CL. 1 B Storie e descrizioni di mostri (im)probabili · PDF fileEra un mercoledì come...

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1 CL. 1 B Storie e descrizioni di mostri (im)probabili a.s. 2015 2016

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CL. 1 B

Storie e descrizioni

di mostri

(im)probabili

a.s. 2015 2016

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Indice

p. 2 Lo spettro senza volto … di Davide

p. 4 Primo esercizio spaventoso

p. 5 La cugina che non conosco … di Esperanza

p. 12 Secondo esercizio spaventoso

p. 13 Il mostro notturno … di Elisa

p. 16 Il mostro infernale … di Eleonora

p. 17 Julien … di Giulia B.

p. 20 Antpipidragopino … di Giulia S.

p. 21 Il mostro senza nome … di Maddalena

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p. 23 Slappy, pupazzo assassino … di Alessandro T. p. 24 Il Grubblin … di Michele

p. 26 Mr. Plokamia … di Matteo

p. 27 Minim … di Haleema

p. 29 Il mostro dal sorriso killer … di Gabriel C.

p. 31 Munter … di Giulia G.

p. 34 Zarbanio … di Gabriel S.

p. 36 Daigoro … di Giacomo

p. 38 Etimologia della parola “mostro”

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di Davide

Un giorno nacque un bambino che era senza bocca, senza naso e senza orecchie. Aveva solo gli occhi. La madre, disperata, prese il bambino, lo portò in una grotta e lo uccise con un coltello. Da quel giorno non si ebbero più notizie né del bambino né della madre. Si dice che chi entri in quella caverna senta un pianto disperato: è lo spettro del bambino senza volto, avvolto in un mantello nero, che ricorda il buio e l’ignoto. Si dice anche che quando lo incontri, dopo aver provato un forte sentimento di paura che si tramuta ben presto in terrore, cadi in un sonno profondo dal quale non ti risvegli più.

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… Avvolto in un mantello nero

che ricorda l’ignoto …

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primo esercizio pauroso

Verbo modo Tempo pers. / num.

Nacque Era Aveva Prese Portò Uccise Ebbero Dice (che egli)

entri

(che egli)

senta

È Avvolto Ricorda Incontri aver provato

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La cugina che non conosco

di Esperanza

Era un mercoledì come tutti gli altri, mi stavo preparando per andare da mia cugina. Sentivo che mi stavo dimenticando qualcosa, ma non mi fermai a pensare “cosa”. Quindi presi la mia felpa, la mia borsa e mi avviai da mia cugina. Suonai il campanello e lei subito mi aprì. Era tutto in disordine, e questo già mi sembrava strano, ma c’era un’altra cosa strana: un peluche, una bambola e degli smalti. Le domandai il perché di tutto quel disordine e lei mi rispose che stava cercando dei vestiti per fare delle foto. Quando venni a sapere che stava cercando dei vestiti tutti neri e paurosi, rabbrividii. La luce del sole stava diminuendo gradualmente, fino a quando il cielo non divenne nero, come la paura e la morte. Erano le 23:47 quando lei mi disse che era tardi, e che dovevo andare a dormire. Io ubbidii e mi recai in

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camera, subito mi addormentai. Non so cosa stessi sognando, so solo che qualcosa interruppe il mio sogno, qualcosa di molto rumoroso. Mi alzai e andai a chiamare mia cugina per chiederle se anche lei avesse sentito, o se fosse solo un mio incubo. Andai in camera sua, ma non c’era; in bagno neanche, n cucina idem. Rimanevano il salotto e il ripostiglio. Scelsi a fatica il salotto e mi avviai pian piano guidandomi toccando gli oggetti, quando sentii un odore molto forte di smalti. Subito capii che era stata lì. Non so il perché, ma non me ne andai. Qualcosa mi diceva di stare lì, a cercare dove si trovasse quella cugina così strana. Gironzolai accanto al divano, quando vidi la testa del peluche da una parte e il suo corpo dall’altra. Volevo gridare, volevo risvegliarmi così quel brutto sogno sarebbe svanito, ma non lo feci perché quello non era un incubo, ma la realtà. Mi misi di nuovo al lavoro con il cuor che mi batteva a mille. Sapevo che non c’era altro posto per nascondersi se non il ripostiglio, quindi mi portai una padella per

