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CIVILE salute TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SANITARIA DELL’ASST DEGLI SPEDALI CIVILI DI BRESCIA - ANNO 21 - N 172 Autotrapianto di isole del pancreas Sparando con le stelle La ZEBRA RUN 172 settembre 2018 BLUD Banca del Latte Umano Donato Le avventure di Bronkosauro Prevenire gli atti di violenza nei contesti sanitari Scrittori in corsia

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Autotrapiantodi isoledel pancreas

Sparandocon le stelle

La ZEBRA RUN

172 settembre 2018

BLUD Banca del LatteUmano Donato

Le avventuredi Bronkosauro

Prevenire gli attidi violenzanei contesti sanitari

Scrittori in corsia

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Direzione e Redazionep.le Spedali CiviliASST degli Spedali Civili di Brescia

DIRETTORE GENERALE:Ezio Belleri

COMITATO DI REDAZIONEChiara Benedetti, Enrico Comberti, Rossana Gardoni, Lia Giovanelli, Silvia Mentasti, Francesca Verga

REALIZZAZIONE GRAFICACentro Stampa Spedali Civili

STAMPATipografia Galli Varese

EDITOREASST degli Spedali Civili di BresciaRegistrazione del Tribunale di Brescian.39 del 31 ottobre 1997CHIUSO IN TIPOGRAFIA Il 28 settembre 2018

IN QUESTO NUMEROGrande successo per la corsa benefica"La Zebra Run" 3

Un anno della banca del latte umanodonato (BLUD) 4

Le avventure di Bronkosauroun dinosauro con l'asma 6

Scrittori in corsia: libri e sorrisiper i degenti del reparto oncologicodegli Spedali Civili di Brescia

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Un ecografo di ultima generazioneper l'Ospedale dei Bambini 10

"Sparando con le stelle" un piattellocontro il cancro 12

Dormire bene per vivere meglio 14

Sinergia tra Brescia e Milano per salvareil pancreas a un giovane incidentato 18

Prevenire gli atti di violenzanei contesti sanitari 20

I nostri talenti: Raffaele Spiazzi 22

24 giugno 1859: tre Americanisul campo di battaglia di Solferino.I reportage di un medico,un giudice e un giornalista

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Prenotazionevisite ambulatoriali

NUMERI UTILI

PRENOTAZIONI RADIOLOGICHESpedali Civili - Radiologia di via CorsicaOspedale di Montichiari e Radiologia Pediatricatel. 030.224466* • LUN/VEN 7.30-19.30 • SAB 8-13Radiologia Ospedale di Gardone V.T.tel. 030.8933214 • LUN/VEN 8-16

SPEDALI CIVILIvia Corsica 145, via Biseo 17PNEUMOLOGIA E CENTRO SENOLOGICOvia Marconi 26POLIAMBULATORI PEDIATRICItel. 030.224466* • LUN/VEN 7.30-19.30 • SAB 8-13

OSPEDALE DI GARDONE V.T.tel. 030.8933500 • LUN/VEN 8.30-12.30 e 13-15*

OSPEDALE DI MONTICHIARItel. 030.9963357 • lun/ven 8-15.30*

*oppure 800.638.638 (da lunedi al sabato dalle 8 alle 20)Numero verde per disdire tutte le prenotazionie per prenotare screening ATS800.620.760 dalle 8.30 alle 17.30 • LUN/VEN

SERVIZIO PRELIEVIVia Ducco 91 - BresciaLUN/SAB 7.15-11 senza prenotazione dalle 12 alle 13

SERVIZIO PRELIEVI ADULTI E PEDIATRICIvia Corsica 145 - BresciaLUN/VEN 7.45-10.30 senza prenotazioneSAB 7.45-9.30 senza prenotazione tel. 030.2442649-605 • LUN/VEN 10.30-15

PRELIEVI OSPEDALE DI MONTICHIARILUN/VEN 7.30-9.30 • SAB 8-9 tel. 030.9963322 • 10.30-16.00

PRELIEVI OSPEDALE DI GARDONE V.T.LUN/SAB 7-10.30 tel. 030.8933212

CIVILE SALUTE

Una marea di magliette verde fluoriempie il cuore della città

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Grande successo per la corsa benefica

La terza edizione della Zebra Run conferma e supera il successo

delle edizioni precedenti: domenica 23 settembre 2018

si sono presentati più di 4000 persone, di tutte le età, al na-

stro di partenza della Corsa benefica organizzata dall’Associazione La Zebra Onlus, per la raccolta di fondi destinati alla Radiologia Pediatrica dell’Ospe-dale Civile di Brescia.

Una iniziativa sentita con entusiasmo da tanti colle-ghi dell’ASST Spedali Civili e da tanti simpatizzanti che dalla Città e dai Comuni della provincia hanno par-tecipato numerosi, invadendo Piazzale Arnaldo e poi le vie cittadine, con un lungo serpentone verde fluo, a dimostrazione del grande affetto che lega il nostro Ospedale alla città: il generoso cuore dei bresciani ha battuto forte (non solo per lo sforzo della corsa!) nel cuore del centro storico.Ad animare la giornata, le ”Iene” Stefano Corti e Ve-ronica Ruggeri, per il secondo anno ospiti affezionati della manifestazione.

Nel corso della manifestazione ha trovato spazio il ri-cordo commosso, ma con il sorriso, del nostro collega Mauro Piccoli.

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Una marea di magliette verde fluoriempie il cuore della città

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Un anno della bancadel latte umano donato(BLUD)Da settembre 2017 ad oggi

sono stati raccolti 307.500 ml corrispondenti a 307,5

Litri di latte umano donato che sono stati utilizzati per l’alimen-tazione di 169 neonati ricove-rati presso l’U.O. Terapia Intensiva Neonatale. Il latte donato è stato raccolto grazie all’arruolamento di 64 mamme donatrici di cui 30 at-tualmente ancora donatrici attive.Ogni mamma in buona salute che sta allattando può decidere di donare gratuitamente un po’ del proprio latte.La quantità di latte fornita può va-riare molto da donna a donna…“Ma ogni goccia è importante!”La BANCA DEL LATTE UMANO DONATO (BLUD), realizzata gra-zie alla generosità di Centrale del Latte di Brescia in aggregazione con altri imprenditori e Associa-zione Nati per vivere, è stata inau-gurata il 30 agosto 2017; ha sede presso l’U.O. Terapia Intensiva Ne-onatale ed è la quarta realtà in Re-gione Lombardia.L’Italia risulta essere, ad oggi, uno tra i Paesi più attivi in Euro-pa con ben 34 banche del latte operative distribuite nelle di-verse Regioni.Per ‘Banca del Latte Umano’ si

intende un punto di raccolta del latte donato da madri volontarie e distribuito, dopo opportuno trat-tamento, ai neonati che ne hanno necessità nel corso del ricovero in assenza del latte materno.Il Servizio offerto con la Banca del Latte, infatti, consente di soddisfa-re le esigenze di latte umano dei piccoli ricoverati, nati pre-termine e i bambini affetti da specifiche patologie e che non possono es-sere nutriti dalla propria mamma.Spesso le mamme che partorisco-no prima del tempo non riesco-no a garantire da sole una produ-zione adeguata di latte e questo è il motivo per cui la 'Banca del Latte Umano Donato' è una pre-ziosa risorsa per tutti i piccoli che hanno bisogno di questo im-portante alimento.

Il latte della mamma è più di un ottimo alimento: i suoi fattori biologici specifici proteggono da molte malattie, anche a lungo ter-mine, e stimolano lo sviluppo di vari organi e apparati.Se per il bambino sano il latte rappresenta il nutrimento ideale, per molti bimbi, nati pretermine o affetti da patologia, è da con-siderare un vero e proprio sup-porto terapeutico. Spesso, pur-troppo, le madri dei neonati che più ne avrebbero bisogno, hanno difficoltà a fornire una quantità di latte adeguata, specie se il proprio bambino non può essere alimen-tato direttamente al seno.Le mamme donatrici sono le mamme che hanno una produ-zione di latte superiore al fab-bisogno del proprio figlio. Il

più delle volte vengono a conoscenza della pos-sibilità della donazione grazie a campagne infor-mative e soprattutto al “passa parola” e, spinte dal desiderio di com-piere responsabilmente

questo generoso atto di solidarie-tà, si mettono in contatto con la Banca del Latte.

