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79 L’IMPRESA N°11/2012 FORMAZIONE COACHING. Come creare nuove risposte vincenti in velocità Al ritmo del cambiamento Chi sono, dove sono, su che cosa posso contare, di che cosa ho bisogno, quali obiettivi ho e quali risorse devo attivare per raggiungerli. Un allenamento valido sia per i singoli che per le organizzazioni di Emanuela Dini F ermiamoci e ripartite. Forse un po’ troppo ruvido e fin troppo sinteti- co, ma efficace e distillato come un superalcolico di grande prestigio e invecchiamento, potrebbe essere questo il succo del coaching declinato al 2013. Il mondo è cambiato, i manager sono cambiati e anche il coaching deve stare al passo e cambiare, facendo i conti con gli effetti della crisi, con una nuova popolazione di manager disorientati, con nuove figure professionali che, volenti o nolenti, devono imparare a ricostruirsi un futuro. E non sem- pre ce la fanno da soli. Le nuove realtà figlie della crisi «Come dimostra la nostra ultima indagine dedicata alla leadership e rivolta a persone con ruoli di team leader, c’è sempre più consapevolezza da parte di persone che oc- cupano posizioni decisionali, dell’opportu- nità di avvalersi di un percorso di coaching», osserva Fabrizia Ingenito, presidente di Icf Italia, Pcc. Un’opportunità sempre più trasversale, che riguarda non solo le figure strutturate e con ruoli manageriali all’interno di un’azienda, ma anche imprenditori, con- sulenti e liberi professionisti, ovvero le nuove figure e nuove professioni figlie della crisi. E sono proprio loro, spesso, a rivolgersi con rinnovato interesse verso quello che appare sempre più una guida e un supporto verso una nuova realtà. «Il coaching è un percorso di accompagna- mento, non dà e non deve dare soluzioni, ma fornire un metodo per vedere chiaro dentro se stessi, fare il punto della situazione e attrezzarsi per ripartire», continua Ingenito. Un aiuto molto pragmatico e con step ben delineati. «È fondamentale avere ben chiari il punto di partenza e il punto di arrivo, e lavo- rare per collegarli. Si deve partire quindi da una lucida analisi di “chi sono – dove sono – su che cosa posso contare – di che cosa ho bi- sogno”, per poi delineare gli obiettivi e capire “quali risorse devo attivare”, tenendo sempre ben presente che è la persona il motore di tutto, non esistono formule magiche e solu- zioni standard, se non si parte dalla capacità e volontà di mettersi in gioco, da soluzioni che guardino al futuro con coraggio e capacità decisionale, abbandonando i modelli passati sempre meno adeguati ad affrontare le sfide di oggi», spiega la presidente di Icf Italia. Rischio paralisi «È fondamentale evitare il rischio paralisi», interviene con una sintesi efficace Giovanna D’Alessio, co-fondatore e Ceo di Asterys. «In questo periodo di incertezza e comples- sità il rischio è che manager e leader evitino di assumersi rischi e di innovare per paura di errori che potrebbero costargli il posto di lavoro. Così l’azienda si paralizza e subisce la crisi piuttosto che cavalcarla. Il coaching può essere un catalizzatore di creatività e di fiducia per lo sviluppo di una cultura “resi- liente”, capace di fronteggiare positivamente la crisi e riorganizzare se stessi e la propria organizzazione. Numerosi studi dimostrano che le aziende con una forte cultura hanno performance due volte migliori della media. Come racconta Des Duggan, responsabile formazione di Ibm Inside Sales Europa con il quale Asterys ha collaborato,“Il ritmo del cambiamento è così serrato che il coaching è l’unico mezzo efficace per affrontarlo. I ri- sultati? Diminuzione di abbandoni aziendali, aumento di fatturati e produttività, maggior capacità di assumersi responsabilità persona- le e di affrontare la complessità”.

