CHI CREDE ALLA FAVOLA ANTI OGM - Cattaneo Lab · 2016-06-01 · personaggi come Topolino, Stilton o...

1
i rca 10 mila anni fa la coltivazione dei ce- reali inizia a guidare l’evoluzione cultu- rale di civiltà diverse e distanti e consente loro di prevalere sulle altre. Probabilmen- te prima dell’agricoltura, nasce la pastori- zia e anch’essa è parte di questo stesso pro- cesso di conversione dell’uomo da migrato- re a stanziale. È facile intuire che greggi e mandrie siano state addomesticate renden- do gli animali progressivamente più man- sueti e selezionando quelli più docili. Lo stesso concetto vale per l’agricoltura. An- che le piante sono state addomesticate, poi- ché non è nel progetto di nessun organismo vivente sul pianeta, piante incluse, di cre- scere per nutrire altri esseri viventi. Ed è per questo che selezioniamo le piante adat- te alla domesticazione e ne consentiamo la riproduzione ai danni di altre. Il neopaga- nesimo, che professa il dogma “è buono perché è naturale”, disconosce l’immenso lavoro e il dolore, fatto di malnutrizioni, in- tossicazioni e carestie, che hanno patito i nostri avi per selezionare le piante che con- sumiamo. In generale, comunque, le piante tendo- no a difendersi da tutti i predatori (uomo incluso) e hanno come principale obiettivo quello di riprodursi mettendo la progenie nelle migliori condizioni possibili per po- tersi sviluppare. I vegetali si difendono con spine, cortecce, veleni, sapori disgustosi e sostanze indigeste di ogni tipo. Addomesti- care le piante ha comportato la selezione progressiva di quelle che avevano le mino- ri difese ed erano meno tossiche per l’ali- mentazione umana. In pratica, abbiamo spogliato le piante di molte loro difese, di conseguenza ora ci dobbiamo industriare per proteggerle da quei patogeni o compe- titori che possono attaccarle per nutrirsi (così come facciamo noi). Non è un caso se non ci alimentiamo di erbe o di piante in- festanti, che pure sarebbero molto più fa- cili da coltivare. Le piante che mangiamo sono quindi l’opposto di quello che avreb- be selezionato l’evoluzione naturale: sono piante selezionate dal predatore (noi), di cui mangiamo i figli (i semi). Le piante col- tivate sono le più inadatte a vivere in natu- ra, con frutti grandi, succosi e dolci. E’ co- me se avessimo selezionato dei topi perché saltino in bocca ai gatti: niente di più inna- turale ed opposto alla selezione della spe- cie. [...] L’avversione all’uso della chimica in agricoltura, poi trasformatasi paradossal- mente nella fobia verso gli Ogm (Organismi geneticamente modificati), è insita in com- ponenti della società tra loro molto diver- se e non è banalmente riconducibile ai so- li gruppi d’interesse che speculano sulle paure della gente per trarne profitto. A fianco di questi attori c’è una parte impor- tante della popolazione che vive un vero di- sagio nell’essersi allontanata dalle campa- gne e dalla produzione primaria di alimen- ti: per costoro sia l’uso di agrofarmaci sia il rimedio per ridurne l’uso, ossia gli Ogm oggi in commercio, risultano un modo per allontanarsi dall’idea bucolica ed ingenua dei cibi di una volta, senza avere alcuna esperienza né degli aspetti agronomici né di quanto i cibi di allora fossero pericolo- si. Provenendo dallo stress della vita di città e concependo la vita della campagna come una vacanza, costoro immaginano piante che crescono da sole con l’acqua buona, il sole e lo sguardo attento del “con- tadino” della pubblicità. I timori di queste persone sono di carat- tere emotivo e le portano a diffidare di ge- neriche rassicurazioni, nel timore (in par- te fondato) che mascherino interessi com- merciali. Ma se per curarsi usano la proce- dura medico-ricetta-farmacia, devono au- spicare che per l’uso di agrofarmaci si se- guano delle analoghe prescrizioni e posolo- gie. Invece, senza rendersi conto che que- ste loro reazioni emotive favoriscono altri interessi commerciali, con la propria av- versione agli Ogm non fanno che incentiva- re proprio un uso eccessivo di agrofarma- ci che potrebbero essere risparmiati da al- cuni tipi di piante Ogm. Solo gli anziani o chi ha studiato la storia italiana del dopoguerra a oggi sa quanto sia cambiato il paese in questo periodo. Nel 1951 un agricoltore lavorando un capo di 2,3 ettari alimentava la sua famiglia, men- tre oggi deve nutrire un condominio, quin- di la terra deve produrre oltre cinque vol- te di più di cinquant’anni fa. Si tratta di una transizione drammatica, con stravolgimento degli equilibri relazio- nali e familiari. Il richiamo della terra, e della terra d’origine, si mescola con l’idea di un ritorno alla gioventù svanita, a miglio- ri relazioni umane e a cicli vitali meno stressanti. Nessuno meglio di Antonio Pa- scale ha descritto la confusione tra i sapo- ri nostalgici del tempo che fu e il fatto che chi li ricorda sta parlando soprattutto del- la sua gioventù, prescindendo da una ana- lisi seria di quanto sia migliorata la qualità degli alimenti che consumiamo oggi rispet- to a quelli che mangiavano i nostri padri o i nostri nonni. Per esempio, difficilmente si ricorda che il motore che muove la vicenda del Pinoc- chio di Collodi nel 1883 è la fame, la denu- trizione del popolo intero. La natura si per- sonifica in un’entità benevola, preveggente, sicura. Tutto ciò che quella Natura idealiz- zata produce è salutare, al contrario di quanto è prodotto dall’uomo, che diventa innaturale, artefatto, inquinato. La velocità con cui è avvenuta la transi- zione tra campagna e città ha generato un’ondata di desiderio di ritorno alle ori- gini, o a quelle relazioni umane perse nel- l’asfissiante comunità cittadina. Per misu- rare la distanza dalla civiltà contadina può essere considerato indicativo il fatto che personaggi come Topolino, Stilton o Topo Gigio, beniamini dei bambini, siano dei to- pi, ossia proprio quegli animali che per se- coli hanno rappresentato la causa di care- stie e pestilenze che hanno ripetutamente falcidiato la popolazione umana con deci- ne di milioni di decessi. I topi sono diventati addirittura animali da proteggere, così nell’aprile 2013 un