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CINQUANT’ANNI DI S.I.Ve.M.P. SINDACATO ITALIANO VETERINARI DI MEDICINA PUBBLICA

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CINQUANT’ANNI DI

S.I.Ve.M.P.

SINDACATO ITALIANO VETERINARI DI MEDICINA PUBBLICA

Si ringraziano gli autori, il comitato di redazione di Argomentie quanti hanno contribuito alla realizzazione di questa testimonianza.

Sono le azioni che contano.I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false

fintanto che non vengono trasformati in azioni.Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.

GHANDI

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

Aldo Grasselli

3I cinquant’anni del SIVeMP

Cinquant’anni. Mezzo secolo. Un tempo enorme. Provate a pensare come si vestivano, come si muo-vevano, cosa mangiavano, cosa ascoltavano, cosa leggevano, cosa speravano e cosa temevano gliitaliani 50 anni fa. Il nostro mondo, cinquant’anni fa, aveva gli orizzonti della nostra provincia. Pochi,ancora, avevano il telefono in casa. Pochissimi erano stati in vacanza all’estero. Quasi nessuno aveva

preso un aereo.Eppure questo nostro sindacato c’era. C’era ed era vitale come un prodigioso Big Bang.Aveva in sé il codice genetico che ancora oggi noi tutti conserviamo nel nostro patrimonio. Aveva raccolto il mandato, il compito straordinario che ha ancora oggi, di dare voce a un’intera categoria do-tata di capacità e orgoglio professionale, una categoria che riteneva di avere e ha ottenuto un ruolo socialesempre più rilevante e insostituibile nella classe dirigente di questo nostro Paese.In questo scorcio di storia siamo passati dalla condotta comunale al mercato globale.Ci siamo lasciati alle spalle un dopoguerra di macerie, abbiamo chiuso un’epoca funestata dalla guerra freddae dalla povertà diffusa e siamo entrati progressivamente nel più lungo periodo di pace e benessere mai avutodall’occidente.Questo lungo viaggio ci ha portati in un «mondo sempre più piccolo» in cui le merci e i capitali – spesso pro-prietà di pochi uomini – girano vorticosamente, molto più velocemente dei diritti fondamentali di tutto ilgenere umano.Viviamo in una società che si affanna in una dimensione sempre più «liquida» in cui la globalizzazione haimposto nuove sfide e nuove guerre, meno cruente ma altrettanto decisive, fatte di battaglie che si dispieganosul piano economico finanziario, come quelle che stiamo combattendo mese dopo mese in questi ultimianni.Il nostro sindacato è stato lì in tutto questo tempo ed è ancora lì, attuale e concreto. Sempre lì, lì nel mezzo, e – come dice una canzone di Ligabue – e finché «ce n’ha» sta lì. 50 anni sono stati, soprattutto, anni di responsabilità e fatica, amarezze e delusioni, invidie e strappi, ricon-ciliazioni e ripartenze e viaggi e ritorni, a volte con le ossa rotte.Ma, caso mai chiudi un buon contratto o porti a casa un po’ di rispetto per la tua gente, sai che la tua gente,i tuoi colleghi, sono lì ad aspettarti per darti il giusto riconoscimento e per darti grandi soddisfazioni.Questo è il nostro sindacato: un gruppo di uomini che sanno distinguersi e confrontarsi con intelligenza ecultura professionale e politica, uomini lucidi e realisti, che però esprimono la loro migliore natura con laspontaneità e la passione dei loro più nobili e genuini sentimenti.

I 50 annidel Sindacato dei Veterinaridi Medicina Pubblica

X Congresso SNVDEL: da sinistraMengozzi, Gallina, Graziosi, Alesii.

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

Diego Carobbi

5I cinquant’anni del SIVeMP

Indossavo ancora i pantaloni corti, eravamo nelsecolo scorso, quando illuminati colleghi pio-nieri dell’associazionismo, ebbero la felice in-tuizione di formalizzare e dare concretezza, per

i Medici Veterinari dipendenti pubblici – allora Ve-terinari Comunali tuttofare titolari di “condotta” –a quanto sancito dagli artt. 39 e 40 della Costitu-zione Italiana.Procedevano appunto nel lontano 1962, alla costi-tuzione di una libera associazione di lavoratori, diun sindacato autonomo e indipendente, rappre-sentativo dei Medici Veterinari dipendenti, dotan-dolo successivamente anche dell’attuale sede diproprietà, in via Nizza a Roma.Illuminati colleghi – dicevo – se si pensa che soloun anno prima col DPR 11 febbraio 1961 n. 264,viene introdotto l’obbligo per tutti i Comuni dellacreazione dell’ufficio del Veterinario Comunale. Col passare del tempo e con l’evoluzione norma-tiva, i compiti e le funzioni del Veterinario Pubblicodipendente si sono sempre più spostati verso unaspersonalizzazione del rapporto con l’utenza. La fi-gura del “condotto”, tanto cara ai nostri colleghianziani che col loro lavoro capillare sul territorioavevano creato una sinergia con il mondo agricolo,era chiamata a garantire il salvadanaio della fami-glia contadina.Ma è con l’emanazione della Legge 833/78 istitutivadel SSN e col DPR 761/79 sullo stato giuridico delpersonale delle USL che si determina un notevolesconvolgimento nelle prerogative e nei compiti pro-pri del servizio pubblico.Lenta, costante, progressiva e inarrestabile è statala metamorfosi della nostra attività professionale,attenta sempre ai cambiamenti epocali e repentinidella società e delle norme, che da sostenitori del

settore produttivo – assistenza zooiatrica – ci hatrasformati in “garanti” della salute dei consumatoriattraverso la salvaguardia della sanità degli animalie dell’ambiente; siamo diventati operatori e for-matori di Sanità Pubblica.In sintonia con l’evoluzione del contesto sociale,anche il nostro sindacato si è adeguato e aggior-nato attraverso la modifica del nome e della cartastatutaria. È cambiato il contesto, si sono modificatigli atti, sono cambiati gli attori, ma la barra è sem-pre rimasta dritta con l’obiettivo di assicurare agliassociati il raggiungimento delle finalità dichiarate.Sono, infatti, tre le linee direttrici, tre le colonneportanti esplicitate nell’art. 1 del nostro Statutoche campeggiano anche sul nostro sito istituzio-nale:1. La tutela sindacale sul piano morale, formativo,professionale, giuridico ed economico.2. La promozione e l’aggiornamento scientifico,tecnico, organizzativo e gestionale.3. La consulenza in materia di tutela assistenziale,previdenziale e pensionistica integrata.Per tali finalità, nel rispetto della nostra autonomiae specificità, si sono costruite nel tempo sinergie ealleanze: siamo entrati in COSMED, abbiamo co-stituito la CIVEMP, coofondato ASSOMED SIVEMPe siamo soci fondatori di FVM. Oltre alla informazione in tempo reale, alla rivista,si sono istituzionalizzati una lunga serie di serviziagli iscritti, come ad esempio Fondo Sanità e la Po-lizza Assicurativa per la copertura della rivalsa percolpa grave, solo per citare gli ultimi due nati.La mia esperienza e il mio impegno diretto nell’as-sociazione iniziano nel 1991 in veste di Segretarioprovinciale/aziendale, proseguono col ruolo di Se-gretario regionale dal 1994 al 2008 quando, con

Il mio amarcord

6 I cinquant’anni del SIVeMP

mia grande sorpresa e gratitudine, al 41° CongressoNazionale di Bressanone il 5 settembre, i delegatiper acclamazione, mi hanno onorato della funzionedi Presidente. Un percorso nel quale mi sono impegnato e ado-perato per utilizzare al meglio e mettere a disposi-

Presiden� Onorari SIVeMP

Elio GallinaOvidio Piccio�

Presiden� SIVeMP

Silvano Severini 1995 - 2000Paolo Bolognesi 2000 - 2008Diego Carobbi 2008 a oggi

Paolo Bolognesi

Giugno 1960: in primo piano l’On.le DanteGraziosi, a destra, ed Elio Gallina, a sini-stra, “pioneri” del sindacato.

7I cinquant’anni del SIVeMP

zione degli iscritti le capacità, le energie e la pas-sione con l’intento di ripagare la fiducia e le aspet-tative dei colleghi.Il ruolo e le funzioni che ricopro attualmente, di“garante istituzionale della corretta applicazionedello Statuto” mi riempiono di orgoglio e respon-sabilità; cerco di svolgere l’incarico in posizione

defilata, non ingombrante, ma ferma, con spiritodi servizio, nella massima trasparenza, disponibileall’ascolto e garante delle lecite aspirazioni degliiscritti nel rispetto della norma statutaria.Esprimo pubblicamente la soddisfazione per lacoincidenza della mia funzione coi festeggiamentidei cinquanta anni di vita del nostro sindacato.Coincidenza del tutto casuale, ma che mi emozionae mi impegna ulteriormente per il bene di tutti.Sentimenti di riconoscenza e gratitudine vanno ai tantiche ci hanno accompagnati, cresciuti e preceduti; ap-prezzamento e fiducia ai componenti dei quadri isti-tuzionali e statutari a tutti i livelli, che rappresentanole varie anime – dirigenti SSN, IZS, Ministeriali, colleghiprecari e convenzionati – di un unico corpo veterina-rio; un grazie di cuore a coloro che attualmente reg-gono, gestiscono e guidano la casa comune dei Vete-rinari Dipendenti di Medicina Pubblica, in strettacollaborazione e con il supporto delle nostre amatis-sime segretarie; un augurio a quanti in futuro sa-pranno mostrare la disponibilità, la voglia la forza ela capacità di mettersi a disposizione per continuarea fare volare alto questo sindacato.

Diego Carobbi

Vaccinazione an�carbonchiosa dei ca-prini ai primi anni ‘60 (Do�. Luigi Mu-scas, Marmilla di Villamar, CA).

9I cinquant’anni del SIVeMP

Paolo Bolognesi

Èdel tutto normale e logico che il profilo diun Sindacato di categoria, ivi compreso ilsuo operare, abbia a risentire della configu-razione e degli assetti dei settori di riferi-

mento, e relativo evolversi, ma pure i modelli e glistili di vita dell’intera società possono non esseretrascurabili al riguardo, causa un inevitabile insiemedi nessi, correlazioni e concomitanze.Anche il SIVeMP non è verosimilmente sfuggito aquesta regola, un po’ universale, e quando dunquesi parla dei suoi trascorsi occorre giocoforza deli-neare il contesto nel quale questa nostra entità sin-dacale ha preso forma e si è andata via via svilup-pando così da rendere più compiuta la retrospettivasu quel passato.Mezzo secolo fa il nostro Paese aveva ancora unaforte impronta rurale e zootecnica, pur se i cambia-menti erano alle porte, essendo già iniziato il pro-cesso di industrializzazione che ne avrebbe rimo-dulato il volto socio-economico e produttivo.Sul versante annonario - per dire di un altro impor-tante settore di interesse veterinario - la rete deipunti di lavorazione e commercializzazione dellederrate di origine animale, all’epoca ancora moltodiffusa e capillare, sarebbe andata incontro a suc-cessive e consistenti trasformazioni.Anche le stesse abitudini alimentari subiranno mo-difiche di non poco conto - il che si rifletterà fatal-mente sui componenti della quotidiana “borsa dellaspesa” - così come nel complesso muterà la morfo-logia e la curva dei consumi. Di lì a poco anche il settore terziario inizierà un tra-gitto di progressive e inarrestabili “metamorfosi”che alla fine sfoceranno nel cosiddetto “terziarioavanzato”.Di pari passo - volendo parametrare in certo qual

modo il “tenore di vita” del tempo - nelle nostrecase si andava estendendo l’impiego degli elettro-domestici, e parecchie famiglie sognavano inoltrel’acquisto di un’autovettura, ancorché di piccola ci-lindrata, la famosa “utilitaria”, e in parallelo mira-vano a trasferirsi in abitazioni più spaziose e con-fortevoli, e probabilmente anche per questo si andòaccelerando l’espansione urbanistica, che intreccerài suoi destini con quelli del territorio agricolo (pe-raltro già avviato, in taluni distretti del Paese, a tra-mutare le sue sembianze, stante l’introduzione dinuove pratiche agronomiche e di nuovi criteri nellescelte e negli avvicendamenti dei coltivi).In buona sostanza, il sistema Italia era in movimentoe del resto la fine degli anni ‘50 viene fatta conven-zionalmente coincidere con l’inizio di quel periodoun po’ speciale della nostra storia, per qualcunoquasi ‘magico’, che - seppur non esente da criticità,aspirazioni incompiute, e da giudizi sospesi - preseil nome di “miracolo economico italiano”, a signifi-carne il portato e l’ammirazione che riuscì a susci-tare; ebbe a realizzarsi, secondo gli analisti dellamateria, per il concorso di diversi fattori, una coin-cidenza irripetibile o quasi, pur se i pareri al riguardonon sempre sono stati unanimi. Come sua durata, c’è chi lo confina dentro un quin-quennio - a cavallo tra i due decenni - mentre altrilo protraggono fin quasi agli anni settanta. Poco im-porta comunque la sua longevità perché eventi diquesta natura - vale a dire cicli di forte crescita eco-nomica - imprimono spinte, e anche suggestioni,destinate a persistere nel tempo. Il loro dinamismo innesca poi, in maniera quasi au-tomatica, una sorta di “proprietà transitiva”, o di“effetto domino”, che si espande via via, comeun’onda lunga, a una moltitudine di attività e com-

Come eravamo

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

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parti, ciascuno dei quali diventa a sua volta motoree serbatoio di energie. Andando per metafore, quel vitale e intraprendenteperiodo potrebbe esser visto come un immaginarioponte teso a congiungere il travagliato dopoguerracon altre e differenti stagioni, che già si andavanoproponendo; un ponte sul quale si trovarono a scor-rere vecchie e nuove sensibilità in cerca di coabita-zione, mentre si materializzava un coacervo diistanze, attese e pulsioni, intrise di voglia di fare, eche anelavano a non andar deluse.Si trattava cioè di gestire e governare un trapassodi usanze e costumi pressoché epocale, e dunqueabbastanza delicato e complesso, sovrapposto inol-tre al ricambio generazionale. Per portare un esem-pio fra i tanti, la cosiddetta cultura del tempo liberonon si era ancora affermata, ma stava già facendocapolino, e avrebbe, poi, inciso alquanto sulle nostreabituali consuetudini. I giovani respiravano quella“atmosfera” e molti di loro se la sarebbero portatainevitabilmente dietro per il resto della vita. Questoera grosso modo lo “scenario” e il “retroterra”, al-lorquando venne alla luce e prese a camminare ilSindacato Italiano Veterinari di Medicina Pubblica -o meglio il Sindacato Nazionale Veterinari Dipen-

denti ed ex Dipendenti da Enti Locali, come allora sichiamava - forse sotto l’impulso del generale fervoredi quei giorni, ma potrebbe anche essere che i suoiartefici avessero saputo cogliere e tradurre le aspet-tative che salivano dalla categoria, o avessero luci-damente intuito che si era alle soglie di grandi cam-biamenti, e onde poterli meglio affrontare occorrevadotare la categoria di un appropriato strumento dirappresentanza.Sono comunque delle pure e semplici ipotesi, e d’al-tronde null’altro può aggiungere in proposito chi,anche per ragioni anagrafiche, non è stato tra i pro-tagonisti di quella lungimirante iniziativa, salvo ri-conoscere loro il merito di averla concepita e rea-lizzata. Non mancano tuttavia gli elementi perconnotarla in modo meno vago, abbozzandone conmaggior dettaglio la cornice “esterna”.Basta, infatti, una scorsa alle banche dati e alle ta-vole statistiche per ricavarne informazioni piuttostoeloquenti: innanzitutto, il patrimonio bovino e bu-falino nazionale del 1960 sfiorava, ed era la primavolta, i dieci milioni di capi, per addirittura superarlinel corso del decennio, ma già sul suo finire si in-travedono le avvisaglie di una flessione numerica,che tuttavia si manifesterà poco a poco, in maniera

Da sinistra: Guido Petracca, Michele Latessa, Elio Gallina,Ovidio Piccio�, Silvano Severini, Elio Torri.

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graduale, peraltro con fasi alterne, e in un quadrodi sostanziale tenuta che proseguirà fino agli alboridegli anni novanta, quando la popolazione bovinae bufalina scenderà al di sotto degli otto milioni dicapi, per poi via via abbassarsi ancora. Rimanendo sempre nei compartimento bovini-bu-falini, la flessione numerica delle aziende ha inveceavuto ritmi più celeri: a inizio anni sessanta questeoltrepassavano il milione e mezzo di unità, per su-bire poi una vistoso calo, pari a quasi il 40%, già nelgiro di dieci anni, e ancora del 30% circa nel succes-sivo eguale lasso di tempo, e scendere quindi finsotto le duecentomila nell’arco di 40 anni (con undecremento, quindi, di poco inferiore al 90%, cheha comunque riguardato soprattutto le piccolestalle, mentre l’opposto è successo per quelle dimaggiore dimensione).Pure per gli allevamenti di suini si è assistito a unacontrazione di analogo segno, seppure più lenta econ una forbice meno ampia - circa un milione eranonel 1961 per non arrivare anche qui ai duecentomila

nel 2000, con un netto e robusto aumento percen-tuale di quelli più grossi - ma qui l’inverso è acca-duto per gli animali, il cui numero è andato inveceaumentando, sebbene con una qualche ondula-zione, fino ad assestarsi intorno a valori oscillantitra gli 8 e i 9 milioni di capi, dai precedenti 3 - 4 delprincipio anni sessanta.In ogni caso, qui non importa tanto la precisionedelle cifre (circa la quantità delle aziende e dei capiallevati) quanto piuttosto incasellare la tendenzadei fenomeni. Da tale sommaria veduta d’insieme - per non diredella pastorizia, che veniva praticata ancora in mododiffuso, nonché dell’avicoltura particolarmente fio-rente in talune aree del Paese - emerge che allor-quando il nostro Sindacato veniva progettato, emuoveva poi i suoi primi passi, il tessuto zootecnicoera ancora molto articolato ed esteso, composto dauna miriade di aziende, talché, di riflesso, non po-teva che essere speculare, e cioè elevato, anche ilnumero degli addetti, cioè degli interlocutori con

Un congresso degli anni ’60.

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cui doveva relazionarsi la veterinaria pubblica sulfronte zootecnico (senza contare gli altri settori dipertinenza). Anche la consistenza numerica degli animali da red-dito era piuttosto significativa, come abbiamo visto,seppur con disomogeneità fra le diverse specie - aindicarci il volume delle prestazioni da erogare -mentre il diffondersi degli animali da affezione e dacompagnia, e anche da diporto secondo una termi-nologia corrente, non appariva ancora così evidentee marcato come lo sarà negli anni successivi. Stando sempre alle stime relative al periodo, il corsodelle macellazioni bovine è stato più fluttuante, ealtrettanto potrebbe dirsi riguardo gli ovi-caprinipur con alcune peculiarità, mentre per suini e pol-lame si è avuto un crescendo cronologicamente piùregolare e costante, intercalato nondimeno da unaqualche periodica ondulazione. I diagrammi nonsono poi del tutto combacianti, a seconda che siconteggino i capi macellati o il tonnellaggio dellecarni ottenute.Con questa realtà si interfacciava la Veterinaria pub-blica, il cui ramo “operativo” era allora costituito,in via prevalente, dall’istituto della “condotta”. Adire il vero il DPR 264, del febbraio 1961, aveva ri-disegnato l’architettura della Veterinaria pubblica,incluso il piano locale, per il quale contemplava“l’ufficio veterinario comunale”, che racchiudeva econiugava una pluralità di “soggetti” e competenze(veterinario condotto, direttore del pubblico ma-cello, veterinari addetti ai vari servizi di Polizia - vi-gilanza - ispezione veterinaria, cui poteva aggiun-gersi il veterinario comunale capo), ma a livelloterritoriale i “condotti”, cioè a dire i sanitari addettiall’assistenza veterinaria, rimanevano comunque lafrazione più numerosa. Il numero dei Comuni era di poco inferiore a quelloodierno (8.035 rispetto agli attuali 8.092) e ciascunambito comunale, o Consorzio di Comuni, era inogni caso provvisto di una condotta veterinaria, ilcui titolare sommava peraltro tutte le richiamatecompetenze - oltre ad erogare l’assistenza veteri-naria, ossia il compito cui era primariamente pre-posto - quando le stesse non erano distribuite trapiù “soggetti”, vale a dire quelli appena sopra elen-cati.

Questa rapida e schematica carrellata sulla “mappa”organizzativa non ha alcuna velleità didattica, maserve semplicemente a introdurre una riflessionecomplementare. Se pensiamo, infatti, alle tantissime zone della Pe-nisola che all’epoca mantenevano una spiccata vo-cazione agro-zootecnica e le rapportiamo all’attivitàclinica svolta dai veterinari condotti, insieme al-l’opera di prevenzione e di lotta verso le malattieinfettive degli animali, zoonosi comprese, e le col-leghiamo altresì all’indotto - per poi addizionarvil’azione di vigilanza e controllo sulla produzione elavorazione carni, per dire di un campo che con lazootecnica mantiene una sorta di filo diretto, oltreovviamente alla sua valenza igienica - ci si può fareun’idea della “incidenza” che poteva avere nel ter-ritorio la funzione veterinaria pubblica, quella cioèche afferiva alle Amministrazioni locali e anche in-fluenzarne la “posizione” negoziale.Sul piano più individuale poi, l’esercizio dell’attivitàclinico-zooiatrica, ancorché variabile da zona a zona,metteva i veterinari condotti nella condizione di po-ter affermare le proprie attitudini e capacità pro-fessionali, e in tal modo rinsaldare il livello di stimae di credito presso l’utenza (una combinazione dicerto gratificante, ma al tempo stesso mai scontata,dipendendo ovviamente dai risultati ottenuti).Per inciso, durante gli anni sessanta presero avvioanche le cosiddette campagne di “risanamento”, os-sia i piani nazionali di profilassi della tubercolosi ebrucellosi bovina, nonché della brucellosi ovi-ca-prina, piani iniziati per adesione volontaria, primadi divenire obbligatori, e al riguardo l’apporto fornitodai veterinari condotti si rivelò molto utile e pre-zioso, quando non determinante, specie nell’operadi convincimento e persuasione nei confronti degliallevatori, quale altro indicatore della fiducia ri-scossa (senza nulla togliere alla parte che ebbero inmateria gli Uffici dei veterinari provinciali, gli altriesponenti della Veterinaria pubblica, nonché i ve-terinari liberi professionisti).Erano giusto queste le figure che rappresentavanola “base” del Sindacato Nazionale Veterinari Dipen-denti ed ex Dipendenti da Enti Locali, e allorché en-trai a farne parte, negli anni 70, e cominciai a fre-quentarne riunioni e consessi, anche su scala

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nazionale, conservo il ricordo di Colleghi più maturidi età che mi apparivano molto legati al proprio ter-ritorio e davano la contagiante idea di sentirsi parteattiva della società, e ben consapevoli del “peso”economico del proprio mestiere, oltre alla sua rile-vanza sanitaria. Talvolta affiorava in loro una puntadi orgoglio, ma non ho mai avuto la percezione chesconfinasse nella supponenza. Si trattava, è vero, di mie sensazioni, ma reputo co-munque che non fossero del tutto ‘campate in aria’,come si usa dire. Diversi di loro mi sembravano poi esprimere unaforte personalità, chi in modo più esuberante e chiin maniera più riservata, ma all’occorrenza con pariautorevolezza; non so ovviamente dire se questadipendesse essenzialmente dal naturale tempera-mento di ciascuno, o se anche il ruolo ricoperto gio-casse una qualche influenza in proposito. Ho nel contempo memoria di riunioni sindacali persolito dibattute, e pure vivaci, e che talora diveni-

vano anche accese, il che era tutto sommato nor-male mettendo insieme persone di “carattere”, mad’altronde l’importanza degli argomenti richiedevache li si esaminasse con la massima schiettezza,mettendo in franca e leale contrapposizione le ri-spettive tesi ogniqualvolta ce ne fosse il bisogno. Sta di fatto che i Colleghi fondatori del nostro Sin-dacato, e che lo hanno poi guidato per una nonbreve stagione, tanto da poterli definire i suoi “padricostituenti”, sapevano condurre nel giusto modoquegli incontri - tanto da renderli quasi sempre frut-tuosi e propositivi - attraverso il loro indiscusso ‘ca-risma’, la loro risolutezza, ma anche tramite la ca-pacità di confronto e mediazione.Basterebbe citare tutto il lungo e spesso tribolato di-scutere che precedette l’approvazione della “RiformaSanitaria” del dicembre 1978, e dipoi accompagnò lesusseguenti tappe di attuazione, con tutte le annesseimplicazioni per il destino della Veterinaria pubblica,ma alla fine venne trovata l’intesa e la coesione anche

Vaccinazione an�a�osa dei bovini aiprimi anni 60 (Do�. Giuseppe Guiso,Barbagia di Desulo, NU).

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su una tematica di cotanto rilievo.Nel senso che al nostro interno potevano esservipunti di vista differenti, e semmai momenti di con-trasto e di frizione, vuoi anche in merito alle strategieda adottare, ma ciononostante si riuscì a convergeresu posizioni unitarie, di condivisione larga, se nonaddirittura unanime (i risultati si sono poi veduti).Con alcuni di questi “pionieri” del nostro sindacali-smo ho avuto maggiore sintonia di pensiero e anchemaggiore dimestichezza e familiarità, o maggioreoccasione d’incontro, il che mi ha dato modo di ap-prezzarne l’impegno appassionato, l’attaccamentoalla professione e la determinatezza nel difenderneil prestigio, mai peraltro disgiunta dal preoccuparsiper il futuro della categoria, nel senso che l’atten-zione non veniva rivolta soltanto all’immediato. Non erano di certo infallibili, com’è nelle umanecose, ma non rammento scelte fatte con avventa-tezza e superficialità, anche quando i tempi di deci-

sione erano stretti. Non nego che guardando al pas-sato si tenda talvolta a idealizzarlo - il che può na-turalmente valere anche per il sottoscritto, dal mo-mento che il rimembrare quegli anni mi regalasempre un fiotto di emozioni - ma è comunque in-negabile e documentata, essendo piena di ‘tracce’,la loro dedizione alla causa, così come lo ‘spessore’e l’efficacia del lavoro che hanno svolto al riguardo. Volendo ulteriormente limitare il rischio dell’enfasie della ‘mitizzazione’, ancorché involontaria, ci sipuò chiedere, in modo esplicito, se il loro compitonon sia stato per certi versi avvantaggiato da unaqualche contingenza propizia, e a onore del verocircostanze favorevoli non sono mancate, se si pensaall’allora struttura del nostro sistema zootecnico eal clima di ‘entusiasmo’ che agli esordi del nostroSindacato permeava una buona parte della societàe faceva intravedere stimolanti prospettive ancheper la Veterinaria pubblica.

Vaccinazione an�a�osa degli ovini ai primi anni ’60(Do�. Enrico Murgia, Campidano di Monas�r, CA).

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Si aggiunga pure che la stessa - veterinari condottiin testa, stante il loro storico radicamento territo-riale - aveva una identità ben precisa e conosciuta,e poteva dunque risultare più semplice il farseneportavoce, così come era consolidato il “perimetro”delle competenze, e dunque inesistente o quasi, operlomeno scarsa, la probabilità che potessero con-fliggere con quelle di altri organismi. Non si può tuttavia sottacere, o minimizzare, il con-testuale e lampante coesistere di fattori ‘avversi’ elimitanti.Intanto, non erano di certo paragonabili a quelliodierni, i supporti tecnologici, visto che non ci sipoteva avvalere della posta elettronica, dei telefonicellulari, e - perlomeno all’origine - neppure del te-lefax e del computer; e sappiamo bene quanto siacruciale l’agevolezza dei contatti e della consulta-zione per una ‘collettività’ geograficamente dispersa,che voglia mantenersi collegata e interagire, e puntiinoltre a muoversi in maniera quanto più sincronae consonante. Notevole era poi il ricorrente sforzo organizzativo,atteso che - salvo improbabili errori di memoria -l’adesione al Sindacato andava allora reiterata ognianno, e occorreva dunque fornire volta a volta ar-gomentazioni convincenti, anche per motivare queiColleghi che in periferia si incaricavano di tenere irapporti con gli iscritti.

Ancora, il Sindacato non disponeva in partenza diuna sede autonoma e propria, e doveva quindi ap-poggiarsi ad altri. Soltanto più avanti arriverà adusufruire di quella attuale, acquistata grazie a unaesposizione finanziaria garantita da un gruppo diColleghi della dirigenza sindacale (a dirci quale “sen-timento” li guidasse).Quella stagione è alle nostre spalle, ed è ormai lon-tana, e potrebbe quindi essere “archiviata”, ma icinquant’anni complessivamente trascorsi sono unarco di tempo che può anche prestarsi a fare dei bi-lanci, e a tirare una qualche somma. Spetta in primo luogo alle generazioni che sono an-cora “in campo” decidere se e come farlo, e se farein qualche modo ‘tesoro’ dell’esperienza andata. Per obiettività dobbiamo ammettere che non è sem-pre facile mettere a confronto presente e passato -specie quando si tratta di un passato abbastanzaremoto - anche perché vanno inevitabilmente acambiare gli “archetipi” e i parametri di riferimento,e anche le mentalità, ma lo spirito e la tenacia diquei nostri predecessori (in sintesi la loro “culturasindacale”) sono una eredità che non scade né in-vecchia, un rassicurante valore cui poter attingereogni qualvolta l’azione sindacale avvertisse momentidi stanchezza e sentisse il bisogno di “ricaricarsi”, edunque un patrimonio che non andrebbe possibil-mente disperso.

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Aldo Grasselli

Nel 1888, con la Legge Crispi-Pagliari, an-che allora chiamata Riforma Sanitaria, ilParlamento italiano riconosceva in mododefinitivo alle Organizzazioni Sanitarie

l’esigenza di disporre in tutto il territorio nazionaledi “veterinari municipali” per la tutela del patri-monio zootecnico a salvaguardia della pubblica sa-lute.In quell’epoca la definizione dello stato giuridico edel trattamento economico del personale dipen-dente era compito dei Comuni nella loro ampia au-tonomia.Ben presto i veterinari italiani cominciarono a sen-tire la necessità di tenersi collegati per la uniformetutela dei loro interessi morali ed economici. A talfine venne data vita a una serie di organismi di ete-rogeneo indirizzo, finché nel 1912, a Parma, attra-verso un grande Congresso, cui parteciparono tradocenti e pratici ben 700 veterinari provenienti daogni parte d’Italia, venne costituita l’AssociazioneNazionale Veterinari Italiani. L’ANVI, a tutela della dignità della professione, permezzo del suo organo di stampa “Il Moderno Zoo-iatra”, divulgò, tra le altre, due fondamentali ri-chieste: la equiparazione del trattamento moraleed economico del veterinario a quello delle altrecategorie di laureati e la piena autonomia e indi-pendenza tecnica del veterinario in tutte le funzionidi sua esclusiva pertinenza.L’avvento del fascismo comportò la fine dell’asso-ciazione, per dal luogo a un Sindacato fascista, chedapprima confluì nella Corporazione Sanitaria, poinella Federazione dei Sindacati Intellettuali, infine,nella Confederazione Fascista dei Professionisti e

degli Artisti. Come organo di stampa “Il ModernoZooiatra” venne sostituito dal periodico “L’AzioneVeterinaria”.La seconda guerra mondiale e, soprattutto, la ca-duta del fascismo cancellarono ogni forma orga-nizzativa, ma non lo spirito e, tantomeno, le esi-genze associative della categoria. Questa, infatti,a poco più di un anno dalla fine della guerra, riu-sciva a riorganizzarsi e, con il Congresso di Firenzedel novembre 1946, a far risorgere su nuove basistatutarie l’Associazione Nazionale Veterinari Ita-liani, di cui primo presidente fu Paolo Girotti alquale è intestata la sala maggiore della sede delSIVeMP.In questi mesi prendeva origine in Piemonte il pe-riodico “Il Progresso Veterinario”, che la nuovaANVI decide di eleggere a proprio organo di stampa(primo direttore Domenico Giovine).L’attività dei primi anni di vita dell’ANVI fu proficuaper l’associazionismo veterinario; durante tale pe-riodo attraverso battaglie unitarie furono raggiunteimportanti conquiste, tra cui alcuni fondamentalicapisaldi della veterinaria italiana: l’istituzione,presso l’Alto Commissariato per l’Igiene e la SanitàPubblica, della Direzione Generale dei Servizi Ve-terinari, l’ascesa al rango di Generale del Coman-dante del Corpo Veterinario Militare, l’istituzionedell’ENPAV, Ente Nazionale di Previdenza e Assi-stenza Veterinari.Alla fine degli anni ’50 l’esigenza di connotare sem-pre più l’Associazione verso la lotta sindacale di ca-tegoria ne determinò lo scioglimento per dare spa-zio a organizzazioni sindacali che potessero megliorappresentare e tutelare gli interessi sempre più

L’evoluzione delle organizzazioni sindacalidei veterinari pubblici

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

18 I cinquant’anni del SIVeMP

specifici degli iscritti e che, in una sempre auspi-cata, ma mai realizzata federazione, potesserounirsi per tenere alto il prestigio della classe vete-rinaria.Prese così vita, man mano che i tempi ne eviden-ziavano la necessità, una serie di associazioni diveterinari dipendenti che, tra le proprie finalità, inposizioni più o meno appariscenti, avevano sempree comunque lo scopo sindacale della tutela dellacategoria:• Sindacato Nazionale Veterinari Dipendenti ed exDipendenti degli Enti Locali (SNVDEL), che fu ilprimo a costituirsi e rimase il più numeroso perl’adesione generale dei veterinari condotti.• Sindacato Italiano Liberi Professionisti (SVLP).• Sindacato Nazionale Veterinari Igienisti (SIVI), cuiaderirono gran parte dei Direttori di pubblici ma-celli e dei Veterinari Comunali Capo e che si distinseper una magnifica serie di congressi scientifico-cul-turali tenutisi a Verona.• ANVPI, Associazione Nazionale Veterinari Provin-ciali Italiani.• Associazione Nazionale Sindacale Veterinari Re-gionali (ANSVER), nella quale confluirono nel 1972i veterinari provinciali, dopo il trasferimento dalloStato alle Regioni.• Associazione Nazionale Veterinari degli IstitutiZooprofilattici (ANVIZ), che, oltre alle finalità scien-tifico-culturali, non nascose le motivazioni sindacalia tutela della categoria.• Associazione Sindacale Veterinari di Confine, or-ganizzazione che rappresentava le rivendicazionidei veterinari di confine, porti, aeroporti e doganeinterni.Infine, per iniziativa di alcuni veterinari addetti alcontrollo dei prodotti ittici nei mercati di produ-zione, è sorta una ulteriore associazione sindacale,l’Associazione Nazionale Veterinari Ispettori Ittici(ANVIPI).

Il SNVDEL e poi il SIVeMPIl fermento sindacale di categoria portò nel 1961allo scioglimento dell’ANVI. In quell’anno al Con-gresso straordinario di Montecatini, con l’appro-vazione dello Statuto della nuova organizzazione,finalizzata alla salvaguardia degli interessi morali

ed economici dei veterinari dipendenti dei comuni,venne anche nominato un Comitato Promotore(presieduto da Saverio Attinà).Il I Congresso Nazionale del Sindacato NazionaleVeterinari Dipendenti ed ex Dipendenti degli EntiLocali SNVDEL, fu celebrato a Chianciano nel 1962ed elesse primo Segretario Nazionale Elio Gallina. Grande è stato l’impegno che il SNVDEL ha dovutoprofondere, durante quasi un trentennio, per la tu-tela della categoria dei veterinari comunali.I risultati ottenuti furono di notevole prestigio e sicompletarono da ultimo con la partecipazione at-tiva di SNVDEL, in condizioni di assoluta parità allacostituzione e alla vita della Confederazione deiSindacati dei Medici Dipendenti, la COSMED chedopo qualche anno venne di fatto a perdere un

Segretari Nazionali SIVeMP

Saverio A�nà Presidente Comitato Promotore 1961-1962Elio Gallina 1962-1989Ovidio Piccio� 1989-1994Silvano Severini 1994 - 1995Aldo Grasselli 1995 ad oggi

Elio Gallina, Segretario Nazionale dal 1962 al 1989.

