Ciclostile, perchè la bici cambia la vita n 1 2014

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CUORE GAMBE E POLMONI Perché Chris Froome è troppo magro aprile|maggio 2014 IL MAGAZINE ONLINE PER GLI AMANTI DELLA BICICLETTA A 360° 01 IO PEDALO Paolo Brosio, un uomo solo al comando POLVERE Bartali nato per il Tour TECNO CICLO Cristiano De Rosa, le italiane sono più belle a p. 07 a p. 03 a p. 31 a p. 18

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Il magazine online per gli amanti della bicicletta a 360°

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CUORE GAMBE E POLMONI Perché Chris Froome è troppo magro

aprile|maggio 2014

IL MAGAZINE ONLINE PER GLI AMANTI DELLA BICICLETTA A 360°

01

IO PEDALOPaolo Brosio, un uomo solo al comando

POLVERE Bartali nato per il Tour

TECNO CICLOCristiano De Rosa, le italiane sono più belle

a p. 07 a p. 03 a p. 31 a p. 18

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Commenti ciclici. Come Buffalo Bill cerchiamo strade nuovedi Maurizio Izzo

Io pedalo. Paolo Brosio, l’unico che ha vinto tutte le tappe di un Giro d’Italia di Maurizio Izzo

Cuore, gambe e polmoni. Perché Eric Froome è troppo magrodi Paolo Alberati

Il mondo su due ruote. L’impossibi-le non esiste. A colloquio con Paolo Astedi Gianni Carpini

Tecno Ciclo. Le italiane sono più bel-le. Intervsta a Cristiano De Rosadi Alessandro Cipriani

Ciclo Tour. Correre nel Mugello dove

IN QUESTO NUMERO PARLIAMO DI:

il paesaggio giustifica tutto anche la faticadi Gianni Carpini

Expo. Due Ct per BiciFidi Giulio Baroni

Polvere, appunti di ciclismo eroico. Bartali al Tourdi Giancarlo Brocci

Mondo Gf. Lo spirito delle Granfon-dodi Alessandro Cipriani

Cicli di idee. La bici di quartieredi Andrea Satta

Moltipliche e pignoni. L’invenzione del terzo millennio? Un cambio come quello di Bartalidi Paolo Alberati

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Marco non perde una granfondo, Luigi le vuole anche vincere. Lucia pedala solo in compagnia e Giulio ha messo su una scuola di Mountain Bike .

Poi c’è chi pedala per una giusta causa, chi vestito in maschera, chi fa solo ultra ciclismo e chi invidia la mobilità olandese. Hanno qualcosa in comune?

Noi pensiamo di si. Di più e’ la nostra scommessa. Parlare a chi alla bicicletta chiede cose diverse, agli estremi e ai tranquilli.

E’ un mondo troppo grande e troppo profondo quello di chi pedala per non provare a considerarlo come una unità’, certo fatta di sensibilità di-verse ma con un interesse comune e con qualcosa da difendere a denti stretti. Il diritto ad occupare un pezzo di strada in sicurezza.

Parleremo a loro e racconteremo il ciclismo che ci piace, quello eroico e polveroso, quello che guarda al futuro disegnando città diverse, rac-conteremo di artigiani che sfornano biciclette come gioielli e di quanti con il loro lavoro, spesso volontario, permettono agli altri di correre.

Andremo dove è’ più bello pedalare insieme a chi ama farlo.

Cercheremo la bicicletta nella letteratura, nella musica e nelle arti. E’ un percorso originale e per questo ci piace. Tra il treno che ha la strada segnata e il bufalo che scarta di lato, noi stiamo con il secondo, come Buffallo Bill.

Non sempre la strada è illuminata, non sempre i cartelli ci dicono dove andare. A volte si pedala per il gusto di muoversi, per spirito di av-ventura, cercando quello che non sappiamo. Ora siamo in viaggio, se un giorno saremo un gruppo allora sapremo che la direzione e’ quella giusta

Commenti Ciclici

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Magazine on line - n. 1/2014

Editore: Sicrea Via di Gramignano, 70Campi Bisenzio (FI)

DirettoreMaurizio [email protected]

Responsabile redazioneGianni [email protected]

Hanno collaborato:Paolo AlberatiAlessandro CiprianiGiancarlo BrocciAndrea SattaGiulio Baroni

Grafica Simona Ferrari

Perché la bici cambia la vita

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Come Buffalo Bill cerchiamo strade nuove

FOTO IN EVIDENZA

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“NOVECENTO GIORNI SUL MARCIAPIEDE” È IL TITOLO DEL LIBRO CON CUI PAOLO BRO-SIO RACCONTA LA SUA ESPERIENZA PROFES-SIONALE FORSE PIÙ IMPORTANTE, GLI ANNI PASSATI A SEGUIRE PER LE RETI MEDIASET I PROCESSI MILANESI DELLA STAGIONE DI TAN-GENTOPOLI. IN QUELLE PAGINE E IN QUEI RAC-CONTI TRA I TANTI PROTAGONISTI C’È ANCHE UNO SPECIALE.

Paolo, è a Milano che hai cominciato a usare la bicicletta?Si è incredibile. Praticamente vivevo in un quadrilatero di vie e palazzi e pensai che la bicicletta mi sarebbe stata utile per gli spo-stamenti. Passavo anche 15 ore al giorno in strada alla ricerca di una notizia. Non fu faci-le, Milano in quegli anni davvero non era una città amica di chi pedalava, era pericolosis-simo, sembrava che tutti ce l’avessero con i pochi temerari che osavano sfidare la strada su due ruote. E poi pioveva sempre, ricordo che mi comprai una cerata e con quella gira-vo anche sotto l’acqua.

Si, negli anni in cui sono stato a Milano la bi-cicletta mi ha sempre fatto compagnia. Con quella mountain bike giravo anche nel tempo libero alla ricerca di percorsi e anelli, tra Mi-

lano 2 e Milano3. Poi è venuta anche la prima city bike, era un Cinelli.

E la corsa?Sono stato sempre uno sportivo. Ho fatto un milione di sport e mi sono rotto tutto quello che era possibile rompere, sopratutto con il calcio e il tennis. La bici mi è piaciuta anche per questo, mi è sembrata meno usurante, uno sforzo più adatto alle mie possibilità. La prima da corsa è stata una Carrera e la con-servo ancora.

Le strade più belle dove correre?Da 19 anni vivo in Versilia e quello è il Para-diso di chi pedala. Nel momento di massimo splendore facevo anche 80/100 chilometri al giorno di allenamento, ho corso Granfondo e gare amatoriali in tutta Italia, ma poche cose mi hanno dato soddisfazione come le peda-late invernali lungomare tra mezzogiorno e le due.

Hai anche fondato un associazione?Si “Black Spruts” ovvero “Le seppie della Versilia” con cui abbiamo cercato di avvici-nare i giovani, sopratutto i meno abbienti, al triatlon e al ciclismo.

Ma con la bicicletta c’è anche un incon-tro professionale?Nel 1999 mi chiama il direttore di Rai Sport e mi propone di commentare il Giro d’Italia. L’idea era di fare un programma nuovo che anticipasse la tappa, presentando il percorso e commentando l’andamento del Giro. Venne fuori l’idea di “Un uomo solo al comando”. Ogni giorno percorrevo, prima dell’arrivo

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DA 19 ANNI VIVO IN VERSILIA E QUELLO È IL PARADISO DI CHI PEDALA

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INTERVISTA A PAOLO BROSIO di Maurizio Izzo

IO PEDALO. Un uomo solo al comando

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dei girini, gli ultimi 70 chilometri di ogni tap-pa. Fu un esperienza bellissima e pazzesca. Quando accettai non avevo considerato che nel finale di tappa ci sono sempre le mon-tagne più alte, in quelle settimane scalai di tutto, dalle Alpi al Terminillo. Alla fine furono 1.270 chilometri di cui 540 di salite.

Ma ce l’hai fatta?Si anche perché mi seguivano e riprendeva-no, non potevo mollare. Ma a un certo punto temendo che i corridori mi raggiungessero decisero di anticipare la mia partenza: sve-glia alle 3, colazione alle 4 e poi via per stra-da, solo e nella nebbia.

