Chitra

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Rabindranath Tagore Chitra www.liberliber.it

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inno indiano di glorificazione alla donna

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    TITOLO: ChitraAUTORE: Tagore, RabindranathTRADUTTORE: Verdinois, FederigoCURATORE: NOTE:

    CODICE ISBN E-BOOK: [assegnato da Liber Liber]

    DIRITTI D'AUTORE: no

    LICENZA: questo testo distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

    TRATTO DA: Chitra : Dramma in un atto. Traduzione eintroduzione di F. Verdinois, unica autorizzata perl'Italia - Lanciano : G. Carabba, 1916. 16. p. XX,21-83.

    CODICE ISBN FONTE: non disponibile

    1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 3 gennaio 2012

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  • Indice generale

    INTRODUZIONE.......................................................... 6PREFAZIONE DELL'AUTORE..................................23CHITRA DRAMMA DI UN ATTO.............................24

    PERSONAGGI.........................................................25SCENA I................................................................... 26SCENA II..................................................................32SCENA III................................................................ 38SCENA IV................................................................ 43SCENA V.................................................................45SCENA VI................................................................ 46SCENA VII...............................................................50SCENA VIII.............................................................51SCENA IX CHITRA ed ARGIUNA........................58

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  • RABINDRANATH TAGORE

    CHITRA

    Dramma in un atto

    Traduzione di Federigo Verdinois

  • Chitra Rabindranath Tagore

    INTRODUZIONE

    Dalla remotissima delle letterature arriva fino a noi unacerta forma di dramma, alla quale ci riesce difficile as-segnare un posto che le dia nel nostro paese diritto dicittadinanza. L'India decrepita ci parla dal fondo deisuoi secoli con una voce fresca, ingenua, di una dolcez-za infantile, che suona quasi nuova ai nostri orecchi.Noi occidentali di oggi non sappiamo pi essere inge-nui, o per meglio dire, non siamo. L'arte dell'ingenuitnon s'impara. Si ingenui o non si . Ed appunto que-sta ingenuit di sensazioni immediate, di pensiero spon-taneo, di paurosa ammirazione, che produce i grandiosipoemi delle incolte societ primitive: incolte, cio noncorrotte. Oggi, da noi, il poeta troppo ragionatore.Vuole ad ogni costo esser vero, e sdrucciola nel reale,cio nel falso, poich non dato a noi veder le cosecome sono, e il vero sempre fuori del reale.Il Tagore, cos nei suoi drammi e nelle sue liriche comefino ad un certo punto nella sua filosofia, vuole esserpoeta, e tale veramente nel pi squisito senso della pa-rola. antico ed modernissimo. Vive col pensiero nelpresente, in mezzo alla nostra societ, e ci porta lontanofino al mondo fantastico di Valmichi, di Sudraka, di Ba-vabuti, di Calidasa.Non serve qui fare sfoggio di una facile erudizione, met-tendo a sacco le Enciclopedie. In queste potr attingere

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    chi ne abbia vaghezza i caratteri della lingua e della let-teratura indiana, i nomi, le date, le opere, le scuole e viadiscorrendo. Per pi ampie e sostanziali informazioni siconsultino anche il Langlois, il Wilson, il Colebrooke, equanti altri ne hanno scritto in opere speciali e nei volu-mi delle Asiatic Researches.

    Poesia, scienza, morale, religione si collegano, anzifanno un sol complesso di idee e di manifestazioni nellapoesia indiana, pi o meno tale. Il codice di Man di-steso in versi e cos pure molti trattati di filosofia.S'intende per che n in questi n in quello andremmo acercar la poesia.Il Tagore, come pi sopra detto, riesce ad assumere fi-sonomia moderna, bench dell'antico conservi molti ca-ratteri fra i pi spiccati. Ha tentato, forse senza pur sa-perlo, un innesto, e questo gli cos ben riuscito da met-ter subito fuori i germogli pi rigogliosi e promettenti.La singolare letteratura esuberante di fantasia e di misti-cismo, sposata alla mentalit moderna, non che snatu-rarsi, ha conferito all'arte un certo speciale atteggiamen-to tra il concreto e l'astratto, che a momenti ci abbagliacon lampi di verit e di bellezza, a momenti ci sgomentadavanti al mistero, c'infonde una soave malinconia, cisolleva nelle pure regioni dello spirito, e ad ogni modoci costringe a meditare.

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    Uno fra i principali canoni estetici del Tagore si desu-me da queste parole del suo Sdhan: "In arte, affannan-

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    doci dietro l'originalit, noi perdiamo di vista il vero,che antico ma sempre nuovo."Ma dov' e qual' questo vero ch'egli cerca?Nell'arte plastica, checch si dica dai sacerdoti della cri-tica, noi guardiamo soprattutto alla forma, alla linea,alla rispondenza ed armonia delle parti: a questa veritdi superficie le nostre esigenze si acquetano. L'Apollodel Belvedere, la Venere Medicea e in genere tutti i ca-polavori dell'arte greca, son belli all'occhio del riguar-dante, anche quando non siano altro che pura e sempliceespressione di bellezza visibile, poich la bellezza ha ilsuo significato e compie l'ufficio suo nell'emozione stes-sa che suscita. Nella poesia invece, pur tenendo contodella forma, noi andiamo oltre e domandiamo l'idea chela determina. E nel Tagore l'idea abbonda, la quale gligermoglia dentro insieme col sentimento e vi si avvin-ghia cos tenace da formar con esso tutt'una cosa.Dell'idea egli cos invasato da trascurare ogni sorta diartifizio, di lenocinio, di astuzia, che possa lusingarl'orecchio. Egli ha in orrore il verso che suona e che noncrea. Nel Gitanjali dice francamente che il suo cantonon ha pompa di vesti e di monili. Avendo qualche cosada dirci, un suo pensiero da comunicarci, di questo uni-camente sollecito; e se a noi, qua e l, non riesce di af-ferrarlo nella sua interezza, la colpa va forse imputataalla non impeccabile dizione inglese, in cui il poeta havoluto presentare al mondo occidentale l'opera sua.

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    Pel Tagore, come per ogni altro poeta indiano, il dram-ma non che un poema fatto per esser visto; e tal poe-ma di sua natura indirizzato ad un fine morale. Essosomiglia, secondo l'espressione di un loro scrittore, alladolcificazione di una bevanda salutare. Ricordiate il no-stro Torquato:

    Cos all'egro fanciul porgiamo aspersidi soavi licor gli orli del vaso;succhi amari, ingannato, intanto ei beve,e dall'inganno suo vita riceve.

    Oltre a ci, in lui come nei suoi predecessori pi o menofamosi, l'amore che negli altri generi di poesia spessolascivo, non appare mai assolutamente sensuale neldramma, dal quale anche escluso l'adulterio che tanta parte del nostro teatro e che con tanta arroganzavien predicato nel Kotuka Sarvaswa: "La legge dice,Non fare adulterio... Parola insensata! Sia nostra guidaci che i sapienti e gli stessi Numi osservano, non giprecetti da essi tenuti in non cale. Indra deluse la mogliedi Goiama; Siandra rap la fidanzata del suo maestro;Iama sedusse la sposa di Pand sotto la forma del mari-to; e Mahadeva corruppe le donne di tutti i pastori diVrindavana. Solo i folli panditi, reputandosi grandi savi,han fatto colpa di queste cose. Ma mi diranno: pre-cetto dei Risi. Ebbene? Erano tutti impostori, condan-navano piaceri che ad essi negava l'et cadente, e sol perinvidia vietavano altrui i godimenti a loro interdetti.Vero, verissimo; mai non udimmo predicare dottrinacos ortodossa."

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    Ma qui si limita l'affinit dell'autore di Chitra coi suoiconnazionali. Non complicazione di orditura, non neces-sit che il protagonista sia quasi sempre un nume, non ilsolito e abusato confidente, non il giullare (il vita e il vi-dusaka), non il prologo. L'autore entra subito in mediasres, va diritto al suo scopo, e la sua protasi ci porta dibalzo nel cuore dell'azione con la pittoresca avventura dicaccia, dalla quale Chitra ritorna scornata ed afflitta.

