Sommario Cerchio/Opera... · 1 Sommario 19 Ottobre 1963.....12 Parlando di verità soggettiva...

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Sommario

19 Ottobre 1963 ..............................................................................................................................................12

Parlando di verità soggettiva dobbiamo parlare, sottintendere, un soggetto, un ricettore, un

osservatore, un qualcosa, un centro che sia chiuso da un altro qualcosa, diviso da un altro qualcosa che

dobbiamo chiamare “oggetto”. Ecco quindi che nel parlare di verità soggettive noi dobbiamo implicitamente

ammettere che, per lo meno, vi siano due fattori: il soggetto e l’oggetto. ...............................................................12\\

Per definizione, quindi, non è possibile conoscere una realtà oggettiva se non attraverso

all’identificazione, al divenire quella realtà...............................................................................................................13

Ecco l’intuizione. La Scintilla Divina che è in noi, figli, è il Tutto. Nel momento che l’individuo percepisce

una realtà e sente che questa è vera, pur non essendo direttamente in contatto - come prima vi parlavo - è

una esperienza personale, una esperienza soggettiva, ma vi è un riscontro fra la realtà oggettiva che è

nell’intimo suo e la immagine ... Dali .......................................................................................................................15

Colui che ha raggiunto la massima evoluzione è massimamente libero e segue, opera, agisce secondo

il piano divino per la manifestazione di questo Cosmo; ed agisce, segue e opera secondo un senso tutto

diverso da quello che, fino ad oggi, avete inteso. Le parole sono le stesse, ma il senso è profondamente

cambiato. Kempis ...................................................................................................................................................16

Dio è colui che “è”. Niente può essere al di fuori di Lui. La conoscenza stessa di Dio è la conoscenza

del Suo Essere, e niente può esservi al di fuori di ciò che Egli “è”. Nessuna conoscenza può esservi al di

fuori di ciò che è Lui stesso. Dio, quindi, non conosce limitazione, se di limitazione possiamo parlare, se non

quella imposta dal Suo stesso essere infinito. Fratello Massone ..........................................................................17\\\\

26 Ottobre 1963 ..............................................................................................................................................18

L’uomo può fare determinate azioni le quali, in effetti, può sembrare che danneggino i suoi simili verso

i quali queste azioni sono rivolte, ma - in realtà - voi sapete che nessuno patisce ingiustamente e senza

ragione il danno che può venirgli da un’altra creatura. ............................................................................................18

Difendervi per voi, quindi figli, significa conoscere voi stessi, sapere fino a che punto, per non

intralciare il cammino di altri, potete sopportare le conseguenze; fino a che punto, perché gli altri possano

liberamente - e forse anche egoisticamente - agire, voi potete trarvi da una parte riuscendo a sopportare,

intimamente convinti e per niente feriti, questa situazione. Dali..............................................................................20

Nell’Assoluto che comprende in sé il manifestato e il non manifestato, molti, infiniti sono i Cosmi.

Possiamo dire contemporaneamente? Possiamo dirlo per avere un‘idea ma la parola è molto imprecisa. E

forse dobbiamo dire che nel momento in cui un Cosmo viene riassorbito un altro si manifesta? Non

possiamo dirlo. Kempis ..........................................................................................................................................22

Così rimasi molto stupito vedendo in certe filosofie dell’India, filosofie religiose, pure trovandosi certi

concetti altissimi sconosciuti a noi occidentali - se così posso dire, ancora, è vero? - ma vi erano delle altre

cose così puerili! Per esempio, mentre si parlava (giacché siamo in tema di Assoluto).........................................24

Una persona la quale sia convinta che un animale parli riesce, attraverso al corpo eterico e quindi

all’ectoplasma di questo animale, può riuscire - se ha questa forza - a creare una sorta di ugola

nell’animale, delle corde vocali e produrre delle parole...........................................................................................24

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Tutta l’importanza è quella di far riflettere l’uomo. Credo che vi sia già stato detto. Ad esempio: cosa

succede quando avviene un evento straordinario quale una persona che perde per combinazione un aereo,

e l’aereo cade e questa persona rimane viva. Oppure un altro evento un po’ fuori dal comune: una persona

che cade da una grande altezza e non si fa niente. Alan ....................................................................................... 24

02 Novembre 1963 ......................................................................................................................................... 26

Non so più quante volte abbiamo detto: l’Assoluto è colui che “è”. Occorre comprendere

profondamente il significato di queste parole. L’Assoluto non ha mai avuto inizio né mai avrà fine.

Nell’Assoluto tempo e spazio sono entità relative riferibili al Cosmo. ..................................................................... 26\\

Alcune filosofie ed alcune religioni intendono con “evoluzione delle evoluzioni” la evoluzione delle

manifestazioni. Ma badate bene, figli, che oltre i limiti del Cosmo nel quale noi viviamo ed evolviamo non

possiamo servirci sicuramente della legge di analogia. Fermiamoci quindi ai confini di questo Cosmo nel

quale viviamo. ......................................................................................................................................................... 27\\

Ecco il difficile per la logica umana; ecco perché noi vi diciamo che parliamo alla logica vostra per

parlare delle cose di questo Cosmo. Al di là possiamo enunciare delle verità che poste accanto, enunciate

assieme, sono dei controsensi. Ma che lo sono, in effetti, unicamente per una logica umana, e che

comprendendo questi controsensi si è superato la logica stessa; e per comprendere il Tutto è necessario

superare questa logica umana. Dali ....................................................................................................................... 29

Eccoci ancora alle dolenti note dei “Signori del Karma”. Qualcuno nelle mie condizioni potrebbe dire:......... 29\\

Io mi ricordo, ad esempio, di aver parlato con una creatura trapassata qualche tempo fa, una creatura

molto buona ed apparteneva alla vostra religione. Era una creatura tutta dedita alle pratiche mistiche ma

era molto buona ed evolutivamente era molto avanti. Sennonché la sua aspirazione e la sua evoluzione ........... 30

Ma, ripeto, voi potete trarre insegnamento da tutto quello che vi accade, ma non pensate che ogni

piccola cosa che può accadervi - una sigaretta che vi si spegne - possa avere un messaggio rivelatore per

voi. Nephes............................................................................................................................................................. 32

09 Novembre 1963 ......................................................................................................................................... 33

Perché - come voi sapete e sempre noi vi abbiamo detto - il riassorbimento cosmico è già in atto ed

inizia immediatamente quando la manifestazione ha inizio, quando il piano fisico è emanato. Da quel

momento comincia il riassorbimento, quando ancora le individualità possiamo dire che non hanno

cominciato ad incarnarsi nel piano fisico. ............................................................................................................... 33

Il sentire Amore Assoluto è un amare che tradotto in termini umani - se si potesse - dovremmo dire di

una creatura la quale, pur non vedendo, non conoscendo l’oggetto del suo amore, amerebbe tutti;

dovremmo dire di una creatura che non soffrirebbe se la persona oggetto di questo suo amore non la

corrispondesse........................................................................................................................................................ 34

Ed ecco perché l’uomo conosce il dolore, perché nell’ambito della sua libertà - e non sto qua a ripetere

tutti i vari tipi di libertà - nell’ambito della sua libertà relativa l’uomo non può che, scegliendo ciò che va

all’opposto della sua meta finale, provare, percepire qualcosa che a questa meta, invece, lo riconduce. E

proprio da questa alternativa nasce la coscienza. Dali........................................................................................... 35

23 Novembre 1963 ......................................................................................................................................... 37

Così, figli, se è importante che sia dovuto rispetto a qualcuno o a qualcosa, ricordate che non è

importante, nei nostri confronti, la forma perché noi vediamo e penetriamo la vostra intenzione. Importante

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è l’intenzione, figli; se poi questa intenzione qualcuno di voi, per sua natura, ama rivestirla di una forma

gentile e rispettosa, non saremo certo noi a rifiutare questa forma. .......................................................................37

Ecco perché, figli, avvengono questi eventi storici. Una ragione di questi avvenimenti sta proprio nel

dimostrare alla umanità che essa non cambia, tutta, in breve tempo e completamente, nella sua interezza.

Questi avvenimenti, figli, insegnino agli uomini che essi sono composti di tanti mondi, di tante individualità,

ciascuna delle quali deve cambiare se vogliamo che tutto il mondo muti. Dali.......................................................39

Avete bene inteso la differenza fra Spirito ed Assoluto? Perché non provate a meditare su quello che vi

abbiamo detto per ben comprendere quale è questa differenza? Lo Spirito è un quid di questo Cosmo?

Meditate. Chissà che la domanda non possa essere soddisfatta da voi stessi. Kempis .......................................40

30 Novembre 1963 .........................................................................................................................................41

Che cosa è lo Spirito e che cosa, invece, l’Assoluto? Lo Spirito è la Divina Sostanza; è la prima, unica,

incommensurabile, eterna, infinita, immutabile sostanza di Dio. Allora, quale differenza v’è fra Spirito e Dio.

Lo Spirito ne è la sostanza? ....................................................................................................................................41

“Evoluzione delle evoluzioni” vuol dire che evolve la legge stessa di evoluzione. Evolve in seno ad un

Cosmo l’individuo, evolve la razza alla quale l’individuo appartiene; ma la razza successiva ad una presa in

esame è più evoluta rispetto a quella precedente. Evoluzione delle evoluzioni - ripeto e meditate - vuol dire:

evoluzione della legge di evoluzione. Kempis ........................................................................................................42\

È importante che gli uomini si comprendano, che ciascuno faccia presente le proprie richieste ma che

non ignori e disconosca le esigenze dei suoi vicini, dei suoi fratelli. Una posizione di intransigenza, da

qualunque parte sia, non porta che ad un inasprimento e ad una divisione degli uomini e dei popoli. Mentre

ciò che l’umanità di oggi deve perseguire è la unione. Franklin Delano Roosvelt................................................42

Invece vogliamo un po’ parlare della umanità di domani, per consolarci? Sempre che non vi annoi. Una

cosa importante sarà questa: che con il benessere maggiore non subentrerà una pigrizia. Certamente voi

avete notato che le civiltà, quando raggiungono un certo benessere, per opera della pigrizia decadono.

Mentre questa civiltà non avrà questo aspetto negativo, non cadrà in queste pastoie. ..........................................43

Anzi, certe facoltà che oggi non sono alla portata dell’uomo saranno molto più sviluppate, e di esse ci

si servirà - come voi sapete - per apprendere ed immagazzinare tutte le notizie che oggi, con fatica, gli

studenti imparano a scuola. Naturalmente, aumentando moltissimo le conoscenze della scienza ufficiale,

esisterà un modo - come voi sapete - per immagazzinare prestamente queste cognizioni e senza grande

fatica. .......................................................................................................................................................................43

Soffrirà per il dispiacere di avere lasciato i suoi cari; li amava moltissimo. Ma come voi sapete questa

morte ha portato un contributo doloroso ma buono, balsamico, alla causa che egli si era preposto di

conquistare. E, come certo immaginate, è vittima di certi estremismi, cose non dovute all’idea di una sola

creatura. (Omicidio Kennedy) Nephes ....................................................................................................................45

Voi che tanto siete impressionati dall’omicidio che ancora esiste fra gli uomini, quante volte in cuor

vostro avete ucciso una creatura che, volontariamente o meno, vi dava fastidio! Fino a che in voi stessi vi

sarà questa intolleranza, l’assassinio esisterà fra gli uomini. Claudio ....................................................................45

07 Dicembre 1963...........................................................................................................................................45

In sostanza l’evoluzione dell’individuo va dalla formazione dei veicoli atti a sviluppare la natura

dell’individuo, alla manifestazione di questa natura individuale ed oltre. Tutte le forme di vita facenti capo ad

una individualità, ad un individuo, noi le abbiamo chiamate, definite, vite microcosmiche. ....................................46

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Cioè: che il giorno in cui cesseranno di essere emanate delle individualità non vorrà dire che

spariscano le forme di vita microcosmica più semplici quali voi oggi le conoscete; ovverosia, ad esempio, il

processo di cristallizzazione, perché il processo di cristallizzazione è un fenomeno della materia del piano

fisico che è - per ragioni contingenti - legato oggi ad una individualità... Dali ........................................................ 47

Evolvere significa manifestare vieppiù complessamente. Ma laddove non è inizio e dove non può

esservi fine, quale significato può avere una evoluzione così concepita? Possiamo paragonare una

manifestazione di un Cosmo ad un’altra manifestazione di un Cosmo e fra loro dire “questo è più - o meno -

evoluto dell’altro”? Koot-Hoomi ............................................................................................................................. 48

Meditate bene quanto vi è stato detto, figli, perché l’argomento è molto difficoltoso. Cercate di

comprendere il concetto essenziale e cioè: poiché i Cosmi sono manifestazioni dell’Assoluto, non possiamo

pensare ad un susseguirsi di manifestazioni di questi Cosmi in senso migliorativo senza scindere questo

concetto dal miglioramento, in qualche senso, dell’Assoluto. Dali ......................................................................... 49

14 Dicembre 1963 .......................................................................................................................................... 50

L’Assoluto è il Tutto ma è anche l’Uno. L’Assoluto non è rappresentato dalla totalità delle cose, ma

trascende questa stessa totalità. Il Tutto è nell’Assoluto, l’Assoluto è il Tutto ed è nel Tutto. È l’Uno dai mille

volti. Che cosa significa questo? Significa che l’Assoluto non è una realtà che comprende in Sé infinite

realtà a sé stanti, cioè una realtà fredda, una realtà che risulta dalla somma del Tutto. No. ................................. 51

Vi siete anche chiesti che senso può avere pregare. Voi potete, nella preghiera, concentrarvi, pensare

alla Scintilla Divina, al vero Sé che è in voi, attorno al quale voi vivete e vi evolvete, che è natura stessa

dell’Assoluto e che è il Suo stesso alito, la Sua stessa sostanza, la Sua stessa essenza. Dali............................. 52

O Altissimo Signore che accogli ogni invocazione che a Te sia rivolta, che accogli le invocazioni che gli

uomini Ti rivolgono anche se indegnamente, anche se erratamente, e le raccogli e laddove esse avvengono

accendi una luce, fa che qui questa luce non venga mai meno. Teresa................................................................ 53

Comunque io credo che riascoltando, voi oltre che apprezzare ciò che la vostra Guida vi ha detto come

forma, come sostanza, riuscirete a comprendere la ragione per cui è importante, è di primaria importanza

nella Realtà Assoluta, il concetto del rivolgersi a Dio. Non dimenticate che è l’Uno-Assoluto: in ciò sta il

segreto per comprendere. Alan .............................................................................................................................. 54

21 Dicembre 1963 .......................................................................................................................................... 55

Avete parlato anche di un altro argomento: se l’arte sia un capitolo della evoluzione umana oppure se,

nello stadio di evoluzione super-umana, vi sia ancora il ricorrere dell’individuo ad una qualsiasi forma d’arte...... 57

Taluno di voi in momenti difficili era, per l’ansito della lotta della vita, portato a pensare a noi e a

interessarsi a questi problemi. A questa lotta materiale può essere sopraggiunta una certa calma, una

sicurezza maggiore, finanziaria; ed ecco che noi comprendiamo ed abbiamo lasciato assaporare questa

sicurezza prima tanto invocata e ricercata. Dali ..................................................................................................... 57

Siamo in fase di rinnovamento, e questo rinnovare è sì veloce che l’uomo quasi ad esso non riesce a

tenere dietro. Siate costantemente vigili; al nascere di ogni giorno siate nuovi imperciocché chi non saprà

vedere il rinnovarsi della società, il rinnovarsi dell’uomo, si relegherà nel passato. Fratello Massone................. 57

04 Gennaio 1964 ............................................................................................................................................ 59

Ma occorrerebbe domandarsi, anche in questo concepire Dio, come mai Dio che è la bontà, la

perfezione e via dicendo, possa aver creato un qualcosa che secondo questo concepire non è perfetto; ed

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anche qua la domanda si pone, ma si pone in termini ancora più imperiosi nel concetto di Dio-Assoluto. Il

male, l’odio, la cattiveria e tutte le brutture che prima vi dicevo ..............................................................................59

Vi ho detto che il bene e il male sono relativi; ma in effetti noi possiamo dire, cercando di estendere

questo bene e questo male il più ampiamente possibile, che il male è ciò che allontana l’individuo dalla sua

meta ultima. Ed ecco un concetto del male che quasi, oserei dire, oltrepassa i confini del relativo. Dali...............61

Non occorre ricordare la ragione per la quale esiste il dolore, esiste il male, esiste l’odio. Enunciandovi

la verità che la coscienza sorge nella libertà, ecco enunciato il principio per cui è necessario all’uomo

conoscere il dolore per la formazione della sua coscienza. Enunciato questo importante principio... Fratello

Massone .................................................................................................................................................................61

Nella mia fanciullezza molte volte mi chiesi: perché Iddio che vuole il bene fra gli uomini, che vuole che

essi fra loro si amino, che vuole il trionfo della bontà, non incenerisse i malvagi, permettesse che la crudeltà

opprimesse gli afflitti, che il giusto vedesse trionfare l’ingiustizia, che il pio fosse avvilito dalla gloria

dell’ingiusto... Caterina da Siena............................................................................................................................62

Dobbiamo ringraziarvi tutti indistintamente, o figli, per i contributi che avete dato di vario genere. La

“raccolta” è vostra e voi potete farne l’uso che più riterrete adatto; ma pur essendo vostra vi dobbiamo

egualmente dei ringraziamenti, sia per averla voluta fare, sia per il sacrificio, piccolo o grande, finanziario

che vi è costata. Dali ...............................................................................................................................................63\\

11 Gennaio 1964.............................................................................................................................................63

Avete parlato, questa sera, della giustizia di Dio e taluno di voi ha fatto questa domanda perché non

riesce a comprendere che cosa significa “giustizia di Dio”. Infatti se noi pensiamo ai due concetti che

abbiamo accostati, la giustizia e la misericordia, non possiamo che rilevare - secondo il valore che si dà a

queste due parole in linguaggio umano - un controsenso. Dali ..............................................................................63\\

Il 1964, dal punto di vista spirituale, sarà un anno molto importante perché in questo anno - come tu

hai ricordato il XX° Arcano Maggiore del Tarocco - vi sarà un riesaminare problemi che parevano essere

insolubili e che quindi venivano a determinare un fermo in una situazione di sviluppo, e facevano sembrare

morta la cosa e non suscettibile di altre soluzioni. Michel ......................................................................................65

25 Gennaio 1964.............................................................................................................................................67

Dunque dicevo, figli, che nel concetto dell’esistenza è compresa la non esistenza; non si potrebbe dire

che qualcosa esiste se non vi fosse il non esistere. L’Assoluto esiste. Qual’è il non esistere dell’Assoluto?

L’Assoluto è ciò che.................................................................................................................................................67

L’Eterno Presente, figli, è l’essere in Dio del Tutto, e l’esservi nella Sua infinita presenza e nell’Eterno

Presente. Poiché il tempo e lo spazio che risultano, sia pure in termini diversi, in seno ad un Cosmo, cioè

laddove vige, esiste il moto relativo, laddove i moti che si possono esaminare sono circoscritti dai confini del

Cosmo .....................................................................................................................................................................68

Tutto è in continuo moto ed è in continua trasformazione. La materia che compone questo tavolo non è

la stessa che lo componeva un attimo prima. Vi è un “qualcosa” che conserva la forma e che richiama

attorno una materia o della materia, in modo che la forma si compone; ma questa materia che compone la

forma è in continuo scambio e ciò che tiene insieme questo oggetto... Dali ..........................................................69\\

Un Cosmo che trae origine dalla natura stessa dell’Assoluto, ha il suo fulcro di esistenza e di

evoluzione nel proprio Logos. Logos che è centro e circonferenza di questo Cosmo, che è fulcro e

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delimitazione del Cosmo stesso; ed essendo circonferenza, cioè delimitazione, ciò significa che ne è

l’impronta caratterizzatrice. Entità Ignota .............................................................................................................. 70

01 Febbraio 1964 ........................................................................................................................................... 70

La coscienza sorge nella libertà perché l’uomo quale è, con il suo libero arbitrio relativo, crede di

essere libero di scegliere. La coscienza sorge, possiamo dire, nella separatività, nel sentirsi uniti solo a

quelli ai quali vogliamo sentirci uniti, nel sentirsi distinti da tutto ciò che ci è attorno, nel sentirsi un io

separato e distinto dal non io. ................................................................................................................................. 71

È dall’illusione che l’individuo nasce e conosce la realtà. Con questa sola affermazione voi potete

comprendere l’importanza di questo mondo che se, ripeto, è illusorio, pur tuttavia è sì importante, sì

essenziale da far parte della natura stessa dell’Assoluto. Dali............................................................................... 72

Voi sapete ormai il ben noto esempio della creazione degli elementali artificiali che ne facevano i

sacerdoti dell’antico Egitto per custodire le tombe dei Faraoni, è vero? Dunque voi vedete che queste forme

elementali erano costituite con la concentrazione del pensiero e sostenute attraverso a questa

concentrazione. Talché esse per secoli sono durate nel loro intento. Nephes ...................................................... 72

08 Febbraio 1964 ........................................................................................................................................... 75

Ma torniamo, quindi, al libero arbitrio: l’uomo ha un libero arbitrio relativo e, ripeto, l’Assoluto conosce

tutte quelle che sono le sue scelte perché la Sua onniscienza è infinita, perché Egli è onnisciente. E non si

può ammettere che, qualunque cosa possa accadere, Egli non la conosca prima che l’uomo stesso la

compia. Dali ............................................................................................................................................................ 76

Gli uomini dei tempi andati, quando la medicina non era così progredita come oggi, avevano un

organismo che reagiva molto più intensamente agli attacchi degli agenti esterni. Bastava poi, che l’uomo

prendesse un semplice decotto di un’erba innocua con la ferma convinzione che questa fosse una

prodigiosa medicina, che veramente il suo organismo reagiva in modo... Maddalena.......................................... 79

Ai fini del Karma vi è una differenza fra il desiderare e il non mettere in atto questa azione, ed invece il

metterla in atto; certamente. Sempre per rimanere in tema, prendiamo un semplice caso che finisce qui,

che non fa testo, come è in uso, è vero? Supponiamo che io desideri impossessarmi di una cosa di un’altra

creatura e vi pensi continuamente... Alan .............................................................................................................. 80

Nella ultima mia incarnazione fui un negro ed è per questo che vengo a parlarvi di un problema del

mondo che voi conoscete giorno per giorno: il problema razziale dei popoli nuovi. Ancora molto sangue

sarà versato in Africa, e non solo fra le popolazioni di colore; più vicino al vostro Mediterraneo, dai paesi

arabi con nuovi popoli. Entità Ignota ..................................................................................................................... 81

22 Febbraio 1964 ........................................................................................................................................... 83

Dalla vostra conversazione di questa sera dobbiamo ancora una volta ribadire il concetto dell’Assoluto

e ricordarvi che per Assoluto non intendiamo unicamente la realtà di ciò che “è”. Dobbiamo quindi dire: il

concetto dell’Uno-Assoluto. Perché è vero che l’Assoluto è tutto, che tutto quanto avviene, avviene in virtù

di precise leggi ........................................................................................................................................................ 83\\

L’uomo, nello stadio di evoluzione quale è, non ha la libertà assoluta. L’uomo è influenzato da una

infinità di fattori ma non è costretto. L’uomo ha, nell’ambito di questa sua libertà relativa, la possibilità di fare

o non fare determinate cose, ed anche se è influenzato in un senso o nell’altro può - con atto volitivo - non

fare una cosa, andare contro l’influenza che subisce. ............................................................................................ 84

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In quanto poi alla domanda che ha fatto il figlio L., che può forse - anzi senz’altro - valere per tutti, e

che ci dà motivo di distinguere, di sottolineare ancora una volta come deve essere inteso l’insegnamento,

questo dobbiamo dire: voi avete accostato questo nostro insegnamento a certe religioni orientali. Dali ...............85

29 Febbraio 1964 ............................................................................................................................................87

Le intuizioni che in questo campo gli uomini più sensibili, più ricettivi potevano avere, certamente se

Dio non fosse stato l’Uno-Assoluto non potevano condurre o spingere i loro simili a credere nell’unità di Dio,

nel monoteismo; perché, figli, se non vi fosse questa unità, se non vi fosse l’Uno-Assoluto ma unicamente

si dovesse parlare di Assoluto, allora sarebbe più chiaro il politeismo, perché sarebbe più chiaro e più

giustificato................................................................................................................................................................87

Noi non possiamo in un Cosmo localizzare dove è, nello spazio, un Logos. Il Logos è il centro ideale

del Cosmo ma non può essere ubicato nello spazio, nello spazio del piano fisico soprattutto. Eppure, pur

essendo “centro ideale” e pur non essendo possibile localizzarlo nello spazio fisico, figli, voi potete

immaginare quale importanza ha il Logos...............................................................................................................88\\

Prendete, dunque, questi esempi che noi vi facciamo parlando dell’Assoluto unicamente come

elementi transitori per una comprensione di oggi. Non fanno testo, figli. Ciò che noi enunciamo come

principio sì, ma la spiegazione che noi vi diamo nella presente contingenza no. Dali ............................................89

07 Marzo 1964.................................................................................................................................................91

Voi, figli, questa sera, fra i vari argomenti che avete passati in rassegna al fine di esaminare il “genere”

delle eventuali domande o dei temi di discussione, avete chiesto quale differenza può esservi fra la

“conoscenza mistica”, la “conoscenza intuitiva” e la “conoscenza riflessiva”..........................................................91\\\\\\\\

Le materie che compongono il piano fisico nascono nel centro del Cosmo fisico, nascono come in un

seme e, da quella che voi chiamate “una esplosione”, si propagano nello spazio del Cosmo fisico. Ma

badate bene, figli, che il piano fisico nasce in un sol momento. Voi direte:.............................................................92\\

14 Marzo 1964.................................................................................................................................................94

Generalmente l’uomo, nel pensare ai Signori del Karma o ai Signori della evoluzione, pensa ad una

sorta di dispotici Signori i quali, a loro piacimento, dispongano del Karma o della evoluzione delle razze, i

quali, chiamati al cospetto di Dio, abbiano avuto da questi l’incarico di governare certe razze per quanto

afferisce all’evoluzione o al Karma. Ma non è così..................................................................................................94

Se il Cristo, altrimenti chiamato “Signore della Terra”, non fosse venuto fra gli uomini, certamente che

l’umanità egualmente si sarebbe mossa dal ristagno nel quale era caduta. Pur tuttavia il Cristo è venuto.

Con ciò non possiamo dire, figli, che la Sua missione è stata inutile o che le leggi cosmiche non erano

sufficienti, no. Dali ...................................................................................................................................................96\\

Il Maestro Cristo fu, ed è, un Signore della evoluzione del pianeta Terra: è il “Signore della Terra”. Ed

Egli ha mosso questa nostra razza più volte dalle cristallizzazioni in cui era caduta; ha mosso questa razza

ed altre razze, questo intendo dire...........................................................................................................................97\\

Il generare una nuova razza non ha bisogno di un incarnarsi in forma umana. Il generare una nuova

razza è un selezionare certi elementi che non ha bisogno di una esecuzione nel piano fisico, come invece

ha bisogno il muovere una razza da certe cristallizzazioni. Yogananda.................................................................97

Un breve saluto perché io voglio dirvi che non vi ho abbandonato, ma che il ciclo delle vostre

conversazioni, vertendo su altri argomenti, non mi dà luogo di intervenire. Io comunque vi seguo con tanto

fraterno amore. Claudio..........................................................................................................................................97

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La vostra Guida vi ha dato un consiglio veramente da seguire, ed è quello di, a turno ciascuno di voi,

commentare ciò che noi diciamo. Io credo che questo sarebbe uno stimolarvi a riflettere, un essere costretti

a pensare per poi, spiegando, non fare delle cattive figure. Siamo un po’ cattivi, forse, nel dire questo.