19I cinquant’anni del SIVeMP

ruolo, successivamente rilanciato dal SIVeMP conl’ANAAO ASSOMED nel 1998.Dopo il varo della riforma sanitaria con la Legge n.833/1978, che ha segnato un deciso cambio dellapolitica sanitaria del Paese, il movimento sindacaleveterinario, rappresentato da SNVDEL, alla cuiguida era Elio Gallina, non poteva perdere l’occa-sione per affermare l’importanza della funzioneveterinaria. Riusciva così a ottenere dal Legislatoreil riconoscimento ufficiale delle specializzazioni ve-terinarie con la settorializzazione del servizio nelledue grandi aree funzionali della “sanità animale eigiene dell’allevamento e delle produzioni animali”e della “igiene della produzione e commercializza-zione degli alimenti di origine animale”.Con il nuovo ordinamento sanitario la totalità deimedici veterinari dipendenti dei Comuni e delleRegioni veniva trasferita alle unità sanitarie locali.Il SNVDEL, che fino ad allora, per sistematica esclu-sione dalle trattative contrattuali degli Enti locali,aveva dovuto passivamente assistere agli accordicontrattuali, imposti dai DPR 191/1979 e 810/1980,riuscì ad essere incluso fra le varie sigle sindacali,confederali e autonome, ai sensi dell’art. 47,comma 8, della Legge 833/78, in quanto ricono-sciuta come «Organizzazione sindacale maggior-mente rappresentativa in campo nazionale dellacategoria». Riuscì ad essere determinante e, nel I contratto della sanità, approvato il DPR n.348/1983 (Suppl. Ord. G.U. n. 197 del 20 luglio1983), viene sancita l’attribuzione al medico vete-rinario del trattamento economico del medico-chi-rurgo. L’attività del sindacato diventa incessante. I rap-presentanti sindacali sono sempre più spesso chia-mati a partecipare ai lavori di commissioni mini-steriali: per il tariffario, per i profili professionali,per la modifica del DPR 761/1979 sullo stato giuri-dico del personale delle USL. In una parola il Sindacato era chiamato a profes-sionalizzarsi e, per l’adesione di veterinari dipen-denti degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali edelle Regioni, sentiva sempre più l’esigenza di set-torializzarsi. La denominazione stessa, la cui siglatra l’altro era impronunciabile, doveva adeguarsialla nuova realtà imposta dalla Riforma: il SNVDEL

si rinnovava nella nuova sigla SIVeMP “SindacatoItaliano Veterinari di Medicina Pubblica”.Negli anni ’80 il progressivo avvio della RiformaSanitaria e, soprattutto, la normativa inclusa neldecreto delegato sullo “Stato giuridico del perso-nale delle unità sanitarie locali” (DPR 761/1979),l’esigenza di essere tutelati in ogni momento delproprio impegno professionale, dalla fase concor-suale, alla progressione in carriera, fino al pensio-namento. Si veniva cioè sviluppando sempre piùquella coscienza sindacale, che progressivamenteha aumentato notevolmente il numero degli iscritti.Per contro, il Sindacato ha dovuto prendere attoche i propri associati non erano più un gruppo omo-geneo di veterinari condotti, ma differenziati nelletre qualifiche funzionali di Collaboratore, Coadiu-tore e Dirigente, con interessi sensibilmente di-stinti.Inoltre, cominciavano ad aggiungersi altre figureprofessionali veterinarie, quali i dipendenti delleRegioni e degli Istituti Zooprofilattici e, successi-vamente, perfino i veterinari del Ministero dellaSalute invocavano la sindacalizzazione. In partico-lare con la Legge 7 marzo 1985, n. 97 sul tratta-mento normativo del personale dipendente degliIstituti Zooprofilattici Sperimentali, e con il succes-sivo DPR 662/1986 di equiparazione delle qualifi-che del personale degli Istituti a quelle del perso-nale del Servizio Sanitario Nazionale, alla cuistesura diede un notevole contributo il SNVDEL, ilpersonale veterinario degli Istituti Zooprofilatticiha cominciato a confluire nel sindacato. I veterinari italiani hanno preso atto della evolu-zione normativa del mondo del lavoro e in parti-colare del complesso di leggi e decreti che regolanoil pubblico impiego, il comparto sanitario e l’areanegoziale medica.Le organizzazioni sindacali di categoria, maggior-mente rappresentative su base nazionale, sono di-ventate gli interlocutori stabili, tanto dell’Ammini-strazione centrale quanto delle Amministrazioniperiferiche, in ogni fase normativa e applicativa diregole e decreti, che in qualsiasi modo possanocoinvolgere gli interessi morali, culturali, di carrieraed economici, dei dipendenti e, perfino, di coloroche, avendone i requisiti, aspirano a entrare in car-

20 I cinquant’anni del SIVeMP

riera. Precise norme di legge prevedono, infatti, lapartecipazione attiva, in certi casi anche paritetica,di delegazioni sindacali, ai vari livelli, centrale, re-gionale, e di singole amministrazioni locali, e inogni fase, da quella concorsuale per l’ingresso incarriera, a quella contrattuale di disciplina dellostato giuridico e dei vari istituti normativi di carat-tere economico, fino a quella pensionistica. Questa conquista parte da lontano e nasce dallacondizione di minorità che i veterinari ancora ave-vano con la professione medica al momento dellariforma del 1978. Il SNVDEL, che nelle trattativeper il I Contratto Nazionale del Personale del Ser-

Dire�vo Nazionale SIVeMP 2012

Eugenio Ballone ABRUZZO Angelo Bochicchio BASILICATA Chris�an Piffer BOLZANO Antonio Gianni CALABRIA Giovanni Bruno CAMPANIA Luca Turrini EMILIA ROMAGNA Marco D’Agos�ni FRIULI VENEZIA GIULIA Mariano Sigismondi LAZIO Vincenzo Ses�to LIGURIA Giancarlo Ba�aglia LOMBARDIA Massimo Costan�ni MARCHE Nicola Rossi MOLISE Maurizio Bologna PIEMONTE Natale Zinni PUGLIA Angela Vacca SARDEGNA Paolo Ingrassia SICILIA Enrico Lore� TOSCANA Sandro Guella TRENTO Giovanni Lo Vaglio UMBRIA Sergio Gal VALLE D’AOSTA Roberto Poggiani VENETO Paola Nicolussi SETTORE IZSCristoforo Lopez COORD. PRECARI E CONVENZIONATI

Segreteria Nazionale SIVeMP 2008-2012

Aldo Grasselli Segretario NazionaleZaccaria Di Taranto Vicesegretario NazionaleMario Facche� Segretario Amministra�voMauro GnaccariniNevio GuariniAnselmo IntriviciLuigi MorenaGiuseppe TorziPierluigi Ugolini

Ovidio Piccio�, Segretario Nazionaledal 1989 al 1994.

Silvano Severini, Segretario Nazionaledal 1994 al 1995.

21I cinquant’anni del SIVeMP

vizio Sanitario Nazionale, recepito con il DPR348/1983, aveva dovuto sopportare una lotta im-pari e totalmente autonoma, per non vedere il per-sonale veterinario delle USL relegato tra le figureprofessionali di tecnici laureati, non peculiari perla Sanità pubblica, intrecciava negli anni successivirapporti sempre più fitti con le organizzazioni sin-dacali autonome dei medici dipendenti, fino a par-tecipare, paritariamente con queste, a una seriedi impegni e manifestazioni che hanno fatto ap-prezzare e valutare in modo positivo e definitivo ilcarattere medico della professione e del compor-tamento del veterinario.Basti citare qui la partecipazione alla predisposi-zione, in sede parlamentare, da parte del Ministrodella Sanità dell’epoca, del Decreto Legge del 5marzo 1987, n. 62 sul ruolo Medico (G.U. n. 531987), purtroppo mai convertito in Legge.Il risultato sul piano politico e legislativo della paritàdel medico e del veterinario venne successiva-mente raggiunto con la promulgazione del DPR 5marzo 1986, n. 68 (G.U. n. 66 del 20 marzo 1986),che, all’art. 6, dopo aver definito il comparto dicontrattazione collettiva del personale del Servizio

Sanitario Nazionale, stabilisce l’istituzione nell’am-bito del comparto di una «Apposita area negozialeper la professionalità medica, concernente i medicichirurghi e veterinari che prestano la loro attivitàalle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale eche assumono, nell’esercizio dell’attività stessa, unapersonale responsabilità professionale a norma dilegge». Nell’area negoziale medica vennero ricom-presi anche i medici veterinari dipendenti degli Isti-tuti Zooprofilattici.Sul piano sindacale, quell’unità di intenti cui soprasi è fatto cenno, oltre al nuovo successo contrat-tuale, rappresentato dal DPR 20 maggio 1987, n.270 (Suppl. Ord. n. 2 alla G.U. n. 160 dell’11 luglio1987), portò ben presto a una importante cemen-tazione. Il 15 gennaio 1988, infatti, venne costituitala COSMED (Confederazione dei Sindacati dei Me-dici Dipendenti), che raggruppa in un impegno uni-

Consiglio Nazionale FVM 2008-2012

Aldo Grasselli Presidente Francesco Medici Vice Presidente Antonio Maria Pagano Segretario TesoriereZaccaria Di Taranto Segretario Organizza�voDiego Carobbi ConsigliereSalvo Calì ConsigliereMario Facche� ConsigliereMauro Gnacccarini ConsigliereNevio Guarini ConsigliereLuigi Morena ConsigliereAnselmo Intrivici ConsiglierePasquale Puzzonia ConsigliereGianfranco Rivellini ConsiglierePierluigi Ugolini ConsigliereGiuseppe Torzi ConsigliereMirella Triozzi Consigliere

Comitato Esecu�vo COSMeD 2010-2013

Costan�no TROISE Segretario GeneraleGiorgio CAVALLERO – Segretario Generale AggiuntoAldo GRASSELLI – Segretario Generale AggiuntoAlberto SPANO’ - Segretario Generale AggiuntoGiuseppina SALATIN - Segretario Generale Aggiunto

Aldo Grasselli in occasione della suaprima elezione Gaeta 1995.

22 I cinquant’anni del SIVeMP

tario e paritetico il SIVeMP con quasi tutte le orga-nizzazioni sindacali autonome dei medici dipen-denti.Dal finire degli anni ’80 ad oggi sono cambiatemolte cose.La crisi della finanza pubblica dei primi anni ’90determinò un rapido succedersi di innovazioni le-gislative che comportarono significativi mutamentinelle relazioni sindacali. In primo luogo la contrat-tazione nazionale si sarebbe svolta non più con ilGoverno, ma con un’agenzia tecnica l’ARAN.La necessità di mantenere la rappresentatività, mi-nacciata dall’abolizione della “specifica tipologiaprofessionale” che caratterizzava il nostro sindacatoe lo preservava dalla perdita del quorum, e conessa la perdita del diritto di partecipare alla con-trattazione nazionale e decentrata, spinsero il SI-VeMP ad aggregarsi con il SIMeT il “Sindacato deiMedici del Territorio”. I due sindacati sotto la guidadi Pasquale Trecca per il SIMeT e di Ovidio Picciottiper il SIVeMP costituirono la CIVEMP (Confedera-

zione Italiana dei Veterinari e dei Medici Pubblici).Una confederazione che ha a oggi ancora la titola-rità dei distacchi e permessi sindacali di SIVeMP eSIMeT, nonostante sia stata superata, ma nonsciolta (il SIVeMP ne è ancora depositario), dallanuova aggregazione sindacale di SIVeMP con SMI“Sindacato Medici Italiani” in FVM “FederazioneVeterinari e Medici” e di SIMeT con SNR ed AIPACin FASSID.FVM, il nuovo soggetto sindacale da noi fondato il27 marzo 2008 a Tivoli, ha rappresentato una svoltainnovativa nella galassia sindacale e ha costituitoun modello di tecnica statutaria adottato successi-vamente da altre organizzazioni sindacali.In primo luogo FVM non è solo il sindacato dei pro-fessionisti del settore preventivo del SSN, ma ditutti i comparti professionali e organizzativi, parlaquindi a pieno titolo di tutta la sanità e di tutte lepolitiche sanitarie in evoluzione. Non essere ri-stretti al proprio specifico comporta un maggiorimpegno di studio e di programmazione, ma con-

Un applauso sancisce la nascita di FVM nel 2008.

23I cinquant’anni del SIVeMP

sente di superare il rischio di marginalizzazione eaumenta il peso nel dibattito tra governo, regioni,aziende e professionisti. FVM è il sindacato che as-sume la titolarità della contrattazione a tutti i livelli,SMI e SIVeMP restano le organizzazioni di riferi-mento degli specialisti medici e veterinari, effet-tuano il complesso lavoro di rilevazione dei bisognie di raccolta del consenso democratico, fornisconoi servizi agli iscritti, mantengono alta la qualitàdella vita associativa dei colleghi.SIVeMP, dalla metà degli anni ’90, ha svolto un im-portante ruolo di mediazione anche in seno all’In-tersindacale, un soggetto non istituzionalizzatoquest’ultimo, espressione dell’unità di intenti ditutti i sindacati della dirigenza medica e veterinarianella difesa del welfare state, della sanità pubblica,dei livelli contrattuali. Un’opera non semplice,

come si può immaginare, considerata la naturadelle diverse sigle sindacali e il loro concreto biso-gno di distinguersi e possibilmente emergere nellacompetizione, l’una con le altre, per acquisire unmaggior numero di iscritti e con essi maggior pesosindacale e influenza politica.Con la costituzione di FEDERAZIONE ASSOMED SI-VEMP, l’unione di ANAAO ASSOMED e SIVeMP Statoe il raggruppamento sotto un’unica sigla dei medicie dei veterinari del Ministero della Sanità, nel 1998fu possibile ridare vita alla COSMED (Confedera-zione Italiana Sindacati Medici Dipendenti Pubblici)che negli anni era stata progressivamente abban-donata. Nel 2010 il SIVeMP, insieme all’ANAAO ASSOMEDe ASSOMED SIVEMP, in base alle nuove norme sullarappresentatività delle confederazioni riattualizza-

I nostri Congressi: Genova 2005.

24 I cinquant’anni del SIVeMP

rono la COSMED, la rifondarono come COSMeD(Confederazione Sindacale Medici e Dirigenti), eda quel momento poterono sedere affianco allealtre grandi confederazioni CGIL, CISL e UIL, neimomenti cruciali della contrattazione intercompar-timentale che offre lo scenario di primo piano dellerelazioni tra il Governo e le parti sociali.Oggi COSMeD è la più grande confederazione delladirigenza del pubblico impiego. Aderiscono alla COSMeD: ANAAO ASSOMED, FVM,SDS-SNABI, ASSOMED SIVEMP, SIDIRSS e ANMI-IN-AIL che con i loro 27.000 iscritti, certificati dal-l’ARAN, costituiscono più del 25,00% di tutta la di-rigenza pubblica. A titolo esemplificativo gliaderenti alla COSMeD nella dirigenza della pubblicaamministrazione sono superiori alla somma degli

iscritti alle confederazioni CGIL-CISL-UIL.La COSMeD nasce da una fondamentale esigenza ditutela e di affermazione del ruolo di una nuova especifica �pologia di dirigenza, di cui i medici e i ve-terinari pubblici insieme alla dirigenza sanitaria sonol’espressione quan�ta�vamente prevalente, indivi-duabile nella dirigenza “professionale” sanitaria.Una dirigenza che in termini curriculari rispondegià da anni a requisiti europei, con una attività for-mativa di altissimo profilo, sviluppata a livello ac-cademico e professionale specialistico, in ambitidisciplinari a elevato valore aggiunto in termini dimisurabilità della qualità prestazionale erogata.Una dirigenza che può costituire un laboratorio disperimentazione per le altre dirigenze pubbliche,proprio a partire dalla qualificazione tecnico-scien-

I ver�ci del SIVeMP, da sinistra il Presidente Carobbi, il Segretario NazionaleGrasselli e il Vicesegretario Nazionale Di Taranto.

25I cinquant’anni del SIVeMP

tifica, richiesta per l’accesso, che deve coniugarsicon competenze di tipo gestionale.Un terreno che costituisce il vero fine statutario diCOSMeD, ovvero l’ambizione di dotare il sistemapubblico di una dirigenza a forte valenza profes-sionale, distinta dalla dirigenza “politica” e dallatradizionale dirigenza amministrativa a formazionegenerica, in grado di segnare la differenza con ilpassato e di rilanciare su nuove basi il “ruolo” diuna dirigenza moderna e innovativa, al passo con itempi e con la crescente domanda collettiva di ser-vizi pubblici di elevata specializzazione e di efficaciamisurabile.L’indipendenza e l’autonomia professionale di unanuova dirigenza professionale, costituisce un anti-doto fondamentale per risolvere la perdurante crisidel sistema dei servizi al cittadino e per distingueredefinitivamente il ruolo politico da quello tecnico-professionale-manageriale. Questa dirigenza, inol-tre, costituisce la garanzia dell’equa e qualificataerogazione di servizi e prestazioni agli utenti, in uncontesto di adeguata tutela dei diritti dei cittadini.Per raggiungere tali obiettivi la COSMeD intendeperseguire un disegno dinamico di aggregazionedei dirigenti professionali di tutte le categorie sa-

nitarie (medici, veterinari, biologi, chimici, farma-cisti, fisici, psicologi), delle categorie tecniche eprofessionali classiche oltre che delle categorie tra-dizionalmente “amministrative”, anch’esse rilettee riordinate secondo principi e modelli rigorosi diformazione e specializzazione, coerenti con il con-testo europeo.Il nuovo scenario presuppone una ricollocazioneverso l’alto della dirigenza pubblica, superando il mo-dello gerarchico-burocra�co-amministra�vo, di �poformalis�co, valorizzando invece capacità e compe-tenze per o�enere risulta� di alto valore sociale.Con la nascita di COSMeD trova rappresentanzauna componente qualificata e autonoma che su-perati gli steccati del sindacato di categoria, man-tenendo la specificità della dirigenza pubblica intutte le sue componenti, si propone come forzasociale, con la volontà di interloquire con tutte lerappresentanze del mondo del lavoro su questionidi valenza e interesse generale.In questo senso il riconoscimento di COSMeD ot-tenuto su tutti i tavoli istituzionali nazionali e daperseguire anche a livello regionale, costituisce unpresupposto fondamentale per un ruolo protago-nista delle categorie che rappresentiamo.

L’ultimo DPR e il I° CCNL

27I cinquant’anni del SIVeMP

Aldo Grasselli

Dopo il periodo dei contra� colle�vi negozia�dire�amente con il Governo centrale, pressoil Ministero della Funzione Pubblica, in tra�a-�ve alle quali partecipava in modo più o meno

incisivo anche il ministro di maggior influenza e inte-resse poli�co sul se�ore cui il contra�o si riferiva, eche talvolta portavano benefici molto consisten� e con-quiste storiche la cui portata sul debito pubblico è stataeffe�vamente storica, alla metà degli anni ’90, per ne-cessità, si cambia metodo.Quei primi contra� del personale del SSN venivano ri-gidamente applica�, nelle diverse �pologie retribu�ve,erga omnes per la loro stessa natura di Decre� del Pre-sidente della Repubblica. Proprio per il fa�o che prefiguravano progressioni, au-toma�smi e ricadute il cui costo futuro non era assolu-tamente prevedibile, tanto da essere nei primi anni’90 coimputa� del disastroso debito pubblico, con lariforma della pubblica amministrazione emanata dalParlamento con la Legge 421/1992 e dal Governo colD.lgs. 29/1993 e s.m. e i., venne abba�uto lo storicosteccato tra lavoro pubblico e lavoro privato nel rispe�odelle regole del Codice Civile.Anche per il personale medico e veterinario del SSNcon il CCNL del quadriennio 1994/1997 inizia una nuovaera. Il nuovo sogge�o cui Stato e Regioni conferiscono ilcompito tecnico di negoziare la s�pula dei nuovi con-ta� del personale del SSN, con il vincolo principale diimpiegare solo ed esclusivamente le risorse messe a

bilancio per la spesa contra�uale, si chiamerà “ARAN”- Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pub-bliche Amministrazioni.Le prime riunioni esplora�ve si svolgono in via del Corsoa Roma, in quella che solo pochi mesi prima era la sededel PSI di Craxi, abbandonata in tu�a fre�a dopo l’esplo-sione di tangentopoli e del CAF, con le scrivanie ancorapiene di effe� personali di impiega� che non sono maipiù torna� sui loro passi.L’ambiente trasme�eva un senso di precarietà in un’at-mosfera desolata che, al tempo stesso, evocava il potereche in quelle sale aveva deciso tante vicende del Paese.Le tra�a�ve iniziarono con i soli� pronunciamen� d’in-ten� e le lodi al nuovo, quanto rigoroso, quadro nor-ma�vo. Tu�, tu�avia, cercavano di ricostruire i tradi-zionali canali con interlocutori governa�vi, e tu�avevamo la convinzione che di lì a poco avremmo tra-slocato. Invece la sede dell’ARAN, e buona parte delnostro impegno, si stabilì defini�vamente in quel pa-lazzo.Dopo poco più di un anno, cara�erizzato da serratetra�a�ve e manifestazioni sindacali, nel luglio del 1996,i sindaca� della Dirigenza Medica e Veterinaria porta-rono a compimento le basi contra�uali di un processoinnova�vo che fu, e resta ancora oggi, il più avanzatodi tu�a la pubblica amministrazione. Un proge�o cheha raccolto lo spirito e la lungimiranza di Silvana Dra-gone�, l’eminenza grigia dell’Aran, la persona più com-petente e tosta della controparte cui va il nostro com-mosso ricordo; Silvana ci ha lasciato qualche anno fa.

L’evoluzione dello strumentocontra�uale: dai DPR a saldo variabile ai CCNL a fondo fisso

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

28 I cinquant’anni del SIVeMP

La soddisfazione di quel CCNL fu grande, sopra�u�oper aver ada�ato il nuovo contra�o alle nuove normesulla pubblica amministrazione e a un contesto di scar-sità di risorse che non si è mai più inver�to negli anni aseguire.Il CCNL della Dirigenza medica e veterinaria fu il bancodi prova su cui venne testata la riforma sanitaria cheaveva dato la dirigenza a tu�o il personale medico eveterinario, preservandolo da una subordinazione ge-rarchica rispe�o alla funzione dirigenziale amministra-�va che, in quella fase storica, sembrava essere l’unicaa poter rivendicare il potere dire�vo.Il primo contra�o della nuova dirigenza che copriva ilquadriennio 1994/1997 fu defini�vamente so�oscri�oed entrò in vigore il 5 dicembre 1996. Il contra�o precedente era stato s�pulato ben 6 anniprima ed era entrato in vigore con il DPR 384/90, l’ul-�mo contra�o che si riferiva allo stato giuridico delpersonale medico e veterinario definito dal DPR 761/79che ar�colava nel più fine de�aglio l’inquadramento

del personale del SSN.Il CCNL 5 dicembre 1996, “il primo contra�o della diri-genza medica e veterinaria”, arrivava quindi a valledella leggendaria “manovra Amato” che, per salvare ilPaese dalla bancaro�a, aveva, nel 1992/93 tosato dra-s�camente la spesa per la pubblica amministrazioneassecondando un’opinione pubblica spaventata e pocoa�enta nel dis�nguere il welfare dal malaffare.In quella fase, in tu�e le forze poli�che scosse daglieven� di tangentopoli, prevalse la convinzione di pas-sare da un sistema di “inefficiente garan�smo” – e divalutazione delle risorse pubbliche come una variabileindipendente e illimitata a�raverso l’allargamento deldebito pubblico – a un nuovo quadro di regole orientatea promuovere equità e qualità dei servizi pubblici inun ambito di finanziamen� limita�.In quello scenario, profondamente riformista, furonoidea� nuovi meccanismi di rivalutazione s�pendiale inbase all’accordo del luglio 1993 (recupero dell’inflazioneprogrammata) di valutazione e di controllo, nuove pro-

Silvana Dragone� e Aldo Grasselli al Congresso di Genova del 2005.

29I cinquant’anni del SIVeMP

cedure di programmazione e di verifica dell’uso dellerisorse (budget), e a porre sempre maggior a�enzioneal valore della responsabilità e dell’inizia�va di ciascundirigente.Non fu facile superare le grandi difficoltà determinateda una cultura (sia di alcune componen� sindacali, masopra�u�o di una grande parte degli appara� datoriali)essenzialmente burocra�ca fa�a di sca� automa�ci,di livelli e tabelle, di progressioni di carriera lega� ingran parte all’anzianità e poco al merito e alla compe-tenza, ma tu� comprendemmo che era assolutamenteirrinunciabile per non essere trasforma� da professio-nis� a fa�ori di produzione.Per la prima volta, in virtù dell’art. 72 del D.lgs n. 29/93,è il CCNL a determinare la decadenza e la cessazionedell’efficacia di tu�a la norma�va emanata antecedenteal D.lgs n. 29/93 in contrasto con le nuove disposizionicontra�uali di impianto priva�s�co.Bisogna ricordare che in quel contra�o si fece ancheuna complessa operazione per l’equiparazione degli«Ex medici assisten�/veterinari collaboratori» che al31 dicembre 1997 furono tu� inquadra�, senza giudi-zio di idoneità e necessità di un posto in pianta organica,nella posizione di dirigen� di I livello.Un altro successo del tu�o nostro in quel contra�o ful’equiparazione totale della retribuzione dei veterinariapicali (XI livelli) ai quali non era riconosciuta l’indennitàdi dirigenza medica di £ 3.400.000 annue ai sensi del-l’art. 110 del DPR 384/90.L’aspe�o forse meno considerato di quel contra�o, il“CCNL della dirigenza medica e veterinaria”, è quellodi aver esaltato l’importanza della contra�azione de-centrata, stabilendo la stru�ura datoriale territorialecompetente per la negoziazione (l’ASL e non più la Re-gione) e i sindaca� abilita� - dalla so�oscrizione delcontra�o nazionale - alla s�pula dei contra� integra-�vi.Dal 1996 ad oggi si sono succedu� altri CCNL e Contra�integra�vi e di interpretazione auten�ca che hannoprogressivamente completato e definito un processocomplesso che ha dovuto tener conto di gravi esigenzedi finanza pubblica, di nuovi asse� is�tuzionali (modi-fica del Titolo V della Cos�tuzione) e di un nuovo con-testo giuslavoris�co. Alcuni sono ancora a firma CIVEMP(SIVeMP-SIMET), l’ul�mo è stato firmato dalla nostranuova sigla, l’FVM, in cui siamo conflui� insieme allo

SMI il 27 marzo del 2008.Le aree dirigenziali, in base all’Accordo quadro del 1febbraio 2008 per la definizione delle autonome areedi contra�azione della dirigenza per il quadriennio2006-2009 so�oscri�o dalla COSMeD, di cui SIVeMP èsocio fondatore sono definite dall’art. 2 come segue:«Determinazione delle autonome aree di contra�azionecolle�va1. I dirigen� delle amministrazioni pubbliche di cui al-l’art. 1, comma 1, ivi compresi quelli di livello dirigenzialegenerale, ove previs� dai rela�vi ordinamen�, sonoraggruppa� nelle seguen� autonome aree di contra�a-zione colle�va:- Area I: dirigen� del comparto dei Ministeri, ivi compresii dirigen� delle professionalità sanitarie del Ministerodella Salute di cui all’art. 2 della Legge 120/2007.- Area II: dirigen� del comparto delle Regioni e delleAutonomie locali.- Area III: dirigen� dei ruoli sanitario, professionale,tecnico, amministra�vo del comparto del Servizio Sa-nitario Nazionale.- Area IV: dirigenza medico-veterinaria, comprendentemedici, veterinari ed odontoiatri del comparto del Ser-vizio Sanitario Nazionale.- Area V: dirigen� dei compar� Scuola e Is�tuzioni dialta formazione e specializzazione ar�s�ca e musicale.- Area VI: dirigen� dei compar� Agenzie fiscali e En�pubblici non economici, ivi compresi i professionis� delcomparto En� pubblici non economici, colloca� in ap-posita separata sezione ai sensi dell’art. 40, comma 2,del D.Lgs. 165/2001.- Area VII: dirigen� dei compar� Università e Is�tuzionied En� di ricerca e sperimentazione.- Area VIII: dirigen� del comparto della Presidenza delConsiglio dei Ministri».Oggi quel CCNQ è stato superato dalla riforma dellacontra�azione. A par�re dal Decreto legisla�vo 30marzo 2001, n. 165, procedendo per le riforme Brune�a

Delegazione tra�ante degli ul�mi CCNL

Aldo Grasselli Zaccaria Di TarantoFabrizio Pale�Pierluigi Ugolini

30 I cinquant’anni del SIVeMP

le novità sono molteplici. La strategia so�esa della poli�ca degli ul�mi ven� anniè stata cara�erizzata da un progressivo smantellamentodei diri� dei lavoratori, e da un progressivo accentra-mento dei poteri economico finanziari che hanno tro-vato nelle poli�che neoliberiste un sostegno alla dere-golamentazione e al “laissez-faire”.In questo arco di tempo si è anche progressivamenteconfigurato il massacro del pubblico impiego, complicel’inerzia di un mondo del lavoro imbambolato da dibat-�� lunari e da una comunicazione di massa manipolatache ha dipinto lo Stato come una sanguisuga, ha con-vinto gli ele�ori che il welfare state fosse un lusso inso-stenibile, e ha iden�ficato la pubblica amministrazionee il pubblico dipendente con “Roma ladrona”.

Le “Leggi speciali”Cronistoria di un a�acco senza preceden� al lavoropubblico.“Leggi speciali”, una terminologia d’altri tempi evoca�vadi discriminazioni e ghe�zzazioni etniche e sociali cheoggi possiamo mutuare per definire l’insieme dellenorme a�uate o proposte che, dal 2008 a oggi, hannopenalizzato come non mai il lavoro dipendente.Il dipendente pubblico è stato trasformato in un ci�a-dino di serie B. Il diri�o al lavoro, alla salute, alla retri-buzione, all’equità fiscale e le stesse norme cos�tuzio-nali non si applicano integralmente ai dipenden� dellepubbliche amministrazioni.Dalle Leggi 122/2010 e 111/2011 le misure che colpi-scono solo i dipenden� pubblici:• Blocco delle retribuzioni individuali dal 2011 al 2014. • Soppressione del contra�o di lavoro 2010-2012. • Prelievo straordinario del 5% e del 10% sulle retribu-zioni superiori a 90.000 e 150.000 euro per il triennio2010-13.• Incarichi aggiun�vi non retribui�.• Revoca dei preceden� aumen� contra�uali già s�-pula� superiori al 3,2%.• Blocco del turnover fino al 2015 e riduzione al 50%della spesa per il personale precario con esclusione delSSN se le Regioni sono in pareggio di bilancio.• Demansionamento discrezionale con facoltà di mo-difica degli incarichi dirigenziali alla scadenza, anche inpresenza di valutazione posi�va e senza ristru�urazioneaziendale con riduzione s�pendiale in deroga ai con-

tra� di lavoro.• Revoca degli incarichi dirigenziali in qualunque mo-mento.• Pagamento della liquidazione dopo 24 mesi dalla ces-sazione.• Sequestro di parte della liquidazione corrisposta fra-zionata in tre anni.• Pensione di vecchiaia per le donne a 65 anni.Dalle preceden� puntate (Legge 133/08, finanziarie,accordo sul costo del lavoro e decre� delega� di riformadella P.A. Legge 150/09 e successive modificazioni):• Ro�amazione e licenziamento coa�o con 40 anni dicontribuzione, parzialmente modificato per il SSN.• Penalizzazioni economiche in caso di mala�a soloper dipenden� pubblici.• Precariato a vita e licenziamento di precari per ridu-zioni di budget e piante organiche senza ammor�zzatorisociali. • Aumen� contra�uali secondo le disponibilità dellafinanza pubblica ovvero del datore di lavoro.• Recupero dell’inflazione nel triennio contra�uale suc-cessivo. • Assenza di detrazioni fiscali per salario di produ�-vità.• Salario di risultato a scaglioni predetermina� a pre-scindere dagli effe�vi risulta� o�enu�• Pubblicità dei reddi� e dei da� di carriera.Nel fra�empo si mantengono, solo per gli evasori, lamassima riservatezza sulla denuncia dei reddi� e lamassima indulgenza per quan� non pagano le tasseallo Stato per quella che veniva propagandata comeuna forma di autodifesa dei “popoli sovrani”. A questo si aggiungono le penalizzazioni delle pensionidi anzianità, la mobilità selvaggia pena il licenziamentonelle aziende in deficit che devono ristru�urare e chiu-dere ospedali, repar� e servizi e, infine, un’ipotesi diCassa Integrazione.

I prossimi Contra� Colle�vi Nazionali«Tramite apposi� accordi tra l’ARAN e le Confederazionirappresenta�ve, secondo le procedure di cui agli ar�coli41, comma 5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per lafinanza pubblica, sono defini� fino a un massimo diqua�ro compar� di contra�azione colle�va nazionale,cui corrispondono non più di qua�ro separate aree perla dirigenza. Una apposita sezione contra�uale di

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un’area dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sa-nitario del Servizio Sanitario Nazionale, per gli effe� dicui all’ar�colo 15 del Decreto legisla�vo 30 dicembre1992, n. 502, e successive modificazioni. Nell’ambito deicompar� di contra�azione possono essere cos�tuiteapposite sezioni contra�uali per specifiche professio-nalità».In buona sostanza non esisterà più il contra�o della di-rigenza medica e veterinaria, ma si tra�erà della “diri-genza sanitaria” estesa quindi a tu� i ruoli dirigenzialidelle professioni sanitarie.Il controllo sulla compa�bilità dei cos� della contra�a-zione colle�va integra�va con i vincoli di bilancio equelli derivan� dall’applicazione delle norme di legge,con par�colare riferimento alle disposizioni inderogabiliche incidono sulla misura e sulla corresponsione deitra�amen� accessori è effe�uato dal collegio dei revi-sori dei con� delle aziende, dal collegio sindacale, dagliuffici centrali di bilancio o dagli analoghi organi previs�dai rispe�vi ordinamen�. Qualora dai contra� integra�vi derivino cos� non com-pa�bili con i rispe�vi vincoli di bilancio delle ammini-strazioni, nella nuova ges�one economico finanziariadelle ASL si applicano le disposizioni di cui all’ar�colo40, comma 3-quinquies, sesto periodo del D.lgs165/2001 come modificato dalla Legge Brune�a:«3-quinquies. La contra�azione colle�va nazionale di-spone, […] le modalità di u�lizzo delle risorse [...], indi-viduando i criteri e i limi� finanziari entro i quali si devesvolgere la contra�azione integra�va. Le Regioni, perquanto concerne le proprie Amministrazioni, e gli En�locali possono des�nare risorse aggiun�ve alla con-tra�azione integra�va nei limi� stabili� dalla contra�a-zione nazionale e nei limi� dei parametri di virtuositàfissa� per la spesa di personale dalle vigen� disposizioni,in ogni caso nel rispe�o dei vincoli di bilancio e delpa�o di stabilità e di analoghi strumen� del conteni-mento della spesa. Lo stanziamento delle risorse ag-giun�ve per la contra�azione integra�va è correlatoall’effe�vo rispe�o dei principi in materia di misura-zione, valutazione e trasparenza della performance ein materia di merito e premi applicabili alle Regioni eagli En� locali […]. Le pubbliche Amministrazioni nonpossono in ogni caso so�oscrivere in sede decentrata

Contra� colle�vi integra�vi in contrasto con i vincolie con i limi� risultan� dai contra� colle�vi nazionali oche disciplinano materie non espressamente delegatea tale livello negoziale ovvero che comportano onerinon previs� negli strumen� di programmazione an-nuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Neicasi di violazione dei vincoli e dei limi� di competenzaimpos� dalla contra�azione nazionale o dalle normedi legge, le clausole sono nulle, non possono essere ap-plicate e sono sos�tuite ai sensi degli ar�coli 1.339 e1.419, secondo comma, del Codice Civile. In caso di ac-certato superamento di vincoli finanziari da parte dellesezioni regionali di controllo della Corte dei Con�, delDipar�mento della Funzione pubblica o del Ministerodell’Economia e delle Finanze è fa�o altresì obbligo direcupero nell’ambito della sessione negoziale succes-siva. Le disposizioni del presente comma trovano ap-plicazione a decorrere dai contra� so�oscri� succes-sivamente alla data di entrata in vigore del decretolegisla�vo di a�uazione della Legge 4 marzo 2009, n.15, in materia di o�mizzazione della produ�vità dellavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pub-bliche amministrazioni».Il controllo della spesa pubblica ha le sue rigidità. Nonsi può più sperare in un sindacalismo populista e ta�-cista, capace di allargare i cordoni della borsa con unlobbismo professionale e poli�co. Non ci saranno piùcontra� paragonabili a una “pesca miracolosa” comeaccadde alle generazioni che ci hanno precedu�.Questo potrà non piacere, ma è socialmente giusto,sopra�u�o perché ogni sfondamento del livello di so-stenibilità economica programmata si trasforma in unaumento del debito pubblico che appesan�sce il si-stema Paese e indebita progressivamente le nuove ge-nerazioni, in una parola i nostri figli. Tu�avia, sinché non sapremo ridare valore a terminiquali “equità” e “gius�zia sociale”, sinché non sapremoconiugare i nostri legi�mi interessi e diri� con una ri-chiesta di onestà e di trasparenza della poli�ca, sinchénon sapremo pretendere una giusta ripar�zione fiscalee un’amministrazione della cosa pubblica che assicuri idiri� cos�tuzionali e comba�a i privilegi, non ci saràcontra�o che possa farci veder realizzate le nostre le-gi�me aspirazioni.