gruppo di animalisti ha devastato lo stabu- lario dell’istituto di Farmacologia dell’uni- versità di Milano, rovinando esperimenti durati anni, scagliandosi contro Silvio Ga- rattini, fondatore dell’istituto Mario Negri. Il gruppo “Pro Test” si è costituito non so- lo per contrastare questa deriva antiscien- tifica, ma anche per chiarire quali benefi- ci l’uomo ha tratto dalla sperimentazione animale, condotta da decenni in condizioni di profondo rispetto per la sofferenza e la dignità degli animali. La scienziata e sena- trice a vita Elena Cattaneo ha proposto di inserire un’etichetta sui farmaci che mostri quanto siano indispensabili i test su cavie per avere medicamenti o anestetici affida- bili. E chiede lo stesso tipo di trasparenza verso i consumatori riguardo ai derivati da animali nutriti con mangimi Ogm. [...] Sul banco degli imputati delle discipline che manipolano la natura è finita ancora una volta la chimica, rea di aver inquinato il terreno, l’acqua, l’aria. Se è vero che più di un eccesso è stato commesso dalle azien- de chimiche, che hanno scaricato veleni senza controllo, allo stesso tempo è inaccet- tabile che sia la chimica in quanto tale a es- sere criminalizzata. La chimica è scienza che permette di isolare sostanze da piante o microrganismi, di purificarle da migliaia di altre molecole e di restituirle come prin- cipio attivo, evitando che per assumere quel principio attivo si debba ingerire una quantità di altre sostanze inutili o dannose. Il caso della tossina Bt di Bacillus thurin- giensis rientra in questo ambito: quando è inclusa nelle spore dell’intero batterio di- venta il più diffuso insetticida usato dall’a- gricoltura biologica, ma se si isola uno solo dei circa 5 mila geni di cui si compone il ge- noma batterico e questo viene trasferito in una pianta dove svolge il ruolo di insettici- da, ecco che nascono paure ossessive e ri- chieste di test di sicurezza sanitaria. Perchè quegli stessi test non vengono pretesi sulle spore del batterio che, oltre a quella iden- tica tossina, portano ancora centinaia di al- tre sostanze in gran parte ignote? La differenza tra le due strategie sta so- lo nel nome: la tecnica di usare un solo ge- ne conduce a un Ogm, l’altra via si chiama agricoltura biologica e come tale non deve dimostrare nulla a nessuno perché la Natu- ra è buona, sicura e giusta. Si tratta in tut- ta evidenza di strategie comunicative di in- dubbia efficacia, che possono dare un van- taggio commerciale importante se usate in un contesto pubblicitario, ma che prescin- dono da qualunque dato scientifico. La na- tura non è benevola né vendicativa e, se l’uomo vuole preservare la sua specie, la deve continuamente proteggere. La chimica è ancora sotto attacco da par- te dell’opinione pubblica europea, la cui prima preoccupazione riguardo all’alimen- tazione è la sistematica paura di consuma- re cibi inquinati da pesticidi, quando inve- ce il maggior pericolo deriva da cibi mal conservati e inquinati da microrganismi patogeni per l’uomo. Da anni quindi l’obiet- tivo – pure in larga parte condivisibile, tranne che per i toni da crociata e gli ap- procci integralisti – è quello di ridurre l’im- patto, minore persistenza, minore tossicità e più mirato bersaglio verso specifici pato- geni, aiutandosi con le poche forme possi- bili di lotta integrata e confusione sessua- le degli insetti patogeni. In questo clima, le aziende chimiche hanno cercato di assumere un basso profi- lo e, pur essendo in parte coinvolte nella sostituzione dei pesticidi chimici con le nuove applicazioni biotecnologiche, hanno sistematicamente evitato di esporsi troppo con il pubblico sul tema così impopolare degli Ogm. In particolare, le aziende chi- miche europee si sono specializzate nella produzione di agrofarmaci e, benché di- spongano anche di qualche linea di semi biotech, il loro core business è nella chimi- ca agrofaramceutica. All’opposto, le multi- nazionali statunitensi hanno ormai quasi abbandonato la chimica per la produzione di agrofarmaci per concentrarsi sulle inno- vazioni tecnologiche, proteggendo con bre- vetto (oggetto di tante polemiche) gli Ogm che sono ormai il loro vero core business. Oggi tutti i principali Ogm in commercio abbattono l’uso della chimica in agricoltu- ra, sia per la riduzione dell’utilizzo di in- setticidi sia per la sostituzione e la diminu- zione complessiva di principi attivi a trop- po lunga vita media negli erbicidi. L’asso- ciazione dell’agricoltura biologica statuni- tense stima che, grazie alla varietà Bt di cotone e mais (Ogm), in sedici anni si sia evitato l’impiego di 56 mila tonnellate di insetticidi. Tuttavia l’ostilità mediatica che circonda le aziende chimiche europee impedisce lo- ro di affrontare la tematica Ogm con la do- vuta serenità, con il risultato di lasciare che la partita venga giocata quasi esclusi- vamente dalle aziende statunitensi mentre loro cercano una nuova presentabilità me- diatica nei campi della lotta integrata e della chimica verde. ANNO XXI NUMERO 127 - PAG II IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTEDÌ 31 MAGGIO 2016 CHI CREDE ALLA FAVOLA ANTI OGM Dietro la fobia per le biotecnologie c’è un dogma neopagano per cui “la Natura è buona e giusta” Tutto ciò che fa la Natura idealizzata è salutare, mentre ciò che produce l’uomo diventa artefatto e inquinato. Non è così Le piante che mangiamo sono l’opposto di quelle che avrebbe selezionato l’evoluzione: sono le più inadatte a vivere in natura Il caso del batterio Bt: è il più diffuso insetticida biologico,ma se si isola un gene per trasferirlo in una pianta scattano le paure Gli Ogm abbattono l’uso della chimica: in America 56 mila tonnellate di insetticidi in meno grazie a cotone e mais Bt Campo di grano con volo di corvi, Vincent van Gogh. Olio su tela, 50,3x103 cm, 1890, van Gogh Museum, Amsterdam La scienza non è divisa.I semi biotech sono sicuri per l’uomo e l’ambiente Roma. Quando si parla di temi complicati come gli Oganismi geneticamente modificati (Ogm), per sem- plificazione giornalistica e quasi a giustificare una legislazione che vieta “per precauzione”, si tende a dire