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Collana UNIVERSITÀ & RICERCA diretta da Luciano Galliani, Antonella Nuzzaci

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Collana

UNIVERSITÀ & RICERCA

diretta da Luciano Galliani, Antonella Nuzzaci

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Comitato scientifico della collana:

PAOLO FRIGNANI (Università di Ferrara)MARCEL CRAHAY

(Université de Genève)ETTORE FELISATTI

(Università di Padova)JOSÉ LUIS GAVIRIA

(Universidad Complutense de Madrid)STEPHEN GORARD

(University of Birmingham)E. EDWIN GORDON

(South Carolina University, USA)LAN LI

(Bowling Green State University, Ohio, USA)UMBERTO MARGIOTTA

(Università Ca’ Foscari di Venezia)PIER CESARE RIVOLTELLA

(Università Cattolica di Milano)DAVID STEPHENS

(University of Brighton)

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ISBN volume 978-88-6760-290-2ISSN collana 2284-435X

2015 © Pensa MultiMedia Editore s.r.l.73100 Lecce • Via Arturo Maria Caprioli, 8 • Tel. 0832.23043525038 Rovato (BS) • Via Cesare Cantù, 25 • Tel. 030.5310994

www.pensamultimedia.it • [email protected]

Volume stampato con il contributo dell’Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Studi Umanistici

Fondi FRA 2012

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INDICE

7 Introduzionedi Matteo Cornacchia

Le questioni di fondo

23 Disabilità adulte, percorsi di umanizzazione e d’inclusionedi Alain Goussot

41 Le adultità negate. Disabili ed educatori davanti alla sfida del di-venire adultidi Sergio Tramma

55 L’adultità difficile: ragioni e sentimenti di un riconoscimentocomplessodi Matteo Cornacchia

75 Inclusione lavorativa: le sfide della disabilità adultadi Catia Giaconi

Le ricerche

93 Becoming a disabled student in Higher Education: rights and re-lationshipsdi Jan Georgeson

107 Il lavoro nel Progetto di Vita della persona con disabilità intel-lettiva e/o psichicadi Elena Bortolotti e Jacopo Emma

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I metodi e gli strumenti per la formazione

127 Il contesto e la persona: i metodi osservativi per la progettazio-ne di strategie di inclusionedi Paolo Sorzio

143 Formazione in presenza e a distanza. Il (video e il) webinar perla condivisione di buone pratiche tra operatori e utentidi Gisella Paoletti e Maria Elisabetta Cigognini

Le esperienze

163 I servizi per le persone con disabilità in età adultadi Carlo Francescutti, Pamela Franceschetto e Daniele Ferraresso

183 L’educatore professionale in un Centro Diurno per persone di -sabili. L’esperienza della Casa del Girasoledi Federico Mucelli

197 Intessere trame: l’operatore della mediazione nel Servizio di In-serimento Lavorativo. Una lettura pedagogicadi Elisabetta Madriz e Mariella Naperotti

215 Gli Autori

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In questo capitolo, l’analisi delle condizioni ambientali che favori-scono l’inclusione è presentata nella prospettiva socio-culturale del-lo sviluppo umano (Bronfenbrenner, 1979/2002; Rogoff,1990/2006; Wertsch, 1998; Gallego, Rueda e Moll, 2005). Si ritieneche la crescita umana non sia la semplice estrinsecazione di poten-zialità interne, indipendenti dal contesto, ma sia un’interazione di-namica tra le caratteristiche bio-psichiche in evoluzione del sogget-to e le condizioni ambientali, che possono creare barriere oppureopportunità alla crescita dell’individuo. Lo sviluppo umano è quin-di considerato nella sua dinamicità e sensibilità ai contesti educati-vi.

In questa prospettiva, l’osservazione metterà a fuoco l’interazio-ne tra il soggetto con disabilità e gli ambienti di apprendimento nel-la sua vita quotidiana, in modo da identificare risorse e vincoli. Inquesto modo, sarà possibile ricostruire la partecipazione del sogget-to con disabilità alle pratiche sociali orientate al suo benessere e au-tonomia. Di conseguenza, la riflessione metodologica è condottaidentificando dapprima i livelli di realtà che costituiscono le condi-zioni che agiscono come risorse e vincoli per lo sviluppo persona-le. Successivamente, si possono osservare i processi di partecipazio-ne del soggetto con disabilità nelle pratiche educative, connetterli auna ricostruzione della relazione persona-contesto e quindi elabo-rare una prospettiva inclusiva.

