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«COME PUÒ NASCERE UN UOMO QUANDO È VECCHIO?» Storia e testi di un impegno per gli anziani a Modica (1977-2011) a cura di Daniela Zacco Caritas diocesana di Noto Gruppo Caritas “Volontari per gli Anziani”

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«COME PUÒ NASCERE UN UOMOQUANDO È VECCHIO?»

Storia e testidi un impegno per gli anziani a Modica

(1977-2011)

a cura diDaniela Zacco

Caritas diocesanadi Noto

Gruppo Caritas“Volontari per gli Anziani”

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Un particolare ringraziamento va a quelle persone che, con la loro testi-monianza, hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro: i volontariCaritas Carmelo Avola, Teresa Buscema, Sara Italia, Maria Assunta Mi-gliore; le assistenti sociali Elisabetta Bramanti, Sabina Cicero, Rosalba DiMaria, Maria Padua, Maria Paternò, Giovanna Stracquadanio; il segreta-rio della CGIL di Modica Nicola Colombo.

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Cosa serve oggi per affrontare la questione della vec-

chiaia? In primo luogo viene da dire: serve esplicitarla, per-

ché tutto nel tempo del “capitalismo funzionale” sembra volto

ad occultarla. Ma anche, e forse ancora più rilevante, serve

ciò che allo stato attuale sembramancare al nostro Occidente:

la passione! La passione necessaria per ridare senso a tutte le

età della vita e ricomprenderle nella loro complementare bel-

lezza; la passione necessaria per esigere una politica centrata

sul bene comune, che è tale sempre e solo se si «parte dagli

ultimi», secondo l’efficace espressione dei vescovi italiani del

1979; la passione necessaria per un volontariato maturo che

anticipi ciò che deve diventare stile diffuso e ordinario della

vita. Serve, cioè, qualcosa che non è disponibile al “mercato”,

ma che va ritrovata nella tensione tipicamente umana tra “pa-

rola” e “corpo”, tra ciò che dà senso e che al tempo stesso di-

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PPPPRRRREEEESSSSEEEE NNNNTTTTAAAAZZZZ IIIIOOOO NNNNEEEE

Per gli anziani e per tuttiCiò che serve e ciò che riceviamo

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venta concretezza. Senza fermarsi alla lamentela qualunquista

e amara o al facile sentimentalismo. Senza lasciarsi paraliz-

zare dal rimanere in pochi. Senza dipendere dal clima domi-

nante. Occorre per questo essere disposti a percorrere vie

pazienti e intelligenti. Con il coraggio necessario per attra-

versare il deserto e per coltivare uno sguardo attento al pas-

sato e volto al futuro. Con la consapevolezza che è in gioco il

senso complessivo della vita personale e comunitaria. Con la

capacità di decidersi a ritentare passi e a farlo insieme. Con

generosità e audacia.

Se entriamo in quest’ottica, questa pubblicazione di-

venta utile, anzi preziosa. Essa ricostruisce, infatti, una storia

iniziata con passione. E comunque proseguita. E in qualche

modo è stato voluto e scritto per rintracciare i fili di questa

passione in un tempo difficile. Può essere di aiuto anzitutto

perché ripropone il problema, ma soprattutto perché dice le

radici, le fonti della passione che genera un impegno costante

e intelligente: una fede cristiana ed una sensibilità umana con

precise connotazioni. Quanto alla fede, si tratta chiaramente

di una fede che non insegue devozioni con cui ci si immunizza

per se stessi dai mali della vita e non si pensa agli altri, con-

traddicendo gravemente il comando evangelico dell’amore.

Si tratta di una fede che si alimenta alla Parola di Dio e che

viene cercata, coltivata e testimoniata come “misura” alta

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della vita, generatrice – come amava dire don Giuseppe Dos-

setti – di una “politicità” «tutta particolare, che non governa

e non ha potere, che non muove verso gli altri per quello che

hanno di appetibile, ma unicamente per quello che sono in

profondità (anche se poveri, deformi, incoscienti, in tutto

inappetibili). Così si crea e divulga ovunque un’atmosfera di ri-

spetto, di comprensione, di fiducia, di valorizzazione degli

esclusi, di amore, di dono e di perdono - indipendente da ogni

condizione esterna mutevole - amore che “non avrà mai

fine”». Si tratta di una fede che fa incontrare con altri che col-

tivano squisita sensibilità umana e civica, che trova un riferi-

mento comune nella Costituzione repubblicana che – lo

dichiariamo apertamente – ci è molto cara anzitutto nella sua

sostanza: testo fondativo del nostro essere italiani veri, capaci

di svolgere la nostra personalità associandoci per doveri di so-

lidarietà e di impegnarci per superare gli ostacoli di ordine

economico e sociale che impediscono l’uguaglianza effettiva

– come ricordano quegli articoli due e tre tante volte citati

nelle nostre (me lo permetto, perché è una storia che non mi

è estranea) battaglie prima per l’assistenza domiciliare, poi

per un’adeguata impostazione e per una necessaria “non stru-

mentalizzazione” (con un chiaro no al clientelismo), quindi

per un sistema di servizi gestito con professionalità e capace

di dare dignità all’anziano e verità alla politica.

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Ci vengono ricordate le radici di ciò che serve. Non va

trascurato che esse sono state tenute vive da persone appas-

sionate: come dimenticare il sindacalista Meno Viola? O par-

roci come padre Basile e Mons. Matteo Gambuzza? Il suo

“coraggio!” risuona ancora oggi come invito a non desistere:

con una capacità tutta particolare di accompagnare così ogni

ammalato e anziano ma anche di accogliere ogni entusiasmo

giovanile genuino. E ancora lucido e appassionato Mons. Sal-

vatore Nicolosi, nostro amatissimo vescovo emerito, pensa

agli anziani e agli ammalati istituendo, mettendoci il suo pa-

trimonio ma anzitutto la sua passione umana e cristiana, la

Fondazione Madre Teresa. E come se ci venisse detto che dob-

biamo continuare a lottare senza invecchiare nello spirito. Che

le difficoltà devono «temprarci ma non indurirci». Che chi ha

– tempo, denaro – ha per dare. Che più diamo più saremo

umani, cristiani, felici. È la spinta profonda contenuta nella

pubblicazione, è la rinnovata opportunità che ci viene offerta.

Maurilio AssenzaDirettore della Caritas diocesana di Noto

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Il problema degli anziani, divenuto col passare del

tempo sempre più allarmante, è certamente collegato alla so-

cietà del benessere. A causa dell’aumento medio della vita

umana da un lato e dell’urbanizzazione e dello smembra-

mento delle famiglie tradizionali dall’altro, si è accentuato

l’isolamento delle persone anziane. Se nei primi anni ’70 don

Giuseppe Pasini parlava di un problema non ancora molto av-

vertito nella nostra società, presente solo in circoli ristretti e

discusso solo in termini declamatori, oggi la situazione è

molto cambiata.

La consapevolezza che l’anziano ha mutato il ruolo

nella società e soprattutto che l’atteggiamento della società è

mutato nei suoi confronti oggi è posseduta dai più. La molti-

tudine degli anziani è ormai rappresentata non solo dai “veri-

vecchi”, cioè coloro che hanno superato certi limiti di età e

sono impossibilitati a fare tante cose, ma anche dai “vecchi

giovani”, cioè coloro che hanno lasciato il lavoro prima del li-

mite di età, perché magari non rientravano più nei criteri di

una moderna produttività. Inoltre, uno degli aspetti più si-

gnificativi legati all’invecchiamento della popolazione risiede

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nell’aumento del numero di persone che hanno superato gli

80 anni di età, i cosiddetti “grandi vecchi”, che hanno carat-

teristiche e bisogni diversi e particolari rispetto ai 65enni. Se-

condo gli ultimi rilevamenti ISTAT l’Italia è il Paese più longevo

d’Europa, secondo solo alla Germania.

È a partire dalla metà degli anni settanta che il pro-

blema dell’anziano comincia ad essere maggiormente avver-

tito, suscitando frequenti discussioni e prese di posizione a

tutti i livelli, e si prospetta come soluzione ottimale il servizio

di assistenza a domicilio, anziché l’ospedale o gli istituti di ri-

covero che fino a quel momento avevano destato solo giudizi

negativi.

La situazione nella nostra diocesi viene affrontata a

partire dall’incontro tra una sensibilità ecclesiale e un impe-

gno politico, sostenuti entrambi da forze giovani. Una fede

che non si basa sulla semplice devozione diventa cifra della

vita comunitaria, attenzione alla città e ai suoi abitanti. La città

pioniere è Scicli, ma il teatro delle più grandi battaglie tra la

fine degli anni settanta e i primi anni ottanta è certamente

Modica.

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Per una missione degli anziani nella comunità cri-

stiana, oggi, è il tema del Corso-base per animatori e respon-

sabili della pastorale anziani della Azione Cattolica che si tiene

a Roma nel 1977, le cui ripercussioni si hanno presto nella no-

stra diocesi. L’iniziativa ha come obiettivo quello di ridestare

le vocazioni a lavorare in questo settore e ad assumere mag-

giore consapevolezza del problema. Si riflette sul fatto che

nell’anziano interviene un sentimento di impotenza per l’al-

terata situazione corporea, per le diverse prospettive delle

proprie potenzialità, per una visione dei lutti e delle morti più

frequente. Ma l’anzianità fisica non è una controindicazione,

soltanto abbisogna di una accoglienza e di una valorizzazione

dei carismi degli anziani («I giusti nella vecchiaia daranno an-

cora frutti, saranno vegeti e rigogliosi», Pr. 10,27) e può es-

sere risolta con una catechesi che li coinvolga, con una liturgia

che li impegni, con una pastorale che favorisca la loro realiz-

zazione.

Comincia così un approccio qualitativo al problema

che si aggiunge a quello quantitativo. Infatti, quando alla fine

degli anni settanta si contavano in Italia 8 milioni di anziani

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1. Le sollecitazioni teoriche (1977-1978)

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(oggi sono più di 12 milioni), l’istituto di ricovero era già tra-

montato dalla sua posizione di “mito”, e stava avanzando la

proposta dell’assistenza domiciliare come nuova ancora di

speranza.