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Ogni giorno percorrevo, prima dell’arrivo dei girini, gli ultimi 70 chilometri di ogni tappa. Fu un esperienza bellissima e pazzesca

Anche allora un incontro importante. Era l’anno del Giubileo e il Giro partiva da Roma. La pri-ma tappa finiva sotto le finestre del Papa. Ebbi un udienza da Papa Giovanni Paolo II, è una delle cose di cui racconto nel mio ultimo libro “Raggi di luce”. Dieci minuti ma credo che la mia vita sia cominciata a cambiare in quel mo-mento.

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“I sacrifici che ho fatto per vincere il Tour de France del 2012 non sono inten-zionato assolutamente a ripeterli! Ho vis-suto per un anno condividendo le mie giornate solo con la bicicletta e la fame”. Queste parole Sir. Bradley Wiggins, vincito-re del Tour de France 2012 e medaglia d’oro olimpica nella prova a cronometro di ciclismo a Londra 2012, frasi recentemente rilasciate nel corso di un’intervista pubblica, da sole potreb-bero bastare per spiegare il concetto dell’ec-

cessiva magrezza che nel ciclismo rende molto in termini di prestazione, specialmente in sali-ta, ma rende anche la carriera sportiva limita-ta e la vita “sociale” impossibile. Analizziamo insieme i vari fattori di questa vicenda e gli aspetti connessi.

I vantaggi. Nelle prove del ciclismo con grandi dislivelli e lunga resistenza i dati scientifici dimostra-

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Sembra un analisi tecnica ma è molto di più

FIN DOVE POSSIAMO SPINGERCI PER ANDARE PIÙ FORTE?

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grasso fisiologicamente “accettabile” e mi-surabile tramite esame plicometrico, potete aprire questo link: http://www.aegspor-ting.com/index.php?option=com_con-tent&task=view&id=113&Itemid=67.

In parole povere proviamo ad immaginare la strategia tecnica di un qualsiasi team di For-mula 1, dove i meccanici lavorano mesi e mesi alacremente per aumentare la resa dei caval-li nel motore dell’auto, ma allo stesso tempo i carrozzieri egli aerodinamici lavorano sulla scocca dell’auto per ridurne fino al limite pos-sibile il peso, per esempio limando le parti in carbonio ma cercando di non ridurre la solidità strutturale del telaio: alla fine il risultato è che tanto più potenti ma allo stesso tempo leggere sono le auto, tanto più elevato è il rendimento nel rapporto cavalli pro chilogrammo. Questo assunto però è tanto più veritiero se si tratta di percorrere strade in salita dov’è il rapporto potenza/peso risulta ancor più determinante. Di questo assunto sembra averne fatto un dog-ma la scienza applicata al ciclismo, soprattutto quella di scuola inglese, applicata in particolar modo dal Team Sky. A conti fatti, più bassa è la percentuale di grasso minori sono le scorte di peso da portare in salita e migliore è il ren-dimento.

Al raggiungimento di questo obiettivo viene votata tutta la strategia di squadra, in partico-lare quella di alcuni atleti, i leader, i quali per un limitato periodo di tempo sono sottoposti a regimi alimentari di strettissimo apporto ca-lorico (sbilanciato in favore delle proteine, a discapito dei carboidrati) pur di raggiungere l’obiettivo di una percentuale di grasso che sta al di sotto sicuramente del quattro e mezzo per cento, forse anche meno. Con una grande e sostanziale differenza: in Formula 1 la FIA im-pone anno per anno dei limiti precisi sul peso minimo che può pesare un auto. Nel ciclismo e negli sport “a propulsione umana” in ge-nere questo limite non è mai stato imposto e probabilmente non verrà mai imposto per non snaturare la “spontaneità” del gesto atletico e

no che minore è la quantità di peso da tra-sportare in salita, specialmente se di lunga durata (e in questo comprendiamo anche la quantità di massa muscolare: più mu-scolo c’è più ossigeno deve essere bru-ciato) migliore è la resa della spinta e quin-di in sostanza il rapporto potenza/peso.

Per avere più chiare le idee di quanto incide il rapporto watt pro chilo nelle prestazioni e approfondire su qual è una percentuale di

cuore, gambe e polmoni

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di Paolo Alberati

FIN DOVE POSSIAMO SPINGERCI PER ANDARE PIÙ FORTE?

“I SACRIFICI CHE HO FATTO PER VINCERE IL TOUR DE FRANCE DEL 2012 NON SONO INTEN-ZIONATO ASSOLUTAMENTE A RIPETERLI! HO VISSUTO PER UN ANNO CONDIVIDENDO LE MIE GIORNATE SOLO CON LA BICICLETTA E LA FAME”

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Sir. Bradley Wiggins

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LA VERITÀ PERÒ È CHE SE UN’AUTO TROPPO “SOTTOPESO” (DICIAMO COSÌ) RISCHIA “AL MASSIMO” ALLE ALTE VELOCITÀ DI SPICCARE IL VOLO E MALE CHE VADA FINIRE FUORI USO (SPERIAMO CON LEI NON IL PILOTA), L’ATLETA TROPPO SOTTOPESO SI AMMALA SPESSO GRAVEMENTE DI TUTTA QUELLA SERIE DI PA-TOLOGIE PSICOLOGICHE E FISICHE CHE SI RI-ASSUMONO DELLA DICITURA DI “DISTURBI ALIMENTARI”

perché non è neanche facile stabilire un limite di peso convenzionale. Nell’ambito di un regime dietetico ristretto, per garantire la salvezza della massa muscolare, la razione alimentare quotidiana viene sbilanciata verso l’uso di proteine sotto ogni forma: dalle proteine in polvere come integratore a quel-le animali tipo la chiara d’uovo (usata separata dal rosso d’uovo), alla carne stessa, sgrassata. L’obiettivo è così presto raggiunto: diminui-sce velocemente il grasso corporeo che vie-ne rimosso dagli adipociti (che sono le nostre cellule di stoccaggio per i tempi di “carestia”) per rimetterlo in circolo e usarlo come ben-zina. Dunque con l’alimentazione sbilanciata nell’uso di proteine si protegge sì il muscolo dal suo deperimento, ma la controindicazione più notevole è che così facendo l’atleta ha la sensazione di morire di fame.

Al raggiungimento dello scopo infatti viene adottata anche la tecnica della allenamento a digiuno, supportando l’atleta con miscele di polveri proteiche o aminoacidi liquidi che so-stengono la massa muscolare ma non certo il senso di appagamento dell’appetito, né riforni-scono il cervello degli zuccheri di cui egli ha necessità di essere fornito per lavorare in ma-niera lucida e soddisfacente.

Gli svantaggi Quali sono allora le controindicazioni di un eccessiva magrezza, se abbiamo visto che di fatto facilita e non poco il rendimento in salita? Del resto lo sostiene anche il professor Vero-nesi nel suo ultimo libro “La dieta del digiuno” (Mondadori, 2014): meno massa grassa e ma-gra hai addosso, meno ossigeno consumi e quindi più a lungo vivi. Se dunque decliniamo questo assioma alla realtà sportiva, maggiore è la resistenza e quindi la durata dell’eserci-zio in soglia e fuori soglia (quindi al massimo dei giri del motore), migliore è la resa, special-mente nelle prove di lunga resistenza come le tappe di montagna dei grandi giri. Però come dicevamo, se nell’automobilismo è la Fia ad

aver imposto un limite minimo di peso, nella natura umana ci ha pensato il Padreterno a de-terminare che quando si scende sotto la per-centuale di grasso del 4 per cento (per esem-pio un totale di 2,6 chilgrammi di grasso in un atleta che pesa 65 chili) si va incontro a diverse disfunzioni ormonali. Innanzitutto gli ormoni della forza nel corpo umano vengono veicolati dai grassi trigliceri-di: il testosterone primo fra tutti, con quantità di grasso molto basse, tende a decrescere ver-tiginosamante, determinando perdita di forza muscolare. Va poi valutato l’aspetto psicolo-gico della questione: sottoporsi a rigorossimi

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a p. 10 Illustrazione di Belle Mellor

©TheGuardian.com

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regimi alimentari e diete ipocaloriche manda in tilt il cervello.