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FORMAZIONE

COACHING. Come creare nuove risposte vincenti in velocità

Al ritmo del cambiamento Chi sono, dove sono, su che cosa posso contare, di che cosa ho bisogno, quali obiettivi ho e quali risorse devo attivare per raggiungerli. Un allenamento valido sia per i singoli che per le organizzazioni

di Emanuela Dini

Fermiamoci e ripartite. Forse un po’ troppo ruvido e fin troppo sinteti-co, ma efficace e distillato come un superalcolico di grande prestigio e invecchiamento, potrebbe essere

questo il succo del coaching declinato al 2013. Il mondo è cambiato, i manager sono cambiati e anche il coaching deve stare al passo e cambiare, facendo i conti con gli effetti della crisi, con una nuova popolazione di manager disorientati, con nuove figure professionali che, volenti o nolenti, devono imparare a ricostruirsi un futuro. E non sem-pre ce la fanno da soli.

Le nuove realtà figlie della crisi «Come dimostra la nostra ultima indagine dedicata alla leadership e rivolta a persone con ruoli di team leader, c’è sempre più consapevolezza da parte di persone che oc-cupano posizioni decisionali, dell’opportu-nità di avvalersi di un percorso di coaching», osserva Fabrizia Ingenito, presidente di Icf Italia, Pcc. Un’opportunità sempre più trasversale, che riguarda non solo le figure strutturate e con ruoli manageriali all’interno di un’azienda, ma anche imprenditori, con-sulenti e liberi professionisti, ovvero le nuove figure e nuove professioni figlie della crisi. E sono proprio loro, spesso, a rivolgersi con rinnovato interesse verso quello che appare sempre più una guida e un supporto verso una nuova realtà.«Il coaching è un percorso di accompagna-mento, non dà e non deve dare soluzioni, ma fornire un metodo per vedere chiaro dentro se stessi, fare il punto della situazione e attrezzarsi per ripartire», continua Ingenito.Un aiuto molto pragmatico e con step ben delineati. «È fondamentale avere ben chiari il punto di partenza e il punto di arrivo, e lavo-

rare per collegarli. Si deve partire quindi da una lucida analisi di “chi sono – dove sono – su che cosa posso contare – di che cosa ho bi-sogno”, per poi delineare gli obiettivi e capire “quali risorse devo attivare”, tenendo sempre ben presente che è la persona il motore di tutto, non esistono formule magiche e solu-zioni standard, se non si parte dalla capacità e volontà di mettersi in gioco, da soluzioni che guardino al futuro con coraggio e capacità decisionale, abbandonando i modelli passati sempre meno adeguati ad affrontare le sfide di oggi», spiega la presidente di Icf Italia.

Rischio paralisi«È fondamentale evitare il rischio paralisi», interviene con una sintesi efficace Giovanna D’Alessio, co-fondatore e Ceo di Asterys. «In questo periodo di incertezza e comples-sità il rischio è che manager e leader evitino di assumersi rischi e di innovare per paura di errori che potrebbero costargli il posto di lavoro. Così l’azienda si paralizza e subisce la crisi piuttosto che cavalcarla. Il coaching può essere un catalizzatore di creatività e di fiducia per lo sviluppo di una cultura “resi-liente”, capace di fronteggiare positivamente la crisi e riorganizzare se stessi e la propria organizzazione. Numerosi studi dimostrano che le aziende con una forte cultura hanno performance due volte migliori della media. Come racconta Des Duggan, responsabile formazione di Ibm Inside Sales Europa con il quale Asterys ha collaborato,“Il ritmo del cambiamento è così serrato che il coaching è l’unico mezzo efficace per affrontarlo. I ri-sultati? Diminuzione di abbandoni aziendali, aumento di fatturati e produttività, maggior capacità di assumersi responsabilità persona-le e di affrontare la complessità”.

