Collana ideata Renzo Angelini la vite - Image Line Network · e Mercati della Vite e del Vino...
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la v
ite
e il
vino
Ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
Script
la vite e i l v ino
Collana ideata e coordinata daRenzo Angelini
coltivazione
ricerca
utilizzazione
mondo e mercato
botanica
storia e arte
alimentazione
paesaggio
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Collana ideata e coordinata da Renzo Angelini
botanica
storia e arte
alimentazione
paesaggio
coltivazione
ricerca
utilizzazione
mondo e mercato
la vite e i l v ino
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COORDINAMENTO GENERALE
Renzo Angelini
COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Attilio Scienza
COORDINAMENTO REDAZIONALE
Ivan Ponti
© Copyright 2007 Bayer CropScience S.r.l. - Milano
Script è un marchio editoriale di ART S.p.A. - Bologna
L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato
possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o
inesattezze nella citazione delle fonti dei brani e delle illustrazioni riprodotti
nel seguente volume.
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere
riprodotta, memorizzata o trasmessa in nessun modo o forma, sia essa
elettronica, elettrostatica, fotocopie, ciclostile ecc., senza il permesso
scritto di Bayer CropScience S.r.l.
REDAZIONE
Elisa Marmiroli
PROGETTO GRAFICO E COPERTINA
Studio Martinetti - Milano
REALIZZAZIONE EDITORIALE
ART Servizi Editoriali S.p.A.Bolognawww.art.bo.it
Finito di stampare in Italia nel mese di Luglio 2007
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s o m m a r i o
autori V
prefazione VII
presentazione IX
invito alla lettura XI
ringraziamenti XIII
botanica 1Morfologia e fisiologia 2
storia e arte 47Origine e storia 48
Religione e arte 88
alimentazione 117Aspetti nutrizionali 118
Vino e ricette 126
paesaggio 149Vino e paesaggio 150
Vini e regioni 164
Paesaggio e cultura 200
coltivazione 235Viticoltura di territorio 236
Vivaismo viticolo 246
Vitigni coltivati 260
Impianto 284
Gestione della chioma 312
Gestione della nutrizione 334
Gestione idrica 344
Parassiti animali 352
Malattie 372
Virosi e fitoplasmosi 384
Ocratossine in uva e vino 404
Macchine per i trattamenti 412
Flora spontanea 424
Gestione del suolo 438
Gestione malerbe e polloni 446
Vendemmia 462
ricerca 473
Miglioramento genetico 474
Selezione clonale 480
utilizzazione 489
Lieviti e aromi 490
Aromi e polifenoli 506
Tecniche di vinificazione 524
Distillati 536
mondo e mercato 547
Vite e vino nel mondo 548
Vite e vino nel mercato 580
per saperne di più 605
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a u t o r iPaolo BalsariDipartimento di Economia e Ingegneria
Agraria, Forestale e Ambientale
Università degli Studi di Torino
Maria Gabriella BarbagalloDipartimento di Colture Arboree
Università degli Studi di Palermo
Paola BattilaniIstituto di Entomologia e Patologia Vegetale
Università Cattolica Sacro Cuore
Piacenza
Flavio BocciaDipartimento di Studi Economici
Università degli Studi di Napoli
“Parthenope”
Gianfranco BolognesiRistorante La Frasca
Castrocaro Terme (FC)
Michele BorgoC.R.A.
Istituto Sperimentale per la Viticoltura
Conegliano (TV)
Maurizio BoselliDipartimento di Scienze, Tecnologie
e Mercati della Vite e del Vino
Università degli Studi di Verona
Lucio BrancadoroDi.Pro.Ve
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Agostino BrunelliDIPROVAL
Dipartimento di Protezione
e Valorizzazione Agroalimentare
Università degli Studi di Bologna
Giovanni CampagnaCentro di Fitofarmacia
Università degli Studi di Bologna
Carlo CannellaIstituto di Scienze dell’Alimentazione
Università “La Sapienza” di Roma
Angela CapeceDipartimento di Biologia, Difesa
e Biotecnologie Agro-Forestali
Università degli Studi della Basilicata
Mario CastinoFacoltà di Agraria
Università degli Studi di Torino
Piero CravediIstituto di Entomologia e Patologia Vegetale
Università Cattolica Sacro Cuore
Piacenza
Rosario Di LorenzoDipartimento di Colture Arboree
Università degli Studi di Palermo
Osvaldo FaillaDi.Pro.Ve
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Gaetano ForniMuseo Lombardo di Storia dell’Agricoltura
Sant’Angelo Lodigiano (Lodi)
Angelita GambutiDipartimento di Scienza degli Alimenti
Università Federico II di Napoli
Maria Stella GrandoIASMA
Istituto Agrario San Michele all’Adige (TN)
Angela MarianiDipartimento di Studi Economici
Università degli Studi di Napoli
“Parthenope”
Luigi MarianiDi.Pro.Ve
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Roberto MiravalleDi.Pro.Ve
Dipartimento di Produzione Vegetale
Università degli Studi di Milano
Luigi MoioDipartimento di Scienza degli Alimenti
Università Federico II di Napoli
Riccardo PastoreAGRIPROJECTS
Malnate (Varese)
Paola PiombinoDipartimento di Scienza degli Alimenti
Università Federico II di Napoli
Eugenio PomariciDipartimento di Economia e Politica Agraria
Università Federico II di Napoli
Stefano PoniIstituto di Frutti-Viticoltura
Università Cattolica Sacro Cuore
Piacenza
Stefano RaimondiICE - Dipartimento Promozione
e Cooperazione, Istituto Nazionale
per il Commercio Estero
Gabriele RappariniCentro di Fitofarmacia
Università degli Studi di Bologna
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Patrizia RomanoDipartimento di Biologia, Difesa e Biotecnologie Agro-Forestali Università degli Studi della Basilicata
Mara RossoniDi.Pro.Ve Dipartimento di Produzione Vegetale Università degli Studi di Milano
Eugenio SartoriVivai Cooperativi Rauscedo
Attilio ScienzaDi.Pro.Ve Dipartimento di Produzione Vegetale Università degli Studi di Milano
Marco StefaniniIASMA Istituto Agrario San Michele all’Adige (TN)
Diego TomasiC.R.A. Istituto Sperimentale per la Viticoltura Conegliano (TV)
Luca ToninatoDi.Pro.Ve Dipartimento di Produzione Vegetale Università degli Studi di Milano
Leonardo ValentiDi.Pro.Ve Dipartimento di Produzione Vegetale Università degli Studi di Milano
Pasquale ViggianiDISTA - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Ambientali Università degli Studi di Bologna
Roberto ZironiDipartimento di Scienze degli Alimenti Università degli Studi di Udine
p r e f a z i o n eIl gruppo Bayer ha orientato il proprio impegno verso la ricerca di un preciso e chiaro obiettivo:
lavorare per creare, attraverso l’innovazione e lo sviluppo, una condizione ottimale per una vita
sociale migliore.
Con il sostegno a importanti iniziative in ambito culturale, sportivo e sociale, Bayer in Italia ha
inoltre saputo modellare i propri obiettivi di crescita sempre con il consenso delle comunità in cui
si trova ad operare. Impiegare le proprie risorse nella creazione di un equilibrio stabile nel tempo
tra uomo e ambiente significa considerare “il rispetto” e la coerenza come massime espressioni
dell’agire umano.
In linea con questi principi, Bayer CropScience ha reso possibile la realizzazione della collana
“Coltura & Cultura”, che ha come primo scopo quello di far conoscere i valori della produzione
agroalimentare italiana, della sua storia e degli stretti legami con il territorio.
La collana prevede la realizzazione di oltre 10 volumi (grano e pero già pubblicati, mais, riso,
patata, pomodoro, carciofo, vite, melo, pesco, olivo ecc.). Per ciascuna coltura saranno trattati i
diversi aspetti, da quelli strettamente agronomici, quali botanica, tecnica colturale e avversità, a
quelli legati al paesaggio e alle varie forme di utilizzazione artigianale e industriale, fino al mercato
nazionale e mondiale.
Un ampio spazio è riservato agli aspetti legati alla storia di ciascuna coltura in relazione ai bisogni
dell’uomo e a tutte le sue forme di espressione artistica e culturale.
Nella sezione dedicata alla ricerca si è voluto evidenziare, in particolare, i risultati raggiunti nei
settori del miglioramento genetico.
Di particolare interesse e attualità è la parte riservata all’alimentazione, che sottolinea l’importan-
za di ciascun prodotto nella dieta e i suoi valori nutrizionali e salutistici. Questi elementi vengono
completati con la presentazione di ricette che si collocano nella migliore tradizione culinaria ita-
liana.
L’auspicio di Bayer CropScience è che questa opera possa contribuire a far conoscere i valori di
qualità e sicurezza quali elementi distintivi e caratterizzanti la produzione agroalimentare italiana.
Renzo Angelini Bayer CropScience
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p r e s e n t a z i o n eScrivere un libro di viticoltura oggi può apparire pleonastico: ogni Paese viticolo ha nell’ultimo
secolo prodotto numerosi trattati e manuali che hanno contribuito in maniera considerevole a
formare intere generazioni di tecnici e di docenti.
Inoltre, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, che rende le informazioni prodotte dalla ricerca
disponibili in tempo reale anche al più lontano viticoltore, ha ridotto il ruolo dei libri in genere
nella trasmissione del sapere.
Ma esiste una faglia, una frattura nella filiera della vite e del vino che impedisce il collegamento
efficace tra chi produce, trasforma, commercializza e chi consuma.
Questa esigenza di conoscenza, espressa in modi diversi dal consumatore e non limitatamente
al vino, è un fenomeno moderno, che trova spesso impreparati sia l’accademia sia il mondo
dei media.
Il vino-alimento era percepito come un prodotto che doveva presentare poche caratteristiche
essenziali, tra le quali la più importante era la conservabilità, e che la tradizione agricola, ancora
viva negli agricoltori inurbati, giudicava il risultato di fenomeni spontanei, dove le qualità orga-
nolettiche erano soprattutto espressione dell’annata e di fatti casuali.
Il vino-piacere è invece il risultato della conoscenza dei fenomeni chimici e biologici e del loro
controllo.
L’effetto non sempre benevolo dell’annata e la scoperta del “miracolo” della fermentazione
hanno però fatto svanire quell’aura sacrale che accompagnava agli occhi del consumatore
l’immagine antica del vino e, anche per effetto di scandali e fenomeni di sofisticazione, si è
insinuato il dubbio che il vino sia diventato il risultato di sospette alchimie.
Questo testo ha l’obiettivo primario di rassicurare il consumatore su quello che beve, fornendo-
gli dall’interno del mondo della produzione tutte le informazioni, espresse in mondo semplice,
essenziali per capire come si arriva al vino e come esso sia ancora un prodotto agricolo che
ha bisogno di vitigni, di suoli, di condizioni climatiche, di corrette tecniche di conduzione del
vigneto e di metodi di vinificazione che sono gli stessi di 2000 anni fa, resi solo più comprensi-
bili e controllabili dal progresso delle conoscenze. Per rendere accessibili a tutti le varie fasi dei
processi di produzione, i diversi specialisti degli argomenti trattati hanno usato un linguaggio
semplice e una modalità di espressione visiva molto immediata.
I temi sviluppati non sono esclusivamente viticoli, ma si è voluto mettere in evidenza quello
spazio culturale compreso tra la viticoltura e l’enologia, di solito trattato in modo superficiale,
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che riguarda appunto l’interfaccia vite-vino, dove avvengono i processi più importanti ai fini
della qualità.
Inoltre, sono stati affrontati temi non trattati nei testi tradizionali di viticoltura, come i rapporti
tra il vino e i suoi effetti sulla salute, il valore e la preservazione del paesaggio viticolo nell’im-
maginario del consumatore e i contenuti immateriali dei vini che vengono prodotti in luoghi di
grande impatto estetico.
Di grande attualità sono i capitoli che riguardano gli aspetti economici, di marketing e, in un
mondo dove i consumi sono sempre più globalizzati, i rapporti commerciali tra le produzioni
italiane e i mercati stranieri.
Di rilievo non trascurabile è il coinvolgimento nella stesura del libro di specialisti di viti-enologia
appartenenti a numerose Università e Centri sperimentali italiani, a testimonianza della grande
vitalità della ricerca in questo settore fondamentale per l’economia del nostro Paese.
In questa scommessa con il consumatore, dove la cultura si sposa con la coltura, la collabo-
razione tra l’Accademia e l’Industria rappresenta un esempio virtuoso di sinergia per aiutare
il consumatore a operare scelte consapevoli e rassicuranti, illustrando in che cosa consiste il
faticoso lavoro quotidiano del viticoltore.
Attilio Scienza
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i n v i t o a l l a l e t t u r aCondensare in un unico tomo le fondamentali conoscenze della vite e dei suoi derivati è sempre
un grande successo, che corona l’impegno degli Editori e degli Autori.
Merito a Bayer CropScience di aver voluto arricchire la collana “Coltura & Cultura” con il pre-
sente volume, che raccoglie i più rilevanti aspetti che compongono l’articolata filiera del com-
plesso mondo vitivinicolo.
Promuovere storia e cultura della vite e dei suoi prodotti significa valorizzare e potenziare le
conoscenze di un importante settore per le imprese vitivinicole e per i consumatori.
Nel mondo la coltivazione della vite occupa circa 8 milioni di ettari, senza tenere conto della
quota di viti che vengono coltivate in piccolissimi appezzamenti per uso familiare o per arredo
da giardino.
Ciò sta a dimostrare che la vite da sempre è stata una pianta amata e apprezzata e che ha ac-
compagnato l’uomo nei suoi spostamenti nel corso dei millenni e da un continente all’altro.
In Italia la sua coltivazione è molto estesa, occupando attualmente circa 700.000 ettari, presenti
in tutte le regioni, anche nelle condizioni più difficili e definite “eroiche”, al punto tale da attirare
l’attenzione e l’interesse degli amanti delle cose belle e della natura, in quanto capita spesso di
assistere a uno stretto connubio tra viticoltura e paesaggio.
L’OIV* (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), consapevole dell’importanza che
riveste il settore vitivinicolo per l’economia dei territori viticoli, attraverso le sue risoluzioni e le
attività previste dal Piano Strategico, pone primaria attenzione alle conoscenze scientifiche e
tecniche, alla valorizzazione della vite e del vino, alla protezione e salvaguardia dell’ambiente e
alla tutela della salute dell’uomo.
Formazione e informazione sono indispensabili per far crescere gli operatori e sono utili anche
per far conoscere le bellezze e le difficoltà che caratterizzano il settore viticolo ed enologico.
Nella presente opera vengono illustrati in maniera chiara, semplice e affascinante tutti i temi
della vitivinicoltura. A partire dalle conoscenze storiche e attraverso un percorso di acquisizioni
recenti, grazie ai progressi della biologia molecolare, vengono affrontati argomenti della moder-
na viticoltura, aggiornata con le recenti innovazioni, frutto di ricerche e sperimentazioni che non
conoscono limiti territoriali.
Il lettore trova una sintetica ma esauriente trattazione di argomenti, raggruppati in sezioni e
specifici capitoli, attinenti la produzione e la trasformazione dell’uva, la commercializzazione
dei prodotti derivati dalla vite: storia, cultura, paesaggio si intersecano nella trattazione di temi
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scientifici e di argomenti tecnici, che coinvolgono il lettore grazie alla forma di presentazione dei
testi, arricchiti da immagini e da quadri sinottici che rendono l’opera facilmente consultabile per
quanti intendono immergersi nel fascino che la storia passata e presente ha donato alla cultura
della vite e del vino.
Il volume è destinato agli operatori del settore e, nel contempo, è un libro interessante, piacevo-
le e ricco di informazioni utili per il mondo della ricerca, dell’istruzione e della divulgazione.
Gli Autori sono stati scelti per la loro rinomata esperienza professionale e accademica, frutto di
impegno nella ricerca storica, culturale e tecnico-scientifica maturata in istituzioni universitarie
e scientifiche italiane.
L’OIV è grata a Bayer CropScience e a quanti hanno collaborato alla realizzazione di questa
opera per aver contribuito a far conoscere il fascino della vite e del vino.
Il Vice Presidente OIV Il Vice Presidente OIV Il Direttore Generale OIVIl Direttore Generale OIV Michele Borgo Federico Castellucci
* L’OIV è un’organizzazione intergovernativa, fondata nel 1924; conta attualmente 43 Stati Membri, 4 Stati Osservatori e
10 ONG. La sua missione è di essere l’organismo di riferimento tecnico-scientifico a livello mondiale per la vite e il vino.
Partecipano ai lavori dell’OIV oltre 600 esperti di differenti Paesi. www.oiv.int
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r i n g r a z i a m e n t iQuesto volume è stato realizzato grazie al prezioso contributo di tutti coloro che hanno creduto
in quest’iniziativa editoriale, fornendo un supporto progettuale e redazionale decisivo.
Un significativo riconoscimento a Orietta Vidali e Alessandro Fioni per le attività di supporto
redazionale, in particolare per la predisposizione della parte iconografica.
Un ringraziamento particolare a Paola Sidoti, Alberto Boebel e Isabella Dal Pezzo per l’impor-
tante apporto sia in fase progettuale dell’opera sia nella realizzazione del volume.