Tornando a tal proposito alla prima affermazio-ne presentata in questo scritto, ossia la frase espressa qualche settimana fa da Bradley Wig-gins: basta ricordare il suo giro d’Italia 2013, quando magrissimo e provato psicologica-mente dopo alcune tappe fatte in difficoltà sot-to l’acqua è letteralmente saltato di testa. Ora da una parte il cervello è fatto in gran parte di acqua e (diciamo così) zucchero e quando lo priviamo per lungo tempo di zuccheri e car-boidrati, il nostro cervello comincia diventare insofferente irrequieto e depresso.Va poi valutato anche l’aspetto di termoregola-zione che il grasso compie nel nostro corpo: un fisico troppo magro quando esposto alle intemperie e il freddo del Giro d’Italia del 2013 e la pioggia ce lo ricordano, entra in ipotermia perché è sprovvisto del “cappotto” lipidico che ricopre naturalmente la muscolatura e le membra tutte di un atleta magro, ma normo-peso. Se da una parte infatti correre il Tour de France nella calura di luglio della Francia può essere addirittura un vantaggio essere troppo magri

(ove infatti in questa condizione si sente meno caldo), per tutto il resto della stagione l’ecces-siva magrezza espone il fisico continuamente ai rischi del freddo, senza dimenticare che una percentuale di grasso troppo bassa riduce drasticamente le nostre difese immunitarie e quindi ci si ammala con molta più facilità.

Torniamo però al concetto della sofferenza psi-cologica: se da una parte essere molto magri, ma ciclisti professionisti pagati con stipendi a sei zeri e seguiti da una competente e attentis-simo staff medico, può forse essere giustifica-to, prendere ad esempio un ciclista come Chris Froome e farne un icona del rendimento, mette in seria difficoltà la gestione fisica e psichica degli atleti nelle categorie giovanili e amato-riale. Vi è infatti il grave rischio che a queste categorie meno seguite la situazione sfugga di mano e la riduzione del peso corporeo a se-guito di drastici regimi alimentari si trasformi in disturbi dell’alimentazione con conseguenti stati di anoressia patologica.

Le (possibili) soluzioni È giusto essere magri? Su questo concetto si potrebbe filosofeggiare molto, la verità è che in assenza di un regolamento istituzionale, è giusto e possibile che ognuno faccia come meglio crede per ottenere in maniera lecita il miglior risultato possibile.

È pur vero però che questa ricerca spasmodi-ca della magrezza ha un po’ sbilanciato l’equi-librio e forse anche le buone norme di una cor-retta contesa sportiva. Visto che infatti essere molto magri in salita è stato dimostrato essere molto efficace nel rendimento, d’ora in poi ci si dovrebbe aspettare che tutti i contendenti alle grandi corse a tappe come Giro, Tour, Vuelta e corse con molta salita spingano il proprio fisico (per essere alla pari con gli altri contendenti) ad un’estrema magrezza, al limite dell’anores-sia. Ma tutto questo non è certamente auspi-

LA CONDIZIONE DI MAGREZZA CON CUI SONO STATI VINTI GLI ULTIMI DUE TOUR DE FRANCE PONGONO UN GRANDE INTERROGATIVO AL MONDO CICLISTICO E SPORTIVO TUTTO: È GIUSTO E SALUTARE ESSERE COSÌ MAGRI ? LA RISPOSTA È STATA DATA ED È CONTENUTA IN QUESTO ARTICOLO: NO, NON È SALUTARE.

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cuore, gambe e polmoni

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cabile. Questo comporterebbe infatti di avere atleti al limite della depressione, inseriti in un regi-me di vita monacale e maniacale, per forza di cose obbligati a concentrarsi in un solo obietti-vo possibilmente in un brevissimo periodo di tempo: ecco che questa sarebbe la morte del ciclismo come sport di grande fatica di grande resistenza e fatto da un calendario che preve-de la Milano Sanremo marzo e il Giro di Lom-bardia ottobre, con tutta una serie di impegni diluiti nel corso della stagione tutti da onorare e valorizzare. Per certi versi forzando un po’ il concetto, sembra quasi di essere tornati indietro di 20 anni quando l’irruzione del doping ematico nel mondo del ciclismo ha per un certo periodo sbilanciato la contesa, rendendo la vita facile a quegli atleti disposti a vendere l’anima al diavolo pur di ottenere risultati importanti, ma determinando di fatto con il tempo un malau-gurato e inesorabile adeguamento anche da parte di tutti gli altri.

Per arginare questo problema, Giancarlo Broc-ci, patron del Giro Bio (il Giro d’Italia Dilettanti, esperienza umana e scientifica andata in sce-na dal 2009 al 2012) aveva proposto per l’e-

dizione 2013 della corsa italiana di introdurre come sbarramento di accesso alla partecipa-zione dei ragazzi una percentuale di grasso minima sotto la quale non si poteva prendere il via. Poi come molti sanno il Giro Bio 2013 non è mai partito, ostacolato dalla difficile situazione economica del paese e più gravemente boi-cottato dalle alte sfere della politica dello Sport, per negligenza ed ignoranza sportiva. Come al solito però le grandi idee lanciano un sas-so, covano sotto la cenere per poi maturare e comunque propongono sempre grandi spunti di rif lessione che ci auguriamo, anche tramite questa nostra rif lessione, vengano presto presi in considerazione per il bene dello Sport e del nostro amato ciclismo in particolare.

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PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI DUNQUE, SA-REBBE NECESSARIO STABILIRE UN LIMITE AL DIMAGRIMENTO, PER SALVAGUARDARE PRIMA DI TUTTO LA SALUTE DEGLI ATLETI ED IN SECONDA, MA NON MENO IMPORTANTE BATTUTA, LA BELLEZZA DELL’ATLETA E DEL SUO GESTO ATLETICO. QUALCOSA DEL GENERE IN VERITÀ LO AVEVA PROPOSTO GIANCARLO BROCCI PATRON DEL GIRO BIO, MAI PARTITO.

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Se ci vuole un fisico bestiale lo chiediamo a lui che i 4.800 chilometri della RAAM negli Stati Uniti li ha fatti in 9 giorni e 21 ore.Contano mente e corpo, puoi avere un fisico bestiale ma senza testa non vai da nessuna parte. Viceversa anche con un fisico normale ma una grande volontà si possono ottenere ri-sultati straordinari.

Più che un’ultra fisico un ultra testa?Assolutamente si. Bisogna avere la voglia di

sfidarsi continuamente, di alzare l’asticella. Correre non per essere i primi ma per arriva-re, vincere ogni volta la sfida con se stessi.

La RAAM U.S.A. è considerata la più estrema delle ultra cycling, 3.000 miglia e 38.000 metri di dislivello. E’ lunghissima ma sopratutto di estremo c’è l’escursione termica, dai 48 gradi del deserto allo zero delle Montagne Roccio-se. Un coast to coast che mette a dura prova il cervello oltre che il fisico, perché le pianure

a p. 14

QUANDO TI SENTI STANCO SEI A METÀ SERBATOIO. SE SIETE MAI STATI IN QUESTA CONDIZIONE ALLORA POTETE PROVARE A SEGUIRE UNO COME PAOLO ASTE E TENTARE UNA DELLE TANTE IMPRESE DI ULTRA CYCLING, L’ULTRACICLISMO CHE STA FACENDO SEMPRE PIÙ APPASSIONATI TRA GLI AMATORI.

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di Gianni Carpini

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sono infinite, il paesaggio spesso monotono e dopo 4 o 5 giorni che pedali continuamente tutto questo si fa sentire.

Nel 2011 sei arrivato settimo assolutoPer me ho vinto perché la gara era con me stesso, la mia filosofia è che è quando dai il massimo hai vinto.