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Banca del Latte Umano Donato (BLUD)presso la U.O. di Neonatologia eTerapia Intensiva Neonatale (TIN)

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La "Banca del Latte Umano Do-nato" si occupa della selezione della donatrice, raccolta, con-trollo, trattamento e conserva-zione in condizioni di sicurezza del latte delle mamme donatrici e della distribuzione gratuita per specifiche necessità mediche ai piccoli pazienti.Lo scopo principale di questo Ser-vizio è quello di garantire l’assoluta sicurezza del latte dal punto di vista infettivologico e tossicologico, per questo è necessario che il latte sia il più sicuro possibile alla ‘fonte’: da ciò deriva l’importanza di sele-zionare solo donatrici sane, la cui idoneità viene accertata mediante una accurata anamnesi e valutazio-ne di dati clinici e sierologici oltre che dello stile di vita.Le mamme, disponibili alla dona-zione, vengono educate, istruite e dotate del materiale necessario al prelievo del latte. Il KIT per la mamma chiamato “Milk’s Box” è composto da:• BORSA TERMICA• tiralatte + Kit

(ventosa e accessori vari)• biberon monouso• scatola contenitore per frigorifero• portabiberon per trasportare il

latteIl latte donato viene poi ritirato presso il domicilio della mamma dal Servizio Autisti dell’Ospedale e consegnato presso la Banca del Latte dove viene controllato, pa-storizzato, congelato e conservato negli appositi congelatori pronto all’utilizzo in caso di bisogno.Per l’alimentazione del neona-to pretermine è consigliata una conservazione del latte conge-lato per un periodo massimo di 3 mesi.

Se hai latte e vuoi proporti come mamma donatrice,o per avere informazioni, contatta:

BANCA DEL LATTE UMANO DONATOTERAPIA INTENSIVA NEONATALE

dal lunedì al venerdì dalle 08.30 alle 12.30

Tel. 030-3996294 e-mail: [email protected]

Banca del Latte Umano Donato (BLUD)presso la U.O. di Neonatologia eTerapia Intensiva Neonatale (TIN)

Centro Stampa Spedali Civili - d 06 00 015

La Banca del Latte Umano Donato (BLUD), è il luogo dove il latte

umano di mamme volontarie donatrici viene

raccolto, trattato e conservato in condizioni

di sicurezza

per essere utilizzato per i piccoli nati

pretermine o con patologia e dare loro

la miglior cura possibile

BANCA DEL LATTE UMANO DONATOTERAPIA INTENSIVA NEONATALE

Ospedale dei Bambini – ASST degli Spedali Civili di Brescia

Se hai latte e vuoi proporti come mamma

donatrice,o per avere informazioni,

contatta:BANCA DEL

LATTE UMANODONATO

TERAPIA INTENSIVA NEONATALE

dal lunedì al venerdì dalle 08.30 alle 12.30

Tel. 030-3996294 e-mail

[email protected]

NEL LATTE MATERNOC’È LA VITA

Dona il tuo latte, l’alimento più preziosoper i bambini prematuri o affetti da patologie

La Banca del LatteUmano Donato

degli Spedali Civiliè stata realizzata

grazie allagenerosità di

ASST Spedali Civili

Sistema Socio Sanitario

Presidio Ospedaledei Bambini

RegioneLombardia

in collaborazione con:

Agenzia di Chiari - Via Brescia 41/A

www.asst-spedalicivili.it

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civilesalutecivilesalute

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L’ASST Spedali Civili di Brescia è lieta di annun-ciare la pubblicazione dell’ebook “Le avventure di BronkoSauro, un dinosauro con l’asma”, un pro-getto voluto e realizzato dall’Associazione AMBRA Onlus, in collaborazione con il Laboratorio Clinico Pedagogico e Ricerca Biomedica/Centro “Io e l’A-sma” e ASST Spedali Civili di Brescia, per aiutare bambini e famiglie nella gestione dell’asma e per promuovere sani stili di vita.

L’asma è una delle più frequenti malattie croniche dell’infanzia.

Si stima che in Italia un bambino su 10 soffra di sintomi asmatici e 1 bambino su 3 soffra di sinto-mi allergici. La diagnosi di asma necessita di alcu-

ni cambiamenti nello stile di vita e di una gestione quotidiana delle terapie.

Le linee guida internazionali GINA (Global Ini-ziative for Asthma) indicano l’educazione tera-peutica quale elemento chiave per mantenere l’asma sotto controllo e per il benessere dei bambini.

“Le avventure di BronkoSauro, un dinosauro con l’asma” è un ebook con storie e schede digitali interattive di approfondimento che of-fre ai bambini e alle famiglie informazioni corret-te sulla patologia con un linguaggio a misura di bambino, contribuendo a diffondere uno stile di vita sano.

"Le AVVENTUREdi BronkoSauroun dinosaurocon l’asma"

Un progetto volutoe realizzatodall’AssociazioneAMBRA Onlus

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L’ebook contiene:

• Cinque storie educative e divertenti, adatte a bambini da 4 a 10 anni, per far conoscere il mondo dell’asma e promuovere uno stile di vita salutare: In campeggio, Una notte burra-scosa, Le Saurolimpiadi, A.A.A. Cercasi Cuoco e Tutti in gita a Sauroland.

• Tredici schede di approfondimento, con indicazioni pratiche e consigli utili per stare bene: cos’è l’asma, come comportarsi in caso di allergia o di crisi d’asma, i consigli per una buona alimentazione e per vivere una vita sana e serena, anche nelle relazioni con gli altri.

• Due video che spiegano come usare i farma-ci e il distanziatore nel modo più appropriato e come fare il lavaggio nasale.

Grazie all’ebook i piccoli pazienti potranno cono-scere l’asma attraverso le storie e le avventure di un dinosauro divertente e spiritoso che li accom-pagnerà nel proprio percorso di cura, promuoven-do uno stile di vita salutare e incentivando i bam-bini a seguire le indicazioni del proprio medico.

L’ebook è gratuito e scaricabile dal sito dell’Asso-ciazione all’indirizzo:<http://www.ambraonlus.it/progetti/> ed è di-sponibile in due formati, sia in .Pdf che in .Epub (versione interattiva).

Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno di tanti sostenitori che hanno contribuito anche at-traverso una campagna di crowdfunding promos-sa su Eppela.

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libri e sorrisi per i degentidel reparto Oncologicodegli Spedali Civili di Brescia

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Sorrisi, libri, momenti di leggerezza e distrazione per i degenti del reparto

oncologico degli Spedali Ci-vili di Brescia. Sono i “doni” di “Scrittori in corsia”. Si tratta di un progetto che nasce dalla collaborazione tra il Sistema Bibliotecario Urbano del Co-mune di Brescia – in particola-re la biblioteca decentrata del quartiere “Villaggio Prealpino” della Città che ha impreziosito la collezione di volumi-, il re-parto di degenza di Oncologia degli Spedali Civili di Brescia e il servizio educativo diurno della Cooperativa sociale “La Mongolfiera”, che dal 1986 si occupa di disabilità, emargina-zione, minori e mondo carce-rario, e l’Associazione culturale Cyrano Factory.Lo scopo è quello di arricchi-re la raccolta libraria, già pre-sente nel Reparto Oncologico degli Spedali Civili di Brescia, che è nata dall’iniziativa della Cooperativa “La Mongolfiera” che ha raccolto e selezionato i libri donati dai cittadini bresciani.Molti gli scrittori che hanno

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sostenuto con entusiasmo il progetto donando i loro libri. Tra questi: Maurizio de Giovanni, Antonio Manzini, Francesco Ca-rofiglio, Chiara Gamberale, Sara Bilotti, Ugo Barbara, Luca Pol-delmengo, Bruno Ballardini, An-tonella Ossorio, Annalisa Strada, Romano De Marco, Paolo Casa-dio, Nadia Levato, Laura Costan-tini, Loredana Falcone, Barbara Garlaschelli, Stefano Bonazzi, Gianluca Morozzi, Carmine Mo-naco e molti altri. Una decina di giovani ragazzi e ragazze che accedono al Servi-zio di Formazione all’Autonomia (SFA) di Brescia di via Reverberi n. 17 offrono momenti di alle-gria, spensieratezza, fantasia e condivisione ai degenti del re-parto oncologico degli Spedali Civili di Brescia. Ci mettono im-pegno e passione.Hanno anche realizzato dei quadri nei loro laboratori d’ar-te da appendere alle pareti del reparto.

