Chimica Organica

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POLIMERI Un polimero è una macromolecola costituita da un numero elevato di piccole unità strutturali chiamate monomeri. Non sempre l’unità ripetitiva della catena polimerica corrisponde al monomero dal quale si sintetizza il polimero. Condizione fondamentale per essere un monomero è che la molecola abbia la possibilità di poter fare due o più legami (es. idrossiacidi, ε-caprolattame, derivati vinilici, ecc.). Monomeri bifunzionali daranno origine a polimeri lineari, monomeri con più funzioni formeranno polimeri ramificati o reticolati. Quando la macromolecola è costituita da una sola unità ripetitiva si parla di omopolimeri, mentre se sono presenti due unità ripetitive si parla di copolimeri (terpolimeri se tre). I copolimeri a loro volta si possono suddividere in statistici, alternati, a blocchi e “graffati”. Data la notevole diversità delle strutture e delle applicazioni i composti polimerici possono essere classificati in modi diversi. NATURALI PROTEINE POLISACCARIDI POLIMERI ELASTOMERI SINTETICI TERMOPLASTICI TERMOINDURENTI Un’utile classificazione dei polimeri è quella che si basa sul diagramma carico/allungamento. Un polimero che arriva al carico di rottura senza deformazioni si dice reticolato; uno che presenta una moderata deformazione e carichi di rottura anche elevati è una fibra; uno che presenta elevate deformazioni anche per piccoli carichi è un elastomero; un polimero che ha un comportamento intermedio tra una fibre e un elastomero è un polimero plastico. I polimeri comunemente impiegati per materiali reticolati si possono riunire in quattro famiglie: resine fenoliche (fenolo-formaldeide); resine amminiche (urea-formaldeide); resine poliestere e resine epossidiche (glicoli e dialogenoderivati) Polimeri comunemente impiegati come fibre: Nylon-6 Nylon-10 Nylon-6,6 Nomex Polietilentereftalato (PET) Poliacrilonitrile (PAN) Polietilene (PE) Polivinilcloruro (PVC) Polipropilene (PP) isotattico Polivinilidencloruro Teflon (PTFE) Polivinilalcol NH(CH 2 ) 5 CO ( ) NH(CH 2 ) 10 CO ( ) NH(CH 2 ) 6 NHCO(CH 2 ) 4 CO ( ) NH NHCO ( CO ) COO(CH 2 ) 2 O ) OC ( CH 2 CHCN ) ( CH 2 CH 2 ( ) CH 2 CH ( ) CH 3 CH 2 CHCl ( ) CH 2 CCl 2 ( ) CF 2 CF 2 ( ) CH 2 CHOH ( )

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i polimeri

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POLIMERI Un polimero è una macromolecola costituita da un numero elevato di piccole unità strutturali chiamate monomeri. Non sempre l’unità ripetitiva della catena polimerica corrisponde al monomero dal quale si sintetizza il polimero. Condizione fondamentale per essere un monomero è che la molecola abbia la possibilità di poter fare due o più legami (es. idrossiacidi, ε-caprolattame, derivati vinilici, ecc.). Monomeri bifunzionali daranno origine a polimeri lineari, monomeri con più funzioni formeranno polimeri ramificati o reticolati. Quando la macromolecola è costituita da una sola unità ripetitiva si parla di omopolimeri, mentre se sono presenti due unità ripetitive si parla di copolimeri (terpolimeri se tre). I copolimeri a loro volta si possono suddividere in statistici, alternati, a blocchi e “graffati”. Data la notevole diversità delle strutture e delle applicazioni i composti polimerici possono essere classificati in modi diversi.

NATURALI PROTEINE

POLISACCARIDI

POLIMERI ELASTOMERI

SINTETICI TERMOPLASTICI TERMOINDURENTI

Un’utile classificazione dei polimeri è quella che si basa sul diagramma carico/allungamento. Un polimero che arriva al carico di rottura senza deformazioni si dice reticolato; uno che presenta una moderata deformazione e carichi di rottura anche elevati è una fibra; uno che presenta elevate deformazioni anche per piccoli carichi è un elastomero; un polimero che ha un comportamento intermedio tra una fibre e un elastomero è un polimero plastico. I polimeri comunemente impiegati per materiali reticolati si possono riunire in quattro famiglie: resine fenoliche (fenolo-formaldeide); resine amminiche (urea-formaldeide); resine poliestere e resine epossidiche (glicoli e dialogenoderivati) Polimeri comunemente impiegati come fibre:

Nylon-6 Nylon-10 Nylon-6,6

Nomex Polietilentereftalato (PET)

Poliacrilonitrile (PAN) Polietilene (PE) Polivinilcloruro (PVC) Polipropilene (PP) isotattico Polivinilidencloruro Teflon (PTFE) Polivinilalcol

NH(CH2)5CO( ) NH(CH2)10CO( ) NH(CH2)6NHCO(CH2)4CO( )

NH NHCO( CO )COO(CH2)2O )OC(

CH2CHCN )( CH2CH2( )CH2 CH( )

CH3

CH2CHCl( )

CH2CCl2( ) CF2CF2( ) CH2CHOH( )

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Polimeri comunemente impiegati come plastiche: HDPE, LDPE PVC PTFE Polistirene (PS) Policarbonati

(PP) Polimetilmetacrilato (PMME) Polimeri comunemente impiegati come elastomeri: Poliisoprene cis (gomma naturale) Polibutadiene (EPR) Gomma butile Policloroprene (Neoprene) (SBR) Silicone (ABS) Poliuretani Uno degli aspetti che maggiormente distingue una macromolecola sintetica da una semplice molecola organica è l’impossibilità di assegnare un peso molecolare esatto al polimero. Questo dipende dal fatto che durante la reazione di polimerizzazione si sono formate catene polimeriche di diversa lunghezza (cioè con un numero variabile di monomeri). Quello che si ottiene da una polimerizzazione è quindi una distribuzione di un certo numero di macromolecole con differenti pesi molecolari. Si possono quindi definire diversi pesi molecolari medi in base a come si viene calcolata la media. I più comuni sono:

<M>n = Σ NiMi / Σ Ni e <M>w = Σ wiMi / Σ wi Si può dimostrare che il rapporto <M>w / <M>n indica il grado di dispersione del polimero (il rapporto vale 1 per una distribuzione monomodale e diventa via via maggiore di 1 quanto più larga è la curva di distribuzione). Il grado medio di polimerizzazione è dato dal rapporto tra <M>n e il peso dell’unità ripetitiva. Alle basse temperature un polimero è sempre allo stato solido, aumentando la temperatura si rompono le forze attrattive tra le macromolecole e il sistema, se non si degrada, diventa un liquido più o meno viscoso.

CH2CH2( )

CH2 CH( )

CH3

CH2CHCl( ) CF2CF2( ) CH2CH(C6H5)( )

CH2( C

COOCH3

)

CH3 O R COO )(

CH2 C CH

CH3

CH2( ) CH2 CH CH CH2( )

CH2 C CH

Cl

CH2( )CH2( C

CH3

CH3

)

O( Si

R

R

) R1( NHCOOR2OOCHN )CH2( CH

CN

CH2 CH )

C6H5

CH( CH CH CH2 )

(CH2( CH2) (CH2 CH) )

CH3

m p

CH2 CH CH CH2( CH2 CH(C6H5) )

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Ci sono due modi nei quali un polimero compie la transizione dallo stato solido a quello liquido e dipende da come sono organizzate le molecole allo stato solido. Se il solido è costituito da un polimero amorfo (vale dire, le catene sono disposte a “random coli”) non si osserva un passaggio di stato netto, ma un graduale rammollimento del materiale in modo analogo a quanto accade ai vetri inorganici. Durante il riscaldamento del solido, si può tuttavia individuare una temperatura alla quale si registra una variazione della crescita del volume specifico (transizione di secondo ordine). A questa temperatura, detta temperatura di transizione vetrosa (Tg), il polimero è passato dallo stato vetro a quello di gomma. Se il solido polimero è completamente cristallino (vale a dire, le catene presentano un certo tipo di ordine e si può individuare una cella ripetitiva) all’aumentare della temperatura si osserva un netto aumento, praticamente isotermo, del volume specifico (transizione di primo ordine) e il polimero fonde, seguendo un processo del tutto analogo a quello osservato nei cristalli inorganici. La temperatura alla quale avviene la transizione di fase è detta temperatura di fusione (Tm). Si deve tuttavia rilevare che la temperatura di fusione di una molecola organica è strettamente connessa al suo peso molecolare, quindi per un polimero monodisperso si ha effettivamente una Tm precisa, mentre si osserva un intervallo di temperature di fusione tanto più grande quanto maggiormente è disperso il polimero. In questo caso Tm è la temperatura alla quale fonde l’ultima parte di polimero, vale a dire la frazione di macromolecole con il più alto peso molecolare. Spesso un materiale polimerico è semicristallino, quindi, per riscaldamento, dallo stato vetroso rigido, prima di liquefare a Tm, passa attraverso uno stato viscoelastico a Tg. Un’altra temperatura significativa di un polimero è la temperatura di depolimerizzazione (Tc). Se consideriamo l’equazione ∆G = ∆H - T∆H per una reazione di polimerizzazione si osserva che dal punto di vista entropico è sfavorita (il polimero è più ordinato dei monomeri), mentre dal punto di vista entalpico è favorita (sono reazioni di somma o con formazione di molecole stabili). La reazione è quindi termodinamicamente possibile per valori di temperatura inferiori a ∆H / ∆S. Occorre tuttavia rilevare che per molti monomeri la Tc è superiore alla temperatura di degradazione.