Il contesto e la persona: i metodi osservativi per la progettazione

di strategie di inclusionePaolo Sorzio

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Introduzione

Per caratterizzare il sistema contestuale, farò riferimento al modelloavanzato nel 1995 da Rogoff nel campo della psicologia dello svi-luppo e lo adatterò alle problematiche dell’inclusione, in prospetti-va socio-culturale. Il modello identifica tre principali livelli di ana-lisi nella comprensione dello sviluppo umano: il livello dell’appren-dimento individuale, nei processi di attività orientate a un obietti-vo; il livello dell’interazione tra persone, in particolare tra educato-ri, educatrici e soggetti con disabilità; il livello di partecipazione al-le pratiche istituzionali di un ambiente educativo.

Lo sviluppo umano avviene nell’interazione del soggetto con itre livelli contestuali; quindi, i processi osservativi devono stabilireun focus su un piano specifico per andare a fondo delle dinamichedell’inclusione, ma con la consapevolezza dell’interdipendenza deitre piani.

1) Il processo di apprendimento come attività di problem solving siriferisce alla relazione dinamica tra le strategie che il soggettomette in atto, l’uso di artefatti e la realizzazione degli obiettivirichiesti. Il soggetto apprende a usare gli strumenti di una co-munità per condurre attività rilevanti nella pratica alla qualepartecipa; l’apprendimento consiste nello stabilire relazionicontinue e stabili in un ambiente che ha contingenze e varietà.Il livello è inclusivo nel senso che il soggetto impara a svolgeredelle attività che sono significative per la sua partecipazione al-la comunità.

2) Il livello dell’interazione è inclusivo, poiché il soggetto appren-de a comunicare e a coordinare l’attenzione e gli sforzi con al-tri, mentre partecipa a una attività significativa. In questo livel-lo si svolgono processi di “partecipazione guidata”, in cui lestrategie di problem solving sono condivise tra educatori, educa-trici e i soggetti con disabilità, secondo una relazione interper-sonale.

3) Il livello più ampio dell’interazione tra l’essere umano e l’am-biente è il processo di partecipazione alla pratica istituzionale.L’osservazione permette di ricostruire il sistema di spazi, routi-

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nes e attività che regolano le interazioni tra le persone, in rela-zione agli scopi educativi.

L’osservazione durante l’attività educativa

Le educatrici e gli educatori elaborano le loro strategie educative insituazione, sulla base di un costante processo di osservazione, spessoimplicito, ma costante e attivo. Nell’osservazione situata, gli educa-tori e le educatrici tendono ad avere come focus aspetti molto di-namici del processo di esecuzione di un compito, dell’interazionetra le persone e della partecipazione di un soggetto a pratiche edu-cative orientate all’inclusione. L’osservazione situata quindi è prati-ca, finalizzata allo svolgimento di un’attività significativa; pertanto, èmolto dinamica, selettiva e poco sistematica.

Il personale educativo seleziona le informazioni potenzialmentedisponibili alla percezione, in relazione agli scopi educativi della si-tuazione che stanno affrontando. La “selettività” dell’osservazionenasce dall’esigenza di non sovraccaricare l’attenzione e quindi dimantenere il focus sia sugli eventi dell’interazione con i soggetti,che sugli obiettivi che si intendono raggiungere.

L’oggetto dell’osservazione varia molto rapidamente, passando daaspetti specifici di una situazione (ad esempio, le pause e le incer-tezze nell’esecuzione di un compito da parte di un soggetto) adaspetti più generali e contestuali (la valutazione del processo che co-involge altre persone). L’osservazione è quindi “dinamica”, poiché ilsuo scopo è valutare la prestazione e modificare il proprio compor-tamento, per guidare il soggetto a riconoscere ciò che dovrebbe te-nere in considerazione negli aspetti rilevanti di una situazione.

L’osservazione più sistematica è necessaria per ricostruire lastruttura del compito, la natura delle interazioni e la struttura dellapartecipazione di un soggetto con disabilità. Si tratta di uno sguar-do più distaccato, utile per analizzare gli aspetti strutturali e non sol-tanto i processi.

Comunque è utile avere uno spazio mentale e temporale per tra-scrivere, in un breve appunto narrativo, ciò che è stato osservato insituazione (con data, contesto e soggetti partecipanti) e ricostruire

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una dinamica complessiva dei processi educativi, in particolare diciò che ha attirato l’attenzione, per qualche motivo, con particolariconseguenze.

Questo processo di costruzione narrativa permette di analizzarecriticamente alcune situazioni nel processo di inclusione (ad esem-pio, l’incertezza notata da un soggetto è dovuta alla stanchezza, allascarsa comprensione della procedura, alla mancata attenzione suglielementi necessari, alla complessità della procedura richiesta o ad al-tro?).

La trascrizione degli appunti e la loro connessione in una narra-zione più ampia dipende dalle presupposizioni di ciascun educato-re ed educatrice (ciò che ritiene essere la natura della disabilità, lestrategie di fondo dell’inclusione, il suo ruolo, le sue competenze),quindi può diventare l’occasione di confronto e di sviluppo dei pro-pri modelli culturali impliciti che guidano l’agire1.