che “anche la scienza è divisa”. E così si affron- ta la questione intervistando uno studioso favorevo- le agli Ogm e un altro contrario, questo quando va bene, perché molto spesso si fa parlare solo qualcu- no che è del fronte anti Ogm e che in genere è un at- tivista che ripete slogan contro le multinazionali e per la difesa di Madre Terra. E’ lo stesso meccani- smo che troppo spesso si mette in funzione quando si parla di altri temi che vengono definiti “divisivi”, come la pericolosità dei vaccini, l’invenzione di una nuova cura contro il cancro a base di bicarbonato e succo di limone o il metodo Stamina per curare ma- lattie neurodegenerative. Ma la verità è che non c’è alcuna “divisione”: tutti quelli che sanno di cosa parlano sono d’accordo sul fatto che i vaccini siano sicuri, che non si guarisca dal tumore col bicarbo- nato e che Stamina appartenga al campo della ciar- lataneria più che a quello della medicina. Lo stesso vale per gli Ogm: la comunità scientifica non è “di- visa”, anzi, soprattutto chi meglio conosce la materia è concorde sul fatto che gli Ogm siano utili e sicuri. Qualcuno che la pensa diversamente lo si trova sem- pre, ma accade in tutti i campi. Se ci si deve basare sulle evidenze e non sulle impressioni, le conclusio- ni degli studi sull’argomento sono univoche. Proprio pochi giorni fa la National Academies of Sciences, Engineering and Medicine, ovvero l’insie- me delle accademie fondate da Abramo Lincoln per svolgere un lavoro di consulenza scientifica indipen- dente per il governo americano, ha pubblicato un re- port in cui conferma, ancora una volta, che gli Ogm sono sicuri per l’uomo e l’ambiente. Lo studio di ol- tre 400 pagine è una rassegna di tutta la letteratura scientifica degli ultimi venti anni e il comitato, com- posto da scienziati di chiara fama, ha analizzato ol- tre mille lavori su ogni possibile aspetto riguardan- te la manipolazione genetica, fatto dibattiti pubbli- ci e raccolto testimonianze. La conclusione non la- scia spazio a dubbi: gli Ogm non sono pericolosi né per l’uomo né per l’ambiente. Secondo il comitato non c’è alcuna differenza tra le colture ogm e quel- le non ogm. Anzi, paradossalmente, vista la mole di analisi e controlli di cui sono oggetto, si hanno mol- te più informazioni e garanzie sui cibi geneticamen- te migliorati rispetto a quelli convenzionali. Allo stesso modo non ci sono evidenze riguardo possibili problemi ambientali, compresa la preoccupazione per la “farfalla monarca”, su cui non c’è alcuna pro- va che venga danneggiata dagli Ogm. Per le Acade- mies invece non ci sono grandissimi miglioramenti sui raccolti, la resa per ettaro degli Ogm non cresce a un tasso maggiore, ma il bilancio è comunque po- sitivo per gli agricoltori che ottengono benefici da un minor uso di pesticidi (cosa che dovrebbe far piace- re agli ambientalisti). Anche in Italia le più importanti accademie e so- cietà scientifiche – come l’Accademia dei Lincei, l’Accademia nazionale delle scienze o la Società di genetica agraria in rappresentanza di oltre 10 mila scienziati – affermano da anni che non ci sono rischi sanitari, alimentari, ambientali e neppure di coesi- stenza con le altre piante. Dall’altro lato il fronte am- bientalista, per supportare e giustificare politiche proibizioniste, cita gli unici due studi che dovrebbe- ro dimostrare la pericolosità degli Ogm, quelli del francese Gilles-Eric Séralini e dell’italiano Federi- co Infascelli. Ma entrambi i lavori sono stati ritira- ti, nel caso di Séralini per gravi errori metodologici che lo rendevano scientificamente inaccettabile e nel caso di Infascelli addirittura per manipolazioni e falsificazioni. La truffa scientifica di Infascelli è stata scoperta dalla scienziata e senatrice a vita Ele- na Cattaneo, che sta portando avanti una tenace bat- taglia a favore della libertà di coltivazione e di ricer- ca sugli Ogm e contro l’oscurantismo a km zero, in un paese che una volta era l’avanguardia. Il sistema agroalimentare italiano, anche nelle sue punte d’ec- cellenza, è già dipendente dall’importazione di Ogm e i divieti stanno solo frenando la competitività e im- pedendo di salvare con la ricerca prodotti tipici che stanno già sparendo attaccati da nuovi patogeni. Ma in Italia non è consentito agire perché su questo te- ma anche la politica, come la comunità scientifica, è unita. Ma in senso opposto: è tutta no Ogm. Con i pochi Infascelli e contro le tante Cattaneo. Luciano Capone di Roberto Defez Il Movimento 5 stelle e l’Apocalisse all’olio di palma Roma. Il nemico è onnipresente, subdo- lo, pervasivo, implacabile. Il nemico c’è ma non si vede, il nemico si nasconde sotto spoglie innocue. E, ad ascoltare i relatori (parlamentari e non) del convegno “olio di palma insostenibile”, organizzato dai Cin- que stelle alla Camera mercoledì scorso, il nemico colpisce a scoppio ritardato e dove meno te lo aspetti, ché l’olio di palma è dappertutto e dappertutto va evitato, dice- vano i deputati grillini Mirko Busto, Massi- mo De Rosa, Chiara Gagnarli e il senatore grillino Carlo Martelli (che ha presentato una proposta di legge per l’abolizione del- l’olio di palma medesimo). E dunque il nemico prende la forma del- l’evocazione della catastrofe globale, pre- via demonizzazione di merendine e cosme- tici, taralli e biscotti, crackers e sughi, tut- ti alimenti contenenti la sostanza incrimi- nata. Ed è la globalizzazione del pericolo in uno schema in cui tutto si tiene: se non evi- ti l’olio di palma sei anche in qualche mo- do responsabile della deforestazione tropi- cale e dello sfruttamento para-schiavista delle popolazioni asiatiche e dell’obesità infantile e dell’arteriosclerosi senile e del cancro (l’Efsa, Autorità europea per la sicu- rezza alimentare, dicono i Cinque stelle, ha “individuato alcune sostanze” nell’olio di palma come nocive, di cui una “canceroge- na… il 3-Mcpd, che si forma durante la raf- finazione degli oli vegetali ed è presente in misura maggiore proprio nell’olio tropica- le, ben 70 volte in più rispetto all’olio d’o- liva”). E poi il Pacifico, e la circolazione dei venti, e l’orango di Sumatra (in