempo del sequestro sia stata a via Montalcini: abbiamo trovatotracce evidentissime del tramezzo, tutti ci hanno confermato questa ipotesi. Ritengo chenon c’era alcun motivo di spostare Moro prima del giorno dell’esecuzione e che, quindi,egli possa essere sempre rimasto a via Montalcini ». Il giudice Priore non fece maiquestione di inidoneità della prigione in via Montalcini.

Questa ricostruzione è rimasta ferma in modo granitico e non può essere ignoratadalla Commissione Moro e da chiunque vuole la verità.

Questa ricostruzione appare necessaria anche per la domanda fatta dal Presidenteonorevole Fioroni sulla prigione.

Tornando alla domanda dell’onorevole Grassi, le mie dichiarazioni alla Commissionestragi facevano seguito al riferimento alla prigione di via Montalcini ed era la seguente:« Lo stesso ruolo del generale Dalla Chiesa circa la disponibilità dei verbali che

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certamente furono in qualche modo mostrati a Pecorelli, furono anche utilizzati, di cuiegli parlò con la moglie » (resoconto stenografico dell’audizione di FerdinandoImposimato presso la Commissione stragi, 24 novembre 1999, nel dossier dell’onorevoleGero Grassi, p. 346). Si trattava: a) dei verbali di interrogatorio di Moro nella prigionedi via Montalcini trovati il 1o ottobre 1978 nella base di via Monte Nevoso a Milanoe b) della scoperta della prigione di Aldo Moro da parte di Dalla Chiesa durante laprigionia.

I carabinieri del nucleo anti terrorismo del generale Dalla Chiesa, il 1o ottobre 1978,irruppero in un appartamento di via Monte Nevoso 8, un bilocale di 40 metri quadri:era una delle basi più importanti delle Brigate Rosse. Catturarono Franco Bonisoli eLauro Azzolini, membri dell’esecutivo BR, e Nadia Mantovani. Trovarono un plico conlettere inedite scritte da Moro durante la prigionia, la trascrizione dei suoi interrogatori,il dattiloscritto di parte del memoriale del presidente della DC. Un ufficiale, UmbertoBonaventura, portò il materiale in caserma per fotocopiarlo e consegnarne una copiaa Dalla Chiesa. A detta di un altro ufficiale, Roberto Arlati, il plico quando tornò invia Monte Nevoso era meno voluminoso.

4) Nella stessa seduta lei ha riferito di aver letto una dichiarazione dell’onorevole TinaAnselmi che sosteneva di avere saputo da Umberto Cavina che la seduta spiritica allaquale aveva partecipato anche Prodi aveva prodotto come luogo di ritrovamento di Morovia Gradoli. Cosa può dirci a proposito ?

È indispensabile una premessa; della seduta di via Gradoli del 2 aprile 1978 ilsottoscritto ha saputo solo qualche anno dopo la morte di Moro. Ma di tale vicendasi occupò, sembra di ricordare, un altro collega che dovrebbe essere Francesco Amato.Il sottoscritto venne in possesso di alcuni documenti solo qualche anno dopo. E disseprecisamente alla Commissione stragi: « Ricordo di aver letto una dichiarazionedell’onorevole Anselmi che mi ha lasciato molto perplesso, perché ella dice di aversaputo da Umberto Cavina, che era il segretario di Benigno Zaccagnini, non solo il nomedi Gradoli, ma anche l’indicazione della Cassia e il numero che corrispondeva al civicodell’appartamento dello stabile di via Gradoli ove era la base di Moretti » (resocontostenografico dell’audizione di Ferdinando Imposimato presso la Commissione stragi, 24novembre 1999, nel dossier dell’onorevole Gero Grassi, p. 347)

In realtà la lettera della seduta spiritica venne inviata da Prodi alla CommissioneMoro il 4 febbraio 1981. L’onorevole Anselmi scrisse in una lettera del 20 dicembre1980 al Presidente della Commissione: « a) sulla seduta parapsicologica tenutasi aBologna mi riferì il dottor Umberto Cavina, allora collaboratore dell’on. Zaccagnini, chene era stato informato dal prof. Romano Prodi, presente alla seduta. L’indicazione delmessaggio era “Gradoli, via Cassia, Viterbo”. Seguivano due numeri che ora non ricordocon precisione ma che poi risultarono corrispondere sia alla distanza fra Gradoli paesee Viterbo sia al numero civico e all’interno di via Gradoli, dove fu scoperto il covo ».

