COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONEFREIRE P., SHOR I., Medo e ousadia: o cotidiano do professor ,...

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EOS COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONE

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EOS

COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONE

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Direttore

Luciana BUniversità degli Studi di Ferrara

Comitato scientifico

Flavia BUniversità degli Studi di Firenze

Péter B SUniversità Humboldt di Berlino

Giovanni GUniversità degli Studi di Ferrara

Tiziana PUniversità di Bologna – Alma Mater Studiorum

Zanda RUniversità di Riga

Comitato redazionale

Elena M

Università degli Studi di Ferrara

Ignazio V

Università degli Studi di Roma Tre

Giuseppe Z

Università degli Studi di Padova

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EOS

COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONE

Lo scopo dell’educazione è quello di trasformare gli specchi in finestre.

— S J. H

Eos ha come scopo principale quello di offrire al pubblico testi divalore, italiani e stranieri, sui problemi della storia dell’educazionenelle sue varie articolazioni quali la didattica, l’educazione, le diversepedagogie, la scuola.

Svilupperà principalmente tre aree tematiche, rispettivamentededicate:

a) alla storia della scuola e della politica scolastica e universitaria;b) agli strumenti dell’educazione nel sistema formativo;c) a problemi e autori della scienza dell’educazione.

Comprenderà inoltre ristampe di classici e di opere meno note —italiane o straniere — da tempo fuori dal circuito editoriale e, tuttavia,indispensabili per la ricerca storico–educativa.

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Marco Ferrari

Che cosa significa domandare?

Dialogo e conoscenza in Paulo Freire

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Aracne editrice

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via Sotto le mura,

Canterano (RM)()

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I edizione: ottobre

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A Beatriz, perché lo studio è futuro, il dialogo è conoscenza,

la pratica è vita

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Se possediamo una giusta teo-ria, ma ci limitiamo a farne og-getto di conversazione e ad ar-chiviarla senza metterla in pra-tica, allora questa teoria, per quanto buona, non ha alcuna importanza.

MAO Z., Sulla pratica

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Indice

11 Introduzione. Dialogo e pedagogia 19 Capitolo I Coordinate storico-teoriche fondamentali 53 Capitolo II L’esperienza dell’esilio 67 Capitolo III La domanda come atto di conoscenza 75 Capitolo IV Ideologie dominanti e resistenze culturali 85 Capitolo V Differenza e identità: la questione dell’Altro 97 Capitolo VI Esperienze tra pedagogia e politica

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Indice

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113 Conclusioni 117 Bibliogra a

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Introduzione

Dialogo e pedagogia

Il presente studio, svolto nell’ambito di ricerche sull’educazione in Brasile, intende proporre una serie di percorsi per approssi-marsi alle teorie pedagogiche di Paulo Freire1, nella prospettiva di un recupero reale di quanto risulta ancora attuale e vitale in esse2. Lo sviluppo di questi percorsi parte dall’analisi un dialo-