Livelli di realtà Unità di analisi Metodo osservativo

apprendimento schemi di task analysisindividuale problem solving

Interazione scaffolding schede osservative aperte

partecipazione situazioni critiche note etnografichealla pratica

Fig. 1. Livelli di analisi dei contesti inclusivi

1 Per una ricostruzione della natura dell’osservazione e una discussione sulla va-lidità dei processi osservativi, si veda P. Sorzio, “Natura e varietà delle proce-dure educative in educazione”, in E. Bortolotti, e P. Sorzio (a cura di), Osser-vare per includere. Metodi di intervento nei contesti socioeducativi, Carocci, Roma2014.

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Livello 1: gli apprendimenti individuali

L’apprendimento consiste nell’acquisizione di procedure di problemsolving in compiti situati all’interno dell’attività, che consentono alsoggetto con disabilità di contribuire alla pratica istituzionale e diapprendere le competenze per affrontare situazioni più complesse.

La task analysis è una tecnica osservativa che ha la sua originenelle scienze cognitive. Si tratta di una procedura molto strutturata,poiché è basata su una completa e chiara descrizione dello spazioproblematico creato dal compito e dalla descrizione di una proce-dura ideale di problem solving, per realizzare un obiettivo. Richiedepertanto una descrizione in dettaglio della procedura dell’interocompito e della sequenza di atti necessari per la realizzazione degliobiettivi. Di ciascun passaggio intermedio si presentano anche lepossibili alternative di esecuzione.

L’unità minima di analisi di un processo cognitivo che produceapprendimento è la cosiddetta “Unità TOTE”, un acronimo che in-dica un processo di Test - Operation - Test - Exit (Miller, Galanter ePribram, 1960/2000). Ciascuna unità può contenere al suo internoulteriori unità TOTE; ad esempio, per avvitare un oggetto su unapiattaforma si richiede una sequenza di “test” (il soggetto esaminal’oggetto e la base, sceglie la vite e il cacciavite appropriati); “esecu-zione” (il soggetto avvita effettivamente); “controllo” (il soggetto va-luta l’esecuzione, ma “nota” che la vite scelta non è adatta e non sifissa appropriatamente); quindi “esamina” la vite da scegliere e “av-via una seconda procedura”, fino a che “ritiene il compito realizza-to” e “conclude”. Un processo complesso come l’assemblaggio dielementi per costruire un oggetto può essere scomposto in sequen-ze di assemblaggi singoli che richiedono catene di unità TOTE peressere eseguiti. Quindi i compiti sono scomponibili in una sequen-za di fasi, ciascuna descrivibile come “unità TOTE”, ciascuna dellequali può essere applicata ricorsivamente.

L’unità TOTE è visibile anche in compiti più complessi, una vol-ta che si descrivono: gli esiti attesi della procedura, le condizioni dipartenza, il funzionamento delle varie componenti, le procedurenecessarie per trasformare uno spazio problematico in un obiettivorealizzato, tramite una sequenza definita di passi.

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La task analysis prevede una rappresentazione grafica dell’interaprocedura e una scala di misura stabilita che, in relazione ai compi-ti e agli obiettivi dell’osservazione, può essere categoriale (descrivela procedura scelta dal soggetto, senza un’attribuzione di maggiorequalità a una delle procedure); scala ordinale (le procedure possibilisono poste secondo un ordine di complessità o pertinenza, ma nonvi sono gradi precisi di differenza tra una e l’altra); scala cardinale (leprocedure sono misurate esattamente e il punteggio attribuito a cia-scuna operazione indica il suo valore rispetto agli altri). Quindi, sulfoglio della task analysis, vi è uno spazio per inserire i valori attri-buiti all’esecuzione del compito da parte di ciascun soggetto.

L’uso di strumenti e artefatti materialiUn aspetto particolarmente significativo nell’affrontare i compi-

ti strutturati che emergono in un’attività è l’uso di strumenti; la par-ticolare configurazione degli artefatti utilizzati può favorire l’ap-prendimento e quindi il processo inclusivo, poiché può rendere piùsemplice il processo di pensiero e aiutare la persona con disabilità afocalizzare contemporaneamente sia la situazione materiale che isuoi processi cognitivi. Pertanto, gli artefatti possono diventare unoggetto di valutazione educativa ed eventualmente possono esseremodificati, per rendere più efficace il processo di apprendimento(Wertsch, 1994).

Un caso riguarda un tipico compito che consiste nel contare unesatto numero di oggetti da mettere in una scatola. Il processo co-gnitivo consiste nell’eseguire la sequenza numerica, contando, perciascun termine, un solo oggetto, fino a raggiungere il numero ri-chiesto che indica il valore cardinale del gruppo di oggetti contati.Quindi, se occorre contare 15 oggetti e il soggetto conta ciascunoggetto una sola volta, secondo la sequenza standard, l’oggetto con-tato come “15” indica anche che sono stati contati esattamente 15oggetti2.