Tra il 20 e il 22 giugno 1978 a Palermo si tiene un Con-

vegno Regionale, promosso dalla Conferenza Episcopale Ita-

liana, sul tema Per una nuova partecipazione nel territorio:

dalla assistenza ai servizi sociali: l’appello è rivolto agli organi

legislativi regionali e alla comunità ecclesiale. Le linee di ten-

denza emerse dai lavori assembleari sono:

- un nuovo modo di intendere l’assistenza, che ponga in

primo posto l’uomo;

- l’esigenza di una coraggiosa verifica da parte dei cittadini

del modo in cui vengono gestite le opere di assistenza;

- l’urgenza di una considerazione dei segni dei tempi, af-

finché il servizio possa rispondere alle istanze più pro-

fonde dell’uomo;

- la ricerca di una integrazione tra servizi pubblici e privati;

- l’opportunità di procedere per sperimentazioni.

Questi stimoli di riflessione, proposti ai cittadini-credenti della

nostra terra, non rimangono solo delle considerazioni

astratte, ma alimentano prese di posizione e scelte concrete

nella vita di ogni giorno.

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L’impegno per gli anziani a Modica si fa veramente

concreto nel 1978, quando in un gruppo di cittadini si uni-

scono due componenti, una ecclesiale e una politica, di fronte

all’emergenza degli anziani.

I giovani della comunità di S. Pietro, grazie all’incorag-

giamento del loro parroco, Mons. Gambuzza, assumono l’im-

pegno di visitare gli anziani del territorio parrocchiale,

secondo lo spirito evangelico, portando loro ogni domenica

l’Eucaristia. Successivamente cominciano a visitare ogni sa-

bato gli anziani del Boccone del Povero, la più antica casa di

riposo di Modica, così chiamata per la presenza delle Suore

Serve di Poveri che dal 1933 avevano sostituito le Piccole

Suore nel servizio agli ospiti dell’istituto.

Dopo pochi mesi nasce tra questi giovani la consape-

volezza che è necessario fare una verifica dei rapporti con

quegli anziani che sono diventati essenzialmente amici, che

di fronte all’anziano abbandonato nell’ospizio e senza alcun

affetto, bisogna fermarsi e non passare oltre, sentire come

propri i suoi problemi, lottare in tutti i modi perché possa

avere una vita dignitosa. Infatti, al momento del distacco da

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2. Le prime battaglie sul campo (1978-1985)

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casa e dell’ingresso in una struttura, vengono messi in di-

scussione almeno tre aspetti fondamentali della condizione

dell’anziano: la condizione sociale (mutua il proprio status),

la condizione affettiva (si perdono le relazioni parentali e ami-

cali), la definizione delle condizioni fisiche e fisiologiche (au-

tonomo, non autonomo, autosufficiente, etc.) L’impegno

presto diventa anche politico: ci si impegna per dare agli an-

ziani l’assistenza domiciliare, compito del Comune e non solo.

Il primo passo verso la richiesta dell’assistenza domiciliare è

quello di una inchiesta particolareggiata sulla situazione degli

anziani, insieme ad un lavoro di sensibilizzazione, nella con-

sapevolezza che tutto ciò da solo non basta: ci vuole l’amici-

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zia che nessuna organizzazione può garantire, ma solo il cri-

stiano può donare, in quanto riflesso dell’Amore di Cristo.

Impegnarsi con gli anziani per i cristiani non significa

solo vivere la carità, ma anche annunziare loro la buona noti-

zia del Signore morto e risorto. Cioè, non lasciarli vivere den-

tro un clima di religiosità, nell’attesa unica della morte, ma

aiutandoli a superare la riflessione amara sulla brevità della

vita espressa dal salmista («Tutti i nostri giorni svaniscono per

la tua ira, finiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della

nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi

tutti sono fatica e dolore; passano presto e noi ci dileguiamo»

Sal 90 [89]) o il disincantato realismo di Qoelet («La giovinezza

e i capelli neri sono un soffio» 11,10) per proclamare il Van-

gelo della liberazione e donare la Speranza Viva, che è Gesù

stesso.

Nella “Lettera agli Anziani” Giovanni Paolo II così scri-

verà: «Urge ricuperare la giusta prospettiva da cui considerare

la vita nel suo insieme. E la prospettiva giusta è l’eternità, della

quale la vita è preparazione significativa in ogni sua fase. Anche

la vecchiaia ha un suo ruolo da svolgere in questo processo di

progressiva maturazione dell’essere umano in cammino verso

l’eterno. Da questa maturazione non potrà non trarre giova-

mento lo stesso gruppo sociale di cui l’anziano è parte».

Così, il 9 aprile 1979 si svolge a Modica, nei locali della

Domus S. Petri un incontro-dibattito con le forze politiche e

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sociali sul problema dell’assistenza agli anziani, organizzato

dalle comunità di S. Pietro e di S. Paolo. L’incontro è suscitato

dall’inchiesta, sopra citata, delle due comunità sulla situazione

dell’anziano a Modica. Pur essendo ristretta alla zona del cen-

tro storico (Cartellone, San Francesco la Cava e parte di via Ti-

rella), l’inchiesta ha fatto risaltare la gravità di un problema

che si può estendere a tutta la città. Infatti si constata che un

grande numero di anziani ha bisogno di assistenza di vario ge-

nere e soprattutto di compagnia. Si evidenzia l’emarginazione

in cui è costretto a vivere, in una società consumistica, chi non

sia più in grado di produrre qualcosa. Si esaminano varie leggi

fra le quali quella sul decentramento dei poteri dalle Regioni

ai Comuni (382 del 2-1-1979), che ritiene obbligatoria l’assi-

stenza ai poveri, agli ultimi, agli anziani. Da più parti si sotto-

linea che occorrono non solo leggi nuove per risolvere i

problemi, ma uomini nuovi, impegnati nella costruzione di

una società più giusta. È fondamentale, quindi, un servizio di

volontariato integrato con una assistenza organizzata dal Co-

mune, motivo per cui si programma in ultimo un incontro con

il Sindaco e l’Amministrazione.

In quello stesso mese di aprile si costituisce un Comi-

tato di lavoro per gli Anziani, composto dai rappresentanti

dell’amministrazione, dai partiti, dai sindacati, dall’associa-

zione pensionati, dalle comunità ecclesiali. Nel mese di luglio,

invece, si propone l’assistenza domiciliare per i casi più ur-

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genti, la quale dovrebbe diventare delibera subito, ma ciò non

accade. La comunità giovanile di S. Pietro lancia così una forte

accusa a tutta l’amministrazione, evidenziando in un articolo

le cause principali di tale atteggiamento: la crisi comunale,

l’accantonamento della proposta di delibera da parte della

giunta comunale, lo scarso interesse anche dei partiti di op-

posizione, attribuendo le responsabilità principali al partito

di maggioranza del quale viene sottolineata «l’avidità di po-

tere e di denaro coperta da discorsi ipocriti».

Dopo circa un anno di impegno e di sensibilizzazione,

a Modica non si vedono ancora realizzazioni concrete.

Finalmente all’inizio del 1981 si ottiene la delibera che

istituisce il servizio di assistenza agli anziani. Nel Comitato di

gestione di questo servizio però sono esclusi i gruppi eccle-

siali, mentre sono inseriti i rappresentanti del Consiglio Co-

munale, dei sindacati, degli operatori del servizio e alcuni

esperti.

Questa esclusione viene avvertita come ingiusta e fa

venire meno una presenza gratuita, disinteressata e di conti-

nua sollecitazione, sempre esercitata dai giovani delle par-

rocchie. Essi allora decidono di stilare un documento inviato

all’Amministrazione comunale e ai partiti politici di Modica in

cui chiedono che venga integrato nel comitato un rappresen-

tante degli utenti, uno delle parrocchie, uno del Boccone del

Povero in quanto istituto storico di assistenza per gli anziani;

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il documento viene firmato dai parroci, dalle religiose e da più

di 300 laici.

Purtroppo, dal febbraio 1981, quando viene approvato

il Regolamento di assistenza domiciliare per gli anziani a Mo-

dica, si comincia a parlare sempre meno del problema e an-

cora nell’agosto del 1982 il servizio tarda a partire. Tuttavia

nello stesso anno viene dedicata una attenzione particolare

agli anziani, a livello nazionale e internazionale. Innanzitutto

è organizzato dalla Caritas Italiana a Roma un convegno ec-

clesiale su “La persona anziana protagonista nella comunità”,

a cui partecipano anche rappresentanti della nostra diocesi. I

lavori sono incanalati essenzialmente in due linee: da un lato

la richiesta di case di riposo più efficienti, dotate di confort

più moderni, dall’altro meno case di riposo, cioè la richiesta di

non chiudere gli anziani in altre case, ma di lasciarli lì dove si

trovano, “aprendo le loro case alla società” e facendo loro

compagnia.

Inoltre, l’Assemblea mondiale delle Nazioni Unite, af-

frontando il problema della terza età nell’estate di quello

stesso anno, provoca sollecitazioni di impegno concreto in

questo settore. Viene presentata una Dichiarazione dei diritti

e delle responsabilità delle persone anziane che era stata re-

datta dalla International Federation on Ageing; è approvato

un Piano Internazionale di Azione che accoglie e in parte mo-

difica i principi della Dichiarazione originaria, sottolineando

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che a causa della emarginazione e degli impedimenti fisici,

che l’invecchiamento può portare, le persone anziane corrono

il pericolo di perdere i propri diritti e di essere rifiutate dalla

società, a meno che questi diritti non siano identificati e ri-

spettati. Sono così evidenziati alcuni diritti, quali: vivere con

dignità e sicurezza, avere una conoscenza della propria indi-

vidualità e della appartenenza a gruppi, godere dell’autode-

terminazione a rimanere membri della comunità, avere i

mezzi per soddisfare i bisogni fisici primari, usufruire di servizi

sociali o prestazioni mediche, servire come volontari la co-

munità in posizioni appropriate ai propri interessi e capacità.