La nuova sede centrale del Ministerodella Salute.

Coordinatori Se�ore Stato

Michelangelo LupoiSalvatore StracciGabriele De San�sPaola Fadda

33I cinquant’anni del SIVeMP

Pierluigi Ugolini

La necessità di un’azione sindacale unitaria, evi-dente in seguito all’emanazione del D.lgs. 502/92,comma 8 dell’ art. 18 (comma aggiunto con DL 7dicembre 1993) che recita «Con decreto del Pre-

sidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Mini-stro della Sanità, vengono estese, nell’ambito della con-tra�azione, al personale dipendente dal Ministero dellaSanità a�ualmente inquadrato nei profili professionalidi medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farma-cista, biologo e psicologo le norme del decreto legisla�vo30 dicembre 1992, n. 502, in quanto applicabili», portòalla cos�tuzione di un’apposita sezione nell’ambito del-l’organizzazione sindacale, il “Se�ore Stato,” rappresen-tato anche da specifiche ar�colazioni territoriali.A dare l’annuncio, con un comunicato il 14/12/1993, ilDo�. Michelangelo Lupoi.Inizia così un lungo periodo di collaborazione e integra-zione, un percorso per la piena unitarietà della categoria,che finalmente inserita in un corpo unico persegue unaazione sindacale organica, anche se nel Se�ore Statoirta di difficoltà e di cri�cità in parte ancora da risol-vere.Il percorso delineato dal D.lgs. 502/92 viene, infa�, at-tuato con il DPCM 13 dicembre 1995, e completato conla Legge 3 agosto 2007, n. 120.

DPCM 13 dicembre 1995 Ar�colo 1. «Il personale del Ministero della Sanità ap-partenente ai profili professionali indica� nell’ar�colo18, comma 8, del decreto legisla�vo 30 dicembre 1992,n. 502, nel testo sos�tuito dall’art. 19, comma 1, le�. g)del decreto legisla�vo 7 dicembre 1993, n. 517, di cuialle premesse, è inquadrato nella dirigenza del ruolosanitario, ar�colato su due livelli».

Ar�colo 2. «Il tra�amento economico complessivo delpersonale di cui all’art. 1 è definito, con l’applicazionedegli is�tu� previs� per le corrisponden� professionalitàdel Servizio Sanitario Nazionale, in quanto applicabili,in sede di contra�azione colle�va nazionale, ai sensidell’ar�colo 46 del decreto legisla�vo 3 febbraio 1993,n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni».

Legge 3 agosto 2007, n. 120Ar�colo 2. «1. I dirigen� del Ministero della Salute rien-tran� nei profili professionali sanitari, individua� dal-l’ar�colo 2, comma 2, le�ere b) e c), del decreto del Pre-sidente del Consiglio dei ministri del 13 dicembre 1995ed inquadra� dalle medesime le�ere in a�uazione del-l’ar�colo 18, comma 8, del decreto legisla�vo 30 dicem-bre 1992, n. 502, e successive modificazioni, a decorreredalla data di is�tuzione del ruolo previsto dall’ar�colo 1del regolamento di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 23 aprile 2004, n. 108, sono inquadra� nelprede�o ruolo, in dis�nta sezione.2. Dall’a�uazione del presente ar�colo non devono de-rivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pub-blica».I successivi Contra� colle�vi hanno fa�o in parte pro-pri, grazie all’azione sindacale unitaria di tu�a la cate-goria medica e veterinaria, gli aspe� giuridici ed eco-nomici, ma permangono ad oggi ancora delle differenzedi non poco conto.In par�colare sul piano organizza�vo, a causa di unanon completa applicazione della norma, non si è ancoradefinita l’effe�va equiparazione ed assegnazione deidirigen� delle professionalità sanitarie alla seconda fa-scia della dirigenza dello Stato, con disparità economicherilevan�, ma sopra�u�o con una non chiara definizione

L’azione sindacale unitarianel Ministero della Salute

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

34 I cinquant’anni del SIVeMP

dell’inquadramento giuridico che crea una inu�le con-fli�ualità tra iscri� e is�tuzioni.Il medesimo nodo, risolto nel CCNL della dirigenza me-dica e veterinaria degli En� locali (Area IV) con la defi-nizione di incarichi professionali e ges�onali nell’ambitodi un solo livello dirigenziale, appare ad oggi ancorauna chimera per tu� i dirigen� medici, farmacis� e ve-terinari del Ministero della Salute.Inoltre, sul piano organizza�vo ed economico è ancorain corso la ba�aglia sindacale per il riconoscimento diis�tu� economici e giuridici quali ad esempio l’indennitàdi rapporto esclusivo e la pronta disponibilità che sonomolto sen�� dai colleghi.

Un altro problema, molto sen�to, riguarda l’equipara-zione dei �toli e della carriera tra le 2 componen� delmedesimo servizio, l’SSN, per legge defini� uguali, madi fa�o ancora oggi dis�n�.L’altra ferita, ancora incredibilmente aperta, in alcunicasi da oltre 15 anni, riguarda lo stato di precarietà dioltre il 50 % del dirigen� medici e veterinari a�ualmenteimpiega� nel Ministero.La storia di questa stabile precarietà ha la sua cronacaraccontata e aggiornata nel tempo dalle ba�aglie sin-dacali, dai comunica� stampa, dagli scioperi e dalle as-semblee inde�e nei pos� di lavoro, oltre che nelle pa-gine della nostra rivista, Argomen�, ma merita di esseresinte�zzata per essere sia ricordata che compresa:I medici sono sta� assun� dal Ministero per il Giubileodel 2000 con incarichi temporanei di collaborazione (ar-�colo 12, comma 2, della legge 16 dicembre 1999, n.494) mediante una selezione pubblica per �toli edesami; il 24/01/05 sono sta� recluta� con un primocontra�o a tempo determinato come dirigen� mediciausiliari, con scadenza prevista per il 31/12/05 e proro-gato successivamente al 31/12/06 (ordinanza del Pre-sidente del Consiglio dei Ministri n. 3285 del 30 aprile2003). Successivamente è stato emanato un secondocontra�o dal 22/01/07 al 31/12/07 prorogato dalla Fi-nanziaria 2008 di due anni e scaduto il 31 dicembre2009. La figura del coadiutore veterinario è invece stata is�-tuita nel ’69 (art. 2 della Legge 31 gennaio 1969, n. 13).Da allora questo personale è sempre stato u�lizzatoper il corre�o funzionamento degli uffici veterinari diconfine. Più complessi quindi, varia� e ar�cola� i con-tra� applica� via via nel tempo a tali colleghi, e variabilela numerosità dei contra�, fino ad arrivare al “concor-sone” con cui altri 95 coadiutori veterinari, 11 chimicied altre�an� farmacis�, previa pubblica prova di ido-neità, sono sta� assun� con un contra�o a tempo de-terminato della durata di tre anni nell’aprile 2006.Tu�e queste posizioni (184 complessivamente, all’ul�marilevazione) sono state infine prorogate di 5 anni a par-�re dal 2009, sempre con incarichi a tempo determi-nato, ma rinnovabili, in virtù del cd. “Decreto millepro-roghe” del 2009, e scadranno quindi nel 2014. Ques� disagi lavora�vi e la necessità di vedere final-mente l’applicazione piena di tu� i passaggi giuridici,entrambe tema�che fortemente sen�te dalla categoria

Annuncio della cos�tuzione del Se�ore Stato nel SIVeMP pubblicatosu Il Veterinario d’Italia.

35I cinquant’anni del SIVeMP

e ogge�o di una determinata azione sindacale hannofa�o sì che nel tempo alla compagine dei veterinari, lapiù numerosa, si sia associata tu�a la dirigenza tecnico-professionale del Ministero (medici, farmacis� e anchechimici). L’unità di inten� ha portato alla cos�tuzionedell’aggregazione ASSOMED SIVEMP, che ha perseguitonel tempo i medesimi obie�vi.Le più stringen� regole in materia di rappresenta�vitàsindacale in vigore dal 31/12/2007 nuovo art. 19 CCNQ7/8/98, come modificato dal CCNQ 24/7/2007: «Ai solifini dell’accertamento della rappresenta�vità le orga-nizzazioni sindacali che abbiano dato o diano vita, me-diante fusione, affiliazione o in altra forma, a una nuovaaggregazione associa�va possono imputare al nuovosogge�o sindacale le deleghe delle quali risul�no �to-lari, purché il nuovo sogge�o succeda effe�vamentenella �tolarità delle deleghe che ad esso vengono im-putate, o che le deleghe siano, comunque, confermateespressamente dai lavoratori a favore del nuovo sog-ge�o. Tale regola, coerente con il principio di libertàsindacale, ha cara�ere generale in quanto ogni perio-dico accertamento della rappresenta�vità può tradursinel riconoscimento di nuovi sogge� sindacali, risultan�dalla libertà di aggregazione rimessa alla scelta dellepar� interessate. Le aggregazioni associa�ve devonodimostrare di aver dato effe�va o�emperanza al di-sposto della norma. In caso nega�vo non è possibile ri-conoscere la rappresenta�vità del nuovo sogge�o sin-dacale ai fini dell’ammissione alle tra�a�ve per ilrinnovo dei CCNL» hanno, portato al defini�vo ricono-scimento dell’aggregazione sindacale come nuova or-ganizzazione sindacale ASSOMED SIVEMP, autonoma-mente rappresenta�va, a tu� gli effe� un nuovosindacato.La ra�fica defini�va di tale passaggio avviene con l’ele-zione del nuovo consiglio dire�vo, avvenuta il 4 giugno2008, partecipante e votante il 72% degli iscri�.La nostra compagine è a oggi largamente maggioritarianel Ministero della Salute (superiore al 50% delle dele-ghe espresse) e pertanto in tale ambito, anche se nonnella contra�azione nazionale di Area I, la più rappre-senta�va.Il percorso di revisione delle norme sulla contra�azione,introdo�e successivamente dalla c.d. “Riforma Bru-ne�a”, deve ancora invece trovare completa applica-zione, con la definizione delle nuove aree di contra�a-

zione, e ad oggi tale riforma non è ancora conclusa,stante il blocco della contra�azione nazionale introdo�odalle ul�me finanziarie. Tu�avia anche in questo casola ricerca di sinergie e obie�vi comuni ha portato afondare una nuova aggregazione sindacale che, fermerestando storia e obbie�vi specifici e lega� alle pecu-liarità dei compar� di riferimento, aggrega in un nuovosogge�o tre organizzazioni sindacali, e precisamenteANMI-ASSOMED SIVEMP-FPM.Dal breve e per forza di cose non esaus�vo riepilogoemergono chiaramente sia i successi che gli obie�vipersegui� nel tempo.È un successo, e da ascrivere a una azione sindacaledeterminata coerente e costante nel tempo, il ricono-scimento della figura professionale dei dirigen� sanitari(medici, veterinari, chimici e farmacis�) assegnando atali professionis� il medesimo ruolo dirigenziale e rico-noscimento contra�uale o�enuto dai dipenden� diAziende Sanitarie Locali, IZS e Aziende Ospedaliere.È un successo aver uniformato come inquadramentogiuridico ed economico, allineando tale inquadramentocon quello dei dirigen� delle professionalità sanitarie�tolari di contra�o a tempo indeterminato, assegnandoa tu� tali contra� la medesima scadenza temporale icontra� dei dirigen� a tempo determinato in forza alMinistero.È un obie�vo da perseguire con forza e determinazioneil superamento dei blocchi, i medesimi, che a oggi im-pediscono, a�raverso la completa definizione delle do-tazioni organiche, l’inquadramento a tempo indetermi-nato dei colleghi precari e il riconoscimento defini�vodel ruolo e quindi del giusto inquadramento giuridico edel dovuto riconoscimento economico, di tu� i dirigen�delle professionalità sanitarie.È infine un successo aver costruito una nuova aggrega-zione sindacale che, forte dei numeri e degli obie�vicondivisi, potrà con�nuare a rivendicare nel tempo leistanze di tu� i colleghi iscri�.Una forza sindacale i cui numeri la pongono ai primissimipos� della nuova e is�tuenda area di contra�azione.Un grazie agli iscri�, che ci danno la forza (e l’onere) dirappresentarli.Un grazie a tu� coloro che hanno costruito, nel tempo,tale compagine sindacale.Orgogliosi di appartenervi.Determina� negli obie�vi.

37I cinquant’anni del SIVeMP

Guido Petracca

Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali na-scono nel periodo che va dagli inizi del‘900 fino alla metà degli anni quaranta,come espressione della volontà di asso-

ciazioni degli allevatori, amministrazioni provincialie comunali, camere di commercio e medici veteri-nari di istituire strutture laboratoristiche - diverseda quelle universitarie che fino ad allora avevanoassicurato un servizio diagnostico attendibile e sol-lecito, ma non più adeguato alle crescenti richieste- al fine di limitare i danni provocati da malattieinfettive particolarmente gravi e che arrecavanoforte pregiudizio al patrimonio zootecnico nazio-nale.La prima istituzione risale, infatti, all’anno 1907,con la realizzazione in Lombardia di importantistrutture di diagnosi e di assistenza per gli allevatorisuccessivamente Stazioni Zooprofilattiche venneroistituite nelle diverse regioni d’Italia1.Le attività degli Istituti, sin dalla loro fondazione,si sono incentrate sulla diagnostica delle malattiedegli animali e delle zoonosi, sulla produzione divaccini e sul controllo della sicurezza igienico sani-taria degli alimenti, anche attraverso una costantee apprezzata attività di ricerca sperimentale. Le ri-sorse necessarie al loro funzionamento erano re-perite dagli introiti derivanti dalla produzione dipresidi immunizzanti e, in minor misura, da fondielargiti da privati ed Enti territoriali, consentendodi poter effettuare, in particolare, le indagini di la-boratorio necessarie per l’esecuzione di piani diprofilassi delle malattie trasmissibili dagli animaliall’uomo predisposti dal Ministero della Sanità. Intale ottica va considerata la stretta sinergia stabili-

tasi nel corso di decenni tra quest’ultimo e i diversiIstituti, seppure nel rispetto di una reciproca au-tonomia; con tali prerogative gli Istituti hanno rap-presentato, e rappresentano tuttora, un esempiounico al mondo di organizzazione a rete di strutturelaboratoristiche e di ricerca in tutti i settori dellasanità pubblica veterinaria.

L’inserimento nel Servizio Sanitario NazionaleVerso la fine degli anni ’60, il Paese, oltre alla pre-senza storica di malattie animali trasmissibili2, checondizionavano lo sviluppo del settore agrozootec-nico, e i commerci internazionali, causando nonpochi problemi alla salute dei cittadini, fu colpitoda una gravissima epizoozia di Peste Suina Afri-cana.Questa mala�a, sostenuta da un virus “eso�co”, im-portato probabilmente con prodo� alimentari pro-venien� da Paesi infe�, nella catena epidemiologicacomprendeva la trasmissione dire�a tra animali, latrasmissione per via orale e quella ad opera di artro-podi ve�ori. La Peste Suina Africana si diffuse in modorapidissimo in tu�e le regioni del Paese, me�endo arischio l’intero comparto suinicolo, sopra�u�o neiterritori a più alta vocazione, come l’Emilia e la Lom-bardia; conseguentemente tu� gli scambi commer-ciali tra l’Italia e i Paesi partner furono chiusi, ag-giungendo danno al danno.Negli stessi anni i controlli veterinari effettuati negliallevamenti di bovini da carne, in seguito a inchie-ste condotte dagli organi di stampa, misero in evi-denza l’uso illegale di fattori di crescita quali ormoninaturali e sintetici e sostanze tireostatiche. Ulterioriindagini, condotte su alimenti di origine animale e

La sindacalizzazione degliIs�tu� Zooprofila�ci Sperimentali

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

38 I cinquant’anni del SIVeMP

sul latte, avevano attestato la presenza di agentipatogeni, quali Salmonelle e Stafilococchi. Il com-plesso degli avvenimenti descritti, oltre a metterea repentaglio la salute dei cittadini, rischiava di az-zerare l’intero comparto zootecnico nazionale.In una circostanza così drammatica il Ministerodella Sanità fece sì che gli Istituti Zooprofilattici,con il coordinamento tecnico-scientifico dell’Isti-tuto Superiore di Sanità, assumessero il ruolo stra-tegico di strumento di diagnosi e ricerca per l’isti-tuzione di piani nazionali di controllo che vedesserola Medicina veterinaria, in particolare quella pub-

blica, protagonista in una strategia complessiva disanità pubblica, caratterizzando nel contempo inmaniera peculiare e positiva la sanità pubblica ve-terinaria italiana in ambito internazionale.Per tali ragioni il Parlamento adottò nel 1970 unprovvedimento (Legge 23 giugno 1970, n. 5033,successivamente modificato dalla Legge 11 marzo1974, n. 1014, che, nel riordinare gli Istituti Zoo-profilattici Sperimentali anche dal punto di vistadella loro connotazione territoriale, riconobbe e valorizzò le finalità di pubblico interesse delle at-tività svolte dagli stessi, attribuendo loro le con-notazioni di enti sanitari di diritto pubblico, inse-rendoli a pieno titolo nel contesto del ServizioSanitario Nazionale e garantendone il finanzia-mento annuo ordinario.Agli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, tutti a va-lenza pluriregionale fatta eccezione di quelli della

Sicilia e Sardegna ed entrati, dunque, afar parte del servizio sanitario nazionale,vengono affidati i seguenti compiti:a. ricerche sperimentali sulla eziologia edepizoologia delle malattie trasmissibili de-gli animali e sui mezzi per prevenirne l’in-sorgenza e combatterne la diffusione; b. servizio diagnostico delle malattie tra-smissibili degli animali; c. esami e analisi dei campioni di carni edegli altri alimenti di origine animale pre-levati d’ufficio ai sensi delle disposizionivigenti; d. esami e analisi dei campioni di mangimiper l’alimentazione degli animali e degliintegratori per mangimi prelevati d’uffi-cio; e. propaganda sanitaria e consulenza agliallevatori per la difesa contro le malattietrasmissibili degli animali e per lo sviluppoe il miglioramento igienico delle produ-zioni animali; f. formazione di personale specializzatonel campo della zooprofilassi; g. ogni altro compito di interesse veteri-nario, che venga loro demandato dal Mi-nistero della Sanità o dalle Regioni.Viene stabilito inoltre il principio della

IZS Lombardiaed Emilia Romagna

IZS Venezie

IZS Umbria e Marche

IZS Abruzzo e Molise

IZS Lazioe Toscana

IZS Piemonte Liguriae Valle d’Aosta

IZS Mezzogiorno

IZS SiciliaIZS Sardegna

IZS Pugliae Basilicata

Coordinatori se�ore IZS

Angelo FerrariPaola Nicolussi

39I cinquant’anni del SIVeMP

gratuità delle prestazioni. Non essendo previsto al-cun pagamento, neppure a titolo di rimborso spese.La Legge 503/1970, infine, anticipa di otto anni ildettato della legge istitutiva del Servizio SanitarioNazionale5 laddove prevede uno stretto rapportotra le ancora ignote Unità Sanitarie Locali e gli Isti-tuti Zooprofilattici Sperimentali. È questa la primavolta, infatti, che nella produzione legislativa na-zionale si fa cenno alle Unità Sanitarie Locali.

L’ulteriore evoluzione normativa:il trasferimento delle competenze alle Regioni Con il trasferimento alle Regioni di gran parte dellefunzioni prima assegnate allo Stato centrale, e inparticolare quelle riguardanti la sanità pubblica,anche per gli Istituti il Parlamento ha legiferato(Legge 23 dicembre 1975, n. 7456) il Trasferimentodi funzioni statali alle Regioni e norme di principioper la ristrutturazione regionalizzata degli IstitutiZooprofilattici Sperimentali. Tale norma ha previsto,all’articolo 1, il trasferimento alle Regioni delle fun-zioni amministrative fino ad allora esercitate dalloStato sugli Istituti e all’articolo 2 ha indicato comecompetenza dello Stato, per la tutela degli interessigenerali della sanità pubblica, la promozione e losviluppo di iniziative zoosanitarie necessarie perl’intero territorio nazionale, la fissazione di direttivetecniche di attuazione di piani nazionali di profilassiper la difesa e la lotta contro le malattie infettive ediffusive degli animali e per il controllo degli ali-menti di origine animale e la vigilanza zoosanitariaai confini e i rapporti con l’estero.I compiti previsti dalla Legge 503/70 furono tutticonfermati, ma venne introdotto il principio che leRegioni potessero affidare agli Istituti compiti ag-giuntivi, facendosi carico dei relativi oneri finan-ziari.Nel corso degli anni, inoltre, agli stessi è stata affi-data tutta la materia riguardante la sorveglianzaepidemiologica e, da ultimo, anche il controllo deglialimenti di origine vegetale non trasformati.La stagione dell’aziendalizzazione del sistema sa-nitario non ha risparmiato neanche gli Istituti, chesono stati oggetto di un ulteriore passaggio parla-mentare, manifestatosi con l’adozione del D.Lgs.30 giugno 1993, n. 2077, che, nel confermarne le

prerogative operative e tecnico scientifiche di taliEnti, affida alle Regioni il loro riordino con la pre-visione di un consiglio di amministrazione, aventefunzioni di indirizzo, coordinamento e verifica delleattività dell’Istituto e affidando, al pari delle altreAziende Sanitarie pubbliche, tutta l’attività gestio-nale a un direttore generale. In verità i direttorigenerali degli Istituti Zooprofilattici hanno un’ul-teriore responsabilità, dovendo anche dirigere l’at-tività di ricerca.Un elemento che merita di essere evidenziato esul quale è necessario e urgente intervenire ri-guarda una circostanza davvero singolare, ma cheè passata per troppo tempo sotto silenzio: a frontedel dettato del D.lgs. 270/1993, che prevedeva l’im-mediata aziendalizzazione degli Istituti, al momentove ne sono ancora 3 su 10 che non hanno ottem-perato (Puglia e Basilicata; Campania e Calabria;Abruzzo e Molise), con commissariamenti chevanno avanti ormai da circa 20 anni.

Lo stato giuridico del personale Prima dell’emanazione della Legge 503/70 lo statogiuridico e il trattamento economico del personaledegli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, non es-sendoci specifiche disposizioni di carattere nazio-nale, variavano da Istituto a Istituto, con sperequa-zioni talora molto vistose e che non garantivanoné favorivano una possibile, legittima mobilità delpersonale tra Istituti.Ciò fu sostanzialmente superato con l’emanazionedella Legge n. 745/1975 che, all’articolo 10, stabi-liva che il regolamento organico e lo stato giuridicodel personale fossero deliberati dal consiglio di am-ministrazione entro sei mesi dalla data di entratain vigore di tale legge «Sulla base di criteri concor-dati a livello nazionale presso il Ministero della Sa-nità tra le Regioni da una parte e le organizzazionisindacali nazionali maggiormente rappresentativedall’altra». Quanto, poi, al rapporto di lavoro delpersonale, per quanto attiene al trattamento eco-nomico e agli istituti normativi di carattere econo-mico, la norma prevedeva che fosse ugualmentedeliberato dal consiglio di amministrazione «Sullabase di un accordo triennale nazionale unico pertutte le categorie stipulato tra le organizzazioni

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maggiormente rappresentative e le Regioni».Sulla scorta di tale indirizzo, il 5 dicembre 1980 sigiunse, dopo lunghe ed estenuanti trattative, allastipula del primo Contratto Nazionale di Lavoro de-gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, sottoscrittodai Ministeri della Sanità e della Funzione Pubblica,dalle Regioni e dalla Federazione unitaria CGIL, CISLe UIL, con valenza retroattiva dal 1976 e terminedei suoi effetti economici nel 1981. Detto Contrattoprevedeva 5 livelli per il personale amministrativoe tecnico non laureato, 3 livelli per il personalelaureato, senza alcuna differenziazione professio-nale, e l’ultimo, il 9°, riservato esclusivamente alDirettore veterinario.Poiché intanto, come ricordato, il Parlamento avevaistituito il Servizio Sanitario Nazionale (e gli Istitutine erano entrati a far parte a pieno titolo), è in-dubbio che da parte del personale, soprattutto me-dico veterinario, si diede vita a una forte spintaper entrare nel comparto contrattuale della sanitàe giungere alla equiparazione del proprio stato giu-ridico ed economico a quello del personale dellestrutture sanitarie pubbliche.Grazie soprattutto all’impegno dell’allora Sindacatodei Veterinari Dipendenti dagli Enti Locali e seppurecon grande fatica, si riuscì a far promulgare dap-prima la Legge 97/19858 e successivamente il DPR662 /869, che diedero soluzione definitiva alla pro-blematica, con una perfetta equiparazione dellostato giuridico ed economico di tutto il personaleoperante nella sanità pubblica veterinaria.La Legge 97/85, infatti, in maniera inequivoca hasancito che «Il personale degli Istituti ZooprofilatticiSperimentali di cui alla Legge 23 giugno 1970, n.503, come modificata dalla Legge 23 dicembre1975, n. 745, fa parte del comparto sanitario», di-sponendo nel contempo che «con decreto del Pre-sidente della Repubblica, su proposta del Ministroper la funzione pubblica, di concerto con i Ministridella Sanità e del Tesoro, sentite le Regioni e le or-ganizzazioni sindacali di categoria maggiormenterappresentative in campo nazionale, si provvedealla equiparazione delle qualifiche del personaledegli Istituti Zooprofilattici Sperimentali a quelledel personale del Servizio Sanitario Nazionale, te-nendo conto della specificità delle funzioni esplicate

dagli istituti stessi e salvaguardando le posizionigiuridiche acquisite». Dal canto suo il successivo DPR 662/87, emanatoin attuazione della menzionata Legge 97/1985, nelsancire «L’equiparazione delle qualifiche del per-sonale degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali aquelle del personale del Servizio Sanitario Nazio-nale, tenuto conto della specificità delle funzioniesplicate dagli Istituti stessi e salvaguardate le po-sizioni giuridiche acquisite, dispone anche che alpersonale degli Istituti predetti si applicano le di-sposizioni del decreto del Presidente della Repub-blica 25 giugno 1983, n. 348, con le decorrenze emodalità ivi previste».Con questi due provvedimenti ha, dunque, termineuna rincorsa iniziata nel lontano 1970 e al perso-nale degli Istituti si applicarono, e tuttora di appli-cano, tutti i contratti emanati per il comparto dellasanità pubblica.

La sindacalizzazione del personaleFino all’emanazione della Legge 97/85 il personaledegli Istituti aveva aderito, seppure in misura pocosignificativa, alle tre grandi Confederazioni nazio-nali (CGIL- CISL – UIL), non avendo altra possibilitàdi rappresentanza sindacale; ovviamente, allor-quando fu inserito nel comparto della sanità pub-blica iniziò la fase di graduale adesione all’alloraSNVDEL e, successivamente, al SIVeMP. «Dopo ri-petuti tentativi, finalmente nel 1987, a Viareggio,il Congresso del SNVDEL, nel prendere definitiva-mente atto della situazione, decise di procedererapidamente all’adeguamento dello Statuto socialealla nuova realtà associativa. A tal fine venne sta-bilito di tenere un Congresso straordinario, che fucelebrato ad Anzio nel giugno 1988. In quella oc-casione il Sindacato si diede un nuovo Statuto,aperto alle istanze dei medici veterinari dipendentidalle diverse amministrazioni pubbliche e appar-tenenti alle varie qualifiche funzionali ed assunseuna nuova e significativa denominazione, in cui èsintetizzata tutta la strategia del Sindacato dei ve-terinari: un sindacato unitario, sufficientementeforte per porsi all’attenzione della Pubblica Ammi-nistrazione e adeguatamente articolato e preparatoper rappresentare e tutelare gli interessi e la dignità

41I cinquant’anni del SIVeMP

di tutti i medici veterinari operanti nei vari settoridella Sanità pubblica»10.Nel 1993, in occasione del Congresso nazionale te-nutosi a Trento, fu accolta dall’Assemblea una mo-zione che, rifacendosi e integrando lo Statuto, pre-vedeva la costituzione dei Settori IZS e Stato, conciò dando spazio e visibilità ai medici veterinarioperanti sia negli Istituti che nelle strutture centralie periferiche del Ministero della Salute.

Le prospettiveIl Governo Berlusconi, con la Legge 4 novembre 2010,n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usu-ran�, di riorganizzazione di En�, di congedi, aspe�a-�ve e permessi, di ammor�zzatori sociali, di serviziper l’impiego, di incen�vi all’occupazione, di appren-distato, di occupazione femminile, nonché misurecontro il lavoro sommerso e disposizioni in tema dilavoro pubblico e di controversie di lavoro), ha nuo-vamente posto in discussione l’organizzazione degliIs�tu� Zooprofila�ci, avendo affidato al Governo lafunzione di provvedervi, avendo riguardo, in par�-colare, «Alla semplificazione e snellimento dell’orga-nizzazione e della stru�ura amministra�va» e alla«razionalizzazione e o�miz zazione delle spese e deicos� di funzionamento».Sulla base della delega ottenuta, il Ministero dellaSalute ha predisposto un provvedimento che ap-porta alcune significative modificazioni al D.lgs.270/93 che riguardano:a. la possibilità per gli Istituti di svolgere attivitàdidattica nelle Facoltà di Medicina Veterinaria non-ché di erogare borse di studio per specializzandi estudenti ammessi a master, i quali potrebbero an-che partecipare a progetti di ricerca svolti daglistessi Istituti;b. una particolare qualificazione nelle materie diattività degli Istituti per il rappresentante designatodal Ministro della Salute in seno a ciascun consigliodi amministrazione (perché non anche per i rap-presentanti designati dalle Regioni?); c. l’esclusiva riserva ai medici veterinari della pos-sibilità di divenire direttori generali, seppure inpossesso di comprovata esperienza nazionale e in-ternazionale nelle materie di attività degli Istituti;d. vincolanti limiti temporali destinati alle Regioni

per l’adeguamento delle proprie leggi, pena il com-missariamento.Da parte loro le Regioni e le Province Autonome,pur se coinvolte in maniera convulsa all’ultimo mo-mento, hanno proposto una articolata serie diemendamenti, praticamente tutti rigettati dal Go-verno, tanto che si sono viste costrette ad espri-mere un parere tecnico negativo sullo schema didecreto.Tale provvedimento, tuttavia, non ha terminatol’iter parlamentare entro i termini previsti dallalegge delega e, quindi, può considerarsi superato.Si ha, però, notizia che da parte del Ministero siaforte l’impegno nel volerlo ripresentare, auspica-bilmente con modalità diverse, perché quelle adot-tate hanno rappresentato una grande occasioneperduta per dare omogeneità alla rete zooprofilat-tica in tutto il territorio nazionale, individuandostrumenti innovativi di gestione di tali Enti. Occasione perduta perché il provvedimento inesame è stato incongruamente calato dall’alto,senza coinvolgimento alcuno delle Regioni, deglistessi Istituti Zooprofilattici Sperimentali e del Sin-dacato, che, in qualsiasi Paese normale, sarebberostati concretamente coinvolti in un processo di rior-ganizzazione tanto rilevante per il futuro delle sud-dette istituzioni. Se, dunque, si deciderà di porre mano a un ulte-riore riordino degli Istituti Zooprofilattici Sperimen-tali, l’occasione potrebbe essere propizia per:- caratterizzarne meglio la loro ragione sociale, conl’attribuzione della valenza di «Enti tecnico scienti-fici di rilievo nazionale», in ragione della presenzaal loro interno dei Centri di referenza nazionale,che costituisce la vera e più autorevole credenzialea livello internazionale;- dare un forte impulso alle attività dei suddetti«centri di referenza nazionale», vincolando in lorofavore una parte del finanziamento ordinario annuodi ciascun Istituto. Ciò, tuttavia, avendo ben espli-citato gli ambiti di operatività e, soprattutto, i criteridi attribuzione degli stessi ai singoli Istituti, stabi-lendo nel contempo stringenti meccanismi di va-lutazione/monitoraggio delle relative attività;- prevedere un «Organismo di coordinamento delsistema nazionale degli Istituti Zooprofilattici Spe-

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rimentali», costituito da rappresentanti del Mini-stero della Salute, delle Regioni e degli stessi Isti-tuti, più volte sollecitato dalle Regioni, ma maipreso in considerazione dal Ministero; - istituire un «coordinamento scientifico», indivi-duato dagli stessi Istituti, che si interfacci con ilMinistero della Salute e le Regioni per gli aspettitecnico scientifici e le attività di ricerca; - innovare, in maniera positiva e trasparente, intema di nomina dei direttori generali, prevedendouna procedura selettiva molto severa svolta perio-dicamente a livello nazionale che generi un «elenconazionale di aspiranti direttori generali» e dal qualele singole Regioni e il Ministero (la sede appropriatasarebbe la Conferenza Stato Regioni) potrebberoindividuare il candidato più idoneo a ricoprire taleincarico in un determinato Istituto. Ciò eviterebbe

l’indecente lottizzazione politica che è ormai dive-nuta prassi anche in questi Enti;- istituire un organismo di raccordo tra il direttoregenerale e i portatori d’interesse delle Regioni dicompetenza, ma con una adeguata modifica delladenominazione, abbandonando l’impropria dizionedi «Consiglio d’Amministrazione» con quella piùcalzante di «Comitato di coordinamento ed indi-rizzo», formato da non più di tre componenti (unodel Ministero della Salute e due delle Regioni ter-ritorialmente interessate) esperti in materia di sa-nità pubblica;- definire anche per gli Istituti Zooprofilattici Spe-rimentali i «costi standard» delle attività svolte;- prevedere, per quanto concerne il finanziamentoannuo per le attività correnti e la dotazione orga-nica di ciascun Istituto, che lo stesso sia correlato

Trento 1993, XXVI Congresso Nazionale.

