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SALVE, AMICI CARI! Colloqui tra il visibile e l’invisibile. A cura di Paolo Pettinati e Giuseppe Tirone.

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SALVE, AMICI CARI!

Colloqui tra il visibile e l’invisibile.

A cura di

Paolo Pettinati e Giuseppe Tirone.

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Alle Guide,

a Laura,

agli amici, che cammin facendo, hanno preferito percorrere altre strade.

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“La nascita del gruppo”

Tutto è iniziato nel marzo 1990 quando decisi1 di organizzare nel

comune dove abito un corso di psicologia pratica indirizzato agli adulti.

L'obiettivo era quello di proporre ad altri i contenuti di conoscenza

che ero venuto man mano elaborando e che ho riassunto nei miei libri:

“Occuparsi di se” e “Un segreto nel Padre Nostro”.

Al termine del corso nel quale si era trattato di argomenti psicologici

e di disturbi psicosomatici, alcuni partecipanti chiesero di continuare gli

incontri in modo da poter approfondire maggiormente i contenuti trattati.

Non accettai subito, perché sono prevalentemente pigro, ma le

insistenze da parte di qualcuno furono tali da farmi decidere per la

continuazione dell'esperienza.

Fu necessario allora definire un progetto e un orientamento del

lavoro.

Il mio bisogno era quello di approfondire le questioni relative allo

Spirito e all'evoluzione personale e su tali obiettivi ci si accordò per

continuare il lavoro, decidendo di incontrarci settimanalmente, il lunedì

sera: Gli incontri avvennero inizialmente nella biblioteca del Comune

che, su nostra richiesta, ci venne messa a disposizione perché il corso

continui.

Sin dall'inizio degli incontri si sono vissuti momenti diversi,

inserimenti di persone nuove, abbandono del gruppo da parte di qualcuno,

ridefinizione degli obiettivi, elaborazione di nuovi strumenti di ricerca

ecc. Il gruppo con le diverse rotazioni è sempre stato di una decina di

partecipanti.

Si fecero delle letture e poi si discusse sui Vangeli, sugli scritti di

Lorber, Mayerhofer, della profetessa Gabriella di Würzburg, e su altri

testi, man mano che si presentavano le necessità, spaziando, nella

discussione, da una parte all'altra della conoscenza umana. Si è tentato

anche qualche lavoro pratico su di sé (rilassamento, meditazione,

confronto sulla storia individuale) senza che però il lavoro continuasse

con metodo, in quanto c'è sempre stata la necessità di mediare nel gruppo

le diverse esigenze e motivazioni dei partecipanti.

Un fatto nuovo, che cambiò le abitudini del gruppo, avvenne con la

comparsa della signora Laura che con la sua medianità ha sollecitato il

gruppo ad esperienze nuove.

1 L’io narratore è Giuseppe (“Piero”) Tirone.

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Oggi, agli inizi del 1993, considerata la dimensione del lavoro che

coinvolge il gruppo, decido di narrare l'esperienza che continua.

Per il passato mi è impossibile ricuperare la storia nel dettaglio,

comunque trascrivo il materiale che ho e quanto ricordo degli incontri.

4 giugno 1992 “La paura”.

Nelle passate riunioni avevo avuto occasione di parlare al gruppo

della signora Laura, che avevo conosciuto sette anni prima e che poi

avevo perso di vista in quando lei si era trasferita da Torino a Roma. Si è

così deciso di incontrarla.

La presentazione al gruppo avviene in questa data.

Val però la pena di accennare prima brevemente alla signora Laura e

alle modalità attraverso le quali lei si è incontrata con tutti noi.

Sette anni fa la signora si rivolse a me chiedendomi di applicare con

lei l'ipnosi, in quanto aveva desiderio di migliorare la sua medianità e

sperimentare la trance. Io in quel periodo non me la sentii di avviare

un'esperienza del genere, in quanto le mie conoscenze delle

fenomenologie paranormali erano unicamente teoriche e la

sperimentazione che mi veniva richiesta mi preoccupava, temendo di non

poter controllare i fenomeni che avrebbero potuto svilupparsi. Pertanto

rifiutai. Ebbi comunque occasione di avere qualche colloquio con la

signora, venire a conoscenza della sua storia e di come si era sviluppata la

sua medianità, che al momento di quell'incontro si esprimeva attraverso la

scrittura automatica.

Mediante tale strumento Laura si collegava con un'entità (Gabriele)

che era in grado di fornire le caratteristiche della personalità di qualsiasi

persona, della quale le venisse fornito anche soltanto il nome di battesimo.

Il racconto di questo fenomeno mi impressionò molto e volli fare con

lei qualche esperimento.

Ricordo in particolare l'esperienza fatta con un mio allievo, che

avevo in analisi da qualche anno. Alla signora fu dato solo il nome

“Stefano”. Si mise subito a scrivere, e ne uscì un profilo preciso, completo

di tutti quegli elementi che già conoscevo benissimo, con l'aggiunta di

alcuni aspetti che non avevamo ancora compreso.

Subito dopo Laura se ne andò a Roma ed io non ne seppi più nulla di

lei.

Mi cercò qualche anno dopo, per riavere del materiale che mi aveva

imprestato, che io avevo dato da leggere anche al mio allievo Stefano e

che lui perse in un trasloco.

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Da allora non avemmo più occasione di parlarci, fino al marzo del

1992.

Ero appena tornato a casa dal lavoro e, in attesa che arrivasse da

scuola il mio figlio più grande per pranzare, accesi il televisore con

l'intenzione di seguire un pezzo di telegiornale. Non era ancora terminata

la trasmissione che lo precedeva: “I fatti vostri”, se ricordo bene. E chi ci

vedo? In un angolo del video, mentre la trasmissione continuava, era

inquadrata Laura che stava scrivendo automaticamente il profilo

psicologico di una persona che, nascosta da una finestra, si poteva

soltanto udire e non vedere. Inutile dire che il profilo è risultato

particolarmente corrispondente, come confermato verbalmente dai

presenti. Mi sono detto: “Guarda chi si vede! Ha fatto carriera; mi

piacerebbe incontrarla di nuovo”.

Un paio di giorni dopo ricevo una telefonata in studio: “Buon giorno

dottore: sono Laura, si ricorda di me? Sono di passaggio e desideravo

salutarla.” Così ci siamo incontrati e abbiamo iniziato a scriverci. Fu in

seguito a questa ripresa di contatto che parlai di Laura e della sua

medianità al gruppo. Si decise di chiederle di incontrarci se fosse venuta

dalle nostre parti, e così avvenne.

Ci siamo incontrati a casa mia e dopo le presentazioni e il racconto

della sua storia si è deciso di fare qualche esperienza di scrittura

automatica. Eccone i contenuti. (Non ricordo le domande che furono fatte,

forse fu richiesto un profilo del gruppo.)

Lele: (Tutti gli scritti iniziano con la firma Lele, abbreviazione di

“Gabriele”).

“Direi che di buona volontà in questi esseri ne vedo moltissima.

Tante buone intenzioni meritevoli, ma frenate e rifrenate da paure

ataviche, che rappresentano un po' quello che ognuno dentro di sé teme.

Vi lega l'affinità della paura. Non a caso siete uniti nella stessa

ricerca. Tutti tentate di sconfiggere una nemica. La vostra ricerca più che

ricerca di chiarezza, è una vera e propria lotta, direi una guerra, personale

e individuale, soggettiva, relativa ad ognuno di voi, e in generale, unita in

un unico senso di colpa atavico che vi unisce.

Siete tutti a combattere il lupo mannaro. In un certo senso siete

schierati ed uniti nella lotta contro le tenebre, contro l'ignoranza e

l'oscurità che è la vostra personale sofferenza.

Questo è il filo conduttore che vi lega e sul quale siete uniti nel

lavoro; prima di procedere oltre dovete sconfiggere questa paura. Unendo

le forze l'avete ingigantita ed esorcizzata nello stesso tempo, ma non

ancora sconfitta.

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Superate questo scoglio. Poi potrete proseguire.”

Qualcuno obietta che il discorso è generico e che tutti in un modo o

nell'altro hanno paura di qualcosa.

Lele: “Prima di tutto è bene chiarire un punto. È vero, anzi

verissimo, che tutti hanno paura di qualcosa, nessuno ne è esente: ma non

tutti hanno nella loro vita il perno della paura. Voi invece, a livello

individuale, cioè presi uno per uno, avete il nodo focale, quello

preminente, nella la paura. Provate a dire di no!

La paura dovete smettere di combatterla. Finché voi la combattete la

aumentate, la ingigantite, le date un corpo più solido e più importante.

Così facendo, voi le date spazio e piano piano sarà più grande di voi.

Dovete smettere di alimentarla; non prenderla più in considerazione;

dovete accettarla, farla vostra, assorbirla, definirla. Solo accettandola

completamente la si sconfigge. Imparate prima di tutto ad amare i vostri

limiti, ad apprezzarli per ciò che servono. La paura è lo stimolo per

procedere, senza paura non si avanza di un solo passo.

La paura è ciò che salva, perciò non va combattuta.

Voi teorizzate molto e fate poca pratica. Voi parlate ma non lavorate

affatto. Vi sballottate l'uno con l'altro i vostri problemi, ve li

interscambiate e vi caricate a vicenda le vostre ansie senza scaricarle, vi

attraete e vi mescolate come i vasi comunicanti, per ora in un moto

continuo. Questo è il punto su cui dovete riflettere, poi vediamo come

procedere.

Esempio, questa serata, al di là di me, è pratica.

Pratica è coinvolgimento. Pratica è reazione, Pratica è riflessione.

Pratica è movimento. Pratica è discussione, ma la pratica di questa sera è

solo un piccolo esempio.

In realtà devo dire che la pratica si fa sperimentando nuove tecniche.

Innanzitutto cercando le nuove vie che sono le nuove induzioni; tipo

la regressione, tipo il gioco delle parti, lo psicodramma, le confessioni,

parlare a turno della propria esperienza, portarla nel gruppo e discuterla e

confrontarla.

Pratica è la confessione, le belle gite insieme. Pratica è fare esercizi

respiratori. Pratica è andare tutti in montagna ad urlare contro le nuvole.

Pratica è sperimentazione.”

L'incontro con Laura e con Gabriele creò scompiglio nel gruppo e lo

sollecitò a ridiscutere i propri obiettivi, prendendo anche in

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considerazione la possibilità di incontrarsi saltuariamente con Laura

quando fosse di passaggio per Torino. Si sospesero gli incontri per le

vacanze estive; e si ripresero in settembre.

23 novembre 1992 “L'incontro con le Guide”

Quel giorno ritornò Laura. Nel frattempo qualcuno del gruppo le

aveva scritto per avere da Gabriele il proprio profilo di personalità e

aveva iniziato una corrispondenza personale. Altri erano invece dubbiosi

sull'esperienza da fare. Ci si era detti che avremmo potuto continuare

l'esperienza di prima con le nostre discussioni, inserendo in queste anche

Laura e Gabriele, che avrebbero sicuramente avuto contenuti da proporci.

Su tali tesi ci eravamo accordati.

Alla serata del 23 novembre erano state invitate persone nuove, fra le

quali tre medici. Si iniziò pertanto rivolgendo domande a Gabriele

riguardo al significato della malattia.

Lele: “Si potrebbe definire il problema usando due termini:

prevenire e curare.

Per prevenire l'accidente, qualunque esso sia, che si tratti di malattia,

incidente, intralcio pratico o quella che viene definita disgrazia,

occorrerebbe rendersi consapevoli, essere attenti a se stessi e verificare

quali possono essere le cause che determinano i nostri errori; errori

sempre intenzionali.

Quando si fa questo tipo di lavoro non si apre la causa per cui non si

ha l'effetto, si previene l'accidente.

Quando questo tipo di lavoro non si è fatto per ignoranza, non è

possibile evitare l'effetto. Avendo smosso la precedente causa. Così è

necessario curare la conseguenza; ecco che occorre intervenire in modo

esterno e nel contempo lavorare a livello interno per comprendere l'errore

che ha determinato il disastro e per evitare una successiva ricaduta o una

analoga causa-effetto.

Non è possibile accedere preventivamente alla soluzione del

problema senza aver considerato che la base primaria è l'ignoranza e la

conseguenza è l'accidente, quindi la cura.”

Vengono fatte domande sul collegamento fra psiche e corpo.

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Lele: “Esiste tutta la medicina orientale e cinese che identifica

chiaramente lo squilibrio organico con il livello psichico. Tutta la

medicina indiana ayurvedica vige sulla legge che ad ogni organo

corrisponda una risonanza vibratoria sui vari corpi psichici ed emotivi e i

corpi sottili. Quindi il comportamento è determinante sul fisico e sul

corpo in misura perfettamente uguale. Esistono interazioni e correlazioni

in tutti e tre i corpi per cui tutto essendo collegato è perfettamente

organizzato.

Intendiamoci, sulla terminologia è molto difficile mettersi d'accordo

e la terminologia medica ha un significato prettamente materialistico-

scientifico. La terminologia del linguaggio esoterico si esprime purtroppo

utilizzando termini inadatti ma indispensabili.

Ora quando intendo che il corpo è l'unione matematica di tre corpi,

uno che compenetra l'altro, come l'acqua compenetra il liquido e il

gassoso contemporaneamente, è chiaro che i tre elementi non possono che

influenzarsi a vicenda uno con l'altro.

Così la psiche può controllare e manipolare la materia come in

presenza di un conflitto può determinare una colite spastica lavorando sul

sistema nervoso e agendo sugli intestini in modo tale che questi si

restringano fino a non far passare il cibo.

Ecco che viceversa una caviglia rotta può influenzare lo stato

psichico.

Non parliamo poi del corpo emotivo, poiché questo è il corpo

primario, che dà l'innesco ai due corpi, che ne determina l'equilibrio, e il

modo di esplicazione.

L'uomo non si ammala né nel corpo né nella psiche bensì nel corpo

emotivo; poiché è questo la propulsione dell'energia vitale.”

A questo punto della serata, Laura mi chiese di accompagnarla fuori

dalla stanza. Appena fuori mi informò che sentiva che stava per entrare in

trance. Mi chiese di avvisare il gruppo e di sentire se poteva lasciare che

l'esperienza si verificasse con loro o se doveva isolarsi, perché lei non

poteva evitare l'esperienza.

Ne parlai al gruppo che accettò di fare l'esperienza. Soltanto una

persona decise di non partecipare e uscì dalla sala.

Laura entrò in trance e attraverso lei si presentò una Guida che dopo

i saluti e la presentazione introdusse un discorso che non siamo riusciti a

registrare in quanto, presi alla sprovvista, non avevamo preparato

l'attrezzatura adatta.

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Dopo un po’ si interruppe per lasciar spazio ad un minimo di

dibattito, dicendo che poi avrebbe ripreso.

A questo punto ci organizzammo e predisponemmo la registrazione.

La manifestazione continuò con l’intervento di una entità di nome

Amilcare.

Amilcare: “Si pensava ad una piccola pausa, amici nostri, e a un

bicchiere d'acqua e due chiacchiere, ma qui l'abbiamo tirata un po'

lunghetta e noi attendevamo, eh!

Io mi chiamo Amilcare, amici. I nostri nomi sono convenzionali,

tanto per darci una identificazione. L'energia, amici, è energia; ma per

poter comunicare con voi occorre assumere una individualità, altrimenti

non potrebbe esserci comunicazione alcuna, non ci riconosceremmo, non

potremmo comprendere vibrazioni contro parole. Perciò l'energia assume

una forma per entrare nel mondo delle forme; per comunicare.

Io non sono un maestro. Sono qui per imparare come voi e anch'io

mi pongo le stesse domande vostre. Non ho, amici, la facoltà di

comprendere più di voi. Per questo mi siete utili: quando discutete tra di

voi, io sento più pareri e mi pongo io stesso le vostre riflessioni. Imparare

è sofferenza e inoltre mi ripeto: “Chi me lo fa fare? Dover sempre cercare

una risposta e non trovarne nessuna.”

Io sono qui per dimostrarvi che nella nostra dimensione non siamo

tutti Guide o abbiamo compreso tutto. Ognuno ha il suo momento

evolutivo, il suo posto, e così la ricerca ci può accomunare. Se riusciste a

riflettere che energie non incarnate necessitino di imparare da voi, vi

rendereste conto che anche noi potremmo mettere in dubbio quello che

dite voi. Quindi spesso siamo noi a dubitare di voi, e non viceversa.

Fortunatamente noi abbiamo poi i maestri che ci indirizzano, ma, quando

veniamo mandati, come me, ad ascoltare i gruppi, veniamo matti per

quante cose diverse sentiamo qua e dall'altra parte e non ci raccapezziamo

più. Quindi abbiate comprensione per noi poverini, che ci tocca assistere e

non intervenire. Oh! amici, siate i benvenuti alla mia scuola, quella che

non c'è.”

Guida: “Allora, cari amici, le vostre conclusioni sono che tutto ciò

vi ha stimolato, vi ha fatto riflettere e vi ha creato altre domande. Le

domande verso le quali noi vi abbiamo spinto non erano assolutamente

importanti, perché non c'è tempo né energia per rispondere. In parte ve lo

siete sprecato a chiacchierare tra voi, ma a questo noi miravamo, perché vi

abbiamo dimostrato ciò che precedentemente vi avevamo detto. Fate

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molta attenzione, era stato detto, seguite il vostro intuito, ascoltate il

vostro Spirito, pensate, fate e agite secondo ciò che avete dentro. Il fatto

di non arrivare ad una domanda dimostra che così voi avete fatto. Non

dipendenza dall'entità, ma una ricerca dentro di voi e ciò ha dimostrato la

vostra preparazione. Altri sarebbero caduti in mille trabocchetti e tranelli

ponendo centinaia di domande strampalate o anche importanti. Il mio

contributo vi possa adesso mettere di fronte ad una realtà, alla prova che

voi avete semplicemente fatto ciò che noi sostenevamo. Per gli amici non

è forse tutto?”

Altra Guida: “Salve, io sono colui che viene in nome della

conoscenza. Io sono colui che cammina viandante nel buio. Io sono colui

che nel lungo viaggio ha incontrato uomini ciechi che non hanno

riconosciuto la loro voce interiore. Io sono colui che dal profondo emerge

quando la crosta si spacca, quando il fiore apre e schiude i suoi petali. Io

sono colui che cerchi, viandante smarrito e cieco, io sono..., io sono..., io

sono..., l'alba sembra lontana, io sono..., io sono.... Grido e tu non ascolti.

Urlo e tu mi cerchi ancora, ma io sono...sono...dentro di te. Io sono

semplicemente te.”

30 novembre 1992 “Proposta di far ricerca insieme”

Quella sera molti dei partecipanti manifestarono timori e incertezze e

si preferì la più tranquilla sicurezza delle parole scritte di Gabriele.

Lele: “Suppongo che siate passati finalmente dalla teoria alla pratica

anche se siete ancora agli inizi. Perché non prendere in considerazione di

avere dei reali contatti con noi, periodici, per porre domande e argomenti

su temi da voi scelti, con i quali poi potete lavorare su voi stessi facendo

dopo un piccolo resoconto delle vostre impressioni, resoconto scritto, dal

quale possano emergere i contrasti e i vari sentire?

State crescendo e state anche riducendovi2 allo stesso tempo. Chi

rimane è realmente intenzionato a crescere; mi piacerebbe sperimentare

davvero con voi e non solo giocare.”

Ad una domanda fatta da un partecipante sul rapporto tra le diverse

vie dell'illuminazione, venne risposto:

2 Dopo la seduta precedente alcuni elementi del gruppo avevano deciso di

non più partecipare.

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Lele: “Intanto non farei una suddivisione fra occidente ed oriente,

fra sud e nord. La differenza è solo tecnica, in termini di immagini ed

esempi. La realtà è unica, quindi è unica la via. Poi se si accede alla via da

molte direzioni, questo è un altro discorso. Non parliamo di illuminazione

per ora perché andiamo troppo avanti e non siamo ancora a questo punto.”

Vennero chieste delucidazioni sulla legge del Karma.

Lele: “La legge del Karma funziona in questo modo: Io do uno

schiaffo ingiustificato a te e tu lo dai a me la volta successiva sempre

senza giustificazione.

La terza volta io mi trovo nella stessa circostanza e devo dimostrare

di aver compreso che è stato un errore dare quello schiaffo. Non è detto

che io l'abbia compreso e ti ridò lo schiaffo, quindi ne riceverò due o tre

così, forse ho modo per riflettere. Se io ho compreso la prima volta ho

accelerato l'evoluzione e il Karma è chiuso. Se poi con il tempo mi

ricordo di far attenzione a ciò che faccio, la prima volta che voglio bucare

una gomma a un nemico, mi viene in mente la legge dello schiaffo e ci

ripenso, accelero, supero il Karma e non riapro la causa. Così

l'accelerazione è relativa alla maggior e più veloce comprensione. Prima

comprendo, prima non apro cause, prima chiudo i Karma.”

15 dicembre 1992 “La proposta di lavoro”

Molti membri del gruppo cominciavano ad avere resistenze nei

confronti delle entità e a temere la dipendenza. Eravamo incerti se

proseguire o meno queste esperienze. Venne chiesta un’opinione a

Gabriele.

Lele: “Poveri noi, energie bistrattate, trattate come allucinati che non

hanno niente altro da fare che plagiare e coinvolgere gli umani.

Probabilmente noi non abbiamo niente da fare, così ci mettiamo

d'accordo, prendiamo un gruppetto e gli facciamo il lavaggio del cervello;

facciamo il bagnetto agli umani e li divertiamo. Se ragionassimo come

loro dovremmo mettere il biglietto di ingresso. Siamo ridotti ad imporci

per essere solo accettati. Chissà poi perché siamo così reietti. Insomma

dovremmo fare una dichiarazione dei diritti delle entità. Potremmo essere

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ospitati anche noi a far parte del gruppo, come abbiamo già detto,

imparando da voi? Siamo all'altezza della situazione? Peccato che non

possiamo accettare i dolcetti che state mangiando.”

Venne quindi fatta una domanda su costrizione e libero arbitrio.

Lele: “Il tutto determinato determina il male e determina l'apparenza

del libero arbitrio.

Se tu devi percorrere una strada che è già costruita ti puoi muovere

in quell'ambito attraverso la volontà di potenza. Se hai un potenziale 100

potrai muoverti fino a 100. Tu hai la libertà apparente di muoverti in

quella strada con quella potenza.

Da Torino, Milano può essere raggiunta andando ai 20 all'ora, ai 100

all'ora, a piedi, in macchina, in moto, sull'asino. Tu sei stato determinato

ad andarci in bicicletta; prova ad andarci in macchina, se non ce l'hai! La

costrizione, come tu la chiami, è il mezzo che tu credi di scegliere; la

determinazione è il mezzo che ti è concesso di scegliere.”

Venne chiesta a Lele una proposta di lavoro per il gruppo.

Lele: “Io propongo semplicemente di non proporre.

Le sedute servono a stimolare tutti nella volontà di ricerca e vengono

fatte proprio per rispondere alle domande individuali, per la crescita

individuale su un tema comune, che rimane da tempi immemorabili il

“conosci te stesso”. Il che può sembrare superato, ma a livello individuale

è il perno di ogni apprendimento e a livello generale è il perno di ogni

insegnamento.

Così io non posso proporre perché nelle sedute i maestri sanno

indirizzare la conversazione nella direzione necessaria a ognuno in quel

momento. Le sedute si svolgono in modo tale per cui, per ora, non posso

che proporre l'argomento che dibatteremo la prossima volta.

Nel frattempo ognuno di voi faccia uno specchio di se stesso, come

si fa a scuola. Si piega la pagina in due e si mette da una parte il buono e

dall'altra il cattivo. Dopo di che vediamo i punti di incontro fra voi, e ciò

che emerge maggiormente lo dibatteremo durante la seduta. Iniziate con

calma, alla stessa ora e con determinazione e volontà comune.

Io vi auguro buon lavoro e spero che il prossimo incontro sia già uno

sviluppare praticamente il contatto con le Guide e gli allievi che

interverranno ad imparare quanto voi.”

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18 gennaio 1993 “Il senso di colpa”

Gli incontri del gruppo avvengono settimanalmente, ma Laura non

può partecipare a tutti, considerato il fatto che viaggia sovente. Pertanto

viene deciso che ci si incontri con lei ogni 15 giorni e si parli con le

Guide, mentre nella seduta in cui lei non è presente si continui la

discussione fra i presenti.

Nell'incontro del 15 dicembre si ripropose ancora la frizione fra chi

nel gruppo era molto interessato all'incontro con le Guide attraverso la

trance di Laura e chi invece preferiva mantenere il rapporto con questa

altra dimensione solo attraverso Lele e la scrittura automatica. Non si

prese una decisione collettiva e si sono lasciate le cose così com'erano.

Nella riunione prima di Natale si discusse su quanto aveva proposto

Lele confrontando le problematiche individuali ed emerse che avremmo

potuto approfondire con Lui un discorso sul senso di colpa.

Eccoci così al 18 gennaio.

Laura ci fa osservare che il programma di lavoro deve orientarsi

attraverso l'incontro con le Guide mediato dalla trance, ma qualcuno di

noi, che dice di non aver capito in quei termini, ripropone la scrittura

automatica.

Vengono richiesti a Gabriele degli approfondimenti sul senso di

colpa, uno stato d’animo che è ben noto a tutti noi e che, in un momento o

nell’altro, abbiamo tutti condiviso.

Lele: “Il senso di colpa. Trattato di alta filosofia che va esplicato

con calma, tempo e ponderatezza. Ora io dovrei iniziare a scrivere, sul

senso di colpa e perdere così tempi preziosissimi solo perché i

condizionamenti sono vostra preda e ne siete presi.

Cosa cambia se io mi manifesto come energia scrivente o se altri

come le Guide si manifestano come energia parlante?

Cambia semplicemente che nel primo caso voi credete che l'energia

manifestante sia contenuta solo all'interno del mezzo, mentre, se sono

energie comunicanti che possono prendere più spazio, credete che

possano esternarsi e magari prendere possesso di voi. Allora il timore che

avete è il timore di qualcosa che non conoscete e quindi siete condizionati

dalla paura.

La paura di sbagliare porta in sé il senso di colpa. La paura di non

corrispondere a parametri imposti da altri, da regole generalizzate e

accettate da tutti, porta il senso di colpa.

Ma cos'è il senso di colpa?

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È la paura di perdere qualcosa.

Perdere la propria stima, perdere la stima degli altri, perdere gli

affetti, perdere l'affetto che si ha per se stessi, perdere la capacità di essere

apprezzati, considerati, accettati. La colpa primordiale di essere scacciati,

reietti, allontanati, che è inculcata dalle religioni e da alcune filosofie. La

colpa della perdita che si trasforma in perdita di qualche capacità; quindi

la paura della perdita di un intelletto, di una conoscenza, quindi di cadere

nell'ignoranza. La caduta nell'ignoranza; qualcosa di cui ne perdiamo, o

temiamo di perderne, il possesso, in quanto prima era, ed era conoscenza.

Se ne ha quindi che è l'ignoranza e l'ignorare la causa prima che

determina il senso di colpa, che viene a sua volta provocato dal timore

della perdita, per cui si ripercuote nuovamente nell'ignoranza.

Credete forse che un argomento così si possa sviscerare in poche

parole non tenendo conto delle miriadi di sfaccettature? E credete che si

possa impiegare il tempo sciupandolo a far scrivere per tanto tempo con

una forza energetica così forte e facendovi annoiare?3

Come si distingue il senso di colpa reale da quello imposto? Non si

distingue, giacché l'uomo non è in grado di rendersi conto dei

condizionamenti fino a quando ne è soggetto, e se ne esce, esce anche dal

senso di colpa, perché se il senso di colpa è la conseguenza dell'ignoranza

e si manifesta con il timore della perdita è ovvio che è riferito a qualcosa

che si teme di perdere, e poiché l'uomo non fa altro che creare ideali e

valori comparandoli a canoni preesistenti, comuni e imposti, è ovvio che

fino a quando esiste il timore di perdere qualcosa esista anche il

condizionamento e il parametro di confronto.

Per cui si elimina il senso di colpa eliminando il parametro, essendo

cioè se stessi. Ma per essere se stessi occorre eliminare i parametri, le

morali e i condizionamenti, e l'uomo non ne è capace.

Infine, ma senza concludere il discorso, poiché ne ho solo preso in

considerazione alcuni aspetti, il senso di colpa spesso è la gratificazione

dell'ego alla propria esaltazione vittimista, per cui è necessario ad

alimentare atteggiamenti caratteriali dell'individuo.

Il senso di colpa è comunque sempre un errore di ignoranza ed è un

errore di ignoranza in funzione anche alla dottrina della logica, poiché non

può esistere il senso di colpa se non vi è colpa; e non vi è colpa

nell'ignoranza. Non vi è colpa quando il ragionamento vi ha portato a

commettere quello che ritenete essere un errore, se ciò era l'unica cosa che

3 Mentre Laura scrive gli altri attendono in silenzio, o quasi!

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al momento la vostra evoluzione e la vostra conoscenza vi potevano

permettere di fare.

Non esiste ricerca senza totale dedizione. Il non senso degli uomini

si dimostra così.”

Dopo lo scritto di Gabriele si decide di sperimentare la trance.

Guida: “Salve. Ci riteniamo molto onorati di avervi qui con noi

questa sera.

Il vostro desiderio di continuare questo rapporto appena nato ci

lusinga, poiché sempre i nuovi amici sono i ben venuti fra noi, e noi siamo

lieti di essere accolti da voi con tutte le riserve possibili, esattamente come

ci si comporta quando si conosce per la prima volta un altro essere umano.

Gli schermi che la nostra mente immediatamente innalza in quella

occasione servono per non permettere all'altro di penetrare in noi e di

comprenderci. Questo perché temiamo sempre che i pericoli ci possano

attaccare e che l'altro essere umano, che abbiamo appena conosciuto,

voglia approfittare di noi. Quindi occorre tempo e pazienza prima di

arrivare ad una reciproca fiducia.

Noi siamo sottoposti ad un esame ancora più accurato da parte degli

amici umani, poiché in questo caso abbiamo l'handicap di non poterci

presentare umanamente, corporalmente accanto a voi.

Allora, nel rispetto totale delle vostre possibilità di comprensione,

siamo lieti di dover sottostare ad un vostro graduale giudizio e di dover

attendere e conquistare con amore e lealtà la vostra fiducia.

Non vi si chiede di accettarci per partito preso o per simpatia, o

semplicemente per voler seguire un'idea non propria, o per timore di

essere meno di un altro. Vi chiediamo innanzitutto di darci la possibilità di

farci conoscere, non vi chiediamo l'accettazione o l'amore. Non vi

chiediamo di seguire nulla di quanto noi intendiamo svolgere e dibattere

con voi. Vi chiediamo semplicemente un posto nel vostro salotto, così

come lo dareste a un amico che vuol entrare nella vostra casa per

chiacchierare amichevolmente con voi. Noi non siamo perfetti; abbiamo le

nostre lacune e i nostri difetti. Alcuni di noi nel loro cammino dispongono

di concetti che possono sembrarvi non proprio reali, o conformi alla

vostra idea e comprensione; alcuni di noi sono ancora incanalati nella

lunga ruota delle nascite e delle morti e il loro percorso evolutivo è ancora

lungo e faticoso; alcuni necessitano di voi per migliorare, per

comprendere; altri invece vengono per portarvi la loro esperienza, così

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come voi potreste aprire un libro e sentir raccontare a viva voce la storia

che ha vissuto quel personaggio.

Non vi si chiede nulla; nulla noi proponiamo. Siamo qui per

dibattere amichevolmente e qualche volta magari anche per discutere,

perché no?, animatamente, così come si fa' con il proprio interlocutore

con il quale, magari, non si è d'accordo.

Quindi, amici, noi veniamo amorevolmente e umilmente a chiedervi

di accoglierci nel vostro gruppo di ricerca sperando che per entrambi

questa sia una occasione di crescita.

Questa prima nostra riunione non può e non vuole iniziare ad

approfondire argomenti molto difficili, perché, come si usa fare nella

società umana, si accoglie l'ospite offrendo pasticcini e caffè e parlando di

cose futili, del tempo, del denaro, dei figli, di tutte le cose che occupano la

mente umana nella propria quotidianità.

Ora accogliamo qui con noi molti amici riuniti, che sono onorati di

essere questa sera in questo gruppo. Ma soprattutto ci auguriamo la

vostra volontà e il vostro entusiasmo a partecipare insieme a una ricerca,

vista, amici cari, semplicemente da prospettive diverse, senza la pretesa

della verità: una possibilità di vedere intorno al mondo. Così se voi giraste

il mappamondo, velocemente, sopra il vostro tavolo: non potreste mai

comprenderlo tutto, perché ogni volta che girate la vostra parte avete solo

quella visuale. Ma, se dall'altra parte del tavolo vi è un altro amico,

contemporaneamente voi vedete un polo e lui vi racconta l'altro. Così vi

confrontate, ma nessuno dei due può vedere la totalità.

La presa di coscienza di ognuno sta semplicemente nell'assumersi

fino in fondo le proprie responsabilità verso se stessi, innanzitutto, e

rispettare, amici, ciò che si è.

È la prima e più importante regola della vita umana: avere amore

per se stessi, rispetto per se stessi. Significa anche soffrire per avere il

coraggio di essere se stessi.

Voi avete posto in questa serata iniziale una domanda complessa sul

difficile meccanismo del senso di colpa e il nostro amico, nonché

collaboratore, Gabriele, si è così gentilmente disposto a rispondervi in

modo forse troppo complesso e generalizzato.

È un argomento, amici, che va compreso a fondo poiché il senso di

colpa è una delle matrici principali che porta l'uomo alla disperazione e

all'angoscia, nonché alle sofferenze più terribili. Ma dobbiamo

considerare che in realtà, molto, molto spesso, il vero senso di colpa,

quello che più ci fa penare, è esattamente il contrario di ciò che noi

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abbiamo creduto. E cioè è il senso di colpa fittizio che nasconde altri

problemi di natura molto più profonda.

Quindi, amici, con più forza e con più energia, nel tempo, potremo

dibattere le varie sfaccettature di ogni argomento.

Ora è necessario stabilire quelle che sono le piccole condizioni

necessarie a rendere un gruppo operante a dei risultati positivi necessari

alla crescita individuale e di tutti.

Il gruppo si forma con l'armonia e attraverso l'armonia energetica,

per cui è importante, non tanto essere d'accordo sui concetti (anzi più le

persone hanno idee diverse fra loro e più c'è crescita, dibattito, confronto)

ma sono necessarie invece, amici, la volontà, la motivazione di ricerca in

positivo, non finalizzata semplicemente al lato egoistico del sapere, e la

volontà di migliorare, non sotto l’aspetto egoistico di migliorare per se

stessi, ma in funzione agli altri.

Questa è la motivazione primaria, per cui una ricerca può

trasformarsi in una completa esperienza, positiva per noi e per tutti coloro

che avranno in qualche modo accesso a voi tramite ciò che avete

immagazzinato, imparato, espletato dentro di voi, così da poterlo

trasmettere ad altri.

Consideriamo inoltre che le vostre richieste precise e specifiche sono

legate a componenti pratiche esistenziali, che fanno sì che i vostri tempi

siano ridotti in funzione a necessità umane, di rincorsa continua di tante

cose pratiche e materiali, necessarie per esplicare la propria esperienza e

la propria vita. Faremo il possibile per essere brevi, concisi e veloci.

Chiediamo anche a voi di essere brevi e concisi nell'esporre i

concetti e le vostre domande. È chiaro però che dovreste essere

disponibili nella totalità alla comprensione, in quanto un argomento non

può essere sviscerato in breve tempo e con poche parole, soprattutto

quando scatena emozioni interiori che vanno aiutate a essere risolte.

Nella nostra piccola capacità di comprensione cercheremo di aiutarvi

il più possibile. Non abbiate troppe aspettative da noi. Cercate di

comprendere anche che le realtà nostre e vostre si intrinsecano e si

compongono a vicenda. Simile chiama simile. Più il nostro lavoro, cari

amici, sarà avvantaggiato dalla vostra volontà di ricerca, più la vostra

volontà si appoggerà su un sentimento di armonia e di affetto fra di voi e

più l'energia comincerà ad essere forte e si canalizzerà in modo da

permettere alle Guide di partecipare sempre più numerose. Ma questo è

concesso, permesso, e possibile, anche solo in maniera pratica, meccanica

e fisica, solo attraverso le vostre componenti energetiche, che ora sono

molto, molto deboli.

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Tenete in cuor vostro tutto ciò che vi prende quotidianamente e

positivamente attraverso questa esperienza, ma buttate fuori sempre e

comunque ogni vostro pensiero negativo, non tenetelo dentro, estirpatelo,

gettatelo immediatamente, esponetelo, chiaritelo, non tenete dentro di voi

dubbi o riserve, e noi saremo sempre pronti a rispondere, nel nostro

piccolo limite, alle vostre esigenze.

Ora la candela si sta spegnendo poiché l'energia è consumata. C'è

solo il tempo di ringraziarvi ulteriormente e di ricordarvi che è la vostra

volontà, la vostra esclusiva volontà, che può tenere accesa questa piccola

luce, che può diventare tanto grande da illuminare il nostro cuore e il

vostro.

Arrivederci, amici cari.”

Il tono amichevole e sereno delle Guide ci tranquillizza e la serata si

conclude in un clima più rasserenato e meno spaventato

25 gennaio 1993 “Dubbi e aspettative”

Questa sera aspettiamo che arrivi Laura.

Nell'attesa discutiamo dei nostri atteggiamenti, con dubbi e

perplessità nei confronti di come si sta orientando il lavoro del gruppo.

Non vedendola arrivare, dopo più di un'ora la cerchiamo a casa e Laura ci

racconta di una sua disavventura con l’auto. Approfittando della

telefonata chiediamo a Gabriele il suo parere. Richiamiamo dopo

mezz'ora e questa è la risposta:

Lele: “Perplessità, dubbi, aspettative, timori di spostare la ricerca su

piani diversi, troppo difficili da controllare. Timori di lasciarsi fuorviare e

condizionare da cose sconosciute e impenetrabili, di sentirsi coinvolti

quasi senza volerlo in una situazione non deliberatamente scelta. Una

sorta di dubbi di carattere tecnico su come svolgere le serate; quale tipo di

finalità ricercare; se questo lavoro è un lavoro che possa portare a

comprendere di più, oppure se può portare a un blocco evolutivo.

Tutti dubbi comprensibili e giustificabili, ma la conclusione è

comunque positiva; con cautela, ma di apertura; con riserva, ma con

volontà di approfondire. Occorre saper scegliere nella vita, e occorre

sapersi assumere le responsabilità.

Il non esserci stata la seduta ha dato adito a un chiarimento e a una

delusione di aspettative che ha evidenziato la realtà di un’attesa quasi

negata a se stessi, inconfessata, che ha dovuto essere esercitata perché

apparisse ad ognuno nella sua vera realtà.”

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Da questa risposta cominciamo a intuire che ogni comportamento

delle Guide ha un preciso significato nei nostri confronti.

Piano piano questa intuizione, che prima è di alcuni, diventerà una

piena consapevolezza per tutti, e non ci abbandonerà più la convinzione

che una perfetta regia orchestri le reazioni alle nostre azioni, il più delle

volte perfino provocandole.

1 febbraio 1993 “Risposte a curiosità individuali”

Oggi compaiono subito le entità, rispondendo alla nostra richiesta.

Guida: “Salve; eravamo, amici, in giusta attesa di partecipare con

voi al vostro simpatico dibattito. Le nostre dinamiche iniziali sono ancora

molto lente e poi dovete scusarci se siamo molto lenti ma occorre del

tempo prima di armonizzare le vostre energie con le nostre, per cui solo

strada facendo riusciremo entrambi ad essere sintonizzati all'unisono con

affetto e simpatia.

Io credo che ognuno di voi abbia molte questioni da porre, ma

ritengo che inizialmente, più che domande mirate ad argomenti specifici,

vogliate porre domande su curiosità personali, su come si svolgeranno

questi dibattiti e su come dovremo impostare questo nostro rapporto. Per

cui vi lascio la parola. Siate liberi nell'esprimere i vostri pensieri, senza

porvi alcun limite. Prego, prego, amici.”

Carlo: La mia curiosità più istintiva è questa. Il fatto che l'ospite

esca con voce diversa da quella normale del medium, a cosa è dovuto? A

un suo difetto di fabbricazione, a qualche interruzione di contatto oppure

a qualcosa che non funziona bene dall'altra parte?

Guida: “Strana domanda la tua, amico caro. Vige la norma che gli

uomini vogliono un po' di fantasia, vogliono sempre le cose complicate,

per cui occorre fare un po' di sceneggiata. Se non esistesse un

cambiamento di voce non si avrebbe la stessa risonanza emotiva e, perché

no?, di curiosità. Per cui, fermo restando che utilizziamo sempre le stesse

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corde vocali, è necessario per dare una nostra identificazione attraverso il

mezzo, creare una caratteristica più o meno umana.”

Vittoria: Io sono molto contenta di aver iniziato così questo lavoro e

sono anche molto curiosa sul futuro di questo nostro giovanissimo gruppo.

Vorrei sapere che cose belle potrà portarci il futuro e come dobbiamo

vivere, come possiamo vivere i contenuti che via via verranno da queste

belle riunioni. Grazie.

Guida: “Cara, devi sapere che qualunque gruppo ha nel tempo i

risultati del proprio lavoro; quindi oltre che da noi moltissimo dipende

dal vostro interesse, dalla vostra volontà. Non è solo un interlocutore che

conta, non solo uno che risponde, ma è soprattutto ciò che voi ne farete,

discutendo, soppesando ciò che verrà detto, analizzandolo.

Noi porgiamo il nostro parere visto da una prospettiva diversa e la

confrontiamo con la vostra. Il futuro può essere solo in funzione alla

necessità evolutiva di ognuno, rapportato alla forza che deriva dal voler

migliorare se stesso utilizzando i canali che gli sono più vicini e sentiti.

Può anche essere che un giorno tu, o un altro amico, riteniate non più

necessario utilizzare questo metodo e trovare un'altra metodologia in altra

forma. Ciò non significherà che questo passaggio non sia servito, così

come sarà necessario esplorare altre vie. Per cui noi ci poniamo l'obiettivo

insieme a voi, speriamo, di aprire una porta all'interno di qualcosa che ci

sfugge con le nostre piccole capacità mentali, ma una porta che siamo tutti

disponibili a verificare e non ad accettare incondizionatamente, facendosi

così condizionare da una voce, peraltro neppure gradevole, che viene dal

nulla. Mai questo avvenga, altrimenti il nostro lavoro sarebbe vano e la

vostra strada bloccata. Quello che ci auguriamo è sicuramente di poter

sempre collaborare confrontandoci a vicenda, dibattendo ciò che ci

sembra più ostico da comprendere, ma soprattutto imparando che si può

essere amici anche senza la condizione umana. Se già solo questo

succedesse, potremmo dire di aver concluso un ottimo rapporto di

sintonia, di affetto e di amicizia, anche senza la condizione di un viso, di

un volto o di un titolo. Per cui proponiamo innanzitutto un grande affetto

tra noi e voi.”

Teresa: Ho alcune curiosità. Vorrei sapere se questa sera, oltre a te,

ci sono altri amici, e poi desidererei sapere se per un principiante è meglio

la metafonia o la scrittura automatica. Grazie.

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Guida: “Cara amica, quando un gruppo si forma, per essere tale è

necessario che vi siano più entità. In questo caso uso il termine entità

considerando anche voi come tali, poiché nulla cambia tra noi e voi se non

un piccolo schermo protettivo. Quindi, così come voi riuniti come amici

siete qui presenti, anche noi abbiamo creato il nostro piccolo gruppo che

via via conoscerete uno ad uno.

Passando alla seconda domanda non vi è mai una via che si possa

paragonare ad un'altra. Non si può mai dire che è meglio questo anziché

quello, perché ognuno ha il suo mezzo individuale e soggettivo. Per uno è

possibile recepire frequenze e non è capace di distinguerle; un altro invece

può scrivere fiumi di parole e non sa distinguere da dove vengono o

comprendere ciò che viene detto; quindi ognuno deve cercare da sé quella

che è la via più confacente a se stesso.”

Piero: Rispetto a quel che ci siamo detti prima, c'è una cosa che non

ho capito bene. Dite di non farci condizionare da una voce che viene dal

nulla... Cosa vuol dire una voce che viene dal nulla? Da dove viene questa

voce?

Guida: “Tutto ciò che voi potete vedere e sentire, secondo voi, è

tangibile, è presente, quindi per voi ha un'identificazione precisa. Allora

“nulla” è un modo più semplice per definire la voce di qualcosa che non

potete identificare. Materialmente ha matrice diversa dalla vostra

conformità materiale e quindi ciò che voi non comprendete con la vostra

mente limitata non può essere definito in alcun modo.

La parola “nulla” esemplifica il luogo che non è luogo, un posto che

non c'è, ma che interagisce con la vostra dimensione ed è presente quanto

più voi possiate immaginare. Quindi la dimensione che interagisce con la

vostra, che è più presente di quanto voi la sentiate, noi per voi l'abbiamo

definita “nulla”.”

Alessandro: Io volevo chiedere se le sensazioni emotive che voi

provate sono identificabili e sono percepite allo stesso modo di come le

percepiamo noi. E poi volevo chiedere un'altra cosa: se è vero che nulla

avviene a caso, dalla vostra parte qual è la circostanza che vi ha

avvicinato a noi?

Guida: “Il mondo emotivo è una caratteristica umana, mentale. Lo

Spirito non ha emozioni, ma ha sentire, che sono diversi dalle emozioni.

Le emozioni sono legate principalmente a cause e a reazioni che si

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possono sviluppare attraverso la materia. Ma nel mondo dello Spirito non

esistono cause e reazioni e non esiste la materia che le produce, per cui

noi abbiamo sensazioni legate soprattutto alla nostra capacità di

comprensione. Poiché l'Uno è amore assoluto, noi vibriamo nell'amore

nella misura in cui ne siamo consapevoli e comprendiamo. Ora questo

vale per l'evoluzione individuale, per cui chi è ancora preda delle sue

sensazioni mentali, per quel che riguarda la ruota delle nascite e delle

morti, dipenderà ancora dalla sua capacità di slegarsi dal piano mentale

umano. Quindi, a seconda della propria evoluzione, tra una vita e l'altra

risponderà con sensazioni puramente consequenziali alla sua capacità di

comprensione legata ancora alla materia. Chi ormai ha chiuso con il ciclo

delle incarnazioni viaggia, se così si può dire, esclusivamente sul sentire,

sulla sua consapevolezza sempre maggiore di intensità dell'amore

ovunque.”

Piero: Hai avuto risposta a tutta la tua domanda?

Alessandro: No. È quello che stavo aspettando.

Piero: Prova a ripeterla.

Guida: “Non occorre, amico, la risposta è semplice e mi pareva

molto ovvio comprenderla.

Voi ci avete richiesti per vostra necessità evolutiva, attraverso la

vostra storia individuale. Nulla è a caso e, anche se non esiste lo spazio e

il tempo, voi vi eravate dati questo appuntamento, quindi noi ci siamo

ritrovati. Anche se utilizziamo termini poco corretti, poiché non è

possibile descrivere una realtà se non vi sono termini per descriverla.

Quindi il termine ritrovati non è il più confacente. Diciamo che abbiamo

rispettato l'appuntamento che ci eravamo dati.

Ora l'energia è relativamente poca. Dobbiamo ormai salutarvi per

questa sera. Ci auguriamo che al prossimo incontro siate sereni, rilassati,

tranquilli, che ormai abbiate abbandonato la normale diffidenza e che ci

accogliate in serenità e in pace.

Piano, piano imparerete a conoscerci e, speriamo, ad amarci.

Pace, amici, pace.”

8 febbraio 1993 “Armonizzatevi”

23

All’inizio della seduta udiamo la voce, ormai familiare, della Guida.

Vorremmo riprendere a fare domande, tante sono le nostre curiosità, ma

questo non è il destino della serata.

Guida: “Salve, amici cari.

Quando noi abbiamo pensato di proporvi la nostra amicizia per avere

la vostra, abbiamo considerato le vostre origini, il vostro passato storico

individuale, la vostra necessità evolutiva, e i vostri personali problemi da

affrontare e da risolvere.

Ognuno di voi ha necessità evolutive similari, pur rimanendo a

livello individuale uniche. E così il nostro venire tra voi non vuole essere

mirato esclusivamente a porre domande banali, ma soprattutto al

domandarsi, chiarirsi, verificarsi sulla crescita interiore, al fine unico di

tentare di migliorarsi. Poiché solo questo è e rimane il nostro scopo, e la

vostra mente non può e mai potrà comprendere l'infinito e il miracolo

della vita e ciò che in essa è racchiuso.

Per cui, dovendo comunque semplificarla con termini umani,

qualunque risposta conterrebbe in sé sempre e comunque una non

risposta. Volendo si potrebbero inventare tante diverse modificazioni di

una stessa realtà, ma noi ci siamo posti l'obiettivo di non farvi cadere nella

trappola delle domande finalizzate a soddisfare banali curiosità, che mai

l'uomo potrà arrivare a penetrare completamente. Per cui, amici, noi forse

possiamo vedere un pochino più avanti di voi, più indietro di voi e dentro

di voi; quindi con questi nostri incontri, con questo piccolo ma forte

gruppo, abbiamo l'intenzione unica di spingere voi a migliorare il vostro

percorso e noi ad apprendere attraverso voi ciò che ancora abbiamo

necessità di capire. Questo non significa però che noi non abbiamo ancora

compreso ciò che voi non avete ancora compreso; siamo su piani diversi e

abbiamo bisogno di situazioni diverse.

Fatta questa piccola premessa, poiché esistono ancora molte

domande nelle vostre menti, vorrei, prima di dar loro spazio, fare una

piccola precisazione che vuol essere solo il consiglio di un amico che si

occupa da tempo più dello Spirito che del corpo. Poiché ogni

manifestazione nell'Essere Unico e Supremo vige nell'ordine delle cose

con armonia e amore, occorre che tentiate con tutti i vostri sforzi di

amarvi uno con l'altro.

È comprensibile che ciò per l'uomo non sia facile e che i sentimenti

non si suscitino a comando, ma a quanto sembra, a livello animale,

emergono da sé. Allora io vorrei confidarvi un piccolissimo metodo per

sviluppare quello che voi non utilizzate mai, cioè il vostro sentire

24

interiore, quello che fa parte della sensazione emotiva pura dello Spirito

in quanto vibrazione, non tradotta dalla mente.

Visualizzate ad occhi chiusi, nella vostra stanza, in penombra, il viso

del vostro compagno; questo iniziate a farlo già da domani. Ognuno

inizierà con il compagno che gli sta alla destra, ognuno siederà sempre

allo stesso posto, in modo che ognuno, piano piano, faccia questo in modo

circolatorio. Individualizzate dunque il viso e ponetevi nella condizione di

cercare di provare affetto per quella persona, senza ragionare. Ascoltate

solo ciò che vi ispira, ricordate solo tutto quello che per voi quella

persona ha, o potrebbe avere, di positivo. Ad esempio non guardate se il

suo naso è troppo lungo o troppo corto al punto da potervi disturbare;

potreste vedere che ha un orecchio ben fatto e quindi concentrarvi sul

piacere che provate nel vedere quell'orecchio ben fatto. Certamente non è

al fisico solo che dovete mirare il vostro affetto, bensì a ciò che è oltre

all'apparente dinamica della materia agglomerata. Cercate di prendere di

quell'amico ciò che vi sembra più caro e più positivo per voi; forzatevi a

riportare più volte il pensiero cercando di nutrire la volontà di amarlo.

Ripetete spesso questo esercizio e, piano piano, quando sentite che

quell'amico, quel compagno ha preso un piccolo posto nel vostro cuore

passate a quello di fianco. Occupatevi di lui, preoccupatevi di lui, tenete i

contatti poiché, amici, solo la vibrazione dell'amore procura i risultati

positivi; solo emettendo vibrazioni positive riceverete in cambio

altrettante vibrazioni positive. Interrompere questa vibrazione non può

che crearvi ostacoli all'interno del gruppo. È importante ordinare tutto ciò.

Visualizzate all'inizio dell'incontro una palla di cristallo centrata al

centro del tavolo; pensate a questa palla di cristallo che gira su se stessa e

poi sulle vostre teste. Questa palla si illumina e poi gira vorticosamente.

Quando questa palla, nella vostra mente, si ferma, sappiate di aver

ostacolato o interrotto il campo vibratorio.

Poiché è vostro desiderio avere una mia identificazione, è necessario

che questo avvenga? Se io vi dicessi un nome, per voi avrebbe forse

un'altra importanza il sapere che io mi rappresento attraverso

un'identificazione, poiché tutti gli uomini hanno una forma di

catalogazione per cui ogni cosa deve essere identificata con il proprio

nome.

Io verrò spesso da voi e aprirò ogni volta il gruppo. Ma non sarò

solo e piano piano imparerete a riconoscermi anche senza il nome. Non

vorrei disquisire però, fino a quando non ci siamo compresi sui contenuti

più che sulla forma; dare il mio nome o la mia identificazione vi farebbe

discutere del tempo su dettagli poco importanti alla vostra crescita: chi

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sono, dove sto, da dove vengo, come mi manifesto. E questo significa

leggere un libro guardando la copertina. Invece, amici, vorrei che

consideraste che questo libro è scritto su della cartaccia, quella che si usa

per avvolgere il pane o il salame, che non ha una copertina rilegata in oro

e in fregi fatti da cesellatori, ma che ciò che vi è contenuto vi fa riflettere e

ragionare, in quanto in ciò che vi viene detto, ogni volta comunque è

sempre espresso, anche fra le righe, un concetto che voi dovreste

approfondire molto.

Ma vedo che i concetti voi non li comprendete ancora; quindi vi

esorto a rileggere quanto viene scritto di volta in volta e su questo cercate

di verificare fra voi ciò che avete compreso.

Ciò che viene detto è un seme gettato, e questo seme deve

germogliare in voi.

Molta è la vostra impazienza, molta è la vostra curiosità, ed è per

ciò che questa sera non ci saranno domande e non avrete risposte.

Neppure darò il mio nome, poiché vorrei che imparaste, così come io ho

imparato, a guardare e contemplare non una forma ma i contenuti.

Già nelle prime due sedute abbiamo avuto modo di esprimere le

nostre opinioni, quindi, secondo il nostro modesto parere, avreste già da

riflettere per molto tempo su quanto vi è contenuto. Molte cose ancora

dovete imparare e molte, strada facendo, dovremo cercar di aiutarvi a

comprendere. Molte resistenze ci sono dentro di voi; in ognuno in forma

diversa, ma sempre resistenze. Ci pare di venirvi ad obbligare,

coercizzare, e qualcuno sa bene quanto ciò sia difficile da sopportare.

Noi, vi ripetiamo, siamo solo un altro amico che racconta, che parla,

che discute, ma sempre da un altro punto di vista. Non poniamo il nostro

punto di vista né più in alto né più in basso: è solo diverso. Quindi, amici,

per ora sospendiamo e dopo riprenderemo, se ancora ciò vi pare, per i

saluti e qualche piccola riflessione.”

Compare quindi una nuova entità, che parla con un curioso accento

inglese.

Alan: “Bentornati, qui siamo in molti a voler parlare con voi, amici.

Tutti pensiamo di avervi incontrati per affetto in forme diverse in

altre epoche, amici, Noi già siamo legati da un lungo percorso, molti di

voi in forme diverse.

Ma noi oggi ci troviamo in questo modo, un po' costretti, nel senso

che forse molti di noi vorrebbero essere tra voi e manifestare in modo

fisico il proprio amore che ci ha legati in altre vite, magari come figlie,

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madri e padri, amici, amanti, spose. E oggi rivedervi ci fa sentire un po' la

nostalgia.

L'uomo nella materia ha l'oblio dei ricordi, perché se così non fosse

non potrebbe rivedere e riamare magari quello che un tempo era il figlio e

oggi il marito.

Oh! Pensate amici, come potrei io stare seduto a fianco al mio amico

caro, quando in un tempo lontano, questo mio amico mi ha fatto molto

male o io molto male a lui? E allora, amici, l'oblio cancella quello che non

è necessario ricordare; ecco, questo è il mentale. Ma quello che è

importante mantenere nei rapporti di amore, di amicizia, di affetto, quello

lo Spirito non lo può dimenticare; lo porta per sempre nella sua vita e nel

suo lungo percorso.

Amici, vorrei che teneste molto presente questo concetto, perché voi,

con il vostro affetto, potrete ritrovare sempre un altro amore che già avete

vissuto.

Il mentale muore, muore con il corpo. Il mentale è il ricordo, è la

personalità con tutti i suoi brutti difetti e rimane finalmente, e meno male,

là dove si lascia tutto il nostro corpo.

Quando si rinasce a nuova vita lo Spirito porta con sé solo il

necessario, solo il positivo, poiché non può portare appresso il proprio

male, che era umano e mentale. Che sia mai che un avaro rinasca

portandosi dietro ancora la sua brutta avarizia? No, porta con sé soltanto

il necessario per imparare. Cioè: io ero un avaro ed ora è necessario che

impari che non devo essere avaro.

Ma, amici, nessuno porta nello Spirito il male, il male è la mente, lo

Spirito è amore. Noi non comprendiamo questo e crediamo che l'uomo sia

cattivo dentro, ma l'uomo non è cattivo, è la mente, è la mente, amici. È la

mente che sottostà all'istinto dell'animale e, come l'animale, vuole

uccidere, mangiare e sopravvivere. È ovvio che la mente, la debole,

confusa, piccola mente, sottostà a questo istinto così animale. Lo Spirito,

amici, non è animale e non ha istinto di sopravvivere, poiché sa che è

eterno, eterno solo nell'amore.

Ora, amici, quante cose voi vorreste sapere e io che sono come voi e

che sono vostro amico, e non sono, come la voce di prima, una Guida,

allora io mi chiamo Alan.

Alan vi saluta, amici, e vi propone tanto e tanto affetto, perché io

tanto, tanto affetto ho per tutti voi, anche se noi già ci siamo visti così

lontano, e in epoche così diverse, e in posti così strani, in situazioni così

strane.

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Amici cari, ora io vi parlo così perché voglio che quando voi mi

sentirete sappiate subito che sono io, amici, io, Alan.

Arrivederci, arrivederci, con tanto affetto.”

Riprende la parola la Guida.

Guida: “Non resta quindi che dire, amici, armonizzate.

Siamo contenti che voi riflettiate molto, poiché ciò che è dentro

venga fuori, il bene e il male.

Noi non vogliamo crearvi l'impressione di essere superiori e quindi

decidere di ciò che dobbiamo o non dobbiamo dire, ma è ovvio che uno

deve portare avanti il suo discorso. Quindi, amici, dobbiamo considerare

che noi, per lo meno, possiamo comprendere più di voi le vostre esigenze.

Per cui per il prossimo incontro ponete voi l'argomento. Molto bene è il

vostro centro, molto forte comincia a diventare. Vorrei mettere alla prova

la vostra pazienza poiché è solo la volontà e la costanza la via della verità.

Alla prossima ...”

Lasciandoci abbiamo la confusa sensazione che la mente e le sue

curiosità non avranno più molto spazio e che a noi sarà richiesto un

impegno ben più forte, assai più coinvolgente. A cosa ci porterà non

sappiamo neppure immaginarlo.