via di estin- zione), e la tigre (sempre di Sumatra) e il glutine e le raffinerie e la guerriglia in Co- lombia e la ristorazione scolastica: tutto al- l’olio di palma riporta. C’è anche il medico nutrizionista che si arrabbia quando vede in tv trasmissioni di “gossip”, dice, su cibi e diete che non sfio- rino l’argomento – e per carità, tutto può es- sere e tutto può non essere, ma a quel pun- to al profano sorge un dubbio: ma possibi- le che tali sventure e piaghe bibliche tutte dallo stesso ingrediente scaturiscano? Il grillino Mirko Busto, sull’Huffington Post, l’ha definito “un killer che distrugge tutto ciò che trova sul proprio cammino: la no- stra salute, gli animali, le foreste, l’ambien- te dove vivono intere popolazioni”. E pare quasi di essere tornati ai tempi (estate 2014) in cui il nemico pubblico numero uno, secondo Alessandro Di Battista, deputato e membro del direttorio a cinque stelle, im- provvisamente prese le sembianze di una bistecca: “Gli allevamenti intensivi sono re- sponsabili dell’effetto serra e di quei cam- biamenti climatici che producono siccità e desertificazione”, diceva il deputato terzo- mondista romano, propugnando l’avvento della nuova èra vegana (e anche in quel ca- so tutto si teneva, ché Di Battista metteva di mezzo anche il pesce e l’impoverimento dei mari e l’immigrazione: “…alcuni scafisti che conducono i migranti verso le nostre coste sono ex pescatori costretti al contrab- bando di uomini dall’impoverimento del mare egizio…”). E se non è l’olio di palma è il glifosato (diserbante) e se non è il diserbante è il germe sconosciuto che occhieggia da mani- glie e oggetti vari. Ci si mettono anche, con- giuntamente, i talk “Di martedì” e “Bal- larò”, da qualche settimana Cassandre del- la deriva microbica: ecco, dopo la trasmis- sione sul grasso saturo, quella sul batterio nascosto nel carrello della spesa come sul- lo spazzolino da denti come sulle cuffiette dello smartphone, e alla fine tutte le emer- genze si ricollegano in un’unica grande os- sessione della prossima ventura apocalisse bio-eco-medico-ambientale. Marianna Rizzini L’appello degli scienziati:niente soldi al biodinamico Roma. Nell’Italia in cui è vietata la spe- rimentazione sugli Ogm, in cui sono limita- ti il diritto alla conoscenza e la libertà di ri- cerca scientifica, nel paese in cui lo stato ha costretto uno scienziato come Eddo Ru- gini a distruggere e mandare letteralmen- te al rogo 30 anni di ricerche sugli Ogm, il governo legittima e incentiva la pseudo- scienza e la stregoneria dell’agricoltura biodinamica. Proprio sul Foglio avevamo dato la notizia dell’inserimento da parte del ministero delle Politiche agricole nel “Piano strategico nazionale” del metodo paranormale di coltivazione inventato dal- l’esoterista Rudolf Steiner. L’agricoltura biodinamica si basa su una filosofia che unisce astrologia, omeopatia e spirituali- smo, una compilation del pensiero anti scientifico che usa preparati ottenuti da ve- sciche di cervo maschio appese piene di fiori, oppure da corni di vacca pieni di le- tame sotterrati, nella convinzione che que- sti intrugli convoglino le energie cosmiche e le forze astrali nelle piante. Questa roba è stata inserita dal governo nel “Piano strategico nazionale”, un po’ co- me se avessimo messo in un “piano strate- gico sanitario” le teorie di Red Ronnie e Davide Vannoni. L’inserimento nel Piano strategico non rappresenta solo una débâ- cle culturale, ma produce effetti concreti sull’assegnazione dei circa 1,5 miliardi di euro finanziati dall’Unione europea per lo Sviluppo rurale. Inoltre secondo il piano del ministro Maurizio Martina sul biodina- mico ci saranno un “approfondimento pro- fessionale e sperimentazione in due ate- nei” e la “costituzione di un comitato per- manente di coordinamento per la ricerca”. Nonostante la biodinamica steineriana sia una pseudoscienza già da diverso tem- po è entrata nelle università italiane. Un’antesignana è stata l’università di Fi- renze che, oltre a tenere per anni un ma- ster in “Agricoltura ecologica (biologica e biodinamica)”, ha finanziato con circa 350 mila euro il “progetto Geneagrobio” per at- tivare una filiera biologica e biodinamica. Poi si è aggiunta la Federico II di Napoli – la stessa università del gruppo di Federico Infascelli che ha prodotto studi taroccati anti Ogm – con un master sull’Aricoltura eco-compatibile in cui si insegna anche la biodinamica. L’ingresso di queste dottrine sovrannatu- rali nelle università va nella direzione au- spicata dal ministro Martina, che aveva proposto la creazione di “corsi universita- ri specifici” sull’agricoltura biodinamica. E naturalmente, insieme ai nuovi “comitati di ricerca” voluti dal ministero è ciò che che ha destato più scalpore nella comunità scientifica. L’Accademia nazionale delle Scienze detta dei XL (dei Quaranta), una delle più antiche e prestigiose società scientifiche italiane, in un recente docu- mento scritto dal fisiologo vegetale Ame- deo Alpi sul tema dell’agricoltura biodina- mica nella formazione universitaria, affer- ma che “alcune motivazioni degli agricolto- ri biodinamici possono essere relegate tra le idee personali circa la concezione del mondo e della vita; si possono non condivi- dere, ma sono rispettabili. Ciò che ci sen- tiamo di respingere sono le tecniche propo- ste, certamente non basate su criteri scien- tifici”. Lo ha spiegato in termini ancora più espliciti al Foglio la prof. Emilia Chianco- ne, biologa molecolare e presidentessa del- la società scientifica che ha avuto tra i suoi soci sette premi Nobel e i più importanti scienziati italiani: “L’Accademia nazionale delle Scienze esprime sconcerto alla sola idea che fondi pubblici vengano destinati al finanziamento di corsi universitari su te- mi privi di contenuto scientifico, come l’a- gricoltura biodinamica”. (l.cap.) Pubblichiamo stralci del libro “Il caso Ogm. Il dibat- tito sugli organismi geneti- camente modficati”, edito da Carocci (147 pp., 11 eu- ro) e scritto da Roberto De- fez. L’autore dirige il labo- ratorio di biotecnologie mi- crobiche all’Istituto di bio- scienze del Cnr di Napoli