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    Chitra da capo a fondo un inno di glorificazione alladonna, un inno come nessuno ha mai intonato: alla don-na, come il poeta la concepisce e forse come veramen-te; ma non gi, si badi bene, alla donna visibile. La bel-lezza visibile e tangibile, la prepotenza delle forme,l'incanto a cui non si resiste, non ha alcun valore in con-fronto della bellezza che non si vede con gli occhi delcorpo. La prima bellezza una qualit, la seconda unasostanza; quella abbaglia, questa innamora e conquide;l'una sfiorisce e muore, l'altra di sua natura eterna. Ri-leggete, per intender meglio, la lirica XLIX del Giardi-niere:"Tengo le sue mani e la stringo al petto."Provo a empir le mie braccia della sua bellezza, a ruba-re il suo dolce sorriso coi baci, e a bere i suoi sguardineri coi miei occhi."Ah, ma dove si trova? Chi pu appropriarsi l'azzurro

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    del cielo?"Cerco di afferrare tanta bellezza; ma mi elude, lascian-do solo il corpo fra le mie braccia."Sconfortato e stanco, io parto."Come pu il corpo toccare il fiore, che solo lo spiritoriesce a sfiorare?"Insomma, l'amore spirituale o non ; e stando in questitermini, una donna pu anche dolersi di essere amataper la sua bellezza, anzi che per s. Pare una sottigliez-za, ma, a pensarci su bene, non : alle donne belle parra dirittura una bestemmia. Quando Argiuna, il guerrieroeremita, dice di vedere in Chitra, sol perch bella,l'incarnazione suprema della perfezione muliebre, Ahi-m esclama ella con amarezza non io son tale! e inquesta esclamazione tutta la tragedia della sua anima,tutto il succo del dramma.Eppure proprio lei, Chitra, che ha supplicato i Numi difarla raggiante di bellezza mortale per colpire i sensi espetrare il cuore di Argiuna, del quale ella s' invaghita

    Come talor per fama uom s'innamora.

    Nella prima cecit ella confonde il cuore coi sensi. Av-venutasi in lui per caso, assalita da una febbre che nonle d tregua e che la rende impaziente di conseguire ilfine ultimo dell'amore come lo sente in ogni sua fibra.Spezza tutti gli ostacoli del pudore, e si offre. Educatavirilmente, non ha ipocrisie d'ingenua ignoranza, si ac-cora all'idea che il giovane amato abbia fatto voto di ca-stit, ma sa pure che non pochi santi e sapienti sacrifica-rono una intera vita di meritorie mortificazioni ai piedi

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    di una donna. Vuol dunque possedere il talismano irresi-stibile; vuole ed impetra dai Numi benigni quelle sedu-zioni che le agevoleranno l'appagamento dell'agonia chela consuma. Se non che, subito dopo la felicit del pri-mo amplesso, desolata, ha coscienza e vergogna dellapropria abbiettezza, sa di non esser lei l'amata, soggiacealle ambite carezze come ad un oltraggio, e vorrebberendere ai Numi un dono che una menzogna. Vuole es-sere amata per s, non per una maschera presa a prestitodal dio dell'Amore e da quello dell'Eterna Giovinezza.Questa rapida ed angosciosa trasformazione fatta amaraviglia, e la figura di lei si eleva agli occhi nostri intutta la sua vera e nobile bellezza di donna.Lo stesso Argiuna, a tal segno ammaliato dalle procaciforme di lei da non esitare un sol momento a rinnegare isuoi voti di dodicenne celibato, solamente e veramentefelice, quando alla fine riesce a conoscer lei, ad amar lei,di quell'amore che come insegna il Sdhan la pialta felicit che l'uomo possa raggiungere.Forse la figura di Argiuna tracciata con tocco meno si-curo. Felice del possesso, egli non tormentato da im-pazienze spirituali, non da rimorsi pei voti traditi; eppe-r sembrerebbe precipitoso quel suo aprir gli occhi alleparole ultime di Chitra, n s'intenderebbe come si operiin lui un cos fulmineo prodigio da rivelargli il vero es-sere dell'amata, se non ci si ricordasse in tempo che coslui come il suo amore non sono de hoc mundo.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    La stessa considerazione milita a favor di Chitra, quan-tunque alla sua persona morale sia dato maggior rilievoed una pi logica evoluzione. Che sia o no possibile iltipo di Chitra non importa indagare, poich qui, fino adun certo punto, siamo fuori del possibile attuale. Navi-ghiamo a gonfie vele nella regione del sogno, del sopra-sensibile, del desiderabile, della perfezione. E la perfe-zione, si sa, non va cercata in terra e tanto meno a tea-tro. Il tipo di Chitra, che perci appunto originalissi-mo, non trova riscontro in altre letterature. Quantoall'idea in esso incarnata, si pu rinvenirla adombratanelle parole di Beatrice a Dante:

    Quando di carne a spirto era salita,e bellezza e virt cresciuta m'era,fui io a lui men cara e men gradita.

    E si capisce, perch Dante non era Argiuna, ed amava asuo modo, cio come gli uomini sanno amare, finch vi-vono su questa terra di cui son fatti. Eppure, a simiglian-za di Argiuna, egli si ravvede; ma ha bisogno per questodi salire fino in Purgatorio. Allora solo, guardando allasua donna che gli si mostra velata alla sponda sinistradel carro, risente il colpo dell'antico amore per occultavirt che da lei move, ed esclama:

    Sotto il suo velo, ed oltre la rivieraverde, pareami pi se stessa anticavincer, che l'altre qui, quando ella c'era.

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    Ci libriamo, come si vede, nel pi metafisico mistici-13

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    smo, e ci basterebbe un passo per entrare in pieno sim-bolo, come nel Re della Camera oscura. Poco importache quest'arte, diciamo cos, a doppio fondo non si con-faccia all'arte come noi la intendiamo, o piuttosto comela intesero i nostri poeti di ieri, poich quelli di oggi nonsi sa bene che cosa intendano e su quali vie si voglianomettere. L'arte, cui si vorrebbe imporre delle leggi, laliberissima fra le manifestazioni dello spirito. Quando leaccade di essere personale, quando cio l'artista, insoffe-rente di pastoie, ignora o si propone d'ignorare i canoniescogitati dall'estetica, allora appunto per una singola-re antinomia assorge alla dignit di arte universale eomne fert punctum. Bisogna accettarla com', da qua-lunque parte ci venga e quale che sia l'ideale cui mira,ancorch discorde da quelli che noi accarezziamo. Soloci lecito cercarne le rispondenze, non gi ad un proto-tipo prestabilito, ma allo spirito di chi ha intravisto ilfantasma in quel modo anzi che in un altro, e deliberata-mente gli ha dato vita in conformit delle proprie incli-nazioni, della educazione intellettuale e morale, deiprincipi congeniti, del credo filosofico adottato.Del resto, sia detto di passata, sono anche simboli, coiquali abbiamo una cara dimestichezza, l'antica Rachele,Lucia nimica di ciascun crudele, la donna gentile cheduro giudicio lass frange, e quell'altra donna di virt

    per cuil'umana specie eccede ogni contentoda quel ciel, c'ha minor li cerchi sui.

    E non serve qui ricordare per giunta i nostri drammi me-

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    tafisici del medio evo.*

    * *Si capisce subito che un'arte cosiffatta non debba e nonpossa esser mancipia della tecnica, la quale varia econvenzionale secondo i paesi e le epoche. Il Tagorepossiede intera la cos detta conoscenza del teatro, che poi anch'essa un convenzionalismo, reso presso che ne-cessario dall'ottica della scena. Ma non si giova di essaper cavar l'effetto, n di essa schiavo. Tanto ci veroche questo poema drammatico ha potuto essere rappre-sentato nelle Indie, senza scenario, da attori che recita-vano in mezzo agli spettatori, come le nostre anticheazioni liturgiche, che si davano in piena aria fra una cal-ca di gente devota, innamorata dello spettacoloso. Noncerca il nostro autore preparar di lunga mano e indurrele situazioni, non vago dell'improvviso, non va a cac-cia di motti od incidenti comici, non si cura di annodaree svolgere le fila dell'intreccio. Rifugge da questi artifi-zi. Sicuro del fatto suo, padrone della sostanza, pensie-roso di quel che ha da dire e vuol dire, compresodell'unico dovere di rivelare una verit, e di aiutare, perdirla, col Manzoni, lo sviluppo della forza morale, vi fafin dal principio indovinar la catastrofe. La quale poi ar-riva naturale, aspettata, necessaria, come una illazionedalle premesse. "Importa cos insegna il Sahitya Dar-pana che lo scioglimento nasca dall'azione come lapianta dal seme che la produce." N questa semplicit difattura nuoce in alcun modo all'economia del dramma,

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    poich questo bene ricordarlo ancora una volta non nella forma, ma tutto pensiero. L'azione in genere naturalmente povera. Ma vi supplisce il calore del senti-mento, e quasi si direbbe della fede. Pare che un fuocolatente e inestinguibile la vivifichi. Essa pi che altroun movimento d'idee; il succedersi delle scene n pin meno che una successione di stati d'animo. Eppure vicolpisce, perch voi stesso, lettore o spettatore, sietetratto, quasi da un potere arcano, a passare per cotestistati di animo, e anche perch quelle idee scaturisconocontemporaneamente dal cervello del poeta e dal vostro,come Minerva dal cervello di Giove, tutte armate epronte alla battaglia. Nel Re della Camera oscura c',per larghezza di disegno e per numero di personaggi,pi ricchezza d'incidenti, pi contrasto di caratteri, picontinuit e variet di azione apparente, come noi la do-mandiamo al nostro teatro; ma l'azione intima, diciamocos, l'azione che si svolge non vista, sempre viva, in-calzante, senza un momento solo di languore o di sosta,e circola rapida e calda come il sangue nelle venedell'uno e dell'altro organismo drammatico.In somma, come Chopin riusciva a comporre delle ro-manze eloquenti senza parole, il nostro autore pu an-che, fino ad un certo punto, fare un dramma senza azio-ne e magari senza personaggi.