23 febbraio 1993 “Spirito e materia - La casa del Padre”

Questa sera si fa seduta, anche se Laura non sta molto bene.

Vengono fatte molte domande, un po’ confusamente e non ne prendiamo

nota. Una in particolare verte sul rapporto tra Spirito e materia.

Guida: “Salve, salve amici cari.

Nella penosa difficoltà fisica del mezzo, siamo costretti ad

intervenire poco; tuttavia riteniamo che la vostra disponibilità sia da

premiare. Concediamoci allora una brevissima pausa in modo da

riprendere ristorati e rinfrescati.

Le vostre domande richiedono un ordine preciso al quale occorre

rispondere con pazienza, poiché necessariamente voi ritenete ancora di

dover disquisire in modo caotico sul da farsi. Proponendo un argomento,

in genere, si parte da un filo logico che può essere di aiuto all'evolversi

del discorso per tutti quanti voi. Ma ancora non è dato comprendere come

questo gruppo può funzionare. Allora ritengo giusto rispondere alla

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domanda posta su Spirito e materia per ribadire un vostro bisogno di

chiarezza sui concetti da noi esposti.

Alan: “Amici cari, ben venuti.

Si può considerare la materia come la solidificazione della luce.

Ora se questo voi lo ponete in quanto energia e quindi calore, è da

intendersi che quanto più è affinata e calda, meno è solida e più è gassata.

Quindi la materia che si è solidificata non significa che non contenga il

fulcro, il calore. Ha ancora la sua scintilla di quel calore primario in cui è

contenuta. Ma voi non potete sentire di appartenere, anche per poco, a

questo immenso globo che è il calore unico, unico nella sua immensità.

Questo simbolismo è da verificare come una identificazione

semplicemente simbolica di quello che può essere la materia, ma, quando

voi considerate lo Spirito a sé stante, dimenticate che lo Spirito è la

materia; che la materia non esiste senza lo Spirito. Senza lo Spirito non

può esistere nulla. Lo Spirito è energia in stati diversi e non può essere

che un'energia unica per ogni cosa esistente. Nulla esiste senza il fulcro

originale che lo ha manifestato. Il fulcro originale si espande in ampi,

ampi spazi intorno a sé, e più si allontana più si solidifica nella materia ma

continua a mantenere la sua forza primaria e quindi il suo Spirito.

Io sono in questa casa, sono il padrone di questa casa e ho tanti figli.

A loro racconto sempre la mia vita; racconto di come io sono stato

bambino e faccio vedere loro i miei libri e le fotografie. I miei figlioli

guardano la casa e vedono là una panca, qui un quadro, qui una poltrona,

qui un letto. Ma i miei figlioli poi crescono, si allontanano e vanno ad

abitare lontano da questa casa. Uno va in America, un altro va in Cina, un

altro invece va in un paese vicino al mio, un altro resta nella mia casa,

l'altro ancora si sposa e abita a un isolato da me. Ora un giorno io chiedo a

tutti i miei figlioli: “cosa ti ricordi della mia casa?” Allora quello che abita

a un isolato da casa mia dice: “ricordo una poltrona, una sedia, un tavolo e

quel quadro, perché vengo tutti i giorni, Padre mio, a vedere la tua casa.”

Il figliolo che è andato al paese un po' più lontano dice: “Padre, mi ricordo

bene come è la tua casa, ma non ricordo più come è sistemato quel

quadro, anche se vengo spesso nella tua casa.” E così quando io chiedo al

mio figliolo che è andato nel Paese molto lontano, in America o in Cina,

lui non mi può che dire: “Padre, io ricordo poco della mia casa, perché io

non la vedo tutti i giorni, mi pare che qua ci fosse un divano, oppure là ci

fosse un quadro, ma a mano a mano che il tempo trascorre io sto

scordando come è la tua casa.” Allora io dico: “Figliolo, io ti parlo della

mia casa, e così ti mando una fotografia della casa e tu ricorderai quale è

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la tua casa.” Allora il mio figliolo che è in America, sente quanto io gli

dico (“Ti ricordi, figliolo, qua sta l'albero davanti alla casa, lì invece sta il

porticato e dietro il porticato c'erano i muli; dentro la mia casa, che un

giorno era la tua casa, ora c'è una poltrona, un quadro e un tavolo”) e

allora mi dice: “Padre mio, ma come ho potuto dimenticare così in fretta

la mia casa, dove io sono nato, dove ho vissuto per tanto tempo?”

Amici, io vi ho raccontato questo per farvi capire come più uno si

allontana, più dimentica quello che aveva nella sua casa primaria, e così

dimentica anche quello che lo Spirito aveva in se stesso in qualità di

Assoluto.

Ora, tu ti sei fatto materia e ti sei allontanato dalla casa del Padre,

figlio mio; e rispetto alla casa del Padre hai trovato tante distrazioni.

Quello che è andato in America ha conosciuto una ragazza, ha visto terre

e paesi diversi, ha iniziato a conoscere altra gente e, gradatamente, la sua

mente si è allontanata dalla casa povera di suo padre. Io dico: “Figliolo, tu

ti allontani e impari tante cose, ma quando tornerai alla casa del Padre tu

stesso dirai: “Padre, io ero qui; con il mio ricordo sono rimasto sempre

qui, ma quando sono andato in America e ho visto tante cose, mi sono

lasciato trasportare da queste cose che mi sono servite per capire; perché

quando sono tornato a casa del Padre ho capito che qui era l'amore, era

l'affetto che tu Padre mi davi. Certo non posso rinnegare quello che io ho

in America, perché tu Padre, mi hai mandato in America e mi hai detto un

giorno di andare per la mia strada; di andare e imparare, vivere, ascoltare,

vedere e poi tornare. Mi hai detto che sarei tornato e ti avrei detto cosa

avevo imparato. Tu poi mi avresti spiegato ciò che mi è servito ad

impararlo.”

Ora questo è necessario spiegarlo, poiché è importante per l'uomo

avere delle idee chiare nella mente, per capire come è facile allontanarsi

dalla casa del Padre, che ha la casa ancora e solo esclusivamente allo

stesso punto in cui voi siete.

La materia è solo l'animale, lo Spirito è ancora l'Assoluto, il fulcro.

Voi quindi non vi siete allontanati dalla casa del Padre se si parla di

Spirito; poiché questo è un uomo, e l'uomo ha due braccia, una mente, una

sensazione, e ha una scintilla dentro di sé. Quella scintilla, fa parte di

miliardi di milioni di scintille che tutte sono uno.

La materia copre le gambe e le braccia, la mente, i sentimenti. Tutti

coprono quella scintilla e sono necessari perché la scintilla capisca quale è

il percorso che deve fare per rendersi conto di essere la scintilla. Allora è

la materia in contrapposizione alla scintilla. La scintilla è il bene assoluto,

poiché l'Assoluto non può essere male. Ma l'Assoluto per identificare

30

l'Assoluto ha egli stesso plasmato il proprio male, poiché ha plasmato la

materia per far comprendere alla scintilla quale è essa stessa in

contrapposizione alla materia.

Se io voglio farvi comprendere quanto si viaggi veloce mi devo

mettere dentro ad una macchina, ma questa può essere una macchina di

qualunque tipo. Una macchina può anche andare a 200 all'ora, una

macchina può andare a 50 all'ora, ma quello che la guida è la scintilla e la

macchina è la materia. Ora se la materia uccide quella cosa che guida la

macchina, può forse uccidere la scintilla? Non è possibile, perché il male

non può danneggiare il bene. Il male non può mai comunque toccare il

bene e il bene ha necessità del male per comprendere di essere il bene.”

Compare un’entità mai ascoltata in precedenza, senza nome.

Entità: “Sono....., sono....., sono un piccolo punto nell'infinito e mi

sento perduto e non so dove vado. Mi trovo in un guscio; non riesco a

rompere questo guscio che mi tiene stretto. Vorrei sapere dove mi trovo.

Parecchio tempo fa, mi ricordo, ero un uomo sulla terra; facevo il

falegname. Ero solo e passavo il tempo nella mia bottega maledicendo la

sorte perché non trovavo moglie. Ero brutto, brutto con i bitorzoli sul

naso. Non facevo altro che bere e bestemmiare sulla mia sorte. Sono

vissuto così fino alla fine dei miei giorni, quando un carretto, una sera che

ero più ubriaco del solito, mi ha schiacciato.

Ora non so dirvi quanto tempo è passato e sono sempre nel mio

guscio a maledire la sorte; sono sempre solo e non posso più neanche

bere.

Il mio unico amico, quando è morto, ha cercato di raggiungermi. Si è

fermato un po', poi non l'ho più visto.

Ora vorrei capire dove mi trovo. Mah! Dopo tanto tempo vedo

qualcuno. Mah! Chi cavolo siete?”

Ritorna la Guida.

Guida: “Amici, come voi potete vedere, la situazione può non

migliorare neppure senza la materia. Ora voi mi dite: “Ma se la mente è

umana come abbiamo sostenuto precedentemente, come è possibile che

costui, pur non essendo più umano, ragioni ancora in tale veste?”

È necessario che voi vi rendiate conto di come l'energia sia

diversificata in varie forme e stati. L'energia è infatti composta da

moltissime vibrazioni diverse fra loro.

31

La vibrazione più pesante è la carne; meno pesante è la mente, meno

pesante ancora è l'emozione; meno pesante ancora è la forza vitale. Via

via raggiungiamo lo Spirito o scintilla creante, creata, non mai manifestata

ma esistente in sé. Alla morte del corpo di carne, permangono ancora la

mente e l'emozione. Esistono successive morti man mano che la mente e

l'emozione non necessitano più di esistere. La mente permane oltre la

carne perché richiede ancora di sopravvivere alla stessa. L'emozione

permane in quanto legata ai propri affetti. Lo Spirito Eterno assimila

sensazioni, affetti, motivazioni, intenzioni, esperienze trasformate in

consapevolezza. Ora voi pensate di poter comprendere un meccanismo

così complesso per la vostra mente?

Noi, con molta buona volontà, siamo disponibili a spiegare con ogni

mezzo, anche, se è il caso, portandovi esempi come precedentemente

quest'uomo, che, chiuso nel suo guscio, vi ha dimostrato che sopravviveva

alla sua carne con la mente, poiché continuava a maledire la sua sorte e

continuava a non comprendere di essere in un universo diverso dal suo

stadio.

Ma questi meccanismi, amici cari, così complessi e per voi così

lontani, possono semplicemente esservi illustrati con termini a voi usuali,

che però mai possono realmente spiegare che cosa in realtà siano Spirito e

materia.

Per rispondere poi al nostro amico, che continua a dire che non

abbiamo risposto alla sua domanda, diremo che l'istinto, quale noi lo

definiamo, è la materia con le sue necessità umane, per la sua

sopravvivenza, che è necessaria alla conservazione della sua stessa natura.

Ma per l'uomo l'istinto animale si va a complicare poiché comprende, e

usa e abusa della mente, poiché per la sua conservazione non è sufficiente

il solo istinto animale. Quindi per l'animale uomo la mente è ancora più

infingarda e pericolosa poiché l'uomo non si compiace semplicemente di

sopravvivere, ma vuole espandersi, vuole emergere, vuole il potere su se

stesso, sugli altri, sui mondi visibili e invisibili. Ecco che dalla mente

scaturisce allora il desiderio di sopravvivenza e di espansione,

l’ambizione, l’orgoglio, la superbia, la vanità, l’intolleranza, i desideri di

potere. E come si può definire tutto ciò, Spirito? Forse per caso un essere

assoluto può desiderare di essere ancora più assoluto? Ma l'animale,

amici, nei confronti dell'uomo ha dei vantaggi notevoli, poiché un cane

non chiede che di essere un cane, di mangiare, di dormire e di respirare;

non chiede di essere il re dei cani, di essere meglio, bello, grande, forte.

Ma l'uomo invece da quando nasce vuol essere bello, grande, forte,

apprezzato, gratificato, realizzato, vuole, vuole, chiede, vuole! In

32

espansione, fino a quando non si rende conto che l'animale più animale, la

formica, il verme, è più felice di lui perché non ha queste necessità.

L'uomo crede, nella sua grande ignoranza, di essere il meglio fra gli

animali e non sa di possedere con le sue qualità anche le sue prigioni.

Allora amici come vedete questo solo tema comprende in mille

sfaccettature un argomento che potremmo dibattere ancora a lungo. Il

male è un argomento importante da comprendere nelle sue mille facce.

Potremmo portare avanti questo argomento, cercando di vederlo da più

lati, nel tempo. Fino a quando non ci sarà e non vi sarà parso di averlo ben

sviscerato nelle sue mille forme noi continueremo a dibatterlo.

Ora, quando ci ritroveremo, poiché non vogliamo semplicemente

fare un monologo ma dialogare con voi, ricordatevi di dare la possibilità

ad ognuno di voi di porre una domanda.

Un'altra cortesia vi chiediamo. È necessario per voi e per noi che

ognuno ponga una domanda. Se non è possibile in una sera, si dividerà

tutto in gruppi, ma nessuno di voi deve rimanere in disparte; ognuno deve

partecipare in modo eguale. Così come noi diamo a voi la nostra

completa disponibilità anche voi dovrete, se lo desiderate, per un buon

rapporto, concederci la vostra completa disponibilità.

Ora so che siete molto stanchi perché mantenere la catena vi crea dei

problemi. Il gruppo può avvicinarsi e appoggiare le mani sulle proprie

gambe. Più vicini siete, meno fatica fate.

Ricordate, amici, è l'affetto che vi può dare la forza, l'affetto e la

volontà. Ci scusiamo se non siamo completamente soddisfacenti.

Vi salutiamo caramente, con l'augurio che il prossimo incontro

possiamo sentire le vostre gradevoli voci.”

Ritorna, inatteso, Alan.

Alan: “E allora io vi saluto amici. Credevate che tutto era finito, e

che io me ne fossi andato senza salutare i miei amici? Credevate forse che

io fossi un maleducato? Ebbene, non sono un maleducato e sono venuto a

farvi tanti auguri, tanti auguri per voi tutti e per quello che desiderate di

più. Un'altra volta io verrò con una mia amica, che mi ha tanto chiesto se

potevo portarla con me. Ma io ho detto: “Sai, amica cara, sono ancora un

po' paurosi, ancora diffidano, devono capire bene cosa sta succedendo.

Forse è ancora un po' presto”. Ma lei mi ha detto: “E fammi venire! Due

minuti soli. È tanto che io non vado più in un gruppo e non vedo più come

fanno tanto ridere a me gli umani.” E allora ho dovuto promettere che, se

voi eravate d'accordo, avrei potuto portare con me la mia amica la

33

prossima volta. Allora voi mi dovete dire se siete d'accordo, io glielo dico

e così lei non mi scoccia più. Se è sì, allora va bene, la prossima volta io

porto la mia amica cara.

Oh amici, sono molto contento di venire ma, sapete, mi dicono che

sono un po' stupidotto per come parlo. Ma è necessario essere anche un

po' stupidotti. Tutto, amici, è necessario nella vita.

È necessario piangere ma è anche necessario ridere. Una cosa

comprende sempre l'altra; questo è importante che lo comprendiate. Mai

dire ciò è bene, ciò è male, perché come voi dite male già avete detto

bene. Perché uno non ha assolutamente modo di esistere senza che abbia

anche il contrapposto.

Non esiste il bianco senza il nero, e non esiste nulla senza il suo

contrario.

Amici, arrivederci. Good bye.”

9 marzo 1993 “Sofferenza e malattia - Immedesimatevi”

Ritornano le Guide dopo una nostra lunga discussione che purtroppo

non ha lasciato traccia nei nostri verbali.

Guida: “Salve, salve, amici cari. Ci siamo sentiti molto onorati del

vostro interesse comune poiché lo stimolo a procedere in questa direzione

è venuto da voi e quindi siamo ulteriormente felici di poter collaborare

con voi al processo, sì individuale, ma di gruppo sulla strada

dell'autorealizzazione del proprio sé.

Spirito e materia, trasposizione di un’unica realtà, si scambiano

reciprocamente i ruoli quando uno è di utilizzo all'altro. Quando la

materia asserve lo Spirito nelle sue necessità evolutive e soggiace a queste

necessità, vi è l'accettazione consapevole del proprio percorso individuale.

Quando la materia rifiuta di soggiacere alla necessità spirituale e quindi vi

è la ribellione, nasce la sofferenza. Quindi la sofferenza è intesa poi come

rientro alla comprensione dell'accettazione del dover soggiacere allo

Spirito in qualità del percorso evolutivo individuale evolutivo, evolutivo

ma graduale alla necessità propria. Quando la materia si ribella, rifiuta e

non accetta, allora è la sofferenza, è l'allontanamento, il rovesciamento

della propria strada evolutiva. Quando la sofferenza e l'allontanamento e

la non accettazione è così grande, così disarmonica con se stessa e con la

34

propria necessità, allora subentra la malattia, quando ovviamente essa

non è derivante da un karma precedente. La malattia nasce sempre da uno

stato emotivo per poi trasformarsi in uno stato fisico attraversando la

psiche umana. La sofferenza dunque è figlia del conflitto fra la volontà

umana, materia, e la volontà spirituale, Dio.

Più ci si allontana da questa volontà più nasce il conflitto, e più è

grande il conflitto, più è grande la sofferenza. Per cui quando nasce una,

anche pur minima, sofferenza occorre domandarsi cosa non accettiamo.

Questa, amici, è la regola prima e vale soprattutto per noi stessi, ma

attenzione, amici, anche per gli altri.

Un vero medico prima di poter esprimere il proprio giudizio su un

male organico dovrebbe sempre approfondire il male psichico e, in primis

assoluto, il male emotivo. E dovrebbe, prima di scoprire perché una

cellula si deteriora, chiedersi cosa quella cellula deteriorata significa in

funzione alla non accettazione del paziente verso una qualche

motivazione.

Vi dico questo perché ognuno di voi, cari amici, può essere sia il

soggetto sia l'oggetto, può essere il sofferente ma può essere anche il

proprio medico, o ancora può aiutare un compagno se è in grado di fargli

comprendere che egli ha in sé una non accettazione, anche nella più

piccola forma.

È necessario rendersi conto di ciò, perché è la base primaria dalla

quale scaturisce ogni forma di sofferenza. Sempre è necessaria la

domanda: “Cosa non accetto, a cosa mi ribello?” È ovvio amici che

porsi questa domanda significa, di conseguenza, rendersi conto che

qualcosa di noi non va bene, non ci piace. Sempre vorremmo cambiare

qualcosa di noi, ma per farlo occorre comunque sempre prima accettarlo.

In genere invece ci si rifiuta sempre a se stessi: “Ho il naso storto; odio

questo naso storto; vorrei un bellissimo naso diritto”. Ed ecco che il

conflitto interiore crea la sofferenza. Ma, amici, se quell'uomo accettasse

il suo naso così com'è, con tranquillità interiore e con la consapevolezza

che se così è, così doveva essere, ecco che il conflitto non nascerebbe,

scomparirebbe. A questo punto diventa lecito desiderare di cambiare il

proprio naso, ma cosa è cambiato, amici, di base? È cambiata la

motivazione, è cambiato l'atteggiamento, che non è più di sfida, non più di

rancore. Ora vogliamo semplicemente modificare una situazione che non

ci è congeniale, ma che comunque abbiamo accettato come tale e, se

intendiamo modificarla, lo facciamo nel migliore stato d'animo possibile,

semplicemente poiché siamo consapevoli che questa è una nostra richiesta

35

interiore, senza però il rancore, la sfida, la pretesa verso Colui che ha

deciso che così doveva essere.”

Riprende la Guida, rispondendo a un nostro quesito sul significato

del nostro sviluppo.

“Voi avete preparato molte domande, fra le quali una ci ha

particolarmente colpito, poiché tende a cogliere il significato reale dello

scopo della formazione di questo gruppo, particolare nella sua fattispecie.

Come voi avete già avuto modo di sapere, nulla è una verità certa, e noi

non saremo certo quelli che vogliono appropriarsi di una qualunque verità

facendola diventare unica e speciale. Noi comunichiamo il nostro

pensiero, che è una visione prospettica di una realtà. Ma, i gruppi che

nascono apparentemente in modo spontaneo, sono collegati fra loro da

una simbiosi sottile che può non essere percepita a livello umano, ma fra

essi, gli Spiriti, hanno e riconoscono questa simbiosi. Per cui ogni gruppo,

nella sua fattispecie, ha una sua propria particolarità, un agglomerato di

simbiosi energetiche che fa sì che i loro propri pensieri, a loro volta,

creino e diano un'impronta particolare al gruppo. Questo, amici, avviene

in tutte le cose, umane e non.

Se un maestro d'arte prende con sé degli allievi e insegna loro,

insieme ad altre, una particolare tecnica, comunque quegli allievi avranno

messo qualcosa di loro, qualcosa di altrui e qualcosa del maestro,

formando una linea che si può riconoscere attraverso i loro prodotti; linea

comune, poiché la simbiosi del gruppo ha dato una linea comune ed una

interpretazione spontanea di quello che sarà il loro prodotto. Avranno

dunque un'impronta d'imprimatur.

Ecco dunque che anche il vostro gruppo ha un’impronta che vedrete

via via sviluppare e prendere la sua direzione. Da voi stessi e

gradatamente vi renderete conto a cosa possa servire tutto ciò. Più che a

voi stessi serve all'Ordine Infinito delle cose. Dentro l'ordine costituito

sono necessari anche gruppi di simbiosi positive che si uniscono per

riequilibrare l'Armonia del Creato. Vi è più di un motivo ogni volta che un

gruppo si unisce in modo positivo con scopi positivi. Più di una volta si

crea un centro di forza positivo. Quindi conoscendo quel che l'energia può

produrre e che produce nell'ambito dell'universo tutto, voi saprete con

precisione che la vostra energia unita crea un campo di forza.

Creare un campo di forza con intenzioni e motivazioni positive

irradia anche chi è intorno a voi. Il campo di forza positivo cambierà voi e

cambierà quelli che sono intorno a voi.

36

Muovendo le vostre vibrazioni solo con la vostra intenzione,

unendola a quelli del gruppo, voi avrete creato una forma vibratoria che vi

è di aiuto, di schermo e che potete usare come una freccia per gli altri.

Mi rendo conto che vado ad esplorare un campo che va molto

approfondito ma è importante, amici, che vi rendiate conto di creare

campi di forza e che l'uomo può con la sua volontà e con la direzione

della sua energia, in negativo o in positivo, interagire nei campi di forza

propri e altrui.

Lasciate le mani.

Quando noi comunichiamo attraverso il legamento delle vostre mani,

come voi sapete, una dà e l'altra riceve. Noi operiamo anche su di voi e

non potete che avere dei benefici da questi nostri massaggi energetici.

L'uomo non può rendersene conto a livello organico, mentale, psichico,

poiché può essere alquanto illogico riuscire a comprendere ciò che non

vede; ma vi assicuro che, quando l'energia si mette in moto in un moto

circolatorio benefico ed entra in ognuno di voi per riuscire attraverso il

vostro compagno, nulla e nessuno rimane indenne. Ecco spiegato un altro

motivo per il quale è importante amare il proprio compagno e quello

successivo, e quello dopo, e quello ancora dopo, per tornare a

ricominciare il giro. Volervi bene significa proiettarvi nell'altro. Altro

piccolo segreto, amici cari: per imparare la misericordia umana e la

comprensione proiettatevi negli altri, provate a sentirvi come se foste nella

pelle dell'altro. Voi avete fatto un giro sommario, visualizzando e

tentando di volere bene al vostro compagno; ebbene ora è tempo che vi

immedesimiate nel compagno. Questo serve per spersonalizzarsi, per

comprendere che lo Spirito non dimora nel vostro corpo ma è solo ad esso

collegato, così come se a voi fosse legata una spina con un lungo filo

collegato allo Spirito che non dimora nel vostro corpo. Il corpo conosce

l'energia attraverso il collegamento con lo Spirito e nel corpo vi è quello

che viene definito filosoficamente animus. L'animus è l'involucro sottile

che contiene il principio spirituale, la forza energetica della vita, ma non è

ancora lo Spirito, che non dimora nel corpo umano.

Ecco la proiezione cosa diventa sotto questo profilo; diventa che, se

lo Spirito non dimora nel vostro corpo, se ne deduce che lo Spirito può

dimorare dovunque egli teoricamente voglia dimorare. Se è collegato

momentaneamente al vostro corpo per questo brevissimo lasso di tempo,

può però essere collegato a chiunque. E, poiché né tempo, né spazio

esistono, voi vi iscrivete contemporaneamente a tutti i vostri ieri e ai

vostri domani, a ciò che ritenete di essere stati e che sarete.

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La proiezione, amici, è necessaria per comprendere che il filo

conduttore è unico al mondo, al mondo umano quanto mondo visto come

insieme di tutti i mondi, di tutti i mondi visibili e non visibili ad occhio

umano.

Il filo conduttore che è la vita spirituale, la vera e unica vita, la

scintilla divina per voi, poiché appartenete in parte alla scintilla, ma

unicità assoluta se la si guarda nell'Assoluto Totale. Questa unicità

utilizzata come filo conduttore che mantiene la vitalità attraverso tutti gli

esseri umani, può essere ed è anzi identica.

Vi ho fatto tutto un giro di parole che poteva però essere sintetizzato

con un piccolo esempio. Nel vostro guardaroba esistono cento vestiti di

forme, fogge e stoffe diverse, di colori e forme d'epoche diverse. Voi siete

spogli davanti al guardaroba e ad ogni nome avete abbinato un vestito, ad

ogni epoca, tempo e dimensione. Ora provate l'uno, ora provate l'altro, ma

nessuno di quegli abiti siete voi; voi siete colui che misura gli abiti. Se voi

vedeste questi abiti addosso a molti manichini e chiamaste questi

manichini per nome, come se fossero esseri umani, che accadrebbe amici,

se quei manichini diventassero reali e fossero tutti dei voi con volti

diversi? Accadrebbe che voi avreste compreso che non esiste nient'altro

che un unico essere che si identifica in tutti gli altri attraverso

metamorfosi diverse che si sostituiscono ad immagini costituite all'uso.

Quell'uomo che misura gli abiti è lo stesso uomo che da manichino

diventerà uomo nei vari abiti.

Proiettatevi, amici, nel vostro compagno di destra e proseguite per

tutto il gruppo; continuate questo esercizio. Proiettarsi significa

immedesimarsi, e per fare ciò è necessario conoscere l'altro.

Approfondite, amici, la vostra conoscenza; apritevi l'uno con l'altro;

siate trasparenti, poiché fuori soltanto la scorza vi separa e vi differenzia.

Ma io credo che con l'allenamento, piano, piano vi renderete conto di

essere tutt'uno, poiché con il tempo diventa facile comprendere che l'altro

ha, in modi diversi, le nostre stesse emozioni, così come quando con una

patata potete cucinare tanti piatti diversi.

Noi continuiamo a darvi molti stimoli su cui riflettere, stimoli non

richiesti perché forse voi vorreste porre altre domande. Ma è come andare

a scuola, uno segue una specie di programma prestabilito dall'insegnante.

Esiste un programma scolastico con delle tappe successive e conseguenti,

non si può arrivare a risolvere un problema senza aver imparato l'A-B-C.

Quindi in nostro insegnamento è in funzione delle richieste del vostro

Spirito e non della vostra mente. Noi sappiamo quale necessità richiede il

vostro Spirito, mentre la vostra mente vi inganna e vi porta fuori strada.

38

La mente è certamente utile a trasformare informazioni che sono

necessariamente comprese attraverso la mente, ma solo comprese

mentalmente. Essa serve come strumento per assimilare e analizzare

informazioni che andranno tradotte al vostro Spirito. Allora noi abbiamo

ritenuto di rivolgerci allo Spirito comune che ora rappresenta ognuno di

voi. Ma poiché in tutti i corsi è necessario alla fine della lezione dare

soddisfazione agli alunni che forse non hanno ben compreso, riteniamo di

poter rispondere alle vostre domande solo se saranno formulate in modo

chiaro, conciso e breve.”

Noi apriamo la discussione. Subito dopo però interviene una nuova

entità.

Agnese: “Prego...Prego amici. Siete alquanto impazienti. Noi siamo

in molti e desideriamo comunicare con voi. Siamo tutti impazienti quanto

voi nel voler imparare. Ci sentiamo molto uniti, anche se voi non potete

sentirci con la vostra limitatezza sensoriale. Non ci percepite, ma noi

siamo con voi, seduti allo stesso tavolo in conformità alla legge che ci

richiama attraverso i vostri sentire interiori. Noi presenti siamo chiamati

dalle vostre affinità; per cui, amici, essere consapevoli delle proprie

carenze, limiti o qualità è importante poiché così voi siete con me e così

avrete gli amici che verranno. Simile chiama simile e nel vostro caso

possiamo rivolgerci a voi chiamati da vostre particolari forti sensazioni o

particolarità. Siamo legati a doppio filo a voi e, tranne le Guide che hanno

già percorso un cammino evolutivo importante, noi veniamo attratti da voi

in funzione di ciò che siete, forti della vostra unione, da quella che

poc'anzi Armida4 chiamava simbiosi. Ma la polemica futile chiama a sua

volta energie sottili polemiche. Io faccio un po' di fatica a essere fra voi;

le prime volte per noi sono sempre molto difficoltose. Mi hanno chiamato

questa sera perché mi hanno detto che servo essenzialmente allo scopo di

coltivare la vostra impazienza, proprio perché essa è tale e quindi è

necessario che io sia qui. Più impazienza si forma in questa simbiosi, che

crea un campo di forza e di impazienza, più si richiama, per

controbilanciare, la pazienza. Può sembrare che le Guide creino dispetti,

ma amici credetemi, con tutto il rispetto che le Guide e le energie hanno

per chiunque e nella fattispecie per gli umani, esse sanno come

comportarsi con loro, poiché l'uomo è nella scala dell'universo il più

4 Uno dei partecipanti al gruppo.

39

infantile fra gli infantili, per cui occorre guidarli ed educarli, soprattutto

educarli.

Loro malgrado, è giocoforza, le Guide seguono sempre le necessità

degli uomini anche contro la loro volontà.

Io mi chiamo Agnese e ritengo di essere qui presente, non perché io

mi sia imposta, ma perché era necessaria nel gruppo un'energia con le mie

caratteristiche, anche se per conoscerle occorrerà del tempo, così come si

fa tra buoni amici che si conoscono piano, piano.

Io vengo a parlarvi di affetto, di simpatia, di cordialità, di amicizia,

di educazione. Ma amici, io ho molti difetti ed è per questo che sono qui

questa sera, poiché io sono una persona impaziente e permalosa, molto

permalosa. E poiché devo con voi imparare la pazienza mi trovo mio

malgrado, ma con sommo piacere, a questa vostra stessa scuola.

Ma la mia impazienza che è come la vostra, dalla mia prospettiva mi

dà dei vantaggi, quelli di poter intervenire con voi. D'altra parte mi è stato

assegnato questo compito che può essere molto ingrato, molto ingrato...

È preferibile fare una pausa per tutti.”

La nostra discussione prosegue. Al termine ricompare una delle

nostre Guide.

Guida: “Bene. Vedo con piacere quanto il nostro intervento sia fonte

di lavoro e di interesse, poiché l'unica nostra condizione primaria posta

alla vostra congrega, allorché ci accoglieste fra voi con il vostro interesse,

era la volontà di partecipare e il non rimanere supini al nostro dialogare.

Ora quanto più il vostro interesse aumenta, più il vostro pensiero si forgia

e più plasmate il vostro campo vibratorio. Noi, per usare un termine

simbolico, viviamo solo attraverso il vostro campo vibratorio. Perciò

serve lavorare con entusiasmo per creare un profondo interesse, poiché

solo nella vostra volontà noi ci esprimiamo con voi. Allorché le nostre

energie si faranno sempre più forti e si amplificheranno, molto più

scorrevole sarà il nostro divenire fra voi.

Ora lavoriamo con intermittenza dosando energie e tempi.

Può sembrare noioso il nostro modo di esprimere, ma noi calcoliamo

ciò che è possibile sopportare ed esprimere attraverso la vostra congrega.

Dunque, siate sempre molto motivati, poiché il giorno in cui le

vostre motivazioni decadranno, voi tornerete ad essere dei dormienti e noi

non potremo risvegliarvi più. Solo il vostro percorso vi potrà riportare

verso un nuovo risveglio; tenete dunque molto sveglia la vostra

attenzione.

40

Anche se ora il vostro lavorio, anche se è ancora molto mentale,

piano piano arriverete a utilizzare anche la capacità intuitiva del vostro

maggior spettro del sentire interiore. Ovviamente le vostre domande ci

stimolano ancora di più a dare il meglio possibile, ma ricordate che noi

dobbiamo rispettare la vostra capacità di comprensione e in un contenitore

che può accogliere solo un quantitativo pari a un'oncia, noi non possiamo

riversarne oltre, poiché disperderemmo anche quello che già c'è. Quindi

dobbiamo aumentare prima la capacità del contenitore se vogliamo

versare altro liquido prezioso. Dunque, se la vostra capacità di

comprensione spirituale è limitata ad un'oncia, noi dobbiamo rispettare la

vostra capacità e usare maggior forza, noi e voi, nell'aiutarci ad ampliare

prima il vostro contenitore. Può in un certo senso apparire che noi ci

riteniamo superiori e che quindi vi trattiamo da bambini, ma questo ahimè

è vero, per cui è inutile falsare il nostro rapporto con parole ipocrite

dicendo: “Amici cari, io sono una guida che non guida, una guida che ha

da imparare quanto voi” Che guida sarei?

Quindi il nostro gruppo presente con voi è formato da Guide che

hanno da guidare e quindi educare, ma è anche formato da amici come

voi, che hanno da imparare, da assimilare, da svolgere il loro programma,

poiché con il lascito delle spoglie, del corpo, il programma non si ferma, il

programma non ha fine, cari colleghi; il programma procede verso la sua

necessità di comprensione.

Quindi anche la dolce Agnese ha la sua necessità pari alla vostra.

Gli allievi che costituiscono la nostra congrega appartengono alla

vostra simbiosi. Un tempo, in questo tipo di gruppi gli amici si

chiamavano con nomi particolari e quindi univano gli iniziati a seconda

dei loro gradi di comprensione, di capacità contenitiva della

comprensione. Per cui, amici, non vi adombrate se vi pongo qualche volta

l'abito del fanciullo, poiché mi accompagnerà sempre il rispetto e l’amore

verso il vostro cammino individuale nel contesto del gruppo. Ora questo

gruppo è formato da individui diversi che hanno caratteristiche mentali

diverse, nonché necessità diverse, pur unite dalla stessa simbiosi; allora il

maestro o la guida ora parla per l'uno, ora parla per l'altro, e spesso parla

allo stesso modo per tutti ed ognuno interpreta e prende ciò che gli è

necessario.

Alcuni dicono: “Queste parole non sono dirette a me, sono dirette al

mio vicino”. E poi talora accade che quelle parole siano in realtà dirette a

lui, perciò a volte è importante saper cogliere la più piccola sfumatura. E

quindi, amici, quando le Guide vi accolgono con amorevole comprensione

e vi pongono di fronte alle vostre problematiche, alle vostre mancanze,

41

chiedetevi sempre: “Ma ciò che sta dicendo può essere proprio rivolto a

me e io non me ne rendo conto?” Acciocché la vostra richiesta venga a

compimento verremo sicuramente più numerosi e ben disposti a

rispondere solo alle vostre domande, ma comprendete che il programma

va svolto nella misura necessaria, come lo srotolare un gomitolo di lana.

Per ora la vostra forza è quasi nulla; siete stanchi, afflosciati e rispondere

alle vostre domande, per compiacervi, ci farebbe molto piacere, ma per

questa sera sarebbe una prova eccessiva alla vostra pazienza. Quindi è

proprio impossibile accondiscendere alle vostre richieste.

Vi saluto. Siate nell'ordine delle cose rapportati all'Assoluto come il

vostro respiro è rapportato a voi, amici.”

Così le Guide hanno formulato chiaramente, senza più veli, il

rapporto che ci lega tutti insieme: le Guide stesse, gli altri amici, al di là

del velo, e noi, al di qua del velo. Sentiamo che questa presenza invisibile

vi sarà sempre, anche quando, come accadrà nel 1995, le Guide taceranno

per mesi. Ma questa è un’altra storia.

18 marzo 1993 “Ridefinizione del programma di lavoro”

Questa sera ci ritroviamo e riprendiamo a discutere su quanto ci è

stato detto. Non abbiamo ancora pensato a prendere appunti e quindi la

nostra discussione non ha lasciato traccia. Alla fine vogliamo chiedere a

Gabriele un commento e un consiglio.

Laura, dopo un lungo raccoglimento, ci consegna questo scritto.

Lele: “Dobbiamo definire innanzi tutto ciò che noi possiamo

umanamente comprendere e ciò che pur con tutto l'impegno e

l'immaginazione non ci è umanamente possibile penetrare.

Tempo, spazio, infinito, eterno presente, sono per noi solo termini e

come tali non possono che rimanere.

Il concetto dell'aspazialità e dell'atemporalità non si può

comprendere avendo una dimensione spaziale e temporale. Si può solo

accettare per fede; ma anche l'accettazione fideistica non può soddisfare la

curiosità umana.

Dire che io sono presente contemporaneamente qui e sulle galassie,

per voi è completamente incomprensibile e inimmaginabile, per cui alcuni

aspetti della manifestazione di Dio vi sono completamente esclusi, e non è

utile cercare di approfondirli più di quanto possiate comprendere.

42

Sono informazioni che vanno elaborate e accettate con le dovute

riserve di non poter accedere oltre. La necessità di comprendere

l'aspazialità e l’atemporalità è pressoché una elucubrazione mentale,

necessaria esclusivamente per accettare l'immanenza di Dio, il resto esce

dalla vostra comprensione mentale. Preso atto di ciò passiamo ad altro

argomento.

Discutere sul tempo e sullo spazio è necessario, ma non tanto quanto

lo sarebbe stato il discutere su un concetto basilare che le Guide hanno

espresso nell'ultimo incontro: il proiettarsi nell'altro.

I nostri incontri hanno uno scopo e un fine da voi stessi desiderato:

migliorarsi.

Per cui l'insegnamento che le Guide stanno proponendo è teso a

questo fine ed è l'argomento di base. Il cercare conoscenze sul mondo

globale è solo una curiosità mentale, ben giustificata, ma che è possibile

realizzare leggendo i libri delle Guide che hanno precedentemente avuto

questo compito, compito di informazione generale sui mondi e

sull'esistenza dell'Essere nella sua totalità. Ora invece, noi vorremmo

mirare gli incontri, piuttosto che al soddisfare curiosità mentali, delle

quali potete avere informazioni precise da chi ci ha preceduto, al

migliorarsi, termine inoltre poco adatto perché più che “migliorarsi”

chiamerei questo lavoro: applicazione delle leggi nella consapevolezza di

conoscerle, perché questo applicare vuole essere la conseguenza del

conoscere se stessi. Appare evidente che il conosci te stesso è già stato

svolto in modo più che ottimale da Guide e maestri precedenti e

contemporanei, allora perché mai ripetere ciò che altri hanno già fatto così

bene?

Noi ci siamo trovati in accordo alla vostra ricerca che inizialmente

era tesa esclusivamente all finalità della trasformazione interiore nonché

fisica, al voler vivere al meglio delle proprie potenzialità.

Il vostro gruppo, prima del nostro incontro, lavorava per ottenere

questo risultato, noi siamo subentrati a collaborare con voi per lavorare

allo stesso scopo. Così accanto a voi pervengono energie che hanno lo

stesso desiderio e Guide finalizzate allo scopo.

La presunzione e la paura di perdere la propria individualità, nonché

convinzioni e certezze varie fanno sì che non si accetti questo incontro

come un corso super specializzato, ma come una possibilità di soddisfare

curiosità mentali, seppur legittime, oppure di dimostrare di saperne di più,

oppure di assistere passivamente in attesa che qualcosa arrivi senza dover

partecipare se non con la propria presenza. Qualcuno cerca solo conferma

43

alle sue convinzioni. Altri aspettano il miracolo, che la bacchetta magica

dia loro risposte e serenità, oppure che tutto ciò elimini la loro sofferenza.

Ognuno ha la sua motivazione e ben venga, perché è quella che lo

spinge in questo percorso, ma la motivazione deve essere finalizzata allo

scopo. Usiamo la motivazione egoistica per arrivare al risultato. Non

permettiamo però che la vostra motivazione ci prevarichi, prenda possesso

di noi e ci usi, allontanandoci dal risultato.

Accettate di aver necessità di qualcuno che sappia prendervi per

mano, guidarvi verso la trasformazione graduale e infinita; accettate di

essere umani e limitati e accettate di voler essere indirizzati nella pratica e

non nella teoria o nella retorica.

Il corso può essere allo stesso tempo anche pratico con le modalità

che avete avuto modo di verificare: il mettere alla prova la vostra

pazienza, lo scatenare reazioni alle nostre azioni, il creare particolari stati

d'animo e curiosità. Non siate passivi e supini e noi non facciamo o

decidiamo nulla che non sia particolarmente mirato a ciò. Ma voi deviate,

cadete nella trappola della mente, giocate con l'intelletto con le modalità

del metterci alla prova, come bambini che hanno scoperto un bel gioco e

adesso vogliono smontarlo per vedere come è fatto e cosa c'è dentro,

rendendo così inutile il gioco stesso. Scivolate nei tranelli della mente,

lasciandovi coinvolgere da curiosità banali. Voi vi interessate alle nostre

capacità (Parliamo o no più lingue? Leggiamo nel pensiero? Dove siamo?

dove viviamo? ecc.), ma non a questo siamo stati chiamati, e voi tradite

voi stessi e più che mai serve rammentarvelo.

Quando chiedete di far pratica sulla strada della trasformazione, noi

vi offriamo un mezzo e voi vi interessate non dello scopo e del punto di

arrivo, ma del mezzo stesso. Così sull'autostrada che porta alla meta voi vi

fermate a discutere di che colore è la macchina, quanti chilometri fa, chi

l'ha fabbricata.

C'è forse chi tra voi stimola tutto ciò, ma c'è anche chi cade nella

trappola o chi con il suo silenzio acconsente. Nessuno si accorge di essere

responsabile della deviazione di percorso.

Allora dov'è veramente il vostro scopo? Fino a che punto è vero che

vi interessa la consapevolezza dell'essere esistente in armonia o nella

legge? Nel blaterare sui termini, spazio tempo, vuoto o no, ombre e luci?

Esistono già queste risposte, non c'è che da leggerle. Se invece di perdere

tempo in libri futili cercaste le risposte dove veramente sono,

guadagnereste tempo e sforzo.

Così io vi riporto indietro di molti passi per poterne fare un altro e,

poiché siete una classe indisciplinata occorre fare un ulteriore sforzo per

44

riportarvi sulla via, dandovi veramente compitini dell'asilo, anche se

suscettibilità e permalosità vengono incrinate. Poiché se queste emergono,

queste vanno affrontate e superate.

I compiti si ricevono il lunedì, non hanno votazioni e servono per

confrontarsi e impegnarsi e valgono per tutti, incluso chi scrive (Laura).

A) Esercizio n.1: Partendo da destra cercare le qualità del mio

compagno, cercare di ascoltarlo con le mie emozioni e cercare di sentire

ciò che mi procura emotivamente e mentalmente.

Scrivere su un quaderno le mie impressioni su di lui. Poiché è

richiesto di essere trasparenti uno con l'altro, scriverò anche ciò che non

mi piace, oppure le impressioni negative che ho di lui. Scriverò inoltre

pensando intensamente a lui, ciò che mi viene nella mente senza pensare

se è logico o no. Ad esempio: Lucia = sole che splende, sbarre, ho rotto

un vestito passando vicino ad un chiodo sporgente, ecc.

Credete forse di aver completato il giro e di esservi immedesimati

nell'altro, dato che nessuno ha osato più parlarne?

Questa è una scuola dura, che esige impegno e sacrificio, ma che

offre molto. È una scuola che ricalca tutte le scuole iniziatiche, ma che

invece di usare i metodi lunghi e laboriosi della pratica esoterica (terra,

fuoco, acqua, aria), va diretta all'anima, direttamente al fulcro. Non

promette miracoli e solo a voi si dovrà il risultato.

B) Esercizio n.2: Il proiettarsi nell'altro non è possibile fino a

quando non avete completato l'esercizio precedente. Nel tempo gli

esercizi si ripetono; è anche per questo che vi si chiede di scrivere tutto

perché solo così è possibile verificare il cambiamento.

C) Esercizio n.3: Altro quaderno - Racconto la mia esperienza con il

gruppo: 1) ciò che vorrei, 2) ciò che è, 3) ciò che non è, 4) le mie

impressioni, 5) le mie perplessità, 6) le mie paure, 7) le mie aspettative, 8)

ciò che vorrei raggiungere e ciò che devo trasformare in me, 9) ciò che

vorrei che trasformassero i miei compagni, 10) ciò che vorrei fosse il

gruppo, 11) le mie contestazioni.

Tenere un quaderno a fermagli, fare una cronistoria fino ad oggi e

poi farla ad ogni incontro con la data.

Iniziare a fare gli esercizi pensando sempre: 1) a mettere in pratica la

trasparenza. 2) a buttar fuori i sentimenti negativi. 3) a esprimere quelli

positivi. Questo significa voler bene.

Iniziare a voler bene a se stessi significa rispettarsi e non fare nulla

che possa essere lesivo della propria stima e dignità.

Buon lavoro se così vi pare.

45

Iniziamo a comprenderci e troveremo un accordo che va bene per

tutti.

Pazienza e comprensione anche per noi.”

Questo di Gabriele è uno sgradevole ma efficace monito. Le nostre

menti invadenti e piene di curiosità non si rassegnano a perdere la volontà

di potenza di orientare le sedute là dove desiderano.

Occorre quindi un severo richiamo, come accade coi bambini, e

l’ordine di fare i compiti. Ubbidiamo.

29 marzo 1993. Dopo l'intervento di Gabriele si è riattivata nel

gruppo la motivazione alla pratica. Tutti si sono procurati il quaderno ed

hanno iniziato a svolgere i compiti assegnati. Contemporaneamente

abbiamo cambiato sede (negli ultimi tempi, da quando sono iniziate le

sedute, ci si trovava a casa mia). Ci siamo spostati a casa di Teresa, dove

abbiamo incontrato un ambiente molto accogliente e idoneo al lavoro che

stiamo facendo.

Considerato l'indirizzo che sta assumendo il gruppo ho deciso di

scrollarmi di dosso quel ruolo di coordinatore che ho avuto da quando è

iniziato il corso di psicologia. Da oggi sono più libero anche in funzione

della trasparenza che dovremo sviluppare. Decido anche di abbandonare

la distanza caratterizzata dal “lei” e passare al “tu”.

5 aprile 1993 “Autoanalisi. Confronto. Amore di se”.

A iniziare da oggi, oltre al contenuto delle comunicazioni aggiungo

un resoconto sintetico delle sedute, una specie di diario, come ci è stato

suggerito da Gabriele.

Compare una delle Guide.

Guida: “Salve, salve amici cari. Molto avete lavorato, con impegno,

con molto impegno. E questo vi fa molto onore perché avete compreso

che noi siamo utili solo ed esclusivamente se la vostra volontà è più che

46

attiva, poiché siete voi con il vostro impegno a modificare voi stessi e

nessun altro lo può fare se non voi per voi.

Noi possiamo indirizzarvi nel modo giusto a seconda delle vostre

necessità e del vostro modo personale di comprendere voi stessi. Allorché

vi ponete nella più totale disponibilità di comprensione voi già avete

modificato il vostro atteggiamento nei confronti di voi stessi poiché,

amici, il primo ostacolo che voi potete incontrare sul vostro cammino è

infatti il credere che il vostro modo di pensare e di vedere le cose sia

l'unico giusto. Così diventa difficile immaginare che quando ci vengono

offerte nuove dinamiche di lavoro esse siano utili e ci pare che queste non

siano assolutamente mai quelle proprio personali. adatte a noi.

Molti ostacoli si incontrano quando ci si pone di fronte a se stessi,

molti dubbi, molti affanni.

Durante il vostro percorso avrete sicuramente avuto molte domande

da proporre per avere indicazioni più chiare su quanto vi può aiutare nel

lavoro intrapreso, nella chiarezza di voi e degli altri, e nella trasparenza da

acquisire. Perciò proporremmo un giro di domande affinché ognuno di voi

possa avere delucidazioni in proposito, atte a migliorare il lavoro

intrapreso. Prego, partiamo sempre dalla destra.”

Alessandro: Mi sorge spontanea una domanda. Questo corso super

specializzato che dovremmo intraprendere è un corso pratico suppongo. In

che cosa si potrebbe differenziare da un altro tipo di ricerca interiore, che,

per quel che mi riguarda, potrebbe invece essere la via dello Yoga?

Guida: “Mai fare paragoni, amico caro, poiché ogni ricerca, per

poter essere effettiva, entra nel proprio intimo personalizzandosi. Per cui

qualunque disciplina funziona per chi ha all'interno la stessa visione e la

stessa risonanza. Quello che può andar bene per la tua struttura mentale

non è detto che esordisca lo stesso effetto su qualcun altro. Ora

l'interiorizzazione è guardarsi semplicemente all'interno, nelle dinamiche

che caratterialmente uno ha verso di sé e verso gli altri. La disciplina dello

Yoga, che ha molte sfaccettature diverse, segue comunque la stessa via: tu

con te stesso verso l'interno, proiettato all'esterno, nella finalità unica di

trasformare te in funzione alla trasformazione degli altri. Quindi ciò che tu

fai come paragone con qualunque metodologia, non ha un suo profondo

motivo di essere, poiché ciò che è comunque riservato a te, è riservato in

funzione a ciò che tu senti.

Ricorda, in ogni modo, che quando si tratta di cambiare in meglio

qualunque mezzo è atto al fine.”

47

Vittoria: Questa sera mi avete colto di sorpresa. Ma c'è una

domanda che mi riguarda, che ci riguarda come gruppo: noi stiamo

facendo un bellissimo cammino di spiritualizzazione, di evoluzione, di

trasparenza, ma come dobbiamo e come possiamo migliorarci anche in

relazione agli altri, sul posto di lavoro, nella quotidianità? Oppure è

ancora un compito troppo difficile? Dobbiamo diventare sempre più amici

noi nel nostro gruppo per poi porci solo questi obiettivi? Grazie.

Guida: “È essenziale incominciare da noi, dalle piccole cose;

cominciare da ciò che ci è possibile, nella fattispecie dalla trasparenza.

Ora ciò che noi abbiamo proposto innanzi era già innanzitutto la

trasparenza finalizzata al gruppo, per creare l'armonia necessaria

all'attuazione della trasformazione, ma soprattutto alla possibilità che

attraverso l'armonia si crei una simbiosi affettiva atta a migliorare il

campo di forza positivo che dal gruppo ne deriverebbe. Quando uno tende

gradatamente a trasformarsi (senza forzare, poiché è importante non

forzare, in quanto la trasformazione avviene con lentezza e quasi

inconsapevolmente), può essere diverso anche all'esterno. Quindi guardare

dentro e cercare di essere onesti con se stessi è l'unica cosa che conta, e di

conseguenza gli altri sentiranno la tua onestà e ne risentiranno anche a

livello inconscio gli effetti.

Non guardare, amica, troppo lontano. Non ampliare il problema

della trasformazione, altrimenti ti apparirà una montagna irraggiungibile.

Guarda oggi il piccolo passo che puoi fare, senza porti il problema

dell'irraggiungibilità, e credi in te stessa, credi soprattutto di essere chiara

con te stessa. Anche gli altri di conseguenza lo percepiranno.

Il tuo problema personale poi...Ti porti nei confronti di te stessa

sempre delle accuse di colpevolizzazione, e nel rapporto con gli altri ti

porti a maggior ragione ad essere cauta per rapportarti alla

trasformazione, ingigantendola nel tempo. Abbi pazienza; piano piano si

costruisce.”

Armida: Mi sembra che il gruppo si sia già aperto, perlomeno per

cercare di avere la trasparenza, che è il passo fondamentale per iniziare

questa trasformazione, però, mi sto chiedendo: siccome ognuno di noi

avrà un cammino distinto e particolare per questa trasformazione, come

sarà possibile che ognuno possa trovare il proprio cammino confrontando

con gli altri? Le prove saranno diverse per ognuno di noi, la zona di

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ombra che dovrà affrontare sarà diversa. Come sarà possibile questo

svolgimento comune?

Guida: “Amica cara, ognuno di voi, come tutti d'altronde, ha un

percorso prettamente individuale, ma i canoni della trasformazione sono

oggettivi e mai soggettivi. Soggettivo è invece il modo personale che

ognuno ha, sia nel voler utilizzare questi canoni oggettivi, sia nella scelta

di volerli utilizzare o meno, sia ancora nell'indirizzare poi la propria

trasformazione su ciò che ritiene necessario. Ad esempio, le parole

dell'insegnamento gnostico del Cristo sono e rimangono oggettive, ma

comunque nei secoli tutti gli uomini hanno tratto da questo insegnamento

delle informazioni soggettive. Se io comprendo che la trasparenza è

semplicemente il far cadere innanzi ad ogni cosa le barriere dell'ipocrisia,

dell'egoismo, della mia personalità gretta, della umanità che la comprende,

poi di ciò che ho appreso faccio l'uso che meglio ritengo. Ora, ognuno di

voi, imparando ad essere chiaro con se stesso, può nel tempo decidere con

consapevolezza, quando, come e con chi esserlo.

Essere puri come la colomba, ma poi occorre anche imparare la

cautela. Io non intendo, come potreste pensare, prepararvi da poter essere

poi, incautamente, vittime di chicchessia. Per questo, ribadisco, non

guardate troppo avanti. Vi ponete il problema ancora prima di aver

iniziato il primo passo. Fate questo sforzo, di voler fare un piccolo,

piccolo gradino alla volta, poiché sembra tutto troppo complicato e ci si

pongono poi domande su tematiche che, strada facendo, risulteranno

chiare con finalità precise.”

Carlo: Sembrerà strano ma io non ho alcuna domanda da fare. Lo

schema di lavoro che è stato proposto per me è molto chiaro e non ho

avuto dubbio di sorta. Sono d'accordo con quanto ho sentito e cioè i modi

per migliorarsi sono tantissimi e vanno tutti bene, in quanto, come ho

detto, il mio è sempre stato quello dell'alpinismo e sono d'accordo di

andare avanti a gradini, perché questo è di procedere. Perciò non ho

alcuna domanda e sono perfettamente d'accordo.”

Guida: “Vorremmo ringraziarti, ma nella fattispecie vi

pregheremmo di aprirvi, aprirvi, aprirvi. La chiave sta nell'aprirsi.

Prego.”

Carlo: Ma è proprio perché mi sono aperto che non ho dubbi di

sorta, è proprio perché quello che mi è stato detto di fare combaciava

49

completamente con il mio modo di fare che non ho trovato nessun

ostacolo. Qui si tratta di un lavoro interno che io penso di fare da tanti

anni. Veramente non mi è nato alcun dubbio; l'ho anche scritto.

Guida: “Bé ...”.

Lucia: Io vorrei invece un chiarimento sul compito, su quello che

abbiamo fatto l'altra volta. Si diceva di buttar fuori i sentimenti negativi e

di esprimere i sentimenti positivi e poi si diceva, immedesimandosi

nell'altro, di scrivere anche quello di negativo che sentivamo nel nostro

compagno. Che cosa si intende per buttar fuori quei sentimenti negativi,

cioè dirli in faccia alla persona? Non mi è chiaro quel discorso.

Guida: “Quando si è trasparenti significa essere come acque

limpide, per cui, amica cara, quando si è limpidi e trasparenti gli altri

possono vedere sotto la superficie e possono vedere che nel fondo c'è un

sasso, c'è una pianta, oppure c'è del letame. Ciò significa che se

improvvisamente l’altro potesse entrare dentro di te tu avresti timore di

ciò che egli potrebbe trovare sul fondo. Perciò, prima che l'altro lo possa

fare, occorre poter togliere quello che c'è nel fondo. Se tu sapessi che il

tuo compagno può entrare, andresti a ripulire, vorresti che trovasse solo

cose che non ti fanno star male all'idea che egli le veda. E dunque togliere

dal fondo ciò che pensiamo, o le nostre sensazioni, o le nostre emozioni,

significa forse buttarle in faccia a un altro forse? No, non è detto. Ma

significa chiarirle, affrontarle, controllarle, verificarle. Tenerle all'interno

vuol dire poi creare difficoltà con noi stessi, che potrebbero contaminare

anche ciò che c'è di positivo e di buono. Allora, quale può essere il modo

migliore? A volte può essere quello di riportare a galla ciò che ci costa

fatica; accettare se per caso qualcuno lo scopre dentro di noi. Quindi

tiriamo fuori questo nodo, smontiamolo, cerchiamo di chiarirlo e, se è

necessario, prima di averlo affrontato con noi stessi cerchiamo di

affrontarlo con gli altri. Ma ci sono molti modi per affrontarlo con gli

altri. Può darsi che si possa incominciare a guardarlo da diversi punti di

vista. Ecco, se io penso che il mio compagno non sia sincero, o, almeno,

non lo sia completamente, allora io porrò la mia attenzione

esclusivamente a ciò fino a quando non avrò risolto il problema. Prima

cercherò di scoprire se lo è veramente oppure se sono io che mi creo il

problema e poi cercherò, se non riesco a risolvere il dubbio, di chiarirlo

con lui. Buttar fuori ciò che riteniamo essere negativo a volte significa

solo dirselo, magari davanti ad uno specchio. Buttar fuori significa essere

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onesti con se stessi. Significa infine, ma non è meno importante, andare a

controllare cosa, e per quale motivo, noi abbiamo quell'idea e

quell'impressione negativa. Affrontarla significa cercare le cause in noi

innanzitutto, cercare in noi le cause che ci hanno prodotto quella

sensazione negativa.”

Lidia: Io sono stata presa un po' dal panico perché per me fare le

domande è sempre molto difficile e mi ci vuole tanto coraggio. Ecco cosa

mi viene da chiedere: io ho un rapporto spontaneo quasi con tutti voi,

meno che con il nostro compagno Piero. C'è una barriera fra noi, ma forse

perché io vorrei che lui fosse più vicino. Come spiegarmi? che lo si possa

toccare di più, non solo fisicamente ma anche con le parole. Non so se mi

sono spiegata.

Guida: “Scusami, amica, ma questa è una constatazione, non una

domanda. Una constatazione di cui tutti credo ti siano grati, perché hai

messo in evidenza il risultato del tuo lavoro. Ma che cosa vorresti sapere

in funzione a ciò, oltre ad esprimere un desiderio?”

Lidia: Ripetimi, scusa...

Guida: “Hai espresso la tua difficoltà nel sentire interiore nei

confronti del tuo compagno: ora hai espresso il desiderio che questo

sentire possa essere modificato, ma questo è appunto un desiderio. La

domanda forse poteva essere: come è possibile modificare questo sentire,

oppure questo rapporto?”

Lidia: Si. È così, grazie.

