Cita5 Eliot

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Leitmotiv 2/2002 http://www.ledonline.it/leitmotiv/ 45 5. Riccardo Campi Citare la tradizione Appunti per una discussione a partire dal finale di The Waste Land di T.S. Eliot [email protected] La sua erudizione qui ha un vasto campo dazione, e lerudizione L essenziale per loriginalit T.S. Eliot, Lancelot Andrewes (1926) 1. Quando Marmontel definiva il plagio come quel genere di delitto letterario in nome del quale i pedanti, gli invidiosi e gli sciocchi non mancano di processare gli scrittori celebri 1 non stava in realt suggerendo ironicamente una para- dossale apologia del plagio; egli piuttosto si richiamava implicitamente a una tradizione di valori letterari ed estetici, alla quale il pubblico settecentesco era ancora ben consapevole di partecipare: Il pubblico, semplicemente sensibile e desideroso di cose belle, non chiede che cose belle; L allopera che esso si interessa, non allautore; che tutto sia di questultimo o di un altro, di un moderno o di un antico, di un vivente o di un morto, tutto gli va bene, purchØ gli piaccia. Il vero plagio, lunico che esso disco- nosce, L quello che non gli procura alcuna utilit, alcun nuovo piacere. Per que- sto disprezza quelloscuro scrittore che come un ladro deruba un celebre scritto- re, e fa a brandelli una ricca stoffa per cucirla insieme ai propri stracci 2 . Il primato attribuito allopera, e al suo esito artistico, pone cos in secondo 1 J.-F. Marmontel, voce Plagiat degli lØmens de littØrature, in uvres complLtes, Paris 1819-1820 [rist. an. Slatkine, GenLve 1968], vol. IV, p. 859. 2 Ivi, p. 863.

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sobre la función de la cita en T. S. Eliot

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    5.Riccardo Campi

    Citare la tradizioneAppunti per una discussione a partire dal finaledi The Waste Land di T.S. Eliot

    [email protected]

    La sua erudizione qui ha un vasto campo dazione, e lerudizione essenziale per loriginalit

    T.S. Eliot, Lancelot Andrewes (1926)

    1.

    Quando Marmontel definiva il plagio come quel genere di delitto letterario innome del quale i pedanti, gli invidiosi e gli sciocchi non mancano di processaregli scrittori celebri 1 non stava in realt suggerendo ironicamente una para-dossale apologia del plagio; egli piuttosto si richiamava implicitamente a unatradizione di valori letterari ed estetici, alla quale il pubblico settecentescoera ancora ben consapevole di partecipare:

    Il pubblico, semplicemente sensibile e desideroso di cose belle, non chiede checose belle; allopera che esso si interessa, non allautore; che tutto sia diquestultimo o di un altro, di un moderno o di un antico, di un vivente o di unmorto, tutto gli va bene, purch gli piaccia. Il vero plagio, lunico che esso disco-nosce, quello che non gli procura alcuna utilit, alcun nuovo piacere. Per que-sto disprezza quelloscuro scrittore che come un ladro deruba un celebre scritto-re, e fa a brandelli una ricca stoffa per cucirla insieme ai propri stracci 2.

    Il primato attribuito allopera, e al suo esito artistico, pone cos in secondo

    1 J.-F. Marmontel, voce Plagiat degli lmens de littrature, in uvres compltes, Paris1819-1820 [rist. an. Slatkine, Genve 1968], vol. IV, p. 859.

    2 Ivi, p. 863.

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    piano gli eventuali prestiti (pi o meno confessati e riconosciuti) da altre ope-re. La tradizione costituisce in questo caso una sorta di corpo organico di ma-teriali e idee cui lecito attingere liberamente, se il fine quello di produrredelle belles choses.

    A questa medesima concezione del patrimonio letterario si richiamavaparecchi decenni prima il giovane Voltaire, il quale, con la sua precoce sfron-tatezza, difendendo ldipe con cui aveva brillantemente esordito, ammettevacon noncuranza di aver preso due versi dalla tragedia omonima di Corneille(Joubliais de dire que jai pris deux vers dans ldipe de Corneille), aggiungendo poidi non essersi fatto scrupolo di rubare questi due versi, poich, dovendo direesattamente la stessa cosa che ha detto Corneille, [gli] era impossibile dirlameglio, e ne concludeva: Ho preferito offrire due bei versi suoi piuttostoche due brutti miei 3. E poich questi non erano evidentemente gli uniciprestiti di cui egli si era avvalso, altrove si giustificava con un candore cheforse, una volta tanto, non affettato, scrivendo: Mi stato fatto notare cheparecchi versi della mia opera si trovano in altre opere teatrali. Dico che mi stato fatto notare: infatti, o perch avendo la testa piena di versi altrui ho cre-duto di lavorare dimmaginazione mentre non lavoravo che di memoria, operch talvolta ci si imbatte negli stessi pensieri e negli stessi giri di frase, certo che mi sono rivelato plagiario senza saperlo 4. Quando ci si trova im-mersi in una tradizione vivente e condivisa (aver la testa piena di versi al-trui), e che per di pi non conosce ancora il copyright, diventa in effetti diffici-le, e forse persino irrilevante, stabilire con certezza la linea di demarcazioneche separa il lavoro dimmaginazione dal lavoro di memoria: lunit dellatradizione stessa che legittima questo continuo lavoro di recupero e interpola-zione, che molto tempo dopo, con altre intenzioni teoriche, assumer il nomedi intertestualit. Ancora nel corso di tutto il Settecento, esso costitu invecenon solo una diffusa pratica letteraria, ma addiruttura una delle condizionidella letteratura stessa 5.

    Due secoli pi tardi, a chi lo accusava di abusare nelle sue opere di cita-zioni da autori classici e stranieri, Valry Larbaud rispondeva che

    il fatto stesso che questo verso, questa frase tra virgolette giungano da altrove,allarga lorizzonte intellettuale che traccio attorno al lettore. un appello o un

    3 Voltaire, Lettres sur dipe [1719], in uvres compltes, Garnier, Paris 1877 [rist.

    an. Kraus reprints, Nendeln 1967], vol. II, pp. 40-41.4 Ivi, pp. 44-45.5 Basti pensare alla cura con cui Corneille e Racine denunciano nelle prefazioni alle

    loro opere i debiti nei confonti dei testi della classicit greca e latina.

