Come l'occhio umano mette a fuoco le...

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Il cristallino dell'occhio umano è sospeso a filamenti, raggruppati nelle zonule di Zinn (fibre viola), che si dipartono dal muscolo ciliare, un anello che circonda il cristallino stesso. In questa vista frontale il muscolo, inglobato nel corpo ciliare (la zona scura), non è visibile. Il muscolo cibare e le zonule esercitano un'importante funzione di controllo sulla capacità di accomodazione del cristalli- no, ossia la proprietà di cambiare forma per migliorare la messa a fuoco. La capacità di accomodazione in genere viene meno intorno ai 45 anni. La fotografia è stata eseguita da Patricia N. Farnsworth, della University of Medicine and Dentistry of New Jersey a Newark. C apita quasi a tutti: verso i 45 anni di età diventa impossibile leg- gere senza l'aiuto degli occhiali. Come riesce l'occhio giovane e sano a mettere a fuoco un oggetto vicino? Per- ché la capacità di visione ravvicinata di- minuisce progressivamente? La risposta alla prima domanda è stata per lungo tempo incompleta e per quanto riguarda la seconda si è ancora nel campo delle congetture. Per mezzo di studi fotogra- fici del cristallino e di modelli mate- matici, abbiamo recentemente ottenuto nuovi contributi su entrambi i problemi. Abbiamo dimostrato che molti fenome- ni contribuiscono a limitare progressiva- mente la capacità di mettere a fuoco gli oggetti vicini; altri processi contrastano il declino per un certo tempo, ma infine vengono meno, di solito nel quinto de- cennio di vita. Quando osserviamo qualcosa, la luce riflessa dall'oggetto attraversa la cornea (la guaina trasparente che riveste la par- te anteriore dell'occhio) e un fluido noto come umor acqueo, proseguendo attra- verso la pupilla e il cristallino, che nor- .malmente è trasparente e ha forma e orientazione simili a quelle della lente di un obiettivo fotografico. La luce passa poi attraverso il corpo vitreo, di consi- stenza gelatinosa, per giungere fino alla retina, la parte dell'occhio che trasforma la luce in segnali elettrici, che a loro volta vengono trasmessi al cervello per essere interpretati. Perché l'immagine venga messa a fuo- co, la luce deve essere deviata in modo che i raggi convergano nella fovea, il centro della retina. Più un oggetto si tro- va vicino all'occhio, più la luce deve es- sere deviata perché questo sia visto chia- ramente. Cornea, umor acqueo e corpo vitreo hanno tutti un determinato potere di rifrazione, che è la capacità di deviare la luce, ma è il cristallino ad avere la proprietà dell'accomodazione: può cioè incrementare la curvatura delle superfici frontale e posteriore, aumentando così la propria capacità di messa a fuoco. C osa consente al cristallino di adattare la sua curvatura? Una spiegazione di massima, che il nostro lavoro e quello di altri confermano nelle linee generali, fu data alla metà del XIX secolo dal me- dico tedesco Hermann von Helmholtz nel suo Handbuch der physiologischen Optik. Helmholtz scoprì che il cristallino è tenuto sospeso da filamenti che si di- partono dal cosiddetto muscolo ciliare, che circonda l'equatore (o margine) del cristallino come un collare, ma non ne è a diretto contatto. Questi filamenti non elastici, raggruppati nelle zonule di Zinn formano, come oggi è noto, tre anelli di «raggi» intorno al cristallino; un anello si inserisce all'equatore e gli altri due si collegano di poco anteriormente e po- steriormente a esso. Helmholtz avanzò l'ipotesi che quan- do l'occhio è a fuoco all'infinito (che per l'uomo inizia a circa sei metri di distan- za), il muscolo ciliare, simile a uno sfin- tere, si rilassi e, quindi, si espanda: il diametro del muscolo circolare raggiun- ge il suo massimo valore. Quando il mu- scolo si espande mette in tensione le zo- nule, provocando una loro trazione sul cristallino. Questa trazione appiattisce le superfici frontale e posteriore del cri- stallino e ne aumenta il diametro equa- toriale. In queste condizioni, dette «sta- to di disaccomodazione», la capacità del cristallino di deviare la luce è minima. La capacità di rifrazione combinata di cor- nea, umor acqueo, cristallino disacco- modato e corpo vitreo è quella adatta alla messa a fuoco nella fovea dell'imma- gine di un oggetto lontano. Quando l'occhio cerca di mettere a fuoco un punto posto a una distanza in- feriore ai sei metri, il muscolo ciliare si contrae, riducendo il diametro della pro- pria apertura e provocando anche un leggero movimento in avanti del musco- lo stesso. Questi cambiamenti riducono la tensione sulle zonule e di conseguenza la tensione esercitata dalle zonule sul cri- stallino, che inizia subito a distendersi elasticamente: così come una palla di spugna elastica si espande dopo essere stata compressa, il cristallino ritorna a uno stato più rilassato. Quando il cristal- lino mette a fuoco oggetti progressiva- mente più vicini, aumenta il suo spesso- re, la sua superficie accentua la curvatu- ra e il diametro equatoriale diminuisce. Questo processo di rilassamento è con- trollato con precisione affinché l'aumen- to del potere di rifrazione sia esattamen- te quello necessario per mettere a fuoco oggetti posti a meno di sei metri. Il cristallino è disaccomodato (ha cioè massimo appiattimento e minima capa- cità di rifrazione) quando è sottoposto alla massima tensione, ossia quando l'occhio mette a fuoco all'infinito e il mu- scolo ciliare è completamente rilassato. Il cristallino è in stato di massima acco- modazione (ha curvatura più accentuata e massima capacità di rifrazione) quando è sottoposto alla tensione minima, ossia quando l'occhio mette a fuoco l'oggetto più vicino distinguibile e il muscolo cilia- re è fortemente contratto. Il modello del processo di accomoda- zione sviluppato da Helmholtz è oggi ampiamente accettato, ma lascia molte domande inevase. Per esempio, quali ef- fetti hanno sulla forma del cristallino pic- coli cambiamenti della tensione esercita- ta dalle zonule? Di quanto deve diminui- re la forza esercitata dalle zonule per in- durre una curvatura del cristallino suffi- ciente, per esempio, a leggere e con qua- le angolazione le zonule devono incon- trare il cristallino? Il corpo vitreo, a cui Helmholtz prestò poca attenzione, ha qualche ruolo nell'accomodazione? Per di più. Helmholtz immaginava il cristallino come una sacca piena di flui- do, in grado di cambiare facilmente for- ma. In realtà il materiale all'interno del- Come l'occhio umano mette a fuoco le immagini Con il progredire dell'età la capacità dell'occhio di mettere a fuoco gli oggetti vicini diminuisce gradualmente in relazione a cause diverse, tra le quali cambiamenti nella forma e nella biochimica del cristallino di Jane F. Koretz e George H. Handelman 96 97