Per il materiale iconografico si segnala in primo luogo il contributo fornito da Vivai Cooperativi
Rauscedo, Villa Zarri, Marchesi Antinori e Agrilinea che hanno messo a disposizione varie imma-
gini del proprio archivio.
Inoltre si ringraziano Paolo Bacchiocchi, Vanni Bellettato, Cesare Cangero, Marco Galli e Roberto
Balestrazzi, per le immagini di alta qualità fornite che hanno permesso di arricchire i vari capitoli.
I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri
casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite dalla Image Bank
di Bayer CropScience S.r.l.
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botanica
Morfologia e fisiologia
Osvaldo Failla
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botanica
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Lo sviluppo della foglia, dall’emissione dell’abbozzo nell’apice del
germoglio, al raggiungimento della dimensione finale, richiede cir-
ca 20-25 giorni.
La caduta della foglia (abscissione) si realizza in seguito alla for-
mazione di due strati di abscissione: uno tra il germoglio e il pic-
ciolo, l’altro tra il picciolo e il lembo. In alcune varietà, questo se-
condo strato di abscissione precede il primo, determinando così
il distacco prima del lembo e poi del picciolo.
Nel corso della senescenza le foglie perdono la colorazione verde,
dovuta alla clorofilla, e acquisiscono una colorazione giallastra,
per la comparsa della colorazione dovuta ai carotenoidi non più
mascherata dalla clorofilla, o rossastra per l’accumulo di pigmen-
ti antocianici. Tipicamente i vitigni a frutto colorato assumono la
colorazione rossastra mentre i vitigni a bacca bianca quella gial-
Foglia intera Foglia lobata
Foglia lobata con lobi sovrapposti Foglia partita con seno peziolarea lembi sovrapposti
Foglia lobata con senopeziolare molto aperto
Foglia eptalobata(lobi mediani lobati)
Variabilità morfologica della foglia di vite
La foglia di vite è per forma, lobatura, tomentosità e colore molto variabile. Il lembo può variare da intero (in alto) a eptalobato (in basso)
La caduta delle foglie avviene per il distacco del picciolo dal tralcio. Talvolta si stacca prima il lembo dal picciolo
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morfologia e fisiologia
23
Il fiore di vite è piccolo e poco appariscente. Il fiore ermafrodita, tipi-
co delle varietà di vite domestica, è composto da un pedicello che
si innesta sul rachide o sui rachilli e si allarga in un ricettacolo. Sul
ricettacolo sono inseriti i tipici componenti del fiore delle angiosper-
me. Il primo elemento è il calice, solo abbozzato, ed è costituito da
cinque sepali saldati tra loro, verdi e rudimentali. Quindi si trovano
cinque petali anch’essi verdi che, analogamente a gran parte delle
altre Vitaceae, alla fioritura non “sbocciano”, aprendosi in una co-
rolla (= coroncina), ma “scaliptrano”, distaccandosi dal ricettacolo
uniti tra loro lungo i margini a mo’ di cuffia (= caliptra). Alla fioritura
divengono quindi visibili la parte maschile (androceo) del fiore, co-
stituita da cinque stami, e la parte femminile (gineceo), costituita da
un pistillo. Gli stami sono costituiti da un filamento relativamente
lungo e da un’antera. Nella normale sequenza, la fioritura consiste
in un’azione coordinata di petali e stami. I petali si distaccano dalla
base del ricettacolo, i filamenti degli stami si raddrizzano e solle-
vano la caliptra, quindi i petali si separano alla base e si curvano
all’esterno verso l’alto, liberando così le antere; la caliptra cade e le
antere, costituite da due logge (biloculari) suddivise in due sacche,
si aprono (deiscenza della antere) e liberano il polline nell’atmosfera.
Al contempo, il pistillo, costituito da un ovario bicarpellare, un corto
stilo e un unico stigma, diviene recettivo per il polline. La recettività
è evidenziata dall’emissione da parte dello stigma di una goccia di
liquido che consente al polline di germinare e al tubetto pollinico di
accrescersi entro i tessuti dello stilo per raggiungere la base del-
l’ovario e completare il processo di fecondazione. In alcune circo-
Infiorescenzaelementare
di tre fiorellini
Rachide
Infiorescenzacomplessao grappolocomposto
Rachilli
CaliptraStami
Petali
Pistillo
Ricettacolo
PedicelloNettario
Sepalorudimentale
Fioritura della vite
Schema dell’infiorescenza di vite: si tratta di un grappolo composto con fiori riuniti in mazzetti di 3-5 unità. Nel processo di formazione molti dei fiori non completano il loro sviluppo e pertanto molte cime a dicasio sono incomplete e limitate solo a uno o due fiorellini, altre possono essere invece più numerose
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botanica
28
La buccia, che a maturità rappresenta tra il 5-20% del peso fresco
della bacca, è a sua volta costituita da un’epidermide unistratifi-
cata composta da cellule piatte, fortemente saldate tra loro, con
parete ispessita ed esternamente ricoperta da cuticola a da cere
epicuticolari (pruina), e da un ipoderma di 11-12 strati di cellule,
con parete ispessita e fortemente saldate tra loro (cellule collen-
chimatiche), frammiste a cellule contenenti, nelle bacche imma-
ture, cristalli aghiformi (rafidi) di ossalato di calcio (cellule idiobla-
stiche o idioblasti). La polpa è invece costituita da 25-30 strati di
cellule a parete sottile (cellule parenchimatiche). L’endocarpo, di
esiguo spessore, è costituito da un’epidermide unistratificata e da
2-3 strati di cellule collenchimatiche ricche, nelle bacche immatu-
re, di cristalli quadrangolari (druse) di ossalato di calcio (ipoderma
interno).
Attraverso il peduncolo penetrano nella bacca i fasci conduttori
della linfa (fasci fibro-vascolari), che si suddividono in una rete di
fasci dorsali o periferici, che si diffondono, in modo complanare
alla buccia, nella parte esterna della polpa, e in un fascio centrale
o ventrale, che raggiunge il polo opposto della bacca riconnetten-
dosi con i fasci periferici. Dal fascio ventrale si diramano anche i
Frutto: anatomia e sviluppo
• Il frutto di vite è una bacca costituita a
maturità da una buccia membranosa e
da una polpa succosa. Lo sviluppo del
frutto ha una dinamica caratterizzata
da fase di crescita erbacea, cui segue
una stasi e infine la maturazione
Impronta stilareCuticola
Esocarpo
Endocarpo
Setto
Loculo
Mesocarpo
Pericarpo
Pennello
Pedicello
Seme
Ricettacolo
Traccedella caliptra
Fasci vascolari
SteloDa B.G. Coombe, 1987
Il frutto della vite è una bacca. Anche il termine acino è botanicamente corretto poiché si riferisce a bacche di dimensioni relativamente piccole, riunite in infruttescenze
La bacca a maturità è costituita da una buccia sottile e membranosa, da una polpa succosa che racchiude i semi
Anatomia della bacca a maturità
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botanica
32
viti con bacche di dimensioni maggiori a quelle delle piante selva-
tiche e con profili sensoriali molto diversi. Una grande distinzione
si può fare, a questo proposito, tra le varietà da tavola e quelle a
vino. Le prime con bacche anche molto grandi, forme particolari
(ellittiche o incurvate), buccia sottile, polpa croccante, non troppo
zuccherina, acidula e talvolta aromatica; le seconde con bacche
più piccole, buccia più spessa, polpa succosa, zuccherina, poco
acida, da neutre a molto aromatiche.
La bacca di vite, analogamente ai frutti cosiddetti non climaterici
(come per esempio gli agrumi), interrompe i processi di matu-
razione se distaccata dalla pianta. Nei frutti climaterici, come
per esempio la mela, il pomodoro o la banana, la maturazione
può invece progredire anche nel frutto distaccato dalla pianta,
purché non troppo anticipatamente. Ciò premesso si possono
distinguere diversi concetti di maturità dell’uva. Si parla di matu-
rità fisiologica quando il frutto ha completato sulla pianta il pro-
cesso di maturazione ovvero quando la connessione vascolare
tra pianta e frutto è cessata e il frutto non “scarica” più linfa ela-
Appiattita
Troncoovoidale
Leggermenteappiattita
Obovoidale
Sferoidale
Cilindrica
Ellissoidale
Ellissoidaleallungata
Ovoidale
Arcuata
Forme diverse della bacca
Il colore delle bacche mature varia dal verde al blu intenso
Foto A. Scienza
Colorazioni di uve rosse giunte a maturazione
Foto A. Scienza Foto A. Scienza
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storia e arte
Origine e storia
Attilio Scienza
Religione e arte
Gaetano Forni
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storia e arte
48
Origine e storiaIntroduzioneNessuna specie vegetale o derivato dalla trasformazione agricola
presenta una diversificazione produttiva o qualitativa paragona-
bile a quella che offre la vite nelle sue circa 10.000 varietà o gli
infiniti profili sensoriali dei vini che da queste vengono prodotti in
tutte la parti del mondo. Questa diversità non dipende solo dalle
condizioni pedoclimatiche dei luoghi dove l’uva viene prodotta,
ma è soprattutto il risultato del lavoro di numerose generazioni
di viticoltori che negli angoli più disparati dell’Europa e del vicino
Oriente, a partire dal Neolitico, hanno dato a questa bevanda una
precisa identità culturale, espressione di un interscambio conti-
nuo tra uomo, vitigno e ambiente di coltivazione.
La storia della vite e del vino, pur essendo una grande storia per
avvenimenti e per durata temporale, è in sostanza la sommatoria di
tante piccole storie regionali e locali, che nel corso dei secoli si so-
no stratificate con modalità spesso di difficile interpretazione e che
hanno come protagonisti gli innumerevoli ignoti viticoltori ai quali
siamo debitori per il silenzioso e spesso incompreso lavoro che
hanno svolto nella selezione dei vitigni, nella sistemazione delle col-
line rendendole adatte alla loro coltivazione, nella scelta delle forme
di allevamento che consentivano alla pianta di plasmarsi ai climi più
disparati, nel trovare le modalità di vinificazione che permettevano
al vino di conservarsi, sebbene per tempi brevi, inalterato.
Se le espressioni culturali cambiano nello spazio e nel tempo, in
ogni regione e in ogni periodo storico, ogni gruppo sociale ha
bevuto vini sempre diversi.
È un viaggio nella civiltà europea e asianica, dove l’immagina-
rio mitologico coniuga il luogo fisico con lo spazio simbolico e il
nome del vino e del luogo divengono veicoli per richiamare alla
Caraffa in rame etrusca per attingere il vino, VII sec. a.C. (Museo Martini, Chieri - TO)
Falcetti di epoche diverse usati per la potatura e la vendemmia, provenienti dall’area atesina
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storia e arte
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si riferiscono a periodi molto distanti e a culture eterogenee), dagli
scritti di eruditi, dai resoconti delle Accademie, dalle ampelografie
e dai testi di viticoltura ed enologia;
– dai ritrovamenti dell’archeologia rurale che forniscono informa-
zioni attendibili sulle tecniche di coltivazione e di produzione del
vino. In particolare un ruolo significativo è occupato dagli stru-
menti e utensili utilizzati per la lavorazione del terreno, per la po-
tatura secca e verde per la vendemmia. Numerose sono inoltre
le evidenze archeologiche relative alla trasformazione dell’uva in
vino. In particolare i pigiatoi in pietra (i palmenti) e le parti in pietra
dei torchi. In molte abitazioni rurali, soprattutto quelle conservate
dalle ceneri del Vesuvio a Pompei, sono stati trovati i recipienti per
la fermentazione e la conservazione del vino (i pithoi).
Le anfore rappresentano nel contesto del commercio del vino un
prezioso strumento di conoscenza, soprattutto per risalire alle zo-
ne di produzione, alla cronologia, al tipo di contenuto, ai mercati.
Queste informazioni vengono tratte dai timbri, dall’epigrafia, dai
materiali usati per la loro fabbricazione (analizzati anche con tec-
niche cristallografiche), dalla composizione dei resti del loro con-
tenuto e relativa datazione, dalle città di produzione e dalle loro
forme. Anche la monetazione antica con le raffigurazioni legate
alla produzione del vino (grappoli d’uva, foglie di vite, anfore, divi-
nità legate al consumo rituale del vino) e i luoghi dei ritrovamenti
testimoniano l’importanza che la coltivazione della vite aveva ri-
coperto in passato;
Esempi di tetradracme magno-greche con raffigurazioni di grappoli d’uva e di soggetti legati all’immaginario enoico coniate a Naxos (Sicilia), 430-420 a.C.
Greca di Pompei Cartaginese
Cananea(dal XVIIIsec. a.C.)
Punica(dal 300
al 200 a.C.)
Etrusca(dal 650
al 380 a.C.)
Gallica(dal 180
al 160 a.C.)
Greco-marsigliese
Africana Greco-italica Dressel 1
Tipologie di anfore da vino utilizzate nel Mediterraneo nel periodo classico ed ellenistico
Vaso per miscelare il vino, IV sec. a.C. (Museo Martini, Chieri - TO)
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origine e storia
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va essere ottenuto da viti potate, norma che divenne legge con
il re Numa. Questa decisione che può apparire di poco conto,
non solo favorì la produzione di vini di migliore qualità, ma segnò
il passaggio dalla protoviticoltura di ispirazione etrusca, quella
delle lambruscaie, alla viticoltura dell’arbustum italicum, espres-
sione di un vigneto creato ex novo con lo scasso e l’impianto
delle barbatelle.
Anche se il fondamento dell’economia rurale romana era la coltu-
ra del grano (spelta e farro), l’importanza della viticoltura non era
da meno, come dimostrano gli scritti dei georgici latini, che de-
dicarono molte pagine alla viticoltura, fornendo informazioni pre-
ziose ai coltivatori dell’epoca, sulle varietà di vite, sui tutori, sulle
tecniche di potatura e di concimazione, nonché sulle modalità di
vinificazione e di conservazione dei vini.
Le prime descrizioni di vitigni della storia della viticoltura sono
infatti contenute nelle opere di Plinio e Columella. I vitigni cono-
sciuti in quell’epoca erano già molto numerosi, … quanti i granelli
di sabbia del libico piano…, e venivano classificati in uve da tavola
e uve da vino, che a loro volta, in relazione al vino a cui davano
origine, venivano distinte in uve di primo merito che comprende-
vano vitigni indigeni e importati (le più importanti di questo gruppo
Evoluzione delle presse
• Le riproduzioni evidenziano il percorso
evolutivo delle presse, partendo dal
modello romano, detto di Catone
con una o due viti. Un altro modello
detto di Plinio, che ha avuto una
grande importanza nella viticoltura
medioevale e rinascimentale, utilizza
per la pressatura l’azione di una lunga
leva. Dal torchio a due viti si sono
sviluppati modelli molto simili
a quello originale fino alla fine del
’700 e nell’800 si è passati a una
sola vite con gabbia verticale
oppure orizzontale. Da quest’ultima
tipologia sono nate le moderne presse
meccaniche e pneumatiche
Tappe evolutive delle presse da uva
Torchio di Catone(I-II sec. a.C.)
Torchio francese (XVIII sec.)
Torchio a gabbia verticale(XIX sec.)
Torchio a gabbia orizzontale(XIX sec.)
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origine e storia
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sa del pontefice. Sono vini che provengono anche da piccole
località, spesso sconosciute, per i quali il giudizio di merito non
coincide con quello del Bacci. Molto divertente è il commento
sui vini francesi: “Sono buoni pei francesi per rosicare loro la
collera, sicché in Roma non sono vini da signori”. Altri cronisti
nel secolo successivo si sono cimentati nella scoperta e de-
scrizione di numerosi vini italiani. Tra questi il Rendella che si
occupò soprattutto di vini dell’Italia meridionale, il Lando che
descrisse i vini del centro-nord e il Croce che invece si limitò ai
vini piemontesi.
Nascita della viticoltura nel Nuovo MondoIn America, soprattutto nelle zone di maggiore altitudine e vicino
ai Grandi laghi (la mitica Vinland dei Vichinghi), le popolazioni
locali utilizzavano l’uva delle viti native per alimentazione diretta
e per fare l’aceto da utilizzare nella medicina popolare e come
conservante di cibi. La vite non era coltivata, né l’uva veniva
vinificata.
Le prime indicazioni della coltivazione della vite nell’America
latina vengono dal Messico attorno al 1520, come conseguen-
za dell’occupazione spagnola di quei territori dopo la scoperta
dell’America. La produzione di vino era in parte destinata alla
Messa e in parte al consumo dei conquistadores, dato che il co-
sto del trasporto dalla Spagna era molto elevato e spesso i vini
che arrivavano non avevano sopportato bene il viaggio. In soli
trent’anni la vite si era diffusa in tutta l’America latina a tal punto
da fare concorrenza ai vini europei e da costringere Filippo II,
circa settanta anni più tardi dalla creazione dei primi vigneti, a
promulgare un editto che impediva di piantare nuove viti.