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    richiamo, una comunicazione attivata: tutta la Poesia, tutto il tesoro della lette-ratura rapidamente evocati, posti in relazione con il mio lavoro nel pensiero dicolui che lo legge. Lo stesso paese. In no strange land. 6

    Non pi ovviamente questione di plagi (che letica letteraria postromanticanon sembra pi disposta a tollerare), ma il principio cui Larbaud si richiamaper giustificare la propria propensione citatoria fa ancora affidamento su u-nidea di tradizione letteraria organica: se opportunamente dichiarati, tramiteluso di virgolette, tutta la Poesia, tutto il tesoro della letteratura possonofornire materiali e idee, il cui recupero sar legittimo, e perfino auspicabile inquanto permette allautore di attivare una comunicazione con il pubblico edi costruire un orizzonte culturale condiviso.

    2.

    Bench perfettamente aggiornato sui pi recenti esiti della letteratura contem-poranea (fu, per esempio, il primo a introdurre e diffondere lopera di Joyce inFrancia), Larbaud si rivela in questa pagina anacronisticamente legato a unaconcezione classica di tradizione che per la modernit divenuta quantomenoproblematica, se non addirittura impraticabile.

    In un autore come Thomas Stearns Eliot la problematicit di questo rap-porto con la tradizione emerge in maniera consapevole e paradigmatica. Lacomposizione di unopera come The Waste Land basta a comprovarlo. Gli ul-timi versi (423-433) costituiscono non solo una sorta di envoi in cui ritornanotutti (o quasi) i temi che attraversano il poemetto, ma esemplificano in manieraeclatante la tecnica compositiva adottata da Eliot.

    I sat upon the shoreFishing, with the arid plain behind meShall I at least set my lands in order? 425London bridge is falling down falling down falling downPoi sascose nel foco che li affinaQuando fiam uti chelidon O swallow swallowLe Prince dAquitaine la tour abolieThese fragments I have shored against my ruins 430Why the Ile fit you. Hieronymos mad againe.

    6 V. Larbaud, Della citazione, in Un vizio impunito, la lettura, Alinea, Firenze 1999, p.

    132; si tratta di un testo tratto dal volume Techniques apparso nel 1932.

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    Datta. Dayadhvam. Damyata.Shantih shantih shantih 7

    A causa della densit di allusioni e citazioni di cui si compone tutto il poe-metto (in questo passo in particolare soltanto tre versi su undici sono diEliot), lautore stesso fu indotto 8 ad apporvi le celebri note di commento, an-corch parziali, e talvolta ambigue.

    lo stesso Eliot a indicare in esse alcune delle fonti: lallusione del v. 424al libro della Weston, From Ritual to Romance (che notoriamente ha inspirato inlarga misura lintero poemetto, nonch il suo stesso titolo); egli poi riporta peresteso la quartina in provenzale che precede il verso dantesco che costituiscequi il verso 427: Purg., XXVI, 148 9; e rimanda al sonetto di Nerval, El Desdi-chado, per il verso successivo e, in maniera assai generica, alla Spanish Tragedy diKyd per quanto riguarda il verso 431; infine fornisce una traduzione (e unbreve commento) della parola conclusiva: Shantih. Ripetuta come in questoluogo, si tratta della chiusa formale di una Upanishad. Lequivalente nella nostralingua : Pace ineffabile (Le altre tre parole sanscrite che precedono, Datta,Dayadhvam, Damyata, ossia Dai, compatisci, frena erano gi state commen-tate nella nota al verso 401).

    Un paio di altre fonti e allusioni sono state invece reperite e poste in evi-denza in rapporto a questo passo da alcuni tra gli innumerevoli esegeti del-lopera eliotiana. Oltre al verso 426 che non aveva bisogno di essere segnalato

    7 Riportiamo la traduzione di R. Sanesi (in T.S. Eliot, Opere 1904-1939, Bompiani,Milano 2001, p. 617): Sedetti sulla riva / A pescare, con la pianura arida dietro di me /Riuscir alla fine a porre ordine nelle mie terre? / Il London bridge sta cadendo sta caden-do sta cadendo / Poi sascose nel foco che li affina / Quando fiam uti chelidon O rondine rondine/ Le Prince dAquitaine la tour abolie / Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine /Bene allora vaccomodo io. Hieronymo pazzo di nuovo. / Datta. Dayadhvam. Damyata./ Shantih shantih shantih.

    8 Per la verit, com risaputo, le note vennero inserite solo in un secondo momento,dopo che il poema era stato pubblicato senza di esse sulle riviste Criterion e The Dial,nelledizione in volume apparsa nel 1922 a New York, per ragioni editoriali: il volume sa-rebbe risultato altrimenti troppo esiguo.

    9 Riferimenti a questo luogo dantesco ritornano pi volte nellopera di Eliot: Ara vosprec il titolo di una raccolta poetica del 1920, e il Sovegna vos si trova citato in Ash Wedne-sday, IV (la cui terza sezione, apparsa autonomamente in Commerce nel 1929, recava al-lora il titolo Som de lescalina: secondo la testimonianza di Cyril Connolly, pare anzi che inorigine, ogni sezione della poesia recasse in epigrafe (nellesemplare di Leonard Woolf) unacitazione tratta dal passo di Arnaut Daniel dellInferno [sic! ] di Dante, C. Connolly, 100 li-vres cls de la littrature moderne, Le livre de poche-Fayard, Paris 1993, p. 84); senza contareche la celeberrima dedica a Ezra Pound, il miglior fabbro, anchessa una citazione cheproviene dal medesimo canto (v. 117).

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    ai primi lettori anglofoni in quanto cita una assai diffusa filastrocca infantile,Eliot aveva omesso di segnalare, in riferimento al verso precedente, lallusioneal versetto biblico Isaia, 38, 1, dove si legge (nella versione inglese): Set thinehouse in order: for thou shalt die, and not live 10. Curiosamente un altro esegeta hasuggerito di leggere in questo verso unallusione a un motto attribuito a Iaco-pone da Todi che si troverebbe posto in epigrafe alla traduzione inglese delPurgatorio usata da Eliot (Temple Classics): Set this love in order, o thou who lovestme 11 (con le immaginabili conseguenze sullinterpretazione del passo). Mentreper quanto concerne la met inglese del verso 428 (O swallow swallow), vi statariscontrata uneco del un verso di Alfred Tennyson (The Princess, IV, 81) chesuona: O swallow swallow, if I could follow 12.

    3.