Kempis ................................................................................................................................................................... 98

21 Marzo 1964 ................................................................................................................................................ 98

Questa sera, o figli, vi siete soffermati sulla figura del Cristo, quella figura che appare al lettore dei

Vangeli; ed avete confrontato quanto noi vi diciamo con quella parte di insegnamento data dal Cristo che

con il nostro può sembrare in contrasto.................................................................................................................. 99

La domanda che però sorge e che è di una più vasta importanza, di una più grande portata, figli, è

questa: .................................................................................................................................................................... 100

Il Cristo fu uomo fra gli uomini perché la Sua missione di allora non poteva essere esplicata che in quel

modo. Se il Cristo oggi dovesse tornare fra gli uomini probabilmente Egli potrebbe essere un po’ più se

stesso di quanto allora non fu: ciò perché la capacità di capire degli uomini è aumentata essendo

aumentata la loro evoluzione. Dali.......................................................................................................................... 101

Fa che nel nome Tuo essi vadano incontro a tutti gli uomini. Così nel Tuo nome sia racchiusa la forza

che muove i corpi celesti, che muove ogni creatura, dalla più semplice alla più illuminata. Teresa ...................... 102

Ripetere quello che già sapete: vi è un giudizio, una cernita finale di ogni razza, e ciò che avviene per il

grande avviene anche per il piccolo: vi è una cernita anche individuale, un giudizio particolare. (Caso

Marilyn Monroe) .................................................................................................................................................... 103

Questa è la cernita. E voi direte: ..................................................................................................................... 104

28 Marzo 1964 ................................................................................................................................................ 105

Vi siete chiesti, ad esempio, quale significato può avere la maledizione che il Cristo rivolse al fico:

avete domandato se è possibile che il Cristo, il quale era fra gli uomini per predicare l’amore, abbia potuto

maledire sia pure una pianta................................................................................................................................... 106

Vi siete chiesti anche, figli, dell’episodio della Trasfigurazione. Anche qua, leggendo, vengono alla

mente certe domande. I discepoli vedono il Cristo che parla con Elia e con Mosè. Ma come era possibile

che essi riconoscessero Elia e Mosè che mai avevano conosciuto di persona? Forse per Elia potrebbe

esservi una spiegazione: Giovanni il Battista era Elia reincarnato, è vero, figli? .................................................... 106

Forse taluno di voi può dire che oggi le religioni che portano il nome di Cristo non insegnano l’amore

come Egli l’insegnò. Ed io, in parte forse, posso convenirne con voi. Ma ciò non ha importanza: ciò che il

Cristo disse, ciò che il Cristo fece, come Egli visse, come trapassò, sono notizie e fatti che gli uomini

conoscono; e conoscono tanto che un senso di misticismo forse coltivato e custodito per paura, per

convenienza, per bisogno di conforto, ma c’è nell’uomo. Dali................................................................................ 107

Pregate per me. Non so in qual modo posso farmi capire... Fui Lee Oswald... Ho preso ogni colpa e

vorrei non aver fatto... ciò che è accaduto. Pregate per me. Lee Oswald ............................................................. 108

A volte, come ad esempio quella che si è presentata poco fa, Oswald, che ha bisogno di comunicare a

delle creature ancora incarnate perché sembra a questi che i viventi possano riportare nel mondo quella

che è la verità, quando... (voi avete anche avuto una visita di una creatura che fu trovata morta, sapete, è

vero? [Marturano?]). Creature che, appunto, credute morte per una ragione, poi invece è risultato che la

morte era dovuta ad altra causa. Nephes .............................................................................................................. 109

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Ebbene, anche questo attuarsi corrisponde ad una legge della natura; i due aspetti, e l’equilibrio è

sempre fra questi due aspetti. Da una parte l’uomo nella sua vita nella collettività; dall’altra l’uomo nella sua

intimità, e questa intimità ha tanta importanza e tanto valore quanto la vita nella società. Chi credesse di

poter restringere ed annientare uno di questi due aspetti sarebbe votato... Frank Lloyd Wright..........................111

Questi figli... nel nome dello Spirito Santo. Francesco, vostro fratello, vi saluta. Francesco..........................111

04 Aprile 1964 .................................................................................................................................................111

Rileggendo, o figli, quello che abbiamo avuto occasione di dire ultimamente vi siete soffermati

sull’episodio del fico. Non v’è bisogno che io ripeta ancora una volta il vero senso dell’insegnamento. Non

ha importanza che fosse o non fosse la stagione in cui il frutto doveva dare i suoi frutti; ciò che si vuol dire è

che ciascuno deve dare, e deve dare in ogni momento. Questo è importante. Questo è l’ideale morale che

ciascuno deve avere................................................................................................................................................111

Vi siete anche chiesti per quale motivo il Cristo è Signore della Terra, altri Maestri possono essere

Signori di altri pianeti e della evoluzione. Cos’è che determina questo dirigere una missione, la missione del

Maestro, in un campo piuttosto che in un altro. .......................................................................................................112

Se il Cristo sia il Signore non solo della Terra ma dell’Universo o del Cosmo è pericoloso rispondere,

perché se noi diciamo che è il Signore della Terra, automaticamente, figli, voi sminuite la Sua altezza

spirituale. .................................................................................................................................................................112

Così, nel pensiero che tutto un giorno sarà riassorbito e che l’Assoluto sta oltre lo stesso Cosmo con

tutti i suoi problemi e tutti i suoi movimenti, oltre la vita del Cosmo, figli, non deve procurare in voi una

distinzione nella realtà delle cose in ciò che è importante con ciò che è meno importante, perché la realtà è

ciò che “è” e non ciò che appare. Dali.....................................................................................................................114\\

Voglio mandare un messaggio a tutto il mondo. Non ho pace. Io non mi sono ucciso. Io fui obbligato a

scrivere una lettera nella quale dicevo che mi uccidevo e fui obbligato ad ingerire delle sostanze. Ma non mi

sono ucciso. Questo voglio che sia saputo. Stephen Ward ...................................................................................115

Ho colto il vostro pensiero riunito e l’ho condotto là, da creature sofferenti. Fate che sempre di più io vi

trovi uniti quale barriera all’errore e alla incomprensione. Fate che le vostre azioni siano volte al bene e,

fiduciosi, muovetevi l’un l’altro incontro. Fui chiamato Giovanni e vissi nel grande privilegio di udire le parole

del Figlio di Dio. Giovanni.......................................................................................................................................115

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Vi prego, mentre sveglierò lo strumento, di continuare a

pensare a questa Entità che è venuta qui fra voi e di concentrare il vostro pensiero secondo le sue

intenzioni. Dali .........................................................................................................................................................116

11 Aprile 1964 .................................................................................................................................................116

L’uomo comprende e si identifica nell’Assoluto in un solo momento? Questa identificazione

nell’Assoluto avviene in un attimo? Voi sapete che ogni conquista avviene preceduta da una maturazione e,

senza la maturazione necessaria, la maturazione intima, non è possibile - non dico l’identificazione con

l’Assoluto - ma nessuna altra comprensione, intima convinzione. ..........................................................................118

E dicendo questo io mi riferisco a quelle forme intuitive che possono avere avuto gli uomini, gli

incarnati, coloro che ancora non hanno raggiunto la evoluzione che permetterà loro la definitiva

identificazione con l’Assoluto. Ebbene, figli, è possibile tutto ciò? È possibile, per un istante, vivere nella

Realtà Assoluta ed in questa esperienza essere identificati con la massima realtà, con Dio stesso, anche se

non definitivamente. Dali .........................................................................................................................................118

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Vorrei dirvi del grande errore di quelli che non vogliono che i tempi cambino e restano ancorati agli

ordinamenti sociali delle epoche trascorse. Io non fui che una vittima della storia e del risveglio dei popoli,

ma certo che ebbi la mia responsabilità ed oggi, in tutta serenità, posso capire quale fu il mio errore e vorrei

che questo fosse capito da coloro che oggi sono nella terra che fu mia terra. Nicola II°....................................... 120

18 Aprile 1964 ................................................................................................................................................ 121

Chi, figli cari, pur non essendo giunto alla massima evoluzione - per così definirla al fine di intenderci -

sperimenta la realtà “è rapito in Ispirito”; secondo un’altra espressione ha una esperienza che

indubbiamente è determinante ma che, al momento in cui cessa, non lascia in lui una visione esatta di

questa realtà. .......................................................................................................................................................... 121\\

Non necessariamente, figli, chi ha profetizzato deve essersi identificato con la realtà o con l’Eterno

Presente. La possibilità di leggere il futuro, così come voi dite, e di vedere in anticipo, rispetto al tempo

umano, gli avvenimenti, non è dipendente e strettamente connessa alla possibilità di vivere nell’Eterno

Presente.................................................................................................................................................................. 122

E se è vero che tutto è scienza, che tutto ha una sua ragione e che, capita questa ragione, tutto appare

chiaro al pari di un qualunque fenomeno della fisica, è altresì vero che nella comprensione della Realtà

Ultima, per l’uomo può essere di aiuto e di riferimento più preciso, più prossimo a ciò che “è”, la filosofia. .......... 122\\

Al di là dello stato atomico non esiste il calore. Riguarda la seconda parte della materia del piano

fisico, quella che si suddivide in tre densità: gassosa, liquida e solida. Non riguarda la prima parte nella

quale la densità non risulta da un accoppiamento più o meno lasco delle parti costituenti, ma risulta da un

numero maggiore o minore di unità elementari composte in particelle, corpuscoli e nuclei................................... 123

Ma avete parlato della smaterializzazione: ebbene ricordate che la smaterializzazione avviene

attraverso a molti sistemi. Avete ricordato quello che avemmo a dirvi a proposito dei confini del Cosmo, dei

sistemi che, traslando, raggiungono una velocità critica fino a smaterializzarsi. .................................................... 123

Il sistema solare che si allontana dal centro ideale del Cosmo fisico ad una velocità crescente,

raggiunge una velocità critica per cui la materia che lo compone si disintegra, si smaterializza. Dali ................... 127

Ancora oggi fra gli uomini vi sono taluni che ritengono che un problema possa essere superato

ignorandolo o addirittura distruggendo i termini di esso problema. Niente può esservi di più errato di un

siffatto modo di concepire, imperciocché il problema non tarderà a impostarsi nuovamente ed ancora più da

vicino ed in modo elusivo. Claudio......................................................................................................................... 127

25 Aprile 1964 ................................................................................................................................................ 128

L’egoismo, figli, nasce dal senso di separatività il quale è una errata interpretazione del senso di

individualità che la natura suggerisce all’individuo; ma non necessariamente, fino a che l’individuo che non

si identifica con l’Assoluto, ovverosia abbandona l’illusione del senso di separatività, non necessariamente

fino allora l’egoismo rimane, l’individuo è totalmente egoista. Dali......................................................................... 128

Che cosa farebbe in una circostanza simile? Prima di tutto guarderebbe che nessuna creatura avesse

a soffrire fisicamente, m’intendi? Che nessuno dovesse, in un certo senso, restare ferito o patisse qualche

male nel suo corpo fisico, pur sapendo che niente accade per il caso. In quanto poi al furto che può essere

successo ................................................................................................................................................................. 130

È un argomento molto ponderoso e complesso, però sia rabdomanzia che radioestesia sono sullo

stesso tipo di scienza, sfruttano lo stesso tipo di principio. Ed è sempre una facoltà connessa all’individuo,

all’operatore. ........................................................................................................................................................... 131

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Avviene sempre per una facoltà dell’individuo, una sorta di veggenza, di veggenza però che non è

diretta. Vedi, tu sai che vi sono dei sensitivi i quali possono servirsi indifferentemente di certe carte, di fondi

di caffè, di altre cose per prevedere degli avvenimenti nel tempo. E così allo stesso modo è della

radioestesia .............................................................................................................................................................131

In sostanza, ripeto, tutto questo è una forma di sensibilità, di veggenza. In quanto poi alle radiazioni,

perché molte teorie della radioestesia si fondano sulle radiazioni che ogni oggetto emanerebbe, questo è

verissimo. Voi lo sapete benissimo dalla scienza che studia proprio le radiazioni degli oggetti: la

psicometria. Nephes ...............................................................................................................................................132

09 Maggio 1964 ..............................................................................................................................................133

Che cosa è coscienza? Quale delle umane attività, non solo delle azioni ma dei moti interiori, può

essere sicuramente definito come proveniente dalla coscienza, figli? Tutto quello che spinge l’individuo

contro il suo egoistico interesse, in qualunque forma espansionistica dell’io essa sia, in senso positivo o

negativo, e che quindi non possa essere imputato a paura, proviene dalla sua coscienza. ...................................133

Come l’uomo giunge ad identificarsi con la realtà? In altre parole: come l’uomo evolve? Figli, varie

filosofie possono insegnare alcuni sistemi di meditazione, ma molto spesso questo diventa un processo del

non-io perché la mente non può far sperimentare la realtà.....................................................................................134

È un sentirsi “Uno in Dio”, è un riconoscersi, un identificarsi nell’Assoluto. È sentirsi in Dio, ma non

sentirsi un Dio. È una estrema consapevolezza, una Assoluta Consapevolezza di sé, come nessuno mai,

prima di allora, può provare. Il “Nirvana” non è certamente sufficiente a descrivere ciò che è l’identificazione

nell’Assoluto, lo stato di Esistenza, Essenza, Beatitudine che è in questo nuovo stato d’esistere. Dali .................136\\\\

16 Maggio 1964 ..............................................................................................................................................137

Ma voi comprenderete che oltre un certo stadio della evoluzione - evoluzione individuale - il veicolo

akasico, che abbiamo chiamato della coscienza, viene abbandonato. Anche questo, se pure diverso come

materia - tanto per dargli un nome - dagli altri, non è che un veicolo della evoluzione individuale ed è detto

“coscienza” perché è il prototipo di ..........................................................................................................................137\\

Ebbene, noi già vi dicemmo che al termine del ciclo evolutivo che riguarda questa razza il pianeta

Terra sarebbe rimasto disabitato per un lungo periodo di tempo; ed in effetti è così, figli. Al termine di

questa razza attuale che sta evolvendo in questi vostri tempi - e nostri tempi - il pianeta Terra rimarrà

disabitato per un lungo periodo di tempo; non solo, ma prima di allora si avranno degli sconvolgimenti

perché il pianeta Terra sarà ricoperto dalle acque, se così possiamo dire. ............................................................138

Ed infine, figli, vi siete soffermati sulla legge di causa e di effetto cercando di capire che cosa è che

determina il ripercuotersi di un effetto; che cosa avviene quando l’individuo muove una causa, che cosa

vibra, che cosa è che è interessato nel momento in cui l’individuo muove una causa. Dali ...................................138

Ma se noi possiamo accertare che trattasi di un individuo evoluto, tutti gli altri avvenimenti acquistano

una probabilità incerta perché, trattandosi di individuo evoluto, si sottrarrà certamente alle influenze astrali e

quindi potrà reagire e, avendo una sua volontà, modificare il corso di quello che può chiamarsi “destino”.

Ora, compilando certe profezie, io non seguii esclusivamente il metodo astrologico, ma mi servii anche di

veggenza... Michel ..................................................................................................................................................142\\

26 Maggio 1964 ..............................................................................................................................................143

Premesso e sottinteso questo, figli, ciascuno di voi può chiedere quello che vuol chiedere e la

discussione può svolgersi su qualunque argomento voi riteniate importante e interessante. Noi, come

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sempre, figli, ci sforzeremo di spiegarci e speriamo che altrettanto sforzo sia in voi per cercare di intenderci.

È vero, figli cari? Dali .............................................................................................................................................. 143

19 Ottobre 1963

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Questa sera, figli cari, avete volto la vostra conversazione su concetti così astratti che il fatto

stesso di doverli enunciare con parole fa sì che essi concetti siano svisati e venga tradito da questa

veste, dal linguaggio, ciò che in effetti si vuole dire.

Dunque: che cosa significa verità soggettiva, che cosa significa verità oggettiva.

Parlando di verità soggettiva dobbiamo parlare, sottintendere, un soggetto, un ricettore, un os-

servatore, un qualcosa, un centro che sia chiuso da un altro qualcosa, diviso da un altro qualcosa

che dobbiamo chiamare “oggetto”. Ecco quindi che nel parlare di verità soggettive noi dobbiamo im-

plicitamente ammettere che, per lo meno, vi siano due fattori: il soggetto e l’oggetto. Colui che osser-

va, colui che riceve, colui che vede, colui che percepisce e l’oggetto di questa osservazione, l’oggetto

di questa percezione, l’oggetto di questa visione. È vero, figli cari?

Mentre parlando di verità oggettive, di realtà, noi escludiamo a priori qualunque soggetto: la veri-

tà oggettiva esiste, che sia vista o non vista esiste di per sé, è ciò che “è” e nel modo che “è”, nella

vera essenza che “è”. Mi sono spiegato?

Illustriamo ancora meglio questo esempio: supponiamo che io sia in una camera oscura, e che

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attraverso ad un foro in una parete di questa camera oscura, passi l’immagine di una scena che si

svolge al di fuori; e sulla parete opposta a quella ove esiste il foro, io possa osservare la rappresen-

tazione di ciò che è al di fuori della camera oscura. Ciò che io vedo è una immagine; io osservo e ve-

do la rappresentazione di ciò che sta al di fuori di questa camera oscura, di un insieme di forme, di

colori i quali, attraverso alla luce, mi si proiettano nella camera. Ecco un’immagine soggettiva. Come

è possibile vedere, sapere, a me che sono chiuso in questa camera oscura, che esiste un qualcosa

di “oggettivo” al di fuori di me? Nella stessa definizione, figli, di verità oggettiva - verità oggettiva è la

realtà, è ciò che “è” e non ciò che appare - è implicito che non è possibile parlare di verità oggettiva,

qualunque essa sia se un individuo rimane chiuso, rimane un centro sia pure di coscienza e di e-

spressione, il quale apprenda questa verità, questa realtà, nei termini della verità soggettiva. Non so

se mi sono spiegato.

Per definizione, figli, la verità oggettiva è ciò che “è”, e tutte le volte che l’uomo dice: «Io ho spe-

rimentato questa verità oggettiva», nega ciò che egli vuole affermare perché la verità oggettiva si e-

sperimenta solo attraverso alla identificazione. Che cosa vuol dire identificazione? È nella realtà colui

che si identifica in Dio. Questo e solo questo. Colui che - badate bene, figli - si identifica con questa

stessa realtà, diviene questa stessa realtà e quindi non è più un centro di coscienza e di espressione;

non è più nella camera oscura. Mi seguite, figli? Per definizione, quindi, non è possibile conoscere

una realtà oggettiva se non attraverso all’identificazione, al divenire quella realtà.

Come è possibile per un singolo, quindi, diventare un Tutto? Noi abbiamo sempre detto che la

realtà è incomunicabile e così è, figli, perché tutte le volte che si comunica una verità non possiamo

che comunicare una verità la quale ha sempre un qualcosa di soggettivo. Quindi una realtà, per que-

sto, non può essere comunicata perché si tratta di una conoscenza - e queste parole tradiscono il

concetto stesso - di un raggiungimento che si ottiene attraverso al contatto, alla identificazione. Mi

seguite, figli?

D. - Permetti, mi pare di avere capito che L. voleva sapere come si raggiunge questa identificazione.

D. - No, se mai è questo che volevo chiedere: questo contatto può teoricamente ancora identificarsi

come esperienza soggettiva?

R. - Non più.

D. - Viene a cadere l’individualità?

R. - Viene a cadere non l’individualità, figlio: quella immagine della individualità che ti sei fatto e cioè

un’immagine del tutto ristretta; perché la individualità non è il centro di coscienza e di espressione in-

teso nel senso ristretto. Centro di coscienza e di espressione è quell’individuo chiuso nella camera

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oscura. Ma nel momento in cui l’individuo conosce - e con “conoscere” tradisco ancora il linguaggio e

la definizione stessa di realtà - diventa la realtà, l’individuo non è più chiuso, è la realtà stessa. E co-

me è possibile questo stato? Nella identificazione con l’Assoluto. L’identificazione con l’Assoluto non

corrisponde, quindi, ad una sorta di comunicazione fra l’individuo più o meno evoluto e l’Assoluto; ma

diventa una comunione, diventa un unico essere cosciente. È uno stato - se è possibile esprimersi

con parole umane - che fuoriesce da ogni e qualunque sistema che voi avete di conoscere e di senti-

re. Perché - ripeto - voi, figli, conoscete, venite a conoscenza, sapete, imparate attraverso ai vostri

sensi, attraverso a delle piccole aperture nella camera oscura. Ma non è che queste aperture si allar-

gano nella identificazione con la Realtà Assoluta; ma è addirittura che cade tutta la camera oscura e

l’individuo non percepisce più attraverso ai suoi sensi, ma percepisce attraverso all’identificazione

con l’Assoluto, al divenire uno con il Tutto. Percepisce quindi attraverso ad un contatto con ciò che

“è” e non attraverso ad un’immagine di ciò che appare. Mi seguite? Non è quindi più un qualcosa cir-

coscritto e limitato da alcuni veicoli che può percepire limitatamente alla capienza di questi veicoli e

alla possibilità di percezione di questi veicoli; ma è un qualcosa, un quid, un essere che percepisce

attraverso all’essere in tutto, all’essere nell’essenza di ogni cosa, all’essere in comunione con tutto

quanto esiste; e non “esiste” perché appare, ma “esiste” perché “è”.

Non so se mi sono spiegato perché, ripeto, le parole stesse tradiscono il concetto. Il dover dire

che l’individuo conosce la Realtà Assoluta, se non si trasforma completamente l’idea che avete

dell’individuo oggi, e cioè di un soggetto, non possiamo comprendere e non possiamo conciliare

l’idea che questo individuo, “soggetto”, possa conoscere un “oggetto”, come giustamente ha detto il

figlio L.. Non è possibile se non comprendendo che questo “soggetto” diventerà egli stesso una realtà

oggettiva.

La individualità è quel quid - come vi abbiamo detto - ammantato o meno della coscienza, è il filo

che lega tutte le perle; è un esempio molto ripetuto, ma efficace: è quel qualcosa che unisce tutte le

incarnazioni durante la evoluzione dell’individuo. Ma è quel qualcosa il quale, superata la ruota delle

nascite e delle morti, rende questo individuo, rende questo essere nuovo che nasce uno con

l’Assoluto. E nel momento stesso che lo ha creato possiamo dire che lo ha distrutto. Non so se riusci-

te a comprendere questa affermazione.

D. - Però, scusa, non è errato parlare di evoluzione, perché per arrivare a questo bisogna necessa-

riamente... fare quella trafila...

R. - Certamente. Certamente che, ho detto prima, di Realtà Assoluta può solo parlare colui che è i-

dentificato con l’Assoluto.

Ed allora, figli, vi chiederete voi: «Come è possibile asserire che una realtà ha valore assoluto?».

Sempre vi abbiamo detto che noi vi parliamo, in fondo, di un sistema filosofico il quale deve essere

da voi colto con la ragione, seguito nella logica. Non possiamo certamente, nell’esporre questo che vi

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diciamo, dirvi che per il fatto che torna alla logica e alla ragione esso è la realtà. Vi abbiamo detto che

dovete accettarlo se vi torna, se lo comprendete e se lo trovate logico; altrimenti no. Può solo dire

che è una realtà oggettiva quello che noi diciamo, colui che ha raggiunto la identificazione con queste

realtà delle quali vi parliamo. Perché se torna alla logica, se torna alla ragione, ciò vuol dire che vi è

sempre il famoso osservatore, e colui che parla, parla sempre soggettivamente. Mi seguite? La realtà

è incomunicabile, figli: questo sempre lo abbiamo detto.

E come può l’individuo “sentire” che certi concetti sono veri prima di aver raggiunta quella identi-

ficazione così aperta, così chiarificatrice, così immediata, così certa, della quale vi parlavo? Ecco

l’intuizione. La Scintilla Divina che è in noi, figli, è il Tutto. Nel momento che l’individuo percepisce

una realtà e sente che questa è vera, pur non essendo direttamente in contatto - come prima vi par-

lavo - è un’esperienza personale, un’esperienza soggettiva, ma vi è un riscontro fra la realtà oggetti-

va che è nell’intimo suo e l’immagine che egli stesso può farsi nella sua mente di questa realtà. Vi è

una risonanza. Qua non si tratta di cogliere la Realtà Assoluta nella sua totalità: si tratta di cogliere

alcuni segmenti, alcuni tasselli; e di questi tasselli l’individuo si fa un’immagine soggettiva; ma se

questa immagine soggettiva, pure essendo soggettiva, è aderente a ciò che “è”, se ciò che appare è

aderente a ciò che “è”, avviene questa risonanza. Ed ecco quel senso di sapere che quello che ab-

biamo conosciuto è vero. Siamo sempre nel campo delle esperienze soggettive, è vero, ma ciò è un

conforto che è dato all’individuo nel periodo della sua evoluzione prima che egli abbia la possibilità di

identificarsi con il Tutto. È una possibilità che è data all’uomo di sapere che una cosa è vera prima di

avere la facoltà di toccare con mano, se così possiamo dire. Ma, ripeto, nel dire “toccare con mano”

tradiamo ancora il concetto di verità oggettiva, perché non è più un singolo che tocca con mano, ma

è il singolo che non è più separato e diviso, che non è più individuo chiuso, ma che si identifica con il

Tutto.

Quale senso e significato può dunque avere la nostra affermazione che l’individuo è uno ed è tut-

to? È uno solo perché sente, perché percepisce, perché non è annichilito, come si usa dire di colui

che raggiunge il Nirvana. Sente e percepisce anzi in misura oltremodo maggiore a quella che voi po-

tete immaginare. Ecco perché è uno; ma nello stesso tempo è tutto perché è in contatto, in comunio-

ne con il Tutto. Ecco perché, quindi, sente e percepisce più di uno, perché sente e percepisce il Tut-

to; eppure nel sentire e percepire il Tutto è conservata la possibilità di sentire e percepire il Tutto con-

temporaneamente e distintamente. Ecco quindi che cosa vuol dire essere uno ed essere nel Tutto.

Se non avete altre domande, per il momento vi lascio ad altre visite.

D. - ...il futuro marito di una sorella vorrebbe partecipare alla riunione; è possibile?

R. - Noi abbiamo posta una condizione solamente: che chi viene sia preparato per non - diciamo -

rallentare le vostre discussioni. Ma vi sono altri impedimenti che possono invece dipendere da voi. E

cioè, figli, sono questi: l’accettare queste creature senza essere dalla loro presenza influenzati nega-

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tivamente, senza far cadere l’animazione fraterna della discussione, senza che queste creature ab-

biano la possibilità di suscitare nell’intimo vostro una sorta di rispetto umano che vi inibisca alla con-

versazione. Se la creatura che dovrebbe venire non trova in voi questi riscontri negativi, se la creatu-

ra che dovrebbe venire è, come io credo, preparata ad ascoltare queste cose, non v’è impedimento

di sorta. Se invece vi fosse anche uno solo di questi impedimenti, è bene che per il momento la cosa

sia rimandata a quando questo impedimento non esista più. Mi sono spiegato chiaramente, figli?

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Salve a voi!

Voi vedete, figli e fratelli, quanto l’io sia avversato nei nostri colloqui. Ancora una roccaforte di

questo io è caduta questa sera. Essere uno nel Tutto ed essere Tutto non deve far pensare neppure

lontanamente ad un residuo dell’io. Quell’uno non sia mai scambiato per un io. Ecco perché noi di-

ciamo che il massimamente evoluto identifica la sua volontà con la volontà dell’Assoluto. Ecco che

cosa significa avere la libertà assoluta. Ecco che cosa significa agire in armonia con le leggi del Co-

smo e dell’Assoluto. Che cosa significa agire in armonia con le leggi del Cosmo? Significa essere

queste stesse leggi.

Ma è molto difficile parlarvi, figli e fratelli, perché con molta facilità voi pensate ad una sorta di

uomo ben ricoperto da una veste colore azzurro, con una bella aureola, il quale segue le leggi cosmi-

che perché quella è la legge di Dio; e si potrebbe anche arrivare a pensare che in questo “seguire” vi

fosse una sorta di costrizione. Non è così. Avere la libertà assoluta, identificare la propria volontà nel-

la volontà assoluta, e quindi - se non facessimo pensare ad un privare l’individuo di ogni e qualunque

forma di sentire - potremmo dire annientare la propria volontà, significa unirsi con il Tutto.

Colui che ha raggiunto la massima evoluzione è massimamente libero e segue, opera, agisce

secondo il piano divino per la manifestazione di questo Cosmo; ed agisce, segue e opera secondo un

senso tutto diverso da quello che, fino ad oggi, avete inteso. Le parole sono le stesse ma il senso è

profondamente cambiato. Perché fino ad oggi potevate credere che la evoluzione avesse condotto

questo individuo ad essere talmente comprensivo da intendere che il piano è giusto e che quindi va

seguito; oggi non più. Oggi voi sapete che questo individuo segue il piano divino di evoluzione cosmi-

ca perché diviene egli stesso, anzi è egli stesso questo piano divino di evoluzione cosmica.

Attenti, però, a non prevaricare ciò che noi vi diciamo; attenti a non pensare all’individuo come ad

un ingranaggio, ad un qualcosa completamente annientato, meccanizzato, che non possiede più la

facoltà di sentire, di percepire, preso in questo grande meccanismo. Ecco perché vi diciamo: è uno

ed è tutto. Non per contraddire ma per precludervi la possibilità di andare oltre quello che vogliamo

significare.

Pare incredibile come le stesse parole possano significare cose così profondamente diverse, ep-

pure lo scopo per il quale continuiamo a parlarvi è proprio quello di cercare assieme di alzare questi

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veli.

Volete un esempio, molto trito se vogliamo, di come sia importante comprendere esattamente

l’insegnamento, il succo, e quanto sia importante non dire una verità ma la verità, essere nella verità?

Una passata dittatura e forse altre non ancora passate - in gestazione direi addirittura - predica-

va la purezza della razza e la necessità di rendere innocui tutti quegli elementi che, difettosi, attraver-

so alla riproduzione potessero in qualche modo inquinare, attraverso alla ereditarietà delle loro mal-

formazioni, la purezza della razza.

Ebbene, l’uomo dell’avvenire è destinato a seguire questa stessa procedura. Ma con quale di-

verso senso interiore, con quale diverso “sentire”! Nel primo caso era una cosa imposta; ciò che

l’uomo dell’avvenire farà sarà una cosa “sentita”. Nel primo caso vi era una coercizione orribile e

condannabile; nel secondo vi è un accettare, vi è un operare in quel senso, per il bene dei propri fra-

telli, per il bene dell’umanità. Ma è lecito imporre con la forza una cosa che non è sentita? Lascio a

voi la risposta.

E se l’uomo di oggi volesse, per fare opera di predicazione e di persuasione, parlare ai suoi simili

di questa necessità, della necessità di formare dei veicoli fisici il più efficienti possibile e lontani da di-

fetti ereditari, di questo volesse predicare, come sarebbe accolto e fino a che punto sarebbe lecita la

sua predicazione? Fino al punto in cui non intaccasse la libertà dell’individuo, fino al punto in cui non

violasse il “sentire” di ciascun singolo. Lì e fino a lì.

Non vi può essere definizione migliore di tutte queste cose di quella frase che il Cristo disse

all’uomo che lavorava di Sabato. E così io dico a voi, figli e fratelli: la verità, la realtà è una conquista

interiore che non ha niente a che vedere con un vuoto formalismo, con una enunciazione didattica,

con una pratica di riti e con tutto quello che l’uomo, fino ad oggi, ha inteso per spirituale, per interiore.

Ed allora vi chiederete: «Perché ci parlate?». Perché noi e voi, purtroppo, siamo ancora individualità

distinte gli uni dagli altri, e possiamo comunicare attraverso alle parole. Ma proprio attraverso a questi

mezzi imperfetti, figli e fratelli, vogliamo andare oltre, indicarvi quale è la verità.

Continuate quindi le vostre riunioni, se interesse avete nel riunirvi nel parlare, nel conversare. Ed

attraverso alla ricerca scrupolosa, al meditare ciò che noi vi diciamo, voi avete visto - e vedrete anco-

ra - come delle frasi, delle parole messe assieme, possono cambiare il loro significato; come ciò che

esse fino ad oggi rappresentavano possa, con un piccolo tocco, ampliarsi, scoprire orizzonti mai im-

maginati o supposti.

Pace a voi.

Kempis

Dio è colui che “è”. Niente può essere al di fuori di Lui. La conoscenza stessa di Dio è la cono-

scenza del Suo Essere e niente può esservi al di fuori di ciò che Egli “è”. Nessuna conoscenza può

esservi al di fuori di ciò che è Lui stesso. Dio, quindi, non conosce limitazione, se di limitazione pos-

siamo parlare, se non quella imposta dal Suo stesso essere infinito. Egli è ciò che è e la Sua natura è

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vita-amore. Egli è movimento, non è stasi, e ciò che emana da Lui conserva questa prerogativa: vita-

amore-movimento. Ecco perché Egli stesso appare dal manifestato al non manifestato; ecco perché

Egli stesso appare da un Cosmo che nasce ad un Cosmo che è riassorbito. E questa teoria della

emanazione e del riassorbimento nell’ambito di un Cosmo, si chiama evoluzione cosmica.

Ma Dio è oltre il Cosmo e l’evoluzione cosmica, così come oltre va ciò che faceva parte del Co-

smo. Ma tutto ciò che è nel Cosmo è in Dio, e Dio stesso è in ogni cosa che è nel Cosmo. Ma Dio

stesso trascende le cose del Cosmo e la manifestazione e il non manifestato.

Il manifestato e il non manifestato sono in Dio, ma tutto quanto esiste, esiste perché è nella natu-

ra stessa di Dio: la manifestazione ed il riassorbimento, il manifestato e il non manifestato.

Beato colui che può intendere a pieno il senso di queste parole, imperciocché egli apre una ve-

duta su un mondo assai più vasto di quello in cui vive.

Pace.

Fratello Massone

26 Ottobre 1963

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Nella vostra conversazione di questa sera, o figli, vi siete soffermati sulla domanda del Fratello

Kempis ed avete fatte alcune considerazioni. Certo che occorre scendere a casi particolari, ma il

principio generale al quale ci possiamo ispirare è quello stesso della libertà dell’individuo. Voi sapete

che l’individuo gode di una libertà la quale è proporzionale alla sua evoluzione, e nell’ambito di questa

libertà egli agisce.

Non occorre, qua, riassumere ancora una volta tutti i concetti che abbiamo espressi circa la liber-

tà e i vari tipi di libertà; ma occorre fare un’unica considerazione ed è questa; nell’ambito della libertà,

nell’ambito delle cose che l’uomo può fare, sono danneggiate le creature? No, è vero? L’uomo può

fare determinate azioni le quali, in effetti, può sembrare che danneggino i suoi simili verso i quali

queste azioni sono rivolte, ma - in realtà - voi sapete che nessuno patisce ingiustamente e senza ra-

gione il danno che può venirgli da un’altra creatura. Dunque voi vedete, figli cari, che sebbene possa

sembrare che l’uomo sia padrone della vita dei suoi simili - per lo meno certi uomini - in effetti così

non è. In realtà l’uomo, pure essendo libero, pur potendo compiere certe azioni, non va mai ad inva-

dere il campo di altre creature senza che queste non debbano subire l’azione che quest’uomo fa nei

loro confronti, senza che queste azioni che l’uomo fa nei loro confronti non facciano parte di quegli

eventi della vita dei suoi simili nei quali i suoi simili non hanno libertà, che rappresentano i passaggi

obbligati di questi suoi simili. Non so se mi sono spiegato. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire, figli,

che in modo analogo nei confronti dei vostri simili occorre riflettere. Abbiamo noi il diritto di impedire

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con la forza le azioni dei nostri simili quando noi vediamo dalla legge cosmica, dalla legge che regola

i rapporti fra gli individui, che in effetti nessuno può invadere, di arbitrio, il campo di un suo simile?

Possiamo ancora richiamarci ad un altro insegnamento che già conosciamo, ed è quello che ri-

guarda l’intimo nostro: dobbiamo noi violentare noi stessi, andare contro il nostro sentire? Il Fratello

Claudio dice di no. Ma lo dice quando quell’azione che noi facciamo - e che non sia stata frenata ma

che sia sbocciata da un’intima prepotenza - non danneggi altri. Allo stesso modo, figli, traendo le

conclusioni noi dobbiamo dire che nei confronti dei nostri simili non abbiamo diritto di imporre le no-

stre idee, non abbiamo il diritto di forzare la condotta.