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    Nondimeno cotesti personaggi, abitatori di un'altrasfera, nella quale mal vostro grado vi sollevano, costrin-

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    gendovi a respirarne, senza danno pei vostri polmoni, leaure sottili, non sono, come parrebbe alla prima, evane-scenti; e quella lor vanit che par persona ha un caratte-re spiccato, si mantiene sempre costante dal principioalla fine; e ciascuno di essi ha veramente rivestito mu-scoli e carne e ricevuto dalla potenza del genio creatorel'afflato divino della vita.Per questo trova il Tagore sulla sua tavolozza i coloripi smaglianti, senza aver bisogno di ricorrere ai bavaed ai rava (preordinate modificazioni morali, fisiche, in-tellettuali, ecc.), che la vecchia rettorica indiana impo-neva. Per lui, non gi venti pregi (anankara) deve pos-sedere una donna, ma ha quell'unico e divino di esserdonna; per lui non ci sono quarantotto maniere di essereeroe, perch l'eroismo, comunque si esplichi nel fattocontingente, nobilt di animo; e si potrebbe cos segui-tare a mettere in evidenza altre sue difformit dalle nor-me del teatro indiano tradizionale, se non si temesse discivolare nella morta gora dell'erudizione.Egli appartiene, ripetiamolo, al nostro tempo, moder-nissimo, originale, lui. Vedetelo in Chitra, dovel'azione circoscritta, come s' gi accennato, in unalotta spirituale, nell'angosciosa aspirazione di un'animaa rivelarsi nella sua pura interezza agli occhi dell'aman-te. "La brama della perfetta espressione dell'io dice al-trove lo stesso Tagore profondamente insitaall'uomo." Eppure Chitra non pare e non un'astrazio-ne; viva, vera, e ci sembra quasi che sotto il suonome si nasconda una donna da noi una volta non pi

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    di una volta incontrata nella vita. Nella scena III si of-friva spontanea all'autore una di quelle descrizioni vo-luttuose e caste ad un tempo, di cui abbondano gli scrit-tori suoi connazionali, pei quali l'atto pi accetto a Dio il gustar le delizie di questa valle di lagrime una va-riante del servite Domino in laetitia. E vedete intantocon che bravura, con che sicurezza egli affronta il peri-colo, e come il difficilissimo racconto suoni sulle labbradell'ardente amatrice senza macchiarne la purezza. unquadro di mano maestra, un capolavoro di realismo one-sto, dato che le due parole possano stare insieme senzaaccapigliarsi. La stessa situazione avrebbe dato modo aduno di questi realisti professionali di sfoggiare tuttequelle nude e crude scostumatezze, che recentemente inFrancia han meritato il premio Goncourt ad un libro cheha la pretesa di essere un romanzo e non che una ribal-deria. E non importa dirne il titolo e l'autore.

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    Quei nostri scrittori drammatici che, cercando l'origina-lit, pensarono di mettersi sulle pedate dell'Ibsen, per-dettero ogni contatto con questa disgraziatissima terrache noi calchiamo, e volendo imbandirci non si sa chequintessenza delle idee che non avevano, riuscironoegregiamente a felicitarci di una noia intollerabile. Trattiil simbolo chi vive di buona fede nel simbolo. Per noi ildramma rappresentazione di uomini, cio di passioni,di amori, di delitti, di spropositi, di pretese, di sacrifici,di eventi or tristi or lieti, che si svolgono qui e non fra le

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    nuvole. Se a qualcuno di cotesti originali imitatori ve-nisse ora voglia di far codazzo al Tagore, se ne guardibene, o ci vada almeno col pi di piombo e sappia dicerta scienza, senza farsi lusingare da temerarie vanit,

    Quid valeant humeri, quid ferre recusent.

    Non imitabile il Tagore, e in tutti i modi non sareb-be agevole e senza pericoli affrontarne l'impresa. La no-stra tecnica, la nostra mentalit, l'educazione, la tradi-zione letteraria, i contatti quotidiani e le miserie sontutt'una cosa con la nostra esistenza e col nostro modo diconcepir la vita in genere e l'arte in ispecie che s'inge-gna di esserne il riflesso. Il Tagore ha vissuto, pur con-servando i suoi ideali, nella societ che ci circonda; noino nella sua. Noi non intendiamo il famoso Nirvna,non sappiamo considerare il mondo come un'espiazione,non le nostre anime come imprigionate, non il corpocome spregevole, e siamo pi che indifferenti ad ognisorta di concezione panteistica. Sappiamo bens la piparte di noi, e solo per sentito dire, che c' un poema didugencinquantamila versi, stupenda creazione, che portail nome minaccioso di Mahabharata, cio di peso enor-me. Siamo empiti di stupore e di spavento, quando leg-giamo che da quei pazienti e inesauribili poeti si prepa-ravano tre milioni di distici per i Numi, un milione emezzo pei Pitri e un milione e quattrocentomila peiGandarvi. Non comprendiamo, nonostante gli sforzi deidotti, che cosa siano la madre, la bocca e la quintessen-za dei Veda, i quali ci paiono un cibreo di assurdit risi-bili, d'incomparabili bellezze e di odiose superstizioni.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    Eppure, se mai qualche eletto ingegno, fatte le debitetare, si desse a tentare l'ardua prova, noi si starebbe cu-riosi e trepidanti a spiare la buona riuscita di un innestoche spingerebbe in pi spirabil aere i suoi ramoscelli edarebbe forse un giorno frutti pi sani e meno aspri chenon si colgano oggi nella selva selvaggia delle lettere."Pu l'autore drammatico cade qui in taglio di ricorda-re il monito del Manzoni aiutarci a prendere l'abitudi-ne di fissare il nostro pensiero su quelle idee calme egrandiose che si cancellano e svaniscono tra il cozzodelle giornaliere realt della vita, e che, pi attentamentecoltivate e pi presenti, assicurerebbero meglio la nostrasaviezza e dignit. Procuri, dover suo, di toccar forte-mente gli animi, ma lo faccia con lo sviluppar l'ideale digiustizia e di bont che ciascuno porta in s, e non coltuffarlo nell'ideale delle passioni fittizie: lo faccia colsublimare la nostra ragione, non con lo esiger da essaumilianti sacrifici, a profitto della nostra mollezza e deipregiudizi nostri."