Transcript of CHI CREDE ALLA FAVOLA ANTI OGM - Cattaneo Lab · 2016-06-01 · personaggi come Topolino, Stilton o...

Page 1: CHI CREDE ALLA FAVOLA ANTI OGM - Cattaneo Lab · 2016-06-01 · personaggi come Topolino, Stilton o Topo Gigio, beniamini dei bambini, siano dei to-pi, ossia proprio quegli animali

irca 10 mila anni fa la coltivazione dei ce-reali inizia a guidare l’evoluzione cultu-

rale di civiltà diverse e distanti e consenteloro di prevalere sulle altre. Probabilmen-te prima dell’agricoltura, nasce la pastori-zia e anch’essa è parte di questo stesso pro-cesso di conversione dell’uomo da migrato-re a stanziale. È facile intuire che greggi emandrie siano state addomesticate renden-do gli animali progressivamente più man-sueti e selezionando quelli più docili. Lostesso concetto vale per l’agricoltura. An-

che le piante sono state addomesticate, poi-ché non è nel progetto di nessun organismovivente sul pianeta, piante incluse, di cre-scere per nutrire altri esseri viventi. Ed èper questo che selezioniamo le piante adat-te alla domesticazione e ne consentiamo lariproduzione ai danni di altre. Il neopaga-nesimo, che professa il dogma “è buonoperché è naturale”, disconosce l’immensolavoro e il dolore, fatto di malnutrizioni, in-tossicazioni e carestie, che hanno patito inostri avi per selezionare le piante che con-sumiamo.

In generale, comunque, le piante tendo-no a difendersi da tutti i predatori (uomoincluso) e hanno come principale obiettivoquello di riprodursi mettendo la progenienelle migliori condizioni possibili per po-tersi sviluppare. I vegetali si difendono conspine, cortecce, veleni, sapori disgustosi esostanze indigeste di ogni tipo. Addomesti-care le piante ha comportato la selezioneprogressiva di quelle che avevano le mino-ri difese ed erano meno tossiche per l’ali-mentazione umana. In pratica, abbiamospogliato le piante di molte loro difese, diconseguenza ora ci dobbiamo industriareper proteggerle da quei patogeni o compe-titori che possono attaccarle per nutrirsi(così come facciamo noi). Non è un caso senon ci alimentiamo di erbe o di piante in-festanti, che pure sarebbero molto più fa-cili da coltivare. Le piante che mangiamosono quindi l’opposto di quello che avreb-be selezionato l’evoluzione naturale: sonopiante selezionate dal predatore (noi), dicui mangiamo i figli (i semi). Le piante col-tivate sono le più inadatte a vivere in natu-ra, con frutti grandi, succosi e dolci. E’ co-me se avessimo selezionato dei topi perchésaltino in bocca ai gatti: niente di più inna-turale ed opposto alla selezione della spe-cie. [...]

L’avversione all’uso della chimica inagricoltura, poi trasformatasi paradossal-mente nella fobia verso gli Ogm (Organismigeneticamente modificati), è insita in com-ponenti della società tra loro molto diver-se e non è banalmente riconducibile ai so-li gruppi d’interesse che speculano sullepaure della gente per trarne profitto. Afianco di questi attori c’è una parte impor-tante della popolazione che vive un vero di-sagio nell’essersi allontanata dalle campa-gne e dalla produzione primaria di alimen-ti: per costoro sia l’uso di agrofarmaci sia

il rimedio per ridurne l’uso, ossia gli Ogmoggi in commercio, risultano un modo perallontanarsi dall’idea bucolica ed ingenuadei cibi di una volta, senza avere alcunaesperienza né degli aspetti agronomici nédi quanto i cibi di allora fossero pericolo-si. Provenendo dallo stress della vita dicittà e concependo la vita della campagnacome una vacanza, costoro immaginanopiante che crescono da sole con l’acquabuona, il sole e lo sguardo attento del “con-tadino” della pubblicità.

I timori di queste persone sono di carat-tere emotivo e le portano a diffidare di ge-

neriche rassicurazioni, nel timore (in par-te fondato) che mascherino interessi com-merciali. Ma se per curarsi usano la proce-dura medico-ricetta-farmacia, devono au-spicare che per l’uso di agrofarmaci si se-guano delle analoghe prescrizioni e posolo-gie. Invece, senza rendersi conto che que-ste loro reazioni emotive favoriscono altriinteressi commerciali, con la propria av-versione agli Ogm non fanno che incentiva-re proprio un uso eccessivo di agrofarma-ci che potrebbero essere risparmiati da al-cuni tipi di piante Ogm.

Solo gli anziani o chi ha studiato la storiaitaliana del dopoguerra a oggi sa quanto sia

cambiato il paese in questo periodo. Nel1951 un agricoltore lavorando un capo di2,3 ettari alimentava la sua famiglia, men-tre oggi deve nutrire un condominio, quin-di la terra deve produrre oltre cinque vol-te di più di cinquant’anni fa.

Si tratta di una transizione drammatica,con stravolgimento degli equilibri relazio-nali e familiari. Il richiamo della terra, edella terra d’origine, si mescola con l’ideadi un ritorno alla gioventù svanita, a miglio-ri relazioni umane e a cicli vitali menostressanti. Nessuno meglio di Antonio Pa-scale ha descritto la confusione tra i sapo-ri nostalgici del tempo che fu e il fatto chechi li ricorda sta parlando soprattutto del-la sua gioventù, prescindendo da una ana-lisi seria di quanto sia migliorata la qualitàdegli alimenti che consumiamo oggi rispet-to a quelli che mangiavano i nostri padri oi nostri nonni.

Per esempio, difficilmente si ricorda cheil motore che muove la vicenda del Pinoc-chio di Collodi nel 1883 è la fame, la denu-trizione del popolo intero. La natura si per-sonifica in un’entità benevola, preveggente,sicura. Tutto ciò che quella Natura idealiz-zata produce è salutare, al contrario diquanto è prodotto dall’uomo, che diventainnaturale, artefatto, inquinato.

La velocità con cui è avvenuta la transi-zione tra campagna e città ha generatoun’ondata di desiderio di ritorno alle ori-gini, o a quelle relazioni umane perse nel-l’asfissiante comunità cittadina. Per misu-rare la distanza dalla civiltà contadina puòessere considerato indicativo il fatto chepersonaggi come Topolino, Stilton o Topo

Gigio, beniamini dei bambini, siano dei to-pi, ossia proprio quegli animali che per se-coli hanno rappresentato la causa di care-stie e pestilenze che hanno ripetutamentefalcidiato la popolazione umana con deci-ne di milioni di decessi.

