Certificare le spese: responsabilità certa, norme...

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Certificare le spese: responsabilità certa, norme incerte In tema di Fondo Europeo della Pesca, come, in generale, nel settore dei Fondi Strutturali, il ruolo della Autorità di Certificazione ha vissuto e continuerà, temo, a vivere di luce riflessa, rispetto alla primaria attività dell’Autorità di Gestione ed al ruolo di controllore del sistema che spetta all’Autorità di Audit. Se al gestore del fondo, infatti, tocca il gravoso compito della progettazione e della realizzazione del sistema di gestione e controllo, al controllore spetta la funzione di accertare e asseverare (“assessment”) l’affidabilità di quel sistema e della sua materia prima, ossia, essenzialmente, la qualità della spesa dichiarata all’Unione Europea secondo parametri di ammissibilità e legittimità ben precisi. Il ruolo dell’Autorità di Certificazione sembra invece in qualche maniera più limitato e, in vero, assai compresso fra le impellenze di chi deve “fare” perché ci siano spese da inserire utilmente in una domanda di pagamento e quelle di chi, in corso d’opera ed ex post, deve “controllare” affinché si possa raggiungere una ragionevole certezza circa la correttezza in senso esteso di quelle stesse spese. Nei limiti di una esposizione che deve giocoforza collocarsi nel contesto della conclusione delle attività del FEP e dell’avvio del FEAMP, è all’art. 60 del reg.(CE) 1198/2006 che occorre fare riferimento per avere un’idea del ruolo dell’ADC. Tuttavia, nel più classico stile della regolamentazione comunitaria in tema di fondi strutturali e non, i compiti affidati dal legislatore agli organismi nazionali incaricati di “certificare le spese” ovvero di presentare quella domanda di pagamento che dà titolo allo Stato Membro per ottenere il rimborso della parte comunitaria dei fondi 1

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Certificare le spese: responsabilità certa, norme incerte

In tema di Fondo Europeo della Pesca, come, in generale, nel settore dei Fondi

Strutturali, il ruolo della Autorità di Certificazione ha vissuto e continuerà, temo, a

vivere di luce riflessa, rispetto alla primaria attività dell’Autorità di Gestione ed al

ruolo di controllore del sistema che spetta all’Autorità di Audit.

Se al gestore del fondo, infatti, tocca il gravoso compito della progettazione e della

realizzazione del sistema di gestione e controllo, al controllore spetta la funzione di

accertare e asseverare (“assessment”) l’affidabilità di quel sistema e della sua

materia prima, ossia, essenzialmente, la qualità della spesa dichiarata all’Unione

Europea secondo parametri di ammissibilità e legittimità ben precisi.

Il ruolo dell’Autorità di Certificazione sembra invece in qualche maniera più limitato

e, in vero, assai compresso fra le impellenze di chi deve “fare” perché ci siano spese

da inserire utilmente in una domanda di pagamento e quelle di chi, in corso d’opera

ed ex post, deve “controllare” affinché si possa raggiungere una ragionevole certezza

circa la correttezza in senso esteso di quelle stesse spese.

Nei limiti di una esposizione che deve giocoforza collocarsi nel contesto della

conclusione delle attività del FEP e dell’avvio del FEAMP, è all’art. 60 del reg.(CE)

1198/2006 che occorre fare riferimento per avere un’idea del ruolo dell’ADC.

Tuttavia, nel più classico stile della regolamentazione comunitaria in tema di fondi

strutturali e non, i compiti affidati dal legislatore agli organismi nazionali incaricati di

“certificare le spese” ovvero di presentare quella domanda di pagamento che dà

titolo allo Stato Membro per ottenere il rimborso della parte comunitaria dei fondi

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impiegati nei vari progetti sul territorio, lasciano spazio, nelle loro descrizioni, a una

certa quota di indeterminazione.

Certo, l’ADC è fondamentalmente un revisore: ad essa spetta di verificare

l’affidabilità dei sistemi contabili che quantificano la spesa da rendicontare ed, anzi,

deve espletare una necessaria funzione di monitoraggio finanziario, attraverso una

propria contabilità delle “spese dichiarate alla Commissione”, come anche degli

importi oggetto di eventuali ritiri e di eventuali recuperi (siano essi pendenti o

conclusi).