Guida: “Il sentire, è il tuo sentire; il rapporto invece comprende due

sentire. Ora io credo che tu potrai rendere conto a te stessa di ciò che tu

senti, ma non potrai sapere ciò che l'altro sente, a meno che non glielo

domandi. Il tuo ostacolo stava nella tua chiusura, nel non chiedere

chiarificando nell'altro il problema. Io non posso darti la soluzione, poiché

la soluzione di un problema è sempre data da fattori estrinseci diversi fra

loro e se io rispondessi con la soluzione del problema, avrei modificato il

tuo sentire e quello del tuo compagno. Ma tu stessa nella tua domanda hai

anche dato la risposta, poiché nel domandare hai espresso anche il

desiderio, quindi dichiarando la tua difficoltà hai anche dato la soluzione

ipotetica che ritenevi potesse avere il problema. Ma questo tipo di

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problema comprende due sentire per l'appunto. Ecco che abbiamo in

questo caso la dimostrazione di quello che si diceva poc'anzi sul tirare

fuori le cose interiori nei confronti della trasparenza negli altri. Come

vedi, la soluzione è sempre compresa nella domanda, poiché l'unico modo

per estrinsecarsi nella eventuale soluzione del problema è porla all'altro. È

ovvio, potrai pensare che io rimando la palla, ma questa è proprio la

chiave, il punto principale degli esercizi: lo sforzo nel tirare fuori e nel

cercare e trovare la soluzione. Nel tirarla fuori c'è poi il riscontro stesso

del problema e della soluzione.”

Teresa: Tutti sanno, voi inclusi, che io sto attraversando un

momento particolare, ho proprio bisogno di essere presa per mano e

guidata. Quindi questi esercizi, questo dirmi come devo fare, mi ha aiutata

e mi aiuta molto. Non ho domande proprio per via di questa confusione

che ho dentro e non so se è lecito ributtarti la palla dicendoti: “Tu che

vedi me, vedi la mia luce, forse sai meglio di me se ho qualche titubanza e

forse puoi dirmela tu, visto che io non riesco ad esprimerla e

individuarla”.

Guida: “Così renderei vano tutto il nostro lavoro”.

Teresa: Allora io non ho domande da fare riguardo alla trasparenza,

se non il fatto che tento di portare avanti queste cose.

Guida: “In realtà tu hai fatto come la tua amica, hai fatto comunque

una domanda e hai dato da te la risposta, poiché la tua domanda era:

“Poiché vivo in un momento difficile, vorrei essere guidata; lo puoi fare tu

per me?” E la risposta era: “Mi rendo conto che ho un po' di confusione e

quindi non riesco a fare la domanda”. Ecco, questa è la tua risposta: Non

credere di avere la confusione, perché se ci credi l'hai creata. Prendi anche

tu un filo sottile alla volta e dipana la matassa semplicemente partendo dal

capo. No, non pensare che qualcuno possa guidarti e prenderti per mano,

poiché questo lavoro lo puoi fare soltanto tu. Se ti affidi a qualcuno rendi

vano tutto il percorso che hai fatto fino adesso. Ci si chiede molto da noi

stessi, ma è proprio nel chiedersi molto che poi si attua la trasformazione.

Grazie.”

Piero: Io avevo già intenzione, se non oggi, la prossima volta, di

rendermi un po' più umano nei confronti di chi continua a vivermi meno

umano di quello che sono. Quindi c'era nelle mie intenzioni di rinunciare

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al ruolo di coordinatore di questo gruppo, perché non mi sembra che esso

abbia più le caratteristiche dell'inizio; quindi, chissà perché, mentre voi vi

date tutti del tu, io devo continuare a darvi del lei e a farmi dare del lei.

Ciò aveva un significato per la relazione che avevamo prima, ma adesso

non più. Questo per rispondere a Lidia.

Poi mi accorgevo, mentre stavamo facendo il giro, che tutte le

domande che mi si formulavano in mente avevano già una risposta, e in

effetti sono arrivato fino a questo momento senza costruire una domanda

che non avesse già una risposta dentro di me. Faccio comunque lo stesso

una domanda, perché magari arrivano indicazioni che mi possono aiutare.

So che ognuno ha il suo percorso. Ciascuno frequenta una scuola precisa,

non solo qui questa sera, ma qui sulla terra, una scuola che gli serve per

apprendere determinate cose e quindi gli saranno proposte le condizioni

perché, queste cose che deve apprendere, le possa apprendere. Ma i miei

livelli di consapevolezza sono diversi dai livelli di consapevolezza delle

persone che mi stanno intorno. Ognuno ha i propri. A me, a volte, farebbe

piacere che potessi fare con un altro dei tratti di strada insieme, come per

esempio desideravo nei confronti di mia moglie, compiendo io una

forzatura nei suoi confronti. Io mi chiedevo se c'è la possibilità di

riprendere questo percorso insieme, e la risposta che mi veniva in mente è:

di aver comunque pazienza; se questo è il suo percorso si ricaratterizzerà

come tale; altrimenti ognuno farà il proprio e a me non resta che

rapportarmi all'altro rispettando le sue modalità evolutive.

Ecco, questo è quello che succede dentro di me, quindi io non so

proprio che domanda fare, oltre ad avere questa sorta di desiderio al quale

do questo tipo di risposta.

Guida: “È vero che la tua domanda comprendeva di già la risposta

che da te ti sei dato, ma ricorda, amico, le esperienze diverse non

significano affatto gradi diversi di consapevolezza, significano solo modi

diversi di arrivare alle stesse conclusioni a livello interiore.

Chi ti dice ad esempio che la tua signora non abbia bisogno di un

altro tipo di corso e che magari per la sua struttura mentale apprenda in

tutt'altro modo? Un matematico non imparerà mai dalla filosofia, ad

esempio, ed è inutile dare ad un filosofo un trattato di matematica.

Ognuno ha all'interno un meccanismo preciso che funziona perfettamente

nella sua misura. Quindi non è necessario che abbiate percorsi uguali; è

necessario però che confrontiate i vostri percorsi, perché, se sono così

diversi, è necessario che lo siano. Non è detto dunque che sia così

53

importante come tu ritieni che sia, che lei debba entrare in un rapporto di

esperienza analogo al tuo.

Tuttavia, amico, credo di ravvisare una questione diversa: tu pensi

che, nell'ambito dello stesso nucleo familiare, se il tipo di esperienza fosse

lo stesso ci si sentirebbe uniti nello stesso percorso e quindi uno si

appoggerebbe all'altro e sembrerebbe così di crescere insieme.

In realtà si cresce comunque insieme anche facendo cose diverse, per

cui, caro amico, mantieni il tuo rapporto di fiducia nei tuoi confronti, vai

per la strada che senti, e non pensare che possa esserci diversità neppure

con quello che ti sembra opposto a te, perché potrebbe avere soltanto una

modalità diversa di estrinsecazione. Tuttavia un giorno anche la tua

signora tornerà ad interessarsi di tutto ciò, ma in modo diverso e forse con

motivazioni diverse. Forse quando non sarà più necessario che lo faccia,

perché ti ripeto ognuno avrà il suo modo di consapevolizzarsi e non esiste

nulla di oggettivo.

Ora sospendiamo.”

Nella discussione che segue, oltre che delle questioni che sono

emerse dall'incontro con le guide, si discute anche dell'opportunità di

inserire nel gruppo una nuova persona che Laura ha avuto occasione di

conoscere e che ci descrive: Maurizio. Le posizioni dei partecipanti non

sono concordi, per motivazioni diverse, e si pensa di chiedere anche il

parere delle guide.

Guida: “Considerando le vostre prospettive ideologiche, voi vi

ponete di fronte ad un'immagine precostituita di voi e di come vorreste

essere. In realtà, nel considerare una trasformazione, non si dovrebbe

avere un obiettivo preciso, poiché l'obiettivo diventa l'immagine

precostituita di un ruolo nel quale noi supponiamo sia l'ideale che

consideriamo soggettivamente valido. Quindi mai dovremmo pensare di

divenire qualcosa o qualcuno, ma semplicemente dovremmo lasciare

aperto il nostro spazio interiore, col solo obbiettivo che la nostra

trasformazione sia in funzione delle nostre necessità che riguardano la

nostra personalità umana.

Non dimentichiamo, amici, che ogni Spirito si incarna per necessità

evolutiva in una mente con delle caratteristiche particolari che fungono da

stimolo e da limite per far sì che l'esperienza vissuta sia quella necessaria.

Allora non commettiamo l'errore della comparazione. Siamo

assolutamente liberi, scevri dal condizionamento del divenire

qualcos'altro o qualcun altro, di raggiungere un obiettivo prefissato.

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Poniamoci in ascolto, in attesa; guardiamoci con curiosità e stiamo a

vedere semplicemente come il nostro Spirito riesca a manipolare la

conoscenza della materia attraverso l'esperienza che gli si pone come

materiale da plasmare.

Non poniamoci amici, una realtà oggettiva da conseguire. Non dite:

“Io devo essere buono”; ma dite: “Io devo essere meglio di quanto sono”;

semplicemente. Non ha importanza cosa sono o dove vado; ciò che

importa è solo ed esclusivamente la volontà di conoscere se stessi. Poiché

il tentativo, il cambiamento in funzione di un ideale prefissato fa sì che ci

si auto condizioni e si devii dal percorso evolutivo. Guai, amici! Più grave

errore non potrebbe esserci che identificarsi in un qualcosa che non è

assolutamente nostro. Noi abbiamo una strada che ha dei percorsi

obbligati, ma nei quali noi abbiamo la scelta di utilizzare il mezzo per

compierli. Perciò, amici, nel tentare di trasformarvi non pensate

all'obiettivo, a un qualche obiettivo, a un qualche ideale di trasformazione.

La trasformazione è semplicemente essere consapevoli di noi, di come

siamo, delle nostre qualità e dei nostri limiti, qualunque essi siano. In

fondo ci si trasforma realmente quando ci si accetta così come si è, per

giungere poi a dire: “Mi amo perché sono così”. Può sembrare, amici,

paradossale che un omicida che commette un infanticidio possa dire a se

stesso: “Mi amo perché sono un omicida!” Ebbene, amici, anche un

omicida può amarsi perché è tale e deve amarsi in quanto tale, perché solo

nell'amore c'è la trasformazione.

Se io non amo me stesso non saprò amare nessun altro. Se io non

amo me stesso come immagine divina come farò ad amare qualcosa o

qualcuno che per me è comunque sempre meno importante di me? Non

pensiate, amici, che l'altruismo sia realmente quello che ci appare, spesso

è solo gratificazione forzata, soprattutto quando è un altruismo legato al

proprio martirio, al vittimismo forzato, all'autolesionismo, al sentirsi

qualcuno in funzione qualcosa. Per cui non si può amare se non ci si ama,

non ci si può amare se non ci si vede realmente come si è, e nella visione

reale, oggettiva di ciò che si è, lo Spirito avanza e trasforma.

Su questo, amici, dovete riflettere innanzitutto: chi non ama

essenzialmente se stesso, non rispetta il divino, perché l'altro è lo specchio

di se stesso e perché chi rispetta se stesso è lo specchio dell'altro.

Quindi l'amore richiama rispetto, richiama giustizia, richiama

dovere, diritto, e richiama soprattutto onestà di intenti, chiarezza,

chiarezza interiore ed esteriore. Ma la chiarezza, amici, non può arrivare

se non la si ha innanzi tutto acquisita verso il proprio diritto, la propria

vita. E quindi ora che abbiamo iniziato la trasparenza, non possiamo che

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ricordarvi, prima di ogni altra cosa, di cercare di essere voi trasparenti con

voi stessi. Come, come potreste esserlo con gli altri se in voi, già in voi

esiste una bolla tutta opaca e fangosa, incrostata. Se voi stessi non riuscite

a vedervi dentro, come possono gli altri vedere attraverso voi? Quindi

prima di ogni altra cosa, con immenso amore, amici, con compassione,

guardatevi dentro. Per questo bisogna volersi bene, per sapere soprattutto

avere compassione per se stessi, molta, molta compassione. Non serve

guardarsi dentro e colpevolizzarsi. E di che poi? Di essere ciò che siamo,

forse? Di essere ciò che siamo in funzione di ciò che abbiamo appreso?

Forse io potrei colpevolizzarmi di non essere un grande matematico? Non

la conosco la matematica. E allora se mi devo colpevolizzare è per non

averla appresa; tutto qui. Non l'ho appresa semplicemente perché avevo

altro da fare, perché il mio cammino mi portava altrove. E allora non

serve colpevolizzare, serve per dire: “Ebbene questa è una mia lacuna, me

ne rendo conto, è un piccolo limite; ma nulla è insuperabile e allora se il

mio interesse verrà suscitato dalla matematica vorrà dire che cercherò di

superare questo limite, ma mai potrò io colpevolizzarmi di ciò poiché non

è una mancanza la mia. È stata un'altra la mia vita”. Allora vi lascio in

sintonia innanzitutto con voi stessi, poiché, se non andate d'accordo con

voi stessi con chi mai potreste andarci meglio che con voi. Se non amate

innanzi tutto il vostro essere, chi altri potreste amare meglio di voi? E

allora, nel ritrovarvi, spero che siate un pochino più innamorati di voi

stessi, poiché l'amore verso se stessi porta al riconoscimento della divinità

e la divinità porta verso l'umiltà.

Prima di salutarvi riteniamo di rispondere alla vostra richiesta

sull'apertura del gruppo. Ebbene amici, la fonte della conoscenza può

essere forse contenuta in uno scrigno? Certo non ai ladri, non ai

vagabondi va consegnato. Ma, amici, date da bere agli assetati.

Arrivederci.”

Siamo stati così di nuovo richiamati all’essenziale tema del “conosci

te stesso”, presupposto primario dell’ “ama te stesso”. Di sicuro però

l’esempio dell’omicida ci lascia un po’ perplessi. Acquisire una

consapevolezza su questo punto richiederà del tempo.

19 aprile 1993 “Nella diversità si trova l'unità”.

Così oggi Maurizio entra a far parte del gruppo. Laura è molto

stanca e non se la sente di fare la seduta. Ho la sensazione che la

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discussione, assai confusa, si orienti nuovamente sul teorico. Il tema

dominante riguarda le diverse modalità di espressione del sentire nei

partecipanti al gruppo. Ma vi è tanta confusione tra noi e non ci è davvero

semplice orientarci tra le tante idee che esponiamo.

Verso la fine della serata chiedo a Laura se è possibile avere uno

scritto di Gabriele.

Lele: “Nel caos si trova l'ordine, nella diversità si trova l'unità.

È necessario buttar fuori tutto, nel modo più congeniale. Strada

facendo si impara a far emergere le sensazioni solo dopo averle

identificate, perché le sensazioni, sole, senza prima, averle chiarite,

dicono poco. Se non vi sono chiare le analogie vi serve a poco dire cosa vi

ricorda questo o quello; il solo ricordo associato può essere anche

deviante e deviato.

Continuate da voi le sensazioni ma applicatele ai vostri familiari.

Anche se le tenete per voi servono all'allenamento. La trasparenza va

applicata a tutti.

Avete fatto il: Chi sono?”

26 aprile 1993 “La lotta interiore”- “Il rapporto con la materia”

Questa sera Laura propone che il gruppo si allarghi a Paolo, che ha

conosciuto in un consulto con Gabriele e che ha espresso il desiderio di

partecipare. Prendendo spunto da ciò intervengono le Guide.

Guida: “Salve, salve, amici cari. Proponiamo questa sera una nostra

candidatura al gruppo. Quanto più si allarga il vostro, tanto più ci

allarghiamo noi, poiché a simile sintonia viene richiamata ulteriore

sintonia, ma proprio per questa legge è preferibile essere cauti nell'inserire

nuovi allievi, poiché molte vibrazioni possono apparire positivamente,

pronte per recepire, ma non è detto che poi lo siano veramente. Perciò

proporrei di limitare il gruppo, per ora, fino a quando non sarà forte in se

stesso, oppure di far partecipare i nuovi allievi gradualmente e cioè di non

farli entrare definitivamente nel gruppo, ma invitarli qualche volta per

approfondire la loro conoscenza e perché loro, conoscendo voi ed i nostri

intenti, possano verificare la loro reale motivazione e necessità di

apprendere con codesto sistema. Per cui sì all'apertura, sì ormai a coloro

che si sono proposti, ma cauti per il futuro. Proponete, per il futuro,

sempre questo nuovo tirocinio. Solo dopo aver verificato la reale

costanza, impegno, volontà da entrambe le parti, si potrà definire l'entrata

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nel gruppo. Con questo sistema anche noi proponiamo ai nostri allievi di

assistere sporadicamente, fino a quando non siamo certi che essi siano

pronti all'esperienza.

Il nostro lavoro procede, procede con voi nel migliore dei modi.

Nell'assistere ai vostri dibattiti, nell'ascoltare la vostra esposizione

sulla trasparenza ci siamo anche divertiti. Siete molto ingenui, ma la

vostra ingenuità è quella che dimostra la trasparenza stessa, poiché,

nell'esprimervi, tutti avete dimostrato grande capacità di rischiare di

essere penetrati uno dall'altro, oltre la maschera che ognuno assume nella

propria esperienza quotidiana. Quindi il porvi con immensa ingenuità così

come siete, cioè con i vostri dubbi persino sul come tirare fuori le vostre

sensazioni interiori, vi ha procurato proprio ciò che noi miravamo ad

ottenere, e cioè la rottura della cristallizzazione che vi eravate creati nel

gruppo; poiché, pur volenteroso nel cammino, ognuno di voi rimaneva

schierato e nascosto dietro la propria storia, dietro il proprio percorso, e,

pur cercando come proseguire, nessuno di voi era capace di rompere

questo ghiaccio mettendo sul piatto il proprio io nudo, così come si

trovava.

Ebbene, amici, è a questo che dobbiamo lavorare innanzitutto. Lo

spoglio totale delle varie pellicole che coprono l'io. Arriviamoci

gradualmente, mettendo avanti quello che noi crediamo di essere, quello

che noi pensiamo degli altri, quello che noi crediamo che gli altri pensino

di noi. Piano piano, amici, ognuno arriverà a mettere in evidenza il

proprio vero sé interiore. Il lavoro sulla trasparenza porta gradualmente a

tirare fuori ciò che noi siamo, persino al di là di ciò che noi pensiamo di

essere. Ebbene amici, lavorate sulle sensazioni, applicatele nelle altre

situazioni della vostra vita pratica, e così scoprirete che forse vi conoscete

poco, che forse le vostre reazioni non sono mai uguali, tant'è che il lavoro

sulla trasparenza va fatto e rifatto.

Periodicamente torneremo a riproporvi di tirare fuori le sensazioni

uno con l'altro, così da verificare il percorso che avete fatto, e ad

apprendere a conoscere meglio i compagni, così da capire che spesso gli

altri sono esclusivamente la proiezione della vostra mente che sovente, per

fabbisogni propri, cambia completamente ciò che è l'altro.

Può accadere, strada facendo, che si possa mutare opinione sul

proprio compagno in bene, amici, e anche in male. Ciò che poteva essere

visto, per una propria necessità di appagamento interiore, luccicante e

pieno di qualità, strada facendo potrebbe risultare essere solo una nostra

necessità proiettata sull'altro o viceversa. Ma il vostro impegno, quello

che vi siete assunti come dovere all'inizio di questo gioco della

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trasparenza, vi porterà, amici, ad essere voi stessi e a comunicare all'altro

questo vostro cambiamento.

Le sensazioni vanno codificate ogni volta, e così i turbamenti, le

angosce, i dubbi. Non aspettate di trasportarle su carta quando noi ve lo

proponiamo. Prendete come abitudine di dire all'altro sempre tutto ciò che

vi appare essere diverso da ciò che voi credete sia. Sforzatevi tra voi di

mettere in pratica l'insegnamento della trasformazione; provate come se

foste piccole pedine di una dama a interscambiarvi i ruoli; provate ad

immedesimarvi negli altri; provate a fare domande anche quando non ne

avete la necessità; interessatevi gli uni agli altri; non rimanete indifferenti

ai loro problemi e alle loro richieste; provate a togliervi dal vostro ruolo;

provate a spostarvi nel vostro vicino; provate a vivere per un periodo

quello che il vostro vicino vive. Questo ovviamente non va inteso come il

dover vivere al suo posto, ma è il primo passo dell'immedesimazione

necessaria per sviluppare il vostro sentire interiore.

Vorremmo parlare questa sera della suddivisione pratica fra il

seguire la via dello Spirito e quella della materia. Spesso si dividono le

cose. Soprattutto quando si inizia la strada della ricerca si tende a pensare

di dover limitare tutte le manifestazioni della materia per seguire soltanto

la via spirituale; così ci si dimentica che lo Spirito si incarna proprio per

necessità.

Senza la materia lo Spirito non ha motivo di evolversi per

riconoscersi.

Solo nel limite della separazione e vivendo tutta l'esperienza dello

stimolo che riceve dalla materia, lo Spirito può ritrovare se stesso e

riconoscersi. Per cui vivere come uomo sulla terra ha il suo significato

profondo di godere di ciò che la materia offre, ma ovviamente l'equilibrio,

scopo finale della vita umana ma non dello Spirito, è quello di riuscire a

controllare la materia solo quando da se stessa non ha più necessità.

Si intende quindi che è inutile sforzarsi quando, per partito preso o

per convinzione che il controllo della materia, forzandola, sia dovuto allo

Spirito per progredire, ciò porta solo a problematiche conflittuali e non

all'equilibrio. Per ciò si riesce a controllare la materia solo strada facendo,

quando si è arrivati alla reale consapevolezza, che non è conscia, amici,

ma è un dato di fatto veramente acquisito, che porta a considerare

superate le cose solo quando esse sono veramente superate, cioè quando

non danno più lo stimolo che le rappresenta. Un esempio classico è quello

di colui che crede che nella castità troverà la via spirituale; ebbene se la

castità è intesa come costrizione di vittoria sulla materia, costui non si sarà

portato avanti di un granello. Solo quando costui ha superato lo stimolo

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sessuale intrinseco nella materia, solo se questi l'ha completamente

superato e la sua materia non richiede più questa necessità, allora egli può

tranquillamente proseguire per altre conquiste.

Perciò forzare significa andare semplicemente contro il proprio

fabbisogno spirituale e cioè contro la necessità di espletare quella

specifica esperienza. E questo esempio vale per tutti gli altri stimoli della

materia.

Il superare a forza il proprio istinto o le proprie debolezze

caratteriali può portare spesso e volentieri ad un rovesciamento della

situazione e quindi a un blocco. Più uno si impone la costrizione e più

egli tende all'esasperazione contraria e quindi crea inevitabilmente un

ulteriore fabbisogno.

Vi abbiamo portato questo argomento questa sera poiché riteniamo

che ognuno di voi in una qualche forma stia combattendo la propria lotta

verso qualche aspetto prettamente dell'ego e della materia, nel quale non

si piace, e quindi vorremmo che voi comprendeste che qualunque lotta, in

quanto tale, diventa ancor maggiormente altra lotta. È solo

nell'accettazione del proprio stimolo materiale o limite caratteriale che si

supera il problema.

Poiché questa sera c'è poca energia fra di voi vorremmo fare una

pausa, sperando di riprendere fra pochi minuti con più forza. Grazie.”

Dopo alcuni minuti di nostro dialogo e confronto, Laura torna in

trance e compare una voce mai udita.

Entità senza nome: “Suc....Suc.... Insomma dove mi trovo? Vorrei

proprio saperlo....suc...Insomma qualcuno me lo vuole dire, per favore?!

Oh, dove sono finito io! Sorbole, sorbole, qui sono tutti matti! Ma dove

sono capitato.... suc... sorbole. Stavo così bene io per i fatti miei e mi

hanno portato qui, a fare che? Sissignori ho capito?... Va bene... oh... va

bene, va bene, saluto e me ne vado, va bene, sorbole, son tutti matti, son

tutti matti...”

Torna a manifestarsi una delle nostre Guide.

Guida: “Ora è importante chiarire una prassi da espletare prima di

riunirvi per iniziare questi incontri con noi. Sarebbe opportuno intanto

iniziare ad un'ora certa; poi sarebbe d'aiuto iniziando, mantenere qualche

minuto di concentrazione, di silenzio, di immedesimazione. Pochi minuti

di preparazione interiore atti all'equilibrio energetico e di predisposizione

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alla necessità interiore di prepararsi con il contatto con le Guide superiori.

È bene che ognuno di voi nella sua interiorità si affidi a ciò che meglio

crede; ma, secondo le vostre personali visioni, ponetevi in uno stato di

rispettosa meditazione verso quello che è il vostro essere interiore che

risponde, in sintonia al richiamo dell'energia che si presenterà. Una

piccola prassi che è necessaria soprattutto per creare tra di voi un'unione

di sintonia mentale e spirituale. Una piccola concentrazione, atta a far sì

che le energie riescano a circolare in modo armonioso, fluido, fra voi.

Vorremmo concludere questa sera chiedendovi se avete qualche

domanda da proporre.”

Alessandro: Ne avrei una. Prima ci hai raccomandato di riconoscere

le nostre resistenze per non renderle ancora più forti. Come posso arrivare

a comprendere fino a che punto è normale e lecito combattere la mia

battaglia personale?

Guida: “Ehi, amico, è proprio questo il punto! Non devi fare delle

battaglie e quindi non c'è un limite fra normale e resistenza come la

chiami tu. Tutto ciò che è sforzo è resistenza, e quindi è questo il

problema. È inutile combattere quando non si conoscono neppure le armi

per poterlo fare nei problemi che dipendono dagli stimoli materiali o

caratteriali.

Poniamo l'esempio che io sia un uomo orgoglioso, in misura tale da

offuscarmi la mente, fino al punto che il mio orgoglio mi procuri delle

grosse sofferenze. Allora io mi propongo di vincere questo limite del mio

esasperato orgoglio, e quindi inizio una battaglia, inizio l'autocontrollo,

inizio a combattere il mio orgoglio e questi si ingigantisce, diventa sempre

più forte, più sottile e diventa l'orgoglio dell'orgoglio, l'orgoglio della lotta

contro l'orgoglio e avanti in questo modo. E poi inorgoglisco perché

combatto l'orgoglio. Pensa a quante sottigliezze l'orgoglio riuscirà a

trovare, perché se io tappo questo buco da dove l'orgoglio può uscire,

l'orgoglio esploderà in mille altri modi e troverà sempre il modo di farmi

credere di averlo vinto o di averlo messo a soggiacere. E allora io

combatto una battaglia persa in partenza e ingigantisco nel combatterlo il

nemico, che per difendersi diventerà sempre più armato contro di me. Nel

frattempo ho creato la lotta, il conflitto. E, nel contempo il mio Spirito

combatte contro la mia volontà di voler reprimere l'orgoglio, perché il mio

Spirito per poter superare l'orgoglio lo deve vivere fino in fondo e allora

mi dice: “Macaco, brutto macaco, io voglio godere di questo orgoglio”. E

il mio ego dice: “Ma io soffro di questo orgoglio, non è bene, si dice che

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lo Spirito non evolva, non sarò mai un evoluto, un santo, un illuminato,

devo combattere il mio orgoglio; che ne dirà di me Colui che mi giudica

se io mi presento con tutto il mio orgoglio?”

A questo punto il conflitto non è più arginabile e procura altre

ulteriori sofferenze, spacca la mente in due e fa sì che due entità interiori

inizino a combattere fra di loro.

Ebbene mi dirai, amico: “Ma allora come faccio a superare l'orgoglio

se la meta è comunque il riuscire a superarlo, per non soffrire e per

arrivare a non essere più orgoglioso?” Ebbene, amico, solo l'indifferenza

verso l'orgoglio ti porterà a non sentirne più la necessità. Il rendertene

conto e il non prenderlo in considerazione, lo spostare l'attenzione

dall'orgoglio a qualcos'altro di più fruttuoso farà sì che il tuo orgoglio non

avrà più soddisfazione nell'esistere e gradatamente, piano, piano sfumerà.

La tua consapevolezza diventerà maggiore, interiore, e forse tu a

livello conscio non sarai in grado di comprendere che questo orgoglio sta

via via sfumando. Forse un giorno ti sveglierai e ti renderai conto che lo

hai vinto, senza sapere come; perché a quel punto, sfumato, finito, non

considerato, messo da parte, il nemico non ha più bisogno di essere tale,

poiché nemico lo è fino a quando tu proietti in lui l'importanza del suo

ruolo.

Così è fra gli umani e così è per tutte le lotte interiori che uno si crea.

Per cui, caro amico, la tua domanda presuppone ancora una lontana

resistenza alla resistenza. Acciocché tu possa comprendere che tutto ciò

che per te è limite è sforzo, sappi che tutto ciò che tu ti imponi per

migliorare è lo sforzo e la lotta. Devi tenere sotto controllo, capire,

comprendere, sapere, sapere, ecco la parola magica, sempre sapere in

ogni istante perché tu ti stai comportando in un modo anziché in un altro.

Ma una volta che lo sai lo metti da parte, ne fai buon frutto, ma senza

accanimento, senza lotta, soltanto guardandolo con indifferenza, senza

dargli importanza, e pensando che il tempo matura gradatamente il tuo

sentire, fino a far scomparire il tuo stimolo quando non ti sarà più

necessario. Perché ecco che cosa nasconde il Sii te stesso. Nella

profondità del tuo essere vivi, consumi, esaudisci quello che il tuo corpo ti

chiede. L’unico controllo necessario, amico, (ma quando si è raggiunto la

maturità necessaria non è più necessario ripeterlo), è il controllo di se

stessi sugli altri; mai perderlo quando il nostro controllo è diretto a evitare

di far del male agli altri. L'unica lotta che è concessa allo Spirito è il

limitare il far del male agli altri. Ma attenzione, anche in questo caso,

quando l'impulso è così forte, è preferibile consumare anche questo

desiderio, perché non è tenendolo coercizzato e sotto controllo che viene

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superato. Ma questo discorso della prevaricazione sugli altri e del male da

consumare lo faremo a suo tempo.

La prossima volta che vi incontrerete voi dovrete discutere dell'Io

sono. Ricordatevi, amici: voi non vi potete vedere come siete e ciò che

direte di voi sarà solo ciò che credete di essere, e soprattutto non fatevi

fregare da quello che vi aspettate che gli altri credano che siate. Siate voi,

perché questo è il tranello più grosso, dire: “Io sono”. Nel momento in cui

vi ponete veramente di fronte a voi stessi tutti i meccanismi dell'ego si

mettono in moto, tutti i tranelli, tutti i tranelli della falsa umiltà,

dell'ipocrisia, dell'orgoglio, del vittimismo per chi lo ha, del pessimismo,

del troppo ottimismo, della falsa virtù, della troppa virtù, della

presunzione oppure della disistima. Attenzione, amici, quel Io sono, vi

farà penare veramente.”

Carlo: “Sono d'accordo sul fatto che l'esercizio della trasparenza

non può limitarsi al compito scritto sul quaderno nei lunedì dispari. Allora

penso che l'unico modo per cercare di migliorare in questa strada sia

quella di pensarci, di vederci, di sentirci e di stare insieme il più possibile,

ogni volta che ci viene in mente.

Guida: “Ma che bravo! Bravo. Bravo. Bravo. Veramente bravo! In

ogni caso questo atteggiamento va portato anche all'esterno, al vicino di

casa, a quello che scoccia, a quello sopra, a quello sotto, al figlio, alla

moglie, al parente, ma questo è ancora un passo lontano.

Comunque la tua proposta è molto interessante. Noi purtroppo

possiamo partecipare senza essere visti. Ricordatevi una cosa però: noi ci

siamo sempre e comunque, sempre con ognuno di voi e con voi tutti

insieme. Alla prossima, amici”.

Ritorna l’entità che era brevemente apparsa prima.

Entità (senza nome): “Sorbole! Ma che ci faccio ancora qui? Vorrei

che mi portassero via. Ma insomma che cosa ci faccio io qui? Sono tutti

matti. Sorbole, sono tutti matti.”

La comunicazione di questa sera ci ha assai colpito.

In un modo o in un altro molti di noi sono ancora legati a

un’impostazione religiosa tradizionale, in virtù della quale il sacrificio e la

repressione di sé sono valori fondamentali. L’invito a vedersi nella propria

realtà e a manifestarsi come realmente si è, senza reprimersi, come spesso

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avviene nella speranza di un presunto progresso spirituale, suona nuovo e

sconcertante. Su questi insegnamenti occorrerà riflettere parecchio.

4 maggio 1993.

È un incontro senza la partecipazione di Laura, che pur essendo in

città non ha potuto essere presente perché sta seguendo un convegno che è

stato organizzato da lei. Paolo è entrato a far parte del gruppo.

Ha ripreso a partecipare Angela che si era staccata la scorsa estate

per degli impegni che non le consentivano più di essere presente.

Il tema della serata è confrontarci sul Chi sono io. Prima di iniziare il

confronto discutiamo di un incidente successo ad Angela e ad Alessandro:

È andata a fuoco la casa, forse in seguito alla dimenticanza di una candela

non completamente spenta.

Durante l'incontro succedono fatti strani, tutti spiegabili

razionalmente, ma che comunque hanno suggestionato alcuni partecipanti.

Il primo è il rompersi del vetro di una lampada. Come al solito

Teresa aveva acceso una candela e dell'incenso, cosa che a me non piace

perché sa di rito e vorrei che i riti fossero superati. A fianco della candela,

sul mobile, c'è l'ampolla di vetro che dovrebbe essere inserita sulla

candela. Parlando di come è avvenuto l'incendio a casa di Angela, a Carlo

viene in mente di posizionare l'ampolla. Appena lui e Teresa cercano di

metterla a posto essa si rompe, senza far male a nessuno, e di cero ha

influito la repentina variazione di temperatura e lo sforzo fatto.

Il secondo. Stavamo discutendo e per due o tre volte si è sentito

distintamente un odore acre di pelo bruciato senza che potessimo capire

da dove potesse provenire (Soltanto nell'incontro successivo ci siamo

accorti che quell'odore era prodotto da insetti volanti, mosche e farfalline,

che incautamente finivano arrosto sulla lampada alogena del salone).

Il terzo fatto curioso è stato la sensazione di freddo, come la

percezione di una presenza, sentita da Armida e da Vittoria, alla quale

percezione non abbiamo dato spiegazione se non come un fenomeno di

suggestione in relazione ai discorsi che stavamo facendo sui fatti

raccontati.

10 maggio 1993 “Sono chi da o chi prende?”

Laura è giunta all'incontro molto stanca, reduce dalla partecipazione

al convegno che ha organizzato e che l'ha molto impegnata; ha detto che

non si sentiva di fare la seduta e si è dimostrata molto dispiaciuta per la

64

scarsa partecipazione del gruppo alla sua conferenza. Per due terzi della

serata si è discusso a ruota libera su vari argomenti: il salone, i fatti

successi lunedì scorso, le fatture ecc. Io mi sono preoccupato per un po' di

tempo per l'immagine del gruppo che stavamo proponendo alle nuove

persone inserite (Maurizio e Paolo) e ho insistito alcune volte con Laura

affinché se non era possibile fare la seduta, almeno si potesse avere

qualche informazione attraverso la scrittura automatica. Laura ha poi

deciso comunque di entrare in trance. Durante la discussione di gruppo,

assai confusa, è stata evidenziata da Vittoria e da Carlo l'esigenza di

incontri più frequenti per approfondire la conoscenza reciproca e creare

sintonia nel gruppo. Io avrei dei problemi a partecipare ad altre riunioni

nel corso della settimana.

Guida: “Salve, amici cari, salve. Noi, provenienti a vostra richiesta,

ci siamo presentati puntuali e quindi, assistendo al vostro dibattito,

abbiamo tratto molti spunti sui quali disquisire nelle prossime sedute

d'incontro con voi. Tuttavia l'efficienza fisica del nostro mezzo è

importante per farci provenire al meglio. Fortunatamente ha una capacità

di ripresa quando si tratta di tirar fuori la sua profonda essenza, per cui,

pur nella stanchezza, viene stimolata alla ripresa per essere presente a se

stessa nel considerare ciò che crede meglio esternare, magari con un po' di

irruenza. Ora, poiché il fisico stesso soggiace alla mente, ed è la mente

che governa la stanchezza, occorre alcune volte che la mente crei la

stimolazione adatta e il fisico riprende quasi come d'incanto vigore,

tuttavia il fisico mantiene comunque alcune leggi organiche, sulle quali

non è possibile sempre governare con la mente e dalle quali non sempre

può sottrarsi.

Quindi, amici cari, nel rispettare la stanchezza della nostra amica

saremo brevi e concisi.

Ora i nostri amici sono aumentati. E come già vi avevamo detto,

aumentando voi siamo aumentati noi.

Le vostre vibrazioni risuonano e richiamano amici che rispondono

alle stesse vostre vibrazioni. Se ognuno di voi dovesse per assurdo avere

un doppione nella dimensione più sottile, potremmo divertirci a portare il

vostro doppio al gruppo, in modo che potreste verificarvi uno per uno,

così come realmente siete; ma temo che sarebbe farvi un brutto scherzo.

Forse non siete ancora così disponibili ad affrontare, ognuno di voi, voi

stessi. Il lavoro dell'Io sono è un lavoro ostico, difficile e non sempre

corrisponde alla realtà. Anzi, spesso, nel redigere quello che ognuno di

noi pensa di essere, si va a cadere e a incastrare proprio dove non si

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dovrebbe parare e si va a finire o nel demolirsi più di quello che si

dovrebbe, oppure nel nascondersi dietro gli specchi e vedersi ribaltati con

sfaccettature ben lontane dalla nostra realtà.

Dunque la vostra caciara di questa sera evidenzia la vostra grande

disparità di pensiero e quindi ancora di più evidenzia quanto ognuno di

voi abbia aspettative diverse e da se stesso e dagli altri. È quindi

necessario ridimensionare un pochino ciò che voi vi proponete di fare;

dovremmo definire innanzitutto ancora una volta come è nato questo

gruppo e per quali finalità.

S'intende ribadirlo poiché per un lungo periodo questo gruppo non

avrà nuove entrature e si potrà quindi lavorare alacremente verso un

lavoro comune che porti ad una crescita comune e una maturazione che

possa essere un po’ livellata fra voi. Ricordatevi sempre, amici, che siete

vasi comunicanti, che le vostre mani unite non lo sono a caso, che voi

dovete passare all'altro amico vicino a voi, prendere da quello che vi sta

accanto e restituire passando, sempre in modo circolatorio, sia la vostra

conoscenza sia la vostra esperienza, ma soprattutto il vostro possibile

affetto.

Armonizzare un gruppo è cosa di molta importanza, ma è purtroppo

molto faticoso; faticoso più per noi che per voi, poiché noi dobbiamo

armonizzarvi nonostante voi.

Più noi tentiamo di riequilibrare le vostre vibrazioni in modo

armonico e più voi riuscite a sconclusionarle.

Ebbene, amici, ritorniamo alle finalità del gruppo, che è nato non per

diventare santi, ma bensì per imparare attraverso le vostre personali,

individuali esperienze, semplicemente per accomunare voi e noi in

un'unica scuola. Ricordate. Noi ci proponemmo al vostro gruppo come

amici, per imparare tutti uniti, trasmettendoci vicendevolmente, entrando

nel circuito dei vasi comunicanti: voi trasmettete a noi e noi trasmettiamo

a voi, noi apprendiamo da voi e voi apprendete da noi. Solo la visione

prospettica delle cose si modifica, ma ricordiamo che tutti orbitiamo

attorno allo stesso nucleo e tutti siamo finalizzati allo stesso scopo, perché

tutti noi andiamo verso quell'unica direzione.

“Noi” o “voi” sono termini umani, che differenziano stati d'essere,

che potrebbero essere semplicemente definiti con una unità singola che

proietta i suoi raggi cambiando in miriadi di sfumature cangianti nelle sue

vibrazioni musicali.

“Noi” e “voi” non esistono; tenetelo sempre presente; mantenete la

vostra mente ferma sull'unità. Tuttavia, vivendo ancora legati alla noiosa

individualità, dovendo ancora mantenere questa difficile separatività, e

66

avendo ancora i limiti dell'omuncolo, piccolo mollusco umano, è allora

ovvio, amici, che ognuno di noi dica sempre io, io, io, io, e senta solo l'io,

io, io. Allora auspichiamo che questo vostro io, io, io, piano piano possa

diventare noi, noi, noi, e fra noi e voi almeno si perda questo stupido noi e

voi e diventi solo più un unico noi.

Però, amici, vorremmo insieme a voi rimanere così come siamo, noi

stessi, voi stessi. Non cerchiamo più di quanto ci è concesso, più di quello

che il nostro punto evolutivo ci permette. Inutile pretendere da noi stessi

più di ciò a cui la nostra evoluzione ci ha condotto. È come credere di

aver imparato semplicemente la tabellina del due eppure voler fare i

logaritmi. Noi siamo piccoli ed abbiamo molte cose da imparare, ma ogni

cosa è compresa nel suo tempo logico, in quella successione di eventi tali

che se mancasse anche solo un granello di un anello della successione di

tali eventi, tutto non potrebbe compiersi e non potremmo passare ad un

risultato successivo. Quindi calma, calma! Non pretendete da voi stessi

nulla di più di quanto voi possiate comprendere.

Molto ci sarebbe da disquisire sulle vostre personali ed impersonali

comprensioni, giacché mentre voi disquisite sui termini consapevolizzare

e conoscere, noi diciamo che non siete consapevoli neppure di ciò che non

conoscete oppure che conoscete tra di voi. Se almeno voi vi conosceste

uno con l'altro, se almeno sapeste con esattezza ciò che conosce l'altro,

allora forse potreste usare il termine conoscere. Chi conoscesse anche solo

come si forma il più piccolo dei suoi pensieri forse potrebbe disquisire su

termini che non sono comprensibili. Ma soltanto sapere come si forma il

più piccolo dei propri pensieri già costringerebbe a riflettere per secoli,

poiché nessun uomo ancora è arrivato a definire, comprendere e

conoscere come si forma nella mente il più piccolo dei pensieri.

Quindi, amici, innanzitutto cercate di conoscere, di conoscere ciò

che è alla vostra portata tutti i giorni, poiché voler arrivare alla

conoscenza dell'universo quando non si sa neppure come è fatta la sedia

su cui ci si siede è un po' presuntuoso. Quindi cercate di conoscervi. Voi

avete formato un gruppo, ma a quale scopo se non partite prima da voi?

Vorreste arrivare all'universo, sapere come si formano le stelle? Ebbene

voi non sapete come vi formate voi, chi siete, che desideri avete, quali

sono le vostre aspirazioni, i vostri problemi, le vostre pene, le vostre

sofferenze, le vostre gioie. Chi di voi conosce tutto dell'altro, del vicino?

Vi vedete, vi salutate, siete contenti di vedervi e poi ognuno riprende il

suo cammino e non sa neppure se l'altro è ancora esistente fino alla

prossima volta. Questo si chiama non conoscenza perfino di ciò che vi è

67

apparente, tangibile nell'umano. Pensiamo poi il comprendere l'invisibile,

l'essenza, lo Spirito!

E allora vi chiederete: Ma cosa ci state a fare voi? Siamo nelle vostre

stesse condizioni e quindi tutti insieme cercheremo di conoscerci meglio,

di conoscerci per rispettarci, per comprenderci? No, no, non è per

rispettarci e per comprenderci, e allora per cosa? Semplicemente amici,

per accettarci, perché, accettando l'uomo così come è nella sua forma, col

prodotto della sua evoluzione, colle sue necessità di avanzamento, voi

accettate la Legge stessa, la Legge Divina. Allora, amici, siete forti e avete

molte cose da dare: innanzitutto datele a voi stessi; poi il vostro dare a voi

stessi di colpo diventerà dare a quelli che avete vicino. Ma ricordatevi che

qualche volta nel dare o nel credere di dare in realtà si prende. E quando

date, provate a chiedervi: ma in realtà do oppure prendo? Questo è il

quesito che vi lascio per il prossimo incontro, unitelo all'Io sono. Sono chi

dà o chi prende?”

17 maggio 1993.

È stata una serata di accesa discussione sugli scopi del gruppo e sugli

ultimi messaggi. Siamo molto diversi fra di noi e sono anche diverse le

singole aspettative.

Durante la discussione si sono creati due schieramenti contrapposti

sull'importanza che il gruppo deve avere nella vita di ognuno di noi, su

come dovrebbero essere i rapporti fra i partecipanti al gruppo anche oltre

all'incontro del lunedì sera. È la prima volta che nel gruppo si crea una

divisione così pronunciata e questo è certo un indizio che qualche cosa sta

cominciando a muoversi. È molto difficile armonizzarci. Io a volte penso

che andiamo molto a rilento; eppure le cose piano piano cambiano;

nessuno di noi è ancora quello che era l'anno scorso.

24 maggio 1993 “Ognuno capisce ciò che gli è utile” - “La

consapevolezza”

Mi ero avviato a questo incontro con molte aspettative di contenuto

nei confronti delle Guide e sono rimasto un po' deluso. Ancora sono uscite

indicazioni sul come comportarci e relazionarci all'interno del gruppo.

Si! Questo è sempre il problema e non si può certo parlare di

armonizzazione.

68

Dopo la seduta la discussione si è spostata sulle necessità affettive da

parte di alcuni presenti che si è concretizzata nella proposta di Paolo di

organizzare un'altra serata di incontro, il venerdì sera, ma senza impegno,

in modo che partecipi chi vuole, con lo scopo di aumentare il tempo

trascorso insieme e poterci conoscere più a fondo.

Io la considero una buona proposta, che però mi mette in difficoltà,

Avrei piacere di parteciparvi perché la mia motivazione di essere nel

gruppo è grande, ma devo pensare anche alla famiglia ed alle relazioni

sociali fuori del gruppo.

Propongo che per storicizzare l'esperienza del gruppo si tenga un

diario degli incontri compilato a turno volta per volta.

Ecco le comunicazioni delle Guide.

Guida: “Salve, amici cari. Venendo fra voi abbiamo considerato la

vostra necessità di armonizzarvi interiormente. Ognuno nella sua piccola

sfera, chiuso nell'ambito dei propri limiti, non riesce ad equilibrare il

proprio io energetico, la propria mente e la propria emotività. Noi

vibriamo sulle corde delle vostre emozioni; noi non lavoriamo sulle

vibrazioni mentali, anche se necessariamente non si possono disgiungere

le due sfere. Ogni emozione è elaborata comunque dalla mente che

trasforma l'emozione nella conseguente reazione. Una emozione violenta

può essere tradotta dalla mente in stimolazioni diverse, con conseguenti

reazioni soggettive ed individuali a seconda della propria esperienza e del

proprio modo di concepire la vita stessa.

Poiché ogni reazione è a se stante e individuale, ognuno di voi

risponderà alla stessa identica stimolazione emotiva in modo diverso;

cosicché, noi vibriamo sulle vostre onde emotive, ciò che noi procuriamo

avrà in ognuno di voi risonanze diverse. Cosicché ciò che sembra essere

da noi espresso oggettivamente, ha per ognuno di voi un significato

mentale, psichico diverso a seconda delle vostre conoscenze, ma anche a

livello emotivo provoca in voi reazioni diverse fra loro. Se a uno può

sembrare che ciò che diciamo gli entri dentro per colpire proprio quella

che è la sua verità interiore, un altro potrebbe essere neppure sfiorato dal

pensiero che ciò che noi diciamo sia diretto a lui, e potrebbe pensare che

sia diretto ad un altro. Mentre tutto ciò che noi veniamo ad esporre ha più

significati e ogni nostra parola è soppesata affinché nelle sue molteplici

diversità interpretative ognuno di voi abbia dalle nostre parole la

vibrazione corrispondente alle sue necessità evolutive.

69

Così ciò che percepisce uno può non essere percepito dall'altro e così

potrebbe addirittura essere scambiato vicendevolmente come tante

interfacce fra di voi.

Questo è il motivo principale delle sedute, poiché se noi

comunicassimo semplicemente con mezzi umani, la vostra rispondenza

vibratoria non risuonerebbe in sintonia con noi.

Nelle sedute invece energie sottili penetrano attraverso i vostri

sentire interiori ed entrano nel vostro più profondo essere; vanno a

ramificare, giù, dove il terreno è più fertile e pronto; là esse troveranno

l'appiglio per creare nuove sfaccettature atte a continuare la ricerca nella

propria comprensione. Ecco. A questo punto volevo arrivare! Quale è

dunque il motivo di questi incontri quando è già possibile trovare le stesse

cose in altri luoghi, stampati da precedenti gruppi, che hanno dedicato a

questa ricerca anni di sacrificio e di duro lavoro?

La comprensione individuale ha necessità di stimoli individuali. Ciò

che per uno può servire trovandolo su un libro, ad un altro può non

risuonare, a livello vibratorio, allo stesso modo. C'è chi di voi preferisce

leggere e chi ascoltare; c'è chi preferisce guardare un programma

televisivo e chi, anziché vedere un film, leggere un romanzo per stimolare

la propria fantasia, o viceversa. A ognuno è necessaria la stimolazione

corrispondente al suo sentire interiore. Cosicché questi incontri sono

finalizzati all'ampliamento della propria conoscenza interiore, che

possiamo definire, con più appropriate parole, un ampliamento,

un'espansione della consapevolezza, quella corrispondente al proprio

Spirito originale, nel quale tutto è registrato delle vostre più piccole

esperienze, e soprattutto ciò che da esse ne avete tratto.

Sappiate dunque che non è sufficiente vivere un'esperienza,

qualunque essa sia, poiché, se da questa esperienza il proprio sé interiore

o Spirito divino non affonda le sue radici nel significato che l'esperienza

portava in sé, nel bene o nel male, l'esperienza è vana, come non fosse

stata vissuta.

Voi ricordate a livello mentale, a livello mnemonico, in modo

indelebile, in modo profondo, solo ciò che vi ha veramente colpito, ciò

che vi è rimasto impresso. Ognuno di voi, tornando con la propria mente

alla propria infanzia, potrà dire di ricordare soltanto alcuni episodi.

Quando questo accade significa che quell'episodio aveva impresso in voi,

nel vostro più profondo essere, il significato dell'esperienza vissuta ma,

attenzione, non significa affatto che voi l'abbiate mentalmente e

coscientemente compresa, capita.

70

Molte volte la mente neppure si accorge della comprensione

interiore che avviene dentro di voi. Accade quindi che dopo un certo

periodo di tempo uno si domandi come mai si è trasformato, è cambiato.

Nel tempo gli altri dicono: “Ma come ti trovo diverso!” Accade che,

mentre noi quotidianamente siamo indaffarati a vivere i nostri momenti,

non ci rendiamo conto che dentro un grande lavoro di consapevolezza

esclude ciò che non serve e trattiene tutto quello che invece è servito per

aumentare la consapevolezza medesima. Accade anche che, quasi come in

un laboratorio dove tutto viene immagazzinato e codificato, vengano

messe su scaffali simbolici alcune esperienze da definire, altre da

revisionare, altre da ripetere, e quindi vengano dati segnali perché tutto

ciò che non si è compreso nel più profondo essere, nella propria reale

consapevolezza, debba invece ripetersi.

Occorre perciò che per ripetersi si presentino situazioni simili a

quelle precedenti, che possono avere modalità diverse, ma devono

mantenere le caratteristiche necessarie affinché l'uomo possa riprendere

ciò che ha perduto strada facendo per totale disattenzione.

(...) Ognuno continua a capire ciò che vuole. Questo è il discorso che

abbiamo voluto intraprendere con voi, perché era necessario sedare una

guerra. Allora, prima che si arrivi ai morti che non sono ancora previsti

dalla vostra parte, è meglio chiarire che l'alto rispetto dato al proprio

essere è in considerazione a quanto si rispetti il proprio vicino e le sue

idee. Quando manca il rispetto verso gli altri significa che non ci si

rispetta. Si crede di avere di sé un'alta considerazione e si dimentica

invece che la propria natura è una natura fugace, materiale, fatta di

elementi primordiali, terra. Ma nel non rispettare il proprio compagno si

perde di vista il proprio stesso essere, che con quel compagno fa un tratto

di strada insieme. Allora abbiamo voluto chiarire che per mantenere un

rapporto di amicizia, in qualsiasi campo, è necessario innanzitutto

rispettare l'altro così com'è, con i propri limiti, con il proprio modo di

pensare, di essere o di esprimersi. Ciò non toglie, non confondiamo, non

dimentichiamo, che rispettare non significa non dire ciò che si pensa, nei

dovuti modi.

Occorre essere sempre chiari. Rispettare significa non giudicare, non

condannare, non criticare, non credere di avere più diritti di un altro o di

saperne meglio o di più; ma significa anche verificare, discutere,

ragionare, pur ponendo le proprie convinzioni, magari contrarie, in

contrapposizione a quelle dell'altro e discuterle in amicizia e nel completo

rispetto.

71

Quello che noi abbiamo considerato del vostro, che poi è anche

nostro, gruppo, era proprio la diversità che c'è fra di voi. Con questa

grande diversità di interessi, di mentalità, di estrazioni, di strade diverse

intraprese per arrivare fino a qui, abbiamo creduto che la miscellanea

potesse risultare molto divertente sia per voi che per noi, poiché nei vasi

comunicanti si mischiano elementi molto diversi fra loro, che si

arricchiscono a vicenda, ma che per la stessa ragione potrebbero

impoverirsi a vicenda. Perciò, amici, ci poniamo tra voi con sommo

amore, affetto e stima per ognuno di voi potendo comprendere ciò che vi

angustia e ciò che vi rasserena.

Vi ricordiamo di porre sempre il vostro apporto, le vostre

discussioni, e se è il caso anche le liti, soltanto in modo costruttivo, solo

per conoscervi meglio, solo per amarvi fra di voi, solo in positivo.

Nelle più svariate sfaccettature è facile cadere nel pettegolezzo, nel

giudizio, nella critica, e se questo accadesse, anziché rafforzarvi, vi

dividerebbe per sempre, e invece di arricchirvi uno con l'altro, voi vi

derubereste l’un con l'altro di quel diritto di crescere serenamente insieme

o separati che sia. Ma che uno dia all'altro, senza pensare, amici, di

ricevere qualcosa né dall'altro, né da noi, è importante!”

Compare un’entità con voce femminile: “Chiunque voi siate dovete

smetterla, mi avete stufato. Insomma, ma si può sapere cosa diavolo

volete da me? È possibile che mi devono scomodare per portarmi da

questi matti. Io me ne stavo bene a casa mia. Cosa ci devo venire a fare io

in un gruppo? io non ho bisogno di un gruppo. Io me ne sto bene; non mi

manca niente; ho tutto. Ci ho bisogno forse di qualcuno per parlare io?

No. Ci ho bisogno di parlare con qualcuno? Sto bene dove sono io, sto

benissimo. Insomma si può sapere cosa vogliono questi da me? Chi vi ha

chiamati? Io non ho bisogno di nessuno, sto bene come sono e non mi

manca niente, niente mi manca; a me non mi è mai mancato niente. Io non

ho mai avuto bisogno di nessuno, grazie a Dio io non ho bisogno di

niente. È inutile che insistano sa, io tanto non ci vado da quelli lì; nel

gruppo io non ci vengo; non so cosa farci io in un gruppo; non so cosa

dire e poi io sto bene a casa mia, sto bene, sto benissimo, non ho bisogno

di nessuno. Ma cosa vogliono da me?

Senti non insistere sai, non essere scortese, perché io a te non t'ho

cercato mica. So neanche chi sei; non t'ho mai visto e non voglio sapere

neanche chi sei. Cosa vuoi da me? Ma t'ho cercato io? No! Ecco bravo, e

allora cosa vuoi da me? ma se io sto bene così. Non insistere ché tanto io

non ci vado; io non li conosco; ci ho già mangiato insieme io? No! Ci ho

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mai dormito insieme io? No! Li ho chiamati per caso? No! Ci hanno il

mio numero quelli? No! E allora cosa vuoi da me? Perché mi hai

chiamato? Io stavo bene a casa mia; non insistere, basta! Che hanno da

imparare loro, che devono imparare da me? Io non ci ho tempo da

perdere, eh...; io ci ho le mie cose, che ti credi che non ci ho niente da fare

per caso? No, no, no, no, senti eh, senti bello non insistere, perché te lo

devo dire proprio, adesso, a questo punto, eh... io non cerco nessuno, non

voglio vedere nessuno e nessuno deve scocciare me. Io sono buona eh,

sono buonissima, però lasciami stare perché se mi tocchi, allora mi trovi, è

chiaro adesso? Te l'ho detto in tutti i modi, sono stata gentile, adesso

basta, non insistere eh. Io sto bene a casa mia. Cosa? Ma io ci vado a

messa, tutte le mattine ci vado, e certo; io il mio dovere lo faccio. Poi,

chiusa la porta, non voglio vedere più nessuno. Hai capito? Certo che ci

vado a messa eh, ci mancherebbe che non ci vado; io ci vado. Cosa? Che

non mi interesso della mia vicina che non ci ha i soldi per fare la spesa? E

che mi importa a me, la cerco io? Lei mi cerca a me? Ah, io vado a

pregare, sì, sì, sì che vado eh, accendo anche i ceri e poi ce li do i soldi al

parroco, eh, certo che ce li do i soldi al parroco. Come? Ho insegnato

anche catechismo io eh, oh che ti credi? Io ho fatto tanto per gli altri, sai;

adesso un po' che facciano gli altri per me, eh, e che venga un po'

qualcuno qui, e che mi pare che io il mio dovere l'ho già fatto eh, e fin

troppo eh, non ci penso mica a... E insisti ancora? basta adesso, no, non

mi fare essere scortese, ché mi pare che ti ho già detto di no una volta,

insomma basta eh, basta!”

Riprende la voce di una delle guide:

Guida: “Noi non vorremmo sorprendervi troppo, ma quando

portiamo nuovi amici, spesso sono esempi su cui mediterete. Anche se

spesso appaiono insignificanti nella loro nullità, sono esempi da meditare.

Spesso la semplicità nasconde molti significati, quindi spetta a voi

riconoscere quello che vi si voleva dire, magari discutendone fra di voi.

Preferiamo concludere qui questo incontro ma vi lasciamo il tema

per il prossimo incontro. Preparatevi domande sintetiche e brevi. Il tema

sarà: Come mi riporto verso gli altri. Su questo voi dovrete riflettere; noi

risponderemo volentieri su vostri dubbi o lacune su come riportarsi verso

gli altri nel modo migliore, nel rispetto di sé e degli altri.

Arrivederci amici.”

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L’entità femminile che è apparsa ha portato una testimonianza che è

suonata come un monito a molti di noi: Possiamo contrastarci, discutere,

anche litigare, ma estraniarci e chiuderci, appagati, in noi, davvero no!

31 maggio 1993: È accettata la proposta di fare un verbale di ogni

incontro a turno. Da oggi smetto di riportare le mie note.

Ecco il primo verbale.

Dopo i saluti ed i convenevoli l'incontro è iniziato con l'intervento di

una di noi che ha voluto raccontare un fatto successole nel pomeriggio con

il coinvolgimento di altre persone.

Nell'ascoltare l'episodio si è compreso che, senza neanche

immaginarlo, chi ha raccontato, ha esposto il proprio compito per casa sul

tema: Come mi riporto verso gli altri, eseguendolo proprio tramite

un'esperienza di vissuto personale molto sentita.

Si è nuovamente presentato il problema delle interpretazioni dei

termini e dei contenuti dei messaggi. La discussione si è accesa su una

parola usata dalle Guide (“apporto”). Pensiamo che volutamente sia stata

scelta per farci ancora una volta comprendere quanto si è legati alla forma

e agli schemi, quanto siamo cerebrali senza dar retta al nostro sentire

interiore, che invece sottilmente ha suggerito a tutti il giusto significato.

L'esposizione dei compiti ha fatto emergere dei contenuti molto

importanti. Ci rapportiamo agli altri secondo una morale ed un'etica che a

volte ci indirizzano ma che talora soccombono a seconda dello stato

emotivo e psicofisico in cui ci troviamo.