I topi sono diventati addirittura animalida proteggere, così nell’aprile 2013 ungruppo di animalisti ha devastato lo stabu-lario dell’istituto di Farmacologia dell’uni-versità di Milano, rovinando esperimentidurati anni, scagliandosi contro Silvio Ga-rattini, fondatore dell’istituto Mario Negri.Il gruppo “Pro Test” si è costituito non so-lo per contrastare questa deriva antiscien-tifica, ma anche per chiarire quali benefi-ci l’uomo ha tratto dalla sperimentazioneanimale, condotta da decenni in condizionidi profondo rispetto per la sofferenza e ladignità degli animali. La scienziata e sena-trice a vita Elena Cattaneo ha proposto diinserire un’etichetta sui farmaci che mostriquanto siano indispensabili i test su cavieper avere medicamenti o anestetici affida-bili. E chiede lo stesso tipo di trasparenzaverso i consumatori riguardo ai derivati daanimali nutriti con mangimi Ogm. [...]

Sul banco degli imputati delle disciplineche manipolano la natura è finita ancorauna volta la chimica, rea di aver inquinatoil terreno, l’acqua, l’aria. Se è vero che piùdi un eccesso è stato commesso dalle azien-de chimiche, che hanno scaricato velenisenza controllo, allo stesso tempo è inaccet-tabile che sia la chimica in quanto tale a es-sere criminalizzata. La chimica è scienzache permette di isolare sostanze da pianteo microrganismi, di purificarle da migliaia

di altre molecole e di restituirle come prin-cipio attivo, evitando che per assumerequel principio attivo si debba ingerire unaquantità di altre sostanze inutili o dannose.

Il caso della tossina Bt di Bacillus thurin-giensis rientra in questo ambito: quando èinclusa nelle spore dell’intero batterio di-venta il più diffuso insetticida usato dall’a-gricoltura biologica, ma se si isola uno solodei circa 5 mila geni di cui si compone il ge-noma batterico e questo viene trasferito inuna pianta dove svolge il ruolo di insettici-da, ecco che nascono paure ossessive e ri-chieste di test di sicurezza sanitaria. Perchè

quegli stessi test non vengono pretesi sullespore del batterio che, oltre a quella iden-tica tossina, portano ancora centinaia di al-tre sostanze in gran parte ignote?

La differenza tra le due strategie sta so-lo nel nome: la tecnica di usare un solo ge-ne conduce a un Ogm, l’altra via si chiamaagricoltura biologica e come tale non devedimostrare nulla a nessuno perché la Natu-ra è buona, sicura e giusta. Si tratta in tut-ta evidenza di strategie comunicative di in-dubbia efficacia, che possono dare un van-taggio commerciale importante se usate inun contesto pubblicitario, ma che prescin-dono da qualunque dato scientifico. La na-

tura non è benevola né vendicativa e, sel’uomo vuole preservare la sua specie, ladeve continuamente proteggere.

La chimica è ancora sotto attacco da par-te dell’opinione pubblica europea, la cuiprima preoccupazione riguardo all’alimen-tazione è la sistematica paura di consuma-re cibi inquinati da pesticidi, quando inve-ce il maggior pericolo deriva da cibi malconservati e inquinati da microrganismipatogeni per l’uomo. Da anni quindi l’obiet-tivo – pure in larga parte condivisibile,tranne che per i toni da crociata e gli ap-procci integralisti – è quello di ridurre l’im-patto, minore persistenza, minore tossicità

e più mirato bersaglio verso specifici pato-geni, aiutandosi con le poche forme possi-bili di lotta integrata e confusione sessua-le degli insetti patogeni.

In questo clima, le aziende chimichehanno cercato di assumere un basso profi-lo e, pur essendo in parte coinvolte nellasostituzione dei pesticidi chimici con lenuove applicazioni biotecnologiche, hannosistematicamente evitato di esporsi troppocon il pubblico sul tema così impopolaredegli Ogm. In particolare, le aziende chi-miche europee si sono specializzate nellaproduzione di agrofarmaci e, benché di-spongano anche di qualche linea di semibiotech, il loro core business è nella chimi-ca agrofaramceutica. All’opposto, le multi-nazionali statunitensi hanno ormai quasiabbandonato la chimica per la produzionedi agrofarmaci per concentrarsi sulle inno-vazioni tecnologiche, proteggendo con bre-vetto (oggetto di tante polemiche) gli Ogmche sono ormai il loro vero core business.Oggi tutti i principali Ogm in commercioabbattono l’uso della chimica in agricoltu-ra, sia per la riduzione dell’utilizzo di in-setticidi sia per la sostituzione e la diminu-zione complessiva di principi attivi a trop-po lunga vita media negli erbicidi. L’asso-ciazione dell’agricoltura biologica statuni-tense stima che, grazie alla varietà Bt dicotone e mais (Ogm), in sedici anni si siaevitato l’impiego di 56 mila tonnellate diinsetticidi.

Tuttavia l’ostilità mediatica che circondale aziende chimiche europee impedisce lo-ro di affrontare la tematica Ogm con la do-vuta serenità, con il risultato di lasciareche la partita venga giocata quasi esclusi-vamente dalle aziende statunitensi mentreloro cercano una nuova presentabilità me-diatica nei campi della lotta integrata edella chimica verde.

ANNO XXI NUMERO 127 - PAG II IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTEDÌ 31 MAGGIO 2016

CHI CREDE ALLA FAVOLA ANTI OGMDietro la fobia per le biotecnologie c’è un dogma neopagano per cui “la Natura è buona e giusta”

Tutto ciò che fa la Naturaidealizzata è salutare, mentre ciòche produce l’uomo diventaartefatto e inquinato. Non è così

Le piante che mangiamo sonol’opposto di quelle che avrebbeselezionato l’evoluzione: sonole più inadatte a vivere in natura

Il caso del batterio Bt: è il piùdiffuso insetticida biologico,mase si isola un gene per trasferirloin una pianta scattano le paure

Gli Ogm abbattono l’uso dellachimica: in America 56 milatonnellate di insetticidi in menograzie a cotone e mais Bt

Campo di grano con volo di corvi, Vincent van Gogh. Olio su tela, 50,3x103 cm, 1890, van Gogh Museum, Amsterdam

La scienza non è divisa. I semi biotech sono sicuri per l’uomo e l’ambiente Roma. Quando si parla di temi complicati come gli