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    Questo cmpito, chi ben guardi, ha qui mirabilmentefornito il nostro autore, animato dallo stesso spirito dischietta morale, che forse e senza forse trascende le fa-colt concesse all'uomo. Singolarissimo merito suo gli che questa morale, anzi che arcigna ed ammonitrice, civenga davanti, dopo avere ottenuto dal dio della poesia come Chitra dai suoi numi tutti i pi fulgidi sorrisidella bellezza, tutte le pi seducenti grazie dell'arte. Il

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    rilievo dei caratteri, la logica psicologia del sentimento,il vigore del dialogo, la soavit delle immagini, il caloresempre vivo della passione e del pensiero dominante, viattraggono e vi tengono avvinti. Vi par quasi di aggirar-vi in un giardino lussureggiante di rarissimi fiori, ai qua-li non vi d l'animo di stender la mano per tema di sciu-parne le tenui membrane e di ucciderne il profumo. Epoi anche voi siete presi inconsapevolmente da una pun-gente curiosit di penetrare quel sottil velo di misteroche copre qui uomini e sentimenti; e sperimentate uncerto acuto diletto quando vi vien fatto di sollevarne unlembo. Voi siete come rapiti in un mondo pi puro, visentite migliori di voi stessi, provate una cos riposatadolcezza, che andate sfogliando lenti e pensosi le paginedel volume, quasi libando una preziosa bevanda, a pic-coli sorsi, per non veder troppo presto il fondo dellacoppa. A proposito di questo poema drammatico si po-trebbe ripetere quel che il conte de la Rivire diceva del-le lettere della Svign: Quand on a lu une de ses let-tres, on sent quelque peine, parce qu'on en a une demoins lire. Se non che, tale il fascino della bellissi-ma figlia del re di Manipur, che dopo letto una e duevolte il libro, lo si rilegge da capo a fondo col medesimogusto, quasi con l'ansia medesima, e se ne scoprono congrata sorpresa sempre nuove e riposte bellezze. Le qualitutte rampollano, quando si ricerchi bene addentro, daquel carattere di alta idealit, quasi inafferrabile, checonfina col simbolo, che vera e propria poesia, e delquale noi vorremmo toccar con mano e sentir la realt

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    viva e palpitante.Il che vuol dire che anche oggi in arte, checch bandi-scano le nuove scuole, pu entrare tutto ci che non ap-partiene alla vita quotidiana; vuol dire che il vero ha pivasti confini di quelli segnati dai sensi, e che la nuda erude realt pu qualche volta cedere il posto alla bellez-za del sogno.

    Napoli, giugno 1916.

    F. VERDINOIS

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    PREFAZIONE DELL'AUTORE

    Questo dramma lirico fu scritto circa venticinque annifa. basato sulla storia seguente tolta al Mahabharata.Peregrinando per compiere un suo voto di penitenza, Ar-giuna arriv a Manipur. Qui egli vide Chitrngad labella figliuola di Chitravhana, re del paese. Colpitodalle grazie di lei, ne domand la mano. Il re gli chiesechi fosse, e saputo che era Argiuna il Pandara, gli disseche Prabhangiana, uno dei suoi antenati nella casa realedi Manipur, non aveva per lunghi anni avuto figli. Perottenere un erede, si sottopose a rigide penitenze. Diquesta austerit compiaciuto, il dio Siva gli concesseche egli e i suoi successori avrebbero ciascuno avutounica prole. Ora accadde che invariabilmente il neonatofu maschio. Egli, Chitravhana, era il primo che avesseavuto una figlia per perpetuare la schiatta. L'aveva dun-que trattata sempre come un figlio e costituita suo erede.Continuando, il re soggiunse:"L'unico figlio che ella dar alla luce dovr essere ilcontinuatore della stirpe. A questo patto, se vi piace, viaccordo la sua mano."Argiuna promise e men in moglie Chitrngad, e vissetre anni nella capitale del padre di lei. Nato il figlio, egliabbracci affettuosamente la moglie, e tolto commiato,riprese il corso dei suoi viaggi.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    CHITRADRAMMA DI UN ATTO

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    PERSONAGGI

    NUMI:MADANA (Eros)VASANTA (Licori)

    MORTALI:CHITRA, figlia del Re di Manipur.ARGIUNA, principe della casa del Kurus. Appar-

    tiene alla Ksciatria ovvero casta guerriera, edurante l'azione vive da eremita in un bosco.

    CONTADINI di un distretto contiguo a Manipur.

    Questo dramma fu rappresentato nelle Indie senza scenario; gliattori recitavano in mezzo agli spettatori. Per rispondere alle ri-chieste di rappresentazioni altrove, l'autore lo volt in inglese e viaggiunse le relative istruzioni sceniche, le quali per vanno omes-se se il dramma vien pubblicato come libro.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA I

    CHITRASei tu il dio dai cinque dardi, il dio dell'Amore?

    MADANAIo son quegli che primo nacque nel cuore del Creatore.Io stringo in ceppi di pena e di gaudio la vita degli uo-mini e delle donne!

    CHITRASo, so bene che siano coteste pene e cotesti ceppi. E tuchi sei, mio signore?

    VASANTAIo son Vasanta, suo amico, Re delle stagioni. La morte ela decrepitezza condurrebbero il mondo all'estrema rui-na, se io assiduamente non le seguissi e non le combat-tessi. Io sono l'Eterna Giovinezza.

    CHITRAIo mi prostro a te, dio Vasanta.

    MADANAMa che austero voto il tuo, o bella straniera? Perchfare appassire la tua fresca giovinezza nella penitenza enelle mortificazioni? Un tal sacrificio mal s'accorda al

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    culto di amore. Chi sei tu e qual grazia domandi?

    CHITRAIo son Chitra, figlia della regia stirpe di Manipur. Per di-vino favore il dio Siva si degn promettere ad un mioreale antenato una linea ininterrotta di discendenza ma-schile. Nondimeno la parola del dio non pot mutare lascintilla vitale nel seno di mia madre tanto era inflessi-bile la mia natura, non altro che di donna.

    MADANALo so, ed per questo che tuo padre ti va educandocome figlio. Ei t'ha insegnato a trattar l'arco, non chetutti i doveri di un re.

    CHITRAS, epper indosso vesti maschili e ruppi la reclusione

    imposta alle donne. A me sono ignote le astuzie muliebriche avvincono i cuori. Le mie mani son forti da tenderl'arco, ma io non appresi mai il saettar di Cupido, ilgiuoco degli occhi.

    MADANAPer questo, o mia bella, non c' bisogno di studio.L'occhio, anche se indotto, fa il suo lavoro, e ben lo sachi n' colpito al cuore.

    CHITRAUn giorno, in cerca di selvaggina, io erravo sola nella

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    selva sulle rive del Purna. Legato il cavallo ad un tron-co, mi cacciai in una fitta boscaglia sulle orme di un dai-no. Un sentiero angusto e tortuoso s'insinuava fra le om-bre dei rami intrecciati, il fogliame vibrava allo stridodei grilli, quando di botto urtai in un uomo giacente at-traverso il mio cammino sopra uno strato di foglie sec-che. Gl'ingiunsi alteramente di tirarsi in l, ma egli nonsi mosse. Allora, in atto di spregio, lo toccai con la pun-ta acuminata dell'arco. Egli balz in piedi, alto, diritto,come una lingua di fuoco che guizzi improvvisa da unmucchio di cenere. Un sorriso beffardo gli sfiorava gliangoli della bocca, forse alla vista del mio aspetto diadolescente. Allora, per la prima volta in vita, mi sentiidonna, e compresi che un uomo mi stava davanti.

    MADANANell'ora propizia, io insegno all'uomo e alla donna la su-prema scienza di conoscer se stessi.

    CHITRATremante e stupita "Chi sei?" gli chiesi. Ed egli: "Iosono Argiuna del clan del gran Kurus." Impietrai comeuna statua, e stetti immota, dimenticando di fargli rive-renza. Era questi dunque Argiuna, l'unico idolo fulgidodei miei sogni! S, da gran tempo avevo udito com'eglisi fosse votato ad un celibato di dodici anni. Pi volte ilgiovanil talento ambizioso mi avea spronata a romperecon lui una lancia, a sfidarlo a singolar tenzone, a provarcontro di lui la mia perizia nelle armi. Ah, folle mio

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    cuore, dove fugg la tua presunzione? Grazia preziosis-sima avrei reputato barattar la mia giovinezza e tutte lesue aspirazioni con la zolla ch'ei premeva col piede.Non so in qual vortice di pensieri io mi perdessi, quandolo vidi in un attimo dileguarsi fra gli alberi. O femminastolta! tu non ti chinasti, n articolasti una parola, n im-plorasti perdono, ma rimanesti salda come zotica villa-na, mentre egli sprezzante si allontanava!... Il giorno ap-presso deposi gli abiti virili. Mi ornai di braccialetti, diarmille, del cinto ammagliato, d'una gonna di seta pur-purea. Le insolite vesti mi sfioravano le membra trepidedalla vergogna; mi avviai nondimeno frettolosa, e trovaiArgiuna nel tempio boschivo di Siva.

    MADANAContami tutto sino in fondo. Io sono il dio generato nelcuore, e intendo il mistero di cotesti impulsi.