Vendemmia meccanica a Robertson, Sud Africa
Foto R. Angelini
Viticoltura a Franschhoek, Sud Africa
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
Plaisir de Merle, Sud AfricaFoto R. Angelini
Morgenster, Sud Africa
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religione e arte
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di tralci (talee) fatti appositamente radicare (barbatelle). Co-
me vedremo, a seconda del livello tecnico e quindi del tipo di
civiltà, l’uso delle bevande alcoliche assume una rilevanza e
impostazione diversa. Radicali, come pure vedremo, le con-
seguenti mutazioni in ambito religioso e quindi anche le loro
espressioni artistiche. Mentre nelle civiltà dei cacciatori-rac-
coglitori l’uso delle bevande alcoliche è sconosciuto o è mo-
nopolio dello sciamano, con il sorgere delle società stratifica-
te, muta anche il panteon degli dei, assumendo una struttura
gerarchizzata. È in questo diverso ambito che la religione della
vite e del vino acquisisce contorni, funzioni e significati nuovi.
Differente ancora è il caso delle religioni fondate: mosaismo,
cristianesimo ecc.
Ma che vuol dire religione della vite e del vino? Come si manife-
sta? Qual è la sua funzione?
Natura umana e religione: l’estasi e l’allucinazione alcolica nelle civiltà arcaicheDi solito chi tratta la religione di un popolo o il culto di una data
divinità, sia in pubblicazioni scientifiche sia in quelle divulgative,
si limita a descrivere il panteon di quella gente, le caratteristiche
di quel dio. Ciò comporta un grave difetto, perché non permette
di capire il significato e la natura di quel culto. Il che vuol dire
che la lettura di quelle descrizioni sostanzialmente non serve
a nulla: sono chiacchiere variopinte che dopo breve tempo si
dimenticano, ed ecco quindi la necessità – volendo occuparci
della religione e del culto del vino e della vite – di precisarne
preliminarmente il valore e il significato. Sarà poi più agevole
comprenderne le caratteristiche, le funzioni e le corrispondenti
espressioni artistiche.
Tra le guerre più feroci, condotte con più furibonda determina-
zione, sono da annoverare alcune di quelle motivate da obiettivi
religiosi. Eppure, una caratteristica comune a tutti gli uomini, an-
che a quelli che si professano atei e che dovrebbe renderli so-
stanzialmente concordi, è la coscienza di dipendere, e non solo
Dea della fecondità reperita nella Grotta delle Veneri in provincia di Lecce. Risale al Paleolitico Superiore (Museo nazionale di Taranto)
Danza bacchica incisa su una pisside beotica conservata nel Museo Archeologico di Berlino. Queste manifestazioni rituali effettuate dopo abbondanti bevute appartenevano a una tradizione con radici che risalivano alla preistoria
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storia e arte
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Vite e vino nell’arte cristianaNon si può dire che le iconografie riguardanti la vite e il vino nel-
l’arte cristiana siano meno frequenti che in quella riguardante il
politeismo antico. Piuttosto si può affermare che i temi sono in
numero più ridotto. Esiste un’infinità di rappresentazioni dell’Ul-
tima Cena: quella in cui Cristo identificò nel vino il suo sangue.
Tutti presentano sulla grande tavola tazze e calici di vino. Bisogna
aggiungere che esse si riferiscono a momenti diversi, illustrati dal
racconto degli evangelisti riguardante questo episodio culminan-
te della vita di Gesù. Il momento colto da Leonardo da Vinci nella
chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano è quello in cui il Cri-
sto rivela che uno dei dodici apostoli l’ha tradito. Il grande artista
mostra con estrema abilità le diverse espressioni che i convitati
manifestano. C’è chi è impietrito, esterrefatto nell’ascoltare l’in-
credibile fatto. Altri che, alzando l’indice in modo quasi minaccio-
so, perché offesi dal sospetto, sembrano chiedere: “Sono forse
io?”, sicuri di una risposta negativa. Altri ancora che mettono le
mani avanti come per dire: “Certo io no!”. Altri ancora che, forse
distratti, non hanno ben percepito l’affermazione di Gesù, per cui
chiedono ai vicini quanto rivelato dal Cristo.
Un momento scelto da qualche artista è quello in cui il Cristo offre
il pezzo di pane intinto nel vino a Giuda, il traditore. Altri ancora
mostrano Giuda che si mette da parte, in un angolo.
Infinite sono pure le rappresentazioni di tipo devozionale che si
riferiscono al rito della Santa Messa. Esse non tralasciano di fo-
calizzare la consacrazione del pane e del vino.
Come già si è accennato, il riferimento alla vite e al vino da parte
del Cristo non si limita all’Ultima Cena. Innumerevoli sono anche
le raffigurazioni della scena del miracolo durante le nozze di Cana.
È stato anche detto che le parabole dei Vangeli sono estrema-
mente più vive e vivide delle Georgiche di Virgilio e delle Opere
e i Giorni di Esiodo, e, dovremmo aggiungere, spesso pervase di
acute specificazioni botanico-agronomiche. Abbiamo già rilevato
La celeberrima Ultima Cena, dipinta da Leonardo da Vinci nel refettorio di Santa Maria delle Grazie di Milano: straordinaria la diversità di espressione dei dodici Apostoli, sconvolti dall’annuncio di Gesù che uno di loro lo avrebbe tradito
Scena di rifornimento di vino a un convento. Mosaico del pavimento della Cattedrale di Reggio Emilia (XII secolo)
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religione e arte
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sovrumano del divino che ci pervade quando osserviamo dipinti
e altre raffigurazioni dei Misteri Cristiani, e in particolare quello
della Santa Messa, cioè dell’Ultima Cena. Emozione potenziata
quando assistiamo a questo rito sempre nuovo e reale, in cui il sa-
cerdote innalza il calice col vino, sangue mistico di Cristo, lo beve
e lo fa bere ai fedeli. Anche il rito infatti è espressione, è sentire, è
compartecipazione, è arte, e in questo caso capolavoro mistico
di arte. Certo non è di tutti capirlo, assaporarlo, e in ciò potrebbe
essere agevolato il credente. Ma anche la fede non basta: occorre
immedesimarsi in Cristo con una lunga preparazione. Persino di
un poema letterario, quale la Divina Commedia, è stato detto che
diversa è la comprensione compartecipata dei versi che si riferi-
scono a verità della fede o a scene bibliche da parte di un critico
credente e quella da parte di chi è solo un dotto medievista. Spie-
ga anche come, osservando un dipinto veristico come quelli del
Sironi o dell’Induno o del Modigliani, senza che ce ne accorgiamo
risentiamo almeno un minimo degli effetti della trasfigurazione ar-
tistica che l’Autore ci trasmette.
Ma l’arte non è solo pittura o scultura in quanto le sue forme
espressive sono infinite. Tutti sanno che è arte anche la creazione
letteraria, quella musicale, quella architettonica e così via.
L’arte, la religione del vino, è un tema straordinario tale che, per
essere trattato in maniera adeguata, non basterebbe un’intera en-
ciclopedia. Per aiutare a capire ciò, bisogna tenere conto del fatto
che il vino non monopolizza il mondo delle bevande alcoliche e
quindi occorre confrontarlo, contestualizzarlo nell’ambito di tutte
le altre, considerare il posto che anche altre bevande alcoliche,
quali la birra e il gioddu (il latte fermentato alcolicamente della tra-
dizione sarda) occupano nell’ambito delle proprie civiltà. Quello
Vecchia ebbra, di Mirone il giovane, III sec. a.C.
Frati nell’osteria, affresco di G. A. Bassi, detto Sodoma, 1500 circa (Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, Siena)
Guido Reni: Bacco adolescente che porge sorridendo una tazza di vino (Palazzo Pitti, Firenze)
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alimentazione
Aspetti nutrizionali
Carlo Cannella, Mara Rossoni
Vino e ricette
Gianfranco Bolognesi
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alimentazione
118
Aspetti nutrizionali
L’uva, oltre che per la produzione del vino, viene consumata
come frutto fresco (uva da tavola), oppure conservata dopo es-
siccazione (uva passa, utilizzata in cucina e nella preparazione
dei dolci); inoltre dall’uva si prepara per spremitura il succo di
uva (bevanda non alcolica) e dai semi si estrae l’olio di vinac-
cioli, ricco di acidi grassi essenziali (~ 68-100 g) e di vitamina E
(~19-100 g). L’applicazione della genetica e della bioingegneria
alla viticoltura ha reso possibile di produrre uva da tavola con
pochi semi o addirittura apirene cioè priva di semi.
La parte edule del frutto è costituita dagli acini che compren-
dono la buccia, la polpa e i semi o vinaccioli. La polpa, nelle
uve da vino ben mature, è in gran parte trasformata in un liqui-
do contenente zuccheri che, a seguito della pigiatura, costitui-
rà il mosto.
Una porzione di uva di 150 g è una buona fonte di acqua, zuc-
cheri semplici (glucosio e fruttosio), acidi organici (tartarico,
presente quasi esclusivamente nell’uva), vitamine (in particola-
re vitamina C), sali minerali (con un buon apporto in Cu) e com-
posti fenolici (antociani, flavoni). Questi ultimi sono presenti
in quantità molto modesta e il rapporto tra le varie classi di
composti fenolici varia significativamente tra le diverse varietà
di uva; la quantità totale, dell’ordine di pochi milligrammi ogni
100 g di alimento fresco, è distribuita diversamente all’interno
dell’acino con una minore concentrazione nella polpa.
La sintesi dei pigmenti antocianici e dei tannini nell’uva dipen-
de dal tempo di esposizione al sole piuttosto che da altre con-
dizioni pedo-climatiche. Il colore della buccia è dovuto princi-
palmente agli antociani, mentre nella polpa sono più abbon-
Componenti del vino
• Il vino contiene circa 250 sostanze
chimiche diverse. Esse provengono
dall’uva, dalla fermentazione e da
alcune contaminazioni dovute ai
recipienti di conservazione (es. stirene,
piombo, cromo) e ai trattamenti viticoli
ed enologici
• Sulla composizione del vino influisce
inoltre la tecnica di vinificazione,
soprattutto per le diverse possibilità
che hanno le sostanze contenute nelle
bacche e nei vinaccioli, di passare
nel mosto e quindi nel vino. Anche
alcuni trattamenti di cantina, quali
la chiarificazione, la filtrazione, la
decolorazione con carboni attivi e la
stabilizzazione a freddo e a caldo,
possono influire sulla presenza
di alcune sostanze, sia perché
ne riducono il contenuto, sia per
la cessione di elementi estranei
(metalli in particolare)
Carboidrati(zuccheri semplici) 15,6 g
Proteine 0,5 g
Grassi 0,1 g
Acidi organici (malico,tartarico e citrico) 0,4-1,2 g
Magnesio 7 mg
Fosforo 4 mg
Composti fenolici 1-10 mg
Calcio 27 mg
VitamineVit. A 4 μg (24 μg di carotene)B1 e B2 0,03 mgNiacina 0,4 mgVit. C 6 mg
Fibra 1,4 gsolubile 0,2 ginsolubile 1,2 g Acqua 80,3 g
Rame 0,27 mg
Zinco 0,12 mg
Ferro 0,4 mg
Potassio 192 mg
Sodio 1 mg
Composizione chimica e valore energetico dell’uva (100 g di parte edibile)
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vino e ricette
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Tutte le qualità di carne bianca o rossa, pollame o selvaggina, pos-
sono venire marinate: con tale processo le carni acquistano un
gusto particolare e contemporaneamente diventano più tenere.
Nelle marinate cotte si dovrà tenere conto dell’evaporazione du-
rante la bollitura e aumentare la dose del vino. Nel court-bouillon
per i pesci, le erbe e il vino verranno posti nel liquido di cottu-
ra dieci minuti prima di toglierlo dal fuoco, per mantenere la fre-
schezza di gusto e di sapore. Nelle salse, sia di carne (bordolese,
borgognona, cacciatora, poivrade) sia di pesce (matelote), il vino
entra come componente importante, legando le varie sostanze e
dando una predominante di gusto caratteristica.
Nelle preparazioni di tipo cacciatora o arrosti, il vino ha il compito
di inumidire, condire e impedire il processo di caramellizzazione
dei fondi di cottura. Nella stufatura il vino, che subisce una forte
riduzione, estrae dalla carne gli umori senza disidratarla e penetra
dando il proprio sapore.
Nella brasatura, dopo aver rosolato a fuoco vivo la carne, che forma
una crosta di buona consistenza, si aggiunge il vino che si amalga-
ma ai grassi e agli umori che essa lascia, quindi si riduce formando
un liquido sciropposo. Solo allora con brodo e salse, si copre per
¾ il pezzo di carne e si completa la cucinatura, a fuoco lento. Tale
sistema provoca un rapido coagularsi dei succhi e delle sostanze
proteiche e forma una crosta protettiva che impedisce alle sostan-
ze interne di uscire, esalta le qualità aromatiche dell’alimento, do-
nandogli un gusto particolare. Si raccomanda di usare il fuoco con
moderazione e pentole ben chiuse, per non disperdere il bouquet.
Ancora qualche consiglio. Va ribadito che bisogna diffidare dei
vari piatti al Barolo e allo Champagne: il vino pregiato in cucina
entra solo per far felice il cuoco, se questo ha gusto e palato per
apprezzarlo veramente. Nella preparazione delle ricette risalta allo
stesso modo un buon Nebbiolo o un buono spumante. Barolo e
Champagne vanno eventualmente accostati, con ben maggiori
soddisfazioni, ai piatti.
Savor
• 3 l di mosto d’uva e 3 kg di frutta mista
(pere volpine, mele cotogne, gherigli di
noce, zucca, melone, scorza di arancia
e di limone grattugiata senza nulla del
bianco interno) privata della buccia,
nettata e tagliata a pezzetti
• Aggiungere, a metà cottura del mosto
d’uva, tutti gli ingredienti e cuocere
lentamente per 4-5 ore. Mescolare
spesso per non attaccare il savor al
fondo del paiolo. A cottura ultimata,
levare dal fuoco e lasciar raffreddare.
Versare e conservare il savor nei vasi
di vetro a chiusura ermetica. Il savor
si conserva a lungo e viene usato sulla
polenta, in accompagnamento ai bolliti
misti, nel ripieno dei tortelli, accostato
con formaggi teneri (es. squacquerone
di Romagna)
Saba o sapa
• La saba ha radici antichissime (fin
dall’epoca romana) e il suo utilizzo
nel tempo è stato quello di conferire
gusto e sapore a vivande e bevande.
Si ottiene dal mosto di uva bianca
o rossa prima che abbia iniziato la
fermentazione. Il mosto filtrato si versa
nel paiolo di rame, si porta a ebollizione
e si prosegue la cottura a fiamma dolce
sino a quando il mosto iniziale si sarà
ridotto di un terzo. Mescolare spesso,
levare dal fuoco, lasciar raffreddare
quindi versare la saba in vasi di vetro o
in bottiglie dal vetro scuro e conservare
al fresco
Rombo chiodato con scalogni caramellati alla saba
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alimentazione
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Ingredienti
Per il soufflè:
• 200 g di latte, 80 g di zucchero
• 40 g di farina, 50 g di burro
• 4 rossi d’uovo, 5 albumi
• 4 biscotti savoiardi
• 100 g di cioccolato fondente
• 1/2 bicchiere di alchermes
Per la crema:
• 250 g di latte, 80 g di zucchero
• 4 rossi d’uovo, 35 g di farina
• 1/2 bicchierino di rosolio di anaci
AlbanaTerrina di frutta all’Albana passito, frutta fresca e sorbetti
Montare il rosso d’uovo con lo zucchero e metà del vino, por-
tare sul fuoco e, mescolando continuamente, aggiungere la colla
di pesce ammollata in acqua fredda, l’Albana e cuocere ancora
per 1 minuto circa facendo attenzione a non raggiungere l’ebol-
lizione. Lasciare intiepidire e amalgamarvi la panna montata.
Rivestire una terrina con il pan di spagna tagliato a fette, versare
uno strato di bavarese, la frutta fresca a pezzi, ricoprire con la
bavarese rimasta e il pan di spagna. Tenere in frigorifero per al-
meno 3 ore. Sistemare al centro del piatto una fetta di terrina con
salsa di frutta, sorbetti assortiti e frutta fresca.
Albana
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paesaggio
Vino e paesaggio
Diego Tomasi
Vini e regioni
Attilio Scienza
Paesaggio e cultura
Riccardo Pastore
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paesaggio
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Vino e paesaggioIntroduzioneQuali sono gli elementi che accomunano due identità apparen-
temente così distinte? Quali sono le reciproche interazioni che
stanno promuovendo un crescente interesse per il connubio vino-
paesaggio?
Senza dubbio l’agire secolare del viticoltore ha costruito i pae-
saggi viticoli di cui oggi disponiamo, ed è altrettanto vero che la
contemplazione di un vigneto inserito in un bel contesto paesag-
gistico genera emozioni che si trasmettono in modo inconscio
fino alla qualità percepita del vino. Questo stretto legame prende
corpo se pensiamo che la valutazione di merito assegnata a un
vino ha inevitabilmente una quota di soggettività che nel nostro
caso emerge e si quantifica nel momento in cui la mente recupera
stati d’animo e sensazioni legate a quel vino. A un ricordo positi-
vo, legato alla visione di un bel paesaggio, corrisponderà quindi
un giudizio organolettico condizionato favorevolmente dalle emo-
zioni e dalle sensazioni acquisite in un dato momento.