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Il cristallino dell'occhio umano è sospeso a filamenti, raggruppatinelle zonule di Zinn (fibre viola), che si dipartono dal muscolociliare, un anello che circonda il cristallino stesso. In questa vistafrontale il muscolo, inglobato nel corpo ciliare (la zona scura), nonè visibile. Il muscolo cibare e le zonule esercitano un'importante

funzione di controllo sulla capacità di accomodazione del cristalli-no, ossia la proprietà di cambiare forma per migliorare la messa afuoco. La capacità di accomodazione in genere viene meno intornoai 45 anni. La fotografia è stata eseguita da Patricia N. Farnsworth,della University of Medicine and Dentistry of New Jersey a Newark.

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apita quasi a tutti: verso i 45 annidi età diventa impossibile leg-gere senza l'aiuto degli occhiali.

Come riesce l'occhio giovane e sano amettere a fuoco un oggetto vicino? Per-ché la capacità di visione ravvicinata di-minuisce progressivamente? La rispostaalla prima domanda è stata per lungotempo incompleta e per quanto riguardala seconda si è ancora nel campo dellecongetture. Per mezzo di studi fotogra-fici del cristallino e di modelli mate-matici, abbiamo recentemente ottenutonuovi contributi su entrambi i problemi.Abbiamo dimostrato che molti fenome-ni contribuiscono a limitare progressiva-mente la capacità di mettere a fuoco glioggetti vicini; altri processi contrastanoil declino per un certo tempo, ma infinevengono meno, di solito nel quinto de-cennio di vita.

Quando osserviamo qualcosa, la luceriflessa dall'oggetto attraversa la cornea(la guaina trasparente che riveste la par-te anteriore dell'occhio) e un fluido notocome umor acqueo, proseguendo attra-verso la pupilla e il cristallino, che nor-.malmente è trasparente e ha forma eorientazione simili a quelle della lente diun obiettivo fotografico. La luce passapoi attraverso il corpo vitreo, di consi-stenza gelatinosa, per giungere fino allaretina, la parte dell'occhio che trasformala luce in segnali elettrici, che a loro voltavengono trasmessi al cervello per essereinterpretati.

Perché l'immagine venga messa a fuo-co, la luce deve essere deviata in modoche i raggi convergano nella fovea, ilcentro della retina. Più un oggetto si tro-va vicino all'occhio, più la luce deve es-sere deviata perché questo sia visto chia-ramente. Cornea, umor acqueo e corpovitreo hanno tutti un determinato poteredi rifrazione, che è la capacità di deviarela luce, ma è il cristallino ad avere laproprietà dell'accomodazione: può cioèincrementare la curvatura delle superfici

frontale e posteriore, aumentando cosìla propria capacità di messa a fuoco.

Cosa consente al cristallino di adattarela sua curvatura? Una spiegazione

di massima, che il nostro lavoro e quellodi altri confermano nelle linee generali,fu data alla metà del XIX secolo dal me-dico tedesco Hermann von Helmholtznel suo Handbuch der physiologischenOptik. Helmholtz scoprì che il cristallinoè tenuto sospeso da filamenti che si di-partono dal cosiddetto muscolo ciliare,che circonda l'equatore (o margine) delcristallino come un collare, ma non ne èa diretto contatto. Questi filamenti nonelastici, raggruppati nelle zonule di Zinnformano, come oggi è noto, tre anelli di«raggi» intorno al cristallino; un anellosi inserisce all'equatore e gli altri due sicollegano di poco anteriormente e po-steriormente a esso.

Helmholtz avanzò l'ipotesi che quan-do l'occhio è a fuoco all'infinito (che perl'uomo inizia a circa sei metri di distan-za), il muscolo ciliare, simile a uno sfin-tere, si rilassi e, quindi, si espanda: ildiametro del muscolo circolare raggiun-ge il suo massimo valore. Quando il mu-scolo si espande mette in tensione le zo-nule, provocando una loro trazione sulcristallino. Questa trazione appiattiscele superfici frontale e posteriore del cri-stallino e ne aumenta il diametro equa-toriale. In queste condizioni, dette «sta-to di disaccomodazione», la capacità delcristallino di deviare la luce è minima. Lacapacità di rifrazione combinata di cor-nea, umor acqueo, cristallino disacco-modato e corpo vitreo è quella adattaalla messa a fuoco nella fovea dell'imma-gine di un oggetto lontano.

