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Colloquia 1/07 Anno 12, numero 1 - gennaio/marzo 2007 4 Focus HIV/AIDS 8 L’emarginazione e il riscatto della medicina generale 16 Il restauro come «cura» dell’arte

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4 Focus HIV/AIDS8 L’emarginazione

e il riscatto della medicina generale

16 Il restauro come «cura» dell’arte

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Sommario 2

EDITORIALE Grazie del consiglio. Il nuovo Colloquia 3

FOCUS HIV/AIDSEvoluzione delle strategie terapeutichenella cura dell’HIV/AIDS 4 Massimo Galli Colpire un bersaglio nuovoIntervista a Gennaro Ciliberto 6

I media e l’Aids 8 Riccardo RenziIl paziente non è solo la terapiaIntervista a Rosaria Iardino 10

LA MEDICINA E LE ARTIIl restauro come «cura» dell’arteIntervista a Valeria Merlini 16

SONDIAMO... IL TERRENOLe vostre opinioni in un coupon 26

LA MERCK SHARP & DOHME SI RACCONTAI nostri programmi nella lotta all’Aids 27

Mozambico: prevenzione e cura dell’AidsIntervista a Leonardo Palombi 29

LE RUBRICHESALUTE ED ECONOMIA

di Federico SpandonaroPerché il medico dovrebbe frequentare l’Economia sanitaria 12

SECONDO ME...di Giacomo MililloL’emarginazione e il riscatto della medicina generale 14

SALUTE A TAVOLAdi Carlo CannellaFunctional e health claim 20

MEDICI HIGH-TECHdi Giuliano KraftIl medico congressista: quale software? 21

SPORT E SALUTEdi Michelangelo GiampietroLa sedentarietà come fattore di rischio 23

A DIRE IL VEROdi Tullio De MauroRisk management 25

L’ULTIMA PAROLA di Giuseppe De RitaIl rischio di un sociale autoreferenziale 31

Anno 12 N. 1 – gennaio-marzo 2007ISSN 1124-3805Registrazione del Tribunale di Roma n. 244 del 16.05.1996

Il Pensiero Scientifico EditoreVia Bradano 3/c – 00199 RomaTel 06 862 821 – Fax 06 862 82 250Internet: www.pensiero.itStampa: Arti Grafiche Tris s.r.l., Roma Marzo 2007Direttore responsabile: Giovanni Luca De FioreRedazione: Manuela BaronciniProgetto grafico: Antonella MionPrezzo: Fascicolo singolo €15,00

I contenuti pubblicati dalla rivistarispecchiano le opinioni degli autori e non necessariamente quelle dell’Editore o della Merck Sharp & Dohme

Contattando la redazione, è possibile richiedere le bibliografie relative ai singoli articoli.

Le immagini:Jean-Michel Basquiat In copertina, Vitaphone (particolare), 1984Pag. 4 Untitled (Red man), 1981Pag. 5 Pharinx, 1985Pag. 6 Untitled, 1981Pag. 8 Untitled (Fallen Angel) , 1981Pag.10 Untitled, (Baptism), 1982Francis BaconPag.14 Studio di autoritratto, 1964Pag.15 Autoritratto, 1973LeonardoPag.16 L’ultima cena, 1494-98Pag.17 L’ultima cena (particolare), 1494-98CaravaggioPag.18 Conversione di Saulo, 1600-01Fernando BoteroPag.23 Picnic in montagna, 1966Robert RauschenbergPag.24 Figura femminile, 1949-50

L’Editore rimane a disposizione di quantiavessero a vantare ragioni sulla riproduzione delle immagini pubblicate

Periodico trimestrale riservato alla classe medica edito in collaborazione con

Via G. Fabbroni 6 – 00191 RomaTel 06 36 19 11 – Fax 06 36 380 311www.univadis.itNumero verde 800 23 99 89

Colloquia Anno 12 | N. 1 | gennaio/marzo 2007

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COLLOQUIA 3

Editoriale

Grazie del consiglio.Il nuovo Colloquia

S iete partiti per un viaggio e in taxi vi ricordate di esservi dimenticati il dentifricio. La farmacia in aeroporto è molto fornita: tubetti di ogni marca, colore, sapore e –soprattutto – dimensione. Nessun dubbio che, a parità di gusti, sceglierete

il dentifricio più comodo che, certamente, sarà quello che occuperà meno spazio. Un ragionamento del genere lo ha fatto Simon Kelner. Chi sarà mai? direte voi. Kelner è il direttore di uno dei più importanti quotidiani britannici, The Independent.

L’illuminazione l’ha avuta non sulla via di Damasco, ma in un supermercato di Londra,proprio di fronte allo scaffale dei dentifrici. In quel momento, Simon era un consumatore chesceglieva ciò che di più comodo gli veniva offerto; avviandosi a piedi verso la sede delgiornale decise che era ora di mostrare attenzione per i propri lettori, riducendo il formatodel quotidiano.

Il giornale londinese è stato radicalmente cambiato: nuova impostazione grafica dellepagine, nuovi rapporti tra testi e titoli, nuova soluzione per la prima pagina con una copertina concepita ogni giorno per colpire il lettore, seducendolo senza obbligarloalla lettura di articoli di fondo.

Dal newspaper al viewspaperÈ stato detto che la rivoluzione voluta da Kelner ha sancito il passaggio dal newspaper

tradizionale al viewspaper: pagine da «vedere» prima ancora che da leggere. È propriointorno ai «modi» della lettura che si gioca il successo – o l’insuccesso – di una rivista:dedichiamo più tempo a leggere una pagina piccola che una grande. Impossibile, penserete.Invece esistono molte ricerche che confermano che così stanno le cose. Se vediamo un testolungo, siamo istintivamente portati a rimandarne la lettura: lo leggeremo appena possibile,pensiamo, ma non subito.

Al contrario, pagine di formato ridotto, impaginate in maniera accattivante, con figure checolpiscono ed accompagnate da didascalie ampie, sono capaci di determinare un tempo diattenzione molto maggiore dei grandi formati. Sapete in quale momento decidiamo di nonleggere più una rivista? Quando facciamo le pulizie in casa, magari raccogliendo la carta inmodo differenziato: è venuto fuori da uno studio commissionato ad hoc da un quotidiano.Troppe volte mettiamo da parte degli articoli sperando di trovare il tempo per leggerli.

Insomma, l’avrete capito: Colloquia è cambiato per soddisfare ancora dipiù i suoi lettori; oggi è più piccolo di dimensioni, ma più vario e riccodi contenuti e – soprattutto – costruito in modo da risultare piùleggibile e utile: aggiornata, concisa, maneggevole e illustrata, qualitàessenziali di una rivista come Colloquia. Accanto agli approfondimentidi carattere clinico, Colloquia è da oggi caratterizzata da rubricheconcepite per risultare rapidamente leggibili, affidate a note personalitàsia interne che esterne al mondo della salute e della medicina: daGiuseppe De Rita a Tullio De Mauro, da Carlo Cannella a GiacomoMilillo, da Michelangelo Giampietro a Giuliano Kraft.

Quella che state sfogliando è dunque una rivista ancora più interessante per i lettori che siprefigge di avere: medici attivi sia nel setting della medicina generale, sia in quelloospedaliero; daltronde la trasversalità del pubblico è una sfida importante, ma nonimpossibile da vincere e con Colloquia vogliamo provarci ◆

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Evoluzione delle strategieterapeutiche nella cura dell’ HIV/AIDS

L’Aids ha potuto contare su almeno due

circostanze particolari: una spettacolarizzazione

mediatica senza precedenti e l’incredulo stupore

di una società civile che si era disabituata

all’idea di doversi ancora misurare con una

malattia infettiva

MASSIMO GALLI*

Rispetto alle altre malattie che in passato sono statein grado di suscitare emozione ed esercitare un taleimpatto su stili di vita e relazioni sociali da

caratterizzare un intero periodo storico, l’AIDS ha potutocontare su almeno due circostanze peculiari: unaspettacolarizzazione mediatica senza precedenti el’incredulo stupore di una società civile che, nei paesiindustrializzati, si era disabituata all’idea di doversi ancoramisurare con una malattia infettiva e che, in molti paesiin via di sviluppo, ha generato atteggiamenti di rifiutodella realtà, talora anche a livello governativo.

È fuori di dubbio che le ultime due decadi del 20°secolo siano state profondamente ‘cambiate’ dagli effettidella malattia, e che il destino di interi paesi, specie inAfrica, ne sarà profondamente condizionato nel futuro.

Nell’anno zero dell’AIDS, fissato convenzionalmentedalla pubblicazione, nel 1981, dei primi casi in USA, unamedicina dotata di armamentario terapeutico diestensione e potenza senza precedenti nella storia dellaspecie si è trovata oggettivamente impotente verso il piùimprevisto dei challenge, che la andava a cimentare inuno dei settori più scoperti.

Prima dell’AIDS, lo ‘scaffale’ degli antiviralicomprendeva solo l’acyclovir, un farmaco efficace e pocotossico, attivo contro gli Herpes virus di tipo primo esecondo. Dalla comparsa dell’AIDS, l’armamentarioantivirale si è arricchito, oltre che di più di 20 farmacispecificamente attivi contro HIV-1, di vari altri composticontro i virus erpetici ed il citomegalovirus.

Il ventennale dell’AZTQuest’anno ricorre il ventennale dell’introduzione del

primo antiretrovirale efficace, l’azidotimidina,universalmente conosciuta come AZT. La storia di questofarmaco è emblematica, così come il rovente dibattitoscientifico suscitato dai fallimenti terapeutici e dai risultatidello studio Concorde. Per i pazienti, la constatazione diuna efficacia a termine’, da molti tradotta ‘tout court’ insfiducia.

Ricorsi storici: la streptomicina, il primo farmacoantitubercolare introdotto in clinica, subì pesanti criticheper la sua limitata efficacia e per l’elevata tossicità. La scoperta di nuovi antitubercolari, e il loro impiego

focus HIV/AIDS

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combinato alla streptomicina, portò alla cura dellatubercolosi e, nel tempo, alla chiusura dei sanatori.

Oggi l’AZT resta uno dei farmaci più utilizzati, anche secon modalità ed indicazioni parzialmente diverse rispettoal passato, nelle combinazioni di antiretrovirali il cuiimpiego ha radicalmente cambiato la prognosi nei pazienticon infezione da HIV.

L’introduzione del successivo antiretrovirale efficacerisale al ’92, ma si dovrà attendere il ’96 per i primiinibitori della proteasi. Sono gli anni delle frustrazioniterapeutiche, delle generazione di ceppi resistenti indottidai trattamenti subottimali, delle esitazioni nell’usare incombinazione quanto era disponibile, seguendo isuggerimenti che venivano dalle esperienze con latubercolosi.

Il 1996 segna la svolta. Con l’adozione dell’HAART (the highly active antiretroviral therapy) i risultati clinicidimostrano che la progressione dell’AIDS può essere

controllata. La parte del leone, nelle terapie dicombinazione, toccherà per anni all’indinavir, l’inibitoredella proteasi che tra i farmaci di prima generazione diquesta classe , ha ottenuto la più alta frequenza disuccessi terapeutici.

Negli stessi anni si evidenziano progressivamente effetticollaterali del tutto inattesi, sul metabolismo lipidico eglucidico e sulla distribuzione del tessuto adiposo, cheriveleranno una complessa patogenesi multifattoriale.

L’introduzione dal ’97 in poi di farmaci di una nuovaclasse, gli inibitori non nucleosidici della trascrittasiinversa, ha segnato un altro punto fondamentale nellalotta al virus. Gradualmente, nuovi farmaci sono andati adimplementare l’armamentario terapeutico, e nuovestrategie d’impiego sono state suggerite e sperimentate.

L’utilizzo di dosi non terapeutiche di ritonavir come‘boost’, induttore di altri inibitori della proteasi haconsentito di ridurre le somministrazioni giornaliere edimplementare ulteriormente l’efficacia delle terapie,segnando un’ulteriore svolta.

I pazienti che necessitano oggi di iniziare una terapiaantiretrovirale, se hanno la ventura di vivere in un paesead alto reddito pro capite, possono disporre di farmacialtamente efficaci e limitatamente tossici, in grado dibloccare la progressione di malattia e di favorire il

ripristino della competenza immunitaria. L’assunzione di queste combinazioni di farmaci è

accettabilmente rispettosa di una buona qualità di vita edelle attività lavorative e sociali. Il protrarsi illimitato della

terapia rendecomunquefondamentale chevengano conservateopzioni terapeutichefuture, e giustificapienamente la ricerca elo sviluppo di nuovifarmaci anti HIV.Il ventennale dell’ARTterrà a battesimol’impiego clinico di unanuova classe diantiretrovirali, gli

inibitori dell’integrasi, il cui primo esponente è insperimentazione già dal 2006 ed ha dimostrato unaeccezionale efficacia nelle sperimentazioni fin quicondotte. Oltre a un possibile futuro impiego strategico diquesta classe di farmaci nelle diverse fasi dell’infezione,l’introduzione di un inibitore dell’integrasi apre nuoviscenari nelle cosi dette terapie di salvataggio.

La disponibilità di antiretrovirali si è recentementearricchita di due inibitori delle proteasi di nuovagenerazione attivi su ceppi resistenti agli altri farmaci dellastessa classe e di un inibitore della fusione. L’utilizzocombinato di questi farmaci con l’inibitore dell’integrasipuò rendere oggi possibile il perseguimento dell’obiettivo‘soppressione virale’ anche in quei pazienti la cui storiasanitaria è stata punteggiata da molti fallimentiterapeutici. Gli stessi pazienti, in larga misura, che hannodovuto sperimentare terapie subottimali con i pochifarmaci inizialmente disponibili.

Un’ulteriore svolta, in primo luogo per chi da piùtempo e con più difficoltà combatte con l’infezione. Unabuona prospettiva, per questo ventesimo anno di ART.◆

* Istituto di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Universitaria L. Sacco, Milano.

Focus HIV/AIDS | Evoluzione delle strategie terapeutiche nella lotta all’Aids

Il 1996 segna la svolta. Con l’adozione dell’HAART (the highlyactive antiretroviral therapy) i risultati clinici dimostrano che la progressione dell’AIDS può essere controllata.

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6 COLLOQUIA

Colpire un bersaglio nuovo

L o scorso mese di novembre è stato nominato Site Head

dell’IRBM. Quali sono i risultatipiù significativi che la ricercaIRBM ha conseguito fino ad oggi?Mi focalizzerei su due aspettiprioritari, primo fra tuttil’identificazione di un nuovo farmacoper la terapia dell’AIDS. L’MK-0518 –questo il nome del composto – perla terapia dell’AIDS è una piccolamolecola da somministrare per viaorale, con un nuovo meccanismo diazione, che ha superatobrillantemente tutti i test di fase II esta attualmente completando variefasi III necessarie per la registrazione. Un secondo aspetto importante, soloapparentemente meno tangibile, èquello legato all’innovatività ed allacreatività che hanno semprerappresentato un tratto peculiaredell’IRBM nell’ambito dello stessomondo della ricerca Merck & Co.*;una connotazione che ha reso

possibile, negli anni, una crescitadimensionale dell’IRBM, sia intermini di strutture che di risorseumane, come dimostrano le 200persone oggi impegnate in totalenella ricerca e nelle aree e nei servizidi supporto.