In questo compito (che poi vedremo essere non così semplice nella pratica

quotidiana, come potrebbe invece sembrare) rientra nella discrezionalità dell’ADC –

quindi anche nella sua responsabilità – decidere quali informazioni ricevere in merito

alle procedure ed alle verifiche che sostengono le dichiarazioni di spesa dell’ADG e

quando queste informazioni costituiscano una “adeguata” base di certificazione in

relazione ad un parametro di legittimità “diffusa” molto lato, poiché vi si includono

espressamente i criteri di selezione delle operazioni (i.e. dei progetti) e, con una

clausola generale, le “vigenti norme comunitarie e nazionali”.

Questa attività di presa in carico di operazioni gestite da un soggetto distinto e

separato, l’ADG, si basa su un “sistema informatizzato di registrazione e

conservazione dei dati contabili relativi a ciascuna operazione svolta nell’ambito del

programma operativo”.

Un sistema che l’ADC non controlla, del quale cioè la stessa non è titolare, ma

semplice utente e in base ai dati del quale essa dovrebbe operare, altresì, per creare

la propria contabilità delle spese, dei ritiri e dei recuperi: in altre parole espletare la

propria funzione di rendicontazione e di attestazione circa la presenza di quelle

qualità e caratteristiche previste dal legislatore comunitario per poter “porre a

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carico” del Fondo i denari impiegati nei progetti realizzati e in corso di realizzazione

sul territorio dello Stato Membro.

E il legislatore comunitario, mai prodigo di indicazioni puntuali, offre poco altro al

mestiere del “certificatore” oltre alle norme regolamentari e molto riserva, invece, a

quello che io chiamo il “diritto dell’ispettore” ossia alle decisioni specifiche e

puntuali che derivano, purtroppo, dalle frequenti visite di controllo dei competenti

servizi della Commissione.

Tuttavia un piccolo aiuto, da tenere in attentissima considerazione specialmente in

fase di costruzione delle regole e dei meccanismi dell’ADC, viene da un documento di

lavoro in inglese, redatto dalla DGMARE sulla base di un documento più generale per

i fondi strutturali, elaborato dal Comitato COCOF1.

In una logica di continuità e di evoluzione è ragionevole pensare che queste linee

guida avranno ancora una qualche valenza con il nuovo FEAMP, atteso che il

comitato EGESIF, di recentissima creazione, deve ancora produrre un nuovo

documento di base e che esso dovrà, eventualmente, essere recepito dalla DGMARE.

La lettura di queste linee guida getta una luce diversa sulle competenze dell’art.60

cit., lasciando intravedere un ruolo per l’ADC che eccede - e non marginalmente -

quello del mero “agente contabile”.

Innanzitutto, il documento descrive in modo puntuale e piuttosto prescrittivo la

struttura dell’ADC improntandola sia verso l’esterno (le altre Autorità del

Programma) che verso il proprio interno (ruoli e compiti del personale addetto) al

principio di separazione delle funzioni, inoltre:

1 COCOF ossia Coordinamento fondi strutturali, oggi sostituito da EGESIF – “gruppo di esperti sui fondi strutturali e di

investimento”

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� in caso di delega di funzioni ad Organismi Intermedi, sono richiesti accordi

formali e procedure scritte che consentano all’ADC delegante un costante

monitoraggio delle attività degli stessi, poiché il delegante resta

completamente responsabile delle attività delegate e, pertanto, dovrà

accertarne il corretto espletamento prima di rendicontare le spese, anche

attraverso propri controlli di qualità.

� L’ADC dovrà essere istituita con atto formale dell’organismo nazionale

competente in modo che ne sia garantita l’indipendenza dall’ADG.

� L’ADC dovrà, oltre ad un Responsabile (che firma digitalmente le domande di

pagamento e tutti gli atti ufficiali da inviare alla Commissione) avere un

organico di almeno tre persone, impegnate, segnatamente, nell’attività di

rendicontazione e di tenuta delle contabilità, nell’attività di verifica della

“compliance” normativa e nell’attività di gestione e mantenimento del sistema

informativo di contabilità. In teoria quindi una dotazione minima di una unità

di livello dirigenziale e di tre unità di personale delle aree.

� L’ADC dovrà, ove necessario, rafforzare la propria “assurance”, ossia la propria

ragionevole convinzione circa la qualità delle spese da sottoporre alla

Commissione, anche mediante propri controlli aggiuntivi, condotti o dal

proprio personale o da soggetti esterni appositamente pagati (società di

revisione contabile).