Nel gruppo si è percepita e sentita una fluidità e una fusione

maggiore. I prevaricatori, questa volta, hanno frenato la loro impazienza,

hanno concesso spazi. Tutti abbiamo partecipato alla discussione con più

disponibilità e voglia di ascoltare.

Il darsi del tu finalmente avvicina tutti sottilmente. Piero continua,

suo malgrado, a rivelarsi una buona guida ed un riferimento per noi tutti.

7 giugno 1993 “Il giudizio divino - Il desiderio di amare”

È stata una serata molto importante, che ha fatto vibrare corde

profonde in molti partecipanti.

I temi affrontati, nel nostro iniziale dibattito, sono stati: la

liberazione dalle costrizioni e l'amore.

Al termine sono intervenute le guide.

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Guida: “Salve, salve, amici cari. Quando insieme si cerca di

superare le barriere imposte dal proprio io, barriere faticosamente

innalzate in molti anni di lavoro, si constata che non è facile abbatterle,

nonostante l'impegno e la volontà reciproca.

Le barriere del proprio io, quando vengono attaccate, si solidificano,

si difendono, si armano. Così accade che facilmente si travisi e si creda di

essere riusciti ad abbatterle oppure a scalfirle. Invece esse hanno assunto

forme diverse; velocemente si modificano, si plasmano, si intrecciano, e

così, quando appare di aver abbattuto un condizionamento, questi si

tramuta in un trabocchetto della mente e appare come un altro modo di

vedere, di giustificare il proprio comportamento. L'ego deve sopravvivere

a tutti i costi, poiché deve mantenere vitale il corpo. Senza questa forza

dell'ego il corpo non potrebbe sopravvivere, non avrebbe la forza di

mantenersi, poiché l'ego è quello che spinge il corpo ad alimentarsi, a

soddisfare i propri bisogni fisici, mentali ed emotivi. Lo Spirito permea

tutti questi tre corpi, ma esso da solo non riesce ad abbattere le barriere

dell'ego, anche perché questa lotta è lo scopo della plasmazione dell'io. E

lo Spirito divino necessita per sé proprio di questo ego, di questa lotta.

Cosicché, amici, nel rivedere i vostri atteggiamenti, quando credete

di aver sconfitto qualcosa che vi penava, guardatela a fondo e chiedetevi

se in realtà avete sconfitto questo neo o lo avete trasformato, con altri tipi

di motivazioni, perché nel porsi in discussione ci si crea sempre nuove

giustificazioni.

È utile cercare di porsi all'esterno di noi stessi, per tentare, se

possibile, di valutarci come se fossimo estranei a noi. Io mi pongo in

faccia a me stesso dall'altra parte di un tavolo e, come un estraneo

chiamato a giudicare, inizio la dolorosa verifica. Amici, questo è ciò che

un giorno vi attenderà, quando spogliati dal vostro corpo vi ritroverete

eteree libellule. Saprete allora che il vostro giudice peggiore sarete voi

stessi; vi troverete faccia faccia con la vostra realtà vera, verità umana; è

un momento tremendo.

Ecco, iniziate ora ad allenarvi a ciò, cosicché, strada facendo, se pian

piano sarete riusciti ad entrare nel meccanismo del giudizio perfetto,

quando vi troverete seduti di fronte a voi stessi tutto sarà più facile.

Saprete intanto riconoscere voi stessi, perché il primo problema è che

spesso non ci si trova di fronte alla realtà. Nasce infatti così la lunga e

lontana leggenda degli inferi, nei quali un dio crudele giudica. Ebbene,

amici, ciò in parte è vero, poiché così in terra, così in cielo. Poiché voi vi

ritroverete di fronte e non sarete in grado di riconoscere colui che vi

giudica, se non siete stati capaci di riconoscervi in vita. Allora vi

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ritroverete davanti quello in cui scioccamente avete creduto e così ognuno

si troverà giudice giudicato. Anziché riconoscere il proprio sé, si troverà

davanti ciò che teme di più. E chi può essere? Un dio personale, perfido,

figlio delle religioni, un demone che cerca di convincere che l'anima gli

appartiene, un nemico tanto odiato, un padre tanto temuto, un mostro dalle

sette teste, il proprio figlio, da cui siamo stati tutta la vita dipendenti.

Tutto ciò in cui abbiamo creduto diventerà il nostro giudice. E invece di

capire che quella apparizione flebile è solo un gioco della nostra lontana

mente, rimasta ingarbugliata in condizionamenti terreni, ci si troverà in

gusci vuoti e neri a credere di parlare con amici e nemici, vittime e

carnefici di se stessi. Libero è colui che ha imparato a essere giudice

giudicando sé, libero di fronte all'Assoluto, senza nessuna sciocca

leggenda.

A ciò, amici, serve essenzialmente la conoscenza di se stessi; a ciò è

necessario quanto viene chiamato fuoco purificatore; non è quindi un

gioco ideato per divertire un'intelligenza meschina che ha creato burattini

idioti. No, amici; è perché conoscendo il come, si conoscono i

meccanismi e, conoscendoli e compenetrandoli, si è liberi, liberi.

Dovreste imparare dalla più tenera età a essere liberi e scevri da ogni

condizionamento, a fuggire lontano dalle masse pensanti, dagli slogan, da

tutto ciò che più vi attira, da ciò che fanno gli altri, da ciò che è più bello,

interessante, di moda. Eppure anche queste riunioni, amici, pur mettendo

in atto un ottimo insegnamento e smuovendo le vostre interne vibrazioni,

anche esse, amici, sono un condizionamento, più sottile e forse più

pericoloso.

Quindi l'uomo nasce libero e diventa la propria condanna strada

facendo da sé; da sé inizia a lasciarsi passo dopo passo coinvolgere,

affascinare, attirare. La storia dell'umanità è piena di condizionamenti, che

sono più sottili più arrivano da lontano, ed è ciò che occorre sfuggire.

Ogni cosa che vi condiziona vi crea il panico, e, poiché non rientra nella

vostra linea personale, vi crea il vuoto, vi crea la paura. Ecco il guscio

vuoto in cui si soggiace, la paura di non avere, di non essere, di non

possedere, di non piacere, di non sentirsi liberi, persino la paura di essere

schiavi di se stessi, persino la paura di non essere elevati, spiritualmente

eletti, di non camminare veloci, di non correre verso l'Assoluto; paure,

ricerche, affanni; mai come è, nella serenità della pace, della non

aspettativa alcuna, poiché questa, amici, è l'unica verità.

L'Eterno non ha attesa, non avanza, non pretende, non aspetta nulla,

e colui che si sente proteso verso l'Eterno non può che annullare in sé ogni

forma di desiderio, ogni fonte di aspettativa, di condizionamento, di

76

paura, di quella catena irreversibile in cui l'uomo rimane imprigionato

attraverso il desiderio, il desiderio di vivere, di essere, di appartenere, di

possedere il desiderio.

Ora sono certo che mai immaginerete qual è il pericolo più grave,

quello che sta a monte di tutte le catene che imprigionano il piccolo uomo.

Mai crederete a ciò che vi sto per dire; e io ho disposto nell'argomentare,

di lasciare cadere per ultima questa parola, così voi vi fermerete a

riflettere nella vostra pausa con calma, senza rumori, senza fracasso, sotto

voce, come compete alla pace che cercate.

Ebbene la causa prima, la più grave, la più grande (e assurdo vi può

apparire, ma tale non è), cari amici, è il desiderio di amare, am-a-r-e...”

Questa affermazione si spegne nel silenzio generale e crea una viva

impressione. Pian piano riprendiamo a parlare e nasce una discussione in

cui prevale chi più parla.

Al termine la guida riprende.

“Date le vostre opinioni confuse, vale la pena di discutere un po'

sulle vostre considerazioni. Se non fosse che ne prevale sempre una sulle

altre inespresse, avrei timore che le vostre menti non siano capaci di

lavorare. Un gruppo è fatto di individui che dovrebbero utilizzare le

proprie capacità mentali ed esprimere così la propria comprensione, ma

pare più semplice affidarsi sempre a chi ha più capacità di interpretazione

e di espressione. Quindi invito coloro che preferiscono pigramente

aspettare le risposte a essere più attivi, perché altrimenti a nulla serve

ascoltare ciò che noi e altri vanno considerando.

Siamo anche molto addolorati, perché dobbiamo far la parte di

coloro che fanno rimbrotti e rimproveri e temiamo che questo possa

causare attriti, malcontenti e cattive interpretazioni, poiché chi ha il

compito ingrato di coordinare un gruppo di lavoro, deve anche riportare

ordine nelle fila quando il gruppo si disperde e questo compito ingrato è

sempre preso come attacco all'orgoglio umano, poiché ognuno ritiene di

non aver necessità di essere pilotato in un senso o nell'altro

Credo che conosciate le leggi che governano il mondo e la materia.

Ogni cosa richiede la sua regolamentazione perché avvenga nel migliore

dei modi. Persino per consumare un pasto occorre tutta una preparazione:

comprare il cibo, lavarlo, cucinarlo, preparare il tavolo. Ebbene, voi date

più considerazione alla cerimonia del pranzo che non alla cerimonia della

comprensione.

77

Il desiderio è sintomo di limite, poiché nell'Assoluto non vi è

movimento né desiderio alcuno ed Egli è, ogni cosa Egli è, e quindi non

vi è divenire, qualcosa che diviene o che si acquisisce, È.

E, siccome l'uomo allontanandosi necessita di divenire, necessita

d'essere, allora significa che egli non è. In realtà egli non può non essere,

poiché se l'Assoluto è, ed Egli è ogni cosa, ed ogni cosa è in Lui, l'uomo è.

L'unico divenire è la conoscenza di ciò che è e non il divenire

qualcosa di diverso da ciò che è.

Ordunque, Dio è amore; l'uomo è compreso, dunque è amore;

dunque non sa di esserlo, e il suo vivere nell'ignoranza di ciò che è, lo

porta al divenire dell'essere, lo porta al desiderio di essere l'amore, di

vivere l'amore. Ma l'uomo non conosce l'amore; ha una visione distorta di

ciò che è poiché non è consapevolmente nell'amore e quindi ne riceve

soltanto i lontani riflessi, che vengono distorti. Quindi crede che l'amore

sia cercare l'altro essere e darsi a quell'altro o prendere da quell'altro.

L’amore di per sé, come è, l'uomo non lo può conoscere; e ciò che

conosce l'uomo è solo ciò che crede che sia l'amore. L'uomo è nel limite,

non può conoscere ciò che non è nel limite; l'uomo ha dei canoni, delle

strutture, dei codici, come può egli vedere oltre questi codici, queste

leggi? Quindi crede che ciò che chiama amore sia l'amore; ma come può

essere l'amore quando l'uomo dice io e te? Se sapesse anche solo

lontanamente che cos'è l'amore, potrebbe mai dire io e te. Mai

desidererebbe l'amore di un altro verso se stesso e mai desidererebbe di

amare un altro poiché è la divisione; egli avrebbe già perpetuato l'antitesi

dell'amore. L'uomo nella sua ignoranza crede di conoscere l'amore, ma

conosce la bramosia del desiderio di soddisfazione dei suoi bisogni,

sempre, comunque.

Credete voi che una madre, la più alta espressione dell'amore

umano, amerebbe comunque il proprio figlio se le si dicesse che non è

suo? Sangue del suo sangue? Credetemi, avrebbe un'altra visione di

quell'amore. E perché si fa ancora la differenza fra uno e l'altro, perché il

proprio figlio è più importante di un altro qualunque figlio, perché forse

cambia di fronte all'Assoluto? E i figli così sono la prima tenera

espressione di quell'amore possessivo, e pretenzioso che l'uomo ha verso

un altro uomo. Come far conoscere all'uomo l'amore se non dandogli la

continuazione di se stesso, facendolo identificare in un altro essere suo

proprio nel quale tramandare se stesso e sentirsi gratificato nell'averlo

plasmato a sua propria immagine? L'amore che voi umani credete di dare

è possesso, soffocamento, prevaricazione. Più amate e più desiderate da

quell'altro e non amate per esso ma per voi, per sentirvi immersi in

78

quell'amore. Mai si ama per amare, perché altrimenti si amerebbe l'amore

e uno non farebbe distinzione dall'altro. Ma l'amore umano ha bisogno di

occhi blu, di capelli morbidi e pelle vellutata, non può amare ciò che non

è pelle, che non gli piace, che lo reprime in qualche sua manifestazione

egoista ed egoistica. Non si ama ciò che ci combatte, ciò che ci chiarisce,

si ama chi ci ama, forse! No, amici, l'amore è plagio, è assecondamento, è

una moneta con cui si paga: io ti amo, ti amo, ti amo, e ti ho pagato,

pagato, pagato, e tu mi devi, mi devi, mi devi, all'infinito. Questo accade

sempre e comunque perché per il solo fatto di credere di amare qualcuno,

su quel qualcuno ci si acquisisce diritti, e quel qualcuno dovrebbe amarci,

dovrebbe dedicarci il suo tempo, e perché no? anche i suoi pensieri: “Cosa

pensi, mi pensi, dove sei, con chi sei?” Non parliamo poi se quell'amore

non è solo per noi, se è condivisibile, se quell'essere amato ama qualcun

altro. Che accade? La preda ci sfugge, non siamo più così importanti,

assoluti. Il cuore deve avere quindi dei limiti e delle direttive da noi

imposte, mia deve essere la preda che amo. E così l'uomo ama, ama da

cacciatore, mai da cacciato. Chi amerebbe il proprio cacciatore? Eppure

se conosceste l'amore, quello di cui si è immersi nell'Assoluto, voi sareste

liberi, liberi di essere chiunque. Non ci sarebbe più: bello/brutto,

bianco/nero, io/tu, lei/lui, noi/voi, quelli/gli altri, non ci sarebbe più nulla

al di fuori della visione integrale che non potremmo mai raggiungere e la

bramosia dell'essere ci brucerà nell'eternità poiché solo l'Essere è l'Essere

e cioè Amore. Questa è la condanna, la condanna di essere usciti, per

l'oblio caduti.

Quando si compie il primo passo verso il superamento dell'amore

materiale umano accade che si desidera ciò che desidera l'altro, anche se

quello che l'altro desidera non è ciò che noi desideriamo e se quello che

l'altro vuole lo allontana da noi. Quando si incomincia ad amare, di

quell’amore che è un lontano barlume dell'amore dell'Assoluto, si soffre,

ma non è soffrire, è gioire per amore, gioire che l'altro gioisca anche senza

di noi, perché l'altro è noi, perché la nostra vibrazione è la sua. Nessuno

può amare se continua a dire tu e io.”

Durante il dibattito era stata fatta da Piero una domanda relativa al

sentire di Gesù sulla croce quando, mentre stava morendo, gridò: “Dio

mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27,46 e Marco

13,34).

Interviene per rispondere un’altra entità

79

Guida: “La Divinità che si manifesta attraverso un uomo si

manifesta ad intervalli. L'uomo che riceve la manifestazione della Divinità

è un essere evoluto, uno Spirito che ha scelto di ritornare nella materia per

compiere una missione. Ma se la Divinità fosse sempre costantemente

presente non avrebbe avuto bisogno di incarnarsi, bensì avrebbe agito

direttamente. Perciò quest'uomo agisce in quanto materia attraverso la

Divinità, in un mondo di altri uomini, poiché essi riconoscono un loro

simile e non riconoscono la Divinità pura. Vi è necessità dunque di

manifestare la Divinità attraverso uomini. Dio è infatti ricorrente in tutta

la storia dell'umanità, anche prima di quella che voi ricordate o conoscete.

La materia soggiace comunque alle leggi della materia; l'uomo si

trova di fronte a se stesso e ha le sofferenze della carne. Non sa e nello

stesso tempo conosce i disegni senza conoscerne i particolari. Si ricevono

i messaggi e le istruzioni strada facendo, altrimenti l'uomo non potrebbe

vivere la propria materia pur ricevendo la Divinità. Accade dunque che

l'uomo-materia combatte contro la propria materia, contro lo spirito di

sopravvivenza, contro la necessità corporale e la propria missione. Anche

Gesù nei suoi percorsi, chiudendosi in se stesso e domandando al Padre la

forza di superare la propria missione, si trovò a combattere con la materia,

con le sue necessità quotidiane, con i suoi istinti materiali, sempre minori

di quelli di un qualsiasi essere primordiale, ma pur sempre presenti. E

allora che cosa avreste fatto voi vedendovi su una croce pendente?

Avreste forse ceduto alla paura, alla sofferenza, alla delusione di vedere i

vostri amici che vi abbandonavano, che nessuno raccoglieva il vostro

sangue, la vostra pietà e vi sareste domandati: “Forse tutto questo sarà

vano”. E avrete avuto bisogno dell'ultima istruzione, di sentirvi dire:

“Non temere, eccomi,... eccomi,... eccomi...”

Nonostante ciò l'uomo non cedette mai; non imprecò; domandò

gentilmente: “Vieni... ti aspetto....sono stanco, portami con te, Padre..... ti

prego.... voglio tornare...”5

E non è forse quello che dite tutti i giorni anche voi al Padre vostro,

che vi accolga nella sua grande bontà e misericordia, sotto la sua ala

protettrice? Eppure voi, voi non lo sapete chi è il Padre e vi affidate

incautamente solo alla vostra idea del Padre.”

Ritorna la guida precedente.

5 La voce, assai sottile, smorzandosi a poco a poco, diviene esilissima ed

è ascoltata con grande commozione da noi tutti.

80

Guida: “Siete un po' delusi per quanto vi dissi prima; lo sento; sento

dentro di voi una nota stonata.

Ricordatevi. La prima necessità umana nasce dal desiderio di amare

se stessi e di qui le conseguenze sulla storia dell'umanità tutta e

dell'individuo. Amare se stessi richiede poi la necessità di soddisfare il

bisogno e soddisfare i bisogni richiede la necessità di amare qualcun altro.

L'uomo quando ama, ama come mangia, sbrana, inghiotte. Ama per

soddisfare se stesso, i suoi istinti, le sue necessità. L’uomo fa un passo

avanti quando inorridisce di fronte a ciò e capisce che amare è come

nutrirsi e che quindi l'amore è togliersi il pane per darlo all'altro con gioia.

Forse vi potremmo aiutare a comprendere, con un esempio concreto,

cosa sia amare senza nutrirsi o perlomeno non solo per nutrirsi, giacché

siete umani. Quanto più voi vi sconcentrate, quanto più voi pensate a voi

stessi chiacchierando, ridendo, scherzando e proponendo i vostri pensieri,

e tanto più perché possa essere utilizzata come mezzo malgrado la poca

concentrazione, Laura dovrà patire.

Vi salutiamo, amici, augurandovi che le vostre riflessioni siano

costruttive.”

Quando anche quest’ultima manifestazione si è conclusa mentre in

silenzio, nella penombra della sala, attendiamo che Laura esca

gradualmente dalla trance, ciascuno di noi sente in sé un profondo

turbamento. L’intensa impressione diffusa dalla prima comunicazione,

come se ci venisse quasi a mancare il terreno sotto i piedi, si è dolcemente

stemperata nella tenera commozione dell’ultimo messaggio. Autentico

frutto di una sapiente compensazione.

14 giugno 1993 “Partecipazione, libertà e divenire”

È stata una serata un po' movimentata.

Le Guide hanno lasciato a noi il compito di condurre invitandoci a

interrogarle. Soltanto metà del gruppo ha fatto domande poi, non

essendoci più stimoli, le Guide hanno terminato la seduta.

L'interruzione, molto brusca, ha stimolato il dibattito sul problema

della partecipazione e del rapporto fra i componenti del gruppo con

riferimento all'impegno.

Si è quindi pensato di chiedere anche il parere di Gabriele, al quale

sono state fatte alcune domande.

Ma partiamo dall’inizio. Esordiscono dunque le guide.

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Guida: “Salve, amici cari, salve. Questa sera riteniamo necessario

lasciare a voi la conduzione della serata, poiché, come spesso abbiamo

ripetuto, è il vostro stimolo che crea il risultato; per cui voi porrete delle

domande.”

Teresa: Io avevo due cose da dire. Una da precisare, l'altra da

chiedere. Voi ci sollecitate ad intervenire e dite che quelli che sono in

silenzio sfruttano coloro che parlano. Io devo dire che non intervengo

proprio perché mi è difficile comprendere la seduta, e riesco ad

assimilarla solo dopo che l'ho letta. E ancora, riguardo all'altra volta, ho

avuto la sensazione che ci abbiate intimorito quando avete detto:

“Guardate che voi lavorate per cercare di migliorarvi, però, quando

credete di aver lavorato e di aver ottenuto dei risultati, si aprono dei

tranelli...” Cose probabilmente vere, però, per chi, come me, si sforza e

cerca di mettere in pratica, è come se ci fosse un freno, perché così c'è

comunque il timore di sbagliare. Sono io che ho sbagliato ad interpretare?

Guida: “La volontà, solo ed esclusivamente la volontà, mette in

moto la comprensione.

La volontà è sforzo, sofferenza; nulla è comodo, nulla è

comprensibile se non passa attraverso il proprio lavoro.

Noi non vorremmo sforzarvi più di quanto voi stessi non siate in

grado di affrontare, ma se questo lavoro che noi facciamo deve servire a

cambiarci, a modificarci, dobbiamo imparare ad abbandonare le vecchie

abitudini ed essere pionieri di noi stessi nello sforzo di entrare in nuove

dinamiche.

Nulla di quanto diciamo o facciamo è portato semplicemente dal

caso, ma è mirato secondo una logica che rappresenta la vostra

rispondenza mentale ed emotiva. Quindi il vostro sforzo è vibrazione che

aumenta, è campo di forza che innesca la nostra risposta.

Essere presenti e silenti significa non partecipare, non dare nulla, ma

esclusivamente prendere dagli altri. Solo la vostra emissione cerebrale

crea onde magnetiche vibratorie che possono avere corrispondenze.

Tutte le sedute medianiche divengono con il tempo interessanti e a

un livello superiore solo se i presenti collaborano attivamente. Per cui non

a caso riteniamo di dovervi sforzare e di mettervi di fronte alle vostre

responsabilità, così come proponiamo le domande senza avervi avvertiti,

proprio per rompere quella cristallizzazione che voi, nella vostra mente,

avete creato con il vostro credervi in un certo modo.

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Voi vi convincete di essere e non capite che l'unica cosa che siete è

proprio ciò di cui non vi dovete convincere di essere, perché l'uomo è ciò

che crede di essere nel suo ruolo umano e quando cade in quella

convinzione non ne esce più.

Così uno crede di non essere in grado di fare uno sforzo e nel

convincersene non riuscirà mai, ma il tentare è già sintomo di sforzo

perpetuato all'interno della consapevolezza.”

Vittoria: Voi avete accennato che questo gruppo potrebbe diventare

un po’ pericoloso. Com’è possibile? Inoltre quand'è che la libertà di uno

finisce e inizia quella dell'altro?

Guida: “Intanto prego di fare una domanda alla volta per dare la

possibilità ad altri di fare altre domande. Questa è libertà che finisce dove

inizia l'altrui.

Per quanto riguarda il pericolo, che tu male interpreti con questo

termine, che noi non abbiamo usato, abbiamo voluto semplicemente

definire il condizionamento nel quale l'uomo tende ad annullarsi. Quel

condizionamento, amica cara, è nell'universo stesso, è parte integrante

della materia, è la legge che regola la materia. Senza il condizionamento

la materia non esisterebbe, lo Spirito sarebbe libero di agire fuori dalle

leggi. Per cui finché si è nella materia si subiscono sempre e comunque

condizionamenti. Ma attenzione, amica cara, i condizionamenti sono

trappole della propria mente, e il solo desiderio di non voler essere

condizionati è già, di per sé, il condizionamento della paura del

condizionamento. Per cui noi abbiamo voluto sottolineare che non esiste

nulla che non ricada sotto l'egida del condizionamento e che anche

l'inseguire un insegnamento, qualunque esso sia, seguire un ideale, fosse

anche solo il proprio, è comunque già un condizionamento. I pericoli non

sono mai esterni a noi; è sempre la nostra mente che crea ciò che crede

sia un pericolo per il proprio egoismo.

In quanto alla libertà, non esiste limite che separi ciò che è bene e

ciò che è male. La libertà è la non prevaricazione assoluta, il rispetto

totale altrui, la necessità di concepire l'altro esattamente se stesso pur nella

sua diversità. La libertà è, come per altri miliardi di cose, l'accettazione

totale di come sia l'altro. Mai tentare di cambiarlo suo malgrado affinché

compiaccia a noi. Accettare che l'altro sia così com'è, amarlo nella sua

dimensione, non giudicarlo, non volerlo modificare e non pretendere che

ci ami a tutti i costi e che ricambi ciò che noi crediamo, nella nostra

malversa convinzione di altruismo, di dare. Poiché spesso, quando

83

crediamo di dare, andiamo per prendere. E quindi non può esistere, amica

cara, una linea che demarchi la separazione. La libertà assoluta è

esclusivamente l'amore verso se stessi, cosicché tu quanto più t'ami, più

ami l'altro uguale a te, se lo consideri tale.”

Paolo: Se io mi accorgo di essere in un determinato modo e quindi

penso di aver il dovere di esprimermi in quel modo, ed esprimendomi

così, malauguratamente, schiaccio il desiderio di un'altra persona; mi devo

esprimere o devo rispettare l’altro?

Guida: “Quando quell'uomo fa combaciare i diritti altrui con i propri

e pensa di avere potere sull'altro, agisce così in buona fede, credendo di

poter disporre dell'altrui individuo come egli crede nel bene di fare. Ma

questo potere è mentale; non ha nessun valore effettivo. Tu puoi verificare

in te stesso, cosa faresti e penseresti se quell'altro decidesse come tu hai

deciso.

L'unico metro per valutare ciò che ci appare giusto in quel momento

è rovesciare la situazione e dire: “Io, a me stesso, cosa farei? Come mi

porrei, rispettandomi così come sono?” Può accadere di doversi imporre

per il bene altrui e così, pur nel rispetto della non prevaricazione, spesso

un educatore deve dare l'esempio ed educare con severità e giustizia,

seppur sommaria e soggettiva. Ma, amico, è importante che la tua

intenzione sia per il bene altrui, esclusivamente per il suo bene e non per

un mal interpretato tuo necessario bene di riflesso. Questo è il metro che

devi usare sempre e comunque.”

Armida: Mi sembra di aver capito che l'altra volta tu abbia proprio

detto che il divenire è il conoscere che l'uomo è. Vorrei che ampliassi un

po' il concetto, per favore.

Guida: “Ottima domanda, amica cara. Quando tu eri in fasce eri

consapevole di essere un bimbo ma anche che poi saresti diventato un

uomo, e poi un anziano forse? Eppure nella tua storia già era all'interno di

te ciò che un giorno saresti diventato. E tu adulto ripensi a quando potevi

essere in fasce e poi bimbo, e adolescente. Allora tu riscopri ciò che già

sapevi, soltanto quando ritorni indietro nella tua memoria umana.

Allora tu in realtà chi sei? Il bimbo, l'adolescente, l'adulto o il

vecchio che diverrai? Eppure tutto è già in te, tu lo devi solo scoprire

strada facendo. Allora tu, esistente nell'assoluto, eterno, infinito, non puoi

che non essere già nell'assoluto, eterno ed infinito e non puoi che scoprire

84

di esserlo. Nell'illusione del tuo movimento nel tempo e nello spazio,

gradatamente arriverai un giorno a ritornare indietro e a comprendere che

non eri mai partito, così come la conoscenza pura rimane celata e occorre

portarla all'uomo perché egli la riconosca. E tu, volendo raccontare una

favola ad un bimbo dovrai raccogliere tutti i tuoi dati, riportarli pian piano

in un album con tante figure e scrivere questa favola. Ma questa favola

diviene, prende forma con i suoi personaggi. In realtà è già esistente nella

tua mente e non può non esistere solo perché tu non la metti nell'album

disegnato. E il bimbo, vedendo le figure che tu per lui hai preparato,

crederà di conoscere ciò che è l'uomo, e in realtà già era, benché ancora

non palese materialmente.

Così è il divenire, un libro nel quale si voltano le pagine all'indietro

e si va a vedere la propria storia comprendendone le sfaccettature fino a

ritornare a quando già noi sapevamo che quello era il nostro essere che

necessitava dell'illusione del divenire.

Vedo che non avete altre domande, dunque arrivederci.”

Come detto, restiamo un po’ sconcertati. Inizia quindi una

discussione, al cui termine si pensa di chiedere il parere di Gabriele

sull’andamento del gruppo.

Lele: “Considerando che un lavoro di gruppo è di gruppo e non di

individui messi insieme ognuno per i fatti suoi, diciamo che un pullman

tiene insieme delle persone dirette tutte allo stesso punto, oppure che le

persone stanno tutte sullo stesso pullman e poi ognuno scende dove gli

pare, sale quando vuole e guarda dal finestrino quel che gli pare.

Così questo pullman è ancora un po' confuso sugli obiettivi, su ciò

che c'è da vedere e soprattutto su chi guida.

Qualcuno crede che il guidatore li porterà alla perdizione, altri a

cadere nel burrone, altri a perdere la strada di casa; qualcuno crede di fare

un viaggio verso la felicità o la pace; altri credono di attingere ciò che

cercano attraverso gli sforzi dei compagni; qualcuno c'è solo per la

compagnia; altri per vedere come finisce.

Nessuno lo fa per aiutarsi a vicenda.”

Vittoria Chiede se ci sono speranze di continuità per questo gruppo.

Lele: “Non si inizia un lavoro senza percorrere le tappe, magari con

fatica. Si fa un passo avanti e tre indietro, ma il solo fatto di iniziare e di

85

insistere di per sé produce risultati, magari inconsapevoli, ma risultati che

non possono che produrre effetti.

Vorrei solo spostare la vostra motivazione individuale in una di

gruppo.

Se le vostre motivazioni sono differenti e non combaciano, non si

può pretendere che per forza debbano essere diverse, altrimenti va a

pallino sia la trasparenza che la spontaneità, e se le cose diventano forzate

e sono un peso non producono effetti positivi ma contrari.

Però potreste aggiungere alle vostre motivazioni individuali una

diversa e cioè il gruppo. Unione, comprensione unita all'affetto. Tutti per

uno, rispettando le necessità individuali.

Non saremmo presenti se non ne esistessero i presupposti, per cui

rifiuto assolutamente la domanda perché è tendenziosa e pessimista.

Inoltre, benché la tua sensibilità sia elevata, non puoi permetterti di

denigrare un gruppo che lavora per migliorarsi pur pagando un caro

prezzo.

Noi crediamo in voi e chiediamo solo che voi facciate la stessa cosa,

cioè crediate in voi gruppo e in noi, senza sforzo.”

Maurizio: Chiede se c'è corrispondenza fra il gruppo delle entità e i

presenti e informazioni sullo Spirito guida.

Lele: “Simbolicamente le controparti non sono controfigure o altri

esseri eguali a voi che vivono in piani sottili, bensì Spiriti che debbono

imparare le stesse cose che dovete imparare voi, che hanno con voi

alcune affinità e che per simbiosi energetica vibrazionale sono presenti.

Ad esempio, c'è un altro come Carlo, che legge intere biblioteche,

che fa finta di non volersi modificare con questo metodo, ma che alla fine

è presente quanto lui e interessato, pur stando in pianura e non in

montagna.

Specificato ciò parliamo dello Spirito guida.

Lo Spirito guida viene affiancato ad ogni individuo dalla nascita. È

più evoluto dell'individuo perché lo deve appunto aiutare e si manifesta

esclusivamente se lo ritiene necessario per il percorso evolutivo e se è

previsto dall'ordine delle cose. Nessuno può identificarlo; nessuno può

dire chi sia il proprio Spirito guida, perché se ciò fosse possibile,

limiterebbe le possibilità dello Spirito di gestire il suo protetto nell'ordine

delle cose per le sue necessità.

Per cui gli Spiriti guida sono sempre presenti perché seguono sempre

l'individuo”.

86

Vittoria chiede indicazioni di comportamento per il gruppo.

Lele: “Non c'è modo di rispondere. Siamo all'asilo?”

Piero chiede un compito per l'estate.

Lele: “Chi sono io? Sono il dottor... o sono un uomo che veste i

panni del dottor...?

Quanto mi costa andare contro le aspettative altrui per essere colui

che può togliersi i panni del dottor...?

È giusto che io sia me stesso o ciò che gli altri vogliono io sia?

C'è un equilibrio fra queste due realtà?

Posso farle convivere senza danneggiare gli altri e soprattutto me

stesso?

Quando prevarico? Quando sono ciò che gli altri vogliono o quando

sono io? E chi prevarico? Gli altri o me stesso?

Gabriele, rispondendo a Vittoria, fa comparire per la prima volta in

forma esplicita un tema di cui saremo pienamente consapevoli solo

qualche anno dopo: Alle motivazioni individuali ne va aggiunta una

nuova di gruppo. Ma nel giugno del ‘93 a ciò non siamo ancora arrivati.

Come vedremo nei mesi successivi molte motivazioni individuali

dovranno ancora emergere, poi prendere forma e spazio, per poi esaurirsi

e quindi, alla fine, svaporare, almeno in quella ‘casa comune’ che è il

nostro gruppo.

21 giugno 1993 “Gioie e sofferenze”

È l’ultima seduta con le Guide prima delle vacanze ed una serata

particolarmente impegnativa per Laura che mantiene la trance per molto

tempo senza interruzione. Le Guide proporranno compiti per l'estate ed

affrontato il tema della gioia e del dolore.

Paolo, in un incontro con il suo Spirito Guida avvenuto a maggio ha

parlato del nostro gruppo. Trascriviamo il brano del colloquio.

“Paolo: E sul gruppo del lunedì?

Spirito Guida: Grossa scoperta, questa della collaborazione e

dell'unione nella ricerca, si. Tu stai scoprendo la tua sfaccettatura proprio

attraverso questa ricerca. Vedi, il gruppo del lunedì è un'esperienza molto

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importante e non soltanto per te, ma per quanti vi collaborano. Attraverso

questa unione ognuno di voi raggiungerà la coscienza di sé, di una sua

propria specificità, di una sua propria capacità sia medianica, sia

energetica, sia intellettuale, sia magica. È una ricerca che richiederà

pazienza e tempo. Richiederà il cambiamento di alcune persone e l'entrata

di altre persone, ma sappi che al termine di questo viaggio di prova sarete

uniti tutti quanti da un Karma prefissato, si...”

Guida: “Salve, salve, amici cari. Occorre essere molto uniti per

fondersi uno nell'altro e l'unione crea il campo di forza che può aiutare la

comprensione, e delle cose, e di se stessi, e verso gli altri.

Entrando in vibrazione simultanea, anche se per brevi attimi ed

inconsciamente, voi siete l'altro, diventate uno nelle molteplici

sfaccettature individuali, ma è un'unità che ha le vostre caratteristiche,

come se tutti insieme formaste una nuova individualità. Voi la

rappresentate con più forme, ma la vostra unità assume una individualità

unica.

Nell'unione, nella fusione, ognuno di voi può percepire

inconsciamente, nella sfera del piano più sottile, le emozioni e le

sensazioni degli altri. Se apre la propria sensibilità può tentare di

percepire ciò che prova l'altro. A questo, amici, serviva l'immedesimarsi

negli altri del gruppo, il cercare di comprenderli al di là della loro

apparenza effettiva fra di voi, l'essere più uniti, il conoscervi,

l'approfondire le problematiche altrui, il mettersi nudi e trasparenti nel

gruppo e portare i propri problemi, le proprie ansie, i limiti, i desideri, o

l’essere di aiuto per l'altro, quando, alla stessa vibrazione sincronizzata,

recepisce quella stessa sensazione, quasi come una corda che rivibra una

stessa nota già conosciuta precedentemente. Se dovessimo creare per voi

l'immagine nella forma, potete immaginare il vostro cerchio in questo

momento come una unità indivisibile ed in pochi minuti io potrei, dando

uno schiaffo ad uno di voi, far percepire a tutti la stessa sensazione.

Voi potete prevalicare i vostri stessi limiti entrando negli altri.

L'esercitarsi a penetrare nell'altro sempre di più cercando di

comprenderlo serve allo stesso tempo a cercare di comprendere voi,

poiché, amici, un gruppo così fatto, come abbiamo già avuto modo di

rivelarvi, ha alla base una stessa necessità conoscitiva di apprendimento e

di trasformazione che lo unisce un’unica necessità; basata sulle stesse

dinamiche, sugli stessi limiti da risolvere: la paura, la necessità, il

desiderio. Limiti comuni sì a molti, anzi a ognuno, ma con sfaccettature

molto diverse fra di loro. Direi che vi sono forme di paure, necessità e

88

desideri che vanno, a seconda dell'evoluzione individuale, ad assottigliarsi

in rivoli perversi sempre più complessi, e quindi i vostri tipi di limiti sono

per voi unici, poiché si manifestano con modalità, sì diverse fra loro, ma

tutte con il medesimo grado di difficoltà. Se dovessimo calcolare una

scala di apprendimento per tutto ciò che l'uomo deve imparare, potremmo

affermare che l'uomo primitivo necessita del massimo di apprendimento e

quindi, utilizzando una scala da uno a mille, l'uomo primitivo si trova

nella necessità di comprendere per il valore massimo. Scendendo nella

scala, l'uomo sale nella sua comprensione. Ed ogni più piccola

sfaccettatura della comprensione ha il suo grado in questa scala di valore.

Voi vi ritrovate tutti con lo stesso punteggio, in modo che la vostra

comprensione sia necessaria fra di voi e possa essere lo specchio di voi

stessi. Tutto questo discorso, amici, per dirvi: Specchiatevi l'uno

nell'altro, poiché ognuno di voi, con modalità diverse ha gli stessi

problemi. Allora può servire vedere con altri occhi l'uomo e le sue

molteplici difficoltà. Quando ci accorgiamo che quelli accanto a noi, pur

visti con occhi diversi, pur avendo problematiche diverse, alla fine sono

identici a noi, noi riusciamo, forse più nel dolore, ad amarci.

È molto difficile per l'uomo condividere l'amore nella gioia altrui. Se

fate caso è molto più facile amare un altro essere quando quell'essere

soffre con noi della stessa pena. È invece difficile quando si gioisce

insieme, poiché la gioia, pur essendo un'altra sfaccettatura, porta

all'esternazione e non all'interiorizzazione. Quindi il famoso detto che il

male comune è una gioia comune può essere interpretato nel modo giusto

per colui che si sente appoggiato dalla sofferenza dell'altro e in questo

modo crede di essere così compreso. Poiché se entrambi soffriamo della

stessa pena ci sentiamo uguali, comunichiamo con lo stesso linguaggio,

quello del dolore.

Allora la gioia, direte voi, può allontanare gli esseri anziché unirli?

No, amici, la gioia unisce quanto il dolore, ma per la gioia le modalità

sono differenti, perché se nel dolore ci si annulla, nella gioia ci si espande

in modi differenti fra di noi. Poiché quando si gioisce spesso si gioisce

esclusivamente per se stessi. È difficile per l'uomo riuscire a gioire delle

gioia altrui, riuscire ad essere felice della felicità altrui. È molto più

semplice e congeniale comprendere chi soffre che chi ride. Tutti gli

uomini tendono ad assicurarsi che altri soffrano delle loro stesse pene,

quasi a consolarsene. Si diffida di coloro che apparentemente ci paiono

non soffrire e si diffida di coloro che paiono sempre gioire.

A volte capita di sentire definire qualcuno che sa gioire delle piccole

cose come un essere superficiale, solo perché ha modalità differenti di

89

estrinsecarsi o di estrinsecare e combattere la propria sofferenza. Allora si

riconosce nell'altro solo ciò che ci aggrada e ci si sente legati all'uno

anziché all'altro solo perché ci si specchia in quello che ci è più vicino e ci

si riconosce.

Ma, amici, nella diversità esistiamo nello stesso modo, perché siamo

sempre contrapposti nella stessa realtà. Cambiano solo gli atteggiamenti,

ma di fondo nulla può variare nell'animo umano, poiché tutti gli elementi

sono identici. Da qualunque parte dell'universo l'uomo piange e ride nello

stesso modo, e quindi anche in colui che ci appare gaudente noi dobbiamo

riconoscerci, perché nel riconoscerci nell'altro noi comprendiamo noi

stessi. Lungo giro di parole per arrivare ad affidarvi il compito per questo

periodo estivo di riflessione: Riconoscete negli altri del vostro gruppo

quello che vi è simile e che vi è contrario, ciò che vi richiama e ciò che vi

dà repulsione in ognuno degli altri. Specchiatevi, specchiatevi.”

Si manifesta un’entità dalla voce molto dolorante e sofferente:

“Soffro... uscire... vorrei uscire.... vorrei un aiuto... Qualcuno mi

aiuti... aiuto...! vorrei uscire... vorrei uscire...”

Compare quindi un’entità con una voce allegra e festante che si

esprime in spagnolo.

Entità: “Ehi! Benvenuto amico, come ti chiami? Bene, molto bene,

grazie signore...... Benvenuto! Vieni a gustare con me la tequila..... Ehi!

Samba!.... Ehi amico, canta!......canta, non lavorare! amico, canta... canta,

gusta con me la tequila.... Ehi, amico, samba.... samba....”

Guida: “Allora, amici, quale vibrazione secondo voi può aver

suscitato l'amico sofferente e l'amico giulivo? Credo che ci si sia sentititi

più colpiti dall'amico che chiedeva aiuto e che diceva di soffrire. Eppure,

amici, entrambi a loro modo erano le vostre realtà. Quando vi sentite

soffocati, presi dalle vostre sofferenze, il vostro Spirito grida: “Aiuto!

Aiuto! Aiutatemi!” Emette segnali così forti che gli altri esseri si sentono

sintonizzati su quella frequenza sofferente. Ma quando si può dire che

siete sofferenti veramente? Perché, forse, anche l'allegria non può

nascondere una sofferenza e viceversa? Vi pare strano che si possa

soffrire così tanto per una gioia ricevuta? Tutto può essere sconvolto dai

canoni comuni che l'uomo crede di aver identificato e così ci si associa a

ciò che si sente, per convinzione comune, più vicino alla nostra mentalità.

90

La gioia e il dolore sono semplicemente identificazioni di una stessa

emozione vissuta con intensità diverse ed estrinsecazioni per necessità

interiori differenti. Una gioia può uccidere ed un dolore può far vivere. La

nascita crea dolore e gioia contemporaneamente. La nascita, amici,

rappresenta l'uomo nella sua completa contrapposizione. Non c'è gioia che

non nasca da un dolore. Soffermatevi a pensare su ciò e soffermatevi a

pensare al dolore trasformabile nella gioia e viceversa. Ma ciò che voi

dovete fare, se così vi pare, con voi e con coloro che vi sono accanto, è

cercare di identificare quando la gioia è dolore e quando il dolore è fonte

di gioia.

Siate uniti, uniti in entrambe le sfaccettature della vita, siate uniti tra

voi nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, ma ricordatevi che

ognuno di voi rappresenta voi stessi. E a maggior ragione il vostro gruppo

è unito perché ha alle basi le stesse modalità di trasformazione dell'essere

e le stesse modalità evolutive.

Divertitevi, se così vi pare, a scrivere quelle che voi identificate

come vostre necessità evolutive. Confrontandole vedrete, se siete stati

onesti con voi stessi, apparire una verità comune che voi stessi potete

identificare.

Il gruppo si rafforza, cresce, si amplia, ha più forza poiché il

movimento trasforma. Il vostro interesse vi cambia, le nostre modalità vi

stimolano, ma siete voi in realtà a trasformarvi ed a cambiare sia voi stessi

che il gruppo, non per fede ma per analisi.

Ecco perché è importante rivedere ciò che noi diciamo, analizzarlo,

parlarne tra voi, sentire che ciò che noi diciamo risuona dentro di voi

come una possibile versione delle cose che voi trovate logiche ed

accettabili; non per dubbio, non per dubbio di credervi incapaci di

comprendere, di assimilare, di partecipare, di comunicare, di trasmettere.

Guai se vi lasciaste prendere dal dubbio di non essere utili a voi stessi,

agli altri, poiché ogni più piccola vostra vibrazione serve ad accumulare la

necessaria volontà per far sì che noi possiamo intervenire.

Ritorna Alan.

Alan: “Oh, amici cari, ci troviamo ancora una volta, come sempre io

sono presente con voi.

Ma purtroppo, anche se mi piacerebbe molto parlare con voi, non è

sempre possibile, non è permesso.

Ascoltiamo, vi seguiamo, sentiamo, ma l'intervento, spesso, non

dipende da noi e quindi, nell'apprendere con voi e sentendo attraverso di

91

voi le vostre emozioni, le vostre sensazioni, noi paragoniamo ciò che noi

siamo stati, quello che abbiamo vissuto, pensato, e ricordiamo, in un certo

modo, il nostro modo di essere, il modo di essere stati e di essere ancora.

In un certo modo noi valutiamo le vostre capacità di comprensione e

operiamo, calcoliamo, programmiamo quale deve essere l'insegnamento

del vostro percorso. Quindi le Guide ci hanno chiesto di intervenire, come

ultima serata, per sfatare un mito che rimane sempre in tutti i gruppi e cioè

il mito di credere che questo sia l'unico insegnamento valido.

Per ognuno di noi ci sono molti insegnamenti. Noi impariamo molto

da molte strade diverse, in molti modi diversi. E quindi, amici, vorrei

consigliarvi, se già voi non lo fate, di guardare attorno a voi. Qualunque

cosa vi può insegnare; chiunque vi passa accanto. Anche guardare un

fiore, un frutto, un piccolo uccellino vi può insegnare qualcosa.

Ma non solo le cose che vi piacciono possono insegnare, spesso

anche coloro che ci sembrano abbruttiti, volgari, maleducati, indifferenti,

arroganti, prepotenti, possono insegnare qualcosa. Poiché, amici,

l'insegnamento, la conoscenza è, è presente, perché l'Assoluto stesso non

può essere la Conoscenza relegata in qualche luogo solamente. Non può

essere che vi sia un sentiero da percorrere. Il sentiero è l'Assoluto che si

manifesta in ogni cosa, e ogni cosa è la conoscenza dell'Assoluto. Ogni

cosa, amici.

Riflettete. L'uomo è riflesso dell'Assoluto, per cui, amici, tutto è il

vostro insegnamento. Ciò che voi non vedete come insegnamento, non è

che non abbia nulla da insegnare, ma è perché noi non lo riusciamo a

vedere per i nostri condizionamenti, per la nostra indifferenza, per la

nostra pigrizia, per il nostro modo di non essere presenti, di non ascoltare,

di non guardare, di non vedere. Spesso è molto più facile rifiutare. Quindi,

amici, noi non saremo presenti per un poco di tempo ma voi potete

apprendere, continuare ad apprendere, purché voi sappiate cogliere, tenere

gli occhi aperti, il cuore aperto, amici, il cuore aperto!

Va bene, vi saluto caramente, a presto.”

Guida: “Prima di salutarvi con affetto vorremmo che vi proponeste

da voi gli argomenti da dibattere per il prossimo ciclo di incontri.

Scegliete quello che vi interessa di più, forse in codesto modo, un po'

spartano, riuscirete a stimolare le vostre meningi e il vostro interesse. I

vostri argomenti sono i ben venuti.

Buone vacanze a tutti.”

92

28 giugno - 26 luglio 1993 “Fermenti nel gruppo in attesa delle

vacanze”.

Il gruppo decide comunque di incontrarsi per continuare la ricerca

anche nel periodo estivo, ovviamente senza impegno.

Io, Piero, non sono stato presente il 28 giugno perché sono andato al

mare una settimana e lunedì 5 luglio perché malato. Lucia sarà assente

tutto il periodo estivo.

Oltre il lunedì il gruppo ha organizzato diversi momenti di incontro

in altri giorni e a casa dei diversi partecipanti per approfondire la

reciproca conoscenza.

Dell'incontro di lunedì 28 giugno ho il diario scritto da Alessandro

dal quale rilevo che la discussione si è orientata su un'esperienza di Lidia

accadutale sul posto di lavoro e poi sul confronto dei vari sentire dell'uno

rispetto all'altro. Si è anche proposto di scrivere la propria biografia per

proporla agli altri ed approfondire così la conoscenza reciproca,

esperienza che si era già tentata prima che arrivasse Laura nel gruppo.

Il 12 luglio, avendo la sensazione che il gruppo senza un minimo di

coordinamento tenda a disperdersi in diverse direzioni, decido di

riappropriarmi del ruolo di coordinatore degli interventi. L'incontro inizia

con la lettura e la discussione di una lettera aperta di Laura al gruppo. La

trascrivo:

“Vorrei essere presente al vostro incontro, e lo sono con il mio

affetto per tutti voi.

Agli inizi di questa avventura ero restia, indecisa, smotivata. Vi

sentivo impauriti, diffidenti, quasi ostili, magari curiosi, ma più che altro

trascinati da Piero.

Lo seguivate con interesse e con soggezione, ma in voi vi era più

paura che coinvolgimento.

A qualcuno piacevo io, ero la novità, ma ancora non era sufficiente.

Come voi, io ero coinvolta per compiacere Piero. Avevo un immagine del

tutto: un tiro alla fune.

Mi chiedevo perché mai avrei dovuto calarmi nella fossa dei leoni,

seppur ammansiti, ma pur sempre leoni. Inquisita, studiata, guardata ed

analizzata come una bestia rara.

Io ero il pericolo, così come voi lo eravate per me. Persino Piero,

che era il promotore, era più terrorizzato di voi, perché ne sentiva la

responsabilità.

93

A livello individuale, uno per uno, eravate diversi, diversi con voi e

con me, persino affettuosi, direi dolci, compreso Carlo, che fra le righe mi

guardava con sospetto, ma con l'occhio buono, disponibile in offerta direi.

Insieme cambiavate tutti, diventavate agnelli spaventati all'idea del

macello.

Fortunatamente, e grazie a Dio, vi avevo conosciuti individualmente,

e per chi ne è rimasto fuori per sua volontà, ho cercato di entrarci io con

gioia.

L'amore per Piero prima, poi Teresa e il suo mondo interiore

nascosto, poi la catapulta di Vittoria, il suo travolgente amore per la vita,

la dolcezza infinita e la curiosità dei bimbi di Alessandro, l'enigmatica e

soave Lucia, il fascino silenzioso e disponibile di Lidia, la misteriosa ma

trasparente Armida e infine, ma non ultima, la sfida di Carlo, l'irriducibile,

ma tenace, fecero il miracolo in me. Avevo una motivazione valida per

continuare, nonostante tutti i miei dubbi, i miei problemi, la mia

incertezza e la difficile esperienza precedente con un altro gruppo

disperso per mille vie infelici.

Non posso negare di aver incontrato molte difficoltà fisiche (sono

pigra), mentali (è una lotta), emotive (mi è difficile non voler bene -

quindi sofferenze), difficoltà di carattere pratico personale e difficoltà

create da voi: ancora resistenze, ancora lotte, divergenze, aspettative,

questo è il cardine che fece franare l'altro gruppo ed è l'ostacolo peggiore

per far affluire risultati positivi.

Identificazione del ruolo. Vi aspettate, ognuno a modo proprio, che

io mi comporti, dica e faccia quello che deve rispondere alla vostra

immagine che presumete io debba avere.

Indifferenza alle mie problematiche. Chi si pone il problema, se il

“mezzo” ha o non ha un problema con voi? Come si sente? Se si trova o

non si trova a suo agio? Se le costa fatica oppure no? Certo siete gentili,

educatissimi, formalmente affettuosi, ma è più facile che vi domandiate se

vi è piaciuto il discorso o se è il caso di discuterne, che di sapere se a me

stia bene continuare e se tutto ciò mi sia o meno gradito o necessario.

Non sto accusando, sia ben chiaro; sapevo già prima a cosa sarei

andata incontro, esperienza già vissuta. Tutto è preventivato e accettato

con gioia. Questa vuole solo essere una riflessione aperta.

Ve lo domandereste voi cosa vi fa veramente continuare in questo

gruppo?

Non voglio fare analogie fuori luogo e di cattivo gusto, ma

l'esperienza insegna che altri gruppi simili, dopo un certo periodo, hanno

vissuto, dopo l'iniziale entusiasmo, difficili momenti di crisi, come un

94

gregge che se manca il cane che lo guidi corre all'impazzata nei prati

finendo nei burroni.

Io non sono nessuno ma ne ho costatato solo l'esperienza. Mancando

chi tiene le fila che cosa fareste? (Ad esempio Piero o le voci?). Ripeto,

sono riflessioni personali aperte.

Continuo la cronistoria. Trovata la motivazione affettiva che mi

legava al gruppo, le entità hanno risposto alla mia disponibilità così da

rassicurarmi sul percorso.

Con fatica ho vinto le mie resistenze, non so le vostre, e l'entusiasmo

mi ha finalmente coinvolta.

Vedere tutto il lavoro raccolto da Piero mi ha aiutata molto, anche se

so che alcuni di voi non possono ancora capirne né l'importanza, né i

contenuti per non aver letto il Cerchio Firenze 77. Mi auguro che l'estate

vi dia la possibilità di farlo e che il vostro impegno sia da stimolo per

comprendere anche il nostro lavoro e la sua motivazione d'essere.

Un bel giorno è arrivato Maurizio. La sua ingenuità e la sua totale

mancanza di base, unita alla sua insicurezza e rafforzata dalla sua volontà

di conoscenza mi hanno indotta a proporre la sua entrata, con timore, devo

dire, perché sapevo quanto la sua preparazione fosse lontana dal gruppo e

di quante strade avesse ancora bisogno di tracciare, ma la sua volontà era

commovente, e con commozione, come quando si incontra un bimbo con

tanti perché egli ha fatto breccia nel mio cuore e con gioia; ora è con noi e

mi stimola.

Paolo è un capitolo a sé. Non credo che le parole rispondano a ciò

che ho provato per Paolo quando l'ho conosciuto, è stato quasi un

riconoscimento fraterno. Lo stesso ardore di quando io stessa molti anni fa

cercavo un aiuto, una risposta. Lui ha letto il Cerchio 77 e si riconosce per

la luce e la trasformazione dolorosa.

Angela è arrivata per traino, ma stranamente è quella che usufruisce

di più, è disponibile e ricettiva, e lavora su di sé.

Così il gruppo si conclude, ma non è concluso, ci saranno

movimenti, cicli, entusiasmi e crisi, è inevitabile tutto ciò. Spesso c'è chi,

strada facendo, trova altre vie e chi si ferma e chi indietreggia, chi va

avanti in altri modi, chi resta e si addormenta e chi resta e prosegue. C'è

anche la possibilità che le “voci” possano tacere oppure che io venga

spedita altrove. Così è anche la vita, ci si fa un tratto insieme e si diventa

insostituibili uno per l'altro; poi la vita disperde e si dimenticano volti e

nomi. Ma ciò che ci ha accresciuti resta, e voi mi avete accresciuta

moltissimo, ognuno a modo suo insostituibile.

95

Non ha importanza se vi accorgete o no di me. Se vi mancano le voci

invece ne ha; se vi sentite impoveriti, privi di qualcosa, allora esse sono

servite all'intento, essere amici invisibili ma presenti, essere come esseri e

non come suoni o locuzioni.

Se invece state bene così, allora forse “le voci” hanno mancato in

qualcosa ed io con loro, forse non ho potuto essere un sufficiente canale

d'amore.

Nel mio piccolo faccio il possibile e vi devo moltissimo per tutto ciò

che mi permettete di fare, per l'opportunità che mi date di trasmettere il

loro affetto per noi, per avermi fatto comprendere che essere mezzo è

utile, importante, e che non sta a me decidere, come quando e perché, a

me sta ringraziarvi di tutto cuore e accettarvi come siete, come vorrei

riusciste a fare voi con me.

Voi siete una parte insostituibile e indispensabile di me, come spero

di diventarlo per voi.

Lo sforzo di aprirsi uno con l'altro, di cercare un rapporto più

profondo, più sentito, di fare nel piccolo ciò che dovrebbe fare il mondo,

cercare l'unione, fa sicuramente emergere noi stessi, così come realmente

siamo, ma è solo nell'inoltrarsi l'uno nell'altro che si crea la giusta armonia

fra noi, cercando di accettarci reciprocamente senza volerci modificare a

vicenda, essendo, come dicono “le voci” semplicemente specchi che

riflettono e lasciare ad ognuno la propria comprensione.

La nostra crescita trascende i nostri noi, perciò è importante aprirsi e

non giudicarci, ma trovare nell'altro lo stimolo per la verifica..

Non si crea l'affetto, perché è spontaneo, e se per alcuni è più facile

sentirsi vicini per altri può essere più difficile, ma le voci ci hanno

suggerito i modi per attuare il cambiamento, non ci resta che metterli in

pratica.

I primi esercizi, restano e sono i più importanti. Guardare solo i lati

positivi, cercare il buono in ognuno di noi è l'unica strada che apre la via

del cuore.

Porsi nell'altro, cercare di vedere le cose con le sue dinamiche e ci si

accorge che nei panni degli altri, loro hanno sempre ragione.

Ho ripreso questo discorso perché per ora è quello che sento di più,

il più vivo per me, gli insegnamenti se pur veri sono ancora difficili da

penetrare e mettere in pratica, perciò credo che per quel che mi riguarda

posso lavorare molto sul sentirci uniti, seppur nella diversità, lo ritengo

basilare, fondamentale, credo che dove c'è un sentimento affettivo tutto

diventa più facile, siamo più disposti ad accettare, a perdonare, a tollerare,

96

a comprendere e credo che questa opportunità mi dia la giusta dimensione

per mettermi alla prova per allenarmi.

Perciò vi ringrazio tutti sentitamente, anche per quando trascendo,

quando mi metto in cattedra, quando sono in crisi o sono stanca.

Mi piacerebbe farvi comprendere quanto sia difficile per me, sempre

combattuta e non voglio assillarvi oltre.

In genere sono abbastanza chiara, forse dovrei essere più

diplomatica, ma è una qualità che ancora devo imparare.

Vorrei dirvi che oltre alle vostre resistenze, ai vostri dubbi, alle

vostre curiosità inconfessate, io vi sento molto vicini a me più di quanto

voi lo ammettiate a voi stessi.

Per qualcuno è più palese, altri lo nascondono per ritrosia per paura

dei giudizi. Non importa come siete, siete esattamente ciò che mi manca e

vi voglio molto bene per questo.

Un abbraccio caloroso a tutti da Laura, sperando che questa pausa vi

trovi a settembre più forti e più uniti.”

Successivamente riprendiamo l'ultima comunicazione delle Guide.

Evidenziando un compito che ci veniva proposto, i presenti (la metà del

solito) si impegnano a svolgerlo per discuterlo poi il lunedì successivo. Il

compito è indicare per iscritto le proprie necessità evolutive partendo

dalla indicazione delle proprie ansie, dei propri desideri e delle proprie

necessità. Alla fine dell'incontro Paolo mi fa osservare il mio

atteggiamento, che a suo parere è eccessivamente didattico e toglie spazio

alla discussione, in quanto, quando io sono assente, fra i presenti c'è più

partecipazione. So che è così! Sento la competizione di Paolo nei miei

confronti. Dovremo parlarne!

Lunedì 19 luglio. Abbiamo iniziato con la discussione degli scritti,

pochi, in quanto la volta scorsa erano pochi i presenti.

Si è proposta la questione dei miei interventi e si è discussa.