Gli organi di stampa italianidanno spesso voce a quella che Giuseppe De Rita ha definito«la litania su innovazione e capitale umano», sottolineandofenomeni quali la fuga deicervelli dall’Italia e l’immobilismodella nostra comunità scientifica.Non pensa che esempi positivicome l’IRBM dovrebbero esseremaggiormente valorizzati?Non posso che confermare edamplificare il concetto che l’Italiasicuramente ha delle grandipotenzialità scientifiche, alimentatedalle naturali capacità creative dellasua popolazione non disgiunte dauna notevole volontà di lavorare efar bene.Sono convinto che in presenza diadeguati investimenti,auspicabilmente non a pioggia mafortemente mirati su persone eprogetti validi, i risultati non possonoche automaticamente venir fuori. A questo proposito, penso chel’IRBM rappresenti un esempioconcreto di un centro di ricerca che èriuscito, nel corso degli anni, afrenare il fenomeno del brain drain,attraendo al contrario un buon

numero di ricercatori italiani cheavevano acquisito all’estero la lorospecializzazione.

Tornando ai risultati dellaricerca IRBM, lei ha menzionato il composto MK-0518. Quali sonoi limiti degli attuali presiditerapeutici nel campodell’HIV/AIDS?I limiti principali sono dovuti al fattoche il virus dell’AIDS è di per séparticolarmente complesso ed ingrado di instaurare meccanismi diresistenza ai farmaci. L’unico modoper ridurre, minimizzare od evitarel’insorgenza di questi meccanismi diresistenza è quello di colpirecontemporaneamente più bersagliterapeutici. La terapia nei confronti dell’AIDS haavuto, nel corso degli anni, duebersagli principali, la proteasi e latranscrittasi inversa, per i quali sonostati sviluppati farmaci specifici giàda diversi anni. Questi farmaci,tuttavia, non si sono di per séevoluti, né sono stati identificati ecolpiti nuovi bersagli. L’MK-0518 ha il grande vantaggio dicolpire un nuovo bersaglio mairaggiunto prima, la cosiddettaintegrasi, cioè un enzima chepermette al virus di trasferirestabilmente il proprio genomaall’interno di quello delle cellule chevengono infettate, principalmente ilinfociti. Nelle fasi di sperimentazione clinica,

focus HIV/AIDS

Un nuovo composto si è dimostrato

efficace nel migliorare la salute di malati

resistenti alla terapia standard

e nel ridurre l’insorgenza di virus resistenti

Intervista a GENNARO CILIBERTO*

*Merck Sharp & Dohme in Europa

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Focus HIV/AIDS | Colpire un bersaglio nuovo

questo composto, quando usatonelle persone che hanno sviluppatoresistenza ai farmaci esistenti o sesomministrato fin dall’inizio incombinazione con questi farmaci, ha dimostrato nel primo casoun’efficacia notevole nel migliorarele condizioni di pazienti ormairesistenti alla terapia standard e nelsecondo di poter ridurrenotevolmente l’insorgenza di virusresistenti.

Perché nonostante questedifficoltà un’azienda come la Merck & Co. continua ad investire crescenti risorse nel campo dell’HIV/AIDS? L’AIDS rappresenta un problemasociale planetario, enorme nei paesiindustrializzati, ma addiritturadrammatico nei paesi del terzomondo; un’azione energica,multidisciplinare, globale direi, èquindi necessaria per combatterequesta malattia con lo scopo finaledi eradicarla. La Merck & Co. è fortementeimpegnata su questo fronte ed èsicuramente in prima linea, comedimostra la ricerca che ha portatoallo sviluppo del composto MK-0518. Ma la Merck & Co., grazie allamaggiore conoscenza della biologiadel virus che permette di avere oggistrumenti molto più sofisticati, haanche altri programmi che miranoalla generazione di inibitori di peraltri target, con prospettiveterapeutiche veramente notevoli.Infine non dimentichiamocil’impegno costante della Merck &Co. nel compito difficilissimo di

mettere a punto un vaccinoprofilattico contro questa terribilemalattia.

La sperimentazione clinica del composto MK-0518 coinvolgeanche i centri in Italia e quando è attesa la sua registrazione?La sperimentazione clinica con MK-0518 ha coinvolto centri italiani giàdalla fase II che è, poi, la fase nellaquale viene dimostrata l’efficaciaterapeutica del farmaco. Direi, anzi,che una significativa quota deipazienti nella fase II sono venutiproprio dalla sperimentazionecondotta in Italia; un coinvolgimentoche è poi proseguito anche nella faseIII.Per quanto riguarda la registrazione,qualora l’attuale tempistica venisserispettata, riteniamo si possa ottenere,inizialmente negli Stati Uniti, già nellaseconda metà del 2007.

Su quali progetti si stafocalizzando l’attenzionedell’Istituto?L’Istituto è attualmente concentratosu tre aree terapeutiche importanti,con una focalizzazione, in ognuna diqueste, su alcuni bersagli terapeutici– enzimatici e non – di grande rilievoe con potenzialità di applicazione amalattie con un alto fabbisognoterapeutico. Da un punto di vista storico, l’IRBMlavora da molti anni sul virusdell’epatite C; in quest’area abbiamoun significativo investimento con variprogrammi che coinvolgono diversibersagli enzimatici del virus. L’IRBM è anche coinvolto da temponel settore della oncologia nel quale

sono attivi progetti per lo sviluppo dipiccole molecole - inibitori enzimaticidi vie metaboliche che sonoselettivamente attive nei tumoririspetto ai tessuti normali. In sostanza, l’idea è di dare origine afarmaci biologici innovativi più«intelligenti» rispetto aichemioterapici, che combinino unamaggiore efficacia ad una minoretossicità. L’ultimo settore nel quale abbiamo,da poco, iniziato a lavorare è quellodella arteriosclerosi. Pur avendo, inquest’area, minore esperienza, lacollaborazione con altri centri dellaMerck & Co. che già da anni hannofortemente investito in termini dirisorse umane e finanziarie, ci stapermettendo di colmare il gapculturale in tempi molto brevi. Vorrei concludere sottolineando laforte collaborazione e la volontà disinergia del nostro team con l’interogruppo MSD Italia. L’IRBM, dal puntovista anagrafico, è giovane, ha pocopiù di 15 anni, ma ha passato la fasedi adolescenza e si spinge verso lamaturità. Sono fermamente convinto che, neiprossimi anni, il numero di molecoleidentificate in IRBM come potenzialicandidati terapeutici sarà destinatoad aumentare e tutto questocomporterà un aumento della ricercaclinica condotta nel nostro Paese;aumento che rappresentasicuramente un altro obiettivocomune e prioritario da perseguire. ◆

«Nato nel 1990, l’IRBM impiega oggi circa170 ricercatori, di cui 145 Italiani, molti dei quali ritornati nel nostro Paese dopo la specializzazione o esperienze di ricercaall’estero. Tra le aree prioritarie di ricerca,quella cardiovascolare, l’oncologia, gli antivirali (incluso l’HIV) ed il diabete.L’IRBM ha un costo annuo di eserciziosuperiore ai 50 milioni di Euro».

* Site Head Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare «Pietro Angeletti» – IRBM.

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quella «punizione divina». Eppure non è colpa soltantodei giornalisti, ma della stessa storia epidemiologica dellamalattia. Era stato un ricercatore californiano, MichaelGottlieb (e chi si ricorda più di lui?), alla fine del 1980, anotare la strana comparsa di una rara forma di polmonitein quattro omosessuali. E anche l’allarme lanciato l’annidopo dai Cdc di Atlanta si basava sull’osservazione dellaconcomitanza di strane malattie nella popolazione gay.Da cui il gelido e «corretto» titolo del New York Times.

È paradigmatico il modo in cui la comunicazione dimassa da allora in poi seguirà l’evolversi dell’epidemiaamplificando i limiti e i successi, gli splendori e le miseriedella scienza: dalla querelle Gallo-Montagnier che porteràcomunque alla certezza che il responsabile è un virusbattezzato Hiv, alle speranze tradite del primo farmaco,l’Azt, ai frequenti annunci trionfali sui vaccini che stiamoancora aspettando, all’inseguimento acritico degli studipubblicati, spesso finalizzati soprattutto a procurarefinanziamenti. E poi, proprio quando cominceranno adaffermarsi terapie più efficaci, la pericolosa caduta diattenzione per una malattia che «non fa più notizia» o«che tanto ormai si può guarire». Nel grande calderonemediatico entreranno provincialismi e nazionalismi(l’incapacità di comprendere la dimensione mondiale dellastrage, la decimazione dell’Africa «non vista» per anni), lepolemiche etico-religiose su sessualità e prevenzione e gliscontri economici internazionali sui brevetti dei farmaci.

Oggi possiamo dire che tutte le contraddizionistrutturali, le debolezze ideologiche, i conflitti di interessedel sistema dei mass-media sono stati messi in lucedall’Aids e ne accompagnano la storia. Sistema che peròfu chiamato a svolgere, per la prima volta in terminiveramente di massa, una funzione di informazione-prevenzione. «Aids, se la conosci la eviti» recita il piùfortunato degli slogan italiani. È una buona sintesi delruolo che le autorità sanitarie, in attesa che le soluzioniarrivino dai laboratori, affidano ai mezzi dicomunicazione. Dai media viene anche reclamata unafunzione «educativa», volta ad alleggerire lo stigma di

I media e

I l Lancet, sempre nell’81, la chiama «gay compromisesindrome», sui giornali americani più popolari diventapresto «cancro dei gay», in quelli più raffinati

«immunodeficienza gay-correlata» (Grid). Anche quandola notizia, e poi la malattia, arriveranno in Italia tra l’83 el’84 sarà «morbo dei gay» (Corriere della sera) «cancrodei gay» (Messaggero). Parole che pesano. Ci vorràtempo prima che si scopra che anche i tossicodipendenti,attraverso lo scambio di siringhe, possono infettarsi. Eproprio in Italia questa categoria, per molti anni, sarà lapiù colpita. Ci vorrà tempo, in molti casi troppo, primache le autorità si rendano conto che anche le trasfusionisono a rischio. Ci vorrà tempo anche per superarel’ultimo tabù e scoprire che anche gli eterosessualipossono contrarre l’infezione.

Il rapporto tra Aids e comunicazione di massa nascecosì con un peccato originale, con titoli, come si diceoggi, politicamente scorretti, in cui paura e ignoranzaspingono ad arginare la malattia a una sola categoria dipersone, una categoria che per alcuni merita anche

«Raro cancro osservato in 41 omosessuali»:

con questo titolo del New York Times, siamo

nell’estate dell’81, l’Aids sale per la prima volta

alla ribalta dei mass-media. Non si chiama

ancora Aids, nome che verrà ufficializzato

dall’Fda soltanto un anno dopo.

focus HIV/AIDS

RICCARDO RENZI*

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Focus HIV/AIDS | I media e l’Aids

quelli che da un certo momento in poi non saranno piùchiamati «malati di Aids» ma «persone sieropositive». Si può discutere probabilmente all’infinito quanto siaservito, quanto questo ruolo sia stato effettivamentesvolto. Quello che è invece certo è l’enorme impatto chel’Aids ha avuto in tutto il mondo sulle forme, sulletecniche, sulle strutture stesse della comunicazione disalute, proprio perché considerata vitale nel combattere lamalattia. E in Italia, che parte da una posizione arretrata,più che altrove.

Nel nostro Paese fino agli anni ’80 la medicina, neigrandi giornali e nelle televisioni, è tema da rubrica, nonda prima pagina. La salute compare soltanto comecronaca o in casi eccezionali per celebrare i piùspettacolari successi della chirurgia, i trapianti. Ma neglianni ’80 qualcosa cambia: nascono i primi mensilispecializzati, cresce l’attenzione per il corpo, si affermanoi concetti di prevenzione e di automedicazione, la salutediventa qualcosa da gestire in prima persona. E sonoproprio due avvenimenti importanti i catalizzatori diquesto processo: l’esplosione dell’Aids (in Italia a partiredall’83) e quella di Chernobil (1986) portano la salute inprima pagina. Il diffondersi del virus Hiv in particolareporta con sé importanti cambiamenti, che si riflettonoanche nel linguaggio dei media: è ammessa la parola«preservativo», si può persino scrivere di rapporti anali ediscutere della pericolosità o meno di quelli orali, fa il suoesordio il termine «gay». A partire dagli anni ‘90 poi,mentre in Italia si verifica una vera e propria esplosionedella stampa medica (nascono settimanali di benessere e idue più importanti quotidiani italiani si muniscono di uninserto specializzato), si affermano in tutto il mondoforme di comunicazione più dirette: si scopre l’efficaciadei gesti e degli eventi mediatici (come il famoso «baciodi Aiuti»), si diffonde l’uso, da parte delle associazioni dimalati e anche delle autorità sanitarie, dei testimonial, deipersonaggi famosi che supportano le campagne diprevenzione e cominciano a fare «outing» (clamoroso, alivello mondiale, nel 1991 il caso del giocatore di basket«Magic» Johnson scopertosi sieropositivo), si organizzanoconcerti e manifestazioni di vasta risonanza. Nasce la«giornata» mondiale, mentre l’annuale congresso deglispecialisti diventa un evento più mediatico che scientifico.Tutti fenomeni inediti nel campo della salute, che presto

... l’esplosione dell’Aids (in Italia a partire dall’83) e quella di Chernobil (1986) portano la salute in prima pagina. Il diffondersidel virus Hiv in particolare porta con sé importanti cambiamenti, che si riflettono anche nel linguaggio dei media...

verranno copiati in altre battaglie sanitarie. E per la primavolta una malattia (e la compassione per coloro che nesono colpiti) è rappresentata da un logo, il nastrino rossoa V rovesciata, inventato nel ’91. La risk communication,che fino a vent’anni fa era disciplina di pochi specialisti,diventa una preziosa competenza, sotto la richiesta (e ifinanziamenti) delle autorità sanitarie di tutto il mondoche hanno bisogno di dare sostanza alle loro campagne.