1 Nato nel 1921 a Recife, capitale del Pernambuco, uno stato nel nord-est del Brasi-

le. Entra all’Università di Recife nel 1943, iscrivendosi alla Facoltà di Diritto, dedican-dosi al contempo allo studio della filosofia del linguaggio. Non esercita poi la profes-sione di avvocato, ma inizia a lavorare come professore di lingua portoghese nella scuo-la media. Nel 1946 viene nominato direttore del Dipartimento di Educazione e Cultura del Servizio Sociale dello stato del Pernambuco, dove inizia a lavorare a contatto con le classi povere e analfabete. Nel 1961 diventa direttore del Dipartimento di Diffusione Culturale dell’Università di Recife e nello stesso anno realizza con la sua équipe le pri-me esperienze di alfabetizzazione popolare, alla base di quello che diventerà noto come “Metodo Freire”. A seguito del golpe militare del 1964, Freire viene condannato all’esilio; dopo un breve periodo in Bolivia, si trasferisce in Cile dove lavora per il Mo-vimento di Riforma Agraria della Democrazia Cristiana e per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione. Nel 1968 scrive la sua opera più im-portante, Pedagogia degli oppressi, pubblicata in varie lingue tra cui spagnolo, inglese ed ebraico, ma che rimane proibita in Brasile fino al 1974. Dopo aver trascorso un anno a Cambridge, Freire si trasferisce in Svizzera, a Ginevra, lavorando come consigliere per l’educazione nel Consiglio Mondiale delle Chiese: durante questo periodo lavora al-le riforme educazionali nelle ex-colonie portoghesi in Africa, in particolare nella Gui-nea–Bissau. Con l’amnistia concessa dal regime militare, Freire rientra in Brasile nel 1980, si affilia al Partito dei Lavoratori nella città di San Paolo e lavora come superviso-re del programma del partito per l’alfabetizzazione degli adulti. In seguito è nominato segretario per l’educazione e fonda il MOVA (Movimento di Alfabetizzazione), un mo-dello di programma pubblico per il supporto alle sale comunitarie per l’educazione di giovani e adulti. Muore nel maggio del 1997 per un attacco cardiaco; il 13 aprile 2012 il governo del Brasile lo ha dichiarato Patrono dell’Educazione Brasiliana.

2 Si veda il mio saggio L’attualità di Paulo Freire in riferimento alla società occi-dentale, pubblicato in «La Famiglia», n. 48/258 (2014), Editrice La Scuola, Brescia, cui mi permetto di rinviare per notizie approfondite sull’itinerario biografico-intellettuale di Freire e le possibilità di attualizzazione rispetto alla situazione contingente.

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go tra il pedagogista brasiliano e il filosofo cileno Antonio Faundez3, pubblicato con il titolo Por uma pedagogia da per-gunta4.

L’opera, inedita in Italia, si inserisce in una lunga serie di dialoghi su questioni di pedagogia e educazione, affrontati da Freire nel corso della sua carriera con altri pedagogisti ed espo-nenti di materie umanistiche, principalmente Sérgio Guimarães, professore universitario e in seguito maestro elementare, con il quale ha pubblicato molti testi, raccolti in Sobre educação (Diá-logos)5 e Aprendendo com a própria história6; il pedagogista statunitense Ira Shor, nell’opera Medo e ousadia: o cotidiano do professor7; il filosofo Adriano Nogueira, in Que fazer: teoria e pratica em educação popular8; e altri9.

3 Nato in Cile nel 1938, è stato professore di filosofia all’Universidad de Concep-

ción fino al colpo di Stato militare dell’11 settembre 1973. Il suo lavoro filosofico ha preso sin dall’inizio una traiettoria critica e pragmatica, attraverso la ricerca sull’incidenza e la materializzazione dei sistemi di idee nelle azioni e nelle tendenze culturali e ideologiche delle classi cilene, nel solco del pensiero di Gramsci. In seguito al golpe va in esilio, dapprima in Francia, dove ottiene un dottorato in Sociologia della Letteratura e Semiotica delle Arti presso l’École Pratique de Haute Études en Sciences Sociales di Parigi. In seguito si trasferisce in Svizzera, dove si impegna come assessore nel programma di educazione degli adulti del Consiglio Mondiale delle Chiese, affian-cando e poi sostituendo Paulo Freire, conosciuto proprio in quel periodo. In queste vesti ha partecipato ai processi di educazione di qualità in Africa, America Latina e Asia, condividendo esperienze simili a quelle vissute da Freire nel suo lungo lavoro in Gui-nea–Bissau.