Ma questo si può ancora chiamare sport?Sport è divertirsi, fare le cose con il sorriso, è felicità. Questo è quello che provo quando vado in bicicletta e anche quando sono impe-gnato in prove così faticose.

Hai nuovi obbiettivi?Ho sempre nuovi obbiettivi, fissarli continua-mente è un modo per andare avanti. Ora farò delle gare in Slovenia ma sto pensando a un Giro del Mondo.

Un consiglio al ciclista della domenica?E’ quello che muove il mercato, è fondamen-tale per il movimento. Senza di lui non ci sa-rebbe il resto. Il ciclismo più bello è quello che riesce a guardare oltre alla competizione, che mette in prima fila lo sforzo per migliorarsi. Se è così non può che far bene.

a p. 15

il mondo su due ruote

LE ISCRIZIONI SONO APERTE

VOLETE METTERVI ALLA PROVA CON LA RAAM U.S.A.?

È BENE SAPERE CHE SI PEDALA GIORNO E NOTTE ATTRAVERSO 12 STATI AMERICANI, SI DORME AL MASSIMO UNA O DUE ORE E SI FANNO CIRCA 400 CHILOME-TRI AL GIORNO.

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Forse sarebbe stato un campione anche nello sci ma a 16 anni decide che il suo amore è la bicicletta. Paolo Aste dal 1998 al 2008 è più vol-te Campione del Veneto di ciclismo su strada e Mountain Bike, Campione del Mondo a crono-metro MTB (2002), vince la Coppa del Mondo MTB (2005 e 2007) e nel 2008 il campionato italiano della montagna.Ma è nel 2009 che si appassiona alle gare di ultra-cycling. Prima la Rad Marathon, campio-nato Europeo in Svizzera, 720 km percorsi in

24h 30min (15° posto assoluto e qualificazione alla RAAM U.S.A), poi nel 2010 la Dos Ras Slovenia, gara ultra-cycling di 1.230 km per-corsi in 54h con 20.000mt dislivello (5° posto assoluto). Sempre nel 2010 vince il Campionato Tricolore in Val Rendena, 508 km percorsi in 24h con 12.000mt dislivello e il Campionato Europeo 24 h MTB a Roma, (622 km percorsi in 24 h). Infine nel 2011 la RAAM U.S.A. in cui si classifi-ca 7° assoluto in 9 gg e 21 h.

A te cosa ha dato l’ultraciclismo?Sopratutto equilibrio e mi è servito non solo per correre ma anche per affrontare le sfide della vita.

Ti fermerai?

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L’impossibile non esiste è solo nella nostra mente, e quando sia-mo stanchi siamo solo a metà ser-batoio“ “

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Può darsi. Ma non perché la prova sia impos-sibile. L’impossibile non esiste è solo nella no-stra mente, e quando siamo stanchi siamo solo a metà serbatoio. Appunto, grazie Paolo e un grande in bocca al lupo per le tue prossime imprese.

Dagli sci ai pedali

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NE PARLIAMO CON CRISTIANO DE ROSA Intervista di Alessandro Cipriani

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Cristiano De Rosa, a capo di un’azienda storica, con oltre 60 anni di attività. Come si rapporta il titolare di una azienda che ha segnato la storia della bicicletta da corsa con tutto quello che è bici NON da corsa?La mobilità sta cambiando anzi direi ch’è già cambiata , la bicicletta è un mezzo rapido per qualsiasi tipo di spostamento , la vivo come tale e a Milano mi muovo così , la bicicletta è un oggetto bellissimo amo le cose belle ele-ganti e “ stilose” , la bicicletta la vivo come emozione e amo vedere le belle biciclette e spesso mi trovo ad elogiare anche i prodotti della concorrenza .

Se tu dovessi immaginare un futuro per la bici in quali mercati vedi maggiori possi-bilità di espansione per chi come te pro-duce bici performanti?In termini generali immagino e ho alcuni indi-catori che l’Asia e alcuni paesi Arabi siano in netta espansione , vorrei che questo avvenisse anche in Italia , 1.700.000 vendute sono un dato interessante ma vorrei che tutti utilizzassero la bicicletta come idea di spazi da intraprendere e vivere .

E invece per la bicicletta quale mezzo di locomozione non inquinante e salutare quali prospettive e quali mercati secon-do te daranno maggiori risposte in termini numerici?Inghilterra e come è notorio l’Olanda .

La bici sarà mai diversa da come la co-nosciamo adesso? Fino a che punto vedi spingersi l’introduzione dell’elettronica nei mezzi?La bicicletta si evolverà , la vorrei uguale con-cettualmente ma con maggior design , eser-cizi stilistici appropriati e contemporanei , l’e-lettronica avrà espansione nella trasmissione e nel ricevere informazioni e nella sicurezza

La bici elettrica sarà mai una vera alterna-tiva all’auto e al motorino o la cara vecchia bici a pedali rimarrà imbattuta?Si la bicicletta a pedalata assistita sarà il futuro

della mobilità , spero che si arrivi a una norma-tiva definita .

Le piste ciclabili sono la vera risposta alla diffusione della bici in città o è piuttosto una questione di cultura generale?Assolutamente no , le piste ciclabili servono, ma se manca la cultura dell’utilizzo della bici-cletta vedremo sempre le piste ciclabili usate come parcheggio per le smart o per i motorini o vuote e non praticate . Si parla tanto di motori elettrici di pochi watt nascosti nei tubi di qualche profes-sionista. Ci credi o sono soltanto leggende metropolitane?

Molte biciclette Italiane sono più bel-le di quelle estere però non vengono valorizzate dai negozianti [...] all’este-ro avere una bicicletta Italiana bella fa figo, fa stile è motivo di orgoglio.

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Leggende metropolitane .

Oggi il mondo Pro Tour assomiglia sem-pre di più alla Formula 1 o alla Moto GP. Sponsorizzare un team pro tour costa ci-fre folli per una media azienda. Come si può diffondere i propri valori in maniera alternativa alle sponsorizzazioni che fanno comunque ancora molta presa sul pubbli-co degli appassionati?Noi siamo una piccola azienda e non possia-mo permetterci di sponsorizzare un team Wor-ld Tour , sponsorizziamo team minori con delle scelte mirate ai mercati a noi più importanti , come alternativa creiamo un modo di vivere la bicicletta come stile di vita e chi ama lo stile

del cuore in De Rosa può trovare la bicicletta , il vestiario e l’oggetto da abbinare come life stile De Rosa . In alcuni paesi la sponsorizzazione inf luisce molto sulle vendite , l’Italia l’olanda e il Belgio sono molto interessati ai team e ai te-stimonial in altri paesi vanno oltre e guardano maggiormente ai contenuti .

In cosa credi che le bici italiane in genera-le e le tue in particolare, siano superiori ai grandi marchi Americani/Taiwanesi?Non reputo che l’Italia abbia biciclette miglio-ri o peggiori , reputo che ci siano biciclette Italiane belle e brutte , come del resto quelle americane. Mi confronto spesso con oggetti molto belli o brutti e non guardo il paese ma guardo l’oggetto. Trovo assurdo che in Italia ci si lamenti sempre, visitando negozi trovo all’interno al 90 % prodotti esteri ma la colpa è dell’Italia che “non fa nulla per promuovere la bicicletta ci si lamenta che mancano le piste ciclabili o le squadre giovanili, è sempre colpa del prossimo, ma questa voglia di esterofilia è miope e non porta nessun beneficio alla filiera di vendita. Non entro nel merito al dove è fatta la bici ma entro in merito al brand, l’Italia ha dei marchi che sono l’eccellenza della bicicletta dettata da storia , cultura , gusto , qualità ma in primis in contenuti tecnici. Molte biciclette Ita-liane sono più belle di quelle estere però non vengono valorizzate dai negozianti e da alcu-ni consumatori che si legano solo alla visione miope dei corridori che la utilizzano. I conte-nuti per fortuna nostra all’estero sono ben altri ed avere una bicicletta Italiana bella fa figo , fa stile è motivo di orgoglio.