Ma nel caso in cui le azioni che i nostri simili farebbero danneggerebbero altre creature, allora è

consentito dare una via da seguire, allora è consentito indicare il cammino da percorrere, allora è

consentito operare ed adoperarsi acciocché questa via indicata, questo cammino da seguire, siano

realmente seguiti.

Così voi avete portato l’esempio del padre e del figlio. Il padre ha sempre il dovere, nei riguardi

del figlio, di consigliarlo e può lasciargli una certa libertà d’azione quando le decisioni e le scelte che il

figlio opererebbe non danneggerebbero nessuno; ma quando l’operato del figlio portasse un nocu-

mento a qualcuno degli uomini, a qualcuno dei vostri simili e dei nostri simili, figli, allora il padre ha il

dovere di adoperarsi in ogni modo, per quanto gli è possibile, acciocché l’azione del figlio non porti

danno ad altri. Se invece questa azione riguarda unicamente una questione che non arreca un danno

ad altre creature, ma riguarda una scelta che il figlio fa e che, al massimo può danneggiare lui stes-

so, allora in questo caso il padre metterà in guardia il figlio, esporrà il principio generale del quale vi

abbiamo parlato ma non dovrà, con la forza, imporre la strada da seguire al figlio. Questi, per sommi

capi, sono dei principi che io spero voi riterrete giusti e che servono a chiarire ed a vedere come da

una legge cosmica si possa trarre insegnamento per la vita di ogni giorno, per i rapporti fra gli uomini

e via dicendo.

Ma può sembrare che noi siamo in contraddizione preoccupandoci tanto dei danni che i nostri

simili possono avere, quando in effetti abbiamo detto che nessuno subisce un danno senza che que-

sto danno debba venirgli. Non è così, figli. Allo stesso modo, come vi diciamo: «Aiutate le creature

per quanto vi è possibile, senza preoccuparvi se queste creature soffrono per un loro Karma o me-

no», vi diciamo: «Abbiate sempre presente nell’intimo vostro questa voce imperiosa di non danneg-

giare chi vi è vicino e chi potreste danneggiare. Abbiate sempre presente nell’intimo vostro

l’intenzione di non far del male a nessuno ed operate in questo senso, figli, senza preoccuparvi se il

Karma è stabilito in un senso o nell’altro. Non sono cose che vi riguardano», è vero? L’individuo, il

singolo, deve avere l’intenzione di non danneggiare i suoi simili perché deve farlo.

D. - Permetti? In determinati casi della vita di ogni giorno di una creatura o più creature, si deve esse-

re fatalisti, oppure no? Perché se io ammetto un certo fatalismo, dico: «Mi hai fatto questo perché

questo doveva succedermi»; oppure: «Io faccio questo ad un’altra creatura perché glielo dovevo fa-

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re». Ma se invece io devo difendermi debbo pensare che faccio del male ad altre creature, ammessa

la difesa. In questo senso, in me, è un po’ confuso il concetto che tu hai esposto ora.

R. - Non necessariamente il difendersi comporta un offendere o danneggiare gli altri. Del resto noi, a

proposito del “difendervi”, vi abbiamo spiegato quale significato ha, per voi, questo insegnamento,

per voi che non avete la forza e la capacità di sopportare tutto quanto può sopportare colui che ama il

prossimo suo fino al punto di annientare completamente se stesso nei confronti del suo prossimo. Di-

fendervi per voi, quindi figli, significa conoscere voi stessi, sapere fino a che punto, per non intralciare

il cammino di altri, potete sopportare le conseguenze; fino a che punto perché gli altri possano libe-

ramente - e forse anche egoisticamente - agire, voi potete trarvi da una parte riuscendo a sopportare,

intimamente convinti e per niente feriti, questa situazione. Questo significa per voi “difendervi”. Natu-

ralmente la difesa di un uomo molto evoluto è cosa tutt’affatto diversa dalla difesa di un uomo di me-

dia evoluzione, e questo voi lo capite. Nei confronti vostri, invece, quando la vita di ogni giorno vi po-

ne dei problemi, ecco che voi dovete, come sempre, meditare, conoscere voi stessi. Quando nei rap-

porti con i vostri simili voi siete costretti a scontrarvi con questi, ecco che dovete riflettere e meditare

e vedere se vi sembra giusto che ciò che questi fanno debba essere fatto; o seppure può essere fat-

to diversamente senza creare degli attriti, senza danneggiare, senza far soffrire, ma nello stesso

tempo senza porsi in quella situazione di cui prima vi dicevo, situazione che rappresenta per voi un

onere troppo grave da sostenere, un onere che vi pone in uno stato d’animo tale da non rappresenta-

re niente, da annullare l’azione che avete fatto. Perché il fare del bene ad una creatura, o ciò che si

crede bene nei confronti di una creatura, è una cosa encomiabile da ogni punto di vista; ma diventa

divina, diventa sublime solo quando chi la compie sa quello che fa e sa sopportare - soprattutto - di

buon animo tutto quello che l’azione che ha fatto comporta sia come conseguenza immediata, sia

come conseguenza nel futuro. Può sembrare strano questo concetto quando vi è stato insegnato

sempre a fare del bene anche a costo di un sacrificio. È così. Ma quando questo sacrificio è talmente

forte da violentare voi stessi, da porvi in uno stato di insofferenza o di annientamento o di distruzione

di voi stessi per cui una buona azione, buona quanto volete e bella quanto volete, non possa essere

più giustificata da questo vostro annientamento, ecco che è preferibile che l’individuo conosca se

stesso, valuti le proprie forze e restringa l’azione che si era proposto di fare nei limiti di queste, giac-

ché una sola azione ed un solo aiuto anche grande non è mai fattivo, nei confronti dei nostri simili, di

tanti altri aiuti minori. Mi seguite, figli? Come sempre, però, come sempre tutto ciò, tutto quello che ho

detto deve corrispondere alla realtà, deve corrispondere esattamente alle cose come stanno e non

deve essere preso come scusa. Non deve essere preso come un pretesto al non agire. Ecco perché

è importantissimo per voi conoscere voi stessi. Udendo quello che noi vi diciamo, chi non conosce

se stesso, chi non ha l’intenzione di essere estremamente sincero con se stesso, può trovare moltis-

sime posizioni di comodo per ingannare se stesso e far tacere, se è possibile, la sua coscienza. È

molto facile per chi non ha l’intenzione di conoscersi e di approfondire veramente i problemi con i

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quali viene a contatto, dire: «Io non ho la forza di agire così, di sopportare il sacrificio» e via dicendo.

Tutte verità ma che diventerebbero verità dette con la bocca, prese come posizioni di comodo e per

assecondare la propria pigrizia o il proprio egoismo. Mentre occorre essere nella verità, non dire la

verità, o non dire una verità: essere nella verità e dire la verità. Guardare nell’intimo nostro e con tutta

sincerità agire secondo quali siamo. Forse in determinati periodi della storia era importante morire

per un’idea; oggi non più, oggi è importante vivere per essa, oggi è importante che l’individuo faccia

una “azione alla base”, come si usa dire. Non ha importanza predicare od istituire una nuova religione

od una nuova filosofia; importante è stabilire un colloquio, un contatto con chi ci è vicino; una comu-

nione con coloro che ci circondano. Questo deve essere fatto. Allo stesso modo di come per cambia-

re la società è necessario cambiare il singolo, così non è importante predicare nuovi principi, nuove

religioni, nuove idee da additare agli uomini; ma è importante far conoscere questi principi, queste

idee, a coloro che vi sono vicini, parlando, portando una parola di amore a chi vi è accanto. Questo è

importante. Per analogia è la stessa azione che, cambiando chi vi è vicino, cambia la società. Chi si

illudesse di cambiare la società con nuove istituzioni democratiche o con nuove filosofie o con nuove

religioni senza cambiare chi è vicino, senza lavorare nei confronti di chi lo attornia, sarebbe un illuso.

Sarebbe una creatura che sprecherebbe le sue energie e le sue azioni. Avete altre domande, figli?

D. - Poiché hai detto che nei confronti degli altri a volte bisogna prendere delle decisioni, e affinché

siano giuste bisogna conoscere se stessi... ma come è possibile conoscere se stessi? Tu sai che de-

vo prendere una decisione verso quella persona per insegnarle, finalmente, come si deve agire nella

vita. Ti prego aiutami a conoscere me stesso...

R. - Occorre esaminarsi, come sempre abbiamo detto, con tutta sincerità, figli cari. Io non posso dire

che quello che tu stai per fare è giusto; devi essere tu a sentirlo. Quando vi è la sincerità, quando ve-

ramente l’individuo riesce a comprendere se stesso, o per lo meno ad essere sincero, allora non vi è

timore.

D. - Ma dover subire quella cosa... - capisco che anche questa è una espansione dell’io - ma mi

sembra che sia pusillanimità. Per questo vorrei che qualcuno mi aiutasse a comprendere me stesso.

R. - Non posso darti questa sicurezza che tu cerchi perché se l’esame è fatto con sincerità, e se le

conclusioni che una creatura trae dall’esame fatto sono conclusioni scaturite da una introspezione

sincera, non possono esservi dubbi. Il fatto stesso che vi siano dubbi può significare che non ancora

tutta la verità di noi stessi è stata scoperta; ed ecco che è necessario, ancora, meditare. Non mi rife-

risco al tuo caso particolare; parlo in generale.

D. - Grazie.

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R. - L’Altissimo solo sia ringraziato. Ed allora vi lascio, figli, momentaneamente.

D. - Ti prego, mia sorella non sta bene...

R. - Deve curarsi.

D. - È giusta la cura che fa?

R. - A volte l’organismo ha una assuefazione a certe cure, ed ecco perché è bene, quando queste si

protraggono molto nel tempo, cambiare.

Vi benedico e saluto. La pace sia con voi.

Dali

Salve!

Gli argomenti delle vostre conversazioni salgono, ed io vi auguro che questa ascesa corrisponda

all’ascesa vostra.

Questa sera avete parlato dell’Assoluto e vi siete chiesti quale natura ha il non manifestato.

L’Assoluto, ancora una volta lo ripetiamo, è colui che “è”; ed è Sua natura interna l’amore, ester-

na la vita. Parlo dell’Assoluto. Il “movimento” non è che una conclusione di questa natura. È Sua na-

tura. Quale natura, dunque, ha il non manifestato? La natura dell’Assoluto. Perché il non manifestato

è in Dio, come in Dio è il manifestato. E se nel manifestato si ritrovano trasposte vita-amore-

movimento, nel non manifestato vi è vita-amore-movimento.

Non manifestato non significa il nulla, significa “non manifestato”. Il seme è una pianta in poten-

za, la pianta è il seme manifestato. Nel non manifestato vi è vita-amore-movimento ma non vi è il Co-

smo. Vita-amore-movimento ed in potenza vi è uno e vi sono infiniti Cosmi, ma in potenza. Ma il fatto

che non vi siano in atto, o manifestati, i Cosmi, non significa che vi sia il nulla. Nell’Assoluto, che

comprende in sé il manifestato e il non manifestato, molti, infiniti sono i Cosmi. Possiamo dire con-

temporaneamente? Possiamo dirlo per avere un‘idea ma la parola è molto imprecisa. E forse dob-

biamo dire che nel momento in cui un Cosmo viene riassorbito un altro si manifesta? Non possiamo

dirlo. E forse possiamo dire che dal retaggio di un Cosmo quello che si manifesta è condizionato da

quello riassorbito? Non possiamo dirlo. Eppure esiste l’evoluzione delle evoluzioni. Eppure è vero che

fra un Cosmo e l’altro non vi è comunicazione. Qual’è la logica che può mettere insieme questi con-

cetti? È una logica che non può apparire ai vostri occhi oggi; eppure vi è una logica che pone com-

prensione fra due concetti che sembrano in antitesi. Facciamo un esempio? Amare la vita, essere

pronti a lasciarla. Se si ama non si può essere pronti a lasciarla; eppure colui che ha compreso agi-

sce esattamente in questo modo.

Chi ha compreso il concetto dell’Assoluto ha compreso che i Cosmi sono incomunicanti ed ha

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compreso che esiste la legge di evoluzione delle evoluzioni.

Pace a voi.

Kempis

Alan vi saluta.

Dopo tante dotte spiegazioni, sono molto imbarazzato a parlarvi...

D. - Io volevo chiedere una cosa... Posso chiedertelo?

R. - Anzi, mi togli da un imbarazzo.

D. - Quella frase del Fratello Massone... abbiamo creduto fosse lui, puoi dirci se è vero, per non fa-

re... firme false?

R. - Ooooh! Non ha importanza!

D. - Dice che l’Assoluto è oltre il Cosmo, oltre il manifestato, oltre il non manifestato, e oltre va il Co-

smo riassorbito. Ora questo è un concetto nuovo che mi sembra da chiarire, no? Forse si tratta della

evoluzione delle evoluzioni?

R. - Certo, credo che sia qualcosa di analogo, perché questo è stato detto perché non dobbiate cre-

dere che una volta che il Cosmo viene riassorbito tutto finisca. È come mettere un piccolo grano di

sale nell’acqua. La forma non esiste più, non c’è più la forma ma c’è qualcosa.

D. - Allora il significato è questo?

R. - Sì, grosso modo è questo. Ma io non avevo indovinato dicendo che mi toglievi da un imbarazzo!

Davvero! Voi dovete comprendere che io ero molto interessato a tutte le varie forme di filosofie e

compresi anche queste verità che voi conoscete. Io conoscevo le religioni dell’India, il buddismo, che

pareva che avessero una certa consistenza. E non so se voi avete mai provato quella strana sensa-

zione: quando anche di una persona o di una filosofia ci colpisce qualche cosa noi crediamo che

questa persona o questa filosofia sia al di sopra della normalità, sia quasi infallibile. Cosa posso dir-

vi? Se voi pensate che per esempio nel buddismo vi sono molte verità ecco che viene automatica-

mente, è umano - non so se a voi sia accaduto questo - che parlando con un sacerdote buddista, voi

parliate con un essere superiore che possa spiegarvi tutti i vostri dubbi. In effetti non è così; non è

così né per l’uomo né per l’idea. Così rimasi molto stupito vedendo in certe filosofie dell’India, filosofie

religiose, pure trovandosi certi concetti altissimi sconosciuti a noi occidentali - se così posso dire, an-

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cora, è vero? - ma vi erano delle altre cose così puerili! Per esempio, mentre si parlava (giacché sia-

mo in tema di Assoluto), del concetto di Dio-Assoluto, invero molto bello e molto profondo, ad un cer-

to punto si parlava anche di come e perché questo Dio-Assoluto emanerebbe; e si dice: «Perché sic-

come la Sua natura è amore, questo amore ha bisogno di un oggetto ed allora questo Dio-Assoluto si

fa un Cosmo», come un bambino che a un certo momento si fa un piccolo pupazzo da cullare e da

portare a letto con sé. Queste cose lasciano certamente molto... perplessi, perché appunto è strano

vedere come, accanto a certi concetti profondi, si trovino delle cose che veramente sono incompren-

sibili, ingiustificabili, nelle religioni e nelle filosofie. E di queste ve ne sono moltissime in India, perché

le verità sono seminate un po’ dappertutto; il difficile è trovarle e metterle vicine l’una all’altra. Come

adesso avete visto, è molto di moda ricercare le cose vecchie e belle; è un’opera molto difficile quella

di saper trovare il vecchio e togliere tutte quelle applicazioni posteriori che sono state fatte per ricon-

durre questo “bello” a un’opera d’arte - sto parlando di un oggetto - alla sua forma primitiva. E l’uomo

molte volte vuole abbellire ciò che è già bello di per sé e finisce con lo sciupare tutto. Dopo questa

chiacchierata, non avete nessuna domanda?

D. - Se permetti, vorrei sapere delle manguste parlanti come quella dell’isola di Kan e altre che vi so-

no in India e in Cina, e non so se altrove. Come si spiega che agiscono come persone? Sono Entità

che agiscono attraverso all’animale? Come si spiega?

R. - Noi possiamo solo affermare il concetto che esiste questa possibilità senza scendere ai singoli

casi perché possono essere delle contraffazioni. Ma posso dire questo: che la cosa esiste. E vi sono

due spiegazioni: una, anzi la più diffusa, è una sorta di possibilità che vi è nelle forze naturali; la pos-

sibilità di... (vediamo se riesco a spiegarmi). L’Entità che vuol parlare con la voce diretta crea una

sorta di ugola con la materia ectoplasmica del medium, e attraverso a quella si fa udire dagli uomini.

Una persona la quale sia convinta che un animale parli riesce, attraverso al corpo eterico e quindi

all’ectoplasma di questo animale, può riuscire - se ha questa forza - a creare una sorta di ugola

nell’animale, delle corde vocali e produrre delle parole, nello stesso tempo ottenebrando la propria

consapevolezza in modo da non accorgersi di essere lui stesso a far parlare l’animale; cioè suggerire

queste parole, ciò che l’animale dice, e non ricordarsi ciò che ha suggerito. Uno psicologo potrebbe

spiegarvi questo. Questa è una spiegazione. Poi vi è un’altra spiegazione: di una individualità la qua-

le è vicina alla reincarnazione umana, e che per motivi particolari ha questa possibilità per far riflette-

re gli uomini. Perché voi non dovete pensare che questi animali sapienti siano fenomeni fini a se

stessi. Tutta l’importanza è quella di far riflettere l’uomo. Credo che vi sia già stato detto. Ad esempio:

cosa succede quando avviene un evento straordinario quale una persona che perde per combinazio-

ne un aereo e l’aereo cade e questa persona rimane viva. Oppure un altro evento un po’ fuori dal

comune: una persona che cade da una grande altezza e non si fa niente. Sono tutti fatti, tutte cose

che avvengono per far riflettere gli uomini. E pare incredibile, figli e fratelli, ma se vedeste quanto

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l’attenzione degli uomini è sollecitata da questi casi e quanto gli uomini riflettano! Nel grande quadro

della evoluzione generale tutti questi fatti sono posti in modo tale che anche questi servono o contri-

buiscono a cambiare la mentalità degli uomini, a far sì che ogni uomo cambi la propria mentalità.

D. - Perdona, anche per i pappagalli parlanti ci sarebbero queste due ragioni, oppure...

R. - No, noi parliamo di una sorta di possibilità di parlare ma non ripetere unicamente delle parole.

Parlare spontaneamente e far quasi un ragionamento, manifestare un ragionamento.

D. - Infatti questa mangusta diceva di fatti avvenuti molto lontano da lei che poi risultavano veri.

R. - Sì, quasi una veggenza... Adesso vi saluto, ma ritornerò certo.

D. - Permetti, avrei una domanda...

R. - Sentiamo anche questa.

D. - Pare che la terra sia in ritardo di qualche decimo di secondo nella sua rivoluzione attorno al so-

le...

R. - Oh, questo ritardo per un inglese è inconcepibile. Non posso ammettere, concepire!

D. - Allora non devo continuare?

R. - No, perdona la... facezia.

D. - Dato che il Cosmo tende al riassorbimento, quindi tutti i corpi che sono nel Cosmo si spostano

verso la periferia e aumentano anche di velocità, anche la terra che è legata al sole... deve trovarsi

nelle stesse condizioni... Perciò sono scettico su quello che i fisici hanno riferito.

R. - Io credo che abbiano ragione, perché non si tratta di un aumento di velocità dei singoli corpi indi-

pendentemente, ma di un moto traslato di tutto il sistema. Quindi, in teoria, anche sull’orlo del rias-

sorbimento del sistema solare, ovverosia al limite del piano del Cosmo fisico laddove la materia - per

raggiunta velocità - diviene energia, noi possiamo dire che la terra girando attorno al sole conserve-

rebbe la stessa velocità perché è un moto traslato di tutto il sistema. È chiaro questo? non c’entra la

velocità di reazione della terra attorno al sole, ma è tutto il sistema, cioè il sole, la terra e quindi tutti

gli altri pianeti che traslano ad una velocità sempre crescente fino a raggiungere la velocità critica,

per cui la materia, appunto, passa allo stato di energia libera.

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Ma questo ritardo esiste veramente perché voi dovete tenere presente che la luna trasferisce la

sua materia sulla terra; ed ecco che aumentando la massa vi è questa modifica nella rotazione.

E lasciandoci su questo argomento delle stelle, vi saluto.

Alan

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

02 Novembre 1963

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Non occorre dire che per parlare dell’argomento del quale questa sera vi siete interessati occorra

molta attenzione da parte vostra, e quanto sia facile scivolare, usando le parole, in concetti imprecisi.

Ciò non di meno ci sforzeremo, figli, di dire qualcosa; soprattutto perché possiate volgere la vo-

stra attenzione a questo concetto dell’Assoluto in modo che, poco a poco, la vostra coscienza solleci-

ti dalla scintilla divina che è in voi quella intuizione che sola è capace di farvi dire: «Ho compreso».

Non so più quante volte abbiamo detto: l’Assoluto è colui che “è”. Occorre comprendere profon-

damente il significato di queste parole. L’Assoluto non ha mai avuto inizio né mai avrà fine.

Nell’Assoluto tempo e spazio sono entità relative riferibili al Cosmo.

L’Assoluto è vita ed amore, vi abbiamo detto, e la conseguenza di ciò si chiama “movimento”.

Eppure “movimento” è una espressione che può essere compresa in un Cosmo, ma nell’eterno pre-

sente resta difficile intendere “movimento”.

Natura dell’Assoluto è vita ed amore; conseguenza di questa natura dell’Assoluto e Sua stessa

natura è il manifestare e riassorbirsi dei Cosmi. L’Assoluto, quindi, permea il tutto, è il tutto.

Nell’Assoluto vi sono le manifestazioni e le non manifestazioni. Voi sapete che nel non manifestato è

egualmente la natura dell’Assoluto; così come il manifestato ha in sé - alla radice e in ogni cosa, al

centro ed alla circonferenza e in tutto ciò che sta fra il centro e la circonferenza - la natura

dell’Assoluto, perché il manifestarsi è Sua natura.

Attenzione, figli! Vi abbiamo accennato alla evoluzione delle evoluzioni e vi abbiamo detto che

ogni Cosmo è interdipendente, non comunica con altri Cosmi. Ogni Cosmo è circoscritto dal non ma-

nifestato, è avvolto dal non manifestato. Ma ciò non vuol dire che il Cosmo sia isolato dall’Assoluto; è

nell’Assoluto e l’Assoluto è nel Cosmo, poiché alla radice - ripeto - alla circonferenza e in tutto ciò che

sta fra la radice e la circonferenza, fra il centro e la circonferenza, è l’Assoluto. I Cosmi, quindi, hanno

una comune base ed è l’Assoluto.

Il Cosmo evolve; che cosa significa? Il Cosmo ha un inizio ed una fine. La teoria, dall’inizio alla

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fine del Cosmo, dalla manifestazione al riassorbimento, si chiama evoluzione. Ma l’Assoluto non ha

né inizio e né fine, né evoluzione. L’Assoluto non evolve, è colui che “è”.

Dicendo “evoluzione delle evoluzioni”, figli, non vogliamo spostare il problema né creare una

complicazione a ciò che di per se stesso è complicato per la vostra comprensione. Non vogliamo fare

dell’Assoluto una “immagine” del tutto simile e comprensibile in chiave di questo Cosmo. Noi possia-

mo fare esempi per fermarci alle soglie del Cosmo; oltre ogni esempio non serve più, ben poco ha di

indicativo. Ecco perché vi resta difficile comprendere come possa esistere una “evoluzione delle evo-

luzioni”, e che cosa esattamente questa sia se ciascun Cosmo è isolato e interdipendente dagli altri

Cosmi.

Alcune filosofie ed alcune religioni intendono con “evoluzione delle evoluzioni” la evoluzione delle

manifestazioni. Ma badate bene, figli, che oltre i limiti del Cosmo nel quale noi viviamo ed evolviamo

non possiamo servirci sicuramente della legge di analogia. Fermiamoci quindi ai confini di questo

Cosmo nel quale viviamo.

Perché, quindi, noi vi abbiamo detto che anche dopo il riassorbimento qualcosa permane del Co-

smo nel quale viviamo ed evolviamo? È chiaro, figli cari, se noi pensiamo che, in ultima analisi, tutto

quanto esiste in un Cosmo non è che Spirito, perché la materia del piano fisico è la condensazione

dell’energia o materia del piano astrale; che l’energia a sua volta non è che una condensazione della

mente o materia del piano mentale, e così via fino ad arrivare allo Spirito; noi vediamo che nel Cosmo

nel quale siamo e viviamo tutto quanto esiste non è che una diversa conformazione, una diversa for-

mazione dello Spirito, base comune di ogni materia, unica e sola e vera materia del Cosmo. Al mo-

mento in cui il piano fisico viene riassorbito sparisce la materia del piano fisico, spariscono le forme,

le densità stesse di questa materia, ma non vi è nessuna distruzione, perché è come se un pezzo di

ghiaccio per l’alzarsi della temperatura tornasse allo stato di acqua. Mi spiego, figli? Ma la forma che

questo ghiaccio componeva non esiste più; e su su, se noi risaliamo fino al piano più alto del Cosmo

- allo Spirito - noi potremmo essere indotti a pensare che una volta che il Cosmo sia riassorbito, più

nulla esista di questo Cosmo; e che lo stesso destino dell’uomo, dell’individuo, di tutto ciò che da

questo Cosmo è nato e si è evoluto, finisca, si sciolga, più nulla rimanga. No, è vero, figli? Ciò che

dalla manifestazione di un Cosmo nasce, sviluppa, evolve, ed in questa manifestazione del Cosmo si

identifica in Dio e con Dio, nell’Assoluto, non muore, non svanisce, anche se i veicoli di questa nasci-

ta, di questa evoluzione, avranno seguito la sorte delle materie che componevano quel Cosmo. Ecco

perché noi vi abbiamo detto che oltre il riassorbimento del Cosmo permane qualcosa; periscono le

forme, le materie, i veicoli, ma ciò che si è evoluto, ciò che è nato permane. Entra in diretto contatto

con ciò che lo rende immortale.

Ed allora che cosa vuol dire “evoluzione delle evoluzioni”? Non vuol dire, figli, che chi è nato da

un Cosmo passi ad un altro Cosmo il quale sia più evoluto, in qualche modo, del Cosmo da cui pro-

viene ed in questo Cosmo continui la sua evoluzione. No, figli, non possiamo dire questo e neghiamo

il valore di una siffatta affermazione che si può ritrovare in certe filosofie e forme di religione.

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Non dobbiamo spostare il problema della evoluzione e della comprensione dell’Assoluto sempre

oltre, fino a che la mente non possa più - per propria incapacità - soffermarsi; non dobbiamo ingigan-

tire il problema nelle sue dimensioni per far in modo di non avere più la possibilità di afferrarlo, di con-

tenerlo. Ma dobbiamo, invece, comprendere che oltre i confini di questo Cosmo la nostra logica di

umani non serve più, non funziona più. Possiamo solo enunciare una verità, o più verità, che possono

- come abbiamo detto ultimamente - essere dei controsensi poste l’una vicina all’altra. Eppure esse

sono enunciazioni di realtà.

«Esisteva un Cosmo prima che fosse emanato?», voi direte. Tutto esiste nell’Assoluto.

Nell’Eterno Presente non vi è né prima e né dopo; niente può essere aggiunto o tolto all’Eterno Pre-

sente, eppure - altro controsenso per la nostra logica - eppure un Cosmo che è in Dio, che è in que-

sto Eterno Presente, ha un inizio ed una fine. E si svolge, evolve, secondo un preciso piano divino

che, in effetti, non è che l’attuazione di una natura divina. Nell’Eterno Presente ove il Tutto è presen-

te, ove il Tutto “è”, non vi è né prima e né dopo, eppure un Cosmo nasce e muore. Eppure un Cosmo

ha un inizio ed una fine. Eppure un Cosmo si svolge secondo un preciso ciclo di vita.

Oltre il riassorbimento che cosa rimane? Le materie che componevano il Cosmo ritornano laddo-

ve mai si sono staccate. Perché se noi, ad esempio, ci interessiamo della materia fisica allo stato a-

tomico, noi vediamo che questa materia è quella che è e rimane, essenzialmente e strutturalmente,

quella che è qualunque forma - essa materia del piano fisico - componga. Se noi fissiamo la nostra

attenzione sull’elemento chimico acqua, è sostanzialmente e strutturalmente identico che questo e-

lemento si trovi allo stato di aggregazione molecolare gassoso o fluido, cioè liquido o solido. È vero,

figli? Così è di ciò che compone - se vogliamo usare una brutta parola che tradisce profondamente il

concetto - di ciò che compone materialmente il Cosmo. Alla radice, sostanzialmente e strutturalmen-

te, è sempre lo Spirito. È sempre ciò che è al di là del Cosmo; che è nel Cosmo, nel manifestato e

nel non manifestato. Che permea il Tutto, perché è il Tutto.

Si chiama Spirito quando a questo “quid” si vuol dare qualche significato, si vuol dire qualcosa

che possa farci intendere una struttura, una ossatura, una base del Tutto; si chiama Assoluto quando

vogliamo intendere un qualcosa che comprenda in sé il Tutto ma non come quantità, non solo come

quantità - se così possiamo dire - ma come “sentire”, come amore e vita. Perché il dire: l’Assoluto è il

Tutto e tutto è nell’Assoluto», non è un concetto che voglia significare unicamente la vastità di questo

Assoluto che è il Tutto e che tutto contiene, ma significa che tutto vive nell’Assoluto e che l’Assoluto

vive in tutto in quanto niente può esservi che non sia sentito, vissuto dall’Assoluto. Non è quindi solo

un concetto di vastità atta a ricevere il Tutto ma è - soprattutto - un concetto che vuol significare la

vastità del sentire dell’Assoluto, il che è molto importante per chi, con facilità, potesse scivolare, o

possa scivolare da questa enunciazione che noi diamo del Tutto, verso un concetto filo-panteistico.

Riconducetevi quindi, figli, cercando di intuire questa visione vasta, alla importanza di aver ben chiaro

che per quanto il dire “è nella natura stessa dell’Assoluto la manifestazione ed il riassorbimento e la

non manifestazione” possa in qualche modo far pensare ad una sorta di meccanismo, di automati-

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smo, per quanto questo - ripeto - possa far pensare e conduca a questo errore; tenete sempre pre-

sente il “sentire” del Tutto che può essere suggerito dall’idea del Dio mistico dei Santi. Così i Santi,

nelle loro estasi mistiche, non avevano un concetto errato di Dio: ne vedevano unicamente il Suo

“sentire”, il Suo amore. Ebbene questo amore e questo “sentire” non devono da voi essere rinnegati,

ma debbono essere uniti a questo quadro che noi vi diamo di vita, di cicli che si compongono, di Co-

smi che sono manifestati e riassorbiti, di atti che in qualche modo - se non fossero uniti a questa vi-

sione mistica di Dio - da soli potrebbero dipingerci l’Assoluto come una sorta di meccanismo messo

in moto, insensibile, che continua a muoversi tutto manifestando e riassorbendo per una sorta di au-

tomatismo.

Ecco il difficile per la logica umana; ecco perché noi vi diciamo che parliamo alla logica vostra

per parlare delle cose di questo Cosmo. Al di là possiamo enunciare delle verità che poste accanto,

enunciate assieme, sono dei controsensi. Ma che lo sono, in effetti, unicamente per una logica uma-

na e che comprendendo questi controsensi si è superato la logica stessa; e per comprendere il Tutto

è necessario superare questa logica umana.

Augurandovi che i vostri sforzi possano presto giungere a questa conclusione, vi benedico. La

pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Salve a voi.

Eccoci ancora alle dolenti note dei “Signori del Karma”. Qualcuno nelle mie condizioni potrebbe

dire: «Meglio sarebbe stato se quella sera mi si fosse seccata la lingua!». Ma non è così. Anzi, io non

vi invito a dimenticare i “Signori del Karma”, ma addirittura vi do un altro annuncio: sappiate, figli e

fratelli, che esistono anche i “Signori dell’evoluzione” se ciò può confortarvi.

Che cosa vuol dire quindi? Questi Signori del Karma o della evoluzione sono unicamente dei

Fratelli Maggiori che aiutano gli uomini, gli individui, o sono qualcosa di più? Sono qualcosa di più.