Armida ha portato al gruppo una parte di colloquio con il suo Spirito

Guida (9 luglio) che riguarda il gruppo. La trascrivo:

“Armida: Volevo chiederti qualcosa sul gruppo del lunedì.

Spirito Guida Io affermo che non è gruppo ma è rappresentazione

che ha in sé le molteplicità di intenzioni totalmente differenti, ma che non

hanno in sé della volontà dell'apparire nella loro totalità di differenza. E

quindi che cosa si attende?

97

Armida: Ma il gruppo non sta evolvendo un po'? C'è un tentativo

comunque di trasparenza, di modificare qualcosa.

Spirito Guida: Dici esattamente! Stai pronunciando le parole esatte,

vi è un tentativo. Ma dei tentativi che cosa ne faremo? Ne faremo dei

grandi fasci come erbe secche e verremo quindi a bruciarle. Che ne

faremo dei tentativi, che si onorano soltanto perché sono dei tentativi e

diventano quindi eterni tentativi e rimarranno per sempre tentativi? Ci si

vuole incoronare a dei tentativi o si vuole fare legislazione tramite i

tentativi? Si vuole fare esperienze tramite i tentativi? Io ti ripeto che tutto

questo, di ciò che è dei tentativi, che ti sembrerebbe invece nell'averlo

pronunziato come grande potenza, io ti dico che questi in realtà sono

come le fascine secche del tuo mondo. Hanno una loro utilità, certamente,

ma qual è? Quella di essere bruciate. Infatti ciò che è dei rami secchi sono

stati dei tentativi e quindi continuate a fare dei tentativi. Il fine e la

conclusione è quella delle fascine secche.

Armida: Paolo aveva chiesto al suo Spirito guida del gruppo e lui

aveva detto che il gruppo stava comunque facendo qualcosa, o comunque

avanzando.

Spirito Guida: Questo è veritiero, sta facendo qualcosa! Anche il

tentativo è fare qualcosa. Cerca di comprendere nella sottigliezza di tutto

ciò e non accontentarti così facilmente. Il tentativo è un fare qualcosa, ma

non è un fare, è fare qualcosa. Perché vi è differenza fra fare e fare

qualcosa? Vi è la differenza della responsabilità e della sincerità. Nel fare

qualcosa non vi è necessità né di responsabilità né di sincerità. Nel fare vi

debbono essere ambedue! Questa è la differenza!

E per ora è come tu dici, ti do sempre ragione; vi è un fare qualcosa,

ma allora non vi è né responsabilità, né sincerità e infatti sono solo dei

tentativi, fasci di erbe secche, di rami secchi. Forse un tempo qualcuno

aveva anche brillato nel germogliare, forse un tempo. E quindi continuo a

ripetere: che te ne fai, che ve ne fate? Si proceda veramente oltre. Ma

allora occorre quanto inizialmente dissi, che le molteplici forme delle

differenze vengano quindi manifestate, le molteplici forme delle singole

voracità vengano manifestate. Occorre cioè responsabilità e sincerità

come esattamente dal fare qualcosa a fare.

98

Armida: Io sento che Paolo, tra le persone del gruppo è quello che è

più vicino a me, forse perché deve risolvere alcuni punti che sono comuni,

o mi sbaglio anche in questo?

Spirito Guida: Non sono comuni nella loro sostanza originale. I

problemi non sono identici, non sono simili, non sono sovrapponibili.

Armida: Quindi quale deve essere il mio atteggiamento nei suoi

confronti?

Spirito Guida: La condizione del tuo atteggiamento non dovrebbe

essere solo nei suoi confronti. Se tu rendi così specifico nella presenza di

tale opera crei un danneggiamento per la globalità dell'opera, per la

interezza delle figure. Attenta a questa situazione!

Tu non puoi creare privilegi di rapporto, o privilegi di sofferenza, o

privilegi comunque di ricerca. Neppure privilegi di aspettativa.

O esiste quindi una comunanza che ha in sé non il privilegio, ma

quello che diventa in sé non identico, ma equilibrato per forma di

similitudine, che non fa coincidere perché nulla è coincidibile in questo

stato altrimenti si creano naturalmente gravi ombre. Quindi non devi dire

quale deve essere il tuo atteggiamento in questo senso nei riguardi di una

specificità singola, come è nel tuo caso che vuoi dire.

Dovresti dire qual è il mio atteggiamento nella globalità. Allora il

tuo atteggiamento nella globalità è la severità.

Armida: Nei confronti miei o degli altri?

Spirito Guida: Vi è forse una differenza? Amministra la severità e

non avere e non permettere che si creino privilegi quali prima ti ho detto.”

Lunedì 26 luglio, ultima riunione del gruppo prima delle vacanze.

La discussione della serata si articola sugli atteggiamenti dei

partecipanti verso le finalità del gruppo e io inizio a parlare di priorità

affermando che per me, per quanto concerne la mia vita ed il mio

atteggiarmi nei confronti del mondo, l'attenzione prioritaria è rivolta alla

dimensione dello Spirito e le questioni della materia sono in secondo

piano.

Ho da poco terminato il mio intervento che arriva da casa mia un

telefonata. Mia moglie mi dice del trambusto, che non riesce a sedare,

99

relativo al cucciolo che avevo appena portato a casa, chiedendomi di

tornare prima possibile. Io decido di abbandonare la riunione e di andare a

casa. Tale decisione, comunicata al gruppo, crea scompiglio e mi viene

fatto osservare che avevo appena affermato che per me era prioritaria la

dimensione dello Spirito e che dopo la telefonata avevo scelto per la

materia. Io sentivo comunque che sarei dovuto andare a casa e, anche se a

malincuore, ho salutato tutti e me ne sono andato. Ciò offrirà l’occasione a

tutti, e a me in particolare, di approfondire il discorso delle priorità.

Riporto il brano finale di una lettera sul tema che, alla fine di luglio,

ho indirizzato agli altri amici.

“ ... Quel che mi ha turbato successivamente, specialmente il

mercoledì, quando mi sono accorto che qualcuno pensava che predico

bene e razzolo male, è che il conflitto che in me era fra gruppo e

famiglia, fosse stato letto come un conflitto fra Spirito e materia. Per

qualcuno il mio rimanere al gruppo voleva dire privilegiare lo Spirito,

andare a casa voleva dire scegliere la materia. E siccome avevo scelto di

andare a casa, questo voleva dire che le mie affermazioni precedenti non

erano che parole dette al vento, anzi il mio comportamento era

manifestatamente un cattivo esempio. E questo per me è grave.

Sì, quel lunedì ho dovuto fare una scelta, e ho dovuto dare delle

priorità, e fra il continuare la discussione nel gruppo e stare ancora un po'

con i presenti ho scelto di andare a casa e questo perché ho valutato che la

mia presenza fosse più necessaria in un posto piuttosto che nell'altro.

Questo non per piacere, perché per me sarebbe stato molto più gratificante

stare con il gruppo che tornare a casa e vegliare tutta la notte per tacitare il

cucciolo che avevo appena inserito in famiglia, tranquillizzare mia moglie

ed evitare liti con i vicini di casa. Dovessi tornare indietro farei la stessa

scelta, ma dedicherei un briciolo di tempo in più per chiarire le ragioni

della scelta e il coinvolgimento Spirito-materia relativo alla scelta stessa.

Inoltre sono del parere che il gruppo del lunedì abbia significato se,

anche grazie al notevole contributo delle Guide, riesce ad attivare in sé

dinamiche di rispetto, considerazione, affetto, apertura, e trasparenza

reciproca tali da permettere al singolo di sviluppare gli atteggiamenti

necessari a cambiare i rapporti sociali anche fuori dal gruppo. Gruppo che

ha senso se non si chiude in se stesso ed è palestra per intervento nel

sociale: famiglia, lavoro, società.”

6 settembre 1993 “Riprendono gli incontri del lunedì dopo la

pausa estiva”

100

Ci ritroviamo dopo qualche settimana. In questo periodo alcuni di

noi hanno incontrato qualche difficoltà e avuto qualche problema di

carattere personale.

L'impressione è che la serata inizi un po' fiaccamente.

All'appuntamento manca Lucia. Vittoria arriva molto in ritardo per un

inconveniente subito all'auto. La cosa ha un po' turbato tutti, fino a

sollecitare Alessandro e Paolo ad andarla a cercare.

Laura è arrivata da Velletri molto stanca e si è rimandato allora

l'incontro con le guide.

È una serata di dibattito sui metodi da impiegare nel lavoro che

stavamo riprendendo. Come sempre si manifestano posizioni e aspettative

diverse.

In linea di massima si è concordato (il termine concordato è più una

fantasia di chi scrive che l'espressione di quanto è avvenuto) di procedere

come in passato; un lunedì incontro con le guide, il successivo, confronto

sui vissuti.

Ho l'impressione che al dibattito di questa sera vi sia più

partecipazione da parte di tutti i presenti e, in alcuni di noi, anche con

prese di posizione personale più decise che per il passato.

Si pensa di chiedere anche il parere di Gabriele.

Lele: “Non avevo previsto questo incontro con voi. Devo essere

rimbecillito.

Io so che non avete le idee chiare. Non siete d'accordo quasi su

niente.”

Dopo un ulteriore dibattito Gabriele riprende:

Lele: “Non vorrei essere scortese con nessuno. Io sono fermo ancora

all'ultimo incontro, dove si diceva che conveniva rielaborare i contenuti

passati e formulare insieme la nuova proposta del futuro argomento

soprattutto lavorando sulle modalità di trasformazione individuale.

Sbaglio o si era detto di riproporre una revisione di se stessi, i

compiti vari che erano stati dati e lo scambiarsi i vari profili che

vicendevolmente vi eravate fatti?

Un approfondimento delle vostre rispettive problematiche e caso mai

lavorare di più sulla trasparenza parlando di voi, tornando alle sedute

dopo aver messo in atto i compiti dell'io sono, l'altro è, ecc...?

Allora se voi non ricordate e non riuscite a tenere i tempi, perché mai

noi dovremmo tenere i registri delle vostre domande e delle vostre

101

dimenticanze, tenendo conto che noi rispettiamo un nostro programma?

Le vostre proposte ci sono necessarie in tempi reali per aggiustare a mano

a mano ciò che vi è più necessario. A volte dal vostro parlare emergono

nuove e impellenti necessità e quindi va immediatamente cambiato il

programma.

In fondo voi andate a zig, zag e noi dobbiamo starvi dietro e arginare

le vostre uscite.

A volte è necessario fare un passo indietro per farne uno avanti.

Tutto sta nel mettere armoniosamente insieme le vostre necessità e

paradossalmente le nostre di evoluzione e consapevolezza nostre e come

indicatori.

Tutto sta ad essere comprensivi reciprocamente, tenendo presente

che le cose si modificano strada facendo. Rivedete un attimo i discorsi

passati e informatemi sui vostri strani tempi.

Buon lavoro.”

L'intervento di Gabriele crea ulteriore scompiglio nel gruppo fra chi

sostiene che le sedute con le Guide debbano essere rimandate a dopo aver

fatto i compiti suggeriti e chi invece sostiene che le cose possano

viaggiare parallelamente e desidera riprendere le sedute, a frequenza

quindicinale, iniziando già dal prossimo lunedì. È arrivata la mezzanotte

ed un decisione non si è presa.

Siamo proprio un'armata Brancaleone! Ma è un gruppo bello così, e

pensiamo che comunque di strada insieme ne stiamo facendo.

Comunque lo scompiglio che si è sviluppato nel gruppo a proposito

della ripresa degli incontri con le Guide ha sollecitato Piero a far qualche

considerazione sulle dinamiche del gruppo. Le riportiamo.

Colloquio di Piero con il suo “sentire interiore” su questioni inerenti

la leadership del gruppo:

“Caro Piero,

provi nuovamente del turbamento nei confronti del gruppo, ed è un

turbamento relativo alle dinamiche che si stanno sviluppando nel gruppo

stesso e al tuo relazionarti ad esse.

All'inizio dell'esperienza, quando delle persone si riuniscono per un

motivo qualsiasi, nel tuo caso un corso di psicologia, esiste solo un

agglomerato di persone con idee e motivazioni le più disparate. Man

mano che si fa esperienza insieme, ci si conosce sempre di più, si

evidenziano i diversi modi di pensare, si chiariscono motivazioni, e se un

certo numero di persone continua ad incontrarsi, l'insieme di persone si

102

trasforma in un gruppo con dinamiche specifiche. Questo è quanto è

avvenuto al vostro gruppo.

Da quel momento inizia a caratterizzarsi il “gruppo”, del quale tu sei

il coordinatore, o meglio il conduttore. Si sviluppano i soliti dinamismi:

definizione degli obiettivi, confronto sui contenuti, anche scontri di

opinione, con partecipazione più o meno attiva dei presenti, ma in tale

esperienza la leadership è ben definita e condivisa.

Col procedere dell'esperienza e con il trascorrere del tempo le cose

modificano, vi sono inserimenti di persone nuove nel gruppo, alcune se ne

vanno e periodicamente si ripropone la questione delle finalità della

ricerca e degli strumenti da utilizzare. Comunque le difficoltà vengono

superate e zoppicando zoppicando, il gruppo procede nella sua ricerca.

Da qualche tempo si sta attivando della tensione, almeno tu la

percepisci tale, a livello di conduzione del gruppo.

Un personaggio centrale nella dinamica che si sta sviluppando è

Paolo; persona dotata di notevole ascendente, che dal maggio scorso ha

iniziato a partecipare al gruppo.

Paolo è una persona molto ricca di contenuti e, a differenza di Carlo,

ha maniere molto dolci di relazionarsi agli altri ed esprime molta

disponibilità e sensibilità, caratteristiche che hanno fatto sì che fosse

subito apprezzato e ben accolto dalla totalità gruppo, escluso te, che fin

dall'inizio del suo partecipare l'hai percepito come minacciante il tuo

ruolo, ruolo che avresti anche voluto non avere ma nel quale ti trovi a tuo

agio.

L'attrito fra voi due si è manifestato diverse volte. Ricordi, per

esempio, la proposta di aumentare gli incontri del gruppo a più di una

volta alla settimana, e per ultimo lunedì scorso quando sulla questione se

riprendere l'incontro con le Guide subito o assolvere prima i compiti che

già ci erano stati dati, il gruppo si è spaccato fino a far proporre da

Alessandro: “Allora votiamo!”

“Allora votiamo” vuol dire “contiamoci e vinca la maggioranza”.

Eccoci di nuovo di fronte alla legge del più forte, anche se il termine

democrazia pare essere più garantente che il termine totalitarismo od

oligarchia. Certo è meglio che nel determinare scelte siano i più, piuttosto

che pochissimi che decidono per altri o addirittura uno solo. Ma è sempre

legge della giungla. Vince il più forte dopo uno scontro, una lotta, e

questo mi pare abbia poco a che fare con l'Unità.

So che tu hai la tentazione di ritirarti e lasciar guidare la barca ad

altri, come hai fatto più volte in passato, ma non sarebbe una scelta giusta.

La tua rinuncia non farebbe altro che spostare la leadership su altre

103

persone e dopo un po' di tempo si ricaratterizzerebbero nuovamente

tensioni e disaccordi che porterebbero ancora a lotte e a fratture interne al

gruppo. Non è questo l'apprendimento utile alla realizzazione dell'Unità.

Il gruppo sarebbe riassorbito dalle solite dinamiche della materia

senza nemmeno rendersene conto, nella convinzione che la democrazia sia

la soluzione. La democrazia non è la soluzione, come non è la soluzione il

totalitarismo e l'oligarchia; son tutte dinamiche di separazione.

L'Unità è realizzata con atteggiamenti di disponibilità, di servizio, di

confronto costruttivo e non con lotte tendenti a dimostrare chi ha ragione.

Tutti hanno ragione dal loro punto di vista. E tu queste cose le devi ancora

imparare. Tu soffri ancora se le cose non vanno come vuoi tu e il più delle

volte pensi di avere ragione al punto da non valutare attentamente la

posizione dell'altro.

Allora, non è votando che si costruisce l'Unità. La verità non è

verità perché è sostenuta dalla maggioranza.

Questo è quanto tu e il gruppo dovete capire! E l'unità non può

realizzarsi sulla rinuncia di qualcuno. Non è quindi ritirandoti, non

volendo lottare che tu contribuisci al superamento della separatività.

L'impegno deve essere orientato non al compromesso ma alla

ricerca del vero, con il contributo consapevole di tutti.

Nell'unità non esistono vincitori e vinti, ma entità che collaborano,

mettendo a disposizione le proprie potenzialità, alla definizione della

verità, che non può che essere nell'integrazione degli opposti.

Caro Piero, il tuo ruolo ora si fa più impegnativo, perché devi fare i

conti con la tua ambizione, la tua vanità, le tue gelosie, la tua disponibilità

al servizio, i tuoi sentimenti ed i tuoi attaccamenti.

Non lasciarti scoraggiare dalle difficoltà. Non lasciarti vincere dalla

tua pigrizia. Il fermarti è perdere tempo e, a volte, tornare indietro.”

13 settembre 1993 “Ancora sul tema dell'amore e sulle nostre

paure”.

È un momento di chiarificazione e di accordo sul metodo di lavoro

da adottare nelle prossime serate fra i partecipanti al gruppo.

La tensione all'inizio era notevole; poi i toni si sono gradualmente

smorzati e un sincero confronto fra i partecipanti con l'intervento

fondamentale delle Guide ha consentito il superamento delle divergenze.

Su un problema proposto da Vittoria (“Quando l'amore è altruistico e

quando è egoistico”), abbiamo ascoltato la lezione delle Guide.

104

Guida: “Salve amici cari. Siate i benvenuti fra noi, ritrovati ancora.

Dopo lunga attesa siamo insieme e ci compiacciamo di potervi salutare

adeguatamente. Sappiamo che non vi manchiamo molto. Forse ci

piacerebbe creare, oltre che un interesse mentale, anche una affinità

affettiva tra noi e voi. Sappiamo che occorre molto tempo sia per

approfondire la conoscenza, sia per innescare un sentimento d'affetto, e

che voi necessitate per amare anche di un corpo fisico. Non vi riesce di

comunicare fra voi e di riconoscervi solo come essenze spirituali,

nonostante che i vostri affetti siano invece dovuti ad una affinità

spirituale, e non mentale quando questi sono veri e profondi e non

vengono determinati da esigenze personali e aspettative di voler

assecondare i propri fabbisogni egoici.

Quando nell'uomo scaturisce il vero amore, quello che

inconsideratamente sostiene solo il fabbisogno altrui, senza condizioni,

quello che fa sì che in funzione a questo amore ci si perda nell'altro senza

porre limiti o domandare all'altro qualcosa in cambio, ecco, amici, quando

questo amore emerge, esso è sempre dettato, non dalla mente, non dal

piano materiale, non dal piano sensoriale, ma dallo Spirito che vibra con

la stessa frequenza dell'altro Spirito amato. E allora, amici, se questo

amore che si può chiamare spirituale è l’amore più forte, è l’amore vero,

cioè depurato da tutto ciò che egoisticamente si crea intorno alle proprie

esigenze, allora perché non riuscire ad amare anche delle voci che

rappresentano delle personalità che nascondono ai vostri occhi la loro

essenza, ma che voi, in fondo alla vostra essenza, percepite comunque in

sintonia e in vibrazione?

Ponetevi, amici, tornando questa sera alle vostre dimore, la domanda

se la comunicazione con noi vi è necessaria anche perché sentite questa

vibrazione affettiva. Perché noi, amici cari, è sull'onda della emotività,

della sensibilità, del sentimento, che ci muoviamo, non sull'onda mentale.

E meno che mai, come potete vedere, sull'onda o sul piano fisico.

Muovendoci quindi sul piano emotivo e sulla vibrazione amorevole

che ci unisce, noi siamo qui solo per dare, rispettando le vostre necessità

di ricevere nei modi e nei tempi che apparentemente voi credete di

stabilire.

Rispondiamo ora alla vostra domanda.

Quale amore può essere più puro di quello che non si interroga, che

non si pone il problema, che dà e non chiede?

Quando subentrerà il silenzio e solo la voce lontana del cuore

emergerà nel buio e quando a quella voce l'uomo non porrà domande,

105

ma la seguirà con entusiasmo come se quella fiamma fosse la sua unica

meta, allora, amici, si potrà comprendere cosa sia l'amore.

Fino a quando la mente continua a porre domande su cosa sia giusto

dare o prendere, o considerare, o dividere, o misurare, allora, amici, è solo

il gioco perverso dell'ego che infiamma apparentemente e fa credere che

siano sentimenti d'amore solo proprie necessità egoistiche. Non

vorremmo, amici cari, assumere toni moralistici, tanto ci dispiace

l’atteggiamento di colui che intende insegnare ciò che ancora è ben lungi

dall’aver appreso. Ciò che noi intravediamo strada facendo, è

semplicemente ciò che voi stessi potete intravedere e raggiungere. Così

come se, andando tutti verso la stessa meta, fossimo sistemati lungo i

vagoni di un treno, qualcuno a capo di questo treno, qualcun altro alla

cima opposta e qualcuno a metà. Nella corsa del treno coloro che si

siedono possono avere visuali diverse, semplicemente per il posto che

hanno. Ma chi è in cima non è privilegiato, non ha compreso più di chi è

alla fine del treno, è solo in una posizione diversa. E questo amici, è

importante che lo comprendiate, poiché se non si comprende che non vi è

chi è avanti o indietro, chi ha più o meno, non si comprenderà mai

l'unione dell'amore che non ha misura, che non ha comparazione, che

non ha parametri di misura. Quando il fulcro attiene al suo fuoco sacro,

tutto incendia allo stesso modo senza controllare se le fiammelle siano più

o meno alimentate dallo stesso centro. Quindi è saggio amici, non porsi la

domanda ma semplicemente lasciarsi andare all'amore. Se dopo essersi

controllati sulla propria necessità egoica ci si pone semplicemente la

domanda: “Cosa farei in nome di questo amore?” e se le risposte non

hanno se e ma, questo è l'amore che va verso l'Unità.

Ora, poiché lungo è il tempo che ci ha separati e molti di voi hanno

avuto travagli personali di ripensamenti o di necessità di comprensione,

vorremmo fare una proposta, ma il proporlo non implica necessariamente

che così debba essere fatto. Senza la vostra necessaria discussione e

autorizzazione noi non procederemo su ciò che sto per dirvi.

Ribadisco che durante questo periodo molti, anzi ognuno di voi ha

vissuto il proprio travaglio di trasformazione, poiché, anche se non appare

evidente, ciò che voi avete ascoltato, letto, assimilato, lo avete

inconsciamente elaborato e la vostra consapevolezza lo ha maturato e

trasformato in voi. Quindi ognuno di voi ha in questo momento, prima di

proseguire su un andamento comune, necessità di porre domande quasi

personali sulla propria necessità di comprensione. Vorremmo perciò

proporre per i prossimi periodi di fare una seduta iniziale, ogni settimana,

di breve durata per non escludere la discussione che dopo seguirà.

106

Per questi periodi, necessari ad una chiarificazione interiore

personale e del gruppo, daremo la priorità a domande, anche di carattere

personale, tese però sempre alla volontà di comprensione di

problematiche interiori personali, o di modalità di lavoro, o di modalità di

trasformazione su ciò che voi ritenete siano gli obiettivi, gli scopi, e i

sistemi di lavoro del gruppo.

Spero che ciò vi possa essere gradito, ma ribadisco che tutto questo

potrà essere messo in atto solo ed esclusivamente sotto la vostra

responsabilità.

Ora poiché l'energia si sta gradatamente diluendo sospendiamo dieci

minuti, per riprendere fra poco.”

L'intervento della Guida ha sollevato notevolmente il morale dei

partecipanti e la discussione che ne segue ha evidenziato il sostanziale

accordo su quanto è stato proposto.

Si riprende.

Guida: “Dobbiamo precisare un punto basilare su cui vorremmo che

voi rifletteste, ognuno su di sé.

Sin dall'inizio dei nostri incontri la caratteristica che era alla base

delle vostre necessità evolutive, in funzione al fatto di essere tutti uniti in

questo gruppo, era quella della paura. Ma, se prima vivevate la paura in

modo passivo, ora avete imparato a rovesciare la paura stessa, e quindi

adesso iniziate ad affrontarla.

Se riflettete sulle vostre personali discussioni o sui vostri travagli

interiori, estivi e non, vi rendete conto che qualcosa è accaduto dentro di

voi. Un vero e proprio terremoto, che ha posto in voi in evidenza alcuni

aspetti di alcuni timori che vi caratterizzano. Tenendo presente questi

timori, ognuno, guardandosi, affrontandosi e confrontandosi, può scoprire

quanto ha modificato di sé. Qualcuno ha portato a galla alcuni timori,

qualcuno ne ha superati, qualcuno ne ha accettati, soprattutto accettati.

Poiché il portarli a galla, evidenziandoli a se stessi, ha fatto sì che voi vi

poneste veramente sulla strada della trasformazione. Evidenziando i

timori, pur con i vostri difetti nel tentativo di porre rimedio alla paura di

perdere o di conquistare qualcosa, avete completamente rovesciato i vostri

termini. Prima, eravate come tanti topi chiusi nelle loro tane a leccare le

proprie ferite, con il timore che uscire dalla tana potesse creare altre

dolorose sofferenze; oggi, ognuno di voi inizia ad affrontare realmente i

propri problemi. Quindi avete iniziato a scardinare ciò che la paura vi

aveva costruito, degli scogli insormontabili. Non a caso le vostre prime

107

osservazioni, che apparentemente non potevate comprendere, ma che

oggi, pensandoci, potete riconoscere, furono proprio, con grande

interesse, sui sensi di colpa.

Quindi devo dire che in questo ciclo di lavoro voi siete cresciuti e

avete aperto un portone enorme, poiché state affrontando voi stessi e vi

ponete nei confronti degli altri aperti, e non è poco, cari amici, non è

poco. Le vostre barriere, le vostre difese, ciò che voi volevate far pensare

e credere di essere, non esiste più. Voi, amici cari, siete riusciti in questo

arco di tempo ad essere fra voi, voi stessi. E questo è ammirevole. Forse

non ve ne eravate resi conto; forse era necessario chiarirvelo, perché

molte sono le cose sulle quali occorre riflettere e forse non vi è il tempo

necessario per pensare a tutto ciò. Ma noi, che possiamo entrare nei vostri

cuori e scorgere fra le pieghe più remote anche il più piccolo neo,

possiamo mettervi di fronte, per una volta con grande piacere, al fatto che

voi avete veramente lavorato su di voi e nel gruppo. E l'unione che voi

cercate, pure nella grande diversità del contrasto e nella contrapposizione,

l'avete trovata proprio nell'essere insieme a confrontarvi con trasparenza.

Ebbene questo, amici, è il primo passo necessario ad affrontare i propri

timori, perché come siete qui così sarete anche all'esterno. Ognuno di voi

porta la propria paura impressa sul proprio viso, e chi sa leggere al di

fuori di questo gruppo e vi incontra la può riconoscere. Ma voi state

imparando innanzitutto ad accettarla come una cosa normale e non con

senso di colpa, come avevate. Il solo fatto di comunicarsi i propri timori

vicendevolmente fa sì che inconsciamente nel più profondo voi li

annullate. Perché è come se voi scopriste che anche gli altri sono come

voi, e in quell'attimo, amici, nella gioia e nel dolore, come in una fresca

risata voi vi accorgete veramente che non esiste diversità, se non

apparente. Che cambiano i nomi, i volti, i modi, ma l'essenza, con le sue

problematiche, è unica. Quindi voi vi siete scoperti, avete accettato di

affrontare le vostre problematiche, avete posto il vostro fianco, il lato

debole, il vostro tallone di Achille sul piatto dell'olocausto e quindi il

gruppo è diventato una forza, poiché in questa offerta voi avete fatto il

primo gesto d'amore. Quindi siamo felici di congratularci con il vostro

lavoro. Siamo altresì onorati di collaborare con voi e di unirci a voi nella

trasformazione vostra e nostra; poiché molti accanto a noi, che vengono

ad assistervi, imparano, per trasmettere ancora ad altri, come e perché si

riesca, inconsciamente o consciamente, apparentemente oppure nel

profondo ad avere un desiderio di cambiamento, il vero cambiamento. E

quindi questa è veramente una scuola, anche se forse voi ancora

realmente non ve ne siete resi conto.

108

Cambiate perché comunque si cambia, anche senza la nostra

partecipazione. Ma cambiate per la vostra volontà di cambiare e noi

siamo soltanto un piccolo puntino nell'infinito, una parentesi, una

probabilità, una possibilità, uno stimolo, una piccola leva. Ma il lavoro è

vostro; e voi avete modificato il vostro atteggiamento in una apertura

completa. Ora il vostro terreno è fertile ed è pronto per far germogliare

ciò che ognuno di voi ha dentro e che era soffocato da voi stessi.

Ora sta a voi procedere su questa trasformazione, e ricordate che noi

nulla possiamo senza la vostra partecipazione attiva, e quando siete in

gruppo e quando non ci siete, poiché il lavoro non inizia e non si ferma in

queste serate, ma è continuo. E voi in ogni istante della vostra vita

innaffiate il vostro terreno, trasformandovi. Forse vi ponete ancora mille

domande in risposta ai vostri mille tormenti, ma questo è il percorso che

ognuno sente di fare nella propria necessità. Il farsi le domande è sintomo

di aver già percorso un lungo tratto.

Nella vostra unione con la nostra partecipazione siamo lieti di

rinnovarvi. Quindi il nostro augurio è di continuare questo lavoro e che

non sia solo finalizzato a voi stessi.

Ricordate, ora dovete iniziare ad arare questo vostro terreno e il

gruppo è già abbastanza forte. Verrà il tempo in cui non terrete per voi ciò

che avete imparato, ma in quel momento, voi, superati i vostri timori, non

temerete più alcuno; e chiunque dovesse comparirvi di fronte, lo

accetterete per ciò che è, avendo fatto prima il vostro allenamento nel

vostro gruppo. Ma ancora questi discorsi non hanno senso per voi, che

non potete vedere il disegno. Però, amici, la traccia è segnata; e se qualche

volta aveste qualche minuto di tempo per ritornare indietro e rileggere qua

e là fra le righe, potreste anche capire che cosa vi si prospetta a venire.

Rileggendo dopo un periodo di tempo, accade che la propria

consapevolezza si espanda e si rilegga, e si veda, e si comprenda, in modo

diverso, poiché le cose sono sempre dette in modo che possano essere

trasformate in sintonia con la trasformazione della consapevolezza

individuale.

Siamo lieti, amici, di apprendere che siete contenti della nostra

proposta, quindi sicuramente dal prossimo appuntamento, noi daremo la

nostra disponibilità alle vostre domande, nella speranza che ciò vi possa

essere di aiuto.

Ricordate che, pur in modalità diverse, avete tutti le stesse

problematiche: paura e carenze affettive. Quindi non portate avanti il

vostro desiderio, ma semplicemente, siate il desiderio; non attaccatevi a

109

ciò che vorreste avere, ma siate ciò che vorreste dare. Questo è il primo e

basilare insegnamento che ha iniziato ad attecchire nel vostro cuore.

Vorremmo ancora aggiungere due parole prima di salutarvi questa

sera, dandovi appuntamento al prossimo incontro.

Una necessità è tale quando la si sente impellente dentro di sé. Io

sento il bisogno di superare un ostacolo perché quell'ostacolo per me è

diventato ormai un punto fermo, un'ossessione, e non riesco a vivere se

non riesco a superare prima quell'ostacolo. Ebbene amici, sappiate che per

superare gli ostacoli occorre dimenticarci che ci siano.

Arrivederci e buon lavoro.”

La comunicazione di questa sera è destinata a colpirci e a imprimersi

profondamente in noi. Le discussioni su ciò che può essere e fare il

gruppo monopolizzano gran parte dei nostri incontri. Ma nel frattempo

ciascuno di noi ha dovuto affrontare, nelle ultime settimane, una propria

difficoltà. Chi in misura maggiore, chi minore, chi in un campo, chi

nell’altro. Ma tutti abbiamo concretamente affrontato, nella vita

quotidiana, una nostra paura personale.

Ed ecco che, pian piano, un mese dopo l’altro, si fa strada un

pensiero: che le dispute e le lotte di potere nel gruppo, le nostre vicende

individuali, le lezioni delle guide, tutto si intrecci in un armonico disegno

di sviluppo, in cui le Guide svolgono contemporaneamente il ruolo di

registi e di commentatori.

20 settembre “riprende il lavoro sull'essere trasparenti”

Questa sera manca Laura, è malata e non ce l'ha fatta a venire.

Il programma deve essere modificato e le domande preparate per le

Guide dovranno attendere per avere una risposta.

Si decide di riprendere il lavoro sul confronto del sentire dell'uno

rispetto all'altro su quegli aspetti che dell'altro ci piacciono e non ci

piacciono.

Il lavoro si è articolato all'insegna della trasparenza e la

partecipazione è stata notevole e coinvolgente da parte di tutti. Sono

emerse molte delle tensioni che serpeggiano nel gruppo e in parte sono

state affrontate. (Affrontiamo a sufficienza problemi pratici? Portiamo

qualche compito a termine o divaghiamo sempre? Siamo o meno

trasparenti tra di noi? Vi sono ancora tra noi aggressività nascoste?)

110

27 settembre “Domande senza risposta”

La serata inizia dando per scontato che si farà la seduta, attraverso

la quale verranno fatte alle Guide le domande che abbiamo cercato di

preparare e che la volta scorsa non sono state affrontate per l'assenza di

Laura. Ma di nuovo il reciproco confronto e le discussioni ci prendono.

Tentiamo quindi senza successo una seduta.

Quando ormai stiamo per andarcene, senza che siamo uniti in catena,

si presentano all’improvviso le Guide e Laura inizia a parlare. (Va detto

che durante tutta la serata, da subito dopo aver tentato l'incontro con le

Guide senza successo, Laura è stata in una condizione di trance vigile che

non le permetteva di intervenire nel dibattito con le sue solite modalità)

Guida: “Credevate che tutto terminasse in questo modo? Ebbene

amici, siamo stati noi, per una volta, spettatori delle vostre disquisizioni;

abbiamo rovesciato i termini, e avete fatto voi da guida e da scuola a noi.

Abbiamo assistito al vostro interessante dibattito su come voi ritenete il

rapporto con noi.

Tornando indietro, all'inizio dei nostri incontri una forte paura di

cadere preda, vittime condizionate da noi, vi tormentava l'animo e la

mente. Qualcuno temeva di non essere poi più in grado di decidere con la

propria mente e di cadere in quella trappola che poteva essere lo

spiritismo.

E allora, amici, cosa ne dite nel riscontrare che in fondo non è poi

una trappola così pericolosa, ma è solo un meccanismo che vi può essere

utile per mettervi in discussione, per conoscervi, per approfondirvi, per

discutere fra voi, come avete fatto?

Quindi, amici, volutamente non abbiamo voluto essere presenti,

anche perché vi si era più di una volta raccomandato di fare i compiti e

questo voi non lo fate e quindi la vostra partecipazione nei nostri confronti

non è poi così coinvolgente come pensate di avere. Infatti dicemmo una

volta, tanto tempo fa, che era carino se a fine di ogni incontro ognuno di

voi tenesse una specie di diario in cui trascrivere a livello personale le

proprie sensazioni. Quanto avremmo voluto che ora ognuno di voi avesse

scritto quello che ha sostenuto sull'aspettativa e non aspettativa!

Se voi aveste fatto il lavoro che noi avevamo chiesto tanto tempo fa,

oggi avreste potuto riscontrare quanto siete cambiati e quante discordanze

voi stessi avete detto. Quel che noi abbiamo sentito finalmente da voi è

non amarezza di delusione, ma proprio l'affetto che avevamo chiesto e per

il quale voi, invece, avevate detto: “Ma per carità, come si fa a voler bene

a qualcosa che non si vede!” Noi invece vi abbiamo dimostrato che lo

111

stato emotivo, la parte emozionale, lavora in voi più di quanto possa

lavorare la vostra parte mentale. Con il mentale riuscite solo a lavorare in

piccola parte, e perché ovviamente vi siete coinvolti, con le vostre

personali aspettative, uno con l'altro. Anche noi siamo stati molto contenti

di sentire quanto vi mancavamo, perché anche voi, amici, ci mancate

molto.

Ma il punto è un altro. Ci siamo sentiti molto uniti a voi perché la

vostra vibrazione nell'unione, nello stesso scopo di cercare delle risposte

che non arrivavano era mirata veramente a lavorare con noi in

collaborazione reciproca, come avevamo proposto. Anzi direi che la

vostra elaborazione nel programmare e preparare domande è stata molto

sofferta da parte vostra e quindi dobbiamo ricordarvi che la preparazione

delle domande, l'attivazione del vostro interesse e della vostra volontà, vi

fa mettere in moto una vibrazione molto forte che ci unisce e vi unisce fra

voi e che fa sì che poi ci sia possibile manifestare le nostre risposte. Ma

l'elaborazione delle vostre domande così sofferta non è ancora molto

chiara a voi stessi. Non è con la mente amici, che dovete cercare queste

domande: aprite il vostro cuore, lasciatevi andare, cercate dentro di voi

quello che in realtà vi è necessario per crescere.

Se il vostro è un dubbio dogmatico, non ha possibilità di riscontro

attraverso di noi. Noi non vogliamo darvi garanzie; non vogliamo

assecondarvi e non teniamo neppure presente i vostri desideri. È vero che

seguiamo un nostro filo logico di percorso, ma appunto è questo un dato

che dovreste amorevolmente comprendere, poiché noi seguiamo una

dinamica che è mutevole nel tempo perché voi siete mutevoli, come tutto

l'universo è mutevole. Quindi, pur avendo una specie di scaletta di

programma, essa viene variata a seconda delle necessità. A volte amici

diamo priorità individuali, pur tenendo conto delle necessità del gruppo; e

quindi a vostra insaputa noi teniamo i fili di una trama, di un ordito che

voi stessi operate strada facendo, come se noi fossimo una penna che

segue il vostro desiderio di compilazione di un disegno. Quindi, amici,

non nella delusione di non averci incontrati questa sera, ma nell'occasione

di esservi proposti a voi stessi una chiarificazione delle reali motivazioni

che vi spingono alla ricerca in questo gruppo.”

Seconda Guida: “Non vogliamo prendervi ancora altro tempo. Un

piccolo punto ora vorrei precisare: che noi potremmo sapere comunque

senza i vostri dibattiti ciò che vi è più necessario, ma che un accordo

preciso ci lega a voi, e cioè la collaborazione reciproca. Nulla noi faremo

senza che voi stessi abbiate stimolato; per cui in base a vostre esigenze

112

espresse consciamente od inconsciamente nel gruppo e lavorando con il

gruppo noi andiamo ad elaborare concetti, contenuti, e necessità. Vi

rendiamo ciò che voi ci date, ma sempre in funzione a voi. Ebbene, amici,

buona notte.”

4 ottobre 1993 “La dipendenza”

Questa sera mancano all'appuntamento Lidia e Carlo. Lidia è stanca

e Carlo è andato a vedere un film.

Si è iniziata la seduta con la solita concentrazione, durata per circa

mezz'ora, ma le Guide non si sono presentate. Si è allora ripresa la

discussione sui nostri vissuti, dell'uno rispetto all'altro.

Si sono confrontati anche i nostri sentire in relazione agli assenti, in

particolare rispetto all'assenza di Carlo. Sono emerse nuovamente

problematiche relative alle priorità, alle dipendenze e alle aspettative.

Al termine della serata, si è chiesto attraverso Laura un commento a

Gabriele.

“Lele: Bene, molto bene. Francamente devo dire di essere partecipe

con emozione alle vostre elucubrazioni mentali e non, perché così voi

riuscite ad essere consapevoli delle vostre necessità di comprensione. Non

è da noi che dovete dipendere.

Non è da noi che dovete imparare. Voi siete nell'unità e avete le

modalità per espletare le esperienze, perché voi avete la possibilità di

utilizzare tutte le caratteristiche utili all'espletamento delle necessità.

Lavoriamo con voi e per voi, dalla prima volta, solo ed

esclusivamente su un piccolo punto che voi stessi avete innescato. Siete

stati voi a proporre l'argomento. Noi lo stiamo svolgendo nella pratica e

ve lo stiamo facendo svolgere da voi stessi, con le vostre dinamiche e con

i vostri mezzi.

Ricordate? L'argomento era i sensi di colpa. E ricordate la nostra

risposta? I sensi di colpa dipendono dai condizionamenti. Ebbene stiamo

lavorando sullo scardinare i vostri condizionamenti più sottili. La paura

dell'abbandono è un condizionamento, la dipendenza dalle aspettative

affettive e mentali è un altro.

Non possiamo sempre spiegarvi tutto, altrimenti non è possibile

innescarvi. Quindi rendetevi conto che state lavorando nonostante voi.

Grazie della stupenda collaborazione. Qualcuno di noi impara molto

velocemente grazie a voi.”

113

11 Ottobre 1993 “Il gruppo procede”

È assente Laura che ha dovuto recarsi con urgenza a Roma.

Il lavoro sulla trasparenza ci sta trasformando sempre più in amici, ci

rende sempre più liberi e capaci di accettarci ed accettare gli altri per

quello che siamo e per quello che sono. Ci rendiamo conto che l’assenza

delle Guide ci pesa.

19 ottobre 1993 “Domande e risposte”.

Guida: “Salve, amici. Dopo lunga pausa e dolorosa attesa, siamo

nuovamente insieme nell'unione vibratoria; insieme tentiamo ancora di

trovare ciò che ognuno di noi vorrebbe, ma ciascuno cerca a modo suo e

con le proprie finalità. Spesso pensate che dove sia la maggioranza lì sia il

giusto pensiero, dimenticando troppo spesso che ogni persona ha una sua

caratteristica principale, personale e una propria strada evolutiva con

necessità diverse. E quindi, se anche apparisse improvvisamente un

maestro riconosciuto dai più come tale, questi potrebbe non aderire

confacentemente alle necessità individuali di tutti i presenti, poiché il

livello di comprensione potrebbe essere modificato esclusivamente

attraverso esperienze con dinamiche personali che non rientrano ancora, o

non più, o di già, in ciò che quel maestro ha di suo ed è venuto a portare in

quell'ambito. Per cui, amici, è importante che ognuno di voi, pur seguendo

e sentendo ciò che noi esponiamo, continui a mantenere la propria ricerca

individuale con i propri mezzi e che solo riconoscendosi nel più profondo

del suo sentire si possa identificare con ciò che viene qui discusso. Se così

non è, non è un male, non è assolutamente una condanna, e non è una

vergogna sentirsi non in comunanza con ciò che noi andiamo dicendo;

poiché può essere che per vie diverse occorra fare strade alternative o

conoscere sfaccettature ancora più lontane. Sul percorso individuale tutto

è necessario fino a che non è escludibile per avanzamento di

consapevolezza e quindi perché ormai viene espulso da ciò che è già

compreso nel proprio bagaglio.

Allorché, dunque, un essere sente dentro di sé un richiamo diverso

tale che egli distolga lo sguardo da ciò che noi andiamo dicendo, non deve

sentirsi in colpa per questo; ma segua questo impulso, affinché esso possa,

o costituire il suo percorso, oppure essere superato ed escluso. Voi avete

un diritto al quale noi non vorremmo assolutamente dare una delusione,

114

quindi abbiamo ritenuto che questa breve premessa fosse necessaria

poiché alcuni di voi sentono anche richiami diversi, verso altre filosofie o

dottrine, e hanno innescato un senso di colpa, nel timore di essere poi

condannati o incompresi. Era perciò necessario fare questa piccola

spiegazione.

Lasceremo ora alle vostre domande il seguito del dibattito.

Angela: Vorrei sapere, per cortesia, perché si nasce gemelli e se il

karma che lega un gemello al proprio genitore è simile anche per l'altro?

Grazie.

Guida: “In ogni nascita vi è sempre una scelta individuale per

proprie necessità di comprensione. Se si è abbastanza cresciuti

spiritualmente e maturi, attraverso l'aiuto di Guide apposite, si può

coscientemente indirizzare la propria prossima incarnazione avviandosi

verso ciò che è più necessario in funzione a ciò che ci manca. Questo vale

per tutti coloro che hanno maturato un inizio di apertura alla

comprensione, ovviamente sempre accompagnati. Per altri invece, che non

hanno ancora individuato le proprie necessità, questo lavoro viene fatto

dalle Guide spirituali, che si accollano volentieri il carico di scegliere, per

lo Spirito, il suo ambiente, i suoi genitori, e ciò che gli sarà necessario per

vivere determinate esperienze.

La scelta del gemello può avere per alcuni una motivazione e per

altri un'altra. Non si può generalizzare. Migliaia sono i motivi e quindi

non è possibile rispondere alla tua domanda in modo generale. A volte

può essere perché occorre superare la gelosia vissuta troppo fortemente

verso fratelli, gelosia che ha portato a delle esasperazioni emotive e che

ha portato magari a una vita di fraterni dispetti, vendette, cattiverie, e

quindi l'essere legati a un gemello aiuta a far sentire il legame più forte,

come primo passo per imparare cosa sia un'affinità familiare. A volte,

invece, il motivo può essere l'opposto, ad esempio conoscere un legame

eccessivo con il proprio fratello, magari a discapito di qualcun altro, e

quindi vivere gemellato può significare una più forte sofferenza, perché

magari il proprio gemello non corrisponde allo stesso modo. Quindi, come

vedi, i motivi sono sempre e comunque individuali. La domanda dunque

va rivolta a te specificatamente, e perciò andiamo nel tuo personale

karma, nel tuo personale percorso. Tu perché sei nata gemella? Io invece

ti chiederei perché lo vuoi sapere. Cos'è che ti fa sentire il desiderio di

sapere cosa significa essere gemelli a differenza di fratelli? Poiché ti è

strana forse una sensazione di sintonia più profonda? Oppure ti è strano il

115

non avere la stessa sintonia che in genere, si dice, abbiano i gemelli?

Oppure ti è strano averla solo in fasi alternanti? Quindi la risposta sta

nella motivazione della tua domanda. Perché vuoi sapere qual è la

differenza, quando in realtà non ve n'è una?

Per quanto riguarda il karma dovrei ripeterti le stesse cose. I karma

sono sempre collettivi, familiari e contemporaneamente individuali. Non

può un gemello essere, amica cara, la fotocopia di quell'altro ed avere lo

stesso legame evolutivo; dimentichi sempre che è la parte umana,

individuale, l'io, che tu vedi nel tuo gemello e in te, cioè l'involucro. Ma

lo Spirito all'interno ha percorso strade lontane, diverse, forse simili, ma

non uguali. Due gemelli potrebbero essere lontani anni luce in

evoluzione, e potrebbero essere stati uniti in funzione ad una forte sintonia

proprio perché uno aiuti l'altro in campo vibrazionale e lo trascini dietro

suo malgrado; oppure potrebbe essergli un'appendice, una continuazione,

quasi come se fosse stato plagiato precedentemente e quindi continui a

rimanere legato all’altro come un parassita o per sua volontà; oppure

potrebbe dipendere dal gemello, perché è stato parassita prima di sua

volontà e quindi, questa volta, vive in funzione alle emozioni dell'altro.

Quindi, cara amica, sarei ben disposto a rispondere alla tua domanda sul

piano personale, ma credo che il fatto che ti ponga questo problema in

maniera così rilevante e così forte a livello emotivo e non mentale,

dimostra che il punto per te è un punto doloroso, dolente, un punto che ti

fa molto male. Allora, amica mia, chiediti perché ti fa così male. Perché

non ti riesce di accettare questa realtà, di una diversità di trattamento,

quando, secondo te, siete simili. Allora forse non si ama allo stesso modo.

Ma non siete, amica mia, una mela divisa in metà, ma due mele che

sembrano due metà. Allora questo è il tuo punto dolente sul quale devi

meditare molto. Forse un giorno questa risposta ti verrà data ma, amica,

solo quando tu avrai già trovato una tua verità.”

Armida: Nella trasformazione che sta avvenendo, voi avete parlato

anche di trasformazione fisica. Vorrei sapere qualcosa su ciò. E poi avrei

ancora un'altra domanda sul karma collettivo: se vi è immobilità da parte

di un componente, cosa succede? ci si blocca tutti, non si evolve, o è

possibile comunque continuare?

Guida: “La trasformazione assomiglia ad una candela accesa; più

intensa è la fiamma e più la cera discende e si liquefa. La fiamma è lo

stoppino centrale dello Spirito, la cera è l'io. L'io non può essere disgiunto

dal corpo, è un tutt'uno. L'io mentale, l'io emotivo, soffrono e creano le

116

pustole. L'io si trasforma poiché lo Spirito riesce ad insegnargli a

controllare. Ebbene lo Spirito controllerà anche il corpo, la mente e il suo

vissuto emotivo; e quindi controllerà anche l'uscita, l'emersione o la

sparizione delle pustole, poiché riuscirà ad equilibrare nel corpo ciò che lo

Spirito ha trasformato. Questo si intende quando si dice che la

trasformazione dello Spirito avviene sul piano materiale. Vecchi detti

dicono che ciò che è nell'anima si vede nel viso; lineamenti morbidi,

aggraziati, pelle trasparente, occhi che parlano. La trasformazione

trasforma la materia, la cura o non la fa ammalare, quando non vi è questa

necessità. La trasformazione purifica l'energia, i canali percettivi e quindi

la corrente riesce a mantenere sempre più il controllo sull'esasperazione

della materia, sulla propria potenzialità. Il controllo è la comprensione. La

comprensione significa evitare le conseguenze inutili delle cause aperte, e

quindi avere interrotto la necessità della malattia o dell'accidente.

Trasformazione è dunque necessità di riportare la materia sotto il

controllo dello Spirito, sotto un'altra frequenza vibratoria più elevata;

necessità che aumenta a mano a mano che l'evoluzione si incammina verso

una più profonda consapevolezza. Più si è consapevoli e più si è belli,

piacevoli. Può sembrare strano all'uomo, ma la bellezza, che è soggettiva,

si vede da ciò che traspare e non da ciò che l'uomo chiama bellezza; da

ciò che si dà agli altri con un sorriso, con uno sguardo, e da ciò che gli

altri si accorgono di prendere.

Il karma collettivo non significa, amica, che tutti hanno lo stesso

problema, la stessa necessità, significa che più persone che hanno

necessità diverse, similari, vivono per un certo periodo la conseguenza di

una causa simile, oppure subiscono lo stesso effetto per cause diverse.

Persone che si trovano contemporaneamente sullo stesso aereo che cade,

hanno evoluzioni diverse, strade percorse diverse tra loro, ma tutte

moriranno allo stesso modo, nello stesso momento, e questo è un karma

collettivo. Ma i karma comunque, amica mia, se li andiamo a vedere nelle

loro sfaccettature, non possono essere altro che sempre collettivi, poiché

l'uomo vive nella collettività, l'uomo ha una famiglia, degli amici, persone

che lo possono compiangere nell'ora del suo trapasso. Comunque l'uomo

nella sua evoluzione umana allaccia rapporti che avranno a loro volta

conseguenze su altri rapporti in un immenso mosaico, e quindi un karma

non può mai essere visto solo a livello individuale ma deve tenere

presente l'incastro degli altri karma nel suo. Persino un gatto ha un karma

collettivo, legato, ad esempio, alla fine che farà o alla vita che ha condotto

con gli esseri umani, e a volte è causa di karma di altri gatti, avendoli

magari messi al mondo. Bloccare un altro essere non è mai possibile.

117

Ognuno si blocca o avanza da sé. E se l'altro si fa bloccare da qualcuno, è

perché lui si sta facendo bloccare, non perché l'altro lo blocchi. In ogni

caso, sempre e comunque, ognuno è responsabile innanzitutto di se stesso,

anche quando, e a maggior ragione, si subisce un karma negativo. Se, ad

esempio una persona viene soppressa da un'altra persona, comunque la

prima, pur essendo la vittima, è responsabile della propria morte. Non è a

caso che essa sia stata la vittima dell'assassino, ma prima di tutto e

innanzitutto ha completato la causa della propria responsabilità. Quindi in

ogni caso ognuno è responsabile di se stesso, qualunque azione egli

faccia. E se dunque qualcuno inserito in un gruppo sembra

apparentemente bloccare un karma collettivo, non è a caso che questo

accade e non è che si blocchi il karma, ma questo è semplicemente il

mezzo che conduce l'individuo ad affrontare la propria responsabilità.

Ognuno è solo su questa via, pur aprendola agli altri, nel dare e nel

ricevere, sempre solo, perché solo è di fronte a se stesso e alle proprie

responsabilità.”

Carlo: Mi è sgorgata una domanda emotiva, che in questo momento

ha priorità su tutto quello che avevo preparato in precedenza. Quanto ci

hai molto ben spiegato poc’anzi, circa un maestro riconosciuto dai più,

vale anche per Gesù Cristo o c'è qualche differenza?

Guida: “Vale a maggior ragione, amico caro, per Gesù Cristo, ma

attenzione, io non parlavo del maestro ma di colui che si pone davanti al

maestro. Tant'è che Gesù Cristo sulla croce, pur essendo egli il Maestro, a

fianco ha avuto due reazioni diverse da due specifici esseri umani che

avevano comprensioni diverse.”

Lucia: Quanto è necessario scendere a compromessi con gli altri per

accettare le decisioni della maggioranza?

Guida: “Sono due domande separate. Accettare compromessi con gli

altri è una; seguire le decisioni della maggioranza è un'altra; l'unirle crea

caos, crea disordine, crea ipocrisia, conflitto, angoscia. Ebbene, accettare i

compromessi quando se ne ha una causa, un motivo per il quale il nostro

essere riesce ad entrare nel compromesso, o per ideale, o perché ha uno

scopo, necessario ad accettare il compromesso, già di per sé crea il

conflitto e genera il senso di colpa. Ma quando un compromesso non

viene assecondato per un motivo personale, per una convinzione radicata,

ma semplicemente per seguire una maggioranza che ritiene essere più

118

giusto qualcosa di diverso da ciò che noi riteniamo sia, crea ancora più

sofferenza e rottura, poiché la decisione non è neppure supportata dalla

nostra convinzione. Quindi genera non solo un futuro senso di colpa ma

anche un futuro problema di disistima nei propri confronti.

Io non credo che sia giusto accettare compromessi quando non vi è

alla base una causa, uno scopo, una motivazione, nella quale credere.

Credo che mai sia giusto accettarli solo in funzione di un'opinione altrui

foss'anche quella giusta; poiché prima o poi salterebbe fuori che noi

avremmo fatto diversamente se non fossimo stati costretti dalla

maggioranza. Il conflitto diventerebbe una scusante per giustificarci, e

quindi non potremmo comprendere né ciò che in realtà noi veramente

volevamo fare, né la motivazione e tanto meno arriveremmo alla

comprensione della motivazione del perché abbiamo accettato il

compromesso.”

Teresa: Ti vorrei chiedere, se è possibile, quali esercizi pratici mi

potete consigliare per riuscire a superare un ostacolo che ultimamente è un

problema per me, cioè, accettare l'amore degli altri così come loro mi

amano e non come io vorrei che mi amassero. In questo momento, ciò mi

fa soffrire parecchio. Mi rendo conto che la causa è in me ma non riesco a

capire come devo lavorare in pratica, in concreto, per superare questo

gradino. Grazie.

Guida: “Vorresti una medicina per i tuoi mali. Tu li chiami esercizi

pratici e io penso che tu vorresti una pillola risolvi-problemi. Temo che

proprio nella non accettazione, nella non comprensione stia il tuo

esercizio pratico. Più tu ne patisci, più ti ribelli, più tenti di accettare e non

riesci ad accettare e più vai contro il tuo esercizio pratico. Comincia ad

accettare il fatto che non accetti.”

Paolo: Il 21 giugno voi avete detto che se noi avessimo esposto le

nostre comuni necessità evolutive saremmo arrivati a scoprire una verità

comune. Posso sapere qualcosa di più su questo punto?

Guida: “Credo, amico caro, che dovrei stare in silenzio per poterti

dare questa risposta. Il viaggio comune o individuale è inteso come tappe

graduali che voi fate da soli, con una guida che vi dice semplicemente

dove inciamperete, poiché camminate a tentoni; ma il viaggio, amico, lo

dovete fare per forza voi.”

119

Piero: Io percepisco il limite del mio sentire. Quindi a volte mi

chiedo se è possibile avere delle indicazioni su come questo sentire si

affini.

Guida: “Col dolore. Il dolore affina molto; riesce a far entrare

dentro di sé e ad aprire in maniera esclusiva la capacità del proprio

sentire. Quindi scegli una qualunque via che ti porti a soffrire molto.

Puoi scegliere la via del fachiro, se soffri troppo il dolore fisico;

oppure quella del mistico e andare ad isolarti su di una montagna, in

ginocchio e nudo al freddo, pregando; oppure entrare in tutta la

conoscenza, con sofferenza nel tentativo di accumulare il più possibile,

per imparare a tirare fuori tutto ciò che hai dentro e ampliarlo.

Diversamente, amico, puoi accettare i mezzi che ti sono stati dati.”

Vittoria è assente alla seduta in quanto sta assistendo in ospedale la

madre che è stata operata. Paolo formula la domanda alla quale Vittoria

desidererebbe avere risposta: “Le sensazioni, la sensibilità nuova che mi

sta nascendo porterà a...?”

Guida: “ ... Ad esasperare maggiormente i suoi problemi. È

preferibile che la tenga a freno, altrimenti non sarà più in grado di

rimanere con i piedi per terra. La dolce, buona, e sensibile Vittoria, spesso

perde di vista ciò che è il suo compito, che è occuparsi di se stessa. Allora

diciamo a Vittoria che in questa vita il suo karma è molto più facile di

quanto lei possa credere, perché se per gli altri è superare il proprio “io”

verso lo Spirito, lei deve tornare verso la materia per superarla. Prima

deve accettarla, quindi viverla e non può continuare ad insistere a

spostarsi su piani ideologici, perché cadrebbe non in un’acutizzata

sensibilità ma in un'acutizzata malattia mentale.

Quindi deve sì percepire, ma razionalizzare sempre e comunque,

tornando possibilmente sulla terra prima possibile. Anche se ciò potrà

farla soffrire e deluderla nel suo profondo amor proprio, è necessario che

si renda conto che tutto ciò che vede e sente, spesso è solo la proiezione di

ciò che vorrebbe vedere e sentire; non perché non potrebbe vedere e

sentire ma perché proprio il suo punto cardine è rimanere nell'equilibrio.

Ora vorremmo ancora dire due parole prima di salutarvi. Noi

lavoriamo con voi con molta gioia, ma, poiché voi tendete a fare sì che

noi diventiamo un nodo scorsoio, allora allentiamo la presa.

Arrivederci, amici cari.”

120

25 ottobre 1993

È stata una serata confusa. Vittoria è ancora assente; l'assistenza alla

madre in ospedale la assorbe completamente. Laura è nuovamente a

Roma. Si è discusso un po' della situazione di Vittoria, si è poi passati a

fare qualche considerazione su una frase detta dalla Guida la settimana

scorsa: “Ma poiché voi tendete a fare sì che noi diventiamo un nodo

scorsoio, allora allentiamo la presa”. Sono emerse le diverse

interpretazioni che ognuno dava alla frase. Poi il dibattito si è orientato

sulla questione della dipendenza o non dipendenza dalle Guide, per

scivolare nuovamente su modalità organizzative, programmi e tecniche

da sviluppare.