Soprattutto nell’utilizzo del più penetrante dei media,la Tv. Gli spot dedicati all’Aids potrebbero riempire unacineteca. Si dividono in due categorie: quelli cheterrorizzano (il partner che si trasforma in scheletro) equelli che rassicurano (l’idillio della coppia che saproteggersi). Quali sono stati più efficaci? Gli studisuccessivi a questo tipo di campagne sono stati talvoltasconfortanti. Nei paesi occidentali metà della popolazionerisulta più colpita dalla minaccia, l’altra metà si lasciaconvincere dal messaggio positivo. Nessun vincitorequindi. Ma c’è di peggio. Proprio in Italia ad alcunecampagne segue un aumento delle infezioni tra i piùgiovani: al messaggio governativo su come deve farel’amore il bravo ragazzo, la risposta, in alcuni ambientigiovanili, è di sfida, non di accettazione. In generale losbaglio più grave è la presunzione di poter parlare a tutti,indistintamente, di una materia così personale e delicata.Si scopre (anzi si riscopre, perché la pubblicità lo sapevagià), che ci vuole il messaggio giusto per ogni target. È uno dei tanti errori commessi dalla comunicazionesull’Aids, errore che ora si cerca di mettere a frutto nellecampagne contro alcol e fumo. Ma il limite ancor piùgrave, insito nella struttura stessa del sistema, possiamooggi dire che è quello di non essere riusciti a raggiungereproprio quelli che era più necessario raggiungere, vale adire le popolazioni più povere e diseredate. Leggendo leattuali statistiche sulle vittime e sui malati e sugli orfani diAids, possiamo consolarci per le cifre relativamente bassedel mondo occidentale, ma restiamo attoniti di fronte alresto del mondo. E l’amara conclusione allora non puòessere che: abbiamo imparato a conoscerla, ma nonl’abbiamo evitata. ◆

* Direttore di «Corriere Salute», supplemento de Il Corriere della Sera.

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10 COLLOQUIA

Q uando e come è nata l’ideadi creare il Network delle

Persone Sieropositive (NPS)?Il Network nasce circa tre anni fadall’esigenza di creareun’associazione costituitaesclusivamente da pazienti. Il nostroconsiglio di presidenza è, infatti,composto solo da pazienti, peraltroanimati da uno spirito dicollaborazione con gli altri attori –medici, aziende, Stato – tanto è veroche abbiamo un board di altissimolivello scientifico; per la prima volta,sono i pazienti che chiedono aimedici di collaborare e non viceversacome è capitato, ad esempio, inANLAIDS. Sostanzialmente, il motivo principaleche ci ha spinto a creare il Network èstato l’accorgerci che si erano un po’persi di vista i veri problemi deipazienti, i problemi reali, quotidiani.Dopo il felice avvento dei nuovifarmaci tutta la questione ruotavasolo attorno ad essi e si tralasciavanoaltre problematiche sociali importanti,come ad esempio l’accesso al lavoro.Il paziente non è solo la terapia cheprende al mattino – che pure èfondamentale – il paziente va gestitonella sua complessità. Quando cisiamo resi conto di queste carenze cisiamo uniti, abbiamo coinvolto anchealtre associazioni locali e abbiamocreato questo network che hasicuramente dato nuova linfa vitale almondo dell’associazionismo.

Quali sono i principali obiettivie priorità che il Network si pone?Al centro del nostro lavoro, comedetto, c’è il paziente. NPS nazionale

ha come scopo principale quello difare lobby a livello politico, aziendalee di associazioni. Il nostro intento èfare un Public Affairs «sociale» inveceche «aziendale». Siamo anche presenti a livelloregionale – con associazioni costituitein una decina di Regioni italiane –dove i nostri referenti hanno ilcompito di individuare le esigenzelocali ed attivare – tramite le Regioni,altre Istituzioni o con il nostrosupporto nazionale attraverso ilfinanziamento di progetti – attività disostegno rivolte al paziente. Noifacciamo politica, loro fanno azione erealizzano progetti concreti.

Il Network, il Gruppo di StudioCongiunto (vedi box), il progettofuturo di una ConsensusConference di Associazioni di Pazienti. Qual è, a suo avviso, il valore aggiunto dell’idea di partnership?Stiamo provando ad organizzare laprima Consensus Conference il cuiobiettivo è quello di arrivare a unamission comune. Il nostro intento èquello di riuscire a coinvolgere non

tanto le associazioni nazionali – che comunque saranno coinvolte –quanto quelle locali che, a mioavviso, lavorano tantissimo con pocosupporto perché hanno difficoltà afarsi ascoltare. Tenteremo di organizzare unagiornata di lavoro durante la qualetrovare quattro/cinque temi per unapiattaforma comune. Il documentoche ne deriverà verrà presentato daciascuna associazione nelle varie sediistituzionali – Regioni, Asl, Ministero –e, a seconda del posizionamentodell’associazione, avverrà anche ilposizionamento del documento.Dietro ciascun tema ci sarannocinquanta associazioni a sostegno,ma è importante sottolineare che lospirito della Consensus è di non farperdere l’identità alle singoleassociazioni. NPS propone, maognuno si presenta con la propriaidentità, con i suoi problemi, con lesue difficoltà e specificità, con tutto ilproprio bagaglio di esperienze. L’obiettivo principale è innanzituttoriuscire ad affrontare temi trasversali– temi che sono certa non avremodifficoltà a trovare – quindicondividere e approvare undocumento unico e portarlo avantiper tutto un anno.Spesso tra le associazioni più piccole,soprattutto a causa di difficoltàeconomiche, nasce una lotta per laconservazione del proprio spazio, equesto può far gioco alle istituzioni ealle aziende ma danneggiaenormemente le associazioni stesse.Quello della Consensus Conference èun obiettivo non impossibile, masicuramente ambizioso.

Quali dovrebbero essere i ruoli di una corretta partnershiptra associazioni di pazienti ed industrie operanti nel settoresanitario?Personalmente ritengo chebisognerebbe fare una proposta dilegge per regolamentare il PublicAffairs, l’attività di lobby, perchévengano definite delle regole daosservare (e chi non le osserva possa

Il paziente non è solola terapia

focus HIV/AIDS

Intervista a ROSARIA IARDINO*

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COLLOQUIA 11

Focus HIV/AIDS | Il paziente non è solo la terapia

essere penalizzato), e per toglierel’ombra di sporco dal concetto dilobby che di fatto sporco non è. La chiarezza e la trasparenza sono gliingredienti fondamentali. Da partedell’associazionismo, è fondamentalenon mettere mai «sotto ricatto»l’azienda; da parte dell’azienda, èimportante che questa nonabbandoni un’associazione appenanon ne ha più bisogno. Bisognainfatti considerare che se lo Statocontribuisce al nostro bilancio conuna percentuale del 20% circa, ilrestante 80% è costituito daicontributi delle aziende. Quandoun’azienda interrompe il propriocontributo, ad esempio a metà anno,per l’associazione il danno è enorme,non tanto dal punto di vistaeconomico, quanto perché questopuò compromettere la realizzazionedi un progetto o eventualmentecausare l’interruzione di un servizio.Un’altra cosa fondamentale è nonstrumentalizzare in maniera negativa

le associazioni dei pazienti, cosa chepurtroppo avviene ancora spesso,perché le aziende si trovano di fronteassociazioni di pazienti non formate.In definitiva, noi siamo pur sempredei pazienti con le nostre fragilità.

Negli anni c’è stata unacrescita delle associazioni nellagestione del rapporto con le aziende?Noi stiamo trasferendo il nostroknow-how ad associazioni che sioccupano di altre patologie eosserviamo che purtroppo esisteancora una forte sudditanza delpaziente nei confronti del medico, espesso la difficoltà, anche per motivipratici, ad impegnarsi fino in fondo,venendo a mancare la costanza.Una lobby che, a mio avviso, stacrescendo è quella dei malationcologici, ma ritengo che fino aquando le associazioni dei pazientisaranno gestite dai medici noncresceranno mai.

Dall’altra parte, non si può nonconsiderare che le aziende,soprattutto le multinazionali, hannoavuto una loro evoluzione, se nonaltro perché incentivate da casamadre a dotarsi di una figura internache curi le relazioni con leassociazioni. Noi intendiamo proporrea Farmindustria l’istituzione di unOsservatorio Nazionale sulla SocialResponsibility, un osservatoriocostituito da politici, medici, pazientie aziende.Un osservatorio che possa effettuareuna sorta di monitoraggio per unanno, il cui scopo non sia quello distilare una classifica dei buoni e deicattivi, quanto di verificare chi siariuscito a risolvere le criticità e qualesia la percezione dell’opinionepubblica.

Qual è il vostro ruolo per quanto riguarda le sperimentazioni delle nuoveterapie per la cura dell’HIV/AIDS?Il concetto di advocacy dei pazienticon HIV ha portato in questi ultimimesi a far sì che un paziente formato,sempre mantenendo il proprio ruolodi paziente, sia presente già in fase 2in tutti i trial di sperimentazione. Il nostro ruolo come pazienti è quellodi portare avanti il rispetto dell’eticanelle sperimentazioni. Ad esempio,noi stiamo lottando con l’AIFA sulladiscriminazione delle donne nei trialclinici: queste infatti spesso nonvengono arruolate perché l’insorgeredi una gravidanza può costringerle adover uscire dal trial. Riteniamoinvece che questo sia un erroreperché la morfologia di una donna èdiversa da quella dell’uomo, e non sipuò non tener conto di questo nellasperimentazione di un farmaco.Abbiamo proposto di intervenireaffinché le aziende che non arruolanodonne siano penalizzate e quelleinvece che lo fanno siano agevolate esupportate. ◆

Il Gruppo di Studio Congiunto Istituto Superiore di Sanità-Associazioni di Pazienti

È un gruppo di studio costituito da rappresentanti di associazioni dei

pazienti, del Ministero della Salute, dell’Agenzia Italiana del Farmaco,

dell’Istituto Superiore di Sanità, istituito presso il Dipartimento del Farmaco

dell’Istituto Superiore di Sanità al fine di individuare le iniziative più idonee

al miglioramento e alla razionalizzazione dei percorsi terapeutico-

assistenziali, con specifica attenzione a tre aree di interesse prioritario:

l’accesso ai trattamenti, l’informazione e la prevenzione.

L’obiettivo è quello di focalizzare le attività, in via preliminare, sulle

patologie legate all’infezione da HIV, sulle malattie oncologiche e

reumatiche, sull’osteoporosi e sulle malattie allergiche.

Questo tavolo ha il compito di realizzare modelli che siano trasversali.

Per esempio: riuscire a migliorare l’accesso ai farmaci per il malato di HIV,

permettendo di saltare i due step successivi all’Agenzia Italiana del Farmaco

– cioè il prontuario regionale e il prontuario ospedaliero – costituirà sì un

beneficio per i pazienti ma, in automatico, lo sarà anche per tutte le altre

patologie gravi.

Lo scopo è quello di agire concretamente prefissando due obiettivi

principali: il primo è quello dei prontuari e l’altro è quello dell’accesso

all’informazione da parte delle persone sane, un tipo d’informazione che di

fatto non esiste perché tutte le campagne hanno come oggetto la

prevenzione della malattia. * Presidente del Network Persone Sieropositive (NPS).

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12 COLLOQUIA

T ornando all’utilità per i medici di conoscerel’Economia sanitaria, voglio immediatamente dire

che, contrariamente a quanto si percepisce nell’attualedibattito di politica sanitaria, ritengo che il punto diincontro fra Medicina ed Economia sia quello dell’Equitàe non quello dell’Efficienza.

Sarebbe facile, ma a mio parere non del tutto corretto,sostenere al contrario che l’Economia è entrata nelquotidiano dei medici (in generale delle politichesanitarie) proprio a causa della scarsità delle risorse.L’affermazione è ricorrente, ma per evitarefraintendimenti, deve essere attentamente analizzata.

La prima precisazione riguarda il concetto di scarsità: il principio è di lampante evidenza: purché però non siconfonda la scarsità economica, che è figlia dellapossibilità di usare in modo alternativo (praticamente)qualsiasi risorsa, con la scarsità finanziaria, declinabilecome «…i fondi non sono sufficienti per…». Qualsiasiazione quotidiana si confronta con la necessità didestinare (allocare come usano dire gli Economisti) lerisorse al miglior uso possibile, evitando sprechi dibenessere, e perseguendo in definitiva la cosiddettaEfficienza allocativa. Ovviamente, non usare le risorse inmodo ridondante nel processo assistenziale è sinonimoanch’esso fattore di Efficienza, questa volta tecnica, e vada sé che sia cosa giustamente da perseguire. Peraltrol’approccio è naturale per i medici, perché è l’analogo delprincipio di appropriatezza clinica che, a fronte dialternative terapeutiche, insegna di optare per quella conil miglior rapporto benefici/rischi.

Ciò detto, l’affermazione che le risorse finanziariesiano scarse è invece fatto del tutto discutibile,specialmente se riferita a contesti propri dei paesisviluppati, ove circa il 10% delle risorse prodotte viene, inmedia, oggi utilizzato per servizi sanitari. Il vero tema èche le opportunità terapeutiche (fortunatamente) siallargano con grande velocità, ma in un contesto aproduttività inferiore alla media degli altri settoridell’Economia.

Baumol, un famoso economista, per primo descrissel’impatto dei differenziali di produttività fra i settoridell’Economia: è famoso l’esempio del quartetto d’archiche oggi richiede gli stessi tempi di esecuzione e le stessepersone (risorse) che richiedeva nel secolo in cui lapartitura fu scritta; con il mio PC posso invece oggielaborare una mole di dati letteralmente impensabile aitempi: l’effetto finale è che il costo del quartetto d’archi(in termini relativi) è quindi cresciuto a dismisura. Ancoraoggi è difficile anche solo immaginare una medicinatotalmente robotizzata, così che una crescente incidenzadella spesa sanitaria sui consumi delle famiglie è un fattopraticamente ineludibile.

Tornando alle opportunità terapeutiche, notiamo chela tecnologia sul lato dell’offerta, e il progressoeconomico ovvero un maggiore benessere economico,

Perché il medicodovrebbefrequentarel’Economiasanitaria

Ho accettato con molto piacere di curare

questa rubrica dedicata ai rapporti tra medico

(e quindi la Medicina) e l’Economia sanitaria:

dedicandomi da anni a quest’ultima disciplina,

sia sul versante della ricerca che su quello

della formazione, ho percepito come una grande

opportunità quella di poter disporre di uno spazio

autonomo nel quale ragionare intorno

ad un connubio difficile ma necessario, fra due

scienze più simili di quanto possa apparire

ad un’analisi superficiale.

Essendo questo il primo contributo, vorrei

dedicarlo e la scelta pare quasi obbligata ad una

riflessione sulla utilità per i medici di «frequentare»

l’Economia sanitaria. A scanso di equivoci premetto

che mi limiterò (per esigenze di spazio)

ad affrontare la questione da un solo versante,

in modo colpevolmente asimmetrico: trascurerò

infatti importanti argomentazioni sull’utilità

per gli economisti di approfondire i rudimenti

della Medicina, a dimostrazione della quale cito

come nei programmi formativi predisposti

in alcune Regioni (i cosiddetti corsi manageriali)

appare, correttamente, la materia denominata

«Medicina per non medici».