Non posso che ripetere ciò che vi abbiamo già detto. Pensate che colui che si identifica con

l’Assoluto oltre la coscienza cosmica, nella Coscienza Assoluta, è l’Assoluto. E se qualcosa fluisce

dall’Assoluto, fluisce da lui; e se qualcosa deve dall’Assoluto venire all’uomo, può venire da lui senza

che per questo si debba dire che le leggi sono insufficienti. Chi si identifica nell’Assoluto diviene egli

stesso “la legge”. Chi si identifica nell’Assoluto può essere un canale attraverso al quale giunge qual-

cosa all’uomo senza che in questa opera vi sia un fattore personale. Diventare strumenti della legge

ed essere la legge stessa. Ecco che cosa dovete capire. Se non avete compreso i Signori del Karma

e quale è la loro opera nei confronti del Cosmo e rispetto all’Assoluto, ciò vuol dire che non avete ben

compreso che cosa è l’Assoluto; che non avete ben compreso qual’è il piano, la costituzione, lo svol-

gersi del Cosmo. Essere strumenti ed essere la legge stessa. E niente v’è di strano in tutto ciò. Oc-

corre solamente riuscire a conciliare le due cose. Riuscire a capire che chi è giunto alla massima

evoluzione, alla identificazione con l’Assoluto - pur conservando la propria individualità nel senso che

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capisce, che sente, che vive tanto da capire, sentire e vivere come non mai, in termini di Assoluto -

pur conservando la sua individualità diviene uno nel Tutto. E quindi diviene la legge, diviene l’amore.

È la vita, è il Tutto.

Pace a voi.

Kempis

Nephes vi saluta. Siete molto pensierosi!

D. - Eh, cercare di capire, sai...

R. - Certo che non è una cosa molto facile, comprendo; eppure occorre sforzarsi. È un nuovo modo

di vedere le cose che certamente in un primo momento può sembrare molto difficoltoso. Ma poi con il

passare del tempo - se così vogliamo dire - con l’applicazione, poco a poco questa difficoltà viene

superata. Io mi ricordo, ad esempio, di aver parlato con una creatura trapassata qualche tempo fa,

una creatura molto buona ed apparteneva alla vostra religione. Era una creatura tutta dedita alle pra-

tiche mistiche ma era molto buona ed evolutivamente era molto avanti. Sennonché la sua aspirazione

e la sua evoluzione, non avendo avuto una formazione mentale o culturale, come volete, adatta, era

rimasta attaccata alle concezioni della vostra Chiesa. Questa creatura trovava strano, ad esempio,

che quando vi erano degli atei Iddio non li punisse. Trovava strano che in certe ricorrenze, per certe

cerimonie religiose, piovesse. Trovava strano che quando una creatura fa una buona azione imme-

diatamente non le venisse una ricompensa e che le sue cose non andassero bene. Che chi riceveva

un torto doveva essere immediatamente compensato da... una vincita al lotto, per esempio, qualcosa

del genere. E certo trovai molta difficoltà a convincere questa creatura che tutto quanto avviene, av-

viene sempre... non può essere diversamente nel regno di Dio e nel piano di Dio. Così se un giorno è

per voi umani una bella ricorrenza, ciò non vuol dire che debba essere bel tempo. Eppure, sembra

puerile questa cosa, ma pur tuttavia - se non in questa forma puerile - sono convinta che qualcosa di

analogo vi è ancora in voi. In forma, mi sia consentito di dirlo, più raffinata, più evoluta, ma... pensa-

teci bene e vedrete che forse forse tutti i torti non ce li ho. Pensate che se una creatura fa del bene

(deve essere sempre fatto il bene), non pensate di avere immediatamente una contro partita, perché

ciò che viene fatto non è che l’attuazione di una legge, di ciò che così deve essere. E quindi non è un

avvenimento che debba essere in qualche modo festeggiato e riconosciuto. Tutto quello che avviene,

avviene sempre nei limiti del naturale, del piano divino, e quindi non è obbligatorio che vi siano questi

riconoscimenti. Forse - io non parlo a tutti voi - ma forse se qualcuno di voi con sincerità esplora

nell’intimo suo, vedrà che è facile avere di queste strane idee.

D. - Può essere un aspetto dell’io...

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R. - O forse anche indipendentemente dall’io. Il fatto che, ad esempio, certe religioni possano conte-

nere delle verità piuttosto che altre; è umano che l’uomo pensi che queste religioni non vadano per-

dute, che coloro che vanno contro queste religioni siano fulminati. Ma non è vero perché vi è una pro-

fonda ragione anche nel fatto che vi sono delle creature che vanno contro queste religioni; ed anche

è naturale il fatto che vi siano in queste religioni delle verità, come è altrettanto naturale che vi sia chi

combatte queste verità. E quindi non possono essere premiate le religioni che contengono le verità,

perché rientrano nella natura; mentre chi le combatte... non rientra nella natura. Il premio o vi è per

tutte e due, o non vi è per nessuno dei due. Cercate di comprendere quello che io voglio dire, oltre...

D. - Nella vita facciamo delle esperienze e da ogni esperienza bisognerebbe trarre un insegnamento.

Ma gli uomini, anche ponendo attenzione, non riescono a comprendere questo insegnamento. Come

è possibile trovare la ragione di queste esperienze?

R. - Io vi osservo, fratelli, e vedo che taluni di voi non stanno certamente a preoccuparsi

dell’insegnamento che può esservi in un fatto loro accaduto; mentre altri cercano l’insegnamento in

qualunque piccola cosa della loro vita. Non so, ad esempio, un raffreddore...

D. - Precisamente...

R. - Che cosa vuol dire questo raffreddore? Ma cari, non possiamo cercare un significato altamente

istruttivo e spirituale in cose di piccola importanza come un raffreddore. Può esservi certamente una

eccezione a questo; può darsi benissimo che a volte un evento di trascurabile importanza abbia inve-

ce un profondo significato. Ma per la normalità, se ad una creatura viene il mal di pancia... be’, quella

creatura sarà stata un po’ troppo golosa, avrà mangiato troppo. O se un’altra creatura è in età avan-

zata e il raffreddore si trasforma in polmonite, in una cosa più grave, è naturale, il suo fisico non ha

più risorse e voi non avete quella capacità delle anime evolute, per cui è conseguente e logico che

avvenga questa malattia. Mentre, ripeto, altri non pensano affatto al significato che possono avere

certi eventi che a loro capitano. Ebbene, a quelli che vi pensano troppo io dico: non date eccessiva

importanza a tutte le sciocchezze che accadono. Se un vostro fratello un giorno non vi ha salutato,

ebbene, pazienza! Vuol dire che era sopra pensiero. Traete ugualmente da ciò un insegnamento;

pensate a come potete essere rimasti male voi non ricevendo quel saluto e quindi cercate di salutare

tutti, di essere gentili con tutti. Se avete avuto un raffreddore o qualcosa di più grave e questo vi ha

molto afflitti, ebbene cercate un insegnamento anche da questa piccola cosa, pensate quanto fasti-

dioso sia avere un raffreddore e comprendete i vostri fratelli quando non sono in perfette condizioni

fisiche. Non so se mi spiego. Ma non pensate che questo raffreddore sia un evento che abbia del

sensazionale nella vostra vita.

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D. - Ma quando queste esperienze ci portano a vivere in un ambiente dove non si vive con molto pia-

cere, in quanto lo si conosce già per esperienze passate, perché questa esperienza si deve rinnova-

re?

R. - Non vorrei fare un caso particolare, fratello. Possiamo dire che se l’esperienza è compresa, mol-

to bene. Ma a volte vi è un Karma da consumare. Altre volte... - cosa posso dirvi? - questo dover ri-

manere forzatamente in un luogo può avere un altro significato. Ma tutte queste cose saranno com-

prese al termine dell’esistenza, dopo. Dopo quando uno sarà trapassato. Dopo l’individuo le capirà. In

tutte le cose vi è un significato. Per continuare quello che stavo dicendovi, pur invitandovi a non esse-

re eccessivi, pur tuttavia ripeto, vi è un insegnamento. Guardate: vi sono delle creature le quali, per

tutta la vita, non hanno voluto fare un determinato lavoro perché gli era antipatico. Succede, è vero?

Quando è il momento che queste creature comprendono che questo lavoro è loro utile e debbono

farlo si affezionano. Ma vi è come una reazione al loro atteggiamento primitivo, ed ecco che succede

qualche cosa per cui essi non possono più gustare il piacere che hanno nel fare quel lavoro che pri-

ma non piaceva loro. Non so se mi sono spiegata. Ecco, ad esempio, uno dice: «Io devo fare... un

lavoro qualunque; non voglio farlo perché non mi piace, mi è antipatico, non posso soffrirlo proprio».

E lo rimanda, lo rimanda... Ebbene, che cosa accade? Un giorno, per circostanze della vita, siamo

costretti a fare quel lavoro. Ed ecco che ci accorgiamo che quel lavoro, in quella forma diviene piace-

vole, ci dà gioia il farlo. Però per reazione ecco che sorge un ostacolo a questo piacere. È come un

Karma immediato. Molte volte, appunto, vi sono dei fatti che si spiegano con questo. Non so se mi

hai compreso, fratello.

Ma, ripeto, voi potete trarre insegnamento da tutto quello che vi accade ma non pensate che o-

gni piccola cosa che può accadervi - una sigaretta che vi si spegne - possa avere un messaggio rive-

latore per voi.

Adesso cari, vi saluto. Io spero ritornare, se avete piacere. Vi benedico.

Nephes

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09 Novembre 1963

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Un caro saluto ed una benedizione a voi tutti, figli, che qua siete riuniti questa sera.

Vogliamo soffermarci sull’argomento centrale di questa sera visto che agli altri voi stessi avete

data una risposta. Avete risposto da voi quando qualcuno ha chiesto della nascita e della morte di un

Cosmo; ed avete detto che questa nascita e questa morte si riferiscono alla costituzione del Cosmo,

ma ciò che anima questo non muore. Anzi, va oltre la manifestazione cosmica.

Avete risposto da voi ad un’altra domanda fatta relativamente alla possibilità che le individualità

nate ed evolute nella manifestazione cosmica, abbiano tutte cessato la loro evoluzione all’atto della

fine del riassorbimento. Perché - come voi sapete e sempre noi vi abbiamo detto - il riassorbimento

cosmico è già in atto ed inizia immediatamente quando la manifestazione ha inizio, quando il piano

fisico è emanato. Da quel momento comincia il riassorbimento, quando ancora le individualità pos-

siamo dire che non hanno cominciato ad incarnarsi nel piano fisico. Da allora. Dall’atto in cui i piani di

esistenza sono tutti manifestati comincia il lento ma progressivo riassorbimento della manifestazione

cosmica che si compirà quando tutto quello che era emanato verrà, appunto, riassorbito. E questo fi-

nire del riassorbimento, conchiudersi del riassorbimento, coincide con la evoluzione massima rag-

giungibile e raggiunta di tutte le individualità che hanno avuto vita e si sono evolute nella manifesta-

zione cosmica.

Circa i Signori del Karma e i Signori della evoluzione vi siete anche qua risposti da soli, ricordan-

do quello che in altre occasioni abbiamo detto. E se qualche incertezza ancora vi fosse - pensando e

considerando la prima razza che ha avuto la sua evoluzione, la prima razza in tutto il Cosmo - noi

possiamo ancora una volta ribadire che l’Assoluto non ha bisogno degli uomini. Che le sue leggi vi-

gono nel Cosmo sempre e ovunque; che queste leggi possono passare attraverso a dei canali e che

appunto abbiamo paragonato i Signori del Karma e i Signori dell’evoluzione a questi canali; ma che le

leggi possono non servirsi di questi canali. Che se questi canali, per assurda ipotesi non vi fossero, le

leggi egualmente esisterebbero nel Cosmo. Nessuna difficoltà, quindi, anche pensando alla prima

razza che ha avuto evoluzione nella manifestazione cosmica. Le leggi fondamentali del Cosmo, le

leggi che questo Cosmo governano, vigevano allora. E se qualcosa può esservi di mutato nel Cosmo

- non nell’Assoluto che è immutabile - possono essere i mezzi, possono essere i canali attraverso ai

quali queste leggi si manifestano. Possono essere mutamenti di contingenze, di circostanze, di situa-

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zioni, ma non mutamenti nell’esistenza di queste leggi.

Ma vogliamo parlare dell’argomento centrale di questa sera: di che cosa si intenda per Amore

Assoluto. Non importa escludere subito quell’amore che l’uomo intende umanamente e che è passio-

ne o desiderio di possesso e via dicendo. Parliamo dell’Amore Assoluto.

Nelle forme più elevate che l’uomo possa concepire l’amore è sempre qualcosa che viene susci-

tato da un oggetto al di fuori dell’umano, o che di questo amore, appunto, è oggetto. Ma lo stesso

amore dei Santi per Dio è un amore che ha come oggetto il creatore di tutto, Iddio. Ma qual’è l’Amore

Assoluto? Perché noi vi diciamo che l’Assoluto “sente”, “ama”? Dicendo “sente”, figli, voi intendete

“percepire”: ciò è implicito nel concetto di Eterno Presente e di Infinita Presenza. Nell’Eterno Presen-

te e nell’Infinita Presenza è incluso il concetto del “tutto sentire”. Iddio sente ogni cosa ed è ogni co-

sa, in ogni cosa, ed ogni cosa è in Dio. (Vi pregherei di stare concentrati e composti, figli, prego).

Perché quindi noi diciamo “sente ed ama”? Perché “sentire” è un concetto implicito nell’Eterno

Presente e nella Infinita Presenza. Ma “sentire” come? Sentire in termini di amore. Ma non di un a-

more che abbia bisogno di un oggetto per vivere, per essere stimolato, per esistere.

Il Fratello Alan ultimamente vi ha parlato di un errore di certe religioni orientali le quali attribui-

scono l’esistenza di un Cosmo e la manifestazione di un Cosmo all’amore di Dio, il quale lo emane-

rebbe per avere un oggetto su cui riversare questa Sua stessa natura. Non è così. L’Amore Assoluto

è un “sentire” in termini di amore. Un sentire in termini di amore che non è suscitato e non ha bisogno

di riversarsi su un oggetto.

Parlando del “massimo sentire” che noi possiamo provare allorché la coscienza è costituita, noi

dobbiamo dire: un sentire, un’essenza, una beatitudine, un’esistenza. Questo insieme di parole ha

per voi un significato poco chiaro, ma è qualcosa che si avvicina all’Amore Assoluto. Un amore che è,

che esiste indipendentemente da un oggetto è un “sentire” in termini di amore. È un amare senza

che vi sia bisogno di amare qualcuno o qualcosa. Vi resta difficile, forse incomprensibile. Ma l’amore

è un “sentire”, figli, e quindi non possiamo che sforzarci di farvi intendere questo “sentire”.

Il sentire Amore Assoluto è un amare che tradotto in termini umani - se si potesse - dovremmo

dire di una creatura la quale pur non vedendo, non conoscendo l’oggetto del suo amore, amerebbe

tutti; dovremmo dire di una creatura che non soffrirebbe se la persona oggetto di questo suo amore

non la corrispondesse. Dovremmo dire di una creatura che amasse tutti allo stesso modo e che a-

vesse in sé, ed alimentasse in sé, lo stesso sentimento di amore pur isolata, chiusa, lontana da tutti,

pur rimanendo sola e ignara dell’esistenza di altre creature. Riuscite ad intendere, figli, quale signifi-

cato ha Amore Assoluto?

Io spero che meditando su queste parole, possiate avere un’idea di quale sia l’Amore Assoluto.

Un’altra cosa avete accennato di chiedere: perché il Cosmo è fatto come è; perché deve esservi

il male, il dolore e via dicendo, questi aspetti che possono fare male, che l’uomo giusto e buono vor-

rebbe non esistessero più. La coscienza nasce nella libertà. Questa è una legge e una condizione di

fatto che non può essere mutata. Questa è una di quelle leggi che - non così come è enunciata - pro-

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viene dall’Assoluto. Natura dell’Assoluto è il manifestarsi ed il riassorbimento; la manifestazione e la

non manifestazione, il manifestato e il non manifestato. Una alternativa, se vogliamo. Riflesso di que-

sta natura è, nel Cosmo, una legge che tradotta in termini di questo Cosmo significa, può enunciarsi:

«La coscienza sorge nella libertà». Ed ecco perché l’uomo conosce il dolore; perché nell’ambito della

sua libertà - e non sto qua a ripetere tutti i vari tipi di libertà - nell’ambito della sua libertà relativa

l’uomo non può che, scegliendo ciò che va all’opposto della sua meta finale, provare, percepire qual-

cosa che a questa meta, invece, lo riconduce. E proprio da questa alternativa nasce la coscienza.

Se il suo destino è l’identificarsi con l’Assoluto, tutto ciò che lo conduce lontano da questa meta,

non può che produrre nell’intimo suo qualcosa che a questa meta lo richiama. E se l’andare verso la

meta per la quale esiste ed è stato emanato si chiama “bene”, ciò che da questa meta lo allontana

non può che chiamarsi “male”. E se qualcosa esiste che in lui si produce nell’andare verso questa

meta e si chiama “gioia”, ciò che da questa meta lo allontana non può che chiamarsi “dolore” ed il

male. Voi dite: «Perché nell’uomo, nell’umanità, vi è questo desiderio che non più soprusi vi siano,

che non vi sia più la bruttura?». Perché l’umanità ha acquistato coscienza, rispetto ad un animale.

L’animale non ha queste aspirazioni, non vede quello che ora vi dicevo, non riesce a vedere

l’ingiustizia perché ancora non ha superato… perché ancora la giustizia non è suo ideale morale. Ma

l’uomo sì. E questo ideale morale è un richiamo, per l’uomo, alla meta che deve raggiungere. E que-

sto ideale morale, mentre da una parte è un richiamo e quindi una facilitazione al suo cammino,

dall’altra è una cosa opposta; è forse, in un certo senso, un leggero avvilimento per lui, un incentivo a

vedere che questo ideale morale ancora non è tradotto nella sua società e fra i suoi fratelli. È un leg-

gero avvilirsi; ma è una constatazione che, ancora una volta, lo spinge verso questo ideale, verso la

sua meta. È tutto, quindi, un gioco di forze, di intimo sentire, di spinte dal mondo esteriore e dal mon-

do intimo. Ed in questo gioco di forze che a volte può assumere - ed assume, in effetti - toni dolorosi

e tristi per l’uomo, si costituisce e nasce la coscienza individuale. Si forma.

E per questa sera vi lascio perché sento che siete un poco disattenti e irrequieti. Vi benedico con

tanto amore, figli. Vi porgo i saluti di tutti i vostri cari. La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

D. - Posso fare una domanda?

R. - Sì, figlio.

D. - Scusa, si potrebbe avere la spiegazione in merito al rapido susseguirsi, in breve tempo, di Karma

collettivi? Che poi hanno, grosso modo, la stessa natura...

R. - Potrei risponderti in poche parole e dire: poiché l’evoluzione aumenta il suo ritmo man mano che

si svolge, è quindi logico che i debiti karmici vengano, in un certo senso, pagati con una maggior fre-

quenza, secondo il ritmo di questa evoluzione. O meglio: poiché l’individuo, man mano che il ritmo

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evolutivo cresce, è pronto sempre in minor tempo a comprendere, ecco che gli effetti delle cause che

ha mosso precedentemente ricadono con più frequenza fra l’uno e l’altro.

D. - Però, perché mediante lo stesso mezzo?

R. - Vi sono due tipi di Karma perché l’uomo può muovere effetti da solo1; ed invece anche Karma

collettivi, o di gruppo, o di famiglia, perché possono essere stati mossi collettivamente, con la re-

sponsabilità di più creature. Ed ecco che per speciali tipi di questi Karma gli effetti che ricadono, rica-

dono contemporaneamente su queste creature quando siano pronte contemporaneamente, per

comprendere. Mi segui, figlio?

D. - Sì, ti seguo, ma io chiedevo un’altra cosa. L’elemento fondamentale che ha determinato il com-

pimento di questo Karma mi sembra che sia la terra; mentre poteva darsi che fosse la terra in un po-

sto, l’influenza in un altro, il mare da un’altra parte. Perché?

R. - Tu parli, quindi, delle modalità con cui si attua questo Karma? Ed infatti, all’inizio della mia rispo-

sta, ho detto: «Potrei risponderti con poche parole...», riferendomi invece alla spiegazione vera, alle

ragioni, non della attuazione del Karma, ma delle cause che determinano il Karma, indipendentemen-

te dall’attuazione di questo Karma. Ed io ti ho risposto in questo senso; mentre a questa tua precisa-

zione, poiché la risposta sarebbe più lunga, non posso rispondere questa sera, dovendo parlare dei

mutamenti, di varie influenze...

D. - Sì, proprio questo...

R. - E ne potremo riparlare in altra occasione. Adesso debbo lasciarvi.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Una benedizione particolare alla figlia Maria.

Dali

1 Questa frase è poco chiara; probabilmente è un mio errore di copiatura e quindi è da controllare

con l’originale.

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23 Novembre 1963

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Che dirvi di questa allegra e battagliera riunione vostra, figli? Dire che ci auguriamo che nessuno

di voi sia rimasto ferito da quella forma della quale ciascuno dice essere priva di importanza, per

quanto attiene al linguaggio che egli adopera nei confronti degli altri, per quanto riguarda l’uso che

egli ne fa nei confronti dei suoi simili; ma che tanta importanza acquista, invece, quando di questa

forma si servono i nostri fratelli per parlarci. Si è sempre pronti a dire che la forma non deve avere

importanza, e non ha importanza, quando noi la usiamo nei confronti dei nostri simili. Ma quanta im-

portanza, invece, assume - o figli - quando gli altri questa forma la usano nei nostri confronti!

Ma ciò che è importante, figli cari, non è una questione di forma; e così questi vostri fratelli che a

voi si sono rivolti in tono iroso - così a voi sembrava - o irritato, o infastidito, certamente non possono

e non debbono avervi toccato e ferito nella vostra suscettibilità.

Così, figli, se è importante che sia dovuto rispetto a qualcuno o a qualcosa, ricordate che non è

importante, nei nostri confronti, la forma perché noi vediamo e penetriamo la vostra intenzione. Im-

portante è l’intenzione, figli; se poi questa intenzione qualcuno di voi, per sua natura, ama rivestirla di

una forma gentile e rispettosa, non saremo certo noi a rifiutare questa forma. Ma, ripeto, noi vediamo

nell’intimo vostro e comprendiamo le vere ragioni che vi spingono ad agire. Così è importante che voi

operiate, è importante che comprendiate le cose che vi diciamo, gli insegnamenti che vi diamo, pro-

fondamente. Che non siano tenuti come un ideale morale irraggiungibile, ma che questo ideale di-

venga vostra norma di vita.

Voi avete detto che non vi considerate nella verità tanto da essere degli assolutisti, nel senso di

combattere, avversare, coloro che non condividono le vostre stesse convinzioni. Ed io vi rispondo

che, infatti, così è che voi dovete fare. Avete anche detto che quello che noi vi diciamo vi convince; il

giorno in cui qualche altra verità vi convincesse più di questa voi quella abbraccereste per dimentica-

re questa, ed è quello che noi vi diciamo: dovete nascere ogni giorno. Ogni giorno porre in discussio-

ne quello che vi abbiamo detto per vedere se, con il mutare del tempo, dura in questo tempo e nello

spazio. Ma, figli, occorre dire che non è esattamente l’atteggiamento di colui il quale attende che

qualcosa di nuovo venga quello che voi dovete tenere. Non deve essere, il vostro, un atteggiamento

passivo di attesa; ma ciò che voi oggi credete - anche forse senza esserne intimamente convinti - ciò

che voi credete deve essere preso come un ideale morale da perseguire, deve essere una fede che

equivalga ad una intima convinzione. Sarebbe troppo facile e troppo comodo aderire semplicemente

ad un’idea, condividerla con la ragione, comprenderne la logica, dare la nostra fiducia ma far sì che

questa idea rimanesse al di fuori, avulsa dal nostro sentire, dalla nostra vita di ogni giorno. Siate

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sempre pronti a porre in discussione tutto quello che noi vi diciamo ma fino a che quello che noi vi di-

ciamo vi torna logico; fino a che lo ritenete un ideale morale da perseguire, perseguitelo. Questo è

veramente quello che voi dovete fare.

Ognuno di voi, figli, in queste riunioni ha diritto di esprimere tutte le domande e tutti i dubbi; sta

all’interesse di tutti gli altri far sì che le conversazioni si protraggano più o meno lungamente su uno

stesso argomento. Quando colui che ha domandato, nonostante i chiarimenti che i suoi simili posso-

no dargli non riesce a comprendere egualmente, allora diverrebbe troppo fastidioso, forse, per gli al-

tri, perseguire ancora a chiedere. Ed allora vedremo di rispondere noi. Ma ciascuno di voi può fare

tutte le domande che vuole, sempre che - ripeto - gli argomenti che egli porta siano per gli altri di un

qualche interesse.

Così, brevemente, succintamente, ho ripetuto le cose che da tempo vi diciamo. Ma soprattutto ci

tengo, figli cari, a ribadire che da questa conversazione di stasera, così apparentemente allegra e

contrastata e dibattuta, non abbiate ad averne una sensazione sfavorevole perché si è avuto, in un

certo senso, il coraggio di aprirvi gli uni agli altri, avete avuto questo lato positivo. Qualcuno si è forse

rivolto in modo un po’ brusco ai suoi fratelli ma ciò non deve essere motivo di inibizione per altre do-

mande, né di rammarico per chi è stato un po’ brusco. Cercate sempre di conversare serenamente;

ma se questi piccoli scontri di questa sera hanno servito a chiarire certe posizioni, a darvi un piccolo

sfogo, ad avvicinarvi gli uni agli altri, è bene essi siano avvenuti. Se invece questi scontri avessero

portato una nota negativa nel senso che vi lasciassero con una triste impressione, con qualche moti-

vo di inibizione maggiore di quelli che già avete - e non sono pochi - allora veramente, figli cari, la

riunione di questa sera non sarebbe stata positiva. Ma io mi auguro veramente che questo non av-

venga. E se da una parte vi ricordo ciò che voi dovete fare, cioè tradurre in norme di vita gli ideali mo-

rali che avete, dall’altra io ancora una volta vi ripeto che l’armonia deve regnare qua fra voi. E sappia-

te trovare questa armonia, sappiate instaurarla al di fuori di queste piccole nubi passeggere. Sappia-

te vedere in questi piccoli stridori dei motivi di sfogo, dei motivi di maggiore intesa, dei motivi di mag-

giore comprensione; di cose nascoste che erano e che una volta venute alla luce non sono più. Que-

sto vi auguro, figli cari.

D. - Posso ringraziarti?

R. - L’Altissimo solo sia ringraziato.

D. - Un nostro amico, forse tu saprai, sta passando dei momenti molto brutti. Vorrei che tu potessi fa-

re qualcosa per lui.

R. - Vedrò ciò che sarà possibile fare, figlio, perché la cosa non era semplice. Ho già avuto modo di

vederlo.

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D. - Questo assassinio, quali conseguenze porterà? Quale ragione c’è, quale Karma?

R. - Con grande facilità gli uomini passano da uno stato d’animo ad uno stato d’animo opposto. Con

grande facilità si è pessimisti per poi passare ad un ottimismo il più ingiustificato. Così può essere di

questo particolare momento in cui da un terrore continuo e prolungato di uno sterminio totale

dell’umanità, si comincia a passare ad una eccessiva fiducia in una pace totale e duratura senza pri-

ma appianare quelli che possono essere i veri motivi di ogni conflitto sia individuale, sia sociale che

nazionale che mondiale. Ecco perché, figli, avvengono questi eventi storici. Una ragione di questi av-

venimenti sta proprio nel dimostrare all’umanità che essa non cambia tutta in breve tempo e comple-

tamente, nella sua interezza.

Questi avvenimenti, figli, insegnino agli uomini che essi sono composti di tanti mondi, di tante in-

dividualità, ciascuna delle quali deve cambiare se vogliamo che tutto il mondo muti. Quali sono gli o-

stacoli a questi mutamenti sociali se non ostacoli di mutamenti individuali? E perché l’individuo cerca

di “frenare” il cambiamento che la storia inevitabilmente produce? È sempre una questione egoistica:

è una questione egoistica - anche se giustificata ed umana - la maggior richiesta delle creature meno

ricche, di coloro che lavorano; ed è una questione egoistica - anche se oggi umanamente più con-

dannabile - quella di chi a queste richieste si oppone, quella di chi vuol difendere dei privilegi acquisi-

ti. Scontri di contrasti egoistici. Eppure da questo scontro di egoismi ne nasce un progresso. Quale

mistero meraviglioso e sconcertante, questo, per chi non conosce la legge della evoluzione! Ma, figli,

occorre ricordare che questi scontri di forze vi sono; occorre ricordare che è auspicabile, è invocabile,

è da protendere con tutte le nostre forze ad essa, la pace nel mondo. Questo l’umanità deve tenere

presente. Ma è da ricordare che prima di ogni cosa deve essere mutato l’individuo, prima di ogni co-

sa debbono essere annullati i conflitti intimi, i conflitti sociali, i conflitti in seno alle Nazioni. Così que-

ste forze che ancora si oppongono ad un cammino progressivo di tutta l’umanità, queste forze che

ancora cercano di ostacolare il naturale evolversi dei popoli, ancora combatteranno, ancora cerche-

ranno di frenare questo moto di rinnovamento. Ma, figli cari, per vostra consolazione posso dirvi che

nonostante tristi momenti, nonostante lotte di popoli, versamenti di sangue, nonostante periodi in cui

tutto sembrerà essere perduto, nonostante tutto ciò, lentamente, gradualmente - ripeto, con spargi-

mento di sangue, con grandi paure e con dolori - ma l’umanità si sta avviando ad un’epoca veramen-

te nuova, ad un’epoca in cui non v’è la distruzione totale, materiale, esteriore, ma v’è il suo intimo

trasformarsi, il suo intimo mutare, il suo nuovo sentire.

Ed allora, figli che qua ci riuniamo modestamente, che qua discutiamo con dei piccoli screzi, che

qua bonariamente ci scontriamo, siamo consapevoli che nel nostro piccolo, nella nostra piccolezza

anche noi rappresentiamo una piccola fase, un piccolo punto luminoso dal quale si dipartono dei

pensieri, delle forze, delle idee che saranno invece di dominio generale, patrimonio comune di una

umanità più serena, più calma, più pacifica.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

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Dali

Salve a voi!

Avete bene inteso la differenza fra Spirito ed Assoluto? Perché non provate a meditare su quello

che vi abbiamo detto per ben comprendere quale è questa differenza? Lo Spirito è un quid di questo

Cosmo? Meditate. Chissà che la domanda non possa essere soddisfatta da voi stessi.

D. - Non è la prima manifestazione di questo Cosmo?

R. - Avete tutto il tempo che volete. Sempre che non siate troppo stanchi per pensare a queste cose.

Pace a voi.

Kempis

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30 Novembre 1963

Salve a voi!

Con “Spirito” l’uomo ha sempre inteso quanto di più elevato fosse possibile concepire, fino a i-

dentificare ciò che si intende con Spirito con lo stesso Iddio.

Noi vi abbiamo parlato dei piani della manifestazione e abbiamo parlato del Logos, dello Spirito,

dell’Assoluto. E man mano che voi apprendete le cose che noi vi diciamo torna necessario precisare;

torna utile, anzi direi indispensabile, comprendere le varie differenze, le sfumature delle quali è pieno

il Cosmo. Anzi, direi che il Cosmo è tutta una sfumatura.

Che cosa è lo Spirito e che cosa, invece, l’Assoluto? Lo Spirito è la Divina Sostanza; è la prima,

unica, incommensurabile, eterna, infinita, immutabile sostanza di Dio. Allora, quale differenza v’è fra

Spirito e Dio. Lo Spirito ne è la sostanza?

Ho dinanzi ai miei occhi, dipinto dalla immaginazione, un semplice carillon che al pari di tutti gli

oggetti materiali ha una forma, è costituito da una materia; eppure il carillon non è rappresentato uni-

camente da quella forma e da quella materia: il carillon è la forma, la materia e ciò che queste espri-

mono. È la forma, la materia, il suono e l’idea di quell’oggetto.

Allo stesso modo lo Spirito è la Divina Sostanza: ed è eterno, infinito, onnipresente e via dicendo;

ma l’Assoluto è qualcosa di più, perché è lo Spirito ed è ciò che questo Spirito compone ed esprime;

è il manifestato, l’insieme dei Cosmi e il non manifestato: questo è l’Assoluto.