43I cinquant’anni del SIVeMP

alla media delle attività svolte nel triennio prece-dente, sulla base di una valutazione “terza” effet-tuata da un idoneo e competente «Organismo In-dipendente di Valutazione» nominato dallaConferenza Stato Regioni;- far sì che il finanziamento (sia di parte correntesia per il funzionamento dei Centri di ReferenzaNazionali e per la ricerca), proprio per il ruolo “na-zionale” svolto dagli Istituti, continui a provenire

da apposito capitolo di bilancio del Ministero dellaSalute, lasciando impregiudicata la possibilità perle singole Regioni di incrementare con proprie ri-sorse tale fondo per lo svolgimento di particolariattività di loro interesse territoriale;- assegnare il finanziamento per le attività di ricercasulla base della produzione scientifica di ciascunIstituto documentata dall’impact factor ottenutonel triennio precedente.

1 IZS Lombardia ed Emilia Romagna -1907; IZS Mezzogiorno (Campania e Calabria) – 1910; IZS Piemonte Liguria e Valle d’Aosta – 1913; IZS

Lazio e Toscana – 1918; IZS Puglia e Basilicata – 1921; IZS Sardegna – 1922; IZS Venezie – 1929; IZS Sicilia – 1930; IZS Umbria e Marche – 1936;IZS Abruzzo e Molise – 1941.2 Carbonchio ematico, Brucellosi, Afta epizootica, Salmonellosi ecc.

3 Legge 23 giugno 1970, n. 503. Ordinamento degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali.4 Legge 11 marzo 1974, n. 101. Modifica della legge 23 giugno 1970, n. 503, sull’ordinamento degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali.

5 Legge 23 dicembre 1978, n. 833 Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale6 Legge 23 dicembre 1975, n. 745. Trasferimento di funzioni statali alle Regioni e norme di principio per la ristrutturazione e regionalizzazionedegli Istituti Zooprofilattici Sperimentali.7 Decreto Legislativo 30 giugno 1993, n. 270. Riordinamento degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera h),della Legge 23 ottobre 1992, n. 421. 8 Legge 7 marzo 1985, n. 97. Trattamento normativo del personale degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali. 9 Decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1986, n. 662. Equiparazione delle qualifiche del personale degli Istituti Zooprofilattici Sper-imentali a quelle del personale del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi dell’art. 2 della Legge 7 marzo 1985, n. 97. 10 Guida all’esercizio professionale per i medici veterinari. C.G. Edizioni Medico Scientifiche, 1991.

Roma, piazza Venezia, 24 aprile 2004:Aldo Grasselli portavoce dell’intersindacale medica e veterinaria

45I cinquant’anni del SIVeMP

Pierluigi Ugolini

Il mix creato tra priva�zzazione del contra�o di la-voro, aziendalizzazione del SSN, riconoscimentodel ruolo dirigenziale dei professionis� della sa-nità e riforma del �tolo V della Cos�tuzione ha

creato le condizioni per un più vivace confronto trale par� (Governo e sindaca�).In alcuni casi ciò ha aperto una confli�ualità ancheaccesa, con manifestazioni di piazza molto parteci-pate, conferenze stampa, rivendicazione dei ruoli eproposte organizza�ve rivolte alle contropar� poli�-che, anche a�raverso la costruzione di una comuni-cazione che rendesse il ci�adino, utente del SSN,consapevole e partecipe delle diverse posizioni e re-sponsabilità.In alcuni casi tali momen� sono coincisi con fasi dirinnovo contra�uale, in altri con leggi quadro o ipo-tesi di riorganizzazioni stru�urali del sistema che difa�o rischiavano di rendere la sanità meno fruibile,meno equa e meno solidale.Da parte nostra, in par�colare, la difesa di un modellodi salute basato in primis sulla prevenzione si sposavacon il sempre latente confli�o ideologico sulla collo-cazione dei Servizi Veterinari, in Italia saldamente an-cora� al Servizio Sanitario Nazionale, nel restod’Europa nel Ministero dell’Agricoltura.In tal senso un primo blitz venne scongiurato già nel1993, con la proclamazione di uno sciopero nazionalepoi revocato (con for� polemiche tra gli iscri�, sin-tomo di forte vitalità e proposi�vità della categoria),ma in altri casi è stata necessaria la mobilitazionedegli iscri� e del Sindacato a�raverso i propri ver�cinazionali.Le successive manifestazioni e rivendicazioni sonostate solo in parte agganciate a rivendicazioni stre�a-mente sindacali ed economiche, anche se spesso pa-rallele ai momen� di rinnovo dei contra� di lavorodi categoria.

La necessità di inves�re sulla piazza, di rendere con-sapevoli i colleghi e di assumere un ruolo centrale nelmondo del sindacalismo, da parte delle sigle della di-rigenza non confederali, ha portato nel tempo a so-stenere specifiche rivendicazioni e tema�che siaprofessionali sia proprie dell’organizzazione del si-stema.L’aggregazione dei momen� organizza�vi, nel rispe�odelle specificità di sigla e di categoria è sicuramenteculminata nella c.d. “marcia dei 30.000”.Sabato 24 aprile 2004, con una prova di forza e di or-ganizzazione senza preceden� nel mondo del sinda-calismo medico e veterinario il centro di Roma venneinvaso da una manifestazione di camici bianchi, siadipenden� sia convenziona�, che rivendicavano ilruolo autonomo e proposi�vo del medico e del vete-rinario in quanto dirigente del SSN, nella ges�one deiprocessi organizza�vi in sanità e contemporanea-mente apriva una stagione di confronto sul welfaree sulla necessità di un sistema sanitario che fosse siaefficiente che globale, assistenzialista e mutualista,ma sopra�u�o equo, solidale e al servizio del ci�a-dino. A questo grande momento organizza�vo sono se-guite negli anni in un periodo di tagli e “federalismo”sempre più spin� una serie di altre manifestazioni erivendicazioni per la difesa di un modello generale disanità pubblica che la poli�ca cercava di venderecome sempre più inefficiente, addossando ai profes-sionis� responsabilità il più delle volte ascrivibili in-vece a deficit organizza�vi del sistema.Dopo un anno e mezzo di tregua armata si ripropo-neva la necessità di impegnare media�camente lapiazza, stavolta con manifestazioni e rivendicazionimirate.Nel mese di novembre 2006 le confederazioni delladirigenza del pubblico impiego organizzavano una

La piazza

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

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Roma, piazza Venezia, 24 aprile 2004.

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manifestazione nazionale presso il teatro Valle, aRoma, la prima di una serie di manifestazioni controfinanziarie che sempre più incidevano sulle risorsedisponibili e quindi sull’efficienza e sull’efficacia delSSN. Inevitabile il ricorso allo sciopero quando ai temi fi-nanziari si sommavano le cri�cità legate al mancatorinnovo contra�uale.Infa�, oltre alle finanziarie sempre più penalizzan�si prolungavano le tra�a�ve per il rinnovo del CCNL,tema che entrava a buon �tolo tra le rivendicazionisindacali, con la proclamazione di una serie di scio-peri e ulteriore mobilitazione della categoria.Seguiva poi un progressivo a�acco media�co al pub-blico impiego in generale, dove la campagna media-�ca orchestrata dal ministro Brune�a mascheratadietro una maschera di efficien�smo (la c.d. lo�a aifannulloni) additava tu�o il pubblico impiego comeresponsabile dei principali mali economici del Paese,

arrivando a definire “macellai” i colleghi medici.Di nuovo inevitabile il ricorso alla piazza con una ma-nifestazione so�o le finestre del Ministero.Infine, nel 2010, la sordità del Governo e delle regioniai temi sociali e organizza�vi solleva� dalla dirigenzamedica portava al lancio della c.d. “Vertenza salute”.Un tema specifico affrontato dire�amente dalla no-stra organizzazione, in risposta a un sempre maggioree più pressante disagio della nostra categoria, è iltema delle in�midazioni cui sono so�opos� i veteri-nari nel corso della propria a�vità di controllo uffi-ciale.Un osservatorio sul problema è stato is�tuito pressoil Ministero della Salute, esito di un confronto con leIs�tuzioni e di un impegno assunto dall’allora so�o-segretario Francesca Mar�ni.Siamo ad oggi ancora in a�esa della definizione delleproposte presentate.Ma la nostra pazienza non sarà infinita.Grazie a tu� i colleghi.Presen�, sempre.

48 I cinquant’anni del SIVeMP

49I cinquant’anni del SIVeMP

Roma, Cinema Capranica, 17 giugno 2010.

50 I cinquant’anni del SIVeMP

Roma, 21 luglio 2010. Gli sta� generali della sanità

Roma, piazza Navona, 21 luglio 2010.

51I cinquant’anni del SIVeMP

Roma, 13 o�obre 2011: conferenza sulle in�midazioni.

Roma, Piazza Venezia, 24 aprile 2004: il palco, al microfono Serafino Zucchelli.

52 I cinquant’anni del SIVeMP

Il SIVeMP in piazza.

Roma, Ospedale S. Camillo, 19 gennaio 2010:i Segretari dei Sindaca�.

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Antonio Gianni

La comunicazione rappresenta per ogni orga-nizzazione un elemento strategico, poichéfondante delle relazioni tra i vari soggettiche ne fanno parte e che coinvolge anche

attivamente (“Una sfida aperta al contributo ditutti” - primo editoriale di Argomenti 1998).Nel celebrare il mezzo secolo del SIVeMP, non po-teva mancare anche il riferimento alla nostra co-municazione con i suoi strumenti che si sono evolutinel corso degli anni contribuendo ad alimentarequel sindacato «vivo e partecipato» al quale siamofieri di appartenere.Per la storia («anche noi celebriamo la nostra!») iprodromi di quella che poi sarebbe divenuta la co-municazione del sindacato iniziarono da lontano etimidamente, il 15 gennaio 1969, con una rubricadedicata all’attività sindacale (allora SNVDEL) con-tenuta nel Progresso Veterinario.Ci vollero vent’anni per fondare nel 1989, per me-rito dell’On.le Dante Graziosi, la testata: Il Veteri-nario d’Italia, pubblicazione mensile e organo uffi-ciale del sindacato.Nel tempo la rivista, quantunque curata con pas-sione, dimostrò i suoi limiti, iniziando dapprima adiradare le sue uscite fino a sospendere definitiva-mente la pubblicazione nel 1996 .Con l’elezione di Aldo Grasselli, e il concomitanterinnovo generazionale dei quadri sindacali, si poseall’ordine del giorno della Segreteria e del DirettivoNazionale il rilancio della comunicazione del SI-VeMP con una convinzione che ancora ci pervade:la comunicazione non deve rappresentare esclusi-vamente un costo per il bilancio del sindacato, masoprattutto un investimento.Radicale fu il cambiamento che avvenne in piùtappe, seguendo una mirata strategia atta a offrire

la massima informazione agli associati, coinvolgen-doli nella vision sindacale.Erano gli anni delle Riforme, degli storici rinnovicontrattuali, dell’aumento dei veterinari che entra-vano nella sanità pubblica; grande era il grado diattenzione e il desiderio d’informazione che altempo si registrava da parte degli iscritti e non solo.Il sindacato lo percepì e nel 1996, con l’intento dipotenziare la comunicazione interna dell’associa-zione, ricorse all’utilizzo del Postel, a quei tempi laforma più celere di comunicazione in cartaceo, sup-porto ritenuto allora il più idoneo per il nostro tar-get di riferimento (quadri sindacali).Attenti all’evoluzioni mediatiche, solo un anno dopoverso la fine 1997 nacque, su felice intuito del col-lega William Di Nardo, il nostro sito WEB: www.si-vemp.it, per rendere fruibile in tempo reale l’in-formazione. Oggi è un sito (dal 2002 gestito autonomamentedalla nostra sede nazionale) con un’interfaccia sem-plice e facilmente utilizzabile da tutti gli internauti;anche con un semplice smartphone in qualsiasi po-sto del globo si possono ricevere le notizie inerentila nostra categoria e non solo.Infatti, www.sivemp.it è la vetrina del sindacatoche, oltre a evidenziare tutti i servizi offerti dal SI-VeMP (l’Esperto risponde, Tutela legale, Pareri, Con-trollo Busta Paga, Polizza assicurativa ecc.) offrecontenuti accessibili a tutti i visitatori: attività sin-dacale, contratti, legislazione, formazione e un’ac-corta rassegna stampa sempre aggiornata.Contemporaneamente alla nascita del sito, deline-ando la propria strategia di comunicazione, nel 1998nasce Argomenti pubblicazione bimestrale organoufficiale del SIVeMP (l’esa�a registrazione della te-stata è ARGOMENTI SIVeMP) con Comitato di Reda-

La nostra comunicazione

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

56 I cinquant’anni del SIVeMP

zione nominato dal Dire�vo Nazionale.Di quel primo Comitato di Redazione, che operòscelte apprezzate nel tempo e che ancora oggi co-stituiscono il timone editoriale della rivista, è do-veroso ricordare il compianto amico Roberto To-marelli. Interessanti i suoi articoli che egli stessoamava definire «un sasso nello stagno» a testimo-niare come anche un redazionale potesse stimolareil confronto dialettico sullo sviluppo professionaledella categoria. Più volte Argomenti è stato definito l’house organdel SIVeMP, ma la nostra rivista è anche di più, poi-ché con l’anglosassone definizione si identificaesclusivamente lo strumento di comunicazione in-terna; tanto efficace se riesce a interessare per isuoi contenuti e, soprattutto, se capace di coinvol-gere gli iscritti in un processo di avvicinamento e

conoscenza della politica sindacale. Argomenti, che nel tempo si è trasformato in tri-mestrale, ma con foliazione raddoppiata, ha un’ul-teriore mission; oltre all’informazione e formazionesindacale proprie dell’house organ, rappresentaun’agorà per il confronto delle diverse tipologieprofessionali che caratterizzano il servizio veteri-nario pubblico .Inoltre, ulteriore contributo, la nostra rivista docu-menta anche all’esterno della categoria (Argomentiè inviato a tutti gli interlocutori istituzionali) l’atti-vità del medico veterinario pubblico. In oltre dieci anni di attività Argomenti ha saputoritagliarsi all’interno della stampa specializzata unospazio autorevole, costituendo il biglietto da visitadel nostro sindacato e non soltanto poiché nel corso

1° numero de Il Veterinario d’Italia.

Argomen�, 1° numero del 1999.

57I cinquant’anni del SIVeMP

degli anni è divenuto anche la vetrina della SocietàItaliana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMe-VeP) ospitando contributi scientifici di notevole in-teresse e contribuendo all’esatta conoscenza dellecompetenze della sanità pubblica veterinaria.È evidente che Argomenti è una testata indirizzatanon già alla notizia, ma principalmente all’appro-fondimento culturale, obiettivo raggiunto anchegrazie ai lettori che nel corso degli anni non hannomai fatto mancare il proprio sostegno mediantecontributi inviati alla redazione. Articoli originali,mai banali e funzionali al nostro progetto comune.Argomenti rappresenta quindi anche un autorevolestrumento di comunicazione esterna del Sindacato,della nostra Società Scientifica e in senso lato della

Medicina veterinaria pubblica. Consapevoli del ruolo strategico della comunica-zione, costantemente impegnati nel perfezionare ipropri strumenti rincorrendo se non anticipando itempi, arriva la Newsletter quotidianamente inviataa oltre 3.000 indirizzi e-mail.L’ul�mo efficiente strumento di comunicazione internaed esterna (oltre agli iscri� raggiunge tu� coloro chela richiedono dalla specifica area del nostro sito www.sivemp.it) la nostra Newsle�er non poteva chechiamarsi “Il Veterinario d’Italia - SIVeMP OnLine”, ri-proponendo nel �tolo la nostra prima testata editoriale,ricordando da dove eravamo par��.Oltre alla comunicazione, ci auguriamo di trasmet-tere anche un po’ della nostra passione, mai suffi-cientemente riconoscenti per chi ci ha precedutoe nel dovuto rispetto della nostra storia alla qualetutti avete partecipato.

SIVeMP on line.

Roberto Tomarelli, componente del primocomitato di redazione di Argomen�.

Ingresso del Palazzo di Gius�zia di Roma.

59I cinquant’anni del SIVeMP

Mauro Gnaccarini

Svolgere efficacemente la propria missionsindacale costituisce anche la migliore “as-sistenza legale” ai propri iscritti che un Sin-dacato possa offrire. Infatti, se i servizi di

tutela legale, in particolare quelli di assistenza e pa-trocinio in sede giurisdizionale, non sono meno ne-cessari di quanto lo siano le attività sindacali,tuttavia tale necessità sorge laddove sono tramon-tate la trattativa, la concertazione e la conciliazionedegli interessi contrapposti. Per contro, dovel’azione sindacale abbia il suo migliore esito, la ri-duzione del contenzioso, comunque parzialmenteinevitabile, consente di offrire servizi di consulenzalegale, assistenza e patrocinio di maggiore effi-cienza ed efficacia. Oggi, complice la storia, dopo50 anni di vita sindacale, dobbiamo avversare latentazione di consegnare, con rassegnazione, alletutele legali quanto ancora può e deve rimanerepatrimonio dell’azione sindacale, per quanto gli as-setti istituzionale, normativo ed economico del no-stro Paese rendano la strada impervia, taloraimpraticabile.Compito dell’Ufficio legale era, in un passato nem-meno troppo remoto, quello di orientare l’iscrittoalla corretta lettura della norma e dei contratti e diassisterlo quando il contenzioso fosse inevitabil-mente approdato in sede giurisdizionale; eventua-lità non rara ma relativamente poco frequente, instagioni nelle quali metodi e fini dei percorsi con-trattuali e legislativi potevano determinare esitisufficientemente omogenei e comprensibili nel pa-norama di un Paese comunque “lungo”. La contrat-tualizzazione e il diritto del lavoro, il dirittosanitario, l’organizzazione sanitaria del Paese e inultimo l’inserimento di tali temi nel contesto euro-peo hanno avuto un’evoluzione che, nei primi

trent’anni di vita del SIVeMP, ha consentito al Sin-dacato di svolgere in modo congruente il proprioimportante mandato sindacale, permettendo che iservizi di assistenza legale venissero svolti in modoopportuno, adeguato e, come necessario, senza al-cuna particolare enfasi. Sicché per circa 15 anni(dall’inizio della contrattazione vera e propria -CCNL 1994/1997 del 5/12/1996) il SIVeMP ha po-tuto offrire un servizio di consulenza legale semprepiù efficiente, grazie all’impegno del ResponsabileDott. Fabrizio Paletti (cui è subentrato chi scrive,dalla metà del 2009), unitamente a un servizio ditutela giudiziaria in regime di auto-assicurazioneche ha consentito di superare le notevoli criticitàdeterminate da regole eccessivamente rigide chele Compagnie di Assicurazione sfruttavano e spessoancora sfruttano per contenere gli importi oggettodi risarcimento a fronte di premi comunque elevati.Una gestione previdente e un’efficace azione sin-dacale locale hanno consentito nel tempo di ele-vare i massimali risarcibili senza che le richieste ditutela determinassero costi non sostenibili a bilan-cio. Nell’ultimo quadriennio un servizio di tutela le-gale oliato ed efficace, da mantenere tale epossibilmente implementare, si è tuttavia dovutoconfrontare con un momento storico di particolaredifficoltà per le azioni sindacali a ogni livello; diffi-coltà che, come detto, hanno per contro determi-nato una pericolosa impennata del contenzioso eun immediato rilevante incremento della richiestadi consulenza.Ma per meglio comprendere lo scenario in cui “simuove” oggi il servizio di assistenza legale del no-stro sindacato è opportuno ripercorrere sintetica-mente, in chiave giuslavoristica, il ventennioappena trascorso in quanto, anche sotto tale pro-

Il SIVeMP e l’assistenza legale agli iscritti

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

60 I cinquant’anni del SIVeMP

filo, particolarmente denso di avvenimenti e signi-ficato. Negli ultimi 20 anni la storia ha infatti det-tato un’agenda progressivamente assai diversa,con un’accelerazione drammatica negli ultimi anni.La crisi politico-istituzionale (e insieme economica)dei primi anni ’90 aveva in effetti prodotto, nell’im-mediatezza, la cosiddetta “privatizzazione del pub-blico impiego” (D.Lgs. 29/1993 - oggi D.lgs.165/2001) e il conseguente e naturale trasferi-mento della contrattazione dal piano legislativo (sirammenti come la “disciplina contrattuale” dellePA e della sanità pubblica in particolare venissedettata da appositi Regolamenti approvati conDPR) a quello della reale trattativa fra le parti; un“passaggio epocale” di grande rilievo e pregio, so-prattutto dal punto di vista sindacale, che ha for-temente responsabilizzato le Organizzazionisindacali di categoria come la nostra, consentendoal contempo una grande crescita “professionale”delle stesse quali interlocutori di primo livello nellacontrattazione nazionale ed elemento fondamen-tale per un corretto confronto finalizzato ad efficaci

modelli organizzativi del lavoro in sede regionale elocale.La crisi economica (e insieme politico-istituzionale)- i cui fattori, mutando l’ordine, ne hanno tuttaviacambiato il prodotto (!!) – dal 2008 a oggi ha de-terminato una discrasia di percorso e una divarica-zione del sistema lavoro nelle PA e nella sanitàpubblica in particolare, della cui frattura si perce-piscono ormai chiaramente i segni, senza che an-cora all’orizzonte si profilino adeguate terapie digoverno. Infatti, con il D.L. 112/2008 (conv. L.133/2008) prima, poi con il D.Lgs. 150/2009, infinecon l’impressionante sequela di decreti e leggi “fi-nanziarie” che dal 2009 fino alla Legge 183/2011sono pesantemente intervenuti sulla disciplina delpubblico impiego, e del lavoro nel Sistema SanitarioNazionale in particolare, molte delle materie checaratterizzavano la contrattazione fra le parti, cosìcome efficacemente conosciuta negli anni fra il1995 e il 2010, è tornata ad essere acquisita al det-tato legislativo unilaterale, sottratta così a ogniconfronto. Tale rilevante regresso ha pure visto la

Da sinistra: Mauro Gnaccarini, NevioGuarini, Aldo Grasselli, Mario Facche�.

61I cinquant’anni del SIVeMP

contestuale ulteriore implementazione del “tassodi privatizzazione” del pubblico impiego e soprat-tutto della dirigenza pubblica (con l’adozione dinorme perfino più restrittive di quelle che caratte-rizzano la dirigenza dell’impresa privata, cuiavrebbe dovuto perlomeno e invece corrispondereuna più forte e reale contrattazione fra le partinelle sedi nazionale e locali). Ciò ha, in estrema sin-tesi, determinato una distorta lettura dei nuovi di-spositivi con conseguente proliferazione di atti dicarattere impositivo e autonomo nei livelli direzio-nali delle amministrazioni pubbliche, e sanitarie inparticolare, che non poteva trovare alcuna corri-spondente accettazione nei lavoratori, e nei medicie veterinari in specie, che da oltre dieci anni ave-vano già accettato (anzi, essi stessi proposto) ognisorta di verifica, valutazione e corrispondenti si-stemi premiali di carattere privatistico, ma a fronte

di una corretta dialettica contrattuale. Ecco che ilcontenzioso ha dunque “spiccato il volo”. Pessimorisultato della delegittimazione della trattativa sin-dacale. La prestigiosa tappa del cinquantesimo comple-anno del nostro Sindacato chiama dunque tutti adesprimere il meglio delle proprie capacità sindacaliaffinché la deriva sopra illustrata non possa pren-dere il sopravvento sul primato dell’azione sinda-cale; sostenendo con forza la quale, anche con glistrumenti giuridici che l’Ufficio legale può caso percaso offrire, ma a dispetto delle miopi politiche an-tisindacali intercorrenti, potrà continuare ad esseregarantito anche un efficace e mirato servizio di tu-tela ed assistenza legale, senza consentire che lasua stessa operatività possa essere minata da ri-chieste di sostegno a un contenzioso, anziché fisio-logico, turbolento e disordinatamente dilagante.

Via Nizza 11 a Roma. Al primo piano lasede del sindacato dal 1991.

63I cinquant’anni del SIVeMP

Aldo Grasselli

Il Sindacato nasce nel 1962. Dopo circa 6 mesidalla sua nascita diviene Segretario nazionaleil Dott. Elio Gallina destinato a rimanere taleper altri 25 anni circa.

Non ha una sede. Il recapito, l’attività amministra-tiva, contabile e d’ufficio si svolge presso l’abita-zione dell’Avv. Alessandro Alesii che – oltre a essereil Direttore Generale dell’ENPAV – svolge per il Sin-dacato un’attività di consulenza legale e, con il sup-porto della moglie Sig.ra Marisa Alesii, di consu-lenza amministrativa e contabile.Per le riunioni di Segreteria, Direttivo e ConsiglioNazionale il Sindacato viene ospitato nella sededella FNOVI.A livello locale l’attività sindacale si svolge tramitele Segreterie provinciali. Il Segretario provinciale sioccupa di riscuotere la quota associativa (che, inquegli anni, ammonta a circa £ 25.000) recandosipersonalmente presso la residenza dell’iscritto, bus-sando “porta a porta”, fino a quando la quota nonviene versata.Fin da subito di fondamentale importanza è il ruolodell’On.le Dante Graziosi, allora Presidente dellaFNOVI, soprattutto per i suoi interventi in ambitopolitico.Tra i “pionieri” del Sindacato oltre al Dott. Gallina,occorre ricordare i Dott.ri Picciotti delle Marche(successivamente divenuto Segretario Nazionale),Latessa del Lazio, Appolloni dell’Abruzzo, BarontiEschini della Toscana, Bono della Sicilia, Caferridella Calabria, Tripaldi della Basilicata, Lunardinidella Toscana, Morandini dell’Emilia Romagna, Can-toni della Lombardia, Valcarenghi del Nord, Pes-sione del Piemonte, Marras della Sardegna, Biondi

del Centro e Giangrande del Lazio, tra i primi a ri-vestire l’incarico di membri della Segreteria nazio-nale.Ogni anno in una diversa Regione d’Italia si svolgeil Congresso nazionale al quale partecipano i dele-gati (rappresentati inizialmente dai Segretari pro-vinciali poi dai Segretari regionali) oltre agli iscritti

Anni ’70 – ‘80Negli anni ’70 l’attività del Sindacato si intensificae consolida andandosi successivamente a incen-trare soprattutto sulla contrattazione nazionale.L’attività legata alla contrattazione è molto impe-gnativa richiedendo il sacrificio personale del Se-gretario e dei membri della Segreteria a causa diconvocazioni improvvise da parte della parte pub-blica, trattative estenuanti che si protraggono anchefino alla mattina del giorno dopo, soprattutto nellafase conclusiva degli accordi.Anche in questo periodo, non esistendo una sede,le attività d’ufficio si svolgono in casa Alesii. I solimezzi disponibili consistono sostanzialmente neltelefono e nella macchina da scrivere. Solo piùavanti arriveranno la fotocopiatrice e il fax. Si narradi estenuanti telefonate tra il tonante Elio Gallinae la premurosa Marisa Alesii per completare, connon poca trepidazione, complesse relazioni, cor-reggere documenti, rifinire comunicazioni che poisarebbero state pazientemente ciclostilate e spediteai colleghi.Solo alla fine degli anni ’80 viene presa in affittouna stanza presso un centro servizi adiacente allasede della FNOVI in Via del Tritone, ma la tecnologiadell’ufficio centrale è ancora molto “amanuense”.

Uno sguardo par�colarea chi sta un passo indietro, ma c’è!

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

64 I cinquant’anni del SIVeMP

Inaugurazione della storica sede di viaNizza. Da sinistra, Latessa, Di Vico,Giordana, la Sig.ra Alesii, Gallina conla consorte, Piccio�.

65I cinquant’anni del SIVeMP

Anni ‘90All’inizio di questi anni durante la Segreteria delDott. Picciotti, succeduto al Dott. Gallina nel 1989,avviene una svolta importante: l’acquisto della sededi Via Nizza. Si impegnano personalmente a garan-zia dell’operazione finanziaria necessaria all’acqui-sto dell’immobile lo stesso Dott. Picciotti, i Dott.riLatessa, Torri, Petracca.I primi anni ’90 furono rivoluzionari e mobilitaronoin modo costante il direttivo nazionale, sede di di-battiti accesi, ma tecnicamente elevati, segno diuna preparazione giuridico sindacale di alto livello.Opportunità per i giovani sindacalisti di mettere inmostra competenza, dialettica e carattere.Nella nuova sede la Sig.ra Marisa Alesii con�nuò la

sua infa�cabile a�vità di segretaria tu�ofare, aiutata,via via, dalle giovanissime figlie Alessia e Stefania.Alla fine degli anni ’90, trasmesse sensibilità poli-tica, professionalità e memoria storica a Stefania,Marisa Alesii è andata in pensione a godere un po’di meritata tranquillità, in attesa dei bellissimi nipotiche Alessia e Stefania e le hanno dato.Ma “la Signora Alesii” resta con noi come l’elementodi congiunzione delle generazioni di sindacalisti cheha accompagnato, talvolta rincuorandoli, talvoltaincoraggiandoli, spesso sopportandoli, spessissimoaiutandoli con i suoi acuti consigli.

OggiOggi lo staff del SIVeMP si è allargato, così come si è

allargata la sede con l’acquistodell’appartamento adiacente.Stefania Alesii è la segretariapar�colare del Segretario na-zionale e la “dire�rice poli�coorganizza�va” dell’ufficio. Unadietro l’altra sono arrivate Va-len�na Ceci, Maria Cris�na Mo-danesi, Annarita Stassi. Abbiamo messo su una bellasquadra, che ci viene invidiatada molti. Così come ci viene invidiato ilclima in cui si lavora al SIVeMP.Molto dipende dal senso diappartenenza, dalla condivi-sione dei significati degli obiet-tivi che il SIVeMP persegue e,non meno importante, da unabuona dose di determinazionea fare bene il proprio lavoro.Un mix ideale!

67I cinquant’anni del SIVeMP

Vitantonio Perrone

Quindici febbraio duemiladue: da pochi minu�sono termina� i lavori del Dire�vo Nazionalee tu� i presen� lasciano la sala delle riunioniper trasferirsi qualche piano più in alto nello

studio del notaio Fabro per un’ul�ma incombenza giàprogrammata da tempo per quel giorno.Da lì a poco quei segretari regionali del SIVeMP sarannoiscri� come i soci fondatori della Società Italiana di Me-dicina Veterinaria Preven�va che quest’anno vede rea-lizza� i primi dieci della sua a�vità.Infa�, i tempi erano ormai maturi perché al binariopercorso dal treno del sindacato si affiancasse quellodi una nuova organizzazione professionale che avesseil compito prevalente (mission) di curare l’aggiorna-mento e la formazione per i veterinari di sanità pub-blica del SSN.Aggiornamento, da sempre già previsto per gli iscri�agli ordini professionali, e formazione codificata con icriteri dell’Educazione Con�nua in Medicina dal D.lgs.n. 229/99 che andavano programma�, organizza� esomministra� in modo più congruo e a�uale per me-glio corrispondere a tu�e quelle sollecitazioni che sem-pre più frequen� e con�nue interessavano il nostroruolo nell’ambito della prevenzione.Sollecitazioni sopra�u�o legate ai fenomeni connessialla globalizzazione che ha reso il nostro pianeta piùpiccolo, ma che ha anche incrementato problema�cheeconomiche e sociali e non ul�me quelle sanitarie ren-dendo necessarie capacità rinnovate e innovate di ana-lisi e programmazione sanitaria.Ma l’a�vità della Società, di cui fanno parte tu� gliiscri� alla casa madre del SIVeMP, vuole anche rappre-sentare agli organi decisori e divulgare all’opinione pub-blica quali sono le linee di a�vità, i pun� di forzaassieme alle cri�cità delle nostre a�vità di prevenzionesanitaria così come proporre ai vari livelli amministra�vi

e poli�ci il punto di vista e le proposte opera�ve dellacomponente veterinaria del SSN, sedi nelle quali ilruolo di un’organizzazione sindacale is�tuzionalmentevocata alla discussione e difesa dello status contrat-tuale dei suoi rappresenta� sempre più rischiava di nonpoter congruamente rappresentare istanze e posizionidi profilo squisitamente legato alla professionalità delproprio ruolo.Un cammino quindi intrapreso con grande entusiasmoe for� aspe�a�ve che tu�ora necessita di grossi sforzianche economici per meglio raggiungere i propri obiet-�vi e che vede ancora oggi un impegno (e la piena con-vinta comprensione di quanto questo sia necessario eu�le) rilevabile a macchia di leopardo mentre tantesono le potenzialità che impiegando un minimo valoreaggiunto rispe�o alle a�vità quo�diane portate sulterritorio potrebbero contribuire in maniera determi-nante a rafforzare il secondo binario “professionale” inparallelo con quello “sindacale”.

Parte il treno della SIMeVeP

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

Da sinistra: Aldo Rogheto, Dante Graziosi,Domenico D’Addario, Presiden� Fnovi.

Da sinistra: Ovidio Piccio�e Elio Gallina, Segretari

Nazionale del SIVeMP.

Luigino Bellani, Dire�ore Generale dei ServiziVeterinari Ministero della Salute.

Da sinistra: Aldo Grasselli, Segretario NazionaleSIVeMP, Romano Marabelli Capo Dipar�mentodel Dipar�mento della SPV, della sicurezza alimentare e degli organi collegiali per la tu-tela della salute – Ministero della Salute.

69I cinquant’anni del SIVeMP

Aldo Grasselli

La definizione attuale di Sanità pubblica ve-terinaria si può circoscrivere nel seguenteenunciato: «Branca delle attività di sanitàpubblica che ha come scopo l’applicazione

delle capacità, conoscenze e risorse professionalidella Medicina veterinaria ai fini della protezione edel miglioramento della salute umana, intesa nelsuo concetto più vasto, cioè comprendente ancheeconomia ed ambiente» (OMS 1983).Questa definizione è accettata da quasi tutti i Paesi,ma la Medicina veterinaria pubblica ha dovuto su-perare enormi difficoltà per affermarsi in modo or-ganico e per ottenere il giusto rilievo strategico cheassume sulla vita del genere umano.Sin dai tempi più remoti è sempre stata avvertital’esigenza di dare un ordinamento al settore dellasanità al fine di combattere temibili malattie infet-tive e cercare di tenere sotto controllo l’igiene am-bientale.Si può ricordare l’esempio encomiabile di Veneziache nel 1522 emana un ordinamento sanitario, de-nominato “Provvedimenti di sanità” che rappre-senta una prima organizzazione sanitaria contro lapeste.Memorabile anche l’azione di Giovanni Maria Lan-cisi che, nel 1715, in qualità di Archiatra Papale,prescrisse al fine di arginare una devastante epi-demia di peste bovina quello che oggi chiamiamostamping out, ovvero l’abbattimento coatto, sup-portato da disposizioni legislative puntuali in ma-teria di igiene e profilassi nello smaltimento dellecarcasse degli animali malati. Tali regole costitui-ranno la base per la formazione dei primi veterinariusciti dalla prima scuola di veterinaria che nacque

a Lione nel 1762.La Medicina veterinaria prima di assumere una suaconnotazione autonoma nella storia d’Italia ha fa-ticato parecchio. Infatti, fu a lungo collocata nel-l’ambito della sanità pubblica e dell’igiene ambien-tale.La prima legge sanitaria emanata nel nostro Paese,avviato alla sua unificazione, risale al 20 novembre1859, seguita, dopo l’Unità d’Italia, dal Regio De-creto 20 marzo 1865, n. 2.248 che rappresenta laprima normativa organica in materia sanitaria.La tutela della salute pubblica viene complessiva-mente affidata a livello centrale al Ministro dell’In-terno e sotto la sua dipendenza, in sede periferica,ai Prefetti e ai Sindaci.Tale impostazione in seno al Ministero dell’Internorimarrà immutata per 80 anni fino al 1945 con lacreazione dell’Alto Commissario per l’Igiene e Sanità(ACIS).

