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Prof. Riccardo Concetti Letterature Comparate Perugia, 27/02/2008 Che cos’è il “villaggio globale”? Il concetto risale al canadese Marshall McLuhan (1911-1980), critico letterario e teorico delle comunicazioni, in particolare a The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic Man (1962): L’invenzione dell’alfabeto fonetico “con la sua astrazione del significato dal suono e la sua traduzione del suono in un codice visivo” avrebbe “tradotto l’uomo fuori dal mondo possessivo di totale indipendenza e di interrelazione costituito dalla rete uditiva”. Oggi però i media elettrici causano una sorta di progresso/regresso a una situazione tribale in cui torna a predominare il senso dell’udito rispetto a quello della vista. Questo stadio costituisce il “villaggio planetario”, definito come “un unico spazio delimitato che risuona dei tamburi tribali”, nel quale, vengono restituite “al mondo occidentale unità di sensazione e di pensiero oltre che di sentimento”, stavolta però sotto forma di un “cervello tecnologico mondiale”. Che cos’è la condizione postmoderna? La stessa situazione analizzata da McLuhan, letta attraverso categorie di pensiero di matrice marxista, ha dato origine alle teorie sul postmoderno. Fredric Jameson, critico letterario e teorico marxista, spiega in Postmodernism or The Cultural Logic of Late Capitalism (1984) che il postmoderno corrisponde: all’“apoteosi del capitalismo”, ossia a “un’espansione prodigiosa del capitale in aree fino a oggi non mercificate”, in una “colonizzazione nuov[a] e storicamente original[e] della Natura e dell’Inconscio”, per cui è portato l’esempio, nel primo caso, della “distruzione dell’agricoltura precapitalistica del terzo mondo”, e, nel secondo, dell’“ascesa dei media e dell’industria pubblicitaria”. alla “cancellazione del confine […] tra la cultura alta e la cosiddetta cultura di massa o commerciale”, ossia all’emergere di nuovi tipi di testi pervasi di forme, categorie e contenuti di quell’Industria Culturale tanto appassionatamente denunciata da tutti gli ideologi del moderno […]. Il postmoderno ha infatti subito tutto il fascino di questo paesaggio”‘degradato” di kitsch e scarti, di serial televisivi e cultura da Reader’s Digest , di pubblicità e motel, di show televisivi, film holliwoodiani di serie B e della cosiddetta paraletteratura con i suoi paperback da aeroporto divisi nelle categorie del gotico o del romanzo rosa,

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Prof. Riccardo ConcettiLetterature ComparatePerugia, 27/02/2008

Che cos’è il “villaggio globale”?

● Il concetto risale al canadese Marshall McLuhan (1911-1980), critico letterario e teorico

delle comunicazioni, in particolare a The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic

Man (1962):

○ L’invenzione dell’alfabeto fonetico “con la sua astrazione del significato dal suono e la

sua traduzione del suono in un codice visivo” avrebbe “tradotto l’uomo fuori dal mondo

possessivo di totale indipendenza e di interrelazione costituito dalla rete uditiva”.

○ Oggi però i media elettrici causano una sorta di progresso/regresso a una situazione

tribale in cui torna a predominare il senso dell’udito rispetto a quello della vista.

○ Questo stadio costituisce il “villaggio planetario”, definito come “un unico spazio

delimitato che risuona dei tamburi tribali”, nel quale, vengono restituite “al mondo

occidentale unità di sensazione e di pensiero oltre che di sentimento”, stavolta però sotto

forma di un “cervello tecnologico mondiale”.

Che cos’è la condizione postmoderna?

● La stessa situazione analizzata da McLuhan, letta attraverso categorie di pensiero di matrice

marxista, ha dato origine alle teorie sul postmoderno.

● Fredric Jameson, critico letterario e teorico marxista, spiega in Postmodernism or The

Cultural Logic of Late Capitalism (1984) che il postmoderno corrisponde:

○ all’“apoteosi del capitalismo”, ossia a “un’espansione prodigiosa del capitale in aree fino

a oggi non mercificate”, in una “colonizzazione nuov[a] e storicamente original[e] della

Natura e dell’Inconscio”, per cui è portato l’esempio, nel primo caso, della “distruzione

dell’agricoltura precapitalistica del terzo mondo”, e, nel secondo, dell’“ascesa dei media

e dell’industria pubblicitaria”.

○ alla “cancellazione del confine […] tra la cultura alta e la cosiddetta cultura di massa o

commerciale”, ossia all’emergere

di nuovi tipi di testi pervasi di forme, categorie e contenuti di quell’Industria Culturale tanto appassionatamente denunciata da tutti gli ideologi del moderno […]. Il postmoderno ha infatti subito tutto il fascino di questo paesaggio”‘degradato” di kitsch e scarti, di serial televisivi e cultura da Reader’s Digest, di pubblicità e motel, di show televisivi, film holliwoodiani di serie B e della cosiddetta paraletteratura con i suoi paperback da aeroporto divisi nelle categorie del gotico o del romanzo rosa,

Prof. Riccardo ConcettiLetterature ComparatePerugia, 27/02/2008

della biografia romanzata e del giallo, della fantascienza e della fantasy: materiali che nei prodotti postmoderni non vengono semplicemente “citati”, come sarebbe potuto accadere in Joyce e Mahler, ma incorporati in tutta la loro sostanza.

Come si pone il problema fra cultura d’élite e cultura popolare?

● Secondo Antonio Gramsci (1891-1937) la società borghese esercita, attraverso le istituzioni

culturali, quindi l’arte e la letteratura, una direzione intellettuale e morale sul corpo sociale

con il fine di suscitare il consenso necessario alla sussistenza del sistema; in questo senso si

dimostra classe egemone. Le classi subalterne, guidate da intellettuali indipendenti rispetto

ai gruppi sociali al potere, devono sviluppare una strategia culturale mirata alla costruzione

di una cultura alta e popolare che funga da una contro-egemonia rivoluzionaria.

● Secondo le posizioni espresse da Max Horkheimer (1895-1973) e Theodor Wiesengrund

Adorno (1903-1969) nella Dialettica dell’illuminismo (1947) nelle società capitalistiche

anche la cultura, pervertendosi, si è trasformata in merce. La cultura come merce è prodotta

e scambiata ad opera dell’“industria culturale”. Quali le conseguenze?

○ L’industria culturale trasforma le masse in consumatori, integrati nel sistema.

○ In questo contesto, ciascuno ha l’illusione di trovare il proprio tornaconto nei media,

mentre è la pedina di un processo che non controlla minimamente.

○ Coinvolte nel ciclo produttivo, l’arte superiore, la ‘grande cultura’ perde la sua forza

emancipatrice; l’arte inferiore perde, con la sua autonomia, lo spirito di ‘resistenza’ alla

cultura delle élite.

● Sintetizzando Umberto Eco parla di Apocalittici e integrati (1964). I primi, gli apocalittici,

sarebbero diffidenti verso una forma di potere intellettuale capace di condurre i cittadini a

uno stato di soggezione. I secondi, gli integrati, si soffermano invece sugli effetti positivi dei

media a cui va riconosciuto il merito “di mettere i beni culturali a disposizione di tutti, di far

circolare un’arte e una cultura popolari.