Quando l'occhio cerca di mettere afuoco un punto posto a una distanza in-feriore ai sei metri, il muscolo ciliare sicontrae, riducendo il diametro della pro-pria apertura e provocando anche unleggero movimento in avanti del musco-

lo stesso. Questi cambiamenti riduconola tensione sulle zonule e di conseguenzala tensione esercitata dalle zonule sul cri-stallino, che inizia subito a distendersielasticamente: così come una palla dispugna elastica si espande dopo esserestata compressa, il cristallino ritorna auno stato più rilassato. Quando il cristal-lino mette a fuoco oggetti progressiva-mente più vicini, aumenta il suo spesso-re, la sua superficie accentua la curvatu-ra e il diametro equatoriale diminuisce.Questo processo di rilassamento è con-trollato con precisione affinché l'aumen-to del potere di rifrazione sia esattamen-te quello necessario per mettere a fuocooggetti posti a meno di sei metri.

Il cristallino è disaccomodato (ha cioèmassimo appiattimento e minima capa-cità di rifrazione) quando è sottopostoalla massima tensione, ossia quandol'occhio mette a fuoco all'infinito e il mu-scolo ciliare è completamente rilassato.Il cristallino è in stato di massima acco-modazione (ha curvatura più accentuatae massima capacità di rifrazione) quandoè sottoposto alla tensione minima, ossiaquando l'occhio mette a fuoco l'oggettopiù vicino distinguibile e il muscolo cilia-re è fortemente contratto.

Il modello del processo di accomoda-zione sviluppato da Helmholtz è oggiampiamente accettato, ma lascia moltedomande inevase. Per esempio, quali ef-fetti hanno sulla forma del cristallino pic-coli cambiamenti della tensione esercita-ta dalle zonule? Di quanto deve diminui-re la forza esercitata dalle zonule per in-durre una curvatura del cristallino suffi-ciente, per esempio, a leggere e con qua-le angolazione le zonule devono incon-trare il cristallino? Il corpo vitreo, a cuiHelmholtz prestò poca attenzione, haqualche ruolo nell'accomodazione?

Per di più. Helmholtz immaginava ilcristallino come una sacca piena di flui-do, in grado di cambiare facilmente for-ma. In realtà il materiale all'interno del-

Come l'occhio umanomette a fuoco le immagini

Con il progredire dell'età la capacità dell'occhio di mettere a fuocogli oggetti vicini diminuisce gradualmente in relazione a cause diverse,tra le quali cambiamenti nella forma e nella biochimica del cristallino

di Jane F. Koretz e George H. Handelman

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CAPSULACORTECCIA

NUCLEO

POLOANTERIOR

ZONULA

FIBRA

CELLULAEPITELIALE CAPSULA

CRISTALLINORETINA

CORPO CILIAR

ZONULE

CORNEA

CORPO VITREO

la «sacca» è costituito da lunghe fibrenastriformi che si intrecciano e si sovrap-pongono l'una all'altra come gli strati diuna cipolla. La sacca vera e propria, os-sia la capsula del cristallino, è costituitada fibre di tipo diverso, orientate paral-lelamente alla superficie del cristallino.Entrambi i tipi di fibre, che sono ricchidi proteine, resistono alla trazione, manon al piegamento. Queste scoperte fan-no sorgere un'ulteriore domanda: qualeeffetto ha sull'accomodazione l'organiz-zazione strutturale del cristallino?

Per dare risposta a questo tipo di do-mande si dovrebbero idealmente esami-nare le zonule e il corpo vitreo diretta-mente nell'occhio in vivo, misurando lagrandezza e la direzione delle forze cheesse esercitano sulla capsula e sul corpodel cristallino. Il ricercatore dovrebbeanche misurare la distribuzione delleforze attraverso il cristallino per deter-minare l'effetto della struttura internasulla risposta alle sollecitazioni esterne.In realtà è ovviamente impossibile effet-tuare misurazioni dirette di questo tipo.

È possibile, tuttavia, descrivere in vi-vo i cambiamenti della forma del cristal-lino durante l'accomodazione e calcola-re l'intensità e la direzione delle forzeche dovrebbero agire sul cristallino perprodurli. Questa informazione può allo-ra essere correlata a ciò che si conoscesu come è fatto l'occhio, per determina-re quali strutture siano in grado di eser-citare le forze calcolate.

uesta è la metodologia a cui ci sia-mo attenuti. Siamo partiti dal mo-

dello matematico del corpo del cristalli-no (cioè del cristallino senza la capsula).Per semplicità ci siamo limitati a consi-derare il cristallino di una persona gio-vane, di circa 10 anni. In questo caso ilcristallino può essere rappresentato inmaniera piuttosto accurata come unasfera un poco distorta formata da dueemisferi di raggio differente, uno checorrisponde alla porzione frontale delcristallino e l'altro alla porzione poste-riore. Abbiamo quindi introdotto nel