Legge 2.248/1865Tra le principali novità introdotte in campo veteri-nario dalla Legge 20 marzo 1865, n. 2.248 (All. C) edai relativi regolamenti è opportuno ricordare:- i veterinari, in qualità di consiglieri straordinari,sono chiamati a far parte del Consiglio Superioredi Sanità che assiste il Ministro fornendo, tra gli al-tri, pareri su tutti i regolamenti riguardanti l’igienee la sanità pubblica e proponendo quei provvedi-menti e quelle inchieste giudicate utili per l’ammi-nistrazione sanitaria;- i veterinari partecipano, inoltre, ai Consigli pro-vinciali e circondariali e in tal caso sono scelti tra iprofessori delle scuole veterinarie;

Cenni storici sull’evoluzionedella Veterinaria Pubblica

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

70 I cinquant’anni del SIVeMP

- i Consigli sanitari «Vegliano alla conservazione dellasanità pubblica anche per quanto riguarda le epi-zoozie» (art. 15) e provvedono alla sorveglianza sullaprofessione zooiatrica (art .17);- in caso di accertata epizoozia, il Prefetto è obbligatoa darne immediata comunicazione al Ministero del-l’Interno.Nel successivo ventennio, le gravi esigenze igienico-sanitarie convincono Agos�no De Pre�s, in qualitàdi Ministro dell’Interno prima e poi come capo delGoverno, della necessità di realizzare un’efficienterete di difesa della salute pubblica.L’incarico è affidato al do�or Agos�no Bertani, me-dico e patriota.Nel 1885 Bertani, dopo un a�ento esame dei pro-blemi sanitari del Regno, in par�colare, a�raversoun’inchiesta sulle condizioni della classe agricola,presenta il suo proge�o di Codice che mostra unacerta apertura progressista rispe�o ai tempi, poiché,in par�colare, a�ribuisce al medico condo�o la du-plice funzione di cura dei pazien�, ma anche di tuteladella salute pubblica.Nella seduta del 15 Maggio 1888 il Presidente delConsiglio, Francesco Crispi, succeduto ad Agos�noDe Pre�s, partendo da alcuni criteri contenu� nelCodice Bertani presenta un Disegno di Legge che sipropone di «Prevenire, per quanto possibile, lo svi-luppo delle mala�e infe�ve e diffusive o a combat-terle efficacemente appena manifestate».Dal diba�to che ne scaturisce si appalesa per la suamodernità l’affermazione del senatore Giacinto Pac-chio� secondo cui «Il veterinario ha un’importanzaenorme, al giorno d’oggi, per le visite delle carni diogni genere e da lungo tempo s’invoca in Italia unalegge che ne stabilisca le condo�e sanitarie […]».

Legge 5.843/1888 ovvero Legge Crispi-PaglianiDopo una lunga e intensa discussione, finalmenteFrancesco Crispi riesce a far promulgare il 22 dicem-bre 1888 l’a�o legisla�vo n. 5843 “Legge per la tuteladell’Igiene e della Sanità pubblica” (noto come LeggeCrispi-Pagliani) dal nome dell’uomo poli�co che necapì l’importanza e dell’insigne igienista, Luigi Pa-gliani, che fornì il suo supporto tecnico divenendoin seguito il primo Dire�ore generale della sanità.Questa Legge:

• Comprende i fondamen� giuridici dell’ordinamentosanitario italiano sulla tutela dell’igiene e della sanitàpubblica.• Ha il merito di aver dato unità all’Amministrazionesanitaria ge�ando le basi per la profilassi e stabi-lendo l’obbligo per i Comuni di dotarsi di un proprioregolamento d’igiene.• Afferma il principio dell’unicità dell’organizzazionesanitaria contro le mala�e infe�ve dell’uomo edegli animali per cui i due servizi, medico e veteri-nario, sono pos� entrambi alle dipendenze del Mi-nistero dell’Interno.In qua�ro ar�coli si precisano i compi� del veteri-nario mutuandoli dalle secolari consuetudini enorme che si erano applicate nei singoli Sta� italianiprima dell’Unità:- Titolo I, Capo VIII, Art.18 «In ogni Provincia la vigi-lanza zooiatrica sarà affidata ad un veterinario pro-vinciale scelto dal Ministro. Tale incarico potrà esseredato al veterinario membro del Consiglio provincialedi sanità… [omissis]».- Titolo I, Capo VIII, Art.19 «Il veterinario provincialeveglia sulla salute degli animali nell’interesse dellasanità pubblica; a tal fine fa o fa eseguire dai veteri-nari che lo coadiuvano, ispezioni nelle stalle, nei ma-celli e negli spacci di carne. Avvisa il Prefe�o dellacomparsa delle epizoozie e gli propone i provvedi-men� per impedirne la diffusione e i danni alla pub-blica igiene [omissis]».Titolo I, Capo VIII, Art. 20 «Il Prefe�o, udito il Consi-glio provinciale di sanità, potrà imporre ad alcuniComuni di nominare un veterinario municipale, siaisolatamente sia riuni� in consorzio, quando sia ri-conosciuto il bisogno per la sanità pubblica di unalocale vigilanza ed assistenza zooiatrica, alle qualinon si sia altrimen� provvedu�».Titolo I, Capo VIII, Art. 21 «Si is�tuiranno veterinaridi confine e di porto, i quali visiteranno ogni generedi alimen� (o par� di animali) che entrano nelloStato, e proibiranno l’ingresso a quelli affe� da ma-la�e contagiose o sospe� di esserlo. I veterinari diconfine e di porto sono nomina� dal Ministero degliinterni».

Nascita delle IstituzioniCon Regio Decreto n. 316 del 9 luglio 1896 il Servi-

71I cinquant’anni del SIVeMP

zio sanitario veterinario viene trasferito alle dipen-denze del Ministero dell’Agricoltura e solo con ilRegio Decreto n. 45 del 3 febbraio 1901 viene ema-nato un regolamento generale sanitario che stabi-lisce in modo inequivocabile il ritorno del serviziodi Polizia Veterinaria al Ministero dell’Interno.Il primo Testo unico delle leggi sanitarie, che coor-dina l’intera materia, è approvato con Regio De-creto 1907 n. 603.Interessante è il dibattito che si sviluppa intornoalla Veterinaria, soprattutto alla ricerca di una pro-pria autonomia e di un’emancipazione dai servizimedici.La Legge 6 luglio 1933, n. 947 autorizza il Governoall’emanazione di un nuovo Testo Unico delle leggisanitarie che si realizza attraverso il Regio Decreto27 luglio 1934, n. 1265 ancora vigente anche seampiamente modificato.In particolare viene costituita, presso il Ministerodell’Interno, una Direzione generale della sanitàpubblica, affiancata da un organo consultivo, il“Consiglio Superiore di Sanità” e da uno tecnico,l’Istituto di Sanità Pubblica, in seguito divenuto“Istituto Superiore di Sanità”.

Il Prefetto è confermatol’autorità sanitaria dellaprovincia, presiede ilConsiglio provinciale disanità e ha alle sue di-pendenze il medico pro-vinciale e il veterinarioprovinciale. In ogni comune la mas-sima autorità sanitaria èil Sindaco (podestà), coa-diuvato dall’Assessorealla sanità e dall’Ufficialesanitario, che funge daconsulente tecnico delSindaco.Il veterinario provincialefa parte dell’ufficio sani-tario provinciale (direttodal medico provinciale) esovraintende al Servizioveterinario. Tra i suoi

compiti principali:- ricevere le denunce delle malattie infettive ai sensidelle disposizioni di polizia veterinaria;- informare il prefetto sull’andamento del servizioe il medico provinciale su tutto quanto riguarda lasalute e l’igiene nella provincia in rapporto alla sa-nità pubblica; - esercitare la vigilanza veterinaria nella provinciaper l’applicazione dei provvedimenti di profilassi edi polizia veterinaria e compiere le necessarie ispe-zioni.Con Decreto Legge del 12 luglio 1945, n. 417 vieneistituito l’Alto Commissariato all’Igiene e Sanità(ACIS) alle strette dipendenze della Presidenza delConsiglio.Nasce il primo tentativo di superamento del duali-smo fino ad allora riscontrato tra competenze e or-gani decisionali e apparati tecnici.In seno all’ACIS viene varata la Direzione generaledei Servizi veterinari che si può considerare il mo-dernissimo antenato del nostro Dipartimento.Con l’ACIS la competenza in materia sanitaria vienesottratta al Ministero dell’Interno, affermando, intal modo, la tendenza a riconoscere in capo a una

Roma, ex campo Boario, ufficio sanitario.

72 I cinquant’anni del SIVeMP

specifica struttura amministrativa di vertice le com-petenze in materia sanitaria.Prefetto e Sindaco risultano confermati quali auto-rità sanitarie a livello periferico.Nel 1958 l’organizzazione sanitaria viene resa com-pletamente autonoma con la costituzione del Mi-nistero della Sanità (Legge 296/58) con il qualecessa di esistere l’ACIS.Dal punto di vista organizzativo l’assetto del Mini-stero si caratterizza per avere un’articolazione a li-

vello centrale e a livello periferico.A livello centrale, accanto agli organi di natura po-litica sono previste inizialmente cinque direzionigenerali:- DG affari amministrativi e del personale; - DG dei servizi dell’igiene pubblica e degli ospedali; - DG dei servizi di Medicina sociale; - DG del servizio farmaceutico; - DG dei servizi veterinari; - DG per l’igiene degli alimenti e la nutrizione (ag-

giunta nel 1963).A livello periferico la Leggedel 1958 costituisce in ogniprovincia gli Uffici del Me-dico provinciale e del Vete-rinario provinciale, ancoracoordinati dal Prefetto, maalle dirette dipendenze delMinistero della Sanità.Il veterinario provincialecontinua a svolgere i compitigià definiti dal Regio Decretodel 27 luglio 1934, n. 1.265.Il veterinario comunale conil DPR del 11 febbraio 1961,n. 264, che istituzionalizzal’ufficio veterinario comu-nale, assume il ruolo di uffi-ciale governativo e si oc-cupa, tra l’altro, di:a) provvedere alla applica-zione delle disposizioni con-cernenti la Polizia Veterina-ria e la vigilanza sanitariaagli alimenti di origine ani-male;b) vigilare sullo stato sanita-rio del patrimonio zootec-nico e tenerne informato ilveterinario provinciale;c) vigilare sulla esecuzionedelle leggi e dei regolamentiinteressanti i servizi veteri-nari; di ogni trasgressione fadenuncia al veterinario pro-vinciale e al sindaco;

ANNI ’60: vaccinazione an�carbon-chiosa di un’asina (Do�. Luigi Muscas,Marmilla di Villamar, CA).

73I cinquant’anni del SIVeMP

d) proporre al veterinario provinciale e al sindaco iprovvedimenti necessari nell’interesse del servizio;e) assistere il sindaco nell’esecuzione dei provve-dimenti di sua competenza;f) dare parere sul rilascio delle autorizzazioni e li-cenze di competenza del sindaco per l’esercizio diattività soggette a vigilanza veterinaria;g) segnalare all’ufficiale sanitario i casi di zoonosiverificatisi negli animali e riceve dall’ufficiale sani-tario la comunicazione dei casi di dette malattieaccertate nell’uomo;h) esercitare tutte le altre attribuzioni a lui deman-date dalle leggi e dai regolamenti.Con il DPR 14 gennaio 1972, n. 4, si realizza il pas-saggio alle Regioni di talune funzioni statali.Vengono trasferiti alle Regioni gli Uffici dei Medicie dei Veterinari Provinciali e gli Uffici sanitari deiComuni e dei Consorzi comunali.Il processo di decentramento alle Regioni proseguecon il DPR 24 luglio 1977, n. 616, il quale definiscetutte le materie esercitate dagli organi centrali eperiferici dello Stato da devolvere a livello ammi-nistrativo regionale.Con la Legge 23 dicembre 1978, n. 833 “Istituzionedel servizio sanitario nazionale” nasce il ServizioSanitario Nazionale (SSN) in applicazione del det-tato costituzionale del “diritto alla salute” garantitoa tutti i cittadini e viene sancita definitivamenteper i Servizi veterinari territoriali la collocazionenell’area della prevenzione e nel servizio sanitariopubblico.La Legge 833/78 - Art. 16 - “Servizi veterinari” «Sta-bilisce norme per il riordino dei Servizi Veterinari alivello regionale nell’ambito di ciascuna unità sani-taria locale o in un ambito territoriale più ampio efissa le competenze, tenendo conto della distribu-zione e delle attitudini produttive del patrimoniozootecnico, della riproduzione animale, della dislo-cazione e del potenziale degli impianti di macella-zione, di lavorazione e di conservazione delle carnie degli altri prodotti di origine animale, della pro-duzione dei mangimi e degli integratori, delle esi-genze della zooprofilassi, della lotta contro le zoo-nosi e della vigilanza sugli alimenti di origineanimale».Il Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 pre-

vede il «Riordino della disciplina in materia sanita-ria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre1992, n. 421» (G.U. Serie Generale del 30 dicembre1992, n. 305).Con il D.lgs. 502/92 si realizza la riorganizzazionedei servizi delle Unità Sanitarie Locali che svolgonole funzioni previste dagli Artt. 16, 20, 21 e 22 dellaLegge 833/78 in un apposito “Dipartimento dellaprevenzione”.• Art. 7. Dipartimenti di prevenzione:1. (Comma abrogato dal D.lgs 19 giugno 1999, n.229 )2. «Le attività di indirizzo e coordinamento neces-sarie per assicurare la uniforme attuazione dellenormative comunitarie e degli organismi interna-zionali sono assicurate dal Ministero della Sanitàche si avvale, per gli aspetti di competenza, del-l’Istituto Superiore di Sanità, dell’Istituto Superioreper la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, degliIstituti Zooprofilattici Sperimentali, dell’Agenzia peri Servizi Sanitari Regionali, dell’Agenzia Nazionaleper la Protezione dell’Ambiente e degli Istituti di ri-cerca del CNR e dell’ENEA.3. I dipartimenti di prevenzione, tramite la regione,acquisiscono dall’Istituto Superiore per la Preven-zione e la Sicurezza del Lavoro e dall’Istituto Na-zionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sulLavoro ogni informazione utile ai fini della cono-scenza dei rischi per la tutela della salute e per lasicurezza degli ambienti di lavoro. L’Istituto Nazio-nale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul La-voro garantisce la trasmissione delle anzidette in-formazioni anche attraverso strumenti telematici».• Art. 7- bis. Dipartimento di prevenzione«1. Le regioni disciplinano l’istituzione e l’organiz-zazione del dipartimento della prevenzione secondoi principi contenuti nelle disposizioni del presentearticolo e degli articoli 7-ter e 7-quater. Il diparti-mento di prevenzione è struttura operativa del-l’unità sanitaria locale che garantisce la tutela dellasalute collettiva, perseguendo obiettivi di promo-zione della salute, prevenzione delle malattie e delledisabilità, miglioramento della qualità della vita.2. A tal fine il dipartimento di prevenzione pro-muove azioni volte a individuare e rimuovere lecause di nocività e malattia di origine ambientale,

74 I cinquant’anni del SIVeMP

umana e animale, mediante iniziative coordinatecon i distretti, con i dipartimenti dell’azienda sani-taria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendoil coinvolgimento di operatori di diverse discipline.Partecipa alla formulazione del programma di at-tività della unità sanitaria locale, formulando pro-poste d’intervento nelle materie di competenza eindicazioni in ordine alla loro copertura finanzia-ria».• Art. 7- ter. Funzioni del Dipartimento di preven-zione:«1. In base alla definizione dei livelli essenziali diassistenza, il dipartimento di prevenzione garantiscele seguenti funzioni di prevenzione collettiva e sa-nità pubblica, anche a supporto dell’autorità sani-taria locale:a) profilassi delle malattie infettive e parassitarie;b) tutela della collettività dai rischi sanitari degliambienti di vita anche con riferimento agli effettisanitari degli inquinanti ambientali;c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi in-fortunistici e sanitari connessi agli ambienti di la-voro; d) sanità pubblica veterinaria, che comprende sor-veglianza epidemiologica delle popolazioni animalie profilassi delle malattie infettive e parassitarie;farmacovigilanza veterinaria; igiene delle produ-zioni zootecniche; tutela igienico sanitaria deglialimenti di origine animale;e) tutela igienico-sanitaria degli alimenti;f) sorveglianza e prevenzione nutrizionale;2. Il dipar�mento di prevenzione contribuisce inoltrealle a�vità di promozione della salute e di prevenzionedelle mala�e cronico-degenera�ve in collaborazionecon gli altri servizi e dipar�men� aziendali».• Art. 7 quater - Organizzazione del dipartimentodi prevenzione:«1. Il dipartimento di prevenzione opera nell’ambitodel Piano Attuativo Locale, ha autonomia organiz-zativa e contabile ed è organizzato in centri di costoe di responsabilità. Il direttore del dipartimento èscelto dal direttore generale tra i dirigenti con al-meno cinque anni di anzianità di funzione e ri-sponde alla direzione aziendale del perseguimentodegli obiettivi aziendali, dell’assetto organizzativoe della gestione, in relazione alle risorse assegnate.

2. Le Regioni disciplinano l’articolazione delle areedipartimentali di sanità pubblica, della tutela dellasalute negli ambienti di lavoro e della sanità pub-blica veterinaria, prevedendo strutture organizza-tive specificamente dedicate a:a) igiene e sanità pubblica;b) igiene degli alimenti e della nutrizione;c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;d) sanità animale;e) igiene della produzione, trasformazione, com-mercializzazione, conservazione e trasporto deglialimenti di origine animale e loro derivati;f) igiene degli allevamenti e delle produzioni zoo-tecniche.3. Le strutture organizzative si distinguono in servizio in unità operative, in rapporto all’omogeneitàdella disciplina di riferimento e alle funzioni attri-buite, nonché alle caratteristiche e alle dimensionidel bacino di utenza.4. I servizi veterinari operano quale centro di re-sponsabilità, dotati di autonomia tecnico-funzionaleed organizzativa nell’ambito della struttura dipar-timentale, e rispondono del perseguimento degliobiettivi del servizio, nonché della gestione dellerisorse economiche attribuite.5. Nella regolamentazione del dipartimento di pre-venzione, le Regioni possono prevedere, secondole articolazioni organizzative adottate, la disciplinadelle funzioni di medicina legale e necroscopica».• Art. 7 – quinquies. Coordinamento con le Agenzieregionali per l’ambiente:«1. Il Ministro della Sanità ed il Ministro dell’am-biente, d’intesa con la Conferenza permanente peri rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province au-tonome di Trento e di Bolzano, stipulano, nell’am-bito delle rispettive competenze, un accordo quadroper il coordinamento e la integrazione degli inter-venti per la tutela della salute e dell’ambiente cheindividua i settori di azione congiunta ed i relativiprogrammi operativi.2. Le Regioni individuano le modalità e i livelli di inte-grazione fra poli�che sanitarie e poli�che ambientali,prevedendo la s�pulazione di accordi di programmae convenzioni tra le unità sanitarie locali e le aziendeospedaliere e le agenzie regionali per la protezionedell’ambiente per la tutela della popolazione dal ri-

75I cinquant’anni del SIVeMP

schio ambientale, con par�colare riguardo alle a�vitàdi sorveglianza epidemiologica e di comunicazionedel rischio. Tali accordi devono comunque garantire l’eroga-zione delle prestazioni richieste dalle unità sanitarielocali per lo svolgimento di funzioni e di compitiistituzionali senza oneri aggiuntivi per il Serviziosanitario nazionale. 3. Le Regioni e le Unità Sanitarie Locali, per le atti-vità di laboratorio già svolte dai presidi multizonalidi prevenzione come compito di istituto, in base anorme vigenti, nei confronti delle unità sanitarielocali, si avvalgono delle agenzie regionali per laprotezione dell’ambiente».• Art. 7 – sexies. Istituti Zooprofilattici Sperimentalie Uffici veterinari del Ministero della Sanità:«1. I Servizi veterinari si avvalgono delle prestazionie della collaborazione tecnico-scientifica degli Isti-tuti Zooprofilattici Sperimentali. La programma-zione regionale individua le modalità di raccordofunzionale tra i Servizi Veterinari delle Unità Sani-tarie Locali e gli Istituti Zooprofilattici Sperimentaliper il coordinamento delle attività di sanità pubblicaveterinaria, nonché le modalità integrative rispettoall’attività dei Posti di ispezione frontaliera veteri-naria e degli Uffici veterinari di confine, porto ed

aeroporto e quelli per gli adempimenti degli obbli-ghi comunitari».

La modifica del Titolo V della CostituzioneCon la legge Cos�tuzionale n. 3 del 18 o�obre 2001viene riformata la parte della Cos�tuzione riguar-dante il sistema delle Autonomie Locali e dei rappor�con lo Stato. La riforma comporta la revisione degliar�coli 114-133 della Carta Cos�tuzionale. A�raversola conferma di alcuni ar�coli, l’abrogazione di altri ela modifica di altri ancora, viene cambiato in profon-dità l’ordinamento is�tuzionale della Repubblica. Di questo processo di riforma sono da me�ere inevidenza: la nuova stru�ura is�tuzionale, la ripar�-zione della potestà legisla�va e amministra�va, loschema di finanziamento e i rappor� finanziari traen�, la possibilità di forme di autonomia differenziataper le Regioni a Statuto Ordinario, l’abrogazione deicontrolli preven�vi sugli a� delle Regioni.Il se�ore sanitario è, tra quelli considera� dalla riforma,quello che risente maggiormente dell’innovazione diorientamento federalista e questa innovazione au-menta considerevolmente il contenzioso tra Stato eRegioni in ordine, specialmente, all’organizzazione deiServizi sanitari delle Regioni che agiscono come seg-men� autonomi del Servizio Sanitario Nazionale.

77I cinquant’anni del SIVeMP

Roberto Poggiani e Cris�na Fortuna�

La consistenza del patrimonio zootecnico, ilnumero dei capi macellati, le profonde tra-sformazioni che hanno accompagnato il set-tore negli ultimi decenni non possono essere

disgiunti dal ruolo che la Veterinaria pubblica ha viavia assunto in quest’ultimo mezzo secolo. Non solosono cambiate, infatti, anche attraverso modifichelegislative di estrema rilevanza, le modalità con cuil’attività di sanità pubblica viene svolta, ma questoprocesso si è accompagnato, e ne è stato a suavolta influenzato, alla trasformazione profondadegli stessi comparti produttivi. Il numero delle imprese è diminuito drasticamente,con una concentrazione in attività imprenditorialidi maggiori dimensioni e potenzialità e la forte ri-duzione delle piccole stalle. Alla fine degli anni ses-santa il patrimonio bovino e bufalino era arrivato adieci milioni di capi: da allora la contrazione è con-tinuata, tra fasi alterne, fino alla fine degli anni no-vanta, quando la flessione si è accentuata. Nel 2009il numero dei capi allevati non arrivava ai sei milionie mezzo di unità. Se facciamo un raffronto, però, tra la flessione delpatrimonio bovino e bufalino e quella del numerodelle imprese, ci accorgiamo che la contrazione èmolto più accentuata per il secondo parametro. Nel2000 in Italia gli allevamenti del comparto erano174.240, nel 2010 sono diventati 126.803. Si trattadi 47.437 imprese in meno, una flessione di oltre il27% in dieci anni. Di contro, la consistenza del be-stiame passa dai 6.231.203 capi del 2000 ai

6.036.2964 del 2010 (dati Istat). Negli ultimi diecianni il numero dei capi quindi si è ridotto sì, masolo del 3,1%. La spiegazione sta tutta nel numerodei capi medi allevati per azienda che passa dai 36dell’inizio del nuovo secolo ai 47,6 di dieci annidopo.

Dai veterinari condotti ad oggi: il trendCinquant’anni fa il panorama produttivo che gli al-lora veterinari condotti si trovavano davanti eraestremamente parcellizzato e frammentario: mi-riadi di aziende, specie allevate estremamente di-somogenee, elevato numero degli addetti con cuila Veterinaria pubblica doveva interagire. Apparen-temente la concentrazione delle imprese avrebbeora dovuto semplificare il lavoro di chi esegue i con-trolli di sanità pubblica, con possibilità di vigilanzaaccresciute. Ma si vedrà come il quadro normativo,quello produttivo e le tendenze di consumo ab-biano subìto mutamenti che vanno al di là dei sem-plici volumi allevati e macellati. Quando nel 1961 venne ridisegnata l’architetturadella Veterinaria pubblica con l’organizzazionedell’Ufficio veterinario comunale (che racchiudevain sé una molteplicità di figure e competenze, ve-terinario condotto, direttore del macello pubblico,veterinari addetti ai vari servizi di polizia, vigilanza,ispezione veterinaria) i comuni erano poco più di8mila. Per ciascuno di loro, qualche volta attraversoconsorzi, era prevista una condotta veterinaria. Ese pensiamo al numero di capi allevati e macellati

Cambia il volto della produzionezootecnica e si trasforma laVeterinaria Pubblica

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

78 I cinquant’anni del SIVeMP

negli anni sessanta e alle molteplici funzioni svolte(attività clinica, prevenzione, lotta alle malattie in-fettive degli animali, ma anche la vigilanza e il con-trollo sulla produzione e la lavorazione delle carni)abbiamo un quadro di una estrema rilevanza del-l’attività veterinaria pubblica nella società del-l’epoca, ancora in gran parte rurale. Facciamo un salto in avanti di quasi vent’anni:quando nel 1978 viene istituito il Servizio SanitarioNazionale e i Servizi veterinari entrano nell’areadella prevenzione e della sanità pubblica, il patri-monio bovino, solo per fare un esempio, si è già ri-dotto a 8.724.000 capi. Nel 1999, quando laRiforma Bindi ha sancito in modo definitivo che la

Sanità Pubblica Veterinaria costituisce area dipar-timentale del Dipartimento di Prevenzione organiz-zata nelle tre strutture di Sanità animale, Igienedegli alimenti e Igiene degli allevamenti e delle pro-duzioni zootecniche, i capi bovini sono arrivati a7.362.000. E i veterinari con funzioni pubbliche quanti sono di-ventati, a fronte di compiti d’istituto sempre piùgravosi? Per avere un quadro oggi del rapporto traconsistenza del bestiame allevato e macellato e nu-mero di veterinari dei servizi territoriali basta con-frontare la realtà produttiva con i dati del contoannuale del personale sanitario che attestano, nel2009, i veterinari delle ASL a quota 5.900 unità. Di

Vaccinazione an�a�osa dei bovini ai primi anni ‘60(Do�. Giuseppe Guiso, Barbagia di Desulo, NU).

79I cinquant’anni del SIVeMP

fatto negli ultimi 15 anni abbiamo assistito a unadiminuzione progressiva del numero dei veterinaripubblici che non può in alcun modo essere giustifi-cata né dalla contrazione del patrimonio bovino na-zionale né dalla concentrazione degli impianti dimacellazione. Al contrario vedremo anche come gliambiti di intervento dei veterinari pubblici sianonei fatti cresciuti in modo imponente.

Allevamenti e macellazione, l’evoluzione produttivaMa torniamo più nel dettaglio all’evoluzione dellaproduzione zootecnica. È interessante, per una piùattenta analisi del settore, collocare l’Italia nel con-testo europeo. Secondo i dati dell’OsservatorioIsmea, nel 2006 l’Italia è quarta per numero di bo-vini presenti sul territorio, ma occupa invece laterza posizione per quantità di carni prodotte, su-perando la Gran Bretagna e insediando la piazzad’onore dei tedeschi, grazie a un sistema di alleva-mento confinato-protetto che le permette di otte-nere una produttività nettamente più alta dellamedia europea. Per non parlare del peso crescentedell’import. Nel 2007 sono stati macellati

3.979.000 capi (dati Istat) con unaperdita percentuale rispetto al-l’anno precedente del 2,1%. Anche gli allevamenti suini hannosubito, in mezzo secolo, una con-trazione numerica – passando dalmilione di imprese del 1961 alleduecentomila del 2000 – ma il nu-mero dei capi allevati è letteral-mente esploso nei vent’anniseguenti. All’inizio degli anni ses-santa erano 4.478.000: da allora illoro numero è costantemente cre-sciuto, superando i 9 milioni dicapi nel 1981. Poi il dato è oscil-lato con scarse variazioni: nel2009 i suini allevati sono9.157.000. Segno che le impresesono cresciute di dimensioni pro-duttive in modo massiccio. Trend alterno anche per il patri-monio ovi-caprino, che dai poco

più di 9 milioni di capi dell’inizio degli anni ses-santa, tocca i 12 milioni nel periodo tra il 1984 e il2001, per assestarsi a quota 8.974.000 nel 2009. Più complessa la lettura dei dati delle macellazioni.Se nel 1961 il numero dei capi bovini e bufalini pro-cessati è pari a 3.568.000, nel 2009 è salito a3.838.000 unità. Ma a metà degli anni ottanta ildato aveva raggiunto 5.191.000 unità per poi de-crescere lentamente fino a scendere sotto i quattromilioni di capi macellati nel 2007. Quanto ai suini macellati, all’inizio degli anni ses-santa erano 3.869.000: da allora il loro numero ècostantemente cresciuto, superando i 10 milioni dicapi nel 1979 e arrivando, infine, nel 2009 a quota13.594.000 suini macellati. Dato che in neanchemezzo secolo si quindi è quadruplicato. Incrementoanche per le macellazioni ovine e caprine (5 milionie mezzo di capi nel 1961), con punte di oltre novemilioni negli anni novanta per assestarsi a quasi seimilioni e mezzo di capi macellati nel 2009.

Un sistema complesso L’analisi dell’andamento dei dati produttivi po-trebbe portare a pensare che l’apparente semplifi-

Fonte: Istat, consistenza del bes�ame bovino, bufalino, suino e ovicaprino.

1961-2009: consistenza del bes�ame per specie(consistenza in migliaia di capi)

80 I cinquant’anni del SIVeMP

cazione nel settore dell’allevamento, con una con-centrazione di quello intensivo in aziende di sem-pre maggiori dimensioni oltre che più attrezzate eal passo con i tempi, abbia reso più agevole, in pa-rallelo, il sistema dei controlli e il lavoro della vete-rinaria pubblica. Ma a questa realtà vanno aggiun� altri elemen� dianalisi, a par�re dal numero “rido�o” dei veterinaripubblici, dal peso sempre più consistente delle im-portazioni e dalla loro “composizione”, oltre che dallacrescente globalizzazione dei mer-ca�. Le emergenze sanitarie degliul�mi anni (BSE, diossine, micotos-sine, influenza aviaria), l’impo-nente produzione norma�va, ilriasse�o dell’organizzazione veteri-naria nei Dipar�men� di sanitàpubblica assieme al so�ofinanzia-mento della prevenzione da partedella am mini stra zione statale, l’ac-cresciuta a�enzione dei consuma-tori alla sicurezza alimentare e leaumentate istanze del mondo pro-

du�vo cos�tuiscono un sistemaestremamente complesso con ilquale i Servizi veterinari e più in ge-nerale tu�a l’area della preven-zione dovranno confrontarsi infuturo.Il deficit della bilancia commer-ciale nazionale relativo agliscambi con gli altri Paesi di ani-mali vivi e di carne bovina frescao surgelata sta continuando a sa-lire negli anni (già a quota 2.867milioni di euro nel 2006) e consi-derato che ad accrescerlo è in par-ticolare la dipendenza italiana suiprodotti finiti (mezzene, quarti)provenienti dall’estero, potremodire che da un punto di vista delleimportazioni sembra sia in atto unprocesso di sostituzione degli ani-mali vivi da macello, o delle car-casse, con i soli tagli di carne(fonte: Mercato della carne bo-

vina, 2007, Franco Angeli). Al di là dei riflessi com-merciali, è evidente come questa evoluzione, concarni importate dopo la macellazione - senza pos-sibilità di analisi degli organi bersaglio - comportiuna maggiore complessità per il sistema dei con-trolli pubblici, richiedendo attività e attenzioni ac-cresciute da parte dei servizi veterinari.Sono scenari che inducono a ripensare in parte fun-zioni e modalità opera�ve. E che rappresentano sfidespesso inedite. Tenendo conto, tra l’altro, della par-

Fonte: Conto Generale dello Stato.

1997-2010 veterinari dipenden� pubblici (ASL e IZS)

Fonte: Istat, macellazione mensile del bes�ame a carni rosse.

1961-2009: bes�ame macellato per specie (capi in migliaia)

81I cinquant’anni del SIVeMP

�colarità, tu�a italiana, che riconduce il controllo del-l’a�vità agroalimentare alla sanità pubblica, diversa-mente dagli altri Paesi europei in cui questo �po divigilanza rimane appannaggio dell’agricoltura. Nelnostro Paese gli stessi servizi veterinari sono intesicome unica filiera, in cui le linee produ�ve inizianodal controllo sulla materia prima, se consideriamocome materia prima gli alimen� des�na� agli animalida produzione, fino al prodo�o finito se pensiamoall’animale macellato e agli alimen� di origine ani-male come prodo� fini�. Questa a�vità è integratadal controllo sulle mala�e infe�ve degli animali edal controllo sugli avanzi animali. Nel panorama eu-ropeo questa connotazione rappresenta per così dire“l’anomalia italiana”. Nei paesi anglosassoni i serviziveterinari sono na� e con�nuano sostanzialmente adavere un ruolo di puro sostegno alla produzione:l’esplosione della BSE nel Regno Unito ha provocatomomen� di vera crisi nei servizi, che sono cadu�so�o il peso della perdita di fiducia dei ci�adini e deiconsumatori.Altra frontiera sta nell’accresciuta sensibilità, soste-nuta da una stringente normativa comunitaria,verso il benessere animale (basti pensare alle

norme sulle galline ovaiole, entrate in vigorequest’anno). Legislazione anche questa che implicafunzioni e controlli in parte nuovi. Da qualche anno si assiste, poi, in piena globalizza-zione dei mercati, a causa anche dei cambiamenticlimatici, alla diffusione di malattie come ad esem-pio la Blue Tongue, una volta considerate patologie“tropicali”. Ecco allora che il compito del veterina-rio pubblico cambia ancora. «La globalizzazione deimercati – ha osservato recentemente Massimo Ca-stagnaro, coordinatore dei presidi delle Facoltà diMedicina Veterinaria – richiede la presenza di unveterinario “globalizzato”, un professionista ingrado cioè di conoscere e affrontare ogni tipo diprofilassi e di emergenze sanitarie nelle situazionisocio-economiche-culturali più disparate. Le pro-blematiche sanitarie di Paesi anche a noi vicini, senon affrontate correttamente, possono diventareemergenze nazionali italiane» - (Uomini e carne,2009 - Franco Angeli).La sfida per la Veterinaria pubblica è tutta qui: nelsaper cogliere la portata del cambiamento e nelsaper mutare il proprio atteggiamento di fronte alcambiamento.

Frontespizio del libro “de Bovilla Peste” diGiovanni Maria Lancisi, anno 1715 (pergentile concessione della Biblioteca dellaFacoltà di Medicina Veterinaria di Bolo-gna).

83I cinquant’anni del SIVeMP

Aldo Grasselli

Nel corso della 37a Conferenza della FAO(25 giugno-2 luglio 2011) si è tenuta lacelebrazione dell’eradicazione della pestebovina.