    Qui non siamo pi nello stesso paese, e le citazioni non attivano immedia-tamente la comunicazione, ma allargano a tal punto lorizzonte intellettualeche il lettore ne disorientato, e vi si perde. In effetti, anche dopo aver rico-nosciuto e individuato i prestiti di diversa provenienza che costituiscono lesingole tessere di questo mosaico testuale, rimane ancora da comprendere einterpretare la funzione e il significato che a esse Eliot intendeva attribuire nelcontesto della propria poesia. In prima istanza, e in generale, si pu dire che lacitazione in Eliot (soprattutto nel luogo in questione) acquista il proprio pipieno valore solo quando si sia risaliti al contesto originario da cui essa statatratta, e che come tale per non viene mai citato: il rimando a Isaia (ammessoche non sia piuttosto a Iacopone) acquista significato se si considera la secon-da parte (omessa) del versetto, che lo collega al senso di desolazione che per-vade lintero testo. E lemistichio latino tratto dal Pervigilium Veneris, diventaassai pi significativo se si segue lindicazione di Eliot, il quale in nota lo colle-

    10 Segnalato, tra gli altri, dallautorevole commentatore dellopera eliotiana Grover

    Smith in T.S. Eliots Poetry and Plays. A Study in Sources and Meaning, Un. of Chicago Press,Chicago 1974, p. 96; dello stesso autore cfr. The Waste Land, Allen & Unwin, London 1983,in part. il cap. The Poetic Means: Eliot and his Sources, pp. 84-132.

    11 Cfr. A.D. Moody, Thomas Stearns Eliot Poet, Cambridge Un. Press, Cambridge1980, p. 105.

    12 Cfr. H. Kenner, The Invisible Poet [1959], citiamo dalle pagine riportate in T.S. Eliot:The Waste Land, a casebook, ed. by C.B. Cox and A.P. Hinchliffe, Macmillan, London1972, p. 195.

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    ga esplicitamente allepisodio di Filomela (parti II e III), che costituisce unavariante dei miti di rigenerazione su cui si fonda The Waste Land; ma in realtbisogna anche rammentarsi (o venire informati) che la seconda parte del versolatino precedente suona: quando ver venit meum, dove lattesa di una primaverilerigenerazione personale risulta assai pi chiara: Eliot evidentemente ha prefe-rito attenersi allallusivit di unimmagine, ribadita dalleco tennysoniana Oswallow swallow, non meno allusiva, poich nella conclusione del verso originaledi Tennyson si troverebbe espressa, bench in maniera assai pi ambigua, u-nanaloga aspirazione alla rinascita 13. Oppure, in maniera ancora pi significa-tiva, si consideri lenigmatica allusione alla tragedia di Kyd al verso 430: la notadi Eliot, alquanto generica, non che un mero, e incompleto, rimando biblio-grafico. Risalendo al luogo originario della citazione, i commentatori hannopotuto fare luce sul significato, altrimenti oscuro, dellespressione: Why then Ilefit you (Hieronymos mad againe il sottotitolo della tragedia). Nella scena da cui tratta la citazione (IV, 1, 69), Hieronymo, the Mad, che ha composto in gio-vent fruitless poetry, viene invitato ad allestire una rappresentazione teatrale peril re; egli annuncia dunque di voler mettere in scena unopera in molte lingue latino, greco, italiano e francese , e allobiezione che gli viene mossa, secondola quale in tal modo si produrr solo confusione, risponde che: It must be so: forthe conclusion / Shall prove the invention and all was good. Il verso citato da Eliot, cheappartiene al discorso di Hieronymo e si riferisce alla distribuzione dei ruoli(pur suonando vagamente minacciosa) 14, si rivela cos una sorta di mise enabme; Eliot in conclusione si identifica con il folle Hieronymo e fornisce allettore unindicazione per cogliere lintenzione e il senso [the invention] del suopoemetto altrettanto plurilingue 15.

    Questi pochi e rapidi esempi permettono comunque di comprendere

    13 Moody, che sembra non cogliere lallusione a Tennyson, osserva che O Swallowswallow traduce la frase latina in pura nostalgia; ed esprime laspirazione, che pervade tuttoThe Waste Land, verso la condizione della musica in cui langoscia viene al contempo colta etrasformata (AD. Moody, op. cit., loc. cit.); tale lettura (che pare discostarsi dal testo) risultalegittimata tuttavia dal contesto della citazione latina: Illa cantat, nos tacemus. Quando Ver venitmeum? / Quando faciam [fiam] uti chelidon, ut tacere desinam? (Pervigilium Veneris, vv. 89-90). Epermette inoltre di collegare il verso alla successiva allusione (oscurissima) alla tragedia diKyd.

    14 Why then Ile fit you pu infatti significare sia bene allora vi assegner io [iruoli] quanto bene allora vi sistemer io; per questo la traduzione italiana tende inevita-bilmente a rendere ancora pi oscuro il senso del verso.

    15 Su ci cfr. la nota relativa del commento di A. Serpieri, in T.S. Eliot, La terra deso-lata, con il testo della prima redazione, Rizzoli, Milano 1982, p. 126, n. 25, e C. Brooks,The Waste Land: Critique of the Myth [1939], in T.S. Eliot: The Waste Land, a casebook,cit., in part. pp. 153-155.

    PropietarioResaltado

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    luso che Eliot fa della citazione. Con estrema tempestivit, nel 1926, I. A. Ri-chards sottoline che le sue citazioni

    non sono usate per sollecitare lingegnosit del lettore, o per indurlo ad ammira-re lerudizione del poeta [], ma in vista dellatmosfera emotiva [emotional aura]che creano e degli atteggiamenti che suscitano. Nelle mani di Eliot, lallusione un espediente tecnico che serve alla compressione. The Waste Land , quanto acontenuto, lequivalente di un poema epico, e senza quellespediente ci sarebbe-ro voluti dodici libri 16.

    Ma questa opera di compressione, se allarga lorizzonte tematico del testo, nonfacilita certamente lattivazione di una comunicazione con il lettore, come ineffetti ebbero a lamentarsi i primi recensori del poemetto, per i quali Eliot nonera ancora il poeta intoccabile che poi divenuto, e che espressero senza alcunrispetto le loro perplessit sullenigmaticit dellopera che presenta una paginadi note per ogni tre di testo producendo cos una cortina di fumo di erudi-zione antropologica e letteraria (dal Manchester Guardian, 31 ottobre1923), e le cui note parvero pi interessanti per il pedante che per il critico dipoesia (dal TLS, 20 settembre 1923): e il critico del New Statesman (3novembre 1923) riassumeva la questione osservando che una poesia che deveessere spiegata in nota non diversa da un quadro con la dicitura Questo uncane 17.

    4.

    Al di l di ogni considerazione di dettaglio sulluso tecnico e sullinterpretazio-ne delle citazioni eliotiane, F. R. Leavis osservava pi in generale, a propositodellaccusa mossa a The Waste Land di essere unopera disorganica e frammen-taria, che questa apparente sconnessione intimamente legata allerudizioneche ha infastidito tanti lettori e allabbondanza di allusioni e prestiti letterari.Queste caratteristiche riflettono lo stato attuale della civilt. Le tradizioni e leculture si sono mescolate, e limmaginazione storica rende contemporaneo il

    16 I. A. Richards, I fondamenti della critica letteraria, Einaudi, Torino 1961, p. 228.17 Queste, e altre recensioni coeve, sono state ristampate in T.S. Eliot: The Waste

    Land, a casebook, cit., pp. 29 e 31; di A. P. Hinchliffe si pu consultare anche The WasteLand and Ash Wednesday, Macmillan, London 1987, nella collana The Critics Debate, incui viene presentata una concisa e utile rassegna della fortuna critica di queste due compo-sizioni eliotiane.