Ed ecco che i giovani di Modica si fanno nuovamente

sentire, per esprimere ciò che con passione e impegno cer-

cano già da tempo di operare, lanciando nuovi attacchi ai po-

litici e facendo anche un mea culpa per la mancata

approvazione dell’assistenza domiciliare agli anziani. In un

nuovo articolo polemizzano dicendo che dietro ai vari impe-

dimenti si nasconde anche una noncuranza dei politici verso

un problema che non procura voti, in quanto molti anziani

non vanno a votare e in genere tutti sono poco inclini a cam-

biare le proprie idee politiche. In questa stasi generale sono

stati coinvolti però anche i cristiani che, se prima avevano lot-

tato per difendere i problemi delle persone anziane, una volta

approvato il Regolamento, hanno allentato gli sforzi per faci-

loneria, per approssimazione, per inesperienza. Tuttavia ri-

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badiscono che l’impegno dei cristiani nel sociale non può ce-

dere di fronte a chi antepone gli interessi pubblici a quelli pri-

vati, strumentalizzando ogni azione. Il problema dell’anziano

deve quindi restare vivo e non potrà dirsi risolto con l’avvio

dell’assistenza domiciliare, ma potrà trovare soluzione solo

nella presa di coscienza di ognuno e nel riconoscimento delle

proprie responsabilità.

Finalmente il 1 ottobre 1982 parte la tanto attesa as-

sistenza domiciliare; essa dovrebbe rappresentare il primo

passo di un’opera di più ampio respiro che preveda con gli an-

ziani anche attività culturali, ricreative, sociali, per evitare di

lasciarli nel loro stato di emarginazione, e al contempo non

allontanarli dal loro quartiere di origine. I metodi e le risolu-

zioni adottate dal servizio non incontrano però l’approvazione

di molti. In primo luogo perché non ci si è preoccupati di co-

noscere la reale situazione degli anziani, né di stabilire tappe

e criteri per il servizio; inoltre si è provveduto ad assumere il

personale senza alcuna pubblicazione, ma attraverso il con-

tratto d’opera, mezzo che più di ogni altro si presta al cliente-

lismo. In un articolo polemico il servizio di assistenza è

paragonato ad una nave appena salpata di cui nessuno cono-

sce la reale destinazione. Il comitato è un organismo compo-

sto dai rappresentanti dei partiti, dei sindacati e da alcuni

esperti che dovrebbero studiare, promuovere, coordinare gli

interventi a favore degli anziani, ma che in effetti non si in-

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contrano quasi mai. A capo di questo servizio stanno due as-

sistenti sociali che si trovano ad affrontare una situazione

molto complessa da un punto di vista quantitativo e qualita-

tivo, con mezzi inadatti e insufficienti. Infine vi sono 10 colla-

boratrici domestiche che sono state assunte senza dare loro

alcuna qualifica.

Allora sale un appello all’ansia di giustizia presente in

ogni persona di buona volontà per un impegno costante e at-

tivo a favore degli anziani e per una amministrazione finalizzata

ai reali interessi del cittadino. Il 28 dicembre il Consiglio Co-

munale di Modica accoglie le richieste delle comunità parroc-

chiali della città in merito all’inserimento nel “Comitato di

gestione per l’assistenza domiciliare agli anziani” di un rap-

presentante degli utenti, di un rappresentante del Boccone del

Povero, in quanto esempio di servizio storico agli anziani, e di

un rappresentante delle parrocchie in quanto hanno sempre

svolto attività di volontariato per loro. Così, la possibilità di par-

tecipare al comitato di gestione per l’assistenza domiciliare agli

anziani sollecita l’assunzione di responsabilità e di competenza

da parte di tutta la comunità cristiana e propone l’urgenza di

rendere operante a livello cittadino l’organismo della Caritas

che coordini le varie attività di volontariato. Organismo che na-

scerà a Modica proprio nell’anno successivo, il 1983.

All’inizio di questo nuovo anno si costituisce a Modica

il Comitato di volontari “Solidarietà con gli anziani”. Esso

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nasce dall’incontro di cittadini provenienti da diverse matrici

religiose, ideologiche e politiche, ma accomunati da una mo-

tivazione solidale: garantire un servizio alla “persona” in

quanto tale nella sua comunità sociale. Il Comitato si propone

di occuparsi delle problematiche connesse alla condizione

degli anziani, di lavorare per rimuovere gli ostacoli che por-

tano l’anziano a vivere come soggetto passivo ed emarginato.

Momento essenziale dell’Azione del Comitato vuole essere il

servizio di volontariato che si propone non di sostituire l’ope-

rato delle istituzioni pubbliche ma di interrogarlo e di renderlo

più consapevole dei bisogni reali degli anziani.

In una lettera aperta inviata all’Amministrazione comunale si

legge: «Il Comitato si dichiara insoddisfatto per come l’Ammi-

nistrazione Comunale ha iniziato ad operare per risolvere i

problemi della terza età ed auspica che…venga superata la

tendenza a fare delle scelte per motivi clientelari o per get-

tare fumo negli occhi dell’opinione pubblica». Alcuni compo-

nenti del Comitato denunciano come l’amministrazione

Comunale abbia istituto il servizio con molta superficialità e

che l’assunzione di 10 assistenti domiciliari e di 2 assistenti

sociali sia stata effettuata senza dare loro alcuna direttiva con-

creta. Tramite la suddetta lettera il Comitato chiede inoltre al-

l’Amministrazione che: reperisca un locale idoneo ad essere

adibito ad ufficio; programmi una serie di centri geriatrici; isti-

tuisca servizi di lavanderia e mensa; preveda attività ricrea-

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tive e culturali. Chiede altresì agli organi della U.S.L. di avviare

il servizio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa.

Nel mese di ottobre viene concretizzata la prima di al-

cune attività promosse dal Comitato “Solidarietà con gli An-

ziani”: è organizzata una giornata di fraternità e di distensione

a Noto e a Siracusa. La comunità di S. Pietro guidata da Mons.

Gambuzza insieme ad adulti e giovani accompagna molti an-

ziani tra cui quelli assistiti a domicilio proprio dai giovani della

comunità. Fanno una sosta a Noto per incontrare il vescovo

prima di continuare una visita guidata a Siracusa. Dopo avere

organizzato questa gita a Siracusa e una festa in un locale pub-

blico di Marina di Modica nel mese di dicembre, il Comitato

“Solidarietà con gli anziani” propone altre attività, quali gite,

spettacoli, feste che possano coinvolgere i volontari in un rap-

porto più vivo con gli anziani.

Infatti, in una serata di giugno dell’anno 1985 presso la

scuola della contrada Michelica di Modica si svolge una festa

con gli anziani. È l’atto conclusivo di un lavoro progettato nel-

l’arco di alcuni mesi, scaturito dall’esigenza di rettificare il rap-

porto bambini-anziani spesso condizionato in negativo dalla

mentalità di una società funzionalistica che vede l’anziano

come inutile. Il Comitato a tal riguardo propone un progetto in

cui si ipotizza una partecipazione creativa dell’anziano ad un la-

voro inventato con i bambini. L’iniziativa è articolata in tappe:

in un primo momento si realizzano da parte dei bambini dise-

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gni sulla condizione anziana; in un secondo lavori di gruppo

alla presenza degli anziani (tra cui l’elaborazione di una fiaba

da drammatizzare); infine, si organizza la serata di festa, of-

frendo ad un pubblico variegato ciò che si è preparato.

Successivamente si terrà a Modica un incontro tra la

Caritas cittadina, il Consiglio di presidenza del Consiglio Pa-

storale cittadino ed il Sindaco, l’assessore ai Servizi Sociali e al-

cuni consiglieri. In questa circostanza la Caritas presenterà un

documento che propone passi operativi concreti e documen-

tati per il miglioramento dei servizi agli anziani:

- urgenza e necessità di un’indagine conoscitiva dei bisogni

come base indispensabile per interventi precisi ed ade-

guati;

- qualificazione del personale;

- attivazione del Comitato di gestione come organo di pro-

grammazione e di verifica;

- organizzazione razionale dei servizi, con la costituzione di

un’equipe centrale;

- progettazione di case-famiglia.

Per quanto riguarda altri due punti nodali, la qualifi-

cazione e il reperimento del personale, la Caritas propone di

affidare corsi di riqualificazione e corsi di preparazione per as-

sistenti domiciliari all’ENAIP e chiede la massima pubblicità e

trasparenza.

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Dall’entusiasmo dei giovani più impegnati comincia nel

1985 una delle attività più belle che a Modica dura fino ad

oggi: la vacanza estiva con giovani e anziani insieme, nel segno

di quella gioia cantata dal profeta («La vergine allora gioirà

danzando e insieme i giovani e i vecchi. Cambierò il loro lutto

in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni» Ger.

31, 13).

L’idea nasce dal desiderio non di fare qualcosa “per”

gli anziani ma “con”; il legame di amicizia spinge i giovani a

non fermarsi di fronte alle prime difficoltà, allo scetticismo

iniziale. Grazie anche all’apertura del Centro di Ascolto, si

creano i contatti con persone bisognose appartenenti a tutte

le parrocchie; i volontari che si alternano nei turni al centro e

quelli che portano l’Eucaristia agli ammalati instaurano sem-

pre più legami di amicizia con le persone anziane, fino a valu-

tare l’idea di organizzare una vacanza per stare insieme a loro,

per offrire uno svago a chi non esce mai dalla propria abita-

zione o casa di cura, per dare anche ad essi la gioia di un mo-

mento straordinario. Le difficoltà pratiche sono tante, ma poi

prevale l’entusiasmo. L’iniziativa viene inserita nel programma

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3. La prima vacanza estiva con gli anziani (1985)

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della Caritas Cittadina dell’“Estate di solidarietà”, tra le cui

proposte compaiono anche due turni di lavoro di campo per

il terzo mondo, momenti di festa al Boccone del Povero, al

Carcere, nei quartieri.

Tanti anziani accolgono con gioia la notizia, adulti e

giovani danno la loro disponibilità al servizio, le Suore Bene-

dettine offrono i locali di villa Polara, i Salesiani i letti, il Co-

mune finanzia l’iniziativa, la Caritas cittadina coordina e

concretizza il tutto. Così, nel mese di agosto in due turni, circa

35 anziani e 20 volontari vivono insieme giorni indimenticabili,

con uscite, continue visite e serate di fraternità. Si sperimenta

così la collaborazione tra volontariato, Caritas, Enti pubblici e

comunità ecclesiale, per una cultura della solidarietà che sa

realizzarsi in gesti concreti.