La peste bovina è la prima malattia animale ad es-sere eradicata, la seconda nella storia dopo il vaioloumano.La sconfitta del virus della peste bovina è il piùgrande evento della storia della Medicina veteri-naria. Un grande successo che avrà influenze so-cioeconomiche determinanti soprattutto nelle po-polazioni povere del mondo .La peste bovina è una malattia animale, causatada un Morbillivirus, altamente contagiosa che col-pisce diverse specie di ungulati selvatici e domestici,i bovini e i bufali. Il tasso di mortalità può raggiun-gere anche il 100% tra le mandrie di queste specie.Nel corso della storia ha ucciso milioni di animali,causando perdite economiche enormi e contri-buendo a creare disordini sociali e insicurezza ali-mentare.L’Italia ha avuto un ruolo da protagonista nella lottaa questa malattia, perché fu proprio un italiano, ilDottor Giovanni Maria Lancisi nel 1715 a denun-ciare la contagiosità della malattia e a dettare mi-sure di profilassi d’avanguardia per quei tempi, chefurono poi riportate nel suo libro de Bovilla Peste.La peste bovina è una di quelle malattie che hannosegnato la storia. Infatti, fu proprio l’epidemia dipeste bovina scoppiata in Belgio nel 1920 che diedeil via alla cooperazione internazionale per il con-trollo delle malattie animali, e che poi portò allacreazione dell’OIE nel 1924.«Nel celebrare uno dei maggiori successi per la

FAO e i suoi partner, vorrei ricordare che questostraordinario risultato non sarebbe stato possibilesenza gli sforzi congiunti e il forte impegno dei Go-verni, delle principali organizzazioni in Africa, inAsia e in Europa, e senza il costante sostegno deidonatori e delle istituzioni internazionali» - ha di-chiarato il Direttore Generale della FAO JacquesDiouf.«Questo successo nell’eliminazione di un virus ani-male dimostra che gli interventi contro le malattieanimali non rispondono alla logica del bene agricoloo commerciale, bensì a quella di Bene pubblico glo-bale, in quanto contribuendo a ridurre la povertà,a migliorare la salute pubblica e la sicurezza ali-mentare, a garantire un più ampio accesso al mer-cato e migliori condizioni di salute degli animali,esse apportano benefici alle popolazioni e alle ge-nerazioni di tutto il mondo» – ha affermato BernardVallat, Direttore Generale dell’OIE.I medici veterinari, giustamente orgogliosi di un ri-sultato storico cui hanno professionalmente con-cretamente contribuito, sperano che questo con-solidi sempre di più il concetto secondo cuiprevenire è più vantaggioso che curare. Mai come in questo caso è evidente ed emblema-tico che bisogna riformare l’ottica con cui si guardaalla prevenzione primaria. Sono i fatti che parIano,per dire che Servizi veterinari debbono essere te-nuti in conto in funzione degli enormi risparmi chegenerano con la prevenzione e con il risanamentodalle malattie e dai rischi alimentari piuttosto chesulla base di una arida e miope contabilità dei lorocosti, in vero molto contenuti e storicamente sta-bili.

Le mala�e degli animali, il benesseredell’uomo, il ruolo dei Servizi Veterinari

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

ANNI ’60: vaccinazione an�carbon-chiosa di un’asina (Do�. Luigi Muscas,Marmilla di Villamar, CA).

85I cinquant’anni del SIVeMP

Pierluigi Piras

Sotto l’aspetto sanitario e sulla scia della co-siddetta “era pasteuriana”, tutta la primametà del XX secolo ha avuto come connota-zione l’evoluzione delle conoscenze sulle ma-

lattie trasmissibili e, quindi, si sono notevolmenteampliati gli studi di microbiologia e della correlataimmunologia, determinando grandi attese per ilcontinuo sviluppo di vaccini (e sieri) come insosti-tuibili strumenti di profilassi che, nella concezionecomune prima ancora che in campo scientifico, ap-parivano essere ragionevolmente la principale, senon l’unica, strategia vincente contro tutte le ma-lattie infettive, anche in campo zootecnico. Le stesse scienze applicate - anche a seguito dellaintervenuta scoperta dei primi antibiotici che si ag-giunsero, sul piano curativo, alla sieroterapia di al-lora come fondamentali strumenti antinfettivi - pro-fetizzavano la “morte delle infezioni”: unaprevisione rivelatasi quantomeno eccessiva e trion-falistica, nonostante confidasse sull’evidenza, a fardata da allora, di significativi successi in termini diflessione dei tassi epidemiologici di molte malattietrasmissibili “storiche”, anche a carattere zoonosico. È trascorso un secolo, le nostre società sono pro-gredite, sia economicamente sia culturalmente, ilmondo appare radicalmente cambiato, e tuttaviasi vivono ancora profonde e nuove “paure” infettive,nelle quali sono ancora gli animali ad essere coin-volti in una, per certi versi nuova, dimensione zoo-antropologica: basti pensare alle recenti vere e pro-prie “crisi” legate alla BSE e all’Influenza Aviaria. Certamente molto diversa da quella attuale era la

“cornice” nella quale operava, fino al secondo do-poguerra inoltrato, la nostra Professione: perfetta-mente integrata in una struttura sociale e agro-zoo-tecnica (ambiente compreso) ancora “antica” efondamentalmente impegnata a fronteggiare, conun lavoro comunque molto gravoso, un’economiadi sussistenza, con filiere produttive corte e consumialimentari necessariamente d’ambito locale o co-munque prossimale. In tale contesto, anche conuna lettura attuale e distaccata, il contributo offertodalla Medicina Veterinaria di allora, con i mezzi di-sponibili all’epoca, poteva considerarsi senza dubbiorispondente alle esigenze del tempo, consideratosia lo scenario socio-economico sia quello culturale,dove la competenza posta in campo dal Veterinarioera fondamentalmente ancora legata al solo acumeclinico, piuttosto che alla comprensione delle im-plicazioni epidemiologiche del suo stesso agire.Al disastro economico della fine del secondo con-flitto mondiale seguì quindi la ricostruzione delPaese, dove anche la zootecnia riprese gradual-mente a svilupparsi - pur se in un contesto sanitarioper molti aspetti ancora critico - contribuendo essastessa a determinare una situazione epidemiologicamolto complessa, alla quale si aggiungeva il persi-stere delle “storiche” malattie a carattere infettivoe diffusivo del bestiame che si protrasse, pur conun progressivo e tenace miglioramento, per i quasiquarant’anni successivi.Sono stati quelli i tempi, socialmente e cultural-mente maturi, perché in relativa rapida successionevedesse la luce, nel febbraio del 1954, il Regola-

Riflessioni sui cambiamen�nell’approccio epidemiologicoin 50 anni di storia veterinaria

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

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mento di Polizia Veterinaria (col basilare DPR n.320) e, alcuni anni dopo, nel marzo del 1957 colTrattato di Roma, la CEE (con i primi sei Paesi fon-datori, insieme all’Italia: la Francia, il Belgio, i PaesiBassi, il Lussemburgo e la Germania), avente tra lesue competenze anche la Politica Agricola Comuni-taria e, perciò, a forte impatto anche sulle strategiedi Sanità Pubblica Veterinaria nei Paesi membri, so-prattutto per le misure di lotta alle malattie infettiveanimali “storiche”, che in quei tempi ancora imper-versavano in tutta Europa. Di lì a poco, nel marzodel 1958, fu istituito il nostro Ministero della Sanità(con la Legge n. 296) il quale, in relazione al na-scente sistema informativo della Sanità Pubblica

Veterinaria di allora, prese a pubblicare i primi Bol-lettini mensili informativi sulle Epizoozie nel Paese.A seguire, nel febbraio del 1961, venne approvatala norma (con DPR n. 264) che fissava l’obbligo diun Ufficio Veterinario in tutti i Comuni singoli o riu-niti in Consorzio e, dall’assetto delle nuove “con-dotte Veterinarie”, scaturì la necessità, nella prima-vera inoltrata del 1962, di costituire il SindacatoNazionale Veterinari Dipendenti Enti Locali - poi ri-definito con l’attuale acronimo SIVeMP in relazioneal reinquadramento dei Veterinari pubblici nel Ser-vizio Sanitario Nazionale istituito e operativo circaun ventennio dopo - per arrivare infine, nel giugnodel 1964, alla emanazione della Direttiva n.

Stato sanitario degli allevamen� in Eu-ropa, tra�o dalla rivista Veterinaria Ita-liana, volume 10 (4) 1959: pag. 345.

Bolle�no delle Epizoozie, tra�o dallarivista Veterinaria Italiana, volume 10(4) 1959: pag. 344.

87I cinquant’anni del SIVeMP

64/432/CEE (tutt’ora vigente, benché abbia subìtonumerose modifiche, anche sostanziali, con più di50 atti successivi). Tale Direttiva ha rappresentatouna delle prime normative comunitarie in tema dipiani di risanamento delle malattie trasmissibili delbestiame ai fini del raggiungimento delle qualifichedi “ufficialmente indenne”, sia riferite agli alleva-menti sia all’intero territorio degli Stati membri e,quindi, spaziando dal principio di “armonizzazione”comunitaria in materia di profilassi nei confronti dimalattie zoonosiche come la Tubercolosi e la Bru-cellosi bovina, fino ai concetti relativi alle reti diepidemiosorveglianza cui ogni Paese membro do-veva dare attuazione (nel caso specifico per malattieproprie o comuni del bovino e del suino, come l’AftaEpizootica, la Pleuropolmonite Essudativa Conta-giosa, la Leucosi Bovina Enzootica, il CarbonchioEmatico, la Rabbia, le Pesti suine e l’Esantema Ve-scicolare del suino).Erano tempi di grandi cambiamenti, dunque, e dinuovi scenari. Al quindicennio dell’immediato do-poguerra seguirono i fatidici anni ‘60 e il nostroPaese fu coinvolto in un rapido e consistente pro-cesso di sviluppo produttivo, il “boom economico”,e non ci fu settore che non risentisse di tale spinta,compreso quello zootecnico che attraversò una verae propria “rivoluzione”. La popolazione, infatti, daun lato manifestava la grande tensione alla crescitaproduttiva e dall’altro la necessità di vivere e ali-mentarsi “quantitativamente” meglio, per esempiopassando in pochi decenni da un consumo indivi-duale medio annuo di carne di circa 25 kg ai circa80 (come quantità cumulative derivanti da tutte lespecie allevate). Tale dato comporta ovviamente laconsiderazione della straordinaria pressione eser-citata dalle emergenti richieste del mercato sulleproduzioni zootecniche e dà la spiegazione dellosviluppo impetuoso del settore in quegli anni, ca-ratterizzato dall’evoluzione industriale sia degli al-levamenti sia dei macelli a grande capacità. Tuttavia, il “boom” dei consumi di carni (unitamentea quello degli altri alimenti di origine animale), conil relativo incremento di carico zootecnico all’epoca,non sempre sono andati di pari passo con un mi-glioramento del quadro zoo-sanitario, anche perl’effetto convergente di alcuni determinanti legati

a tale fase di sviluppo. L’espandersi degli allevamentiindustriali (con elevate densità di capi in azienda) edel commercio di animali rappresentò infatti unacondizione favorente ideale per la diffusione degliagenti patogeni. Paradossalmente, la zootecnia diallora aveva aumentato considerevolmente le pro-prie produzioni, ma non con lo stesso grado si erada subito sviluppata la consapevolezza epidemio-logica delle dinamiche in atto. Si consideri, per altro,che il trend di cambiamenti dello scenario agro-so-ciale del Paese degli anni ‘60 si mantenne incalzanteper almeno due decenni e solo in seguito si registròun ritmo di sviluppo più lento e di assestamento. All’epoca, le vaccinazioni obbligatorie “di Stato”contro le principali malattie contagiose ebbero unruolo di primaria rilevanza per la salute in campoanimale (e umano). Anche nell’ambito della SanitàPubblica Veterinaria sono sta� infa� prodo� e impie-ga� diversi vaccini che, nonostante l’a�uale abbandonoper ragioni, come si farà poi cenno, di rimodulazionedelle strategie di risana mento/eradicazione, sono sta�alla base dei piani di profilassi di allora, gius�fica� eanche appropria� in quel contesto, dove alle mala�einfe�ve endemiche, anche a cara�ere zoonosico comeera il caso per esempio del Carbonchio Ema�co, nelleRegioni dove era disposta come obbligatoria la vacci-nazione e così protra�asi fino agli anni ‘80, si aggiun-gevano le temibili grandi epidemie proprie del com-parto zootecnico, come era il caso dell’A�a Epizoo�cacon obbligo in tu�o il Paese di so�oporre le speciesensibili a vaccinazione. Si tenga per altro presente chele tecniche diagnos�che di laboratorio per la ricercadegli agen� responsabili non avevano allora ancora icara�eri di affidabilità e, sopra�u�o, di tempes�vitàa�ualmente richieste e le moderne conoscenze epi-demiologiche applicate, come oggi le conosciamo (apar�re dalla “analisi del rischio”), muovevano i primipassi.Ne conseguì che, dal periodo della ricostruzionepost-bellica del Paese e fin quasi alla fine degli anni‘80, le vaccinazioni “di Stato” del bestiame rappre-sentarono una pratica ampiamente diffusa e impe-gnativa, non priva di problematicità in merito al-l’accettabilità da parte degli allevatori, tant’è chenon di rado l’operatività veterinaria necessitavadell’ausilio del personale di Pubblica Sicurezza, non

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solo ai fini impositivi, ma anche di verifica e con-trollo.Imponenti furono in particolare i piani di profilassivaccinale contro l’Afta Epizootica, da applicarsi an-che negli ovini, e quello contro la Peste Suina Clas-sica (PSC). Furono operazioni “a tappeto” e che,per certi aspetti, i protagonisti di allora definirono“selvagge” (per i rischi, pur conosciuti, di disper-sione dei virus sia durante la preparazione del vac-cino che durante la somministrazione del mede-

simo, come nel caso dellaPSC), ma la pratica vaccinaleobbligatoria rappresentava al-lora il “male minore”, tra fo-colai apparentemente chiusi(ma spesso solo sopiti equindi ri-emergenti) e quellidi nuova apertura, il tutto inun contesto di relativa ancoraalta incidenza di tali malattie.Il concetto di contrasto allaloro diffusione passava quindiattraverso quello della pre-venzione indiretta, intesacome “protezione” vaccinaledella popolazione animale(che presupponeva la conte-stuale possibilità, benché con-trastata, di circolazione degliagenti eziologici nel territo-rio), preservando quindi prio-ritariamente gli allevamenti,ma senza arrivare a un risa-namento compiuto nelle no-stre Regioni. Risanare il terri-torio dalle principali malattiea carattere infettivo e diffu-sivo richiedeva come si èprima accennato, l’acquisi-zione di una diagnostica di la-boratorio oltre che molto af-fidabile (sensibile e specifica)anche rapida, dovendo iden-tificare prontamente gli alle-vamenti sede di sospetto fo-colaio - per poterne, quindi,

gestirne il rischio diffusivo - nonché di facile esecu-zione e di poco costo quando, per altre malattie, sitrattava di identificare il singolo portatore come,per esempio, era il caso del risanamento da Tuber-colosi e Brucellosi bovina, Brucellosi ovi-caprina eLeucosi Bovina Enzootica.I primi cinquant’anni di vita del SIVeMP occupanoquasi per intero quest’epoca, rappresentata da untempo denso di importanti e decisivi cambiamentiin tutti i settori dello sviluppo umano, a partire da

Verifica del tatuaggio REV-1 per vaccinazione an�brucellarenegli ovini ai primi anni ‘60 (su gen�le concessione del Brig.Mario Ziulu, Comando Regione Carabinieri Sardegna, CA).

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quello delle conoscenze, per investire poi quellosocio-economico, anche in relazione alla conside-revole crescita demografica della popolazione e al-l’intensificarsi come non mai dei traffici commer-ciali, unitamente alla mobilità delle persone, in unnuovo scenario di “globalizzazione” del pianeta. Intale scenario, la Sanità Pubblica Veterinaria si deveancora confrontare con mai sopite (o forse accre-sciute) paure di infezione legate agli animali (o aglialimenti di origine animale). Ma, al di là del rischiopercepito, gli attuali dati di sintesi che rappresen-tano il quadro conosciuto dei patogeni per l’uomoparlano, oggi, di oltre 1.400 agenti patogeni, di cuioltre 200 virus (e prioni), circa 600 batteri e rickett-sie, poco più di 300 miceti e circa 300 tra protozoi

ed elminti. Di questi agenti patogeni, circa 870 (cor-rispondente a oltre il 60%) sono considerati zoono-sici (includendo, tra l’altro, circa l’80% dei patogeniche interessano specie animali domestiche). A ciòsi aggiunga che, sempre nell’ambito degli agenti pa-togeni per l’uomo, almeno 175 sono causa di quelleche attualmente sono definite “malattie infettiveemergenti”, di cui 132 (che rappresentano ben il75%) sono zoonosici. Per altro, tali malattie si con-siderano “emergenti” non solo nell’eventualità chevengano messe in relazione a un patogeno di neo-evoluzione o di recente individuazione, ma anchenel caso si tratti di un patogeno noto che abbia ma-nifestato un aumento significativo di incidenza, oun ampliamento del bacino geografico di perti-

Vaccinazione an�carbonchiosa degli ovini agli inizi degli anni‘80 (Do�. Giuseppe Atzeni, Parteolla di Donori, CA).

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nenza, o si sia manifestato in una nuova popola-zione ospite. Le malattie zoonosiche “emergenti”,insieme a quelle “ri-emergenti”, rappresentanoquindi ancora oggi (e con tratti per certi versi dimaggior preoccupazione) una seria minaccia per lasalute pubblica. Si consideri che i report annualidell’EFSA sull’andamento e sull’origine delle zoonosiindicano come le malattie zoonosiche ogni anno in-teressino circa 400.000 cittadini europei e che, nellamaggior parte dei casi l’origine di tali malattie siastata messa in relazione al consumo alimentare dicibi contaminati (ponendo tra l’altro l’accento suun aspetto apparentemente collaterale, ma diestrema rilevanza sanitaria: quello inerente il feno-meno dell’antibiotico-resistenza, di vario grado, mo-strata da alcuni ceppi batterici isolati in corso dizoonosi).Si consideri inoltre che l’evoluzione scientifica e lenuove conoscenze epidemiologiche nelle popola-zioni (animali e umane), con l’avvenuto amplia-mento del numero e la “globalizzazione” di infezionie parassitosi a carattere zoonosico, oltre che con lacomparsa di “zoonosi emergenti”, ha attualmentecomportato la necessità di considerare anche lemalattie zoonosiche sotto la dimensione “probabi-listica”, ossia del rischio. Ecco quindi perché, con lapubblicazione del Libro Bianco nel 2000, del Rego-lamento CE n. 178 nel 2002 e con la serie degli altriRegolamenti del cosiddetto “Pacchetto Igiene” del2004, si è passati dagli interventi “puntuali” foca-lizzati negli allevamenti, agli “interventi di filiera”(cioè comprendendo tutto il segmento di filiera, ri-considerando quindi anche gli interventi preventivio protettivi nei processi di trasformazione, distri-buzione e utilizzazione degli alimenti d’origine ani-male). L’approccio del controllo di filiera del “rischiozoonosi” ha preso forma quindi nella prospettivadi superare i limiti legati alla previsione dell’uso diun solo intervento (come nel passato, ad esempio,ricorrendo solo alla vaccinazione), mentre le nuovestrategie comunitarie fondano la propria azionesulla necessità di utilizzare in coordinazione diversiinterventi. Il passaggio alle filiere di produzione,cioè partendo dagli animali in allevamento, ma nellaglobalità ambientale, fino “alla tavola” del consu-matore, comporta un’importante passaggio cultu-

rale e di paradigma, dovendo transitare dal campodelle pseudo-certezze dell’era pasteuriana a quellodelle “certezze probabilistiche” dell’analisi del ri-schio, in tutte le sue tre diverse fasi: di valutazione,di gestione e di comunicazione.Quindi, sul tema della “lotta alle malattie trasmis-sibili” degli anni ‘60 e a seguire, o su quello deipiani d’azione per la prevenzione delle zoonosi diquesto inizio millennio, per un Veterinario di SanitàPubblica non è più sufficiente presidiare solo l’ag-giornamento delle proprie conoscenze tecniche,quanto piuttosto, insieme a queste, approfondiregli aspetti zoo-antropologici di un problema certa-mente “vecchio”, ma che ha necessità di nuovi ap-procci nella sua gestione. Lasciataci alle spalle l’epo-pea dei grandi piani di eradicazione, rivoltafondamentalmente a poche (benché importantis-sime) zoonosi, attualmente il quadro si è infatti no-tevolmente ampliato (e complicato), non solo perl’emergere di sempre “nuove” zoonosi in un mondo“globalizzato”, ma per la necessità di approcciarenuove strategie di prevenzione da un lato e, dall’al-tro, di comunicare efficacemente tali strategie (e irischi che si intende con esse limitare o “ridurre aun livello accettabile”). Potremmo dire che, sotto ilprofilo metodologico (concettuale, ma anche dellepolitiche di prevenzione) si è gradualmente passati“dalla eradicazione alla gestione del rischio zoono-sico”. Con la concreta possibilità che si verifichino varia-zioni delle caratteristiche biologiche dell’agente in-fettante o, come in altri casi, un vero e proprio“salto di specie”, ci si è infatti resi conto che le “bar-riere” tra uomo e animali riguardo alle malattie in-fettive possono essere deboli e che l’assioma che“ogni specie ha le sue malattie” è forse più un’ec-cezione che la regola. O meglio, è vero in prima ap-prossimazione (quindi solo come concetto di “specieospite primaria”), tant’è che per determinati inter-venti di risanamento, ad esempio nel caso del si-stema adottato e tutt’ora attivo per l’eradicazionedella Tubercolosi e della Brucellosi bovina, si parteda tale assunto semplificato (valido, se vogliamo,anche per gli “storici” piani di lotta all’Afta Epizoo-tica, alla Peste Suina Classica, alla Rabbia urbana,ecc.).

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Non si può ignorare, o sottovalutare, quindil’enorme portata e il notevole “valore” professionaleassunto dagli interventi di risanamento nelleaziende zootecniche del nostro Paese nei confrontidi determinate malattie trasmissibili “storiche”, al-trimenti non saremmo qui a parlarne, avendole la-sciate, nella loro drammaticità, alle nostre spalle.Ma è altrettanto necessario riconoscere l’esistenzadi nuovi scenari e di “rischi emergenti” che vannoanalizzati, gestiti (e comunicati) in modo appro-priato e, talvolta, con piani di azione concepiti exnovo. D’altronde, tale passaggio, che presuppone un ap-proccio alla trasmissibilità delle infezioni comeespressione, nella loro generalità, di un unicum cherappresenta l’attività vitale che accomuna tutti gliesseri animali (uomo compreso), presuppone ne-cessariamente il superamento del concetto di “spe-cie chiusa”. A tale proposito e partendo dalle “due”medicine, quella umana e quella veterinaria, purnel rispetto delle specificità professionali, apparequindi sempre più importante assumere una visionesanitaria “unica” e collaborativa, che porti a un tra-sferimento reciproco non solo di segnalazioni/no-tifiche, ma ancor prima di linguaggi e significati con-divisi, di una visione e di strategie comuni, che

producano piani di intervento efficaci e misure dicontrollo capaci di incidere a livello di quei “punti”che, a seguito dell’analisi del rischio, definiamo “cri-tici”, proprio perché rilevanti nella trasmissione/dif-fusione del patogeno tra gli animali e tra questi el’uomo. Tale processo non rappresenta in alcunmodo una novità, prova ne sia la previsione nor-mativa di tale necessaria reciproca informazionecome già sancita dall’articolo 5 del Regolamento diPolizia Veterinaria, unitamente all’articolo 4, letterag), del DPR n. 264/1961, prima richiamati, e la cuiportata appariva di particolare rilievo nel caso dellezoonosi “storiche”. Ciò che continua a fare fatica asvilupparsi è invece l’assetto metodologico di unacollaborazione piena tra le due “anime” sanitarie,quella della Medicina umana e quella veterinaria,che devono auspicabilmente rinunciare ad assu-mere reciproche posizioni di arroccamento e muo-versi verso una prospettiva comune, di condivisioneculturale e conseguentemente operativa, per unobiettivo unico di salute e attraverso una Medicina“unica”, come ci ha costantemente ricordatoAdriano Mantovani nella sua vita professionale,consegnandoci questa sua visione, come eredità emandato, che a noi tocca raccogliere per l’ulterioresviluppo della sanità pubblica.

Roma, ex Campo Boario, par�colare della facciata.

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Nevio Guarini

Il 12 febbraio 1929, sulla Gazzetta Ufficiale n. 36, era pubblicato il Regio Decreto 20 di-cembre 1928, n. 3.298 “Regolamento per la Vi-gilanza Sanitaria delle Carni” che rappresentò

per oltre 65 anni, pur con modifiche e integrazioni,la norma di riferimento per generazioni di veteri-nari ispettori.Il Regolamento per la Vigilanza Sanitaria delle Carnirappresentava l’evoluzione della normativa ema-nata in materia dalla costituzione del Regno d’Italia. Merita citazione la Legge n. 5.849 del 22 dicembre1888, la cosiddetta Legge Crispi-Pagliani sulla tu-tela dell’Igiene e della Sanità pubblica, la primalegge quadro sulla Sanità Pubblica del neonato Re-gno Unitario d’Italia. La Legge n. 5.849, all’avanguardia per quei tempi,stabiliva la costituzione dell’Ufficio Sanitario pressoil Ministero dell’Interno, l’equivalente all’odiernoMinistero della Salute; la costituzione di Sindaci ePrefetti quali Autorità Sanitarie Locali; l’istituzionedei Medici provinciali e degli Ufficiali Sanitari co-munali quali Ufficiali di Governo alle dipendenzedei Prefetti; l’istituzione dei Servizi Veterinari pro-vinciali e comunali; l’istituzione dei Laboratori co-munali e consorziali di vigilanza igienica; definivaprincipi di tutela igienica preventiva del suolo edell’abitato con l’emanazione dei Regolamenti Co-munali d’Igiene e principi di tutela igienica preven-tiva degli alimenti, dalla produzione al commercio. Con i Servizi veterinari provinciali è istituita con-seguentemente la figura del veterinario provinciale,il quale, tra gli altri compiti, doveva eseguire, o far

eseguire da altri veterinari incaricati, interventi sulbestiame e ispezioni nei macelli e negli spacci dicarne. In attuazione della Legge n. 5.849 era ema-nato il RD 3 agosto 1890, n. 7045, Regolamentospeciale per la vigilanza igienica sugli alimenti, sullebevande e sugli oggetti di uso domestico con ilquale si consolida la normativa in materia di ispe-zione delle carni attraverso, tra l’altro, la puntualeindicazione dei requisiti degli impianti di macella-zione, di indicazioni rispetto al comportamentoispettivo pur lasciando al veterinario il giudizio nelcaso di quadri anatomopatologici complessi, e l’ob-bligo della “contro visita” delle carni nel luogo didestinazione qualora le stesse fossero esportate inun Comune diverso da quello dove sia avvenuta lamacellazione. A seguire, il Regolamento generale sanitario ap-provato con RD 3 febbraio 1901, n. 45, con l’art.63 ribadisce l’obbligo di ispezione degli animali damacello e delle carni macellate da parte del vete-rinario comunale e le indicazioni date con il Rego-lamento del 1890 riguardo le procedure da seguirenel caso di presenza delle varie patologie elencatecon lo stesso.L’evoluzione delle conoscenze in materia e le ca-renze riscontrate nel controllo sanitario delle carniportò la Direzione Generale di Sanità Pubblica delMinistero dell’Interno a nominare, nel 1920, unacommissione di tecnici che produsse, sette annidopo, il RD 21 luglio 1927, n. 1.586 “Approvazionedel Regolamento per la vigilanza sanitaria dellecarni”. Questo Regolamento rimase in vigore poco

Dal Regio Decreto al Pacche�o Igiene:evoluzione del controllo delle carnie deriva�

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

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più di un anno: le Autorità sanitarie constataronola necessità di apportarvi modifiche e integrazionisostanziali, ciò spinse il Ministero dell’Interno apromulgare il RD 20 dicembre 1928, n. 3.298 cheabrogava e sostituiva integralmente il precedente.Il nuovo Regolamento sulla vigilanza sanitaria dellecarni, si caratterizza per la specifica trattazionedella materia, e fu lo strumento utilizzato per oltre65 anni da generazioni di veterinari pubblici per iquali rappresentò un dispositivo specifico riguardola vigilanza sulla macellazione degli animali, sul-l’industria e commercio delle carni fresche, con-gelate e in scatola o comunque preparate. Il rego-lamento teneva conto dell’evoluzione delleconoscenze scientifiche e delle situazioni econo-miche e sociali dell’epoca, caratterizzandosi perl’attenzione alla patologia animale e ai suoi riflessiper la salubrità delle carni e per l’atteggiamentovolto al recupero delle carni mediante l’istitutodella bassa macelleria e del sequestro parziale degliorgani e delle parti di carcassa che presentavanoalterazioni. Il veterinario ispettore doveva posse-dere la necessaria competenza e agire con granderesponsabilità, potendo peraltro usufruire di unanotevole discrezionalità. Ampi spazi erano dedicatialla costruzione, direzione e ordinamento dei mat-tatoi pubblici e privati, ove il mattatoio privato rap-presentava l’eccezione rispetto alla regola della ge-stione pubblica dei centri di macellazione; allamacellazione degli animali inclusi principi di tuteladurante l’abbattimento, all’ispezione degli animalie delle carni, alla macellazione privata a domicilio,alla macellazione d’urgenza e al recupero dellecarni degli animali morti per cause che non inter-ferivano sulla salubrità delle carni mediante l’Isti-tuto della bassa macelleria a cui è dedicato l’interotitolo V, al risanamento delle carni parassitate. Eancora disposizioni per gli spacci di carne fresca,congelata o comunque preparata, per i locali di de-posito e per i frigoriferi, per il trasporto delle carni,per i laboratori di carni insaccate, in scatola, salateo comunque preparate e disposizioni relative alpollame, ai conigli e alla selvaggina.I vari regolamenti citati, succedutisi nell’arco di unquarantennio, contenevano puntuali indicazioniper l’ispettore delle carni sui comportamenti da

seguire nel caso della presenza delle varie patolo-gie, senza però indicare le procedure operative daadottare per l’ispezione dei diversi organi e partidella carcassa, lasciandogli quindi ampia libertàd’intervento, fatto salvo il precetto che «L’ispezionesanitaria delle carni deve essere metodica, accuratae minuziosa: nessuna parte, nessun viscere devonoessere sottratti alla visita e asportati dai locali dimacellazione prima che il sanitario abbia emessoil suo giudizio».Questa impostazione fu profondamente modificatacon l’emanazione del DPR 25 settembre 1969, n. 1311, con il quale è sostituito l’art. 12 del RD n. 3.298, dispositivo che minuziosamente elencala metodica ispettiva e disposizioni particolareg-giate per l’ispezione sanitaria delle varie parti edei visceri degli animali macellati. Tale metodicalimita la discrezionalità del veterinario ispettore elo espone, in caso d’inosservanza, al reato di omis-sione in atti d’ufficio. Il medesimo articolo rappre-senta con enfasi la possibilità per il veterinarioispettore di avvalersi di analisi di laboratorio, spe-cialmente batteriologiche, ovvero di ogni altra ri-cerca che dovesse ritenere necessaria al fine diemettere un giudizio di salubrità delle carni. Sonoanni in cui si impone l’attenzione verso l’illecitoimpiego in zootecnia di sostanze a effetto anabo-lizzante, con l’emanazione di specifiche norme qualila Legge 3 febbraio 1961 n. 4, la Legge 15 febbraio1963 n. 281, la Legge 8 marzo 1968 n. 399 e relativoDM 15 gennaio 1969 che proibiva agli allevatori didetenere sostanze ad azione ormonale e antior-monale; divengono comuni tra le altre ricerche dicui all’art. 12 del regolamento l’esame della pro-stata, della ghiandola del Bartolini, della tiroide,l’esame istologico delle stesse nonché la prova bio-logica su rattine impuberi e la ricerca chimica. L’ammodernamento del Regolamento n. 3.298 se-gue l’emanazione da parte della Comunità Econo-mica Europea della Direttiva CEE n. 64/433 del 26giugno 1964 inerente le condizioni sanitarie per laproduzione e l’immissione sul mercato di carni fres-che, la quale negli allegati impartisce minuziosedisposizioni sui requisiti per il riconoscimento dimacelli e laboratori di sezionamento, norme diigiene del personale, dei locali e dell’attrezzatura,

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metodiche particolareggiate per l’esecuzione dellavisita ante e soprattutto post mortem, nonché peril deposito e il trasporto di carni fresche. Inizia cosìil lento processo di avvicinamento e armonizza-zione della norma nazionale con la norma comu-nitaria. Nel medesimo periodo fu emanata la Legge 30aprile 1962 n. 283 “Disciplina igienica della produ-zione e della vendita delle sostanze alimentari edelle bevande”, modifica del T.U. delle leggi sani-tarie approvato con RD 27 luglio 1934, n. 1265 e,dopo 18 anni, il suo regolamento di esecuzione, ilDecreto del Presidente della Repubblica del 26marzo 1980, n. 327, “Regolamento di esecuzionedella Legge 30 aprile 1962, n. 283 , e successivemodificazioni, in materia di disciplina igienica dellaproduzione e della vendita delle sostanze alimen-tari e delle bevande”, altro caposaldo della norma-tiva nazionale in materia di igiene degli alimenti.La Legge n. 1073/71, il DPR 10 settembre 1991, n.312 “Regolamento recante norme di attuazionedelle direttive CEE numeri 83/90, 85/323, 85/325,86/587 e 88/288 relative a problemi sanitari in ma-teria di scambi intracomunitari di carni fresche” esoprattutto il D.lgs 18 aprile 1994 n. 286 “Attua-zione delle Direttive 91/497 e 91/498/CEE concer-nenti problemi sanitari in materia di produzione eimmissione sul mercato di carni fresche” indicaronocome di fatto dovesse essere adottata una solametodologia ispettiva tanto per le carni destinateall’esportazione quanto per quelle riservate al mer-cato interno, fornendo un unico livello di garanziaper il consumatore relativamente ai requisiti diispezione delle carni, ma con la creazione di undoppio mercato ove si considerassero i requisitistrutturali e funzionali degli stabilimenti; il livellodei prodotti fabbricati negli stabilimenti con rico-noscimento comunitario e perciò abilitati agliscambi intracomunitari, e il livello dei prodotti fab-bricati negli stabilimenti abilitati al solo commercioin ambito nazionale, doppio canale che verrà con-fermato dalle direttive verticali succedutesi nelcorso della fine degli anni ‘80 e la prima metà deglianni ‘90 in ragione del volume produttivo dei sin-goli stabilimenti, e terminato con l’emanazione del“Pacchetto Igiene” e l’istituzione di un unico livello

di garanzia per tutti i cittadini della comunità. È l’era delle cosiddette “direttive verticali”, meti-colose disposizioni normative comunitarie interes-santi singoli processi produttivi dove, con l’intentodi uniformare gli standard degli stabilimenti pro-duttori di alimenti di origine animale nell’ambitodella Comunità Europea, si fornivano elementi didettaglio su metodiche e comportamenti ispettivi,requisiti strutturali e funzionali degli impianti, re-quisiti degli alimenti e, in alcuni settori, fu intro-dotto anche tramite decisioni il principio dell’au-tocontrollo da parte dell’operatore economico. Sicitano di seguito la Direttiva 71/118 inerente lecarni di pollame, la Direttiva 77/99 sui prodotti abase di carne, la Direttiva 89/437 sugli ovoprodotti,la Direttiva 91/492 sui molluschi bivalvi, la Direttiva91/493 sui prodotti della pesca, la Direttiva 91/495sulle carni di selvaggina e coniglio, la Direttiva92/45 inerente le carni di selvaggina cacciata, laDirettiva 92/46 inerente il latte e i prodotti a basedi latte, la Direttiva 93/43 sull’igiene dei prodottialimentari, la Direttiva 94/65 sulle preparazioni dicarne.Nello stesso periodo furono pubblicate anchenorme di standardizzazione delle attività di con-trollo ufficiale, recepimento di principi concordatiin ambito comunitario, quali il D.lgs. 3 marzo 1993,n. 123 “Attuazione della direttiva 89/397/CEE ine-rente al controllo ufficiale dei prodotti alimentari”,il D.lgs. 26 maggio 1997, n. 156 “Attuazione delladirettiva 93/99/CEE concernente misure supple-mentari in merito al controllo dei prodotti alimen-tari” e il DM 303/2000 recepimento della Direttiva96/93/CE relativa alla certificazione di animali e diprodotti di origine animale. Il veterinario ispettore è ormai il veterinario uffi-ciale, l’attività ispettiva mantiene la sua centralitànell’assicurare la salubrità delle carni destinate alconsumo umano, iniziano ad acquisire maggiorpeso attività di controllo ufficiale dirette al mante-nimento dei requisiti strutturali e funzionali degliimpianti e alle garanzie che gli operatori del settorealimentare debbono fornire sulla base di atti nor-mativi tra i quali si citano la Decisione della Com-missione del 20 maggio 1994 recante modalità diapplicazione della direttiva 91/493/CEE del Consi-