2 Per “cardinalità” si intende la proprietà aritmetica per cui il valore numericoattribuito a un oggetto in un conteggio eseguito correttamente corrispondeal numero di oggetti contati.

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Si tratta quindi di conoscere la sequenza standard, attribuire unvalore numerico a ciascun oggetto, tenere a mente il valore cardi-nale della collezione e comporla come richiesto. Questa operazio-ne può essere precisa per ordini di grandezza numerica limitata, maper ordini numerici maggiori può essere problematica perché, du-rante il processo esecutivo, le diverse informazioni possono interfe-rire e quindi produrre una numerosità sbagliata.

L’uso degli artefatti nel ragionamento numerico permette al sog-getto con disabilità di costruire modelli che mettono in corrispon-denza “uno a uno” oggetti e valore numerico: gli oggetti devonoavere proprietà che simulano le proprietà dei numeri, così come leoperazioni sugli oggetti devono simulare operazioni numeriche. Lalinea dei numeri può essere una rappresentazione che traduce la nu-merosità in disposizione spaziale. Su una rappresentazione materia-le della linea dei numeri, gli oggetti possono essere sistemati secon-do una regolarità che simula le relazioni tra grandezze numeriche:ovvero, più lontano è collocato un oggetto da un punto iniziale, piùgrande è il suo valore ordinale. In questo caso, l’artefatto “assorbe”in se stesso le proprietà aritmetiche implicite nel conteggio e nel-l’attribuzione del valore ordinale e il concetto di numerosità cheimplica raggruppamento, ordine e corrispondenza “uno a uno”, èsemplificato. Inoltre, è possibile segnare per ogni posizione sulla li-nea dei numeri il corrispondente valore iconico (ad esempio, unugual numero di trattini corrispondenti al valore cardinale del nu-mero rappresentato) e a esso un corrispondente simbolo numerico(1, 2, 3, ecc.).

Fig. 2. Un artefatto per compiti implicanti ordini di grandezza numerici

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Disposizione fisica ! !! !!! !!!! oggetti

Artefatto | || ||| |||| Rappresentazione

iconica 1 2 3 4 Rappresentazione

simbolica

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Nel caso presentato, l’artefatto è un oggetto di mediazione nelragionamento, per affrontare il compito richiesto, ma può anche di-ventare uno strumento di apprendimento numerico, quando unesperto interagisce con la persona in difficoltà per favorire l’acqui-sizione dello schema cognitivo di numero naturale. Sviluppare ilconcetto di numero naturale implica l’integrazione tra: il riconosci-mento delle proprietà dei numeri e delle loro relazioni (rappresen-tate dalle proprietà e relazioni nel modello concreto), le rappresen-tazioni simboliche (simboli numerali e iconici), le diverse situazio-ni cui si applicano (ordine, confronto tra valori, addizione, sottra-zione, equiparazione).

Livello 2: la partecipazione guidata

La partecipazione guidata è l’adattamento dinamico da parte dell’e-sperto alle attività di un soggetto con disabilità, in modo da guidar-lo progressivamente a modificare il comportamento in maniera piùavanzata e stabile, in relazione all’ambiente. Questo processo è l’e-strinsecazione dei modelli educativi impliciti in situazione. La suabase è la disposizione pedagogica, che è stata definita da Bruner co-me la capacità del tutor di costruire uno spazio di intersoggettività,ovvero di attenzione condivisa, in cui non solo presenta material-mente l’esecuzione di una procedura, ma interagisce anche con ilmodello mentale del soggetto, nel suo atto di interpretazione delcompito (Bruner, 1997/2001); si tratta quindi di mostrare gesti piùrallentati, di indicare elementi rilevanti del compito o degli oggettipresenti, di commentare la significatività o le conseguenze di speci-fici atti nello sviluppo della performance. Si instaura una relazionecostruttiva, in cui l’esperto, mostrando la sua performance, guida losviluppo del modello mentale del soggetto; tramite la comunicazio-ne verbale e non verbale, mantiene l’attenzione sugli aspetti rilevantidel compito.

In campo educativo, la disposizione pedagogica si realizza nel-l’applicazione di strategie di scaffolding (Wood, Bruner e Ross,1976). Il termine deriva dalla metafora dell’impalcatura di sostegnoe indica come la costruzione di nuove competenze da parte di unsoggetto necessiti di un adulto o una persona più competente, in

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grado di fornire alcuni materiali o strategie per lo sviluppo perso-nale. La metafora sottolinea come la crescita non sia un fattore com-pletamente endogeno, ma sia un’interiorizzazione di alcuni ele-menti simbolici e discorsivi provenienti dall’esterno, forniti da unapersona che mantiene un’interazione molto stretta con il soggetto.