Certo non è facile convincere alcuni anziani, sia per-

ché molti sono restii a lasciare le loro case, sia perché il

gruppo di volontari non è ancora largamente conosciuto. La

vacanza nei suoi primi anni conosce le visite assidue di due

sacerdoti esemplari della città di Modica, Mons. Gambuzza e

Padre Basile, che, sostenitori dell’iniziativa, la pubblicizzano

presso i loro parrocchiani.

La vacanza ha avuto sempre, nei suoi 25 anni di vita

fino ad oggi, le stesse fondamenta, gli stessi punti di forza: è

sempre stata scandita da momenti di preghiera e dalla cele-

brazione eucaristica.

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Le mattine sono in genere dedicate alla pulizia degli

ambienti interni ed esterni e alla preparazione in cucina, atti-

vità a cui partecipano anche gli anziani più abili. Gli altri tra-

scorrono il tempo in giochi, animazione, fraternità. Spesso il

pomeriggio, dopo il necessario e prolungato riposo, si orga-

nizzano uscite o passeggiate al mare; le serate invece, sem-

pre animate in loco da gruppi di volontari con canti, balli e

“rappresentazioni teatrali”, sono le più attese. Sono rimaste

famose nella memoria di tutti la processione della Madonna

Vasa Vasa, Santa Rita “Ca Cascia”, e la tradizionale processione

di S. Giuseppe che si svolgeva presso la Casa della Pace con

annesse statuetta e banda di coperchi, pentole, mestoli ani-

mata dagli anziani.

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Gli ospiti si mettono in gioco, anziani e giovani ballano

insieme, tutti fanno ciò che nella vita ordinaria non farebbero

mai. Gli animatori, in genere ragazzi tra i 20 e i 30 anni, sono

stati per alcuni anni aiutati dagli obiettori di coscienza della

Caritas e dai seminaristi della diocesi che frequentavano la

vacanza come esperienza per loro formativa ed educativa.

Gli anziani invitati alla vacanza sono in primo luogo gli

ospiti del Boccone del Povero, grazie al forte legame instau-

rato dai giovani con loro, ma anche perché particolarmente

bisognosi di affetto e compagnia; e poi gli anziani soli segna-

lati dalle varie parrocchie della città. Per tutti comunque è

bello cambiare abitudini, orari, ritmi per alcuni giorni.

Come dicevamo sopra, il fulcro di questa esperienza

estiva è la preghiera e la celebrazione eucaristica: la prepara-

zione, i canti, l’attesa del sacerdote, la pulizia degli ambienti

sono anch’essi un momento di festa.

L’esperimento della Caritas dall’anno 1985 ha dunque

dato i suoi frutti nel tempo e si è sempre proposto come in-

vito a tutte le comunità ecclesiali a trovare modi concreti per

rendere i poveri partecipi del clima generale di gioia che ca-

ratterizza l’estate e che accentua ancora di più la solitudine e

l’emarginazione di chi soffre.

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Per poter incarnare la pastorale nei problemi della

gente, stabilire in modo concreto il rapporto chiesa-mondo,

creare una mentalità di solidarietà, nasce nel 1987 la Scuola

Socio-Pastorale nel territorio dell’USL 24, che, dopo alcuni

studi sperimentali nel 1987, apre ufficialmente i lavori nel

1988 con seminari dedicati proprio al problema degli anziani.

È un’iniziativa della Caritas, quindi un progetto di carattere

ecclesiale, ma collocato in una delimitazione territoriale, non

ecclesiastica quindi ma civile. È chiamata scuola perché si

vuole dare il massimo giovamento in senso educativo; “socio-

pastorale” perché è una scuola aperta a tutti gli uomini di

buona volontà, chiunque essi siano e a qualunque grado so-

ciale appartengano.

Si tratta anzitutto di una iniziativa di formazione per-

manente con la convinzione di creare nei tempi lunghi una

mentalità, una prospettiva evangelica a partire dai poveri, di

un tentativo di allontanarsi dalla realtà per illuminarla con una

riflessione e poi tornare nuovamente ad essa.

La relazione introduttiva di questo corso è tenuta da

Mons. Nervo, dal titolo: “Gli anziani: povertà da soccorrere,

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4. La Scuola Socio-Pastoralee l’intervento di Mons. Nervo (1988-1989)

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ricchezza da valorizzare” in un seminario di un giorno e poi

seguita da altri quattro seminari di mezza giornata, sempre

sullo stesso argomento ma con prospettive diverse: “Gli an-

ziani nel nostro territorio, lettura esistenziale”; “Gli anziani:

le attuali risposte della chiesa locale”, “Gli anziani: le attuali ri-

sposte istituzionali”; “Alla luce della Parola di Dio, nuove pro-

spettive e speranze”.

La relazione di Mons. Nervo è articolata in quattro parti:

- che cosa dovrebbero essere gli anziani per la comunità

cristiana;

- che cosa sono veramente;

- che cosa dobbiamo cambiare nella nostra mentalità e nel

nostro costume;

- quale contributo può dare la comunità cristiana a questo

cambiamento.

Mons. Nervo sottolinea principalmente che se la

Chiesa è il popolo di Dio in cammino verso la patria, le per-

sone anziane sono all’avanguardia di questo popolo, i più vi-

cini a Dio. Inoltre gli anziani sono membri della Chiesa carichi

di esperienza e di fede in quanto hanno partecipato nella sof-

ferenza al mistero della morte di Cristo, si preparano alla fase

finale della loro vita per poter poi essere partecipi della sua

resurrezione. Proprio per questo dovrebbero occupare un

posto importante nella comunità cristiana: essi sono specifica

presenza di Cristo.

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Invece, in una società basata sul massimo profitto,

ogni uomo vale solo per quello che produce e quindi ad un

certo punto viene emarginato. Anche la comunità cristiana

subisce inconsciamente questo processo e si adatta; rischia

di limitarsi ad un atteggiamento pietistico di compassione e

ad un po’ di volontariato. Allora bisogna recuperare il signifi-

cato completo ed essenziale dell’uomo; non parlare solo del-

l’anziano (essere anziano è una stagione della vita), ma

dell’essere uomo, che è essenziale. Bisogna recuperare il si-

gnificato autentico del lavoro, che non è la ricchezza per sé o

per gli altri ma «è la via sulla quale l’uomo realizza il dovere

che gli è proprio». Bisogna recuperare il significato autentico

della vita e organizzare diversamente la convivenza sociale.

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Infine, per quanto riguarda i contributi che la comu-

nità cristiana deve dare per promuovere uno spazio umano

per gli anziani, Mons. Nervo avanza le seguenti proposte:

- impegnarsi in una catechesi che educhi i cristiani ad una

vita basata sui valori delle persone e non delle cose;

- sostenere con la solidarietà le famiglie che fanno scelte

coraggiose;

- favorire le iniziative per gli anziani;

- opprimere le barriere architettoniche.

Sono questi alcuni degli stimoli offerti che esortano ad

una riflessione attenta alla realtà, avviata nei gruppi di ricerca

che risultano attivamente partecipati. Infatti, non solo in que-

sto seminario ma in tutto il II Corso della Scuola Socio-Pasto-

rale, i destinatari, cioè operatori pastorali, responsabili delle

opere caritatevoli e assistenziali, educatori scolastici, gruppi di

volontariato, nonché tutti i laici che operano negli ambiti

socio-sanitari, si impegnano in lavori di approfondimento e di

sintesi, in questionari e riflessioni, nonché in “compiti per

casa”.

Il fine della scuola è dunque quello di stabilire tra gli

anziani, le comunità ecclesiali, le associazioni cristiane e non,

un contatto con la burocrazia, con l’ente locale. Il tramite è la-

sciato allo spontaneismo e alla buona volontà.

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I più importanti interventi normativi degli ultimi tren-

t’anni, volti a garantire servizi sociali a persone bisognose di

assistenza, tra cui ovviamente anche gli anziani, sono state

due leggi della regione Sicilia, la 1/1979 e la 22/1986, nonché

la legge nazionale 328/2000.

La legge 1 del 1979 era essenzialmente divisa in due

tronconi: uno incentrato sugli investimenti e l’altro sui servizi

sociali.

In materia di assistenza e beneficenza pubblica, venivano ad

esempio trasferite ai comuni le competenze relative a:

a) ricovero dei minori, degli anziani indigenti e degli inabili

al lavoro presso istituti di assistenza, di beneficenza e di

istruzione;

b) assistenza farmaceutica e sanitaria;

c) interventi per i profughi italiani;

d) assistenza estiva e invernale dei minori;

e) assistenza economica in favore delle famiglie bisognose

dei detenuti;

f) assistenza post-penitenziaria;

g) interventi in favore dei minorenni soggetti a provvedi-

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5. Gli interventi legislativi regionali e nazionali

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menti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito della

competenza amministrativa e civile;

h) interventi assistenziali in favore dei non vedenti.

Secondo questa normativa la Regione concedeva ad ogni Co-

mune una somma per i servizi sociali e ne dava autonomia di

utilizzo; ciò ha inizialmente rappresentato un punto di forza,

anche se poi spesso ne è stato fatto un uso improprio.

In seguito, con la legge 22/1986, sempre regionale, si

proponeva la riorganizzazione delle attività assistenziali at-

traverso un sistema di servizi socio-assistenziali finalizzato a

garantire, ai cittadini che ne avevano titolo, interventi ade-

guati alle esigenze della persona. Si trattava essenzialmente di

una legge di riordino della precedente in cui gli interventi

erano differenziati per aree e tipologie; questi venivano at-

tuati attraverso una rete di servizi aperti, di servizi domiciliari,

nonché di prestazioni a carattere economico. Veniva istituito

presso l’Assessorato regionale degli enti locali un comitato

consultivo regionale per i servizi socio-assistenziali, mentre i

Comuni erano tenuti a creare, nell’ambito della propria strut-

tura organizzativa, un apposito ufficio per il servizio sociale.

Tra i vari interventi previsti citiamo l’assistenza economica,

domiciliare, l’affidamento familiare, la creazione di centri di

accoglienza e di comunità alloggio. Molti di questi interventi

sono stati concretizzati, e nonostante le disponibilità econo-

miche della Regione diminuissero con il procedere del tempo,

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i Comuni per non abolire i progetti li hanno inseriti nel bilan-

cio comunale, finendo così spesso per indebitare se stessi.