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MONOSACCARIDI I monosaccaridi sono i monomeri che costituiscono i carboidrati più complessi. Hanno formula generale CnH2nOn dove n varia tra 3 e 8. Si possono considerare dei composti poliidrossicarbonilici. I monosaccaridi che hanno il gruppo aldeidico si chiamano aldosi; quelli col gruppo chetonico si chiamano chetosi.

(R)-Gliceraldeide Diidrossiacetone La gliceraldeide contiene un carbonio asimmetrico, esistono quindi i due enantiomeri R ed S. L’(R)-Gliceraldeide corrisponde alla forma levogira D. La D-Gliceraldeide serve come riferimento per l’assegnazione della configurazione relativa di tutti gli aldosi e chetosi, infatti un D-monosaccaride è quello che ha la stessa configurazione del penultimo carbonio della D-Gliceraldeide. D-Ribosio 2-Desossi-D-Ribosio

D-Glucosio D-Galattosio D-Fruttosio

CHO

C OHH

CH2OH

CH2OH

C

CH2OH

O

CHO

C OHH

C

C

H OH

CH2OH

H OH

CHO

C HH

C

C

H OH

CH2OH

H OH

CHO

C OHH

C

C

HO H

C

H OH

H OH

CH2OH

CHO

C OHH

C

C

HO H

C

HO H

H OH

CH2OH

CH2OH

C

C

O

HO

C

H

H

C

OH

OHH

CH2OH

Page 5: Chimica Organica

Aldeidi e chetoni possono reagire fra loro e formare degli emiacetali. La reazione è favorita quando i due groppi funzionali sono nella stessa molecola e quando si formano anelli di 5 o 6 atomi. La chiusura dell’anello provoca la formazione di un nuovo centro chirale, detto carbonio anomerico. Gli anelli a 6 atomi vengono chiamati –piran-, quelli a 5 atomi –furan-. I modi più comuni di rappresentazione delle strutture sono o con le formule di Haworth o nella conformazione a sedia. I due anomeri sono designati α quando l’-OH del C anomerico è sotto il piano dell’emiacetale ciclico, e β quando è sopra.

α-D-Glucopiranosio β-D-Fruttofuranosio (α-D-Glucosio) (β-D-Fruttosio)

I monosaccaridi presentano le reazioni tipiche degli alcoli e dei composti carbonilici. Particolarmente importanti: la mutarotazione (inversione della forma α e β del carbonio anomerico), la formazione di glicosidi (formazione dell’acetale), la riduzione ad alditoli e l’ossidazione ad acidi aldonici.

CHO

C OHH

C

C

HO H

C

H OH

H OH

CH2OH

OHC

H

CH2OH

OH

OH

OH

OO

CH2OH

OH

OH

OH OH

O

CH2OH

OH

OH

OH

OH

CH

OO O

O

CH2OH

OH

OH

OH OH

CH2 OH

CH2OH

OH

OH

HO O

Page 6: Chimica Organica

DISACCARIDI

I carboidrati sono presenti in natura, per la maggior parte, sotto forma di più unità di monosaccaridi legate tra di loro da legami di tipo glicosidico tra il carbonio anomerico di una unità e un –OH dell’altra. Si parla quindi di disaccaridi quando sono legati tra di loro due monosaccaridi o più in generale di oligosaccaridi quando il numero di unità è compreso tra 4 e 10. Per reazione di idrolisi si formano i corrispondenti monosaccaridi. Saccarosio (legame glicosidico tra il C1 del glucosio e il C2 del fruttosio) α-D-glucopiranosil-β-Dfruttofuranoside, o β-D-fruttofuranosil-α-D-glucopiranoside Maltosio (legame α-glicosidico tra C1 e C4 di due unità di glucosio) Cellobiosio (legame β-glicosidico tra C1 e C4 di due unità di glucosio) Lattosio (legame β-glicosidico tra C1 del galattosio e il C4 del glucosio)