SCrittoriin corsiaSCrittoriin corsiaSCrittoriin corsiaSCrittoriin corsiaSCrittoriin corsiaSCrittoriin corsiaSCrittoriin corsia

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Un sogno, dunque, diventato realtà: l’ecografo ipertecnolo-gico, frutto del ricavato del-la “1000 Miglia Charity”, il 29 giugno è stato consegnato al Reparto di Radiologia Pedia-trica della ASST Spedali Civili di Brescia, diretto da Maria Pia Bondioni.Un taglio del nastro segno tangibile dell’impegno e della generosità di Mille Miglia, Ali Solidali e La Zebra Onlus uni-ti per “1000 Miglia Charity” e per un unico obiettivo: rendere sempre più grande e di eccel-lenza il Reparto di Radiologia dell’Ospedale dei Bambini del-la ASST Spedali Civili di Brescia.I numeri raccontano la passio-ne e l’impegno messo in cam-po dalle Associazioni per l’ini-ziativa: 13mila biglietti venduti e oltre 6.800 donazioni per un totale di 115mila euro ricevuti per sostenere l’Ospedale dei bambini.

I fondi sono stati raccolti at-traverso una lotteria e un’asta legate alle Mille Miglia 2018 e un Charity Party Dinner che si era tenuto il 14 maggio a Villa Fenaroli.

La Zebra Onlus, presieduta da Daniela Scotti, si è occupata della promozione e vendita dei biglietti, Ali Solidali, invece, ha messo a disposizione due au-tomobili durante le Mille Miglia attivando un programma con personaggi di un certo calibro, tra cui Alvaro Soler (in gara con la Presidente di Ali Solidali Ma-ria Bussolati Bonera).

Due splendide automobili gui-date da personaggi di chiara fama, una Mercedes 300 SL Ali di Gabbiano e una Mercedes 300 SL Roadster, sfrecciavano all’insegna della solidarietà e generosità.

Alvaro Soler, tra i protago-nisti più attesi della gara, ha

espresso il suo entusiasmo per l’iniziativa.“Brescia ha un cuore grande”, ha detto soddisfatta la Presi-dente di Ali Solidali Maria Bus-solati Bonera.L’Ospedale dei Bambini di Bre-scia è uno dei 13 Ospedali Pediatrici italiani e quotidia-namente cura un numero cre-scente di bambini provenienti da tutta la Lombardia Orientale e parte del Veneto.Vengono assicurate oltre 35.000 prestazioni a favore dei piccoli pazienti afferenti al nostro nosocomio di cui quasi 9.000 sono quelle a favore dei pazienti ricoverati.Essendo centro di riferimento italiano ed europeo per di-verse patologie, giungono al nostro nosocomio pediatrico bambini che provengono da tutte le regioni d’Italia e dagli Stati oltre confine.

Un ecografo di ultimagenerazione per l’Ospedaledei Bambini della AsstSpedali Civili di Brescia

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La radiodiagnostica è una bran-ca della medicina in veloce e rapida evoluzione.La precisa e corretta diagnosi è legata in maniera imprescin-dibile alle apparecchiature ra-diologiche che devono essere performanti e di ultima gene-razione in quanto forniscono immagini più precise e detta-gliate.In ambito pediatrico l’ecografia è la metodica diagnostica mag-giormente utilizzata in quanto è un imaging di primo livello prontamente disponibile, alta-mente diagnostico e privo di radiazioni ionizzanti.Nel nostro Ospedale dei Bam-bini effettuiamo circa 30 eco-grafie al giorno per ogni ap-parecchiatura per un totale di circa 5500 indagini l’anno su ogni ecografo.

Motori e solidarietà insieme: “1000 Miglia

Charity” ha fatto centro ed ha raccolto oltre

115mila euro per la Pediatria del Civile, spesi

per l’acquisto di un ecografo di ultima gene-

razione e per l’ampliamento del Reparto di

Radiologia dell’Ospedale dei Bambini.

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Grande successo per la terza edizione di “Spa-rando con le stelle”,

manifestazione sportiva di tiro al piattello a supporto della Fondazione Beretta impegna-ta da oltre trent’anni nella lotta contro il cancro, che quest’anno ha raccolto oltre 15mila euro interamente devoluti alla ASST Spedali Civili di Brescia per im-portanti progetti di studio e cura dei tumori.

Campioni del mondo e perso-

naggi dello spettacolo si sono dati appuntamento il 24 giugno al campo di tiro al piattello Trap Concaverde di Lonato del Gar-da per trascorrere una giornata all’insegna del tiro a volo e della solidarietà.

L’evento, con l’amichevole con-duzione di Valerio Staffelli, quest’anno anche nella veste di tiratore d’eccezione, ha visto protagonisti campioni apparte-nenti a varie discipline del pa-norama sportivo italiano, pronti

a cimentarsi in una gara di tiro a volo, con il coaching dei Cam-pioni del Beretta Team.

Molti i Campioni dello Sport che hanno aderito alla causa della Fondazione Beretta: Andrea Lo Cicero, recordman di presenze nella Nazionale Italiana di Rug-by (103 presenze) e conduttore televisivo su Sky; Vanessa Fer-rari, la “farfalla di Orzinuovi”, la prima italiana campionessa del Mondo di Ginnastica Artistica, tre volte olimpionica a Pechino, Londra e Rio; Roberto Premier, ex-capitano della Nazionale di Basket, stella dell’Olimpia Mila-no degli Anni ’80, olimpionico a Los Angeles ’84; Matteo Ca-vagnini, Bresciano, cestista ca-pitano della nazionale italiana di pallacanestro in carrozzina; Marco Velo, ciclista bresciano, professionista dal ’96 al 2010, gregario dell’indimenticabile Marco Pantani.

Beretta ha assegnato a loro dei coach di grande spessore, tra i quali l’Argento Olimpico a Londra 2012, Massimo Fabbrizi, l’Argento Olimpico a Rio 2016, Natalie Rooney, il campione di

"Sparando con le stelle"un piattello

contro il cancroEvento charity a sostegno dei progetti di ricerca

della Fondazione Beretta per lo studio e la cura dei tumori

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Para-Trap Saverio Cuciti e l’ido-lo di casa Luca Miotto.

L’obiettivo a cui le Stelle sono state chiamate era rompere più piattelli possibile, in quanto ad ogni piattello rotto corrispon-deva una donazione a favore dei progetti patrocinati dalla Fondazione Beretta.

La gara è stata vinta dalla cop-pia bresciana composta da Va-nessa Ferrari e Luca Miotto che ha centrato 13 piattelli su 15.

Anna Beretta Catturich, Ammi-nistratore Delegato della Fon-dazione, ha commentato così il progetto: “La nostra fondazione opera da anni a sostegno dello studio e della cura contro i tu-mori. Penso sia nostro dovere supportare la ricerca con azioni

concrete. Abbiamo accolto con grande favore questa iniziativa che associa un evento sportivo a momenti di sensibilizzazione sull’attività della lotta ai tumori. Lo sport educa a buoni compor-tamenti.

Agli atleti, del tiro e non, che hanno accettato di mettersi in gioco con generosità e simpatia per sostenere la nostra causa, va la nostra più grande riconoscen-za. La cura dei tumori continua ad essere la grande priorità del nostro tempo e la sensibilizza-zione attraverso lo sport può darci una mano per vincere la nostra sfida.”

“Il tumore è una patologia che fa ancora paura, nonostante negli ultimi anni siano sempre più nu-

merosi i casi che possono essere curati, in particolare grazie alla prevenzione e alla scoperta tem-pestiva della malattia. La medici-na ha fatto passi da gigante nella cura dei tumori, sia per quanto riguarda interventi strettamente clinici, con percorsi di cura mul-tidisciplinari e scientificamente avanzati, sia negli interventi di supporto psicologico.

Ancora grazie di cuore a nome di tutta la Azienda alla Fonda-zione Beretta e a tutti coloro che attivamente hanno contribuito alla buona riuscita della giorna-ta" così commenta Ezio Belleri, Direttore Generale della ASST Spedali Civili di Brescia.

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Dio benedica chi ha inven-tato il sonno, mantello che avvolge i pensieri di

tutti gli uomini, cibo che soddisfa ogni fame, peso che equilibra le bilance e accomuna il mandria-no al re, lo stolto al saggio (M. de Cervantes).

Così filosofi e poetici parlano del sonnoNella storia, nei poemi omerici, nella Bibbia, quando la mente dell’uomo si libera dalle cure e dalle distrazioni del mondo, può parlare la divinità e il messaggio di Dio può giungere alla mente, libera, dell’uomo.

Ma per la scienza?La sete di sapere e la curiosità umana hanno sempre cercato di comprendere cosa avviene nel momento di assenza di coscien-za che contraddistingue il sonno.

Ben più di 2000 anni fa (correva l’anno 350 a.C.) Aristotele scris-se un lungo trattato su” Sonno e veglia” ponendosi domande che per millenni saranno insolute.