Ma la vera rivoluzione copernicana nell’ambito dei ser-

vizi sociali viene determinata dalla legge nazionale 328 del

2000 che cambia il profilo del welfare italiano. Con questa

legge la Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un si-

stema integrato di interventi e servizi sociali per garantire pari

opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza; pre-

viene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e

di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza

di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in

coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.

La legge 328/2000 è un atto legislativo di enorme im-

portanza in quanto innanzitutto colma un vuoto normativo

durato oltre un secolo: infatti per trovare un regolamento sul-

l’assistenza bisogna risalire alla legge Crispi del 1890, la cui

inadeguatezza è facile da comprendere considerati gli enormi

cambiamenti storici. La legge quadro rappresenta anche una

vera svolta tra il passato e il futuro, poiché non si rivolge solo

alle fasce deboli con interventi “riparativi”, ma a tutti i citta-

dini per garantire i diritti essenziali e soddisfare i bisogni con-

nessi alla centralità della persona. Infatti il primo principio

enunciato dalla nuova legge è quello dell’ “universalismo” da

realizzarsi attraverso un sistema integrato di servizi ed inter-

venti che garantisca i livelli essenziali di prestazioni sociali,

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cioè «tutte le attività relative alla predisposizione ed eroga-

zione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni eco-

nomiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di

bisogno e di difficoltà che la persona incontra nel corso della

sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previ-

denziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in

sede di amministrazione della giustizia» (art. 128 del decreto

legislativo n. 112 del marzo 1998). C’è in sintesi un’attenzione

alle generalità delle problematiche e alla generalità dei citta-

dini, un’attenzione alla vita quotidiana delle persone e delle

famiglie. Oltre questo primo aspetto innovativo, la 328 ne pre-

senta un altro, che è di natura strategica, cioè i nuovi servizi

proposti devono essere “aggiuntivi”, non “sostitutivi” nel

senso che devono ampliare quelli già esistenti o ne devono

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creare di nuovi, prospettando un intreccio tra servizi sanitari

e sociali.

La programmazione e l’organizzazione del nuovo si-

stema sono affidate alle regioni e agli enti locali cui devono

concorrere anche gli organismi non lucrativi di utilità sociale,

della cooperazione, delle associazioni e degli enti di patro-

nato, delle organizzazioni di volontariato e delle confessioni

religiose.

Viene adottato un elemento di assoluta novità che è il

metodo di programmazione diviso in tre settori: locale con la

nascita dei Piani di zona, nazionale e regionale. Il Piano di zona

è per la legge 328/2000 lo strumento privilegiato per conse-

guire forme di integrazione delle politiche locali e dei vari ser-

vizi, mediante l’analisi dei bisogni, la definizione delle priorità

e delle risposte, l’integrazione delle risorse istituzionali e so-

ciali in una scala dimensionale adeguata. I Piani di zona ven-

gono elaborati ed approvati dalla conferenza dei sindaci;

hanno durata triennale e sono definiti da comuni singoli o as-

sociati, d’intesa con le Aziende Unità Sanitarie Locali.

Per quanto riguarda nello specifico l’attenzione agli an-

ziani, l’art. 15 della 328 stabilisce la quota del fondo nazionale

per le politiche sociali (e le modalità di ripartizione) da riser-

vare ai servizi a favore delle persone anziane non autosuffi-

cienti, per favorirne l’autonomia e sostenere il nucleo

familiare nell’assistenza domiciliare. Una quota dei finanzia-

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menti è destinata ad investimenti e progetti integrati tra assi-

stenza e sanità, realizzati in rete con azioni e programmi co-

ordinati tra soggetti pubblici e privati. Con la 328 si anticipa e

al tempo stesso si conferma il principio di sussidiarietà che

sarà uno dei cardini della riforma del titolo quinto della Co-

stituzione del 2001.

Purtroppo la nostra regione Sicilia, essendo a statuto

speciale non ha recepito la legge se non dopo 5 anni, facen-

dola diventare sostitutiva e non aggiuntiva in quanto sia lo

Stato sia la Regione avevano già tagliato i trasferimenti ai Co-

muni, costretti a utilizzare i fondi della 328 per altri servizi.

Inoltre in Sicilia non ci sono state ulteriori leggi a sostegno o

a completamento della 328; addirittura non tutti i distretti

nella prima triennalità sono riusciti ad attivare i Piani di zona

e quelli della seconda triennalità si stanno ora sbloccando.

Nessuna legge anche settoriale di integrazione della 328 è

stata fatta; solo un provvedimento che riguarda il cosiddetto

“Bonus socio-sanitario” per famiglie con reddito molto basso

e con la presenza di un anziano inabile, ma anche questo nel

2010 è stato bloccato per mancanza di fondi.

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Sulla scia della rivoluzione della legge 328/2000 e su

impegno dell’assessore ai Servizi Sociali di allora, dott. Anto-

nello Buscema, nasce a Modica il Patto sociale, affinché tutti

i soggetti interessati più direttamente nelle politiche sociali

iniziassero un cammino di verifica e confronto, al fine di mi-

gliorare quanto si stava già facendo e di proporre nuove so-

luzioni.

Un anno dopo il Patto sociale viene firmato da ben 26

soggetti impegnati nelle politiche sociali: il Comune di Mo-

dica, l’A.U.S.L. n. 7 di Ragusa, il Provveditorato agli Studi di Ra-

gusa, le tre Organizzazioni Sindacali di categoria, 14

Associazioni di volontariato e 6 Cooperative Sociali.

Il 2 aprile 2001 il Patto è consegnato alla comunità tutta.

I significati di questo atto sono tre: mettere in moto

un movimento di democrazia sin dal pensare, avere uno

schema di riferimento cittadino nella chiara distinzione di

ruoli e responsabilità, assumere la consapevolezza che le po-

litiche sociali non sono settoriali ma riguardano trasversal-

mente tutti gli ambiti della vita sociale. Le Politiche Sociali

sono divise in 4 aree: bambini, giovani, persone con differenti

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6. Il Patto sociale per la città di Modica:2 aprile 2001

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abilità, anziani. Il Patto si preoccupa altresì di definire spazi

per la promozione dei diritti, delle autonomie e della parteci-

pazione.

Per quanto riguarda nello specifico la categoria degli

anziani, il Patto parte dall’assunto che la condizione dell’an-

ziano in genere coincide con la fuoriuscita dal periodo di atti-

vità lavorativa. Infatti la fine della vita lavorativa incide in

modo prioritario sull’attesa della qualità della vita della per-

sona più che l’età biologica o anagrafica, ma non coincide

nella cultura italiana con l’alienazione dei diritti alla salute,

alla cultura, alle attività ricreative o di volontariato. L’anziano

è una risorsa per la comunità cittadina e così può essere egli

stesso «generatore e cogestore della politica sociale comu-

nale in favore della terza età». Così la nuova immagine che

emerge dal Patto è quella del “nonno sociale”: la persona an-

ziana può cioè svolgere attività ad alto valore sociale sia verso

il proprio nucleo sia verso altri soggetti. In tal senso può es-

sere valorizzata la risorsa del tempo libero dell’anziano per

organizzare un servizio comunale, e sono proposte alcune at-

tività come le seguenti:

- servizi di accompagnamento in favore di bambini, anziani

soli, persone disabili;

- servizi di cortesia come far la spesa o pagamento di

utenze a persone immobilizzate o mamme con bambini

piccoli;

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- servizi di compagnia a malati a domicilio, bambini soli, di-

sabili;

- servizi di disbrigo pratiche.

L’altro aspetto importante che emerge a favore degli

anziani è l’impegno della società civile a garantire l’organiz-

zazione dei servizi socio-assistenziali che dovranno mante-

nere l’efficienza delle facoltà motorie, sensoriali e mentali dei

soggetti interessati, relativamente alla progressione della se-

nilità. Pertanto si propone di avviare un protocollo di intesa

con l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Ragusa per raccordare

l’intervento sanitario con quello socio-assistenziale, in modo

da consentire un monitoraggio costante dello stato di benes-

sere della popolazione anziana residente nel territorio comu-

nale. Inoltre, la compilazione di un’identica scheda

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multidimensionale da parte degli operatori sociali e sanitari

permetterebbe la possibilità di una banca dati informatizzata,

per l’aggiornamento sulla condizione degli anziani.

Infine, si propone il potenziamento delle attività dei

centri sociali ripensati sempre più come centri culturali plurali,

per produrre momenti di recupero delle tradizioni e di socia-

lizzazione, con una programmazione periodicamente effet-

tuata in modo integrato dall’Ufficio del Servizio Sociale con

gli operatori dei centri.

Dopo la firma di questo Patto i criteri di verifica e di

trasparenza hanno avuto piena attuazione nella pubblicazione

della Carta dei Servizi, un opuscolo che descrive tutti i servizi

erogati dal Comune e che è entrato nelle case di tutti i citta-

dini modicani. Con questa carta si regolamentava anche

l’usanza dei sussidi a pioggia fornendo servizi e non solo de-

naro, oppure corrispondendo denaro ma dietro la prestazione

di un servizio da parte dell’utente. Questa carta dei servizi,

partecipata, concertativa, ha avuto una importante applica-

zione sebbene, a causa dei tagli del welfare nazionale e re-

gionale, siano mancate le risorse adeguate e non si è riusciti

a dare tutte le risposte attese.

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Il Piano di zona del Distretto socio-sanitario 45 - com-

prendente Modica (Comune capofila), Scicli, Pozzallo, Ispica -

scaturisce da un significativo ed ampio processo partecipa-

tivo, attuato nello spirito della legge 328/2000, delle “Linee

guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione

siciliana” e dell’ “Indice ragionato per la stesura del Piano di

zona”.

Il processo di concertazione avviato dal sindaco di Mo-

dica e partecipato da operatori sociali, volontariato, coopera-

tive, AUSL, scuole, Caritas, è il primo segno di una nuova

politica che vuole uscire dal Palazzo e si apre al territorio. Di

una politica sociale ripensata come centrale, in quanto ha a

che fare con le famiglie e le persone. Di una politica che vuole

ancorarsi alla storia del territorio, recuperando i valori etici e

le consegne culturali dei padri ai figli.