� Le autorità del programma e i loro OOII dovrebbero poter operare su un

sistema unificato che offra a ciascun soggetto un sottoinsieme di funzioni

pertinente ai propri compiti, rendendo così anche più semplice la definizione e

la dimostrabilità della “pista di controllo” (audit trail) prevista dall’art.41 del

regolamento applicativo.

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Per motivi di sintesi evito di riportare quanto richiesto dalle linee guida in tema di

registro dei ritiri, dei recuperi e dei recuperi pendenti e in tema di irregolarità,

chiarendo però che il documento esplicita in maniera assai chiara la distinzione fra

ritiro di una spesa dal Fondo (“withdrawal”) e recupero di una spesa che viene

lasciata a carico del Fondo sino a conclusione del procedimento giudiziario e

dell’eventuale procedimento esecutivo (“recovery”).

Dalla teoria alla pratica, problemi da gestire

Questa, in breve, la teoria. La pratica, invece, è tutta un’altra questione.

Ci sono essenzialmente tre variabili da prendere in considerazione nel passaggio

dalla “realtà normativa” alla realtà concretamente operativa.

In primo luogo, l’avvio del processo di gestione di un fondo strutturale in Italia non è

mai celere per motivi tutti nazionali sui quali non mi dilungo.

La regola del disimpegno automatico, comunemente nota come “N+2” nel senso che

entro la fine del terzo anno dall’impegno i fondi non certificati vengono ritirati

unilateralmente dal programma e sono , a tutti gli effetti, soldi persi per lo Stato

Membro, è la seconda dura realtà con la quale fare i conti quando si certifica.

Infine c’è la complessità applicativa delle misure, specie di alcune, che hanno dato,

nella esperienza pratica, non pochi problemi a livello di attuazione ed

implementazione, penso ad esempio all’Asse IV ed ai GAC.

Si possono poi considerare in ordine sparso altri handicap tipici delle nostre

amministrazioni, fra i primi che mi sovvengono:

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• scarsità di personale, spesso lo stesso già addetto alla certificazione di altri

fondi;

• la gestione di un sistema finanziario che prevede una serie di massimali

relativi al sostegno finanziario comunitario, ma permette anche di variare

questo sostegno da un minimo ad un massimo, salvo poi dover rientrare nei

predetti limiti entro la conclusione del programma;

• gli inconvenienti tecnici di un’attività di rendicontazione che opera su due

sistemi informativi separati, quello specifico del FEP e quello della Ragioneria

Generale dello Stato (c.d. portale IGRUE) che, a sua volta, dialoga con SFC2007

ossia il sistema che la Commissione ha predisposto per i fondi strutturali.

Il risultato di questa realtà operativa non facile è che, a fine anno, scatta quella che

gli addetti ai lavori conoscono come una sorta di “corsa alla certificazione della

spesa” per evitare il disimpegno automatico. In questo modo si è finito per inviare

domande di pagamento anche il 31 dicembre, con ovvie difficoltà nell’espletamento

di quei compiti di “assurance” che la normativa prescrive e che devono, giocoforza,

essere garantiti in altro modo.

A questa esigenza risponde il sistema di monitoraggio e controllo definito dall’ADC

nella propria concreta esperienza operativa all’interno di un quadro convenzionale

formalizzato con gli OOII e che si avvale sia degli strumenti informatici “ufficiali”

(SIPA), sia di altri strumenti che sovvengono, laddove il sistema informativo non

consenta ovvero non possa consentire, essenzialmente per motivi di costo,

particolari funzioni di elaborazione ed analisi dati.

Il sistema di monitoraggio e controllo si fonda essenzialmente sul principio che ogni

OI ha facoltà di effettuare o meno controlli preventivi alla presentazione di una

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proposta di certificazione all’ADC nazionale, purché rendiconti la propria scelta, in

maniera analitica, su uno specifico documento (c.d. “Allegato VII”). L’assenza dello

stesso nell’invio informatico tramite SIPA compromette, in base alla convenzione in

essere, la “certificabilità” delle spese coinvolte ossia il loro inserimento nella

domanda di pagamento nazionale.

La scelta operata dall’OI, svolgere o meno controlli preventivi, influirà comunque

sulla selezione di un campione di controllo ex post delle operazioni certificate entro

la fine dell’anno N, che verrà elaborato a livello centrale nel corso dell’anno N+1 e

che dovrà essere affidato per lo svolgimento delle verifiche agli OI selezionati e con

l’utilizzo di un modello di checklist unico predisposto dall’ADC nazionale.