    CHITRANon ricordo che in nube quel che dissi e le risposte chen'ebbi. Non mi chiedere che ti narri tutto. La vergognami percosse come folgore, non per mi fece a pezzi, tan-to io son dura, tanto son simile ad un uomo. Tornando acasa, le ultime sue parole mi pungevano le orecchiecome aghi roventi. "Io pronunciai voto di celibato. Ionon posso esser tuo marito!" Ah, il voto di un uomo! Ate certo noto, a te, dio dell'amore, che innumeri santi esapienti deposero i meriti di una intera vita di penitenzeai piedi di una donna. Io spezzai l'arco a mezzo e sca-

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    gliai nel fuoco le frecce. Mi fastidiva ora la vista delmio braccio robusto, agile, sgraffiato dal tender frequen-te la corda dell'arco. O Amore, o dio Amore, tu hai de-presso nella polvere il vano orgoglio della mia forza;tutto il mio tirocinio virile giace calpesto sotto i tuoi pie-di. E tu ora insegnami; infondi in me il potere della de-bolezza, dammi l'arme della mano disarmata.

    MADANAIo sar il tuo amico. Io trarr prigione davanti a te Ar-giuna il vittorioso del mondo, e far che accetti dalla tuamano la sentenza che lo punisca come ribelle.

    CHITRASe mi si desse a ci il tempo, a grado a grado saprei vin-cere il suo cuore, n solleciterei il favor dei Numi. Glistarei al fianco come un camerata, guiderei gl'indomiticavalli del suo carro di battaglia, gli sarei compagno ne-gli svaghi delle caccie, farei la guardia di notte alla por-ta della sua tenda, lo aiuterei in tutti i grandi doveri diun Ksciatria, soccorrendo e redimendo il debole, facen-do giustizia al diritto. Certo, un giorno verrebbe ch'eglisi volgerebbe a me, chiedendo a se stesso: "Chi questogiovinetto? o forse uno dei miei schiavi in una esistenzaanteriore mi ha seguito come le mie buone opere in que-sta vita presente?" Io non son donna da alimentare lamia disperazione nella solitudine, nel silenzio, nelle la-grime notturne, per dissimularla poi il giorno, vedovaeternamente inconsolabile, sotto la maschera di un sorri-

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    so rassegnato. Il fiore del mio desiderio non cadr mainella polvere se prima non abbia dato il suo frutto. Mauna vita intera si richiede perch si riveli ad altri e siapregiato l'intimo vero dell'anima. Epper venni alle vo-stre soglie, o Amore signor del mondo, o Vasanta, gio-vane dio delle Stagioni, e voi scongiuro che liberiate lemie membra dalla deformit originale, da una ingrata evolgare ruvidezza. Per un giorno solo fatemi superba-mente bella, cos bella come fu il subito fiorir dell'amorenel mio cuore. Datemi un breve giorno di perfetta bel-lezza, e rispondo io pei giorni che seguiranno.

    MADANAIo ti concedo, o fanciulla, quel che domandi.

    VASANTANon pel breve giro di un giorno, ma per tutto un anno,l'incanto dei fiori primaverili si accoglier sulle tuemembra.

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    SCENA II

    ARGIUNAFu delirio di sogno o realt quel ch'io vidi presso allago? Adagiato sul terreno muscoso, fra le ombre obli-que della sera, io meditavo sugli anni trascorsi, quandodalla tenebra fitta del fogliame emerse un'apparizione dibellezza nella forma perfetta di una donna, e stette inriva all'acqua sopra una bianca lastra di pietra. Parevache il cuor della terra dovesse sotto i candidi piedi di leigonfiarsi di gioia. Pensai un momento che i tenui veliche ne coprivano le membra si dissolvessero in estasinell'aria come la dorata nebbia dell'alba si scioglie sulpicco nevoso della collina in oriente. La vidi chinarsi sulterso specchio del lago, che ne rifletteva le squisite fat-tezze. Balz come spaurita e stette immota; sorrise poi,e con atto noncurante del braccio sinistro sciolse lachioma lasciandosela ricadere a terra fino ai piedi. De-nudato il seno, sulle braccia impeccabilmente modellatepos uno sguardo di tenera carezza. Chinando la testa,ella contemplava il dolce rigoglio della propria giovi-nezza, il soave incarnato della pelle. Un giocondo stupo-re le raggiava dal viso. Cos, se il bianco bocciuolo delloto, aprendo gli occhi al mattino, curvasse lo stelo e simirasse nell'acqua, sarebbe per tutto il giorno compresodi attonita compiacenza. Ma subito dopo il sorriso lespar dalle labbra e un'ombra di tristezza le oscur gliocchi. Raccolte le trecce, copertesi col velo le braccia,

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    ella trasse un sospiro e si dilegu come una bella serache si dissolva nella notte. Mi parve in quel punto che ilsupremo appagamento del desiderio mi fosse rivelato inun lampo, che subito si spense. Ma chi che spinge laporta?

    Entra CHITRA in vesti muliebri.Ah, lei! Calmati, o mio cuore! Non vi prenda timor dime, signora! Io sono un Ksciatria.

    CHITRANobil signore, voi siete mio ospite. Io abito questo tem-pio. Non so in che maniera degnamente accogliervi.

    ARGIUNABella signora, il solo vedervi la pi splendida acco-glienza. Se non l'aveste a prendere in mala parte, vorreifarvi una domanda.

    CHITRAParlate pure.

    ARGIUNAQual rigido voto vi tien murata in questo tempio solita-rio, privando i mortali d'una cos radiosa visione?

    CHITRAIo nutro in cuore una segreta bramosia, e tutti i giorni fopreghiere al Dio Siva che l'esaudisca.

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    ARGIUNAAhim, che potete voi bramare, voi che siete la brama ditutto il mondo? Io ho percorso la terra dalla collinaorientale dove il sole mattutino stampa la sua orma difuoco fino all'estremo lembo di occidente. Io ho vistoquanto vi al mondo di prezioso, di bello, di grande. Edio vi far dono della mia scienza, sol che mi diciate qualcosa voi cercate o qual uomo.

    CHITRAColui che cerco noto a tutti.

    ARGIUNADavvero? E chi sar mai questo favorito dei numi, la cuifama ha vinto il vostro cuore?

    CHITRAEgli il pi grande degli eroi, rampollo della eccelsa frale stirpi regali.

    ARGIUNAO signora, non vogliate immolare il tesoro di tanta beltqual' la vostra sull'altare di una falsa nomea. La famabugiarda si diffonde di bocca in bocca come la nebbiache precorre il sorgere del sole. Ditemi il nome di cote-sto incomparabile eroe nella pi nobile fra le case regali.

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    CHITRAVoi siete geloso, eremita, della fama altrui. Ignorate voiforse che in tutto il mondo la real casa del Kurus la piillustre?

    ARGIUNALa casa del Kurus!

    CHITRAE non vi suon mai all'orecchio il pi chiaro nome diquella casa?

    ARGIUNAFate ch'io lo apprenda dalle vostre labbra.

    CHITRAArgiuna, il conquistatore del mondo. Io raccolsi sullebocche della moltitudine quel nome immortale e lo ser-bai gelosa nel mio cuore di vergine. Perch ti turbi, ere-mita? forse bugiardo il lustro di quel nome? Se cosmi dirai non esiter un istante ad infrangere lo scrignodel mio cuore e a scagliar la falsa gemma nella polvere.

    ARGIUNAFalsa o vera che sia la sua fama, falso o vero il suo eroi-smo, deh! non vogliate sbandirlo dal vostro cuore, poi-ch egli in questo momento stesso vi si prostra ai piedi.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    CHITRAVoi Argiuna!

    ARGIUNAS, son io, io l'ospite sitibondo d'amore alla vostra so-glia.

    CHITRANon dunque vero che Argiuna facesse voto di castitper dodici anni?

    ARGIUNAMa voi disperdeste il mio voto come la luna disperde ilvoto di oscurit della notte.

    CHITRAOh, vergogna sul vostro capo! E che scopriste voi in meche vi costringa a mentire a voi stesso? Chi cercate voiin questi occhi neri, in queste braccia bianche come illatte, se vi dichiarate pronto a pagar per lei il prezzo del-la vostra onest? Non certo me, la mia anima, no. Nquesto pu essere amore, n il supremo omaggio di unuomo ad una donna! Triste cosa, che questa fragile ma-schera del corpo debba render ciechi alla luce dello spi-rito immortale! S, ora imparo veramente, Argiuna, chela fama del vostro eroico valore bugiarda.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    ARGIUNAOh, io sento quanto vana sia la fama, quanto vana la su-perbia delle gesta compiute! Tutto, tutto mi pare un so-gno. Voi sola siete perfetta; voi tesoro del mondo, termi-ne di ogni miseria, meta di ogni sforzo, voi, la donnaunica! Altre donne vivono che solo a grado a grado ci dato conoscere. Veder voi invece per un istante comevedere una volta per sempre la somma di ogni perfezio-ne.