L’immagine obiettiva della fisicità del paesaggio, arricchita dalla
scenografia del momento (colori, luminosità, volumi ecc.), porta a
una percezione visiva che viene elaborata, immediatamente me-
morizzata e facilmente recuperata al momento dell’assaggio. La
vista non è più soltanto un organo di percezione, ma diventa un
elemento di giudizio in stretto collegamento con il gusto e con
l’olfatto, il tutto trae però origine dal soggetto visivo, in questo
caso il vigneto e il suo contorno.
Anime del vino
• Un vino anonimo senza associazioni
ha sempre maggior difficoltà a essere
totalmente compreso rispetto a un
vino, pur di pari qualità, del quale si
conoscono l’origine e gli elementi che
costruiscono il suo insieme
• Claude Lévi-Strauss (Bruxelles 1908)
amava dire: “a buon pensare, buon
mangiare”, e questo chiarisce e fa
emergere la quota di preferenza che
viene assegnata a un vino quando la
sua origine è riconducibile a un bel
paesaggio
Vigneti a Montepulciano (SI) Foto R. Angelini
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vini e regioni
191
Il disciplinare di produzione prevede inoltre un periodo di affina-
mento in recipienti di legno e, per le tipologie Riserva, è previsto
un periodo minimo di invecchiamento di due anni.
Analisi sensorialeIl Castel del Monte rosso Riserva ha un colore rosso rubino inten-
so tendente al granata; l’odore è intenso, persistente, vagamente
etereo, fruttato con sentori di piccoli frutti rossi e confettura di
ciliegie.
All’esame gustativo si presenta secco, caldo, abbastanza morbi-
do e giustamente tannico, di buon corpo ed equilibrato.
Abbinamento vino-cibo
• La ricca cucina di terra pugliese
trova in questo vino un perfetto
complemento. Dagli antipasti di salumi
e verdure conservate, ai primi di pasta
con ragù di ovini e pomodoro con
le versioni più giovani, agli arrosti
e grigliate di castrato e agnello, per
terminare con i formaggi stagionati
con le versioni Riserva
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paesaggio
194
Cannonau di Sardegna
Geografia Comprende l’intero territorio della Sardegna. La sottodenomi-
nazione tradizionale “Oliena o Nepente di Oliena” è riservata al
Cannonau di Sardegna proveniente da uve prodotte e vinificate
nell’intero territorio comunale di Oliena e in parte di quello di Or-
gosolo, in provincia di Nuoro.
Caratteri generali del clima Il clima che investe la piana di Orosei, sulla costa orientale e tutta
la fascia litoranea meridionale è di tipo sub-tropicale.
Le precipitazioni medie annue si aggirano su valori di 400 mm
e comunque non superiori a 700 mm, con i mesi più piovosi in
novembre-dicembre.
La temperatura media annua è superiore a 17 °C, quella del mese
più freddo non scende mai al di sotto di 10 °C e vi sono almeno 4
mesi con temperatura media superiore a 20 °C.
Ambiente di coltivazione e caratteristiche dei suoli L’isola presenta una grande varietà di suoli: dalle rocce metamorfiche
e granitiche della Gallura a quelle sedimentarie marine e continentali
del terziario del Campidano. Ne deriva una grande varietà di vini dal-
le caratteristiche sensoriali molto diverse, soprattutto per l’intensità
del colore, per la struttura e per l’attitudine all’invecchiamento.
VitigniIl Cannonau si ritiene sia stato importato durante la dominazione
spagnola dal XV al XVIII secolo dall’Aragona. Si sono riscontrate,
a conferma di questa ipotesi, affinità dal punto di vista ampelo-
grafico con varietà iberiche come la Cannonanza e la Granaxa.
Recentemente è stato confermato attraverso indagini ampelogra-
fico-molecolari, che il Tocai rosso, l’Alicante, il Gamay perugino, e
il Cannonau sono un unico vitigno, che nel mondo è conosciuto e
diffuso col nome di Grenache.
Originario dell’Aragona, si è diffuso dapprima in Roja e Navarra
e quindi nel Roussillon, dominato dal regno di Aragona fino dal
1659. Nel XIV secolo è citato in documenti mercantili della Sarde-
gna, un vino chiamato Vermyle che è forse il Cannonau di origine
catalana proveniente da vigneti allevati “a sa catalano”, cioè ad
alberello. La prima citazione di un vino con una denominazione
simile a Cannonau è del 1612, relativa a un vino sardo inviato al re
Filippo I. Il nome potrebbe derivare dal greco kanonizo = valore di
riferimento, usato quindi come valore di scambio.
Aspetti enologiciIl Cannonau viene vinificato con una tradizionale vinificazione in
rosso, oppure può essere vinificano in rosato, e infine può esse-
Alghero
Nuoro
Sassari
Cagliari
Oristano
Olbia
S A R D E G N A
Foto Vivai Rauscedo
Cannonau
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paesaggio e cultura
205
Necessità di una gestione rispettosa dei territori del vinoIl termine “ecocompatibilità” si è affacciato piuttosto di recente nella
cultura di massa (non più di 12-15 anni nel nostro Paese, un po’
di più in altri Paesi sviluppati) uscendo dal ristretto linguaggio de-
gli “addetti ai lavori” e diffondendosi anche nel linguaggio comune.
Esso esprime un valore ambientale e culturale che sta diventando
sempre più anche “valore produttivo” e di mercato. O questa, per lo
meno, è l’aspirazione congiunta sia dei produttori più innovativi e at-
tenti alle innovazioni culturali e di mercato nel medio termine, sia dei
consumatori e fruitori attenti a selezionare prodotti più vicini alle loro
sensibilità ed esigenze culturali non meno che di consumo diretto.
E nel caso del vino, soprattutto se di qualità, questi due livelli sono
largamente sovrapposti. Lo stesso settore viticolo, che per varie ra-
gioni è stato fino a poco tempo fa relativamente ai margini di tale
tendenza, ne è stato progressivamente investito negli ultimi tempi e
ha presentato importanti esperienze di “viticoltura sostenibile”.
Certo non siamo ancora vicini a una diffusa cultura della produ-
zione eco-compatibile e del relativo “consapevole consumo”, ma
sforzi seri in questo senso si stanno compiendo ovunque. Un rap-
porto più sinergico e meno conflittuale di quanto non sia stato
finora quello tra agricoltura e ambiente, tra produzione agricola
e produzione di paesaggio e sua conservazione, può essere de-
terminato sia dalle pratiche di un impiego selettivo, decrescente
Esigenze di una agricoltura eco-compatibile
• Una agricoltura realmente eco-
compatibile richiede “più scienza”
e non “meno scienza”, “più
organizzazione” e non “meno
organizzazione” dell’agricoltura
convenzionale. Essa comporta un
approccio scientifico complesso e
capace di una “lettura sistemica”
dell’azienda agricola nei suoi rapporti
con il suo contesto economico ed
ecologico-ambientale di riferimento
Valle di Cembra (TN)
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paesaggio
210
zione, cioè attivare metodi e modelli di “diffusione della innovazio-
ne” verso soggetti destinatari e target diversi da quelli tradizionali
(tecnici di campo, di cantina, singoli produttori). In effetti il proble-
ma del trasferimento della conoscenza, o, con qualche anglicismo,
del know-how transfer e dell’extension, è oggi assolutamente cen-
trale per il settore vitivinicolo. Infatti alle rilevanti innovazioni che
sono ormai messe a punto e in teoria disponibili lungo tutta la filiera
(agronomico-tecnologica ma anche commerciale-distributiva) non
fa sempre adeguato riscontro una loro rapida ed efficace applica-
zione. Agli sforzi di ricerca e sperimentazione, ai risultati di impor-
tanti e potenzialmente assai utili innovazioni non corrisponde una
adeguata adozione a livello di massa: e ciò non solo per i piccoli
produttori singoli – che sono, comprensibilmente, anche i più isola-
ti – ma talora anche per gli operatori di dimensioni più elevate o per
i produttori associati in importanti cooperative (Cantine Sociali).
Un’area di lavoro successiva a quella della zonazione tecnica “in
senso stretto”, ma a essa metodologicamente collegata, deve
quindi avere per obiettivo la messa a punto di metodologie, mo-
delli e strumenti di comunicazione per diffondere l’utilizzo della
zonazione a gruppi di destinatari sempre più ampi e per aumen-
tarne l’impatto operativo e l’efficacia.
Le esperienze di zonazione più complete portate avanti in Italia (in
particolare quelle coordinate dal Dipartimento di Produzioni Ve-
getali dell’Università di Milano) ci sembra siano quelle che hanno
presentato le caratteristiche sopra dette: da un lato un grande,
rigoroso e approfondito lavoro di analisi scientifica, di primario
livello non solo secondo standard italiani, ma anche europei e,
dall’altro, uno sforzo di messa a punto di strumenti di divulgazio-
ne dei suoi risultati verso diverse tipologie di destinatari, tentando
di raggiungere anche quelli più lontani e apparentemente meno
Comunicazione della zonazione
• Verso “il basso”, all’interno della filiera
produttiva vitivinicola, cioè verso gli
operatori agricoli meno innovativi o
meno acculturati, affinché anch’essi si
possano progressivamente convincere
e quindi “appropriare” dello strumento
“zonazione”, per migliorare se stessi
e quindi, indirettamente, anche per
migliorare la “qualità complessiva”
del territorio in cui operano
• Verso “altri destinatari”, cioè altri
soggetti non inseriti strettamente
nella filiera produttiva vitivinicola
(Istituzioni pubbliche, come i Comuni,
oppure Istituzioni o Organizzazioni che
si occupano di sviluppo territoriale, di
promozione ambientale ecc.), ma che
possono utilizzare “parti” o “prodotti
derivati” dei risultati della zonazione
(per esempio le “carte dei suoli”, le
“mappe vocazionali” dei territori del
vino ecc.), per gestire meglio le loro
specifiche attività di informazione,
programmazione e comunicazione
Bolgheri (LI)
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paesaggio e cultura
217
– in definitiva: emergere in generale di nuove e corpose op-
portunità di mercato a livello globale pur in presenza di una
situazione di consumo altalenante a livello nazionale. Tali op-
portunità riguardano almeno quattro aspetti: nuovi segmenti
o nicchie economiche, tipologiche e socio-culturali (giovani,
donne ecc.); nuove aree geografiche a livello planetario (dove
emergono nuove grandi aree di consumo con rilevanti tassi di
crescita); nuove occasioni di consumo anche nelle realtà già
tradizionalmente consumatrici (aperitivo, drink, dopo pasto al
posto di alcolici, per esempio con l’esplosione dei vini passiti,
da meditazione ecc.); nuova percezione positiva della imma-
gine del vino e sua ampia diffusione sociale in nuovi contesti.
Naturalmente, a fronte di queste tendenze positive che possono
costituire significative opportunità, soprattutto per i territori e le
loro aziende più innovative, vi sono numerosi rischi e minacce
oggettive che caratterizzano il mondo del vino (asperità della con-
correnza internazionale con vecchi e soprattutto nuovi competi-
tori, normative internazionali che spesso non difendono le pro-
duzioni più qualificate, guerre commerciali spesso centrate sulla
sola leva del prezzo ecc.). Si ricorda tuttavia che non esistono
opportunità o minacce in assoluto, ma solo “fenomeni” potenzial-
mente positivi o potenzialmente negativi che possono essere letti
e interpretati in maniera più o meno anticipatoria o efficace dal
mondo imprenditoriale e quindi gestiti con strategie più o meno
appropriate per cogliere le positività o ridurre le negatività in es-
si insite. Questo ci porta ai soggetti e ai luoghi della produzione
vitivinicola: le imprese e i loro territori. Lo sviluppo e la crescita
qualitativa e quantitativa del mondo del vino, soprattutto in un
sistema economico, scientifico e culturale, sempre più globale,
Vigneti a Pantelleria (TP)
Offida (AP)
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coltivazione
Viticoltura di territorio Osvaldo Failla,
Luigi Mariani, Luca Toninato
Vivaismo viticolo Marco Stefanini,
Eugenio Sartori
Vitigni coltivati Attilio Scienza
Impianto Leonardo Valenti
Gestione della chioma Stefano Poni
Gestione della nutrizione Maurizio Boselli, Osvaldo Failla
Gestione idrica Rosario di Lorenzo,
Maria Gabriella Barbagallo
Parassiti animali Piero Cravedi
Malattie Agostino Brunelli
Virosi e fitoplasmosi Michele Borgo
Ocratossine in uva e vino Paola Battilani, Michele Borgo
Macchine per i trattamenti Paolo Balsari, Attilio Scienza
Flora spontanea Pasquale Viggiani
Gestione del suolo Roberto Miravalle
Gestione malerbe e polloni Gabriele Rapparini, Giovanni Campagna
Vendemmia Stefano Poni
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coltivazione
248
Moltiplicazione per innestoLa tecnica dell’innesto è una tecnica vivaistica che permette di
realizzare piante complete di radici e gemme provenienti da pian-
te geneticamente diverse. Queste piante bimembri presentano un
unico sistema vascolare perfettamente integrato tra i due bionti
che permette alla pianta di avere cicli biologici normali come le
piante ottenute da seme o per talea.
I genotipi utilizzati come portinnesti sono degli ibridi tra diverse
specie di Vitis che presentano a livello di apparato radicale una
tolleranza o resistenza agli attacchi della filossera. Naturalmente
la necessità di propagare la vite come pianta bimembre (porti-
nensto + marza) ha complicato lo scenario agronomico. Infatti, se
è vero che Vitis vinifera si propaga facilmente e si adatta alle più
svariate condizioni ambientali (sia climatiche sia pedologiche), le
cose mutano molto nell’ambito del genere Vitis. Per esempio, per
quanto riguarda la capacità di radicazione, la Vitis berlandieri pre-
senta molti problemi ma si adatta bene ai terreni calcarei (la mag-
gioranza dei terreni viticoli europei), invece, per quanto riguarda la
capacità di adattamento ambientale, Vitis amurensis e Vitis riparia
hanno colonizzato aree caratterizzate da inverni molto rigidi, men-
tre Vitis rupestris e Vitis berlandieri sono più diffuse in zone calde
e quasi desertiche.
L’innesto prevede l’inserzione di una marza (porzione di tralcio
con almeno una gemma) su una talea (porzione di tralcio con due
o più gemme accecate). Il materiale utilizzato per tale inserzione è
legnoso e l’inserzione avviene al tavolo e dà origine all’innesto ta-
lea generalmente sottoposto a forzatura e messo in vivaio per ot-
tenere la barbatella pronta da essere trapiantata in pieno campo.
Per la produzione di talee di portinnesto è previsto l’allevamento
delle piante madri di talee con diversi sistemi di allevamento co-
Evoluzione delle tecniche vivaistiche
• Nell’ultimo secolo il mondo viticolo
si è dovuto adattare a nuove necessità
emergenti. Talea, margotta
e propaggine sono state utilizzate fino
alla comparsa della fillossera che
ha imposto, come rimedio biologico
ai suoi attacchi, l’innesto delle varietà
di vite coltivata, su una specie diversa
con apparato radicale tollerante
agli attacchi della fillossera.
A livello europeo vige una normativa
dal 1968, ripetutamente modificata,
che regola la produzione e la
commercializzazione delle piante
innestate (barbatelle) anche dal punto
di vista sanitario
Innesto
Sistema di allevamento dei portinnesti cosiddetto a bandiera
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vivaismo viticolo
251
germoglio, che viene controllato nel suo sviluppo con ripetute ci-
mature. L’attenzione alla difesa verso le avversità parassitarie è
particolarmente accurata in quanto un attacco di funghi o insetti
pregiudica in maniera significativa lo sviluppo della barbatella. Le
piante in vivaio rimangono fino alla caduta delle foglie in autunno
e successivamente vengono tolte dal terreno, portate in magazzi-
no e preparate per la vendita con potatura del tralcio a circa due
gemme e paraffinatura dello stesso, oltre a un taglio delle radici a
circa 30 cm. Le barbatelle raccolte in mazzi da 25 unità vengono
posizionate in magazzini a temperatura di 2 °C. Importante è la
garanzia di una umidità intorno al 100% per evitare il dissecca-
mento dell’apparato radicale. In queste condizioni le piante pos-
sono rimanere anche per diversi mesi (massimo 18). Ogni mazzo
di 25 piante deve essere accompagnato da un cartellino di di-
verso colore: bianco per il materiale di base, azzurro di categoria
certificato e arancione di categoria standard.
Produzione di barbatelle in cartonaggio.La pratica del carto-
naggio prevede la messa a dimora nello stesso anno di innesto
della pianta poco dopo l’uscita dalla forzatura, con la zona del-
l’innesto da poco saldata, e un apparato radicale appena accen-
nato che si sviluppa in un pane di torba. Questa tecnica se da un
lato consente di soddisfare domande particolari, dall’altro richie-
de una duplice attenzione da parte del viticoltore per la messa a
dimora in pieno campo: non disturbare l’apparato radicale della
talea e fornire alla barbatella già vegetante acqua sufficiente. La
barbatella in cartonaggio è più delicata di quella tradizionale, es-
sendo l’apparato vegetativo in parte sviluppatosi in ambiente po-
co luminoso e in condizioni di temperatura controllata e il punto
Particolare di barbatelle in vivaio
Materiale vivaistico di differenti categorie: il cartellino bianco corrisponde alla “base”, quello azzurro al “certificato”, mentre quello arancione allo “standard”
Vivaio
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coltivazione
278
Questa elevata variabilità è alla base dell’intenso lavoro di selezio-
ne clonale che ha portato all’omologazione di numerosi cloni che
hanno consentito ai viticoltori di disporre di materiale esente da
virosi, che era causa di notevoli riduzioni qualitative e dalle elevate
capacità di sintesi polifenolica e aromatica.