Oganismi geneticamente modificati (Ogm), per sem-plificazione giornalistica e quasi a giustificare unalegislazione che vieta “per precauzione”, si tende adire che “anche la scienza è divisa”. E così si affron-ta la questione intervistando uno studioso favorevo-le agli Ogm e un altro contrario, questo quando vabene, perché molto spesso si fa parlare solo qualcu-no che è del fronte anti Ogm e che in genere è un at-tivista che ripete slogan contro le multinazionali eper la difesa di Madre Terra. E’ lo stesso meccani-smo che troppo spesso si mette in funzione quandosi parla di altri temi che vengono definiti “divisivi”,come la pericolosità dei vaccini, l’invenzione di unanuova cura contro il cancro a base di bicarbonato esucco di limone o il metodo Stamina per curare ma-lattie neurodegenerative. Ma la verità è che non c’èalcuna “divisione”: tutti quelli che sanno di cosa

parlano sono d’accordo sul fatto che i vaccini sianosicuri, che non si guarisca dal tumore col bicarbo-nato e che Stamina appartenga al campo della ciar-lataneria più che a quello della medicina. Lo stessovale per gli Ogm: la comunità scientifica non è “di-visa”, anzi, soprattutto chi meglio conosce la materiaè concorde sul fatto che gli Ogm siano utili e sicuri.Qualcuno che la pensa diversamente lo si trova sem-pre, ma accade in tutti i campi. Se ci si deve basaresulle evidenze e non sulle impressioni, le conclusio-ni degli studi sull’argomento sono univoche.

Proprio pochi giorni fa la National Academies ofSciences, Engineering and Medicine, ovvero l’insie-me delle accademie fondate da Abramo Lincoln persvolgere un lavoro di consulenza scientifica indipen-dente per il governo americano, ha pubblicato un re-port in cui conferma, ancora una volta, che gli Ogmsono sicuri per l’uomo e l’ambiente. Lo studio di ol-

tre 400 pagine è una rassegna di tutta la letteraturascientifica degli ultimi venti anni e il comitato, com-posto da scienziati di chiara fama, ha analizzato ol-tre mille lavori su ogni possibile aspetto riguardan-te la manipolazione genetica, fatto dibattiti pubbli-ci e raccolto testimonianze. La conclusione non la-scia spazio a dubbi: gli Ogm non sono pericolosi néper l’uomo né per l’ambiente. Secondo il comitatonon c’è alcuna differenza tra le colture ogm e quel-le non ogm. Anzi, paradossalmente, vista la mole dianalisi e controlli di cui sono oggetto, si hanno mol-te più informazioni e garanzie sui cibi geneticamen-te migliorati rispetto a quelli convenzionali. Allostesso modo non ci sono evidenze riguardo possibiliproblemi ambientali, compresa la preoccupazioneper la “farfalla monarca”, su cui non c’è alcuna pro-va che venga danneggiata dagli Ogm. Per le Acade-mies invece non ci sono grandissimi miglioramenti

sui raccolti, la resa per ettaro degli Ogm non crescea un tasso maggiore, ma il bilancio è comunque po-sitivo per gli agricoltori che ottengono benefici da unminor uso di pesticidi (cosa che dovrebbe far piace-re agli ambientalisti).

Anche in Italia le più importanti accademie e so-cietà scientifiche – come l’Accademia dei Lincei,l’Accademia nazionale delle scienze o la Società digenetica agraria in rappresentanza di oltre 10 milascienziati – affermano da anni che non ci sono rischisanitari, alimentari, ambientali e neppure di coesi-stenza con le altre piante. Dall’altro lato il fronte am-bientalista, per supportare e giustificare politicheproibizioniste, cita gli unici due studi che dovrebbe-ro dimostrare la pericolosità degli Ogm, quelli delfrancese Gilles-Eric Séralini e dell’italiano Federi-co Infascelli. Ma entrambi i lavori sono stati ritira-ti, nel caso di Séralini per gravi errori metodologici

che lo rendevano scientificamente inaccettabile enel caso di Infascelli addirittura per manipolazionie falsificazioni. La truffa scientifica di Infascelli èstata scoperta dalla scienziata e senatrice a vita Ele-na Cattaneo, che sta portando avanti una tenace bat-taglia a favore della libertà di coltivazione e di ricer-ca sugli Ogm e contro l’oscurantismo a km zero, in unpaese che una volta era l’avanguardia. Il sistemaagroalimentare italiano, anche nelle sue punte d’ec-cellenza, è già dipendente dall’importazione di Ogme i divieti stanno solo frenando la competitività e im-pedendo di salvare con la ricerca prodotti tipici chestanno già sparendo attaccati da nuovi patogeni. Main Italia non è consentito agire perché su questo te-ma anche la politica, come la comunità scientifica,è unita. Ma in senso opposto: è tutta no Ogm. Con ipochi Infascelli e contro le tante Cattaneo.

Luciano Capone

di Roberto Defez

Il Movimento 5 stelle e l’Apocalisse all’olio di palmaRoma. Il nemico è onnipresente, subdo-

lo, pervasivo, implacabile. Il nemico c’è manon si vede, il nemico si nasconde sottospoglie innocue. E, ad ascoltare i relatori(parlamentari e non) del convegno “olio dipalma insostenibile”, organizzato dai Cin-que stelle alla Camera mercoledì scorso, ilnemico colpisce a scoppio ritardato e dovemeno te lo aspetti, ché l’olio di palma èdappertutto e dappertutto va evitato, dice-vano i deputati grillini Mirko Busto, Massi-mo De Rosa, Chiara Gagnarli e il senatoregrillino Carlo Martelli (che ha presentatouna proposta di legge per l’abolizione del-l’olio di palma medesimo).

E dunque il nemico prende la forma del-l’evocazione della catastrofe globale, pre-via demonizzazione di merendine e cosme-tici, taralli e biscotti, crackers e sughi, tut-ti alimenti contenenti la sostanza incrimi-nata. Ed è la globalizzazione del pericolo inuno schema in cui tutto si tiene: se non evi-ti l’olio di palma sei anche in qualche mo-do responsabile della deforestazione tropi-cale e dello sfruttamento para-schiavistadelle popolazioni asiatiche e dell’obesitàinfantile e dell’arteriosclerosi senile e delcancro (l’Efsa, Autorità europea per la sicu-rezza alimentare, dicono i Cinque stelle, ha

“individuato alcune sostanze” nell’olio dipalma come nocive, di cui una “canceroge-na… il 3-Mcpd, che si forma durante la raf-finazione degli oli vegetali ed è presente inmisura maggiore proprio nell’olio tropica-le, ben 70 volte in più rispetto all’olio d’o-liva”). E poi il Pacifico, e la circolazione deiventi, e l’orango di Sumatra (in via di estin-zione), e la tigre (sempre di Sumatra) e ilglutine e le raffinerie e la guerriglia in Co-lombia e la ristorazione scolastica: tutto al-l’olio di palma riporta.