Le zonule si inseriscono nella capsula, omembrana esterna del cristallino, in corri-spondenza dell'equatore, o margine, e dipoco anteriormente e posteriormente a es-so. Il corpo del cristallino è costituito da dueregioni principali: il nucleo (cristallino fe-tale) e la corteccia, formata dalle fibre che,a partire dalla nascita, si sono via via stra-tificate. Le fibre, che si estendono dal poloanteriore a quello posteriore, sono in origi-ne cellule epiteliali (in basso) disposte lungola periferia del corpo del cristallino. Con iltempo, le cellule si allungano a formare na-stri, perdono i nuclei e vengono ricoperteda nuove cellule: di conseguenza il cristal-lino aumenta di spessore. Le fibre del cri-stallino si sovrappongono l'una all'altra,proprio come gli strati di una cipolla.

nostro modello alcune ipotesi circa l'ela-sticità del corpo del cristallino, per esem-pio postulando che esso risponda in mo-do diverso a tensioni esercitate paralle-lamente o perpendicolarmente rispettoal suo asse ottico. Nel modello abbiamoanche supposto che le fibre del cristalli-no, in quanto intrecciate fra loro, nonpossano scivolare l'una sull'altra: il cri-stallino può cambiare forma solo se lefibre alterano la propria curvatura.

I nostri calcoli indicavano che tutte leforze agenti sulla superficie del corpo delcristallino durante l'accomodazione so-no approssimativamente uguali e hannouna direzione all'incirca perpendicolarealla superficie del cristallino. Questascoperta suggerisce che la capsula - cheè soggetta a forze esercitate dalle zonulein punti separati ed è l'unica struttura adiretto contatto con il corpo del cristal-lino (le zonule non penetrano all'internodel corpo) - trasformi queste tensioni se-parate in una forza di compressione uni-forme che agisce sull'intera superficiedel cristallino. Quando la sollecitazionedelle zonule sulla capsula cessa, la forzadi compressione che agisce sul corpo delcristallino viene meno; anche la forza dicompressione all'interno del cristallino èridotta e quest'ultimo recupera elastica-mente la sua forma. La scoperta che laforza esercitata dalla capsula è perpen-dicolare alla superficie del corpo del cri-stallino non è del tutto sorprendente. Lezonule esercitano una forza che ha siauna componente parallela (di trazione)sia una componente perpendicolare (dicompressione). Le fibre della capsula,tuttavia, resistono alla trazione sicchésolo la forza perpendicolare viene tra-smessa al cristallino.

Un'altra implicazione importante èche la forma assunta dal cristallino in unadeterminata fase dell'accomodazione èin effetti diversa dalla forma che assume-rebbe se si trattasse semplicemente diuna sacca piena di fluido. Sotto l'azionedi una pressione uniforme sulla propriasuperficie, una sacca piena di fluido nonpotrebbe assumere la curvatura che co-nosciamo nel cristallino accomodato. Icambiamenti di forma osservati devonoperciò essere influenzati dalla strutturainterna del cristallino.

Eravamo ora pronti a determinare leforze esercitate sul cristallino da altrestrutture dell'occhio. Il rilassamento del-le zonule può essere responsabile di granparte, ma non di tutto il mutamento diforma osservato nel cristallino durante ilritorno elastico alla forma di partenza.Ciò suggerisce che il corpo vitreo possaprendere parte al processo di messa afuoco fornendo un supporto alla superfi-cie posteriore del cristallino. È interes-sante notare che circa all'età in cui lamaggior parte delle persone necessita diocchiali da lettura, il corpo vitreo, diconsistenza gelatinosa, tende a divenirepiù liquido perdendo la sua ultrastruttu-ra. Non è molto chiaro come questo pro-cesso possa contribuire alla perdita della

Le fibre del cristallino, qui ingrandite circa 8000 volte, si interconnettono strettamente nelsenso della lunghezza, come si vede in questa fotografia al microscopio elettronico eseguitada Richard G. Kessel dell'Università dello lowa. Ciascuna fibra è legata anche a quelleposte sopra e sotto di essa. La connessione delle fibre influenza la distribuzione delle forzeall'interno del cristallino e determina la forma che esso assume durante l'accomodazione.

L'occhio mette a fuoco un oggetto rifrangendo la luce da esso riflessa, ossia deviandola inmodo che i raggi luminosi convergano sulla retina. Le cellule nervose della retina trasfor-mano la luce in segnali elettrici, che sono trasmessi al cervello. La luce è deviata dalle su-perfici anteriori e posteriori della cornea e del cristallino, ma solo il cristallino può effet-tuare l'accomodazione. Una rifrazione eccessiva provoca la convergenza della luce davantialla retina, impedendo la visione a distanza, mentre una rifrazione insufficiente fa conver-gere la luce dietro la retina, impedendo la visione ravvicinata. Si pensa che una pro-gressiva diminuzione del potere rifrangente e della capacità di accomodazione del cristal-lino siano la causa della perdita della visione ravvicinata che si verifica nella mezza età.

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aIRIDE

CORNEA

CRISTALLINO

MUSCOLO CILIARE

Il cristallino aumenta la capacita di messa a fuoco accentuando la curvatura. Osservandoin sezione il cristallino disaccomodato, o appiattito (a), esso appare abbastanza sottile. Lospessore aumenta con l'accomodazione (b); la superficie anteriore si sposta in direzionedella cornea, mentre quella posteriore rimane in posizione. La variazione di forma è cau-sata principalmente dalla contrazione del muscolo ciliare. Nella vista frontale si nota cheil cristallino assume la forma disaccomodata (c) quando il muscolo si espande fino a rag-giungere il diametro massimo. L'espansione pone in tensione le zonule, che esercitano unatrazione sul cristallino, appiattendolo. Quando il muscolo si contrae (d) le zonule si rilas-sano e il cristallino riassume una forma arrotondata, allo stesso modo di una palla di spu-gna elastica compressa e rilasciata. Le proporzioni sono esaltate per maggiore chiarezza.

capacità di accomodazione, ma è proba-bile che sia coinvolto nel fenomeno.