SALUTE ED ECONOMIAdi Federico Spandonaro*

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COLLOQUIA 13

Salute ed Economia | Perché il medico dovrebbe frequentare l’Economia sanitaria

sul lato della domanda, hanno aumentato fortemente ibisogni e le aspettative della popolazione. In passato, il«morbo di Baumol» ha sempre agito, ma il suo effettoera trascurabile, perché applicato ad un settore dallelimitate dimensioni: considerando che oggi la Sanità è ilterzo settore economico, dopo quello alimentare e quellodelle costruzioni, si spiega facilmente perché il suoimpatto è ormai drammaticamente tangibile.

Questa secolare tendenza fornisce la spiegazione delperché le politiche sanitarie si siano negli ultimi anniconcentrate sulla razionalizzazione del sistema: ridurre ilgap di produttività fra settore sanitario e altri settorieconomici è necessario per rallentarne la crescita relativa,ovvero per frenare la crescita della quota di PIL destinataalla Sanità. Essendo, come molti, profondamenteconvinto che i sistemi sanitari siano ancora tecnicamenteinefficienti (più che altro per disfunzioni organizzative),l’aspettativa è che questa opera di razionalizzazionepossa risultare almeno parzialmente efficace.

Ciò detto, che la razionalizzazione sia risolutiva è peròdubitabile: infatti essendo impossibile con le tecnologieattuali colmare il gap di produttività, la tendenza di fondonon potrà che continuare ad essere quella alla crescita,oltretutto favorita dall’invecchiamento della popolazione.

Esiste poi un altro aspetto della questione che parecontroverso; nessuno si preoccuperebbe perché i consumidelle famiglie in alcuni settori crescono a scapito di altri:ad esempio, oggi l’elettronica è una voce di bilancio dellefamiglie che assorbe una quota crescente di risorse, senzaalcun allarme; e se domani vedessimo crescere la quota dirisorse destinata alle attività culturali ne saremmo forseanche lieti. Nessuno discute, in generale, la sovranità deicittadini/consumatori, nell’autodeterminare il modo concui soddisfare i propri bisogni. Il comportamento èdiverso in campo sanitario sebbene nessuno sia in gradodi sapere quale sia il livello di consumo ottimale in terminidi benessere individuale e collettivo.

La questione è resa ancora più complessa dal fatto chele caratteristiche intrinseche dei servizi sanitariimpediscono la creazione di mercati perfetti, richiedendol’intervento dello Stato. Questo intervento sostituisce (o quanto meno limita) la libera scelta dei consumatori,portando con sé numerose problematiche di efficienzaallocativa: ovvero non è facile (se non impossibile)

determinare se la quota di risorse collettive destinate allaSanità siano quelle che i cittadini, in condizioni ideali,avrebbero effettivamente e liberamente destinato alsettore. Nel dubbio, si vorrebbe che esse fossero quelleminime possibili, spesso confondendo la minima spesacon il miglior rapporto costo-beneficio.

I sistemi sanitari pubblici sono quindi chiamati, oltre alnon sprecare risorse, a razionare il sistema, tentando direplicare le scelte che i propri cittadini farebberoautonomamente. In questo processo i medici rivestonoun ruolo fondamentale, perché sono chiamati con le loroscelte quotidiane a regolare questo razionamento. Va dasé, che la questione ha implicazioni equitative importanti.Principalmente perché ciò che rimarrà fuori dal sistema diprotezione pubblica potranno permetterselo solo coloroche avranno a disposizione risorse sufficienti, comeperaltro avviene attualmente nel SSN italiano per quantoriguarda ad esempio l’assistenza odontoiatrica e per i nonautosufficienti.

Da alcuni anni il Rapporto annuale CEIS Sanitàtestimonia come queste voci di spesa familiare implichinorilevanti impatti in termini di impoverimento e spesecatastrofiche nell’accezione data dall’OMS.

La questione è poi particolarmente delicata sulversante del progresso tecnologico: ogni qual volta unanuova tecnologia, e quindi una nuova o migliorataopportunità terapeutica, si affaccia sul mercato, ladecisione sul suo inserimento o meno nelle prestazioniofferte dal SSN equivale a decidere chi e come avrà adisposizione tale opportunità.

Un medico che non approfondisca il tema dellavalutazione dell’equità delle scelte allocative non avrebbequindi a disposizione gli strumenti per operare in terminirazionali e etici le sue scelte quotidiane. Ovviamentequest’attenzione è un requisito aggiuntivo rispetto allacapacità professionale.

Solo però con una consapevole conoscenza dellalogica economica da parte di tutti gli operatori delsistema sanitario si può evitare la deriva finanziaria, chedeprime il portato etico di un buon uso congiunto dellaMedicina e dell’Economia. ◆

* Università di Roma «Tor Vergata»,Facoltà di Economia.

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14 COLLOQUIA

La medicina generale non potrà affermarsi fino a quando non saràmodificata la suacollocazione nel sistema e non avrà trovatoinvestimenti e soluzioniper rimediare alla suaderiva individualistica.

L’emarginazione della medicinagenerale ha un’origine lontanache si può far risalire alla legge

istitutiva del Servizio SanitarioNazionale (SSN).

In essa il medico di medicinagenerale – al centro del Servizio, alfianco del cittadino – era previstonella giusta collocazione, ma con ilgrave handicap di essere un liberoprofessionista convenzionato in unaorganizzazione programmata,governata e gestita da dipendenti.

Un altro elemento fondamentaleche ha impedito alla medicinagenerale di progredire è stato ed èquello di avere una retribuzionefondata, prima esclusivamente, oggiprevalentemente, sulla quotacapitaria comprensiva delle spesenecessarie all’erogazione delleprestazioni contenute nellaconvenzione. È evidente che unsimile sistema di retribuzione fa sì

che ogni spesa comporti unariduzione del guadagno; la maggiorparte dei medici, come èumanamente comprensibile, è stataorientata a minimizzare le spese permassimizzare i guadagni. Tutto ciòsenza avere occasioni credibili di

investimenti di terzi in fattori diproduzione.

Il terzo grave difetto, strutturaledella medicina generale, èrappresentato dalla differenza fra icriteri di dimensionamento dellapianta organica (il così dettorapporto ottimale) per cui deveessere inserito un medico ogni 1.000assistibili e la possibilità di ciascunmedico di acquisire un numeromolto maggiore di scelte. In passatoil massimale di scelte potevaraggiungere le 1.800 unità, oggi èridotto a 1.500, ma è sempre moltopiù alto del rapporto ottimale.Questa differenza è sempre statavoluta dalla parte pubblica perfavorire una concorrenza qualitativafra i singoli medici, cosa che di fattonon si è verificata.

Anzi, mentre tutti i finanziamenti

L’emarginazione e il riscatto della

medicina generale

SECONDO ME...di Giacomo Milillo*

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COLLOQUIA 15

Secondo me... | L’emarginazione e il riscatto della medicina generale

disponibili venivano dirottati dalladipendenza nelle attività delladipendenza, la medicina generalerestava indietro sul pianoorganizzativo, dello sviluppo dellecompetenze specifiche e dellacapacità di erogare direttamenteprestazioni, ed i medici sono statitutti concentrati a conquistare econservare il maggior numeropossibile di assistiti, anche a scapitodel collega, coltivando cosìisolamento e autoreferenzialità.

Per una «rifondazione della medicina generale»

Questa situazione,grossolanamente e sinteticamentedescritta, ha creato il profondobaratro che ha reso e continua arendere difficile l’inserimento a pienotitolo della medicina generale nelSSN.

Le organizzazioni sindacali escientifiche della categoria,consapevoli delle dinamiche appenadescritte, hanno cercato negli ultimidecenni di introdurre adeguaticorrettivi e hanno prodotto propostee sperimentazioni di elevato valore,esplorando il campo delle formeassociative, dei gruppi di cureprimarie, di progetti assistenziali perpatologia, fino a delineare ipotesipraticamente coincidenti con la tantoauspicata Clinical Governance, sullaquale gli inglesi hanno posto il loromarchio di fabbrica.

Oggi, le stesse organizzazioni dicategoria devono constatare quantovani siano stati i loro sforzi, perché iprogetti faticosamente condivisi esottoscritti anche in accordi regionalio aziendali, sono stati precari neltempo e spesso boicottati da subitonella loro realizzazione. Il fatto è chela medicina generale, al di là delledichiarazioni, è ancora e sempre più,vissuta come un corpo estraneo, unasanguisuga parassita, perché lontanadalle consuete filiere di comando e digoverno della sanità, che con grandefatica in questi anni è riuscita solo ascalfire.

L’aziendalizzazione introdotta

dalla 502 ha ulteriormenteaggravato questa condizione eneppure la 229 l’ha attenuata. Per effetto delle autonomie regionalideterminate dal federalismo,cominciano, in alcune regioni, apresentarsi spinte che cercano dimodificare il nostro stato giuridicoda liberi professionisti convenzionatiparasubordinati ad erogatori o alcontrario a dipendenti.

A nulla è valso il fatto che ilpopolo italiano abbia respinto ladevoluzione in sede referendaria. La medicina generale è tirata indirezioni diverse, deve confrontarsicon regole diverse in ogni regione eanche con diritti del cittadino diversifra ASL della stessa regione e, comein un’immagine retorica medioevale,rischia di essere smembrata.

Oggi la categoria ha capito chetutte le aggressioni che la medicinagenerale subisce sono conseguenzadiretta della sua emarginazionestrutturale e, se da un lato continuaa combatterle singolarmente,dall’altro ha raggiunto laconsapevolezza che non puòconsiderarle la causa prima del suodisagio ed esaurire la sua attivitànell’opporsi ad esse. Sarebbe comeaccanirsi nel trattamento della tossein una polmonite batterica e nonfare nulla per debellare l’infezione el’infiammazione che la determinano.

Se in oltre venti anni di attivitàsindacale la medicina generale non èriuscita ad invertire la tendenzaall’emarginazione della categoria,nonostante la diffusaconsapevolezza della suainsostituibilità, significa che fino adora non ha saputo incidere suiproblemi fondamentali.

La medicina generale non potràaffermarsi fino a quando non saràmodificata la sua collocazione nelsistema e non avrà trovatoinvestimenti e soluzioni perrimediare alla sua derivaindividualistica.

Questo è il motivo per cui hapreso piede l’idea di rivendicare una«rifondazione della medicina

generale», chiedendo al Governo ealle Regioni di scolpire nella leggediritti e doveri certi e costanti neltempo della medicina generale, perdare maggiore definizione all’attualestato giuridico diparasubordinazione, traguardo cherichiede un provvedimentolegislativo che ridisegni un ruoloprofessionale certo e intangibiledella medicina generale comedisciplina specifica.

Questa ipotesi di «rifondazionedella medicina generale» ha raccoltol’attenzione del Ministro Livia Turcoche fin dall’inizio del Suo mandatoha dichiarato la volontà di dareconsistenza reale all’assistenzaterritoriale e degli Assessori regionalialla sanità da tempo alla ricerca dinuove modalità di gestione dellamedicina generale.

La categoria vuole oggi uncambiamento sostanziale che dovràcostruire con impegno e fatica enecessariamente godere di un’ampiacondivisione costruita attraverso unapprofondito dibattito nelleperiferie. ◆

* Segretario Generale Nazionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG).

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16 COLLOQUIA

La Medicina e le arti

La sopravvivenza di un’opera è garantita

in un primo momento dalla corretta

diagnosi della patologia e solo

successivamente viene messa a punto

la «cura».

È possibile un parallelo tra restauro e medicina, nel senso di restauro

come cura dell’arte?Possiamo certamente dire che il

restauro è una terapia impiegata perfavorire la conservazione di un’operad’arte e che noi eseguiamo suidipinti operazioni che si configuranocome veri e propri interventichirurgici mentre in altri casiimpieghiamo metodologie menoinvasive. La sopravvivenza diun’opera è garantita in un primomomento dalla corretta diagnosidella patologia e solosuccessivamente viene messa apunto la «cura», con l’ausilio ditecniche e materiali presi in prestitodalla medicina e dall’industriachimica. Uno degli strumenti cheviene impiegato quotidianamente èil bisturi, per i quale viene fattaun’accurata selezione delle lame

Il restauro come «cura» dell’arteIntervista a VALERIA MERLINI*

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COLLOQUIA 17

La Medicina e le arti | Il restauro come «cura» dell’arte

secondo il tipo di operazione daeseguire. La sua funzione nelrestauro è raramente quella diincidere, ma piuttosto quella di«ablare» sostanze estranee dallapellicola pittorica e ridurle conparticolare delicatezza. Facciamo unlargo uso anche di cotone idrofilo,guanti da chirurgo, pinzeemostatiche di varie forme e misure;adoperiamo vasi per tamponi, lenti,microscopi e tutto ciò che èfunzionale a migliorare la percezionedella problematica. Nelle indaginiscientifiche utilizziamo con una certafrequenza l’apparecchio radiograficoil cui livello di emissione è calibratoin modo da poter leggere attraversola pellicola pittorica. Questo vieneimpiegato con lo stesso principioapplicato in medicina, cioè sullalastra si evidenzia l’elementomaggiormente radiopaco che inortopedia è un osso, nel nostro casoil bianco di piombo. Infatti, laradiografia di un dipinto è tanto piùleggibile tanto è maggiore laquantità di pigmenti radiopachicome la biacca (bianco di piombo).Con la tecnica radiografica èpossibile individuare una stesurapittorica sottostante successivamentecoperta dall’artista (pentimento),oppure capire come è statoimpostato un dipinto (abbozzo),ottenendo in molti casi risultati digrande interesse.

Si sta da qualche annosperimentando per gli affreschi l’usodella termografia come ausilionell’individuazione dei distacchi diintonaco la cui entità e tipologia èancora affidata al sistema diriscontro tattile-acustico. Anche illaser viene impiegatosperimentalmente nelle puliture,anche se non è ancora possibiledisporre di una casistica affidabile. Si è dimostrato, per esempio, digrande utilità in un caso eccezionalecome quello del Battistero di S. Giovanni devastato da unabomba di matrice mafiosa. Dove siriscontrano distacchi di pellicolapittorica in condizioni precarie, per

cui non si può fare la pulitura di unframmento senza rischiare di farlocadere e nello stesso tempofissandolo, in tal modo lo rendiamosolidale allo sporco, il laser si èrivelato assai funzionale. Il ridottoutilizzo di questo apparecchio è peròin gran parte dovuto alla difficoltà dicalibrare il raggio su un manufattoche ha normalmente una superficiedisomogenea , ma in futuro siamocerti che si sperimenteranno nuoveapplicazioni.

È corretto dire che, come inmedicina l’intervento chirurgicodeve essere l’extrema ratio,mentre la normale igiene e lepiccole cure sono la normalitàper una vita sana, così nella curadell’arte esistono procedure perla conservazione dell’opera? In che cosa consistono?