La prossima riunione è fissata fra 15 giorni, essendo lunedì prossimo

il primo novembre. Si è convenuto comunque che chi lo desiderasse potrà

incontrarsi a casa di Teresa, previa conferma.

27 ottobre 1993 “Alcuni pensieri sulla denominazione del

gruppo.”

Il gruppo del lunedì già come vocaboli suona male a Carlo quando

affermava che il nostro non deve essere un gruppo del lunedì ma un

gruppo sempre, intendendo, che se si è amici non si può esserlo solo il

lunedì.

Io sostenevo che definirlo “del lunedì” era un modo per

caratterizzarlo, per riconoscerlo fra gli altri gruppi nei quali ognuno di noi

è inserito, e per ragioni affettive sostenevo che dovessimo continuare a

definirlo così; ma ora sono d'accordo con le argomentazioni di Carlo e

credo che dovremmo titolarlo diversamente.

Caratterizzare temporalmente il gruppo non dice niente su quel che il

gruppo è, o, meglio, dice soltanto che ci incontriamo il lunedì.

Che cos'è che mi ha fatto cambiare idea?

Alcune considerazioni e tre fatti dell'ultimo momento.

Oggi non avendo granché da scrivere sul nostro incontro di lunedì

scorso mi sono messo a leggere la nuova enciclica del papa.

L'enciclica imposta la discussione (finora ne ho lette soltanto poche

pagine), partendo dal dialogo di Gesù con un giovane ricco (Mt.19,16):

“Maestro che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?” Il nucleo della

risposta fu: “Ama il prossimo tuo come te stesso” e poi “Se vuoi essere

perfetto, va, vendi quello che possiedi ed avrai un tesoro nel cielo; poi

vieni e seguimi”. Ho pensato che come quel giovane chiedeva lumi per

121

cambiare, per migliorarsi nella direzione giusta, anche tutti noi siamo

incamminati su un percorso di cambiamento (Cfr. le diverse domande alla

Guida dell'ultima seduta. - Angela: ... I karma dei gemelli sono simili...?;

Armida: In questa trasformazione che sta avvenendo...ci si blocca tutti?;

Carlo: Qual è il valore che dobbiamo dare a Gesù...?; Lucia: Quanto è

necessario scendere a compromessi...?; Teresa: Ti vorrei chiedere ... quali

esercizi pratici..?; Paolo: Qual è la verità comune che dovevamo

scoprire?; Io: È possibile avere indicazioni...?; Vittoria: A cosa mi

porteranno le mie nuove sensazioni?). Il cambiamento che desideriamo

(parlo per me) è il più consapevole possibile; e in questo percorso non

disdegniamo, anzi ricerchiamo, e a volte in condizioni di dipendenza, un

rapporto con Guide ed entità provenienti da altra dimensione.

L'esperienza del gruppo e nel gruppo è esperienza di crescita, è

cambiamento. Direi che è esperienza proprio finalizzata al cambiamento,

ma ho la sensazione che quest'ultima affermazione non ci trovi tutti

d'accordo. Comunque, che il cambiamento sia la finalità del gruppo o

soltanto conseguenza dell'esperienza che stiamo facendo insieme, a me va

bene lo stesso.

E il cambiamento, da quel che si evince dal nostro fare e dal nostro

parlare, è orientato al conoscerci e al migliorarci, è orientato all'Unità, o

se vogliamo, allo star meglio insieme, all'amarci, al realizzare felicità,

armonia, salute, ecc.

Il secondo fatto che mi ha fatto pensare che dovremmo veramente

dare un nome diverso al nostro gruppo è successo ieri sera.

C'è stato un incontro fra i genitori di bambini della seconda

elementare, le catechiste dell'oratorio ed il parroco del paese per

organizzare e dare l'avvio all'anno di catechismo.

Il tema scelto dagli operatori, sul quale si orienterà il lavoro

dell'anno, è “Dio mi ama”.

Oh se fosse veramente possibile far fare quest'esperienza ai bambini

con un corso di catechismo!!! Ma almeno ci tenteranno, e l'impostazione

che il parroco ha dato al lavoro mi è piaciuta molto.

Più o meno ha detto così: “Cercheremo di fare in modo che questi

bimbi non debbano sorbirsi delle prediche che comunque non

capirebbero, ma partendo dalle loro esperienze, dal loro essere bimbi,

dalle loro esigenze, faremo in modo che insieme facciano esperienza di

comunità, camminino insieme, diventino amici; e nel vivere queste ore

insieme, giocando, cantando, facendo altro, imparino ad aiutarsi

vicendevolmente. “Dio ti ama” deve diventare espressione di vita vissuta;

122

l'amore espresso nell'amicizia, per esperienza fatta insieme, è sintonia

all'amore di Dio”.

Ma questo non è quanto cerchiamo di fare anche noi?

Terzo fatto, ma non certo ultimo, l'intervento di Lidia lunedì scorso,

che ci ha ricordato l'importanza della pratica.

Dobbiamo cambiare nome al gruppo!

Definiamolo: Gruppo di cambiamento - Gruppo di crescita - Gruppo

di esperienza - Gruppo di auto-aiuto - Gruppo di sensibilizzazione - o

semplicemente - Il Gruppo.

Cambiargli il nome servirà anche a ricordarci la finalità del nostro

lavoro, che non è solo quella di incontrarci il lunedì.

8 novembre 1993: “A voi, grandi immortali”.

La seduta è iniziata nel disordine; si sono sbrigate pratiche

burocratiche riferite all'alloggio che abbiamo affittato come sede del

gruppo. L'inizio del lavoro è anche stato rallentato dall'indecisione sulla

modalità di lavoro da intraprendere. Con un'ora di ritardo si è deciso di

fare la seduta. Laura è entrata in trance mantenendo il silenzio. A noi non

è stato molto chiaro se avrebbe parlato oppure no; allora ad un certo

punto è stata interrotta la catena e si è ritornati a discutere, probabilmente

con la nostra solita veemenza, sulla trasparenza, esercizio che non era

ancora stato concluso.

Laura continuava a rimanere in silenzio ad occhi chiusi, la qual cosa

non era normale; noi non sapevamo bene come agire. A un certo momento

si è comportata come se dovesse parlare ed allora noi abbiamo ripreso a

fare la catena. È intervenuta una Guida:

Guida: “Voi. Voi. Voi. Voi, voi, voi, e ancora voi. Voi, e poi voi.

E dopo voi, e sempre voiiii, comunque voi, solo voi, soprattutto voi.

Aldilà di tutto, voi. Prima e dopo, voi. Ciò che voi volete, voi, e ancora

voi. Nessuno sa annullare per un istante ciò che è, quello che ha stabilito

debba essere dentro di sé. Se, famelici spettatori, vi divorate da soli, siete

il vostro pasto quotidiano. Ossa degradanti e pure carne fetida; piccoli

esseri, consumati dal loro potere. Il desiderio di ciò che è, al di là di tutto

e di chiunque, senza dare, senza pazientare, senza rispettare, senza

sacrificare. Allora noi vi dedichiamo questo inno: “A voi, grandi

immortali”.

123

Le reazioni del gruppo sono state diverse, fra chi si aspettava un

intervento del genere e chi invece ha percepito le parole della Guida come

particolarmente pesanti.

È intervenuto anche Gabriele attraverso la scrittura automatica.

Lele: “L'avventurarsi nelle sfere sottili e partecipare ad un dialogo

con noi può fare accadere di tutto, ma sicuramente non può accadere nulla

che non vi sia necessario.

Non è la forma espressiva che smuove vibrazioni emotive? Voi non

siete forse dei pedestri insensati, che considerate solo ciò che voi vorreste

da noi o da altri? Non avete molta considerazione per voi stessi, perché se

l'aveste cerchereste di interrogarvi di più sulle dinamiche.

Ci vuole una concentrazione molto forte anche solo per capire un

brano di lettura. Quindi la concentrazione richiede attenzione. Quanta

attenzione mettete? Quella che vi fa comodo solo fra una discussione e

un'altra.

Il silenzio sarebbe per voi una condizione obbligatoria, perché nel

silenzio vi accorgereste delle priorità, dei diritti, del rispetto dei tempi e di

voi.

Non si può attendere all'infinito che vi rendiate conto di essere

egocentrici.”

Questo ulteriore messaggio ci colpisce profondamente e, in qualche

modo, ci sprona.

Ognuno di noi elaborerà in se stesso le parole sentite. Comunque,

come gruppo, abbiamo preso la decisione di iniziare ogni incontro, in

orario, con un periodo di meditazione, in modo da lasciar iniziare il lavoro

alle Guide se lo desiderano, e comunque interrompere la catena solo su

indicazioni di Laura, per evitarle, se è possibile, la sofferenza che ha

subito oggi. La discussione avverrà dopo la seduta.

15 novembre 1993 “La chiarezza e il rispetto di sé”.

L'incontro è iniziato con la concentrazione e si è presentata subito

una Guida.

Guida: “Ottima ripresa, amici cari. Dopo avervi tartassato

vorremmo questa sera cercare con voi un punto comune, che ci faccia

riflettere sulla necessità di questi incontri così particolari per noi e per voi.

124

Innanzitutto spero che le vostre motivazioni personali, nel tempo, si

siano chiarite a voi stessi, e che nel periodo di altalenanza cui noi vi

abbiamo sottoposto volutamente, voi vi siate posti la domanda di quanto

tutto ciò per voi potesse essere importante e quale finalità fosse per voi

necessaria.

Una domanda questa che ognuno di voi dovrebbe porsi sempre e

comunque quando si accinge a fare qualunque cosa, nelle piccole e nelle

grandi cose; nei rapporti con gli altri e con se stesso.

Poiché, amici, la trasparenza, che è sinonimo di chiarezza, è

soprattutto interiore, verso se stessi.

Dovremmo sempre considerare che i doveri che noi abbiamo verso

gli altri li abbiamo, innanzitutto principalmente, verso di noi. Se, amici, ci

considerassimo entità separate da noi, ci rispetteremmo di più. È perché

con noi stessi abbiamo confidenza che riteniamo di non essere rispettosi,

di non applicare a noi ciò che non vorremmo non fare o fare agli altri.

Come quando due persone entrano in un rapporto più stretto e interviene

una maggior confidenza allora decade per disabitudine un certo tipo di

rispetto e subentra quasi una forma di maleducazione e di poca

considerazione dell'esigenza altrui, così accade anche verso il proprio sé

interiore.

Sarebbe utile, per facilitare la comprensione verso noi stessi, creare

una sorta di alterego, sdoppiarsi, per meglio considerare, valutare e

rispettare il nostro io interiore, al quale potremmo dare un nomignolo

affettuoso. Così io potrei dire di me stesso, alla fine di una giornata,

quanto e come sia stato rispettoso e amabile nei miei confronti; quanto io

abbia seguito il principio di considerazione e rispetto verso me stesso.

Poiché il rispetto parte innanzitutto dalla trasparenza e dalla

chiarezza, appare dunque ovvio che la prima regola verso di noi è cercare

di comprendere quale motivo ci spinge ad agire verso una decisione

anziché un'altra, verso una persona o un’altra, oppure semplicemente

verso ciò che noi probabilmente deviamo con le nostre considerazioni

alterate dalle nostre necessità apparenti, egoiche, personali.

Allora vi siete posti la domanda, nella nostra assenza: “Quanto mi

può importare questo rapporto con voci incomprensibili e forse

allucinatorie, che arrivano con prepotenza nella mia vita e pretendono di

insegnarmi qualcosa?”

Forse ci siamo anche comportati in modo, un po' indisponente,

trascendendo la vostra volontà di un rapporto confidenziale, amorevole,

ma voi avete semplicemente mosso le energie che vi erano necessarie.

125

Quindi vi siete posti le domande: “Quanto mi interessa? A cosa

credo di poter arrivare? Qual è lo scopo, l'obiettivo verso il quale io, in

questo rapporto, mi pongo? Cosa mi aspetto? Quanto voglio veramente

metterci di mio? E a quale pro mi interessa tutto ciò? Qual è il mio vero

rapporto con gli altri? In che misura questa comunicazione mi dà o mi

toglie, in quanto mi sento crescere o decrescere? Come mi considero

rapportato a tutto ciò? Se, e come, e quando, entità unica chiusa nel mio

piccolo egoismo di necessità quotidiana, sono disponibile a far passare ciò

che mi viene elargito? Quanto io veramente sono disposto a dare di

quanto ricevo, e che importanza io credo di aver dato a tutto ciò?”

Mille domande vengono a proporsi in questo contesto, soprattutto

quando noi manchiamo. Quando la nostra compagna o il nostro compagno

si allontana, ci si pone allora la domanda: “Quanto ci è necessaria, e

quanto può essere importante per noi?” Oppure viceversa: “Quanto noi

siamo necessari, o siamo importanti?”

Quindi nella lontananza, nella mancanza, si pone la domanda: A

cosa in realtà tutto ciò può servire? Quanto mi può essere mancato? Ma

non solo, amici, mentalmente, poiché, ricorderete che è il piano emotivo

che fa reagire ed agire, e quindi soprattutto è attraverso le vibrazioni

emotive che voi emanate e che noi elargiamo attraverso voi che il nostro

rapporto si crea e si salda. Quindi, quanto del piano emotivo riuscite a

fare vibrare in voi? E soprattutto quanto di tutto questo vi rimane? E

soprattutto cosa vi fa trasformare di ciò che voi raccogliete da questo

albero? Cosa vi resta, cosa riuscite a dare altrove? Come vi ritrovate,

l'indomani con voi stessi? Tutto ciò vi è servito per riflessione? Vi è

servito a muovere anche soltanto un piccolo, un piccolissimo blocco?

Ecco, queste sono le domande che voi vi dovreste porre, amici cari,

ma non le dovete porre solo nei nostri confronti, ma sempre e comunque

in ogni cosa voi facciate.

Questo è il rispetto per se stessi: l'importanza della chiarezza,

l'importanza di sapere sempre quello che si vuole, come ottenerlo nel

modo più chiaro possibile, ed essere soprattutto più coerenti.

Se qualcosa non ci convince, ci disturba, non ci piace, è preferibile

allontanarlo, rifiutarlo, metterlo da parte, perché portarlo avanti

comunque, forzatamente, solo perché potrebbe un giorno essere utile

significa tradire se stessi, così come tradireste un amico al quale direste sì

pensando no.

Quindi la trasparenza, amici, non può essere perpetuata quando non

la si ha interiormente.

126

Non ha importanza arrivare a trovare in noi sempre buone cose,

sempre risposte che fanno piacere. Potremmo anche trovare in noi

motivazioni che non ci fanno comodo, che ci fanno sentire meno di quanto

noi ci stimiamo, perfino degradanti e riprovevoli ai nostri occhi. E questo

non deve creare un senso di colpa, o di disattenzione, o di diversità, ma

deve essere però preso in considerazione con un atto di coraggio, la presa

di coscienza di considerare il proprio vero stato interiore.

Non ci si può comprendere, amici cari, quando all'interno di noi non

vi è chiarezza, poiché se ognuno di noi mente a se stesso non potrà che a

sua volta mentire agli altri, che a loro volta, mentendo a loro stessi, nella

comunicazione verbale e sottile non potranno che trasmettersi menzogne.

E mai si riuscirà ad ottenere un equilibrio armonico, vibratorio,

emozionale e mentale, perché i vostri sé interiori sanno e riconoscono

tutte le verità vostre e quelle altrui, giacché appartengono ad una sola

verità.

La chiarezza, amici, non può essere finalizzata semplicemente a farci

sentire meglio. Spesso per chiarezza si scambia un semplice svuotamento

delle proprie responsabilità, per chiarezza si scambiano croste di ipocrisia

che rimangono inalterate, anche se appare che uno riesca a dire cose che

non direbbe in modo diverso. La chiarezza e la trasparenza vanno unite a

una adeguata saggezza, che significa dire ciò che l'altro può comprendere

o accettare, o che gli è necessario per la sua misura di comprensione, e

non sono semplicemente il buttar fuori ciò che si pensa ci faccia sentire

meglio, più liberi, senza ci preoccuparci se all'altro è servito o lo ha

danneggiato.

Attenzione, amici, la trasparenza è un'arma a doppio taglio anche

quando la applicate a voi stessi. Può accadere che, nella convinzione di

crederci chiari con noi stessi, mentiamo nuovamente; e così facendo ci

raccontiamo bugie su altre bugie.

Spesso è più facile credere in ciò che vorremmo che fosse anziché

vedere la realtà.

E allora può accadere che, demotivati per tutt'altri motivi sul

percorso intrapreso, ci si racconti che non si è in grado di poterlo fare, e

così appaia che questo sia un arrivare ad una chiarezza: Ci si dice: “fino a

ieri ho creduto di essere così bravo; oggi riesco a capire che era una mia

illusione e quindi chiarisco finalmente con me questa mia incapacità”. Si è

messa a posto la coscienza, ma non si è fatta la chiarezza. Non basta

capire, credere di capire, occorre anche andare oltre e chiedersi perché.

Qual’ è il motivo che adesso mi fa vedere me stesso meno di quanto io mi

vedessi fino a ieri? È un reale motivo? Ho avuto realmente prove che mi

127

abbiano dimostrato che io non valgo quanto credevo? Oppure in questo

momento mi fa piacere crogiolarmi nel vittimismo poiché mi gratifica?

Oppure è la paura di non farcela che mi fa dire questo? Oppure è il mio

orgoglio ferito che mi fa retrocedere su quanto fino a ieri credevo!

Quando si inizia il percorso all'interno di noi, amici, si cade sempre

negli eccessi; si cade in tutte le trappole che l'io, pronto a difendersi,

tende. Poiché noi crediamo di riuscire a sconfiggerlo raccontandogli

favolette.

Ogni volta che noi abbiamo creduto di sciogliere un nodo, l'io ne ha

già costruiti altri dieci intorno, invisibili e stretti, e ci vorranno anni prima

di riuscire a scovarli; ci vorrà altra sofferenza, ulteriori delusioni, ancora

patimenti, ancora sferzate dolorose. E crederemo mille e mille volte di

aver raggiunto lo scopo, la vera chiarezza, la trasparenza con noi, quella

con gli altri, e di riuscire ad essere sinceri. Ma anche la sincerità a volte,

amici, anzi spesso, è esattamente la faccia nascosta della menzogna.

Essere sinceri con chi? Con noi, col nostro io che ci mente; oppure

coll'essenza che sa.

È l'io che è insincero, amici; lo è per sua natura; lo è per difendersi;

lo è per progredire, per espandersi, per sopravvivere, per constatare che è

meglio e più di altri.

L'io è una menzogna, e quindi non può che essere completamente

menzognero.

Nessuno, e dico nessuno, quando è nella materia, può essere sincero.

La sincerità è semplicemente quello che c'è nell’interezza del sé interiore,

la spinta emotiva, quella che non ti fa pensare, quella che ti fa agire

inconsideratamente; quella che ti fa dire: “Ma chi sono? Perché ho fatto

così? Perché ho agito così?” Ma dopo che lo hai fatto, amici, non prima di

averlo fatto. Perché nel momento che si pone in atto il proprio sentire

mentale, si è già nella menzogna. Non esiste verità nella mente, poiché la

mente è fatta esclusivamente per contestare, per combattere lo Spirito;

perché deve essere il terreno fertile nel quale devono agire i batteri di tutto

ciò che diventerà poi motivo ed occasione di insegnamento; e quindi non

può essere mai sincera.

E allora come si fa a distinguere se la nostra mente è una trappola, se

l'ego è pronto per divorare noi e chi sta vicino a noi, dato che la nostra

mente è solo insincerità pura e noi possediamo la mente per elaborare?

Come utilizzare uno strumento per sconfiggere un altro strumento?

Ebbene amici, l'assurdo sta nel fatto che non va utilizzato lo

strumento per sconfiggere un altro strumento, poiché esso si annullerebbe

da se stesso e non sarebbe più neppure lo strumento utilizzabile alla

128

sopravvivenza di se stesso. Ma esso va soggiogato. Come? Direte voi.

Messo da parte. Come? Direte voi.

Ebbene, amici, l'unico modo è riuscire ad entrare nel fondo

dell'emozione; vivere sempre l'emozione; scoprire l'emozione. Dietro ogni

gesto, dietro ogni parola; dietro ogni desiderio, amici, c'è un'emozione; è

solo quest'emozione che vi fa capire cosa siete veramente, come vi

comportate; che vi fa entrare nella vostra verità. È l'emozione, amici, che

è sincera, qualunque essa sia. La rabbia, l'odio, l'invidia, il rancore sono

verità, amici. Quella è verità; qualunque essa sia, l'emozione solo è verità.

Il desiderio, la necessità vengono tutte elaborate dalla mente, che

devia per scopi suoi personali di autoalimentazione espansionistica,

finalizzata sempre, amici, alla prevaricazione, sempre, sempre, sempre

all'allontanamento dall'Unità.

Quindi, amici, l'emozione è la scintilla divina; l'emozione è la

vibrazione dell'Amore. L'emozione è il raggio che parte dal centro. È

l'emozione che voi dovete vivere, ampliare, portare fuori, tirar fuori.

E allora quando voi volete sapere se siete chiari, andate a vedere

cosa provate, veramente dentro, dentro, dentro; non guardate quello che

sentite passare nella mente; scendete nel vostro pozzo, perché là solo c'è

la vostra vera essenza, verità, sincerità. Qualunque essa sia non

condannatela, non combattetela. Guai combattere l'essenza; cresce,

matura, emerge per imparare. E a che serve, quando la rabbia sale dalle

viscere e arriva alla mente ritenersi intelligenti e forti, perché dite: “Io la

posso controllare, la mia rabbia; la blocco; non la faccio uscire; non

l'alimento.”?

Ebbene, amici, è così che soffocate voi stessi; è così che avete, al

contrario, fermentato la vostra rabbia, che diventerà ancora più potente,

ancora più forte, e quando riuscirà, a vostro dispetto, a venir fuori, sarà un

vulcano in ebollizione e non potrete più controllarla. Ecco che vi

accorgerete di quanto poco voi potete controllare il vostro vero essere

interiore. E incomincerete nuovamente il ciclo continuo del raccontarvi

bugie; e quindi nuovamente cadrete nell'allontanamento dall'Unità.

L'Unità è il vostro sentire, è la vibrazione emozionale unita

all'Amore. L'allontanamento, amici, è lasciare che la mente lavori, viva e

si impossessi di voi; la mente vi allontana dal centro, dal fulcro, dall'Unità

che è Una, unica, sola, indistinguibile da voi, inimmaginabile per voi,

incomprensibile per voi.

Allora abbiamo iniziato questa serata cercando uno scopo comune

fra noi e voi; e lo scopo è forse nel fatto che noi siamo quel vostro sentire

che voi volete allontanare con la vostra mente, con le vostre parole, con il

129

vostro girare intorno, al vostro vero stadio emotivo. Poiché la mente nega

ciò che il cuore sente; e la mente allontana ciò che il cuore avvicina.

E allora, amici, ogni volta che i vostri sentire emotivi, che il vostro

Amore, sarà affievolito dalla vostra mente, noi, amici, ci allontaneremo

silenziosi, perché noi non possiamo vibrare con le vostre menti, ma solo

con il vostro Amore. E quando noi sentiamo invece questa vibrazione

dentro di voi allora possiamo comunicare con gioia, gioia e gioia, poiché

solo così, nel ricevere da voi, possiamo restituire ciò che voi ci date, noi

possiamo ricambiare; ma se le vostre vibrazioni sono mentali, voi potrete

accedere solo a coloro che vivono in quel piano, e quindi, amici,

sprecherete un'occasione di vero Amore.”

22 novembre 1993.

Si è attivata la nuova sede. Quindi questo è il primo incontro nel

nuovo locale, un po' freddino. La stufa a gas fatica a scaldare l'ambiente.

Sono assenti Laura, in viaggio per Roma, e Maurizio, al quale è

morto il suocero.

È tornata ad essere presente Vittoria, la cui mamma è stata dimessa

dall'ospedale.

Il lavoro della serata è consistito in un confronto, che ha coinvolto

tutti i presenti, sui cambiamenti di motivazione e di comportamento in

ciascuno di noi da quando partecipiamo al gruppo.

Ognuno ha espresso il suo “percepire”, anche se non sono mancate le

solite fughe sul teorico delle quali chi scrive e Carlo, non sanno farne a

meno!

Il verbale termina qui.

Il martedì compio un esercizio di trasparenza sui miei vissuti di ieri

sera. Che cosa posso offrirvi che venga dal mio “di dentro”?

Chiudo gli occhi, mi interiorizzo e attendo che il pensare vada in

libera associazione rilevando sensazioni e idee.

Inizio dalla mia sinistra, come ieri,

Paolo, caro Paolo, la tua premura è commovente, ma perché la sento

“recita”? Tutto nel tuo esprimerti è sentito da me come molto controllato;

è come se il tono di voce non cambiasse mai; è come se non potessi

scioglierti; è come se non potessi ancora essere libero; ti sento come la

persona meno libera nel gruppo. Percepisco anche altri come non

completamente liberi, mi viene in mente Lucia; lei vorrebbe ma teme,

parla poco, si sente al margine. Tu, Paolo, vuoi esserci, ti proponi, ma

130

sempre in modo molto misurato, ed io soffro ancora la tua forma e la

sento costrizione; ti sento formalmente perfetto, e questo stride con il mio

modo di pormi a volte superficiale .....

Cara Teresa, che vuoi cambiare e vuoi che noi ti aiutiamo a scoprire

strumenti. La consapevolezza è cambiamento; e consapevolezza è essere

svegli e soltanto uno che si sta svegliando può dire: “Aiutatemi a

cambiare; cosa e come devo fare per cambiare?” Uno che dorme non si

preoccupa di questo. Vai serena; stai attenta a te, senza costringerti in

schemi predefiniti; vivi, e sii attenta; il cosa ed il come verrà, si chiarisce

man mano che ci svegliamo. Non avere fretta; le cose che dico a te sono le

stesse che dico a me; d'altronde non può essere diverso

Lidia, grazie della tua maturità, e della tua libertà; è così che ti

percepisco nei miei confronti e nei confronti di te stessa. È un lontano

ricordo il momento del tuo imbarazzo verso di me; è comunque a te che

devo la spinta a “sbrogliarmi un po’”, quello che adesso sto chiedendo a

Paolo.

Carlo, il tuo entusiasmo è grande, la tua logica è ferrea e la tua

pignoleria è eccessiva e ti va di avere l'ultima parola. Anche a me va di

avere l'ultima parola ed è per questo che sono sempre molto sollecitato a

discutere con te.

Armida, ho del turbamento nei tuoi confronti, forse per quel che ho

voluto dirti ieri, ma perché l'ho detto? Cos'è che mi disturba della tua

“comunione” con Paolo? forse la gelosia, del non avere avuto finora nella

mia vita la medesima opportunità? Io mi rispondo di no! Ma non so se la

risposta è proprio vera ma c'è un altro aspetto del mio turbamento ed è

quello di sentirti, direi troppo presa dallo Spirito. Forse perché, come dice

Carlo di me, ne ho paura; è come se tu avessi superato le colonne d'Ercole

ed io ancora patissi molto l'ignoto. Non so se è questo. Il disagio che

provo nei tuoi confronti è lo stesso che provavo, e che ora non provo più,

per Vittoria. La percepivo sulle nuvole; ora è come se l'esperienza del

ricovero della mamma l'avesse avvicinata di più alla mia idea di

equilibrio.

Angela, reciti molta sicurezza e autorità. Se è vera, e solo tu lo sai,

sei molto fortunata. Ma a volte la sicurezza rende inflessibili ed è quello

che a volte percepisco in me.

Vittoria, già detto. Grazie per il tuo entusiasmo, per la serietà,

l'impegno e la tua trasparenza.

Alessandro, cerca, cerca, cerca, e stai sicuro che verrà il giorno che

finalmente avrai l'illusione di aver trovato; ma dopo un po', scoperto che

131

la verità è sempre solo verità parziale, ricomincerai a cercare. Questo è il

nostro destino, ma ci avvicineremo comunque sempre di più a casa.

Ho riletto tutto; chissà in quale trappola dell'io sono nuovamente

caduto!

La mia intenzione cosciente vuole essere buona e mi sto chiedendo

se quanto ho scritto può servire a chi l'ho rivolto, ma tra il volere essere ed

essere c'è molto da scoprire, e il futuro lo chiarirà.

29 novembre 1993.

Questa sera le Guide non si sono presentate. Sospesa, su indicazione

di Laura, la catena, la discussione si è orientata su un confronto di

sensazioni relative alla giornata di festa, trascorsa tutti insieme ieri a casa

di Teresa.

Sono emerse, in un contesto di sempre più serena trasparenza, i vari

sentire dei presenti, nelle loro diverse caratterizzazioni.

6 dicembre 1993: “Un rapporto più profondo”

Guida: “Salve, amici, salve a tutti.

Il rinnovarsi dei nostri incontri ci ritrova ogni volta più in sintonia

con voi, poiché amici, nel frattempo siete sempre più umili e sempre più

forti. Poiché, amici, è nella vera umiltà la forza che fa sì che si riesca a

percepire la particella infinita della propria visione della verità.

L'umiltà, amici, fa sì che noi siamo aperti verso gli altri senza

pregiudizi, senza preconcetti e quindi non poniamo barriere precostituite.

Riusciamo a recepire ciò che gli altri ci comunicano, anche in un

linguaggio non verbale ma a livello sensitivo di vibrazione emozionale.

L'umiltà inoltre ci pone nella condizione di apertura verso qualunque

tipo di apprendimento che noi possiamo percepire in noi, intorno a noi e

sempre attraverso noi. Ciò comunque è legato alla capacità di ognuno di

recepire l'altro utilizzando la sfera emozionale della capacità affettiva.

Voi ben sapete, amici, che quando voi riuscite ad amare gli altri

vedete in loro il positivo che non avreste visto semplicemente in un

rapporto confidenziale ma non affettivo.

Inoltre quando si ama si tende a cercare di comprendere di più l'altra

persona; non ci si sofferma ad un giudizio superficiale ma si

approfondiscono le cause e i motivi di apparenti comportamenti errati o di

presunte offese nei nostri confronti. Infine si tende sempre, per amore, a

132

giustificare l'altro. Ecco che in questo rapporto si dà all'altro la possibilità

di rendere come una candela accesa; la luce che emana intorno brillerà ma

includendo anche se stessa. Quindi è in questa forza che noi riusciamo a

sentirci a nostro completo agio ed è in questa forza che va via via

rafforzandosi fra voi una acuita comprensione, un acuito senso di

reciproca intenzione di aiutare e di assecondare il fabbisogno altrui nelle

sue necessità personali ed evolutive, non nel voler dare solo quel che si ha

dentro o si desidera per sentirsi bene, gratificati e realizzati nel proprio

amore. In questo modo si accetta l'altro, e non solo lo si accetta, ma

addirittura per amore, si trovano alfine simpatici quelli che un tempo

potevano sembrare difetti.

Quando si ama, amici, ben sapete che dopo un po' il volto della

figura amata per noi, si trasforma e, anche se ha un piccolo difetto, esso fa

parte di quella persona e noi lo ameremo a tal punto che se non lo avesse

più non ci sembrerebbe più la stessa. E nel contesto anche quel difetto

diventa parte integrante dell'oggetto al quale noi volgiamo lo sguardo nel

donare il nostro amore.

Così accade, amici, quando in un gruppo si formano delle correnti

così forti d'affetto che fanno sì che i limiti, che al primo approccio

potevano apparire sgradevoli diventino infine una simpatica e piacevole

caratteristica che se così non fosse, non potrebbe più denominare e

riconoscere questo particolare individuo dall'altro. Ad un certo punto si

sente che l'unità è completa solo quando tutti quanti, con le loro

particolari modalità, sono presenti e sono così come sono e non diversi o

come noi vorremmo che fossero. Strada facendo, amici, vi accorgerete che

ognuno di voi ha preso dall'altro e viceversa, e vi renderete conto che

tendete tutti a formulare gli stessi pensieri, gli stessi desideri, gli stessi

modi di elaborazione. Pur mantenendo le vostre caratteristiche, più entrate

in sintonia fra di voi e più un giorno ritroverete nel gruppo un'unica entità

che viaggia sulla stessa sintonia; e provando a rivedere fra qualche tempo

le domande che già vi facemmo porre a voi stessi, sul come voi vi

vedevate nel bene e nel male, e come avreste visto i vostri amici, fra

qualche tempo, vi assicuro che nel rileggerle scoprirete che tutti vi vedrete

nello stesso e identico modo e con lo stesso e identico sentimento.

Quando ciò accadrà voi sarete, amici, nello stesso sentire.

E questo è il sentire che comunica con voi ora. È il sentire dello

Spirito che non ha nessuna qualità e nessun difetto, che è, e non può

essere altro che ciò che è, e che non ha aggettivi ai quali si possa

aggiungere altro che è, nell'infinito eterno presente al quale voi nella

vostra unione potrete collegare tutti i vostri passati e tutti i vostri futuri. E

133

il giorno in cui accoglierete anche solo un attimo del vostro sentire

dimenticherete di avere degli ieri e dei domani, perché, in quell'attimo, nel

sentirvi un'unica forza, voi vi renderete conto di non avere più una vostra

storia.

Quindi, amici, è in questa vibrazione che noi felicemente ci

apprestiamo ad aprire un nuovo ciclo di lavoro.

Quindi con il prossimo incontro, a Dio piacendo, inizieremo un

rapporto più profondo con voi, un rapporto nel quale ognuno finalmente

riproporrà ciò che gli è più caro, ognuno di voi e ognuno degli amici che

verranno a parlare con voi.

Vi anticipiamo che saremmo felici se finalmente vi accorderete su un

argomento sul quale dibatteremo fino a quando ormai domande non ve ne

saranno più.

Il lavoro finalizzato al crearvi meno aspettative, al rendervi più

aperti e disponibili nell'accettazione nostra e dei vostri compagni, è ora

terminato.

Se voi rimarrete sempre ricettivi, umili e comprensivi, credo che non

si dovrà più ritornare al tipo di lavoro effettuato finora: più o meno da

padre a figlio educando. Ma nel tempo ricordate che non appena ci

accorgeremo che state scivolando nell'abitudine, nell'aspettativa, nel

desiderio esasperato, nella dipendenza, sia pur minima, nella necessità di

avere una forza esterna alla vostra forza interiore, a quel punto queste voci

inopportune torneranno a tacere.

Vi ringraziamo del lavoro che avete svolto e della volontà e

dell'impegno che voi avete messo, poiché anche in momenti difficili e

dolorosi voi siete riusciti a mantenere inalterato il vostro interesse, pur

dovendolo per forza indirizzare in un senso diverso dalle vostre

aspettative.

Per ora ci fermiamo qui. Credo che abbiate da discutere questa sera

su quanto vi abbiamo detto. Siate come sempre aperti; non abbiate paura

di dire ciò che pensate; non cercate di essere diversi da ciò che voi siete,

ma ricordate sempre che il rispetto va dove voi riuscite a trovarlo.”

Ascoltiamo, di seguito, una voce mai sentita prima.

Sigfrido: “Amici, sono Sigfrido. Sono sempre stato ritenuto uno

stupido, lo stupido del paese. Amici, io, lo stupido del paese, ho costruito

una palla. Vi sembrerà facile forse ma non ho trovato molta gente che è

capace di costruire una palla. Forse voi con i vostri mezzi moderni potete

costruire le palle; ma io, lo stupido Sigfrido, non avevo nulla per

134

costruirla. Il problema sorse quando io costruii una palla e poi mi ci misi

dentro per chiuderla. E la mia palla fu la mia tomba; perché tutti

cercavano Sigfrido di qua o di là, “Dov’è Sigfrido, lo stupidotto del

paese?” Ed io ero nella mia palla, bella, splendida palla.

Veramente la volevo far rotolare giù dal pendio contro la chiesa,

contro il cancello della chiesa, il portone, quando era aperto durante la

Messa. Rotolare, rotolare della mia palla e finire a buttare giù il prete che

diceva che Sigfrido era uno stupidotto.

Ma io non ho trovato più il modo di far rotolare la palla che si è

inceppata da qualche parte e ci sono rimasto dentro.

E così Sigfrido se ne andò in silenzio e solitario, sul pendio,

inceppato nella sua palla.

Doveva essere la mia gloria ed è stata la mia tomba.

Tutto il paese doveva dire quanto era bravo Sigfrido nel costruire la

palla; e quel maledetto prete si doveva mettere sotto la mia palla; perché il

prete era quello che diceva che Sigfrido era uno stupidotto; e tutti

dicevano che lui aveva ragione, perché il prete, amici, ha sempre ragione,

qualunque cosa dica; e quindi io volevo dimostrare che il prete non aveva

ragione e che era più stupidotto di Sigfrido, lo stupidotto.

Ma io, amici, nella palla ci sono rimasto.

Perché mai, ora, a distanza di qualche secolo, vi vengo a raccontare

la mia storia? Perché voi, amici, vi costruite da soli le vostre palle.”

La prima comunicazione ci aveva comunicato uno stato di

entusiasmo e quasi di euforia. L’intervento di Sigfrido, alquanto

malizioso, conclude la serata velandola di dubbi. Quando impareremo a

non aver più necessità delle provocazioni delle Guide? Certo oggi sono

ancora indispensabili per farci acquisire le consapevolezze che ne

conseguono fatalmente. Ogni volta quante aspettative, quante lusinghe

dell’io vedono la luce! Quanti orgogli feriti vengono denudati!

13 dicembre 1993 “Il denaro ed il potere”

In apertura di riunione si decide di parlare del denaro e del potere.

Dopo un lungo dibattito compaiono le Guide.

Ermenegisto: “Si dia questa sera, amici cari, libera apertura al

dibattito da voi proposto.

Il denaro. Quale sia la funzione esatta nei confronti del denaro, e in

che rapporto l'uomo possa e debba mettersi.

135

Poiché ognuno di voi può avere il proprio personale rapporto con il

denaro per specifiche personali esperienze, o per eccesso o per difetto, noi

non possiamo entrare nel dettaglio del merito soggettivo, perché ognuno

vive il rapporto col denaro nella misura in cui gli è concesso di averne, o

nella misura in cui sente ancora la necessità primaria di autorealizzazione,

non considerando se stesso quale unico e importante mezzo di

realizzazione ma come asservitore di qualcosa che all'esterno gli dà la

possibilità di realizzarsi. Questo vale per qualunque cosa, oltre al denaro,

nel quale l'uomo pone la sua attenzione facendone una finalità e uno scopo

e non un mezzo da usare per la propria realizzazione.

Mi pare ovvio che come ogni cosa esistente, il denaro, di per sé, non

è né bene né male. È, e basta. È il rapporto che l'uomo ha con esso che fa

diventare il denaro, come ogni altra cosa, bene o male. Per cui ognuno

vive come costrizione o liberazione uno stesso oggetto che ha migliaia di

modi di interpretazione e di vissuto, a seconda del proprio sentire

interiore.

È ovvio che noi, in una funzione generale, non possiamo che ribadire

che il denaro, come ogni altro mezzo, è sempre e solo un mezzo che può

essere utilizzato non solo al fine di avere dei maggiori vantaggi personali

ma anche per poter aiutare gli altri ai quali sentiamo la necessità di andare

incontro.

A seconda dell'utilizzo che l'uomo crede di poterne fare e a seconda

del proprio rapporto, l'uomo ne è padrone o ne è sottomesso. Quindi,

poiché queste cose ritengo che voi già le sappiate, credo che sia più

importante discutere i vostri rapporti personali con ciò che per voi è un

piacere o un problema. Chi di voi vuol approfondire a livello soggettivo e

personale il proprio desiderio di chiarezza nei confronti del denaro può

porre la domanda.

Oserei però innanzitutto dichiararmi.

Molto lontano nel tempo, io appartenevo ad una famiglia molto

ricca, quindi il mio rapporto con il denaro, in quella situazione, era di

privilegio, ma in quella situazione io ne fui totalmente succube. Pagai

amaramente quell'errore, che mi fu necessario per comprendere quanto il

denaro, come ogni altra cosa, debba essere un mezzo e non un fine, debba

essere a maggior ragione un modo, per chi ne ha la possibilità, di

realizzare in pratica ciò di cui va blaterando di credere. Io mi chiamo,

amici, Ermenegisto. A quel nome sono affezionato, e poiché voi date

importanza ai nomi, poiché i nomi rivelano una personalità ed una

individualità precisa, mi incontrerete sempre come Ermenegisto.

Attendo.”

136

Carlo: Io credo che il denaro non possa essere il fine, caso mai il

fine è il potere ed è questo l'argomento di cui noi avremmo avuto piacere

di discutere. Poi il denaro può essere finalizzato all'ottenimento del

potere, non sicuramente al fine di avere del denaro e basta, perché non

avrebbe alcun senso. Quindi il problema, secondo me, non è tanto il

denaro quanto il desiderio di potere sugli altri e su se stessi. Non so se mi

sono spiegato.

Ermenegisto: “Forte e chiaro! Un appunto però lo farei.

Direi che ognuno dovrebbe comunque parlare della propria

personale esperienza e del proprio sentire. In realtà denaro e potere vanno

a braccetto per coloro che li pongono sullo stesso piano, soprattutto in

un'epoca in cui tutto vige in funzione di un messaggio di comunicazione

nel quale il denaro viene collegato al potere. Ma di per sé le due cose

viaggerebbero in modo parallelo ma ognuna per suo conto. Il potere, o il

desiderio del potere, o la manifestazione delle qualità del potere, hanno

radici più profonde, che vanno spesso al di là della possibilità di

collegarlo al denaro, poiché il potere viene collocato in più settori e in

molti modi. Il potere di per sé può essere esercitato anche senza la

dicotomia potere - denaro. Molti esempi si potrebbero portare dove il

denaro non ha nessuna attinenza con il potere. All'interno di un gruppo

spesso si creano forme di potere pur non essendoci finalità economiche.

Nelle più piccole e nelle più grandi comunità, persino tra gli ecclesiastici,

in un piccolo chiostro di suore può essere esercitato il potere. Il potere è

ciò che l'uomo desidera per sentirsi realizzato, poiché non sente di

esistere in quanto entità; è una forma di annullamento, di annichilimento

dell'individuo e quindi io non ho fede in me stesso, non pongo in me

fiducia e stima per cui necessito di fattori esterni per far sì che io abbia i

mezzi per diventare o essere ciò che non mi sento in quanto entità.

Il denaro, legato a questo discorso, diventa per forza di cose un

esternare la propria potenza, quando si pone come obiettivo il realizzarsi

attraverso ad esso. Il potere quindi in se stesso non ha forma; è legato al

denaro solo in conseguenza di un vuoto interiore. Il fatto di avere denaro

ma di avere dentro di sé la necessaria convinzione di poter essere e valere

nella giusta misura fa sì che l'uomo non debba cercare nel denaro, e di

conseguenza nel potere, ciò che gli manca all'interno. Quindi per un uomo

equilibrato, sicuro e armonico, il denaro non è un nemico e non può

diventare un mezzo di potere.”

137

Alessandro: Quando un individuo è messo a contatto con il denaro e

lo deve gestire, impara comunque ad avere dimestichezza con esso e

inevitabilmente si pone la scelta di come usarlo. Ovviamente è facile

cadere nella possibilità di poterne abusare o di mal gestirlo. Che

significato ha una situazione del genere nell'evoluzione di questo

individuo? È una condizione di prova per lui?

Ermenegisto: “Un giorno mi divertii molto a dare a un mendicante

un sacco pieno di tozzi di pane duri come il marmo e mi sentivo

importante nel concedere al mendicante gli avanzi della mia cucina.

Da molto tempo chiamavamo i mendicanti alla fine del pranzo per

dare loro i nostri resti. Ma vedendoli buttarsi su questi resti con ingordigia

pensavo che forse io esageravo per il loro bene nel dare sempre questi

avanzi poiché dicevo che poi non sarebbero stati in grado di procurarsi il

cibo da sé, se io fossi mancato un giorno a dispensare loro la mensa.

Un giorno dunque diedi a un mendicante un sacco di pane duro come

il marmo e questo mendicante non possedeva un dente e tentava di

mordere questo pane con le sue gengive avvizzite. Alfine tentò

disperatamente di succhiarlo, di leccarlo, non c'era modo. Così il

poveretto pensò che forse sbriciolandolo con una pietra sarebbe riuscito a

mangiarne. Si mise dunque sull'aia, prese un grosso sasso, e incominciò a

battere sui tozzi di pane. Quando ebbe finito non rimase neppure una

briciola, perché nel frattempo uccelli e polli si buttavano sulle briciole di

pane e il suo tesoro svanì completamente. Lascio a voi l'interpretazione di

questo episodio.

Ma, amico, senza averne l'opportunità come puoi sapere se tu sei o

non sei in grado di gestire una qualunque attività? Se io non ti metto alla

prova tu non puoi sapere qual è il tuo valore. Se non vai in guerra non sai

se sarai un codardo o un eroe, e se questa volta scapperai, la prossima

volta lo stridore delle spade ti farà tornare indietro per salvare un tuo

amico, magari soffrendo per essere scappato la volta prima. Perciò vai

tranquillo nell'errare perché è solo dall'errore che la volta dopo saprai qual

è il tuo valore ed il tuo limite. Non è nell'errore l'errore, ma è nella

incapacità di comprenderne il significato, nell'assumersene la

conseguenza; nel non comprendere ciò che esso insegnava.

L’errore non è l'errore, è la stupidità del non aver compreso

l'errore in sé. E dunque, amico, che tu ne abbia o non ne abbia, non ha

alcuna importanza in sé, poiché se ne hai o non ne hai non dipende mai da

te.”

138

Vittoria: Sento di dover ringraziare molto mio padre che mi ha

insegnato ad avere un po’ le mani bucate. Soprattutto in questo periodo

sento un’esigenza di sperperare, nel senso di donare, i pochi risparmi che

ho. Però entro ancora in discussione, qualche volta, con mia madre,

perché dice che bisogna comunque tenere perlomeno un po' di denaro per

il futuro, perché non si sa mai cosa può succederti. Vorrei sapere la tua

opinione.

Ermenegisto: “Come in ogni cosa, amica cara, la via del giusto

percorre sempre la via del mezzo. E allora dunque la metà è per oggi, la

metà è per domani. Ovviamente poi anche questo discorso in via molto

generale è superficiale poiché spesso ciò che si ha non è sufficiente

neppure per l'oggi. Io credo che occorra essere cauti, tenaci, ma seguendo

sempre ciò che ci detta il nostro personale modo di sentire, anche se poi

ne paghiamo le conseguenze, ma per imparare occorre fare di cuore e

testa propria.

Temo amici, che il tempo concessomi in questa serata stia per

concludersi, odo voci lontane che mi richiamano.

Nel lasciarvi devo porgervi un messaggio da parte delle Guide che

non sono presenti verbalmente ma che qui presenziano, onorate nell'essere

qui con me e con voi in una sintonia amorevole.

Il messaggio che vi porto vuole essere un seme gettato nel vento, che

chi vuol raccogliere raccolga e porti dove meglio crede.

Si avvicinano ora feste alquanto strane ma che ripetonsi da anni nelle

vigilie delle notti buie per festeggiare un triste evento che portò su questa

terra un uomo che andò a patire sul suo calvario. Vorrei ricordarvi di

essere in questa occasione diversi da come siete sempre stati e di non

cadere nell'obbrobrio di sprecare denaro in inutili oggetti e piccole

stupidaggini, doni fatti per convenienza soltanto perché occorre farlo. Se

voi sacrificaste un pochino, non dico tutto, ma un pochino di questo

vostro piacer nell'acquistare per fare piccoli donetti a questo e a quello, in

pro di qualcuno che necessita in realtà, credo che poi fareste onore e

omaggio al vero dire e alla vera venuta di una santità innata, che si

trascinò dietro colpe e misfatti di tutti.

Allora questo messaggio, un po' inconsueto, un po' traballante che io

vi ho comunicato da parte delle Guide ed al quale mi unisco volentieri,

spero vi porti per quest'anno più di quanto voi possiate aver dato, in

cambio in serenità; la serenità che significa trovare in sé ciò che non si

ha.”

139

20 dicembre 1993

Mancano Alessandro, Angela e Armida e Carlo se ne va presto

perché ha ancora molto lavoro con il trasloco che sta facendo.

Laura è molto stanca. Non si fa la seduta, anche se alcuni di noi non

sono d'accordo.

È l'ultimo giorno di incontro prima del Natale, ci si fanno gli auguri

con una bottiglia di spumante e lo scambio di piccoli regali.

Per la serata non c'è un argomento definito da discutere. Il confronto

si orienta su problematiche portate da Laura relative ai rapporti con i suoi

figli.

Al termine viene chiesto un parere di Gabriele.

Lele: “Siamo molto stanchi ed esauriti. La fine di un anno difficile

chiude in bellezza fra tanti brindisi e cotillon e prelude a un anno futuro

ancora più complesso per il vostro povero pianeta esausto e consumato.

Esiste ormai il caos e ciò può creare solo altro caos; perciò è

necessario vivere il presente nella sua intensità completa. Vivete le

emozioni ed i secondi e viveteli al meglio. Le piccole questioni quotidiane

e personali vanno risolte con la giusta ottica e in serenità d'animo nel

lasciare affluire il proprio sentire, qualunque esso sia, e sul momento

senza programmarsi comportamenti a venire.

Viviamo l'oggi per l'oggi, e l'attimo per l'attimo; ciò che vale ora

potrebbe essere rivoluzionato fra un secondo. Il relativo è anche nel

sentire personale, nello svolgersi degli avvenimenti e nella concatenazione

dei fatti nelle loro variabili.

Siate voi stessi, nel bene e nel male, che ritenete essere nella vostra

relatività.

La serata vi dimostra quanto ognuno non può fare per gli altri più di

quanto non riesca a fare per se stesso.

Riceviamo da voi ottimi impulsi, perciò vi esortiamo a seguire il

vostro sentimento.

Il nostro augurio è di mettere in pratica ciò che avete imparato e di

essere la testimonianza pratica delle vostre teorie.

Il Natale per noi ha solo un senso di rinnovamento e di testimonianza

dell'Amore e dell'Unita'.

Nell'“Io sono la via, la vita”, c'è tutta la verità.”

17 gennaio 1994

140

Questa sera siamo tutti presenti; sono rientrati sia Laura da Roma,

sia Alessandro dall'India. La seduta è iniziata in ritardo, perché c'era nei

presenti molta curiosità per il viaggio di Alessandro. Le Guide non si sono

presentate; cosi abbiamo trascorso la serata a parlare dell'India. Per la

volta prossima si è pensato di discutere del libro: “Io Sono”, la lettura del

quale ha scatenato nei partecipanti al gruppo reazioni diverse.

24 gennaio 1994

È assente Lucia. In apertura di serata si tenta la seduta, ma le Guide

non intervengono.

Armida comunica che, in occasione del suo ultimo incontro con lo

Spirito guida, questi ha rinnovato critiche al nostro operato all'interno del

gruppo: come aveva già affermato in precedenza, occorrono più

responsabilità e sincerità.

Questa affermazione accende una discussione sul nostro modo di

operare e Carlo, lamentando la tendenza sempre presente a impostare e a

mai concludere i lavori, ricorda che era ancora aperto il tema del denaro e

del potere. Paolo afferma di aver cercato di mettere in chiaro le sue

motivazioni più profonde riguardo alle dinamiche di potere all'interno del

gruppo e di aver rilevato la sua tendenza a voler ottenere l'affetto degli

altri partecipanti e quella di voler contribuire alla gestione delle riunioni

in maniera troppo incisiva, tendendo a far prevalere la sua volontà su

quelle altrui.

Su questa affermazione si apre un giro del tavolo, ma nella quasi

totalità degli interventi ciascuno ritiene che il problema per se stesso non

sussista. Laura poi, in particolare, sottolinea il giuoco di proiezioni in cui

Paolo può essere caduto.

Alla fine del giro Armida denuncia la sua insoddisfazione: a suo

parere non si è ancora scavato abbastanza in noi stessi.

Viene quindi affrontato il problema dei rapporti con gli Spiriti guida

e dell'eventuale dipendenza dagli stessi e della scarsa accettazione di se

stessi.

Viene quindi chiesto un commento di Gabriele sul punto.

Lele: “Perché vi volete così male? Il punto, amici cari, non è di

cercarsi colpe a tutti i costi, ma di cercare obiettivi a cui aspirare.

Quanta negatività volete ancora buttare fuori a tutti i costi? Perché

vedere i lati negativi e non quelli positivi che già avete acquisito?

Non vedo perché voi crediate che le cose che avete dentro non

debbano essere accettate, altrimenti non sareste più umani ma sareste

141

degli dei. Presunzione simulata in umiltà di confessarsi, quando basta

accettarsi e volersi bene così come si è, pur sapendo che con la volontà è

possibile trasformarsi gradualmente e in conseguenza al momento in cui si

è pronti a fare il passo. Non esistono chiarezze forzate, perché assumono

nuovi meccanismi di perversione mentale.

Noi vi assistiamo e siamo comunque presenti; stiamo organizzandoci

e non siamo intervenuti perché riteniamo che a volte la nostra mancanza

sia più da stimolo che la nostra presenza.

Noi vi vogliamo bene; siete troppo rigidi e fiscali; siate più liberi;

siate bambini spontanei, ingenui e vogliatevi bene così come siete.”

Alessandro ci ha consegnato la trascrizione di un colloquio con il

suo Spirito Guida. Trascrivo alcuni passi che credo utili alla nostra

ricerca.

D. Vorrei chiedere qualcosa sul gruppo del lunedì, anche se ho già

avuto notizie dai miei compagni, e sulla mia funzione in merito.

R. Il lavoro di ricerca in una unità, in un gruppo, è per te molto

importante e ti aiuta a mettere a punto degli aspetti della tua identità non

ancora ben espressi e ti insegnerà ad entrare in contraddizione senza

mettere di mezzo la tua suscettibilità, e questo è bene. Per quanto riguarda

il tuo ruolo all'interno dell'associazione, hai una forte capacità critica; sai

sentire per istinto; la tua anima è ipersensibile alle critiche e questo è un

compito, importante ed anche gravoso, ma per te essere critico è uno dei

modi migliori per sconfiggere le tue ambiguità.

D. In rapporto a cosa?

R. Questa tendenza a far finta di non aver capito. Bene, aiutati a

superarla, osservati e capirai.”

31 gennaio 1994 “Modifica del metodo di lavoro”

Quella di questa sera è la prima delle sedute con dialogo-dibattito tra

noi e le Guide. Per far comprendere come si svolgono, riportiamo molti

dei loro interventi; sintetizziamo invece al massimo i nostri discorsi,

spesso disordinati e confusi.

Guida: “Salve, amici cari. Nella lunga attesa abbiamo scrutato i

vostri sentimenti e i vostri più profondi sentire nei piani più sottili. Le

vostre vibrazioni ci inducono a ricercare in voi il primario interesse che vi

sprona a questi incontri fra voi e con noi. La vostra personale

142

motivazione, pur diversa per ognuno di voi, deve tuttavia coesistere in un

fine comune. L'approccio nei nostri confronti è comunque un approccio

che necessita di una vostra personale esigenza. Poiché se così non fosse

voi verreste meno al principio stesso degli incontri, che hanno lo scopo di

lavorare insieme alla propria trasformazione, seppure reciproca fra voi e

noi. Però, anche se le vostre motivazioni sono diverse e non richiedono

una necessaria similitudine, è invece necessario possedere uno scopo

comune. Nello scopo si trasmette il proprio amore, la vibrazione che

riflette il vostro sentimento. Se l'interesse non ha quella forza che fa sì che

dentro di voi si ampli il desiderio, voi rimanete dei tiepidi che non

possono ottenere risultati, e noi siamo limitati a voi.

Il cosiddetto mago ottiene i suoi risultati innescando proprio la forza

necessaria scaturita dall'enorme desiderio. Quando si desidera fortemente

ottenere un risultato, tutto il nostro essere impiega in maniera massima la

propria energia. Accade nelle reazioni di pericolo, di disperazione,

quando il nostro corpo, in situazioni estreme, reagisce con una forza

inaspettata. È il campo energetico che si amplia, aumentando al massimo

la propria forza e raggiungendo il limite del proprio potere.

La vostra forza scaturirebbe dal vostro forte desiderio nel voler

attuare un risultato e produrrebbe così un fenomeno.

Così non è solo la trasformazione del proprio essere, alla quale noi

tendiamo per voi e per noi, ma anche una espansione della vostra

cosiddetta coscienza della massima potenzialità. Anche attraverso le

vostre potenzialità voi potete produrre al vostro interno un'apertura del

canale energetico, affinché sia possibile il maggior sviluppo della vostra

intuizione, della vostra capacità di comprensione e del vostro essere di

supporto ad un canale che insieme può produrre maggiori risultati; ma che

nel tempo vi viene restituito nell'espressione delle vostre capacità

interiori. Il risveglio della coscienza non può che portare con sé anche il

risveglio di potenzialità latenti in voi che immediatamente vengono

risvegliate, perché voi lo avete desiderato; ma al fine di essere

nuovamente usate per la vostra miglior trasformazione.

Poiché dunque le energie si istituiscono quando i canali riescono a

predisporsi, solo voi potete essere i canali di voi stessi; per cui, amici,

acuite il vostro desiderio, tendete ad uno scopo comune e non temete di

non avere il diritto o di sentirvi incapaci, poiché ogni essere giunto alla

propria maturazione può, se vuole, sviluppare il proprio sé interiore e

portarlo a galla, a quel livello di comunicazione necessario a ottenere da

sé le risposte che cerca. Tuttavia nello spingervi a trovare e a sviluppare la

vostra interiorità manifesta, noi non vogliamo toglierci di mezzo, bensì,

143

attraverso la vostra capacità di canalizzare, aumentarne le possibilità di

comunicazione, affinché ognuno di voi possa trovare ciò che gli è

necessario anche da noi. Più siete e più noi siamo, più forti voi diventate e

più forti noi ci sentiamo e quindi più grande è la vostra forza, più energia

noi attingiamo che possiamo in qualche modo utilizzare a vostro e a

nostro favore per lo scopo prefissato.

Molto è il dispendio di energie fra voi. Sembrate, a vedervi, tanti

colabrodo perché non riuscite a trovare, ognuno di per sé, un punto focale

al quale indirizzare la vostra energia e la disperdete facendola scappare

dai buchi in mille rivoli diversi. Amici, ogni verità ha la sua giusta

concentrazione. Tutto è concentrato: dall'atomo all'universo, tutto viene

attirato al fulcro e non è disperso ma bensì molto compresso, perché si

mantengano insieme le molecole di tutto il creato. Voi invece disperdete

la vostra forza, e un torrente che potrebbe moltiplicare la sua forza

trovandosi in un punto ottimale di cascata si è invece disperso in piccoli

canali. Restituite a voi stessi la vostra forza; tornate ad essere unità, unità,

unità.

Ora staccate le vostre mani. Noi rimarremo comunque presenti

ancora un po' con voi; rilassatevi e parlate fra voi quanto più vi piace; non

fate caso a noi.”

Ci apriamo a una viva discussione, nel corso della quale

faticosamente ammettiamo che le nostre motivazioni possono essere

diverse, ma che pur tuttavia potremmo trovare uno scopo comune. Uno

scopo è la nostra trasformazione, quindi questo è quanto ci accomuna.

Abbiamo anche compreso che nel contesto di questo scopo, che è la

nostra trasformazione, ci viene suggerito di non disperdere la nostra

energia, perché se riuscissimo ad attivare il desiderio che è la molla della

realizzazione, potremmo sciupare molto meno.