L’avvio del processo partecipativo nel Distretto 45

viene dato per primo in Sicilia -già nel gennaio 2003- da in-

contri congiunti tra Dirigenti, personale degli Uffici dei servizi

sociali e rappresentante dall’AUSL 7 e da un primo incontro

dei Sindaci del Distretto per definire le modalità concrete con

41

7. Il Piano socio-sanitario di zona:il Distretto 45 di Modica

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cui coinvolgere nella costruzione della Welfare community

tutti i soggetti previsti dalla normativa e attivamente presenti

nel territorio.

Come primo passo, tutte le realtà del Distretto 45 ope-

ranti nel sociale sono invitate a compilare una Scheda cono-

scitiva, realizzando così un censimento aggiornato dei servizi

e delle iniziative di solidarietà presenti nel territorio e po-

nendo le basi di un’effettiva concertazione. Come passo suc-

cessivo, il Sindaco del Comune capofila indice un’Assemblea

plenaria di tutti i soggetti coinvolti nelle politiche sociali e pre-

cedentemente censiti.

Il 16 aprile 2003, poi, presso l’Aula consiliare di Modica, si for-

malizza il lavoro svolto e si stabiliscono tappe e modalità per

la stesura della Relazione sociale e del Piano di zona, presenti

gli Assessori alle politiche sociali e i dirigenti dei quattro Co-

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muni del Distretto, oltre ai membri designati dagli Ambiti te-

matici per il Gruppo piano.

Contemporaneamente, e a supporto degli incontri del

Gruppo piano, si tengono le riunioni degli Ambiti tematici, at-

traverso cui il Tavolo di Piano è allargato ai vari soggetti cen-

siti con la Scheda conoscitiva. Nella determinazione dei

gruppi si tiene presente una duplice attenzione: agli ambiti

della vita e alle situazioni di particolare vulnerabilità o disagio;

ai soggetti operanti nel sociale e capaci di attivare risorse co-

munitarie nell’ottica della comunità solidale e della cittadi-

nanza attiva. Così si lavora ai piani progettuali nei vari ambiti

tematici.

Per quanto riguarda nello specifico gli anziani si rile-

vano bisogni legati sia alla qualità della vita (superare la soli-

tudine e il disagio dovuti alla perdita di forze psico-fisiche),

sia alla situazione economica (dalle spese per la casa alle

spese mediche o alimentari). Molto sentito risulta il bisogno

di dare un senso al tempo libero, di coltivare relazioni, di dare

ancora qualcosa di sé alla società, di poter anche usufruire di

svago e di vacanze. Ne conseguono bisogni di assistenza do-

miciliare socio-sanitaria e di integrazione sociale. Sono altresì

rilevati i bisogni delle famiglie che hanno in cura gli anziani,

come pure - per gli anziani nella case di riposo - bisogni di per-

sonalizzazione dell’intervento, di animazione, di rapporti con

l’esterno.

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La domanda prevalente è di assistenza, ma non gene-

rica, bensì personalizzata: la domanda di poter ancora essere

se stessi, di poter conservare le proprie cose, le proprie abi-

tudini, le proprie amicizie, la propria casa e tutto ciò che essa

rappresenta; di sentirsi ancora vivi, ancora utili, capaci. Le ri-

chieste riguardano: l’attenzione inclusiva ai non autosuffi-

cienti; il sostegno alle famiglie con anziano in casa; la

possibilità di luoghi e iniziative che permettano agli anziani di

sentirsi ancora vivi e importanti. La priorità emersa è quella di

considerare l’anziano come persona di cui aver cura (svilup-

pando le forme di assistenza necessarie) ma anche come ri-

sorsa sia nella famiglia sia nella società (soprattutto per il

patrimonio di saggezza e competenze che può trasmettere

alle nuove generazioni).

Considerato tutto ciò, gli obiettivi prioritari emersi sono:

Sostenere l’anziano bisognoso di cure e mantenerlo nel pro-

prio contesto familiare e sociale attraverso:

- attuazione e potenziamento del sistema integrato di in-

terventi domiciliari (ADI) a favore di soggetti aventi ne-

cessità di assistenza socio-sanitaria in maniera continuata;

- il sostegno e l’aiuto alla famiglia nel gravoso compito as-

sistenziale svolto nei confronti dell’anziano non autosuf-

ficiente;

- la prevenzione di fenomeni come l’esclusione ed emargi-

nazione delle famiglie con pesi particolarmente gravosi;

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- l’impegno a favorire, tramite trasporto sociale agevolato,

l’accesso a servizi socio-sanitari e ricreativo-culturali

anche ai cittadini che si trovano in difficoltà motoria tale

da non poter facilmente accedere ai servizi pubblici.

Alleviare la solitudine valorizzando l’anziano autosufficiente

come protagonista di solidarietà.

Promuovere il ruolo attivo dell’anziano attraverso:

- la riscoperta del valore etico ed educativo del suo patri-

monio di saggezza e competenza, soprattutto come te-

stimone privilegiato delle tradizioni e dei saperi del

territorio distrettuale;

- l’attivazione di percorsi di inclusione sociale dell’anziano

che vanno in favore di adolescenti, giovani, immigrati, ma

anche persone a rischio di devianza;

- la valorizzazione delle risorse umane degli anziani e dei

centri storici (da molti di loro abitati) in iniziative di turi-

smo etico e sociale.

Per il potenziamento dei livelli essenziali di assistenza si pre-

vedono quattro Azioni progettuali:

- potenziamento del servizio ADI, dando risposta anche ai

bisogni di aiuto domestico, igiene, spostamento all’in-

terno dell’abitazione ed erogando il servizio, sulla base

del Piano individuale redatto dall’UVD dell’AUSL, secondo

modalità innovative caratterizzate da flessibilità per ren-

dere più efficaci le prestazioni;

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- interventi di sollievo a favore delle famiglie che assistono

anziani non autosufficienti;

- trasporto sociale agevolato;

- telefono amico, coinvolgendo tutte le reti formali e infor-

mali che si occupano di anziani per prevenire solitudine

ed emarginazione.

Come innovative si propongono due Azioni progettuali:

- la bottega delle arti e delle tradizioni, con l’attivazione di

corsi di educazione al lavoro intesi come percorsi di orien-

tamento-formazione;

- la casa del nonno, come sperimentazione di case-albergo,

con il coinvolgimento attivo degli anziani abitanti nei cen-

tri storici, nel contesto di un turismo etico e responsabile.

Perno del potenziamento dell’ADI è l’integrazione socio-sani-

taria, ma nei vari interventi si prevede anche l’apporto della

comunità, del volontariato e delle cooperative sociali; si so-

stiene la famiglia (“Buono sollievo”); si valorizza l’aiuto tra gli

anziani stessi (“Telefono amico”) e intergenerazionale (“Bot-

tega delle arti e delle tradizioni”).

Per quanto riguarda questi servizi agli anziani c’è una comu-

nicazione prevista come informazione, come criteri per gra-

duatorie, come tipi di prestazioni, ma c’è soprattutto una

comunicazione fatta di messaggi di fondo: «facciamo di tutto

perché l’anziano possa restare nel proprio ambiente, soste-

niamo le famiglie, valorizziamo il suo patrimonio di esperienza

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e competenza».

Nell’insieme l’iter partecipativo permette di predi-

sporre un Piano di zona concordato attraverso un’ampia par-

tecipazione, approfondito attraverso un’attenzione anche alla

storia e alle trasformazioni sociali del territorio, elaborato con

un confronto che ha permesso di disegnare una struttura si-

gnificativa e sistemica, tradotta in precise azioni progettuali.

Da qualche mese è stata attivata la seconda triennalità

del Piano di zona, comprendente gli anni 2010-2012; nell’area

riservata agli anziani sono previsti interventi per il centro

diurno polifunzionale, la bottega delle arti e delle tradizioni, i

soggiorni di vacanza, il telesoccorso, ma soprattutto l’educa-

tiva domiciliare che come intervento più impegnativo tra

A.D.A. e A.D.I. rivolge il suo servizio a circa 300 utenti. Tutto è

stato approvato nell’ottica del bene comune, e si potrà rea-

lizzare solo con una chiamata alla responsabilità per tutti.

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Segno visibile di una politica che si interroga sulla per-

sona e i suoi bisogni, di una città che mira ad essere sempre

più a misura d’uomo, sono i centri sociali per anziani che negli

ultimi quindici anni hanno preso forma nei vari quartieri di

Modica. Qui i cittadini possono trovare spazi di aggregazione

e di svago, di confronto e di stimoli quotidiani, nella consa-

pevolezza che la vecchiaia non è l’autunno della vita, ma può

ancora contenere germi di rinascita. I centri attivi sono tre nei

quartieri del territorio urbano: Modica bassa, Modica Alta e

quartiere Sorda, e uno nella frazione rurale di Frigintini.

a) I centri sociali del territorio urbano

Il più antico tra tutti è quello di Modica Alta, inaugu-

rato nel 1994, che raccoglieva all’inizio circa 200 iscritti che

tuttavia, con il sorgere man mano degli altri centri, sono an-

dati diminuendo, anche a causa di altri fattori legati nello spe-

cifico al quartiere. Il primo è determinato dalla dislocazione

sul territorio, in quanto il centro si trova lontano da una fer-

mata dei mezzi di trasporto pubblici; ciò fa sì che gli utenti

debbano spostarsi prevalentemente a piedi oppure essere ac-

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8. I centri sociali per anziani a Modica

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compagnati da altri. Il secondo fattore è individuato dalla pre-

senza di molti circoli per gli uomini e dalla frequenza assidua

nelle parrocchie per le donne; questo fa sì che la gente abbia

altri luoghi di svago, condivisione, impegno.

Quello di Modica Alta è l’unico centro che gode di lo-

cali sufficientemente grandi e attrezzati, in quanto è stato

l’unico a nascere con tale finalità: oggi conta circa 100 iscritti

con circa 50 assidui. L’assistente sociale a cui è affidata la ge-

stione del centro, attribuisce la diminuzione degli utenti anche

ad una distorta idea del luogo, considerato dagli abitanti del

quartiere quasi una casa di riposo, solo per gente troppo vec-

chia e malata.