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    passato; nessuna tradizione pu assimilare siffatta variet di materiali, e da cideriva il crollo delle forme e la perdita irrevocabile di quel senso dellassolutoche sembra necessario a una robusta cultura 18. Se parlare di senso del-lassoluto e di robusta cultura pu ormai sembrare enfatico e un po vacuo,di certo losservazione di Leavis comunque assai perspicua nella sostanza, eha il pregio di fissare con chiarezza i termini del problema: bench Eliot pre-tendesse di negare di aver espresso in The Waste Land il disinganno di una ge-nerazione (poich generazione gli sembrava un mero talismano, il cuiuso e abuso costituiva unindebita generalizzazione, alla quale nondimeno eglistesso aveva pur fatto ricorso alloccasione 19), nondimeno innegabile che irapporti dellarte moderna con la propria stessa tradizione siano stati esperiticome problematici sin dagli ultimi decenni del secolo precedente, con parti-colare acutezza dopo lecatombe (anche culturale) della Prima Guerra Mon-diale.

    Lo stesso Eliot invero, nel 1917, in un saggio di poetica sul vers libre,strettamente legato ai problemi tecnici che allepoca il suo fare poetico gli po-neva, osservava che in una societ ideale possiamo immaginarci che le buonenovit scaturiscano naturalmente dalla buona tradizione; di una societ cosfatta si potrebbe dire che ha una tradizione vivente. Invece in una societ,quale la nostra attuale, la tradizione degenera facilmente in superstizione e perci necessario ogni volta il violento stimolo dalla novit 20. La tradizione dege-nerata in patrimonio culturale, in museo, viene sentita come un vincolo sem-pre pi estraneo alle diverse esigenze della creazione letteraria e artistica chethe age demanded (Ezra Pound, H. S. Mauberly). Se il rapporto con essa deve es-sere mantenuto, pertanto necessario ripensarlo e ricostruirlo, per esempio apartire dalla nozione eminentemente moderna (o modernista) di novit.Oppure, come con ogni evidenza Eliot preferiva, attraverso un diverso (nuo-vo) uso dei suoi materiali.

    Parlando di uno dei suoi prediletti drammaturghi elisabettiani, egli rivendic im-plicitamente anche (o forse soprattutto) per s il diritto di prendere liberamentea prestito da altri autori, ossia di derubarli:

    I poeti immaturi imitano; i maturi rubano 21; i cattivi poeti svisano ci che pren-dono, e i buoni lo trasformano in qualcosa di migliore o almeno di diverso. Il

    18 F. R. Leavis, Eliot I [1932], in Da Swift a Pound, Einaudi, Torino 1973, p. 158.19 T.S. Eliot, Riflessioni su Lambeth [1931], in Opere, cit., p. 984.20 T.S. Eliot, Riflessioni sul vers libre [1917], ivi, p. 268, sott. ns.21 Una battuta analoga verr attribuita anche a Pablo Picasso, credo.

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    buon poeta salda il suo furto in un complesso di sensi che unico, interamentediverso da ci da cui fu avulso; il cattivo lo getta in qualcosa che non ha coesio-ne 22.

    In questa pagina Eliot si mostra perfettamente consapevole della necessit direcuperare dalla tradizione ci che in essa pu risultare utile, solo a condizionedi poterlo (e saperlo) inserire in un complesso di sensi che unico, intera-mente diverso da ci da cui fu avulso: ma questa appunto, come rilevavaLeavis, la difficolt maggiore allo stato attuale della civilt, poich, venutomeno il canone tradizionale e i suoi criteri e valori, nessuna tradizione puassimilare [una] variet di materiali come quella con cui si cimenta Eliot nellacostruzione del proprio poema epico.

    Nella pagina di Leavis si allude in maniera implicita, ma inequivocabile, aun altro celebre testo teorico eliotiano: laddove afferma che limmaginazionestorica rende contemporaneo il passato, il critico sta evocando il saggio del1919 su Tradizione e talento individuale, in cui Eliot esigeva da parte del poetamoderno un buon senso storico (cosa che quasi indispensabile per chiun-que voglia continuare a fare poesia dopo i venticinque anni), poich

    avere senso storico significa essere consapevole non solo che il passato passa-to, ma che anche presente; il senso storico costringe a scrivere non solo con lasensazione fisica, presente nel sangue, di appartenere alla propria generazione,ma anche con la coscienza che tutta la letteratura europea da Omero in avanti, eallinterno di essa tutta la letteratura del proprio paese, ha una sua esistenza si-multanea e si struttura in un ordine simultaneo. Il possesso del senso storico,che senso dellatemporale come del temporale, e dellatemporale e del tempo-rale insieme: ecco quello che rende tradizionale uno scrittore. Ed nello stessotempo ci che lo rende pi acutamente consapevole del suo posto nel tempo,della sua contemporaneit 23.

    Viene in tal modo istituita una dinamica tra passato e presente che sovverte lecostrizioni (e le convenzioni) della successione cronologica; viene posta, in al-tri termini, una interrelazione dialettica, in virt della quale la creazione lettera-ria attuale retroagisce, modificandone senso e funzione, sui materiali che latradizione le fornisce:

    22 T.S. Eliot, Philip Massinger [1920], in Il bosco sacro, contenuto in Opere, cit., pp.

    428-429.23 T.S. Eliot, Tradizione e talento individuale [1919], ivi, pp. 393-394; su ci cfr.

    anche La funzione della critica [1923], ivi, pp. 629-630.

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    I monumenti esistenti compongono un ordine ideale che si modifica quando visia introdotta una nuova (veramente nuova) opera darte. Lordine esistente ins concluso prima che arrivi lopera nuova; ma dopo che lopera nuova com-parsa, se lordine deve continuare a sussistere, tutto deve essere modificato, ma-gari di pochissimo. Contemporaneamente tutti i rapporti, le proporzioni, i valoridi ogni opera darte trovano un nuovo equilibrio: e questa la coerenza tralantico e il nuovo 24.

    Anticipando lobiezione che taluni muoveranno pochi anni pi tardi a The Wa-ste Land secondo cui troppa erudizione smorza o corrompe la sensibilit poe-tica, Eliot avanza due ragioni per rifiutarla: in primo luogo, la sua concezionedell impersonalit del poeta sposta decisamente la questione dallambitodella sensibilit poetica a quello dell intensit del processo artistico 25; einoltre la consapevolezza del presente, di cui il poeta non pu essere privose vuole valutare appieno la propria stessa attivit creativa, consapevolezzadel passato in un senso e in una misura mai raggiunti, come consapevolezza dis, dal passato 26.