Interviene di nuovo la Guida.

Guida: “Io sosterrei un piccolo punto, se non vi dispiace. Succede

che dovreste, secondo me, fare un passo indietro, piccolino, fino a quando

abbiamo cominciato a parlare. Mi pare che i miei emeriti colleghi dissero

tempo fa di individuare alcune tematiche particolari che vi stavano a

cuore. Ora, ricordiamoci che iniziaste con la paura. Tema molto profondo,

poiché gli umani sono governati dalla paura. La paura, dissero i miei

emeriti colleghi, dipendeva dai condizionamenti. Allora, perché non

partire dal domandare, non alla propria mente poiché inganna, ma

144

domandare al vuoto, al silenzio, al vostro vuoto e silenzio: Quali sono

ancora i miei condizionamenti?”

Noi interveniamo, ma le nostre risposte appaiono fredde, non dettate

cioè ancora dal cuore, ma piuttosto dalla mente.

Guida: “Rispondete con il cuore, amici. Siate sinceri con voi stessi.

Attenzione però! Nel porvi delle domande non dovete giudicarvi. Lasciate

che i posteri lo facciano per voi. Consiglierei di mettersi in una posizione

di osservatore senza emozioni, senza problemi. Poiché, amici, voi non

dovete giudicare se vi sta bene o se vi sta male, se ciò vi piace o non vi

piace; dovete solo rilevare. Cercate di essere distaccati da quello che vi

interessa, come se si trattasse di un altro e di normale amministrazione.

Dovete diventare dei patologi, sezionarvi senza impressionarvi.”

Proseguiamo a tentoni e con confusione. Non riusciamo a

comprendere come si possa concretamente osservare senza emozioni.

Guida: “Io credo che chi di voi abbia imparato a meditare sappia

come si fa il silenzio, ma a chi di voi ancora non lo sa, direi di usare

piccole tecniche, per esempio di concentrarsi su un piccolo punto

luminoso, reale o immaginario, oppure, di tentare di visualizzare un uovo

che si apre e in esso nascere il condizionamento: identificate in un pulcino

ogni vostro condizionamento. Il silenzio si fa spostando la propria mente

da se stessi e portando l'attenzione su altro, ridotto al minimo. È però

necessario che siate indulgenti con voi stessi. I condizionamenti seguono i

preconcetti, sempre, sempre. A seconda di cosa abbiamo inculcato,

vediamo le cose solo da quel punto di vista. Cercate nel vostro passato,

nella vostra infanzia le cose che vi hanno imposto e che avete preso per

abitudine, sulle quali non avete riflettuto né mai vi siete posti il problema.

Dicono che il latte fa bene, ma il latte fa veramente bene? E io perché

bevo il latte? Perché mia madre mi ha ripetuto tutta la vita che il latte fa

bene, e magari non mi piace neppure e non sono neanche così convinto

che mi faccia bene.

Un altro piccolo consiglio, se mi permettete. Non guardate le cose

nella globalità; non prendete il problema più grosso. Partite dai

particolari; il piccolo guida un altro piccolo e si risolve il problema

grande. Il grande spaventa e non ci si può concentrare. Si disperde

energia, non ci si focalizza e si perdono anche particolari. E poi di fronte

alle cose grandi la mente è furba, inganna, inizia a tessere trappole, mentre

145

quelle piccole è più facile identificarle. I particolari denotano spesso i

significati di grandi cose; perché da un piccolo particolare si può arrivare

all'universo e viceversa.”

La Guida ci invita ad avere più forza. Cosa vuol dire?

Guida: “Se per una lampadina necessitano 100 Watt, se si vuole

accendere un fanale occorrono più Watt. Allora, quanta forza mettete

veramente nelle sedute? Nessuna, nessuna! Quanto desiderio avete di

comunicare con noi? Niente! Praticamente se veniamo, veniamo, se ci

siamo ci siamo!”

Noi obiettiamo d’aver compiuto un intenso lavoro proprio per

ridurre le aspettative.

Guida: “Oh, le aspettative della dipendenza; non le aspettative per

lavorare su di sé. Nessuno, nessuno vi ha mai detto che voi dovevate

ridurre le aspettative sulla vostra trasformazione. Sarebbe utile che voi

desideraste di essere voi gli artefici e noi i consulenti. Invece cosa si fa in

genere? Si diventa succubi: “Oh quello mi ha detto così” e non si vede più

nessun'altra realtà, anche perché ognuno interpreta ciò che vuole e allora

possiamo dire: “Nero”, e ognuno pensa a un nero diverso, con sfumature

personali. Ben altro è lavorare insieme consapevoli che state lavorando

con e non per. C'è una bella differenza, molta differenza!

Ecco, mi è venuto un esempio. Quando eri piccolo tu avevi bisogno

della tua mamma, alla quale volevi bene; oggi tu puoi avere lo stesso

bisogno, lo stesso affetto, ma non ne sei più dipendente, viaggi da te, ti

confronti. Ecco, questo è il rapporto che noi desidereremmo avere. Però,

senza il vostro desiderio non è possibile ottenerlo. Spero di essermi

spiegato.

Non so se avete capito, amici, che abbiamo cambiato la dinamica

della serata: rispondete prima voi alle vostre domande, poi noi diremo la

nostra opinione, se è il caso.”

Decidiamo, per la prossima volta, di riprendere il tema dei

condizionamenti dopo aver realizzato un po’ di silenzio interiore.

Guida: “Canalizzate le vostre energie. Visualizzate le vostre

interiora e cercate di avere le risposte dal vostro sé. Cercate di unirvi

ideologicamente al centro e al campo di forza del gruppo, desiderate di

146

ottenere la vostra trasformazione e la nostra modesta compagnia; al che

uno di noi si presenterà e apriremo le danze.”

Riprendiamo a esporre i compiti fatti a casa, sulle nostre paure, e a

discuterli, tra noi e con le Guide.

Riportiamo, come esempio, l’intervento che queste ultime fanno a

commento di quanto ha raccontato Angela.

Angela: Una volta temevo il buio e l’ignoto; poi ho imparato ad

apprezzare e ad amare il buio, il silenzio, la solitudine, veramente ad

amarla. Avevo imparato ad amare me stessa, come essere umano, essere

che sa amare prima se stesso. Ho imparato a vivere da sola, è stato un

vivere da sola voluto, voluto veramente con tutta la mia forza, con tutta la

mia energia, con tutta la mia capacità.

Guida: “Vorrei compiere, se non ti dispiace, cara, e non lo prendere

come un appunto ma sempre come una rilevazione, una piccola

sottolineatura dal mio punto di vista. Secondo me la tua forza interiore è

ammirevole ma temo che tu ti sia un po' identificata in ciò. Insomma

penso che la paura di non essere capace di diventare autonoma e forte ti

abbia fatto assumere un ruolo con te stessa che non è così vero e reale, ma

assomiglia un po’ a un supporto difensivo, quasi una corazza. Tant'è che

ostenti un po' troppo, per essere vera, la parola amore. Penso che forse

possa essere una delusione ciò che io dico, ma credo che necessiti di

smascherarti un po' con te stessa, poiché l'appigliarti a questa nuova

immagine di te può diventare un pericoloso tranello e un grande

condizionamento; non è così indispensabile essere a tutti i costi forti,

poiché si è umani, poiché serve qualche volta piangere.”

Angela replica: Non è assolutamente una delusione, è sempre una

conferma a quello che io interiormente mi chiedo e ricerco volutamente.

Torniamo indietro, come tu hai detto, indietro, indietro. È una forza che

mi sono costruita veramente, volutamente, forzatamente per superare un

condizionamento enorme nei confronti di mia madre. Questa forza, questa

apparente forza mi fa vivere molto meglio rispetto ai tempi addietro. Sono

ancora forse molto lontana dal traguardo però cerco di non scendere a

compromessi e quando dico qualcosa a qualcuno è proprio quello che

sento, non sempre soltanto quello che mi è stato insegnato. Ecco questa è

una risposta ai condizionamenti. ... Mi maschero per non farmi sotterrare,

per venir fuori come essere umano.

147

La Guida risponde.

Guida: “Si passa da un estremo all'altro, nelle battaglie, per poi

tornare alla via di mezzo. Però amati anche se soffri, amati anche se ti

scopri a desiderare di essere amata e non amarti solo se ti senti forte,

perché altrimenti ami un'altra persona. E poi il traguardo (questo è un

punto sul quale sarà bene un giorno ritornare), il traguardo, amici, è

sempre solo il passo successivo; il resto è utopia, non esiste.

Vorrei soltanto dirvi ancora una cosa. Si sta consumando in parte un

elogio alla nostra follia, che è ciò che di meglio si ha a disposizione per

imparare. Ed è la follia necessaria per vivere. Non dimenticatela, questa

parte molto importante; che è quella vera, quella più sentita, quella più

istintiva; che va mediata dalla ragione, dalla saggezza, ma che va lasciata

libera, qualche volta.

Sono molto contento di essere fra voi, mi sento bene e mi fa piacere

sentire modulare le vostre vibrazioni; ora siete molto più calmi, all'inizio

della serata eravate tutti molto tesi. Purtroppo vi devo salutare. Continuate

da voi questo dibattito; continuate a riflettervi uno nell'altro; siate i vostri

specchi vicendevoli. A presto.”

4 febbraio 1994

Maurizio ha deciso di non partecipare più al gruppo e ci ha scritto

una lettera di commiato.

Molti di noi, in un modo o nell’altro, si sentono toccati da questo suo

gesto. Alcuni si sono colpevolizzati e sono riapparsi quei sensi di colpa

che credevamo di esserci lasciati alle spalle.

La discussione sulla sua decisione ci ha richiamati al nostro essere

nel gruppo. Ci si è così proposti come compito di rispondere alla seguente

domanda: “Quali sono stati i miei errori nei confronti di Maurizio?”

14 febbraio 1994

Si esaminano i compiti a casa. Ciascuno espone quelli che crede

siano stati i propri errori nei confronti di Maurizio. Alcuni però, come

Angela, ritengono chiaramente di non sentirsi in errore verso di lui, poiché

Maurizio ha fatto una scelta della quale è unico responsabile e che va

rispettata senza intromissioni.

16 febbraio 1994

148

Teresa organizza un incontro con Maurizio a casa sua, dopo avergli

parlato telefonicamente e invita tutti i componenti del gruppo che

desiderano parteciparvi; all'incontro sono assenti Carlo e Laura. Si

discutono le motivazioni per le quali Maurizio abbandonato il gruppo.

Dalla discussione emergono ulteriori elementi che evidenziano il

caratterizzarsi di una crisi al nostro interno. Su un punto però cominciamo

a far luce: ognuno è libero di entrare e uscire, ed è una decisione solo sua,

che gli altri devono accettare, senza sensi di colpa né proiezioni di propri

stati d’animo.

17 febbraio 1994

Piero scrive al gruppo una lettera aperta

“Cari fratelli in Dio e compagni di ricerca e di percorso, vi scrivo e

lo faccio con il cuore perché ognuno di voi è nel mio cuore. Il gruppo è

certamente un mio grande affetto, anche per quanto è momento di crescita

e di esperienza fondamentale.

Con questa mia lettera desidero esprimervi le considerazioni che mi

hanno condotto alla scelta che più avanti vi dirò.

Negli ultimi mesi un incalzare di situazioni hanno scatenato una

nuova crisi nel gruppo; crisi che, come tutte le crisi, è espressione di

cambiamento delle condizioni precedenti. Ogni crisi è momento di

pericolo ma contemporaneamente momento di sviluppo e possibilità di

evoluzione.

Ecco, questo è il punto: la crisi. Ed io mi sono chiesto come

intervenire e quali potevano essere i miei spazi per contribuire a far si che

la crisi avesse un'evoluzione positiva e non distruttiva per il nostro lavoro.

La risposta me la posso dare se riesco ad evidenziare gli aspetti della crisi

che si è manifestata.

Che cos'è che bolle in pentola?

1) Le nostre singole differenze di motivazioni ed obiettivi che invece

di essere gestite in modo da costruire “unità”, il più delle volte si

caratterizzano come spinte all'affermazione personale.

2) L'abbandono di Maurizio e le motivazioni da lui denunciate

nell'incontro da Teresa, evidenziano come non siamo “tutti per uno e uno

per tutti”, come invece sosteniamo a parole.

149

3) Il mio modo di condurre il gruppo, che da alcuni è accettato

acriticamente e da altri sofferto come arbitrariamente autoritario e non

rispettoso delle esigenze altrui.

4) Alcune critiche a Laura

5) Il caratterizzarsi di schieramenti all'interno del gruppo.

Questo è quanto mi viene in mente.

Poi ci sono i miei vissuti contraddittori: Perché devo coordinare il

gruppo? Chi me lo fa fare? Perché non potrei parteciparvi e basta? (Anche

se in passato ci ho già provato).

E poi, pur nell'affetto sincero, ho sensazioni ambivalenti nei

confronti di Armida e di Paolo. Non sono completamente libero nei loro

confronti e in particolare, rispetto a Paolo, da una parte provo una

profonda tenerezza e dall'altra un senso strano di gelosia e di minaccia: di

gelosia (forse?), per la sintonia che ha con Armida, di minaccia perché lo

associo all'origine degli scompigli nel gruppo, di tenerezza, perché è

tenebroso, triste e bisognoso di aiuto.

Inoltre, quanto c'è di verità nelle affermazioni di alcuni sul mio

bisogno di potere sul gruppo?

Continuo ad affermare che atteggiamenti di attaccamento non sono

favorevoli all'evoluzione. Ed io quanto ne ho di attaccamento nei

confronti di voi tutti e del gruppo come entità?

Il mio desiderio è che la crisi che stiamo vivendo si risolva in

positivo e sento la responsabilità di dover far qualcosa in tale direzione.

Alcuni punti fermi:

1) Il nostro gruppo non è una squadra sportiva, che ha la necessità di

regolare l'agire di ogni singolo sulle indicazioni dell'allenatore per poter

vincere un'altra squadra.

2) Non è un partito politico, che deve conciliare a tutti i costi le varie

posizioni di potere all'interno del partito stesso per presentarsi compatto

alle elezioni ed ottenere più voti rispetto agli altri partiti.

3) Non è una setta che ha dei dogmi da sostenere e dei proseliti da

fare.

4) Ma è un'insieme di “entità” che stanno cercando di sperimentare

l'unità di diversi attraverso l'amore e la comprensione e questo perché di

tutto ciò ne sentono la necessità. Almeno così io percepisco il nostro

gruppo e mi pare che, al di là di obiettivi personali particolari e più

dettagliati, tale necessità è quanto ci accomuna.

Se così stanno le cose, sono del parere che per me sia necessario un

periodo di ripensamento sul mio agire e sul mio ruolo; devo quindi

allontanarmi temporaneamente dal gruppo e questo, oltre che essere utile

150

a me, può essere utile anche ad ognuno di voi, poiché è una sollecitazione

per ognuno ad una diversa partecipazione all'esperienza in gruppo.

Ognuno di noi deve assumersi responsabilità personali: chi tende a farsi

trainare deve imparare ad autonomizzarsi e a rendersi libero, e chi soffre il

morso nell'essere coordinato deve imparare a collaborare.

Mi prendo quindi qualche settimana di “ritiro” (sia nel senso di

assenza dai lavori del gruppo e sia nel senso di orientamento sui miei

vissuti interiori) con la certezza che ciò gioverà alla nostra crescita.

Ogni crisi è un momento importante per il cambiamento, ogni crisi

interrompe un'abitudine sollecitandoci ad orientare la nostra attenzione su

nuovi atteggiamenti. Con affetto e simpatia.”

18 febbraio 1994

La serata si è articolata sul discutere e approfondire la questione dei

condizionamenti. Tutti i partecipanti sono stati coinvolti personalmente e

si sono affrontate contenuti molto intimi. L'incontro ha evidenziato come

l'assenza di Piero nel suo ruolo di coordinamento abbia agevolato uno

scambio più profondo fra i partecipanti ed è emersa nuovamente una

precisa critica alla sua conduzione del gruppo.

Alessandro scrive un commento sulla serata: molta armonia questa

sera; ho sentito un equilibrio di forze e una sorta di rispetto nei confronti

di tutti e fra tutti. La volontà di muoversi attraverso l'altro. Chissà come

verranno a caratterizzarsi le prossime serate? Sono curioso di vedere se il

lavoro di questa sera che abbiamo ritenuto utile e che ci siamo proposti di

ripetere negli incontri a venire sarà come l'ho pensato, ovvero una sorta di

terapia di gruppo in cui anche le Guide interverranno per smuovere

emotivamente ognuno di noi, al fine di portare fuori ciò che reputiamo

“condizionamento”. Il tipo di metodo che ci siamo proposti sarà valido e

darà i frutti necessari all'evoluzione del gruppo e di ogni singolo?

28 febbraio 1994

Sono assenti Lucia e Piero. Dopo la meditazione (durante la quale si

manifestano alcune differenze sul modo di concentrarsi tra Alessandro,

Angela e Carlo), si comincia a parlare dei condizionamenti e delle proprie

esperienze personali. Paolo inizia il racconto di una sua esperienza, ma

Laura, non condividendo il pathos, secondo lei inutilmente masochistico,

151

che accompagna il racconto, minaccia di lasciare la riunione. Su ciò si

apre un immediato dibattito, che dura, con foga, per l'intera serata.

Le principali accuse di Laura sono quelle di vedere il gruppo cadere

vittima di un masochismo strisciante che può portare a pericolosi e inutili

sviluppi, assai più adatti a sedute di analisi; di vedere il gruppo suddiviso

in fazioni; di non veder più interesse alle Guide.

Sui vari temi il dibattito è sempre acceso e concitato. Viene anche

fatto notare che l'aggressività sta raggiungendo, da parte di tutti, un

altissimo livello.

Verso la fine Laura chiede un momento di raccoglimento per potersi

mettere in contatto con le Guide. Propone quindi, in sintonia con loro,

un'interruzione degli incontri, per interiorizzare i nostri problemi e

meditare sul gruppo. La discussione a mano a mano si riaccende, in

particolare sul tema dei vari sottogruppi. Alla fine alcuni insistono perché

lunedì 7 marzo ci si incontri per tentare un colloquio chiarificatore con le

Guide.

2 marzo 1994. Lettera di Piero al Gruppo.

Carissimi, ho ricevuto telefonate che mi hanno informato sullo

svolgimento della serata di lunedì 28 febbraio scorso.

Finalmente! I sentimenti, che da tempo serpeggiavano senza che

potessero nella loro verità venir espressi, si sono manifestati con irruenza

e questo credo proprio sia stato possibile per la mia assenza, il che mi

conferma nella decisione che ho preso.

Stiamo scoprendo tutti come quello che stiamo facendo insieme sia

un'esperienza concreta che ci cambia profondamente e non soltanto un

esperimento, e stiamo altresì scoprendo come diverso sia il nostro sentire,

a livello di sentimenti ed emozioni, dalle nostre intenzioni. Non è

sufficiente parlare di amore, comprensione, tolleranza, pazienza, non

prevaricazione, perché questo sia espressione della nostra anima. E non si

possono tacitare all'infinito le tensioni interiori che per poter essere

superate devono venire alla luce, essere comprese e accettate come nostre

e necessarie alla comprensione della Vita che è.

Vivo dall'esterno questo vostro momento e me ne compiaccio.

Per quanto concerne me, anch'io sto ripensando e rivedendo i miei

atteggiamenti rispetto alle dinamiche di tutto il gruppo e, se da una parte

ritengo che un insieme di persone in riunione necessiti di un moderatore

(colui che regola il parlare), dall'altra credo che non sia opportuno che io

pensi di poter fare da papà a tutti, in quanto diversi sono i nostri sentieri e

152

ridimensionate devono essere la mie mire di onnipotenza. Ho scritto papà

e non padre perché di Padre, come dice bene Gesù, ce n'è uno ed è quello

che sta nei Cieli. Come papà invece mi sentivo come quello che doveva

“prendere per mano ed accompagnare” perché, sapete, sono uno

psicologo! E gli psicologi sanno più degli altri (sic!)

Mi auguro e vi auguro che nessuno di noi abbia raggiunto livelli tali

di tensione da dover abbandonare l'esperienza del gruppo e spero che

lunedì prossimo sia possibile un incontro con le Guide per sentire anche il

loro parere. Non pensate che quel che avviene possa avvenire a caso e

liberiamoci da paure e inutili sensi di colpa. Guardiamo in alto e coraggio!

L'esperienza continua.

7 marzo 1994 “Il minestrone”

Fatta la catena, in risposta al nostro intenso desiderio compaiono

subito le Guide.

Guida: “Buona sera, amici cari. Mai come ora la vostra

partecipazione è ben auspicata. Voi siete artefici del vostro cammino in

quanto ognuno di voi percepisce la ricerca e la realtà in modo diverso e

soggettivo, per cui non esiste una visione delle cose oggettiva. Ci

chiamate forse come arbitri delle vostre dispute sulla realtà; ma una realtà

non esiste se non attraverso la percezione individuale di ognuno di voi.

Quindi ognuno attraverso le proprie lenti vede ciò che può e vuole vedere.

Qualcuno può averle ancora un po' appannate, ma la visione spesso può

essere distorta dall'inclinazione del punto da cui si vedono le cose. Non è

guardando un oggetto, fissandolo, che si comprende la sua interezza, ma è

spostandosi di grado in modo da avere più prospettive. Quindi voi siete

tante realtà posizionate in prospettive diverse. Simbolicamente potete

rendervene conto se immaginate che la figura che rappresentate, quando

fate la catena con le vostre mani, è un cerchio e il cerchio è rappresentato

appunto da tanti piccoli segmenti consequenziali che formano la linea

circolare. Riferiti al centro del cerchio questi segmenti hanno raggi

perpendicolari e la prospettiva della loro visione è unilaterale verso il

centro.

Quando vi si era chiesto di immedesimarvi uno con l'altro si voleva

appunto significare di spostare questo segmento verso un grado diverso di

prospettiva delle cose. Io che sono vissuto sempre in un'ottica moralista

153

ferrea, se mi posso calare in una civiltà diversa e per un certo periodo

vivere in un popolo libero dalla schiavitù della morale, troverò giusta

anche questa realtà. Questo allora mi fa supporre che la mia realtà è

sbagliata forse? No, questo dimostra che esistono tante realtà. Allora,

quando ci si immedesima nell'altro si sente ciò che l'altro vive e si vedono

le cose dalla sua prospettiva. Pur mantenendo la propria individualità,

accade allora che si possa vedere le dinamiche scaturite dall'altro nel bene

e nel male.

Quando parlammo di buttare fuori tutto ciò che avevate dentro non

intendevamo solo in chiave mentale. Anzi, poiché l'intelletto continua a

lavorare con i condizionamenti inconsci che ha ricevuto, è indispensabile

invece liberare il piano emozionale. Pur se esasperato, è questo l'unico

modo perché si sciolgano i nodi reali, anche quelli che voi stessi, verso

voi stessi, non vedete. Ognuno ha di se stesso una visione che non

corrisponde alla realtà oggettiva e così accade che se gli altri intorno a noi

ci vedono, nelle prospettive diverse, come se noi fossimo al centro di

questo cerchio, ognuno vedrà una parte di noi o in bene o in male sul

piano emozionale e, lasciando libero fluire alle emozioni, reagirà

sentendosi o trascinato o respinto. La simbiosi è proprio l'entrare

nell'altro ma nell'altro percependo sia il lato favorevole che quello

sfavorevole: così accade che si trovino difficoltà nel comunicare e

nell'interagire poiché, più l'affinità diventa forte, più i campi vibratori

diventano grandi e con una frequenza maggiore. E quando questa unione

accade, anche se a intermittenza, si percepisce anche la sofferenza o le

difficoltà, oltre alle cose piacevoli, all'affetto, alla considerazione. Si entra

così in un piano più sottile, dove la comunicazione non è soltanto più

verbale ma ognuno di voi percepisce chiaramente dall'altro tutti i suoi stati

emozionali e anche i suoi lati oscuri. Anche i suoi problemi, se

interagiscono con i nostri, riescono ad essere recepiti, anzi, assimilati,

quasi fossero nostri stessi problemi. E così accade che si creda di

riconoscersi nell'altro, mentre in realtà è solo un fatto oggettivo esterno

che unisce le due persone o più persone; una stessa circostanza ma non il

modo in cui viene percepita. Lo scambiarsi continuo a livello energetico

vibrazionale fa sì che ci si accorga anche a livello inconscio delle

stonature o si vada incontro a degli attriti veri e propri, come quando due

materiali uguali vengono fregati fra di loro oppure quando un materiale

non è confacente ad un altro. Ora quello che voi non avete compreso è che

quando entra in gioco il piano emozionale nasce la vera realtà

trasformatrice; solo su quel piano vi è vera chiarezza. Fin quando è il

mentale a lavorare per noi, ci raccontiamo da soli tutte le bugie che

154

vogliamo. Solo a livello emozionale si entra nel campo della verità più

profonda.

Accade però che spesso crediamo di essere in grado di aprirci agli

altri solo fino a quando gli altri ci compatiscono o ci consolano ma

quando gli altri ci pongono di fronte a delle nostre problematiche, o se

rifiutano il nostro modo di proporci, o se hanno da discutere quello che

noi sosteniamo, invece di credere che comunque siamo stati compresi

oltre le nostre vere intenzioni, poiché forse siamo stati più facilmente

attaccati dal nostro orgoglio, noi ci ritiriamo e iniziamo la lotta. Tutte le

guerre iniziano nel momento in cui gli altri vedono i nostri limiti: ecco

l'orgoglio creare difese e poi attacchi e aggressività che scatenano a loro

volta nuovi attacchi e aggressività.

Invece quando si è disponibili e aperti ad accettare che gli altri

possano in qualche modo recepirci, nonostante la visione che noi abbiamo

di noi stessi e nonostante la convinzione che ci siamo fatti, ecco che il

discutere altrui e nostro non diventa guerra ma costruzione per entrambi.

Quindi è la costruzione che voi dovete cercare in voi stessi. E negli altri

che vi sono da stimolo, poiché non serve cercare di comprendere le nostre

dinamiche da soli. Da soli possiamo vedere solo una minima realtà,

poiché noi tenderemo sempre a nasconderci a noi stessi. Volente o

nolente, la mente ci tradirà. Sono gli altri i nostri specchi; sono gli altri

che riescono a percepirci, magari non completamente, magari in modi

esasperati, magari attraverso le loro stesse problematiche che vedono in

noi e non in loro, ma sono sempre e comunque oggetto di verifica e di

confronto.

Vorrei ancora sottolineare che la simbiosi, l'unione delle energie è

trasporto delle emozioni, quelle positive e quelle negative, per cui gli altri

nel collegarsi con noi assorbono le une e le altre e le manipolano a

seconda delle difese o dei rifiuti o del desiderio individuale di accettarle.

Un minestrone è fatto da molti ingredienti, verdure diverse fra loro

per colore, varietà e gusto. Chi mai direbbe di una minestra fatta solo

d'acqua che è un buon minestrone? Quindi molte verdure diverse fra loro,

ma legate con sapienza e maestria da chi ha saputo cucinarle scegliendo i

giusti gusti. Si otterrà così il risultato di un'unica minestra con molte

varietà di gusti. Questa è la risposta all'unità della diversità. Quindi

ognuna di queste verdure non cambia il proprio aspetto e il proprio

sapore, pur tuttavia concede del suo aspetto e del suo odore e del suo

sapore la sua parte alla minestra, così alla fine questa minestra, pur

essendo unica, conterrà vari aspetti, vari gusti, vari odori e varie

colorazioni. E non solo: esistono anche verdure che non sono

155

contemporanee nella nascita e nella crescita ma vengono tenute da parte

per essere poi mischiate con altre di stagioni diverse. Tuttavia il risultato

non cambia, anzi. Anche se, presa da sola, qualcuna può avere un sapore

un po' amaro o può non piacere, tuttavia nell'insieme una prende dall'altra

ciò che gli manca e, unendole e componendole, si riesce ad ottenere un

risultato che non fa più vedere i limiti o il gusto spiacevole della verdura

presa a se stante.

Mi spiace dover usare una metafora vegetale, poiché voi non siete

vegetali, ma è la migliore che sono riuscito a trovare nel tentativo di

spiegare come uno con l'altro, amabilmente legati fra voi, vi trasmettete

tutto, qualità e limiti. Quindi siate un'unica cosa, ma mantenendovi come

siete il più possibile. Quindi questa vostra volontà di comprensione la

attuate nella pratica, nel verificarvi e nel confrontarvi uno con l'altro.

È vero, amici cari, che noi siamo un po' severi, perché mettiamo in

atto pratiche poco ortodosse nei vostri confronti; magari esasperiamo un

po' di più le situazioni; magari piccoli incidenti di percorso fanno sì che

vediate lucciole per lanterne, ma questo ci è necessario per agire

inconsciamente su di voi e apertamente sul gruppo, per farvi mettere in

moto questo piano emozionale che continuate a stento a tirare fuori.

Importante, amici, è aver compreso che, comunque vadano le cose, prima

di tutto ognuno di voi verso se stesso deve avere un alto rispetto, poiché

egli è così poiché deve essere così. Nella comprensione di voi stessi

scoprirete quanto sia facile superare quelli che appaiono limiti e sono solo

creati dalla vostra mente. Lo Spirito amici è perfetto, non ha bisogno di

comprendere; non ha bisogno di modificarsi. Ha le potenzialità assolute e

non può e non deve cambiare poiché Egli è immutato nel tempo che non

ha tempo. La mente invece crede di essere a se stante, si dà un nome, una

personalità e si crea da sola quelle che dovrebbero essere le proprie

qualità, i propri difetti, perché i condizionamenti dalla nascita, voluti o

non voluti, o comunque determinati per cause karmiche, hanno fatto sì che

la mente si chiamasse con un nome e si creasse la struttura necessaria per

esperire quel tipo di esperienza. Non identificatevi con quella mente,

perché voi siete molto di più, e non avete bisogno di cambiare e di andare

in nessun luogo; dovete scoprire solo dentro di voi ciò che voi siete. Man

mano che voi accettate che i limiti sono della mente, non vi appartengono,

non vi riconoscete con loro e accettate che esistano per necessità

evolutive, voi superate la necessità di avere quel determinato limite.

Riflettete molto su quanto vi ho detto, perché è il segreto

dell'esistenza serena, dell'esistenza gioiosa nella vera sfera, dell’aprirsi a

se stessi e agli altri. È importante che lo comprendiate a fondo, e

156

qualunque metodo usiate, amici, va bene purché lo usiate. Fate nello

sforzo del non fare, accettate nello sforzo del non accettare, siate

semplicemente ciò che siete, apritevi fin quando sentite la necessità che il

vostro cuore ha bisogno di poter comunicare spontaneamente,

amorevolmente, umilmente ma senza giudicarvi, amici, perché il

condizionamento primo, causa prima di tutti gli errori umani è il

giudicarsi da sé.

Ogni essere umano arde dal presupposto di sapere ciò che è bene per

lui; crede che se si sente avaro deve correggere l'avarizia e non comprende

che gli è stata data per il superamento solo nel momento in cui capisce che

era un mezzo per lui per superarla. Amici, siate ciò che siete; comprendete

che non potete essere diversi da così perché solo così poteva svilupparsi

la possibilità di comprendere l'esperienza per cui siete venuti in questa

vita. Quindi non potete cambiare nulla di voi. Neppure se vi sforzaste a

cambiare la più piccola cosa per mille anni lo potreste, giacché questa

cosa è stata determinata così in questo modo, con queste dinamiche,

affinché voi la utilizzaste. La mente è uno strumento, così come la vostra

scarpa, e quindi la mente crea e procrea strumenti di felicità o di tortura

semplicemente per darvi la possibilità spirituale di comprendere che essa

mente, e che non siete voi quella mente. Non identificatevi né con le

vostre qualità, né con i vostri difetti; voi non siete tutto ciò, voi non siete

tutto ciò. Voi dovete spostarvi; guardatevi dal di fuori o dal di dentro,

come vi pare, ma voi dovete guardare in faccia quella mente che mente,

che non siete voi e che è messa lì dov'è, in quel modo e con quelle

modalità, esclusivamente per farvi comprendere che voi non siete lei. E

allora se quella mente è come la vostra macchina che vi porta dove vi è

necessario andare, voi dovrete solo guidarla e portarla dove voi volete

andare.

Fate come sentite, inventatevi la vita, inventatevi voi stessi. Tutto è

un gioco, tutto è un ruolo, tutto è una parte, tutto è finzione e qualunque

cosa facciate non è né bene né male, è necessità, necessità. Solo la

necessità che vi serve è quella reale, qualunque cosa facciate, qualunque

cosa diciate, qualunque cosa pensiate. E così il lavoro in un gruppo deve

essere teso solo ed esclusivamente a fare e a dire ciò che uno ritiene

interiormente di fare e di dire, perché quello che fa e dice è la necessità di

quel momento. Il gruppo deve comprendere che tutto è verità, tutto è

necessità, tutto è messo lì dove si trova in quel momento particolare

proprio perché è necessario che ci sia. Arrivederci.”

157

Terminato l’intervento, si apre il commento su quanto le Guide ci

hanno detto, sia su un piano più teorico, sia calando la lezione nella realtà

del lunedì precedente. In particolare Laura e Paolo esaminano il

meccanismo e il peso delle emotività e della razionalità nei loro due

interventi di quella sera e illustrano a se stessi e al gruppo cosa i loro

interventi sottintendevano e significavano. Gradualmente si instaura un

clima di comprensione e partecipazione reciproca, che a mano a mano

sconfina nell’affetto.

Viene richiesto un commento finale delle Guide, che giunge puntuale

a ribadire, in piena sincronicità, i punti più innovativi e profondi del

momento che stiamo insieme vivendo.

Guida: “Non credo che voi siate molto buoni con voi stessi; anzi vi

trattate maluccio. Imparate, amici, che il primo passo è ridere di se stessi;

più voi ironizzate su di voi, più vi vedete come un buffo clown obbligato a

recitare mille parti e a dire e a fare cose che non direbbe e non farebbe,

più voi imparate a distaccarvi dalla vostra mente giocando con essa. E la

vita è un gioco, un bel gioco.”

Questa sera ci pare di aver tutti compiuto un bel passo. Ci volgiamo

a guardare quanto è successo in queste ultime serate, ciò che hanno fatto o

detto Piero, Laura, Paolo e gli altri; tutto pare avere un valore, un’utilità,

un significato. Ora potremo riprendere più uniti il cammino su basi più

salde, anche se la meta non è ancora chiara.

14 marzo 1994 “Esprimere le emozioni”

All'incontro sono tutti presenti ed è rientrato anche Piero. Dopo un

momento di concentrazione, fatta la catena, intervengono le guide.

Guida: “Salve amici. È indispensabile lasciare a se stessi la libertà di

esprimersi nei modi in cui si è. Ponendoci di fronte a noi stessi dobbiamo

imparare a guardarci come siamo, non come dovremmo essere, poiché nel

momento in cui decidiamo che dovremmo essere in un altro modo e

comportarci di conseguenza, noi non siamo più noi stessi, ma ciò che la

nostra mente nel frattempo ha costruito. Ora voi potete assumere

qualunque vestimento, anche d'acciaio, se così vi pare, ma ricordate che

non c'è abito resistente alla necessità dello Spirito, che prima o poi troverà

158

il modo di emergere, magari riuscendo a mandare in frantumi tutto ciò che

in tanti anni vi siete faticosamente costruiti. Amici, dobbiamo fare tre

piccoli passetti indietro per fare un balzo in avanti. Questi passetti vi

riportano a vecchi discorsi fatti già fra voi ma indispensabili. Ponetevi

ancora la domanda: “Come mi vedo? Quali ruoli assumo nella giornata?

Come mi comporto? Mi riconosco in realtà con ciò che invece propongo

di me agli altri? Sono sempre io quello che mi propongo? O che espongo?

Oppure è una parte di me che non è rappresentata nella sua totalità?”

Poiché se voi imparate a guardarvi da dietro le spalle vedete che non

sempre vi riconoscete in ciò che vi pare di essere in quel momento.

Spesso non si è neppure in realtà presenti al momento in cui si crede di

vivere quell'esperienza; può accadere che il nostro interiore si ritiri e

sopito lasci lavorare solo la mente o solo le emozioni. E, ritirandosi, non

usufruisce per nulla dell'esperienza che l'io in quel momento sta vivendo.

Ecco perché, amici, è importante riconoscersi in ciò che si sta

facendo, è importante sapere sempre se siamo esseri puri che vivono o se

è la mente che sta vivendo al nostro posto. Quando l'emotività che noi

mettiamo scatena in noi azioni dell'io, non siamo mai presenti. Quando

sono l'orgoglio, la vanità, la permalosità. l'infantilità, l'ottusità, la necessità

di compensazioni varie che parlano per noi, il nostro Spirito si ritira e

attende, perché, amici, lo Spirito tutt'uno onnipresente spesso si dissocia

dalla mente; non è libero nella sua libertà di agire; deve soggiacere per

necessità di comprensione, lasciare che quella belva che è in noi che è la

mente (appositamente concessa quale strumento di conoscenza) si sviluppi

e si manifesti per necessità nostra anche nelle obbrobrietà. Ma lo Spirito si

dissocia, guarda quasi come se fosse alla finestra, e attende di arrivare a

comprendere ciò che la nostra mente deve fare, arrivare ad esso come

informazione per giungere alla comprensione di ciò che c'era da imparare.

Allora voi vi ritirate quando non siete in grado di comprendere

immediatamente la situazione; vi ritirate quando non siete capaci di

liberare l'emotività positiva, quando la mente prende il sopravvento

sull'emozione e trasforma la vibrazione amorosa in un qualunquismo

individuale e squallido. Allora lo Spirito non si riconosce, si ritira e

attende. Quando ciò accade, nascono le barriere protettive e aggressive. I

nostri canali percettivi si chiudono ed ecco che cominciamo a travisare il

vero significato delle intenzioni reali degli altri esseri che comunicano con

noi. Vediamo solo la superficie; le parole diventano per noi veri segnali di

pericolo; traduciamo tutto così come lo sentiamo; le nostre antenne

percettive, quelle che ci dicono dentro quando siamo nel giusto, nella

comprensione altrui, si chiudono. Forse voi credete che sia la

159

comunicazione verbale a far sì che due esseri si comprendano; ebbene,

amici, non sono né i modi né le parole, né i toni né le espressioni, quelle

che fanno sì che due esseri si comprendano, ma sono i canali percettivi

quelli che si risvegliano e che fanno sì che mentre si parla con un altro

essere, si sappia per certo se l'altro è in sintonia con noi, è sincero, oppure

se sta semplicemente usando uno dei tanti ruoli. Ma se noi ci chiudiamo,

amici, anche i canali si ritirano.

Se è lo Spirito il primo a comprendere, porterà alla mente il risultato

giusto. Se è la mente che comprende, non arriverà mai allo Spirito la

comprensione; perché la mente è dissociata, non appartiene allo Spirito,

ne è solo uno strumento di ribellione, è il satana che voi chiamate caduto.

Caduta è semplicemente la suddivisione degli strumenti di comprensione.

Ora propongo che voi vi diate le mani fra di voi in modo morbido e

chiacchieriate tranquillamente tenendovi per mano, così che la vostra

vibrazione emotiva passi dall'uno all'altro sia spiritualmente che

mentalmente. Il tenervi le mani vi sarà utile a ricordare che siete solo

terracchioli insignificanti e che se volete comunicare fra voi dovete usare

la percezione interiore tramite le vostre antenne. A voi; chiacchierate

pure.”

Paolo: Le volte precedenti ci avete consigliato di fare emergere la

nostra emotività. Dicendo che la mente crea degli ostacoli e blocca lo

Spirito e che quindi occorre tirate fuori la nostra emotività. Oggi invece

mi è sembrato di capire che anche l'emotività vada a creare dei blocchi o

delle difficoltà. Forse non ho capito bene.

Guida: “L'emotività è intesa come sfera emotiva, cioè quella parte

che attiva tutto il sentimento che è uno: l'Amore; che poi nel manifestare

la propria necessità di andare a compensare le richieste dell'ambizione,

dell'egoismo, della noia, della possessività, della gelosia, del mettersi in

mostra, del protagonismo, della necessità affettiva, di competenza ecc.

diventa amore mal interpretato, e quindi diventa emozione negativa. Ora

io non dico che questa vada repressa, ma che va analizzata, controllata nel

senso di guardata, verificata, considerata, studiata, conosciuta, capita,

compresa, nella sua vera dimensione.”

Vittoria: Dovremmo quindi non parlare immediatamente dicendo

quello che pensiamo, quello che sentiamo dentro, ma censurare forse con

la mente quello che stiamo per dire perché pensiamo che possa essere di

intralcio o offesa per l'altro?

160

Guida: “Vedo che ho creato un po' di scompiglio. Sono contento di

averlo fatto. Allora vuol dire che avrete un bel filo da torcere per arrivare

a comprendere cosa intendevo dire. L'emozione è a servizio della mente o

è a servizio dell'Amore? La risposta è: se lasciamo andare tutto ciò che

sentiamo, ciò serve soltanto se siamo in grado di comprendere perché e

come abbiamo agito. Se non siamo in grado di comprendere le vere

motivazioni, è preferibile allora controllarci per non fare del male agli

altri. Ma se siamo in grado di verificare le nostre reazioni nel modo

giusto, allora è meglio lasciarle andare, volare fuori da noi e guardarle

volteggiare. In tutto ciò, amica mia, c'è sempre una giusta misura che non

è mai tutta in un modo o tutta in un altro. Però ora vorrei che parlaste fra

voi di ciò che voi credete o pensate di aver percepito. Stimolate le vostre

comprensioni.”

Si apre a questo punto un fitto dibattito. Il tema delle emozioni

stimola tutti a intervenire e a difendere il proprio punto di vista. Alla fine

la Guida riprende la parola.

Guida: “Spesso noi, per meglio specificare i nostri concetti, usiamo

creare un piccolo teatro nel quale amici si presentano e traducono in

parole delle situazioni fittizie per esprimere meglio un concetto. Si riesce

molto più facilmente recitando se stessi o ciò che si è stati; pur non

essendo più in quel ruolo, ci si ripropone nuovamente come se si vivesse

in quel momento reale con tutte le sue emozioni in un accadimento che

non ci appartiene più. Così chi ascolta ha l'impressione di percepire lo

stato emozionale di chi trasmette, ma in realtà chi trasmette non ha alcun

stato emozionale bensì lo ricrea appositamente per il personaggio che

deve recitare. Ciò facilita da parte dell'entità che si sottopone

all'esperimento il vedere le proprie dinamiche riproposte, ma con in più la

capacità di fare analisi obiettive sulle situazioni passate e quindi di

discernere ciò che doveva apprendere; e dà la possibilità a coloro che

assistono di entrare emotivamente nel campo vibrazionale di chi parla.

Questo accade anche se noi comunichiamo usando un certo tono, una

certa inflessione, quando voi avete necessità di entrare nel campo

vibrazionale delle emozioni per comprendere. Allora noi dobbiamo

ricostruire delle personalità fittizie, pur esistenti, per la vostra

comprensione attraverso la vibrazione corrispondente alla vostra necessità

del momento.

161

Se voi creaste fra di voi la stessa situazione e cioè se ognuno di voi

recitasse se stesso con la capacità di estraniarsi dal racconto, ciò potrebbe

servire a chi racconta per vedere più profondamente nella sua situazione e

a chi assiste per entrare nel campo vibrazionale e quindi percepire il

sentire dell'altro. Ma se nell'esporre se stessi, raccontando il proprio

vissuto agli altri, non si entra nello sdoppiamento del ruolo con la capacità

di esprimersi fuori dal campo emotivo, ma bensì si trasmette, poiché non

si è capaci di uscire dall'emotività, un racconto sofferto, non solo non è

possibile il contatto con la vibrazione corrispondente necessaria alla

comprensione, ma si possono scatenare rifiuti in coloro che soffrono

nell'aver sentito questa sofferenza, o interessi morbosi in coloro che

necessitano di essere assecondati in loro necessità similari, o interessi

primari in coloro che sentono la necessità di sentirsi protagonisti nella vita

altrui e così via.

Ciò non avrà prodotto alcun tipo di comprensione, ma

semplicemente creato nuovi perversi meccanismi mentali e avrà creato

nuove problematiche irrisolte, e verso se stessi, e verso gli altri che sono

rimasti agganciati da questa trappola. Quindi il riuscire a trasmettere le

proprie emozioni senza essere in grado di porgerle nel modo giusto può

diventare dannoso, deleterio per sé e per gli altri. Quando non si è in

grado di comprender le emozioni e quindi superarle, è preferibile

astenersi. Ciò però quando uno deve decidere a priori come voi state

facendo, non quando le emozioni si scatenano da sole per impulsi

immediati e diretti come necessità di reazione ad una azione interiore.

Allora il concetto cambia. Comunque sono del parere che nonostante noi

vi porgiamo questi discorsi siate ben lontani dal comprenderli.

Arrivederci”.

Carlo: Non si tratta di dare sfogo alle proprie emozioni, si tratta di

raccontare le proprie emozioni, e devo dire che io avevo proprio capito

giusto. Adesso ho capito. Capito o compreso? Avevo compreso, non lo so

se capito o compreso.... come faccio a saperlo...

Guida: “Postilla - Ricordatevi di non belare. Arrivederci.”

21 marzo 1994

Mancando Laura non c'è seduta. Dietro la proposta di alcuni

(Piero, Angela e altri) si ritiene opportuno disattendere la vecchia regola

del posto fisso: chi lo vorrà cambierà il posto e ciò, afferma Piero, può

162

favorire lo sviluppo di diverse dinamiche. Anche simbolicamente avrà il

significato di una rottura con le rigidezze del passato. Solo Vittoria è

nettamente contraria.

Il resto della serata trascorre in discussioni sul significato di alcuni

passi delle ultime due lezioni delle Guide. In particolare vengono

esaminate le incertezze di Alessandro in tema di autoanalisi, di

affioramento delle emozioni e di osservazione delle stesse.

Nel corso dell'intera serata si cerca di non sovrapporre le voci e di

rispettare i tempi di ciascuno, ma il tentativo risulta arduo per tutti: in

presenza di una regola ci si rende facilmente conto della propria

invadenza.

28 marzo 1994

In assenza di Laura non si tiene la seduta. Prima di iniziare

l'incontro avviene uno screzio tra Vittoria e Carlo, su un argomento

estraneo al gruppo. Sentendosi attaccata nel suo amore per gli animali

da Carlo e da altri, Vittoria, molto contrariata, minaccia di lasciare la

seduta. Tutti i presenti invitano Vittoria a dare libero sfogo sia alle sue

vedute sia alle sue considerazioni negative sull'andamento del gruppo e

ciò avviene.

Questa difficoltà di Vittoria è l'occasione per ridiscutere quelli che

si stanno caratterizzando come i temi più sentiti in questo periodo: Cosa

fa il gruppo?; sta trovando finalmente una strada o la sta

pericolosamente abbandonando?; cosa deve fare chi partecipa al gruppo

( e qui la risposta è particolarmente soggettiva)?; quanto e come occorre

proporsi con sincerità al gruppo?; fino a che punto è bene o meno dare

libero corso alla propria emotività?; occorre, nella vita, fare esperienza

diretta delle varie prove?; quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi?

Questi gravi temi vengono dibattuti anche con accanimento ed alla

fine i pareri sono discordi: ad alcuni sembra di fare continui passi avanti

verso una maggiore e reciproca chiarezza, ma altri (Vittoria, ad

esempio) vedono invece nell'atteggiamento del gruppo sempre meno

amore e sempre più presunzione.

Alla fine, mentre la discussione ancora infuria, si rimanda alla

prossima riunione - sperabilmente più densa di partecipanti -

l'aggressione all'uovo di cioccolato portato da Alessandro.

11 aprile 1994

163

Non vi è seduta. La serata si apre riprendendo il tema della

necessità che sta emergendo tra noi di comprendere quale sia lo scopo

del gruppo. C'è chi lo colloca in un nuovo modo di volersi comprendere

e volersi bene tra di noi, mentre c'è chi invece sente di più la pesante

ipoteca di alcuni aspetti negativi, come fossero dei pesi che impediscono

ulteriori sviluppi.

Si analizza quindi il tema della dipendenza dalle Guide, ma alla

fine l'interesse si incentra sui dubbi posti da Alessandro: recitiamo

ancora un ruolo nell'ambito del gruppo? Abbiamo invece il piacere di

esprimerci con la massima apertura?

A queste domande si danno le risposte più diverse: c'è chi quasi

non vede il problema, c'è chi si sente libero di esprimersi solo qui e c'è

chi non se la sente proprio di aprirsi in questa sede. Appare però chiaro

che, chi più chi meno, molti sentono ancora il gruppo come minacciante.

Ci lasciamo con il dubbio ben espresso da Vittoria: “tra di noi

stiamo abbandonando la strada della conoscenza per prendere il binario

dell'amore?”

18 aprile 1994

Serata senza seduta: è stata così dedicata quasi completamente

all'esame di un problema personale e concreto di Vittoria e, in piccola

parte, ad alcune considerazioni di carattere più generale che Vittoria

stessa voleva ricavarne per se stessa.

28 aprile 1994

Serata senza seduta. Il discorso si è dipanato una volta ancora sui

temi che ci stanno interessando di più in questo momento: la sincerità

con se stessi e con gli altri; il valore dell'esperienza, il valore delle

regole sociali. A turno molti dei presenti hanno raccontato esperienze e

vicende a loro occorse, per lo più legate alla difficoltà di trovare valori

generali e inequivocabili esterni a noi.

2 maggio 1994

In apertura di incontro Armida riprende il tema della trasparenza e

della coerenza con se stessi. Ciascuno, afferma, deve andare alla ricerca

del vero se stesso e deve esserlo e viverlo con coerenza. Sull'andare alla

164

ricerca di se stessi tutti concordano, mentre nasce dissenso sulle

conseguenze della conoscenza di se stessi. Piero e Carlo affermano

infatti che la conoscenza di se stessi non deve mai mettere in conflitto né

con i familiari né con le regole del convivere sociale, mentre Armida

non è d’accordo. Su questo punto e su queste tesi si incentra il dibattito,

fitto e intenso della serata.

9 maggio 1994 “Come aiutare Laura?”

La serata è iniziata aspettando Laura che tarda molto ad arrivare

per i problemi che pare proprio non l'abbandonino mai. Si è parlato

della conferenza del “Mago di Strovolos” che si è tenuta a Firenze ed

alla quale hanno partecipato Teresa, Armida e Paolo. Su proposta di

Piero si è discusso un tema: crescendo in consapevolezza, si realizzano

maggiormente i propri desideri?

Si pone il problema dell'allargamento del gruppo ad altre persone

che hanno manifestato il desiderio di intraprendere la nostra esperienza.

Si è deciso, come già si era discusso in passato, di aprire il gruppo ai

nuovi gradualmente in maniera che si possano definire chiaramente le

motivazioni e gli obiettivi.

Verso le 22 e 30 giunge Laura, alquanto angustiata per alcune sue

vicende personali, che racconta al gruppo. Vien data lettura di un

messaggio personale che le ha fornito Gabriele e viene quindi chiesto

l'intervento delle Guide.

Guida: “Salve, salve, salve amici cari.

Si tratta di rimettere in sesto una carcassa. Praticamente quando ci

si impegna, anche se per interposta parola, è necessario assumersi

l'impegno fino in fondo; con questo voglio dire che chi ha imparato a

proprie spese quale deve essere il giusto percorso non può e non deve

arretrare soprattutto nelle difficoltà. La strada è spianata solo quando

ancora non si comprende o quando si è compreso del tutto. Più si sale e

più è faticoso il percorso. Troppo comodo sarebbe rivolgersi a Dio

quando tutto funziona alla perfezione. La fede nella capacità di

mantenere la retta via va misurata nella difficoltà e nella tentazione; non

quando al caldo e con la pancia piena si è comodi in poltrona, bensì in

battaglia, al freddo, nella fame, negli stenti, davanti al nemico, occorre

alzare la mano al cielo e rimettersi alla Volontà divina, avendo

compreso che, se pur arrivano le ferite da fendenti delle spade del

165

nemico, è perché questo ci occorre per comprenderne a fondo il

significato.

Ora, piccoli uomini sofferenti nella vita quotidiana, andate incontro

a pericoli, minacce e tentazioni ogni giorno. Occorre quindi

incoraggiarvi ad avere il coraggio necessario di affrontarli con il sorriso

sulle labbra, non con l'Io gratificato come fa il martire sciocco e stolto,

ma con la comprensione che ciò che accade non può che essere giusto e

con la fede che comunque ogni evento è necessario alla propria

comprensione.

Ora lascio porre la vostra domanda.”

Piero: Volevo chiedere se potevamo dare una mano a Laura nelle

difficoltà in cui si trova e, se una mano gliela possiamo dare, come.

Guida: “Io penso che tutto ciò che avviene sia per la sua

comprensione velocizzata, poiché siamo in una fase molto complessa e

intricata che segue la sua lunga educazione. Ciò che essa farà della

propria comprensione sarà esclusivamente per sua capacità e solo suo

sarà il problema di risolvere il quesito nel quale si trova, poiché nessuno

al di fuori di lei può e deve toglierla dall'impiccio nel quale si è messa

con le proprie mani, ma con la spada puntata alla schiena. Perché ogni

cosa, ogni percorso che ella intraprende è finalizzato sempre ed

esclusivamente alla sua educazione e alle varie circostanze che si

intrinsecano nella sua complicata vita. Ciò non toglie che nel percorso

pur difficile e irto, ella non sia sostenuta e praticamente ed

affettuosamente da molti amici terreni e non. Ella deve dirigere i suoi

passi verso la parola data anzitempo, che è quella di portare ai viventi il

nostro messaggio, e fino a quando ella non avrà compreso che questo è

l'unico suo percorso permesso, ella tornerà nel fango ogni volta che

tenterà di alzare il capo. Ciò non è facile neppure nel suo percorso.

Questo non significa che il portatore d'acqua non debba subirne il peso

sulle proprie spalle, e che sia mai che qualcuno, portatore d'acqua, sia

anzitempo e nel contempo anche chi ne usufruisce senza considerare che

va a consegnarla ad altri. Allora non è un re colui che guida un popolo

ma è l'ultimo degli schiavi che ribellandosi crea lo scompiglio e la

rivolta e porta il popolo alla salvezza. Mai fu re quello che portò

rivoluzione e illuminazione nel mondo, mai fu re chi portò agli animi

pronti l'acqua che disseta, la fonte della conoscenza. Ma mai alcuno

degli ultimi schiavi eletto a portatore d'acqua fu abbandonato al suo

destino, fosse anche quello di essere sbranato dai leoni. Ma quando il

166

leone sbranò l'ultimo schiavo portatore di verità, quello schiavo nulla

seppe e sentì di ciò che gli accadeva, poiché egli ormai, conoscendo la

verità, andava di sua spontanea volontà in bocca al leone con gioia.

Il passo che è richiesto alla nostra testarda e ostinata amica è

quello di comprendere fino in fondo quale sia il suo compito. È un

compito gravoso, e come tale deve rimanere, ma pieno di verità, di luce

e dovrebbe diventare anche di gioia e di amore, solo che lei riuscisse a

comprendermi.

Grave è il suo peso e tale le resterà fino alla fine dei suoi lunghi

giorni, amici cari.”

Piero: Sì, però, visto che per poter parlare e portare l'acqua deve

anche mangiare e qualsiasi lavoro che attiva finisce male, che tipo di

lavoro può inventarsi per procurarsi l'energia sufficiente per tirare

avanti?

Guida: “È andare per il mondo e lasciare agli altri la

preoccupazione delle sue esigenze. Questo dovrebbe essere il suo solo

interesse. Poiché l'orgoglio non permette all'uomo di cadere e chinare il

capo nel chiedere elemosinando qua e là, ecco che uno di noi e uno di

voi si associano nel tentativo di proporre agli uomini uno scambio e

Gabriele, mesto, decise un giorno di accettare questo commercio, se pur

tale non è, poiché attraverso uno scambio considerando il livello umano

e entrando nell'ambito delle necessità umane, fu presente e decise di

assecondare nonostante la contraria idea della nostra amica. Quasi

forzatamente entrò nel suo destino per aiutarla a portare il misero peso

delle difficoltà gravi e deleterie che la materia si porta appresso. Questo

però gli uomini non lo comprendono e quindi più di questo non

possiamo dare e fare. Allora alcun mestiere diverso da ciò le fu

permesso, ma ora le circostanze varieranno leggermente, in funzione alle

sue necessità. Il suo percorso devierà per un periodo lasciandole la

possibilità di collaborare con altri, nel tentativo di ridimensionare le sue

problematiche. Ma questo sarà possibile sempre che ella tenga presente

che prima d'ogni cosa è portatrice d'acqua e che in ogni caso Gabriele

assunse un compito che deve terminare. Credo che con la mia risposta io

non abbia semplificato le cose, né tanto meno aiutato voi a

comprendere, ma questo, amici, non vuole assolutamente essere un

deviare la vostra domanda ma vuole essere uno stimolare le vostre

menti. Non si può risolvere un problema che voi stessi in fondo neppure

vi ponete.”

167

Carlo: Posso fare una domanda? Non è che non abbia capito del

tutto, però, secondo me c'è un problema di velocità. Cerco di spiegarmi.

Se uno è alla guida, da solo, di un'astronave nell'universo e se è

necessario alla sua evoluzione infilarsi dentro un buco nero, allora va

bene. Se però lui in questa astronave è con un gruppo di amici può darsi

che per la sua evoluzione gli sia necessario infilarsi in un buco nero

adesso, ma per gli altri un po' più tardi. Allora secondo me la correzione

di rotta da parte degli amici per ritardare un pochino i tempi potrebbe

essere utile, o mi sbaglio?

Guida: “Oh chi lo sa che gli amici non entrino con lui nel buco

nero? Questo è un discorso che ci porterebbe molto lontano, ad aprire

una parentesi che voi non avete ancora mai argomentato. Quale sia

veramente l'amicizia e cosa veramente sia possibile fare per gli amici o

per se stessi in funzione degli amici. Credo poi che ci sia da argomentare

anche su che cosa crediate sia l'amicizia e quanto veramente voi la

sentiate e comprendiate. Allora, giacché il problema rimane irrisolto, vi

lascio all'idea di argomentare, di riflettere fra voi proprio sull'argomento

“amicizia”, che credo vi porterà più lontano che non tentar di capire

come aiutare la nostra povera, disgraziata, testarda amica.

Allora, non avete più domande da proporre?”

Vittoria: “Volevo chiedere una cosa che mi sta molto a cuore, e

forse non ho sufficiente fiducia nella Provvidenza. In questo gruppo del

lunedì ho sentito degli alti, dei bassi, dei momenti nei quali ci siamo

incrociati, altri momenti nei quali le cose sembravano finire per poi

ricominciare. Volevo sapere qualcosa di più. Grazie.

Guida: “Usciamo un po' dall'argomento, però volendo possiamo

farlo entrare dalla finestra nel rapporto che poi voi discuterete

sull'amicizia.

Invece io ti vorrei dire che quando le cose crescono sono

comunque sempre in movimento. Non puoi vedere crescere nulla se

rimane fermo. Questo accade per ogni cosa nell'universo, dal filo d'erba

all'uomo, e nella vita vi sono le trasmutazioni necessarie che variano nei

tempi e nei modi.