4 FREIRE P., FAUNDEZ A., Por uma pedagogia da pergunta, Paz e Terra, Rio de Ja-neiro 1985.

5 Cfr. FREIRE P., GUIMARÃES S., Sobre educação (Diálogos), 3 voll., Paz e Terra, Rio de Janeiro 1982. Ripubblicati nel 2011 come tre volumi indipendenti: Partir da in-fância. Diálogos sobre educação; Educar com a mídia. Novos diálogos sobre educação; Lições de casa. Ultimos diálogos sobre educação.

6 Cfr. FREIRE P., GUIMARÃES S., Aprendendo com a própria história, 2 voll., Paz e Terra, Rio de Janeiro 1987. Ripubblicati nel 2011 come due volumi indipendenti: Aprendendo com a própria história; Dialogando com a própria história.

7 Cfr. FREIRE P., SHOR I., Medo e ousadia: o cotidiano do professor, Paz e Terra, Rio de Janeiro 1987. Uscito anche in edizione inglese con il titolo A Pedagogy for Libe-ration. Dialogues on Transforming Education, Bergin & Garvey Publishers Inc., West-port (CT) 1987.

8 Cfr. FREIRE P., NOGUEIRA A., Que fazer: teoria e pratica em educação popular, Vozes, Petròpolis 1989.

9 Per gli altri testi in collaborazione, si rimanda alla bibliografia in calce al volume.

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Ricca di spunti di riflessione, di memoria storica e di espe-rienze vissute, Por uma pedagogia da pergunta (in italiano “per una pedagogia della domanda”) è un’opera apparentemente mi-nore di Freire; essa tuttavia può essere presa come introduzione alle sue idee e al suo lavoro teorico-pratico nel campo della pe-dagogia critica, dell’educazione come atto politico.

I dati sulla composizione del libro sono pochi, quasi tutti ri-cavabili dal libro stesso: nasce nel 1984 dal dialogo tra il peda-gogista e un filosofo suo amico, il quale si è dedicato per molti anni all’educazione degli adulti, vivendo al contempo esperien-ze simili a quelle di Freire. La conversazione si svolge nella ca-sa di Faundez a Ginevra, città in cui entrambi gli interlocutori hanno trascorso molto tempo durante i rispettivi viaggi in esilio, di fronte a un registratore che cattura la viva voce dei protago-nisti. Essi non seguono uno schema prestabilito, lasciano che il dialogo fluisca liberamente, riprendendo i tanti momenti in co-mune delle loro vite e le innumerevoli riflessioni intorno a cui hanno scambiato da sempre i propri punti di vista.

Si evince, da alcuni passaggi, che la conversazione è andata avanti per varie giornate e il testo qui in esame ne è la trascrizione, una scelta precisa di Freire e Faundez per evitare di porre filtri alla spontaneità del confronto. Freire per primo definisce tale opera un esempio di libro falado (“parlato”), diverso per forma e sviluppo da qualsiasi altro tipo di testo scritto a quattro mani, un tentativo di proporre ai possibili lettori una riflessione politico–pedagogica nel suo farsi, nei passaggi creativi delle idee prima che queste vengano fissate e canonizzate da un testo riveduto e corretto. Questa posi-zione sottolinea un aspetto importante della pedagogia freiriana, la sua radicalità, nella convinzione del fondamentale autoritarismo della pedagogia tradizionale, che è comune alle istituzioni scolasti-che: un autoritarismo basato sulla semplice e nozionistica estensio-ne del sapere dal maestro all’allievo, anziché sulla comunicazione tra i due e quindi il reciproco scambio, l’interazione tra i soggetti del processo educativo per un’educazione a doppio senso10.