«Ed allora - direte voi - lo Spirito, che voi ci avete definito come primo aspetto del Logos, come

radice dell’Essere, è qualcosa che trascende il Logos stesso?». Certo. Lo Spirito, come Divina So-

stanza ripeto, tutto permea; permea la manifestazione dal Logos al piano fisico, e permea la non ma-

nifestazione, perché nel non manifestato non vi è il nulla, vi è lo Spirito che non manifesta, non com-

pone alcun Cosmo.

Lo Spirito o Divina Sostanza è unico nella sua essenza, nella sua strutturazione, nella sua com-

posizione - se così, con linguaggio improprio possiamo dire - è Uno. Ma a quale infinità di forme, di

espressioni, di manifestazioni dà luogo! E chi può elencarle? È sempre lo Spirito del quale il Logos di

un Cosmo è costituito; ma a quale diversità dà luogo un Logos di un Cosmo rispetto al Logos di un

altro Cosmo! Ed è sempre lo Spirito che è prima manifestazione del Logos, perché il Logos stesso è

la pietra cubica, il centro di ogni Cosmo, la prima manifestazione, il punto gravitazionale attorno al

quale vive un Cosmo; e quindi il primo numero della serie dei numeri. L’unità - per i neo pitagorici o

gli amanti della matematica - può simbolizzare indifferentemente tutta la serie dei numeri; e se noi

adoperiamo i numeri e con questi simbolizziamo la realtà ecco che questa unità diventa l’Assoluto.

Ecco che questa unità, intesa come materia che dà origine a tutta la serie dei numeri, diventa lo Spi-

rito. Ma è pur sempre l’unità che è il primo numero della serie. Ecco il Logos ed il suo primo aspetto;

ecco la base di partenza di un Cosmo.

Dunque, un solo Spirito può essere considerato come radice dell’essere, prima manifestazione di

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un Logos, come il quid che compone un Logos, come Divina Sostanza che tutto permea e che ha gli

stessi attributi dell’Assoluto. Ma sia ben chiaro che l’Assoluto è lo Spirito e ciò che questo compone,

significa, esprime nel manifestato ed anche nel non manifestato. E lo Spirito è vita? Certo: è la radice

stessa della vita. Vita di un Cosmo e Vita Assoluta. E lo Spirito è amore? Certo. E lo Spirito è moto?

Certo; ma quale moto? Moto Assoluto se lo si considera come Divina Sostanza, moto di un Cosmo

se lo si considera come Logos; moto evolutivo dell’individuo se lo si considera come radice

dell’essere, di ogni essere. Cosa significa moto Assoluto? Significa moto in ogni direzione, in ogni

senso, con ogni velocità, eguale: immutabilità. Ecco perché Dio è immutabile. Si può dire che un cor-

po si muove di un determinato moto facendo riferimento ad un punto, avendo un qualcosa a cui rife-

rirsi. Ma come è possibile rappresentare un moto in ogni direzione, con ogni velocità? Ecco

l’immutabilità. Immutabilità di che cosa? Dell’Assoluto. Non del relativo, perché nel relativo v’è il moto

relativo e quindi la mutabilità. Lo Spirito muta? Lo Spirito non può mutare e non muta. Muta tutto ciò

che dallo Spirito emana, tutto ciò che questo Spirito costituisce, ma non lo Spirito. Io spero, invece,

che con il nostro dire voi mutiate e poco a poco riusciate a comprendere ciò che noi vogliamo signifi-

care. Non vi abbiamo detto cose completamente nuove; in più occasioni abbiamo accennato a ciò

che questa sera ho riunito e coordinato. E così è di altre cose delle quali parleremo più avanti, quan-

do tornerà necessario, anzi indispensabile, coordinare, chiarire, approfondire per proseguire. “Evolu-

zione delle evoluzioni” vuol dire che evolve la legge stessa di evoluzione. Evolve in seno ad un Co-

smo l’individuo, evolve la razza alla quale l’individuo appartiene; ma la razza successiva ad una presa

in esame è più evoluta rispetto a quella precedente. Evoluzione delle evoluzioni - ripeto e meditate -

vuol dire: evoluzione della legge di evoluzione.

Pace a voi.

Kempis

Io sono venuto altre volte qui da voi. Il mio nome fu Franklin Delano Roosvelt. (Non più).

Vorrei che ciascuno di voi che ha il dono di udire questi alti insegnamenti, facesse di se stesso

un apostolo della tolleranza fra i suoi simili; perché è di estrema importanza che gli uomini vicende-

volmente si tollerino. Ogni estremismo, ogni ideologia che si chiuda su posizioni di intransigenza e

che non tenga presente il valore umano di altre ideologie a questa anche opposte, è una ideologia

che non ha diritto di esistere e che non porta un frutto buono per la società. È importante che gli uo-

mini si comprendano, che ciascuno faccia presente le proprie richieste ma che non ignori e discono-

sca le esigenze dei suoi vicini, dei suoi fratelli. Una posizione di intransigenza, da qualunque parte

sia, non porta che ad un inasprimento e ad una divisione degli uomini e dei popoli. Mentre ciò che

l’umanità di oggi deve perseguire è la unione. Siano dunque bandite le intransigenze, le posizioni ir-

revocabili che conducono alla violenza - come tristemente voi sapete - e sia una gara fra gli uomini

per portare quella comprensione che dà sicurezza e benessere fra essi. Io vi saluto.

Franklin Delano Roosvelt

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Cari fratelli, Nephes vi saluta. Scusate questa piccola pausa: ho dovuto aiutare una creatura che

era qua presente, una trapassata.

Tante cose sono da fare, eppure l’uomo di oggi non comprende bene quanto sia importante non

dedicarsi ad accumulare denaro ma dedicarsi ad altre cose. Invece vogliamo un po’ parlare della

umanità di domani, per consolarci? Sempre che non vi annoi. Una cosa importante sarà questa: che

con il benessere maggiore non subentrerà una pigrizia. Certamente voi avete notato che le civiltà,

quando raggiungono un certo benessere, per opera della pigrizia decadono. Mentre questa civiltà

non avrà questo aspetto negativo, non cadrà in queste pastoie. Anzi, farà l’opposto. Non è che deca-

dranno certi valori morali per la ricerca di sensazioni più proibite e quindi nuove; anzi, in virtù del pro-

gresso scientifico vi sarà un enorme benessere, vi saranno immensi mezzi tecnici per cui l’uomo avrà

pochissimo da lavorare materialmente. Inoltre cadrà anche il bisogno, la necessità di accumulare de-

naro perché il benessere sarà così diffuso che l’uomo non avrà più questo incentivo ad accumulare

denaro per accaparrarsi il benessere e per mantenere e mettere al sicuro il benessere nel futuro. Il

benessere sarà una cosa così diffusa, così alla portata di tutti, che l’uomo automaticamente non lo ri-

cercherà più e non temerà più di perderlo. Questo naturalmente contribuirà a far sì che spariscano

quelle avidità di accumulare denaro come ancora oggi vi sono, purtroppo. Quindi l’uomo si troverà ad

avere più tempo libero; ma quante cose potranno essere fatte dall’uomo del futuro!

Innanzi tutto vi saranno delle grandissime attività nel campo che voi state percorrendo. L’umanità

si interesserà di più a quello che è la struttura segreta del Cosmo nel quale vive. Fino ad oggi ci si in-

teressa del piano fisico, di questo pianeta e di altri pianeti; e si è curiosi di sapere che cosa c’è e co-

me la vita si svolge lassù. Ecco che questa curiosità si estenderà anche agli altri piani di esistenza, ai

piani astrali; si vorrà sapere con esattezza come è fatto l’Universo ultra fisico. Poi vi saranno degli

studi che l’individuo farà riguardanti la morale, questi insegnamenti. Vi saranno poi alcune creature

che si dedicheranno all’esercizio di certi poteri inconsueti, di certe esperienze e via dicendo. Anzi,

certe facoltà che oggi non sono alla portata dell’uomo saranno molto più sviluppate, e di esse ci si

servirà - come voi sapete - per apprendere ed immagazzinare tutte le notizie che oggi, con fatica, gli

studenti imparano a scuola. Naturalmente, aumentando moltissimo le conoscenze della scienza uffi-

ciale, esisterà un modo - come voi sapete - per immagazzinare prestamente queste cognizioni e sen-

za grande fatica.

In quanto all’alimentazione, oh l’alimentazione non desterà più nessuna preoccupazione perché

vi saranno cibi in grande sufficienza, sintetici e senza dover ricorrere a uccidere degli animali o delle

piante per nutrirsi. Ecco, vedi fratello R. che eri molto preoccupato per sapere come è che un giorno

spariranno le manifestazioni della vita appartenenti ai regni sotto umani, quando il Cosmo fisico si

avvicinerà al riassorbimento (questo avevi chiesto). Io confermo che, prima ancora di allora, poco a

poco spariranno moltissime razze di animali, proprio in virtù di questo.

Certo che la vita è legata anche alla cristallizzazione; questo non vuol dire che un bel giorno la

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cristallizzazione sparirà dalla terra. Ma vuol dire che a questo processo di cristallizzazione non saran-

no più legate delle individualità. Insomma vi saranno grandissime cose, meravigliose per l’umanità di

questo pianeta, ma che non sarà certamente l’ultima umanità del Cosmo.

D. - Ci saremo noi?

R. - Cosa intendi? Noi in questa vita?

D. - No...

R. - Noi di questa razza? Certamente!

D. - Scusa, cosa c’è di vero nelle profezie del Mandorlo Fiorito?

R. - Comprendo che cosa vuoi dire. Vi sono delle coincidenze ma non si deve pensare ad una nuova

umanità che nascerà in seguito ad una catastrofe visibile, materiale, esteriore, ma in seguito ad un

rinnovamento interiore. Certo che, come ben sapete perché altri già vi hanno detto questo, vi saranno

certo degli spargimenti di sangue, delle cose tristi e violente, purtroppo, perché tutta l’umanità è in fa-

se di assestamento, è in fermento verso questa nuova Era. E questo fermento, purtroppo porta sem-

pre le sue vittime, come vi ha detto giustamente il Fratello che mi ha preceduto, in seguito a certe

posizioni di intransigenza che vi sono, che conducono a delle violenze. Ma questo non porterà ad una

catastrofe generale di tutto il pianeta, come si teme ancora oggi per qualche parte.

D. - Prevedeva anche la fine nel duemila...

R. - Appunto, non dovete pensare ad una fine del mondo ma ad una trasformazione migliore, in be-

ne.

D. - Posso chiederti se Kennedy era un poco preparato all’aldilà?

R. - Aveva un grande senso mistico. Non conosceva queste cose, questi insegnamenti, ma ciò non

ha nessuna importanza.

D. - Allora non soffrirà?

R. - No, certamente. Soffrirà per il dispiacere di avere lasciato i suoi cari; li amava moltissimo. Ma

come voi sapete questa morte ha portato un contributo doloroso ma buono, balsamico, alla causa

che egli si era preposto di conquistare. E, come certo immaginate, è vittima di certi estremismi, cose

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non dovute all’idea di una sola creatura. No certamente. È così chiaro! Non occorre che io ve lo con-

fermi.

D. - Ma questo sarà scoperto?

R. - Certo, certo.

D. - E lo comunicheranno, o lo terranno segreto?

R. - Fin dove sarà possibile, fin dove sarà possibile. E adesso debbo lasciarvi e vi rinnovo tutto il mio

affetto, cari fratelli.

Nephes

Voi che tanto siete impressionati dall’omicidio che ancora esiste fra gli uomini, quante volte in

cuor vostro avete ucciso una creatura che, volontariamente o meno, vi dava fastidio! Fino a che in voi

stessi vi sarà questa intolleranza, l’assassinio esisterà fra gli uomini.

Pace a voi.

Claudio

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Una benedizione e un caro saluto a tutti voi. Meditate su quanto vi è stato detto.

Dali

07 Dicembre 1963

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Un caro saluto ed una benedizione a tutti voi, o figli.

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Ricordate ciò che abbiamo avuto occasione di dirvi a proposito di vita microcosmica e vita ma-

crocosmica? Tutto vive, è vero, figli cari? E l’individuo, all’inizio della sua evoluzione, per costituire,

per sviluppare i veicoli di questa stessa sua evoluzione - quei veicoli che saranno necessari ad una

fase più avanzata della sua evoluzione individuale - è legato a particolari forme di vita; ovverosia a

movimenti, manifestazioni, fenomeni del piano fisico i quali, per la loro natura, sono capaci di solleci-

tare certi veicoli più pesanti i quali, a loro volta, allorché saranno formati, più sviluppati, potranno dare

ulteriori sollecitazioni atte a sviluppare, organizzare, veicoli più sottili; fino a che sarà possibile a que-

sto individuo avere a sua disposizione veicoli atti a manifestare più intensamente, più estesamente la

sua natura; e dalle esperienze avute attraverso a queste manifestazioni, evolvere. Seguire una fase

della evoluzione individuale più complessa, più riflettente la sua vera natura.

In sostanza l’evoluzione dell’individuo va dalla formazione dei veicoli atti a sviluppare la natura

dell’individuo, alla manifestazione di questa natura individuale ed oltre. Tutte le forme di vita facenti

capo ad una individualità, ad un individuo, noi le abbiamo chiamate, definite, vite microcosmiche. È

chiaro fino a qui?

Così il primo atto di questa manifestazione di vita individuale, il processo della cristallizzazione,

l’abbiamo definita per antonomasia vita microcosmica, in quanto a questo fenomeno puro e semplice

del piano fisico - quale può essere, appunto, la cristallizzazione in una qualunque forma conosciuta -

è un fenomeno che, oggi come oggi, è legato ad una individualità; ovverosia, durante il processo per

cui si ha una cristallizzazione di una sostanza o di un elemento, si hanno alcune sollecitazioni in

quanto a questo processo più o meno lungo è legata una individualità, in quanto da questo fenomeno

si hanno alcuni moti, alcune reazioni che vanno a colpire una individualità nei veicoli più densi, più

rozzi che questa individualità, per sua evoluzione, ha. Mi seguite? Ciò non vuol dire però che se a

questi processi di cristallizzazione non fosse legata una individualità il processo non potrebbe avveni-

re. Il fenomeno della cristallizzazione degli elementi o delle sostanze delle materie in genere, è un

processo che obbedisce a leggi del piano fisico, della materia del piano fisico, ed avviene che sia a

questo processo legato o meno un individuo. Noi - ripeto - abbiamo definito il processo della cristal-

lizzazione come “vita microcosmica” per antonomasia in quanto a questo processo, oggi e prima di

oggi e per ancora del tempo ma non in assoluto, è legata una individualità. Mi seguite figli? Ma ciò

non vuol dire che questo fenomeno sia strettamente e direttamente dipendente dalla presenza di una

individualità. Vale a dire che se non vi fosse una individualità il processo della cristallizzazione non

potrebbe avvenire; questo non è. È, abbiamo detto, una manifestazione di vita microcosmica in quan-

to fa capo ad un microcosmo, oggi come oggi, ma il processo in se stesso e per se stesso è un pro-

cesso che è regolato, sostenuto ed avviene per leggi della materia del piano fisico.

Il giorno in cui non vi dovessero essere altri individui a questo processo legati, cioè individui che

iniziano la loro evoluzione, il processo egualmente avverrebbe.

Vi sono altre manifestazioni di vita semplici oltre la cristallizzazione; ma man mano che queste

manifestazioni divengono più complesse ecco che sono strettamente legate ad un individuo. Ovvero,

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esse non possono avere la loro più ampia espressione, la loro massima manifestazione - relativa a

quel tipo di vita presa in esame - se a questa non è legato un individuo.

Il corpo fisico di un uomo vive anche durante il sonno, cioè mentre l’individuo-uomo non manife-

sta se stesso con alcuni atti, parole e via dicendo; però la vita dell’individuo-uomo non può dare la

massima manifestazione di se stessa se non quando l’individuo è direttamente collegato e desto,

funzionante, con il suo corpo fisico. Mi seguite, figli? Mentre il processo della cristallizzazione ha una

espressione, ha un valore identico che ad esso sia legato un individuo o no. Fra questi due estremi vi

sono - ripeto, come voi sapete del resto - una infinità di vite microcosmiche alcune delle quali non

possono sussistere nel loro pieno fulgore se non sono legate, come per l’uomo, direttamente ed im-

mediatamente ad una individualità; altre invece ve ne sono che possono avere un loro ciclo, una loro

esistenza anche indipendentemente dal collegamento o meno con una individualità. Cioè sono più vi-

cine al processo della cristallizzazione.

Che cosa vuol dire “evoluzione” e che cosa vuol dire “trasformazione”. Perché noi possiamo ve-

dere un individuo, o se no la vita di una specie, e vediamo che questa specie nel corso degli anni,

con il trascorrere del tempo è mutata. Si dice: è evoluta. Ma perché? Potremmo semplicemente dire:

ha subito una trasformazione. Perché l’uomo “evolve”? Per “evoluzione” noi intendiamo qualcosa che

si trasforma, sì, ma che dal più semplice va al più complesso; o che da una manifestazione semplice,

attraverso a gradi, cresce, espande questa manifestazione, la rende più completa; qualcosa che da

un primo atto semplicissimo, attraverso a passaggi graduali, “atti” di questa evoluzione, arriva a mani-

festarsi in forma più complessa, ad esprimere gradi sempre maggiori di mente o di coscienza o che

dir si voglia. Mi seguite? Questo, per noi, è “evoluzione”.

Se non consideriamo questa particolare teoria che va da una manifestazione più semplice ad

una manifestazione più complessa e se non teniamo presente questo concetto, noi potremmo dire

che tutto si trasforma ma non che tutto evolve. Questo può servirvi per alcune considerazioni che po-

trete fare in seguito.

Io credo, con questo che ho detto, di aver chiarito il senso del discorso della Sorella Nephes.

Cioè: che il giorno in cui cesseranno di essere emanate delle individualità non vorrà dire che spari-

scano le forme di vita microcosmica più semplici quali voi oggi le conoscete; ovverosia, ad esempio, il

processo di cristallizzazione, perché il processo di cristallizzazione è un fenomeno della materia del

piano fisico che è - per ragioni contingenti - legato oggi ad una individualità (ovverosia moltissimi pro-

cessi di cristallizzazione fanno capo ad una individualità, ad un individuo), ma ripeto, il processo, il

fenomeno in sé può esistere benissimo anche senza che vi sia questo legamento, questo collega-

mento.

Per quanto riguarda, invece, l’altro argomento che voi avete questa sera trattato, non vi rispon-

derò io e né potrà farlo il Fratello Kempis il quale questa sera è occupato in una missione. Ma lo farà

una grande Entità che voi non conoscete ma che segue queste riunioni da moltissimo tempo. Posso

dirvi il suo nome benché per molti di voi il suo nome poco possa significare; comunque, acciocché voi

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possiate ricordare, sarà presente questa sera fra voi il Maestro Koot-Hoomi il quale vi parlerà della

evoluzione delle evoluzioni. Se avete qualche domanda potete rivolgerla, figli cari. Ed allora io vi pre-

go di stare un poco concentrati e vi lascio momentaneamente.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

“Evoluzione delle evoluzioni”, che cosa significa? Kempis vi ha spiegato che essa significa “evo-

luzione della legge di evoluzione”. Questa profonda enunciazione ha significato per questa manife-

stazione cosmica e per altre manifestazioni. Evoluzione, dunque, della legge di evoluzione. Evoluzio-

ne del Cosmo, evoluzione dei Cosmi. Ma in Dio, nell’Assoluto, dove non vi è tempo o vi è l’Eterno

Presente, che significato può avere la successione dei Cosmi? Evolve un Cosmo; l’evoluzione, la

legge di evoluzione, è una legge dell’Assoluto; ma l’Assoluto non evolve, è immutabile. Evolvere si-

gnifica manifestare vieppiù complessamente. Ma laddove non è inizio e dove non può esservi fine,

quale significato può avere una evoluzione così concepita? Possiamo paragonare una manifestazio-

ne di un Cosmo ad un’altra manifestazione di un Cosmo e fra loro dire “questo è più o meno evoluto

dell’altro”? Non è possibile fare questo raffronto. sarebbe come dire che l’uomo di questa civiltà non è

evoluto perché uccide come uccidevasi nella civiltà Maya. Sono due individualità distinte quella che

noi possiamo prelevare da una razza Maya e da quella di oggi. E quindi non possiamo dire che non vi

è stata evoluzione se non raffrontiamo, se non consideriamo che non si tratta delle stesse individuali-

tà. Non possiamo paragonare un Cosmo ad un altro Cosmo e dire: questo è più evoluto dell’altro.

Eppure esiste la legge di evoluzione delle evoluzioni.

Una manifestazione cosmica non condiziona né influenza nessun’altra manifestazione cosmica

perché i Cosmi fra loro sono completamente isolati; hanno una base comune, come vi è stato detto,

ma non vi è nessun condizionamento né nessuna influenza. E pure non possiamo dire che un Cosmo

è ora ed un altro Cosmo è dopo, perché nell’Assoluto non vi è più tempo e due Cosmi sono talmente

e profondamente diversi l’uno dall’altro che non è possibile fare alcun raffronto. Ecco perché le vostre

Guide giustamente vi hanno enunciato la legge di evoluzione delle evoluzioni in modo tale che voi

non cadeste nell’errore di vedere un Cosmo condizionato da uno precedente, laddove non può es-

servi precedenza e susseguenza. Ecco perché le vostre Guide vi hanno enunciato la legge di evolu-

zione delle evoluzioni in modo tale che voi non cadeste nell’errore di vedere un Cosmo che è il frutto

di un altro Cosmo precedente, e voi vedeste quindi i Cosmi secondo un’analogia l’uno rispetto

all’altro. Ciò non può essere. La legge di evoluzione significa che tutto evolve; evolve il Cosmo ed an-

che nella evoluzione del Cosmo vi è una “evoluzione delle evoluzioni” perché è tutta un’ascesa. Ogni

razza raggiunge un punto di progresso sociale, morale, superiore alla razza precedente. Ecco il ri-

flesso della legge di evoluzione delle evoluzioni in seno ad un Cosmo. Ma questa legge va oltre il Co-

smo perché è una legge dell’Assoluto.

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Ma badate bene di non confondere e d’intendere che l’Assoluto evolve; l’Assoluto è immutabile e

non può evolvere. Evolve la manifestazione perché la manifestazione è relativa. Ciò che è Assoluto

non può né evolversi, né mutare. Vi immaginate una mutazione in tutti i sensi, in ogni verso, tutto

comprendente? Questa mutazione Assoluta corrisponde alla immutabilità: l’Uno dai mille volti, questo

significa Assoluto; ed ecco perché ciò che non è Assoluto evolve, muta, è finito. Ma ciò che è Assolu-

to non può né evolvere, né mutare, né essere finito. Quindi “evoluzione delle evoluzioni” significa una

legge dell’Assoluto; ma non dovete cadere nell’errore che questa significhi manifestazione di un Co-

smo condizionata da un’altra manifestazione cosmica. Ogni Cosmo è un atto a sé stante che ha base

comune nell’Assoluto e che non può trasferire una somma di conoscenze, di esperienze ad un altro

Cosmo perché ciò significherebbe un arricchire in qualche modo non il Cosmo seguente che viene

emanato in virtù della natura divina, ma arricchire in qualche modo Iddio stesso; e ciò non può esse-

re. Le manifestazioni cosmiche si susseguono non come atti di un unico quid, come da madre a fi-

glio, ma si susseguono per natura divina; e se fosse vero che la legge di evoluzione delle evoluzioni

significasse che un Cosmo in qualche modo condiziona il Cosmo successivo, ciò non sarebbe possi-

bile altro che attraverso all’arricchimento, all’acquisizione di esperienze da parte dell’Assoluto; e ciò

non può essere, altrimenti non sarebbe più perfetto né sarebbe più immutabile, mentre voi sapete

che è perfetto, che è immutabile, che è infinito, che è, insomma, l’Assoluto.

Riflettete su queste parole che vi ho detto e scusate il brutto mio parlare poco corretto italiano.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini di buona volontà.

Koot-Hoomi

Meditate bene quanto vi è stato detto, figli, perché l’argomento è molto difficoltoso. Cercate di

comprendere il concetto essenziale e cioè: poiché i Cosmi sono manifestazioni dell’Assoluto non

possiamo pensare ad un susseguirsi di manifestazioni di questi Cosmi in senso migliorativo senza

scindere questo concetto dal miglioramento, in qualche senso, dell’Assoluto. Cosa inconcepibile, è

vero? Per cui bisogna intendere la legge di evoluzione delle evoluzioni come un evolversi della legge

stessa e delle manifestazioni che sono, però, a sé stanti, isolate e non dipendenti; che hanno in co-

mune una base, ma che non trasferiscono l’una dall’altra il succo, l’esperienza di una manifestazione.

Oltre un Cosmo va ciò che in questo Cosmo è nato: l’individuo, gli individui. Ma non va,

un’esperienza che da questa manifestazione possa essere avvenuta, ad arricchire la nascente mani-

festazione di un Cosmo successivo, perché non è possibile neppure dire “successivo” laddove non vi

è né tempo e né spazio.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

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14 Dicembre 1963

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Ci accingiamo a parlare, o figli, di un concetto che è stato oggetto, da parte di creature, di medi-

tazioni durate anni e che può essere di volta in volta centrato attraverso a questa profonda medita-

zione, ma che appare nella sua realtà d’improvviso, come un lampo abbraccia tutto l’individuo e lo

conduce alla identificazione con l’oggetto della meditazione: l’Assoluta Realtà vivente.

Noi, figli, non abbiamo che da ringraziarvi per darci l’opportunità di parlarvi di questa realtà. «Per-

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ché?», chiederete voi. Perché in questo modo, parlandone, meditando, trattenendovi su questo ar-

gomento voi ci offrite l’occasione per meglio esporlo, per meglio precisarlo fin dove è possibile; per

meglio farvi intendere che cosa vogliamo dire, per valorizzare ciò che noi facciamo in modo che le

nostre stesse parole non siano per voi motivo di false interpretazioni, di errate concezioni. Parliamo-

ne, dunque, figli.

Le parole forse possono sembrare le stesse perché allorché noi abbiamo detto Dio, l’Assoluto,

l’Altissimo è colui che “è”, abbiamo già detto e espresso tutto. Ma pure, a poco a poco, attraverso ai

vostri interrogativi, riusciamo a farvi intendere un significato di più di quello che può avere il semplice

aforisma in se stesso. E quanti significati ha questa frase per poter definire - se possibile è definire -

per poter significare l’Assoluto!

L’Assoluto è il Tutto ma è anche l’Uno. L’Assoluto non è rappresentato dalla totalità delle cose,

ma trascende questa stessa totalità. Il Tutto è nell’Assoluto, l’Assoluto è il Tutto ed è nel Tutto. È

l’Uno dai mille volti. Che cosa significa questo? Significa che l’Assoluto non è una realtà che com-

prende in Sé infinite realtà a sé stanti, cioè una realtà fredda, una realtà che risulta dalla somma del

Tutto. No. È la totalità del Tutto ma è l’Uno. Ribadisco che è l’Uno perché voi non abbiate a pensare,

parlando del Tutto, che l’Assoluto sia un insieme di singole realtà di fatto, ciascuna delle quali esista

quale è senza che vi sia una unicità, un’unione del Tutto; unione che è poi l’Assoluto stesso.

Vi siete chiesti se l’Assoluto ha la consapevolezza di esistere, di essere l’Assoluto, e non avete

risposto erratamente, ma la vostra risposta è incompleta perché avete detto: «l’Assoluto è la stessa

consapevolezza», negando poi all’Assoluto la consapevolezza di Se stesso. Questo perché avete

dimenticato che Egli è il Tutto ed è l’Uno. Certo l’uomo comprende l’io e il non io, ha consapevolezza

di se stesso perché nell’illusorio senso di separatività è portato a questa distrazione; comprende ciò

che non è lui stesso. Ma immaginate un “quid” il quale non possa dire o avere questo senso di distin-

zione perché sia il Tutto e niente altro esista al di fuori di questo Tutto. L’Uno che comprende il Tutto.

Il concetto umano, quindi, di distinzione “io e non io” non può più reggere, non può più essere para-

gonato. Pur tuttavia, figli, l’Assoluto, che è la stessa consapevolezza, è Uno. È l’Assoluto Sentire, è

l’Assoluto Amare, è l’Assoluta Consapevolezza di Se stesso, è l’immediato sentire di tutto ciò che è in

Lui. L’Assoluta Consapevolezza del manifestato e del non manifestato. Egli quindi sente, vive, ama in

noi ed attraverso di noi. Egli è sentimento, amore, vita, ma non come idee astratte, non come concet-

ti idealizzati, figli, ma come realtà viventi del Tutto Uno. Questo è molto importante. È la realtà ma ciò

non vuol dire che è ciò che “è”, che è ciò che esiste o non esiste senza una ragione ed una origine,

un insieme di cose che sono più o meno unite e organizzate, l’assommarsi di elementi non uniti in Lui

stesso, non facenti capo ad una unità. Ripeto - e cercate di intendermi, figli - l’Assoluto è il Tutto ed è

l’Uno. Vi è qualcosa che si raccoglie nell’unità, in questo Tutto.

Vi siete anche chiesti che senso può avere pregare. Voi potete, nella preghiera, concentrarvi,

pensare alla Scintilla Divina, al vero Sé che è in voi e attorno al quale voi vivete e vi evolvete che è

natura stessa dell’Assoluto e che è il Suo stesso alito, la Sua stessa sostanza, la Sua stessa essen-

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za. E potete rivolgervi a questo Uno Assoluto che è l’Assoluta Consapevolezza, che è l’Amore Asso-

luto e via dicendo, ma che è Uno; che non può avere coscienza di Sé, o consapevolezza di Sé nel

senso umano, ma che per essere l’Assoluta Consapevolezza tutto sente, tutto sa, niente può esservi

che da Lui sia ignorato, neppure la stravagante o rozza offerta che a Lui possa rivolgere un selvag-

gio. «Bussate e vi sarà aperto. Chiedete e vi sarà dato».

Ma quale senso ha quella preghiera fatta in conseguenza di un concetto errato di Dio usando pa-

role non acconce, usando termini che esprimono concetti all’opposto di quello che è la realtà? Il pre-

gare, in qualunque forma, non è che un mezzo per destare nell’individuo uno stato d’animo tale da

aprire nell’intimo del proprio essere un canale di comunicazione con il proprio sé spirituale che è

l’Assoluto stesso nell’essenza, nella sostanza e nella realtà. Non è che un mezzo per volgersi a

quell’Uno di cui prima vi dicevo che, essendo l’Infinita Presenza, tutto sente. È un richiamare su di sé

un “qualcosa” che immancabilmente giunge; forse non giungerà nelle forme richieste, forse non avrà

l’attuazione desiderata, forse non significherà soddisfacimento di un desiderio manifestato; ma è un

chiedere a cui segue sempre un dare. In questo immenso Tutto-Uno laddove, in proporzione, un mi-

croscopico nulla chiede, là si desta, vibra, vive qualcosa; è un’anima che invoca ed ecco che da que-

sto infinito Tutto-Uno giunge una risposta per questo piccolo e pur sempre udito richiamo. Questo, in

effetti, è il valore della preghiera nel concetto che noi vi abbiamo dato del Dio-Uno-Assoluto.

Tutto quanto di strano possa l’uomo fare, tutto quello che egli possa erratamente costruire spinto

dalla sua religione, ha un solo significato che non sta nell’esteriore, che non sta nell’errato esprimere

o nell’espressione di un errato concetto; ma sta unicamente in questo alzare gli occhi al cielo

dell’uomo, che è un moto in se stesso errato perché Iddio è in ogni luogo e, prima ancora di tutto, in

noi stessi, ma che sta a simbolizzare, a significare il volgersi dell’individuo al Tutto-Uno laddove è la

sua meta, è il suo destino, la ragione della sua vita. Questo significa e per questo ha valore la pre-

ghiera in questo immenso Tutto-Uno, nel manifestato e nel non manifestato, ed in seno alle manife-

stazioni, ai Cosmi dove tutto è regolato, dove tutto si svolge secondo leggi e qualunque cosa accada

niente può rimanere a sé stante, fine a se stessa, non facente parte di un piano regolato e preciso,

dove nulla va perduto e quindi laddove, secondo questo concetto, non sembra aver posto la preghie-

ra erroneamente concepita. Così un semplice pensiero rivolto all’Uno è tanto forte, è tanto efficace,

che è percepito. Ed è tale la consapevolezza dell’Assoluto, ed è tale il Suo Sentire l’amore - perché

Egli è il Sentire stesso e l’Amore stesso - che questo quasi inavvertibile richiamo è udito.