    CHITRAAhim, non io son tale, Argiuna, non io! questol'inganno di un dio. Va, va, mio eroe, allontanati. Nonadorare la menzogna, non offrire il tuo gran cuore aduna illusione. Va.

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    SCENA III

    CHITRANo, impossibile. Affrontare quello sguardo ardente chequasi ti abbranca con le mani ferree dello spirito fameli-co; sentire il suo cuore che si sforza di spezzare i ceppi emanda un grido di passione da tutte le membra frementi, e mandarlo poi via come un mendicante, no, im-possibile.

    Entrano MADANA e VASANTAAh, dio dell'Amore, che fiamma terribile questa in cuimi avviluppasti! Io ardo tutta, io brucio ogni cosa ch'iotocchi.

    MADANADimmi, ti prego, quel che accadde ieri sera.

    CHITRATramontato il sole, mi adagiai sopra un giaciglio erbososparso dei petali di fiori primaverili, e rievocai col pen-siero la stupenda glorificazione della mia bellezza comel'avevo udita da Argiuna, sorbendo cos a stilla a stilla ilmiele che avevo raccolto lungo tutto il giorno. La storiadel mio passato e delle mie esistenze anteriori era affattocancellata. Io mi sentivo come un fiore, cui solo pochelabili ore son concesse per porgere ascolto alle sommes-se lusinghe, ai mormorii della foresta, per poi abbassar

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    gli occhi gi volti al cielo, chinare il capo, e senza ungrido abbandonarsi in un soffio alla terra, chiudendocos la breve storia di un momento felice che non hapassato n futuro.

    VASANTAUna illimitata vita di gloria pu fiorire e appassire in unsol mattino.

    MADANACome un'idea sconfinata esser costipata nell'angustospazio d'una canzone.

    CHITRALa carezza dell'aura meridiana mi persuase al sonno.Dalla pergola fiorita di Malati silenziosi baci stillavanosul mio corpo. Sui capelli, sul seno, sui piedi, ogni fioresceglieva un letto su cui morire. Io dormivo. Ed ecco,nel profondo del sonno, sentii come se un intenso avidosguardo, quasi con sottili dita di fiamma, toccasse le miemembra assopite. Balzai a mezzo sul mio giaciglio, evidi l'eremita che mi stava davanti. La luna volgeva adoccidente, insinuando tra le frondi i suoi raggi per spiarequesto prodigio di arte divina incarnato in una fragileforma umana. L'aria era pregna di profumi; il silenziodella notte parlava nello strido dei grilli; l'immagine de-gli alberi si disegnava immobile nello specchio del lago;ed egli, con in mano il suo bordone, si ergeva diritto,alto, tranquillo, come un albero della foresta. Mi parve,

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    aprendo gli occhi, di esser morta a tutte le realt dellavita, rinascendo in sogno in una regione di ombre. Lavergogna mi cadde ai piedi come una gonna discinta.Udii la sua voce: "Adorata, adorata mia!" E tutte quantele mie vite obliate si fusero in una, e risposero alla chia-mata. "Prendimi" esclamai, "prendimi tutta!" E protesi alui le braccia. La luna si nascose fra gli alberi. Una cor-tina di ombre copr ogni cosa. Il cielo e la terra, il tempoe lo spazio, il piacere e lo spasimo, la morte e la vita,annegarono insieme in un'estasi ineffabile, che trascen-de ogni forza umana. Al primo guizzo della luce, al pri-mo cinguettio degli uccelli, mi sollevai a mezzo, facen-domi sostegno del braccio sinistro. Egli giaceva assopi-to, con sulle labbra un vago sorriso simile alla luna cre-scente nel mattino. La rosea tinta dell'alba gl'illuminavala fronte superba. Sospirai e sorsi in piedi. Intrecciai leliane frondose per fargli schermo al viso contro i raggidel sole. Guardandomi intorno, vidi la stessa terra di pri-ma. Mi risovvenni di quel che ero, e come una dammapaurosa della propria ombra, fuggii per un sentiero co-sparso di fiori di scefali. Trovato un angolo solitario,caddi a sedere, con ambo le mani mi coprii la faccia, etentai di piangere. Ma non una lagrima mi bagn le ci-glia.

    MADANAAhim, povera figlia di mortali! Io involai alle urne di-vine il vino fragrante del cielo, ne colmai fino all'orlouna notte terrena, la porsi alle tue labbra, e nondimeno

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    sento ancora cotesto tuo grido di angoscia!

    CHITRA (con amarezza)Chi la vuot quella coppa? Il colmo pi squisitodell'umano desiderio, il primo amplesso di amore, mi funel punto stesso profferto e strappato! Questa belt chenon mia, questa menzogna che mi ammanta, si dile-guer a poco a poco portandosi insieme l'unico ricordodi quella dolce unione, a quel modo stesso che al soffiodel vento cadono i petali di un fiore; e la donna, vergo-gnosa della sua nuda povert, rimarr a piangere giornoe notte. O dio Amore, questa maledetta visione mi per-segue come un dmone, e mi rapisce tutti i doni di amo-re, tutti i baci di cui sitibondo il mio cuore.

    MADANACome fu vana, ahim, l'unica tua notte! Il battello dellagioia spunt alla vista, ma le onde non gli concessero ditoccar la riva.

    CHITRAIl cielo parve cos vicino alla mia mano, ch'io dimenticaiper un momento ch'esso non era disceso fino a me. Maquando la mattina mi fui riscossa dal mio sogno, trovaiche il mio corpo era diventato mio rivale. E incombe ame l'odiosa cura di coprirlo ogni giorno, di recarlo almio amato e d'impetrarne una carezza. O dio Amore, ri-prenditi il tuo dono!

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    MADANAMa se io te lo ritolgo, come ti mostrerai pi a colui cheti ama? Non sarebbe forse crudelt strappargli dalle lab-bra la coppa, quando appena ne ha libato il suo primosorso di piacere? E con quanto dispetto, con che odionon ti guarder egli allora?

    CHITRAMille volte meglio cos. Io me gli sveler quale sono,assai pi nobile che non sia questo travestimento. S'eglimi sprezza, se mi respinge, se mi trafigge il cuore, an-che questo io sopporter in silenzio.

    VASANTAAscolta un mio consiglio. Quando col venir dell'autunnomuore la stagione dei fiori, allora che s'inizia il trionfodelle frutta. Verr tempo che l'ardente rigoglio del corposar disfiorito, ed Argiuna accetter lieto la verit fecon-da e duratura che in te si racchiude. Torna, bambina, tor-na alla tua festa di follia.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA IV

    CHITRAPerch mi guardi cos, o mio guerriero?

    ARGIUNAGuardo alle tue mani che tessono cotesta ghirlanda. Ladestrezza e la grazia, come due gemelle, danzano lievisulla punta delle tue dita. Guardo e penso.

    CHITRAA che pensi, o signore?

    ARGIUNAPenso che tu, con la stessa soavit di tocco, vai intessen-do i miei giorni di esilio in una ghirlanda immortale percoronarmene quando far ritorno a casa mia.

    CHITRAA casa! Ma questo amore non fatto per una casa!

    ARGIUNANo?

    CHITRANo, mai, non parlarne. Porta pure con te tutto ci che forte e durevole. Lascia il fiorellino selvaggio dov'esso

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    spunt; lascialo soavemente morire al cader del giornofra i compagni languenti e le foglie appassite. Non por-tarlo nelle sale del tuo palazzo per scagliarlo sulle pietredel pavimento, incapaci di piet per le cose che sfiori-scono e cadono in oblio.

    ARGIUNAEd tale il nostro amore?

    CHITRAS, tale appunto. A che dolersene? Quel che fu destinatoai giorni riposati e vuoti di cure non dovrebbe mai so-pravvivere ad essi. La gioia si muta in dolore quando lesi chiude l'unica porta di uscita. Prendila e serbala fin-ch dura. Non volere che la saziet della tua sera esigapi che non possa ottenere il desiderio del tuo mattino...Il giorno finito. Cingi questa ghirlanda. Sono stanca.Prendimi fra le tue braccia, amore. Muoiano tutte le ma-linconiche ubbie nel dolce incontro delle nostre labbra.