Il Nebbiolo è un vitigno molto esigente dal punto di vista pedo-
climatico a causa del ciclo vegeto-produttivo lungo e per la sua
maturazione tardiva ha bisogno di esposizioni molto favorevoli e
pareti fogliari molto estese.
Oltre ai famosi vini di Langa (Barolo, Barbaresco, Roero) e di
Valtellina con lo Sfursat, si ricordano i vini del Piemonte orienta-
le dove il Nebbiolo è vinificato con alcuni vitigni complementari
quali la Vespolina, il Carema e il Donnaz, prodotti in due territori
contigui di dimensioni molto limitate all’imboccatura della Valle
d’Aosta.
Nebbiolo
Sassella, Valtellina
Nebbiolo
• È il più importante vitigno rosso del
Piemonte, componente esclusiva del
Barolo e del Barbaresco, del Gatimaro
(90%) e del Ghemme (75%), le 4 DOC
della regione
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vitigni coltivati
283
Nero d’Avola
• Il vino Nero d’Avola si caratterizza al
naso per un aroma speziato (liquirizia,
chiodi di garofano) e di frutti rossi
(prugna, ciliegia, mora, ribes), mentre
in bocca è pieno, con tannini morbidi
e un retrogusto ammandorlato
• Da qualche anno è oggetto di uno
specifico progetto di valorizzazione
da parte della Regione Sicilia che
comprende la selezione clonale
e la zonazione viticola
Tra i numerosi vitigni citati con questo nome si ricordano il Cala-
brese dolce, il Calabrese d’Avolo, il Calabrese di Leofonte, il più
diverso dagli altri, e un Calabrese bianco.
Questi vitigni, a Pachino e Vittoria, costituivano la base ampe-
lografica dei vini che all’inizio dell’800, in grande quantità veni-
vano esportati in Francia per rinforzare dei vini di Borgogna e
Bordeaux, colore e alcole. Attualmente è il vitigno a bacca rossa
più coltivato in Sicilia, soprattutto sulla costa nord-orientale e
sud-occidentale dell’Isola.
Presenta una buona produttività accompagnata da un discre-
to grado zuccherino, anche se abbastanza instabile di anno in
anno, con un discreto contenuto in acidità tartarica e un poten-
ziale antocianico elevato al quale però corrisponde un livello di
tannini non molto elevato anche se ben polimerizzati. È molto
sensibile alla peronospora, soprattutto nella forma larvata del
grappolo, e alla botrite. È impiegato in tutti i vini rossi DOC e IGT
della Sicilia.Vigneti in prossimità dell’Etna
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coltivazione
284
Impianto
Le sistemazioniLa sistemazione è il modo con cui vengono disposti i filari in re-
lazione alla pendenza del terreno da impiantare a vigneto. Nelle
sistemazioni idrauliche vengono distinte le situazioni di collina da
quelle di pianura. In collina, l’eliminazione delle acque in eccesso
è un problema che riguarda il convogliamento delle stesse in mo-
do da evitare i rischi di erosione, ovviamente maggiori all’aumen-
tare della pendenza.
In pianura i filari si orienteranno parallelamente al lato più lungo
dell’appezzamento da impiantare e dovranno possibilmente avere
l’orientamento nord-sud. In collina, le pendenze più o meno accen-
tuate, determinano scelte di orientamento differenziate che tengano
conto sia dello scolo delle acque meteoriche, sia delle agevolazioni
alle operazioni colturali. Quando la pendenza del terreno è limitata
e uniforme diventa facile sistemare i filari in modo da favorire la
meccanizzazione e avere la migliore esposizione alla luce.
Sistemazioni di collinaSistemazione a rittochino. La sistemazione dei filari nel senso
della massima pendenza, facilita la meccanizzazione, contribuisce
al corretto deflusso delle acque, accentuando però i problemi del
dilavamento e dell’erosione del terreno, per limitare i quali si può
oggi positivamente contribuire con la tecnica dell’inerbimento. Il rit-
tochino non pone particolari vincoli alla meccanizzazione, se non
quello della pendenza nel momento in cui questa diventa superiore
al 35-40%. Assai più difficoltosi riusciranno i lavori colturali manuali
e ciò soprattutto nel caso di terreni a forte pendio per il disagio a
doverli percorrere in salita e in discesa.
Nel caso di vigneti con diverse inclinazioni nello stesso appezza-
mento, viene adottata la sistemazione a spina che permette di
mantenere l’orientamento dei filari in massima pendenza.
Le sistemazioni
• Nella realtà della viticoltura italiana,
localizzata per lo più in collina o
montagna, riveste grande importanza
il modo con cui vengono strutturati
i versanti e sistemati i filari di vite,
facilitando così le operazioni colturali e
agevolando lo smaltimento delle acque,
preservando il territorio da fenomeni
erosivi e franosi
Sistemazione a rittochino
Sistemazioni in collina Foto R. Angelini
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impianto
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Criteri economici ed esigenze di meccanizzazioneNei Paesi cosiddetti emergenti in campo viticolo (California, Au-
stralia, America del sud, Paesi dell’Est europeo) vengono impiegati
ormai metodi e tecniche che sono dettati dal progresso scientifico
e che utilizzano sistemi innovativi e all’avanguardia. Anche in Eu-
ropa, da circa venti anni, è presente una tendenza innovativa nel
campo della tecnica viticola in generale e in particolare nelle for-
me di allevamento. Diventa infatti pressante l’esigenza connessa
alla riduzione dei costi, soprattutto mediante una meccanizzazio-
ne sempre più spinta.
L’adozione delle macchine, al posto del lavoro manuale, risulta
vantaggiosa e utile anche per altri motivi, tra cui il fatto che è
stato ormai ampiamente dimostrato scientificamente che le for-
me di allevamento della vite adatte alla meccanizzazione sono
più efficienti di quelle tradizionali e che le varietà oggi coltivate
ben si adattano anche alla potatura e alla vendemmia totalmente
meccanizzate.
Attualmente in Italia questo tipo di gestione è praticata su una li-
mitata superficie mentre, in Paesi come la Francia, questa pratica
è ormai di gran lunga la più diffusa.
Le cause di questa ridotta diffusione sono legate a problemi di
tipo strutturale come la limitata superficie media aziendale (solo
il 20% circa della superficie vitata si trova in aziende con almeno
10 ha), che comporta una maggiore difficoltà di ammortamento
delle attrezzature e le problematiche connesse all’elevata percen-
tuale di vigneti ubicati in zone collinari o di montagna (oltre il 60%
del territorio vitato nazionale).
Criteri economici ed esigenze di meccanizzazione
• A seguito della forte diminuzione della
manodopera disponibile e del buon
livello tecnico e operativo raggiunto
dalle macchine operatrici, che oggi sono
anche proporzionalmente meno costose
rispetto al passato, la viticoltura italiana
si sta rapidamente evolvendo alla ricerca
di un miglioramento qualitativo e al
contenimento dei costi di produzione
Vendemmia meccanica a Robertson Valley, Sud AfricaVendemmia meccanica e trasporto dell’uva
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coltivazione
302
Forme di allevamento della vite
Sistemi a vegetazione assurgente
Alberello.È una forma di allevamento di tradizione greca, che si ca-
ratterizza per la ridotta espansione e per la prossimità tra apparato
produttivo e terreno (mediamente 40-80 cm) che consente l’alle-
vamento (assenza di sostegni). L’alberello, per la limitata distanza
dal terreno e per la bassa esigenza idrica, ha trovato il suo sviluppo
in quelle zone viticole dove i fattori climatici rappresentano degli
elementi limitanti, aree in cui è ridotta la quantità di acqua utilizza-
bile dalla pianta o in altre con scarse disponibilità termiche durante
l’anno. Infatti lo si trova, in Italia, sia in Valle d’Aosta, sia in Sicilia; lo
si ritrova nelle zone più settentrionali d’Europa quali Francia, Ger-
mania e Svizzera, oppure lungo del coste del Mediterraneo.
Questo sistema trova la migliore espressione su terreni poco fertili
e particolarmente siccitosi e consente un’alta densità di impianto;
le produzioni di uva, influenzate dal limitato sviluppo della forma
di allevamento, risultano ridotte.
Le tipologie di questa forma di allevamento si diversificano a se-
conda del modello di potatura adottato: si passa da una potatura
cortissima dell’alberello greco a una corta dell’alberello a vaso, a
una potatura media di quello di Alcamo (TP); tutti si distinguono
per il numero di branche e speroni: il più diffuso è l’alberello a
vaso con 3-4 branche portanti ognuna 1-2 speroni di 2-3 gemme.
In base alle caratteristiche di questo sistema di allevamento, risul-
ta difficile una sua meccanizzazione in particolare per la gestione
della vegetazione e per la vendemmia.
Foto A. Scienza
a) alberello senza sostegni, secondo le descrizioni dei georgici latini; b) alberello all’interno di una depressione del suolo per proteggerlo dal vento marino, diffuso nelle isole del Mediterraneo e in nord Africa; c) tipologie di alberello senza sostegno differenti per numero di speroni, altezze del fusto e delle branche
Tipologie di alberello
a
b c
Tipologie diverse di alberello
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impianto
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Sistemi a sviluppo orizzontale e/o inclinato
Pergola semplice e doppia. La pergola semplice, detta anche
trentina, assume caratteristiche diverse a seconda della giacitu-
ra del terreno. Risulta formata da un tetto inclinato leggermente
verso l’alto di 20-30° rispetto al palo verticale a una sola falda
(pergola semplice), tipica degli ambienti collinari, o a due falde
(pergola doppia), tipica delle zone di piano.
Esiste poi un’ulteriore classificazione in relazione al tetto che co-
pre o meno l’interfilare (pergole chiuse o aperte).
Le distanze delle viti sulla fila oscillano fra 0,60-1,2 m, mentre i
filari distano tra loro 2,70-3 m, nelle pergole semplici, in funzione
della fertilità dei suoli e della vigoria della combinazione di inne-
sto (vitigno/portinnesto), di 5-7 m nelle pergole doppie. Piuttosto
onerosa risulta la palificazione con pali di testata, detti colonne,
pali rompi tratta, detti pali di calcagno (alti 2,40-2,80 m), posti a
6-8 m sul filare; su questi, a un’altezza variabile da 1,30 a 1,70 m,
si fissa un altro palo obliquo, detto listello, che si innesta alla testa
del palo rompi tratta del filare vicino.
Sui pali obliqui si tendono vari fili di ferro paralleli alla distanza di
30-40 cm, che formano il tetto della pergola. La potatura prevede
di lasciare 2-3 capi a frutto di 8-12 gemme che vengono appog-
giati a raggera sul tetto della pergola.
A giogo semplice A giogo con quattro pertiche
Kammerbau o vinea camerata
Forme arcaiche di pergola
Pergola doppia
Pergola semplice
Foto R. Angelini
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gestione della chioma
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Scacchiatura dei germogliLa scacchiatura dei germogli differisce dalla spollonatura per il
fatto che, in questo caso, non sono i germogli prodotti lungo il
ceppo a essere rimossi, bensì quelli soprannumerari (di solito se-
condari o di corona) presenti sugli speroni o sui capi a frutto. In al-
tri termini, si opera sulla parte “orizzontale” della vite e l’interven-
to, forzatamente selettivo, non può che essere manuale con una
richiesta di manodopera che, a seconda della densità di germogli
presenti, può variare da 25 a 50 ore/ha.
È sempre necessario scacchiare? Ovviamente no. In una chio-
ma equilibrata, che presenta in media un germoglio prodotto per
ogni gemma lasciata in potatura, la scacchiatura è superflua.
Purtroppo, sono invece assai numerosi i casi in cui prevale la
situazione in cui, da ogni gemma lasciata, sono spesso due i
germogli prodotti. Questo comportamento determina un ecces-
sivo addensamento vegetativo (ovvero presenza di troppi ger-
mogli in un determinato volume di chioma) che deve poi essere
corretto con un intervento di scacchiatura eseguita quando gli
stessi raggiungono una lunghezza di circa 15-20 cm. In genere,
si ritiene che una densità di germogli pari a circa 8-12 unità/m
sia ottimale per la massimizzazione degli standard qualitativi.
Nel caso in cui i germogli che sono rimossi (quelli secondari o di
corona) siano fertili (ovvero presentino anch’essi dei grappoli), la
scacchiatura svolge anche una funzione di diradamento preven-
tivo dei grappoli.
Come tutti gli altri interventi in verde, anche la scacchiatura sti-
mola fenomeni di natura compensativa, in altre parole meccani-
smi che la vite mette in atto per reagire all’azione dell’uomo. In
particolare, la scacchiatura, specie se eseguita troppo drastica-
mente, stimola la crescita dei germogli mantenuti determinando Tralcio di vite prima e dopo l’intervento di scacchiatura
Prima Dopo
Sperone
Germogliosecondario
Germoglioprincipale
Schema per l’esecuzione della scacchiatura
NO!
Dettaglio di uno sperone in cui è stata effettuata una scacchiatura eccessiva che ha rimosso anche i germogli basali
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coltivazione
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lità di azoto dovesse soddisfarlo, sia la produttività, che soprattut-
to la qualità dell’uva prodotta ne risulterebbero assai danneggiati.
Un discorso analogo vale anche per il potassio il cui consumo di
lusso può determinare un peggioramento della qualità del mosto
per eccessiva salificazione degli acidi organici.
Rizosfera: produzioni radicali e micorrizeUn aspetto della fisiologia della vite, importante per comprendere
il bilancio nutrizionale, è relativo alla capacità da parte delle ra-
dici assorbenti di modificare in modo profondo le caratteristiche
chimiche, fisiche e biologiche del suolo con il quale entra in con-
tatto (rizosfera). L’apparato radicale, e specificatamente le radici
assorbenti, producono e rilasciano nel suolo una grande quantità
di molecole organiche che complessivamente vengono definite
rizodeposizioni. Esse vengono classificate in due grandi gruppi in
relazione alla dimensione delle molecole: ad alto e a basso peso
molecolare. Quelle ad alto peso sono costituite da mucillagini e
da enzimi. Le mucillaggini (polisaccaridi e acidi poliuronici) sono
prodotti dagli apici radicali per facilitarsi la crescita grazie alla loro
azione lubrificante. Le mucillagini interagiscono con le particel-
le terrose con le quali entrano in contatto formando il cosiddetto
mucigel nel quale si sviluppano abbondanti colonie batteriche. Tra
gli enzimi le fosfatasi, che solubilizzano il fosfato inorganico, sono
le più importanti. Numerose sono le rizodeposizioni a basso peso
molecolare: acidi organici (acido malico e citrico), zuccheri, am-
minoacidi e fenoli. La loro funzione è connessa a svariati processi
chimico-fisici importanti per l’assorbimento dei nutrienti minerali
(chelazione, acidificazione, ossidoriduzione e solubilizzazione).
La capacità dell’apparato radicale di assorbire nutrienti dal suolo
è migliorata grazie anche alle micorizze. Si tratta di simbiosi mu-
Fattori che condizionanola nutrizione minerale della vite
• Natura del terreno (tessitura, contenuto
di humus e pH)
• Umidità del suolo
• Andamento climatico
• Crescita, rinnovo e distribuzione
radicale
• Varietà e portinnesto
• Tecniche colturali
• Gestione del suolo
Vigneto in ottime condizioni nutrizionali
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coltivazione
340
•
Concimazione di fondoViene praticata prima dell’aratura e serve per dotare gli strati pro-
fondi del terreno soprattutto di sostanza organica e di elementi
poco mobili, come potassio e fosforo. Nella determinazione del
quantitativo da somministrare con la concimazione di fondo oc-
corre tenere conto dei seguenti elementi:
– profondità del suolo esplorata dalle radici: la concimazione sarà
quantitativamente inferiore in un suolo poco profondo che in
uno molto profondo;
– contenuto in elementi grossolani del terreno: se il terreno ha
molto scheletro, occorre ridurre proporzionalmente le dosi nor-
malmente indicate;
– colture precedenti: se il vigneto segue all’erba medica occorre
eseguire un’elevatissima concimazione di impianto con potassio;
– portinnesto e marza: i fabbisogni variano a seconda della com-
binazione di innesto scelta;
– pH del suolo: se il terreno presenta valori di pH uguali o inferiori
a 5,5 occorre aggiungere alla concimazione di fondo un am-
mendante calcio-magnesiaco per elevare il pH;
– sensibilità del terreno alla siccità: nei suoli dove la siccità rap-
presenta un problema, la concimazione potassica di fondo è
indispensabile per mettere potassio e fosforo in immediata
prossimità delle radici della vite ed evitare quindi i fenomeni di
carenza (potassica soprattutto) causati dall’eccessivo dissec-
camento della parte superficiale del terreno, quando le estati
decorrono eccessivamente secche;
– stima delle quantità di elementi nutritivi da somministrare in
funzione dei risultati dell’analisi del terreno: i risultati analitici
più importanti al fine di impostare una corretta concimazione
potassica di fondo sono: la Capacità di Scambio Cationico, i
livelli di P2O
5, K
2O e MgO, il contenuto di sostanza organica, il
contenuto di carbonati.