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glio riguardo ai principi che presiedono agli auto-controlli sanitari per i prodotti della pesca, il De-creto Legislativo 26 maggio 1997, n. 155 “Attua-zione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CEconcernenti l’igiene dei prodotti alimentari”, la De-cisione della Commissione 2001/471/CE dell’8 giu-gno 2001 che fissa le norme per i controlli regolaridelle condizioni igieniche generali, svolti dagli ope-ratori negli stabilimenti conformemente alla diret-tiva 64/433/CEE sulle condizioni sanitarie per laproduzione e l’immissione sul mercato di carni fre-sche e alla direttiva 71/118/CEE relativa a problemisanitari in materia di scambi di carni fresche di vo-latili da cortile. L’ispettore delle carni che ricopriva mansioni pre-valentemente indirizzate all’esecuzione della visitaante-mortem e di quella post-mortem assume, conl’insieme delle disposizioni regolamentari su ac-cennate, funzioni ben più allargate e responsabili,diventa, come veterinario ufficiale dello stabili-mento, il supervisore controllore di tutte le attivitàdella struttura, garante del rispetto delle normeigienico sanitarie negli stabilimenti.Tuttavia l’impianto normativo introdotto dalle di-rettive verticali risentiva di una serie di elementicritici quali in particolare la sovrapposizioni di ruoli,ripetizioni e contraddizioni, la mescolanza di di-verse competenze, l’approccio diverso per gli ali-menti di origine animale e gli altri alimenti, l’altolivello di dettaglio tecnico, l’alto coinvolgimentodelle autorità competenti nel fornire garanzie. Questa impalcatura di norme, basate prevalente-mente sull’elenco minuzioso di requisiti e attività,subisce un duro colpo nella seconda metà deglianni ’90.L’esplodere dell’Encefalopatia Spongiforme del Bo-vino, dapprima nel Regno Unito poi nel resto d’Eu-ropa, le reticenze delle Autorità politiche, le diffi-coltà per amministratori, scienziati e politici dicapire la gravità della crisi, la disorganizzazione deicontrolli sugli alimenti e la scarsità di controlli suimangimi, le carenze nell’analisi dei rischi e le dif-ferenze tra i vari Stati innescano una grave crisi difiducia nei consumatori nei confronti delle istitu-zioni deputate a garantire la sicurezza degli ali-menti. La perdita di fiducia dei consumatori assume

proporzioni imponenti, che si ripercuoteranno neglianni successivi al ripresentarsi di situazioni emer-genziali quali la presenza di diossina nei mangimiper suini, l’epidemia di afta epizootica nel RegnoUnito, l’influenza aviaria, amplificate e in alcunicasi distorte dai mezzi di comunicazione di massacon conseguenze drammatiche per le filiere pro-duttive interessate.Si imponeva un cambiamento, nel 1997 una primariorganizzazione della Commissione porta la compe-tenza su controlli e pareri scien�fici dalla DG Agri allaDG Sanco, nel 1999 una seconda riorganizzazione tra-sferisce alla DG Sanco anche la competenza sulla legi-slazione alimentare, contemporaneamente si inne-scano processi di riorganizzazione in alcuni Paesieuropei più colpi� dalle crisi quali Regno Unito, Francia,Belgio e si apre un ampio diba�to in sede comunitariache porta nel gennaio del 2000 alla pubblicazione dellibro bianco sulla sicurezza alimentare (COM/99/0719).La Commissione prende atto che una serie di crisiriguardanti l’alimentazione umana e animale hamesso in evidenza le carenze nella concezione enell’applicazione della regolamentazione alimen-tare in seno all’Unione Europea. Questa situazione ha stimolato la Commissione aincludere la promozione di un alto livello di sicu-rezza alimentare tra le sue priorità politiche in par-ticolare per migliorare le norme di qualità e raffor-zare i sistemi di controllo su tutta la catenaalimentare, dall’azienda agricola al consumatore.Il libro bianco sulla sicurezza alimentare costituisceun elemento essenziale in questa strategia, in taledocumento la Commissione propone un insiemedi misure che consentano di organizzare la sicurezzaalimentare in modo più coordinato e integrato,comprendenti la creazione di un’Autorità alimen-tare europea autonoma, incaricata di elaborare pa-reri scientifici indipendenti su tutti gli aspetti ine-renti alla sicurezza alimentare, alla gestione disistemi di allarme rapido e alla comunicazione deirischi, l’EFSA, European Food Safety Authority, ef-fettivamente istituita nel 2002 con sede a Parma;un quadro giuridico migliorato che copra tutti gliaspetti connessi con i prodotti alimentari, “dallafattoria alla tavola”, il futuro “Pacchetto Igiene”;sistemi di controllo più armonizzati a livello nazio-

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nale; un dialogo con i consumatori e le altre particoinvolte, mediante sistemi di consultazione isti-tuzionalizzati.Il libro bianco enuncia i principi generali sui qualiverte la nuova politica europea in materia di sicu-rezza alimentare in sintesi rappresentati da unastrategia globale, integrata, che si applica a tuttala catena alimentare; una definizione chiara deiruoli di tutte le parti coinvolte nella catena alimen-tare (produttori di alimenti per animali, operatoriagricoli e operatori del settore alimentare, gli Statimembri, la Commissione, i consumatori); la rin-tracciabilità degli alimenti destinati agli esseriumani e agli animali e dei loro ingredienti; la coe-renza, l’efficacia e il dinamismo della politica ali-mentare; l’analisi dei rischi (compresa la valuta-zione, la gestione e la comunicazione dei rischi);l’indipendenza, l’eccellenza e la trasparenza dei pa-reri scientifici; l’applicazione del principio di pre-cauzione nella gestione dei rischi.Il nuovo approccio legislativo riguarda i vari aspettidella catena alimentare, gli alimenti per animali,la salute e il benessere degli animali, l’igiene dellederrate alimentari, i limiti di contaminanti e di re-sidui di pesticidi e di farmaci veterinari negli ali-menti, l’autorizzazione e l’etichettatura dei nuovialimenti, gli additivi, gli aromi, l’imballaggio e laionizzazione delle derrate alimentari, la possibilitàdi adottare misure di salvaguardia nelle situazionidi urgenza, il processo di decisione in materia dialimentazione; una ristrutturazione esaurientedelle disposizioni in materia di controllo per ga-rantire che tutte le maglie della catena di produ-zione alimentare formino oggetto di controlli ef-fettivi; strategie di informazione dei consumatorie loro coinvolgimento e consultazione nel corsodell’elaborazione della legislazione alimentare.Nella G.U. L. 31 del 1.2.2002 viene pubblicato ilRegolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento Eu-ropeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che sta-bilisce i principi e i requisiti generali della legisla-zione alimentare, istituisce l’Autorità europea perla sicurezza alimentare e fissa procedure nel campodella sicurezza alimentare, la cosiddetta GeneralFood Law. In tale regolamento che fissa i principigenerali della legislazione alimentare, vengono de-

finiti tra l’altro in modo netto gli obblighi delle particoinvolte: «Spetta agli operatori del settore alimentare e deimangimi garantire che nelle imprese da essi con-trollate gli alimenti o i mangimi soddisfino le di-sposizioni della legislazione alimentare inerenti alleloro attività in tutte le fasi della produzione, dellatrasformazione e della distribuzione e verificareche tali disposizioni siano soddisfatte - e - gli Statimembri applicano la legislazione alimentare e con-trollano e verificano il rispetto delle pertinenti di-sposizioni della medesima da parte degli operatoridel settore alimentare e dei mangimi […] organiz-zano un sistema ufficiale di controllo […] la sorve-glianza della sicurezza degli alimenti e dei mangimie altre attività di controllo che abbraccino tutte lefasi della produzione, della trasformazione e delladistribuzione […]».Tale impostazione si rende fisicamente evidentenell’organizzazione dei regolamenti che costitui-ranno il Pacchetto Igiene, non più norme verticalinelle quali sono enunciati i compiti dell’operatoree dell’autorità competente per lo specifico settore,bensì norme orizzontali, lo stesso termine “Pac-chetto” ne enfatizza l’interconnessione, con divi-sione fisica dei testi inerenti gli obblighi per glioperatori del settore (Regolamento (CE) n.852/2004 e n. 853/2004), dai testi che definisconoi compiti dell’autorità competente (Regolamento(CE) n. 854/2004 e n. 882/2004). A questi si ag-giungerà il Regolamento (CE) n. 183/2005 che sta-bilisce i requisiti di igiene per i mangimi. Le innovazioni più importan� del nuovo complessodi norme sono quindi la chiarezza nell’a�ribuzionedelle responsabilità (primaria a operatori del se�orealimentare e dei mangimi, di verifica alle Autorità dicontrollo); estensione alla produzione primaria degliobblighi di autocontrollo (from farm to fork); enfasisul raggiungimento degli obie�vi, flessibilità nellemodalità di raggiungimento; il controllo ufficiale ve-rifica il raggiungimento degli obie�vi non garan�scela qualità dei prodo�, il controllo ufficiale è pertantobasato principalmente su a�vità di audit; scomparela vigilanza veterinaria permanente, il veterinarioufficiale non è più il garante del rispe�o delle normeigienico sanitarie negli stabilimen�; l’ispezione al

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macello perde importanza, altre fi-gure possono assistere il veterinarioufficiale nelle a�vità di ispezione,alcune procedure potrebbero esseresos�tuite da altre con efficacia equi-valente o rese non necessarie inbase alle informazioni sulla catenaalimentare (ad es. l’esame trichino-scopico per alcune categorie di ani-mali provenien� da aziende trichi-nella free); gli Sta� Membri possonodelegare specifici compi� di con-trollo ad agenzie esterne; mol�aspe� tecnici sono demanda� aprovvedimen� a�ua�vi in parte dicompetenza della Commissione inparte di competenza degli Sta�Membri (quali ad esempio le “dero-ghe”). Il Pacchetto Igiene ha subito dalla

Roma, ex Campo Boario, ingresso al macello.

Da sinistra: G. Penocchio, Fnovi; M. Gargano, Coldire�; G. Rimoldi, Assica; L.P. Scorda-maglia, Assocarni; P. Sardo, Slow Food; E. De Rosa, SItI; N. Brizioli, ex DG IZS LT; P. Vio,ex Coordinatore regioni per la sicurezza alimentare, R. Marabelli, Dire�ore Dip. SPV eSicurezza Alimentare Ministero della Salute.

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sua nascita numerose modifiche e integrazioni, aiRegolamenti base si sono uniti diversi Provvedi-menti regolamentari relativi ad aspetti tecnici oapplicativi.Ulteriori modifiche si delineano relativamente alle mo-dalità di esecuzione dell’ispezione delle carni: pareridell’EFSA relativi alla modernizzazione della visita is-pettiva negli animali della specie suina sottolineanol’inefficacia delle attuali pratiche ispettive nel rilevarei pericoli biologici e chimici più rilevanti nelle carni de-rivanti da tali animali e i rischi di contaminazione cro-ciata derivanti dai metodi tradizionalmente attuati aisensi della vigente regolamentazione, proponendo l’a-bolizione di alcune procedure dei metodi tradizionalie l’introduzione di un quadro completo di garanzia disicurezza delle carcasse di suino che preveda una seriedi misure preventive applicate in modo integrato siadurante l’allevamento sia al momento della macella-zione, ritenuto l’unico modo per garantire un controlloefficace dei principali pericoli, unitamente alla raccoltae all’esame delle informazioni sulla catena alimentare(ICA) durante l’allevamento e al momento della ma-cellazione per consentire una valutazione dei rischipiù mirata, e all’inclusione di criteri di ispezione ante-mortem e post-mortem volti a individuare l’uso illecito

di sostanze.In definitiva, pur mantenendo l’ispezione delle car-casse e dei visceri degli animali macellati una fon-damentale importanza nel giudizio di salubrità dellecarni da essi derivate, assume sempre più impor-tanza la conoscenza delle informazioni di filiera, losviluppo di strategie integrate basate sul rischioche distinguano tra allevamenti che attuano inte-gralmente protocolli HACCP e dispongono di ICAcomplete e allevamenti che applicano proceduredi controllo della qualità meno rigorose.Al veterinario ufficiale oggi sono richiesti menocompiti manuali e maggiori ed elevate conoscenzetecnico professionali, capacità di correlare infor-mazioni integrate di filiera e di trarne giudizi, ca-pacità di valutare sistemi complessi e di giudicarnel’efficacia; gli argomenti di cui il veterinario ufficialedeve avere conoscenza per svolgere efficacementeil suo ruolo, elencati nell’allegato I, sezione III, cap.IV del regolamento 854/2004, vanno ben oltre lanecessaria conoscenza delle malattie, della clinicae dell’anatomia patologica, e lo qualificano nonsolo come medico degli animali e ispettore dellecarni, ben diverso dalla figura, pur gloriosa, istituitadalla Legge n. 5849 del 22 dicembre 1888.

Anni ’50: alcuni pescatori di Voltri dopo una giornata di pescache a�endono il treno per avviarsi al mercato i�co di Genovadove commercializzeranno i loro prodo� (Foto G. Fazio).

101I cinquant’anni del SIVeMP

Maurizio Ferri, Gual�ero Fazioe Valen�na Tepedino

Inotevoli cambiamenti sociali ed economici, acui è andato incontro il nostro Paese negli ul-timi 50 anni, hanno fortemente condizionato lanatura e il livello organizzativo del sistema

ispettivo veterinario nel settore ittico. Tale evolu-zione ha avuto un’accelerazione particolare neglianni ‘90, attraverso l’apertura ai mercati stranieriper effetto della globalizzazione. Per capire l’evoluzione del settore ittico italianonegli ultimi anni è necessario analizzare alcuni datirelativi alla produzione ittica nazionale, ai preva-lenti flussi commerciali e ai consumi medi della po-polazione. In particolare, i dati relativi agli ultimiquattro anni ci indicano che il mercato italiano èmaturo con consumi stabili e bassi rispetto a Paesicon le stesse caratteristiche geografiche e di potered’acquisto. In relazione ai flussi commerciali, l’Italiarisulta essere un Paese prevalentemente importa-tore di prodotto sia naturale sia elaborato, con unaincidenza di oltre il 70% sui consumi totali a vo-lume. Il rapporto tra prodotto locale e importato èrimasto stabile negli anni.La produzione nazionale, dopo un forte calo neglianni dal 2003 al 2008, si è stabilizzata grazie a unsensibile incremento dell’acquacoltura che è pas-sata da 190.000 tonnellate nel 2003 a circa 250.000nel 2011 compensando così il forte calo del pro-dotto pescato.Assis�amo a un significa�vo trend di sviluppo dell’ac-quacoltura grazie alla compe��vità dei prodo� egrazie al premium che l’allevato nazionale riesce aspuntare rispe�o all’estero e anche a significa�vi con-tribu� pubblici sugli inves�men�, sopra�u�o perquelli effe�ua� al Sud. Anche in questo segmento simanifesta un trend posi�vo per il prodo�o allevatodi provenienza estera par�colarmente per la sua

compe��vità sul prezzo sull’equivalente prodo�o ita-liano.Riguardo ai consumi nazionali, il consumo pro ca-pite è di poco superiore ai 20 kg, vale a dire dimolto inferiore all’1% del totale degli alimenti,quindi marginale sulle spese; è caratterizzato daforti differenze tra le varie regioni/aree del Paese(il Sud consuma il doppio del Nord).Non esistono dati precisi relativi ai consumi dome-stici ed extradomestici. Una stima effettuata da Eu-rofishmarket sui dati Ismea, porta a valutare chel’80% del pesce sia utilizzato a casa e solo il 20%fuori casa. La grandissima parte dei prodotti itticiconsumati a domicilio sono freschi (76%); il decon-gelato rappresenta il 12%, il congelato/surgelatol’8%, il salato il 2%, l’affumicato e la salamoia solol’1%. Gli acquisti vengono effettuati prevalente-mente nel canale della moderna distribuzione conpercentuali sostanzialmente diverse.La tipologia di distribuzione si caratterizza in mododiverso a livello nazionale, con conseguente diversaimportanza delle altre alternative di approvvigio-namento (pescherie, mercati del pesce, ambulantiecc.) che al Nord-Centro rappresentano il 25%mentre al Sud superano il 50%.

Principali linee evolutivedel nostro sistema ispettivo

Ma vediamo come è cambiato il modus operandidel veterinario ispettore. Ci aiutiamo tracciando leprincipali linee evolutive del nostro sistema ispet-tivo che coincidono con tre modelli ispettivi i cuiconnotati sono collegabili a specifici contesti socio-economici e culturali. Essi sono: il modello tradizio-nale che potremo denominare pre-HACCP, il

Il veterinario ispe�ore dei prodo� i�ci

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

102 I cinquant’anni del SIVeMP

modello basato su HACCP e il modello basato sulrischio.•Modello ispettivo pre-HACCP Sessant’anni fa, l’attività del veterinario ispettoreera tutto sommato limitata e se vogliamo semplifi-cata, e con riferimento allo specifico contesto so-ciale ed economico, offriva garanzie maggiori alconsumatore. Infatti, in un mondo non ancora glo-balizzato, non esistevano i problemi legati al rico-noscimento di specie: il controllo riguardavaprodotti locali di cui si conosceva l’esatta prove-nienza e di cui non era difficile individuare la speciedi appartenenza. Inoltre, l’attività ispettiva non pre-vedeva frequenti controlli di laboratorio, general-mente limitati ad alcune ricerche microbiologiche,ma prediligeva un controllo organolettico di fre-schezza e di verifica delle condizioni igienico-sani-tarie durante la conservazione e manipolazione. Dasempre, infatti, le caratteristiche organolettiche,sapore e soprattutto odore, hanno rappresentatouno strumento di primaria importanza per valutare

lo stato di freschezza del pesce. Si tra�ava, in sostanza, di filiere corte, a volte a “chi-lometro zero”, nelle quali il prodo�o, nella maggio-ranza dei casi, passava dire�amente dalle mani delpescatore al consumatore evitando gli innumerevolie a�uali passaggi intermedi. In questo contesto, iproblemi sanitari erano lega� principalmente allemodalità di trasporto e di conservazione; la catenadel freddo, infa�, non poteva essere assicurata nonessendo disponibili impian� frigoriferi ed essendo ilghiaccio difficile da reperire. Ad esempio, nell’ambitodi alcune province negli anni ’50 esisteva un unicoprodu�ore di ghiaccio.Il ghiaccio era venduto a barre del peso di 20-25 kge i venditori di pesci della zona si recavano ad ac-quistarlo, anche più volte al giorno, lo trasporta-vano generalmente su carretti a mano esuccessivamente, giunti in pescheria, con uno scal-pello, e con gran fatica e perdita di tempo, lo ridu-cevano in piccoli pezzi che venivano sparsi sulleceste o sulle cassette di legno utilizzate per la espo-sizione del pescato. L’efficacia di questi tentativi direfrigerazione era peraltro molto limitata, e noncerto paragonabile all’azione del ghiaccio in scagliedi oggi facile da produrre e procurare. Quaranta/cinquanta anni fa dunque, l’attività delveterinario non era condizionata da problematicherelative alla presenza di contaminanti microbiolo-gici o chimici (con l’eccezione dell’intossicazione daistamina per cattiva conservazione), e consistevasoprattutto nell’identificare, spesso con fare poli-ziesco, tu� quei tra�amen� che come recita l’art. 5della Legge n. 283/62 erano volti a «Nasconderepreesistenti stati di alterazione». Uno di questi con-sisteva nel legare con uno spago la coda con la testadel pesce in modo da far assumere un aspetto ri-curvo tipico del pesce appena pescato ovvero incondizioni di rigidità cadaverica: era il cosiddetto“accrocchio”. Oppure, per riconferire consistenza alle carni, ilpesce veniva sbattuto violentemente su superficidure. Era il tempo in cui operavano, soprattutto incerte zone d’Italia, i cosiddetti “tintori” ovvero per-sonaggi sicuramente caratteristici, ma anche prividi scrupoli, che appunto tingevano le branchie conil carminio nel tentativo di ridare un aspetto di fre-

Si può notare come si manifesta un trend posi�vo per il prodo�o alle-vato par�colarmente per la sua compe��vità sul prezzo sull’equiva-lente prodo�o italiano.

Pescato 650 (tons/000) 2800(€/000) Fresco 85Trasformato 565Allevato 100 (tons/000) 250(€/000) Fresco 80Trasformato 20Pescato e allevato 170 (tons/000) 750(€/000) Fresco 30Trasformato 140Totale 920 (tons/000) 3800(€/000) Trasforma�: congela�, secchi, sala�-salamoia, affumica�, prepara-zioni, conserve, file� pesce fresco.

Fonte: elaborazione Eurofishmarket su da� Ismea.

Da� rela�vi alla produzione i�ca nazionale, ai prevalen� flussi com-merciali e ai consumi medi della popolazione.

Mercato italiano (tons/000) 2008 2009 2010 2011Produzione 405 475 478 480Importazione 913 913 923 920Esportazione 133 133 138 140Saldo commerciale (781) (780) (785) (780)Consumi 1245 1255 1262 1260Consumi pro/capite (Kg) 20.8 20.8 20.9 20.9

Fonte: ISMEA ed elaborazioni di Eurofishmarket

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sco a pesci ormai alterati.In questo periodo il veterinario era tenuto a sotto-porre a controllo sanitario tutti i prodotti ittici,anche quando questi si spostavano da un Comuneall’altro della stessa Provincia, in conformità ai Re-golamenti comunali dei mercati ittici all’ingrossoderivanti dalla Legge n. 125/59, conosciuta in alloracome “Legge Fanfani”. L’attività ispettiva svolta dai veterinari presso i mer-cati ittici, che rispondeva al cosiddetto “modellotradizionale”, prevedeva la classificazione del pescein freschissimo, fresco, stantio e alterato, utiliz-zando uno strumento efficace e tuttora valido, rap-presentato dalla tabella di Artioli-Ciani, imparata amemoria sui banchi dell’Università e rafforzata conl’esperienza maturata sul campo. Questo modello

tradizionale che potremo definire pre-HACCP a par-tire dagli anni ‘50 non ha subito particolari cambia-menti fino agli anni 90. Se per le carni il veterinarioispettore puntava sulle garanzie di sanità animalerispetto alle infezioni più diffuse quali tubercolosi,brucellosi e altre infezioni o sulla valutazione del-l’igiene della macellazione e lavorazione mirata alrilievo di sporco visibile, per i prodotti ittici, l’atti-vità ispettiva era prevalentemente “visiva” e fina-lizzata al rilievo di alterazioni organolettiche, lesionimacroscopicamente visibili o contaminazione gros-solana sulle superfici del prodotto. Per questi con-notati era un modello statico che prevedeva lastessa intensità ispettiva indipendentemente dallepresenza di non conformità, di natura fondamen-talmente sanzionatorio e non preventivo rispettoai problemi. L’importanza via via crescente della cosiddetta con-taminazione “invisibile” ad opera di batteri pato-geni o alteranti o per la presenza di contaminantiambientali, mettono in crisi questo modello. Lesuccessive sfide rappresentate dai sistemi intensividi acquacoltura, dalla complessità delle filiere ali-mentari, dal trasporto degli prodotti ittici su lunghedistanze, e originati da mercati lontani, fanno

Modelli ispe�vi per prodo� i�ci.

Modello tradizionale Modello HACCP Modello basato pre-HACCP sul rischio

Ges�one Ispezione effe�uata senza Ispezione condo�a con Ispezione condo�a con modalitàl’analisi dei pericoli riferimento al pericolo legate all’impa�o in sanità

potenziale senza collegamento pubblica e impiego efficientequan�ta�vo con gli effe� in delle risorsesanità pubblica

Impiego delle risorse Indipendente dai risulta� Il personale e le risorse sono Il personale e le risorse sonoispe�vi proporzionali al rischio proporzionali al rischio di prodo�o

e al livello di controllo del rischio Campo di intervento Rea�vo: concentrato sui Basato su un approccio preven�vo Concentrato sui rischi potenziali

problemi quando già si sono ai problemi lega� a fasi, processi overifica� combinazioni prodo�o-patogeno

A�vità Concentrate sul rilievo Concentrate su fasi e a�vità a Concentrate su fasi ed a�vità odi non conformità rischio maggiore di contaminazione prodo� con impa�o maggiore

sulla sanità pubblica Conseguenze dell’ispezione Il rilievo di non conformità Il rilievo di non conformità Il rilievo di non conformità

condiziona l’a�vità condiziona l’a�vità sanzionatoria, condiziona l’a�vità sanzionatoriasanzionatoria, ma non ma non l’intensità ispe�va e l’intensità ispe�val’intensità ispe�va

Reazione ai problemi emergen� Sono escluse valutazioni Sono escluse valutazioni ispe�ve La valutazioni sono basate sulleispe�ve basate sul rischio basate sul rischio probabilità e gravità dei problemi

emergen�

Nel nostro Paese, gli acquis� vengono effe�ua� prevalentemente nelcanale della moderna distribuzione con percentuali sostanzialmentediverse.

La Grande distribuzione % acquis� prodo� i�ciIper-super Nord: 68%Iper-super Sud 45%

Discount Nord-Centro: 7%Discount Sud: 1%

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emergere nuovi pericoli per la sicurezza degli ali-menti che richiedono una radicale revisione dellatipologia e delle modalità di esecuzione dei con-trolli ispettivi dei prodotti ittici.

• Modello ispettivo HACCP Il passaggio dal sistema tradizionale appena illu-strato a un approccio ispettivo moderno è indivi-duabile nel modello ispettivo HACCP, cheintrodotto a metà degli anni ‘90, e ancora utilizzato,ha rappresentato l’avvio di un processo di respon-sabilizzazione degli operatori ai quali viene richie-sta una più precisa autonomia gestionale per ilcontrollo del pericoli potenziali presenti nei pro-dotti ittici. La successiva applicazione dei regola-menti del Pacchetto Igiene (Regolamenti (CE) n.852/2004, 853/2004, 854/2004, 882/2004) al set-tore ittico, così come agli altri settori della produ-zione alimentare, rafforza il conce�o di res pon sabilitàdegli operatori per la sicurezza degli alimenti. L’uti-lizzo dei sistemi HACCP nei mercati ittici, impiantia terra, industria di lavorazione fino al momentodella vendita al dettaglio, permette di concentrarei controlli sulle fasi o operazioni ritenute a rischiomaggiore (i cosiddetti CCP o punti di controllo cri-tico) e di realizzare un monitoraggio più o menocontinuo teso a evidenziare deviazioni al processoe adottare azioni correttive di tipo preventivo. Pergli operatori ciò significa una resa più elevata nellagestione dei pericoli microbiologici, chimici e fisici(eliminazione, prevenzione e riduzione). In questo nuovo scenario cambia il rapporto del ve-terinario ispettore con gli operatori. Al veterinarioispettore si chiede di verificare e valutare i sistemidi autocontrollo messi in atto dagli operatori e direndere prioritario nell’attività ispettiva la indivi-duazione dei pericoli e la gestione degli stessi daparte degli operatori. Se nel modello tradizionale pre-HACCP, i controllimicrobiologici assumevano una funzione non pre-ventiva rispetto alla evidenziazione di potenzialipericoli e venivano svolti con la finalità di confermadi eventuali sospetti di contaminazione nell’ambitodei controlli ispettivi, sicuramente è con il monito-raggio microbiologico, introdotto con la Decisione(CE) n. 471/2002 (poi superata con l’entrata in vi-

gore del Regolamento (CE) 2.073/2005), che ven-gono offerte garanzie maggiori per l’igiene dellamanipolazione e lavorazione dei prodotti ittici e perla loro sicurezza, attraverso l’integrazione dell’ispe-zione visiva con indagini microbiologiche per la ve-rifica dell’igiene di processo. Il sistema HACCP,abbinato alla implementazione del programma pre-requisito (o GHP-GMP), pur avendo contribuito amigliorare le condizioni igieniche degli impianti it-

Tabella 5. QIM - schema per salmone.

Parametri di qualità Descrizione Punteggioper la freschezza QIM Pelle Colore/ Riflesso perlato su tu�a la pelle 0 Aspe�o La pelle ha meno riflesso perlato 1 Il pesce è giallastro specialmente 2 vicino l’addome Muco Chiaro non raggrumato 0 La�ginoso, raggrumato 1 Giallo e raggrumato 2 Odore Di alghe fresche, neutro 0 Cocomero, metallo 1 Acre, di panno umido 2 Putrido 3 Compa�ezza In rigor 0 Segno di pressione del dito, 1 scompare rapidamente Il dito lascia un segno 2 per più di 3 secondiOcchi Pupilla Trasparente e nera, 0 riflesso metallico Grigio scuro 1 Opaco, grigio 2 Forma Convesso 0 Pia�o 1 Infossato 2Branchie Colore Rosso/marrone scuro 0 Rosso pallido/rosa/marrone chiaro 1 Grigio-marrone/marrone/grigio 2 /verde Muco Trasparente 0 La�ginoso, raggrumato 1 Marrone, raggrumato 2 Odore Fresco, di alghe 0 Metallo, cocomero 1 Acre, di muffa 2 Putrido 3Addome Sangue Rosso sangue/non presente 0 nell’addome Sangue più marrone, giallastro 1 Odore Neutro 0 Cocomero, melone 1 Acre, ricorda la fermentazione 2 Putrido, cavolo putrido 3Punteggio QIM totale 0-24

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tici, e a offrire garanzie maggiori per la sicurezzaalimentare, ha presentato negli anni una limita-zione dovuta all’enfasi attribuita al concetto di pe-ricolo (hazard) piuttosto che al rischio (risk). Nellanuova visione scientifica dei controlli ispettivi, e inlinea con gli obiettivi dei regolamenti comunitari,non è più sufficiente identificare un pericolo (asso-ciato a un processo o prodotto alimentare) per ge-stire l’impatto sanitario o la reale pericolosità peril consumatore. Al contrario occorre definirne il ri-schio inteso come espressione del binomio: proba-bilità di comparsa del pericolo e gravità delleconseguenze.

• Modello ispettivo basato sul rischioNegli anni ‘90 e successivi, l’adozione di misuresempre più restrittive per la sicurezza degli ali-menti, le nuove procedure di controllo (autocon-trollo) e monitoraggio della qualità e sicurezza,oltre che il miglioramento degli standard di sicu-rezza dell’industria alimentare, non frenano la com-parsa di nuove emergenze sanitarie o il trend insalita dell’incidenza di alcune delle più importantitossinfezioni alimentari. Questo scenario alimentainevitabilmente una sfiducia crescente dei consu-matori nei confronti delle autorità alle quali è affi-dato il compito di proteggere la salute pubblica eintaccata l’affidabilità del sistema dei controlli uffi-ciali degli alimenti. Con la pubblicazione del Regolamenti del ”Pac-chetto Igiene”, nel 2004, viene stabilito il principioin base al quale l’operatore è responsabile della si-curezza degli alimenti che produce. Il processo diresponsabilizzazione degli operatori iniziato giànegli anni 90, comporta ad esempio che attual-mente presso i mercati ittici l’attività di controllosanitario sul prodotto ittico prima della sua ven-dita, compito precedentemente assegnato al vete-rinario ufficiale attraverso la vigilanza veterinariapermanente, è ora a carico degli operatori. Al veterinario ufficiale compete invece la verificadella efficacia e affidabilità dei controlli messi inatto dagli operatori attraverso l’attività ispettiva, diaudit e di campionamento con una frequenza sta-bilita in base al livello di rischio. Attualmente per iprodotti della pesca all’interno dei mercati ittici,

prima della loro commercializzazione, gli operatoridirettamente o con il supporto dei consulenti perl’autocontrollo, devono fornire al veterinario uffi-ciale le prove documentali che: - i prodotti ittici esibiti per la prima vendita sonostati sottoposti a un esame organolettico tale dagarantire la loro freschezza;- i livelli di istamina nelle specie notoriamente ric-che di istidina non sono superati; - per i prodotti della pesca non trasformati le analisichimiche rivelano che i limiti relativi all’ABTV (azotobasico totale volatile) o alla TMA-N (trimetilam-mina) non sono stati superati; - le specie ittiche frequentemente colpite da endo-parassiti sono state sottoposte a controllo visivo(es. specie notoriamente infestate dai parassiti delgenere Anisakis); - le specie ittiche non sono velenose e non appar-tengono alle famiglie Tetraodontidae, Molidae, Dio-dontidae e Canthigasteridae; - i prodotti della pesca non contengono biotossinecome ciguatossina, PSP, DSP ecc. Altresì gli opera-tori devono garantire la conformità dei prodotti it-tici ad alcuni requisiti microbiologici previsti dalregolamento 2073/2005/CE sugli standard micro-biologici delle sostanze alimentari. Le indagini di laboratorio chimiche e microbiologi-che, sono quelle previste dal Regolamento (CE)853/2004, quale ausilio per l’operatore e per il ve-terinario ispettore “qualora l’esame organoletticofaccia sorgere dubbi sulla freschezza”. Il controlloquindi non si limita alla eventuale ricerca di conta-minanti microbiologici, chimici e di biotossine, maanche al riconoscimento di specie (analisi del DNA,focalizzazione isoelettrica - IEF). Per le valutazionifinalizzate alla classificazione qualitativo-commer-ciale, oggi si dispone del cosiddetto “naso elettro-nico”, i cui riferimenti sono già quelli previsti dalRegolamento (CE) 2406/96, oltre che desunti dalQuality Index Method (QIM), che fornisce criterispecifici di valutazione sensoriale. Tali metodologiepratiche, peraltro, hanno il difetto di essere riferite,come spesso avviene in ambito comunitario, apoche specie ittiche marine, in genere di origineatlantica o baltica, e comunque poco rappresenta-tive del nostro Mar Mediterraneo.