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sicurezza, per potermi difendere. Non so come sia successo, ma la pentola mi cadde facendo un gran fracasso, ma probabilmente lei aveva già capito che ero nei paraggi perché emise un urlo di quelli inimmaginabili, uno di quelle urla piene di rabbia, così paurose che quasi me la facevo addosso. Andai avanti sapendo che quella sarebbe stata la mia fine. Feci un altro passo in avanti ma subito lo ritirai. Avevo pestato la bambola. Non aveva occhi, aveva il ventre aperto e tutto il cotone era stato sparso per terra. Pronunciai il nome di mia cugina così piano che neanche io quasi lo sentivo: “Daisy… Daisy… ti prego, non fare così… mi… mi… fai paura” Daisy ti pregoooo!” dissi alzando leggermente il volume della voce. Qualcosa mi tappò la bocca, qualcosa di peloso: era la mano di Daisy! Sì, era lei! Le diedi un calcio ma non riuscii a liberarmi, poi le morsi la mano e lei mollò la presa. Corsi in camera e chiusi a chiave la porta. Poi mi misi a cercare la borsa. “Eccola!” dissi non appena la trovai. Ci infilai nervosamente le mani

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per cercare il cellulare. Ma dov’era, dove cavolo lo avevo messo? “Non l’avevo preso!”, mormorai tra me e me. Non avevo preso la cosa più importante! Per far finire l’incubo, dovevo chiamare qualcuno, i miei genitori o qualsiasi altra persona di mia fiducia! Mi misi a piangere e a dire che ero stata una sciocca ad aver accettato la richiesta di rimanere da mia cugina per due giorni. A un certo punto la paura e la tristezza diventarono ansia, angoscia … Proprio in quel momento, infatti, la porta si stava aprendo! Cavolo, non mi ero ricordata che vi erano due chiavi! Dovevo scappare, dovevo andarmene. In quel momento mi vennero in mente le tecniche che usava mio fratello per nascondersi, quando giocavamo a nascondino. Aprii leggermente l’armadio in modo che lei pensasse che fossi in camera, poi misi lo scotch sull’anta di un altro armadio, verso la parte interna, e lo chiusi, così lei avrebbe pensato che io mi stessi nascondendo lì dentro.

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Poi scappai dalla finestra e corsi verso casa mia con il cuore in gola e piangendo. Aprii la porta e gridai. I miei genitori non c’erano. Non c’era nessuno, solo io e la paura, solo io e il mio peluche, solo io e la voglia di fuggire. Mi assicurai che tutte le finestre, le porte e tutte le vie utili come vie di passaggio per mia cugina fossero chiuse. Andai a prendere il cellulare che era rimasto a casa per tutto il tempo, e lo accesi. Mi sdraiai sul divano con il mio peluche e fissai lo schermo del telefono. Un messaggio. Erano le 24:56. Mi domandai chi fosse, sperando fossero i miei genitori. Ma non fu così, era lei, quella che mi aveva fatto morire per un’ora. Nel messaggio c’era scritto:

Buonanotte cuginetta.

Dormi bene, ci vediamo

domani Daisy

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secondo esercizio pauroso

scegli la forma corretta tra le opzioni qui indicate per

scrivere correttamente quanto richiesto:

1. lì o li se voglio dire “in quel luogo”?

2. fu o fù per indicare la forma del verbo essere

al modo ind. pass. Remoto terza persona singolare ?

3. po’ o pò per scrivere “poco”?

4. sì o si per rispondere affermativamente?

5. Ne o né per dire “neppure”?

6. Ne o né per dire “di ciò”?

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Il mostro notturno

di Elisa

Il mostro notturno vive da solo in una grotta buia sulle

Montagne Rocciose. Si dice che ci entri venga divorato

all’istante. Si chiama così perché esce soltanto di notte,

infatti la luce del sole lo farebbe polverizzare e morire. La

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sua bocca è grandissima, con i denti aguzzi e taglienti

che sanguinano continuamente. Le sue orecchie sono

piccole ma sentono tutto, persino il movimento delle

formiche. Quando sente un rumore si accende la luce

gialla che ha in testa per poter vedere al buio. Ha un

naso strano perché è fatto da due punti bianchi, ma

potentissimo nel captare ogni tipo di odore. I suoi occhi

sono tre: due verde pisello e quello in centro, rosso, che

serve per intercettare animali volanti e ucciderli con il

laser che ha celato all’interno.

Questo buffo essere non ha tanti capelli, ma solo un

ciuffo di colore giallo-arancio e un po’ rossiccio da dove

sbuca la luce gialla per vedere di notte.

La strana creatura ha un corpo a forma di una palla di

colore azzurro con dei pois verdi, ha due gambe corte

con cui salta come una molla, dato che non può

camminare, e ha due braccia “a zig zag”.