Nei terreni sciolti, cioè poco dotati di colloidi argillosi, è necessario
tenere conto che gli elementi minerali si spostano facilmente dagli
strati più superficiali del suolo a quelli più profondi, non appena si
solubilizzano a seguito delle piogge. Questo avviene non solo per
l’azoto, ma anche per il fosforo e il potassio che vengono facilmente
trasferiti in profondità e pertanto allontanati dallo strato di terreno
che sarà maggiormente esplorato dalle radici della vite. Nei terreni a
tessitura sciolta è meglio impiegare concimi organici o misto-orga-
nici, meno dilavabili, che migliorano anche il trattenimento dell’ac-
qua. La concimazione minerale può essere attuata nel momento del
bisogno, poiché è veloce l’approfondimento dei minerali.
Nei suoli più compatti, ricchi di argilla, mentre l’azoto si muove fa-
cilmente, come nei terreni sciolti, il fosforo e il potassio vengono
fortemente trattenuti e bloccati dalle particelle argillose. È quindi
necessario che in questi terreni, durante la concimazione di fondo,
i primi 60-70 cm di terreno vengano sufficientemente riforniti di fo-
Clorosi per carenza di ferro
Carenza di ferro e magnesio
Sintomi complessi dovuti alla carenza di azoto, boro e magnesio
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gestione della nutrizione
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Fertilizzazione fogliareLa concimazione fogliare della vite rappresenta un metodo rapido
ed efficiente per fornire gli elementi necessari per correggere al-
cune carenze minerali e per superare periodi di stress intenso che
limitano l’assorbimento radicale, come durante periodi di siccità,
eventi che si verificano con notevole frequenza in molte aree viti-
cole italiane. Anche carenze minerali diffusamente segnalate, co-
me quelle di potassio, magnesio, manganese e zinco, che hanno
effetto sulle caratteristiche compositive della bacca e influenzano
i processi fermentativi, sono correggibili con le concimazioni fo-
gliari effettuate in prossimità dell’invaiatura.
L’aumentato interesse verso l’impiego di concimi fogliari attribui-
sce un ruolo importante alla diagnostica fogliare. Questa diviene
lo strumento fondamentale nella programmazione delle fertilizza-
zioni mirate a ottenere produzioni di qualità. Tuttavia, per una cor-
retta interpretazione delle analisi, è necessario stabilire standard
di riferimento che tengano conto del tipo di suolo, dell’ambiente
e del genotipo (vitigno e portinnesto) in esame. Molta attenzione,
inoltre, occorre nell’individuazione del giusto formulato (in merito
a composizione, funzionalità e miscibilità) e del corretto momento
di applicazione. Per esempio, trattamenti effettuati con concime
potassico possono influire positivamente sui principali caratteri
dell’uva prodotta, quali un migliore contenuto in zuccheri, poli-
fenoli e antociani, dando un vino complessivamente migliore in
struttura, gradevolezza e colore.
Fertilizzazione fogliare
• Attualmente la concimazione fogliare
della vite rappresenta il metodo più
rapido ed efficiente per fornire gli
elementi necessari per correggere
alcune carenze minerali e per superare
periodi di stress intenso che limitano
l’assorbimento radicale, provocando
danni qualitativi e quantitativi alla
produzione
Concimazione di un giovane vigneto
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coltivazione
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Gestione idrica
IntroduzioneLa disponibilità di acqua nelle diverse fasi fenologiche della vite è
uno dei principali fattori che influenzano il comportamento della
pianta, caratterizzano e definiscono un territorio viticolo. L’acqua
è fondamentale per l’attività fisiologica e biochimica della vite. Lo
stato idrico della pianta nel corso della stagione è determinante per
la dinamica dell’attività vegetativa e produttiva e per il consegui-
mento e la gestione del loro equilibrio. Sulla base di queste con-
siderazioni e dei risultati di una intensa, seppure recente, attività
sperimentale si spiega l’importanza che oggi viene attribuita alla
nutrizione idrica e quindi all’irrigazione nella gestione del vigneto.
Peraltro, le possibili profonde modificazioni sul bilancio idrico del
vigneto (minori riserve idriche nei suoli e maggiori valori della do-
manda evapotraspirativa), dovute ai previsti cambiamenti del clima,
rafforzano ulteriormente il concetto che la gestione dell’acqua nel
vigneto rivestirà un ruolo sempre più importante e determinante sul
risultato produttivo, anche in termini qualitativi. È necessario però,
discutendo di irrigazione in viticoltura, evidenziare tre concetti:
– l’irrigazione non è una tecnica colturale di forzatura adottata
per aumentare la capacità produttiva del vigneto, peggiorando, di
conseguenza, la qualità dell’uva;
– l’irrigazione non deve essere considerata un intervento di soc-
corso da effettuare in generiche condizioni di stress della pianta
utilizzando l’acqua se e quando disponibile, senza strategie di in-
tervento ragionate e finalizzate a ottimizzare l’uso dell’acqua in
relazione agli obiettivi produttivi da raggiungere;
– la gestione dell’irrigazione deve essere realizzata in modo da ot-
timizzare l’efficienza dell’uso dell’acqua, in quanto risorsa limitata
e costosa.
Irrigazione ragionata
• La numerosa attività di ricerca
condotta nell’ultimo decennio
evidenzia che in un vigneto irrigato,
se l’irrigazione è effettuata in maniera
ragionata secondo strategie di deficit
idrico controllato, migliora il rapporto
quantità-qualità della produzione,
l’equilibrio vegeto-produttivo della
vite e la qualità dell’uva nel senso
più ampio e attuale del termine
(tecnologica, polifenolica e aromatica)
rispetto a un vigneto genericamente
stressato
Vigneto con irrigazione localizzata a goccia
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coltivazione
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Planococcus ficus, Planococcus citri. Sono le specie più rap-
presentative del gruppo delle cocciniglie farinose che attaccano
la vite. Sono diffuse soprattutto nelle regioni meridionali della pe-
nisola, ma si ritrovano sovente anche nelle aree settentrionali.
Mentre P. ficus attacca preferibilmente la vite e il fico, P. citri manife-
sta un comportamento più polifago, sviluppando, oltre che su vite,
anche su agrumi, kaki, fico e numerose altre piante ornamentali.
Morfologicamente sono due specie molto simili, con femmine dal
corpo di forma ovale, ricoperto di cera, con caratteristici raggi
cerosi ai margini.
P. ficus sverna come femmina riparata nel ritidoma, mentre in
P. citri lo svernamento avviene in qualsiasi stadio di sviluppo, pre-
valentemente come neanide di seconda età riparata nella cortec-
cia del legno.
Il numero di generazioni varia da 2-3 nei vigneti dell’Italia setten-
trionale fino a 6 negli ambienti meridionali.
La dannosità è connessa alla migrazione delle cocciniglie sugli
acini, nel periodo tra fine luglio e agosto, dove formano vistose
aggregazioni. P. ficus è responsabile della trasmissione del virus
dell’accartocciamento fogliare.
Heliococcus bohemicus. La specie è segnalata in vigneti del
nord e centro Italia. Oltre alla vite infesta varie piante quali, per
esempio, quercia, robinia, pioppo e pero.
Morfologicamente H. bohemicus è molto simile alle specie del ge-
nere Planococcus. Il comportamento differisce in quanto tende a
disperdersi sulla vegetazione e a non formare le aggregazioni tipi-
che dei Planococcus.
Le cocciniglie farinose infestano i grappoli, ostacolando il processo di maturazione. Le loro secrezioni, inoltre, richiamano le vespe e le formiche favorendo lo sviluppo di fumaggini
Foto A. Pollini
Colonia di Planococcus ficus
Foto A. Pollini
Esemplari di varia età di Heliococcus bohemicus su un germoglio di vite
Foto G. Pellizzari
Femmine e maschio di Planococcus ficus
Foto A. Pollini
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coltivazione
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Il fungo responsabile dell’oidio è in grado di sopravvivere duran-
te l’inverno in due forme, rispettivamente attraverso frammenti di
micelio imprigionati fra le perule delle gemme e attraverso i clei-
stoteci, corpiccioli sferici di colore bruno scuro contenenti le spo-
re sessuate, che si formano sulla muffa a fine estate e vengono
trascinati dalle piogge nelle anfrattuosità della corteccia del fusto
della vite. Alla ripresa vegetativa le infezioni possono essere origi-
nate sia dal micelio ibernante nelle gemme (che attacca i germogli
in corso di sviluppo) sia dalle ascospore liberate dai cleistoteci in
presenza di piogge anche leggere.
Il microrganismo, diversamente dalla maggior parte dei funghi fi-
topatogeni, non ha un particolare bisogno di acqua per l’inizio dei
processi infettivi. Ciò, insieme alla duplice modalità di svernamen-
to, gli conferisce una elevata flessibilità climatica e ambientale
che consente alla malattia di svilupparsi nella maggior parte delle
regioni italiane (sono tendenzialmente esenti, soprattutto nelle re-
gioni settentrionali, le aree di pianura e fondovalle caratterizzate
da bagnature prolungate, che ostacolano lo sviluppo del fungo).
Gli attacchi possono avvenire fin dalla ripresa vegetativa e per
tutto il ciclo colturale.
Quelli più pericolosi corrispondono alla fase di allegagione-primo
accrescimento degli acini e, se non adeguatamente controllati
con trattamenti preventivi, possono compromettere irrimediabil-
mente la produzione.
Foto I. Ponti
Gli acini colpiti precocemente tendono a spaccarsi
Ascospore
Ascosporein germinazione
Micelio ectofita,conidiofori e conidi
Diffusionedei conidi
Ascogonio
Anteridio
Cellula madredell’asco
Cleistotecio
Cleistotecioapertoe aschi
Aschie ascospore
Ciclo biologico di Erysiphe necator
Particolare di acino attaccato da oidio
Sulle foglie compaiono caratteristiche macchie biancastre polverulente
Foto R. Angelini
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virosi e fitoplasmosi
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L’intensità dei sintomi varia in relazione al momento della com-
parsa della malattia; durante l’inverno i tralci non significati di-
ventano di colore grigio-bruno, dando luogo alla forma di “legno
nero”, rendendo facilmente riconoscibili le piante o i capi a frutto
danneggiati al momento della potatura invernale.
I grappoli presentano varie forme di sintomi, che assumono inten-
sità e dannosità variabili in funzione del momento in cui le piante
si ammalano: atrofizzazione e appassimento delle infiorescenze,
aborto dei fiori, disseccamento dei raspi e/o avvizzimento degli
acini. In genere, la produzione di uva viene fortemente compro-
messa; i danni variano in funzione della suscettibilità del vitigno,
del tipo di fitoplasma, dell’epoca di comparsa dei sintomi sulle
foglie e sui tralci. Si possono quindi verificare le seguenti situa-
zioni:
– nel caso di piante con sintomi molto precoci, le infiorescenze
rimangono bloccate, non si distendono e seccano;
– nelle forme con sintomi precoci di GY si può avere l’aborto
dei fiori: il raspo, denudato degli acini, secca interamente, può
rimanere attaccato al tralcio per un breve periodo, oppure si
stacca per la mancanza di acini allegati;
– quando la malattia compare dopo l’allegagione, i grappoli ri-
mangono attaccati al tralcio, portano pochi acini sparsi e rag-
grinziti, che si staccano facilmente dal rachide; l’uva rimasta
non raggiunge la maturazione e non si presta quindi alla vinifi-
cazione.
Sui portinnesti affetti da GY si possono osservare sintomi simili a
quelli sopra descritti, pur rimanendo localizzati su pochi tralci: le
foglie ammalate accartocciano vistosamente, assumono consi-
stenza coriacea, colorazioni anomale e “flavescenti” e presentano
necrosi nervali; i tralci restano sottili, elastici con necrosi longitudi-
nali e lignificano in maniera irregolare.
Fitoplasmosi su portinnesto
Tralci erbacei e defogliazioni per GY
Danni su grappoli e tralci per GY
Sintomi di accartocciamento fogliare e fitoplasmi su Cabernet franc
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ocratossine in uva e vino
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pioni analizzati al di sopra dell’attuale limite di legge, mentre nel
2000 e 2001 il contenuto di OTA non ha mai superato i 2 μg/l e nel
2004 è sempre stato inferiore a 1 μg/l.
I risultati raccolti a livello italiano mostrano che la contaminazio-
ne da OTA è un possibile problema nei vini rossi prodotti nelle
aree meridionali, ma, combinando le stime dei consumi e i livelli
di contaminazione dei vini, si può affermare che l’esposizione dei
consumatori italiani non è preoccupante.
Funghi produttori di ocratossina A in vignetoI funghi responsabili della presenza di OTA nelle uve appartengono
ad Aspergillus sezione nigri, detti anche aspergilli neri o black asper-
gilli per il colore della muffa che producono. Diverse sono le specie
isolate dall’uva, ma A. carbonarius è riconosciuto come il principa-
le responsabile. I black aspergilli si conservano principalmente nel
terreno e sono generalmente presenti in tutte le aree di coltivazione
della vite. Si possono trovare sui grappoli già dall’allegagione, ma
la loro presenza cresce sensibilmente all’invaiatura e raggiunge il
massimo in prossimità della maturazione. La penetrazione dei fun-
ghi ocratossigeni all’interno delle bacche, che causa marciume e
precede la comparsa di muffe visibili, avviene di preferenza quando
Le bacche danneggiatepresentano
un alto rischiodi accumulo di OTA
Le sporesono trasportateprincipalmente
dal vento
La maggiore incidenzadi Aspergilli neri si riscontra
tra l’inizio dell’invaiaturae la maturazione
Cultivar e tipologiadella forma di allevamentoinfluenzano la produzione
di OTA
Il suolo e i residuicolturali sonole principali
fonti di inoculo
I rischi di contaminazioneaumentano in caso di attacchi
di oidio e tignoletta
OTA è rilevabile soloda inizio invaiatura
Ocratossina A rilevabile
Sviluppo di muffa nera su acini d’uva. Il punto d’inserimento del picciolo sull’acino è una via preferenziale d’ingresso di questi funghi
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coltivazione
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Loglio (Lolium spp.). Queste graminacee si riconoscono facil-
mente per le loro foglie lanceolate lucide e con ligula poco eviden-
te; quelle emesse dalla fase di accestimento in poi sono munite
anche di orecchiette.
Le infiorescenze sono spighe strette, mutiche (in L. perenne = lo-
glio comune) o aristate (in L. multiflorum = loglietto), compresse
e sottili, costituite da spighette contenente ognuna diversi fiori.
Le spighette sono inserite in posizione laterale rispetto al rachide
dell’infiorescenza.
Queste specie, se nascono spontaneamente e sono sottoposte a
diserbo, chimico o meccanico, si comportano da annuali; se in-
vece si seminano appositamente per costituire un tappeto erboso
tra i filari del vigneto e sono sfalciate periodicamente, assumono
habitus vivace e si rigenerano mediante gemme radicali. Sono
presenti in prevalenza durante il periodo autunno-primaverile.
Malva selvatica (Malva sylvestris). Le foglie giovani di questa
pianta erano usate come verdura in passato; in epoca romana
erano già conosciute le proprietà emollienti e durante il Medioevo
si usava l’infuso per contenere la mascolinità dei più focosi. Le
proprietà emollienti sono ricordate dal suo nome (dal greco ma-
lakòs = molle).
I fusti sono tenaci alla base; le foglie sono palmate, con 5 lobi po-
co evidenti e una vistosa insenatura all’inserzione con il picciolo. I
cinque petali di ogni fiore sono spatolati, rosa striati di violetto.
Il frutto è conformato a ciambella ed è costituito da una serie di se-
mi lenticolari di colore grigio-scuro. La malva nasce alla fine dell’in-
verno e fiorisce in primavera e in estate, riproducendosi per seme o
anche per gemme radicali. La sua presenza nel vigneto o nei pressi
potrebbe costituire la fonte del fitoplasma che causa il legno nero.
Ortica comune (Urtica dioica). È la specie più pericolosa nei vi-
gneti perché sulle sue radici sverna l’insetto vettore del fitoplasma
responsabile del legno nero. Queste piante sono sempre state
amate e odiate allo stesso tempo. Amate per le loro qualità me-
dicinali (emostatiche, astringenti, depurative), industriali (tessili) e
alimentari (minestre e preparazione di paste alimentari all’ortica). I
denigratori rilevano le sue proprietà urticanti (dovute all’acido for-
mico contenuto nei peli che ricoprono foglie e fusti) e la dipingono
come pianta maledetta (durante il Medioevo con fasci di ortica si
frustavano i condannati renitenti o si autoflagellavano i monaci
per “mortificare la carne”).
I fusti sono eretti, le foglie sono cuoriformi. I fiorellini sono disposti
in pannocchie. Le piante si riproducono, in primavera, anche per
mezzo di gemme radicali.