    ARGIUNASilenzio! ascolta, adorata mia; le squille della preghieradalla lontana chiesetta del villaggio vibrano nell'aria ve-spertina attraverso gli alberi silenti!

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA V

    VASANTANon ne posso pi, non ti tengo piede, amico mio. Sonostanco morto. Ardua impresa mantener vivo il fuoco chetu hai acceso. Il sonno mi prende, il ventaglio mi cascadi mano, il bagliore dei tizzi si copre di fredde ceneri. Iomi riscuoto ad ogni poco dal mio sopore, e a tutto poteresoffio nella fiamma languente. Ma questo non pu dura-re.

    MADANAIo lo so che tu sei volubile come un fanciullo. In cieloed in terra, non trovi pace un momento, sei sempre irre-quieto. Le cose cui lavori per giorni e giorni con assiduae minuta cura tu stesso le distruggi in un attimosenz'ombra di rammarico. Ma l'opera nostra ormaipresso alla fine. Gli alati giorni del piacere hanno rapidoil volo, e l'anno, quasi al termine del suo corso, vienmeno in un'estasi di volutt.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA VI

    ARGIUNAMi son destato al mattino e ho trovato che i miei sogniavean distillato una gemma. Non ho scrigno da riporla,non corona di re dove incastonarla, non catena cui so-spenderla, eppure non mi d l'animo di buttarla via. Ilmio braccio destro di Ksciatria, oziosamente occupato atenerla, dimentica i suoi doveri.

    Entra CHITRA

    CHITRADimmi a che pensi, o signore!

    ARGIUNAHo in mente oggi di andare a caccia. Vedi come la piog-gia ruina in torrenti e sferza le coste della collina.L'ombra cupa delle nuvole incombe sulla foresta, e il ru-scello gonfiato, come la spensierata giovent, traboccadagli argini con un riso beffardo. In questi giorni piovo-si, noi cinque fratelli si solea battere la selva di Chitrakain caccia di belve. Bei tempi eran quelli. Danzavano inostri cuori al rullo delle nubi reboanti. Echeggiava laboscaglia dello strido dei paoni. Il picchio della pioggiae lo strepito delle cascate impedivano alla timida dam-ma di udire i nostri passi; i leopardi improntavano lezampe sull'umida terra, cos svelando il segreto dei loro

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    covi. Finita la caccia, ci si sfidava l'un l'altro a fendere anuoto i furiosi torrenti per tornare a casa. L'irrequietospirito torna ad invadermi. Io anelo di andare a caccia.

    CHITRAVa gi diritto per questa cava in cui ti sei messo. Sei tuproprio sicuro che la damma incantata da te inseguitadebba esser tua preda? No, non ancora. La selvatica bel-va, quando pi ti sembra vicina, si dilegua come un so-gno. Guarda come il vento cacciato dalla pioggia furi-bonda che gli scaglia dietro migliaia di strali. Eppureesso va sempre, libero ed invitto. Il nostro giuoco, amormio, somiglia a questo. Tu insegui l'alipedo spirito dellabellezza, scoccandogli tutti gli strali del tuo turcasso.Ma la magica damma, libera e non mai tocca, proseguela sua corsa.

    ARGIUNADimmi, adorata, non hai tu una casa dove dei cuoriamanti attendono il tuo ritorno? Una casa che un giornoallietasti con le tue cure e che vide spenta ogni lucedopo che la lasciasti per questi boschi?

    CHITRAPerch me ne chiedi? Son forse passate senza speranzadi ritorno le ore spensierate del piacere? Non sai forseche io altro non sono se non quella che ti sta davanti agliocchi? Non ho lontane visioni che mi sorridano oltre labreve cerchia di questo orizzonte. La brina che pende

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    dai petali di un Kinsuka non ha nome o meta prefissa.N ad alcuna domanda risponde. Colei che tu ami somi-glia quella perfetta gocciola di brina.

    ARGIUNAE non ha ella legami che la stringano al mondo? Non sa-rebbe dunque se non un frammento di cielo che un diofestevole lasci sbadatamente cadere in terra?

    CHITRAS.

    ARGIUNAAh, gli per questo che ad ogni poco mi sembra di per-derti! Il mio cuore insoddisfatto, l'anima non trovapace. Vieni, vienmi pi presso, o inaccessibile! Lasciatilegare dai vincoli di un nome, di una casa, del sangue.Fa che il mio cuore ti senta tutta, e viva con te nella pa-cifica sicurezza dell'amore.

    CHITRAA che questo sforzo inane per afferrare e serbar gelosa-mente il colore delle nubi, la danza delle onde, il profu-mo dei fiori?

    ARGIUNAMia dolce signora, invano tu speri acquetar l'amore coituoi vaghi nonnulla. Dammi alcun che da stringere,qualche cosa che duri pi del piacere, che resista anche

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    fra gli spasimi.

    CHITRAO mio eroe, l'anno non ancor pieno, e gi tu sei stan-co! Ora intendo io perch il Cielo benigno fece cos la-bile la vita del fiore. Se questo mio corpo avesse langui-to e fosse morto insieme coi fiori dell'ultima primavera,avrebbe incontrato certo una bella e degna morte. Eppu-re son contati i suoi giorni, amor mio. Non risparmiarlo,spremine tutto il miele, per tema che il tuo cuore, pove-ro ed insaziato, non torni ad esso ancora ed ancora,come un'ape ingorda, quando i fiori dell'estate giaccionoesanimi nella polvere.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA VII

    MADANA questa l'ultima notte.

    VASANTALa bellezza del tuo corpo torner domani agli inesauri-bili serbatoi della primavera. La tinta porporina delle tuelabbra, immemori dei baci di Argiuna, torner a fiorirenelle foglie fresche dell'asoka, e il morbido candore del-la tua pelle rinascer in centinaia di gelsomini fragranti.

    CHITRAO numi, esaudite la mia preghiera! Stanotte, nell'ora suaestrema, fate che la mia bellezza rifulga della sua lucepi viva, come l'ultimo guizzo d'una fiamma morente.

    MADANASar pieno il tuo voto.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA VIII

    CONTADINIChi ci protegger ora?

    ARGIUNAE qual pericolo vi minaccia?

    CONTADINICome un'alluvione di montagna scendono a torme i pre-doni dalle colline settentrionali per devastare il nostrovillaggio.

    ARGIUNANon avete in questo regno chi vi tuteli?

    CONTADINILa principessa Chitra era lo spavento dei malfattori.Quando era qui, in questa terra felice, non di altro siavea paura che della morte naturale. Ora partita, inpellegrinaggio, e nessuno sa dove trovarla.

    ARGIUNAUna donna dunque regge il vostro paese?

    CONTADINIS, ella ci fa da padre e da madre nel tempo stesso.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    (partono)

    Entra CHITRA

    CHITRAPerch te ne stai cost solo?

    ARGIUNASon qui che vado cercando di figurarmi che specie didonna possa essere la Principessa Chitra. Sento di leicento storie da ogni sorta di gente.

    CHITRAAh, non bella, sai. Non ha gli splendidi occhi che hoio, neri come la morte. Pu passar da parte a parte qual-sivoglia scudo, ma non gi il cuore del nostro eroe.

    ARGIUNADicono di lei che abbia il valore di un uomo e la tene-rezza di una donna.

    CHITRAEd questa appunto la somma sua sventura. Quandouna donna semplicemente donna; quando coi sorrisi, isinghiozzi, le cure, le carezze, si avvolge e si avviticchiaintorno ai cuori degli uomini; allora felice. A che legiovano la dottrina e le gesta gloriose? Se tu l'avessi ve-duta ieri nel peristilio del tempio dedicato al dio Siva sulmargine del bosco, saresti passato oltre senza degnarla

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    d'uno sguardo. Ma a tal segno dunque ti ha fastidito labellezza della donna da farti cercare in lei il vigore di unuomo?Con verdi frondi imperlate dagli spruzzi della cascata ioho disteso il nostro letto meridiano in una caverna oscu-ra come la notte. L, dalla frescura dei folti muschi cherivestono la nera volta pietrosa stilleranno sulle tue pal-pebre teneri baci, che ti persuaderanno al sonno. Lasciache io vi ti guidi.

    ARGIUNAOggi no, cara.

    CHITRAPerch non oggi?

    ARGIUNADicono che una banda di predoni sia non lontana. M'forza andare a preparar le mie armi per proteggere i vil-lici atterriti.

    CHITRANon aver paura per loro. Prima di muovere al suo pelle-grinaggio, la principessa avea munito di forti guardietutti i valichi della frontiera.

