Chiesa Viva - WebDiocesi · cato tutto il capitolo V della costituzione sulla Chiesa per ricordarci...

11

Transcript of Chiesa Viva - WebDiocesi · cato tutto il capitolo V della costituzione sulla Chiesa per ricordarci...

2 Chiesa Viva editoriale

Chiamati alla Santità

l’intenzione

del mesePerchè con lo sforzo dei credenti unito alle forze vive della società si possano spezzare le nuove e vecchie catene che impediscono lo sviluppo del Continente africano.

Anno XXXIX

n. 11/2006Novembre

Redazione: Piazza Duomo 2 • 36100 VicenzaTel. 0444 226546/7 • Fax 0444 226545Portale Internet: www.missioni.vicenza.chiesacattolica.itE-mail: [email protected]. 13548367

Direttore responsabile: Valentino GrollaComitato di redazione: Massimiliano Bernardi,Fabio Ogliani, Luca De Marzi, Giancarlo Pianezzola,Luciano Bicego, Arrigo Grendele.

Aut. Trib. di Vicenza n. 181 del 4/12/1964Iscriz. registro naz. della stampa n. 2146 del 9/10/1987

Editing/grafico: Think srlVia Dell’Artigianato, 22 • Villaverla • 0445 350636

Stampa: IGVI Bolzano Vicentino

ChiesaVivaper voi...

La rivista, strumento di informazione e ani-mazione missionaria e diocesana, è desti-nata sopratutto alle famiglie, che possonodare una offerta (si propongono circa 10,00euro pari a 19.362 Lire annue) per le OpereMissionarie ed il Seminario

I Santi sono nostri protettori e nostrimodelli di vita. La Chiesa con la festadi tutti i Santi ci invita a onorarli, masoprattutto a rinnovare la nostra fedenella comunione con la grande schieradi quanti sono nella pienezza di Dio.

Questo mese di novembre si aprecon la festa di tutti i santi. E’ unafelice occasione per pregarli

come nostri intercessori, ricordare i loroesempi, ma soprattutto per riflettere sullasantità a cui tutti siamo chiamati. La san-tità consiste nel vivere secondo la fede el’amore. Il concilio Vaticano II ha dedi-cato tutto il capitolo V della costituzionesulla Chiesa per ricordarci che tuttisiamo chiamati alla santità, riprendendol’antico discorso biblicoche presentava i cristianicome santi ed eletti e valo-rizzando una tradizioneteologica che vedeva laChiesa come comunionedei santi. Questa espres-sione che ripetiamo ognivolta che recitiamo ilCredo ha la sua origine dal-l’assemblea eucaristica,durante la quale i ‘santi’partecipano alle ‘cosesante’. “Tutti coloro checredono nel Cristo, di qual-siasi stato di vita, sonochiamati alla pienezzadella vita cristiana e allaperfezione della carità”(L.G. 40).

Dio è il Santo per eccellenza. Lasua santità si è manifestata nelFiglio suo Gesù, ‘il santo di Dio’,

che santifica ed è fonte di santità per isuoi discepoli, ai quali dona la sua vitaper amore. Noi siamo “santificati permezzo dell’offerta del Corpo di Cristo”,leggiamo nella lettera agli Ebrei. Gesù,divenuto Signore, trasmette la sua santi-tà alla Chiesa per mezzo dei sacramenti,che portano a noi la vita di Dio. La san-tità cristiana è dunque una partecipazio-ne alla vita di Dio, che si attua nella fedee con i mezzi che la chiesa ci offre, inparticolare con i sacramenti. La santitànon è però semplicemente frutto dellosforzo umano che tenta di raggiungerecon le sue forze Dio; essa è dono del-l’amore di Dio cui noi siamo chiamati acorrispondere nelle nostre diverse condi-zioni di vita. Ci dice appunto il Concilio:“Nei vari generi di vita e nei vari compi-ti una unica santità è coltivata da quantisono mossi dallo Spirito di Dio e, obbe-dienti alla voce del Padre e adorando inspirito e verità Dio Padre, camminano al

seguito del Cristo povero, umile e caricodella croce, per meritare di essere parte-cipi della sua gloria. Ognuno, secondo ipropri doni e uffici deve senza indugiavanzare per la via della fede viva, laquale accende la speranza e opera permezzo della carità” (L.G.41)

Il culto e la devozione ai santi ricono-sciuti come tali per la eroicità delleloro virtù sono iniziati con il culto dei

martiri. All’inizio la comunità cristianapregava per essi come per tutti gli altridefunti, ma ben presto, ci si rese contodell’anomalia di questa consuetudine.“E’ sconveniente pregare per i martiri,scriveva S. Agostino, perché siamo noi adoversi raccomandare alle loro preghie-

re”. A partire dai martiri le forme di san-tità riconosciute si moltiplicarono: aimartiri si aggiunsero tanti confessoridella fede e testimoni della carità. Oggiil calendario della Chiesa ce ne ricordaun numero grandissimo. Lo fa, ci precisasempre il concilio, perché noi raccoglia-mo il loro esempio, per avere degli inter-cessori presso Dio, ma soprattutto “per-ché l’unione della Chiesa nello Spiritosia consolidata dall’esercizio della fra-terna carità. Poiché, come la cristianacomunione tra i cristiani della terra ciporta più vicino a Cristo, così la comuni-tà dei santi ci congiunge a Lui, dal quale,come dalla loro fonte e dal loro capopromana ogni grazia e la vita dello stes-so popolo di Dio” (L.G. 50). Ecco con-fermata la profonda unione, che abbiamoimparato ancora nel vecchio catechismo,tra la chiesa ancora pellegrinante suquesta terra, la chiesa già trionfantepresso Dio e, nella memoria dei nostridefunti, la realtà anche di una chiesapurgante che attende il nostro suffragio.

V. Grolla

Facciata Duomo di Orvieto

Mentre lasciamo Verona per tornare allenostre Chiese, vogliamo manifestare lagioia profonda per aver vissuto insiemequesto 4º Convegno Ecclesiale Nazionale.Portavamo con noi il desiderio di ravvi-vare, per noi e per tutti, le ragioni dellasperanza. Nell’incontro con il Signorerisorto, abbiamo rivissuto lo stupore, latrepidazione e la gioia dei primi discepo-li.