Le strategie di scaffolding stabiliscono uno spazio interpsicologi-co, in cui gli aspetti verbali e non verbali di un esperto consentonoa un soggetto con disabilità di condividere un focus di attenzionecontinua rispetto a oggetti, scopi, strategie cognitive ed emozioni.Questa continua interazione orienta i processi delle persone condisabilità verso la realizzazione di obiettivi significativi per la comu-nità, favorisce la fiducia reciproca e di immagine positiva del pro-prio Sé. Progressivamente, il soggetto interiorizzerà il discorso cuiha partecipato e i comportamenti che ha osservato in forme di au-toregolazione del pensiero, dapprima come discorso indiretto, rivol-to a un’altra persona, successivamente come discorso rivolto a sestesso.

Le strategie di scaffolding possono variare, in relazione alla naturadel compito e alle competenze messe in atto dal soggetto con dis-abilità. Una loro categorizzazione è la seguente:

— il coinvolgimento del soggetto: il primo compito dell’esperto èattirare l’attenzione della persona con disabilità, per inserirlonell’attività e condividere gli obiettivi del compito;

— la riduzione della complessità del compito: l’attività di tutoringconsiste nella scelta di strategie in grado di alleviare il soggettoda tutti i passaggi di problem solving, che potrebbero essere trop-po impegnativi. Le strategie variano, in relazione alla natura delcompito e alla competenza raggiunta dal soggetto. Si può pas-sare dalla dimostrazione del comportamento corretto, all’istru-zione verbale, allo svolgimento della procedura da parte dell’e-sperto, mentre il soggetto si limita a contribuire per aspetti spe-cifici;

— la progressiva responsabilizzazione nel compito da parte delprincipiante, che è sostenuto soltanto in alcuni passaggi crucia-li;

— la valutazione condivisa a posteriori del compito, svolto in au-tonomia dal soggetto;

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— il mantenimento dell’attenzione: poiché il soggetto potrebbeessere distratto da altre attività o stimoli, in questo caso è im-portante aiutarlo a riprendere la focalizzazione sul compito. Unaspetto connesso è l’incoraggiamento ad affrontare il compito aun livello di complessità più elevato e quindi con una variazio-ne nelle strategie di scaffolding;

— l’attenzione ad alcune caratteristiche cruciali del compito: l’at-tività di tutoring richiede di segnalare al soggetto la rilevanza dialcuni passaggi, tramite il tono della voce, il rallentamento del-l’attività, una gestualità più orientata a cogliere gli aspetti mate-riali che hanno implicazioni nello svolgimento del compito.Questa particolare strategia è importante quando si vuole mo-strare la differenza tra la prestazione del soggetto e una presta-zione alternativa;

— la gestione dell’ansia o della frustrazione: in questo caso il tuto-ring dovrebbe consentire al soggetto di svolgere il compito e diraggiungere un risultato secondo le sue capacità, con la possibi-lità di una regolazione esterna. Quindi lo scaffolding deve esseremolto flessibile, dovendo modificarsi in relazione alla compe-tenza della persona con disabilità in ciascun passaggio;

— la dimostrazione, che non implica soltanto l’esecuzione corret-ta del compito da parte del tutor, ma la presentazione rallenta-ta, accompagnata da una spiegazione e da indicazioni che gui-dano l’attenzione del soggetto a specifici aspetti della perfor-mance. Il soggetto non imita, ma apprende quando costruisceun modello mentale dell’esecuzione del compito.

Dal punto di vista osservativo, è possibile registrare l’interazioneche si svolge tra un soggetto con disabilità e un educatore o educa-trice tramite audio o video-registrazione, oppure tramite la compi-lazione di schede osservative che identificano: un menu con indica-ti la data; la natura dell’attività; le persone coinvolte; altre informa-zioni pertinenti. Nelle colonne vanno segnate: la sequenza tempo-rale minuto per minuto; l’attività in cui sono impegnati il soggettocon disabilità, la persona più esperta ed eventualmente gli altri pre-senti; il tipo di interazione che si svolge tra le persone. Successiva-mente, in fase di codifica dei dati, si possono categorizzare le mo-dalità di scaffolding che si sono succedute durante l’interazione e il

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tipo di trasformazione cognitiva che si è sviluppato. Ciò richiede undistanziamento di un’osservatrice/osservatore dal coinvolgimentodell’attività.

Data: ....................... Nome: ........................ Attività: ............................

minuto Sequenze interazioni Strategie di Livello di in attività scaffolding problem solving

12n

Figura 3. Layout della scheda osservativa delle strategie di scaffolding

Livello 3: la struttura della partecipazione nei contesti educativi

L’analisi delle condizioni del contesto è parte integrante del proces-so di comprensione dello sviluppo inclusivo. Si tratta di contestua-lizzare il compito e le interazioni all’interno della più ampia ecolo-gia sociale, in modo da riconoscere le condizioni e i vincoli dellapartecipazione del soggetto con disabilità nella pratica istituzionale.