Assolutamente sì. Diciamoinnanzitutto che per un’opera d’arteè fondamentale il luogo diconservazione. Per le tavole e inbuona parte anche per gli affreschi,devono essere rispettati alcuniparametri. Due elementifondamentali sono la temperatura el’umidità; l’eccesso di umidità èdannoso per qualsiasi manufatto,anche se le tele hanno un marginedi elasticità molto più ampio. Lefibre del legno conservano unavitalità incredibile, ci sono tavole delXII e XIII sec. ancora estremamentereattive ai repentini sbalzi ditemperatura e questa problematicainteressa molto da vicino anche glispazi museali. Anche per gliaffreschi, l’ambiente nonclimatizzato unito alla presenza dipolveri e microrganismi può crearedifficoltà nella conservazione. Basti

Il restauro del gruppo di mani degli apostoli Filippo e Matteo nell’Ultima cena

La foto superiore presenta le mani di

Filippo prima del restauro; la mano

sinistra allungata era ricoperta da una

pesante sedimentazione, costituita da

polveri e fissativi stratificati nelle scaglie

di colore a conchiglia e da materiali di

restauro rosa acceso nelle parti lacunose.

Negli interventi precedenti non erano

stati rimossi i rifacimenti del mignolo

allungato oltre misura , dell’anulare e

dell’indice, cui manca l’ultima falange.

Un pesante ripasso colorato rafforzava

tutta la parte in ombra delle dita.

Simili caratteristiche denunciava la mano

destra dove era evidente l’arbitraria

ricomposizione a forma di uncino del

mignolo. Analogamente anche la mano

destra di Matteo restituiva l’indice e il

medio rozzamente ricostruiti per

ricomporre l’integrità perduta.

Dopo l’intervento di restauro (foto

sotto) le mani di Filippo sono di nuovo

leggibili nella posizione originaria delle

dita e nel recupero della definizione dei

volumi e nei contrasti chiaroscurali.

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18 COLLOQUIA

La Medicina e le arti | Il restauro come «cura» dell’arte

ricordare il caso dei dipinti romanidella Villa di Livia a Prima Porta,l’incredibile ritrovamento che si erarapidamente trasformato in unatragedia. Al momento della scopertagli affreschi erano stati descritticome ben conservati, ma a causadell’incuria totale nella quale eranostati lasciati gli scavi, si eranorapidamente degradati.

Oltre all’ambiente, sonocomunque importanti anche piccole«cure» come la rimozione deidepositi di polvere che, eseguiti concostanza ed attenzione, evitano didover compiere successivamenteinterventi più consistenti.

È anche vero che un’opera èsegnata profondamente dalla suastruttura «genetica», o forse è piùcorretto dire dalla sua genesi;affinché si trasmetta integra neltempo è fondamentale la qualità deisuoi materiali costitutivi. Per letavole: la scelta e la stagionatura deilegni, il modo in cui sono statiassemblati gli assi, mentre per gliaffreschi: la qualità degli intonaci, la calce e gli inerti come la sabbia.Anche i leganti e i pigmenti utilizzatirendono l’opera più solida nel

tempo se composti secondo lericette tradizionali.

Ci sono casi in cui si puòparlare, con un termine preso in prestito dalla medicina, di accanimento terapeutico suun’opera d’arte? Fino a che puntosi deve intervenire?

Penso che chi fa il nostro mestieredebba sempre tenere conto delladifferenza che c’è tra un’operad’arte e un manufatto. In lineagenerale, ritengo poco eticoeseguire un intervento oneroso suun’opera che abbia un modestovalore artistico; progettando unrestauro bisogna avere chiaro su

cosa si interviene, anche se bisognagarantire sempre la conservazionedella materia rispettando la suavalenza storica.

Ci sono poi gli accanimentiterapeutici veri e propri come quelloche personalmente ritengo sia statofatto con il Cenacolo di Leonardo. Si tratta di un dipinto eseguito conuna tecnica sperimentale che haavuto dal punto di vista conservativouna parabola discendente moltoveloce proprio perché la tecnicaimpiegata non ha dato buonirisultati. L’ambiente di conservazioneha fatto il resto e l’opera si èrapidamente deteriorata. Essendoconsiderata un pilastro della storia

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COLLOQUIA 19

La Medicina e le arti | Il restauro come «cura» dell’arte

dell’arte italiana «L’ultima cena» èstata restaurata numerose volte e acosti molto elevati. Gli interventipittorici massicci, per quantorispettosi, finiscono per portare lafirma di chi li ha eseguiti e cirestituiscono un tessuto pittoricomolto diverso dall’originale, con lucie profondità inevitabilmente alterati.

Se è pur vero che si tratta diun’opera fondamentale dal punto divista storico, non possiamo nonconsiderare che abbiamo in Italia uncospicuo patrimonio artistico cheversa in condizioni precarie percarenza di fondi, bisognerebbepertanto essere più attentinell’investire energie e risorseeconomiche.

Come si arriva alla scopertadelle nuove tecniche di restauro.Esiste, come avviene nel casodella scoperta di nuovi«farmaci», una vera e propriafase di test?

Come ho già accennato all’iniziodi questa intervista, nel restaurovengono utilizzate tecnichediagnostiche e materiali presi aprestito sia dalla medicina sia da altrisettori. Per quanto riguarda i solventisi tratta di sostanze chimicheprodotte e testate per scopi diversi esuccessivamente adattate alle nostreesigenze , mentre i pigmenti e levernici sono materiali per la pittura.Il nostro settore costituisce un«ibrido» tra scienza, tecnologia etecniche artigianali, ma interessa unmercato di nicchia che non è ingrado di stimolare l’industria a farericerca per prodotti impiegati inquantitativi irrisori rispetto ad altrisettori.

Oltre al problema dei consumilimitati non c’è neppure un verointeresse dei restauratori ad utilizzareprodotti più raffinati e costosi,perché la nostra è sostanzialmenterimasta un’attività di tipo artigianale.Tranne rari casi in cui ci si èfaticosamente costruita l’opportunitàdi avere laboratori e strutture di uncerto rilievo, il 90% dei restauratori

opera sul territorio con mezzi esiguicompiendo interventi faticosi conbudget molto contenuti.

Esistono in Italia centri comeL’Opificio delle Pietre Dure e l’IstitutoCentrale del Restauro che, purconservando la loro supremazia incampo internazionale, hanno persoun po’ della loro valenza didattica eformativa e dovrebbero, secondo ilmio parere, concentrarsimaggiormente sulla ricerca e sullasperimentazione.

Tra le tecniche più recenti, c’èn’è qualcuna che ha segnato unasvolta nel mondo del restauro?

Direi senza dubbio la tecnica XRF(X-Ray Fluorescence). Si tratta diun’indagine non distruttiva checonsente di individuare la materia,grazie all’analisi della radiazioneriemessa dal punto sollecitato conraggi X. La radiazione viene raccoltada un opportuno rivelatore edanalizzata in energia, consentendo inquesto modo di leggere le righecaratteristiche dei differenti elementichimici. Tale tecnica ci consente diidentificare, per esempio, unpigmento senza prelevare frammentidal dipinto come accadeva inpassato, visualizzando il piombo dellabiacca, il mercurio del cinabro o ilrame dell’azzurrite, ma anchesostanze estranee alla pellicolapittorica originale.

Nello stesso tempo, ormai, quandosi fanno interventi di un certo livello,la ricerca sulla tecnica esecutivadiventa parte del lavoro. Il restauronon è quindi più solo una «terapia»ma anche l’acquisizione diinformazioni che ci aiutano acollocare un opera cronologicamentein maniera più precisa, a scoprirecuriosità o anomalie nella tecnicaesecutiva.

Lei ha di recente curato il restauro della «Conversione di Saulo» del Caravaggio,appartenente alla collezioneOdescalchi, ed è ora impegnatanel restauro della pala di Giulio

Romano alla Camera deiDeputati. Quali analogie e qualidifferenze si possono evidenziarenei due lavori?

Si tratta di due dipinti su tavola dinotevoli dimensioni con struttureabbastanza complesse. Sonoentrambi curiosamente composti dasette assi, anche se non dello stessolegno e con uno stato conservativoprofondamente diverso. La Conversione di Saulo diCaravaggio (vedi pag. 18) avevaall’inizio dell’intervento un supportoin discrete condizioni, mentre lapellicola pittorica presentava unaforte alterazione dei valori cromaticioriginali che rendeva difficoltosa lalettura dei rapporti chiaroscurali e deipiani prospettici. La pala di GiulioRomano invece è stata fortementedanneggiata dalle vicende che neisecoli hanno interessato la Chiesa diS. Maria dell’Anima per la quale èstata dipinta. Più volte coinvolta inalluvioni, la tavola ha subito numerosirestauri. I primi interventi risalgono al1617 e al 1682 e sono legati a nomicelebri come Carlo Saraceni e CarloMaratta, che si trovano ora aconvivere con il tessuto pittoricooriginale, creando un palinsesto dinotevole interesse. Abbiamo coltol’occasione di riproporre – come nel2000 per la Madonna dei Pellegrini –la modalità del «restauro aperto» chedà la possibilità a chi lo desidera diseguire da vicino le varie fasi dellavoro e ci consente di forniremoltissime informazioni tecniche estorico-artistiche ad un vastopubblico di appassionati d’arte maanche di ragazzi e di studenti.

È per noi molto importantecoinvolgere e sensibilizzare le personecomuni, perché la grande sfida ègenerare nella collettività interesse esensibilità intorno al patrimonioartistico ed ai problemi della suaconservazione, avvicinando i giovaniall’arte attraverso una chiave dilettura che nessun programmascolastico può dare. ◆

* Restauratrice

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Q uando al di là delle proprietànutrizionali di un alimento, è

scientificamente dimostrata la suacapacità di influire positivamente suuna o più funzioni fisiologiche,contribuendo a preservare o migliorarelo stato di salute e di benessere e/o aridurre il rischio di insorgenza dellemalattie correlate al regime alimentare,si può parlare di «alimento funzionale»(functional food). Differenti termini vengono utilizzati nellinguaggio comune e nella letteraturascientifica per indicare questa categoriadi alimenti. Uno studio condotto negliUSA tra le industrie farmaceutiche ealimentari ha rilevato quattro terminiprincipali per designare tale categoriadi alimenti. In ordine decrescente difrequenza d’uso sono: medical food,nutraceutical, functional food enutritional food.I termini nutraceutical food efunctional food (spesso utilizzati comesinonimi) appaiono i più adeguati aidentificare un componente di unalimento, un alimento o un gruppo dialimenti il cui consumo, nel contesto diuna regola alimentare corretta, èconsiderato favorevole al mantenimentodello stato di salute.Gli alimenti funzionali sono alimentitradizionali, non pillole, capsule osupplementi dietetici; devono essereassunti come parte integrante di unnormale regime alimentare e gli effettidevono essere ottenuti assumendonequantità analoghe a quelle previste dauna dieta comune. Devono esseredistinti dagli alimenti supplementatie/o fortificati, che sono destinati acompletare un apporto insufficiente dinutrienti attraverso l’alimentazioneabituale e non devono essere confusicon gli «alimenti dietetici». I dieteticisono destinati a individui affetti da

specifiche malattie, mentre gli alimentifunzionali sono destinati a soggetti saniche desiderano rimanere sani; i dieteticisono utilizzati su indicazione medicaspecialistica, mentre gli alimentifunzionali possono essere acquistatidirettamente dal consumatore. Leproprietà funzionali sono riconducibilia composti naturalmente presentinell’alimento, eventualmente inconcentrazioni più elevate (alimentifunzionali naturalmente ricchi ofunzionali arricchiti), o a compostiaggiunti in un alimento in cui nonsono presenti in origine (alimentifunzionali supplementati).

I claimsI functional claims fanno riferimentoagli effetti biologici che derivanodall’interazione tra un componentedell’alimento (nutriente o nonnutriente) e l’espressione genica e/o lefunzioni biochimiche cellulari, senzariferimento a effetti positivi sulla saluteo alla prevenzione di malattie. Esempidi functional claims sono:modulazione di funzioni metaboliche,potenziamento delle difeseimmunitarie, prevenzione di stressossidativi, ecc.Gli health claims si riferiscono invecealla riduzione del rischio di patologieattraverso il consumo di specificicomponenti di alimenti.Esempi sono dunque la prevenzionedelle malattie cardiovascolari, delleinfezioni, dell’aterosclerosi, dellemalattie del fegato e gastrointestinali,dell’osteoporosi, ecc. In Europa è vietatolegalmente l’uso di health claims perprodotti che non siano registrati comefarmaci.Per attribuire specifiche proprietàsalutistiche e/o fisiologiche ad alimentio a loro componenti è necessario

seguire un iter scientifico rigoroso. La stessa strategia elaborata per losviluppo dei functional foods, e perl’identificazione dei phytochemicals edei loro effetti fisiologici, potrebbe essereapplicata allo studio di tutti gli alimentiinnovativi per verificare le ipotizzateproprietà salutistiche fino adautorizzare l’uso di health claims. Lastrategia si basa su 3 livelli sequenziali:

primo livello: ricerca di base esperimentazione; identificazione ecomprensione dei meccanismi diinterazione tra alimento (ocomponente) e modulazionedell’espressione genica e di funzionibiochimiche cellulari, al fine didimostrare i potenziali effetti fisiologici;

secondo livello: sviluppo di modellie metodologie (ad esempio,biomarker) per dimostrare, attraversostudi di nutrizione umana, questi effettie le loro conseguenze, così da potergiustificare specifici functional orphysiological claims;

terzo livello: disegno di adeguati (e sufficientemente ampi) studi dinutrizione umana per dimostrare, al dilà degli effetti funzionali, un beneficiosulla salute, compresa la prevenzione dimalattie, così da autorizzare l’uso dihealth claims.