Oggi, come loro, possiamo dire:“abbiamo visto il Signore!”.

Lo abbiamo visto nel nostro essere insie-me e nella comunione che ha unito tuttinoi e che ha preso forma di Chiesa nel-l’ascolto della Parola e nell’Eucaristia.Lo abbiamo incontrato nella persona diPapa Benedetto e ascoltato nelle sue parole.Lo abbiamo toccato con mano nella testi-monianza dei cristiani che, nelle nostreterre, hanno vissuto il Vangelo facendodella santità l’anelito della loro esistenzaquotidiana. Abbiamoavviato i nostri lavorilasciandoci illumi-nare dai loro volti,che sono appar-si a rischiararela notte chescendevasull’Arena.Lo abbiamoconosciutoden-

tro eoltre leparole di quantihanno raccontato lafatica

di vivere nel nostrotempo e insieme hannomostrato il coraggio di guardarea fondo la realtà, alla ricerca deisegni dello Spirito, efficace-mente presente anche nellastoria di oggi.Lo abbiamo sperimentato neidialoghi di queste giornateintense e indimenticabili, espressione dicorresponsabile amore per la Chiesa edella volontà di comunicare la perla pre-ziosa della fede che ci è stata donata.Su questa esperienza del Signore risorto sifonda la nostra speranza.La nostra speranza, infatti, è una Persona:il Signore Gesù, crocifisso e risorto. InLui la vita è trasfigurata: per ciascuno dinoi, per la storia umana e per la creazionetutta. Su di Lui si fonda l’attesa di quel

mondo nuovo ed eterno, nel quale saran-no vinti il dolore, la violenza e lamorte, e il creato risplenderà nella suastraordinaria bellezza.Noi desideriamo vivere già oggisecondo questa promessa e mostrareil disegno di un’umanità rinnovata, in

cui tutto appaia trasformato.In questa luce, vogliamo vivere gli

affetti e la famiglia comesegno dell’amore di Dio;

il lavoro e la festacome momenti diun’esistenza com-

piuta; la solidarietàche si china sul

povero e sul-l’ammalato

come espres-sione di fra-

ternità; ilrapporto

tra legenerazio-

ni comedialogovolto a

liberare leenergie

profondeche ciascu-no custodi-

sce dentro di

sé, orientandole alla verità eal bene; la cittadi-

nanza come eserci-zio di

responsabilità, aservizio della giu-

stizia e dell’amore, per uncammino di vera pace.Non ci tiriamo indietro davanti alle grandisfide di oggi: la promozione della vita,della dignità di ogni persona e del valoredella famiglia fondata sul matrimonio;l’attenzione al disagio e al senso di smar-rimento che avvertiamo attorno e dentrodi noi; il dialogo tra le religioni e le cultu-re; la ricerca umile e coraggiosa della san-tità come misura alta della vita cristianaordinaria; la comunione e la corresponsa-bilità nella comunità cristiana; la necessitàper le nostre Chiese di dirigersi decisamen-te verso modelli e stili essenziali ed evange-licamente trasparenti.Papa Benedetto XVI ci ha ricordato che lavia maestra della missione della Chiesa èl’“unità tra verità e amore nelle condizio-ni proprie del nostro tempo, per l’evange-lizzazione dell’Italia e del mondo dioggi”. La verità del Vangelo e la fiducianel Signore illuminino e sostengano ilcammino che riprendiamo da Verona conpiù forte gioia e gratitudine, per esseretestimoni di Gesù Risorto, speranza del

34° Convegno Ecclesiale Nazionale

Testimoni di Gesù Risorto, Speranza del mondo

Messaggio alle Chiese particolari in Italia

MARTEDÌ 7 NOVEMBRE 2006 Lectio su 1 Pietro 3,15; “Pronti sempre a renderle ragione dellasperanza che è in voi”Biblista: Teresina CaffiMissionaria Saveriana

I Martedì dellaMissione

2006-2007

MARTEDÌ 21 NOVEMBRE 2006 Conferenza “Il coraggio della speranza per una chiesamissionaria oggi”Relatore: Mons. Bruno Maggioni, docenteall’Università Cattolica di Milano

Alle ore 20.30presso i Padri Saveriani di Viale Trento - VI

DOMENICA 26 NOVEMBRE 2006 Incontro animatori gruppi missionari,madri apostoliche e zelatrici POMDalle ore 8.30 alle 11.30Presso i Padri Saveriani di Viale Trento -

4 2 Novembre

Un ricordoriconoscente

Il giorno successivo alla festa di tutti iSanti la Chiesa ci invita al ricordo e alsuffragio per i nostri defunti. Molti diessi sono già in Dio. Altri attendonol’ultima purificazione.

Tutti noi abbiamo persone care daricordare e alle quali dobbiamoriconoscenza: nonni, genitori, fra-

telli, amici, tutte persone che ci hannovoluto bene e che ci hanno fatto del bene.Hanno reso possibile la nostra nascita, lanostra crescita e hanno sostenuto lanostra esistenza. Il nostro ricordo e lanostra preghiera di suffragio per loro èdunque preghiera di riconoscenza, di rin-graziamento, di gratitudine. Nella fede noi pensiamo i nostri defun-ti già tornati nella casa paterna. Dunquesono ancora vivi, anzi più vivi di primaperché partecipi della stessa vita eternadi Dio. Ogni volta che li ricordiamonon li pensiamo come defunti e trapas-sati, ma come viventi, come presenti evicini a noi, capaci di accompagnarcidall’alto. Quando noi portiamo fiorisulle loro tombe esprimiamo non solo ilnostro amore e la nostra riconoscenza,ma anche la nostra fede nella loro vitache continua in modo diverso dopo lamorte temporale. Affermiamo così

anche la nostra fedenella vita spirituale diogni essere umanodopo la morte, anzinella risurrezione.Gesù nostro fratello èmorto, ma è ancherisorto per primo. Ciha aperto la stradacome capo-cordataperché anche noi pos-siamo arrivare dove èora Lui. Dalla salvezza dovesono arrivati i nostricari possono interce-dere per noi la bene-volenza di Dio e ildono della sua miseri-cordia.I nostri defunti cihanno preceduti nellafede e le loro operebuone li hanno accom-pagnati dinnanzi a Dio. La testimonian-za che in genere i nostri cari ci hannolasciato è uno stimolo alla nostra fede,alla nostra generosità e alla laboriosità.Il loro esempio deve restare. Sono vis-suti in tempi più difficili dei nostri;hanno spesso sofferto più di quanto sof-friamo noi. Ma hanno avuto più pazien-za di noi, maggiore spirito di sacrificio;hanno saputo vivere con fiducia nellaProvvidenza e con la speranza di tempimigliori. I frutti delle loro opere sonoqui per noi, ma valgono soprattuttodavanti a Dio, perché compiute spessonel silenzio della quotidianità e comun-que con amore. Hanno vissuto e celebra-to la vita cristiana nella famiglia e nellafesta, nei campi e nelle fabbriche.