Questa informazione non mi sembra mi sia mai pervenuta, almeno nel corso delleindagini. Infatti Cavina disse di aver « provveduto a riferire l’episodio all’autorità diGoverno » e non alla Procura della Repubblica di Roma e poi all’ufficio istruzione, comesarebbe stato giusto e doveroso.

D’altronde l’agente di Gladio militare Pier Francesco Cancedda, che può confer-marlo, disse, fin dall’aprile 1978, prima del ritrovamento del 19 aprile, a un suocontatto, tal Benito Puccinelli, che poi ne parlò col capitano del SISMI AntonioLabruna, dell’esistenza di una base brigatista in via Gradoli. Egli aveva saputo la notiziaa Praga da una donna agente della Stasi della Germania dell’Est. Labruna confermòl’informazione di Cancedda e ne parlò al giornalista ANSA Cucchiarelli.

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5) Cosa può dirci sul colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco e sui suoi rapporticon Pecorelli e la banda della Magliana ?

Non ne so nulla. Sica disse al sottoscritto che tra i documenti sequestrati a Pecorellice n’era qualcuno che indicava l’ufficiale dei carabinieri Antonio Varisco e tanti altripersonaggi tra cui alcuni magistrati.

B. Risposte ai quesiti del deputato Fabio Lavagno.

6) Nel corso della Sua audizione è stato fatto riferimento, a più riprese, alcoinvolgimento dei servizi segreti israeliani (Mossad) e sovietici (KGB) nella vicenda Moro.Se il coinvolgimento del KGB, per quanto inverosimile secondo l’opinione dell’interro-gante, può essere comprensibile per ragioni ideologiche e geo-politiche, sulla base di qualievidenze è possibile dire altrettanto del Mossad ?

Richiamo alla Sua attenzione la sentenza ordinanza del processo Moro bis stampatadal Senato e dalla Camera nell’VIII legislatura nel volume 54 della Commissione Moro,che contiene alle p. 323-326 l’ordinanza del Giudice istruttore Imposimato del 12gennaio 1982 in cui al capitolo XVII si parla diffusamente sia dei rapporti tra BR eKGB sia dei rapporti delle BR coi servizi segreti israeliani. C’è un apposito capitolodedicato al Mossad e altro in cui si parla dei rapporti delle BR col KGB.

7) Relativamente al documento datato 2 marzo 1978 reso da Antonino Arconte, qualievidenze scientifiche è possibile produrre a conferma della sua autenticità ?

Il documento non è stato mai consegnato al giudice istruttore Imposimato durantele sue inchieste, sicché non fu mai possibile fare alcuna perizia. Il sottoscritto ne vennea conoscenza oltre venticinque anni [sic]) dopo attraverso un libro scritto da unagiornalista, mi sembra si chiami Veca. Ma il documento sarebbe stato riconosciutoautentico da vari esperti anche nominati da RAI 3; la giornalista Roberta Serdozconsegnò l’originale al Ministro Cossiga, che lo aveva chiesto in visione alla RAI e nonlo aveva restituito mai più. Ciò ha riconosciuto una sentenza del Tribunale di Oristanoche riconobbe l’esistenza dei documenti del 4 settembre 1974 e del 2 marzo 1978 e laconsegna da parte di Arconte a RAI 3 senza restituzione al titolare. Il sottoscrittoImposimato ne ha già parlato durante la sua audizione. Del resto convocando AntoninoArconte, quest’ultimo potrà dare tutte le spiegazioni e i documenti a confermadell’autenticità del documento. Intanto il sottoscritto allega il documento a firmaAntonino Arconte e Pier Francesco Cancedda, due gladiatori leali, inviato al sottoscrittonel maggio 2015.