Oltre a questi controlli ex post, ogni anno gli OOII devono espletare propri controlli

sulla qualità delle procedure di gestione, utilizzando un criterio di campionamento

fra quelli suggeriti dal delegante.

Essi devono altresì attestare annualmente la propria consistenza organica,

l’adeguatezza delle risorse ai compiti delegati e l’eventuale implementazione di

raccomandazioni derivanti da esiti di controlli ad opera di soggetti esterni (Autorità

di Audit o servizi della Commissione UE ad esempio).

Queste scelte consentono, in sintesi, di ridurre i rischi di certificare spese non

certificabili per i più vari motivi (funzione deterrente) o, almeno, di rilevare e

rettificare situazioni di “non certificabilità”, procedendo alle opportune azioni di

ritiro o di recupero (da tracciare nell’apposito registro) già nell’anno

immediatamente successivo a quello di generazione, evitando che le stesse si

accumulino sino a fine programmazione.

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Il controllore straniero, fare i conti con Bruxelles

In questo contesto, i maggiori problemi derivano da quelle misure che, comportando

fondamentalmente un rimborso al richiedente per le spese sostenute per la

realizzazione del progetto, basano la propria “certificabilità” principalmente sulla

verifica dei giustificativi di spesa, sia in termini di ammissibilità delle spese

presentate, sia, soprattutto, in termine di effettività delle stesse. Ciò, atteso che ai

sensi dell’art.78 del reg.(CE)1198/2006 non possono essere poste a carico del fondo,

nel contesto di misure che non costituiscano premi, ma rimborsi, spese che il

richiedente non abbia già effettuato.

Per questo nella propria checklist nazionale, l’ADC richiede espressamente che l’OI

attesti che, a livello di gestione sul territorio, tali qualità della spesa siano state

espressamente accertate dalla struttura competente.

E’ ovvio che, trattandosi, di controlli campionari, nel caso di specie finalizzati a

rassicurare i servizi della Commissione UE ed eventualmente la Corte dei Conti

comunitaria, una primaria, fondamentale importanza rivestono gli algoritmi di

selezione del campione ed i criteri di rischio.

Infatti, la Commissione si aspetta che un campionamento rispetti certi requisiti,

anche se non esiste una specifica indicazione per l’ADC, mentre esiste un complesso

documento COCOF in tema di campionamento indirizzato alle autorità di Audit dei

fondi strutturali.

La prassi di questa ADC è stata quindi quella di orientarsi secondo i seguenti

parametri:

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il metodo di selezione del campione di operazioni viene scelto, in base all’esame del

numero, del “peso” finanziario e della distribuzione geografica delle operazioni

certificate, fra i seguenti:

a.1)monetary unit sampling (MUS);

a.2)metodo top-bottom;

a.3)stratificazione per fasce di importo, all’interno delle quali

effettuare, in base all’addensamento delle operazioni, un

campionamento MUS ovvero sistematico ovvero casuale;

è possibile, eventualmente, effettuare una ulteriore restrizione dell’universo agli OI

che presentano maggiori elementi di rischiosità. Il campione prevede sempre una

percentuale minoritaria di items selezionati con criterio “casuale per record”

compresa fra il 25 ed il 33% del numero di items complessivi da selezionare.

Altri criteri utilizzati per focalizzare meglio il campione possono essere l’impatto dei

risultati dei controlli svolti negli anni precedenti, in particolare degli esiti di

precedenti controlli ex post svolti su indicazione dell’ADC e degli esiti dei controlli

svolti dall’Autorità di Audit; l’opportunità di favorire misure ed azioni che non siano

ancora state oggetto di specifico controllo, garantendo comunque la copertura di

tutte le misure ed azioni entro la conclusione della fase di esecuzione del

programma operativo FEP; infine, tenere conto anche del numero di irregolarità e

della loro distribuzione nell’ambiente di controllo.

Si tratta di elementi che derivano dall’esperienza di chi scrive, prima come Internal

Auditor di un Organismo Pagatore in Agricoltura (fondi FEAOG/FEAGA e FEASR), poi

come responsabile del settore verifiche e compliance dell’ADC nazionale, e che sono

fondati sul rapporto, non sempre semplice, con i vari soggetti comunitari titolari di

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poteri ispettivi e di controllo nei confronti dello Stato Membro (Commissione, Corte

dei Conti UE e OLAF).