Nessuno però è senzacolpa davanti al Signore.La nostra memoria sideve fare preghiera perloro, perché tutti siamopeccatori davanti alPadre. La fede ci inco-raggia a offrire a Dio perloro le nostre operebuone, le nostre preghie-re e soprattutto il santosacrificio della Messaperché abbia misericor-dia verso i nostri cari cheancora non avessero rag-giunto quella pienezza epurezza d’amore chesola permette di accede-re alla vita gloriosa.Chi mai può presentar-si davanti a Dio senzail rimpianto di nonavere amato abbastan-za il Signore e i fratel-

li? Chi mai è riuscito nella vita a vince-re ogni male e a superare ogni debolez-za e fragilità? Gesù ci ha proibito digiudicare e ci ha comandato invece diperdonare. Così fa il Padre quando simuore: non ci giudica, ma perdona. Hamandato il Figlio nel mondo non pergiudicare il mondo ma per salvarlo. Perquesto, quando noi nella Chiesa offria-mo al Padre per i nostri defunti l’amoreinfinito di Gesù nel sacrificio dellaMessa e associamo al suo i nostri sacri-fici e le nostre offerte, il Padre perdonae accoglie i nostri defunti nella gioia delsuo Paradiso.

V.G.

Donne iraniane in un cimitero vicino a Teheran

Cerimonia funebre celebrata in Corea del Sud

Donna ebrea in preghiera su una tomba

5approfondimenti

Eutanasia etestamento biologicoLa lettera di Piergiorgio Welly malatodi distrofia muscolare ha fornito alPresidente della Repubblica italianal’occasione per invitare il Parlamentoad affrontare il tema della eutanasia.

Riemerge di tanto in tanto con piùforza il problema della eutanasiain Italia. Ci sono già da tempo

alcune proposte di legge in Parlamentoe l’invito del Presidente dellaRepubblica ora sollecita un loro esame.E’ bene avere idee chiare al riguardo.Per eutanasia si intende l’uccisionediretta e volontaria di un paziente ter-minale in condizioni di grave sofferen-za e su sua richiesta. Essa consiste nelmettere in atto, intenzionalmente evolontariamente, azioni od omissionicon le quali si attua direttamente lamorte del malato terminale che abbiachiesto o che chieda di morire. Questapratica rimane illegale in Italia. Sidistingue l’eutanasia diretta e quellaindiretta. La prima è quella appenadescritta; la seconda si produce comeeffetto secondario di un trattamentomedico. Non sono perciò eutanasia gliinterventi utili a lenire le sofferenze dichi si trova in condizioni gravissime diprossimità alla morte. Ugualmente,nelle medesime circostanze, sospendereo non introdurre mezzi di sostegno vita-le non equivale a compiere un’eutana-sia: significa piuttosto rifiutarsi di pro-lungare una vita compromessa da unamalattia irreversibile e depauperatanella sua qualità. Non sono eutanasia laterapia analgesica con oppioidi o lasedazione in fase avanzata. Sono inter-venti che riducono sì la coscienza, maper impedire la sofferenza di un pazien-te che sta morendo.Indubbiamente alle volte si è di fronte asituazioni tragiche e problematiche.

La eutanasia però è sostanzialmenteuna scorciatoia per non impegnarsiumanamente e clinicamente con unmalato terminale che soffre. Non è mailecito uccidere direttamente. La verarisposta al grido di aiuto dell’uomo chesoffre – si legge in una nota dell’asso-ciazione ‘Scienza e vita’ - e per il qualenon vi sono più terapie proporzionate èprendersene cura, sia alleviando il dolo-re e la sofferenza, sia sostenendolo neimomenti di difficoltà e di smarrimento.

Spesso la richiesta della morte dolcenasce da uno stato di profonda prostra-zione, che ha origine dal sentirsi soli,abbandonati da tutti e per la sofferenzafisica che uno sta vivendo. Per questoc’è bisogno di un forte impegno daparte della società nell’implementarel’accesso alle cure palliative, nel preve-dere efficaci reti di assistenza domici-liare, strutture di ricovero per la lungo-degenza, interventi a sostegno dellefamiglie.

Altra cosa è il testamento biologico dicui pure sta trattando il nostroParlamento. Esso è una indicazionescritta e firmata da una persona mag-giorenne, capace di intendere e di vole-re, con la quale da alcune indicazioni almedico o al personale sanitario sui trat-tamenti che intende ricevere nel caso dimalattia grave o terminale (ad esempiola esclusione di accanimenti terapeuti-ci, l’assistenza religiosa, la donazionedi organi, ecc). Nelle disposizioni puòessere prevista la nomina di una perso-na fiduciaria che, in caso di perdita dicoscienza, garantisca l’osservanzadelle richieste del paziente. I testamen-ti biologici, o di vita, di per se sono unfatto positivo, perché esprimono laconsapevolezza della persona di con-frontarsi responsabilmente con la pro-pria fine.

Può essere utile precisare cosa si inten-de per cure palliative e accanimentoterapeutico. Le cure palliative sonointerventi su persone affette da maleinguaribile che non servono a prolun-gare la vita, ma a migliorarne la quali-tà. Sono interventi multidisciplinariche coinvolgono il medico, l’infermie-re, lo psicologo, il ministro del culto, lafamiglia e anche volontari ben prepara-ti. L’accanimento terapeutico è untrattamento medico di documentatainefficacia a cui si aggiunge una parti-colare gravosità per il malato. Abbiamoaccanimento terapeutico ad esempioquando un medico, pur sapendo di averfatto tutto il possibile, continua ostina-tamente a sottoporre il malato a tratta-menti inefficaci, gravosi e spessocostosi che prolungano solo l’agonia.