La presenza di scopi, regole, norme, organizzazione degli spazi ela costruzione di routines rendono gli incontri umani coordinati eprecisi, permettendo alle persone una relativa stabilità nei contesti divita e di lavoro, favorendo la loro capacità di comunicare e di man-tenere la coerenza e l’intenzionalità delle proprie azioni. Tuttavia, al-cune organizzazioni spaziali e alcune sequenze temporali possonodiventare ostacoli allo sviluppo. Pertanto, l’osservazione permette diidentificare la struttura della partecipazione del soggetto con disabi-lità, riconoscere l’opportunità di trasformare alcune condizioni am-bientali, in modo da supportare l’autonomia di orientamento delsoggetto nell’ambiente educativo. In particolare, la progressiva par-tecipazione implica la condivisione di narrazioni e l’accesso aglistrumenti per condurre compiti più complessi, riducendo nel con-tempo il supporto di altri.

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Osservazione di situazioni criticheLa ricerca etnografica è orientata a ricostruire le condizioni so-

ciali che strutturano la partecipazione dei soggetti con disabilità, laloro possibilità di inclusione e gli ostacoli che incontrano. Non sitratta semplicemente di descrivere alcune condizioni esterne, ma diintegrare il ruolo che gli spazi, le routines e gli oggetti hanno nel-l’interazione e nel comportamento individuale.

Le note etnografiche sono scritte inserendosi nel processo edu-cativo, ma con un focus di osservazione molto allargato, per conte-stualizzare le attività, gli eventi e le interazioni dei soggetti. Le noteetnografiche descrivono ciò che è presente nelle interazioni e nelleattività, ma che spesso è implicito agli occhi dei partecipanti, poichélo presuppongono nella loro interazione. Essere in grado di mette-re in luce alcune condizioni permette di trattarle come oggetto dianalisi, di valutazione, quindi di cambiamento.

Particolarmente importanti sono le situazioni critiche, perchérendono chiaro, significativo, immediato ciò che una particolarepratica implica. Analizzando narrativamente una serie di note etno-grafiche di situazioni critiche, è possibile ricostruire le relazioni trapersona e contesto, per analizzare le conseguenze di specifiche inte-razioni ed, eventualmente, per mettere in discussione alcuni model-li educativi.

Una situazione critica è un evento identificabile nel tempo enello spazio, che include gli aspetti contestuali dell’attività, ad esem-pio, lo scopo istituzionale di un gruppo di compiti, i motivi perso-nali, gli spazi, i ruoli delle persone, gli artefatti e le convinzioni im-plicite riguardanti la natura e gli scopi dell’attività.

Secondo McDermott e Raley (2011), una situazione critica «nonè né una variabile, né un contesto statico, ma un terreno di gioco,in cui le persone sviluppano interazioni, attività intersoggettive, ap-prendimenti» (p. 373). Pertanto descrivono come le persone con-giuntamente agiscono in un ambiente sociale e come assieme af-frontano i problemi che emergono, quali prospettive elaborano,quali condizioni valutano come vincoli e quali come risorse, qualistrategie utilizzano.

L’osservazione etnografica studia come i problemi si generanoquotidianamente, le situazioni e i compiti che sono difficili da su-perare in un processo di inclusione, come le persone si dispongono

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in questa interazione, ma guarda anche al contesto in cui le intera-zioni avvengono, le condizioni sociali (ruoli, linguaggi) e le condi-zioni ambientali prossime (spazi, routines e artefatti) e più ampie(scopi istituzionali del setting educativo, norme, leggi). Ciascuna diqueste dimensioni si intreccia con le altre per comporre una realtàche crea vincoli, ma offre anche risorse per l’inclusione.

Nelle note etnografiche vanno descritti il mandato istituzionaledel contesto, gli obiettivi e le attività routinarie che sono costituite,i modelli culturali che sono stati sviluppati dalle educatrici e daglieducatori riguardo la natura della disabilità, le potenzialità di svi-luppo delle persone e le strategie di inclusione.

Sulla base delle note scritte, va condotta la ricostruzione narrati-va della struttura di partecipazione di un soggetto con disabilità inun contesto inclusivo e sono riconosciuti alcuni nuclei di significa-to, che indicano elementi presenti nei modelli culturali della comu-nità analizzata. La presentazione alterna il riferimento a note etno-grafiche molto ravvicinate (di situazioni descritte in dettaglio e dis-cusse in profondità per evidenziare la loro rilevanza nella ricostru-zione del processo di inclusione) a ricostruzioni più generali, cheidentificano le condizioni strutturali, che oltrepassano le interazionicontingenti.