10 È fondamentale, in tale frangente, il breve saggio di Freire Extensão ou comuni-

cação? (Paz e Terra, Rio de Janeiro 1968), in cui il pedagogista brasiliano riflette sul

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L’assertività di un testo teorico di pedagogia che presentasse una forma compiuta di metodo, sarebbe in contraddizione con i continui cambiamenti culturali e ambientali in cui il metodo do-vrebbe essere applicato, rendendolo un modello avulso dal con-testo e perciò ideologico, utile al raggiungimento di scopi pre-fissati più che alla formazione delle persone. Già dal titolo si comprende come una “pedagogia della domanda” non esista di fatto, non sia una disciplina né un progetto definito: l’iniziale preposizione “por” indica, più che altro, un obiettivo verso cui tendere, al cui raggiungimento il presente dialogo cerca di forni-re qualche elemento teorico–pratico, scaturito da esperienze sul campo. Freire e Faundez non hanno insomma elaborato una pe-dagogia “della domanda” così come può esserci una pedagogia “del bambino” o “degli adulti”, quanto piuttosto hanno tracciato una serie di lineamenti di base, secondo i quali la pedagogia de-ve essere considerata ed elaborata a partire dall’atto fondamen-tale della conoscenza: la domanda, quale espressione di curiosi-tà e di ricerca di risposte.

La dimensione dialogica è fondamentale nella prospettiva freiriana. I libri realizzati attraverso le conversazioni sono l’espressione concreta, sul piano della produzione teorica, rapporto tra sapere teorico e sapere pratico. Tra le varie considerazioni, porta l’esempio del lavoro di un agronomo tra i contadini. Un approccio metodologico classico prevede che l’agronomo “estenda” le sue conoscenze teoriche e che i contadini le assorbano; tra i due non si instaura cioè una uno scambio di saperi, restando fermi a una concezione in cui il sapere teorico è più importante della pratica, la precede e la guida nella giusta di-rezione. Ciò implica una fondamentale svalutazione dell’esperienza pratica. Seguendo l’approccio comunicativo, al posto di una lezione vi è un dialogo in cui si confrontano l’esperienza pratica del contadino e la teoria dell’agronomo, con un accrescimento reci-proco di conoscenze e una parificazione di valore tra lavoro teorico e lavoro pratico. In questo si riflette la critica generale dell’autoritarismo che governa i rapporti sociali tra centro e periferia: se esiste, pregiudizialmente, una cultura “alta”, teorica, accademica, e una cultura “bassa”, empirica e rurale, ne consegue che il centro (urbano, accademico) è in possesso della vera conoscenza, parla, decide e guida; la periferia (rurale e subalter-na) si limita ad ascoltare, seguire ed eseguire. Una tale situazione sociale e ideologica caratterizza in particolar modo paesi come il Brasile e altre ex-colonie nel difficile cammino di creazione di una identità nazionale post-coloniale, come la Guinea–Bissau. Per approfondimenti, mi permetto di rimandare al mio saggio Estensione o comunica-zione? Analisi di un contributo di Paulo Freire al processo teorico-pratico dell’educazione comunicativa, pubblicato in «La Famiglia», n. 50/260, Brescia 2016.

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dell’attitudine alla comunicazione che permea anche il lavoro pedagogico quotidiano. Dialogo tra educatori, dialogo tra do-centi, dialogo tra insegnanti e allievi: l’educazione è comunica-zione costante, in ogni suo aspetto, dall’alfabetizzazione di bambini e adulti, alle elaborazioni filosofiche e politiche della teoria.

Ma il dialogo non si ferma alla scelta metodologica, è un’esigenza connaturata all’essere umano, tanto negli aspetti materiali della sua vita, quanto negli aspetti spirituali, come elemento comune alla prassi e all’utopia. È infatti doveroso sot-tolineare la stretta correlazione dialettica tra teoria e pratica, tra conoscenza e azione, nell’educazione intesa come liberazione: nel corso degli anni Ottanta, rientrato dall’esilio, Freire tenta di reinserirsi nella realtà brasiliana; lo fa attraverso queste opere collettive, queste conversazioni grazie alle quali comprende le relazioni sociali e i rapporti di forza, le questioni scolastiche e l’ambiente in cui gli allievi si muovono e si raffrontano. Le ana-lisi sviluppate qualche decennio prima sono perciò rimesse in discussione e regolate sulla necessità di intendere lo scollamen-to tra la prassi quotidiana, il linguaggio reale e le conoscenze impartite senza coscienza, o addirittura contro le possibilità di formazione della coscienza negli allievi.