Noi che vi parliamo dell’Assoluto dicendovi che Egli è il Tutto, che è errato il concetto di un Dio

avulso dal creato, che non vi sono degli interventi speciali di Dio così come l’uomo intende ciò - e

cioè come un favore, una elargizione fatta da un signore regnante ad un suo suddito - noi pure vi di-

ciamo che in questa immensa precisione, in questo infinito equilibrio laddove ogni cosa è vista, previ-

sta - se volete - laddove il Tutto è talmente legato e concatenato da far pensare l’uomo ad una sorta

di meccanismo freddo, invece vi è uno sconfinato Sentire, un incommensurabile Amore. Vi è un’idea

ed una realtà di Dio talmente mistica ed in effetti talmente paterna verso noi che siamo Sue creature,

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che il concetto di un Dio antropomorfo, per quanto possa esprimere di questa idea, diventa un nulla.

Non siate quindi tratti in inganno, o figli, dall’ordine, dall’equilibrio, dalla realtà dell’Assoluto: non

pensiate che, per il fatto che noi vi diciamo che tutto è legge, che non esista l’amore, che l’Assoluto

non abbia coscienza di sé e di essere l’Assoluto: Egli è la coscienza, Egli è l’amore e tutto quanto ac-

cade in Lui, ogni richiesta, non può rimanere fine a se stessa, non può avere significato di sfogo o di

bisogno per colui che la fa, ma a questa, a questo chiedere segue un dare, ad una causa mossa se-

gue un effetto. E con queste parole vi lascio. Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

D. - Permetti, scusa, volevo farti una domanda circa il libro: se pensi che sia il caso di farne stampare

lo stesso numero di copie dell’altro, oppure un numero superiore...

R. - Questa raccolta, figli, potrebbe essere presa e gettata alle fiamme senza che niente di speciale

accadesse. Eppure, invece, noi siamo convinti che ciò che in essa si dice può essere di grande aiuto

per talune creature, un aiuto che, del resto, potreste dare voi se lo voleste, un aiuto che invece non

potete o non volete dare. Ed ecco perché la raccolta acquista un significato e non è bene darla alle

fiamme, bruciarla. Il numero delle copie: non credo, figli, che ne debbano essere fatte più della scor-

sa volta, anche perché mi sembra che per voi la spesa sia già difficile da sostenere. Ma vi ringrazia-

mo per il sacrificio che vorrete fare e speriamo, in qualche modo, di potervi aiutare. Questa raccolta

avrà una diffusione più ampia di quella precedente ed al momento opportuno vi daremo delle istru-

zioni che voi potrete seguire o non seguire, questo è sottinteso. Comunque come numero è sufficien-

te quello della scorsa volta.

D. - Permetti, poiché deve essere allegato anche il dizionario, non credi che si debba aumentare il

numero dei vocaboli spiegati?

R. - Sì, credo di sì, infatti, figli, qualcuno ne ho già aggiunto io stesso. Piuttosto se voi avete qualche

termine da indicarci noi lo definiremo ben volentieri. Vi lascio momentaneamente.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

O Altissimo Signore che accogli ogni invocazione che a Te sia rivolta, che accogli le invocazioni

che gli uomini Ti rivolgono anche se indegnamente, anche se erratamente, e le raccogli e laddove

esse avvengono accendi una luce, fa che qui questa luce non venga mai meno. Fai che ognuna di

queste creature trovi nell’intimo suo la Tua Infinita Presenza; fa che ognuna di queste creature Ti

senta in se stessa, Ti riconosca nei suoi simili, in loro Ti ami ed attui il Tuo Santo Regno nella sua

stessa vita ora e sempre.

Teresa

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Cari amici, Alan vi saluta. Ecco che io, molto indegnamente, proseguo la conversazione, dopo

questi argomenti così alti che vi sono stati dati questa sera. Ma la vostra Guida mi manifestava un

Suo timore che io debbo enunciarvi, ed è questo: il timore di non essere stato sufficientemente chiaro

nell’esposizione... Perché, voi comprendete - questo non dovrei dirlo io - una specie di rapimento nel

parlare, nel fissare l’attenzione sull’Altissimo, prende coloro che sono ad un dato livello di evoluzio-

ne... Mi comprendete? Per cui in questo rapimento è più difficile tenere presente la impossibilità di

spiegarsi chiaramente con delle creature umane. Ecco quindi che la vostra Guida temeva di non es-

sere stata sufficientemente chiara nel senso di non avervi bene esposto il concetto di come e perché

e che valore abbia il misticismo nell’Assoluto. Mi spiego? Comunque io credo che riascoltando, voi,

oltre che apprezzare ciò che la vostra Guida vi ha detto come forma, come sostanza, riuscirete a

comprendere la ragione per cui è importante, è di primaria importanza nella Realtà Assoluta, il con-

cetto del rivolgersi a Dio. Non dimenticate che è l’Uno-Assoluto: in ciò sta il segreto per comprendere.

Adesso io debbo lasciarvi perché vuol farvi un piccolo saluto la Lilli.

D. - Scusa, il Fratello Dali ha detto: «Questo libro potrebbe essere dato alle fiamme in quanto, se vo-

leste, voi potreste sostituire questo libro» ...un discorso simile. Cioè noi si potrebbe fare un qualcosa

che non facciamo. A che cosa voleva alludere?

R. - Io credo semplicemente: essere talmente padroni di ciò che viene detto da poterlo esporre a chi

ne facesse richiesta.

D. - Ma non si ha la possibilità di intrattenere persone su questi argomenti, perché a volte sono così

legate a vecchie idee che non intendono lasciarle...

R. - Sì, certo, ed allora a questi è inutile dare un lume.

D. - Scusa, potrei rifare la domanda di quindici giorni fa?

R. - Sì, comprendo. Ma tu senti che nel parlare ho un leggero affanno, o non si sente?

D. - No.

R. - Credevo, perché la manifestazione della Sorella Teresa e del Fratello Dali hanno dato un affati-

camento particolare allo strumento. E quindi una altra volta lo faremo, risponderemo con piacere a

quello che tu chiedi. Ma vi pregherei, se voi lasciate questa fonte di calore, di lasciare aperta la porta

e metterla nell’altro locale perché così dà un piccolo disturbo.

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Vi saluto con tutto il mio affetto.

Alan

21 Dicembre 1963

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Avete parlato, questa sera, di alcuni argomenti. Non sto qua a ripetere quello che avete detto a

proposito delle vostre conversazioni, delle domande che vengono fatte o di quelle che non vengono

fatte. L’ultima volta che ci siamo parlati vi abbiamo ringraziati per la possibilità che ci date con le vo-

stre domande di chiarire ciò che vi diciamo.

Voi, figli, chiedete; ma anche chi non chiede non vuol dire che abbia tutto chiaro. In taluno di voi

può esservi difficoltà di esprimersi, difficoltà dovuta anche ad un certo rispetto umano o ad una timi-

dezza, come avete detto. Comunque sia, figli, le domande quando sono fatte per meglio capire, sono

sempre utili a tutti, è vero? Ma non è detto che tutti abbiate qualcosa da chiedere. Coloro che da mol-

ti anni ci seguono sanno già che noi, appositamente, in ciò che diciamo, lasciamo andare qualcosa

che dia adito in un futuro più o meno prossimo, più o meno lontano, che dia spunto ad una conversa-

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zione. Facciamo in modo che da una frase messa fra le altre atte a denunciare il concetto o i concet-

ti, ve ne sia una la quale possa colpire la vostra attenzione ed aprire la richiesta di nuove notizie, di

altri chiarimenti. Perché, direte voi? Perché, figli, lo scopo delle nostre riunioni non è quello di dettare

dei trattati, non è quello di enunciare dei principi, ma di farvi comprendere; ed è la vostra collabora-

zione che noi chiediamo, senza della quale sarebbero inutili queste riunioni. Noi ci potremmo servire

della medianità scrivente di questo strumento e scrivere senza bisogno di invitarvi a riunirvi qua; men-

tre vogliamo che questo nostro “riunirsi” sia un “incontrarsi”, sia un “dialogare”, questo vogliamo.

Voi avete detto che da tempo vi abbiamo dette tante cose, e parlando di questo vostro secondo

libro - o terzo, come dir volete - avete detto che già tutto v’era nel primo. Infatti, se non tutto la mag-

gior parte perché noi sempre vi abbiamo precisato che ciò che è importante, ora, dopo aver enuncia-

to un primo concetto generale, è approfondire i particolari, è approfondire gli stessi concetti enunciati;

ma approfondire sempre per farvi comprendere, figli. E per comprendere è importante ed è essenzia-

le che ciascuno di voi, figli cari, impieghi se stesso, sia attivo, sia giustamente teso, desideri, abbia in-

teresse a comprendere; altrimenti la conversazione, il dialogo, non può risultare, non può avere degli

effetti positivi e determinanti.

Siamo dunque al momento in cui stiamo per concludere il secondo (o terzo) vostro libro e vi rin-

graziamo per averlo voluto raccogliere. Lo abbiamo ordinato e scelto noi direttamente perché pen-

siamo che abbia una divulgazione un poco più ampia del precedente. A chi lo richiedeva voi potrete

darlo sempre che sia una creatura preparata a riceverlo. Noi stessi pregheremo uno di voi che vorrà

incaricarsi come è stato fatto per il “messaggio” - voi ricordate? - di spedirne alcune copie a certe

creature. Al momento opportuno vi saremo precisi in questo. Il volume che stiamo raccogliendo non è

ancora da considerarsi completo ma manca pochissimo. Manca ancora un argomento già trattato ma

che sarà opportuno reinserire anche in questa raccolta perché completerà quello studio più appro-

fondito sullo stesso argomento. Dopo di che, figli cari, anche questo piccolo lavoro sarà concluso. Ma

ciò non vorrà dire che tutto finisca lì. Rileggendolo ciascuno di voi potrà trovare concetti che gli erano

sfuggiti, potrà - attraverso alla lenta assimilazione che ne è venuta dal tempo in cui avete udito certe

cose ad oggi ad opera della parte della vostra mente inconsapevole - riuscire a meglio intendere

quello che ha già udito ma che non fu, a suo tempo, completamente compreso. E non sarà neppure

finito qui il lavoro, figli, perché noi continueremo su argomenti che, noi vogliamo sperare, saranno da

voi indicati, richiesti.

Vorrei, se mi è concesso il dirlo, augurare a ciascuno di voi che ne abbia bisogno di ritrovare

quella primitiva spinta, quel primitivo interesse che il figlio Loreno ha rinnovato, ultimamente, con le

sue domande. Lo dico per tutti voi e in particolar modo per taluno.

Noi vediamo in voi, figli cari, e vediamo che alcuni di voi che non fanno domande non le fanno

perché in loro stessi hanno una certa chiarezza e di questo siamo per loro contenti. Ma lo saremmo

di più se vedessimo che questa chiarezza è manifestata, appare anche agli occhi degli altri; se que-

sta chiarezza venisse espressa e manifestata ai vostri fratelli. Questo mi auguro di tutto cuore che

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possa accadere.

Avete parlato anche di un altro argomento: se l’arte sia un capitolo della evoluzione umana oppu-

re se, nello stadio di evoluzione super-umana, vi sia ancora il ricorrere dell’individuo ad una qualsiasi

forma d’arte. Se per arte, figli cari, noi intendiamo il perfetto esprimere creando, l’arte è un attributo

divino imperciocché la stessa emanazione è un’opera d’arte. Il perfetto esprimersi o esprimere cre-

ando, richiama la creatività nel senso più lato comprendente anche una interpretazione, perché an-

che interpretando si può essere creativi. L’arte così concepita è non solo dell’uomo ma è del Santo, è

del Maestro, è dell’Assoluto. Arte, quindi, in questo senso: perfezione nella espressione creativa. Al-

tre domande avete fatte questa sera, o vagamente accennate. Ve n’è una che può essere interes-

sante fare e che io mi auguro voi possiate fare la prossima volta: «Come può esservi nell’Assoluto, in

Dio, l’odio degli uomini. Perché?» Non risponderò a questa vostra domanda questa sera, benché la

risposta sia già stata data e si trovi già nel precedente libro che voi avete, ovverosia in ciò che a-

vemmo a dire diversi anni fa per il vostro tempo. Ma sempre per rimanere in tema dell’Assoluto voi

potrete benissimo parlare di questo argomento, se ciò vi interesserà. Oppure - sempre analogo inter-

rogativo - come dall’Assoluto possa uscire il relativo, come tal altro ha suggerito, variante alla do-

manda che prima ho ricordato. Ma non voglio lasciarvi questa sera con questi interrogativi ed allora,

poiché per voi si avvicina una ricorrenza religiosa di particolare importanza che amo anch’io, per voi,

ricordare questo avvenimento che appartiene alla storia della vostra religione ma che è effettivamen-

te un avvenimento che appartiene, in realtà, alla storia della evoluzione umana, lo ricordo assieme a

voi augurandovi che il ripensare alla nascita del Cristo vi trovi tutti riuniti in buona armonia come in

questi ultimi vostri tempi, e che questa armonia cresca ancora, che veramente siate dei fratelli quali

in realtà siamo tutti, figli. Che possiate trovare la chiarezza, che un certo benessere per taluno rag-

giunto - benessere intendo materiale e finanziario - dopo un primo periodo di assaporamento non vi

impigrisca, ma vi stimoli a pensare ancora a questi problemi. Taluno di voi in momenti difficili era, per

l’ansito della lotta della vita, portato a pensare a noi e a interessarsi a questi problemi. A questa lotta

materiale può essere sopraggiunta una certa calma, una sicurezza maggiore, finanziaria; ed ecco

che noi comprendiamo ed abbiamo lasciato assaporare questa sicurezza prima tanto invocata e ri-

cercata. Ora vi diciamo: è il momento di scuotersi, è il momento di ripensare ancora a noi perché tan-

te sono le cose che potremmo ancora dire; tanti gli argomenti che potrebbero essere trattati. Sta a

voi. Siate dunque giustamente tesi. Questo è l’augurio di tutto cuore che io vi faccio.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Siamo in fase di rinnovamento, e questo rinnovare è sì veloce che l’uomo quasi ad esso non rie-

sce a tenere dietro. Siate costantemente vigili; al nascere di ogni giorno siate nuovi imperciocché chi

non saprà vedere il rinnovarsi della società, il rinnovarsi dell’uomo, si relegherà nel passato.

Salve.

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Fratello Massone

Nephes vi saluta e vi fa tanti cari auguri. Adesso dobbiamo svegliare lo strumento e... a presto.

D. - La Lilli non viene?

R. - La Lilli questa sera non ha avuto il permesso, la birichina.

D. - Cos’ha combinato?

R. - Eh, ne combina diverse!

D. - Ma puoi portarle i nostri pensieri e i nostri baci?

R. - Certo, ha già compreso ed è già contenta. Sentite?

D. - Scusa, vorrei chiederti qualcosa per quelle tre figlie di Catania che attraversano un periodo diffici-

le.

R. - Eh, era stato detto a queste creature, erano state messe sull’avviso, purtroppo... Vedremo di in-

fluenzare quella creatura e distoglierla un poco da una forma egoistica dannosa a loro. Vedremo.

Porta loro i nostri saluti e la nostra benedizione, come a tutti voi. Oh, la Lilli si raccomanda di salutare

Maria Silvia!

Nephes

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04 Gennaio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Abbiamo udito la vostra conversazione di questa sera. Le domande che vi siete fatti, l’indagine

che avete eseguita, lo sforzo che compite per cercare di avere un concetto il più chiaro possibile che

possa avvicinarvi alla realtà dell’Assoluto.

Un concetto di Dio antropomorfo, estraneo alla creazione, non pone il problema che vi siete po-

sti: il male, l’odio, la cattiveria, tutte le brutture che l’uomo conosce ed opera non appartengono a Dio;

come la sua creazione ne sono al di fuori e sono operate dall’uomo: non sono in Dio. Ma occorrereb-

be domandarsi, anche in questo concepire Dio, come mai Dio che è la bontà, la perfezione e via di-

cendo, possa aver creato un qualcosa che secondo questo concepire non è perfetto; ed anche qua la

domanda si pone, ma si pone in termini ancora più imperiosi nel concetto di Dio-Assoluto. Il male,

l’odio, la cattiveria e tutte le brutture che prima vi dicevo, figli, se esistono ed in qualunque forma esi-

stano, al pari del Tutto sono in Dio. Ed allora? Ecco il vostro stupore. Come Dio che è la bontà, che è

l’amore, che è tutto quanto di più bello possa l’umano concepire, può contenere in Sé questi fattori

che sono in antitesi con i Suoi divini attributi?

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Sempre parlando e facendoci delle immagini possiamo farvi una domanda: un Maestro il quale

sia intento a predicare la bontà, l’amore, l’altruismo e che, per cause contingenti dovute all’ambiente,

ponga il Suo corpo fisico a contatto di alcuni bacilli e le risorse naturali di questo suo corpo fisico uc-

cidano i bacilli, può dirsi che questo Maestro sia un assassino?

Dio è l’Assoluto, l’Assoluto è ciò che “è”. È il Tutto, il Tutto-Uno. Tutto quanto esiste, material-

mente come voi intendete, e sentimentalmente, e sensazionalmente, e mentalmente, tutto quanto e-

siste e voi conoscete o non conoscete, immaginate o potete anche non immaginare, è nell’Assoluto;

perché nessuna cosa, materiale o astratta, corporea o incorporea, può essere al di fuori del Suo infi-

nito esistere, essere. Nulla può essere che non sia in Lui poiché Egli non sarebbe, diversamente, As-

soluto.

Ed allora? Il vostro stupore è ancora più accentuato. Come può l’Assoluto dar luogo al relativo?

Nella stessa definizione di Assoluto e da questa stessa definizione non può essere che l’Assoluto

non sia Uno. L’Assoluto è Uno. Tutto ciò che è in questo Assoluto non può essere assoluto a sua vol-

ta perché uno è l’Assoluto. Per assurdità non possiamo pensare che esistano due assoluti.

L’Assoluto è uno e tutto ciò che noi possiamo prendere in esame in seno a questo Assoluto, focaliz-

zare, visualizzare, astrarre - se fosse possibile - per prendere in esame, non può essere che relativo

perché l’Assoluto è il Tutto; ma non è il Tutto, come voi sapete, nel senso dell’insieme di tutte le cose:

è il Tutto-Uno, e quest’Uno “sente” in termini di amore perché questa è la Sua natura.

Ordunque, se l’Assoluto sente in termini di amore che cos’è l’odio? Ciò che è nell’Assoluto, preso

a sé, esaminato a sé, è relativo ed in seno a questo relativo ciò che non ha la coscienza sviluppata

tanto da comprendere l’unità del Tutto, può provare un senso di repulsione per ciò che a lui sta

d’intorno e da questo senso di repulsione nascere l’odio. Ma l’odio, in effetti, non è che l’errato sentire

- sentire per sensazione - di due o più individui i quali non hanno coscienza dell’unità del Tutto.

L’odio, come avete detto, è del relativo perché l’Assoluto che è amore, l’Uno-Assoluto che sente in

termini di amore, non può sentire in termini di odio.

Dunque, figli, ciò che è nell’Assoluto, i Cosmi emanati e riassorbiti, pure essendo incommensu-

rabili, non possono che essere relativi, perché vi è un solo Assoluto il quale, proprio perché Assoluto,

tutto comprende e ciò che è in questo tutto non può essere di per se stesso il Tutto ma solo una par-

te del Tutto.

Così figli, pur essendovi in Dio il Tutto e quindi nell’assoluto il relativo - ed abbiamo visto che non

potrebbe essere diversamente - pur essendovi nell’Assoluto il relativo e nel relativo l’odio, e pur es-

sendovi quindi nel Tutto anche l’odio, non vuol dire che l’Uno-Assoluto odi, non vuol dire che l’Uno-

Assoluto abbia come Sua natura quella di odiare.

Il bene, il male sono relativi al relativo: l’attrazione e la repulsione, e quindi l’odio, sono del relati-

vo e sorgono fra queste parti del Tutto le quali non hanno coscienza di essere nel Tutto; cioè sorgono

laddove vi è questa mancanza di coscienza, laddove vi è la relatività. Questo deve essere compreso.

Ed unitamente al concetto che noi ultimamente abbiamo avuto modo di ribadire, e cioè dell’Assoluto-

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Uno, io spero vi sarà più facile comprendere come, pur esistendo nel Tutto tutto quanto esiste, non

vuol dire che questo Tutto-Uno abbia nella Sua natura quelli che, per l’uomo, sono aspetti deprecabi-

li, sono aspetti dolorosi, sono aspetti di male.

Vi ho detto che il bene e il male sono relativi; ma in effetti noi possiamo dire, cercando di esten-

dere questo bene e questo male il più ampiamente possibile, che il male è ciò che allontana

l’individuo dalla sua meta ultima. Ed ecco un concetto del male che quasi, oserei dire, oltrepassa i

confini del relativo. Ecco una definizione del male che rasenta una contraddizione con quanto prima

vi dicevo. Il bene e il male sono relativi, relativi all’uomo. Da questa definizione che allarga, generica,

che cerca di comprendere tutte le varie forme di male per l’uomo scendendo però alla fase pratica,

all’attuazione, all’esempio concreto, noi vediamo, figli, che ciò che è male per una creatura, per l’altra

non può esserlo affatto. Ed ecco che questo concetto che rasentava i confini del relativo, nuovamen-

te torna ad essere relativo alle creature. Il male è relativo alle creature. Il male è del relativo.

Ma nel concetto della repulsione, nel concetto dell’odio che consegue alla repulsione, noi pos-

siamo dire che l’odio è relativo? Certamente, figli, perché è relativo a queste parti che sono nel Tutto

e che sono relative perché non sono il Tutto. È relativo a queste parti e sorge in queste parti - in que-

sti individui, se voi volete - i quali possono concepirlo perché sono lontani, al di fuori del vero modo di

concepire e di sentire. L’odio è concepito dall’individuo quando l’individuo è circoscritto, è chiuso, è

lontano dalla natura di Dio, dalla vera natura dell’Assoluto che è amore. Quando l’individuo è quindi

nel relativo, non è nell’Assoluto, concepisce in termini relativi e non nella identificazione con

l’Assoluto.

Io ho cercato, figli, di chiarire questo vostro interrogativo e mi auguro che rileggendo quello che

vi ho detto possiate penetrare a fondo nel concetto, intendere chiaramente che il “sentire”

dell’Assoluto è un “sentire” in termini di amore, e che tutto quanto avviene e che possa dall’uomo es-

sere interpretato ed esistere anche come affermazione di principio contrario ad un concetto di Dio in-

teso come Amore Assoluto, appartiene al relativo. Questo è importante. Perché appartiene al relati-

vo? Perché tutto quanto è nell’Assoluto, preso, considerato, esaminato a sé, non può che essere re-

lativo perché l’Assoluto è Uno, il Tutto è il Tutto.

Vi lascio momentaneamente. Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Non occorre ricordare la ragione per la quale esiste il dolore, esiste il male, esiste l’odio. Enun-

ciandovi la verità che la coscienza sorge nella libertà ecco enunciato il principio per cui è necessario

all’uomo conoscere il dolore per la formazione della sua coscienza. Enunciato questo importante

principio, tenendo presente che lo scopo della emanazione è, per l’uomo, la sua nascita spirituale,

non è quindi necessario soffermarsi a lungo su questo argomento per comprendere che è lo svolger-

si stesso del piano di evoluzione cosmica la necessità, per l’uomo, di conoscere le due forze che agi-

scono, di conoscere i due estremi, di conoscere i due opposti, onde in questo spazio, in questo gioco

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di forze possa nascere, possa costituirsi, possa formarsi la di lui coscienza.

A chi vi domanderà perché l’uomo deve conoscere il dolore voi risponderete che l’uomo tutto de-

ve conoscere e nel “tutto” v’è anche il dolore; e senza la conoscenza di questo “tutto” l’uomo non po-

trà mai giungere a quella meta che per lui è predestinata. Non soffermatevi ad una visione limitata di

quanto esiste, andate oltre. Il vostro pensiero vi spinga sempre avanti nella concezione della verità,

nella intuizione della realtà, sempre avanti. E la vostra logica cerchi di abbracciare, di seguire, di in-

dagare, affinché la vostra mente possa vieppiù aprirsi alla comprensione, ed attraverso alla intima

convinzione possa la vostra coscienza aprirsi alla saggezza che risiede nei più alti stati del vostro es-

sere.

Pace a voi.

Fratello Massone

Voi non mi conoscete. Il mio nome fu Caterina e vissi a Siena. Ed io vengo a voi perché vi amo.

Nella mia fanciullezza molte volte mi chiesi: perché Iddio che vuole il bene fra gli uomini, che

vuole che essi fra loro si amino, che vuole il trionfo della bontà, non incenerisse i malvagi, permettes-

se che la crudeltà opprimesse gli afflitti, che il giusto vedesse trionfare l’ingiustizia, che il pio fosse

avvilito dalla gloria dell’ingiusto e che il buono e generoso fosse torturato dalla ricchezza dell’avaro e

del gretto. Avrei voluto che i cattivi fossero puniti dal divino castigo e che i buoni trionfassero, che chi

operava il male scientemente fosse cancellato dalla faccia della terra e che gli uomini “tepidi”, i tardivi

ad operare il bene ed il bene predicare, fossero scossi dallo spettacolo del trionfo dell’amore,

dell’altruismo, della carità. Questo pregavo Dio che volesse concedere agli uomini ma mai fui appa-

gata in questo infantile desiderio; e di ciò io continuai per anni a dolermi sinché pensai di trovare una

soluzione nel “libero arbitrio”. Pensai che Dio avesse lasciato gli uomini, nel mondo da Lui creato, li-

beri di agire bene o male. Ma pur con questa spiegazione rimaneva in me il dubbio: «Perché Dio non

incoraggia il bene con qualche particolare segno, con il brillare di una stella quando l’umanità si volge

alla pace, con il brillare di un raggio di sole quando un uomo ama il prossimo suo ed in questo amore

è spinto ad aiutarlo?».

Finché la comprensione giunse ed era la vera comprensione. Una comprensione che riempì

l’essere mio di gioia perché, fratelli, ecco l’immensa misericordia di Dio, perché è la Sua giustizia e la

Sua misericordia unite. E tutto quello che voi vedete, l’ingiustizia, il dolore, la cattiveria, tutto quanto

può turbarvi - come turbava la fanciulla Caterina - è la misericordia di Dio, è il Suo prezioso aiutare gli

uomini, è il Suo celeste “insegnare”. Solo quando riuscirete ad andare oltre queste immagini per voi

così tristi e così incomprensibili, voi potrete comprendere l’immensa misericordia divina e il divino

amore.

Pace, fratelli.

Caterina da Siena

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Vengo a chiudere l’incontro di questa sera, figli, ed anche ad annunciare che la “raccolta” è prati-

camente completata, per quanto concerne questa raccolta intendiamo, augurandoci di poter conti-

nuare nelle nostre conversazioni.

Dobbiamo ringraziarvi tutti indistintamente, o figli, per i contributi che avete dato di vario genere.

La “raccolta” è vostra e voi potete farne l’uso che più riterrete adatto; ma pur essendo vostra vi dob-

biamo egualmente dei ringraziamenti, sia per averla voluta fare, sia per il sacrificio, piccolo o grande,

finanziario che vi è costata. Ed io desidero qui ringraziare a cominciare dal figlio Roberto attraverso

alla medianità del quale è stato possibile raccogliere questi scritti; a coloro che attivamente e fattiva-

mente li hanno raccolti; a chi con generosa ospitalità vi ha accolto e vi ha, in questo modo, offerto la

possibilità di “ritrovarsi”; a chi con domande ha intessuto le conversazioni; a chi, pur restando in si-

lenzio ma con assidua presenza, ha contribuito a creare quell’ambiente armonioso necessario alla

manifestazione del fenomeno assai complesso. Tutti, insomma, figli, vi ringraziamo.

Possa questa “raccolta” portare sempre e solo bene a chi la leggerà.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

D. - Scusa, questo discorso mi sembra un po’... Ci si rivede, no?

R. - Sì. Sta sempre a voi. Se voi continuerete con lo stesso ritmo di interesse di questi ultimi tempi,

certamente.

La pace sia con tutti voi.

Dali

11 Gennaio 1964

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Vi sono, o figli, questa sera dei fenomeni fisici e di questo certo voi non sarete spaventati.

Avete parlato, questa sera, della giustizia di Dio e taluno di voi ha fatto questa domanda perché

non riesce a comprendere che cosa significa “giustizia di Dio”. Infatti se noi pensiamo ai due concetti

che abbiamo accostati, la giustizia e la misericordia, non possiamo che rilevare - secondo il valore

che si dà a queste due parole in linguaggio umano - un controsenso. Iddio o è giusto o è misericor-

dioso perché misericordia significa, nel senso umano il più lato, clemenza, condono. Ma come può

esservi questo perdono in Dio, questa clemenza, questo condono, quando le leggi stesse che so-

stengono il Cosmo, le leggi stesse che danno vita all’uomo sono leggi divine? E quando nessuno può

sfuggire agli effetti delle cause che ha mosse? Dio stesso non può condonare il Karma ad una crea-

tura perché così facendo rinnegherebbe se stesso. Ecco, voi vedete quindi che il concetto di miseri-

cordia in Dio è un concetto diverso da quello che comunemente l’uomo conosce. La misericordia di

Dio, unita alla Sua giustizia, sta in ciò che voi avete detto ripetendo quello che da molto tempo vi a-

vevamo enunciato: la misericordia di Dio è il dare all’uomo comprensione.

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Enunciando unicamente il principio della divina giustizia così freddo - se volete - poteva aversi

un’idea di Dio un poco crudele. L’uomo nasce - voi sapete, figli - “nasce spiritualmente” e le cause

che muove - per lo meno quelle che muove quando ancora non ha acquistato la consapevolezza - le

muove senza rendersi conto; eppure gli effetti seguono a queste cause mosse. E come, allora, si po-

trebbe parlare di giustizia di Dio in questo quando l’uomo muove delle cause non sapendo di averle

mosse? Eppure egualmente la legge porta i suoi effetti su questo uomo. Ma non si tratta qua di avere

la responsabilità: è una “nascita spirituale” e quindi il concetto di giustizia preso a sé, inteso come ef-

fetto di cause che l’uomo ha mosse senza averne consapevolezza, potrebbe sembrare arido, potreb-

be far pensare a un Dio freddo, che non “sente” e non “ama” ed ecco perché vi abbiamo parlato della

Sua misericordia, cioè del vero significato che ha la legge di causa e di effetto, ed è la comprensione.

Il concetto di Dio giusto ma misericordioso, deve essere inteso nel senso che nessuno può sot-

trarsi alle leggi per le quali Egli stesso vive, ma dall’effetto, dal subire la legge, dall’essere colpiti dagli

effetti che seguono e conseguono le cause mosse, ecco la misericordia di Dio, in quanto l’uomo

comprende. Ma la misericordia, cioè la comprensione, è l’unico e vero e solo significato della legge di

causa e di effetto.

Non v’è quindi in Dio sete di giustizia, non v’è il desiderio di punizione per l’uomo; tutte queste

sono cose che fanno parte del mondo umano e di un concetto di Dio antropomorfo. No, figli cari. Il

vero significato della legge di causa ed effetto, e quindi della giustizia, e quindi della misericordia di

Dio, è la comprensione.

Ma il problema che voi avete svolto questa sera non si è limitato a quanto io ora ho cercato di

chiarire. Siete andati oltre ed avete detto: «Perché così è?». Dobbiamo riallacciarci a quanto da vario

tempo noi vi diciamo e a quanto, con il passare del tempo, sempre più cerchiamo di approfondire e

chiarire: l’Assoluto, la Prima Causa, la Causa che esiste perché esiste, senza avere un perché; la

Prima Causa.