6 Attualità

Cristiani in Turchiauna vita difficile

Nei giorni scorsi il Papa è andato inTurchia. Un viaggio non facile in unPaese tutto musulmano, soprattuttodopo la reazione islamica al discorsodi Benedetto XVI nell’Università diRatisbona.

Nonostante tutti i timori dellavigilia il viaggio apostolico diBenedetto XVI in Turchia è

andato bene. Ha incontrato aCostantinopoli il Patriarca BartolomeoI, capo della chiesa ortodossa, segnodella volontà ecumenica di entrambi.E’ andato ad Efeso dove San Paolo neisuoi viaggi si è recato due volte ferman-dosi la seconda più di un anno.Ciò non toglie che essere cristiani inTurchia sia una sfida non facile. Ilgrande paese asiatico, che spera dientrare nella Unione Europea, è formal-mente uno stato laico la cui laicità ègarantita dalla costituzione voluta dalfondatore dello stato turco modernoKemal Ataturk. Ma l’identità turca siidentifica sempre più con la religioneislamica, tanto da spingere il nuovocapo di stato maggiore delle forzearmate, che in Turchia occupano unposto di preminenza all’interno dellasocietà e della politica, a lanciare ungrido di allarme contro il nascente fon-damentalismo, prendendosela anchecon il primo ministro ora in carica, cheè stato particolarmente severo nel criti-care le parole del Papa.Per i cristiani, cattolici e ortodossi lavita non è sempre facile. Lo ha sottoli-neato anche il Vicario apostolico perl’Anatolia mons. Padovese. “La presen-za di gruppi nazionalisti, ha detto, ed ilcrescente fenomeno d’islamizzazioneprodotta da una situazione economicache è andata degenerando, ha fatto

maturare un

atteggiamento di chiusura sia nei con-fronti del cristianesimo chedell’Europa”. Un quadro non facile acui non si rassegna il patriarca ecume-nico di Costantinopoli Bartolomeo Iche dice: “Dobbiamo dialogare con labuona volontà, con la preghiera, con lasincerità. Tutti dobbiamo rispettare lecredenze religiose dell’altro, dobbiamocollaborare e non coltivare inimicizie”.Un po’ più pessimista è padreDomenico Bertogli, da 40 anni inTurchia: “noi cristiani in Turchiasiamo un po’ come gli animali invia di estinzione. Quando stannoper sparire tutti se ne occupano. Alungo nessuno si è occupato deicristiani turchi. Poi, dopo l’ucci-sione di don Andrea Santoro aTrebisonda e l’accoltella-mento nel luglio scorsodi padre Brunissen a Samsun, l’attenzio-ne dei media si èconcentrata sullaAnatolia.Padre Domenico,vicino alla set-tantina, da qua-ranta anni inTurchia ora sitrovaad Antiochia nellaparte estrema delpaese, confinante conla Siria. Sulla porta di ingres-so del convento hafatto scrivere TurkKatolik Kilesi(Chiesa cattolicaturca). “Così lagente, spiega, capisce che si può essere turchi e

cristiani”.

Un concetto che in Turchia non è facileda comprendere perché tutti pensanoche un turco possa essere solo musul-mano. Padre Domenico guida unacomunità di una settantina di cattolici.La comunità cristiana greco-ortodossaè composta ad Antiochia di un migliaiodi persone.Antiochia è un luogo importante per il cri-stianesimo. “Una volta, racconta padre

Domenico, ‘era qui il vecchio quar-tiere ebraico. E qui arrivarono iprimi discepoli di Gesù dallaGalilea per convertire i pagani.Siamo tornati dove la Chiesa è

diventata cattolica, universale.Ad Antiochia è iniziata l’evan-

gelizzazione del mondo e idiscepoli di Gesù per la

prima volta furono chia-mati cristiani dalla gente

del posto. Sette-ottometri sotto il con-vento ci sono i restidi una chiesa anti-chissima. Il con-vento è un edifi-cio piuttostogrande ed è metadi numerosiv i s i t a t o r i ,

soprattutto gentedel posto per cui è

anche un luogo diincontro e di dialogo

tra le religioni”. Diceanche padre Domenicoche ad Antiochia ilrapporto con il mondomusulmano è migliorerispetto ad altre partidella Turchia. La suaopera di evangelizza-zione procede lenta-mente, ma con fer-mezza. C’è anchequalche conversionedall’Islam. Non c’èpiù la pena di morteper chi si converte,ma se non sei musul-mano vieni emargi-nato dalla società.

7spiritualità

Un concreto dialogointerreligiosoPadre Diego Calzolato racconta una suaesperienza che spiega come possa avve-nire un dialogo tra religioni diverse inCorea del Sud dove si trova da diversianni. Così scrive:

Il mio compito missionario in Corea,da qualche anno, è il dialogo interreli-gioso: È questa una dimensione della

evangelizzazione con la quale molte per-sone ancora non sono familiari. Infatti mitrovo un po’ imbarazzato tutte le volte chequalcuno mi chiede. “Ma cosa vuol direconcretamente fare il dialogo interreligio-so?”. Non è facile rispondere. Perché dia-logare non significa tanto “fare qualcosa,ma…molte cose: incontrare persone, par-larsi, capirsi, creare relazioni di amiciziae di fiducia…Proprio come in quel ‘pelle-grinaggio’ un po’ speciale di cui vorreiraccontarvi….“Quando sono salito sul pullman dei ‘pel-legrini’ quella mattina del novembre scor-so, l’atmosfera era al suo interno freddaquasi come l’aria pungente dell’esterno.C’erano già varie persone e altre conti-nuavano ad arrivare. Ma ognuno sembra-va stare un po’ sulle sue, cercando unposto appartato dove sedersi o concen-trandosi sul giornale. Evidentemente tuttiavevano ricevuto un invito come il mio,ma il fatto di non conoscerci e di esseretutti di religioni diverse ci teneva ancorabloccati.. Questo tipo di ‘pellegrinaggio’interreligioso viene organizzato quasiogni anno dal Kerp (Conferenza coreanadelle religioni per la pace). Avevo già par-tecipato una volta, alcuni anni prima aquesta esperienza, ma avevo perso i col-legamenti da quando ero stato chiamato aRoma per qualche tempo.Appena il pullman si muove gli organiz-zatori prendono il microfono e comincia-no le presentazioni. C’è il vescovo angli-cano della diocesi di SEUL e due suoisacerdoti, la pastora di un’altra chiesa inrappresentanza dei protestanti, due laicibuddisti, due monaci e una monaca delbuddismo Won, quattro rappresentanti delCh’on.do-kyo (una religione autoctonacoreana), due membri di una religioneche mai avevo sentito nominare prima.Per i cattolici c’ero solo io. E c’erano trelaici del Consiglio del Kerp, cioè dell’or-ganismo organizzatore. Il bello è che manmano che si fanno le presentazioni l’am-biente si riscalda. Le persone sembranouscire dal guscio dove si erano rifugiate esi aprono all’incontro. Saluti, sorrisi,scambio di informazioni…qualcuno cam-