Loglio
Foto R. Angelini
Malva
Foto R. Angelini
Ortica
Foto R. Angelini
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gestione del suolo
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In realtà, l’interazione è complessa. Da quella citata a molteplici
situazioni in cui la copertura vegetale induce riflessi positivi sulla
vite e sul vino.
Le scelte operative sulle tecniche di gestione del suolo non pos-
sono essere guidate solamente da criteri quali: tradizione, costi,
organizzazione aziendale ecc. È necessario, pertanto, un approc-
cio olistico che ne valuti l’impatto a breve e lungo termine. Una
viticoltura di qualità non può prescindere dalla sostenibilità e dalla
conservazione del suolo.
Linea guida rimane l’analisi del sistema viticolo: l’ambiente pe-
doclimatico, il tipo di suolo, la fertilità naturale, la giacitura, la
pluviometria, la sistemazione e sgrondo, l’eventuale irrigazione, il
portinnesto e il vitigno, la forma di allevamento, l’età del vigneto.
Quanto basta per non scendere nella facile prescrizione di “ricet-
te” di buon comportamento e per capire come scelte diverse (la-
vorazioni continue, inerbimento ecc.) possono essere comunque
corrette, poiché giustificate dall’ambiente. Fondamentale è che
esse non siano dettate solamente dalla consuetudine, dalla fretta
o dal desiderio di estrema semplificazione.
La viticoltura italiana si estende dall’estremo confine nord sulle
Alpi a Pantelleria. Esiste, dunque, un’enorme variabilità, spesso
addirittura all’interno di un singolo vigneto. Si passa dai terreni in
posto nelle Alpi a quelli alluvionali tipici delle pianure venete ed
emiliane, a quelli morenici; dai terreni vulcanici a quelli originati dal
sollevamento del fondo marino. Ne deriva una grande varietà di
struttura, granulometria, composizione, fertilità. L’interazione con
clima, temperatura e piovosità in particolare, aumenta la variabili-
tà, la complessità e l’originalità del terreno vitato italiano.
Inerbimento
• L’inerbimento è una tecnica di gestione
del suolo che prevede una copertura
vegetale sul terreno del vigneto gestita
con sfalci, in luogo delle lavorazioni
• Costituisce un modello di gestione
del suolo altamente rispettoso della
fertilità naturale
• Rappresenta il mezzo più efficace
per contrastare l’erosione e, quindi,
la perdita di terreno a valle
• Ha un’influenza diretta sull’espressione
vegetativa e produttiva della vite.
Per queste ragioni, sono stati sviluppati
diversi modelli di inerbimento
L’inerbimento è particolarmente importante nei sistemi di allevamento ad alta meccanizzazione per ridurre il compattamento del suolo causato dal passaggio di macchine pesantiFoto R. Angelini
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coltivazione
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Lavorazioni del terreno
Fin da quando ci sono testimonianze scritte i vigneti sono stati
lavorati. Senza ombra di dubbio, oggi si potrebbe ascrivere quel
tipo di intervento come minimum tillage, dato che si impiegava
unicamente energia umana o animale. E anche in questo caso,
come testimoniano numerose iconografie, non si trattava di ro-
buste pariglie di buoi, ma di coppie di vaccherelle o di asini. Lo
scopo era sicuramente quello di prevenire l’invasione di “erbac-
ce”, favorire l’infiltrazione dell’acqua piovana, incorporare il leta-
me. Una pratica particolare avveniva in autunno avanzato, alme-
no nelle viticolture dell’Italia del centro-nord, Francia o comunque
degli areali freddi, era quella di una lavorazione rincalzante, per
proteggere il tronco dai geli invernali (la si trova ancora oggi a
ridosso delle Alpi e in alcune zone della Pianura padana).
La meccanizzazione moderna, iniziata timidamente tra il 1950 e
il 1960, decollata poco più tardi con la messa a punto di motori
diesel di dimensioni contenute, ha semplificato e facilitato le la-
vorazioni al suolo con enormi vantaggi per il viticoltore, alle prese
anche col fenomeno dell’abbandono delle campagne indotto dal
potenziamento del sistema industriale. Nel 1949 il numero di ad-
detti all’agricoltura era pari al 49% della popolazione italiana. Una
famiglia su due. Oggi poco più del 2% è occupato nel settore
primario.
È del tutto comprensibile che l’adozione della meccanizzazione
dei lavori al terreno sia stata pronta, totale, e in qualche modo
acritica. Oggi è possibile misurare anche gli inconvenienti con-
nessi alla lavorazione meccanica.
Le trattrici passano necessariamente nello stesso posto, molti
passaggi annui creano un binario molto compatto. Alcuni attrezzi,
in particolare le zappatrici rotative, di gran moda fino agli anni ’90,
sminuzzano finemente il terreno, creando parecchi inconvenienti
Erosione a canyon causata dalle piogge su terreno frammentato da lavorazioni superficiali
Gli impianti nuovi vanno tenuti sgombri da erbe infestanti
Vigneto a rittochino
23_Capitolo10Vite.indd 44023_Capitolo10Vite.indd 440 10-07-2007 16:05:1310-07-2007 16:05:13
coltivazione
470
Il calcolo del costo a ettaro di un intervento meccanico o del co-
sto per unità di prodotto raccolto (€/t) è decisamente più com-
plesso, poiché le variabili da considerare sono assai numerose.
Molte di queste, peraltro, dipendono non tanto dalle caratteri-
stiche tecniche della macchina, quanto piuttosto dalla proget-
tazione del vigneto e dall’integrazione che esiste tra macchina
vendemmiatrice e sistema di allevamento.
Due esempi per chiarire meglio questi concetti: un’azienda viti-
cola di una certa dimensione che, nel rispetto ovviamente della
vocazionalità ambientale del territorio, programma la messa a
dimora di una gamma di vitigni molto diversificati in termini di
epoca di maturazione, amplia notevolmente il calendario di uti-
lizzo delle vendemmiatrici (fino anche a 60 giorni), diminuisce i
costi di ammortamento e, potenzialmente, consente anche l’uti-
lizzo di macchine dotate di minore capacità operativa (e quindi
meno costose).
Inoltre, un vigneto ben preparato per accogliere la macchina
(fascia produttiva non troppo dispersa, uva non concentrata
in prossimità dei pali, fili tesi per un’ottimale trasmissione delle
vibrazioni) e, soprattutto, gestito correttamente sotto il profilo
fisiologico (basso grado di disformità di maturazione degli acini,
esecuzione di una potatura verde in pre-vendemmia) è fonda-
mentale per migliorare la capacità operativa della macchina o in
termini di maggiore velocità di avanzamento o, a parità di que-
st’ultima, di minori perdite totali.
Futuro per la vendemmia meccanica del vignetoL’evoluzione che si può prevedere per la vendemmia meccani-
ca, in un ottica di globalizzazione del mercato vitivinicolo, sem-
bra obbligata e orientata a portare il nostro Paese a livelli di
utilizzo delle vendemmiatrici sempre più vicini a quelli già rag-
Aspetti qualitativi a confronto del vendemmiato a macchina: prevalenza di porzioni di grappolo (in alto), acini singoli (al centro), mosto (in basso)
Foto R. Angelini
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ricerca
Miglioramento genetico
Maria Stella Grando
Selezione clonale
Lucio Brancadoro
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miglioramento genetico
477
Progressi recentiLo sviluppo di tecnologie che rendono rapidamente accessibili in-
formazioni sulla costituzione e il funzionamento dei genomi ha aper-
to negli ultimi anni, anche per una specie difficile come la vite, la
strada verso l’identificazione e la valutazione delle varianti geniche
che determinano caratteri di interesse e per disegnare strategie di
miglioramento delle varietà tradizionali basate sulle migliori varianti
alleliche dello stesso genere Vitis. Per le sue caratteristiche biologi-
che (è diploide, può essere facilmente incrociata o autofecondata,
ha un genoma relativamente piccolo, circa 500 milioni di basi), la vite
può addirittura rappresentare un sistema modello per ricavare co-
noscenze genomiche sulle peculiarità delle piante legnose che pro-
ducono frutti polposi e non climaterici, oltretutto ricchi di metaboliti
secondari responsabili di colore, sapore e aromi. Inoltre, la famiglia
delle Vitaceae presenta un sistema di architetture del fiore, del frutto
e del fusto molto interessante per studi comparativi fondamentali.
Per molti aspetti, compresa l’analisi funzionale dei geni e la ca-
ratterizzazione dettagliata del genoma, la ricerca sulla vite come
quella su altri organismi sta comunque beneficiando delle infor-
mazioni accumulate in questi ultimi anni dallo studio di piante mo-
dello come Arabidopsis. Per garantire sicuri avanzamenti senza
inutili sovrapposizioni di sforzi, i ricercatori dei principali Paesi viti-
coli hanno ritenuto essenziale nel 2002 promuovere l’International
Grape Genome Program (IGGP) con l’obiettivo di favorire lo scam-
bio di informazioni e il coordinamento di iniziative scientifiche.
La finalità principale della ricerca genomica viticola prevista dal-
l’IGGP è “la comprensione delle basi genetiche e molecolari di
tutti i processi che sono rilevanti per la specie coltivata, sfruttando
le risorse biologiche del genere Vitis nell’ottica di sviluppare nuove
varietà con migliore qualità e ridotti costi economici e ambientali,
oltre che innovativi strumenti diagnostici”. Foto P. Bacchiocchi
Risultati del miglioramento delle varietà tradizionali europee
• Alcune precoci iniziative
di miglioramento genetico furono
intraprese in modo spontaneistico da
parte di alcuni ricercatori e vivaisti, che
si possono definire “seminatori” per
l’empirismo con il quale affrontarono
i loro progetti di incrocio, i quali
sull’onda delle ricerche di Mendel
e dei principi di Darwin, utilizzando solo
la variabilità intraspecifica nell’ambito
della vite europea, ottennero, dagli inizi
dell’800, nuovi vitigni
• Nel 1824 Luis Bouschet diffonde
il Petit Bouschet ottenuto dall’incrocio
dell’Aramon con il Tinturier, dalle doti
di precocità, elevata produzione e forte
intensità cromatica del vino
• Nel 1882 lo svizzero Müller Thurgau,
direttore dell’Istituto di Geisenheim,
crea il vitigno omonimo ritenendo di
aver incrociato Riesling con Sylvaner,
ma incrociando in realtà, come è stato
di recente verificato, Riesling con
Madeleine Royale
26_Capitolo21aVite.indd 47726_Capitolo21aVite.indd 477 10-07-2007 16:12:4310-07-2007 16:12:43
ricerca
482
(genotipo a maggiore frequenza) con altri vitigni. Questi processi
di riproduzione gamica seguiti, con molta probabilità, da sele-
zioni convergenti verso il fenotipo originario hanno fatto sì che
genotipi con tratti morfologici simili a quelli del vitigno capostipi-
te, tali da non renderli facilmente distinguibili attraverso metodi
di ampelografia classica, venissero inglobati in questo. Questi
genotipi d’altra parte, pur presentando caratteristiche morfolo-
giche simili, possiedono specificità produttive e soprattutto qua-
litative delle uve.
Infine tra le cause di variabilità intravarietale si devono anno-
verare anche le differenze epigenetiche. Queste sono modifica-
zioni di una qualunque attività di regolazione dei geni tramite
processi chimici che non comportino cambiamenti nel codice
del DNA, ma possono modificare il fenotipo dell’individuo e/o
della progenie.
Mutazioni gemmarie
• Avvengono a carico dei tessuti
dell’apice meristematico della gemma.
Esso è composto da tre diversi strati
cellulari: dermatogeno (L1) periblema
(L2) e pleorema (L3), ciascuno dei quali
origina differenti tessuti
• I tessuti meristematici della gemma
possono mutare totalmente (mutazione
totale) o parzialmente; in quest’ultimo
caso l’apice della gemma risulta
costituito contemporaneamente da
cellule normali (non mutate) e mutate
• Nel caso delle mutazioni “parziali”,
esse vengono classificate in:
periclinali (quando le cellule mutate
appartengono a un solo strato
dell’apice meristematico), mericlinali
(quando solo una parte di detto strato
risulta mutato) e settoriali (quando
la mutazione coinvolge una parte
dell’apice in tutti gli strati)
Foto A. Scienza
Sangiovese
Fattori che influenzano la consistenza della variabilità intravarietaleUna volta esposte le fonti di variabilità intravarietale è neces-
sario evidenziare come questa non risulti essere presente ai
medesimi livelli nei diversi vitigni coltivati. La consistenza della
variabilità intravarietale risulta essere condizionata sostanzial-
mente da due fattori: la diffusione e l’arco di tempo con i quali
un dato vitigno è coltivato. Al fine di meglio esplicitare que-
sto concetto è possibile esporre alcuni casi pratici di quanto
esposto. Il Sangiovese rappresenta molto bene il concetto di
vitigno popolazione, dove la variabilità intravarietale risulta es-
sere a livelli molto elevati. Per questo vitigno, che è sicuramente
tra i più rappresentativi della viticoltura italiana, le prime notizie
certe della sua coltivazione sono del 1590, quando Soderini nel
trattato La coltivazione delle viti cita il Sangiogheto o Sangio-
veto, definendolo come vitigno rimarchevole per la sua produt-
Mutazione del colore dell’acino in Pinot grigio
Foto A. Scienza
27_Capitolo21bVite.indd 48227_Capitolo21bVite.indd 482 10-07-2007 16:14:0410-07-2007 16:14:04
selezione clonale
483
tività regolare. Questo mostra come il Sangiovese è presente
come tale, nelle vigne italiane, da oltre 400 anni e può pertanto
essere considerato un vitigno di antica coltivazione. A questa
sua anzianità bisogna aggiungere che, pur rimanendo la sua
area di elezione l’Italia centrale, è coltivato in modo estrema-
mente diffuso in tutta la penisola italiana e in alcuni casi anche
al di fuori della nostra nazione. Questi attributi, elevata diffusio-
ne e antica origine sono le condizioni che hanno fatto sì che, in
questo vitigno, si accumulasse una elevata variabilità dovuta
ai fattori prima indicati. Questa condizione di elevata variabilità
intravarietale, anche se in modo empirico, è generalmente ri-
conosciuta e codificata dagli stessi viticoltori. Testimonianza di
questo riconoscimento è l’elevato numero di nomi aggettivati
esistenti per questo vitigno.
Questa condizione di elevata eterogeneità è stata valutata da
numerose indagini che hanno dimostrato che questa variabilità
non è frutto solo di un accumulo di mutazioni gemmarie avve-
nute nel corso del tempo, ma è anche di tipo genetico, come
prima riportato, con l’inserimento in questo vitigno di differenti
genotipi con caratteristiche morfologiche simili tra loro.
All’opposto della condizione mostrata dal Sangiovese troviamo
tutti quei vitigni che sono stati ottenuti nel recente passato da
programmi di miglioramento genetico della vite attraverso in-
crocio. Esempi di questo tipo sono i già ricordati Müller Thur-
gau, ottenuto nel 1891 attraverso l’incrocio Riesling renano x
Silvaner, il Manzoni bianco (1935) incrociando Riesling rena-
no x Pinot bianco, l’Albarossa (1938) da Nebbiolo x Barbera
e molti altri ancora. Questi vitigni, come emerge dalle date di
ottenimento, possono vantare nei migliori dei casi poco più di
un centinaio di anni di coltivazione e anche la loro diffusione è
quantificabile, al massimo, a qualche centinaio di ettari. Que-
ste condizioni di ridotta diffusione, sia spaziale che temporale,
fanno sì che non vi siano i presupposti per un accumulo suffi-
ciente di mutazioni tale da ampliare la base genetica del vitigno.
Per questa tipologia di vitigni, in cui la variabilità intravarietale
è estremamente ridotta o nulla, è possibile utilizzare il termine
di vitigni monoclonali poiché il fenotipo rintracciabile in natura è
sostanzialmente unico.
Tra questi due esempi estremi ricade la maggior parte dei viti-
gni coltivati; questi, di norma, presentano una buona variabilità
intravarietale, dovuta nella maggior parte dei casi più alla loro
antica origine che a una loro larga diffusione, che permette la
realizzazione di proficue attività di miglioramento genetico at-
traverso metodi di selezione per via vegetativa. Questo settore
del miglioramento genetico della vite, che si basa come detto
sulla possibilità di trasmettere invariate alla discendenza i ca-
ratteri della pianta madre, prevede sostanzialmente due moda-
lità di operare: la selezione massale e la selezione clonale.