Il solo modo in cui le zonule potreb-bero produrre il cambiamento calcolatodelle forze durante l'accomodazione è diperdere esse stesse tensione o di cambia-re l'angolo con cui esercitano la solleci-tazione sul cristallino, in modo tale chela componente di compressione dellasollecitazione diminuisca. I nostri datisuggeriscono che esse operino in en-trambi i modi. Oltre a diventare menotese, le zonule, che sono collegate al-la capsula, si muovono leggermente,portandosi in una posizione tendenzial-mente più parallela alla superficie dellacapsula; più le zonule tendono al paral-lelismo, minore è la compressione cheesse esercitano sul cristallino. Prove spe-rimentali riportate da altri ricercatoriconfermano che in almeno un individuo

(affetto da una rara patologia dell'irideche rende le zonule, normalmente nonrilevabili, visibili al microscopio) le zo-nule rimangono relativamente laschequando il cristallino è in stato di massimaaccomodazione. I nostri calcoli suggeri-scono, tuttavia, che le forze che agisconosul cristallino non si annullino mai deltutto; se così fosse, non vi sarebbe mododi mantenere in posizione il cristallino.

I l modello basato sull'occhio di una persona giovane ci ha permesso di ca-

pire molti dettagli sull'accomodazione,ma non ci ha spiegato perché il potere dirifrazione dell'occhio, e quindi la capa-cità di mettere a fuoco oggetti vicini, di-minuisca con l'età. La capacità di rifra-zione dell'occhio si misura in diottrie,ossia l'inverso della distanza in metri fral'occhio e l'oggetto. Per esempio, un oc-

chio con un potere di rifrazione pari a 10diottrie può deviare la luce a sufficienzaper mettere a fuoco un oggetto a unadistanza di un decimo di metro, ovvero10 centimetri. Negli esseri umani dotatidi visione normale alla nascita, il poteredi rifrazione del cristallino diminuisce dacirca 14 diottrie all'età di 10 anni (quan-do è possibile mettere a fuoco la puntadel proprio naso) a circa nove diottrie a20 anni, quattro diottrie verso i 35, unao due intorno ai 45 e quasi zero all'età di70 anni. Un occhio a zero diottrie nonpuò mettere a fuoco altro che l'infinito.Il cambiamento da quattro diottrie (cir-ca 25 centimetri) a due (circa 50 centi-metri) o meno è quello che di solito vie-ne notato maggiormente perché influi-sce sulla lettura; la maggior parte dellepersone tiene un libro a una distanza da-gli occhi variabile da 30 a 40 centimetri.

Come primo passo verso la compren-sione della causa di questo graduale de-clino della visione ravvicinata con il pas-sare degli anni, decidemmo di raccoglie-re il maggior numero possibile di infor-mazioni sul cambiamento di forma delcristallino in relazione all'età e al gradodi accomodazione. Dopo aver fatto ciò,avremmo cercato di stabilire sia l'effettodi questi cambiamenti sul potere di rifra-zione, sia le cause degli stessi. Iniziam-mo con l'esaminare una serie di fotogra-fie in sezione trasversale del cristallino,eseguite da Nicholas Phelps Brown, del-l'Institute of Ophthalmology di Londranei primi anni settanta e preparammonoi stessi 100 serie analoghe di fotogra-fie. Brown, che ci diede l'assistenza tec-nica, ci fornì quattro serie di immaginidi soggetti di 11, 19, 29 e 45 anni di età,che mettevano a fuoco oggetti a distanzevariabili dall'occhio; i nostri studi inclu-devano soggetti di età compresa fra i 18e i 69 anni che avevano occhi sani e unavisione normale a distanza. Tutte le se-zioni trasversali sono «fette» verticaliche vanno dalla superficie frontale delcristallino a quella posteriore e sono sta-te ottenute con l'aiuto di una lampada afessura, che invia all'occhio un fascio lu-minoso molto stretto.

Una prima scorsa alle fotografie haconfermato il fatto, già ben noto, che ledimensioni del cristallino aumentanocon l'età. Si è visto che il cristallino di-saccomodato del neonato ha uno spesso-re di circa 3,3 millimetri. Col tempo, lecellule che costituiscono lo strato ester-no del corpo del cristallino (le celluleepiteliali che si trovano subito sotto lacapsula) crescono e sono trasformate neltipo di fibre a nastro che formano la mas-sa del cristallino. A mano a mano chenuove cellule epiteliali si sovrappongonoa quelle più vecchie, vanno incontro allostesso processo di crescita di quelle chele hanno precedute e così il cristallinoaumenta di spessore. All'età di 70 anniil cristallino disaccomodato può avereuno spessore anche di cinque millimetri.

Le fotografie hanno rivelato ancheuna serie di bande all'interno del cristal-

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lino, note come zone di discontinuità. Lebande nella parte frontale del cristallinomostrano per lo più la stessa curvaturadella superficie frontale e le bande nellaparte posteriore sono simili alla superfi-cie posteriore, sebbene la loro curvaturadiventi più netta via via che ci si avvicinaal nucleo del cristallino. Nel cristallinogiovane le bande sono poche e difficil-mente visibili. Con l'invecchiamento ilnumero e l'evidenza di queste zone au-mentano fino al quinto decennio di etào poco dopo, quando esse si fondono.