bia di posto e si avvicina. Il dialogocomincia….Trattandosi di ‘pellegrinaggio’ interreli-gioso è chiaro che le mete da visitaresono “luoghi sacri” appartenenti allevarie religioni. I primi ad essere visitatisono i luoghi del buddismo, soprattutto iltempio di Ki-rim. Il giorno dopo è la voltadei luoghi del Ch’on-do-kyo, dove siamo

ricevuti nel ‘Ritiro di Yong-dam’ dal fon-datore stesso. Nel pomeriggio è la voltadel Confucianesimo; a Hyang-kyo alcu-ne persone in abiti da cerimonia sonopronte a svolgere per noi e con noi un ritoin onore di Confucio. Il giorno seguenteraggiungiamo i luoghi sacri del buddismoWon, il santuario di Song-ju. E finalmen-

te anche un luogo cattolico: il centro diricupero per alcolizzati, retto dalle suoredi una famiglia religiosa francese e poi lagrande abbazia benedettina di Wae-gwandove assistiamo alla celebrazione dell’orasesta dei monaci. Ma è già pomeriggio eci aspetta un lungo viaggio per tornare aSeoul. Nel pullman si chiacchera, sidorme, si scambiano indirizzi e numeri ditelefono, si canta e ….all’arrivo ci sisepara con quella punta di dispiacere chesempre si prova a separarci da amici, conla promessa di ritrovarci e continuare ildialogo.Dopo questo tipo di esperienza di dialogointerreligioso mi sono rimaste nel cuorealcune consapevolezze. Anzitutto la con-sapevolezza della mia grande ignoranzacirca le altre religioni. Poi la sensazionedi incompletezza: non si può pensare cheun ‘pellegrinaggio’ di tre giorni possacoprire tutti gli ambiti del dialogo, soloapre la porta. Infine, resta il proposito dimantenere e consolidare le relazioni crea-te durante il pellegrinaggio. Ho promessoai rappresentanti del Ch’on-do-kyo diandare ad assistere un giorno al loro cultodomenicale, come andrò a trovare lamonaca del buddismo Won anche perchélavora non molto lontano dal nostro cen-tro di dialogo interreligioso.

GLI AMICI DI SOLIDARIETÀ UMANA DICHIAMPO desiderano rendere nota la testimonianza diPIERINA ZORDAN. Ha le mani preziose e un cuorepieno d’amore per il marito bisognoso di cure. Il suoamore non si ferma dentro le mura di casa, ma va oltre.Le sue mani non si fermano mai! confeziona gonnelline,pantaloncini e tante e tante camicine (350) ogni anno dainviare in Guinea Bissau, affinché le suore le distribui-scano alle mamme che vanno a partorire in ospedale,evitando così tanti casi di morte per tetano ombelicale.Grazie Pierina per la tua grande generosità.

Il monaco buddista Pop-myong spiega la storia e le bellezze del tempio di Ki-rim ai “pellegrini”

Da sinistra, padre Diego Cazzolato, il prete anglicano Park Kyong-jo e

il monaco buddista Pop-myong

8 testimonianze

Suor Judith e i suoi ragazzi

Marina Zerman ha intervistato sr.Judith del Villaggio Kiran a Benares.Suor Judith è conosciuta anche da noie molte persone sostengono con ado-zioni la sua opera.

Èuna donna minuta, ma anchemolto determinata. Si chiama sr.Judith Keller, è svizzera ma

ormai indiana d’adozione. Ha presoanche un nome indiano, Sangeeta, chesignifica ‘musica’.Vive in India dal 1972, quando iniziò alavorare per i bambini colpiti dalla leb-bra. Poi, un incontro apparentementecasuale cambiò la sua vita. Oggi dirigeil Kiran Village, il villaggio dei ‘raggi disole’, per bambini poliomielitici e conaltre disabilità. Per lei i bambini ‘diver-samente abili’, sono portatori di unagrande umanità e di alcuni doni partico-lari. In questi ultimi anni il centro haraggiunto un buon livello di professio-nalità e la scuola, che accoglie bambinidisabili e non, è riconosciuta dal gover-no. L’attenzione principale è quella digarantire la possibilità di un futuro dignito-so ai bambini con handicap.

Suor Judith, da cosa nasce il KiranVillage?“Nel 1989 ho conosciuta una signorahandicappata che lavorava nel suddell’India con i bambini disabili.Quando l’ho incontrata sono rimastamolto colpita e mi sono chiesta se ser-visse un lavoro di questo tipo anche nelnord dell’India, specialmente a Varanasi(Benares) dove vivevo già da vent’anni.In tanti mi hanno detto di incominciare,che era un lavoro molto necessario.Desideravo che ci fosse una collabora-zione tra cristiani, indù e musulmani;inoltre pensavo che la gente disabilepotesse mettersi insieme e collaborarecon le proprie famiglie. E così abbiamocominciato, in modo molto piccolo;prima abbiamo avuto dalla diocesi unastanza dove iniziare con due o tre bam-bini affetti da poliomielite; poi sonoarrivati anche i bambini cerebrolesi”.