    ARGIUNAConsenti nondimeno che io compia per breve tempo ildoveroso ufficio di Ksciatria. Di novella gloria nobilite-

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    r questo braccio inoperoso, e di esso far pi degnoguanciale al tuo capo.

    CHITRAE se io mi opponessi? se ti trattenessi qui, avvinto fra lemie braccia? Ti scioglieresti tu villanamente dalla strettaper lasciarmi? Va dunque! Sappi per che la liana, spez-zata una volta, non si ricongiunge pi mai. Va, se la tuasete spenta. Ma se cos non fosse, tieni bene a menteche la dea del piacere volubile e non aspetta. Fermatiancora un poco, o mio signore! Dimmi, quali molestecure ti travagliano. Chi tenne oggi occupato il tuo pen-siero? Chitra forse?

    ARGIUNAS, Chitra. Vorrei sapere qual voto da compiere le feceintraprendere il suo pellegrinaggio. Di che mai potevaella aver bisogno?

    CHITRADi che? E che ebbe ella mai la sventurata creatura? Lestesse sue doti son per lei come le mura d'una prigione,che le chiudono il cuore in una nuda segreta. Ella oscura, incompleta. Il suo amor di donna deve conten-tarsi dei cenci che lo ricoprono: ogni bellezza le nega-ta. Ella somiglia lo spirito di un malinconico mattino,seduto sul picco roccioso di un monte, ed avvolto da nu-vole oscure che ne velano tutta la luce. Non mi chiederedella sua vita. Ingrata storia suoner sempre all'orecchio

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    di un uomo.

    ARGIUNAIo mi struggo di saper tutto di lei. Sono come un viag-giatore che arrivi sulla mezzanotte in una citt straniera.Cupole, torri, giardini, paiono fantasmi evanescenti,mentre il cupo gemito del mare giunge di lontano attra-verso il silenzio del sonno. Ed egli aspetta ansioso ilmattino, che gli sveli tutte le maraviglie che lo circonda-no. Oh, narrami la sua storia!

    CHITRAE che altro potrei aggiungere?

    ARGIUNAA me sembra di vederla, con l'occhio della fantasia, ingroppa di un bianco cavallo, reggendo superba le redinicon la mano sinistra, stringendo nella destra un arco, ecome la Dea della Vittoria spargendo intorno il giubilo ela speranza. Simile a vigile leonessa, ella con ardente af-fetto ferino, copre e difende lo strame ai suoi poppanti.Son belle le braccia di una donna, quantunque non di al-tro adorne che di robustezza non costretta da ceppi! Ilmio cuore, o diletta, irrequieto come un serpe che tornialla vita dopo il lungo torpore dell'inverno. Vieni, infor-chiamo due rapidi corsieri e galoppiamo a fianco, comedue gemine orbite luminose che fondano lo spazio. Fuo-ri, fuori da questa assonnata prigione di tenebra verde,fuori da questa umida e fitta volta che attossica coi pro-

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    fumi e mozza il respiro.

    CHITRAArgiuna, dimmi la verit: se ora, di botto, per virt dimagia, io potessi scuoter da me questa voluttuosa mor-bidezza, questo rigoglio di belt ritroso al tocco rude ecupido del mondo, e scagliarla lungi dalle mie membracome una veste presa a prestanza, ti sentiresti tu di sop-portare il colpo? Se io mi rizzassi davanti a te in tutta laforza di un cuor virile ed impavido, spregiando le sub-dole arti della debolezza che avvince; se tenessi alta latesta come un giovane abete dei monti, e non pi stri-sciassi nella polvere come una liana, potrei io attirare glisguardi di un uomo? No, no, tu non reggeresti a tal vi-sta. Meglio vale ch'io seguiti a diffondere intorno tutti ifragili allettamenti della giovinezza fuggevole e che pa-ziente ti aspetti. Quando ti piacer di far ritorno, io timescer sorridendo il vino del piacere nella coppa dellamia bellezza. Stanco e sazio della bevanda, tu andrai allavoro o allo svago; e quando la vecchiezza mi avr so-praggiunta, io accetter umile e grata quel qualunquecantuccio che mi sar riserbato. Piacerebbe forse allatua anima di eroe che la compagna dei notturni sollazziaspirasse ad esserti di ausilio nel giorno, e che il bracciosinistro imparasse a sostener parte del fardello che lie-ve al robusto braccio diritto?

    ARGIUNAPare ch'io non giunga mai a conoscerti a fondo, a discer-

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    nere qual sei veramente. Tu mi sembri una dea nascostain una immagine dorata. Tu sei per me inaccessibile, nio riesco a sdebitarmi dei tuoi doni senza prezzo. Il mioamore incompleto. A momenti, nella profondit arcanadel tuo sguardo malinconico, nelle parole giocose chesuonano beffa di quel che esprimono, mi balena la visio-ne di una creatura che tenti lacerare le grazie languidedel suo corpo, per emergere in un casto fuoco di doloreattraverso un vaporoso velo di sorrisi. L'Illusione ilprimo aspetto della Verit. Ella s'avanza travestita in-contro al suo amante. Ma il giorno arriva in cui getta viaveli ed ornamenti e si mostra circonfusa di nuda maest.Io cerco brancolando l'intimo, l'ultimo tuo essere, io cer-co te, cerco la semplicit pura e limpida del vero.A che coteste lagrime, amor mio? Perch ti copri con lamani il viso? Ti ho io dato un dolore, adorata? Dimenti-ca quanto dissi. Mi basta il presente. Venga a me ognisingolo istante di bellezza come un uccello di misteroche lasci il suo nido nascosto nell'ombra per recarmi unmessaggio di melodia. Ch'io stia sempre in attesa con lamia speranza sulla soglia del suo compirsi imminente, ecos chiuda i miei giorni.

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    SCENA IXCHITRA ed ARGIUNA

    CHITRA (avvolta in un mantello)O mio signore, fu dunque vuotata la coppa fino all'ulti-ma stilla? questa veramente la fine? No, pur quandotutto compiuto, qualche altra cosa da compiere, ed questo l'ultimo sacrificio ch'io depongo ai tuoi piedi.Dai giardini del cielo io portai meco fiori d'incompara-bile bellezza coi quali adorarti. Se il rito fu assolto, se ifiori sono ormai avvizziti, lascia che io li getti fuori deltempio (si svela, mostrandosi nelle primitive vesti maschili.) Edora guarda con occhio benigno alla tua adoratrice.Io non ho la eccelsa bellezza dei fiori che ti recai inomaggio. Molte manchevolezze sono in me, molte men-de mi deturpano. Io sono una viaggiatrice sull'imperviosentiero del mondo; le mie vesti son lorde, i miei piediinsanguinati dalle spine. Dove e come dovr io conse-guire l'incanto della bellezza dei fiori, l'immacolata ve-nust di una vita che dura un istante? Il dono ch'io tireco superba il cuore di una donna. In esso si raccolse-ro tutte le angosce e le gioie, le speranze e i timori e levergogne di una figlia della polvere; qui l'amore erompeed impenna anelante il volo verso la vita immortale. Quisi asconde una imperfezione, che pur nobile e grande.Se il sacrificio dei fiori al suo termine, accogli me, omio signore, come tua serva pei giorni che verranno.Io son Chitra, la figlia del re. Ricorderai forse il giorno

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  • Chitra Rabindranath Tagore

    che una donna ti si present nel tempio di Siva, carichele membra di ori e di gemme. Quella donna spudorataveniva a sollecitarti di amore, quasi fosse stata un uomo.Tu la respingesti, e facesti bene. Io, o signore, son quel-la donna. Ella era il mio travestimento. Impetrai alloradai numi, per un anno, il dono della pi radiante bellez-za che abbia mai favorito una mortale, e con l'abbiettamenzogna vinsi e stancai il cuore del mio eroe. Quelladonna, certo, non sono io.Io son Chitra. Non sono una Dea degna di culto, n og-getto da destar piet e da essere spazzato via con indif-ferenza come una tignuola. Se tu ti degni avermi al fian-co nel sentiero del pericolo e delle ardite imprese, se tumi consenti di esserti ausilio negli alti doveri chet'incombono, allora s conoscerai me, quale sono. Se latua creatura ch'io nudrisco nel seno sar un bimbo, iostessa gl'insegner ad essere un secondo Argiuna, e asuo tempo lo mander da te. Allora finalmente tu mi co-noscerai. Per oggi, non posso offrirti che Chitra, la fi-gliuola di un re.

    ARGIUNAO adorata, io non chiedo altro alla vita.

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