Anche nell'uomo ci sono dei periodi in cui si ammala, si raffredda,

si debilita e poi si rafforza. Devi ricordare che non esiste il negativo in

quanto tale ma sempre solo come trasformazione di qualcosa che

168

diventa sempre positivo. Allora ti spaventeresti vedendo prosciugare un

lago al sole ma dimenticheresti che questo lago non va disperso e l'acqua

che va in ascesa ricadrà sui campi a rendere fertile il raccolto. Quindi,

amica cara, gli alti e i bassi, come tu li chiami, sono le onde, le onde che

trasformano. Solo dai “bassi” si capisce come riparare, correggere,

imparare.

Se tutto andasse sempre molto bene vi avremmo lasciati da molto

tempo, perché o avreste già capito tutto oppure sareste troppo stolti per

capire. Allora noi agiamo nella necessità del vostro movimento,

qualunque esso sia. Fosse anche che vi accapigliaste, sarebbe sempre un

accapigliamento fruttifero poiché voi, non lo dimenticate, siete qui per

lavorare, avete uno scopo comune, e verso quello scopo vi state

dirigendo.

Ognuno di voi tenta di lavorare su di sé e cerca di trasformare, di

cambiare, di modificarsi e tutte le trasformazioni e tutti i cambiamenti e

le modifiche richiedono terremoti. Se non scuoti non puoi vedere dov'è

il fondo. Quindi ciò che tu vedi in negativo per il tuo grande

possessivismo e per il tuo punto di vista, esclusivamente egocentrico,

devi invece sempre considerarlo come una trasformazione positiva. Se

tu non ti aspettassi nulla non soffriresti per le mancanze che ritieni

avvengano. Quindi tu nella tua trasformazione sei altrettanto in

movimento in alto e in basso, come tutti noi.

Concludiamo questo incontro, amici nell'attesa di sentirvi più forti,

più uniti ma non a livello pratico, amici, quanto a livello interiore.

Ricordatevi che non è necessario sentirsi presi per mano per essere

insieme, quindi siatelo anche quando non sapete di esserlo.

Ho ancora una cosa da dire. La nostra amica questa sera avrebbe

voluto proporvi l'entrata di nuovi amici. Poiché noi sappiamo che

comunque avreste chiesto a noi, facciamo che darvi direttamente il

nostro parere. Poi discutetene quanto vi pare.

Esistono due possibilità: creare due gruppi separati che lavorino

per conto loro ma facendoli partire da un gruppo unico, oppure farne

uno solo. Chi va e chi viene, non tenete per voi ciò che apprendete, non

fate che ciò che vi viene seminato rimanga sterile dentro di voi,

infruttifero; usate la vostra esperienza per comprendere, aiutare anche

chi non è in grado di farlo da sé.

Questa capricciosa ancora non ci crede. Bravi!”

16 maggio 1994 “Voi siete un centro di forza”

169

In apertura di serata viene discussa l'opportunità o meno di aprire il

gruppo alle nuove persone. Viene infine accettata la proposta di far

provare una seduta a chi lo desideri.

A metà serata arriva Laura, che espone al gruppo l'evoluzione dei

suoi problemi personali.

Lidia prende quindi la parola per comunicare il suo desiderio di

allontanarsi temporaneamente dal gruppo. Su questa sua scelta e sulle

motivazioni che l'hanno indotta a prenderla si sviluppa un ampio

dibattito. Al termine vengono ascoltate le guide.

Guida: “Salve, amici. Noi non avremmo voce in capitolo in questa

discussione, poiché riguarda i vostri atteggiamenti personali. Ognuno di

voi proietta nella situazione le proprie aspettative. Quasi vi siete

identificati in Lidia, come se ognuno di voi si sentisse toccato da questa

fuoriuscita di un membro del gruppo. Come un membro del gruppo

decide di allontanarsi, ciò viene recepito dagli altri quasi fosse un’offesa

personale. Ognuno attiva i meccanismi di colpevolizzazione poiché gli

sembra di aver avuto delle mancanze personali. Ci si sente quasi

umiliati. Tuttavia il nostro affetto, anche se non espansivamente

partecipe, richiede comunque una piccola sofferenza nel vedere

allontanarsi uno del gruppo. Non dimentichiamo poi l'aspetto più sottile

delle energie: quando uno di voi non c'è, anche se è per un qualche altro

motivo che si allontana, le energie vibrano in modi diversi. Per questo

sarebbe importante essere sempre tutti presenti, perché altrimenti è come

se in un circuito si saltasse una delle principali attivazioni elettriche.

Quando siete tutti presenti l'energia scorre velocemente, fluidifica dentro

di voi e non soltanto aiuta noi ad arrivare velocemente ed a interagire

con voi con serenità, ma vi ricarica, poiché voi dimenticate che siete un

centro di forza, e in quanto tale, potete aiutarvi l'uno con l'altro. Ci si

sente più stanchi e privati dalla propria energia quando non si è in

sintonia con gli altri. Se ricordate, avevamo un membro del gruppo che

dichiarava di sentirsi svuotato pur essendo, secondo lui, uno che di

energie ne aveva da vendere. Tuttavia, quando andava via da qui, invece

di ricevere energia da voi, si sentiva privato dalla propria e, credetemi

che quanto a energia, non fosse che per la sua mole, ne aveva a

sufficienza, per se stesso. Questo vi dimostra quanto sia difficile

mantenere un equilibrio energetico vibrazionale di per sé, figuriamoci in

un gruppo. Ma le vostre energie collegate tutte insieme creano questo

campo di forza che potreste anche utilizzare per proiettare la vostra

170

forza all'esterno in aiuto di qualcuno che si ritiene abbia bisogno, anche

a distanza. Ora se voi non voleste utilizzare quest'energia per voi

potreste sempre proiettarla fuori verso qualcuno che ne necessita. La

nostra cara amica Lidia si sente oppressa e schiacciata, come dice di

essere, ma in realtà non si sente né l'uno né l'altro. Semplicemente (devo

dire sinceramente?) non si sente realizzata come membro del gruppo, si

sente il piccolo pulcino nero, il calimero della situazione. Non si sente

parte integrante, entità nel gruppo e a questa sua impressione purtroppo

noi la dobbiamo lasciare. Poiché questo non sentirsi parte integrante del

gruppo, entità a se stante, è una forma di presunzione contraria. Non

pensate di essere casuali in un gruppo dove esiste una forza

vibrazionale così intensa e definita, proprio perché le vostre

problematiche personali coincidono con le problematiche dell'altro,

anche se con sfaccettature diverse. Ricordatevi sempre che avete un

karma comune e uno scopo comune e una causa in comune e molte cose

in comune da comprendere. Se lei si allontanasse, temiamo che non

ritornerebbe, ma se questa è e deve essere la sua decisione, ebbene essa

deve sentirsi libera di allontanarsi, perché la sua libertà è l'unica che le

rimane, quella di decidere di andarsene, perché restare per lei

risulterebbe un'imposizione, un condizionamento. Allora ecco che crede

di trovare la libertà nel prendere l'unica decisione che le resta: quella di

andarsene per un po', si fa per dire. L'atteggiamento del gruppo è giusto

esattamente così com'è. Ognuno deve esprimere quello che pensa;

ognuno deve dire la propria opinione; chi la pensa in un modo; chi la

pensa in un altro; non fa alcuna differenza. L'importante è che

continuiate a volervi bene. Che ci sia o no. Arrivederci a presto.”

23 maggio 1994

Seguendo le indicazioni delle Guide, la serata è stata dedicata a

parlare dell'amicizia. Quando si è amici? Verso chi si è amici? Siamo

amici tra noi? A questi interrogativi si è cercato di dare risposta. Di frase

in frase si è constatato alla fine che tra noi c'è certo un gran desiderio di

amicizia, ma che non vi siamo ancora giunti. Infatti non ci accettiamo

ancora completamente l'un l'altro e, di conseguenza, ci giudichiamo

reciprocamente e questi sono sintomi dell'assenza di un vero sentimento.

Ma - ha chiesto qualcuno - come facciamo ad accettarci se non ci

conosciamo? E allora si è ripresentato il tema del raccontarci, del

rendere gli altri partecipi delle nostre esperienze. E quindi, la prossima

volta, se le circostanze e il gruppo lo consentiranno, Armida e Carlo

racconteranno di sé.

171

Alla fine della serata, una serata molto serena e partecipe, si è

constatato che avevamo creato un'atmosfera di partecipazione, di affetto,

di comprensione; quasi... di amicizia!

Congedandoci, gli abbracci erano sinceri e convinti.

In conclusione si è visto perfino un abbraccio fra Piero e Paolo (a

quando quello fra Piero e Carlo?).

30 maggio 1994 “Come impiegare la propria energia.”

Una serata, come ha detto Vittoria, stramba. Teresa è dovuta

partire subito per un grave motivo personale. Siamo quindi tornati a

parlare di amicizia, ma Armida non era presente e Carlo non era pronto

per il suo racconto. Si è quindi dato il via ad una serie di chiarimenti di

rapporti e comportamenti reciproci, centrata soprattutto su Vittoria, ma

il dialogo è stato interrotto da Piero, che ha contrapposto questi discorsi,

da lui definiti “chiacchiere”, a un comportamento attivo nei confronti

degli amici assenti e gravati da problemi. Egli ha quindi proposto di

seguire un suggerimento delle Guide, facendo catena e rivolgendo il

nostro pensiero ad amici e conoscenti in difficoltà. Durante la

meditazione, si sono presentate le Guide.

Guida: “Salve, amici cari. Potete pensare tutti insieme ad un

amico, e immaginare tutti insieme di inviargli la vostra palla luminosa

colma d'amore e di affetto affinché lo segua nel suo percorso.

Immaginate che la vostra palla d'amore raccolga da ognuno di voi

la volontà di unirvi al Progetto divino e di domandare ad esso di

proteggere e aiutare, se fa parte del Progetto cosmico, la persona che voi

vorreste aiutare. Dimenticate, amici, troppo spesso che la sola vostra

volontà non è sufficiente e che non è con la vostra mente che create un

campo di forza, ma è con la collaborazione delle forze dell'Universo.

Spesso le persone che si rivolgono nella preghiera e che inviano

aiuti psichici ed emotivi ad altri credono che sia la loro energia positiva

ad arrivare ad aiutare le altre persone. Ma, amici, questo non è vero

completamente, poiché ogni cosa che accade, accade perché è in ordine

con i Progetti cosmici. Quindi, anche nel lanciare i propri pensieri

positivi verso coloro che si vuole raggiungere e aiutare, occorre sempre

chiedere il permesso al Progetto ed alla Legge.

Nei vostri pensieri, nel formulare il lancio di forza dovreste sempre

rivolgervi alle forze cosmiche, al Progetto creativo e domandare se

quello che voi chiedete è in compatibilità con il progetto dell'altro.

172

Diversamente voi non riuscirete che a fare un boomerang e a rimandare

indietro quello che voi ritenete invece essere positivo.

Ciò che voi chiedete per gli altri deve essere sempre una preghiera

che deve seguire la volontà del Progetto evolutivo, non semplicemente

un desiderio personale. Quindi il lancio delle vostre energie deve essere

rivolto in: “Signore, fai ciò che tu desideri, non ciò che io desidero”.

Nella materia è normale pregare per proteggere le persone che

amiamo, per chiederne la loro guarigione o il loro ritorno. Ma noi

dobbiamo semplicemente sperare che ciò che noi desideriamo per i

nostri cari sia anche ciò che il Progetto ha deciso essere. Quindi chiedete

semplicemente che la vostra forza diretta verso l'altro sia una forza che

dia all'altro ciò di cui necessita; e ciò di cui necessita è sempre in

concomitanza con i Progetti cosmici e non con quanto noi

desidereremmo fosse.

La non accettazione dei nostri compagni ci porta sempre a criticare

il loro comportamento e a vedere negli altri gli aspetti più negativi.

Quando ci si pone in stato di diffidenza si pensa sempre che tutti

gli altri non ci amino e non ci comprendano, oppure che non si

interessino sufficientemente a noi. In realtà non ci si dovrebbe neppure

preoccupare se l'altro si interessa o no a noi, ma viceversa dovremmo

preoccuparci di quanto noi ci interessiamo a lui. Questa è la prima

regola dell'amicizia.”

Al termine, il discorso è ripreso, ma frammentario e persino

svogliato: un po' si è commentato il messaggio, un po' Laura ha esposto i

suoi ultimi problemi, un po' si è parlato della prossima seduta a gruppo

ampliato.

6 giugno 1994 “Primo incontro a gruppo aperto”

Questa sera sono presenti nuovi invitati. È la prima riunione aperta

del gruppo, riunione che sarà ripetuta tutti i primi lunedì del mese come

è stato deciso le volte scorse.

Subito dopo le presentazioni e un minimo di introduzione al

significato del gruppo si dà inizio alla seduta ed intervengono le Guide.

Guida: “Salve, amici cari. Eravamo molto impazienti di

intervenire. Quando abbiamo a disposizione un numero sufficiente di

energie da cui attingere per trasformare la vibrazione, siamo molto

173

felici, anche se il corpo che utilizziamo è molto rovinato e non ci

consente di esprimerci al meglio. Nel considerare che questo gruppo

aveva necessità di aprirsi, abbiamo considerato oggi tutte le possibilità

di possibile chiusura all'interno di ognuno dei membri, ma riteniamo che

la chiusura possa essere fonte di ulteriore crescita.

Ogni cosa è una prova per lo Spirito che si rende conto in quale

stadio reale e relativo egli si trovi al momento, quindi ognuno accoglierà

questa nuova esperienza, rendendosi conto nella propria interiorità di

quanto sia capace di aprirsi verso l'esterno e di quanto e come abbia

compreso in questa strada-scuola e sia infine capace di mettere in

pratica.

Noi riteniamo che non è sufficiente ascoltare, ma occorre la

volontà di ognuno nel partecipare in proprio al lavoro, che è comunque

sempre individuale, anche se è espresso in un gruppo. Quindi è

indispensabile la volontà di ognuno nel voler non solo lavorare per se

stesso, ma soprattutto al fine che i propri compagni traggano beneficio

da questo tipo di lavoro.

Il nostro discorso di questa sera sarà di presentazione di chi siamo,

per quel che riguarda i nuovi arrivati; ma comunque può essere un

ripasso molto esplicativo per coloro che strada facendo nel gruppo,

magari, sotto sotto, hanno dimenticato quali siano gli scopi effettivi, le

motivazioni, e da dove sono partiti e dove dovrebbero in realtà dirigersi.

Un piccolo ripassino della lezione, che riporterà un po' indietro, ma ogni

passo all'indietro è comunque per loro sempre un passo avanti.

Noi veniamo da molto vicino a voi.

Quando ci pensate forse credete che noi viviamo in mondi separati

da voi, e invece noi proveniamo dalla vostra stessa matrice, siamo la

stessa Essenza divina e ci differenziamo da voi semplicemente

nell'involucro. Se entrasse dalla finestra un raggio di luce del sole e se

voi poteste imbottigliarlo e creare a questo raggio un involucro, voi

credereste nella forma e nella dimensione che assumerebbe questo

raggio all'interno del contenitore. Quindi noi siamo come il raggio della

luce del sole, che non vedete ma che sentite, e che non riconoscete. Noi

siamo presenti in eterno, come voi esistete nell'eterno dal quale

provenite e vi dirigete in un eterno senza tempo e senza spazio, senza

limiti alcuni. Un eterno che non ha né confini, né pregi, né difetti, non

ha aggettivi di alcun genere. Un eterno che è se stesso, senza nulla

aggiungere, poiché nulla che vi si possa additare fa parte del suo essere,

senza che egli stesso non lo abbia delimitato in sé. Quindi la concezione

di dare ad un Essere supremo un qualunque aggettivo è semplicemente

174

la dimostrazione di quanto l'uomo abbia bisogno di definire ogni cosa

esistente, poiché non può esistere senza una misurazione di

contenimento nei limiti tempo-spaziali. Allora noi, provenienti da

qualcosa che è e che non è, non possiamo arrivare agli umani che non ci

comprenderebbero in quanto concentrati in una forma che può capire

soltanto altre forme. Così noi, per comunicare, siamo costretti ad

utilizzare altre forme che codificano ciò che in realtà siamo, solo a

livello energetico, vibrazioni. Nel codificare le vibrazioni con delle

parole, cioè suoni che si tramutano, noi arriviamo a voi attraverso il

vostro intelletto e così a voi appare. Ma la realtà vera e propria è che noi

attraverso le vibrazioni di questa energia che voi chiamate spirituale

arriviamo direttamente al vostro Spirito. In realtà, così come utilizziamo

la trasmissione attraverso simboli e suoni tramutati in parole, noi

arriviamo codificati a far vibrare il vostro reale Sé interiore. Voi non vi

rendete conto consciamente, poiché siete limitati dall'intelletto e dalla

vostra mente e credete che tutto quello che voi percepite lo percepite

mentalmente. In realtà se così fosse, le nostre parole, il nostro divenire

fra gli uomini sarebbe completamente vano e non riconosciuto. Noi

comunichiamo con mezzi più sofisticati, che sono semplicemente le

vibrazioni che hanno contatto diretto con voi e che vi arrivano attraverso

la sfera emotiva. Potete verificarlo quando vi capita di leggere le nostre

comunicazioni attraverso uno scritto: non vi sentite così colpiti come

quando siete presenti alla comunicazione. Non mi direte che è il modo

in cui avviene, perché avvengono anche fenomeni più eclatanti, come le

materializzazioni, ma una materializzazione, anche se può gratificare e

può concedere molto al mentale, ha mai dato qualcosa allo Spirito,

perché ricordate che ciò che si ottiene con la mente non arriverà mai allo

Spirito, poiché la mente tiene per sé tutto quello con il quale entra in

contatto. Solo quando la mente lavora accompagnata dalla sfera

emotiva, e cioè fa per fare, fa in funzione al sentimento che ci mette,

qualunque esso sia, quando in ciò che pensa, agisce, forma, ci mette la

passione, solo in quel caso lo Spirito può usare la comprensione di ciò

che la mente ha usato per imparare. Diversamente tutto rimane sul piano

superficiale e non viene assolutamente utilizzato dallo Spirito. Funziona

come quando l'uomo si alimenta con alimenti che non sono adatti al suo

fisico: si crea un rigetto, un'intossicazione, oppure butta le scorie e non

trattiene ciò che era necessario trattenere. Ecco perché, amici, queste

manifestazioni avvengono in questo modo. Ciò non toglie che esse sono

comunque e sempre tese a far sì che l'uomo si renda consapevole nella

175

capacità di comprendere, all'interno e da solo, la risposta che crede

invece di attingere all'esterno da sé.”

Seconda Guida: “Creare un gruppo di persone che si uniscono

insieme intorno ad un tavolo spesso sembra che porti ad un risultato

migliore. Sovente invece si origina solo un ulteriore scalino di difficoltà

maggiore, per attivare dentro di sé una maggior comprensione, una

maggior capacità di attingere dagli altri ciò che si ha dentro, ancora

incompreso e inespresso.

Ma la difficoltà di molti spiriti incarnati è quella di collaborare. La

maggior problematica è quella di umilmente comprendere che dall'altro

si deve imparare. Un gruppo significa quindi essere sempre disponibili e

concedere agli altri se stessi, incondizionatamente. Significa essere uno

lo specchio dell'altro, essere vicendevolmente il maestro di se stesso e

del proprio compagno. Se non si parte da uno spirito di collaborazione,

non si arriverà mai a comprendere lo scopo finale. L'uomo, in quanto

tale, vive esperienze difficili e dolorose solo per comprendere alla fine

che il suo unico scopo è la collaborazione con il cosmo universale e

quindi con il Divino, completamente assorbito in sé.

Deve iniziare però dal gruppo, ecco perché gli uomini come gli

animali vivono in branchi. Nelle varie esperienze si vive in gruppi di

vari tipi. Spesso si nasce in famiglie nelle quali non ci si riconosce, nelle

quali ci si sente in difficoltà. Questo viene fatto proprio per insegnare

all'uomo ad essere in collaborazione anche quando le persone che ci

sono accanto non sentono, e non sono in sintonia e in armonia, in

vibrazione all'unisono con noi. Ecco che le difficoltà che noi

incontriamo accanto a noi, negli altri, nei nostri vicini, nei nostri

compagni, nei nostri padri, nei nostri figli, sono dovute proprio

all'accettazione della collaborazione nonostante il nostro non

comprendere né l'altro, né la nostra capacità di non accettare l'altro

com'è.

Questo è semplicemente un esempio di come nel piccolo esista la

risposta del grande. Se siamo capaci di imparare la collaborazione nel

nostro piccolo nucleo familiare, che poi si estende al nostro vicinato, al

campo di lavoro, o addirittura a gruppi più ampi, noi, allargando le

nostre menti, i nostri orizzonti, i nostri obiettivi, i nostri scopi, arriviamo

a comprendere la collaborazione, non solo più con il nostro normale

gruppo di frequentazione ma anche con quel gruppo che è il mondo

stesso. Da qui lo Spirito rompe le catene dei confini in cui è stato

infilato e capisce che la sua unica vera ragione di esistere è arrivare alla

176

comprensione della collaborazione dell'universo. La difficoltà maggiore

sta nel fare il primo scalino, nel collaborare con gli altri comprendendo

che è esattamente giusto che gli altri siano così come sono, poiché la

Legge divina, che è perfetta, non può errare.

Occorre considerare che l'uomo, seppure nella fattispecie

delinquenziale alla peggiore specie, non può che produrre ciò che in

quel preciso momento la sua comprensione lo ha portato a comprendere.

Quindi la propria esperienza legata alle esperienze passate lo ha

condotto a compier ciò che era l'unica cosa comprensibile e fattibile per

lui. Il male quindi, non è che una necessità, non va mai comunque

giudicato e condannato, anche se non va condiviso.

Facciamo una piccola pausa.”

Un’ospite del gruppo formula una domanda relativa al di chi sono

le voci che si manifestano e alle vite precedenti di Laura.

Terza Guida: “Quando ci presentiamo sorgono sempre difficoltà

di comprensione poiché coloro che si avvicinano a noi hanno sempre

loro aspettative interiori e soprattutto mentali. Ognuno ci rappresenta

figurativamente come preferisce crederci. Sempre, in tutti i tempi,

quando è stato necessario arrivare agli uomini mortali, l'energia ha

dovuto imprimere un atteggiamento ed una forma. Mosè credette di

sentire la voce di Dio e così fu. Altri hanno avuto visioni angeliche. Altri

hanno rivisto profeti passati. Altri madonne imploranti al ritorno

dell'uomo a Dio. Altri vedono omini verdi scendere da astronavi. Quindi

l'energia si è adeguata all'uomo e mai viceversa accadde che l'uomo si

dovette adeguare all'energia.

In tutti i tempi ed in tutte le forme essa si manifestò per il concetto

elementare che l'uomo aveva di comprendere ciò che credeva dentro di

sé. Ancora oggi accade che ognuno percepisce l'energia nella forma e

nella misura che può comprendere. Ora, in realtà, l'energia non ha

forma, non ha individualità e non ha nome, non ha neppure personalità.

Allora per rispondere adeguatamente alla domanda della nostra amica

dovremmo contenerci per limiti di spazio e di tempo in poche parole e

pochi esempi, mentre invece sarebbe necessario un lungo discorso

esplicativo su cosa sia in realtà la reincarnazione che è vista con i vostri

occhi in maniera molto elementare. Ciò non è possibile ora. Però un

piccolo accenno lo vorremmo fare.

Partendo dal presupposto che un mezzo è soltanto un canale così

come lo è la radio ricetrasmittente, il nostro apparecchio riceve un

177

segnale dall'etere e trasmette esattamente ciò che riceve. Se voi vi

sintonizzate su frequenze d'onda più lunghe o più corte riuscirete a

sintonizzarvi su frequenze diverse e su una larghezza maggiore o

minore. Accade in questo modo che il nostro mezzo sia calibrato

esattamente su una ampia e lunga frequenza. Al che accade che per la

diversità della vostra meccanicità di ricevere e dare

contemporaneamente, noi subentriamo in una determinata frequenza in

funzione alla stessa frequenza dalla quale noi siamo richiamati. Se voi

qui questa sera, uniti tutti insieme, riuscirete con la vostra frequenza a

far suonare uno strumento su una nota particolare, che potrebbe essere il

Do, noi ci troveremmo convogliati su questa nota Do e potremmo

esclusivamente comunicare con voi con questa nota Do. Ora, questa

nostra amica più capisce che deve assolutamente continuare questo tipo

di lavoro, più amplia la sua frequenza e più possibilità dà a noi di

immetterci in questo canale, così che sarebbe comunque possibile

richiamare su quella nota altri amici che vivono intorno a voi, in una

situazione diversa, al di fuori della forma ma con una frequenza simile.

Allora, che cosa c'è esattamente dentro di lei? Vuoto, esattamente

vuoto, poiché se non ci fosse vuoto nessuno potrebbe entrarvi. Questa è

una legge fisica; ed è esotericamente ripetuta da secoli. Dove c'è il pieno

nulla vi può entrare; quindi lei ha un canale vuoto, un canale predisposto

all'utilizzo delle energie per essere trasmesse. Se dovessimo considerare

quello che lei, secondo la vostra teoria reincarnazionistica è stata, a noi

interesserebbe molto poco, perché ciò che lei è stata è finalizzato solo ed

esclusivamente alla sua comprensione e consapevolezza. A nulla d’altro

può servire se lei è stata uno Spirito evoluto o involuto, se non in

funzione alle sue capacità di utilizzarne la comprensione attuale, solo ed

esclusivamente attuale, perché altrimenti, dato che voi credete di vivere

nel tempo, nello spazio, ma in realtà non esiste né tempo né spazio,

quindi vivete in eterno presente, allora dovremmo dire che in lei ci sono

anche gli spiriti che devono ancora venire nelle altre future

reincarnazioni?

Allora noi non consideriamo affatto ciò che siamo stati, poiché ciò

che fummo sono solo rappresentazioni di fantocci che non esistono più.

Quando uno muore la personalità è morta, finita, sepolta, carne alla

carne, polvere alla polvere. Rimane esclusivamente la comprensione. E

fin quando non comprenderete che non ha nessunissima importanza il

ricordare ciò che si è stati perché ciò che si è stati non eravamo noi, ma

era qualcun altro che ha ragionato, lavorato e funzionato con un altro

meccanismo fisico e mentale e che ha semplicemente dato al computer

178

centrale i dati necessari per aumentare la propria comprensione, voi non

vi renderete mai conto di quello che in realtà voi siete e noi siamo.

Ripetiamo però che è importante il gradino evolutivo, questo sì.

Anche se non esiste evoluzione, ma siamo obbligati a utilizzare termini a

voi cari, a voi comprensibili, simbolici, che vi rappresentano nella vostra

sfera mentale un diagramma che solo voi potete comprendere e che a noi

rimane persino sconosciuto. Se comunque i presenti hanno una

partecipazione globale al gruppo di una buona evoluzione, anche le

Guide saranno di una frequenza maggiore e quindi sarà possibile

attingere ad un livello più profondo della Conoscenza Cosmica. Non

esiste altro che una unità centrale. Tutto ciò che orbita intorno a questa

unità centrale è il riflesso dell'unità centrale, l'ombra, l'ombra, l'ombra.

Voi credete di essere una unità, una cellula, una goccia dell'oceano.

Non esiste una goccia, non esiste un oceano, non esiste una foglia e un

albero, esiste solo l'albero e le foglie sono il riflesso dell'albero.

Credono di essere separate, distaccate, credono di essere nell'unità, ma

sono l'unità, è ben diverso. Sono l'ombra, l'ombra, il riflesso, il riflesso.

L'ombra siete. Come quando vi guardate nello specchio: voi credete di

essere quell'immagine che dentro lo specchio si muove; in realtà non

esiste quell'immagine, esistete voi, l'immagine no. Però voi credete di

essere come quell'immagine che crede di essere voi. Quindi, poiché

questo sarebbe un discorso che ci porterebbe molto lontano, molto

lontano siamo obbligati a contenerlo in limiti poco esplicativi e magari

neppure gratificanti come ci si aspettava che fossero.”

Compare infine un’altra Guida.

Ultima Guida: “Non vorremmo lasciarci senza salutarvi,

ricordandovi che comunque tutto ciò che conta è solo il sentimento.

Il nostro lavoro continua e come vedete assume forme diverse, ma

in realtà voi che vi credete diversi l'uno dall'altro, non lo siete affatto,

così come non lo siamo noi. Tutto è una girandola strana; gira e girando

assume un unico colore, uno solo che gira. Eppure le girandole sono

divise da tante piccole eliche colorate e girando formano semplicemente

un cerchio di luce bianca. Chi lo direbbe che mentre la girandola gira

veloce in quel cerchio di luce bianca ci sono centinaia di specchietti

colorati che sono tutti importanti per creare la luce bianca mentre gira,

ma nessuno di loro lo è veramente, perché la luce girerebbe comunque

anche senza di loro, ed è proprio la luce che dà il movimento alla

girandola e la colorazione e la forza?

179

Arrivederci.”

13 Giugno 1994

Questa sera dopo un fuggevole cenno al tema dei trapianti, sollevato

da Carlo, alcuni di noi espongono propri problemi, vicende o difficoltà.

Ciò spinge altri a intervenire, evidenziando anche coinvolgimenti

personali. E ciò induce a discutere dell'utilità o meno di proporre consigli

o suggerimenti a persone in difficoltà, come verrebbe spontaneo ad alcuni.

Su questo punto la discussione si accende, quasi in reazione al silenzio

che ha accompagnato i racconti precedenti: cos'è l'aiuto proposto a chi ha

esposto una sua vicenda senza richiederlo? un'ingerenza? la

manifestazione di una partecipazione? l'eco di un problema personale di

chi vuole aiutare non pacificato e non risolto?

Ci lasciamo pieni di dubbi.

20 giugno 1994 “Ognuno per sé Dio per tutti”

Questa sera stentiamo ad ingranare. Forse le incertezze della serata

precedente hanno lasciato il segno.

Guida: “Salve, salve amici.

La nostra presenza tra voi sembra diventare sempre più difficoltosa

poiché vi sentiamo molto separati uno con l'altro. Stranamente strada

facendo siete diventati individualisti: ognuno per sé e Dio per tutti.

Se in un certo senso è importante credere che vi sia un'unione unica

che ci accomuna, in un altro senso è errato demandare a questa unione,

semplicemente perché siete troppo pigri per tentare di arrivare alla

comunicazione.

Riteniamo che, piano piano, ognuno di voi sia andato per la propria

strada e che non esista un reale centro di forza, un gruppo omogeneo che

collabori nella ricerca dell'unità e del sentire e dell'amore che dovrebbe

scaturire fra di voi spontaneo.

Con ciò noi non vogliamo certamente ostacolare quello che è

l'individuo nel suo percorso soggettivo, e che a buon diritto deve cercare

la propria strada a livello personale, a seconda delle sue richieste e delle

sue necessità strutturali e vitali e spirituali.

È giusto e consono che ogni essere segua il proprio percorso e non si

lasci condizionare da quello che viene proposto o che sia in qualche modo

precostituito; ma è anche giusto, secondo noi, essere coerenti con le

180

proprie scelte, tanto più se si ricade nella trappola di farsi abbagliare da

cose più gratificanti sul piano mentale. L'attivazione della necessità della

comprensione e della disponibilità, voi l'avete esclusivamente lavorata a

livello mentale e verbale. A livello emotivo, vi siete completamente

distaccati dal centro e siete diventati glaciali. Se pure fra di voi

soggettivamente e alternativamente si possono essere create forti affinità

affettive, non avete comunque partecipato alla comunione di gruppo.

Appare quindi molto difficile riuscire ad entrare in sintonia con ciò

che noi avremmo desiderato si creasse: l'anima del gruppo. Se noi

dobbiamo forzatamente mantenere uno stretto rapporto individuale e

soggettivo con voi, rimaniamo allora molto limitati. Diverso sarebbe stato

se la vostra forza di unione affettiva ed emotiva, la vostra forza creatrice,

la vostra volontà ed il vostro desiderio comune, avessero potuto formare

quel campo di forza che già avevate iniziato a formare e che debolmente

debolmente ha persistito, nonostante voi, grazie alle vostre vibrazioni.

Con ciò noi non vogliamo porgere alcun tipo di accuse, poiché ben lungi è

nel nostro dire il giudicare o l'accusare il lavoro di qualcun altro. Il nostro

vuol essere semplicemente un punto di focalizzazione della situazione

attuale, che tenta di farvi comprendere quanto siete lontani dallo scopo

che ahimè credevate di esservi proposti ma che in realtà era solo

apparente, e basato su molti desideri mentali ma su nessuna spinta

emozionale e reale, che vi portasse al raffronto e al confronto, per arrivare

poi alla comprensione reciproca, che diventa infine sempre e comunque

affetto.

E quando sulla via della comprensione la vibrazione diventa affetto,

si riesce a partecipare a una comprensione più ampia, salendo i piani più

sottili ed eterici e comprendendo anche coloro che vi abitano. Se il vostro

punto di forza riuscisse a svilupparsi in modo tale da diventare una vera

fiammella d'amore, voi potreste aiutare anche coloro che vivono piani

terreni fra voi e noi, coloro che sono bloccati, nella fattispecie coloro che

non hanno compreso ancora che esiste una via e che sono persi, o legati ai

loro familiari e alla terra in modo morboso.

Voi avreste potuto aiutare anche questi esseri infelici che ancora non

hanno trovato il loco per la loro strada.

Siamo abituati in qualità di esseri umani ad amare solo ciò che

comprendiamo, e questo è il problema maggiore. Tutto ciò che ci è

oscuro, che non ci è facile compenetrare, che non corrisponde al nostro

ideale, che è diverso nella sua fattispecie mentale, ci diventa ostico da

accettare e da comprendere, più che mai da amare. L'amore per noi è

sempre teso solo verso ciò che ci è più chiaro, perché quando noi

181

crediamo di comprendere un altro essere crediamo di poterlo controllare.

Sappiamo nel comprenderlo ciò che possiamo aspettarci, ciò che

possiamo dare e ricevere, ma quando qualcuno è incomprensibile e

lontano da noi non ci è possibile entrare nella sua ottica e rubare in un

certo senso ciò che riteniamo ci debba essere dato. Ecco perché ci viene di

ostacolo riuscire ad amare ciò che noi non comprendiamo.

La vostra disunione porta ad un calo terribile di energia, e anche se

noi apparentemente potremmo comunicare senza la vostra collaborazione,

non riteniamo giusto doverlo fare, poiché è dal vostro cuore che devono

partire gli impulsi, in modo che noi possiamo partecipare alla vostra

emotività, al vostro sentimento reale in modo più forte, più vero, più

sentito.

Le vibrazioni sono amore, e nulla al di fuori di ciò viene percepito

nella sua realtà.

Quando non vi è amore vi è menzogna e allora anche nelle comunità

che utilizzano sistemi di comunicazione con piani sottili, quando non vi è

amore le comunicazioni sono sempre velate da mille menzogne, poiché

soltanto nell'amore vi è una parte di verità comprensibile ai piani

sottostanti, nei vari livelli, da quello umano a quello dell'Assoluto che non

ha bisogno di comprendere nulla e non ha neppure bisogno di amare

poiché Egli è Amore.

Quando le visioni di una stessa realtà sono percepite su piani molto

diversi fra loro accade un grosso squilibrio in un gruppo.

Quando si lavora su piani diversi, ognuno entra in una percezione

completamente propria. È come se degli amici, che decidessero di andare

a vedere una proiezione cinematografica e volessero comprendere il

significato del documento, si ritrovassero una parte sordi e una parte

ciechi e dopo discutessero fra loro di come era il documento. Ora voi

sembrate questi amici e quindi vi trovate a non comprendervi tra voi,

perché i sordi pretendono che i ciechi vedano e i ciechi pretendono che i

sordi sentano. Tuttavia ognuno vuole che l'altro comprenda, uno che non

può vedere, l'altro che non può sentire.

Se ci fosse amore tra voi, colui che non vede potrebbe farsi spiegare

le immagini da colui che vede e colui che non sente avrebbe la possibilità

di farsi spiegare le parole da colui che non vede ma sente.

In qualche modo l'amore trova sempre un punto d'incontro, poiché

l'amore sempre ha superato ogni ostacolo.

Così noi vi diciamo: all'inizio del vostro rapporto prima del nostro

manifestarci, le vostre motivazioni erano di cercare la vostra

trasformazione, il vostro miglioramento, di comprendervi di più, di

182

imparare a conoscere l'universo e se stessi, di equilibrarvi, di controllarvi,

di imparare ad interagire con gli altri. Quando noi siamo arrivati, forse

imprudentemente, voi non eravate pronti per riceverci, ma i vostri spiriti si

erano dati appuntamento, lo avevano richiesto molto tempo prima, anche

se le vostre menti lo avevano dimenticato, come è giusto sia. Noi abbiamo

cercato di risvegliare i vostri spiriti pur tentando di farvi trasformare nella

vostra mente così come voi desideravate. La nostra finalità dunque era

come la vostra, la trasformazione. Ma la nostra trasformazione è solo ed

esclusivamente mirata all'unità, alla comunione con il tutto e quindi il

ritorno a casa include incondizionatamente l'amore. Orbene voi non siete

obbligati ad amarvi, ma se la vostra necessità interiore ancora non vi ha

suggerito che prima di ogni cosa è questo lo scopo al quale dovete mirare,

poiché solo nell'amore c'è trasformazione e conoscenza, allora voi siete

ben lungi dal poter anche solo iniziare un cammino.

Noi tuttavia non crediamo che voi non siate diretti su questa strada,

che voi non siate capaci di amarvi uno con l'altro. Noi riteniamo che vi

facciate ancora ingannare dalla vostra mente e che ognuno di voi cerchi in

questo gruppo di risolvere le proprie personali problematiche, oppure sia

venuto a cercare di assecondare proprie aspettative. Riteniamo inoltre

che consciamente forse non ne siate consapevoli, e che la trasformazione

sarebbe stata il primo passo che vi avrebbe portato innanzitutto ad essere

consapevoli.

Allora noi vorremmo semplicemente dirvi: è giusto, è umano, è

comprensibile che ognuno di voi continui la propria ricerca con gli scopi

mentali che desidera, ma spiritualmente, amici, dovreste comprendere che

il mentale lascia il tempo al mentale, che la polvere torna polvere e che

non vi porterete nulla di ciò che voi comprendete con la mente dietro di

voi e che invece arricchisce la vostra esperienza spirituale solo ciò che voi

avete incanalato attraverso il vostro sentimento, la vostra passione, il

vostro desiderio, i vostri entusiasmi.

Le emozioni sono il veicolo verso lo Spirito.

Le emozioni, solo ed esclusivamente le emozioni vi portano ad

accumulare la consapevolezza delle vostre esperienze.

E le emozioni viaggiano di pari passo con il desiderio, il desiderio di

vivere, di sentire, di amare.

E sempre è l'amore che spinge verso qualcosa, qualche obiettivo,

qualche scopo.

È l'amore per la montagna, per l'alpinismo che porta sulle cime, non

la montagna in sé, non lo sport visto in quanto tale, ma l'entusiasmo, il

183

desiderio, l'esaltazione di ciò che uno prova, di ciò che uno sente

nell'esperienza di toccare un'isola del cielo.

È l'amore che spinge a comprendere il proprio compagno anche se ci

è nemico e lo sentiamo lontano da noi. È l'amore che ci fa sopportare la

nostra sofferenza, anche se crediamo che l'altro che ci è accanto sia la

persona più ingiusta nei nostri confronti, la più indifferente.

È l'amore che ci consente di partecipare alla sofferenza di un amico;

è l'amore che ci spinge a leggere i libri per apprendere sempre di più,

anche solo nei piani mentali. Nulla accade senza amore, poiché cadrebbe

nella totale indifferenza e nell'oblio. Neppure il più piccolo gesto accade

senza che il desiderio venga utilizzato, ma il desiderio se non ha l'amore è

solo istinto, è solo bestialità, è solo animalità, e quindi, amici, non

crediate di muovere un solo passo senza l'amore, se non fosse anche per

voi stessi. Se non siete ancora capaci di donarlo agli altri

indiscriminatamente sappiate che però lo donate a voi.

Allora il percorso che voi avete compiuto è fatto di alti e bassi. Ci

sono stati alcuni momenti in cui vi sentivate tutti partecipi l'uno con l'altro.

Forse non ve ne rendete conto e forse qualche volta riuscite a rendervene

conto. Ci sono momenti in cui ognuno di noi ha altri interessi, ha altri

desideri; è occupato da altre faccende, troppo preso da alcuni problemi

personali. E allora diventa tutto un peso, tutto un obbligo; ci si sente

forzati. Ci sono momenti in cui ci si sente delusi, rifiutati, respinti, ma ci

sono sempre i momenti in cui siamo noi stessi a voler essere rifiutati e

respinti, noi stessi che non siamo stati capaci di offrirci nella misura giusta

e questo accade perché non abbiamo imparato a prendere ciò che viene

dato per quello che è. Noi desideriamo sempre qualcosa di diverso da

quello che ci viene offerto e non comprendiamo mai che ciò che ci viene

offerto è l'unica cosa che in quel momento noi possiamo avere. E allora,

se noi andiamo ad attingere ad una fontana e crediamo che da essa debba

distillarsi del vino e dopo ci ritroviamo con l'acqua fresca, non sarà colpa

della fontana, ma sarà la nostra colpa che ci farà sentire la delusione di

non aver trovato il vino. Ma se noi imparassimo ad accogliere in noi ciò

che ci può essere concesso con amore, umiltà, se noi accettassimo che

quello che ci viene offerto è il massimo che noi possiamo contenere, e se

noi facessimo a gara anziché a prendere, a dare di più di quanto ci viene

dato, per stimolare l'altro con l'esempio a dare, forse non torneremmo a

casa dispiaciuti, raffreddati e disinteressati.

Amici, non vorremmo che questo gruppo si disperdesse. Noi siamo

convinti che in voi c'è un forte potenziale, ma siamo convinti, e ciò lo

abbiamo sostenuto più volte, che lo disperdete in centomila rivoli diversi.

184

Ognuno di voi crede di trovare altrove la forza che ha dentro e sparpaglia

così al vento le proprie potenzialità.

Non vorremmo neppure essere polemici. Siamo dispiaciuti quanto

voi.

Le vostre motivazioni non devono necessariamente essere uguali, ma

comunque non hanno il filo conduttore dell'unità; l'unità che è richiesta

indispensabilmente per mantenere le fila collegate con noi.

Tante volte vi abbiamo ripetuto che noi veniamo nella vibrazione

delle vostre emozioni, noi percepiamo il vostro totale disinteresse nei

nostri confronti, non a livello materiale ma interiore, emotivo,

sentimentale.

Voi non avete mai calcolato quanto possa essere complicato riunire

tante forze per arrivare a voi.

Riunire entità e spiriti che vorrebbero essere con voi, imparare

attraverso di voi: nonostante ciò voi non vi siete mai occupati di quella

che potrebbe essere la collaborazione reciproca. Tuttavia comprendiamo e

consideriamo che in fondo non è stata una vostra reciproca scelta. Vi siete

trovati insieme per caso, per volontà diverse; non vi siete scelti uno con

l'altro, come accade quando due si sposano perché si amano. Quindi siete

uniti per una coercizione del fato, ma anche perché avete lo stesso

ostacolo in comune da superare.”

Vittoria: Potrei fare una domanda?

Guida: “No. Ci dispiace, ma non possiamo continuare oltre. Credo

che abbiate più bisogno di rafforzarvi, di trovare la sintonia.

È doveroso salutarvi, ma vorremmo ancora aggiungere qualcosa.

Vorremmo pregarvi di modificare un pochino i vostri programmi.

Riteniamo che un lavoro più consono, sarebbe ed è una proposta,

poiché nulla ha la forma ovviamente della richiesta, ma sarebbe opportuno

che voi, prima di passare alla seduta successiva, riascoltaste tutti insieme

quelle precedenti.

Ci siamo accorti che fate molta fatica a comprenderci poiché tendete

ad interpretare secondo voi le nostre parole. Forse risentendole tutti

insieme vi rendereste conto che usiamo frasi specifiche adatte a

specificare il concetto e che dovreste sempre considerare il nostro punto

di vista e non il vostro.”

Il clima della serata è piuttosto mesto e le parole allarmate delle

Guide non paiono inattese. Alcuni di noi ammettono una caduta di

185

interesse e molti denunciano malesseri e difficoltà. Sconsolati,

constatiamo che le Guide hanno ragione. Ma pano piano la volontà di

reagire emerge e si fa strada la consapevolezza che ciò che ci unisce pesa

almeno quanto ciò che ci divide.

Si decide, infine, di seguire il suggerimento delle Guide: per la

prossima volta cioè di riascoltare gli ultimi insegnamenti per trovare il

modo di far collaborare insieme “ciechi e sordi”.

27 giugno 1994

È una serata svolta all'insegna di una diffusa voglia di innovare i

contenuti ma ancora ricca di dubbi sul come fare.

Seguendo le indicazioni delle Guide, in apertura è stata riascoltata

l'ultima lezione, e la si è commentata a lungo con sincerità e commozione.

Più o meno tutti i presenti si sono detti desiderosi di cambiare

metodo e di cercare di arrivare ad una maggior unione fra di noi cessando

di divagare e di anteporre desideri e aspettative personali.

Come fare però? Angela ha proposto di ripetere un'esperienza per lei

molto fruttuosa presso un istruttore del suo gruppo di Yoga; in questo

gruppo ci si incontrava tra estranei e si mettevano in moto meccanismi

particolari di rottura delle barriere e degli schemi mentali. Carlo ha invece

proposto di dedicare una giornata ad ognuno, riservando allo stesso la

facoltà di scegliere un'attività che gli piaccia: lo sforzo degli altri sarà nel

seguirlo nella sua attività e nell'avvicinarsi con ciò alla sua realtà.

Le idee, come si vede, sono state molte, ma non si è arrivati ad una

decisione comune.

4 luglio 1994 “L'Unità”

Seconda serata di gruppo aperto, ma dei nuovi partecipanti

intervenuti la volta scorsa non è tornato nessuno. Di nuovi ci sono il figlio

di Laura, il figlio di Carlo e un amico di Vittoria. Tra noi c’è un’atmosfera

diversa: le critiche dei giorni scorsi hanno dato lo scossone che volevano

praticare. Ci sentiamo diversi e forse nessuno più crede di detenere, unico,

la verità a scapito degli altri.

Si fa catena e intervengono le Guide.

Guida: “Salve amici cari, salve a tutti voi.

La vostra riflessione all'esterno vi porta ogni giorno a contatto con

l'interiorità di altre persone, che percepiscono con i mezzi più sottili le

186

vostre essenze interiori. La vostra comunicazione verbale dovrebbe

rispecchiare in ognuno di voi ciò che veramente sentite interiormente;

dovrebbe essere così limpida da far sì che gli altri possano rispecchiarsi.

Tuttavia nel mondo delle forme, nella dimensione umana, spesso

occorre tutelarsi dagli altri e non permettere loro di approfittarsi della

nostra limpidezza e onestà. Allora esiste la difficoltà di mettere insieme

due poli contrapposti: l'essere chiaro e onesto e l’essere in difensiva con

quelli che ci stanno intorno. Se dunque si è troppo esposti al pericolo

altrui, non ci si potrà lamentare se si viene carpiti.

Il piccolo topo è libero di essere se stesso e di scorrazzare nella

prateria insieme ad altri animaletti piccoli come lui, ma dovrà correre al

riparo allorché l'aquila sfreccerà nel suo cielo. Così l'uomo, preso dalle

necessità di amare l'altro e di non farsi sopraffare, si trova sempre unico

fra ciò che sente giusto e la necessità di non farsi sopraffare da quello più

forte e meno chiaro. Allora occorre avere un’intenzione verso l'altro di

grande onestà e disponibilità. Pur tuttavia, con codesta intenzione attivata,

occorre essere preparati a capire ciò che l'altro potrebbe fare nei nostri

confronti; come l'uomo in battaglia, che deve usare ora la spada ora lo

schermo. L'equilibrio sta nella giusta intenzione di non danneggiare

neppure mentalmente il proprio compagno, ma di non farsi neppure

danneggiare. Se noi permettessimo a un altro di danneggiarci, saremmo

colpevoli quanto lui del danno ricevuto, poiché noi non avremmo né

partecipato all'insegnamento che egli deve ricevere né tantomeno al nostro

insegnamento che scaturisce dall’esercizio della capacità di istruire.

Questa sera vorremmo parlarvi di una condizione preesistente di

stato d'essere. Gli esseri umani costituiscono nella loro globalità un

insieme di tanti esseri diversi fra loro, che vivono sì contemporaneamente

sul piano umano, ma non contemporaneamente sul piano spirituale. Molti

esseri sembrano accomunarsi per strade simili e in realtà hanno fra loro

grandi discordanze di comprensione, di consapevolezza. Poiché l'umile

nasconde il suo vero essere, non è possibile al piccolo comprendere il

grande, mentre il grande, invece, può comprendere il piccolo.

Quando ci si trova in stati diversi di consapevolezza, come membri

di gruppi che portino vantaggi ad altri, è necessario sempre porsi la

domanda se si è compreso almeno il proprio stato e se si accetta quello

dell'altro, sia o non sia più avanzato del nostro.

Ora questi stati corrispondono, sul piano umano, a un decrescere di

condizionamento verso ciò che è la materia, per quanto riguarda l'essere

iniziale che comincia a percorrere il proprio percorso; e corrisponde

187

invece a un allontanamento da ciò che riguarda la materia, intesa come

corpo e mente, per chi si va ad avvicinare a un piano più elevato.

Allora esistono stadi contrapposti, i bilanciamenti; ma questi sono

stadi solo, apparentemente tali, poiché appartengono esclusivamente alla

mente dell'individuo; giacché lo stadio unico e uno non può essere in se

stesso divisibile in stati d'essere diversi fra loro. Ed è quindi proiezione

della nostra mente il percepire dallo stato unico divino esclusivamente ciò

che possiamo comprendere e compenetrare. Uno stadio che può essere

esclusivamente recepito nella sua assolutezza non può

contemporaneamente suddividersi in tante piccole particelle, ma può

permettere all'illusione della separazione di percepire questa conoscenza

assoluta in piccole particelle, secondo la capacità di percezione di ognuno

(e, ripeto, capacità data esclusivamente dalla mente, poiché lo Spirito

nell'Unità non ha necessità di evolversi e di comprendere ciò che egli è).

Può sembrare un molto complicato, ma questo discorso senza fine ha una

ragione d'essere, poiché forse nella complicazione della nostra

esplicazione voi riuscirete a mettere in moto la vostra capacità di

comprensione.

Ognuno ha motivazioni diverse alla comprensione, ma più le cose vi

appaiono semplici e meno voi le recepite. Allora, nel complicare i

discorsi, pensiamo che siate obbligati a ragionarci, ovviamente con la

vostra mente, per poi passare il tutto a ciò che le vostre emozioni sentono,

per poi forse, quando capirete che non ha importanza capire, rendervi

conto di aver capito.

Queste serate particolari, dove vengono accolte nuove entità

spirituali a partecipare ai nostri incontri, sono sempre molto proficue

poiché sia voi che i nuovi arrivati partecipate con noi alla complessità,

alla funzionalità del discorso. Attraverso i vostri pensieri e le vostre

emozioni formuliamo ciò che dovrà essere detto nel gruppo. Noi

rappresentiamo una unicità che si suddivide semplicemente perché voi

siete suddivisi, ma ognuno può attingere nel modo che ritiene necessario

secondo la propria logica individuale. In qualunque tempo, in tutti i

mondi, in ogni universo, in qualunque piano sottile o pesante, nella

materia e nell'energia, fra le entità, gli spiriti, gli umani, gli animali, i

vegetali, i minerali, ognuno assorbe ciò che può contenere. Ognuno

trasforma ciò che è riuscito a lavorare e quindi noi percepiamo in voi ciò

che già esiste e voi percepite da noi ciò che è sempre esistito e che in

ognuno di questi piani già è. Nulla di nuovo può essere detto senza che

ciascuno di voi crei il nuovo. Nulla di nuovo può essere fatto senza che

alcuno di voi crei qualcosa da fare. Oh, certo, mi direte voi, i secoli

188

passano e molti uomini nuovi arrivano, molte nuove menti creano, ma

ogni creazione è la trasformazione di un'unicità, esclusivamente una

unicità. L'apparenza della trasformazione è semplicemente umana e tutto

ciò che cambia non è cambiato, ma è rimasto sempre il medesimo, che

può apparire diverso perché assume forme e pensieri diversi ma che in

realtà non è nuovo, e mai lo potrà essere.

Potete discutere tranquillamente fra voi per un po', noi rimaniamo

qui in attesa.

... Vi piace tanto parlare e quando ve lo si dice, tutti zitti.”

Carlo: Volevo chiederti una cosa, se me lo permetti.

Guida: “Preferirei che prima discuteste fra voi di quanto finora noi

abbiamo detto. Vorrei vedere quanto avete capito.”

Più tardi a commento del nostro discutere:

Guida: “Devo intervenire, se ci è concesso, per farvi notare che voi

siete la rappresentanza minore di ciò che può essere l'umanità. Un piccolo

gruppo è la rappresentanza di un grande gruppo, così come la famiglia è la

rappresentanza del suo popolo. Ora, sollecitati a parlare fra voi, avete

dimostrato che l'umanità è divisa e non è una fonte unica. Anzi, più vi si

dice che siete una fonte unica, più vi si dice che questa fonte va mantenuta

dalla vostra volontà di interagire, che la generosità si vede dal lavorare in

comune e più ci s'accorge che in un gruppo purché minimo alcune persone

parlano e altre tacciono e si esimono dall'assumersi responsabilità di alcun

tipo. Ognuno poi personalmente può dare centomila giustificazioni a ciò,

ma la realtà non cambia, quando si vede che l'unità non esiste fra la

separatività e che quanto più se ne parla meno la si mette in pratica.

Per un po’ non parleremo più. Un giorno sarà necessario riprendere

le comunicazioni, ma solo quando voi ne sarete convinti e crederete che

possano servire ad altri oltre che a voi. Anche in via indiretta, forse; ma

una motivazione per fare è necessaria a tutti.

Vi auguro di imparare ad imparare ad amarvi come nello specchio di

riflesso”

Con queste parole, lo comprendiamo subito, si conclude il primo

ciclo di vita del nostro gruppo. Quel che c’è da sapere è stato detto. Ora è

profondamente inscritto nel nostro cuore ed è ad esso che occorre

189

rivolgersi. È questo un lavoro che dovrà essere svolto da ciascuno

individualmente, ma anche, parallelamente, da tutti insieme.

190

Epilogo

Sono trascorsi due anni. Alcuni membri del gruppo (Teresa, Lucia)

si sono allontanati, seguendo la propria strada. Altri amici, pochi, sono

subentrati a loro. Per molti mesi le Guide hanno taciuto. Poi, quando

hanno ritenuto i tempi maturi, sono riapparse.

Ora il nostro gruppo si sente molto più unito e saldo che allora ... ma

questa è un’altra storia.

INDICE

SALVE AMICI CARI. SALVE!

Colloqui tra il visibile e l’invisibile.

“La nascita del gruppo” ................................................................ 3

4 giugno 1992 “La paura”. .......................................................... 4

23 novembre 1992 “L'incontro con le Guide” ............................ 7

30 novembre 1992 “Proposta di far ricerca insieme” .............. 10

15 dicembre 1992 “La proposta di lavoro” ............................... 11

18 gennaio 1993 “Il senso di colpa” ........................................... 13

25 gennaio 1993 “Dubbi e aspettative”...................................... 18

1 febbraio 1993 “Risposte a curiosità individuali” .................. 19

8 febbraio 1993 “Armonizzatevi” .............................................. 22

23 febbraio 1993 “Spirito e materia - La casa del Padre” ....... 27

9 marzo 1993 “Sofferenza e malattia - Immedesimatevi” ....... 33

18 marzo 1993 “Ridefinizione del programma di lavoro” ...... 41

5 aprile 1993 “Autoanalisi. Confronto. Amore di se”. ............. 45

19 aprile 1993 “Nella diversità si trova l'unità”. ...................... 55

26 aprile 1993 “La lotta interiore”- “Il rapporto con la

materia” ....................................................................................... 56

10 maggio 1993 “Sono chi da o chi prende?” ........................... 63

24 maggio 1993 “Ognuno capisce ciò che gli è utile” ............... 67

“La consapevolezza” ................................................................... 67

7 giugno 1993 “Il giudizio divino - Il desiderio di amare” ...... 73

2

14 giugno 1993 “Partecipazione, libertà e divenire” ................ 80

21 giugno 1993 “Gioie e sofferenze” .......................................... 86

28 giugno - 26 luglio 1993 “Fermenti nel gruppo in attesa delle

vacanze”. ...................................................................................... 92

6 settembre 1993 “Riprendono gli incontri del lunedì dopo la

pausa estiva” ................................................................................ 99

13 settembre 1993 “Ancora sul tema dell'amore e sulle nostre

paure”. ........................................................................................ 103

20 settembre “riprende il lavoro sull'essere trasparenti” ..... 109

27 settembre “Domande senza risposta” ................................. 110

4 ottobre 1993 “La dipendenza” .............................................. 112

11 Ottobre 1993 “Il gruppo procede” ...................................... 113

19 ottobre 1993 “Domande e risposte”. ................................... 113

8 novembre 1993: “A voi, grandi immortali”. ........................ 122

15 novembre 1993 “La chiarezza e il rispetto di sé”. ............. 123

6 dicembre 1993: “Un rapporto più profondo” ...................... 131

13 dicembre 1993 “Il denaro ed il potere” .............................. 134

31 gennaio 1994 “Modifica del metodo di lavoro” ................. 141

7 marzo 1994 “Il minestrone” .................................................. 152

14 marzo 1994 “Esprimere le emozioni” ................................. 157

9 maggio 1994 “Come aiutare Laura?” ................................... 164

16 maggio 1994 “Voi siete un centro di forza” ....................... 168

30 maggio 1994 “Come impiegare la propria energia.” ........ 171

6 giugno 1994 “Primo incontro a gruppo aperto” .................. 172

20 giugno 1994 “Ognuno per sé Dio per tutti” ...................... 179

4 luglio 1994 “L'Unità” ............................................................. 185

3

Epilogo ........................................................................................ 190

4

(QUARTA DI COPERTINA)

Il gruppo del lunedì nasce nel 1990, dall’incontro di alcune persone

interessate alla ricerca psicologica.

Nel 1992 entra, inattesa, a far parte del gruppo Laura Casu e, tramite

suo, le guide spirituali.

Le guide dichiarano presto che non sono venute per impartire

insegnamenti teorici né per rispondere a curiosità mentali, poiché altre

guide, in altri gruppi, l’hanno già fatto e il materiale è a disposizione di

chiunque lo voglia studiare.

Il loro scopo è invece di sollecitare i componenti del gruppo su un

nuovo percorso di esperienza quasi iniziatico. Comincia così un lungo

rapporto che dura ancora oggi.

Il libro racconta i primi due anni di questa esperienza e documenta

attraverso i messaggi delle guide e le reazioni del gruppo l’itinerario di

maturazione verso un sentire più reale e autentico.

Laura Casu, giornalista, scrittice e sensitiva è il medium del gruppo.

I curatori, P.Pettinati (Dirigente Industriale) e G.Tirone (Psicologo)

da anni sono impegnati in un percorso di ricerca orientato allo sviluppo

della consapevolezza.