Sulla base delle fotografie e di altre in-formazioni, abbiamo messo a punto

un altro modello, in cui abbiamo descrit-to in termini matematici la superficie ele curve interne di ogni cristallino. (Trat-tandosi di parabole potevano essere rap-presentate con semplici equazioni.) Poiabbiamo estrapolato le sezioni trasversa-li per determinare la forma di tutto ilcristallino in tutti gli stati di accomoda-zione in funzione dell'età. Questo ci hapermesso di effettuare ampi confronti edi seguire il movimento di specifici puntisul cristallino durante la messa a fuoco.

I confronti hanno rivelato che il cri-stallino disaccomodato acquisisce unaforma progressivamente più incurvata amano a mano che le sue dimensioni cre-scono nel corso della vita. Inoltre (comeBrown aveva scoperto con sorpresa neisuoi soggetti), in persone con meno di 45anni, all'aumentare dell'età si accen-tuava la curvatura necessaria per ognideterminato grado di accomodazione.Per esempio, nel mettere a fuoco a unastessa distanza, un cristallino di 33 annisi incurvava più di un cristallino di 19anni. Brown definì il fenomeno dell'au-mento della curvatura con l'età come«paradosso del cristallino», poiché ci siaspetterebbe che un cristallino con cur-vatura più netta abbia un potere di rifra-zione maggiore di uno con curvatura me-no pronunciata.

Seguendo i movimenti eseguiti duran-te l'accomodazione dai punti scelti sullasuperficie del cristallino e nel suo inter-no, trovammo un effetto correlato: mo-vimenti di uguale entità durante l'acco-modazione producevano cambiamentiminori nella messa a fuoco negli occhipiù vecchi rispetto a quelli più giovani.

In altri termini i dati dimostravano cheper ottenere, per esempio, un aumentodella capacità di messa a fuoco pari a unadiottria, i punti di un cristallino vecchiodovevano muoversi più di quelli di uncristallino giovane.

Una scoperta importante fu che la ca-pacità totale di movimento diminuiscegradualmente con l'età. Infatti, in sog-getti con più di 45 anni la parte frontaledel cristallino non era in grado di cam-biare forma e perciò non poteva effet-tuare l'accomodazione: sembrava bloc-cata nella stato di disaccomodazione.Ciò fa pensare o che le zonule frontaliperdano progressivamente la capacità dirilassamento quando il muscolo ciliare sicontrae per effettuare l'accomodazione,o che le zonule, pur rilassandosi, nonsiano più in grado di esercitare la loroinfluenza sul cristallino, o entrambe lecose. Le zonule potrebbero non esserein grado di rilassarsi se la parte frontaledel cristallino ingrandito fosse così lon-tana dal muscolo ciliare da mantenerlein tensione. Inoltre, come le zonule siinseriscono nel cristallino ad angoli dif-ferenti a seconda che questo sia accomo-

In queste fotografie, eseguite con lampada a fessura, appaionochiaramente alcuni mutamenti legati all'età di cristallini disacco-modati ( in alto) e alla massima accomodazione (in basso) in soggetti(da sinistra a destra) di 19, 33, 45 e 69 anni di età. (La capacitàmassima di messa a fuoco dei soggetti è rispettivamente di 9, 4,5,1 e 0,25 diottrie; valori minori indicano minore capacità.) Questesezioni verticali trasversali sono antero-posteriori; la superficiefrontale del cristallino è a sinistra. I cambiamenti comprendono unaumento con il tempo delle dimensioni e del raggio di curvatura e,nei cristallini di 45 e 69 anni, una quasi completa impossibilità di

accomodazione. Sono anche visibili bande scure, le zone di discon-tinuità. Con l'invecchiare del cristallino le bande si moltiplicano edivengono più evidenti; dopo i 45 anni le zone si uniscono. Secondogli autori l'aumento di spessore del cristallino e un incremento dellafrazione proteica insolubile nelle zone contribuiscono al declinocorrelato all'età del potere di rifrazione del cristallino. Per qualchetempo l'aumento della curvatura del cristallino aiuta a compensareil declino e a ciò cooperano anche le superfici rifrangenti costituitedalle zone, ma a un certo punto la compensazione viene meno, cir-ca all'età in cui il cristallino perde la capacità di accomodazione.

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L'alfa-cristallina, la principale componente proteica del cristallino, si presenta di solitosotto forma di fogli appiattiti (forme più larghe). Questi possono spezzarsi e formare piccolesfere insolubili (punti più piccoli) che possono raggrupparsi in corpi simili a bacchette, ingrado di aderire tra loro. Se gli aggregati crescessero fino ad assumere dimensioni cospicue,come si pensa possa accadere, essi diffonderebbero una grande quantità di luce. Questadiffusione potrebbe spiegare il manifestarsi delle zone di discontinuità. L'insolubilità delleparticelle potrebbe anche essere una causa del progressivo declino del potere di rifrazio-ne del cristallino. Le sfere nell'illustrazione hanno un diametro di circa 11 nanometri.