Nel corso dei secoli gli scienziati hanno guardato con interesse al sonno e ai meccanismi che lo re-golano con l’avvento delle nuove tecnologie, prima l’elettroence-falografia nei laboratori di Chica-go negli anni ‘50 del Novecento e poi le metodiche di neuroima-ging funzionale.

Si è compreso come il sonno sia importante, essenziale alla vita dell’uomo.

Mentre dormiamo il nostro cer-vello seleziona e immagazzina i messaggi più importanti, racco-glie nella memoria quanto più utile, quanto necessario, effet-tua un naturale backup che ci permette di costruire la nostra memoria, di poter avere un rapi-do accesso all’azione o al proce-dimento mentale più efficiente per affrontare i compiti del quo-tidiano selezionando le sinapsi ed i contatti più importanti tra i neuroni.

Per questa “costruzione di me-morie" lungo è, e deve essere, il tempo dedicato al sonno nei bambini.

Lontano dalle cure del mondo il nostro cuore, non sottoposto allo stress dell’impegno quoti-diano rallenta e regolarizza il suo battito.

La pressione arteriosa, non do-vendo supportare l’attività quo-tidiana riduce e stabilizza i suoi valori.

La temperatura corporea si ab-bassa per risparmiare energia.

Si rallenta e si regolarizza il rit-mo del nostro respiro; cambia la produzione ormonale, gli ormo-ni dello stress cedono il passo all’ormone della crescita.

Migliora la risposta cellulare all’insulina, si producono so-stanze importanti per il senso di fame e sazietà con significativa ricaduta su patologie assai fre-quenti simbolo di quest’epoca di benessere: diabete e obesità.

Proprio per la globalità di coin-volgimento che il sonno ha per corpo e mente il “Centro di Me-dicina del Sonno“ attivo presso gli Spedali Civili ha voluto esse-re un Centro Multidisciplinare Neurologico e Pneumologico

Dormire beneper vivere meglio

"Il sonno è per l'uomo ciò che la ricarica è per l'orologio"A. Schopenhauer

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con Ambulatori dedicati in ambi-to più strettamente neurologico nell’Unità operativa di Neurofi-siopatologia e per la patologia di pertinenza pneumologica nella sezione di Medicina Respiratoria della Divisione di Pneumologia e Fisiopatologia respiratoria.

La possibilità di orientare ad un corretto e quanto più rapido possibile percorso diagnostico-terapeutico è compito dell’am-bulatorio di Medicina del sonno avvalendosi anche della collabo-razione di altri specialisti (Oto-

rinolaringoiatri, Odontoiatri, Psichiatri , Psicologi e Cardiologi internisti).

La continuità e la stabilità del sonno, obiettivi di chi si occupa di medicina del sonno, sono fonda-mentali alla sua corretta azione: fattori esterni quali, ad esempio, la luce degli smartphone, l’inqui-namento acustico delle nostre notti estive o ancora, le patolo-gie stesse del sonno l’insonnia, le apnee morfeiche frammenta-no il sonno e impediscono che si raggiunga la stabilità necessaria

per ottenere gli obiettivi di be-neficio sulla mente e sul corpo cui esso è deputato.

Se le teorie sul sonno sono nei secoli passate attraverso giudizi di ”null’altro che assenza di ve-glia” l’evoluzione della scienza ha portato a definire corretta-mente quanto importante, anzi essenziale, sia questa “sostan-ziosa” parte della nostra esi-stenza (passiamo dormendo cir-ca 1/3/della nostra vita!)

Le regole di igiene del sonno

1 Non rimanere a letto più del necessario ma dormire quel tanto che basta per sentirsi riposati ed efficienti durante il giorno.

2 Coricarsi e risvegliarsi al mattino sempre alla stessa ora per raffor-zare la ciclicità dei ritmi biologici e favorire un regolare addormenta-mento la sera.

3 Evitare di fare attività fisica ala sera tardi.

4 Insonorizzare il più possibile la stanza e mantenere una temperatura non superiore ai 24°.

5 Non coricarsi a digiuno ed evitare eccessi alimentari, non concedersi sonnellini pomeridiani.

6 Evitare di bere caffè, tè, coca cola alla sera.

7 Limitare l'uso di bevande alcoliche.

8 Limitare il fumo.

9 Se non si dorme è preferibile alzarsi e fare qualcosa.

10 Evitare di dormire davanti alla televisione prima di coricarsi.

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Attivitàcerebrale

- Immagazinamento dei dati mnesici

- "riposo" delle cellule cerebrali

- "selezione" dei circuiti neuronali utili con "ripulitura" delle sinapsi inutili

Il sonno è quindi parte fonda-mentale dell’esistenza e della fisiologia umana, non solo utile, ma necessaria.

Per questi motivi dobbiamo im-parare a rispettarlo, a non met-terlo ai margini di giornate che ci sembrano sempre troppo cor-te : sia che siamo gufi o allodo-le, sia che siamo brevi o lunghi dormitori (la genetica così ci dif-ferenzia) sempre siamo animali diurni e l’arrivo del buio è primo induttore del sonno (meccani-smo circadiano).

Ma, ancora, ricordiamo che l’ac-cumulo di ore di veglia (processo omeostatico) è altro motore del sonno, che, se calpestato, entra prepotente a dare il giusto ripo-so al nostro corpo e alla nostra mente (ne sono triste testimo-

nianza gli incidenti per colpo di sonno sulle nostre strade).

Se il nostro sonno è dunque ca-rente in quantità, ma ancora di più in qualità e non lo avvertia-mo come riposante poniamoci attenzione, ricordando che è importante una diagnosi cor-retta e che diversi sono i rimedi non sempre e non solo farma-cologici.

Il sonno è dunque per l’uomo un piacere, un diritto, ma an-che un dovere perché le nostre giornate e la nostra veglia siano, non più prolungate e frenetiche, non quantitativamente ma qua-litativamente migliori.

Regolazione biologicadi diversiparametri

- Funzioni endocrine e metaboliche

- Regolazione della funzione immunitaria

- Regolazione della funzione del sistema vegetativo

- Regolazione della temperatura corporea e risparmio energetico

BRESCIACentro di Medicina

del Sonno Neurologico e Pneumologico

ASST degli Spedali CiviliPiazzale Spedali Civili 1 - 25125 BRESCIA

Telefoni:0303995568 (U.O.C. Neurofisiopatologia)

030399.5596 (U.O.C. Fisiopatologia Respiratoria)0303996821 (U.O.C. Neurofisiopatologia)

0303995052 (U.O.C. Neurofisiopatologia Fax)0303996002 (Fisiopatologia Respiratoria)

0303996138 (2a Medicina)

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Associazione Italiana di Medicina del SonnoSi certifica che il

Centro di Medicina del Sonno Neurologico e PneumologicoUO Neurofisiologia,UO Fisiopatologia Respiratoria

Spedali Civili di BresciaBrescia

dopo verifica della presenza dei requisiti richiestiE’ stato accreditato dall’AIMS come

CENTRO di MEDICINA del SONNOMilano, 23 gennaio 2015Responsabile Commissione Accreditamento Centri Medicina del Sonno PresidenteDr.ssa Susanna Mondini Prof. Liborio Parrino

La terapia

Igiene del sonno

Terapie farmacologiche

Terapie nonfarmacologiche

Terapie "quasi"farmacologiche

Terapie cognitivocomportamentale

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È stato eseguito con successo un autotrapianto di isole del pancreas all’interno del fegato di un giovane che aveva subito l’asportazione

del corpo e della coda dell’organo, a seguito di un grave incidente motociclistico.

Si tratta del primo caso in Italia di autotrapian-to di isole con isolamento in remoto a seguito di un trauma violento con lacerazione del pan-creas.Il risultato è frutto della collaborazione tra l’équipe chirurgica degli Spedali Civili di Bre-scia, guidata da Guido Alberto Massimo Tiberio,

professore ordinario di Chirurgia generale dell’Università degli Studi di Brescia, e l’équi-pe dell’Unità di Processazione delle isole pan-creatiche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, guidata dal professor Lorenzo Piemonti, di-rettore del Diabetes Research Institute (DRI) del San Raffaele.