Certo è necessario avere bene in mente che, nel corso di una visita ispettiva della

Commissione, il sistema di controllo ed i criteri di campionamento sono elementi

decisivi per convincere l’interlocutore della propria affidabilità. L’esperienza mi ha

insegnato che la Commissione sovente chiede di ricalcolare il campione,

verificandone la ripetibilità, controlla la completezza dell’universo di selezione,

esamina il contenuto delle domande che vengono inserite nella checklist e che, per

essere rassicurata, ha necessità di ascoltare concetti e parole ad essa note.

Il sistema di campionamento per unità monetaria o “monetary unit sampling” nella

sua incarnazione statistica è in genere ben accetto perché ampiamente diffuso a

livello internazionale e perché fornisce elementi misurabili ed in relazione fra loro. Si

tratta, in ogni caso, del metodo di norma impiegato dal controllore della

Commissione ossia dalla Corte dei Conti Europea.

Inoltre il metodo MUS è un sistema di norma implementato nei principali software

dedicati all’analisi dei dati finalizzate alla revisione contabile come alle attività

antifrode. Programmi come “Idea” o “Audit command language” offrono funzionalità

di estrazione dedicate, ma, ad un costo più basso sono disponibili anche semplici

add-on per Excel.

L’utilità di un software come ACL, anche ben oltre la mera estrazione dei campioni,

trascende l’oggetto di questa relazione.

Mi limito soltanto a rilevare che senza ACL non avremmo potuto né estrarre

campioni con un procedimento certificato, registrato in appositi “log files” e

ripetibile, né implementare compiutamente un meccanismo di monitoraggio

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finanziario rispetto ai massimali di sostegno comunitario, piuttosto che al

disimpegno automatico, né, tanto meno, gestire in maniera semplice le informazioni

contenute nella base dati delle spese certificate e nel registro dei ritiri e dei recuperi.

La certificazione nel nuovo quadro normativo dei fondi strutturali

Da un punto di vista normativo, la prima novità che risalta, nel nuovo pacchetto di

regolamenti sui Fondi Strutturali recentemente varato, è che le norme che

descrivono compiti e funzioni delle autorità del programma FEAMP trovano posto in

un regolamento “trasversale” recante disposizioni comuni anche al FESR, al FSE, al

FEASR ed al Fondo di Coesione.

Nelle premesse del regolamento in questione (reg.(CE) 1303/2013), si afferma

espressamente che “per garantire agli Stati membri flessibilità in rapporto

all'istituzione dei sistemi di controllo, è opportuno prevedere la possibilità che le

funzioni dell'autorità di certificazione siano svolte dall'autorità di gestione”.

E’ evidente l’attenuazione del richiamo normativo al principio di segregazione delle

funzioni, rispetto all’assetto normativo previgente. Infatti il richiamo dell’art.58 u.c.

reg.(CE) 1198/2006 è alla mera possibilità che, salvo espressi divieti altrove espressi,

le autorità del programma possono far parte dello stesso organismo nazionale.

Nel nuovo sistema la gestione può essere anche certificazione e questa è la prima

rilevantissima novità anche per il FEAMP che sembra preludere ad un indebolimento

del ruolo normativamente definito dell’ADC.

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Una scelta del legislatore che probabilmente deriva dalle performance non eccellenti

del sistema di certificazione in ambito FEP, almeno nella sua funzione di “filtro”

preventivo rispetto a spese non certificabili.

Il concetto è ribadito in modo ancor più forte al comma V lettera (a) dell’art.1 che,

testualmente, dispone “il programma operativo individua l'autorità di gestione,

l'autorità di certificazione, se del caso, e l'autorità di audit”.

La funzione di certificazione, in quanto funzione distinta e separata dalla funzione di

gestione anche a livello organizzativo e funzionale, cade dal mondo della necessità a

quello della mera eventualità, evidenziando in modo eclatante la scelta del

legislatore di non affidarsi ulteriormente a un soggetto terzo e distinto per le attività

di rendicontazione a favore di una semplificazione organizzativa probabilmente

auspicabile, ma, forse, a discapito della qualità delle spese che verranno certificate

nei prossimi anni a valere sul FEAMP.

(Cosimo Benini, AGEA, settore verifiche e

compliance - Autorità di Certificazione FEP)

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