Che tipo di lavoro fate con i bambini?“Vogliamo offrire una riabilitazionesolistica, che abbraccia tutta la persona,con l’educazione scolastica e la fisiote-rapia. Abbiamo vari dipartimenti per lariabilitazione, il laboratorio ortopedico,

un programma educativo per le mammecon figli gravemente handicappati.Attualmente nel villaggio ci sono due-centoventi bambini che vengono tutti igiorni al centro; cinquanta di questivivono stabilmente qui.In genere li teniamo fino alla classe quin-ta, poi cerchiamo di integrarli nelle scuo-le normali; quelli più gravi non possiamoinserirli, e restano con noi con un pro-gramma particolare di insegnamento oper apprendere un lavoro: abbiamo unlaboratorio di apprendistato per dipingeresu seta, per la bigiotteria, le cartolinecolorate, le candele. Vendiamo quello chei nostri ragazzi producono in un negozionella città di Benares. In questo modopossono guadagnare da vivere attraversoil loro lavoro”.

Cosa rappresenta il Kiran Village perle famiglie dei ragazzi disabili?“Questo problema è una grande sfida

per le famiglie che hanno in casa unragazzo handicappato, specie in Indiadove non c’è alcun tipo di assicurazionee assistenza pubblica per queste malat-tie. Chi è malato deve andare privata-mente dal dottore, pagare, fare prestitidai vicini e dai parenti, e questo è moltodifficile. In Kiran vorremmo che ogniragazzo avesse possibilità della scuola edella riabilitazione. Sia che possa paga-re oppure no”.

Al Kiran Village vengono volontarida tutto il mondo…con che spirito sipuò ‘dare una mano’?“Chi vuole venire come volontario deveavere un cuore aperto alle nuove cultu-re, agli altri, e un grande amore per ibambini. Deve pensare prima a loro chea sé; siamo disponibili ad accoglierequalsiasi persona che voglia condivide-re la vita con ragazzi di questo tipo.Chiediamo ai volontari di restare peralmeno cinque mesi, e che si preparinobene imparando anche la lingua locale.In questo momento abbiamo anche undottore italiano, Moreno Toldo che stalavorando con noi. Per noi è un grandeaiuto, perché è un neurologo e noiabbiamo molti bambini epilettici e cere-brolesi che hanno bisogno di un medicocosì. In questo momento sta girando peri villaggi, perché abbiamo molti punti diservizio sul territorio, dove stiamoseguendo circa mille ragazzi affetti daqualsiasi tipo di disabilità”.

Due visitatori della nostra diocesi al Kiran Village

9fidei donum

Dopo quaranta anniprospettive nuoveLa presenza vicentina in Brasile dopo 40anni sta avendo modifiche e impegninuovi.

La Chiesa vicentina collabora dacirca quarant’anni con alcune dio-cesi del Brasile. Mentre continuerà

la collaborazione con la diocesi diGoiania, si è invece deciso di interrom-perla con le diocesi di Ipamerì nel Goiase di Afogados da Ingazeira nello stato delPernambuco. La visita-verifica che ilvescovo Cesare Nosiglia ha compiutol’anno scorso in Brasile ha condotto alrientro di alcuni dei nostri preti fideidonum e allo spostamento di altri in zonepiù bisognose.Si potrebbe dire che il rientro è stato deci-so in base a una soddisfacente constata-zione: “Missione compiuta”! Infatti, dopoquarant’anni di lavoro, le due diocesi diIpamerì e di Afogados sono diventateautonome, grazie all’incremento di gio-vani preti locali e allo sviluppo dellapastorale nei suoi vari settori. Purtropponon mancano difficoltà vecchie e nuove,tra le quali la presenza di molte sette pro-testanti, ma le due diocesi stanno lavoran-do con coraggio, ben organizzate e ricchedi carismi laicali.Nel mese di maggio, è passato per Vicenzail nuovo vescovo di Ipamerì, domGuilherme, per esprimere la riconoscenzaufficiale della sua Chiesa al nostro vesco-vo Cesare e a tutta la nostra diocesi, cheper trentotto anni ha offerto il suo preziosoaiuto con l’invio di numerosi preti vicenti-ni. I primi preti arrivati a Ipamerì nel 1968furono don Massimo Leorato e donClaudio Rugolotto. Una presenza specialenella diocesi di Ipamerì è stata quella didon Damiano Andriolo, ora novantenne.Nei trentotto anni di collaborazione sonostati presenti a Ipamerì anche don LinoDalla Pozza, don Giuseppe Borsato, donFernando Amadio, don Gianni Bovolini,don Piero Melotto, don Vittorio Montagna,don Bernardino Ave e don GiuseppeSecondin.Il vescovo dom Guilherme lamenta anco-ra la scarsità del clero. In Seminarioattualmente ci sono solo otto studenti difilosofia e teologia. Ma pastoralmente leparrocchie possono contare su molti laiciimpegnati (circa seicento catechisti ealtrettanti ministri straordinari dellaParola e dell’Eucaristia). La pastoralegiovanile è ben organizzata; la frequenzaalla messa è buona; la pastorale dellaterra è attuata; in diocesi ci sono quattor-

dici asili per bimbi poveri. Anche dalla diocesi di Afogados, nel nor-dest brasiliano, la nostra Chiesa sta riti-rando i preti vicentini rimasti. Uno rien-trerà a Vicenza, un secondo si aggregheràal gruppo Goiania al centro del Brasile, eun terzo, in collaborazione con la diocesidi Afogados, aprirà una missione inAmazzonia, un’area ecclesiale moltobisognosa di aiuto, come richiesto dallaConferenza episcopale brasiliana.La Chiesa locale di Afogados, il 2 luglioscorso, ha dato inizio alle celebrazioni peril cinquantesimo della fondazione delladiocesi. Alla celebrazione giubilare eranopresenti più di cinquemila persone, pro-venienti da tutta la diocesi, in maggioran-za laici che saranno coinvolti nella mis-sione popolare che caratterizzerà tutte leparrocchie e si è conclusa con il primocongresso eucaristico diocesano.