La figlia F. ha ricordato un concetto filosofico che è vero ma è vero solo in parte, ed è vero per

quella parte che proprio ultimamente ho avuto modo di esporre: tutto quanto è nell’Assoluto non può

che essere relativo. Perché? È stato detto che l’Assoluto, avendo come natura la creatività, emana; e

quindi ciò che crea o emana, non essendo Lui stesso, non può che essere finito e relativo. Ciò è vero

in parte, lo ripeto. Ma perché l’Assoluto emana? Perché questa è la Sua natura. Non v’è quindi un at-

to di volizione, non v’è una volontà di creare: è la Sua natura. «Egli è colui che “è”!», ed in questa

semplice frase v’è sintetizzato tutto, tutto il concetto nelle sue più profonde ragioni e nel suo più este-

so significato. Egli è colui che “è” vuol dire che Egli è ed è così.

Ma perché Egli è così e non potrebbe essere diversamente? Egli è, Egli esiste, Egli vive.

Egli esiste, ma nel concetto stesso di “esistenza” è inteso ed è incluso il concetto di “non esi-

stenza”. Nel dire la luce è incluso ed inteso la tenebra. Nel dire il pieno è incluso e inteso il vuoto. Nel

concetto dell’esistenza così come è, è incluso ed inteso il concetto di ciò che non è e non esiste, così

come è. Resta difficile per voi a comprendersi, o figli. Ma Egli emana e riassorbe un Cosmo in quanto

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i Cosmi sono emanati e riassorbiti in Lui; non perché vi sia un atto di volontà, poiché Egli è e esiste, e

per “esistere” non può che esservi l’emanazione ed il riassorbimento. Cercate di comprendere e me-

ditare su questa affermazione.

Ed emanando - ecco dove è vero il concetto che la figlia F. ha portato questa sera e che riprende

in parte quello che abbiamo detto ultimamente - ciò che è emanato non può che essere relativo. E ciò

che è emanato, il Cosmo - per rimanere in qualcosa a noi più vicino ed afferrabile - il nostro Cosmo

essendo relativo non può avere in sé la natura dell’Assoluto, dell’Uno-Assoluto. Intendo dire che le

individualità che sono i frutti di questo Cosmo sono emanate; ma essendo relative, fino a che non tra-

scendono questo loro stato di esistenza transitorio, non possono comprendere l’Assoluto. E come è

possibile trascendere questo stato relativo? Mediante la formazione dell’autocoscienza. E come è

che sorge la coscienza? Nella libertà, nel vivere, nell’esistere avvolti nell’illusorio senso di separativi-

tà; e attraverso all’esistere nell’illusorio ed irreale mondo della separatività, ecco che è possibile for-

mare la coscienza individuale, ecco che la coscienza individuale si costituisce ed in questa libertà re-

lativa si compone, fino a trascendere gli stessi limiti del relativo, per sconfinare, per abbracciare

l’Assoluto.

Meditate.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Sono la Guida Fisica dello strumento. Spero di non avervi intimorito.

La piccola Lilli non posso farla manifestare, questa sera; è molto dispiaciuta e nel momento stes-

so contenta di questo piccolo regalo che le è stato preparato e che avrà modo di usare altra volta. Ri-

volge il suo ringraziamento alle creature che hanno voluto manifestare la loro simpatia con questo

gesto e avrà modo, a suo tempo, di ringraziare lei stessa.

D. - Permetti? Gli altri anni ci venivano indicate le previsioni dell’anno in corso in base alle lame dei

tarocchi. Noi vediamo nella XXª lama degli Arcani Maggiori lo specchio del 1964. Non sappiamo se

siamo nel vero o no e non sappiamo interpretare questo Arcano Maggiore. Ci vorresti dire qualcosa?

Gli altri anni ci hai fatto questo regalo, e quindi ci permettiamo di chiederlo anche quest’anno.

R. - Se questo può farvi piacere...

Il 1964, dal punto di vista spirituale, sarà un anno molto importante perché in questo anno - come

tu hai ricordato il XX° Arcano Maggiore del Tarocco - vi sarà un riesaminare problemi che parevano

essere insolubili e che quindi venivano a determinare un fermo in una situazione di sviluppo, e face-

vano sembrare morta la cosa e non suscettibile di altre soluzioni. Attraverso a questo riesame si avrà

invece un constatare che è possibile risolvere il problema secondo quelle direttive che nel passato

erano state scartate. Ed ecco quindi il “Giudizio” e la “Resurrezione” del XX° Arcano Maggiore del

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Tarocco. Sarà quindi un cercare di vedere con nuovi occhi i vecchi problemi, e di accettare quelle so-

luzioni che sembravano inaccettabili nel passato, quando furono prospettate e verso le quali oggi si

ripiegherà come le uniche e sole possibili per dare sviluppo alle situazioni fino ad oggi morte. Il 1964

sarà un anno, quindi, spiritualmente molto promettente e di speranza, anche se tutte queste speran-

ze che si accendono nel cuore degli uomini non riusciranno ad avere attuazione immediata nel volge-

re di questo anno; pur tuttavia sarà importante perché segnerà l’inizio di buoni propositi e veramente

buoni, veramente buoni nelle intenzioni umane.

Non vi sarà guerra - ormai tutti ne siete convinti e da tanto tempo noi lo diciamo - non vi sarà

guerra totale; pur tuttavia vi saranno ancora spargimenti di sangue nelle nuove Nazioni, nei nuovi po-

poli. Sarà questo sangue il tributo necessario acciocché i popoli acquistino una maggiore indipen-

denza, una maggiore autonomia; acciocché - finalmente - sempre di più la violenza si allontani dai

metodi delle Nazioni e dei popoli per ottenere un miglioramento sociale.

Noi vediamo il capovolgersi di situazioni politiche in nuovi popoli; vediamo sorprese politiche in

vecchi popoli. Non può dirsi certo che l’anno sia calmo da nessun punto di vista, perché il fatto stesso

di “riesaminare” comporta in sé movimento, lavoro, e quindi non situazione statica. Ma poiché questo

fermento è benefico, è un fermento di crescenza, ben venga anche se, come ogni movimento, com-

porta qualche piccolo attrito, qualche diatriba, qualche malcontento.

Nel campo medico possiamo dire che una buona scoperta scientifica, medica, verrà ad incorag-

giare i ricercatori ed i sofferenti.

Nel campo spaziale cos’è che volete sapere? Ancora si tenta ma non si raggiunge un obbiettivo

sicuro al di là dell’ambiente della terra. Non so se sono riuscito... Tutto rimane nel - non si può dire

nell’orbita gravitazionale della terra inteso nel senso astronomico - ma non si raggiunge positivamen-

te un pianeta diverso dalla terra, anche se si fanno ancora dei progressi.

Nel campo degli esperimenti atomici sembra che questo anno veda sospesi questo tipo di espe-

rimenti. Ma non si è ancora rinunciato. Contiamo che ciò possa essere in futuro.

Io non posso svelare a ciascuno di voi che cosa porterà questo anno, ma certamente per coloro

che sono attivi, per coloro che sono fiduciosi, per coloro che si industriano e non temono, noi contia-

mo che questo anno non porti dolore, non porti un sapore di amarezza ma sia per voi gioioso, e vi di-

co questo in significato vero: cioè voi possiate tutto comprendere con la mente senza che

l’esperienza diretta debba rimettervi sul giusto cammino.

Pace a voi e a tutti gli uomini.

Michel

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25 Gennaio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Vi abbiamo udito parlare questa sera, o figli, di alcuni argomenti e siamo lieti di dirvi che le rispo-

ste che voi stessi avete trovate sono, in un certo senso, esaurienti. Necessitano solamente di poche

precisazioni. Riguardo alla prima domanda che vi siete fatta occorre precisare, figli cari, che il non e-

sistere incluso nel concetto dell’esistere dell’Assoluto non riguarda l’Assoluto. L’Assoluto è ciò che è,

ciò che esiste, ma come Assoluto...

Quando la piccola Lilli avrà finito...

Dunque dicevo, figli, che nel concetto dell’esistenza è compresa la non esistenza; non si potreb-

be dire che qualcosa esiste se non vi fosse il non esistere. L’Assoluto esiste. Qual’è il non esistere

dell’Assoluto? L’Assoluto è ciò che “è”, ed il non esistere di ciò che “è” è l’esistere in forma diversa;

ovverosia il manifestarsi e il riassorbirsi dei Cosmi.

L’Assoluto esiste; il non esistere dell’Assoluto è il non esistere di ciò che “è” nella forma in cui è;

ovverosia l’esistere di qualcosa in forma diversa; ovverosia l’esistere del relativo. Occorre meditare

su questa affermazione, ed attraverso a questa meditazione sono sicuro che voi comprenderete que-

sto passaggio.

Riguardo all’Eterno Presente, non possiamo che riportarci, come avete fatto voi, all’esempio che

il Fratello Kempis ebbe modo di fare della pellicola cinematografica. Ma come esce il moto relativo in

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seno al moto assoluto? Noi vi abbiamo detto che cosa intendiamo con “moto assoluto” e se per un i-

stante noi fissiamo l’attenzione in una rappresentazione di questo moto assoluto, in una rappresenta-

zione fatta per nostra comodità, e raffiguriamo questo moto ad un piano, la manifestazione di un Co-

smo equivarrebbe a tratteggiare, in seno a questo piano, una porzione di esso; supponiamo di circo-

scrivere, di tracciare una circonferenza su questo piano. Ebbene, figli, il moto relativo esce dalla cir-

coscrizione di questo piano, esce dal limitare il piano in una porzione. Mi seguite, figli? In seno a que-

sta circonferenza non è più moto assoluto, ma è moto relativo. Ecco il Cosmo.

L’Eterno Presente, figli, è l’essere in Dio del Tutto, e l’esservi nella Sua infinita presenza e

nell’Eterno Presente. Poiché il tempo e lo spazio che risultano, sia pure in termini diversi, in seno ad

un Cosmo, cioè laddove vige, esiste il moto relativo, laddove i moti che si possono esaminare sono

circoscritti dai confini del Cosmo e per questo divengono relativi, nell’Eterno Presente tutto non può

che esistere in un unico attimo eternamente presente, poiché nell’Assoluto non vi sono confini.

L’Assoluto non ha confini. Nell’Assoluto vi sono i Cosmi ed i Cosmi hanno i confini, ma l’Assoluto non

ha confini. E la natura stessa dell’Assoluto che non ha confini non può che portare all’Eterno Presen-

te.

Comprendo che queste affermazioni, per voi, siano motivo di incertezza e non possono essere

afferrate immediatamente. Ma confido sempre, figli, che meditando riusciate a capire quello che io ho

cercato di dirvi.

Allora il tempo e lo spazio nascono, quindi, ed esistono - ho detto prima, sia pure in entità diver-

se - nel piano fisico poiché ciascun piano ha un suo tempo ed un suo spazio; in seno alla circonfe-

renza che noi abbiamo idealmente tracciata vi sono altre limitazioni, e ciascuna limitazione dà luogo

ad un moto che le è proprio. Così la limitazione che è delineata nel piano fisico, e che dà luogo al

piano fisico, dà luogo ad un tempo ed uno spazio; la limitazione che dà luogo al piano astrale dà luo-

go ad un tempo ed uno spazio del piano astrale, e così via. Ma nell’Eterno Presente tutto è presente

eternamente allo stesso modo. E non v’è ne prima né dopo, come sapete.

Secondo l’esempio che il Fratello Kempis ebbe occasione di fare, l’individualità trae l’illusione del

tempo, e del passare del tempo e del muoversi nello spazio, dal susseguirsi degli avvenimenti es-

sendo legata secondo una convenzionale successione: un fotogramma dopo l’altro che scorre di

fronte all’obbiettivo. Mi seguite, figli? Ma noi, a rigore, potremmo dire che in ciascun attimo del vostro

tempo non è sempre lo stesso oggetto che permane, ma ciascun attimo ha un suo oggetto, ciascun

attimo è un tempo ed uno spazio.

Se vi fossero in questa stanza un’infinità di tavolini come questo che sta davanti a noi nel mo-

mento presente, ciascuno per ogni istante del vostro tempo, e questi si susseguissero con il susse-

guirsi del tempo, figli, voi avreste la percezione di avere di fronte a voi un solo tavolino, ma in effetti vi

sarebbe un tavolo per ogni attimo del vostro tempo. Così è del Cosmo.

Non vi è mai accaduto di pensare ad una persona che, di consueto, voi sapete legata ad un luo-

go? Cosa posso dirvi? Il guardiano di un museo che voi conoscete e che siete usi a pensare vicino

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alla porta di ingresso di questo museo. Se voi un giorno incontraste questo guardiano per la strada

mentre siete diretti a visitare il museo e faceste con lui la stessa strada conversando, vi sarà certa-

mente capitato - in un caso analogo a questo - di pensare al museo e di vedere ancora il guardiano

al suo consueto posto, quasi se la persona che vi sta accanto non fosse proprio quella stessa che voi

state pensando. Ebbene figli c’è qualcosa di vero in tutto ciò; nessuno di noi e nessuno degli oggetti

che sono nel piano fisico, e di conseguenza nel Cosmo, è il medesimo di quello che è nell’istante che

voi lo pensate rispetto all’istante successivo. Tutto è in continuo moto ed è in continua trasformazio-

ne. La materia che compone questo tavolo non è la stessa che lo componeva un attimo prima. Vi è

un “qualcosa” che conserva la forma e che richiama attorno una materia o della materia in modo che

la forma si compone; ma questa materia che compone la forma è in continuo scambio e ciò che tiene

insieme questo oggetto non è la materia, figli cari, ma è questo “qualcosa”. È una intessitura partico-

lare, se vogliamo, è un’idea, ma non solo l’idea: è la matrice stessa di questo oggetto.

Noi abbiamo parlato di un argomento, questa sera, che non vi è molto consueto e che non siete

obbligati a discutere. Anzi, io vi consiglierei di non farlo con molto calore perché è un campo, questo,

che deve essere affrontato poco alla volta. Voi vedete quante novità vi portiamo; novità che possono

esservi presentate solamente quando certe altre che le preannunciavano sono state da voi centrate,

comprese. Altrimenti sarebbe inutile prospettarle. È la volta di quello che io vi ho detto questa sera e

che serve, io credo, a farvi intendere che cosa sia Eterno Presente.

Tutto quanto noi vi diciamo, come avete detto voi stessi, serve a darvi un quadro generale della

realtà, del Cosmo e del Tutto. Serve a trasformare l’essere vostro. Per questa trasformazione, forse,

anzi senz’altro, è necessaria una demolizione; per costruire il nuovo, figli, è necessario demolire il

vecchio. E demolendo il vecchio qualcuno di voi può provare un senso di disagio per questa situazio-

ne di trapasso, per questa situazione di mutamento. Ma io mi auguro che sappiate ben presto sosti-

tuire alla spinta che la vita fino ad oggi vi suggeriva - una spinta del tutto egoistica - una spinta

dell’altruismo. Sappiate sostituire all’ambizione il senso del dovere, ed allora lavorerete certamente

come oggi lavorate, con la stessa conclusione, con lo stesso profitto, ma spinti da ben altra intenzio-

ne. Ed ecco come tutto muta. Non mutano, forse, le azioni in sé, non muta ciò che queste azioni

suggeriscono, muta ciò che queste azioni promuove, muta l’intenzione. Lavorerete, figli, dicevo, mos-

si non già da una ambizione ma amando il lavoro, sapendo che quello è ciò che voi dovete fare. Ed

allora potrà sembrarvi che niente sia mutato, che la vita abbia perso il suo sapore, quel sapore che

ha per la maggior parte degli uomini; avrà perso un sapore terreno - tanto per chiamarlo in qualche

modo - ma avrà acquistato il vero sapore, il vero suo significato.

«E perché - direte voi - è necessario che acquisti il suo vero significato?». Se una creatura è

convinta che le cose, così come sono, rappresentano l’ideale sociale, fraterno e tutto quello che voi

volete, che possa avere l’umanità, allora, figli cari, ciò che noi diciamo non ha alcun valore ed alcun

significato per questa creatura. Ma se voi siete convinti che nel mondo occorra portare la giustizia,

occorra portare la bontà, che occorra portare la verità, che la società quale è la vostra di oggi debba

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invece - al contrario di quello che pensava la creatura del nostro esempio - essere ulteriormente per-

fezionata, e che l’uomo stesso, l’individuo che fa parte di questa società, anch’egli debba migliorare,

allora, figli, altra strada non v’è che quella di migliorare voi stessi, altra strada non v’è che far nascere

e contribuire a far nascere negli uomini la loro coscienza individuale; perché nessuna, nessuna civiltà

può mai essere tale se non nasce e non trova i suoi motivi, le sue ragioni nell’intimo dei suoi figli. Se

di questo siete convinti, in questo senso agite ed operate, figli; ed io mi auguro che questa convinzio-

ne venga presto per tutti gli uomini.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Un Cosmo che trae origine dalla natura stessa dell’Assoluto ha il suo fulcro di esistenza e di evo-

luzione nel proprio Logos. Logos che è centro e circonferenza di questo Cosmo, che è fulcro e deli-

mitazione del Cosmo stesso; ed essendo circonferenza, cioè delimitazione, ciò significa che ne è

l’impronta caratterizzatrice.

Pace a voi.

Entità Ignota

01 Febbraio 1964

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Siamo qua riuniti questa sera per la nostra consueta conversazione, e gli argomenti che avete

sfiorati e trattati certo non sono pochi; ma tranne le domande che vi siete fatti circa il libero arbitrio, gli

altri possono rientrare nell’attuale tema, o temi, delle conversazioni.

Del libero arbitrio vi ricorderò solo che il concetto non ha poi tanta importanza in quello che noi vi

diciamo come può averlo in una filosofia religiosa per la quale l’uomo costruisce la sua vita futura, e-

terna, dal frutto delle sue scelte nella vita terrena. Una errata scelta nella vita mortale, che non sia ri-

parata da un pentimento in extremis, pregiudica la vita futura, eterna, immortale, dell’anima umana.

(Secondo certe convinzioni religiose). Ed è quindi essenziale ed importante, in questo concetto, che

l’uomo sia libero di scegliere. Ma non possiamo cercare di trovare un’esattezza concettuale; non pos-

siamo cercare di trovare una logica stretta in questa convinzione, giacché se da una parte si afferma

che l’uomo è libero nelle sue scelte, ha il libero arbitrio, dall’altra si dice che l’uomo è sottoposto a

tentazioni. E quindi questa libertà sparisce, o è per lo meno influenzata.

Ma in ciò che noi vi diciamo, figli, non è tanto importante che l’uomo quale è sia perfettamente li-

bero nelle sue scelte; perché comunque scelga avrà delle esperienze, e comunque queste esperien-

ze siano non lo porteranno ad una eterna dannazione o perdizione, bensì serviranno a farlo nascere

spiritualmente, a costituire la sua coscienza. Il che è profondamente diverso da ciò che prima ho det-

to. Ma voi vi siete chiesti: «Come può avvicinarsi il concetto dell’Eterno Presente con il concetto che

la coscienza sorge nella libertà?». La coscienza sorge nella libertà perché l’uomo quale è, con il suo

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libero arbitrio relativo, crede di essere libero di scegliere. La coscienza sorge, possiamo dire, nella

separatività, nel sentirsi uniti solo a quelli ai quali vogliamo sentirci uniti, nel sentirsi distinti da tutto

ciò che ci è attorno, nel sentirsi un io separato e distinto dal non io. In questo illusorio senso di sepa-

razione e da tutto ciò che da questo illusorio senso ne deriva come azioni, riflessioni, esperienze e

via dicendo, la coscienza si costituisce. Dunque, figli, se l’uomo, per assurda ipotesi, nascesse con la

possibilità di vedere l’Eterno Presente l’uomo non si svilupperebbe mai, perché è proprio da questo

nascere dal mondo e nel mondo delle illusioni che l’uomo giunge alla realtà. “La perla è nel loto. La

perla è nel fango. Dal fango nasce una perla”. Sembrano frasi poetiche, fatte e scadute; ma nascon-

dono un profondo significato, il senso stesso della realtà. Dall’illusione l’individuo nasce e conosce la

realtà. Ed ancora una volta noi vediamo che se non conoscesse l’illusione non potrebbe conoscere la

realtà. E ci riallacciamo, in un certo senso, figli, a quello che ho avuto occasione di dirvi ultimamente

e che rappresenta - con altre parole, ma tutte significanti l’identico concetto - quanto è rimasto di più

bello e di più vero nel “Classico della purezza”, nel libro del Tao. Ancora una volta la verità, da qua-

lunque parte si prenda ad esaminare, si conosca, collima in un punto centrale: nella realtà di ciò che

è.

È in questo mondo di illusioni, figli, che l’uomo crede di fare, di scegliere, di agire a suo piaci-

mento; ma voi sapete che basta grattare un poco questa illusione per scoprire quanto diversa sia la

realtà, ciò che è da ciò che si immagina.

L’uomo è convinto di poter fare del male a dei suoi simili, ma in realtà nessuno patisce ingiusta-

mente il male da un’altra creatura. Il male che l’uomo fa esiste solo ed unicamente nel suo concepire

questo male, nel suo immaginare o desiderare. Ed anche se a questo immaginare e desiderare ne

consegue e sussegue un’azione malefica volta ad una o più creature, non è quello il male: il male è

quello che è stato pensato, concepito, perché in termini di attuazione, le creature che soffrono o

sembrano soffrire di questo male concepito, in effetti non soffrono che del male che loro stesse com-

pirono in tempi antecedenti. Cosicché voi vedete che tutto il mondo dell’individuo, che sembra anche

estrinsecarsi al di fuori di lui stesso, che sembra concretizzarsi nelle opere e nel mondo esteriore, in

effetti esiste solo nell’intimo dell’uomo e solo lì possiamo dire che ha una certa realtà. Ecco perché è

stato detto sempre che è importante l’intenzione, per questo motivo, figli, perché è nell’intimo

dell’uomo che v’è la realtà dell’essere suo; ed un’azione che sia pensata, immaginata, desiderata e

che da questo poi sia o non sia attuata, non ha alcuna importanza perché l’azione esiste e sussiste

già nell’intimo dell’uomo. Ed è lì che esiste e sussiste veramente, non nella attuazione, giacché

l’attuazione altro non è che un compiere qualcosa ma che non può cadere a sproposito su chi ne sia

innocente. Non è che un fare qualcosa che ha un aspetto ma che ha tutta altra essenza; che può,

vedendosi, avere un significato ma che nasconde tutt’altra realtà.

Dunque, figli, quando da tanto tempo noi, ripetendo antiche massime di saggezza, vi abbiamo

detto e insegnato a invocare che presto possiate passare dall’illusione alla realtà, questo volevamo

significare: che la vostra acutezza di indagine e di analisi si spingesse tanto in là da comprendere la

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realtà stessa delle cose, da comprendere dove e perché ciò che cade sotto i vostri sensi, ciò che è

attorno a voi e che può sembrarvi una realtà, in effetti non è che un’illusione, un transitorio percepire

in quel modo. Questo, figli, non vuol dire che tutto ciò che è in voi attualmente e attorno a voi non ab-

bia alcuna importanza. Lungi da me il dire questo. Tutto quanto accade in voi e attorno a voi in que-

sto momento è di estrema importanza per ciascuno di voi. Come è di estrema importanza la manife-

stazione di un Cosmo, perché se noi dicessimo che tutto quanto voi vedete ed accade non ha impor-

tanza, noi dovremmo dire che tutto quanto “è” non ha senso. Ed invece ha un ben preciso senso, un

ben preciso perché. È dall’illusione che l’individuo nasce e conosce la realtà. Con questa sola affer-

mazione voi potete comprendere l’importanza di questo mondo che se, ripeto, è illusorio, pur tuttavia

è sì importante, sì essenziale da far parte della natura stessa dell’Assoluto.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Cari amici, Nephes vi saluta.

Vengo con molto piacere a salutarvi ed a ritrovarmi ancora un poco con voi . Ecco la piccola Lilli

che non ha soggezione di me e che subito ne approfitta. Ma fare una suonatina non ha importanza.

Sì, le è piaciuto molto.

Vi ho udito parlare di “Spiriti Elementali”. Sono di quegli argomenti che spesso ritornano nelle vo-

stre conversazioni; ma io non credo che siano così difficili. Io non ho la pretesa di spiegarvi, voi lo

capite benissimo; non ho questa pretesa perché non ne sono all’altezza. Ma certo che non è poi così

complicato come può sembrare. Voi non dovete dimenticare che si chiamano “Spiriti Elementali artifi-

ciali” le forme pensiero. Questo può farvi comprendere un poco di più. Non è forse vero che pensan-

do fortissimamente un qualche cosa, cercando di inibire oppure favorire qualche cosa in un senso si

crea una sorta di Spirito Elementale, di Essenza Elementale improntata? Dal che chiunque, cono-

sciuto o sconosciuto nel tempo, può essere - in determinate condizioni quando subentri ed esegua

quelle condizioni per le quali è stato creato questo Spirito Elementale artificiale - può essere influen-

zato da questo. Voi sapete ormai il ben noto esempio della creazione degli elementali artificiali che

ne facevano i sacerdoti dell’antico Egitto per custodire le tombe dei Faraoni, è vero? Dunque voi ve-

dete che queste forme elementali erano costituite con la concentrazione del pensiero e sostenute at-

traverso a questa concentrazione. Talché esse per secoli sono durate nel loro intento. Qualunque

creatura che si ponesse in certe condizioni - quali erano le condizioni? Quelle di violare la tomba -

ecco che erano influenzate da queste forme pensiero.

Vi è una differenza tra questo tipo di operazione ed una influenza dell’ipnotismo? Certamente,

perché nell’ipnotismo occorre conoscere il soggetto ed influenzare il soggetto; mentre nella creazione

delle forme elementali artificiali non è che si conosce il soggetto. L’azione non è rivolta a un essere

vivente, ma è creato un qualcosa per cui chi si pone in certe condizioni per le quali questo qualcosa è

stato creato ecco che da questa forma elementale, da questa forma pensiero, è influenzato.

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Dunque le forze pensiero, gli elementali, noi potremmo chiamarle “forze intelligenti” perché sono

una sorta di... non possiamo dire esseri, non possiamo dire Entità, non possiamo dire individui, no:

sono delle forze intelligenti che agiscono nel senso per il quale sono state create. Riuscite a seguirmi

in questa spiegazione così arruffata? Sicché non si tratta di individualità, non si tratta di forme di vita

che abbiano una individualità, una scintilla divina, no: sono forze intelligenti che agiscono in un de-

terminato senso e con un determinato scopo. Questo sono. Queste sono quelle artificiali; le naturali,

poi, sono analoghe. Anziché avere però l’intento e perseguire questo intento che nelle forme artificiali

può essere svariatissimo, nelle forme naturali è ben determinato e serve - come la parola stessa dice

- alla vita naturale del piano in cui operano queste forze. Non si tratta di Entità, ma si tratta di forze in-

telligenti, di forze intelligenti che agiscono, si muovono in una direzione e con uno scopo; ma che non

agiscono e non si muovono di loro iniziativa, avendo la possibilità di scegliere, avendo la possibilità di

essere consapevoli, ma agiscono e si muovono secondo la spinta che è stata loro data o da un indi-

viduo, nelle forme pensiero artificiali, o dalla natura stessa nel caso degli Spiriti Elementali naturali.

Voi sapete che le materie che sono nel piano astrale prendono la forma che è analoga all’idea che

impronta la materia stessa; ecco perché gli Spiriti Elementali possono essere visti da certi veggenti

ed hanno certe determinate forme. Per questo motivo, perché esse sono - non dico formate - ma co-

stituite momentaneamente; esse raccolgono attorno a sé della materia del piano astrale ma alla base

di questo essere astrale non può che esservi una mente. Ecco la forma pensiero: è la mente che è

costituita e che dà l’indirizzo allo Spirito Elementale. È la mente; ed attorno a questa forma pensiero

si raccoglie della materia astrale in modo che attraverso a questa materia astrale è possibile spostare

l’azione concepita nel piano mentale, spostarla fino al piano astrale, e dal piano astrale al piano fisi-

co. Ecco come è possibile: attraverso al passaggio della materia da un piano all’altro.

Se io vi dicessi che vi sono ancora delle forme pensiero, degli Spiriti Elementali artificiali che fu-

rono improntati, pensati, costituiti al tempo degli antichi egizi, voi certamente stentereste a credermi,

eppure è così.

D. - Uno Spirito Elementale artificiale, come può sopravvivere dopo che l’individualità che lo ha im-

prontato è trapassata?

R. - Perché non è legato a chi l’ha costituito, ma è legato al pensiero stesso che lo ha creato. Perché

il pensiero permane. Credo di avervi forse annoiati.

D. - Scusa, poiché ci hai parlato di questo, potresti parlarci anche di quella parte, categoria di Spiriti

Elementali naturali che compongono il nostro stesso corpo fisico come forze naturali?

R. - Sì, certamente. Come forze naturali. Tutte le forme di vita naturale che voi conoscete dalle scien-

ze naturali sono così come sono perché sono intessute di queste forme elementali. Ed a questi pro-

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cessi sono legate le individualità. Vi ricordate quando la vostra Guida vi ha detto che potrebbe darsi,

o potrà essere, che vi siano delle forme di vita non legate ad alcuna individualità? Queste forme di vi-

ta, le più semplici - la cristallizzazione - avvengono secondo leggi che regolano la materia del piano

fisico; ma altre vite un poco più complesse di queste avvengono in virtù degli Spiriti Elementali, delle

forme elementali. A queste vite sono poi legate le individualità, le quali, come voi sapete, dalla comu-

nicazione che hanno con questi veicoli fisici, con questi corpi fisici, e dagli urti che hanno dal mondo

nel quale vivono possono organizzare certi veicoli i quali, una volta organizzati, daranno da uomini

l’organizzazione della coscienza. È una cosa complessa ma è tutto così esattamente definito, tutto

esattamente calibrato, giusto, che niente v’è che vada fuori posto.

D. - E circa l’affermazione che questi Spiriti Elementali possono morire si deve intendere che muoio-

no queste forme pensiero?

R. - Sì, certo. Possono morire in questo senso: quando questo impulso mentale che li ha creati ces-

sa; in questo senso qui muoiono.

D. - Scusa, tu hai parlato delle forme pensiero create al tempo degli antichi egizi; ma esistono anco-

ra? Hanno una lunga durata!

R. - Oh, sì, lunghissima! Tutto sta nella forza che le ha improntate. Tutto sta in questo.

D. - Ma gli Spiriti Elementali naturali come fanno a morire dato che non hanno una nascita? Perché tu

ci hai parlato dell’origine di quelli artificiali; ma quelli naturali? La loro origine da cosa proviene?

R. - Dalla natura stessa, dall’emanazione stessa del Cosmo. È emanato un piano di esistenza ed è

emanato contemporaneamente tutto quanto si svolge in questo piano, tutto quanto si costruisce in

questo piano con tutte le esatte modalità.

Con tanti cari abbracci affettuosi, vi saluto.

Nephes

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08 Febbraio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Un caro saluto ed una benedizione a voi, o figli.

Dice un vecchio proverbio che bisogna battere il ferro quando ancora è caldo, e noi possiamo

parafrasare questo vecchio adagio e dire che occorre ribadire i concetti quando questi sono ancora

presenti e freschi nella vostra mente. E così riallacciandoci a quanto avemmo a dire sul libero arbitrio

noi rimaniamo ancora sull’argomento della natura dell’Assoluto parlando dell’Eterno Presente.

Questo Eterno Presente per voi, figli, è unicamente una sorta di archivio anticipato, una sorta di

deposito di tutto quello che deve essere, oppure è un “essere” in un attimo di durata eterna? Intendo

dire: l’Assoluto tutto sa perché tutto è - prestatemi un termine non esatto - tutto è prestabilito? Oppu-

re questo “tutto sapere” è una sorta di conoscenza nuova, di sapere nuovo, che voi e noi non riu-

sciamo a concepire? Desidero puntualizzare questo perché delle cose che voi avete intese e che io

sto per dire non vorrei che fosse travisato il concetto dell’Eterno Presente.

Supponiamo, figli, che l’uomo nell’ambito della sua libertà pura scelga di compiere una determi-

nata azione. L’Assoluto sa in anticipo quale sarà questa scelta solo perché nell’Eterno Presente tutto

è presente, oppure perché la sua onniscienza trascende questo semplice, in fondo, concetto di cono-

scere perché già è così? Mi sono spiegato?