Il secondo centro ad essere inaugurato è stato quello

di Modica Bassa; in origine è stato un esperimento, una prova,

ma dura ancora oggi. Certo i locali non erano appropriati, suf-

ficienti all’origine, ma ora non più. Inizialmente era frequen-

tato da soli uomini, quasi un circolo ricreativo e con una sola

unità lavorativa. Ma subito l’obiettivo è stato quello di tra-

sformare il circolo in un centro di attività e di formazione: oggi

le donne sono più degli uomini e gli iscritti assidui sono circa

160, con presenze ogni giorno di almeno 40 utenti.

Il centro sociale del quartiere Sorda è il più recente, è

stato aperto nel 2005, per rispondere alle esigenze di una

zona in forte espansione. Oggi conta circa 300 iscritti, con al-

meno 180 assidui: è il più frequentato, perché nel quartiere

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più popolato. Anche qui i locali non sono nati per essere de-

stinati ad un centro sociale, infatti sono privi di un salone

grande dove svolgere le attività comuni, ma sono divisi in

stanzette che certo non aiutano la socializzazione.

Tutti i centri, essendo comunali, godono di uno stesso

regolamento che prevede l’età minima di 55 anni per le donne

e 60 per gli uomini, una irrisoria quota di iscrizione annuale,

e la presenza di un comitato di gestione composto da 5 mem-

bri, eletti tra gli utenti. I centri sono aperti tutti i pomeriggi

fino al venerdì e il martedì e il giovedì anche di mattina.

La programmazione delle attività spetta naturalmente

all’assistente sociale che tuttavia non può non tener conto

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delle istanze avanzate dal comitato, nonché delle preferenze

degli utenti. In genere l’attività preferita dagli uomini è il gioco

delle carte che interessa anche le donne solo nel centro del

quartiere Sorda, mentre negli altri due centri esse chiacchie-

rano, lavorano la lana, leggono, cucinano. Infatti ogni centro

possiede una cucina attrezzata per cuocere cibi, ed è soprat-

tutto la mattina che le donne cucinano dolci per poi offrirli a

tutti il pomeriggio. Le attività ordinarie quindi sono il gioco

delle carte, la lettura, le discussioni, la cucina, ma anche i balli

di gruppo; il tutto differenziato per ogni centro, secondo lo

stile dell’assistente preposto. Ogni centro ha dei giorni stabi-

liti a settimana in cui un istruttore anima un’ora di ginnastica

dolce o di balli di gruppo, che sono molto frequentati. Le at-

tività straordinarie invece sono comuni a tutti i centri e coin-

cidono con le feste religiose e non, e sono frequenti nel corso

dell’anno: Natale, Carnevale, S. Valentino, festa della donna,

festa della mamma e del papà, Pasqua. Sono organizzate at-

tività specifiche o vere e proprie serate danzanti, uscite di una

giornata, feste con animazione e piccole rappresentazioni in

cui gli anziani non temono di mettersi alla prova, di scom-

mettersi, di prendersi gioco di sé. Infine non mancano gli at-

tesi viaggi; tutti i centri organizzano in genere due soggiorni,

uno a maggio di sette giorni in una città dell’Italia, e uno a set-

tembre di tre giorni in un villaggio-vacanze. Tutte queste atti-

vità sono realizzate con i contributi privati dei singoli utenti

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perché il Comune non ha disponibilità economiche sufficienti

per finanziarle.

I centri in collaborazione tra loro hanno talora realiz-

zato progetti ancora più impegnativi: mostra di foto antiche,

mostra sull’artigianato, ricettario di cucina. Per quanto ri-

guarda quest’ultimo progetto, esso è stato realizzato in colla-

borazione con il centro polivalente di Frigintini e con il Centro

per rifugiate politiche “Il Dono”, per intraprendere un per-

corso di integrazione sociale attraverso lo scambio di ricette e

la degustazione dei piatti tipici, all’insegna della tavola vista

come luogo di incontro e di accoglienza. Le ricette sono state

raccolte in un volumetto intitolato “Ulivo e Baobab”, il rica-

vato della cui vendita è servito ad attrezzare i centri di cucine

e pentolame vario.

Un altro lavoro è stato realizzato nel 2008 solamente

dal Centro Sociale “P. Battaglia” del quartiere Sorda, in colla-

borazione con la scuola media Giovanni XXIII. Alla fine di un

corso breve di “Beni Culturali” è stata fatta una pubblicazione

riguardante i monumenti e le ricchezze architettoniche della

nostra città di Modica, una sorta di guida scritta dagli utenti ad

uso e consumo dei propri pari provenienti da ogni angolo del-

l’Italia per orientarsi in modo semplice e diretto.

Questi risultati editoriali non sono soltanto la crea-

zione di un filo diretto con i lettori, ma anche la dimostrazione

di come si pone in termini di utilità intellettuale il ruolo e la

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funzione della terza età.

Le uniche lamentele avvertite tra gli utenti dei centri

riguardano la chiusura festiva per 15 giorni nel mese di ago-

sto, in quanto molti anziani rimangono in città e non hanno

come trascorrere il tempo; riconoscono nel centro ormai una

seconda casa dove trascorrere il tempo, dove incontrare amici

e dimenticare i problemi familiari. Solo il centro sociale di Mo-

dica Bassa in estate vive una situazione diversa, si svuota com-

pletamente; infatti gli utenti possiedono tutti una seconda

casa per la villeggiatura in campagna o al mare e quindi sono

abituati a lasciare la città per le vacanze estive.

In genere le persone che frequentano questi centri

sono autonome ed auto-sufficienti, altrimenti non potrebbero

raggiungere le sedi, non mettendo il Comune a disposizione

nessun mezzo pubblico. La piacevole constatazione è che tra

loro non vi sono solo uomini ma anche molte donne, spesso

vedove, e coppie che partecipano alle varie attività insieme.

In genere si tratta di artigiani, coltivatori diretti, qualche im-

piegato, con un livello di istruzione che spesso si ferma alla li-

cenza media. Si incontrano solo in rari casi persone

completamente sole, ma i più, pur avendo un nucleo fami-

liare attorno, cercano uno svago fuori casa, per comunicare,

stare con gli altri, rimanere attivi.

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b) Il centro sociale di Frigintini

Il Centro Sociale della frazione rurale di Frigintini è un

centro polivalente per anziani e ragazzi, attivo dal maggio

2003 che è divenuto comunale solo a partire dal 1 marzo

2011, ma continua ad essere sempre gestito da due coopera-

tive: “L’Arca”, che si occupa dell’animazione sia sportiva che

socio-culturale, e “Il Gruppo” che comprende tutte le altre fi-

gure lavorative.

In totale le presenze prevedono due animatori, due

coordinatrici, due custodi, l’autista del pulmino e due ausi-

liari. Le assistenti sociali si occupano del coordinamento e

della programmazione, ma le attività in concreto sono gestite

dalle animatrici. Di mattina non ci sono attività strutturate,

che sono previste invece tutti i pomeriggi fino al venerdì.

In totale gli anziani iscritti sono circa 230, con una

frequenza giornaliera di 50-60 al giorno. Oltre alle persone

iscritte, frequentano il centro anche utenti che non rien-

trano nelle fasce d’età sia dei ragazzi che degli anziani ma,

firmando una liberatoria, possono partecipare alle attività.

Spesso nella programmazione questo centro ha seguito le

proposte degli altri centri comunali, ma non sempre, es-

sendo radicato in una realtà storica, geografica e sociale di-

versa. Ad esempio, le gite di lunga durata non hanno mai

trovato un’ampia adesione, in quanto in questa realtà con-

tadina gli utenti possiedono piccole aziende, animali, oppure

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lavorano i campi e quindi sono impossibilitati ad allontanarsi

di casa.

Nelle attività ordinarie è prevista ogni giorno un’ora di

ginnastica dolce e poi un’ora di balli di gruppo, spesso anche

una terza ora di yoga, oppure laboratori specifici che variano

a seconda dei periodi dell’anno: laboratori di cucina, di teatro,

di cucito, di riciclo. L’ultimo laboratorio ad essere stato realiz-

zato è la pubblicazione di un volumetto di preghiere in dia-

letto scritte sul racconto degli anziani stessi. Le donne, che

sono molto attirate dalla ginnastica e dai balli, formano un

terzo degli utenti; gli uomini giocano a carte e partecipano ai

balli insieme alle mogli: l’obiettivo è anche qui quello di evi-

tare la struttura del circolo ma creare un tessuto di relazione,

di contatti umani, di attività di formazione.

La frequenza dell’utenza varia a seconda dei periodi

di raccolta o di semina dei campi; ad esempio ad ottobre quasi

tutti sono impegnati nella raccolta delle olive, mentre sono

più assidui in primavera anche grazie all’orario più tardo del

tramonto.

Nessuno degli utenti si può considerare un abbandonato, nep-

pure chi è single o vedovo, perché i legami familiari o di vici-

nato qui sono molto forti.

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Nelle battaglie che abbiamo raccontato, nelle radici

della storia che abbiamo ricordato, non è mai mancata in-

sieme alle forze politiche ed ecclesiali, anche quella specifi-

catamente sindacale che ha sempre lottato a fianco delle

prime, soprattutto nel conseguimento dell’assistenza domici-

liare. Se la categoria dello SPI della CGIL nel 2001 ha pubbli-

cato un’indagine sulla condizione degli anziani a Modica, volta

a conoscere le loro abitudini e i loro bisogni, nonché le loro

aspettative nei confronti della città, parallelamente ha atti-

vato in provincia l’AUSER, un’associazione di volontariato e di

promozione sociale, impegnata nel favorire l’invecchiamento

attivo degli anziani e a far crescere il loro ruolo nella società.

Nata in seno alla CGIL nel 1989, l’AUSER presenta una

proposta rivolta in maniera prioritaria agli anziani, ma aperta

alle relazioni di dialogo tra generazioni, nazionalità, culture

diverse. Si propone di:

- contrastare ogni forma di esclusione sociale;

- migliorare la qualità della vita;

- diffondere la cultura e la pratica della solidarietà e della

partecipazione;

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9. L’impegno sindacale e l’AUSER

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- valorizzare l’esperienza, le capacità e la creatività degli an-

ziani;

- sviluppare i rapporti di solidarietà e scambio con le gene-

razioni più giovani.