I siti di inserzione delle zonule sulla superficie frontale del cristal-lino cambiano con l'età e con l'aumento di dimensioni del cristalli-no. A 17 anni (a sinistra) le zonule sono nei pressi dell'equatore,ma si spostano progressivamente sulla superficie frontale del cri-stallino in individui di 46 e 85 anni (al centro e a destra). In tal modoaria anche l'angolo tra la superficie del cristallino e il filamento,

tanto che la tensione finisce per essere esercitata dalle zonule indirezione quasi parallela alla superficie, influendo sulla perditadella capacità di accomodazione. Le fotografie sono state eseguiteda P. N. Farnsm orth, che per prima avanzò l'ipotesi che i cambia-menti nella geometria delle connessioni cristallino-zonule potesserospiegare la perdita della capacità di accomodazione in età avanzata.

dato oppure no, lo stesso avviene a se-conda che il cristallino sia ispessito perl'età o sia più giovane e più sottile. Allafine i filamenti possono giungere a eser-citare una forza la cui direzione è tan-gente, o quasi, alla superficie del cristal-lino. A questo stadio, il rilassamentodelle zonule ha uno scarso effetto sullaforma del cristallino che. di conseguen-za, presenta un ritorno elastico scarso oaddirittura nullo. In altre parole, la pre-sbiopia (la diminuzione della visioneravvicinata in relazione all'età) sembraessere un'alterazione geometrica che de-riva in ampia misura da un cambiamentodelle dimensioni del cristallino e dellesue relazioni angolari con le zonule.

Riteniamo possibile spiegare in termi-ni geometrici perché il cristallino di

persone che hanno più di 45 anni nonpossa più procedere all'accomodazione,ma come si giustifica il paradosso diBrown? Perché un cristallino vecchiodeve avere una curvatura più accentuatadi un cristallino giovane per mettere afuoco lo stesso oggetto? Una possibilitàè che la natura del citoplasma delle fibredel cristallino cambi in modo da diminui-re l'indice di rifrazione (la misura dellacapacità di un materiale di rifrangere laluce) del cristallino stesso. Se l'indice dirifrazione diminuisse con l'età, ciò po-trebbe spiegare il paradosso: l'aumentodella curvatura non accrescerebbe la ca-pacità di messa a fuoco del cristallino,ma avrebbe semplicemente lo scopo dicompensare in parte la diminuzione del-la capacità di rifrazione del mezzo.

Per analizzare questa possibilità effet-tuammo esperimenti di «tracciamentodel raggio» al calcolatore, che simulava-

no il passaggio della luce attraverso ogniocchio che avevamo fotografato. A que-sto scopo abbiamo descritto i fattori cheinfluenzano la traiettoria della luce, qua-li la curvatura di ciascun cristallino invari stati di accomodazione (con buonamessa a fuoco), la curvatura della corneae la distanza fra la cornea e il cristallinoe tra la superficie frontale e quella po-steriore del cristallino stesso. (Oltre allacurvatura, anche la distanza tra le super-fici rifrangenti influenza la traiettoriadella luce: superfici molto ravvicinatedeviano maggiormente la luce di altrepiù distanziate.) Abbiamo allora asse-gnato a ciascuna parte dell'occhio un in-dice di rifrazione (utilizzando valori ge-neralmente accettati in letteratura) e ab-biamo dato istruzioni al calcolatore per-ché facesse deviare la luce all'interfacciafra materiali aventi diversi indici di rifra-zione. Se l'indice di rifrazione globaledel cristallino rimanesse costante pertutta la vita, le simulazioni dovrebberoindicare che la luce passante attraversociascun occhio è deviata in modo da met-tere a fuoco un'immagine sulla retina.

Nella simulazione più semplice abbia-mo fatto deviare la luce in corrisponden-za delle superfici frontale e posteriore siadella cornea, sia del cristallino. In un'al-tra simulazione abbiamo considerato iconfini tra il nucleo e la «corteccia»del cristallino come ulteriori superfici ri-frangenti assegnando a tali regioni indicidi rifrazione diversi, ma nei limiti dei va-lori normalmente accettati.

Entrambe le simulazioni sono state uncompleto insuccesso. Per ciascuna età estato di accomodazione per cui erano di-sponibili dati, il punto focale ricavatodalla simulazione cadeva dietro la reti-

na, come se il cristallino di tutti i soggettiavesse un potere di rifrazione troppobasso. Nel modello doveva esserci qual-cosa di sbagliato. Forse dovevamo trat-tare ciascuna zona di discontinuità comeun'ulteriore superficie rifrangente.

Abbiamo condotto un'altra serie di si-mulazioni in cui l'indice di rifrazione glo-bale del cristallino rimaneva costante,mentre gli indici delle zone potevano va-riare. Questa volta le simulazioni permi-sero all'occhio di un soggetto di 45 annidi mettere a fuoco, ma per soggetti piùgiovani le immagini rimanevano sfuoca-te. Inoltre, più il soggetto era giovane,peggiore era la messa a fuoco dell'occhiosimulato. I risultati mostrano che l'indi-ce di rifrazione globale di un occhio gio-vane è di fatto un po' più elevato deivalori riportati in letteratura e che, piùil soggetto è giovane, più l'indice si di-scosta dal valore accettato.