L a dimostrazione scientifica dellacapacità di influire positivamente su

una o più funzioni fisiologichepermette di qualificare l’alimento comefunzionale e autorizza l’uso deifunctional or physiological claims.Solo dopo conferma attraverso trialclinici, sufficientemente ampi e didurata adeguata, si può arrivare all’usodi health claims.Accertata la correlazione traalimentazione e rischio di malattia,numerosi studi sono stati focalizzatisull’identificazione di sostanze emeccanismi mediante i quali nutrientie non nutrienti possono esercitare unruolo nel mantenimento dello stato disalute, nella prevenzione e nella terapiadi patologie correlate all’alimentazione.Per identificare le componenti deglialimenti tradizionali a cui ricondurre

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SALUTE A TAVOLAdi Carlo Cannella*

Functional e health claims

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È bello andar per convegni. Per ilmedico – ma vale pure per il

resto del mondo – vedersi accettare unlavoro scientifico è sempre fonte digrande soddisfazione. Protocolli distudio partoriti con sofferenza, giornitediosi trascorsi a raccogliere dati, crisidi angoscia per Bonferroni & Co. siconcretizzano finalmente in unacomunicazione scientifica con laquale, ne siamo certi, sposteremo lesorti della medicina del nuovomillennio.A fronte di un onere decisamentemeno gravoso per il medico-scienziato,rispetto a quanto necessario per lapubblicazione di un articolo su unarivista, il sottomettere un lavoro peraccettazione ad un qualsivogliaconvegno garantisce una visibilitàimmediata. Non è necessario attenderei tempi – talvolta biblici – necessari alprocesso di revisione tipici dellepubblicazioni cartacee ma le propriefatiche verranno esposte ad una plateanell’arco di una manciata di mesi.Farsi accettare un lavoro ad unconvegno poi vuol dire per il medicopure «guadagnare punti» con lapropria clientela, i pazienti. Qualemedico non se l’è tirata almeno unavolta con la madre del pargolettoaffetto da sindrome influenzaledicendo «la prossima settimana non cisarò. Vado ad un congresso inAmerica, mi hanno accettato unlavoro». Ecco che all’istante gli occhidella mamma si fanno da ansiosi perla salute cagionevole del

gli effetti fisiologici ipotizzati,l’attenzione è stata inizialmente rivoltaalle vitamine, a cui è stato riconosciutoun ruolo nella riduzione del rischio dicancro, di malattie cardiovascolari e nelrallentamento del processo diinvecchiamento, al di là di quellostrettamente correlato alla prevenzionedegli stati carenziali. Alcuni studiclinici hanno tuttavia dimostrato comela supplementazione di vitamine E, C eβ-carotene non abbia gli stessi effettifavorevoli sulla salute che vengono

invece dimostrati quando viene seguitauna dieta variata e ricca di frutta evegetali. Tali studi hanno pertantoconcluso che la ridotta incidenza dieventi cardiovascolari e tumori inpopolazioni con largo consumo difrutta e vegetali dev’essere ricondottaalla presenza in tali alimenti di altricomposti funzionali, compresi nonnutrienti.Tra i componenti alimentari il cuiruolo funzionale a livello del sistemagastrointestinale è ormai largamentedimostrato da consentire l’uso difunctional claims e in taluni casianche di health claims, rientrano icarboidrati (fibra) e gli oligosaccaridinon digeribili (prebiotici), nonchéalcuni ceppi di microrganismi(probiotici). ◆

Alcuni esempi di functional claim

Latte e derivati, pasta, ecc.

supplementati con fitosteroli, indicati

per la riduzione dei livelli plasmatici

di colesterolo.

Yogurt per il miglioramento

delle difese immunitarie.

Succhi di frutta arricchiti

con vitamine A, C ed E, che svolgono

azione antiossidante.

MEDICI HIGH-TECHdi Giuliano Kraft*

Il medico congressista: quale software?

>> a pag. 22

COLLOQUIA 21

* Docente Scienza dell’Alimentazione, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università La Sapienza, Roma;Commissario Straordinario IstitutoNazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN).

Cosa sono i probiotici e prebiotici?

I probiotici sono microrganismi viventi quali «lactobacilli» e «bifidobatteri»

che interagendo con un alimento danno origine a prodotti alimentari (yogurt,

latti fermentati, ecc.), oppure che entrano nella formulazione di prodotti

farmaceutici (formulazioni liquide, in capsule o granulari). Modulano

l’equilibrio della flora batterica intestinale e potenziano le difese immunitarie.

I prebiotici sono carboidrati non digeribili: frutto- e galatto-oligosaccaridi,

presenti in determinati alimenti (ad esempio, nella buccia dei legumi,

nei carciofi, nella cicoria), oppure l’amido resistente o retrogradato, l’inulina,

il lattulosio e i polioli. Stimolano selettivamente la proliferazione o l’attività

di uno o di un limitato numero di ceppi batterici colici, determinando una

variazione significativa della microflora del colon.

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22 COLLOQUIA

Medici high-tech | Il medico congressista: quale software?

giovane virgulto afiduciosi per l’evidente quanto inattesospessore del medico curante scelto acaso tra i pochi rimasti disponibiliall’USL.Non v’è però medaglia senza rovescio,non v’è rosa senza spine, non è tuttooro quel che luccica. Da questoexcursus proverbiale se ne trae l’ovviaconclusione che per il congressista nonsono certo tutte rose e fiori (e dai!).Che dire ad esempio dell’ansia primadella presentazione, quella che rende ilcavo orale simile a carta vetrata doppiozero? Come raccontare il tremitoirrefrenabile sul podio che rende arduol’uso del laser pointer? E della voceche si strozza alle prime sillabedell’introduzione? Di tutto ciò, lamamma ansiosa di cui sopra nientesaprà mai. Pochi eletti a parte, per lamaggior parte di noi parlare inpubblico è fonte di stress. Che sial’assemblea condominiale ol’American College poco importa,sempre stress è. Se poi le cose inizianoad andare storte con microfoni chefischiano, slide che non partono, ecc.allora non si tratta più di stress ma divero e proprio panico.Diviene quindi fondamentaleun’accurata preparazione, almeno deisupporti audiovisivi, onde ridurre alminimo i rischi di fiasco.Oggi in pubblico si parla solo edesclusivamente avvalendosi di un filePowerPoint. È questo un software

prodotto da Microsoft, disponibile siaper Windows che per MacOS, per lapreparazione di visual – ma non solo– ovvero diapositive virtuali chepossono essere proiettate, medianteapposito dispositivo chiamato appunto«videoproiettore», direttamente dacomputer sulla parete dell’auditorium.A tutt’oggi PowerPoint, che ci piaccia o no, è il lider maximo dei software dipresentazione ed ha ben pochipretendenti al trono. Uno di questi èsicuramente KeyNote che, per quantomi consta, è parte integrante delcorredo software di ogni nuovocomputer Apple ma le cose in questosettore cambiano di giorno in giorno.Software stabile e completo, disemplice utilizzo, con pre-impostazioniben più eleganti dell’avversario,KeyNote non rappresenta però unostandard per cui, presentandoci alcongresso all’altro capo del mondo conun file KeyNote, otterremmo solol’ilarità degli addetti alla proiezione. In teoria questo applicativo dovrebbeessere in grado di leggere filePowerPoint ed esportare nello stessoformato ma, come già detto, scopoprimario del buon congressista èridurre al minimo i rischi. Lo stesso

discorso può essere applicato aisoftware open source. Sono questi deiprogrammi gratuiti, disponibili pertutte le piattaforme, che emulano acosto zero l’operato dei prodotticommerciali. Recentemente ho avutoun’esperienza negativa con OpenOffice,alter ego della quasi-omonima suite diMicrosoft: un file preparato con curaper una lezione sulla privacy, almomento di essere aperto dall’addettoalla proiezione con PowerPoint èrisultato essere illeggibile nonostanteesso fosse stato salvato correttamentementre continuava ad essere apribile inOpenOffice. Quando vi accadrà ciò esarete all’altro capo del mondo,maledirete il giorno in cui avete decisodi risparmiare i circa 200 Euro(dipende dalla versione) per unalicenza originale Microsoft.Fatevene quindi una ragione,PowerPoint – che è elemento dellasuite Office, ormai vi sarà chiaro –serve ad ogni congressista, così come èindispensabile un programma per ilfotoritocco. Veniamo poi ai filmati, gioia edangoscia d’ogni congressista. Perquesti meravigliosi supporti allacomunicazione scientifica, tanto di

P er la creazione di slide eleganti ed accattivanti bisogna fare largo uso

di immagini, siano esse radiografie, TAC, pezzi anatomici, fotografie

di lesioni, ecc. È necessario perciò disporre nel proprio corredo software

di un applicativo che ne consenta il ritaglio, la modifica della risoluzione,

che consenta variazioni di luminosità e contrasto, la rimozione di dominante,

ecc. Anche questo settore vede un solo

leader indiscusso: Adobe PhotoShop,

vero e proprio coltellino svizzero per

il trattamento delle immagini digitali e

per l’acquisizione di queste da scanner o

fotocamera. Sarebbe inoltre cosa buona

e giusta disporre di un programma per

la grafica vettoriale – ad esempio

CorelDraw o FreeHand o Illustrator –

per la creazione di poster, la redazione

di diagrammi a blocchi, per l’editing

di vignette, creazione di loghi, ecc.

>> da pag. 21

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COLLOQUIA 23

L’essere umano al pari di tutti glianimali è caratterizzato,

sostanzialmente, dalla capacità dimuoversi e quindi di affidare almovimento stesso la realizzazione ditutte le attività indispensabili per la suasopravvivenza e per la vita di relazione.La diffusione sempre crescente dellemacchine in tutte le attività umane, neipaesi a forte sviluppo economico eindustriale, ha comportato unaprogressiva riduzione delle opportunitàdi movimento con una conseguentegraduale, ma inesorabile, riduzione delgrado dell’efficienza fisica, comeappunto si realizza nella cronica eprolungata sedentarietà.Nella lingua italiana la sedentarietàindica «l’abitudine o il caratteresedentario» (Il dizionario della linguaitaliana di G. Devoto e G.C. Oli) laddove,a sua volta, l’aggettivo sedentario [dallatino sedentarius, derivato di sedens-entis, participio presente di sedere ‘starseduto’] viene definito «di attività omodo di vivere che si svolge inprevalenza stando seduti».Analogamente, l’edizione tascabileitaliana del Dizionario Medico IllustratoDorland (2006) riporta le seguentidefinizioni di sedentario «abitualmenteseduto, di abitudini inattive» – «relativoalla postura in posizione seduta»,mentre il Churchill’s Medical Dictionary(Edizione italiana, 1994) riporta«lavorare in posizione seduta.Concernente la posizione seduta. Di o relativo ad un’attività che non èfisicamente estenuante».A sua volta l’Oxford Dictionary of SportsScience and Medicine (Michael Kent,1994) attribuisce al termine «sedentary»la definizione di «Applied to a personwho is relatively inactive and has a

lifestyle characterized by a lot of sitting»La sedentarietà, dunque, ècaratterizzata, in particolare, daltrascorrere molto tempo stando seduti, epiù in generale da una scarsa attitudineper il movimento o dall’impossibilità,più o meno accentuata, a praticare conregolarità un’adeguata quantità, nonnecessariamente estenuante, di attivitàfisica. La sedentarietà è divenuta,progressivamente nel corso degli ultimidecenni, una caratteristica dominantedello stile di vita di una parte, purtropposempre maggiore, della popolazionemondiale. Nel mondo occidentale, riccoe tecnologicamente avanzato, la vitasedentaria rappresenta una minacciaper la salute ben più significativadell’invecchiamento; purtroppo nonmancano osservazioni che evidenzianocome questo comportamento si stiadiffondendo anche nelle nazioni in viadi sviluppo.Siamo di fronte ad un fenomeno socialee culturale trasversale, che riguardaentrambi i sessi, coinvolge tutte le fasced’età ed è sostanzialmente

SPORT E SALUTEdi Michelangelo Giampietro*

La sedentarietà come fattore di rischio

>> a pag. 24

moda al momento, sarebbe necessariospendere fiumi di parole. Limitiamociper adesso a considerare che è saggioinstallare nel proprio computerQuickTime, software gratuito di Appleche permette il trattamento di questimedia nei più comuni formati video.Infine, com’è ovvio, è indispensabileuna connessione veloce ad internetonde poter reperire in tempi accettabiliper il sempre indaffarato medico tuttoil materiale iconografico atto a renderele proprie slide meno tediose per laplatea. Su internet ormai si trovadavvero tutto, basta sapere dove e comecercare. Personalmente ricorrocontinuamente alla sezione«Immagini» del mitico Google e daqui sono sempre in grado, con pochiclic, di abbellire le mie ed altrui slidecon elementi grafici attinenti ed’effetto.Vorrei concludere propriosottolineando l’importanza di slidechiare ed efficaci. Il congressista ha adisposizione un tempo limitato (circa10 minuti) durante il quale deveriuscire a trasmettere alla plateal’importanza e la rilevanza dellostudio, nonché tutto il sangue, ilsudore e le lacrime versate per laricerca in questione. È però arduo ilcompito di tenere svegli i presenti altermine di un’estenuante giornata dilavori mentre si espongono Materiale eMetodi. E se in platea si dorme, senessuno vi ascolta, ebbene tutti ichilometri fatti per raggiungere la sedecongressuale, le code ai check-in, i vuoti d’aria, i controllidoganali… Ma voi non siete lì pertutto ciò, quel che vi ha mosso è laconoscenza, non la necessità diaccumulare punti Mille Miglia.Quindi, che almeno le vostre slidecatturino l’attenzione e che siano facilida comprendere. Oltretutto, in questocaso per voi sarà meno faticoso doverlespiegare. Come ottenere tutto ciò? La risposta nelle prossime puntate. ◆

* Grafica e web design, Servizio Reti,CNR Area della Ricerca di Pisa.

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diffuso in manierasufficientemente omogenea nelle varieclassi sociali.Il tempo trascorso in attività sedentarieo comunque a basso costo energetico edi scarso impegno muscolare ècomplessivamente e significativamentemaggiore, nel medio e lungo periodo,rispetto a quello che viene dedicato adattività, sia pure di breve durata e dimodesto impegno, che richiedono alcontrario l’uso dei muscoli scheletrici edimplicano la possibilità di svolgere unreale e salutare movimento fisico.Le stime relative alla popolazioneeuropea pubblicate nel 2000 dallaBritish Heart Foundation mostravanolivelli di sedentarietà molto vicini aquelli indicati quattro anni più tardidall’Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS-WHO, 2004), secondo cuipiù del 60% della popolazione mondiale,soprattutto gli adulti dei paesi in via disviluppo, è così poco attiva fisicamenteda non raggiungere la pur modestaraccomandazione di svolgere, peralmeno 30 minuti al giorno, unaqualsiasi attività fisica d’intensitàmoderata-intensa, che secondo leprincipali organizzazioni scientificheinternazionali sarebbe in grado diridurre in maniera significativa ilrischio d’insorgenza di malattiecardiovascolari e di molte altre patologietipiche delle società occidentali.In tal senso, i dati dell’indagineEurobarometer: physical activityconfermano la tendenza ad unamarcata sedentarietà della popolazioneEuropea: infatti, il 57,4% dei 16.000

soggetti intervistati, appartenenti a 15Stati dell’Unione Europea, non avevanopraticato attività fisica intensa nellasettimana precedente l’intervista, mentreoltre il 40% dello stesso campione hadichiarato di non aver svolto alcunaattività fisica sia pure d’intensitàmoderata. Inoltre, la ricerca ha messoin evidenza, come era logico attendersi,una più diffusa sedentarietà tra isoggetti anziani (80%) rispetto alle fascepiù giovani (43% di sedentari tra i 15 e i 25 anni d’età), più accentuata tra ledonne.A proposito dei comportamenti e deglistili di vita una considerazione a partemerita il problema della semprecrescente «esposizione» alla televisione,ai video-giochi e al computer.In tal senso, per quanto riguarda piùspecificamente la situazione italiana,l’indagine ISTAT del 2006 haquantificato in tre ore e quattro minutiil tempo trascorso mediamente ognigiorno dalla popolazione guardando latelevisione.Il legame tra televisione e obesità, nonsolo nelle fasce d’età giovanili, è bendocumentato da numerosi lavoripubblicati sulle principali rivistescientifiche e dai documenti di consensodi tutte le organizzazioni internazionaliche si occupano di salute pubblica.Nella popolazione adulta è dimostratoun significativo incremento ponderale (5 kg) associato, entro cinque anni,all’entità del tempo libero dedicato adattività sedentarie.Per quanto riguarda, in particolare, iragazzi, il rapporto diretto tra

esposizione alla televisione e prevalenzadi obesità nelle fasce d’età giovanili èaltrettanto ben documentato tanto chel’OMS, nel già citato rapporto Diet,Nutrition and the Prevention of ChronicDiseases del 2003, ribadisce che: ...Studies aimed at reducing sedentarybehaviours have focused primarily onreducing television viewing in children.Reducing viewing times by about 30minutes a day in children in the UnitedStates appears feasible and is associatedwith reduction in BMI. La stessa OMS (2003) stigmatizza lostile di vita sedentario come dannosoper la salute e mette in evidenza cheL’attività fisica diminuiscesignificativamente con l’etàdall’adolescenza. L’attività fisica el’educazione fisica si stanno riducendonella scuola. La sedentarietà ègeneralmente maggiore tra le ragazze

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Sport e salute | La sedentarietà come fattore di rischio

Tabella I. Riepilogo della forza delle evidenze correlate ad alcune malattie.