O

CH2OH

OH

OH

OH O

CH2

OH

OH

CH2OH

HO O

O

CH2OH

OH

OH

OH O

O

CH2OH

OH

OHOH

O

CH2OH

OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OHOH

O

CH2OH

OH

OH OOH O

CH2OH

OH

OHOH

Page 7: Chimica Organica

POLISACCARIDI I polisaccaridi sono costituiti da un numero elevato di unità di monosaccaridi legati da legame glicosidico. Particolarmente importanti sono i polisaccaridi del glucosio. L’amido è la riserva di energia delle piante ed è costituito da due polisaccaridi principali: per il 20-25% da amilosio e per il 75-80% da amilopectina. In entrambi il legame è α-1,4 glicosidico. Il glicogeno è la riserva di carboidrati degli animali. Presenta una struttura simile all’amilopectina, ma più ramificata, con più bassi pesi molecolari e anche con legami α-1,6 glicosidici. La cellulosa è la parte strutturale dei vegetali. Si tratta di un polimero lineare di peso molecolare medio 400000. Il legame è β-1,4 glicosidico. Le fibre di cellulosa sono costituite da diverse catene polimeriche legate tra loro da legami a ponte di H. Il cotone è cellulosa quasi pura. Dalla cellulosa si possono far derivare diversi esteri di interesse commerciale (xantato, acetato, nitrato)

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH

O

O

CH2OH

OH

OH O

O

CH2OH

OH

OH O

O

CH2OH

OH

OH O

O

CH2OH

OH

OH O

Page 8: Chimica Organica

GRASSI ED OLI I grassi animali e gli oli vegetali, come altri lipidi, sono composti organici naturali caratterizzati da insolubilità in acqua e solubilità in solventi apolari. Queste sostanze, dette anche trigliceridi, sono esteri della glicerina e di acidi carbossilici a lunga catena. Quasi tutti gli acidi sono a catena lineare e con un numero pari di atomi di carbonio compreso tra 12 e 20. Negli acidi grassi insaturi naturali di solito prevale l’isomero cis. Gli acidi grassi più comuni più comuni sono gli acidi palmitico, stearico e oleico (insaturo). Gli acidi grassi insaturi hanno punti di fusione inferiori rispetto ai corrispondenti acidi saturi e sono percentualmente più presenti nei grassi vegetali (oli) che in quelli animali. Altri acidi presenti nei grassi, oltre a quelli già visti nel capitolo della nomenclatura sono: CH3(CH2)6COOH caprilico (p.f. 16°C) CH3(CH2)8COOH caprico (p.f. 32°C) CH3(CH2)10COOH laurico (p.f. 44°C) CH3(CH2)12COOH miristico (p.f. 58°C) CH3(CH2)18COOH arachidico (p.f. 77°C) CH3(CH2)5CH=CH(CH2)7COOH palmitoleico (p.f. 32°C) Composizione percentuale media dei principali acidi grassi in alcuni grassi animali e vegetali Acido pf(°C) burro strutto sego oliva soia lino cocco arachide Butirrico 2.6 - - - - - - - Capronico 1.6 - - - - - 0.5 - Caprilico 1.5 - 0.1 - - - 7.0 - Caprico 2.2 0.1 0.1 - - - 5.7 - Decenoico 0.4 - - - - - - - Laurico 44 2.5 0.1 0.1 tr. - - 48.5 tr. Dodecenoico 0.2 - - - - - - - Miristico 54 8.1 1.5 3.7 0.1 tr. tr. 18.0 tr. Miristoleico 2.6 tr. 1.3 - - - - - Palmitico 63 25.3 25.0 27.3 13 11.5 65. 8.8 11.0 Palmitoleico 32 4.5 2.6 3.7 1.9 0.3 0.2 - 0.2 Stearico 70 9.1 15.2 24.0 1.5 4.2 4.8 2.8 4.3 Oleico 4 32.8 46.0 32.0 73.0 23.0 22.0 7.0 53.0 Linoleico -5 5.0 8,8 2.5 10.0 54.0 14.4 1.7 30.0 Linolenico -11 1.7 0.5 2.0 0.5 8.0 52.0 - tr. Arachico 77 - - - - 0.1 - - 1.5 Quando un acido grasso superiore si trova esterificato con alcoli monossidrilici a lunga catena non si parla più di grassi, ma di cere.