Da questo documento risulta che i documenti in possesso di Arconte datati 4settembre 1974 e in data 2 marzo 1978, erano stati sottoposti a perizia scientifica nelmaggio 1998 a New York, con l’attestazione di autenticità, e in seguito a periziascientifica disposta da RAI 3, direttore Di Bella, dalla quale era risultato che « idocumenti periziati erano conformi ai documenti di paragone coevi e sicuramenteprovenienti dal Ministero della Difesa – Marina ». Sul piano del normale buon senso,evocato spesso da Cicerone, non si vede per quale ragione Arconte avrebbe dovutofalsificare il predetto documento 2 marzo 1978.

8) Quali ragioni hanno spinto il senatore Imposimato a non indagare sulle denuncedi torture sostenute da Enrico Triaca ?

A parte che il reato di tortura purtroppo non esiste e non esisteva nel nostroordinamento, non furono mai denunziate allo scrivente torture da Enrico Triaca, ilmilitante che gestiva la tipografia delle Brigate Rosse di via Pio Foà a Roma. Il

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sottoscritto interrogò Triaca il 17 maggio 1978 e Triaca fece tranquillamente il nomedi tal Maurizio, che poi fu identificato in Mario Moretti: egli non aveva alcuna tracciadi violenza fisica; basta vedere in Internet le foto del Triaca al momento dell’arresto.Né lui denunziò al sottoscritto torture durante l’interrogatorio in cui confessò e accusòMario Moretti, che indicò con il nome di Maurizio.

Oggi il sottoscritto legge su documenti pubblicati in Internet che la tortura sarebbeconsistita nell’uso di sale e acqua. Nelle sentenze Moro bis del 1982 e Moro ter controPiperno e Pace del 1984, scritte dal Giudice istruttore Imposimato, che sono consultabilianche negli archivi del Parlamento, Triaca non risulta neppure tra gli imputati. Di luisi occupò altro giudice istruttore, dopo il primo interrogatorio. Da documenti pubblicatiin Internet risulterebbe che Triaca avrebbe denunziato la tortura « il 19 giugno 1978davanti al Procuratore capo della Repubblica Achille Gallucci che per rappresaglia tentòdi tappargli la bocca denunciandolo per calunnia ». Il sottoscritto all’epoca era all’ufficioistruzione del Tribunale di Roma, che era ben diverso dalla Procura della Repubblica.Ed è rimasto sempre all’ufficio istruzione, fin quando è stato costretto a lasciarequell’ufficio per l’assassinio del fratello.

Le indagini sui reati di violenza commessi in danno degli imputati le fa il PubblicoMinistero, titolare dell’azione penale. Se il Pubblico Ministero ravvisa fatti penalmenterilevanti e prove di lesioni in danno dell’imputato, formula un capo di imputazione emanda gli atti al Giudice per chiedere la contestazione di eventuali lesioni personali.

9) Per quale ragione, anche nella sua pubblicazione, nonostante le evidenze delle carteprocessuali, non chiarisce le incongruenze relative al rinvenimento di via Palombini ?

Al quesito sulla base BR di via Palombini è impossibile rispondere, in assenza diriferimenti più circostanziati. Il 18 maggio 1978 la DIGOS informava che susuggerimento di Enrico Triaca, verso le ore 5,30 personale dipendente si era portatoin Via Palombini n. 19, ove aveva proceduto alla perquisizione dell’abitazione diGabriella Mariani, convivente di Antonio Marini, marito separato di Barbara Balzeranie collaboratore nella conduzione della tipografia, complice nei lavori che venivanoeffettuati per conto delle Brigate Rosse.