All’Eucaristia, presieduta dall’arcivesco-vo di Recife, ha partecipato tutto il clerodiocesano, costituito da venticinque pretilocali, in maggioranza giovani, formatisi

negli ultimi vent’anni, grazie a una pasto-rale giovanile vocazionale ben curata,promossa soprattutto dal nostro donEgidio Bisol, da trent’anni nella diocesidi Afogados.La pastorale giovanile vocazionale è unodei lavori più significativi dei nostri preti,presenti da quarant’anni su cinquanta divita della diocesi. Oggi la Chiesa diAfogados può “stare in piedi da sola”grazie a questo drappello di preti giovani,che possono contare sulla collaborazionedi tanti laici, uomini e donne impegnatinei vari settori, da quello liturgico a quel-lo caritativo, da quello catechistico aquello promozionale.Per la maturazione dei ministeri laicali siorganizzano incontri formativi residen-ziali della durata di due settimane all’an-no, per tre anni consecutivi, con diversimoduli a seconda del livello dei singoligruppi. E sono preti diocesani stessi chesi prendono il tempo di preparare e gesti-re i corsi, obbligandosi così a studiare,riflettere e lavorare insieme nella pro-grammazione ed esecuzione.Fa pensare, con gioia, che la nostra dioce-si di Vicenza abbia collaborato per benquarant’anni con una diocesi che celebraora i suoi cinquanta di vita. Il nostroprimo prete ad arrivare ad Afogados -che è anche il primo prete fidei donumvicentino partito per il Brasile – fu donMario Costalunga, quando tutta la dioce-si di Afogados poteva contare solo su unadecina di preti per lo più anziani, per unapopolazione di circa 350mila persone suuna superficie geografica estesa comemetà Veneto. Si chiude così una stagione di collabora-zione ecclesiale e se ne apre una nuova inAmazzonia. Siamo sempre chiamati aessere una diocesi missionaria!

Giandomenico Tamiozzo

Don Damiano Andriolo, Don Fernando Amadio, il Vescovo di Ipamerì e Don Gianni Bovolini in un momento conviviale

Don Attilio Santuliana, Don Egidio Bisol e Don Mario Costalunga

10 dalle missioni

Nei grandi porti di mare confluisconotanti operai nella speranza di essereimbarcati nelle navi per lavorare.L’attesa è anche di mesi. La missione,chiamata Apostolato del mare si fa pre-sente come testimonia quanto riferito dap. Savino.

Sua Eminenza il CardinaleGaudencio Rosales, Arcivescovo diManila, domenica 30 luglio, ha

inaugurato e benedetto il nuovoDormitorio per Marinai allestito dall’Apostolato del Mare in Manila in un loca-le di 400 metri quadri offertodall’Arcidiocesi stessa. L’offerta del loca-le, situato al quarto piano di uno stabile diproprietà della parrocchia vicina, e’ venutainizialmente dal parroco, vedendo come lasua parrocchia al centro della città diManila e’ costantemente invasa da marinaiche provengono da tutte le regioni delpaese e si soffermano a Manila a volte permesi in cerca di lavoro sulle navi.

Questi marinai arrivano a migliaia ognigiorno, spesso con pochi soldi in tasca ecercando un alloggio a basso costo.Manila è piena di questi dormitori diavventura. Per i proprietari è diventato unaffare, affittando locali malsani, insicuri econgestionati. Manila e’ la capitale mon-diale dell’impiego marittimo. Nel 2005furono imbarcati 250.000 marinai filippinisu navi mercantili internazionali. Altri300.000 sono in continua ricerca, bussandoai vari uffici di collocamento. Manila ne hapiù di 350. L’Apostolato del Mare, diretto da P.Savino Bernardi, scalabriniano, conoscebene le condizioni disperate per tanti diloro, avendo dedicato già 10 anni di apo-stolato in questo campo. Un altro dormitorio per marinai potevasembrare una soluzione inutile in questesituazioni. Solo che in questo dormitoriosi parla di missione, di ministero, di acco-

glienza umana, di rispetto per la lorodignità. Un esempio di accoglienza cri-stiana, anche se solo una goccia nel mare.Questo è lo spirito che animal’Apostolato del Mare qui e in più di 500porti nel mondo. Spinto da questa visione e vedendo comea Manila centinaia di migliaia di marinainon hanno un posto proprio che li accol-ga e li protegga, P. Savino, già da anni,vide che non basta un ufficio dedicato aun ministero spirituale e sociale specifi-co per loro, ma occorre offrire loro ancheun luogo di accoglienza, sia pure per dor-mire, riposare, incontrarsi tra amici, rice-vere una guida e una assistenza nella lorovita disorientata e spesso delusa. Come intanti altri porti nel mondo, anche a Manilaoccorre un Centro vero e proprio per imarinai. Un vero sogno se si consideranoi costi del terreno e di una costruzione inquesta città. Il nuovo dormitorio è la risposta dellaProvvidenza, attraverso la generositàdell’Arcidiocesi di Manila.Il costo del rinnovamento dei locali fusostenuto particolarmente dallaCongregazione Scalabriniana, da dona-zioni dei familiari di P. Savino, da dona-zioni del Gruppo Missionario dellaParrocchia di San Pietro (Rosà) e da variedonazioni dall’estero. Finalmente, l’8giungo 2006, il dormitorio era pronto; intre settimane, i 90 posti letto e le due stan-ze per coppie furono riempiti. Da luglio,il dormitorio è sempre tutto esaurito. Ora il sogno di P. Savino è di allestire ilpiano inferiore, già promessodall’Arcidiocesi, come Centro diAccoglienza con servizi religiosi, di consu-lenza, di protezione e anche di riposo ericreazione per i marinai. Con un nuovosforzo finanziario che la Provvidenza certo

non mancherà di benedire, P. Savino vedeora realizzabile anche questa seconda fase,forse già nel 2007.

p. Savino Bernardi

Un impegno missionariopoco conosciuto

26 NOVEMBRE MOSTRA DELPRESEPIO MISSIONARIO

Anche quest’anno si terrà presso la casa deimissionari saveriani, in Viale Trento, 119 –Vicenza la tradizionale mostra del presepiomissionario. L’apertura avverrà il 26novembre e si concluderà il 7 gennaio2007. Saranno esposti presepi le cui statui-ne provengono dall’Africa, dall’Asia edall’America Latina. In tutto sono rappre-sentate 60 missioni. Scopo dell’iniziativaoltre che cogliere l’arte e la bellezza di altreculture sarà anche quella di dare una manoalla missione di Kinshasa (Congo). I prese-pi, infatti possono anche essere acquistati eil ricavato andrà ai nostri fratelli congolesi.In contemporanea, ricorrendo quest’anno i500 anni dalla nascita di S.FrancescoSacerio, i visitatori potranno ammirare,anche un’altra mostra sui viaggi del grandemissionario delle Indie, con presepi origi-nalissimi provenienti da luoghi dove ilsanto ha soggiornato.