    5.

    La conoscenza della tradizione e il suo uso rimarranno sempre per Eliot lecondizioni preliminari per ogni creazione letteraria, e pi in generale culturale:poich il nostro problema quello di costruire il futuro, possiamo farlo sol-tanto partendo dai materiali del passato. Dobbiamo far uso della nostra eredi-t, anzich negarla 27. Resta tuttavia problematico il modo in cui si possa ef-fettivamente fare un buon uso di tale eredit in un contesto storico e cultu-rale in cui la tradizione degenera facilmente in superstizione, avendo per-duto quellunit organica e vivente che in altri tempi le veniva garantita dallacondivisione di un patrimonio di valori, quale poteva essere rappresentatodalla fede cristiana nel Medioevo, o dal culto della classicit nei secoli succes-sivi. Produrre un nuovo equilibrio tra novit e tradizione non che unwishful thinking, che nasce da un legittimo desiderio di ordine 28, che tuttavia,

    24 Ivi, p. 394; J. L. Borges riformuler in maniera pi radicale questo paradosso nelsaggio intitolato Kafka e i suoi precursori, in Altre inquisizioni, Feltrinelli, Milano 1979.

    25 Cfr. ivi, pp. 397-401.26 Ivi, p. 396.27 T.S. Eliot, Lumanesimo di Irving Babbit [1928], ivi, p. 789.28 Cfr. T.S. Eliot, La funzione della critica [1923], ivi, p. 630.

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    in quanto tale, non pu in alcun modo essere garante della propria stessa rea-lizzazione, ma piuttosto sintomo di una esigenza insoddisfatta.

    Da Joyce a Mann, da Pound a Beckett, luso (pi o meno ironico) deimateriali forniti dalla tradizione costituir una delle peculiarit della creazioneletteraria novecentesca. Eliot, nel saggio sullUlysses joyciano (che, come al so-lito, parla anche di Eliot medesimo), defin mitico il metodo compositivoutilizzato da Joyce, in contrapposizione al metodo narrativo proprio del reali-smo ottocentesco. La natura di questo nuovo metodo resta controversa a cau-sa dellestrema rapidit con cui Eliot lo descrive, ma inequivocabile che lafunzione a esso attribuita quella di controllare, ordinare e dare forma e si-gnificato allimmenso panorama di futilit e di anarchia che la storia con-temporanea 29. Ma, ancora una volta, si tratta piuttosto di unesigenza che diun effettivo risultato.

    Il principio dordine, qui rappresentato dal mito, non si fonda su unprincipio di autorit ereditato dal passato: esso al contrario attende di esserecostruito, e ricostruito, ogni volta. E ci con cui si confronta non sono incon-cusse auctoritates, bens frammenti irrelati: These fragments I have shored against myruins. lecito (e tutti i commentatori lo hanno fatto) assumere questo verso uno dei pochi di Eliot nella conclusione di The Waste Land come unaesplicita dichiarazione di poetica, che contribuisce a chiarire lintenzione e ilprincipio compositivo che presiedono allintero poemetto. La rilevanza di que-sto verso tale che gi pochi anni dopo lo stesso Pound (il cui decisivo con-tributo alla redazione definitiva del poema eliotiano ben noto) lo cit inapertura del proprio Canto VIII, allacciando cos un diretto dialogo poeticocon lamico: These fragments you have shelved (shored). E limportanza che egli hasempre attribuito a questo verso testimoniata dal fatto che lo si ritrova citatonel Canto CXII, composto molti anni pi tardi, dopo le terribili esperienze sto-riche e personali della guerra e della prigionia: From times wreckage shored, / The-se fragments shored against ruin, / And the sun [jih] / New with the day 30. Questul-

    29 T.S. Eliot, Ulysses, ordine e mito [1923], ivi, p. 646.30 Cfr. rispettivamente E. Pound, The Cantos, Faber & Faber, London 1981, pp. 28 e

    781; su ci si veda C.F. Terrell, A Companion to The Cantos of Ezra Pound, Un. of Califor-nia Press, Los Angeles 1993, pp. 36-37. Devo la segnalazione di questi significativi versipoundiani ad Alessandro Zabini, amico e sodale poundiano, il quale mi fa anche osservareche, secondo il Websters Dictionary, il verbo to shore (che significa propriamentepuntellare) ammette anche unaccezione che significa to shear (tagliare), perci i fram-menti potrebbero essere anche ritagliati, strappati alle rovine, e ci sarebbe perfettamentecoerente con il metodo modernista del montaggio, e daltronde Pound modifica il versoscrivendo shelved, ossia inscaffalato, ordinato, e ponendo shored tra parentesi come se fosseun sinomino.

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    tima ripresa del verso eliotiano introduce e combina il verso con unulteriorecitazione di provenienza assai pi remota: lidea del quotidiano rinnovarsi delsole (e della necessit morale per gli uomini di rinnovarsi con ogni nuovo sole)deriva dal Ta Hsio, che Pound aveva nel frattempo tradotto 31. Il riferimento almotto confuciano sembra sottolineare piuttosto, in questo contesto, la neces-sit di rinnovare la tradizione medesima: il suo uso pertanto un modo perrinnovarla, nella consapevolezza (storica) che, in quanto tale, essa ormai ir-rimediabilmente ridotta a rovina. Pound evidentemente condivideva conEliot (e con molti altri) tale consapevolezza: Non rimasta alcuna civilt co-ordinata o organizzata, ma solo sparsi individui sopravvissuti. Laristocrazianon c pi, la sua funzione era quella di scegliere 32.