È giunta al suo sesto anno di vita, l’iniziativa dell’istru-

zione e di formazione della terza età, dal titolo “Una città che

apprende”. Dopo la storia, la storia dell’arte, la letteratura e il

cinema, quest’anno l’argomento sarà l’alfabetizzazione infor-

matica, con un corso base per anziani che si terrà nell’aula in-

formatica dell’Istituto tecnico commerciale “Archimede” di

Modica. Le lezioni saranno tenute, oltre che da docenti d’in-

formatica, anche dagli alunni dell’istituto, allo scopo di creare

un ponte fra generazioni.

In fase sperimentale è invece il Filo D’argento, il servi-

zio di telefonia sociale che l’AUSER ha avviato in tutta Italia e

dal mese di marzo 2011 anche in provincia di Ragusa. È un

numero gratuito dedicato agli anziani per contrastare la soli-

tudine e l’emarginazione, per aiutare a vivere con più facilità

le difficoltà della vita di ogni giorno. Con una semplice tele-

fonata si può richiedere solamente compagnia telefonica o

domiciliare, ma anche piccoli servizi quali consegna a casa

della spesa o dei farmaci, prestazioni di “trasporto protetto”

verso centri socio-sanitari per visite o terapie, avere infor-

mazioni sui servizi attivi sul proprio territorio. A turno, 10

volontari opportunamente formati, ascolteranno le richieste

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dell’utenza, prestando ascolto e compagnia telefonica, indi-

rizzando verso strutture pubbliche o private per la risoluzione

di problemi complessi, o inviando presso il domicilio dell’u-

tente, laddove necessario, un volontario che possa svolgere

piccoli servizi.

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Il gruppo Caritas dei volontari in servizio per gli anziani

nasce spontaneamente alla fine degli anni ’70 tra i giovani

della comunità ecclesiale di Modica e dietro l’appassionato

“coraggio!” di Mons. Gambuzza: tra momenti di forza e di de-

bolezza, grazie a nuove adesioni, oggi vive ancora.

Si tratta di un piccolo gruppo di volontari di diverse

età, da giovani a pensionati, che hanno deciso di dedicare il

loro tempo libero a chi ha più bisogno, in particolare chi, come

l’anziano, è abbandonato e dimenticato. I componenti del

gruppo si incontrano periodicamente una volta al mese per

fare la programmazione delle attività, accogliere le segnala-

zioni, valutare situazioni di disagio e di eventuale intervento,

fare attività formativa per se stessi.

Nel corso dell’anno le attività previste sono semplici

ma significative; innanzitutto c’è l’impegno di visitare persone

anziane, conosciute o variamente segnalate, direttamente a

casa loro, e di andare ogni prima domenica del mese a tro-

vare gli anziani ricoverati presso il Boccone del Povero, oggi

Oasi Cusmaniana, per incontrarli nello stile della visita evan-

gelica, offrire loro ascolto e una parola di conforto, allietarli

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10. Il gruppo Caritas “Volontari per gli Anziani”

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con il sorriso. Poi ci sono momenti di festa organizzati in date

significative dell’anno, Natale, Epifania, Carnevale, Pasqua,

S. Martino, in cui gli animatori si danno appuntamento

presso l’istituto con dolci, musica, doni a seconda dell’occa-

sione. In particolare, invece, per le feste dei patroni della

città, S. Pietro e S. Giorgio, con un pulmino o macchine pri-

vate gli ospiti della casa vengono accompagnati nelle rispet-

tive chiese dove trovano sempre l’accoglienza del parroco e

venerano la statua del santo pregando. Alla fine della visita,

per la festa di S. Giorgio è tradizione assaggiare i “piretta”; per

la festa di S. Pietro invece consumano con piacere il gelato.

Un’altra iniziativa attesa dagli anziani curati dal gruppo

è il pranzo a base di ricotta che viene realizzato in primavera

in un agriturismo della zona; è un’occasione per tutti di uscire,

fare una passeggiata e gustare cibi della tradizione modicana.

Tuttavia l’iniziativa principale rimane la vacanza estiva

tra giovani e anziani insieme, organizzata ogni estate in una

villa presa in affitto; a questa vacanza vengono invitati princi-

palmente le persone ospiti presso il Boccone del Povero, ma

anche altri anziani soli segnalati dalle parrocchie. Quest’estate

la vacanza è stata vissuta per la venticinquesima volta.

Se nei primi anni la vacanza era organizzata in due

turni e per più giorni, oggi a causa della minore disponibilità

di volontari si prevede solo un turno di cinque giorni, sempre

però con le caratteristiche suddette.

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Chi va a visitare oggi gli ospiti del Boccone del Povero

si può accorgere facilmente che questa vacanza lascia ricordi

indelebili e viene attesa con largo anticipo; è l’unico modo per

tanti anziani soli di trascorrere in modo piacevole alcuni giorni

dell’estate: basta solo voler donare ad essi un po’ del proprio

tempo e della propria gioia.

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La più recente opera di carità della nostra diocesi in

favore dei malati terminali e degli anziani soli è la Fondazione

Madre Teresa di Calcutta ONLUS, che nasce dal desiderio del

vescovo emerito Mons. Salvatore Nicolosi di testimoniare

concretamente una carità attenta a chi resta solo o ha bisogno

di cure. Un fondo donato dallo stesso vescovo costituisce il

patrimonio iniziale, destinato a sostenere attività di assistenza

sanitaria, farmaceutica, infermieristica, sociale, religiosa in fa-

vore di malati o anziani bisognosi, nell’intento principale di

non allontanarli dalla loro abitazione, per quanto è possibile.

L’attuale vescovo di Noto, Mons. Staglianò, ha invece reso di-

sponibile una casa come sede della fondazione e di attività

residenziali.

Il principale servizio offerto dalla Fondazione sarà l’ac-

compagnamento di persone con malattie terminali o in stato

di vecchiaia invalidante, secondo le segnalazioni pervenute

dai Centri di ascolto della Caritas. A ciò si aggiungeranno atti-

vità di animazione in collaborazione con le associazioni di vo-

lontariato presenti in diocesi. Altre iniziative, di carattere

domiciliare, si collegano alla Casa don Puglisi di Modica e ai

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11. Nuove prospettive:la Fondazione Madre Teresa di Calcutta

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vari gruppi di volontariato che nella diocesi hanno al centro la

cura del malato e dell’anziano. La Fondazione Madre Teresa

sarà inoltre partner della Caritas diocesana in progetti volti al

potenziamento di opere di aiuto e di ascolto. Tanto altro potrà

nascere dalla solidarietà evangelica e dall’impegno degli uo-

mini di buona volontà, da ogni piccolo gesto, nel segno di

quella carità ricordata da Mons. Nicolosi nella lettera conclu-

siva del Sinodo diocesano: «Ogni gesto della fede è misurato

dalla carità, che non può che iniziare da quanti sono più bi-

sognosi del nostro affetto. Per questo il cuore delle decisioni

sinodali è il capitolo sulla buona novella annunciata ai poveri.

Questa buona novella annunciata ai poveri fu il cuore stesso

del messaggio di Gesù lungo le strade della Palestina».

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Le tappe dell’impegno ecclesiale e politico della no-

stra Modica di tanti anni fa avranno avuto la loro importanza

solo se rimarranno nella memoria collettiva. Di chi era prota-

gonista e di chi non ne immagina neppure l’esistenza.

Gli interventi legislativi dal basso e dall’alto ci indicano

le vie concrete da seguire per risolvere i problemi insieme,

come società civile.

Le iniziative attuali, realizzate da parti diverse, ci aiu-

tano a conoscere la nostra realtà e i servizi che sono offerti

nello specifico agli anziani. Ma tutto non può finire qui: ne-

cessita della nostra responsabilità a cogliere ciò che ci è

stato trasmesso e della “passione” a continuare. Ad assu-

mere una prospettiva che parte dal basso, quella dei poveri,

per farli diventare la cifra del nostro pensare, come ci ha ri-

cordato in una sua relazione don Rosario Gisana: «La pre-

senza dei poveri nella storia rappresenta un kairòs, un

tempo propizio, un momento rivelatorio dell’intenso e pas-

sionale amore di Dio per gli uomini con le molteplici propo-

ste di nuove strade aperte in vista di una genuina fedeltà alla

Parola. Il processo di liberazione dei poveri dipende dalla di-

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CCCCOOOONNNN CCCCLLLLUUUUSSSS IIII OOOONNNN IIII

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sponibilità di lasciarsi interpellare dalla Parola incarnata e di

penetrare nell’amore le dimensioni di povertà che brulicano

negli ambiti della vita».

Solo lasciandoci interpellare dalla Parola incarnata e

penetrando tutte le dimensioni della povertà potremo ri-

spondere alla domanda di Nicodemo «Come può nascere un

uomo quando è vecchio?».

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Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7

1. Le sollecitazioni teoriche (1977-1978). . . . . . . . . . pag. 9

2. Le prime ba+aglie sul campo (1978-1985) . . . . . . pag. 11

3. La prima vacanza es*va con gli anziani (1985) . . . pag. 23

4. La Scuola Socio-Pastorale e l’intervento

di Mons. Nervo (1988-1989). . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27

5. Gli interven* legisla*vi regionali e nazionali . . . . pag. 31

6. Il Pa+o sociale per la ci+à di Modica:

2 aprile 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37

7. Il Piano socio-sanitario di zona:

il Distre+o 45 di Modica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41

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8. I centri sociali per anziani a Modica . . . . . . . . . . . pag. 48

9. L’impegno sindacale e l’AUSER . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 56

10. Il gruppo Caritas “Volontari per gli Anziani” . . . pag. 59

11. Nuove prospe,ve:

la Fondazione Madre Teresa di Calcu+a . . . . . . . pag. 62

Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 64

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CANTICO DI UN ANZIANOBenedetti quelli che mi guardano con simpatia.

Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco.

Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità.

Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti.

Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza.

Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi

già tante volte ripetuti.

Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto.

Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo.

Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine.

Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza.

Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita.

Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio.

Quando entrerò nella vita senza fine

mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù.

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Finito di stamparenel mese di maggio 2011

presso Grafiche Santocono - Rosolini

Impaginazione a cura diTimbri e... - Modica

Le foto contenute nel volume sono trattedagli archivi del Gruppo Caritas “Volontari per gli Anziani”

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