Secondo te perché il mondo del ciclismo italiano fa fatica a fare sistema, dividendo-si spesso su tutto? Come costruttori non direi , esiste la nostra associazione che per la promozione della bi-cicletta fa molto , se parliamo di squadre cicli-stiche direi che ci sono alcune carenze dettate dalla fatica di trovare sponsor che vogliono in-vestire cifre importanti nello sport più bello del mondo .

Molte biciclette Italiane sono più bel-le di quelle estere però non vengono valorizzate dai negozianti [...] all’este-ro avere una bicicletta Italiana bella fa figo, fa stile è motivo di orgoglio.

“LA PRIMA BICICLETTA NEL ’53, FIGLIA DI UNA “MILANO ENERGICA”, I SUCCESSI SPORTIVI DA GASTONE NENCINI A EDDY MERCKX. CON CRISTIANO DE ROSA, EREDE INSIEME AL FRATELLO DANILO, DI UNA DEI PIÙ PRESTIGIOSI MARCHI AL MONDO, PARLIAMO DELLA BICICLETTA COME OGGETTO.

Intervista di Alessandro Cipriani

tecno ciclo

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In Toscana, a pochi chilometri da Firenze, tra il rincorrersi delle colline, gli alti cipressi, lo sfondo delle vette e dei passi si estende il terri-torio del Mugello che riunisce due aree geo-grafiche: il Mugello propriamente detto e l’Alto Mugello o Romagna Toscana. Nel Mugel-lo troviamo i borghi di Vaglia, San Piero a Sieve, Barberino di Mugello, Scarperia, Borgo San Lorenzo e Vicchio. A nord, fra i crinali del Mugello e i passi che scendono ver-so Bologna e la Romagna troviamo l’Alto Mu-gello con Firenzuola, Palazzuolo sul Senio e Marradi. Le strade quasi sempre asfaltate si snodano per tutto il territorio e ripercorrono la viabilità tracciata nel corso dei secoli: sarà solo il tempo a disposizione o la difficoltà tec-nica a farci preferire un percorso piuttosto che un altro. Ovunque il paesaggio giustificherà il nostro viaggio.

Il distretto cicloturisticoNel Mugello sono installati 19 totem del Di-stretto Cicloturistico “Mugello in bike”. 16 totem hanno un lettore collocato all’interno.Il ciclista dopo aver ritirato la card del distretto può registrare i passaggi sui percorsi utiliz-zando i lettori per ottenere i brevetti e misurare le proprie prestazioni.Ad ogni transito la card dovrà essere strisciata nel totem (tranne nei due totem di Barberino di Mugello e Passo della Futa dove il lettore è in grado di leggere la card “in corsa”), verrà così rilevato il passaggio: i dati raccolti saranno vi-sualizzabili accedendo alla area personale nel sito

Nella “My Area” si potrà anche scaricare il percorso GPS per smartphone e navigatore.Il totem fornisce anche informazioni utili alla percorrenza degli itinerari: descrizione del luogo; visualizzazione su mappa del percorso, delle varianti e dei sub-circuiti presenti; servizi pubblici, negozi ed esercizi convenzionati con il progetto.Tramite i codici QR presenti si potrà navigare in modo dinamico sul sito web mobile.

Il brevetto cicloturistico del MugelloUn percorso di ben 214 chilometri e oltre 3.700 metri di dislivello. Si consiglia di affron-tarlo in più tappe, pernottando nelle strutture turistiche del territorio. Per ottenere il Brevetto si deve completare il percorso del Gran Tour in un tempo massimo di 9 giorni e registran-do tramite la card le proprie prestazioni presso i 13 totem posizionati lungo l’itinerario e dotati di lettore. Il percorso va fatto in senso orario ma si può partire da qualunque punto.

Il brevetto dello scalatoreSi ottiene effettuando le 7 salite dotate di letto-re, dal versante indicato, e rilevando il proprio passaggio sia alla partenza che all’arrivo. Per ottenere il Brevetto dello Scalatore è necessa-rio completare il percorso in un tempo massi-mo di 6 mesi.

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CORRERE NEL MUGELLO: DOVE IL PAESAGGIO GIUSTIFICA TUTTO, ANCHE LA FATICA.

di Gianni Carpini

Vi guida il totem vi accompagna la storia

In alto - S. Agata Galliano; a

destra - Il lago di Bilancino;

in basso - Ristoro di Firen-

zuola; nella pag. seguente - Galliano Panna

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In alto - S. Agata Galliano; a

destra - Il lago di Bilancino;

in basso - Ristoro di Firen-

zuola; nella pag. seguente - Galliano Panna

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Numerose sono le strutture ricettive che nel Mugello offrono servizi rivolti specificatamen-te ai ciclisti e che hanno aderito al Distretto Cicloturistico (si trovano sul sito ). Tutte pos-siedono i requisiti obbligatori (previsti dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta) e spesso anche i requisiti richiesti esclusiva-mente per l’inserimento nel Distretto Ciclotu-ristico del Mugello.In questo territorio toscano a mezza via tra Fi-renze e Bologna il viaggiatore potrà scoprire una cucina e una ricchezza di prodotti della terra che hanno conservato nel tempo l’auten-ticità delle proprie tradizioni. I piatti eredita-ti dalla cucina mugellana sono pochi ma tutti importanti e tipici con sapori “naturali” perché conditi dagli aromi tradizionali e mai contami-

nati da ingredienti più ricchi oggi spesso abu-sati. I primi sono spesso “i tortelli di patate”, le tagliatelle sui funghi, sul cinghiale, sulla lepre, farinate, zuppe, minestroni pieni di profumo e pappe; la carne ricopre un ruolo importante nella tavola mugellana: bistecche alte due dita, ma anche rosticciana e salsiccie oppure coni-gli ripieni e il particolare papero lesso.Il formaggio è pecorino, di pura pecora o misto e i contorni sono fagioli all’olio, le mille verdure dell’orto, golosissime quando sono fritte (car-ciofi, melanzane, fiori di zucca). I dolci sono semplici come il “pan di ramerino”, la “schiac-ciata con l’uva”, classici come le crostate con tutte le marmellate, elaborati come la torta o il budino di Marradi realizzato con il prelibato marrone del Mugello I.G.P.

Ospitalità accreditata

Palazzuolo sul SenioBAR GELATERIA GENTILINIVia Roma, 9 - Tel. 055 8046098

DicomanoCAFFETTERIA IL PORTICOViale Vittorio Veneto, 60Tel. 055 8386077

FirenzeUISP COMITATO DI FIRENZELEGA CICLISMOVia Bocchi, 32Tel. 055 6583501 - Fax 055 [email protected]

Borgo San LorenzoUISP DELEGAZIONE MUGELLO

c/o Centro Piscine del Mugellovia P. Caiani, 28 | [email protected] tel. 055 8458290 - fax 055 8458307

Barberino di MugelloJOLLY ROGER

Viale Gramsci, 39/A - Tel. 055 8471862

FirenzuolaBAR DEI FUSIGIOIELLERIA “LO ZAFFIRO DI CEYLON”

Via Villani

MarradiNUOVO CAFFÈVia Castelnaudary, 12 - Tel. 333 4483779

ciclo tour

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Si sono incontrati tra gli stand del Festival della bicicletta che Firenze ha ospitato per la secon-da volta nello splendido Parco delle Cascine, per tutti e due un bagno di folla. Bettini è ama-tissimo, sopratutto nella sua Toscana ma Cas-sani ha dalla sua l’essere stato uno dei volti e delle voci più amate della tv. Mentre il primo si giocava sulle strade di casa il Mondiale, l’al-tro lo commentava. A Firenze hanno trovato il popolo delle due ruote, oltre 50.000 visitatori per una manifestazione che è un altra cosa ri-spetto alle fiere, un festival appunto. Tre giorni di incontri, dibattiti, mostre, laboratori, il tut-to dedicato a due grandi del ciclismo Bartali e Nencini. E poi una Granfondo nata appena da due anni ma che promette di fare strada, quasi 2.200 i partecipanti a questa seconda edizio-ne, un risultato analogo alla prima ma un anno fa c’era il traino del mondiale.