Un diciannovenne, in un incidente in moto, ha ri-portato una lacerazione del pancreas che ha reso necessaria l’asportazione – per via laparoscopica – del corpo e della coda dell’organo, dove si tro-va buona parte delle cellule deputate alla produ-

zione di insulina. In un caso come questo il rischio di svi-luppare il diabete poco tem-po dopo l’intervento è pari al 10-20%. Nel lungo termi-ne, però, la percentuale si alza fino al 50%, influenzan-do radicalmente la qualità di vita del paziente.Per scongiurare questo ri-schio l’équipe del professor Tiberio si è messa in contat-to con lo staff del DRI del San Raffaele: in poche ore la parte dell’organo aspor-tata è arrivata al San Raf-faele, dove i ricercatori del DRI hanno lavorato l’intera notte per isolare e purificare le beta cellule, deputate alla produzione di insulina.

Sinergia tra Brescia e Milano per salvare la funzione del pancreas in un giovane incidentatoIl risultato è stato possibile grazie alla collaborazione tra l’équipe chirurgica degli Spedali Civili di Brescia e il Diabetes Research Institute (DRI) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele che ha ricreato la funzione endocrina del pancreas all’interno del fegato del ragazzo

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Il giorno successivo il professor Piemonti ha tra-sferito le cellule a Brescia per reinfonderle nel fe-gato del paziente, in collaborazione con i radiolo-gi interventisti degli Spedali Civili. Una volta immesse nel fegato tramite la vena por-ta, le beta cellule attecchiscono nel giro di qualche settimana e riprendono la produzione di insulina, scongiurando il rischio di sviluppare il diabete. A distanza di 4 settimane dal grave incidente il paziente è stato dimesso in eccellenti condizioni generali. In particolare il profilo glicemico, alte-rato dopo la pancreatectomia, è andato progres-sivamente migliorando, fino a valori di assoluta normalità nell’arco delle 24 ore. Il giovane verrà seguito nei prossimi mesi per verificare la rego-larità del decorso postoperatorio e l’efficienza del ricostituito patrimonio endocrino pancreatico.

“Fino ad ora sono stati descritti meno di dieci casi al mondo in cui è stato utilizzato questo approc-cio, che richiede competenze multidisciplinari ed

expertise che solo in poche situazioni si riescono a coordinare in regime di urgenza. Inoltre l’asporta-zione del pancreas con tecnica mini-invasiva e la preparazione dei tessuti per il trapianto in un luogo diverso rispetto a quello del ricovero costituiscono una combinazione unica, che non si è mai verifica-ta in nessuno dei casi finora descritti” aggiunge il professor Piemonti.

“La collaborazione tra Ospedale San Raffaele e Spe-dali Civili è un bell’esempio di sanità votata all’ec-cellenza, resa possibile dalla capacità di lavorare in rete e dall’abitudine a eseguire procedure complesse e ad elevatissimo contenuto culturale e tecnologico anche in condizioni di emergenza, al di fuori dei ca-nonici orari di lavoro, nel solo interesse del pazien-te” spiega il professor Tiberio, che sottolinea: “Sono bastate due telefonate per attivare una procedura che ha coinvolto, nella sola fase operativa 16 spe-cialisti tra medici, biologi, chimici e infermieri”.

L'équipe bresciana

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Ogni anno in Italia si conta-no oltre 1.200 atti di ag-gressione ai danni dei la-

voratori della Sanità. Nel 70% dei casi le vittime delle aggressioni sono donne, soprattutto Medici in servizio alle Guardie Mediche.Parliamo di una media importan-te, pari a tre episodi di violenza al giorno, secondo quanto riportato dai dati INAIL per l’an-no in corso. Episodi che vanno dalle aggressioni verbali alle per-cosse fino ai tentativi di stupro, come ci raccontano ogni giorno anche i giornali.Assistiamo al fenomeno della violenza contro i camici bianchi in crescita continua: su un cam-pione di oltre 4mila infermieri, riferisce NurSind - il sindacato delle professioni infermieristiche - rispetto al 2013, nel 2017 sono aumentate sia le aggressioni ver-bali, passando dal 41% al 66%, sia quelle fisiche, che rappresen-tano un terzo di tutti i casi.Ed è per questo che il Ministero della Salute, come i vertici delle strutture ospedaliere e delle sigle sindacali, stanno portando avanti una campagna di sensibilizzazio-ne per dire NO ALLA VIOLENZA IN OSPEDALE.Negli Ospedali le segnalazioni di aggressioni si riscontrano in modo particolare nelle sale d’at-

Prevenire gli attidi violenzanei contesti sanitari

tesa, al triage, durante le visite mediche. Sono proprio gli operatori che la-vorano in queste aeree che sono più esposti in quanto devono gestire la rabbia dei pazienti, e/o dei parenti, dovuta alla “perce-zione di ingiustizia” determinata dalle attese, da stati psicologici alterati da abuso di sostanze, da patologie psichiatriche. Sono inoltre in aumento anche i conflitti derivanti da incompren-sioni linguistiche o culturali con utenti stranieri.Secondo recenti ricerche ci sa-rebbe inoltre una relazione tra le aggressioni ai sanitari e l’au-mento dei pazienti con disturbi psichiatrici dimessi da strutture ospedaliere o residenziali, così come esiste una relazione tra violenza e diffusione dell’abuso di alcol e droga. La mancanza di limiti all’accesso di visitatori negli ospedali e negli ambulatori rap-presenterebbe un’altra situazio-ne di rischio per lavoratori, così come la lunghezza dei tempi di attesa nei pronto soccorso, o nel-le situazioni di carenza del perso-nale. Il National Institute of Occupa-tional Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza nel posto di lavoro come “ogni aggressione fisica, comportamento minaccio-

so o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”. Il comportamento violento av-viene spesso secondo una pro-gressione che, partendo dall’uso di espressioni verbali aggressive, arriva fino ai gesti violenti.La conoscenza di tale progressio-ne e il fatto di sapere che alcuni eventi possono essere defini-ti “sentinella” può consentire al personale di comprendere quan-to sta accadendo e di interrom-pere il corso degli eventi attra-verso comportamenti mirati.NO ALLA VIOLENZA IN OSPE-DALE non è solo una denuncia, ma è anche una campagna per prevenire gli atti di violenza con-tro gli operatori sanitari attraver-so la conoscenza del fenomeno e la implementazione di misure che consentano l’eliminazione o la riduzione delle condizioni di ri-schio presenti, anche con l’acqui-sizione di competenze da parte degli operatori nel valutare e ge-stire gli eventi “sentinella”.

Ricordiamo che senza violenza c’è più cura, disponibilità e atten-zione…

E si sa con le buone maniere si raggiungono i traguardi più im-portanti!!!

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CENTRO STAMPA SPEDALI CIVILI -

www.asst-spedalicivili.it

ASST Spedali Civili

Sistema Socio Sanitario

Presidio Ospedaliero RegioneLombardia

Il timore di aggressioni

I nostri

sanitari

Permetti ai sanitari

Ospedale senza violenza:

Ogni episodio di violenza può essere perseguito ai sensi della legge

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Le sue caricature sono ambite da colleghi ed ami-ci che accettano con rassegnazione l’esaspera-zione dei propri difetti pur di avere un quadretto

personale e unico. Certo… lui deve essere in vena … deve trovare lo spunto giusto, quello che caratterizza la persona, quello che vede solo lui e che, con quella capacità creativa che lo contraddistingue diventa l’e-lemento caratterizzante dell’opera d’arte.

Raffaele Spiazzi, Direttore Medico dell’Ospedale dei Bambini, 58 anni, dal 1991 in questa Azienda, è per definizione un medico-artista ed ha saputo raccontare,

nei suoi anni di presenza, attraverso le sue creazioni, il mondo dell’Ospedale dei Bambini e di chi lo fre-quenta.

È sua la mongolfiera piena di animali su sfondo giallo adottata come simbolo dell’Ospedale dei Bambi-ni ed è suo il biberon con le ruote che caratte-rizza la Banca del Latte Donato. Sono suoi i ve-getali soggetti della campagna “Tommy & Ollie

for Health” per la prevenzione dell’obesità infantile e delle malattie metaboliche, così

come molte altre creazioni.

È una passione antica la sua: “mi sono man-tenuto agli studi universitari illustrando libri e pubblicazioni, ho sempre pensato che fosse giusto difendere una propria - zona protet-ta- rispetto ad una professione impegnativa,

ma totalizzante e le mie passioni: per l’arte, la musica e lo sport, mi aiutano in tutto quello che faccio”.

Ha saputo legare la passione per l’arte figura-tiva al lavoro di Direttore Medico dando all’im-

magine dell’Ospedale dei Bambini un logo unico, una sorta di marchio di fabbrica indissolubilmente legato alla struttura.

Ama lo sport, le maratone, le corse, le gare podisti-che, ama la musica, la polifonia corale, si definisce un pigro ossessionato dal bisogno di fare.