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Ai lati ha dei tentacoli colorati e spaventosi, dal contorno

seghettato e tagliente.

Con la sua voce, che è molto forte e stridula, terrorizza

chiunque abbia la sfortuna di sentirlo.

È meglio non incontrarlo, non vi sembra?

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Il mostro infernale

di Eleonora

La creatura è alta, verde e viola, disgustosa, orribile.

Essa continua a urlare, a dire frasi a caso, ed è davvero

spaventosa, soprattutto se la si incontra di notte.

Se uno la vede, muore di paura, e si ritrova di colpo

nell’inferno più oscuro in compagnia dell’essere

mostruoso!

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Julien

di Giulia B.

Julien ha la testa rettangolare, capelli e cresta blu, tre

occhi grandi neri, due bocche rosse poste una sopra

l’altra, un naso triangolare viola, due orecchie quadrate

gialle, due guance rosa scuro, tre gambe verdi, tre piedi

gialli, quattro braccia e quattro mani gialle, due lunghe e

due corte. Le dita delle mani terminano con degli artigli

taglienti, e così i piedi, anch’essi con solo tre dita. Ha un

ombelico a stella di colore giallo. Alto di statura, ha la

pelle verde ricoperta da molte lentiggini.

Nonostante il suo aspetto mostruoso, in realtà è un essere

molto timido e docile che ama giocare con i gomitoli di

lana. Ama anche giocare con la sabbia. Nonostante il suo

aspetto mostruoso, ha paura dei fantasmi, del buio, e di

quello che nasconde. Mangia solo ed esclusivamente

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formaggio, ma qualche volta anche alcuni pezzi di pane.

A causa del suo aspetto terrorizza i topi che a sua volta

spaventano lui. Odia i gatti e ne ha paura. Beve solo

coca-cola. Nonostante il suo aspetto mostruoso, corre per

i prati come una pecorella.

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Gioca a nascondino da solo, celandosi nelle caverne.

Guarda la televisione al massimo per tre minuti e è un

esperto di tecnologia. Passa la maggior parte del tempo

con il suo cane Fuji.

Nonostante il suo aspetto mostruoso, tutte le volte che

esce dalla sua porta di casa, tutti si mettono a ridere. In

particolare, quando i bambini lo vedono, invece che

piangere, si divertono, e questo lo rende molto felice.

Julien vive a Giulylandia, un paesino che esiste solo nella

fantasia, dove tutti si conoscono e giocano insieme.

Dimenticavo: Julien ha un piccolo difetto, infatti quando

arrivano o conosce persone nuove lui esclama: “Io sono

un mostro di nome Julien!” e gli altri ridendo gli ribattono:

“Tu non sei un mostro, bensì un pagliaccio!”. Poi si

abituano alla sua presenza e non lo prendono più in giro

perché è un mostro talmente gentile che lui non farebbe

male ad una mosca!

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Antpipidragopino

di Giulia S.

Il mostro Antpipidragopino (leggilo lentamente: Ant-pipi-

drago-pino), come dice il suo nome, è un ibrido

spaventoso. Esso infatti si chiama così perché ha le

zampe da anatra, il corpo a forma di pino e le ali come un

drago. Il muso è quello di un pipistrello però ha solo un

occhio, le orecchie mangiucchiate da insetti e due bulloni

che gli escono dalla testa e due denti canini aguzzi come

quelli di un vampiro.

L’animale, o per meglio dire l’essere, si nutre di animali:

per ucciderli infilza gli artigli delle zampe d’anatra nel

petto e nella pancia della sua vittima e sputa un veleno

sulla faccia dell’umano, e poi ne divora solo la pelle.

Questa creatura è talmente disgustosa e paurosa che

nessuno è mai riuscito a reggerne la vista.

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Il mostro senza nome

di Maddalena

La sua testa era sproporzionata. I suoi occhi erano

giganteschi, di un rosso fuoco, ma quando sbatteva le sue

palpebre bianche il colore svaniva e si trasformava in un

giallo acceso. La sua bocca era abbastanza normale, in

apparenza: le sue labbra erano rosa, con dei leggeri tagli

da cui usciva il sangue bluastro che scorreva lungo il suo

disgustoso corpo deforme; i suoi denti erano appuntiti, di

un colore strano, tra il giallo e il bianco. Il suo piccolo

naso era delimitato da due grandi cicatrici che ricoprivano

la maggior parte del pallido viso. Il resto del corpo era

formato da pezzi di corpi di defunti: le gambe di un

corridore, le braccia di un famoso pugile, unite tra loro da

chiodi e cicatrici. Purtroppo i suoi piedi erano troppo

piccoli per tenere in equilibrio il resto del corpo e dopo

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appena pochi movimenti cadeva rovinosamente.