Uno spot per il ciclismoDavide Cassani è stato testimonial della prima edizione del Florence Bike Festival e anche in questa seconda edizione non ha voluto far mancare la sua presenza. “E’ uno spot per il ciclismo, una festa che avvicina per persone allo sport. Penso sopratutto ai bambini, ai più piccoli che sono diventati pigri e che hanno bi-sogno di un invito, di un occasione per muo-versi”.

Il Mondiale? Intanto seminiamoCassani, come va la preparazione del Mondiale?E’ presto ma ci stiamo preparando. In questo

EXPO

di Giulio BaroniDUE CT PER BICIFI

DAVIDE CASSANI E PAOLO BETTINI SI INCONTRANO AL FLORENCE BIKE FESTIVAL. IL CT DELLA NAZIONALE CI PARLA DEL PROSSIMO MONDIALE MA ANCHE DI COSA NON VA NEL CICLISMO.

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50 mila

visitatori

151 ore

di programmazione

75 eventi

21 aziende

del settore

2.160

partecipanti

220 volontari

25 esibizioni

Gran

fond

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osa

expo

Alcune foto della gara, dai partecipanti alla concentrazione prima della gara. In basso: I fratelli Di Rosa tra i partecipanti. Nella pagina accan-to: i due Ct Cassani e Bettini.

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700 litri

di acqua ai ristori

150 kg di al Pasta Party

100 kg di

al Pasta Party

30 allievi e

15 convegni

16 gare e

insegnanti

pedalate

pasta.

tortellini.

Istituto Alberghiero Buontalenti

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Al BiciFi Festival per imparare ad usare la bicicletta ai più piccoli e non solo. In basso: l’area Expo al Parco delle Cascine

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neremo ai fasti di un tempo.

Qual’è la sua priorità da CT?Io alleno i professionisti e da loro ci aspetta una medaglia ma insieme alla Federazione e ai commissari stiamo lavorando sopratutto sui giovani. Abbiamo programmato una serie di incontri, con gli Juniores e gli Under 23, vorrei fare uno stage di 3 o 4 giorni ogni mese riser-vato al mondo giovanile. Vogliamo raccoglie-re successi ma in questo sport, sopratutto, si deve prima seminare. Ci proviamo.

momento stiamo studiando il percorso, siamo già stati una volta in Spagna, l’ho fatto vede-re ai ragazzi in occasione dello stage che ab-biamo fatto recentemente. Ma ci torneremo a fine giugno perché è importante valutare il di-spendio energetico. Avremo ancora occasioni per stare insieme e poi a settembre sceglierò i nove che correranno il Mondiale.

Com’è la condizione del ciclismo az-zurro?Sappiamo che ci sono nazioni emergenti e che non vinciamo una corsa monumento da diver-si anni ma ci sono giovani molto interessanti, dobbiamo dare loro il tempo di crescere e ma-turare. Certo paghiamo il fatto di avere poche squadre nel world tour ma tra i 65 italiani che ne fanno parte 23 sono nati dopo il 1988. In-somma c’è da lavorare ma sono sicuro che tor-

Riccardo Nencini, oggi vice Ministro ai trasporti, è il nipote del grande Gastone, ne condivide la passione per la bicicletta e in questa manifestazione ha trovato “uno dei modi per prolungare l’effetto benefico dei Mondiali”. Gli chiediamo se da un Governo che promette di fare in un batter d’occhio quello che altri hanno promesso per anni ci si può aspettare un iniziativa in favore della mobilità. “Si sono aperte possibilità importanti, dice, grazie alla legge di stabilità che prevede per la prima volta il finanziamento di misure specifiche a favore del-le smart city e della mobilità. Certo dovremo guardare a quello che succede nel resto d’Europa, in Francia per esempio, dove la progettazione delle reti di mobilità e anche delle piste ciclabili avviene prima della progettazione della città stessa.

E’ uno spot per il ciclismo, una festa che avvicina per persone allo sport. Penso sopratutto ai bambini, ai più piccoli che sono diventati pigri e che hanno biso-gno di un invito, di un occasione per muoversi”

“ “Oltre i Mondiali

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expo

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a) i corridori sulla salita per Fiesole; b) Giancarlo Brocci che a BiciFi ha presentato il suo libro sull’Eroica insieme a Da-vide Cassani; c) Il gruppo del Giro d’Italia d’Epoca; d) Il vice Sindaco Nardella al via della gara; e) un tratto di gara nel Mugello, terra di ciclismo.

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Solo la storia riuscì a mettere fuori gara quello che sarebbe stato il dominatore della Grande Boucle||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||| di Giancarlo BrocciIl 18 di luglio prossimo saranno 100 anni dal-la nascita di Gino Bartali, l’immenso campio-ne di Ponte a Ema che ha scritto pagine di storia e letteratura a quattro mani con l’altra metà del Mito, Fausto Coppi da Castellania. Gino Bartali era nato, “costruito”, per il Tour; Bartali e il Tour de France, due creature fatte l’una per l’altra, disegnate a reciproca misura come, crediamo, in nessun altro caso. Alfredo Martini e Fiorenzo Magni, che di Bartali con-vissero buona parte dell’epopea, hanno de-scritto i tratti dell’atleta inarrivabile per le doti che il Tour esigeva, per certi versi e fatte debite proporzioni, chiede ancor oggi. “Gino si esaltava nelle giornate da tregenda – dice sempre Alfredo - quando pedalare signi-ficava anche sradicare la bici dal fango di certe strade, quando si arrivava incrostati di mota, irriconoscibili pure per le nostre mamme. Ma, al tempo stesso, era l’uomo di ferro perché resisteva meglio di chiunque alla calura dell’e-state francese; aveva una salute eccezionale, lo stesso Coppi gli invidiava la capacità di man-giare di tutto senza mai un problema di stoma-co, sempre pronto a recuperare qualsiasi tipo di sforzo, perfetto nel resistere più di ogni altro alle sollecitazioni della fatica estrema, mai in crisi decisiva”. Anche Magni, non necessaria-mente un bartaliano, ne ricorda qualche con-notato d’eccezione. “Se era fortissimo quando pioveva, va detto che la cosa più incredibile rimaneva la sua refrattarietà alla sete: con l’afa più opprimente, in ogni fase della corsa, quan-do tutti avevano finito l’acqua lui conservava una borraccia mezza piena”. Come in ogni perfetta simbiosi ideale che sto-

ria e letteratura ci hanno proposto, il connubio si è potuto realizzare solo parzialmente, alla stregua di ogni grande amore contrastato. Il Tour de France era stato concepito come il ci-mento ciclistico più arduo, Bartali ne impersonò l’interprete più idoneo mai assemblato da madre natura per superar-lo. Eppure storia volle che la lunghissima car-riera di Gino, anche in ciò incommensurabile resistente, fosse piena di omissis, di assenze, di mancate occasioni che potevano fare del Grande Fiorentino il monumento simbolo del ciclismo a tappe, quello più vicino al cuore della gente. I Tour di Bartali sono racconti di trionfi e, comunque, di storie eccellenti: due trionfi, un secondo posto e due abbandoni che possono leggersi come tre vittorie man-cate per avverse circostanze, un buco nero di ben dieci anni fra prima e seconda vitto-ria (’38 e ’48), due quarti posti ben più che onorevoli ai 37 e 38 anni, età che è stata solo dei Poulidor e Zoetemelk, non per niente al-tri interpreti mirabili della “Grande Boucle”.

La guerra e le sanzioni che il regime fascista guadagnò o impose concessero a Bartali solo cinque partecipazioni su quindici possibili, lo privarono di due terzi di opportunità pressochè tutte nel periodo migliore della sua parabola atletica, dai 25 ai 33 anni. Gino Bartali, clas-se 1914, sarebbe stato di gran lunga il favorito d’obbligo nei Tour de France dal ’39 al ’47; dal dominio del ’38 riprese col dominio nel ’48. Nel bel mezzo la Storia, con la esse maiuscola, lo volle mettere fuori gara: mi sono persuaso, ed è stato piacevole scoprirlo, che lo fece perché avrebbe stravinto.