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DETERGENTI, SAPONI ED ALTRI DERIVATI DEI GRASSI I saponi sono dei sali degli acidi grassi e si possono ottenere per reazione con soda caustica (reazione di saponificazione, vedi reazioni degli esteri) Il sapone è in grado di rimuovere lo sporco di origine grassa grazie alle sue proprietà emulsionanti. Una molecola di sapone si può vedere come una lunga catena idrocarburica insolubile in acqua che termina con una testa polare solubile in acqua. Le parti insolubili di diverse molecole di sapone, se poste in acqua, tendono a raggrupparsi in modo da diminuire le interazioni col solvente polare, formando un aggregato che presenta al suo esterno i gruppi carbossilato. Questo aggregato, solubile in acqua, è detto micella. Quando una micella viene posta in contatto con dello sporco grasso, le parti interne lipofile della micella tendono a inglobare lo sporco non polare, formando una nuova micella più grande contenente al suo interno lo sporco non idrosolubile. I detergenti sintetici funzionano come i saponi, essendo costituiti da lunghe catene alchiliche non polari con gruppi polari (i più diffusi sono i gruppi solfonato e solfato) legati ad una estremità. Attualmente i più importanti appartengono alla categoria dei sodio alchilbenzensolfonati lineari (LAS). La linearità della catena è importante dal punto di vista della biodegradabilità del composto, in quanto le catene ramificate non vengono più degradate una volta immesse negli scarichi. Questi detergenti sintetici cationici presentano alcuni vantaggi rispetto ai saponi. Sono infatti efficienti anche in acque “dure” (ricche cioè di ioni Ca2+ e Mg2+) perché i solfonati di questi metalli, diversamente dai carbossilati, sono solubili in acqua. Inoltre, essendo sali di acido forte e base forte, diversamente dai saponi, non fanno idrolisi alcalina. Dagli acidi grassi ottenuti dai grassi si possono, attraverso una reazione di riduzione; ottenere i corrispondenti alcoli che possono anch’essi essere utilizzati come detergenti (oltre a essere impiegati nella sintesi di esteri altobollenti e usati come plastificanti). Questi stessi alcoli, trattati con eccesso di ossido di etilene, formano dei polietossilati, impiegati come detergenti non ionici. La composizione di un detersivo commerciale comprende, oltre ad una miscela di detergenti cationici, anionici (sali di tetralchilammonio) e non ionici, tutta una serie di addittivi quali: sbiancanti ottici, ossidanti, agenti chelanti, enzimi, ecc. . Per idrogenazione di un grasso insaturo si ottiene un grasso saturo più duro di quello di partenza. Questo processo è sfruttato in industria alimentare nella produzione delle margarine, che, essendo meno insature, sono più resistenti degli oli al processo di irrancidimento (formazione di acidi o aldeidi a basso peso molecolare volatili e di cattivo odore dovuta all’attacco dell’ossigeno atmosferico in posizione allilica). Altro impiego degli acidi grassi insaturi è come oli siccativi nel campo delle pitture e vernici. L’acido insaturo, in presenza dell’ossigeno atmosferico, polimerizza formando una sottile pellicola (reazione radicalica simile a quella dello zolfo nella vulcanizzazione del lattice di gomma).