I resoconti etnografici di più situazioni critiche possono esserecomposti in ricostruzioni narrative delle condizioni che la praticaistituzionale stabilisce nel processo di inclusione dei soggetti condisabilità.

Per garantire la validità della ricostruzione narrativa, vanno evi-tate le occasioni che confermano una certa prospettiva, escludendointerpretazioni alternative. Per far questo, è importante situare la si-tuazione critica all’interno di una sistematicità di occasioni in cui siè verificato l’episodio, descrivendone il contesto e spiegandone lasua rilevanza educativa.

Lo scopo complessivo delle note etnografiche è l’analisi di alcu-ne situazioni critiche, la loro interpretazione narrativa, per focaliz-zare alcuni problemi nella pratica quotidiana, valutando le conse-guenze sociali e personali delle attività esistenti. Questo consente diintrodurre nuovi strumenti per formulare progetti e costruire arte-fatti materiali o simbolici, valorizzare i repertori di competenza e diespressione dei soggetti, orientarli a nuove prospettive di futuro.

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Conclusione

Vi sono molti strumenti osservativi che favoriscono la costruzionedi ambienti sociali inclusivi. Alcuni strumenti sono materiali edesterni all’educatore/educatrice che osserva. Vi sono griglie alta-mente strutturate, che consentono osservazioni molto dettagliate esequenziali di soggetti con disabilità, impegnati nella soluzione di uncompito. Vi sono schede osservative più “aperte” che definisconocategorie ampie di interazioni orientate alla partecipazione guidata,che permettono all’osservatore di descrivere delle contingenze cheavvengono in un contesto inclusivo; vi sono note osservative di na-tura etnografica, non standardizzate, che permettono una registra-zione di ciò che viene ritenuto rilevante nel momento dell’osserva-zione. Quindi si possono avere sia dati raccolti in forma molto strut-turata, che dati raccolti in forme molto aperte. In ogni caso, la rico-struzione delle specifiche situazioni che sono ritenute rilevanti nel-la valutazione dell’inclusività di un contesto richiede l’analisi atten-ta dei documenti così elaborati. Si tratta di leggere ripetutamente isingoli documenti osservativi, confrontare i comportamenti in rela-zione alle categorie di attività che sono state identificate e valutarele condizioni che ostacolano i processi inclusivi ed elaborare per-corsi alternativi.

Tutti gli strumenti osservativi hanno potenzialità e limiti poiché,in relazione alla loro costruzione e uso, permettono di mettere afuoco alcuni eventi e raccogliere alcuni dati, lasciandone altri sullosfondo.

Nell’avviare una indagine osservativa, occorre quindi aver benchiare le domande a cui si vuole rispondere, scegliere il livello ap-propriato di realtà e di conseguenza l’unità di analisi principale. Nelcorso dell’osservazione è importante riflettere ripetutamente suglistrumenti utilizzati, verificarne le potenzialità e i limiti, le varietà dievidenze che si possono raccogliere e, in questo modo, introdurremodifiche. L’osservazione di un processo inclusivo è un’attività cherichiede consapevolezza, attenzione e dinamicità. Reciprocamente,consente di cogliere con dettaglio la complessità e la specificità deipercorsi di inclusione nei contesti educativi.

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Introduzione

In un mondo educativo sempre più mediato dalle tecnologie, unoperatore, un formatore o un educatore che intendano mantenereattuale il proprio bagaglio di conoscenze e competenze si troveran-no a interagire con un ambiente promettente ma complesso e mu-tevole. In un apparente paradosso, aggiornarsi non è facile, a causa del

continuo modificarsi delle risorse e degli strumenti, ma nel con-tempo non è mai stato agevole come oggi – perché aumentano lerisorse aperte a disposizione di tutti, dal movimento dell’Open Ac-cess del 2002 alla diffusione delle OER (Open Educational Re-sources) del biennio successivo – anche da parte delle più prestigio-se università d’area anglofona1. Si diffonde la possibilità di utilizzarei propri strumenti tecnologici (lo smartphone, il tablet) in ogni con-testo (secondo l’ottica del BYOD: Bring Your Own Device), in un’a-

Formazione in presenza e a distanza. Il (video e il) webinar per la condivisione

di buone pratiche tra operatori e utentiGisella Paoletti, Maria Elisabetta Cigognini

1 Come il MIT OpenCourseWare - Massachusetts Institute of TechnologyMITdi Boston, che ha reso aperto il suo bagaglio di contenuti dal 2002(http://ocw.mit.edu/about/our-history/) e l’Open University del RegnoUnito, con l’iniziativa Open Learn del 2006 (http://www.open.ac.uk/). Iltermine OER - Open Educational Resource viene coniato nel 2002 al fo-rum UNESCO nella relazione sull’Impatto dei Contenuti Didattici Aperti per l’I-struzione Superiore nei Paesi in Via di Sviluppo, finanziato dalla William e FloraHewlett Foundation.