Nonostante queste sue buffe e bizzarre prestazioni, nel

complesso la creatura rimaneva sempre orribile e

terrificante.

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Slappy, pupazzo assassino

di Alessandro T.

Slappy è un pupazzo con poteri spaventosi: può sparire

nel nulla, non ha pietà e odia essere chiamato pupazzo.

Indossa sempre uno smoking nero e una rosa rossa su

una tasca sinistra; ai piedi, calza scarpe lucide e nere. Il

suo unico desiderio è quello di spaventare le personel.

Se lo incontrate, scappate via a gambe levate!

Ha un’instancabile sete di uccidere.

Qualcuno, svegliatosi nel cuore della notte in preda agli

incubi, ha affermato di aver sentito la sua risata maligna

echeggiare nella stanza.

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Il Grubblin di Michele

Il Grubblin è un mostro marino. È alto all’incirca 50 cm, è completamente verde, ha gli occhi azzurri e uno sguardo spento. Ha un naso biforcuto con due grandi narici. Ha una bocca che occupa tutta o quasi la parte inferiore del suo corpo. Ha braccia e gambe tozze e mani e piedi sproporzionati. Preferisce le acque fredde a quelle calde. In natura, si riproduce come il pesce; è carnivoro e durante l’inverno si ciba di piccoli pesci. Durante le altre stagioni, quando la gente va al mare e si spinge lontano dalla costa, inconsapevole del pericolo che si cela in quelle acque, il Grubblin si prepara e quando è pronto sferra l’attacco e con la sua lunga e viscida lingua trascina i bambini cattivi sott’acqua e li ingoia.

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Ha braccia e gambe tozze e

mani e piedi sproporzionati

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Mr. Plokamia (in greco, tentacoli)

di Matteo

La creatura è un essere disgustoso che al posto delle gambe ha dei tentacoli e al posto delle braccia ha due pinze meccaniche. Ha una faccia senza naso, con gli occhi gialli e, proprio dietro le orecchie, delle branchie con cui respira. Questo essere è alto un metro e cinquanta e si nutre solo di carne di capra. Esso ha il potere di nuotare come un pesce, in qualsiasi acqua con qualsiasi temperatura, ed ha una forza sovrumana. Per cercare di non farsi notare troppo gira con un mantello nero. Il suo nome? Mr. Plokàmia ( Πλοκάμια )!

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Minim di Haleema

Minim è un buffo mostro giallo. È basso, è piccolo e ha un volto piccolo di forma rotonda. Il suo corpo ha una pelle di colore gialla. Ha due braccia e ogni mano ha quattro dita. Ha due gambe, due piedi e indossa scarpe sportive molto comode e di colore nero. Ha due grandi occhi di colore verde, ha i capelli neri con tante punte verso l’alto. La sua voce è gentile e la sua faccia ha un’espressione gioiosa. È sempre sorridente e in bocca ha solo due grandi denti. Ama stare con gli amici, odia invece gli animali. Mangia le foglie degli alberi ma non può mangiare le carote, perché gli fanno venire il raffreddore. Questo mostro si trova solo in Europa, e in particolare in Italia, nelle piazze dei mercati, nel sottosuolo, perché quando arriva la gente esce a cercare amici. Peccato

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però che il suo aspetto mostruoso non spaventi i bambini perché i bambini pensano che sia un nuovo gioco telecomandato, e appena lo vedono gli corrono dietro per prenderlo!

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Il mostro dal sorriso killer di Gabriel C.

La creatura mostruosa ha un corpo tutto pelle e ossa

nascosto da un mantello nero come la pece. L’indumento

è sempre macchiato di rosso.

Si presenta sempre con due grandi occhi bianchi, senza

vita, e un sorriso da killer stampato in faccia. Si presenta

sempre nelle notti di temporale materializzandosi

dapprima come fuoco fatuo, e dopo un lampo, volando

con il suo orribile aspetto.

La sua testa scheletrica è staccata dal corpo, galleggia

all’altezza del collo, ed è nera e crepata.

Dalle spalle spuntano due grandi ali da pipistrello.

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Quest’essere si libra nell’aria perché è senza gambe. Le

sue braccia sono metalliche e le sue mani sono fatte da

aghi appuntiti.

Indossa sempre una cravatta nera e scura.

Con i suoi aghi uccide le persone squartandole.