Foto A. Scienza
Mutazione genetica foglia liscia-foglia bollosa
Foto A. Scienza
Mutazione per la tomentosità della pagina inferiore
Foto A. Scienza
Mutazione clorofilliana delle foglie
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utilizzazione
Lieviti e aromi
Patrizia Romano, Angela Capece
Aromi e polifenoli
Luigi Moio, Angelita Gambuti, Paola Piombino
Tecniche di vinificazione
Mario Castino
Distillati
Roberto Zironi
28_Capitolo25Vite.indd 48928_Capitolo25Vite.indd 489 10-07-2007 16:15:4710-07-2007 16:15:47
utilizzazione
508
rattere aromatico varietale e alle oramai note origini molecolari di
tali note tipiche sono: i vini ottenuti da uve aromatiche quali Mo-
scato, Traminer, Malvasia, Gewürztraminer, Riesling, caratterizzati
essenzialmente da note floreali attribuibili alle alte concentrazioni
di terpeni presenti in questi vini; lo Chardonnay con i suoi odori
di miele, vaniglia, mela, ananas, dovuti soprattutto alla formazio-
ne di norisoprenoidi, come il β-damascenone, che derivano dalla
degradazione dei carotenoidi delle uve; il Sauvignon blanc ricono-
scibile grazie alla caratteristica nota di frutto della passione, frutta
esotica, dovuta alla presenza di mercaptani e in particolare del 4-
metil mercaptopentanone. All’interno di questo spazio sensoriale
è possibile individuare una posizione che ben definisce il carattere
aromatico di qualsiasi vino bianco. Il Trebbiano, per esempio, è un
vino al quale non è possibile riconoscere peculiarità aromatiche
e pertanto, essendo dotato esclusivamente di aromi di fermenta-
zione, può essere collocato al centro dello spazio sensoriale.
Al contrario invece, i vini ottenuti dai tre vitigni bianchi autocto-
ni della Campania, Fiano, Greco e Falanghina, se opportuna-
mente vinificati, esprimono note aromatiche che li rendono
riconoscibili e distinguibili tra loro, pertanto essi occupano po-
sizioni diverse all’interno dello spazio sensoriale definito per i
vini bianchi.
Aroma del Pinot noir
• Responsabili delle spiccate note
odorose di frutti rossi (cassis,
amarena, ciliegia) dei vini ottenuti da
questo vitigno sono gli etil- e i metil-
cinnammati e antranilati
Aroma del Riesling
• Il suo carattere varietale viene espresso
soltanto dopo invecchiamento del vino
con la comparsa di una caratteristica
nota odorosa di kerosene la cui molecola
responsabile è il TDN, derivante dalla
degradazione dei carotenoidi
TrebbianoFalanghina
Greco
Fiano
Floreale, rosa,fiori d’arancio
Kerosene
Fruttodella passione,
frutta esotica, ribes
Miele,mela, ananas,
vaniglia
Sauvignonblanc
Chardonnay
Riesli
ng in
vecc
hiato
Mos
cato
Tram
iner
Mal
vasia
Gewür
ztram
iner
Rieslin
g
Posizione di alcuni vini bianchi non aromatici nello spazio sensoriale definito dai vini bianchi a forte carattere varietale
(vini aromatici, Chardonnay e Sauvignon blanc)
Pinot noir
29_Capitolo26Vite.indd 50829_Capitolo26Vite.indd 508 10-07-2007 16:17:2910-07-2007 16:17:29
utilizzazione
516
e floreale risultano dominanti nella parte centrale del diagramma
temporale della percezione. In particolare, la nota floreale, con
la sua dominanza netta e prolungata, compresa tra 20 e 40 se-
condi, esercita il ruolo di “nota di cuore”, importante in quanto
le molecole responsabili di tali note olfattive sono quelle mag-
giormente coinvolte nel riconoscimento sensoriale della varietà
di uva di origine del vino bianco. Gli aromi di frutta secca e le-
gno risultano caratterizzati da un’elevata durata della dominanza
temporale che si prolunga, in modo particolare, nella parte finale
del diagramma di percezione. Tale comportamento tende a in-
serire questi due aromi nella “nota di fondo” del vino, costituita
dagli aromi più tenaci che conferiscono “profondità” alla qualità
aromatica globale del vino.
Polifenoli del vino e problematiche varietali
Importanza enologica dei polifenoliI composti polifenolici sono responsabili di importanti caratteri-
stiche sensoriali del vino quali il colore, l’astringenza e l’amaro.
Essi vengono estratti dalle diverse parti dell’acino d’uva duran-
te la vinificazione e, poiché sono substrati di un gran numero
di reazioni chimiche, subiscono diverse variazioni di struttura
nel corso dell’affinamento e dell’invecchiamento del vino mo-
dificandone le caratteristiche organolettiche. Pertanto, la stima
della quantità e della qualità dei polifenoli dell’uva che possono
essere estratti durante la vinificazione, e anche la conoscenza
della ripartizione di questi composti tra bucce e vinaccioli pos-
sono aiutare l’enologo a impostare in maniera ottimale la vinifi-
cazione in rosso.
OH
o-difenolo
OH
O
o-chinone
O– 2H
+ 2H
Tutti i composti fenolici sottraggono ossigeno al vino ed esercitano una naturale azione antiossidante
Gli antociani della bucciasono responsabili del colorerosso del vino
I tannini condensati e i flavanolidelle bucce e dei vinacciolisono responsabili della strutturadel vino e, in taluni casi,della sensazione di astringenza e amaro
Gli acidi fenolici della polpasono responsabili delle reazionidi ossidazione e imbrunimento
dei vini bianchi
Localizzazione dei principali composti fenolici dell’uva
Azione antiossidante dei fenoli
• I composti fenolici, presenti in
abbondanza nel vino rosso, presentano
molti gruppi ossidrilici (OH) su strutture
ad anello che li rendono capaci
di catturare i radicali liberi (specie
ossigenate altamente reattive) non
rendendo l’ossigeno disponibile per
altre reazioni. Essi, quando coinvolti
in tali reazioni, si ossidano a chinoni
donando gli idrogeni dei gruppi
idrossilici sull’anello fenolico. In tale
modo esercitano una naturale azione
antiossidante
29_Capitolo26Vite.indd 51629_Capitolo26Vite.indd 516 10-07-2007 16:17:4810-07-2007 16:17:48
tecniche di vinificazione
535
Vini dolciI vini dolci propriamente detti possono suddividersi in due cate-
gorie.
Alla prima appartengono quei vini in cui la fermentazione appena
iniziata viene rallentata e poi interrotta allontanando i lieviti con op-
portuni interventi di filtrazione o di centrifugazione, stabilizzando
poi eventualmente il prodotto con un’inattivazione termica. Eredi
di prodotti di carattere famigliare o artigianale molto diffusi in certe
regioni, sono soprattutto elaborati con mosti da uve aromatiche,
per esempio i vari Moscati, Malvasie, Brachetti e così via. Adatti al
consumo con i dessert, sono graditi soprattutto dai giovani e dalle
signore, per il loro basso contenuto alcolico.
Una seconda tipologia riguarda invece i vini dolci liquorosi, ottenuti
da mosti di uve più o meno appassite e quindi con un rilevante
contenuto zuccherino, la cui fermentazione lenta e difficile o si arre-
sta spontaneamente, oppure viene arrestata con interventi di refri-
gerazione o filtrazione, seguiti poi da un’opportuna stabilizzazione
biologica a mezzo di dosi convenienti di diossido di zolfo, stabiliz-
zazione resa più facile dalla contemporanea presenza di un’elevata
gradazione alcolica e di un notevole residuo zuccherino.
Attualmente, i processi di filtrazione sterilizzante hanno reso pos-
sibile ottenere vini stabili senza aggiunte eccessive di antisettico. Il
numero e la varietà di questi vini è veramente notevole; per la loro
produzione si utilizzano normalmente uve bianche, ma non di rado
anche rosse, sia neutre, sia aromatiche e la loro elaborazione si è
ormai diffusa in tutte le zone vitivinicole, anche in quelle in cui è più
recente la coltivazione della vite, quali l’Australia e il Sud Africa. È
impossibile riassumere l’enorme ventaglio delle tecnologie parti-
colari adottate nei vari casi, ma i prodotti ottenuti rappresentano
per l’enofilo spesso una sorpresa gradita e sempre rinnovata.
Vini dolci, vini abboccati e passiti
• Nel caso che non tutti gli zuccheri
presenti nel mosto di partenza
subiscano la fermentazione, il prodotto
ottenuto può risultare più o meno dolce
• Intermedi fra i vini dolci e i vini secchi,
si può porre la categoria dei vini
abboccati, nei quali il tenore zuccherino
oscilla fra i 5 e i 10 g/l, categoria che
ha i suoi estimatori, ma che di norma
viene ottenuta addizionando piccoli
volumi di mosto o di mosto concentrato
a un vino secco
• I vini dolci liquorosi sono ottenuti da
mosti di uve più o meno appassite, da
cui l’indicazione di passiti per questa
categoria
Ambiente per l’appassimento di uve per ottenere il passitoFoto A. Scienza
30_Capitolo26aVite.indd 53530_Capitolo26aVite.indd 535 10-07-2007 16:19:4010-07-2007 16:19:40
utilizzazione
542
acciaio inox in cui la vinaccia può essere conservata in condizioni
di ossigenazione e temperatura controllate.
Infine, da alcuni anni, è possibile utilizzare per lo stoccaggio
della vinaccia un sistema originale, denominato Grappa system
che prevede l’insilamento anaerobico della vinaccia compres-
sa a più di 100 atm, all’interno di tubi di materiale plastico,
distesi sul terreno. Con l’uso di queste gigantesche “salsicce”
è possibile una accurata selezione delle vinacce per vitigno e
provenienza.
La Grappa si può ottenere per distillazione discontinua o con-
tinua. La maggior parte degli impianti sono di tipo discontinuo,
anche se sono gli impianti continui a coprire più dell’80% della
produzione di questo distillato.
La distillazione discontinua prevede una prima fase per l’otteni-
mento delle flemme a 15-20% vol di etanolo e una seconda fase
in cui le flemme alimentano l’ebollitore di una colonna di distil-
lazione che opera la concentrazione dell’etanolo a 70-80 gradi
alcolici.
Gli impianti continui sono più complessi e consistono di un di-
salcolatore e di una o più colonne di distillazione e rettifica. Nella
distillazione discontinua, la rettifica si esegue separando le fra-
zioni iniziali del distillato o “teste” e quelle finali o “code”. Fra le
sostanze volatili più difficili da rettificare c’è l’alcol metilico, per il
quale esiste un limite di legge.
Nella distillazione in discontinuo il metanolo distilla durante l’in-
tero processo e solo utilizzando una colonna di demetilizzazio-
ne, di cui anche gli impianti discontinui possono essere dotati,
si ha la certezza di operare una buona separazione di questo
composto.
A differenza di molte altre acquaviti, dove le caratteristiche del-
l’apparecchio sono accuratamente pianificate e standardizzate,
la Grappa può vantare di essere figlia di oltre cento alambicchi
d’autore dai quali dipende per larga parte la sua personalità. Dia-
mo quindi un’occhiata ai diversi tipi.
Alambicchi a fuoco direttoEscludendo quelli a tassa giornaliera, che lavorano per pochi
giorni all’anno e comunque in via di estinzione, gli alambicchi
a fuoco diretto funzionanti si contano sulle dita di una mano.
Sono ovviamente discontinui e operano a cotte che durano
mediamente quattro o cinque ore, hanno una caldaia in rame
(eccellente conduttore di calore) di piccola capacità (4-5 quin-
tali di vinaccia) sempre seguita da una corta colonna a piatti.
Il motivo dell’abbandono degli alambicchi a fuoco diretto va
ricercato nella notevole difficoltà tecnica di conduzione che,
specialmente distillando una materia prima solida, qual è la
vinaccia, comporta non di rado gusti di cotto e di bruciato nella
Grappa.
Fasi della lavorazione delle vinacce per la preparazione della Grappa
31_Capitolo 26bVite.indd 54231_Capitolo 26bVite.indd 542 10-07-2007 16:21:1110-07-2007 16:21:11
mondo e mercato
Vite e vino nel mondo
Stefano Raimondi
Vite e vino nel mercato
Eugenio Pomarici, Flavio Boccia, Angela Mariani
32_Capitolo27Vite.indd 54732_Capitolo27Vite.indd 547 10-07-2007 16:22:5010-07-2007 16:22:50
vite e vino nel mondo
553
La risposta italiana non tardò ad accontentare le esigenze dei
mercati esteri migliorando la qualità dei prodotti e vestendo il vino
in bottiglie corredate da etichette informative e raffinate.
I produttori italiani intrapresero con decisione la strada della quali-
tà, inizialmente con un piccolo gruppo di avanguardie, che aprì la
strada a molte altre imprese stimolate dai brillanti successi ottenu-
ti. A sostenere la crescita endogena del vino contribuì la legge 164
del 1992 che pose le basi di una normativa quadro, recependo le
istanze del mondo della produzione e dell’evoluzione dei mercati.
Il rapporto tra produzione di vino italiano ed export, riferito agli anni
1980-2005, mostra il flusso crescente delle consegne sui mercati
esteri in un contesto di riduzione della produzione, evidenziando
come il commercio estero abbia nel corso del tempo acquisito una
crescente importanza nel quadro dell’economia del settore.
Produzione ed export di vino italiano
• Nel periodo 1980/85, la media della
produzione italiana oscillava intorno
i 76 milioni di ettolitri e l’export si
collocava intorno ai 16,5 milioni di
ettolitri, pari a circa il 22% della
produzione
• Nell’ultimo quinquennio (2001-2005)
la media produttiva si è collocata a 49
milioni di ettolitri e l’export a circa 15
milioni, corrispondenti al 31% della
produzione complessiva
90
Mili
oni d
i etto
litri
100
80706050403020100
35%40%
30%25%20%15%10%5%0%
1980 200420022000199819961994199219901988198619841982
% e
xpor
t/tot
ale
prod
uzio
ne
Produzione Export % export
Produzione ed export di vino italiano (1980-2005)
Foto R. Angelini
32_Capitolo27Vite.indd 55332_Capitolo27Vite.indd 553 10-07-2007 16:23:1210-07-2007 16:23:12
mondo e mercato
564
Il fenomeno nato negli Stati Uniti, a Boston esattamente, ha forte-
mente influenzato, prima, il mercato USA, per diffondersi, succes-
sivamente, in tutti i principali mercati internazionali.
Nel periodo di fine Millennio la scena internazionale è stata do-
minata da vini rossi, ben strutturati con elevato tenore alcolico,
spesso affinati in barrique. L’accentuata tendenza verso i rossi
destò in quel periodo non poche preoccupazioni ai produttori di
vini bianchi. Gli anni che stiamo vivendo sono volti a un progres-
sivo recupero complessivo dei vini bianchi, determinando un so-
stanziale equilibrio nel flusso del vino italiano.
Oltre alle qualità intrinseche dei prodotti, il consumo di un deter-
minato colore è influenzato dagli aspetti culturali e religiosi. Così
in Estremo Oriente si registra una forte propensione per i vini ros-
si, in quanto colore tradizionalmente foriero di valenze e significati
1600140012001000
800600400200
0
Milio
ni di
euro
2004 2005200320022001200019991998
Vini rossi, rosé Vini bianchi
Export di vino italiano in valore (1998-2005)
Vigneti nella Napa Valley, California
32_Capitolo27Vite.indd 56432_Capitolo27Vite.indd 564 10-07-2007 16:23:4510-07-2007 16:23:45
vite e vino nel mercato
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mercio internazionale ottenuti da questi Paesi sono stati realizzati
puntando su un criterio di segnalazione al pubblico della qualità del
prodotto in base al vitigno e/o alla presenza di un marchio, innovan-
Nuovi Paesi del vino e indicazioni geografiche
• Nei paesi del Nuovo Mondo l’utilizzo
delle indicazioni o denominazioni
geografiche non è sottoposto a vincoli
e condizioni stringenti come avviene
nell’UE, in particolare non sono
presenti regole di produzione e in
molti casi è sufficiente che solo l’85%
dell’uva prodotta provenga dalla zona
delimitata (come per le IG europee)
Etichettatura dei vini da tavola europei
• In UE nei vini da tavola senza
indicazione geografica non si possono
riportare in etichetta indicazioni
riguardanti l’origine delle uve,
il vitigno e l’annata di produzione
Vigneti ai piedi delle Ande, Argentina
Classificazione dei vini nei Paesi UE
PaeseVini di Qualità Prodotti in Regioni
Determinate (Vqprd)
Vino da Tavola
con Indicazione
Geografi ca
Vini
da
Tavola
FranciaAOC: Appelation d’Origine Contrôlée
Vdqs: Vins Délémité de Qualité Supérieure
Vin de PaysVin
de Table
Germania
Qualitätswein mit Prädikat or Kabinett
Qualitätswein Bestimmter Anbaugebiete
LandweinDeutscher Tafelwein
Italia
DOCG: Denominazioe di Origine Controllata e Garantita
DOC: Denominazione di Origine Controllata
Indicazione Geografi ca Tipica
(IGT)
Vino da Tavola
Spagna
Vino de PagoDenominacìon de Origen Califi cada
(DOC)Denominacìon de Origen (DO)
Vinos de Calidad con Indicación Geográfi ca
Vino de la TierraVino
de Mesa
AustriaQualitätswein mit Prädikat
or KabinettQualitätswein
Landwein Tafelwein
PortogalloDOC: Denominacao de Origem
ControladaVinho Regional
Vinho de Mesa
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ite
e il
vino
Ideata
e coordinata da
Renzo Angelini
Script
la vite e i l v ino
Collana ideata e coordinata daRenzo Angelini
coltivazione
ricerca
utilizzazione
mondo e mercato
botanica
storia e arte
alimentazione
paesaggio
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