Il sottoscritto ritiene di dover riprendere in conclusione un tema rilevante cheriguarda il comitato di crisi di cui ha parlato, a domanda degli onorevoli membri, almomento della sua audizione del 25 marzo 2015, e di sottoporlo all’attenzione dellaCommissione e in particolare del senatore Miguel Gotor, che lesse il verbaledell’onorevole Lettieri, cui non fu possibile replicare per l’ora tarda.

Lettieri disse alla Commissione Moro: « A partire dal 12 marzo 1978, sempre conla presenza di Cossiga, ho seguito questo comitato politico tecnico operativo conrapporti costanti, giornalieri con il vertice delle forze di polizia e dei servizi disicurezza. La prima riunione di questo comitato è avvenuta il 16 marzo, lo stesso giornodella strage di via Fani. Alle 11,15 del mattino abbiamo avuto la prima riunione percercare di fare fronte ai gravissimi problemi determinati dall’episodio di via Fani »(resoconto stenografico dell’audizione di Nicola Lettieri presso la Commissione Moro,24 settembre 1980, vol. 5, p. 70-71 ; p. 56 del dossier dell’onorevole Gero Grassi)

Diversa era stata la versione dell’onorevole Francesco Cossiga del 23 maggio 1980davanti alla stessa Commissione, che si riproduce testualmente: « A livello tecnico sicostituì il giorno stesso [16 marzo] presso il Ministero degli interni un comitato chevenne poi normalmente presieduto da un Sottosegretario agli interni [onorevole Lettieri]e molte volte dal sottoscritto, soprattutto nel primo periodo. Tale comitato era costituitodal capo della polizia, dal comandante generale dell’Arma dei carabinieri, dalcomandante del Corpo della Guardia di finanza, dai direttori dei servizi, dal Questore

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di Roma, da altri responsabili operativi dell’Arma dei carabinieri. È sulla base di tuttaquesta esperienza che il Governo propose poi la costituzione del famosissimo Comitatonazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica » (audizione di Francesco Cossiga pressola Commissione Moro, 23 maggio 1980, vol. 3, p. 192).

Sorge il dubbio atroce che il Comitato, contrariamente a ciò che disse l’onorevoleCossiga, esistesse già il 12 marzo in vista del sequestro Moro ormai già deciso edesecutivo prima del 16 marzo e rinviato di giorno in giorno.

Lo scrivente conclude il documento ricordando George Orwell e coloro che losostennero: « Io sottoscritto dichiaro solennemente che in coscienza credo che due e duefanno quattro. Similmente sono pronto a sostenere a rischio di quanto ci è più caroe vicino al cuore che sei è meno di sette in ogni tempo e luogo; e che dieci di qui atre anni non sarà più di quanto non sia ora. Dichiaro essere mia risoluzione di chiamarnero il nero e bianco il bianco » e che ”l’essere in minoranza, anche l’essere rimastiaddirittura soli, non voleva dire affatto essere pazzi. C’è la verità e c’è la non veritàe se ci si fosse aggrappati alla verità anche mettendosi contro tutto il mondo intero,non si era pazzi. L’intelligenza non è soggetta alla statistica” (G. Orwell, 1984).

Il sottoscritto è certo che molti aspetti della verità sono emersi anche grazie allaCommissione Moro; ed è certo che la Commissione Moro, con il supporto dellaMagistratura, dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia diFinanza, saprà dare un grande contributo all’accertamento della verità sulla tragediadi Aldo Moro e degli uomini della sua scorta: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, GiulioRivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino. Ed esprime la sua gratitudine allaCommissione Moro per l’impegno rilevante profuso nella ricerca della verità sullatragedia di Aldo Moro e degli uomini della scorta.

Atti Parlamentari — 47 — Camera Deputati – Senato Repubblica

XVII LEGISLATURA — DISCUSSIONI — COMM. ALDO MORO — SEDUTA DEL 25 MARZO 2015

Page 48: COMMISSIONEPARLAMENTARE …. stenografico.pdf · nico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino. ... prima sentito da altro magistrato – mi pare Infelisi – e che

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