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Munter di Giulia G.

Era un giorno uggioso di ottobre, quando mi misi in testa

di creare un mio mostro. In base al mio progetto, il mostro

avrebbe dovuto avere due teste. L’avevo disegnato

abbastanza alto, con una carnagione giallognola. Aveva,

come tutti gli esseri viventi, due occhi, da cui però usciva

del sangue. Mi sembrava un progetto ben definito, ma con

ancora dei particolari da sistemare e rifinire.

Iniziai così a realizzare il mostro. Avevo già deciso che

l’avrei chiamato Munter. Per prendere i “pezzi” mi sarei

dovuto recare al cimitero, così non avrei dovuto

ammazzare nessuno. Preparai la mia valigetta con degli

strumenti di precisione per prelevare occhi, braccia e ciò

che mi sarebbe servito e, dopo aver trovato tutto il

necessario, ritornai nel mio laboratorio. Iniziai partendo dai

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piedi e, mentre lo stavo realizzando, un brivido scese

lungo la mia schiena. Tremavo, ma volevo realizzare

ugualmente quella creatura per far prendere un po’ di

paura alle persone: tra poco vi sarebbe stata la notte di

Halloween!

Comunque il mostro riuscì molto “bello”. Sulla testa aveva

sette tentacoli e dalla bocca usciva bava arancione.

Prelevando dei canini aguzzi da dei cani selvatici, li misi

in bocca al mostro. E per terrorizzare ancora di più la

gente misi del ketchup sui denti e sulle palpebre.

I piedi erano pieni di calli e verruche, e avevano un

colorito verde e nero.

Le unghie erano lunghe e adunche.

Il suo corpo era tempestato di chiodi, cicatrici e graffi. Vi

avevo lavorato per circa tre settimane, e ormai era

arrivata la fine del mese.

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Il mostro riuscì, ancora traballante, a varcare per la prima

volta la soglia di casa proprio nel momento in cui quattro

bambini bussarono alla porta dicendo: “Dolcetto o

scherzetto?”. Non appena videro l’essere spregevole, i

piccoli scapparono terrorizzati.

Quella sarebbe stata la notte di Halloween più inquietante

e paurosa di tutta la mia via!

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Zarbanio di Gabriel S.

Zarbanio vive in una casa abbandonata ormai da oltre

cinquant’anni e situata dietro al cimitero.

Dato che è un mostro, il suo volto è sfigurato da enormi

brufoli e cicatrici e ha un occhio diverso dall’altro perché

uno è finto. Tanti anni fa infatti sua madre, impazzita

durante un litigio, gli aveva piantato un ago nell’occhio

con l’intenzione di ucciderlo, senza riuscirvi.

Zorbonio vive solo perché la sua famiglia si è suicidata

buttandosi giù da un balcone del terzo piano.

Questa creatura è alta quasi sette metri e mezzo. Si ciba

solo di nutrie morte. Poche volte esce di casa per cercare

del cibo e lo fa solo di notte, perché non ama farsi

vedere.

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Daigoro di Giacomo

Daigoro arriva quando meno te lo aspetti. Di solito dorme

sotto il letto e rapisce le persone nel pieno della notte.

Ha gli occhi da Lucifero, i denti aguzzi e taglienti, la barba

che sembra di filo spinato, artigli al posto delle unghie. Le

Daigoro

data sconosciuta

svedese

--

diabolici

indossa il 50 di scarpe; ha le orecchie

bioniche

sotto i letti della gente

rapire adulti

--

-- --

Daigoro

--

Svezia --

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sue orecchie sono bioniche e quando cammina a volte

inciampa perché porta il numero 50 di scarpe.

Si nutre di adulti che non fanno i bravi con i figli.

Odia gli autoritari e non sopporta le regole.

È capace di uccidere e di difendersi con coltello, sciabola

e pugnali da lancio.

Il suo colore preferito è intuibile: il rosso!

E tu che stai leggendo, fai il bravo con i tuoi figli, mi

raccomando!!!

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Ma da dove deriva la parola mostro ?

La parola latina monstrum significa

dapprima "prodigio", indicazione della

volontà degli dei, in seguito "oggetto" oppure

"essere soprannaturale".

Il termine si lega sostanzialmente sia a

monere, un verbo latino che significa

"ammonire", sia a

monstrare, che significa "mostrare", nel

senso di "indicare una condotta" e

"prescrivere la via da seguire".

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Monstrum è allora un avvertimento

divino che non potrà che prendere l'aspetto di

un essere sovrannaturale.

(fonte: www.treccani.it)