Obesità Diabete Malattie Neoplasie Malattie Osteoporositipo2 cardiovascolari dentarie

Attività fisica C� C� C� C�i C�g

regolare P�t

Sedentarietà C� C�immobilizzazione

C = convincente; P = probabile; g solo nelle popolazioni con elevata incidenza di fratture,per maschi e femmine con età superiore a 50-60 anni; i cancro colon-rettale; t per cancrodella mammella. (modificata da Report of a Joint FAO/WHO Expert Consultation, WHOTechnical report Series 916 «Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Disease»,Geneva 2003)

>> da pag. 23

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N ei dizionari generali italiani,anche in quelli dedicati ai

neologismi, risk management e lasua più ovvia traduzione, gestione delrischio, mancano ancora. L’espressioneinteressa qui non tanto comeneologismo, ma per ciò che implicaper la comunicazione. Della necessità di prevedere e prevenirein modo sistematico i rischi creatidalle attività e iniziative di istituzionipubbliche o di imprese si cominciò aparlare negli USA dagli anni ottanta.Cresceva la richiesta diaccountability, di credibilitàresponsabile e trasparente diorganizzazioni, uffici, banche. E comeparte di questa si chiese di badareanche a potenziali rischiose ricadutesociali o finanziarie delle attività. Congli anni novanta entrarono in questoorizzonte anche le strutture del settoresanitario. In Italia il cammino si ripropose con

una decina d’anni di ritardo.L’espressione, apparsa da noi nei tardianni novanta, ancora è talora definitarestrittivamente come «complesso diregole atte alla gestione del rischiofinanziario». In realtà da parecchianni è estesa al settore sanitario, in cuila gestione dei rischi ha una evidente etalvolta perfino drammatica rilevanza. Centrale nel risk management è laverifica della fluidità dellacomunicazione a due livelli: sia tra glioperatori delle eterogenee tecnologieche confluiscono nel funzionamentodi una struttura sanitaria sia tra tuttiquesti, personale medico e sanitario inprimis, e pazienti e ambienti coinvolti. Vietato non farsi capire: bel problemaper chi non sia abituato a pensare inquesti termini. ◆

e le donne. La tendenza complessivaalla vita non attiva è peggiore nellearee urbane più degradate.Lo stile di vita sedentario aumenta ilrischio di sviluppare una condizione disovrappeso e obesità e di molte altremalattie croniche, incluse lacoronaropatia, l’ipertensione arteriosa,il diabete di tipo 2, l’osteoporosi ealcune forme di neoplasie. Al contrario,la popolazione caratterizzata da elevatilivelli di fitness (efficienza fisica) ha unlivello di rischio più basso di svilupparemalattie croniche e mostra unamortalità minore per tutte le cause dimorte rispetto ai soggetti sedentari.L’attività fisica, intesa come qualsiasimovimento del corpo, prodotto daimuscoli scheletrici, in grado dideterminare dispendio energetico puòcontribuire alla gestione dimanifestazioni depressive e ansiose digrado lieve e moderato (DietaryGuidelines for Americans 2005,capitolo 4. www.health.gov/dietaryguidelines/dga2005).L’OMS e la Food and AgricultureOrganization (2003) considerano lostile di vita sedentario tra i fattori dirischio più sicuri nel favorirel’insorgenza dell’obesità e del diabetenon insulino-dipendente (� convincing increasing risk),mentre allo stesso tempo hanno inclusol’attività fisica regolare tra i fattori dicui è ben documentata – «strength ofevidence» – la capacità di ridurresensibilmente (�convincingdecreasing risk) il rischio per obesità,diabete di tipo 2, malattiecardiovascolari (CVD), osteoporosi(nella popolazione maschile efemminile d’età superiore ai 50-60anni, con elevata incidenza di fratture)e cancro colon-rettale, mentre per ilcancro della mammella l’evidenza èmeno forte (�probable decreasingrisk). ◆

COLLOQUIA 25

A DIRE IL VEROdi Tullio De Mauro*

Risk management

* Specialista in Scienza dell’alimentazione e Medicina dello sport e docente di Auxologia, somatometria e biotipologiapresso la Scuola di specializzazione in Medicina dello sport dell’UniversitàCattolica «Agostino Gemelli», Roma.

* Ordinario di Linguistica generale,Università La Sapienza, Roma.

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P iù volte vi sarete chiesti,osservando il coupon allegato a

Colloquia, il motivo del nostro invitoalla sua compilazione o quale fossel’esito delle indagini telefoniche allequali, con garbata gentilezza, avetepartecipato. La risposta è semplice:offrire al lettore uno spazio riservato,dove poter esprimere le suepreferenze, suggerimenti, consigli e,perché no, anche critiche o lamentele.

L’ultima indagine telefonica risalead ottobre 2006 e ci ha permesso di«aggiustare il tiro» analizzandoattentamente le esigenze da voiespresse. Una tra queste, la volontà diveder pubblicati i risultati deisondaggi (circa l’88% degliintervistati), ci ha incoraggiati ad

inserire nella rivista uno spazio fissodedicato alle vostre risposte. Questospazio, da adesso in poi, sarà unmezzo utile con cui voi medici potreteconfrontare la vostra pratica medica,relativamente alle patologie affrontatedi volta in volta.La novità più immediata e visibile,dovuta ai suggerimenti datinell’intervista, riguarda la struttura delcoupon che risulta più chiara, concisae di facile compilazione. E proprioquesto nuovo assetto originale edinamico ci ha dato lo spunto perintervenire anche sullo stile, oradecisamente più accattivante, dandocosì la giusta importanza anche alcolpo d’occhio!

Un altro dato che vogliamosottoporre alla vostra attenzione è lapercentuale (il 33% degli Specialistied il 49% dei Medici di MedicinaGenerale) dei lettori di Colloquia chenon risponde al coupon allegato allarivista, per mancanza di tempo o perpoca attinenza dei sondaggi allapropria specializzazione. Percentualeche in base ai ritorni degli ultiminumeri sta diminuendo

progressivamente.Riteniamo che il coupon sia un

valido strumento che ci consente dirimanere sempre in stretto contattocon voi lettori, riponendo unacostante attenzione alle vostreesigenze e necessità, ormai incontinua evoluzione.

A questo proposito abbiamo volutodare maggior risalto agli spazi pensatiproprio per voi. Infatti, «Idee eSuggerimenti» e «Richieste al MSDinformation Center», a detta del 77%degli intervistati, si dimostrano serviziutili e favorevoli al contatto con MSD.

Vi invitiamo, dunque, a compilarloancora una volta e, qualora ledomande non fossero pertinenti allavostra specializzazione, ad usaresoltanto gli spazi sopraindicati.

Inoltre, vi ricordiamo che avete a disposizione il numero verde800.239.989 (attivo dalle ore 9.30alle 12.30 e dalle ore 13.30 alle17.30) ed il fax 06.36 380 989.Se invece preferite potete scriverea [email protected] o visitare il sitowww.univadis.it. ◆

Le vostre opinioni in uncoupon

� Insieme alla rivista vieneinviato un coupon. Lo ha maicompilato?

SPECIALISTI

MEDICI DI BASE MEDICI DI BASE MEDICI DI BASE

SPECIALISTI SPECIALISTI

� Secondo lei, sarebbe utile pubblicare sulla rivistaColloquia i risultati deisondaggi presenti nei coupon?

� Ha apprezzato il nuovospazio «idee e suggerimenti»creato per dare la possibilità di comunicare direttamente con noi?

33

Non risponde

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26 COLLOQUIA

Sondiamo... il terreno

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COLLOQUIA 27

La Merck Sharp & Dohme si racconta

Il programma ACHAP in BotswanaL’Accordo globale sull’HIV/AIDS inBotswana (African ComprehensiveHIV/AIDS Partnership – ACHAP)siglato nel 2000 tra la Repubblicadel Botswana, la Fondazione Bill &Melinda Gates e la Merck & Co.(contributo della Merck & Co. pari a50 milioni di dollari oltre alladonazione di due farmaciantiretrovirali), è mirato a realizzareun ampio programma diprevenzione, educazione ed accessoai trattamenti per pazienti affetti dalvirus HIV/AIDS in Botswana, uno deipaesi africani maggiormente colpitidalla malattia. Questo programma ha consentito diaumentare il numero di pazientitrattati con le nuove terapiedisponibili da circa 3.000 nel 2002ad oltre 50.000 nel 2006.Inoltre, grazie ad una partnershipcon l’Università di Harvard ed ilMinistero della Sanità del Botswana,oltre 7.000 medici e operatori dellasanità locale hanno beneficiato di unprogramma di formazione ad hoc.

A ssicurare l’accesso ai farmaci, ai vaccini e a servizi sanitari di buona qualità nei Paesi

in via di sviluppo è una sfida complessa che richiedeapprocci e soluzioni articolate. In particolare,

l’accesso ai farmaci in queste aree è spesso ostacolato dallapresenza di infrastrutture sanitarie inadeguate, dall’assenza di un expertise professionale di buon livello e, talora, da un impegno delle amministrazioni pubbliche locali nonsempre adeguato.

I programmi ed i progetti della Merck & Co. partono dalla consapevolezza delle difficoltà esistenti e mirano a superarle attraverso la realizzazione di forme dicollaborazione/partnership con tutta una serie di stakeholder(governi, agenzie internazionali, organizzazioni di comunità,donatori, associazioni di pazienti, organizzazioni no profit) che garantiscono l’approccio multidisciplinare che la soluzionedei problemi richiede.

Nel solo 2005, i contributi e le donazioni della Merck & Co. hanno superato il miliardo di dollari: esattamente il doppio di quanto erogato nel 2001, tre volte quantostanziato nel 1999. Per rendere bene l’idea di questoinvestimento, è come se ognuno dei circa 60.000 impiegati lo scorso anno avesse donato più di 16.000 dollari in iniziative a carattere filantropico.

Nonostante l’imponenza dello sforzo finanziario,l’erogazione dei contributi non avviene banalmente «a pioggia», ma deve necessariamente rispondere ad un serie di rigide condizioni: tra queste, deve andare incontro ad un bisogno evidente e tangibile della popolazione e devepoter sviluppare partnership efficaci che siano in grado di dare continuità e, quindi, risultati a lungo termine,all’investimento.

In particolare, nella lotta all’HIV/AIDS le partnershipconcluse sono numerose ed importanti. Tra le principali ne ricordiamo alcune.

I nostri programmi

nella lotta all’Aids

>> a pag. 28

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La Merck Sharp & Dohme si racconta | I nostri programmi nella lotta all’Aids

Romania: dare ai bambini una nuova speranzaIl problema dell’HIV/AIDS in Romaniasi differenzia da quello di molti altriPaesi del mondo in quanto lamaggior parte degli individuiinfettati da HIV sono bambini. Il governo rumeno e la Merck & Co.hanno lavorato insieme per facilitarel’accesso al trattamentoantiretrovirale di migliaia di bambinied adulti affetti da HIV/AIDS.Attraverso questa eccezionalecollaborazione è aumentatonotevolmente il numero dei pazientiche hanno accesso alla terapia.Nel 1997, su 6.200 pazienti HIV-positivi solo il 30% circa erano statitrattati, dei quali solo l’1,5% con terapia di tripla associazione, in conformità con le linee-guidainternazionali. Oggi, su 8.004pazienti diagnosticati, 4.895 sono in

trattamento (oltre il 60%); di questi,il 94% sta seguendo la terapia ditripla associazione; il restante 6% ètrattato efficacemente con altriregimi farmacologici.Il governo rumeno ha offerto unforte impegno ed una pianificazionea lungo termine per il miglioramentodell’accessibilità alle cure per ibambini e la Merck & Co. hasostenuto l’attuazione della strategianazionale per l’AIDS ad ogni stadiodella sua realizzazione, fornendonon solo le risorse finanziarie, maanche l’incoraggiamento aperseguire continui miglioramentinell’accessibilità alle cure.Ad oggi, il supporto complessivodella Merck & Co. al programmagovernativo per l’HIV/AIDS è pari acirca 1,5 milioni di dollari.

Cina-Merck & Co. HIV/AIDSpartnershipNell’obiettivo di continuare a fornireun importante contributo alla lottaall’HIV/AIDS, nel maggio del 2005 laMerck & Co. ha avviatoun’importante partnership con ilMinistero della Sanità della Cina asostegno della prevenzione e dellacura dei pazienti affetti da HIV/AIDSnel Paese.Il progetto ha come scopo principalequello di creare un approcciointegrato all’HIV/AIDS attraversol’individuazione delle aree dimaggiore criticità, come ad esempiol’identificazione della popolazionemaggiormente a rischio, larealizzazione di campagne disensibilizzazione e programmieducativi, il rafforzamento delle strategie di prevenzione, la formazione del personale sanitario, ecc.La Merck Company Foundation ha

Per maggiori informazioni circa l’impegno della Merck & Co. nella lotta all’HIV/AIDS è possibile consultare il documento

Merck’s Commitment to HIV/AIDS all’indirizzowww.merck.com/cr/docs/hiv_brochure.pdf.

garantito un contributo pari a 30milioni di dollari per cinque anni asostegno del programma che è statoavviato nell’inverno del 2005 nellaprovincia di Sichuan per poi essereesteso in altre aree del Paese. Ilgoverno cinese, attraverso ilMinistero della Sanità, fornirà ilpersonale e le strutture necessarieall’implementazione del programmastesso.