La dimensione dialogica assume perciò un valore critico, di investigazione della realtà materiale e ideologica che condizio-na la vita sociale, dando spazio a un processo collettivo di azio-ne e riflessione, di scoperta dei motivi di alienazione, dell’impronta di classe di determinate questioni (non bisogna infatti dimenticare il forte classismo della società brasiliana, comune del resto ad altri paesi dell’America Latina e del Terzo Mondo). Attraverso il dialogo si deve arrivare a problematizza-re la propria vita, a dare senso ai suoi contenuti, per prenderne coscienza reale, sia dal punto di vista individuale che di classe, e conquistare con ciò la possibilità di agire sulla vita, sulle con-dizioni materiali, in vista dell’emancipazione.

L’educazione dialogica è liberatrice sia dal punto di vista po-litico sia dal punto di vista spirituale, perché si basa sulla presa di coscienza (politica, sociale, materiale) e al contempo sulla

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speranza e sull’amore per gli altri, sull’accettazione delle diffe-renze e sulla compassione. Perciò la vicinanza all’ambiente rea-le degli allievi, la conoscenza del loro linguaggio e delle espe-rienze che formano la loro coscienza, è parte di un circolo vir-tuoso di lavoro pratico ed elaborazione teorica, interazione e in-tegrazione, revisione e attuazione11.

In Por uma pedagogia da pergunta, questi temi sono trattati da vari punti di vista: si parte dai ricordi personali, dalle espe-rienze di vita spesso difficili, parlando delle questioni di identità perduta ricostruita in esilio, dell’incontro e del confronto con realtà diverse, dei problemi di adattamento e comunicazione dovuti a usi e costumi differenti; poi si parla dell’educazione e della pedagogia, dei problemi che riguardano l’alfabetizzazione e la costruzione di una scuola aperta e democratica. Infine, trac-ciando analisi politiche di grande rilevanza, si delinea una con-cezione gnoseologica che include e sviluppa il momento dialo-gico in una visione di cambiamento generale della società, la-sciando trasparire, come si vedrà, la vicinanza di progetti politi-ci rivoluzionari e utopismo religioso.

La struttura dialogica del testo in oggetto differisce da un classico libro–intervista, fuori cioè da un rigido schema di do-mande e risposte; altrettanto da un testo scritto a quattro mani, di per sé più organizzato e ordinato. Il dialogo si snoda attraver-so ragionamenti, ricordi, citazioni e continue riprese di punti già toccati; questo ha reso necessaria la ricerca di un equilibrio tra la sua natura “verbale” e una presentazione dei contenuti coe-rente e maggiormente comprensibile. Il testo originale non ha alcuna sistemazione interna, né divisioni anche solo indicative

11 È interessante scorgere una similitudine di prospettiva con le riflessioni sul rap-porto dialettico tra la conoscenza e la pratica che Mao Zedong espresse in uno scritto ri-salente al 1937: «Scoprire la verità mediante la pratica, e mediante la pratica confermare e sviluppare la verità. Partire dalla conoscenza percettiva e svilupparla attivamente in conoscenza razionale, e poi partire dalla conoscenza razionale e dirigere attivamente la pratica rivoluzionaria in modo da trasformare il mondo soggettivo e oggettivo. Pratica, conoscenza, di nuovo pratica e di nuovo conoscenza; questa formula nella sua ripetizio-ne ciclica è infinita, e il contenuto della pratica e della conoscenza, a ogni ciclo, si eleva a uno stadio più alto. Questa è, nel suo complesso, la teoria della conoscenza del mate-rialismo dialettico, questa è la concezione dell’unità del sapere e del fare». Cfr. MAO Z., Sulla pratica, Manes editori, Napoli 1995.