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“Bartali e il Tour de France, due creature fatte l’u-na per l’altra, disegnate a reciproca misura come in nessun altro caso”

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Polvere, appunti di ciclismo eroico

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MONDO GF di Alessandro Cipriani

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In questi anni nel ciclismo amatoriale è succes-so di tutto. Professionisti che non trovando più un ingaggio sono stati reclutati da Team Ama-toriali che di amatoriale avevano ben poco. Ingaggi in alcuni casi da far impallidire i neo pro e anche qualche pro stagionato. Esaspera-zione e preparazione portate alle estreme con-seguenze.

Tutto questo, a caduta, è arrivato anche su co-loro che pur non essendo particolarmente forti e pur non appartenendo ai famigerati team di cui sopra, hanno cominciato a vivere lo sport ben al di sopra delle proprie possibilità fisiche al di là dei loro limiti anagrafici.

La diretta conseguenza di tutto ciò è la parolina magica. Quella che da sempre fastidio pronun-ciare. Doping. E’ un dato di fatto che la diffusio-ne del Doping sia percentualmente molto più elevata nelle categorie amatoriali che in quelle professionistiche. E’ triste ma è così.

Lo sport, pur se amatoriale, deve sempre con-tenere in se una sfida. Una sfida verso se stes-si, verso i propri limiti, fisici e mentali. Deve anche contenere il sale della competizione che è quello che ti porta comunque a voler migliorarti, a non adagiarti, a sentire di poter primeggiare sulla fatica e sugli avversari. Per poi arrivare in fondo e dire “ho dato il meglio

GENTE CHE FATICA E SI DIVERTE

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Le storie che piacciono a noi

CICLOAMATORE DOVREBBE ESSERE COLUI CHE, APPASSIONATO DI BICI E DI CICLISMO, SI CI-MENTA IN COMPETIZIONI E CICLOTURISTICHE CON LO SPIRITO DI CHI VUOLE IN PRIMIS DIVER-TIRSI, FARE ATTIVITÀ FISICA E POI GUARDARE LA PROPRIA PRESTAZIONE.

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di me ” senza rimpianti. E nel caso questo non sia avvenuto sarà lo stimolo per fare meglio la prossima volta. Ma tutto ciò non può e non deve trascendere nella filosofia del risultato a tutti costi. A dispetto di tutto e di tutti. Quanta tristezza nel vedere persone attempate che si comportano da professionisti, anche ne-gli atteggiamenti, che ucciderebbero il migliore amico per vincere un Salame o una Spalla nella gara domenicale. Quanto sconforto per stimati professionisti sorpresi con Epo, steroidi ana-bolizzanti, ad età in cui sarebbe normale fare il nonno, o quanto meno il padre, assennato. Ci siamo dilungati su questo argomento perché non vorremmo parlarne più. In questa rubrica vi vogliamo raccontare lo spirito del vero Ciclo-amatore. Lo spirito delle Granfondo. Di coloro che si allenano duramente, che si sacrificano per fare km e km per poter partecipare alle

gare. Di coloro che in alcuni casi fanno rinun-ce per inseguire la propria passione. Di colo-ro che sentono l’appartenenza ad una squadra come una cosa bella per condividere con ami-ci e compagni una passione. Di loro parlere-mo. Della voglia di competere e di primeg-giare nel rispetto delle regole e con in testa il fine ultimo del divertimento e dello stare bene. Cercheremo quindi di parlare di quanto bello ci sia nelle Granfondo (siano esse su Strada che Mtb), di quanto lo sport unisca, di quanto ci si senta partecipi nell’affrontare assieme ad amici e perfetti sconosciuti una fatica che in qualche modo ti lega. In ogni numero vi racconteremo con uno sguardo un po diverso (speriamo) il mondo delle Gf, andando alla ricerca delle pic-cole storie, delle curiosità e degli avvenimenti che hanno caratterizzato una particolare com-petizione.

Mondo Gf

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Sin da piccolo appassionato di musica, Andrea viene selezio-nato per partecipare allo Zecchino d’Oro, ma la sobrietà fami-liare fa naufragare il progetto.

Ripiega dunque sulla passione per il ciclismo, ascoltando il Giro d’Italia alla radio e riproponendo la corsa in casa con dei pezzettini di carta - personalizzati con i colori delle squadre - che sposta soffiandoci sopra, e su uno studio autistico della geografia.

Rimane a tutt’oggi imbattibile in sfide quali “capitali del mondo” o “provincie e capoluoghi italiani” per non parlare di “altezze di montagne” e “lunghezze di fiumi”, spesso pro-poste nelle lunghe trasferte dei Têtes in furgone o utilizzate come colpi di teatro nei momenti di crisi.

BICI DI QUARTIERE Dalllo zecchino d’oro al giro d’italia

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ANDREA SATTAConosciamo meglio

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le corsie virtuali di infiniti viaggi, finché non ci passa un vagone per il cielo, per il mare o per l’altro mondo, un carro chiuso da cent’anni tra l’erba che cresce e l’asfalto che crepa. Ecco la mia bici, nella mia città, inghiotte solitudine ad ogni ora, descrive una traccia nuova, un pen-siero personale, un punto di vista da racconta-re e trasporta, attraversa e restituisce ai muti la parola.

Non ho voglia di sentire il bollettino del CIS - Viaggiare informati, né l’Italia f lagellata dal maltempo, né l’esodo che si mischia al con-troesodo, né il petrolio quanto costa, né la borsa, né la campagna acquisti e cessioni di quest’anno. Voglio andare in bici anche doma-ni e anche da solo.

La bici ha la velocità giusta per assaggiare il giorno, per leggere i profili e le figure. Non come quando vai a piedi, che le cose non di-ventano mai altre, e nemmeno come quella dell’automobile che le cose trasforma troppo in corsa. In bici le montagne azzurre diventeran-no verdi un po’ alla volta e, alla fine, quelle che sembravano solo pietre saranno case e i ba-gliori, vetri di finestre e nitidi, a un certo punto, i contorni delle chiese, i campanili, i cornicioni e le ragazze affacciate dai balconi ti lanceranno fiori. Ma aspetta questo non è un film, e se non ci fosse nessuno ad attenderti sei comunque in bicicletta e anche da soli non è male.

Se c’è un viaggio che mi piace veramente è at-traversare le aree vietate con la bici, i passaggi proibiti, le scorciatoie che cambiano i connotati della normale circolazione. C’è un’altra via o meglio la stessa vita, vista con altri occhi, il re-tro dei palazzi. Non bisogna fermarsi alla facciata padronale, neanche del tuo palazzo popolare, sul lato b di quella canzone c’è la storia vera, quella che si nasconde, quella che si lascia andare, e non inganna. La tinozza appesa sul muro, la scala vecchia incrostata di vernice, la scarpiera ma-landata, la frittata che volteggia a mezzo metro dalla padella, due ragazzi che si baciano in fi-nestra, un vecchio che aspetta.

La bici è agile e veloce e si nasconde bene. Non ha la targa, è immune da qualunque con-trollo doganale, della dogana della mente in-tendo, e ti fa passare. Meglio che a piedi, si fa accettare, si fa scusare, rende più compatibile l’errore. E’ una complice fantastica d’amore. Così, certe domeniche mattina, d’inverno, bar-dato per il freddo e vestito a strati, io la prendo, e senza dire niente a nient’altro, infilo la città dagli interstizi, frugo in quello che ogni giorno cambia, facendo finta di esser lì solo per sba-glio. Leggo e respiro.

Una fabbrica antica, un parcheggio frequen-tato da clandestini, un campo rom che sarà presto sgomberato, l’avanzo sterminato di una stazione in disuso, i binari marci per le merci,

La bici ha la velocità giusta per as-saggiare il giorno, per leggere i profili e le figure. Non come quan-do vai a piedi, che le cose non diventano mai altre, e nemmeno come quella dell’automobile che le cose trasforma troppo in corsa.

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cicli di idee

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LA MIA CITTÀ A QUESTA LATITUDINE OFFRE I SEGRETI PIÙ PROFONDI, A QUESTA DISTANZA DAL CENTRO.