Orario: Tutti i giorni dalle ore 9 alle 12 edalle 15 alle 18.

Padre Savino Bernardi con l’Arcivescovo di Manila durante una celebrazione

11attualità

Etiopia in crisidi democraziaNoi abbiamo dei doveri verso l’Etiopia.È stata una nostra colonia. Ora è incrisi tra l’indifferenza internazionale chesi fida del dittatore Meles.

Èpassato un anno dalle elezioni inEtiopia, ma la situazione politicanon è cambiata. La lunga scia di

sangue, violenza, repressione che hasegnato questi ultimi dodici mesi, hacome cristallizzato le posizioni al verti-ce. Al comando è sempre saldo il pre-mier Meles Zenawi. L’opposizione, riu-nita intorno alla Coalizione per l’unità ela democrazia (Cud), è stata “decapita-ta”. Tutti i suoi leader sono in prigione.La popolazione vive come sospesa trala voglia di un cambia-mento radicale della lea-dership e la necessità diquella pace sociale indi-spensabile per far crescereil Paese.Eppure la tornata elettoraledel 2005 aveva suscitatograndi speranze. L’Etiopiasi trovava per la primavolta a poter scegliere tradue schieramenti. Da unaparte il leader MelesZenawi e il suo partito, alpotere dal 1991. Dall’altrail Cud, che era riuscito acoalizzare gran parte delmalcontento antigovernati-vo. Uno scontro elettoraleche, da più parti, era statosalutato come l’avvio di unautentico processo democratico in unPaese tra i più importanti del continen-te africano. Anche i vescovi cattoliciavevano accolto con favore questoevento. In due lettere pastorali avevano,prima, invitato gli etiopi a parteciparealle elezioni sottolineando come fosse

un “dovere del cittadino recarsi alleurne”, successivamente avevanoespresso apprezzamento per la parteci-pazione all’evento. Le elezioni si sonotenute il 15 maggio 2005. E’ stato cal-colato che si sono recati alle urne oltre20 milioni di elettori in un clima tran-quillo. La bufera però stava per scate-narsi. Gli osservatori internazionali,

hanno da subito denunciatobrogli, intimidazioni e vio-lenze nei seggi delle areerurali. Le prime tensioni sisono però registrate a giugnoquando il governo, resosiconto che la vittoria non eracerta, ha deciso di posticipa-re la proclamazione dei risul-tati di un mese e di vietare lemanifestazioni politiche. Glistudenti dell’università diAddis Abeba, da sempreculla delle proteste antigo-vernative, hanno disobbedi-to, imitati dai tassisti e dagli

autisti di minibus. La repres-sione è stata dura. La poliziaha sparato sui manifestanti. Sicalcola che siano morte alme-

no 36 persone. Ma, soprattutto, la poli-zia ha arrestato diverse migliaia dioppositori in tutta la nazione. Si trattadi arresti arbitrari, molti condotti dinotte. Nelle carceri molte persone ven-gono maltrattate. Di fronte all’incertez-za del risultato e alla presenza di nume-rosi brogli, il governo di Meles ha

accettato in autunno di confrontarsi conl’opposizione. La trattativa però non hadato esito. Anzi, proprio il fallimentodei colloqui è stata la scintilla pernuove dimostrazioni a novembre.Anche in questo caso la polizia e mili-tari hanno reagito duramente. I princi-pali dirigenti del Cud sono stati arresta-ti. Nonostante il Cud abbia sempredetto di optare per una soluzione demo-cratica dei conflitti politici, il governoteme che miri a rovesciare militarmen-te le istituzioni. E’ per questo che la rea-zione a ogni manifestazione antigover-nativa è sempre stata molto dura.“La situazione in Etiopia è difficile:manca la democrazia, la povertà dilaga,il rischio che si riaccenda la guerra conl’Eritrea è reale”. “Di fronte a una situa-zione così difficile, molti ragazzi fug-gono. “Scappano attraverso Gibuti e ilKenia. Alcuni attraversano il Sudan e laLibia. Nella fuga vedono morire fratel-li e amici. Quando arrivano in Europa

MISSIONARI VICENTINIFIMON 200,00 – LONIGO: Re.Al Color SpA 500,00 – MON-TEBELLO: CASA RIPOSO – G.S. CICLISTI 71,91; CON-TRADA FRIGON 116,26 - PIANEZZE DEL LAGO: in mem.di ADA CORATO 804,00 - S. GIORGIO in VICENZA: SIG.raMARIA 55,00 - S. ANTONIO DI MAROSTICA: NN 70,00 –VICENZA: NN 30,00; NN 50,00; NN 400,00; MEDA donDAMIANO 5.113,00; PELLIZZER LUIGIA 100,00.

LEBBROSIMAGLIO DI SOPRA: CEOLATO MARIA 500,00 - PIEVE-BELVICINO 20,00 – POLEGGE: LAZZAROLLO GRA-ZIELLA 50,00 - S. TOMIO di MALO: CRESTANI LUIGIA50,00.

BORSE DI STUDIO AL CLERO INDIGENOALTAVILLA: CAVALIERE ELISA 38,00 – BARBARANO:

NN 200,00 - CARTURO 791,00 – MONTEBELLO: NN 600,00 – PIEVEBELVICINO: BO30,00; CM 30,00; CA 25,00; DAL DOSSO MIRCA 20,00; FN20,00; GIRONDI M. 20,00; MR 30,00; ME 10,00; MS 20,00;MR 30,00; NN 50,00; SA 30,00; SN 25,00; ML 60,00 - S.ANTONIO in MAROSTICA: BC 260,00; NN 50,00 - S. QUI-RICO 600,00 - S. STEFANO in VICENZA 200,00 - VALLEDI CASTELGOMBERTO 350,00.

Le proteste contro le irregolari-tà elettorali sono state dura-mente represse dalle forze del-l’ordine etiopi. Sopra MelesZenawi, guida l’Etiopia dal ‘91

Scuola per non vedenti a Shashemane, in Etiopia

Fiori di Bontà