C’è anche il medico nutrizionista che siarrabbia quando vede in tv trasmissioni di“gossip”, dice, su cibi e diete che non sfio-rino l’argomento – e per carità, tutto può es-sere e tutto può non essere, ma a quel pun-to al profano sorge un dubbio: ma possibi-le che tali sventure e piaghe bibliche tuttedallo stesso ingrediente scaturiscano? Ilgrillino Mirko Busto, sull’Huffington Post,l’ha definito “un killer che distrugge tuttociò che trova sul proprio cammino: la no-stra salute, gli animali, le foreste, l’ambien-te dove vivono intere popolazioni”. E parequasi di essere tornati ai tempi (estate2014) in cui il nemico pubblico numero uno,secondo Alessandro Di Battista, deputato emembro del direttorio a cinque stelle, im-

provvisamente prese le sembianze di unabistecca: “Gli allevamenti intensivi sono re-sponsabili dell’effetto serra e di quei cam-biamenti climatici che producono siccità edesertificazione”, diceva il deputato terzo-mondista romano, propugnando l’avventodella nuova èra vegana (e anche in quel ca-so tutto si teneva, ché Di Battista metteva dimezzo anche il pesce e l’impoverimento deimari e l’immigrazione: “…alcuni scafistiche conducono i migranti verso le nostrecoste sono ex pescatori costretti al contrab-bando di uomini dall’impoverimento delmare egizio…”).

E se non è l’olio di palma è il glifosato(diserbante) e se non è il diserbante è ilgerme sconosciuto che occhieggia da mani-glie e oggetti vari. Ci si mettono anche, con-giuntamente, i talk “Di martedì” e “Bal-larò”, da qualche settimana Cassandre del-la deriva microbica: ecco, dopo la trasmis-sione sul grasso saturo, quella sul batterionascosto nel carrello della spesa come sul-lo spazzolino da denti come sulle cuffiettedello smartphone, e alla fine tutte le emer-genze si ricollegano in un’unica grande os-sessione della prossima ventura apocalissebio-eco-medico-ambientale.

Marianna Rizzini

L’appello degli scienziati: niente soldi al biodinamicoRoma. Nell’Italia in cui è vietata la spe-

rimentazione sugli Ogm, in cui sono limita-ti il diritto alla conoscenza e la libertà di ri-cerca scientifica, nel paese in cui lo statoha costretto uno scienziato come Eddo Ru-gini a distruggere e mandare letteralmen-te al rogo 30 anni di ricerche sugli Ogm, ilgoverno legittima e incentiva la pseudo-scienza e la stregoneria dell’agricolturabiodinamica. Proprio sul Foglio avevamodato la notizia dell’inserimento da partedel ministero delle Politiche agricole nel“Piano strategico nazionale” del metodoparanormale di coltivazione inventato dal-l’esoterista Rudolf Steiner. L’agricolturabiodinamica si basa su una filosofia cheunisce astrologia, omeopatia e spirituali-smo, una compilation del pensiero antiscientifico che usa preparati ottenuti da ve-sciche di cervo maschio appese piene difiori, oppure da corni di vacca pieni di le-tame sotterrati, nella convinzione che que-sti intrugli convoglino le energie cosmichee le forze astrali nelle piante.

Questa roba è stata inserita dal governonel “Piano strategico nazionale”, un po’ co-me se avessimo messo in un “piano strate-gico sanitario” le teorie di Red Ronnie eDavide Vannoni. L’inserimento nel Piano

strategico non rappresenta solo una débâ-cle culturale, ma produce effetti concretisull’assegnazione dei circa 1,5 miliardi dieuro finanziati dall’Unione europea per loSviluppo rurale. Inoltre secondo il pianodel ministro Maurizio Martina sul biodina-mico ci saranno un “approfondimento pro-fessionale e sperimentazione in due ate-nei” e la “costituzione di un comitato per-manente di coordinamento per la ricerca”.

Nonostante la biodinamica steinerianasia una pseudoscienza già da diverso tem-po è entrata nelle università italiane.Un’antesignana è stata l’università di Fi-renze che, oltre a tenere per anni un ma-ster in “Agricoltura ecologica (biologica ebiodinamica)”, ha finanziato con circa 350mila euro il “progetto Geneagrobio” per at-tivare una filiera biologica e biodinamica.Poi si è aggiunta la Federico II di Napoli –la stessa università del gruppo di FedericoInfascelli che ha prodotto studi taroccatianti Ogm – con un master sull’Aricolturaeco-compatibile in cui si insegna anche labiodinamica.

L’ingresso di queste dottrine sovrannatu-rali nelle università va nella direzione au-spicata dal ministro Martina, che avevaproposto la creazione di “corsi universita-

ri specifici” sull’agricoltura biodinamica. Enaturalmente, insieme ai nuovi “comitatidi ricerca” voluti dal ministero è ciò cheche ha destato più scalpore nella comunitàscientifica. L’Accademia nazionale delleScienze detta dei XL (dei Quaranta), unadelle più antiche e prestigiose societàscientifiche italiane, in un recente docu-mento scritto dal fisiologo vegetale Ame-deo Alpi sul tema dell’agricoltura biodina-mica nella formazione universitaria, affer-ma che “alcune motivazioni degli agricolto-ri biodinamici possono essere relegate trale idee personali circa la concezione delmondo e della vita; si possono non condivi-dere, ma sono rispettabili. Ciò che ci sen-tiamo di respingere sono le tecniche propo-ste, certamente non basate su criteri scien-tifici”. Lo ha spiegato in termini ancora piùespliciti al Foglio la prof. Emilia Chianco-ne, biologa molecolare e presidentessa del-la società scientifica che ha avuto tra i suoisoci sette premi Nobel e i più importantiscienziati italiani: “L’Accademia nazionaledelle Scienze esprime sconcerto alla solaidea che fondi pubblici vengano destinatial finanziamento di corsi universitari su te-mi privi di contenuto scientifico, come l’a-gricoltura biodinamica”. (l.cap.)

Pubblichiamo stralci dellibro “Il caso Ogm. Il dibat-tito sugli organismi geneti-camente modficati”, editoda Carocci (147 pp., 11 eu-ro) e scritto da Roberto De-fez. L’autore dirige il labo-ratorio di biotecnologie mi-crobiche all’Istituto di bio-scienze del Cnr di Napoli