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A destra: Gino Bartali alle prese col cambio Cam-pagnolo Modello Corsa in salita al Tour del 1948; in In alto: il cambio XX1, “novità” assoluta del terzo millennio.Nella pagina seguente: i due rapporti di cui era-no dotate le bici da corsa di inizio secolo scorso

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Quella sua prima Milano-Sanremo del 1935 era già un impresa riuscire a correrla e Gino Bar-tali che si era fatto il viaggio da Firenze in treno per Milano, valigia e bicicletta sotto braccio, questo lo sapeva benissimo. Ma correrla svan-taggiati, con un cambio rapporti inadeguato, non poteva certo permetterselo. Già che era un corridore “ciclista professionista categoria iso-lati” o “indipendenti” che dir si voglia, ossia senza squadra al seguito, nessuna assistenza, rifornimento, acqua lungo il percorso; già che quella era una corsa massacrante, la più lunga del panorama e prometteva addirittura pioggia; ma insomma Bartali voleva ben figurare, per-ché dall’esito di quella corsa, dal farsi vedere tra i migliori, avrebbe determinato il prosie-guo della sua carriera e, chi sa mai, un contrat-to futuro con una delle poche squadre ufficiali dell’epoca: la Legnano e la Frejus in cima alla lista dei desiderata.

Raccontano allora gli osservatori dell’epoca che Bartali la sera della vigilia della Milano San-remo viene a sapere che un certo signor Nied-du di Torino ha inventato un cambio per bi-ciclette chiamato “Vittoria” dalle prestazioni rivoluzionarie: i corridori che desiderano mon-tarlo sulla propria bicicletta, Nieddu li aspetta all’albergo Il Cavallino, vicino alla sede della Gazzetta dello Sport.

UN CAMBIO MONOCROMO COME QUELLO DI BARTALI

di Paolo Alberati

Molti campioni mandano i loro meccanici, ma Gino dopo aver lasciato in sede della Gazzet-ta la borsetta col cambio dopo-corsa che gli organizzatori avrebbero portato l’indomani a Sanremo, dal signor Nieddu deve andare da solo, aspettando tutta la notte, sino alle quattro del mattino, per montare quel cambio nuovo. Così dopo aver dormito appena due ore già vestito con i panni da corridore, “e dormito ne-anche così bene, preso dall’emozione” si reca al raduno di partenza spavaldo e intimidito allo stesso tempo.

L’alternativa infatti al cambio Vittoria per anni era stata dapprima il monocorona, a fine ot-tocento addirittura con lo scatto fisso, ma poi comunque al massimo i Valetti, Girardengo e Binda erano riusciti a sfruttare la possibilità del doppio rapporto montato ai due lati del mozzo della ruota posteriore: uno un po’ più corto (solitamente il 14) da usare per la pianu-ra, uno un po’ più leggero (mai però oltre il 18) per affrontare le salite.

Badate bene però, che l’unico sistema per cambiare rapporto sino ad allora era stato il fermarsi a bordo strada, sfilare dalla catena la ruota posteriore, invertirne il senso e innestare l’altro rapporto a disposizione: non una solu-zione molto pratica, non una cambiata partico-

L’invenzione del secolo?

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Moltepliche e pignoni

QUELLA SUA PRIMA MILANO-SANREMO DEL 1935 ERA GIÀ UN IMPRESA RIUSCIRE A CORRERLA E GINO BARTALI CHE SI ERA FATTO IL VIAGGIO DA FIRENZE IN TRENO PER MILANO, VALIGIA E BICICLETTA SOTTO BRACCIO, QUESTO LO SAPEVA BENISSIMO. MA CORRERLA SVANTAGGIATI, CON UN CAMBIO RAPPORTI INADEGUATO, NON POTEVA CERTO PERMETTERSELO.

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larmente veloce…

Poi da lì, da quel cambio di Bartali nel 1935 di strada ne è passata tanta sotto i ponti e sui ban-chi lavoro dei migliori meccanici al mondo, tra cui gli italiani con Campagnolo hanno scritto la storia dello sport ciclistico.Fa sorridere dunque che oggi, al momento in cui la tecnologia (Giapponese con Shima-no, american-taiwanese con Sram) ha mes-so a disposizione dei pedalatori dapprima la tripla moltiplica anteriore nelle Mountainbike, poi addirittura le 11 corone dietro con il dop-pio plateau davanti, oggi con cambio non più solo ad impulso meccanico, ma bensì persino elettronico, fa sorridere dicevamo che venga presentato come la scoperta del secolo il cam-bio XX1, ossia il cambio con monocorona sull’anteriore e 11 denti nel posteriore.

Di cosa si tratta dunque, dove stareb-be la grandiosa novità?

Gli inventori americani dicono, molti giornalisti (immaginiamo poco o proprio per niente sa-liti su una bici…) del settore riprendono nelle proprie rubriche tecniche, che il cambio mono-corona anteriore assicurerebbe una cambiata più precisa, perché escludendo il deragliatore anteriore si riduce così la possibilità di sbaglia-re (sbagliare!?!) incroci di rapporti. Dicono poi che così, se dovessimo trovarci in condizioni di fango proibitivo, la catena non dovendo salire e scendere sul deragliatore anteriore, non soffri-rebbe appunto gli intoppi provocati dal fango.Promettono altresì che la scala dei rapporti po-steriori, ampliata dal “vecchio” 11 (rapporto

minimo) – 36 (rapporto massimo) dei cambi finora esistiti ad un nuovissimo 10-42, riesca comunque a coprire tutte le esigenze di svi-luppo metrico che il “vecchio” 2x10 rapporti garantiva a piene mani.

Tenetevi forte però, perché ora vi sveliamo la soluzione super-innovativa che ci viene propo-sta per convincerci che l’1x11 è il futuro del-la trasmissione ciclistica, oltre che raccontarci che i 30 grammi in meno di questo cambio ri-

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ciclostile

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spetto al tradizionale 2x10 farà la differenza nel-la prestazione.

Col kit d’acquisto viene fornita la possibilità di scegliere l’alternativa tra corona anteriore da 30, 32 o 34 denti, così da accoppiar-la alla scala posteriore in base a percor-si con tanta salita (il 30), medi (il 32), con molta pianura-discesa (il 34).Bene. Come fare per cambiare queste tre coro-ne anteriori? Molto semplice, dicono: con chia-

ve a brugola e officina meccanica al seguito. Ossia smontando il plateau precedente per ri-montare quello necessario, prima di salire in bici.

Esatto, avete capito bene: il ciclista del ter-zo millennio per poter usufruire del rapporto adeguato in base al percorso (ovviamente, se necessario, anche durante il percorso…) deve attrezzarsi proprio come facevano i Valetti, Gi-rardengo e Binda, che tra moccoli irripetibili, perdevano corse e tempo, perché costretti ad affrontare salite e discese con rapporti vin-colati, con l’unica alternativa che avevano per cambiare rapporto che era quella di fermarsi!Immagino abbiate capito cosa ne pensiamo dell’ultima novità del mercato, che ovviamente deve inventare sempre qualcosa di nuovo per dare impulso al settore commerciale. Questo è comprensibile.

I reali vantaggi del nuovo XX1, rispetto al si-stema di trasmissione “tradizionale” invece lo sono molto di meno.Vi avremmo sconsigliato caldamente di chie-dere (oh se avessimo potuto farlo…) a Gino Bartali cosa ne poteva pensare della novità del terzo millennio, ossia il monocorona. Lui che per i primi anni della sua carriera aveva dovuto “combattere” col cambio praticamente inesi-stente del vecchissimo monocorona posteriore (con opzione di inversione ruota per innesta-re l’altro rapporto), a fronte del cambio Cam-pagnolo Gran Sport degli anni cinquanta per esempio, il primo cambio “moderno” azionato da due cavi e levette sulla canna obliqua. Sia-mo sicuri vi avrebbe risposto con la sua solita schiettezza: “gli è tutto sbagliato. Tutto da rifa-re”!

Moltepliche e pignoni

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