Ama il proprio lavoro, è soddisfatto anche se per la sua attività di Direttore Medico ha sacrificato il rap-porto diretto medico-paziente, cosa che all’inizio lo ha fatto riflettere. Ha bisogno di comunicare, connet-tere, contaminare e riesce a farlo attraverso la rela-

Raffaele Spiazzi…Il Direttore colorato

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Il Progetto “Tommy & Ollie for Health”per la prevenzionedell'obesità infantile edel rischio cardiometabolico, in accordo con il Piano d’Azione 2013-2020 dell’OMS sulle Malattie Non Comunicabili, proposto da BPW International Commission for Health e adottato da AOPI, Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani

Nella VITA bisogna sapersi «MISURARE». Il Dottor Spiazzi in una gara sportiva

zione con i colleghi e attraverso l’impegno organizzativo.

A ottobre lascerà l’Azienda per un importante incarico all’Ospeda-le Gaslini di Genova, ci manche-rà, non potremo più sottrargli gli schizzi prodotti nel corso delle ri-unioni per conservarli nel caso di-ventasse ancora più famoso.

Avrà comunque lasciato la sua fir-ma tra le corsie dell’Ospedale e sarà pronto a dipingere e dare un po’ di colore ad un’altra struttura … e chissà cosa si inventerà…

Grazie di tutto Raffaelebuona fortuna e buon lavoro!

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Chiara BenedettiBibliotecaria - Spedali Civili di Brescia

24 giugno 1859:tre Americani sul campo di battaglia di Solferino.I reportage di un medico,un giudice e un giornalista

Parte seconda

Nella puntata precedente abbiamo visto che sul campo di battaglia e diretti testimoni dell’avvenimento ci furono tre Americani: il direttore del «New York Times», un giudice e un medico giornalista: William Edward Johnston (“Malakoff”).Quest’ultimo visitò più volte gli Ospedali di Brescia e scrisse re-portage pubblicati sul «New York Times»: un primo accenno sabato 25 giugno, quando era a Brescia per spedire i «preziosi» articoli che dovevano partire alla volta di Parigi per arrivare trans-oceano a New York. A Brescia, scrive Ma-lakoff, diversi ospedali sono a di-sposizione per i feriti e anche case private raccolgono tutti quelli che possono. Oltre a questi i selciati delle piazze sono disseminati di corpi e i chirurghi fanno quello che possono, in questa confusione, per alleviare i bisogni più pressan-ti dei feriti.Ben più dettagliato l’articolo scrit-to il 10 luglio (Interesting Details of the Results of Battle. Visit to the Hospitals at Brescia. Condi-

Il 24 giugno del 1859 si svolse a Solferino (S. Martino e S. Madonna della Scoperta) la battaglia “più sanguinosa della storia dell’intera umanità”: tre eserciti (francese, piemontese, austriaco) tre sovrani (Napoleone III, Vittorio Emanuele II, Francesco Giuseppe d’Au-stria), circa 250.000 soldati in tutto, 11.000 morti e circa 45.000 uo-mini sarebbero stati feriti gravemente o dispersi. “La battaglia di Solferino e San Martino fu la prima grande battaglia europea dopo quelle napoleoniche. Solferino rappresentò l’apice, il culmine e la conclusione della nostra II Guerra d’Indipendenza e lungo il suo fronte, esteso perpendicolarmente per poco meno di 20 km al di sotto del lago di Garda, si combatterono 4 battaglie tra di loro intrecciate per uno stesso fine, nello stesso giorno, secondo una logica d’incontro e di occasionalità che non diede ampio spazio alle tattiche sul campo ed ancor meno alle strategie”.Dopo un combattimento durato dalle 6 del mattino alle 9 di sera, le truppe franco-sarde sconfiggono le austriache benché quest’ultime fossero di gran lunga più numerose. Gli eserciti alleati erano stanziati quasi interamente sul territorio bre-sciano e, ben presto, prima dello scoppio della battaglia, ci si rese conto di dover organizzare strutture per l’assistenza ai malati.Nella nostra Città vennero così allestite diverse decine di ospedali provvisori che avrebbero dovuto ricoverare e curare i militari feriti. A capo di questi Ospedali fu messo Bartolomeo Gualla, medico pri-mario del nostro Ospedale.Da giugno al tardo autunno del 1859 Brescia, città di 32.000 abitanti, ospitò 35.000 feriti: non c’è chiesa, convento, scuola o dimora pa-trizia che non diventi luogo di ospitalità, soccorso e cura dei feriti di tutte le Nazionalità: amici o nemici.

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tion of the French Wounded and the Austrian Prisoners, «New York Times», 16 agosto 1859) quando Johnston visita con “l’occhio” del medico. Egli descriveva in modo impietoso l’assistenza sanitaria in Brescia, città di 40.000 abitanti che «for its size has more magnif-icent palaces and churches that any town in Italy».Ecco uno stralcio di ciò che scrive: «Mi sono imbattuto ancora sul tre-no della morte di Solferino. Le bat-taglie sono finite e la pace regna, ma ci vorrà molto tempo prima che i ricordi della fine della guerra siano cancellati da questo paese. Il campo di battaglia è ormai de-serto e silenzioso e se non fosse per gli alberi abbattuti e i cumuli di terra fresca, nessuno potrebbe aspettarsi che una terribile lotta si sia svolta qui recentemente. È qui a Brescia che gli orrori di quel giorno rivivono nella memoria. Questa città ora contiene trentatré ospedali dedicati ai feriti, e ciascuno ospedale conta, in media, duecento posti letto. Questo darebbe un totale di 6600 feriti nei nosocomi e almeno altre due migliaia sono state ricevute in case private perché, per la gente della città sono patrioti e profondi nemici dell’Austria. È vero che la città è più volte stata assediata dai francesi, ma essi non hanno mai commesso atrocità come quelle commesse da Haynau nel 1848 [sic]. […] Haynau non solo bruciò la porta orientale e i palazzi che la circondavano, ma ha bombardato la città dalla cittadella sulla collina [il castello] e molti dei palazzi di marmo finemente cesellati porta-no i segni delle pallottole. […] La città ha due o tre ospedali, il resto

in questo momento è costituito dall’utilizzo di chiese e altri edifici pubblici».A Brescia Johnston trascorse la giornata visitando gli ospedali e il castello. In molti degli ospedali non ha trovato alcun chirurgo france-se e si è fatto l’idea che i francesi siano barbari nei confronti dei fe-riti, pronti ad abbandonare quelli terminali giustificandosi con il fatto che invece gli austriaci li seppelliva-no ancora vivi con i morti.Mentre c’erano medici e chirurghi civili italiani che erano «uomini di buone intenzioni, senza dubbio, ma uomini che non hanno mai pra-ticato la chirurgia militare, e, forse, non molto chirurgia di qualsiasi tipo».In ogni ospedale vide da uno a cin-que infermieri, un farmacista (che non faceva altro che somministrare impiastri, bende e medicamenti) e un gruppo di signore in abiti di seta e crinoline, veri e propri angeli custodi che prestavano la maggior parte delle cure.Malakoff dice di aver parlato con centinaia di feriti, chiedendo loro la natura delle loro ferite, il modo in cui sono state ricevute e come erano state curate.Un francese, che forse sarebbe morto entro un giorno o due, e che aveva il femore schiacciato da una palla durante l’assalto alla torre di Solferino, gli racconta che otto giorni prima un chirurgo francese, uno dei capi a Brescia, aveva visita-to quell’ospedale ed esaminato la sua ferita.Gli disse che vi erano frammenti di osso nella ferita e che l’arto do-veva essere amputato. Il ferito era fin troppo disposto, ma quel gior-no nessun chirurgo francese era in

servizio in ospedale e i chirurghi italiani non gli prestavano attenzio-ne.Egli era molto dolorante, non riu-sciva a muoversi, il suo letto non era mai stato rifatto e i frammenti ossei erano ancora nella ferita e la infettavano pesantemente. Aveva capito di essere spacciato ed era sicuro, per come era trattato, che aspettavano di dare il suo letto ad un altro malato. Inoltre nessuno sembrava aver tempo per scrivere una lettera ai suoi genitori.Questo non fu un caso isolato; ce ne furono molti altri come lui in punto di morte perché, essendo passati più di quindici giorni dal-la battaglia, tutti coloro che erano stati feriti leggermente erano gua-riti, o convalescenti, ed erano già stati dimessi.In un altro ospedale (una grande chiesa che conteneva circa 250 fe-riti, e una metà dell’edificio era ri-servata agli austriaci) trovarono sul lato austriaco gran parte dei feriti mortali o con ferite che erano di-ventate mortali per la disattenzio-ne e l’aria malsana dell’ospedale.I poveretti furono contenti oltre misura di trovare qualcuno che po-tesse parlare la loro lingua e che potesse interpretare i loro bisogni alle infermiere, le quali, qui, come altrove, erano signore in abiti di seta. Il lettore può ben immagina-re la gioia di un uomo, che, ferito mortalmente e consapevole di af-frontare la morte, ha avuto, per giorni, un desiderio insoddisfatto nella sua mente e che finalmente trova qualcuno in grado di capire e tradurre i suoi desideri. Un grande problema era l’impossibilità lingui-