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spirazione all’apprendimento continuo e ubiquo (Seamless learning)che permette di sospendere e riprendere un compito di apprendi-mento in contesti e momenti diversi.Con lo sviluppo del web 2.0, degli ambienti di rete, dei social me-

dia e dei social network e la diffusione dei propri strumenti (il BYOD)le tecnologie educative escono dall’essere pensate solo come relega-te alla formazione e-learning. Già almeno da un decennio sono di-venute parte integrante dei processi sociali, non ultimo quello del-l’istruzione e dell’apprendimento, portando a diversi gradienti l’in-tegrazione degli apprendimenti formali, non-formali e informali(Downs, 2006; Cross, 2006; Campbell e Oblinger, 2007; Bonaiuti,2006; Pettenati e Cigognini, 2007).La tendenza è quella di denominare “TEL (Technology Enhanced

Learning)” i processi di apprendimento/insegnamento che fanno inqualche misura uso delle tecnologie educative o dell’istruzione (unriferimento in proposito è Trentin: Repetto e Trentin, 2011).Analogamente il blended è un concetto che attraversa il mondo

delle tecnologie educative da più di un decennio (Rossett, 2002; Li-gorio et. al., 2006; Masie, 2006), inizialmente contrapposto alla po-sizione di un apprendimento mediato dalle tecnologie interamenteonline a distanza, senza forme di interazione in presenza (Rossett,2002), e via via sempre più vicino alla possibilità di integrare mo-menti formativi pensati in presenza con forme di interazione a di-stanza mediati dalle tecnologie, funzionali alle diverse fasi dei pro-cessi di apprendimento (Masie, 2006; Ligorio et al., 2006), anche at-traverso un’azione didattica attiva incentrata sulla co-costruzione diconoscenza (Scardamalia e Bereiter, 2006) o ad una didattica problembased (Jonassen, 2004): ecco che il vecchio termine Elettronic Lear-ning lascia il passo all’Enhanced Learning (Repetto e Trentin, 2011).Ma queste aspirazioni riguardano anche il contesto dell’inclusio-

ne? Sul tema si sono snodati due recenti progetti FIRB (Fondi perla Ricerca di Base): il primo è WISE (Wiring Individualised SpecialEducation)2, orientato allo sviluppo di un sistema di supporto all’e-

2 WISE - Wiring Individualised Special Education progetto FIRB 2009 –2012, n. RBNE07RTAR, vedi inoltre (Benigno, Repetto e Trentin, 2009)

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ducazione e alla formazione speciale di coloro che, per problemi fi-sici e/o di salute, sono confinati presso la propria abitazione (indi-cati anche come homebound); il secondo progetto è Learning for All(L4A)3 volto ad indagare come un utilizzo consapevole delle tecno-logie possa contribuire a innalzare la qualità della didattica, in par-ticolare per gli allievi con necessità speciali. Se dunque tale cornicecaratterizza anche visioni come quella del Learning for All o di filo-ni di ricerca specifici come quello della Special Education (Trentin,2012), serve confrontarsi con le modalità e aspettative che caratte-rizzano il contesto, rispondendo alla domanda posta da Trentin(2012): possono le tecnologie di rete e mobili offrire nuove oppor-tunità per una reale inclusione socio-educativa?Lo scopo di questo scritto è esaminare i benefici e i limiti di al-

cune delle risorse tecnologiche che sono oggi disponibili nella for-mazione in presenza e a distanza, confrontandoli con le richieste cheprovengono dal mondo della disabilità. Ci chiederemo quali caratte-ristiche hanno gli strumenti per l’aggiornamento professionale del forma-tore/educatore, il depositario di pratiche, di contenuti ed esperien-ze, e con quali strumenti può raggiungere più facilmente ed efficacemente ildestinatario della formazione.Dopo aver esposto alcuni dei risultati di campi di ricerca che

hanno analizzato le offerte, le tendenze e i problemi attuali, presen-teremo i primi risultati di un’indagine esplorativa che ha voluto in-tercettare il punto di vista di alcune categorie di utenti interessati al-l’inclusione mediante le tecnologie. Saranno presentate le domandee le risposte raccolte mediante le interviste svolte con tre diverseutenti. Infatti l’assunto sottostante all’uso di molte tecnologie perinsegnare e imparare a distanza è che tali mediatori tecnologici fa-cilitino il processo d’apprendimento, eliminando le difficoltà legateai vincoli di tempo e di luogo: riducono il problema del raggiungi-

http://www.tdmagazine.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF48/8R_Benigno_Repetto_Trentin_TD48.pdf

3 Learning For All (L4ALL) è un progetto FIRB 2009-2012 FIRB, n.RBNE07RCPX, vedi (Ferrari, 2012) http://ted.scedu.unibo.it/ricerche-svo -lte/l4a.

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