    Lo stesso Eliot daltronde, in una conferenza della met degli anni Tren-ta, aveva sentito il bisogno di ridefinire la nozione di tradizione ampliandone iconfini: essa qualcosa che include il rivoluzionario quanto il conformista[submissive], e il reazionario quanto il rivoluzionario. Ci sono occasioni per fareuna cosa o laltra: il poeta veramente tradizionale sar conformista, reazionarioo rivoluzionario a seconda della sua percezione delle necessit del tempo e delluogo in cui si trova. Il compito perenne della poesia di rendere nuove tuttele cose. Non di fare necessariamente cose nuove. sempre in parte una rivo-luzione, o una reazione, rispetto al lavoro della generazione precedente 33.Tale rinnovamento dei materiali ereditati tuttavia, se da un lato intende distin-guersi dalla provocatoria e sovente gratuita novit avanguardistica, non a suavolta al riparo dai rischi dellarbitrariet. Rendere nuove tutte le cose signifi-ca infatti arrogarsi il diritto (che per Eliot, e Pound, piuttosto un dovere) direcuperarle e inserirle in un complesso di sensi [] interamente diverso daci da cui fu avulso, come prescrive quellautentico senso storico di cui il

    31 Cfr. la tr. it. in E. Pound, Opere scelte, Mondadori, Milano 1972, p. 500.32 Lettera a W.C. Williams del 18 marzo 1922, in E. Pound, Lettere. 1907-1958, Fel-

    trinelli, Milano 1980, p. 82, significativamente il resto della lettera prosegue: Possiamoaspettarci che per questo paghino solo quelli tra noi che sanno cosa sia la civilt, solo quelliche vogliono una letteratura migliore, unarte migliore, non solamente larte. inutileaspettare che le masse sviluppino un gusto pi raffinato, non si stanno muovendo in que-sta direzione. Non ci si pu esimere dal rilevare come proprio questo elitarismo (certocondiviso anche da Eliot) abbia tragicamente indotto Pound a riconoscere nella barbariefascista lauspicato modello di una civilt rinnovata.

    33 T.S. Eliot, Tradition and the Practice of Poetry, a c. di A. Walton, in T.S. Eliot.Essays from the Southern Review, a c. di J. Olney, Clarendon Press, Oxford 1988 (raccoglie isaggi pubblicati in un numero monografico della rivista nel 1985), pp. 7-25, qui p. 11; sitratta del testo di una conferenza tenuta nel 1936 presso lo University College di Dublino.Sulla concezione eliotiana di tradizione cfr., tra gli altri, Fei-Pai Lu, T.S. Eliot. The DialecticalStructure of His Theory of Poetry, Un. of Chicago Press, Chicago 1966, pp. 80-84.

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    poeta non pu essere privo; ma ormai ci non significa altro per il poeta mo-derno che riscrivere la tradizione, o meglio doversi costruire una tradizione la propria, a uso strettamente personale, e, per cos dire, difensivo.

    6.

    Un indice minimo, bench significativo, dellarbitrariet cui esposto il poetaallorch intende applicare tale metodo mitico nel tentativo di ricomporre unordine e di restituire un significato alla tradizione che la storia contemporaneagli trasmette in uno stato frammentario viene fornito dalla nota al verso 46 diThe Waste Land. Nel testo, in una breve sequenza (vv. 43-59), stata introdottala figura di Madame Sosostris, famous clairvoyante, e nel suo discorso compaionogi alcuni dei Leitmotive che percorrono lintera composizione, nella formaestremamente condensata e allusiva di una predizione desunta dalla lettura deiTarocchi [a wicked pack of cards]. Eliot in nota ne commenta le figure, illustran-do il significato che egli intende attribuire loro:

    Non mi familiare lesatta composizione del mazzo dei Tarocchi, dalla quale misono ovviamente allontanato per ottenere il mio scopo. LImpiccato, che appartiene almazzo tradizionale, mi stato utile per due ragioni: perch associato nella miamente col Dio Impiccato di Frazer, e perch lo associo con la figura incappuc-ciata nel passo dei Discepoli a Emmaus nella parte V. [] LUomo dalle TreAste (che fa realmente parte del mazzo dei Tarocchi) lo associo, del tutto arbitra-riamente [quite arbitralily], con lo stesso Re Pescatore [il cui ruolo nel poema primario] 34.

    evidente come le associazioni che Eliot istituisce tra le figure delle carte e al-cune figure simboliche che ricorrono nel poema siano del tutto arbitrarie,strettamente funzionali allo scopo che egli si prefissato: nulla, secondo latradizione (e secondo i consueti metodi della filologia e della critica storica)permette di accostare e stringere in ununica immagine la carta dellImpiccatocon il Dio Impiccato di cui Frazer parla nel Ramo doro in relazione ad antichiriti di fertilit, e con la figura dellincappucciato che comparir ai versi 359-365, con esplicito riferimento allimmagine del Cristo risorto che appare ai di-scepoli sulla strada verso Emmaus secondo il vangelo di Luca; come dicevaLeavis, oggi, nessuna tradizione in grado di assimilare e unificare materiali di

    34 T.S. Eliot, Note a La terra desolata, in Opere, cit., p. 619, sott. ns.

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    provenienza cos disparata. Ma nulla vieta a Eliot di costruirsi da s tale tradi-zione, a costo di compiere associazioni e accostamenti arbitrari e magari inde-biti, e nondimeno funzionali alla produzione di un significato affatto originale.

    Ma una tradizione non condivisa, a rigore, non pi una tradizione. Lacitazione dei materiali tradizionali, pi o meno allusiva o esplicita, letterale odistorta, non costituisce pi allora un richiamo o un appello per il lettore. Aquesti si richiede allora di ripercorrere il processo associativo e compositivocompiuto dallautore, al fine di fare emergere il significato e il nuovo ordineche i materiali giungono a costituire, una volta che sono stati avulsi dal lorocontesto originario e montati secondo i principi del metodo mitico. E per fareci previamente necessario riconoscere i fili di diversa provenienza, le cita-zioni e le allusioni, di cui lautore ha intessuto il testo.

    Non pertanto una spiegazione soddisfacente affermare che

    il verso [v. 430: These fragments] volge a un fine positivo la frammentazione sucui lintera poesia stata costruita. [Tali frammenti] indicano una tradizione che,per quanto malridotta, tutto ci che abbiamo su cui fondarci per la salvezza. Iframmenti sono in molte lingue perch tutta la cultura europea vi coinvolta, ri-salendo fino alle sue prime origini nelle Upanishad sanscrite. Cos come, attra-verso le associazioni e la memoria, costruisce la propria identit, il protagonista in grado di dare ai frammenti un nuovo ordine. Essi sono disposti per culminarenei tre precetti sanscriti dai, compatisci, controlla sui quali il protagonista hagi meditato, e che servono per guidarlo verso la pace, espressa da shantih, chesupera ogni comprensione 35.

    N che nel metodo mitico la disomogeneit [disunity] esiste alla superficie elunit sotto la superficie. Le allusioni operano per produrre la cornice che so-stiene e unifica la superficie. Lunit deriva in definitiva dalla relazione deiframmenti con lastrazione comprensiva prodotta quando il lettore li con-fronta tra loro e con le astrazioni che emergono nel corso della lettura; ilmetodo mitico sarebbe per questo adeguato a dare espressione al mondo mo-derno, poich esso permette agli artisti e ai lettori di cominciare con deiframmenti e poi produrre astrazioni comprensive. Di iniziare nellisolamento edi finire con una comunanza 36. In tal modo si assumono come dati quel-

    35 R. Langbaum, New Modes of Characterization in The Waste Land, in Eliot andHis Time, a c. di A. Walton Litz, Princeton Un. Press, Princeton 1973, p. 118.