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AMMINOACIDI E PROTEINE (O POLIPEPTIDI) Le proteine sono delle poliammidi naturali le cui unità monomeriche , che si ottengono per idrolisi, sono costituite da 22 amminoacidi che, eccetto la glicina che non ha C chirali, sono tutti αα-amminoacidi e quasi tutti possiedono la configurazione L. Le proteine presentano una notevole versatilità di funzioni. Gli enzimi costituiscono la classe più specializzata e hanno la funzione di catalizzare e regolare le reazioni cellulari. A una seconda classe appartengono le proteine strutturali (es. collagene). Altre proteine fungono da trasportatori (es. emoglobina) e così via. L’esatta sequenza dei diversi α-amminoacidi costituenti la catena è chiamata struttura primaria della proteina. Il legame –CO-NH- che unisce le diverse unità monomeriche è detto legame peptidico; da cui il nome alternativo dato alle proteine. Formule, nomi e simboli convenzionali degli L-amminoacidi che entrano come costituenti nelle proteine; Con l’asterisco sono indicati gli 8 essenziali: Glicina (Gly) Alanina (Ala) Valina (Val)* Leucina (Leu)* Isoleucina (Ile)* Fenilalanina (Phe)* Aspargina (Asn) Glutammina (Gln) Triptofano (Trp)* Prolina (Pro) Serina (Ser) Treonina (Thr)* Tirosina (Tyr)

H H

CO2H

NH2

H CH3

CO2H

NH2

H CH(CH3)2

CO2H

NH2

H CH2CH(CH3)2

CO2H

NH2

H CHCH2CH3

CO2H

NH2 CH3

H CH2

CO2H

NH2

H CH2CONH2

CO2H

NH2

H CH2CH2CONH2

CO2H

NH2

H CH2

CO2H

NH2

N

H

HOC

O

CH2

CH2CH

NCH2H

H CH2OH

CO2H

NH2

H CHOH

CO2H

NH2 CH3

H CH2

CO2H

NH2

OH

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Idrossiprolina (Hyp) Cisteina (Cys) Cistina (Cys-Cys) Metionina (Met)* Arginina (Arg) Acido glutammico (Glu)

Lisina (Lys)* Istidina (His) Acido aspartico (Asp) Il ripiegamento della catena polimerica genera livelli di maggiore complessità. La struttura secandaria di una proteina è definita come la conformazione locale dell’ossatura polipeptidica, specificata in 2 strutture distinte: foglietto ββ-ripiegato e αα-elica. Queste strutture si spiegano in base al fatto che il legame carbonio-azoto del legame peptidico possiede un apprezzabile carattere di doppio legame (giustificato in termini di risonanza) e quindi la libera rotazione intorno a questo legame è impedita. L’ossigeno del carbonile e l’idrogeno del –NH- assumono quindi una geometria tipo trans costringendo i gruppi R a disporsi alternativamente a entrambi i lati della catena. Immaginando di accostare diverse catene di questo tipo si vede immediatamente che la strutura piana che si forma presenterebbe dei forti ingombri sterici dovuti alla vicinanza dei gruppi R. Creano quindi delle piccole rotazioni intorno ai legami in modo da convertire la struttura piana nel cosiddetto foglietto β-ripiegato. La struttura ad α-elica è un’elica destrorsa con 3.6 amminoacidi per ogni giro. Ciascun H di gruppo ammidico della catena forma legami a H con un O di un altro gruppo ammidico sotto- o sovrastante che è localizzato ad una distanza pari a tre amminoacidi. I gruppi R sono tutti orientati verso l’esterno; la distanza ripetitiva dell’α-elica è 1.5 A. La struttura terziaria di una proteina riguarda la sua forma tridimensionale quale deriva da ulteriori ripiegamenti delle catene che si sovrappongono alle spirali delle α-eliche. Queste pieghe non sono ovviamente casuali e determinano le funzioni specifiche delle proteine, tanto che la loro localizzazione è specifica di ogni proteina. La stabilizzazione della struttura terziaria è dovuta a legami di van der Waals, legami a H, interazioni ioniche e ponti disolfuro. Come conseguenza del ripiegamento delle catene si ha la presenz del maggior numero di gruppi idrofili verso l’esterno e di idrofobi verso le sacche interne. Le proteine globulari tendono ad essere maggiormente avvolte di quelle fibrose. Alcune proteine contengono nella loro struttura gruppi non proteici. Quando le catene peptidiche si coordinano intorno a questi gruppi (vedi l’emoglobina) si può parlare di struttura quaternaria delle proteine.

CH

CH2CH

NCH2H OH

HOCH CH2SH

CO2H

NH2

H CH2

CO2H

NH2

S CH2 H

NH2

CO2H

S

H CH2CH2SCH3

CO2H

NH2

H CH2CO2H

CO2H

NH2

H CH2CH2CO2H

CO2H

NH2

H CH2CH2CH2CH2NH2

CO2H

NH2

H CH2CH2CH2NH

CO2H

NH2

C NH2

NH

H CH2

CO2H

NH2

N

N

H