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FORMAZIONE

E che i dirigenti siano disperati, ma anche speranzosi, lo conferma Luciana Zanon, di 3Coaching, società di coaching e counseling per le persone e per l’impresa. «Le difficoltà lavorative li obbligano a rivedersi e ripensarsi, insegnano a conoscersi e uscire dalle gabbie di ruoli precedenti. Chi è capace di sgan-ciarsi dalla vecchia “vita di prima”, ne esce meglio, così come sono avvantaggiati quelli che hanno cambiato spesso azienda, nazio-ne, ambiente di lavoro». Ma l’attenzione di 3Coaching è rivolta anche ai giovani, per aiutarli a muoversi in un mercato del lavoro che non sarà mai più come quello dei genito-ri. «Li aiutiamo a orientarsi in un mondo del lavoro mutevole, a pensare che non avranno il “posto fisso”, insegniamo a patrimonializ-zare anche le esperienze brevi, a disegnare una nuova idea di professione e di futuro, li alleniamo ad affrontare il cambiamento, a viverlo come un’opportunità e non come una precarietà, senza perdere identità né radici».

Cosa mi serve per raggiungere l’obiettivoIl tema del cambiamento è uno dei punti di forza di Growbp. «Intendiamo il coaching

come allenamento: volto a rafforzare le risor-se inespresse oppure nascoste che ciascuna persona in quanto essere umano ha. Per usare un gergo sportivo, è un po’ come allenare le fasce muscolari che non sono appieno utiliz-zate», illustra Claudia Crescenzi, managing director Growbp. «Oggi il focus non è più: cercare di capire “perché” accadono gli eventi oppure cosa potevo o non potevo fare, ma è “cosa mi serve per raggiungere l’obiettivo”. È il saper creare nuove strategie in velocità. In questi anni le aziende ci hanno chiesto col-laborazione nella gestione del cambiamento: quanto più un manager è agile nel cam-biamento, tanto più risponde alle esigenze del mercato, tanto più diventa performante – specifica Crescenzi –. Una modalità “liqui-da” in cui le principali richieste riguardano il rafforzamento della leadership e la creazione di una “we-dership”, ovvero una leadership condivisa e distribuita; la gestione dell’in-certezza e lo sviluppo di una maggiore con-sapevolezza nei processi decisionali. Il focus è creare nuove strategie vincenti in velocità, nel rispetto di ciascun individuo, del suo sé e della sua muscolatura», conclude Crescenzi. Ma attenzione, perché il coaching deve avere

Cosa insegna il Corporate ed Executive Coaching

Fonte: elaborazione dati da U2coach 2011-2012 Donne Uomini

Gestione del tempo

Team coaching

Gestione della delega

Leadership

Pensiero strategico

Sviluppo dei collaboratori

Work-life balance

Career transition

Altro

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confini netti e barriere alte, invoca Massimo Del Monte, psicologo e psicoterapeuta, e coach di Kairos Solution: «Capita sempre più spesso di trovarci di fronte dirigenti che devono affrontare cambiamenti anche radicali nella propria vita: doversi ricollocare in un mercato molto difficile, magari a 50 anni, reinventarsi imprenditori o consulenti entrando in un mondo nuovo. In questi casi il career coaching, specie se supportato da una metodologia di tipo creativo, costituisce un ottimo strumento di sostegno per affron-tare il momento di crisi e trasformarlo in una nuova opportunità di crescita personale – spiega Del Monte – ma attenzione a non sconfinare: il coaching è e resta un percorso pragmatico, che aiuta a prendere consape-volezza e si focalizza sulla chiarezza e sul raggiungimento degli obiettivi e non entra in ambiti più profondi, come l’analisi e l’appro-fondimento delle cause del disagio, temi che spettano allo psicologo, non al coach».