    36 J. Spears Brooker, Mastery and Escape. T.S. Eliot and the Dialectic of Modernism, Un. ofMassachussets Press, Amherst 1994, p. 120 e pp. 121-122; bench altrove venga rammen-tato come Eliot sostenga che lincapacit di comunicare col nostro passato e gli uni congli altri sia la principale causa della terra desolata, la conclusione comunque ancora otti-mistica, perch i frammenti in se stessi non hanno il potere di rivivificare la cultura, ma in

    PropietarioResaltado

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    lordine e quellunit, che viceversa costituiscono loggetto della perplessit dellettore, e che attendono ancora di essere identificati.

    Certo pi prudente sostenere che, nel caso di un testo cos allusivo, pi istruttivo essere scrupolosamente superficiali che scavare al di sotto dellasuperficie alla ricerca di scheletri sepolti o di fonti. Poich nei silenzi tra leparole che il significato balena, locale, evanescente nelle desolazioni cheattraversano la pagina. Questi silenzi limitano i poteri dellautore, poich invi-tano lhypocrite lecteur a ricostruire il loro significato infranto 37. Nondimeno sicontinua cos a eludere quello che il principale problema posto al lettore daun testo come The Waste Land: quale sia effettivamente il nuovo ordine en-tro cui riorganizzare tali frammenti, e, prima ancora, come riconoscerli e qualefunzione attribuire a ciascuno di essi. Labbondanza di interpretazioni fornitenel corso degli anni conferma tale difficolt; e ogni astrazione comprensivarimane in balia di un arbitrio, che risospinge il lettore nel suo isolamento,orfano di ogni tradizione e comunanza.

    7.

    Non nemmeno possibile presupporre una sorta di elitaria buona tradizio-ne condivisibile dagli happy few, se perfino Ezra Pound, linterlocutore privile-giato di Eliot, e che potrebbe essere legittimamente considerato come il co-autore del poema, non seppe cogliere e comprendere la funzione portante dialcune allusioni e temi che percorrono e sorreggono la trama poetica del-lopera: il dattiloscritto della versione originaria, sul quale Pound esercit la suacelebre operazione cesarea, rivela infatti con chiarezza come egli, consiglian-do la soppressione di versi quali: They called me the hyacinth girl, o la citazionedalla Tempesta: (Those are pearls that were his eyes. Look!) 38, non avesse afferrato lacentralit del tema introdotto (molto) allusivamente da questi due riferimenti luno strettamente personale, laltro letterario al processo metamorfico dellarigenerazione (e non a caso Eliot, per una volta, non segu il consiglio del-lamico, e conserv entrambi i versi). quanto parte delle grandi tradizioni della nostra storia comune, essi hanno il potere di aiu-tarci a trasformare la nostra terra desolata in un giardino [sic! ], p. 246.

    37 M. Ellmann, The Poetics of Impersonality. T.S. Eliot and Ezra Pound, Harverster Press,Brighton 1987, p. 92.

    38 Cfr. T.S. Eliot, La terra desolata, con il testo della prima redazione, cit. v. 90 e v.101, p. 142, e nn. 14 e 15.

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    Per questo motivo non bisogna lasciarsi intidimire dalla consueta, felicesicumera di Pound, il quale pare che affermasse attorno al 1924 che tuttaloscurit del poema non risiederebbe che in quattro parole sanscrite,

    a tal punto legate al testo circostante che ci si pu passar sopra [] senza perde-re il tono generale o lemozione principale del passo. evidente che sono paroledi un qualche rituale. [] Quanto alle citazioni non mi importa nulla quale siatratta da Day, quale da Milton, da Middleton, Webster o Agostino. Intendo direper quanto concerne il funzionamento della poesia. Il piacere incolto di leggereThe Waste Land sarebbe il medesimo se Webster avesse scritto Women before Wo-man e Marvell le Metamorfosi 39.

    Secondo Pound le note stesse apposte di Eliot, e che egli vide solo sei o ottomesi dopo aver letto il testo, non hanno accresciuto il [suo] godimento delpoema di un grammo. Esso [gli] appare come una unit emozionale 40. Sirammenti che anche I. A. Richards parlava della emotional aura prodotta dallecitazioni eliotiane, sottolineandone cos la funzione connotativa allinternodella struttura poetica: sarebbe dunque meno importante individuare ogni sin-gola citazione e il suo significato che afferrare emozionalmente leffettoprodotto dalla congerie eteroclita di materiali montati nel corpo del testo, iquali fanno di esso una sorta di babelico collage letterario.

    Come stato suggerito pertinentemente, il lettore

    si sforza naturalmente di comprendere la ragione precisa della presenza di questao quellopera e in che maniera essa contribuisca allevoluzione del poema, mapu anche cogliere questa pletora di citazioni propriamente come una pletora, evedere come le opere di altri autori, invece di formare una struttura, una tradi-zione (come esse fanno, curiosamente, secondo i saggi che Eliot andava pubbli-cando nello stesso periodo), si presentano nella terribile estraneit del loro esserci. per questo che le citazioni sono interrotte, deformate, parodiate; per questoche troppi racconti di diversa natura si urtano per arenarsi infine nella terra deso-lata della narrazione 41.

    La semplice presenza nel testo di questa pletora di torsi di opere, di fram-menti, di echi, connoterebbe dunque la condizione stessa del narrare, e del di-re poetico, nel momento in cui lunit della tradizione si smarrisce: lindi-viduazione del denotatum di ogni singola citazione, e della trama intertestuale di

    39 H. Kenner riferisce queste affermazioni poundiane senza indicarne la provenienzain op. cit., p. 173.

    40 Ibidem41 M. Edwards, loge de lattente. T.S. Eliot et Beckett, Belin, Paris 1996, p. 39.

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    esili, sfuggenti e pi o meno arbitrarie relazioni che essa intrattiene col propriocontesto originario e con il nuovo corpo poetico in cui si trova inserita, risul-terebbero pertanto di secondaria importanza per lapprezzamento del poema.