Analizzati da un altro punto di vista,i risultati dimostrano che l'indice di ri-frazione del cristallino diminuisce conl'età. Questa scoperta si accorda con icambiamenti del cristallino in funzionedell'età discussi in precedenza. Se l'indi-ce di rifrazione dei componenti del cri-stallino diminuisce con l'età, l'unico mo-do per attenuare questo deterioramentoè accentuare la curvatura delle superficidel cristallino e delle zone di discontinui-tà al suo interno o aumentare il numerodi superfici rifrangenti. È chiaro che tuttiquesti meccanismi operano contempo-raneamente. Oltre ad aumentare la cur-vatura delle superfici del cristallino, in-vecchiando l'occhio sviluppa un numeropiù elevato di zone di discontinuità mag-giormente incurvate. In effetti, il lorocontributo al potere di rifrazione globa-

le dell'occhio cresce via via con l'età.Ancora insoluto è il mistero della na-

tura delle zone di discontinuità, così evi-denti nelle immagini ottenute con lalampada a fessura. L'esame ultrastruttu-rale del cristallino non fornisce alcunaprova della loro esistenza. Per di più, sesi misura la concentrazione delle protei-ne in funzione della distanza dalla super-ficie del cristallino, si trova un piccoloma costante aumento, anziché un anda-mento alterno di aumenti e diminuzioni,come ci si potrebbe attendere se le bandescure fossero la conseguenza di diverseconcentrazioni proteiche. Perché alloraqueste regioni distinte sono chiaramentevisibili nelle fotografie?

Siamo giunti alla conclusione che larisposta risieda nel tipo di tecnica foto-grafica impiegata, in cui il raggio prove-niente dalla fessura viene inviato nell'od-chio in modo da produrre un'immagineche è riflessa in un apparecchio fotogra-fico posto a lato della sorgente luminosa.(La pellicola nell'apparecchio è inclinataper compensare la distorsione angola-re.) Abbiamo pensato che, perché le zo-ne di discontinuità fossero visibili nellefotografie, il materiale al loro internodoveva interagire con la luce in mododiverso da quello delle zone adiacenti. Inparticolare, ci si dovrebbe attendere ditrovare bande scure nelle fotografie se leproteine nelle regioni corrispondenti dif-fondessero molto la luce. E possibile unfenomeno di questo tipo?

Di primo acchito, la risposta sembraessere negativa. Si ritiene che nell'oc-chio la proteina alfa-cristallina, la prin-cipale componente proteica del cristalli-no, formi aggregati normalmente piùpiccoli delle dimensioni minime necessa-rie a provocare la diffusione della luce.Tuttavia è noto che le dimensioni di que-sti aggregati aumentano in risposta a unincremento di temperatura e si pensa chepossano variare anche in risposta a fat-tori ambientali, quali piccole alterazionidel pH o della concentrazione di calcio.Molti studiosi hanno anche dimostratoche, sebbene la concentrazione dellaproteina nell'occhio rimanga costantenel tempo, la frazione proteica insolubi-le, e quindi il particolato, aumenta.

Queste scoperte aprono la possibilitàche, con il tempo, la proteina alfa-cri-stallina formi aggregati più grandi diquanto si fosse immaginato. In questocaso, la presenza di un numero significa-tivo di grosse particelle insolubili di pro-teina alfa-cristallina potrebbe contribui-re a spiegare non solo la comparsa dellezone di discontinuità nelle fotografie,ma anche il fenomeno dell'abbagliamen-to, in cui una luce intensa rende indistin-to l'intero campo visivo. Il fenomeno èmolto comune specie sopra i quarant'an-ni; se ne risentono gli effetti nei giorniassolati o di fronte ai fari dei veicoli chegiungono in senso opposto durante laguida notturna. I nostri dati indicano cheil grado di diffusione è minimo nei primidecenni di vita, ma lentamente cresce.

L'aumento della frazione insolubilepotrebbe spiegare perché l'indice di ri-frazione del cristallino diminuisca conl'età. L'indice di rifrazione di una solu-zione (come il citoplasma nelle fibre delcristallino) dipende dalla natura e dallaconcentrazione dei soluti. L'aggiunta diuna proteina solubile a un mezzo acquo-so ne aumenta l'indice di rifrazione. Alcontrario, se una cospicua frazione dellaproteina è trasformata in grosse particel-le insolubili, l'indice di rifrazione dimi-nuisce in modo apprezzabile. Questopuò essere ciò che accade nel cristallino.

pattori sia microscopici sia macrosco-pici devono essere chiamati in causa

per spiegare perché il punto più vicinochiaramente visibile da un soggetto si al-lontani sempre più con il passare deltempo. Secondo la nostra teoria, l'au-mento della quantità della frazione pro-teica insolubile del cristallino, l'incre-mento delle dimensioni di quest'ultimo(e quindi l'aumento della distanza fra lasua superficie frontale e quella posterio-re) e la riduzione contemporanea dell'in-dice di rifrazione tendono a disturbare lavisione ravvicinata. Questa è inoltresempre più ostacolata dalla diminuita ca-pacità di accomodazione del cristallino,probabilmente a causa di progressivicambiamenti nella geometria del sistemacristallino-zonule-muscolo ciliare. Que-sti processi vengono in qualche modocontrastati, almeno per un certo tempo,dallo sviluppo di nuove superfici rifran-genti (le zone di discontinuità) e dall'ac-

centuazione progressiva della curvaturadel cristallino, specie durante l'accomo-dazione. Infine, quando il corpo vitreodiventa liquido, questi meccanismi com-pensatori vengono meno e il cristallinoperde la capacità di accomodazione.

Forse un giorno i ricercatori acquisi-ranno conoscenze sufficienti per inverti-re o prevenire il naturale declino dellavisione ravvicinata dovuto all'età. Perora, comunque, l'uso degli occhiali dalettura è, come la morte e le tasse, unfatto inevitabile.

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