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stica per i feriti austriaci: nessuno capiva il tedesco e quindi anche i conforti umani non erano possibili.In questo ospedale trovarono un-gheresi, lombardi, boemi, polacchi e tedeschi, ma non croati. Vi erano anche ferite di carattere bizarré e fra questi casi vi era un soldato i cui occhi erano stati por-tati via, il proiettile aveva fatto un foro sulla parte superiore del naso (lasciandolo intatto), attraverso il quale passava la luce.Un bel giovane boemo aveva anco-ra, da qualche parte nell’anca, un proiettile; l’amputazione era forse impraticabile, certamente inutile; si era formato del pus e il medico gli disse che se il pus fosse aumentato egli sarebbe morto, ma se spurgato poteva guarire.Molti di loro avevano ferite gra-vi inoperabili. Malakoff descrive alcuni casi, fra i quali quello di un tedesco cui un proiettile aveva at-traversato due ossa della gamba gonfiandola enormemente. I dolori lancinanti gli facevano desiderare

l’amputazione. Le donne non sa-pevano cosa fare per lui, che non poteva dire loro quello che voleva. Fu felice di trovare un interprete a cui chiedere un impacco.«Polenta, a sort of “mush” made of indian meal, is the great resource of this country»: Malakoff sottoli-nea che senza polenta non vi era salvezza né per i sani, che se ne cibavano, ma neppure per i mala-ti perché essa era utilizzata come terapia, sotto forma di cataplasma come appunto nel caso riportato.In un altro ospedale incontrò un uf-ficiale austriaco gravemente ferito, che non sapeva parlare né francese né italiano e la cui gioia nel trova-re un interprete era al di là di ogni espressione: «Egli era consapevo-le che la sua morte si avvicinava e mi disse che aveva una madre e le sorelle che amava teneramente, e che lui non era stato in grado di informarle della sua condizione. Il mio compagno ha preso l’indiriz-zo e gli promise di informarle con lettera su quanto era accaduto. Il

destino di questo ufficiale era par-ticolarmente triste, perché era un uomo di istruzione e senza dubbio di buona famiglia, e aveva sofferto non solo per la mancanza di una buona assistenza, ma mentalmen-te, in attesa di morire senza essere in grado di comunicare con i suoi cari.Il suo non era un caso isolato, tutta-via; la maggior parte degli Austria-ci che sono morti negli ospedali italiani non sono stati in grado di comunicare con i loro amici a cau-sa della lingua e per la difficoltà di invio di lettere. […] Ovunque non è stata fatta alcuna distinzione nel trattamento ufficiale dei feriti, se alleati o nemici, mentre l’aiuto dei volontari, essendo principalmente fornito dalle donne, era rivolto par-ticolarmente agli Austriaci». Johnston termina con una nota critica: «nessun chirurgo militare al mondo è superiore ai chirurghi dell’armata francese, ma i feriti di Solferino non furono curati bene in alcun senso: né nella modalità di trasporto, né nell’assistenza in-fermieristica, né per il trattamento chirurgico, nessun calcolo era stato fatto per un numero così grande ed imprevedibile di feriti e i chirurghi erano in numero insufficiente.Le morti qui sono circa trenta al giorno su un totale di diecimila, e in considerazione della durata del tempo trascorso dalla battaglia, tre quarti di queste morti devono es-sere attribuiti alle condizioni igie-niche inadeguate che circondano il paziente».

L’articolo del medico Johnston ven-ne ripreso quasi nella sua interezza anche sul quotidiano inglese «Ti-mes», che il 7 settembre pubblicò «New York Times», 16 agosto 1859

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la parte dedicata all’organizzazione degli ospedali bresciani intitolan-dola: Military hospitals in Italy e introducendola con queste parole: «Un corrispondente del New York Times che ha fornito quel giornale con molti vividi resoconti di crona-che durante la guerra in Italia, lo ha scritto da Brescia il 10 luglio».

**Era stato il medico bresciano, pri-mario chirurgo del nostro Ospedale e noto Patriota, Bartolomeo Gualla (1810-1870) a dirigere i 37 ospeda-li militari allestiti in occasione della Battaglia di Solferino. Nella sua re-lazione Breve cenno sugli ospitali militari provvisori di Brescia (stam-pata a Brescia nel 1859) descrive minuziosamente gli ospedali alle-stiti a Brescia, riportando per ognu-no il personale medico incaricato, il numero dei feriti, la loro prove-nienza (se sardi, francesi, austriaci), i tipi di interventi chirurgici eseguiti e le malattie dei feriti ricoverati dal 13 giugno al 31 agosto 1859.

Oltre che sulla stampa locale l’o-puscolo del Gualla venne recensito su una delle più importanti riviste mediche italiane dell’Ottocento: gli «Annali Universali di Medicina».

La pubblicazione su questa rivista, diffusa anche fuori dal Paese, fece sì che la pubblicazione del Gualla fosse conosciuta oltre l’Italia.

Infatti i dati del Gualla vennero ri-portati dalla stampa medica bri-tannica e statunitense dell’epoca: da «Lancet», dal «Medical Times and Gazette» e dal «Boston Me-dical and Surgical Journal» (dive-nuto, nel 1928, «The New England Journal of Medicine»).Fu sempre il «New York Times» il primo a parlare del Gualla e delle sue statistiche: Malakoff il 13 otto-bre da Parigi scrive un lungo artico-lo intitolato The losses at Solferino: «Perché, anche quando la guerra è popolare e quando tutti sanno che le vittorie si ottengono solo con un grande sacrificio della vita umana, i generali persistono a nascondere il numero delle loro perdite? […]Tre giorni dopo la battaglia di Sol-ferino, quando il numero degli uomini persi in ogni corpo doveva essere stato ufficialmente contato

presso i quartieri generali, un rap-porto dettagliato della battaglia emesso da Cavriana, è stato pubbli-cato al mondo dal Moniteur e fissa-va il numero di perdite sul versante francese a quindicimila, e su quello piemontese a seimila, per un totale di ventuno mila per l’esercito alle-ato. […]Da allora non ho visto nulla che mi convincesse che questa stima fosse troppo alta; e ora, al contrario, ho appena trovato in un giornale me-dico italiano [gli «Annali Universali di Medicina» NdA] una dichiara-zione ufficiale da uno dei principali chirurghi di Brescia, Dr. BARTOLO-MEO GUALLA, che invece di fissare a 21.000 la perdita degli alleati a Solferino, fra morti e feriti, la pone a circa 45.000!Il Dr. Gualla dà le seguenti statistiche: dopo la battaglia di Solferino trentasette ospedali sono stati aperti a Brescia. Il numero di feriti francesi che entrò in questi ospedali è stato: 17.345; di italiani 13.959; di austriaci 1.612. Totale feriti negli ospedali di Brescia, 32.916. Questo è solo per Brescia. Ora, un gran numero degli uomini che sono stati feriti a morte nei pa-esi di Castiglione, Lonato, Desen-zano, Montechiaro e in altri luoghi tra il campo di battaglia e Brescia, e molti di quelli trattati in questi villaggi e in convalescenza lì, non è mai entrato negli ospedali di Bre-scia, quindi il totale delle vittime dovrebbe essere maggiore nelle statistiche del Dr. Gualla di cinque o sei mila per le armi alleate; e quindi si arriva ad un totale di perdite per gli alleati di circa 45.000. […]Dei 32.916 feriti ricevuti in ospe-

«Annali Universali di Medicina», settembre 1859

BartolomeoGualla

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I dati clinici di Bartolomeo Gualla nel suo scritto Breve cenno sugli ospitali militari provvisori di Brescia (1859)