    Per quanto ci possa essere vero, non si pu non rilevare tuttavia come,affinch una citazione acquisti almeno un valore connotativo, essa debba co-munque essere colta come tale, e questo non affatto un compito facile nemmeno per Ezra Pound quando le citazioni non siano in sanscrito, o nonvengano opportunamente segnalate dallautore medesimo (che, nel caso diEliot, si ben guardato di fornire in nota tutti i riferimenti e le allusioni pre-senti in The Waste Land, per tacere di Joyce a proposito di Ulysses e di FinnegansWake, o di Pound stesso a proposito dei Cantos). E, malgrado lapologia poun-diana dellincult pleasure della lettura (un atto anarchico 42 che incontestabil-mente costituisce un diritto inalienabile del singolo lettore, anche a costo diqualche misreading), bisogna pur rammentare che lesperienza estetica, se vuoleconservare la propria specificit rispetto alla conoscenza concettuale dellarealt e allesperienza puramente sensibile, deve essere pensata dialetticamentea partire da questi due momenti, senza tuttavia risolversi e identificarsi in nes-suno dei due. Se non si vuol fare dellesperienza estetica una mera (ancorchlegittima) esperienza privata del soggetto, bisogna allora sottrarla al mito del-limmediatezza, ai fremiti irriflessi dell aura emozionale.

    stato Adorno che, con la consueta radicalit, ha rivendicato per lespe-rienza estetica una costante e mai risolta dialettica di piacere e conoscenza:nella sua prospettiva teorica, un incult pleasure nei confronti dellarte pocomeno che un ossimoro, una contradictio in adjecto 43. Per Adorno, ogni espe-rienza dellopera darte in connessione collambiente dellopera stessa, colsuo valore posizionale, col suo posto in senso letterale e traslato; e ci signi-fica che rientra nellesperienza dellarte la coscienza dellantagonismo, a leiimmanente, di esterno e interno 44. Contrariamente a quello che Pound sem-bra rivendicare polemicamente (bench egli per primo fosse poi perfettamenteconsapevole della capitale importanza dellaspetto artigianale del fare artistico),il funzionamento della poesia dipende dal momento costruttivo, per cos di-re progettuale, che presiede alla mise en forme dei materiali che la costituiscono e

    42 Cfr. H. M. Enzensberger, Una modesta proposta per difendere la giovent dalleopere di poesia, in Sulla piccola borghesia, Il Saggiatore, Milano 1983, p. 20.

    43 Cfr. T. W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Torino 1977, pp. 22-28; in contrastocon il pensiero adorniano, anche se opportunamente semplificato e privato del suo pecu-liare e fondamentale movimento dialettico, H. R. Jauss ha intrapreso la propria Apologia del-lesperienza estetica (Einaudi, Torino 1985, in particolare pp. 6-13).

    44 Ivi, pp. 588 e 587.

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    al rapporto intertestuale che essa intrattiene con le altre opere, in particolaredel passato. Esterno e interno, ossia il momento eteronomo e quello autono-mo (ovvero, con diversa terminologia, tradizione e ispirazione), confliggononellopera, ed propriamente tale conflitto costitutivo che deve essere colto ecompreso criticamente, affinch lesperienza dellopera possa essere detta este-tica: per questo Adorno afferma che la critica non si aggiunge dallesterno al-lesperienza estetica; al contrario, le immanente 45. Come lopera il prodot-to di una mediazione tecnica, formale e culturale, cos lesperienza di essa sideve fare carico di tale mediazione sotto forma di coscienza critica.

    Nel caso di The Waste Land, ossia di unopera integralmente costruita 46 inogni sua parte secondo una logica al contempo stringente e occulta, le citazio-ni fungono da materiale su cui si esercita lattivit creativa del poeta: ma essenon strizzano locchio al lettore, n la tradizione cui esse si richiamano (o chepiuttosto reinventano e si costruiscono quite arbitrarily) gli offre un orizzonte divalori in cui riconoscersi, bens lo provocano, ovvero provocano la sua intelli-genza critica. Se un poema difficile, desolato e desolante come The Waste Land in grado di produrre un piacere estetico (e certamente lo al pi alto grado),bisogna ammettere allora che non si tratta del confortevole piacere di trovarsiin no strange land. La felicit che esso pu dare quella che, per Adorno,dnno le opere darte [la quale] se mai il sentimento del tener duro, che leopere mediano 47. Questa mediazione non si realizza nellimmediatezza del-lempatia, ma attraverso il lavoro del concetto, ossia attraverso lardua com-prensione della logicit dellopera, della dialettica immanente alla sua formanella quale i disparati materiali e lintenzione autoriale dibattono il significatoin un continuo gioco di allusioni e di rimandi che esige innanzitutto di esseredecifrato criticamente. Questo il motivo per cui Adorno pone come primariacondizione che lesperienza estetica distanzi losservatore dalloggetto 48:lopera non si offre pi in una prossimit empatica al pubblico semplice-mente sensibile e desideroso di cose belle, i frammenti della tradizione concui essa viene costruita non fungono pi da specchio in cui ritrovare la propria

    45 Ivi, p. 582.46 Lespressione , ovviamente, di Adorno (cfr. ivi, p. 485), e indica quelle opere

    eminentemente moderne che non potendo pi ricorrere alluniversale gi dato dei generi,ossia prive di un sistema normativo di princpi che presieda alla loro costruzione, si affer-mano come monadi, radicalmente particolari, sorrette da una legalit immanente che essemedesime si danno, e in tal modo si avvicinano al margine di contingenza e assoluta indif-ferenza e nessun elemento provvede al bilanciamento (cfr. ivi, pp. 338-339).

    47 Ivi, p. 28.48 Ivi, p. 581.

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    memoria o identit culturale, la forma coesa e difficilmente penetrabile che es-si vi assumono elude la comunicazione nel momento stesso in cui turba lacomprensione. in questa inquietante distanza che lopera si lascia esperire: illavoro dei commentatori sulle fonti di The Waste Land ha senzaltro generatomostri di interpretazione capziosa ed erudita (come Eliot stesso deprecava,sentendosene in parte responsabile 49), e nondimeno tale minuzioso lavoro fi-lologico non che il rovescio del non meno minuzioso lavoro compositivoche sorregge lispirazione poetica di Eliot.

    E questa distanza, in cui sola possibile lesperienza dellopera, forse lamedesima in cui si rende possibile e si legittima il buon uso della tradizione:

    La poesia salva il suo contenuto di verit solo l dove, mantenendo uno strettocontatto con la tradizione, al tempo stesso la allontana da s. Chi non vuole tra-dire la felicit che la tradizione promette ancora in alcune sue immagini, la pos-sibilit sepolta che si nasconde sotto le sue macerie, deve voltare le spalle allatradizione, che abusa di quella possibilit e del significato volgendoli in menzo-gna. La tradizione pu riemergere soltanto in ci che ad essa spietatamente sinega 50.

    Citare la tradizione diventa cos un atto ambiguo, bivalente: un appello che un addio.

    49 Mi rammarico di aver spinto tanti ricercatori a una vana caccia dietro carte di Ta-

    rocchi e il Santo Graal, cit. in H. Kenner, op. cit., p. 173.50 T. W. Adorno, Sulla tradizione, in Parva aesthetica, Feltrinelli, Milano 1979, p. 39.