Accelerare l’accesso ai farmaciNel 2000, la Merck & Co. haaderito, insieme ad altre cinqueaziende farmaceutiche ed incollaborazione con UNAIDS, OMS,Banca Mondiale ed UNICEF, ad unimportante programma disolidarietà per accelerare l’accessoalle cure per l’HIV/AIDS nei Paesi piùpoveri e bisognosi. I benefici delprogramma (donazioni/forniture a prezzi scontati di farmaci,educazione sanitaria, infrastrutturemediche) sono ad oggi estesi a 63Paesi in Via di Sviluppo. Nel 2005, 446.000 pazienti affettida HIV/AIDS (+116% rispetto al2004) hanno beneficiato dellasomministrazione delle nuoveterapie gratuitamente o a prezziirrisori. ◆

>> da pag. 27

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COLLOQUIA 29

Asma e BPCO

… gli infettati erano un milione eduecentomila persone,centinaia di migliaia i morti: una guerra da vincere e non da negoziare…

D a 5 anni la Comunità di Sant’Egidio ha avviato in

Mozambico il Progetto DREAM.Perché è stato scelto questo paesecome primo beneficiario?Il legame tra la Comunità di S. Egidioe il Mozambico risale alla fine deglianni Settanta, quando il Paese sitrovava in condizioni di estremapovertà, soprattutto a causa di unconflitto civile che si era scatenatoimmediatamente dopol’indipendenza, nel 1975. Un lungoconflitto che aveva causato unmilione di vittime, due milioni disfollati, e che aveva visto la suaconclusione il 4 ottobre 1992, allafine di una mediazione due anni emezzo, promossa dalla Comunità diS. Egidio, tra il governo in carica(Frelimo - Fronte di liberazione delMozambico) e la guerriglia dellaRenano (Resistenza nazionalemozambicana). La pace di Roma si èrivelata stabile e duratura e haprodotto una democrazia di buonlivello nel paese. Era così iniziata una lenta rinascita,ma a questo punto anche in

Mozambico, come nel restodell’Africa australe, si era assistitoall’esplosione dell’epidemia di Aids.Molti giovani che avevano aderito allacomunità di S. Egidio prima morivanoper la guerra, ora morivano per l’Aids.I numeri erano impressionanti: gli infettati erano un milione eduecentomila persone, centinaia dimigliaia i morti. Abbiamo avvertitotutto questo come una secondaguerra, in questo caso da vincere enon da negoziare.

In cosa consiste il programmaDREAM e in che modo coniugaprevenzione e terapia?DREAM è il primo programma cheintende coniugare prevenzione eterapia, e anzi considera la terapiacome una componente dellaprevenzione. Siamo sempre staticonvinti che si dovesse percorrere unastrada, forse più lunga, certamentepiù dispendiosa, ma che consentisseal Paese di costruire una rispostaarticolata alla malattia, e lo sviluppodel programma ci ha dato ragione.Per quanto riguarda la prevenzioneverticale, ad esempio, abbiamoadottato le linee guida occidentali,non quelle proposte per i Paesi in viadi sviluppo. Offriamo la triterapia atutte le donne in gravidanza: questo èun fatto molto importante, non solo enon tanto per l’efficacia in sé dellatriterapia rispetto ad altri approcci –come, ad esempio, la monodose conla nevirapina – ma anche esoprattutto per le implicazionipsicologiche che questo comporta.Quando si somministra ad una

paziente una singola dose dinevirapina, in sostanza le si dice che èinfetta, che è praticamentecondannata a morire, e forse c’èqualche speranza di salvare suo figlio.Questo giustifica l’inaccettabile tassodi non ritiro delle risposte dei test e discomparse al follow-up di questedonne. Secondo gli ultimi datipubblicati sul Mozambico, su 100donne che iniziano questo tipo diapproccio meno di 17 si ripresentanoal follow-up a sei mesi di distanza.Nel programma DREAM, invece, 81donne su 100 – quindi unapercentuale quasi speculare –completano il protocollo a sei mesi.Non è solo un problema di efficacia,ma anche di capacità di coperturadella popolazione assistita. Vederepersone trattate che hannorecuperato la loro salute, autonomia ecapacità di svolgere le normali attivitàquotidiane attenua lo stigma che sicrea intorno ai malati e quindi vincela resistenza a farsi visitare e curare.

Dietro DREAM c’è l’idea di unanuova sanità africana: una sanitàleggera, molto più presente sul territorio e meno residenziale.Qual è uno degli aspetti

Mozambico: prevenzione e cura dell’Aids

>> a pag. 28

Intervista a LEONARDO PALOMBI*

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30 COLLOQUIA

La Merck Sharp & Dohme si racconta | Mozambico: prevenzione e cura dell’AIDS

cambiato da allora nel continenteafricano?Direi che in questi anni di vicinanza edi interesse per l’Africa abbiamopotuto trovare e recuperare un sensodi speranza e direi addirittura diottimismo. Per molti l’Africa in fondoè sempre stato il continentesfortunato, inevitabilmentecondannato alle catastrofi naturali eai conflitti. Oggi invece fa piacere direche l’Africa offre anche convincentiprospettive e positivi elementi per ilfuturo, primo fra tutti quello della suapopolazione. Una popolazione chevive in condizioni quasi eroiche laproprio vita quotidiana, eppure altempo stesso entusiasta della vita,capace di non farsi totalmentecondizionare e intristire dalle difficoltàdi ogni giorno ed anzi di esprimereun senso di solidarietà e di tolleranzache qualche volta si fatica a trovarequi da noi. Oggi molti Paesi africanihanno conquistato una democraziache solo venti anni fa appariva unmiraggio. Certo resta tutta ladifficoltà di una situazione dimarginalità economica – l’Africacontinua a rappresentare meno del2% del commercio mondiale – in Africa si spende un centesimo diquello che si spende nel mondo per lasalute eppure l’80% del carico diproblemi sanitari lo si ritrova proprioin questo grande continente.Disparità enormi, quindi, però ancheuna popolazione di giovani chehanno studiato, che vogliono lavorareper il loro Paese. E ritengo che starevicini a un’Africa che guardaall’Europa con speranza sia un fattomolto importante. Oggi a sua voltal’Europa deve imparare a guardareall’Africa non più solo in terminiumanitari ma direi anche strategici, di sviluppo e cooperazione, nelgrande panorama dellaglobalizzazione. ◆

efficacia è sostanzialmente dato dadue variabili. Una è l’efficaciadell’intervento, e l’altra è la capacitàdi competere con i pazienti, cioè lacapacità di copertura effettiva dellapopolazione assistita. Abbiamo avutorecentemente la possibilità dicalcolare alcuni indicatori piuttostosignificativi, in particolare due: il DALY(Disability Adjusted Life Years), ovverol’anno di vita guadagnato aggiustatoper la disabilità, e l’infezione evitata,cioè la classica infezione del bambino.In una prospettiva di sanità pubblica,cioè tenendo conto dei costi che ilsistema sanitario avrebbe dovutosostenere per quella persona o perquella coppia madre-bambino,possiamo dire che l’infezione evitatacosta poco più di 120 dollari. Salvareuna vita con 120 dollari è certamenteun risultato lusinghiero. Un DALYguadagnato costa 4 dollari e mezzo.Tutto sommato, direi che non solo ilrapporto costo-efficacia ma anche lafattibilità stessa di una estensione allagran parte delle persone sieropositive,disegna uno scenario economico chenon è certo traumatizzante come sipensava 10 anni fa.

In quali altri Paesi è statoimplementato ed è attivo il programma DREAM?In Kenya, Tanzania, Malawi, GuineaConakry, Guinea Bissau, in Angola erecentemente in Nigeria. È incostruzione un centro in Congo equindi siamo sostanzialmente presentiin buona parte dei Paesi africani con23 centri e 11 laboratori. Altri 22centri sono in fase di costruzione ealtri 20 sono pianificati. Gli attuali 23centri ospitano e assistono un totaledi circa 25.000 persone e riteniamoche quando tutti i circa 60 centrisaranno attivi la popolazione assistitasupererà le 100.000 unità.

In questi giorni si sonofesteggiati i 39 anni dellaComunità di Sant’Egidio: annispesi, tra l’altro, a portare la pacee a combattere le malattie e la povertà in Africa. Che cosa è

più innovativi del vostro approccio?Uno degli aspetti più innovativi credosia quello di coinvolgere i pazientistessi nel processo di cura. Oggi icentri DREAM sono affollati dicosiddetti attivisti, pazienti chehanno liberamente deciso dicollaborare al programma e che,dopo aver ricevuto una specificaformazione, svolgono un lavoroassolutamente prezioso. Oggi, solo inMozambico, gli attivisti sono oltre400, riuniti in una libera associazioneche si chiama «Mulheres para odream» (Donne per un sogno) –associazione alla quale, a dispetto delnome, aderiscono anche moltiuomini. Oltre ad accompagnare i nuovipazienti e ad aiutarli a superare iltrauma della notizia, essi svolgono unruolo molto importante in tema dieducazione sanitaria, e si occupanoanche di rintracciare i pazienti che,per loro difficoltà personali, familiari odi carattere logistico, tendono a nonrispettare la complessa procedura. Unesempio importante è senza dubbio illoro impegno nei confronti deibambini. DREAM ha, infatti, la coortepiù grande per una singolaassociazione di bambini trattati conterapia antiretrovirale in Africa. Sitratta di circa 2.500 bambini chespesso devono sottoporsi ad unaterapia costituita da sciroppi chevanno somministrati in quantitàdiverse e mutevoli nel tempo. Questorappresenta spesso una grossacomplicazione per le madri, donnespesso analfabete, e gli attivisti vannopersonalmente nelle case di questibambini a somministrare la dose difarmaci.

Sono stimati in quasi 25milioni gli adulti e i bambiniportatori del virus HIV nell’AfricaSub-sahariana, di cui 3 milioniinfettati solo nel 2006. Il Programma DREAM tiene contodel rapporto costo-efficacia dei possibili interventi?Il problema del rapporto costo-

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* Ordinario di Igiene all’Università «Tor Vergata» di Roma, Direttore Scientificodel Programma DREAM (Drug ResourceEnhancement against AIDS and Malnutrition).

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Non molti ricordano che, nell’immediatodopoguerra e per quasi tutti gli anni ‘50, di sociale si parlava poco o nulla: al massimo qualche testo sull’analfabetismo e sulla povertà meridionale. Solo l’affermarsiprogressivo della cultura dello sviluppo ha creato le condizioni per esaltare il valore del sociale.

O gni tanto vale la pena di ripercorrere le sequenzestoriche di alcuni fenomeni, per capire come sono nati

ed in quale lunga deriva si muovono. E tale esercizio misembra essenziale, forse urgente, nel caso dell’evoluzione deifattori sociali del nostro sviluppo; del peso del «sociale» inparole più gergali.

Non molti ricordano che, nell’immediato dopoguerra eper quasi tutti gli anni ’50, di sociale si parlava poco o nulla:al massimo qualche testo sull’analfabetismo e sulla povertàmeridionale. Solo l’affermarsi progressivo della cultura dellosviluppo ha creato le condizioni per esaltare il valore delsociale. Chi ricorda i primi testi internazionali nelle areedepresse ed arretrate del mondo (sia delle Nazioni Unite chedi singoli studiosi, primo fra tutti Rosenstein Rodan)ricorderà anche che qualche paginetta di quei testi eradedicata ai «fattori sociali dello sviluppo», considerato che imaggiori deficit di tali aree erano nell’analfabetismo, laresistenza all’innovazione e nella formazione a tutti i livelli.

Anche in Italia l’interesse per il sociale ebbe lo stessoavvio: da un lato attenzione allo sviluppo del Sud, nostragrande area depressa (con l’intervento straordinario deglianni 50) e sottolineatura dei fattori sociali che locondizionavano e avrebbero potuto rallentarlo; dall’altrofocus sullo sviluppo a lungo termine (dal Piano Vanoni del’55 al Rapporto Saraceno del ’63) e sottolineaturadell’importanza dei suoi fattori di propulsione, cioè laformazione professionale prima e poi tutta la gamma degliinterventi formativi e di ricerca.

Negli anni 60 si va avanti: esplode e subito si consolida laconsapevolezza che lo sviluppo non è fenomeno, soloeconomico ma è processo complesso, dove trovano spazio

tutte le diverse componenti sociali: dalla questione della casaall’incentivazione della ricerca, dalla scolarizzazione dimassa alla crescita dei consumi, dall’animazione sociale delterritorio all’allargamento delle coperture pensionistiche esanitarie, dalla conseguente forte strutturazione del welfarealla responsabilizzazione delle forze sociali organizzate(sindacali ma non solo).

Questa affermazione rapida e senza precedenti del valoredel «sociale» termina con i primi anni ’80: da allora in poisul proscenio arrivano altri temi, dal made in Italy, allefibrillazioni politiche, alle istanze federaliste, all’entratanell’Euro; e il sociale entra in un cono d’ombra. Sembrapoco interessare a chi si occupa di sviluppo, viene quasilasciato a se stesso: e non sentendosi più finalizzato afunzionare da «fattore» di sviluppo, interpreta la nuovasituazione come una segreta opportunità di potere.

Nasce così lentamente ed oculatamente una tendenza delsociale a disintrecciarsi dall’economico e dalla complessitàsistemica ed a conquistare una sua autoreferenzialità: lascuola si considera centrale non in quanto prepara quadridello sviluppo ma in quanto garantisce scolarizzazione dimassa; l’università si considera importante per la formazionedella classe dirigente tecnico-economica, ma comeautonoma struttura di innalzamento culturale (magari inmateria di comunicazione di massa); il sistema di welfare èdiventato un monumento, roccaforte dei bisogni inalienabili,e che non può quindi essere ripensato in termini dicompatibilità economiche; le stesse forme più fluide delsociale (il volontariato, il non-profit, ecc.) tendono achiedere spazio per il carisma che esprimono in se stesse,rifiutando spesso di collegarsi alle tematiche ed alle verifichedei processi socioeconomici in atto.

Dopo venti anni di esplosione di ruolo esterno e poi ventianni di implosione di interna autoreferenzialità il socialesembra rinserrarsi in una autoreferenziale conquista dirisorse e di potere, con più spazio a dinamiche diautoalimentazione delle categorie che nel sociale e delsociale vivono, che ad indirizzi di lavoro che gli dianolegittimazione nel più generale sviluppo del Paese. Forse,allora, è giunto il momento di ripensare in profondità il«valore aggiunto» del sociale. E mi sembra almeno correttoche prospetti tale esigenza, chi come me, ha partecipato avario titolo a quanto è accaduto negli ultimi decenni. ◆

L’ULTIMA PAROLAdi Giuseppe De Rita*

Il rischio di un sociale

autoreferenziale

* Segretario Generale Fondazione Censis.

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