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dali di Brescia, 1.273 (secondo il dr. Gualla) sono morti, 26.038 sono stati dimessi guariti e 5605, sono o in convalescenza, o hanno ferite che sono degenerate in piaghe cro-niche e sono stati inviati alle loro famiglie o negli ospedali militari di Parigi.Il Gualla aggiunge le seguenti sta-tistiche mediche: ci sono state 451 amputazioni eseguite negli ospe-dali di Brescia; 14 disarticolazioni, o amputazioni in corrispondenza dei giunti; 4 operazioni con il tra-pano, di cui 3 sono stati curati e 1 morto; e 76 cause di tetano, (una complicazione che a volte segue le operazioni) di cui 8 furono guariti e 68 morti.Ora, dal momento che il governo francese ha finora nascosto al pub-blico i fatti per quanto riguarda le perdite nella battaglia di Solferino, propongo di fissare qui finalmente e irrevocabilmente una cifra ap-prossimativa di tali perdite, in base alle statistiche del Dr. Gualla e alle mie osservazioni del giorno della battaglia e per i quindici giorni suc-cessivi dell’evento. Dei Francesi:

feriti entrati negli ospedali di Bre-scia, 17.345; feriti in convalescen-za o morti in altre città e villaggi, 2.500; morti sul campo di battaglia, 5.000; totale 24.845, circa 25.000. Dei Piemontesi: feriti entrati negli ospedali di Brescia, 13.959; feriti in convalescenza o morti in altre città e villaggi, 2.000: morti sul campo di battaglia, 4.000; totale, 19.959, 20.000 circa. Il totale complessivo delle perdite fra morti e feriti per l’esercito allea-to fu di circa 45.000.Il numero di cadaveri trovati sul campo di battaglia non è mai sta-to dichiarato ufficialmente in tutti i rapporti finora pubblicati. Le cifre approssimative esposte sopra non saranno considerate troppo elevate in proporzione al numero di feriti. […]Delle vittime nell’esercito austriaco non sappiamo assolutamente nulla di certo. Sappiamo dai viaggiatori che i loro ospedali erano affollati di feriti, e che, a parità, un esercito che si ritira è in grado di sparare un minor numero di colpi rispetto a un esercito che avanza. A Solferino tut-

to l’esercito austriaco si ritirò duran-te le sedici ore sul terreno tra Casti-glione e il Mincio, a distanza di otto miglia, e deve aver avuto molti uo-mini colpiti alla schiena; e quando una delle parti è costretta a voltare le spalle non ci può essere equilibrio tra le due forze distruttive; il rappor-to invece che 1 = 1 è 2 = 0.Le cifre di cui sopra daranno un’i-dea migliore di quanto non abbia-mo ancora avuto sulla grandezza di questa grande battaglia della cam-pagna italiana. Il lettore deve aver osservato che le relazioni Ufficiali hanno parlato in termini vaghi del numero dei combattenti di entram-be le parti in quel giorno. […]È un po’ singolare che i Dipartimenti di guerra dei rispettivi Paesi non pubblichino statistiche fedeli e complete su questo tema».Questo articolo di Malakoff fa si’ che i dati del medico bresciano Gualla siano diffusi e conosciuti in tutto il mondo.Sul «Boston Medical and Surgical Journal» (l’attuale «New England Journal of Medicine») del 3 novem-

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Number of killed and wounded at the Battle of Solferino, «Boston Medical and Surgical Journal», 3 novembre 1859

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bre 1859 viene pubblicato, in sin-tesi, l’articolo di Malakoff apparso sul «New York Times» il 27 ottobre. Sono citate le statistiche di Bartolo-meo Gualla, nonché il numero dei feriti e delle operazioni descritte dal medico bresciano.

Anche «Lancet» il 19 novembre, in un trafiletto intitolato Treatment of the wounded at Solferino in the Brescia Hospitals riporta le statisti-che del Gualla e conclude scriven-do che tali numeri dimostrano che i resoconti che sono circolati sul cat-tivo management degli Ospedali a Brescia erano infondati.Il settimanale organo della British Medical Association, il «British Me-dical Journal», più che ai numeri sembra essere interessato all’assi-stenza ai feriti. Infatti il 10 settembre 1859 richiamava la corrispondenza di Malakoff apparsa sul «New York Times» e sottolineava la grande ca-renza di personale medico adegua-to per i feriti durante l’ultima guerra in Lombardia e la mancanza di chi-rurghi francesi negli ospedali bre-sciani che erano stati allestiti dopo la battaglia di Solferino. In ognuno di essi vi erano chirurghi civili italia-ni (che, probabilmente, non aveva-no esperienza di chirurgia militare), alcuni infermieri, un farmacista e un gruppo di signore che si occupavano dell’assistenza ai feriti di entrambe le armate. Il «British Medical Journal» prose-guiva riportando la difficoltà lin-guistica e l’incomunicabilità tra il personale sanitario e i ricoverati stranieri. Nessuna armata chirurgi-ca era migliore e superiore a quella francese, tuttavia sembrava che a Solferino così non fosse stato per quanto riguardava il trasporto, il

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trattamento chirurgico e l’assisten-za infermieristica. Molto probabil-mente per via dell’elevato e non previsto numero di feriti ai quali provvedere.Non così pensava «Lancet» (The French Military Surgeons in Italy, 9 july 1859) che, due mesi prima, aveva ripreso da una rivista medi-ca francese una testimonianza che sottolineava come il grande nume-ro dei feriti e le tante operazioni da compiersi in situazioni ambientali molto difficili avessero fatto sì che anche giovani e vigorosi chirurghi, vinti dalla stanchezza, fossero sve-nuti sul tavolo operatorio.Sul fascicolo del 12 gennaio 1860 del «Boston Medical and Surgical Journal» apparve una sintetica, ma esaustiva situazione sugli ospeda-li italiani durante la campagna del 1859.Ci furono non meno di 43.000 fe-riti, inclusi austriaci e piemontesi, ammessi negli ospedali. Si accen-na alla gravità e alla quantità delle ferite, ai nuovi proiettili cilindro-conici che, attraversando l’aria con violenta rapidità, penetrano con grande forza nel corpo fratturando

le ossa; all’utilizzo di nuovi agenti disinfettanti e del cloroformio, i cui vantaggi sono riportati in termini elogiativi.Anche sulle riviste mediche italiane comparvero articoli che descrive-vano l’organizzazione ospedaliera in questo drammatico frangente. Le battaglie del 1859 avevano so-vraffollato di feriti tutti gli ospedali del Nord Italia; era stata istituita una commissione sanitaria formata da medici milanesi ed erano stati aperti grandi ospedali per i feriti e i malati delle tre nazioni belligeranti.In essi il personale si prodigava in-defessamente per far fronte a que-sta grande emergenza; i medici dei paesi e dei villaggi si precipitarono per soccorrere i feriti, anche sul campo di battaglia e sotto il fuoco del nemico.Questa condotta eroica venne am-piamente apprezzata dagli ufficiali medici militari delle due armate; e tra i militari e i medici civili, tra i capi del Corpo Sanitario Francese e i medici degli ospedali provvisori ebbe luogo uno scambio di corri-spondenza, nella quale gratitudine e simpatia guidarono i sentimenti e

le espressioni naturalmente susci-tati da eventi di tale importanza.Cosi ad esempio nel settembre 1859 il nostro chirurgo primario il bresciano Rodolfo Rodolfi aveva scritto al Corpo Sanitario francese, il quale rispose con lettera firmata dal celebre Isnard, il medico in capo degli ospedali militari di Brescia.

**Con regio decreto del 16 gennaio 1860 Vittorio Emanuele conferì al Corpo Sanitario francese addetto all’armata d’Italia molte decora-zioni, fra le quali l’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (Ufficiali. Medi-ci principali) e l’Ordine militare di Savoia (Ufficiali).E sulla «Gazzetta Ufficiale del Re-gno» del 23 marzo 1860 apparve la relazione del ministro degli affari esteri Thouvenel del 14 marzo, ri-portante il decreto imperiale che assegnava numerose onorificenze agli Italiani che si erano contraddi-stinti durante le guerre del 1859. Sono riportati tutti i nomi dei me-dici, degli amministratori, delle donne che vennero premiati con la Legione d’Onore, la medaglia di prima e di seconda classe.Fra questi numerosissimi erano i medici e sulle riviste mediche dell’epoca apparvero in specifiche rubriche gli elenchi (circoscritti al solo personale sanitario) dei pre-miati.

Questo articolo riassume una parte del mio capitolo “Le cronache dell’assistenza sa-nitaria sui periodici dell’epoca (New York, Nashville, Boston, Londra e realtà italia-ne)” nel recente libro: Le origini della Croce Rossa sul modello del cattolicesimo sociale bresciano (Franco Angeli, novembre 2017).

The Italian Hospitals and the war, «Boston Medical and Surgical Journal», 12 gennaio 1860

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