E se diventasse la mia professione? C’è un altro aspetto da mettere in evidenza in questo tempi di profonda trasformazione: il coaching viene sempre più spesso preso in considerazione come opportunità di una nuova vita professionale. «Sono in molti, so-prattutto tra i fuoriusciti delle grandi aziende, a individuare nel coaching una prospettiva di futura carriera − racconta Flaminia Fazi, fondatrice di U2Coach −. Ma l’essere stato un manager non è sufficiente a trasformarsi in coach, il percorso è lungo, approfondito e richiede un notevole impegno e concentra-zione e in Italia stenta ancora ad affermarsi l’attitudine a investire su di sé per crearsi un nuovo futuro e una nuova possibilità pro-fessionale», osserva ancora la fondatrice di U2Coach. Un conto, poi, sono i percorsi di coaching offerti dalle aziende o dalle società di outplacement, un conto è se il neo-libero professionista deve affrontare la spesa di ta-sca sua. «E qui la domanda langue», osserva amaramente realistica Flaminia Fazi. Dal suo osservatorio professionale, che peraltro offre programmi e percorsi studiati su mi-sura per lo sviluppo strategico della propria carriera, con una particolare attenzione alle carriere femminili e ai nuovi profili dei liberi professionisti “involontari”, Fazi riporta una realtà nostrana sconsolante: «Il manager, o meglio, l’ex manager italiano non è sempre

disposto a mettersi in discussione e rivedere i propri orizzonti, e non è ancora abituato a investire su una formazione ad personam. Spende più volentieri per godersi l’ultima vacanza alle Maldive che per un percorso di coaching. Salvo poi chiedersi perché non riesce a riposizionarsi….».

La certificazione fa la differenzaDiventare coach non è così facile come dirlo, e il percorso professionale richiede formazio-ne, esperienza sul campo, esami approfonditi

Response percent

Response count

Imprenditore 17,3% 55

Amministratore delegato 7,5% 24

Direttore generale 5,0% 16

Responsabile del personale 5,3% 17

Responsabile vendite 5,3% 17

Responsabile marketing 2,5% 8

Responsabile finanza e controllo 0,6% 2

Responsabile acquisti 0,3% 1

Responsabile produzione 1,9% 6

Altro responsabile 6,6% 21

Dirigente 14,5% 46

Quadro 13,2% 42

Libero professionista 17,3% 55

Altro 2,5% 8

answered question 318

skipped question 2

Response percent

Response count

Meno di 6 mesi 34,2% 53

Da 6 mesi a un anno 27,1% 42

Uno-due anni 17,8% 23

Due-tre anni 7,7% 12

Più di tre anni 16,1% 25

answered question 155

skipped question 165

Posizione all’interno dell’organizzazione

Periodo di lavoro con un coach

Fonte: elaborazione dati da Icf – International coach federation

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e a più livelli. «A fronte di sedicenti coach a dir poco improvvisati, le aziende oggi chie-dono coach certificati», commenta Gaia Co-razza, responsabile della neonata Leadership Coaching School, frutto della partnership tra Gso e The Forton Group. Certificazioni che attestano non solo l’ac-quisita professionalità, ma che rispondono a una domanda sempre più articolata e in profonda trasformazione. «Anche i bisogni e l’identikit di chi utilizza il coaching sono cambiati; oggi i temi forti non sono soltan-to gli obiettivi e le performance, ma anche l’identità di ruolo, il sapersi relazionare, il sapersi proporre, l’imparare a decidere e progettare il futuro in un ambiente li-quido e senza più certezze». Ecco allora il bisogno di «imparare a essere leader di se stessi, anche in vista dell’avviamento di un’attività imprenditoriale, al di fuori del guscio protettivo dell’azienda», spiega Corazza. Un compito non facile, in un panorama dove si soffre di mancanza di vision, incapacità decisionale e difficoltà di progettazione del futuro. �

Coach certificati

Fonte: ICF Global

Coach certificati ICF nel mondo: 884546% sul totale membri ICF

Coach certificati ICF in Italia: 30383% sul totale membri ICF

MCC

7%PCC

34%ACC

59%MCC

3%PCC

28%ACC

69%

Specialità di coaching

Fonte: ICF Global Coaching Survey 2012 su un campione di 12.133 coach nel mondo. Il campione italiano è di 217 coach.

Italia Europa Globale

Altro

Small business e professionisti

Visione e miglioramento di vita

Leadership

Executive

Carriera

Business organizzativo29,0% 21,3% 15,3%

13,8% 20,6% 22,8%

17,0% 17,0% 21,9%

6,5% 4,1%4,4%

15,7% 10,5%12,9%

11,1% 17,2%15,2%

6,9% 9,3%7,5%

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