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Il moderno veterinario ispettoreL’applicazione dei Regolamenti del Pacchetto Igieneda una parte, e la diffusione tra gli operatori ali-mentari dei sistemi di certificazione volontaria perla qualità e sicurezza (es. ISO 9001, ISO 22000, BRC,IFS, Globalgap) dall’altra, determinano un salto diqualità professionale del veterinario ufficiale espingono per una maggiore uniformità nelle mo-dalità di esecuzione dei controlli ufficiali. Oggi, l’ap-proccio che si richiede al veterinario ispettore nonè più limitato alla mera verifica del rispetto daparte degli operatori dei requisiti specifici norma-tivi (verificatore dei requisiti), ma al contrario puntaa una valutazione globale dell’efficacia (intesacome il più basso livello di rischio di sanità pubblicaottenibile) e adeguatezza dei sistemi di gestione deiprocessi utilizzati (prerequisiti quali GHP, GMP e si-stema HACCP), oltre che del loro mantenimento neltempo, attraverso le verifiche (evidenze) di campoe controlli documentali (verificatore di sistema). Si diffonde la tecnica di audit, presa in prestito dalsettore privato, quale strumento nuovo e innova-tivo per i veterinari, richiesto dai regolamenti co-munitari e utilizzato nell’ambito dei controlliufficiali nel settore ittico (mercati, impianti per leaste, impianti ittici a terra) e finalizzato a: - verificare l’affidabilità dei sistemi di gestione econtrollo dei pericoli adottati dagli operatori (Art4 -Regolamento (CE) 854/2004);- adottare se necessario misure appropriate di con-trollo del rischio;- dare raccomandazioni nel caso vengono eviden-ziate necessità di migliorare le procedure interne ei controlli.Nell’attuale mercato globalizzato, le cose cambianoradicalmente: i rischi sanitari sono diversi, più com-plessi e articolati e quindi l’approccio al controlloveterinario deve tenere conto dei nuovi cambia-menti epidemiologici. È accertato che in un sistema globalizzato di pro-duzione e consumo degli alimenti, quale quello at-tuale, la probabilità (frequenza di comparsa) e lagravità degli episodi di infezione alimentare sonocondizionate da una molteplicità di fattori presentiai diversi livelli della filiera alimentare, la cui cono-scenza richiede un approccio di tipo olistico. Lo

strumento ritenuto indispensabile per giustificaredal punto di vista scientifico le attività di ispezioneper la sicurezza alimentare, con la prospettiva di ri-durre l’incidenza delle infezioni alimentari, è attual-mente individuabile nella valutazione quantitativadel rischio microbiologico e nei metodi di attribu-zione alimentare. Oggi è la conoscenza del livellodi rischio associato a una combinazione prodotto-patogeno che deve guidare e modulare gli sforziispettivi. Per la gestione della sicurezza dei prodotti ittici, oggila catena del freddo, se costantemente mantenuta,rimane il più importante fattore di controllo dello svi-luppo di batteri alteranti e patogeni, responsabilidella degradazione proteica e della comparsa di alte-razioni organolettiche e off-flavours. Ma se da un latole attuali tecnologie consentono di assicurare la ca-tena del freddo in tutte le fasi del trasporto, dellaconservazione e della vendita, e di assicurare la shelf-life dei prodotti ittici, i problemi che si prospettanoal moderno veterinario ispettore, sono individuabilinella presenza di prodotti ittici commercializzati sot-toforma di filetti, loins o altri del genere, che origi-nano da specie non ben conosciute e provenienti dazone geografiche remote; utilizzo fraudolento di ad-ditivi non consentiti, contaminazione ad opera dinoxa ambientali. A ciò si aggiunge la difficoltà di con-trollare e spesso ricostruire una filiera molto com-plessa in cui si susseguono fasi di lavorazione(preparazioni, trasformazioni ecc.), trasporti, e nu-merosi passaggi commerciali prima che il prodottogiunga in pescheria.Si intuisce come, in questo scenario di mercato glo-balizzato, i problemi ispettivi vengono ad essere le-gati fondamentalmente a: preciso riconoscimentodi specie, che diventa più problematico quando siha a che fare con preparazioni in cui appuntomanca l’integrità anatomica; monitoraggio dell’am-biente di produzione (acquacoltura e zone di pesca)per i contaminanti chimici e microbiologici. Il pro-blema della contaminazione chimica dei prodottiittici oggi riveste un significato notevole in sanitàpubblica. Il veterinario ispettore, quindi, oltre alleproblematiche di tipo microbiologico rappresen-tate dai patogeni più frequentemente associati alconsumo di prodotti ittici, quali Salmonella, Liste-

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ria, Escherichia coli, Vibrio ecc., deve fare i contiquotidianamente anche con quelle di tipo chimico,che tendono a aumentare e che comprendono unavasta gamma di contaminanti quali metalli pesanti,inquinanti organici persistenti (POP), additivi, so-stanze inibenti ecc.. In estrema sintesi si può affermare che negli ultimicinquantanni, gli hazards nei prodotti ittici e i rischisanitari associati, sono mutati da quelli conosciuticome “moltiplicazione o di proliferazione micro-bica” a quelli “di contaminazione chimica”. Rischiquest’ultimi molto più difficili da prevenire, che ne-cessitano un’attività di monitoraggio ambientale emappatura di rischio degli ambienti di pesca. In pratica il veterinario ispettore dei prodotti itticidi ieri e di oggi ha sempre rivestito un ruolo fonda-mentale nel campo della prevenzione e nel garan-tire la sicurezza alimentare, ma il domani ècostituito da un maggiore impegno rivolto all’ap pli -

cazione degli indirizzi dei Regolamenti del Pac-chetto Igiene che introducono e che insistono sulconcetto di controllo basato sul rischio applicato inogni fase della filiera dalla produzione al consumo.L’ulteriore impegno è anche quello di confrontarsicon le regole che l’aziende si danno, verificandonel’efficacia, migliorando la sicurezza, correggendoeventuali comportamenti scorretti e evitando ilproliferare di sistemi fittizi, formali o inefficaci. Il concetto di rischio da ora in poi dovrà informarele attività di controllo ufficiale. Il veterinario devequindi intraprendere un deciso cambiamento cul-turale e affrontare il controllo dei prodotti ittici edegli alimenti in generale, abbandonando il vecchioruolo di tipo poliziesco, autoreferenziale e di veri-ficatore ex post, andando a rivestire un ruolo piùscientifico, moderno e costruttivo di valutatore disistemi aziendali e garante della loro costante ap-plicazione.

Campionamento per l’influenza aviaria.

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Mario Facche� e Cris�na Fortuna�

La “crisi BSE” ha rappresentato un problema senzapreceden� per la Sanità Pubblica Veterinariadell’Unione Europea e non solo. Un vero e pro-prio uragano che ha sconvolto l’opinione pubblica

del vecchio con�nente con conseguenze catastroficheper la zootecnia dei Paesi membri. Oggi possiamo dire,guardando a quegli anni, al periodo cioè che va dal1986, quando fu diagnos�cato il primo caso di BSE nellafa�oria Pitsham Farm nel Sussex, fino alla scoperta, nel2001, in Italia del primo caso di animale infe�o nato ecresciuto nel nostro Paese, che nessuna emergenza sa-rebbe stata des�nata ad avere l’impa�o terrificante emedia�co più della “mucca pazza”. Con un evento cen-trale nella vicenda e cioè l’accertamento nel Regno Unito,nel 1996, dell’equivalente che colpisce l’uomo, la nuovavariante Creutzfeld-Jakob. Neppure la diffusione dell’in-fluenza aviaria è stata in grado, negli anni seguen�, diindurre il panico che l’encefalopa�a spongiforme tra-smissibile, la “nuova” terribile mala�a, riuscì a evocarenei mesi del massimo clamore. Nel caso dell’aviaria latrasmissione all’uomo, che può infe�arsi con il virus inseguito a conta� dire� con gli animali (mala� o mor�per influenza) e con le loro deiezioni, era nota. Né vatrascurato, ad aggravare il quadro, l’impa�o che l’epi-demia aviare ha avuto sul tessuto economico, finendoper cambiare il volto dell’avicoltura sopra�u�o nel Norddel Paese. La riduzione della densità degli allevamen�intensivi per contenere il rischio, in Lombardia e Veneto,ebbe conseguenze dolorose, con la scomparsa addirit-tura di decine di produ�ori. Oggi possiamo dire, co-munque, che sono queste due “emergenze” ad aver se-

gnato e mutato in modo irreversibile la percezioneesterna della veterinaria pubblica nel nostro Paese. E fuin ogni caso l’uragano BSE a determinare il vero e propriospar�acque, segnando un “prima” e “dopo” quella crisi.Da un lato la psicosi per un morbo sconosciuto e daimeccanismi poco no�, e che per di più avrebbe potutoessere contra�o a�raverso il cibo (vero spe�ro dalle ra-dici an�che nell’immaginario colle�vo), dall’altra unabranca della sanità pubblica che, davan� al panico quasiancestrale, seppe seguire con estrema a�enzione l’evol-versi della situazione sia sul piano is�tuzionale, conun’accresciuta vigilanza sanitaria a tu�o campo, sia nelporsi come veicolo di chiarezza a favore del grande pub-blico dei quo�diani e delle televisioni. Fu allora che ilServizio veterinario italiano riuscì a dimostrare conestrema capacità e credibilità quanto la professione con-corra nella prevenzione della salute dell’uomo fornendocosì all’opinione pubblica, in una maniera mai registratafino ad allora, quale fosse la sua vera immagine. Di quel-l’esperienza la sanità pubblica seppe fare tesoro nelfronteggiare e “comunicare” l’emergenza dell’influenzaaviaria tra la fine degli anni novanta e il 2005. Un cenno par�colare, a riprova dell’affermarsi di questoruolo decisivo e imprescindibile, meritano sicuramentei due centri di referenza specifici, quello per l’encefalo-pa�e animali di Torino, con sede all’IZS del Piemonte,Lombardia e Valle d’Aosta, dire�o da Maria Caramelli, equello per l’influenza aviaria di Legnaro (PD), con sede all’IZS delle Venezie, dire�o da Ilaria Capua. Centri dieccellenza “pubblici” che sono diventa� riferimen� in-ternazionali e che dimostrano come la ricerca ad al�ssimi

Le emergenze che hanno dimostratoil ruolo della Veterinaria Pubblicanella prevenzione della salute umana

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

110 I cinquant’anni del SIVeMP

livelli non sia appannaggio dei “priva�”. Il Centro di Le-gnaro, nominato Laboratorio di referenza OIE nel 2001e Centro di collaborazione FAO nel 2005, ha sviluppatola competenza e la fama internazionale con la ges�onedell’epidemia italiana di influenza aviaria ad alta pato-genicità del 1999-2000 ed è una prova tangibile dei livellidi eccellenza che si possono raggiungere anche nel set-tore pubblico nei campi della ricerca scien�fica e dellacooperazione internazionale e di come si possa espri-mere la leadership italiana in una crisi sanitaria globale.

BSE, quando la vigilanza è decisivaLa prima misura an�-BSE che fu ado�ata in Italia risaleal novembre del 1989, quando fu vietata l’importazionedi carne britannica. Ed è opera�vo da quell’anno il si-stema di sorveglianza sulla BSE. Ma è tra l’agosto del2000 e il marzo del 2001 che vengono emana� nel no-stro Paese quei provvedimen� che cos�tuiscono l’ossa-tura nel contrasto alla fase emergenziale. Quella fase, la cosidde�a punta dell’iceberg, ge�ò nelpanico i consumatori. Panico immo�vato in realtà vistoche il Servizio veterinario italiano, per effe�o della si-tuazione che si era creata nel Regno Unito, già da tempoaveva dedicato grande a�enzione al problema della BSEe aveva intensificato la vigilanza sul patrimonio bovino,carni importate e farine animali. Ricordiamo qui alcune di quelle misure di protezionecontro le encefalopa�e trasmissibili, perché esse cos�-tuiscono, ancora oggi, parte importante dell’ar�colatanorma�va a tutela della sicurezza alimentare. Dal divietoall’u�lizzo di somministrazione di proteine di origineanimale ai ruminan� all’analisi microscopica degli ali-men� a uso zootecnico per la ricerca di componen� diorigine animale e all’obbligo di eliminazione del “mate-riale specifico a rischio” (MSR) al momento della ma-cellazione. La sorveglianza a�va venne resa obbligatoriaa par�re dal 1° gennaio 2001, a�raverso l’esecuzionedei cosidde� test rapidi su tu� i bovini mor� o macella�oltre i 24 mesi di età. A questo si aggiunse l’intensifica-zione della sorveglianza passiva sugli allevamen� bovini.Da ricordare anche le misure per l’iden�ficazione deibovini e la tracciabilità delle carni: l’ar�colato sistema die�che�atura obbligatoria delle carni bovine (30 agosto2000) e l’is�tuzione del Centro Servizi Nazionale perl’iden�ficazione e la registrazione dei bovini, con sedepresso l’IZS dell’Abruzzo e del Molise (2 marzo 2001).

Possiamo dire ora che, da quando è stato incrementatoil sistema di sorveglianza della BSE, in Italia si è assis�todapprima alla comparsa della mala�a, al suo incre-mento e poi al successivo decremento. Si è passa�, nelcorso di ques� anni, a una prevalenza annuale di 1,07casi per 10.000 test rapidi effe�ua� nel 2001, a una di0,03 casi per i primi o�o mesi del 2009. Sicuramentetale calo è da a�ribuire alla buona stru�urazione del-l’a�vità di sorveglianza, oltre che alla quasi scomparsadella principale fonte di esposizione alla mala�a, i man-gimi contenen� proteine animali infe�e. Il migliora-mento della situazione in Italia è comune alla gran partedei paesi europei. D’altro canto, è stato proprio l’arrivodella BSE a porre l’accento sul fa�o che nel se�ore delleemergenze alimentari non era più possibile ragionarein termini locali e come queste andassero affrontate inun’o�ca globale. Il contrasto a quell’emergenza ha in-segnato molto sulla ges�one e la comunicazione del ri-schio. L’impegno della sanità pubblica veterinaria nellavigilanza è stato decisivo. Da una parte la costante sor-veglianza sui capi alleva� e su quelli macella�, dall’altra,la vigilanza con�nua sulle importazioni e sugli alimen�hanno rappresentato una garanzia imprescindibile per iconsumatori e per il comparto produ�vo. Dal 2009 èstato, comunque, possibile gradualmente a�enuare lemisure di controllo, innalzando progressivamente l’etàdei bovini da so�oporre obbligatoriamente al test perBSE. Quelle misure sono state cara�erizzate da cos� im-ponen�: di fa�o ogni accertamento di mala�a è costatoin Europa 302 milioni di euro. Ma si tra�a di spese inogni caso “remunera�ve”, non solo in termini epide-miologici e di contrasto alla mala�a ma anche “media-�ci”. I vantaggi di una poli�ca improntata alla massimatutela del consumatore in materia di sicurezza alimentaresono eviden�.

L’influenza aviaria e il rischio zoonosicoQuasi tu�e le nuove mala�e infe�ve comparse nel-l’uomo negli ul�mi 20 anni derivano da una fonte ani-male. E non si può escludere che, anche in un passatopiù o meno remoto, alcune mala�e di origine animalepossano essere emerse a seguito di passaggi di specieda animali a uomo o viceversa. Dal 1997 è stato dimo-strato il passaggio di virus influenzali aviari (s�pi� H5,H7, H9) dai vola�li dire�amente all’uomo. La scopertadi Hong Kong ha creato una situazione preoccupante

111I cinquant’anni del SIVeMP

sia per le conseguenze dire�e dell’infezione umana siaper quelle di riassor�mento con virus influenzali umani.Questo è il quadro in cui, con un culmine nel 2005-2006, si è scatenata in Italia la tempesta media�ca “in-fluenza aviaria”. Ma perché un’infezione che era cono-sciuta nei Paesi asia�ci sin dall’O�ocento, e dopoun’epidemia in corso in quei Paesi da circa o�o anni,d’un tra�o ebbe il potere di innescare il terrore con con-seguenze economiche devastan� per l’avicoltura soprat-tu�o delle Regioni del Nord Italia? La risposta deve tenerconto di alcuni elemen� storici e ambientali. Il virus dell’influenza aviaria, in anni recen�, si è svilup-pato inizialmente nei Paesi del Sud-Est asia�co, a metàdel 2003. Ma con il passare del tempo, a par�re dallafine di luglio 2005, i rappor� ufficiali dell’OIE indicaronoche il virus H5N1 aveva esteso la sua diffusione geogra-fica. Sia la Russia che il Kazakhistan avevano segnalatocasi di influenza aviaria nel pollame e mortalità negliuccelli migratori infe�a� dal virus. Si tra�ava dei primifocolai epidemici di virus influenzale aviario H5N1 adalta patogenicità in ques� due Paesi, entrambi conside-ra� in precedenza liberi dal virus. A gennaio 2006 il viruscon�nuava a essere segnalato in molte par� del Vietname dell’Indonesia, in Thailandia, alcune par� di Cambogia,Cina e anche nel Laos. Per quanto riguarda l’Europa,casi di animali infe� erano sta� individua� in Romania,Croazia, Ucraina e Turchia. L’Italia, per il consistente pa-trimonio avicolo e per la diffusa presenza di uccelli sel-va�ci, sia migratori sia stanziali, era in situazione di Paesea rischio per l’influenza aviaria ed era stato interessatoda numerose epidemie in allevamen� avicoli del Nord,causate da virus sia a bassa sia ad alta patogenicità. Checosa cambiò nel 2005? Semplicemente, si era verificatoun numero crescente di casi di trasmissione dire�a pollo-uomo con produzione di infezioni umane che, perquanto rare, hanno avuto esi� spesso mortali. La Veterinaria pubblica italiana conosceva da tempo ilproblema. Il nostro Paese aveva sviluppato negli anniuna avicoltura con ges�one di �po industriale a “sistemachiuso”, isolato cioè dall’esterno, e aveva accresciuto unsistema di controlli sanitari lungo l’intera filiera produt-�va. Tu�a la vita del pollame allevato era già allora cer-�ficata e ai veterinari ufficiali delle ASL era demandatoil compito di eseguire controlli e prelievi poi so�opos�ad esami presso gli Is�tu� Zooprofila�ci Sperimentali,stru�ure sanitarie di diri�o pubblico.

Senza tan� clamori (e questo a volte da un punto divista media�co può rappresentare uno svantaggio) laVeterinaria pubblica da anni operava e agiva per ges�reepidemie di influenza aviaria, sia a bassa come ad altapatogenicità. Quo�dianamente i veterinari fronteggia-vano la comparsa di focolai mediante l’a�uazione dispecifici piani di monitoraggio e controllo, che includonosopra�u�o misure preven�ve, con l’intensificazionedella rete dei controlli in azienda e in macello, delocaliz-zando gli allevamen� delle zone ad elevata densità eapplicando rigide misure di biosicurezza.La presenza di virus influenzali anche in Italia portò amisure dras�che come l’abba�mento di milioni di vo-la�li, con a� di prevenzione sopra�u�o nelle Regioni aelevata produ�vità. In ques� territori vennero messi apunto, grazie all’opera di pianificazione e coordinamentodel Centro regionale di epidemiologia veterinaria dell’IZSdelle Venezie, dire�o da Stefano Marangon, strategiecomposite di intervento e monitoraggio. Come l’ado-zione di un piano di vaccinazione straordinario e l’appli-cazione di strumen� anali�ci per la differenziazione dianimali vaccina� da quelli infe�, la presenza di sogge�sen�nella negli allevamen� dove veniva pra�cata la vac-cinazione e il controllo sistema�co di tu�e le par�te dipolli e tacchini prima della macellazione. L’efficacia e la validità di ques� piani di sorveglianza ri-sultarono importan� nella diminuzione dei focolai e nellimitare di volta in volta l’estensione e la gravità dellesingole ondate epidemiche. Non solo, esse hanno rice-vuto un riconoscimento dall’intera comunità scien�ficache oggi prende spunto dall’esperienza italiana negli in-terven� mira� in caso di focolai di influenza aviaria. Tu�o questo, alla fine, è risultato decisivo anche nellapercezione dell’opinione pubblica che, finito il confusoaccavallarsi dei proclami degli “esper�” improvvisa�, sirese conto che in Italia la rete di vigilanza per il controllodell’infezione da virus H5N1, resa opera�va dal sistemadi sanità pubblica veterinaria, garan�va un soddisfacentelivello di sicurezza per il consumatore.A riprova di questo, il fa�o che già nel marzo del 2006 ladomanda di carne avicola riprese in modo deciso. Oggi in Italia i livelli di consumo di ques� �pi di carnesono superiori a quelli degli anni preceden� alla “crisi-influenza aviaria”, tanto da aver permesso non solo unaumento di produzione, ma anche un incremento delnumero degli adde� nel se�ore.

L. Diofebi, “Carnacciaro”, prima metà dell’800,acquaforte - Gabine�o Comunale delle Stampe,Museo di Roma (Palazzo Braschi).

113I cinquant’anni del SIVeMP

Claudio Maria Rossi

Non è possibile, né forse utile, in questobreve scritto, affrontare compiutamentel’amplissimo tema del rapporto uomo ani-male. Dovremmo partire dalla preistoria,

seguendo il cammino delle esperienze evolutive eculturali dell’uomo, il quale, mano a mano che pren-deva coscienza della propria “umanità”, di conse-guenza si confrontava, progressivamente prendevale distanze, e infine si contrapponeva alla “anima-lità”. Esemplificativa è la concezione tipica giudaico-greco-cristiana che vede nell’uomo il centro del-l’universo e quindi il destinatario primo e ultimodella “creazione”, sia essa intesa in senso religiososia laico. Nonostante ciò, certo è che in ogni societàe in ogni momento storico, singoli individui abbianoguardato con “compassione” (patire insieme) almondo animale, in particolare se sofferente.È la voce e la somma di queste sensibilità, che ge-nera nelle società il comune “senso del rispettoverso gli animali”. Maggiore è il numero dei “com-passionevoli”, più grande è l’attenzione che la so-cietà dedica ai temi da essi rappresentati e mag-giore diviene la curiosità di capire il perché l’uomopossa provare tale sentimento. Le risposte dei filosofi hanno man mano inevitabil-mente spostato il punto di osservazione dall’antro-pocentrica “compassione”, all’esigenza di ricono-scere una soggettività all’altro animale econseguentemente un suo diritto soggettivo a nonsoffrire per mano umana, fino al suo diritto al be-nessere e alla propria vita. Dai diversi gradi di ac-cettazione di questa esigenza, deriva il livello di re-sponsabilità con cui l’uomo si rapporta con il

vivente e il suo rispetto al mondo animale.Limitandoci ad analizzare l’Italia del dopoguerra (i nostri ultimi 50 anni, appunto), possiamo affer-mare che progressivamente l’interesse per le con-dizioni degli animali si è diffuso nel sentire collet-tivo, uscendo dalla ristretta élite delle allora pochee serie associazioni particolarmente sensibili allasofferenza animale. In una società complessa, però, tale nuovo impulsoha messo ancor più in evidenza gli aspetti contrad-dittori, per cui, se da un lato si auspicava un mi-glioramento delle condizioni di vita degli animali,dall’altro non sempre si creavano le condizioni og-gettive per la realizzazione pratica e quotidiana diquesta evoluzione. Anzi, talvolta sembravano rea-lizzarsi presupposti del tutto opposti: si pensi adesempio alla contemporanea massiccia diffusionedegli allevamenti intensivi o più di recente dei canilirifugio sovraffollati.Le leggi, le risposte giuridiche che la politica co-munitaria e nazionale hanno dato alla domandadella società civile troppo spesso hanno peccatoda un lato in demagogia, accontentando la popo-lazione con norme dagli intenti illuminati, ma didifficile se non impossibile realizzazione pratica,dall’altro in cinismo, garantendo talvolta interessicommerciali, mascherati da tutela del benessereanimale.Si pensi alla questione dei tempi di trasporto deglianimali da reddito, adattati alla orografia o alle vo-cazioni produttive, se non alle reti viarie degli statiproponenti, più che all’effettivo benessere deglianimali.In circa cinquanta anni, dal canile comunale anti-

Il rapporto uomo-animale: evoluzionee�ca e giuridica in un cinquantennio

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

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camera dell’eutanasia, siamo passati al parco canile,un’evoluzione culturale, ma anche strutturale, conuna richiesta di nuove e importanti risorse econo-miche e soprattutto anche tecniche. Un passaggiofondamentale non governato in modo organico, maguidato quasi sempre da logiche particolaristiche, Nello stesso arco temporale, abbiamo anche assi-stito all’evoluzione della comunicazione di massa,che ha colto il notevole gradimento da parte delpubblico degli aspetti più emotivi della questione,contribuendo a creare una opinione pubblica indi-gnata, ma spesso disinformata. Sono fiorite nume-rose associazioni, di profilo nazionale, ma anche esoprattutto locale, spesso con pochissimi iscritti,talvolta dedite più a urlare che a fare, in cerca diun facile consenso.La figura professionale che si è trovata coinvolta inmodo diretto e a 360 gradi, in queste contraddi-zioni, dovute all’evidente mutamento dell’orizzonteconcettuale di riferimento nella riflessione moralerivolta agli animali, è senza dubbio quella del me-dico veterinario.La professione veterinaria, pubblica e privata, di-rettamente implicata in tutte le attività umane checoinvolgono gli animali, ha rea-gito nei fatti con una notevole dif-ficoltà, perché si è trovata a ela-borare un più o menoconsapevole ripensamento delproprio modo di pensare e diagire.Il singolo professionista, in parti-colare se incaricato di una fun-zione pubblica, si trova, infatti,talvolta coinvolto in decisioni chenon possono essere trattatecome un fatto di coscienza indi-viduale, ma che richiedono un in-dirizzo formale e organizzato daparte dell’autorità da cui dipende. Ma negli anni che qui conside-riamo, il veterinario è stato la-sciato solo, spesso utile caproespiatoro di una generale inade-guatezza, criticato e giudicato da-gli uni o dagli altri, qualunque

comportamento adottasse, con una formazioneprofessionale universitaria assente su questi argo-menti, senza una offerta formativa di aggiorna-mento adeguata e con una riflessione bioetica nellacategoria appena accennata.Purtroppo, inizialmente anche l’Università ha rea-gito con lentezza alla richiesta di inserire in un qua-dro scientifico complessivo la valutazione della sof-ferenza animale, premessa indispensabile per poterdefinire quale benessere la società sia disposta agarantire agli animali, poiché in assenza di stru-menti scientifici con cui misurarlo, ci si trova a ra-gionare sulla base di emozioni od opinioni. Mentrein altri Paesi già negli anni ’60 si erano istituite cat-tedre specifiche dedicate al benessere animale, inItalia le competenze, pur presenti, erano diffusenelle varie discipline scientifiche, mancando peròil luogo d’incontro, di elaborazione e di sintesi: ap-punto la cattedra.Sulla spinta di questi bisogni, per superare le iner-zie, coinvolgere la politica, l’associazionismo ani-malista, degli operatori economici e dei consuma-tori, il SIVeMP, a partire dagli inizi degli anni ’90,ha dedicato non poche energie per portare un con-

Prof. Adriano Mantovani.

115I cinquant’anni del SIVeMP

tributo concreto alla categoria, cercando di operarein tutti gli ambiti problematici fin qui descritti: or-ganizzazione, informazione, aggiornamento profes-sionale, confronto, sensibilizzazione.La rivendicazione della terza area, durante l’iterdella riforma sanitaria del ’92, ha avuto una buonaargomentazione nella necessità di avere una com-petenza specialistica anche nel campo del benes-sere animale. Così pure, strategico è stato l’accordocon Lega Ambiente, per avviare insieme un lungolavoro di studio su queste tematiche. Dal ’93 al ’95il “Veterinario d’Italia”, l’allora rivista del Sindacato,ha pubblicato sull’argomento sette articoli, più unintero, lungo, numero monografico.Il percorso è proseguito con la partecipazione allarealizzazione di un convegno internazionale a Mi-lano, dal titolo “Quale benessere siamo disposti agarantire agli animali” con relatori esteri e italianidi chiara fama e competenza e di un corso di 10giornate presso la Fondazione Iniziative Zooprofi-lattiche e Zootecniche di Brescia su “Gli indicatoriscientifici del benessere animale – una nuova fron-tiera per la professione veterinaria”. Anche graziea questo lavoro, la categoria ha preso coscienzache la diagnosi di benessere animale è una compe-tenza di stretta pertinenza veterinaria. Dopo questo inizio pionieristico, le iniziative gestitedirettamente dal Sindacato o in collaborazione conuniversità, società scientifiche, associazioni, sonostate numerosissime e ancora oggi il benessere ani-male è argomento privilegiato nell’ambito della for-

mazione e dell’aggiornamento del veterinario. Valgaper tutti il Convegno “Un LEA Interspecie” a Romanel Maggio 2007, e la crescente presenza della ma-teria nei corsi del programma annuale della SocietàItaliana di Medicina Veterinaria Preventiva.In conclusione, credo che attualmente il veterinariopossegga una discreta “cassetta degli attrezzi” perdiagnosticare scientificamente il benessere ani-male.Penso invece che si debba ancora percorrere moltastrada per convincere tutti i veterinari a riconosceregli animali come soggetti e quindi esseri viventiportatori di diritti. Quali poi, di questi diritti, sianoda garantire, sarà il comune sentire della società aindicarcelo.Sono consapevole che alcuni valuteranno questaaffermazione con sufficienza, ma ho già provatoquesta sensazione, quando incominciai, con pochialtri, quel lungo percorso sul benessere animaleche ho raccontato. Ho avuto ragione allora e ho lapresunzione di averne ancora oggi: il tempo lo con-fermerà.Anche perché questa è la mia speranza di inguari-bile ottimista: costruire la consapevolezza in noiumani di non essere l’epicentro del “creato”, ma dicondividerlo con altri animali non umani, portatorianch’essi del diritto a un futuro. Tale consapevo-lezza, potrebbe aiutarci a imparare a trattare conmaggior rispetto questo nostro povero, irrespon-sabilmente saccheggiato pianeta, di cui siamo (sgra-diti?) ospiti temporanei.

117I cinquant’anni del SIVeMP

Ilaria Capua

Mi pare ovvio. La professione veterinaria nonè più quella di una volta. In particolare perchi si occupa di sanità pubblica. Quelli dinoi che scelsero questa professione perché

volevano stare vicino agli animali, curarli e magari fareuna vita, diciamo così, bucolica si ritrovano oggi, spessochiusi in degli uffici, in mezzo a carte e scartoffie, a fun-gere da garanti per il Servizio Sanitario Nazionale.Questo non è un dettaglio da poco, poiché nella maggiorparte degli altri Paesi i servizi veterinari dipendono dalMinistero dell’Agricoltura, non della Salute. A mio avvisoquesta diversa collocazione rende la nostra professionesicuramente più importante, ma anche carica di grandiresponsabilità, - senza contare l’importanza del settoreagroalimentare per il sistema Italia, sia dal punto di vistaculturale e del turismo eno-gastronomico, sia per l’ex-port. Siamo chiamati direttamente a tutelare la salutepubblica oltre quella animale e siamo anche in primalinea nel garantire che la filiera agroalimentare italianaoffra – al mercato domestico e internazionale – prodottisalubri e rispondenti alle norme di legge. Vi pare poco?Eppure, talvolta, l’insoddisfazione, e il mancato ricono-scimento del nostro ruolo ci porta ad essere insofferentiverso la professione che noi stessi abbiamo scelto. Certo, una burocrazia così ingombrante e le molte sec-cature di un sistema poco elastico infastidiscono assai.Ma perché tanta frustrazione? In fondo la nostra sa-rebbe una professione dinamica – che si evolve in con-tinuazione – eppure mi sembra che sotto certi aspettila Veterinaria nazionale resti passiva di fronte alle sfidecentrali della globalizzazione, come se si volesse rima-nere attaccati a un ruolo che non c’è più, che non esi-ste più. In alcuni casi, si ha l’impressione che ledirettive comunitarie siano una specie di punizione di-vina e si vive con la speranza, tra la loro pubblicazionee il loro recepimento, che qualcosa cambi (affinchénulla cambi, come diceva Tomasi di Lampedusa). Allo

stesso modo, anche sulle norme relative al benessereo alla sperimentazione animale, rimandiamo fino al-l’ultimo. Ma noi, che siamo un motore importantedell’ingranaggio Paese, perché non riusciamo a giocared’anticipo in modo da arrivare preparati e propositivie dare il nostro contributo in maniera professionale evisibile?È soprattutto attraverso una nuova consapevolezza ri-volta soprattutto all’Europa e ai mercati che la Veteri-naria pubblica potrà rispondere alle sfide che comunquesi profilano all’orizzonte. Oltretutto, a volte queste ultimesono accompagnate da un impatto emotivo e mediaticoche potrebbe essere sfruttato per valorizzare la profes-sione agli occhi del cittadino. Come mai la Veterinariapubblica si vede poco quando esplodono casi come i ca-nili lager, le proteste contro il consumo di carne, la ferociadei cani randagi o l’utilizzo di animali da esperimento?Perché non siamo in prima linea? Operiamo in una cornice molto ampia, nell’ambito dellaquale si susseguono sfide sempre nuove e diverse, chedovrebbero essere di stimolo alla categoria per miglio-rarci e per aumentare la credibilità dell’Italia nelle partiteche si giocano a livello internazionale.Abbiamo studiato tanto per entrare in una professionemeravigliosa che spazia dalla terra al cielo, dalla malattiedel regno animale alle problematiche dell’igiene deglialimenti, dalla ricerca al benessere. In molti Paesi essereveterinario è motivo di grande orgoglio personale e fa-miliare. In Italia, nell’immaginario collettivo il veterinarioè unicamente quello che cura i cani, i gatti e forse i cana-rini. Se questa percezione del nostro mestiere non lacambiamo noi dal di dentro, non lo farà nessuno al no-stro posto. Dobbiamo raccogliere le sfide ed essere com-petitivi con il resto dell’Europa e del mondo poiché laglobalizzazione ci travolge, non ci aspetta. E sarebbe un vero peccato perdere questa opportunità.Se non ora quando?

Se non ora, quando?

I CINQUANT’ANNI DEL SIVeMP

AutoriPaolo Bolognesi

Ilaria CapuaDiego Carobbi

Mario Facche�Gual�ero FazioMaurizio Ferri

Cris�na Fortuna�Antonio Gianni

Mauro GnaccariniAldo GrasselliNevio Guarini

Vitantonio PerroneGuido Petracca

Pierluigi PirasRoberto Poggiani

Claudio Maria RossiValen�na Tepedino

Pierluigi Ugolini

Coordinamento redazionaleValen�na Ceci

Coordinamento editorialeUrsula Ongaro

StampaPinelli Prin�ng Srl - milano

EditoreLe Point Vétérinaire Italie srl

Edizioni Veterinarie e Agrozootecniche

Via Medardo Rosso, 1120159 Milano

L’informativa sul trattamento dei dati personaliè consultabile sul sito:

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Associazione Nazionale Editoria Specializzata

CONFINDUSTRIA

Indice

I 50 anni del Sindacato dei Veterinari di Medicina Pubblica ............................3

Il mio amarcord ................................................................................................5

Come eravamo ................................................................................................9

L’evoluzione delle organizzazioni sindacali dei veterinari pubblici ................17

L’evoluzione dello strumento contra�uale: dai DPR a saldo variabileai CCNL a fondo fisso ......................................................................................27

L’azione sindacale unitaria nel Ministero della Salute ....................................33

La sindacalizzazione degli Is�tu� Zooprofila�ci Sperimentali ......................37

La piazza ........................................................................................................45

La nostra comunicazione................................................................................55

Il SIVeMP e l’assistenza legale agli iscri� ......................................................59

Uno sguardo par�colare a chi sta un passo indietro, ma c’è! ........................65

Parte il treno della SIMeVeP ..........................................................................67

Cenni storici sull’evoluzione della Veterinaria Pubblica ................................69

Cambia il volto della produzione zootecnica e si trasformala Veterinaria Pubblica....................................................................................77

Le mala�e degli animali, il benessere dell’uomo, il ruolo dei Servizi Veterinari ......................................................................................83

Riflessioni sui cambiamen� nell’approccio epidemiologico in 50 annidi storia veterinaria ........................................................................................85

Dal Regio Decreto al Pacche�o Igiene: evoluzione del controllodelle carni e deriva� ......................................................................................93

Il veterinario ispe�ore dei prodo� i�ci ......................................................101

Le emergenze che hanno dimostrato il ruolo della Veterinaria Pubblicanella prevenzione della salute umana..........................................................109

Il rapporto uomo-animale: evoluzione e�ca e giuridica in un cinquantennio ....................................................................................113

Se non ora, quando? ....................................................................................117