D. - Scusa, è una domanda che ci fai?

R. - Sì, è una domanda, figli.

D. - Ma perché è nell’Eterno Presente, perché è Lui stesso, no?

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R. - L’Assoluto, che è anche l’Eterno Presente, sa quale sarà la scelta di una creatura fatta

nell’ambito della sua conoscenza, della sua libertà pura, perché in quanto Eterno Presente già vive,

già conosce quella scelta e già vede - mi siano concesse queste espressioni poco precise - la scelta

stessa, oppure lo sa e la conosce perché la Sua onniscienza trascende questo semplice modo di co-

noscere perché accade nell’intimo stesso? Mi seguite?

D. - Lui è Assoluto, deve per forza essere onnisciente.

R. - Appunto. Se noi poniamo da un canto la questione dell’Eterno Presente e del libero arbitrio

L’Assoluto è onnisciente e tutto sa, tutto conosce, questo è sottinteso; e questo concetto serve ad

ampliare quello che voi avete enunciato, e cioè che l’Assoluto sa e conosce tutto perché è l’Eterno

Presente e perché tutto, essendo l’Eterno Presente, vive in Lui in quell’attimo di durata eterna. Mi se-

guite? Ciò è vero, ma l’onniscienza dell’Assoluto trascende ciò che queste parole vogliono significare

semplicemente. Non so se io sono stato sufficientemente chiaro.

Ma torniamo, quindi, al libero arbitrio: l’uomo ha un libero arbitrio relativo e, ripeto, l’Assoluto co-

nosce tutte quelle che sono le sue scelte perché la Sua onniscienza è infinita, perché Egli è onni-

sciente. E non si può ammettere che, qualunque cosa possa accadere, Egli non la conosca prima

che l’uomo stesso la compia. Ma questo non perché è in Lui l’Eterno Presente, ma perché Lui è onni-

sciente.

Ma vi è l’Eterno Presente: che cosa significa? Significa che tutto quanto accade per l’uomo dilui-

to nel tempo, sparso nello spazio, nell’Assoluto è in un attimo, attimo eterno, presente. Vuol dire que-

sto che tutto è prestabilito e che l’uomo non ha libero arbitrio? No, figli. L’uomo ha un libero arbitrio

relativo ma nell’Eterno Presente tutto è presente, anche quelle scelte che l’uomo opera nell’ambito

della sua libertà pura; cioè quelle che, dal punto di vista umano, sono più imprevedibili e che non

possono essere preconizzate da un qualunque indice, da una qualunque previsione, supposizione,

da una qualunque traccia. Mi seguite?

Perché nell’Eterno Presente è tutto, tutto presente? Perché proprio questa è la prerogativa

dell’Eterno Presente; e ciò significa, forse, che tutto sia scritto? No, figli. Nell’attimo in cui inizia

l’emanazione di un Cosmo, nell’Eterno Presente tutto è già prima ancora che questa emanazione

abbia inizio per il tempo. Cercate di seguirmi nel concetto non rimanendo ancorati alle parole umane

che possono essere imprecise.

Ed il fatto che nell’Eterno Presente vi sia il tutto come conoscenza non vuol dire che l’uomo non

sia libero dal punto di vista anche assoluto. Io vi ho precisato che la libertà di cui gode l’uomo è quel-

la che... i vari tipi di libertà; vi ho anche detto che l’uomo è libero in quanto crede di essere libero, e

ciò non è in contraddizione con quanto qualche tempo fa ebbi a scrivere e qualche tempo fa avemmo

a dirvi nelle riunioni di questo genere.

Ma voi, figli, avete detto che, dal punto di vista dell’Assoluto, non esiste il libero arbitrio in quanto

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nell’Eterno Presente tutto è nello stesso attimo e quindi le cose non possono che svolgersi secondo

quanto è nell’Eterno Presente. Ciò è giusto ma può condurvi ad un errore di interpretazione; voi pote-

te pensare che tutto quanto avviene avvenga perché così è scritto e che non esista la libertà

dell’uomo, in nessun modo. E ciò non è esatto. Nel momento in cui nasce un Cosmo tutto un piano è

concepito, e questo Cosmo si svolge secondo il piano concepito; ma ciò non vuol dire che tutto deb-

ba essere perché così è scritto.

Supponiamo di avere a disposizione determinate creature le quali hanno il loro carattere, la loro

presenza, la loro età, la loro personalità, e di voler rappresentare una scena. L’autore, in base alle

creature disponibili, alla loro età, alla loro presenza, a qualche loro difetto, intesse un breve soggetto.

Ma ciò viene fatto proprio in funzione degli elementi disponibili. Ora, nell’attimo in cui viene rappre-

sentata la scena non possiamo dire che queste creature non siano state e non siano libere, in quanto

ciò che esse vivono, durante lo svolgimento della commedia, è determinato da quello che esse stes-

se sono. Così ciò che avviene in un Cosmo avviene come è perché tali sono gli elementi che vivono

in questo Cosmo. Nel momento in cui un Cosmo è concepito è come se tutto quello che avverrà du-

rante lo svolgimento del Cosmo fosse già avvenuto. E se è scritto che un qualche cosa debba avve-

nire in un determinato senso, è scritto così perché gli elementi sono quelli, o saranno quelli che sa-

ranno. Ciò non vuol dire che vi sia assenza di libertà, ma è un prevedere ciò che poi avverrà sponta-

neamente. Sono riuscito a spiegarmi?

In sostanza, supponiamo di prendere in esame la riunione di questa sera. Ciascuno di voi ha par-

lato o non ha parlato; alcuni sono intervenuti, altri no; e questo è avvenuto nell’ambito della vostra li-

bertà quale è: relativa. Alcune piccole mosse, alcuni atti più o meno importanti, possono essere stati

dettati, o sorti, nell’ambito della vostra libertà pura. Mi seguite? Ebbene, quello che è accaduto è

l’Eterno Presente; voi avete agito nell’ambito della vostra libertà relativa. È vero? Ed ora supponiamo

di poter tornare indietro nel tempo e di ricominciare tutto da capo; tutto si svolge secondo l’Eterno

Presente. Perché? Perché tutto ciò che accade è presente in anticipo rispetto a voi; è... non possia-

mo dire “previsto”, è. Ma ciò non vuol dire che sia scritto secondo una predestinazione, secondo

un’idea fatalistica; ma è - se potessimo dire - vissuto in anticipo. Ecco perché esiste il libero arbitrio

relativo delle creature. Nell’Eterno Presente è tutto quanto accadrà anche nell’ambito della vostra li-

bertà pura, tutte le scelte che voi farete, e che farete proprio nell’ambito di questa libertà: liberamen-

te, se vogliamo per un istante allargare il concetto del libero arbitrio. Ma ciò non vuol dire che sia

scritto, che sia predestinato, che voi siate coercitivamente portati a compiere quelle azioni perché so-

no scritte nell’Eterno Presente. No, figli cari. Nell’Eterno Presente vi sono perché tutto è presente

nell’attimo, un attimo eterno; Dio le conosce - se così possiamo dire - perché Egli è la onniscienza, la

conoscenza assoluta: concetto che trascende il “conoscere” puro e semplice, perché in Lui v’è

l’Eterno Presente, o perché Egli è l’Eterno Presente.

D. - Scusa, sembrerebbe allora... noi viviamo in una successione di tempo quindi per noi è una cosa

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lunga. Invece nell’Assoluto non essendoci il tempo Egli ha la visione completa di tutto quello che per

noi si svolge nel tempo.

R. - Tutto è presente in Lui in un attimo eterno.

D. - Questa onniscienza dell’Assoluto è per questo, no?

R. - Oltre questo. Se per assurda ipotesi nella natura dell’Assoluto non vi fosse l’Eterno Presente, E-

gli conoscerebbe o no?

D. - Sì. Certo.

R. - Conoscerebbe egualmente.

D. - La causa dell’Eterno Presente è l’onniscienza.

R. - Perché il concetto dell’onniscienza supera il concetto dell’Eterno Presente. È superiore, o - come

ha detto il figlio S. - origina, è la causa dell’Eterno Presente. Quindi, figli, è vero che guardando le co-

se non dal punto di vista dell’uomo, dell’illusione umana, dell’uomo che crede di avere il libero arbitrio

e che per questo egli crede di essere libero, egli in sostanza gode di una certa libertà; non guardando

le cose da questo punto di vista, ma anche dal punto di vista della realtà e dell’Eterno Presente tutto

quanto accadrà all’uomo è nell’Eterno Presente; ma ciò non vuol dire - lo ripeto ancora una volta -

che l’uomo non abbia libertà, che tutto quello che compie creda di compierlo nella libertà ma che egli

non l’abbia e che questa libertà non esista. Le cose non stanno in questi termini così rigidi e stretti. Il

concetto del libero arbitrio e dell’Eterno Presente e dell’onniscienza dell’Assoluto, hanno un più ampio

respiro e non sono in contraddizione fra loro. Quanto voi vivete oggi è come se lo aveste già vissuto;

ecco perché è nell’Eterno Presente: lo avete già vissuto nell’Eterno Presente. Andate oltre il senso

delle parole. Ma ciò non vuol dire che la vostra libertà relativa che avete venga manomessa; e ciò

non vuol dire, soprattutto, che l’onniscienza di Dio sia definita, contenuta, che scaturisca dall’Eterno

Presente, da tutto quello che esiste, e dall’esistere in un attimo scaturisca la possibilità di conoscere

di Iddio: questo trascende il concetto dell’Eterno Presente.

Meditate su queste parole che vi ho dette cercando di penetrare i concetti, andando oltre le paro-

le umane che non possono esprimere chiaramente questa realtà. Ed io spero di poter tornare su

questo argomento quando vi sarà un poco più familiare.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Che possiate avere sempre la salute di anima e di corpo. Maddalena vi saluta. Alcuni di voi non

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mi hanno sentito mai prima di questa sera. Ed io con gioia, dopo qualche tempo, torno fra voi.

Vi sono gli studiosi di questi fenomeni, fenomeni di questo genere, studiosi di poteri inconsueti

per l’uomo, che hanno notato come gli uomini primitivi abbiano una maggiore intuizione degli uomini

civilizzati; come gli uomini mentalmente semplici abbiano un sesto senso che gli uomini mentalmente

complicati non hanno. Ebbene, questo è vero. I primitivi hanno dalla natura, come contropartita,

l’istinto sviluppato fino ad avere veramente e propriamente una forma di sensibilità intuitiva che sup-

plisce alla riflessione.

E questa stessa cosa è vera anche per le difese dell’organismo. Gli uomini dei tempi andati,

quando la medicina non era così progredita come oggi, avevano un organismo che reagiva molto più

intensamente agli attacchi degli agenti esterni. Bastava poi che l’uomo prendesse un semplice decot-

to di un’erba innocua con la ferma convinzione che questa fosse una prodigiosa medicina, che vera-

mente il suo organismo reagiva in modo così intenso che anche certe malattie che oggi sono debella-

te unicamente dagli ultimi farmaci della medicina, allora venivano stroncate con facilità. Ciò proprio

per questa stessa risorsa dell’organismo di cui vi dicevo prima. Basta che nell’uomo vi sia una ferma

convinzione che un qualunque medicamento sia efficace, che il suo organismo reagisce in modo im-

prevedibile. L’omeopatia dal punto di vista della medicina di oggi quale senso può avere? Nessuno. Il

curare una malattia somministrando un medicamento diluito tanto da lasciare unicamente le tracce!

Quale forza volete che abbia, in sé e per sé, una tal pozione nei confronti del male? Niente. Eppure

la mente dell’uomo comanda al suo corpo fisico e la malattia viene vinta come se il malato avesse in-

gerito l’ultimo ritrovato della farmacologia. Ciò ancora oggi si verifica, ma mai come fra i popoli primi-

tivi che hanno quell’intuito che supplisce alla riflessione; come fra i popoli primitivi che hanno quella

sensibilità che supplisce alla conoscenza. Chi dei due, gli uomini primitivi e gli uomini civilizzati, è nel

giusto? Chi dei due è nella norma? Entrambi, perché entrambi seguono una legge; entrambi vivono

nel modo che debbono vivere; i primi aiutati dalla natura, gli altri dalla scienza che è egualmente una

cosa naturale e divina.

Forse io vi ho annoiato, ma vorrei vincere in taluno di voi quella repulsa per la scienza umana,

quel senso di repulsione per i metodi di cura che oggi l’uomo civilizzato conosce. Niente di più errato

può esservi di questa concezione, perché la scienza di oggi - ancora ve lo ripeto - supplisce alla for-

ma di reazione naturale che era nell’uomo di ieri. Ed allora sarebbe innaturale pensare di avere nel

proprio organismo semplicemente a disposizione quelle risorse che invece non vi sono più. E sareb-

be anche innaturale che l’uomo non reagisse a certi malesseri, a certe forme di esaurimento, a qua-

lunque piccolo o grande accidente incontrasse il suo veicolo fisico. È naturale ed è doveroso, per

l’uomo, curarsi, avere fiducia di guarire, di superare. Nessun senso di fatalismo vi amareggi, ma la fi-

ducia sempre sia in voi. E sempre possiate avere la salute di anima e di corpo.

Maddalena

Cari amici, Alan vi saluta.

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Sì, certo, sono io. Non mi aspettavate? Questa sera avete parlato del Karma! Certo è un argo-

mento, anche questo, che è molto complicato; ma voi siete in temi di... matematica superiore. Fa pia-

cere vedere che voi progredite, per lo meno... nelle discussioni! Non è detto con cattiveria, è una

semplice battuta di poco spirito. Anzi, di un... povero Spirito!

Sì, certo, rispetto al Karma esiste una differenza fra ciò che l’uomo pensa e ciò che l’uomo fa. Se

una creatura pensa di rubare, pensa nel senso di avere questa intenzione, questo stimolo... Perché,

per esempio, io posso... sono un tipo fantasioso e la sera, prima di addormentarmi, mi vedo coinvolto

in un insieme di avventure. Questa sera voglio pensare di essere un celebre ladro internazionale e di

rubare alla banca... a una banca...

D. - Alla Banca d’Italia!

R. - Banca d’Italia? Sì! C’è qualcosa da rubare? Voi capite, questo pensiero non farebbe di me un la-

dro; se mai un tipo un po’ ambizioso che va a sfogare la sua ambizione vedendosi, sognandosi pro-

tagonista di certi episodi che adulano il suo io. Quindi il pensiero di rubare deve essere un pensiero di

una creatura che veramente desideri, in un certo senso, impossessarsi della roba altrui; altrimenti è

un pensiero fantasioso. Oppure, ad esempio, una creatura sensibile riceve il pensiero, telepaticamen-

te, di un’altra creatura che desidera di rubare. Ecco che qua è una trasmissione di pensiero e quindi

non possiamo dire che la seconda creatura sia un ladro.

Il Maestro Cristo, entrando in un ambiente, percepiva la natura dei pensieri e dei desideri di que-

sto ambiente. Allo stesso modo un sensitivo molto sviluppato. Ebbene, come si percepisce un desi-

derio? Pensando all’oggetto di questo desiderio. Così… facciamo un esempio che non scandalizzi

nessuno, perché qui vi sono delle signore e signorine di ogni età: un bell’assortimento! Il desiderio di

mangiare. Ecco che vicino a una creatura che ha un desiderio di mangiare va un sensitivo; come av-

verte questo sensitivo il desiderio di mangiare della creatura che gli sta accanto? Pensa al cibo. Ora

non possiamo dire che il sensitivo sia affamato, no. Dunque, tutto questo panegirico per dire che

pensare ad una cosa avendone il desiderio e l’intenzione: questo è quello che è indicativo.

C’è una differenza fra il desiderare di fare una cosa ed il farla? Ai fini dell’individuo nessuna. Co-

lui che desidera di rubare vuol dire che ancora non ha superato il furto; vuol dire che vi è ancora una

piccolissima parte nell’essere suo che fa parte di un ladro. Sono chiaro?

D. - Ma ai fini del Karma?

R. - Ai fini del Karma vi è una differenza fra il desiderare e il non mettere in atto questa azione, ed in-

vece il metterla in atto; certamente. Sempre per rimanere in tema prendiamo un semplice caso che

finisce qui, che non fa testo, come è in uso, è vero? Supponiamo che io desideri impossessarmi di

una cosa di un’altra creatura e vi pensi continuamente: non vi è dubbio che io sia un ladro. Però non

metto in atto questo proposito. Che cosa vuol dire? Vuol dire che vi è qualcosa che mi ha impedito:

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può essere il timore di andare in galera, può essere invece un semplice richiamo della coscienza. Ed

a seconda di questa inibizione noi diremo che l’uomo non è completamente ladro e, in un certo sen-

so, non ha posto in atto il suo progetto perché vi è stato qualcosa che glielo ha impedito. Se è stato

un richiamo della coscienza egli non è completamente un ladro incallito, vi è qualcosa per cui egli è

riuscito a non compiere l’azione. Che cosa accade? Quale può essere il suo Karma? Ripeto, quello

che io dico è unicamente indicativo, non è che sempre sia così. Ecco che nella vita successiva, o

quando il Karma vorrà ricadere su di lui, egli che in quel momento avrà maggiormente superato il de-

siderio di rubare - questo è sottinteso - ecco che accadranno certe circostanze, certe concomitanze,

per cui lui sarà sospettato di furto. La fiducia che egli potrà godere avrà un leggero ottenebramento

per cui da un semplice fatto, da un qualunque episodio di nessuna importanza di conseguenza pena-

le, morale, civica, potrà invece venire leggermente danneggiato, impedito; per cui da questa espe-

rienza, da questo piccolo contrattempo che avrà avuto, egli meglio comprenderà quanto sia impor-

tante non rubare e non tradire soprattutto... - come posso dire? - la... fiducia, se questo comporta;

perché a volte può darsi che non comporti questo. Insomma l’effetto sarà proporzionato alla causa

mossa.

Voi non dovete pensare che un semplice pensiero che può passarvi dalla mente comporti un

Karma materiale, di azione, in una vita futura. No. Karma, l’effetto, è proporzionato alla causa che è

stata mossa. Se la causa è stata mossa nel mondo, se è stata compiuta un’azione, l’effetto sarà

un’azione. Se è stata mossa con un pensiero, con un desiderio, l’effetto sarà analogo. Mi sono spie-

gato? Ma nei confronti della evoluzione individuale, ripeto, il furto o qualunque altra cosa non è supe-

rata fino a che rimane l’intenzione, il desiderio, il pensiero di quella cosa.

Pace a voi.

Alan

Salve. Io non so come io riesco a parlarvi, se voi mi intendete chiaramente.

Nella ultima mia incarnazione fui un negro ed è per questo che vengo a parlarvi di un problema

del mondo che voi conoscete giorno per giorno: il problema razziale dei popoli nuovi. Ancora molto

sangue sarà versato in Africa, e non solo fra le popolazioni di colore; più vicino al vostro Mediterraneo

dai paesi arabi con nuovi popoli. Ma tutto quello che avviene e che ha come oggetto la gente di colo-

re ha un significato: che debbano cadere, una volta per tutte, queste distinzioni, questo giudicare le

creature umane secondo la razza alla quale appartengono. Quello che gli uomini possono fare con le

leggi è solo un primo passo che serve a distruggere questo binario che tramanda nel tempo la se-

gregazione razziale. Ma una volta distrutto questo abituare gli uomini a sentirsi distinti secondo la

razza alla quale appartengono, una volta distrutto questo che dà questa perfida abitudine, occorrerà

cambiare l’intimo degli uomini; a poco a poco, anche questo avverrà.

Vorrei che voi vedeste, come io vedo chiaramente, quanto importante sia questo cambiamento.

Non è importante trovare nuovi metodi. Che significato ha? È l’uomo, il singolo, che deve cambiare. E

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questa è la vera riforma che occorre prospettare, che occorre far conoscere.

Vorrei tanto, ancora, poter far qualcosa; anche se so che tutto questo avverrà, perché deve av-

venire, così è la legge; tuttavia vorrei anch’io, ora, partecipare attivamente allo svolgersi di questo

piano. Anche voi partecipate non pensando in termini di distinzione, considerando tutti veramente fra-

telli, non lasciandovi preda di simpatie ed antipatie, vincendo questi impulsi.

Vi saluto.

Entità Ignota

Sono Yogananda e vengo a chiudere questo incontro per la vostra Guida che non è presente in

questo momento.

Tutti vi benedico. Pace.

Yogananda

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22 Febbraio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Un saluto ed una benedizione a tutti voi, o figli.

Dalla vostra conversazione di questa sera dobbiamo ancora una volta ribadire il concetto

dell’Assoluto e ricordarvi che per Assoluto non intendiamo unicamente la realtà di ciò che “è”. Dob-

biamo quindi dire: il concetto dell’Uno-Assoluto. Perché è vero che l’Assoluto è tutto, che tutto quanto

avviene, avviene in virtù di precise leggi; che l’Assoluto, quindi, è queste stesse leggi e queste stesse

leggi sono nell’Assoluto. Ma non dobbiamo dimenticare, o cari, che tutto quanto voi vedete o potete

immaginare, tutto quanto “è”, è un unico esistere in modo organico, un unico esistere preciso conca-

tenato, collegato; è un unico esistere che tende ad un fine; e tutto questo svolgersi del Tutto, tutto

questo vivere del Tutto, è concatenato, collegato, unito, avente uno stesso fine, perché Dio è l’Uno-

Assoluto, perché vi è questa “unità” dell’Assoluto.

La vita di un Cosmo si riassume nel Logos; non vi sarebbe bisogno del Logos, figli, se potessimo

fare, al fine di comprendere, una analogia fra l’Assoluto ed un Cosmo. Non vi sarebbe bisogno del

Logos se Dio fosse l’Assoluto senza essere l’Uno-Assoluto. Perché nel Cosmo vi sono le leggi, il Co-

smo si fonda e vive in virtù di queste leggi, eppure vi è il Logos nel quale si riassume tutta la vita del

Cosmo.

Il corpo dell’uomo vive, vive in virtù di certe leggi biologiche, eppure tutta la vita del corpo

dell’uomo si riassume nel suo cervello.

Dunque, figli, l’Uno-Assoluto è tale e non potrebbe essere diversamente, perché se non vi fosse

un riassumersi - in questa unità - del Suo essere, non potrebbe tutto volgere ad un unico fine, non

potrebbe tutto esistere in modo unito, collegato; non potrebbe esistere, non potrebbe essere.

Nell’Uno si riassume tutta la vita dell’Assoluto. Ecco perché l’Uno è amore, ecco perché l’Uno è onni-

scienza, ecco perché l’Uno è l’Eterno Presente. Ecco perché voi, nel concetto dell’Assoluto, non ritro-

vate una idea panteistica ma trovate qualcosa che sembra a voi essere in contrasto con questa. Tro-

vate anche un concetto di Dio quasi individualizzato. Dio è l’Uno-Assoluto, e proprio perché è l’Uno

noi possiamo parlare di onniscienza, di onnipresente, di Eterno Presente, di amore. L’Uno-Assoluto:

l’amore, la vita.

Così, figli, meditate su queste affermazioni; cercate di non errare, di non intendere che l’Assoluto

sia la realtà di ciò che “è” unicamente, che non vi sia un riassumersi del Tutto, di tutto ciò che “è”, che

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esiste in un qualche cosa. Tutto ciò che “è” esiste; ovverosia l’Assoluto si riassume, vive, fa capo

nell’Uno, in Lui.

E cercate di non cadere nell’errore di pensare a Dio unicamente come all’Uno separato e distinto

da ciò che “è” o dalla Sua “creazione”: che il Cosmo sia una creazione e non una emanazione; que-

sto dovete cercare di comprendere. Nell’Uno perché l’Assoluto in questo Uno si riassume; in questo

Uno è la unica direttiva, l’unico fulcro del Suo essere, della Sua infinita esistenza.

Avete anche parlato, accennato, al libero arbitrio.

L’uomo è o non è libero? Io questo vi domando: voi siete costretti ad agire in un solo senso? Voi

non potete non compiere una sia pur piccola azione anche se questa vi viene suggerita, anche se a

questa siete influenzati?

Voi dunque credete che vi sia posta un’alternativa sapendo che la soluzione che voi sceglierete

sarà una, e che quindi questa alternativa vi è posta unicamente per torturarvi?

Che cosa significa essere liberi? Noi non abbiamo mai parlato - a meno che non ci siamo riferiti

all’uomo evoluto, all’individuo evoluto - di libertà assoluta. Ma il fatto che la vostra libertà non sia as-

soluta non vuol dire che voi non abbiate libertà. Se il vostro veicolo fisico ha bisogno di cibo, quindi

voi siete in questo senso influenzati, voi unicamente per affermare il principio potete non mangiare

ora; ed io ho scelto un esempio che riducesse al minimo questa vostra libertà, libertà relativa. Ma il

fatto stesso che questa libertà sia relativa non vuol dire che non sia un tipo di libertà. Non è libertà

assoluta, ma questo noi senza ombra di indugio, senza parvenza di indecisione, sempre lo abbiamo

affermato. L’uomo nello stadio di evoluzione quale è non ha la libertà assoluta. L’uomo è influenzato

da un’infinità di fattori ma non è costretto. L’uomo ha, nell’ambito di questa sua libertà relativa, la

possibilità di fare o non fare determinate cose, ed anche se è influenzato in un senso o nell’altro può

- con atto volitivo - non fare una cosa, andare contro l’influenza che subisce. E non è questo un tipo

di libertà? E allora perché tanta indecisione?

Noi abbiamo parlato molto di libero arbitrio, figli, ma non perché abbiamo cercato di dire una co-

sa che in realtà non è; non perché abbiamo cercato di imbrogliare le vostre idee per farvi credere una

cosa che in realtà non è quale noi l’abbiamo detta. Abbiamo parlato tanto perché voi confondete an-

cora oggi il concetto di libertà assoluta con quello di libertà relativa, e quando voi dite che l’uomo è in-

fluenzato voi affermate che l’uomo è costretto, che l’uomo non può in nessun modo sfuggire a questa

influenza, a questo fattore che viene dal di fuori di lui, o che viene anche dal dentro di lui.

È solo assenza di libertà ciò che l’uomo, anche contro o con la sua volontà - o meglio con la sua

volontà - non può non fare: quella è assenza di libertà. Ma laddove esiste la possibilità, con atto di vo-

lontà, di opporsi ad una influenza, là vi è un tipo di libertà che noi abbiamo definita libertà relativa. So-

lo quando l’individuo sarà al di fuori di ogni influenza godrà di una libertà pura, che si identificherà

nella libertà assoluta per colui che ha raggiunto la realtà.

Abbiamo sottilizzato, figli, abbiamo cercato di illustrarvi questi tipi di libertà che esistono; ma voi

ancora non avete le idee esattamente chiare. Auguriamoci che sia la volta buona.

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In quanto poi alla domanda che ha fatto il figlio L., che può forse - anzi senz’altro - valere per tutti

e che ci dà motivo di distinguere, di sottolineare ancora una volta come deve essere inteso

l’insegnamento, questo dobbiamo dire: voi avete accostato questo nostro insegnamento a certe reli-

gioni orientali. Forse vi sono molti punti di contatto, specialmente per quanto può riguardare alcune

leggi: la visione del sistema architettonico di questo Cosmo ma non per quanto riguarda l’individuo.

Perché, figli, noi neghiamo che una creatura senza conoscere se stessa, solo per il semplice fatto di

essere indirizzata dalla sua religione, debba ritirarsi dal mondo e cerchi di annullare, vincendo se

stessa, la sua personalità. Noi neghiamo che questo possa avere un qualche valore.

L’uomo deve conoscere se stesso, deve sapere che è un tutto, che fanno parte di lui i suoi desi-

deri, i suoi pensieri e gli slanci più alti che la sua coscienza possa concepire. L’uomo è tutto uno, Spi-

rito e materia, e non deve illudersi di potere con la violenza annientare la materia perché il solo Spiri-

to rimanga.

È vero che un giorno, figli, che io auguro a ciascuno di voi di prossima venuta, l’uomo sarà uni-

camente Spirito; ma è altresì vero che quel giorno i suoi desideri, i suoi pensieri, saranno egualmente

suoi. E ciò che egli crederà quel giorno lo crederà per intima convinzione. Quel giorno non vi saranno

più dubbi se fidarsi o non fidarsi: sarà sicuro di essere nella realtà. Ma prima di allora, figli, non è vero

che l’uomo sia un essere inutile e che l’uomo debba soffocare, allontanare i suoi desideri, i suoi pen-

sieri più banali, per lasciar posto a quelli più alti, solo per il fatto che ha desideri e pensieri e conce-

zioni alte. Ha ideali morali, figli, ed ha desideri egoistici: conosca e comprenda se stesso. Non viva

unicamente per i desideri egoistici né soffochi questi con la violenza unicamente per lasciar posto agli

ideali morali, perché sarebbe non spengere un fuoco ma farlo covare sotto, finché giorno verrebbe

che questo fuoco divamperebbe più violento, tutto assieme. Dunque, conoscete voi stessi. Come fare

a fidarsi degli ideali morali, di certi bagliori di intuizione che ci vengono? Accettarli e discuterli ogni

giorno finché ogni ombra di incertezza svanirà, accettarli restando nel mondo fra gli uomini, vedere

se questi ideali, questi concetti, ci spingono ad amare di più i nostri simili, ci spingono a migliorare noi

stessi non già cadendo in una sorta di tipica orientale abulia, non già cadendo in uno stato di vita mi-

serevole sotto ogni aspetto, ma rafforzando la volontà di tendere al meglio, a quel meglio che la no-

stra coscienza ci suggerisce.

Certo che noi possiamo aiutarvi e lo facciamo di tutto cuore, figli cari. Per questo aiuto occorre

stabilire un dialogo fra noi e voi ed è per questo che, da molti dei vostri anni, noi parliamo con voi.

Siano dunque sempre benvenute e bene accettate le conversazioni, figli, purché siano fattive, siano

da voi mosse, ricercate, richieste, e noi non mancheremo di rispondervi, di mostrarvi quali possono

essere le interpretazioni non giuste.

Ma soprattutto, figli, non dovete cadere in uno stato di tepidezza, non dovete pensare che quello

che voi fate, non essendo e non rappresentando la perfezione, sia inutile il farlo. Non è questa

l’intima convinzione che fa superare il desiderio egoistico dell’individuo non è questo l’intimo convin-

cimento che questi pensieri di ordinaria amministrazione, questi desideri banali, debbono essere su-

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perati non perché scoloriscono se raffrontati ad un ideale; non per questo vanno superati. Conoscete

voi stessi: vivete tendendo all’ideale più elevato che riuscite a concepire, pur non dimenticando - e

non lo potete dimenticare se realmente conoscete voi stessi - che non siete unicamente quell’ideale,

che voi siete tutto uno, Spirito e materia, l’ideale ed anche l’egoismo. In ciò non vi sia ombra di ram-

marico ma di serena fiducia di riuscire a superare, nell’intima convinzione, questo errato concepire

del vostro essere, questo transitorio concepire di voi stessi.

Dico “transitorio” perché la vostra personalità è il frutto di ciò che foste ma è anche il trampolino

di lancio di ciò che sarete, e negare il valore contingente di essa significa cadere nell’errore delle reli-

gioni orientali le quali tolgono, in sostanza, ogni valore alla vita, riducono la vita ad un lavoro di distru-

zione mentre, figli, non è distruzione e non è solo distruzione: è edificare un nuovo essere, ed ogni

giorno è edificare un nuovo essere giorno per giorno nella serenità, nella intima convinzione, nella fi-

ducia. Non nel rinnegare, non nel condannare, perché ogni e qualunque rinnegare, ogni e qualunque

condannare fatto con troppo entusiasmo e con troppo vigore altro non è che una chiara, netta, ine-

quivocabile dimostrazione di uno stato intimo d’essere in quel senso che tanto si avversa.

Non altro ho da dirvi per questa sera se non lasciarvi sempre con l’invito di scambiare le vostre

idee senza timore di offendere l’idea, l’insegnamento; ma parlare, discutere, per cercare sempre me-

glio di comprenderlo.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

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29 Febbraio 1964

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Alcune volte, o figli, voi vi soffermate su certi argomenti unicamente per fare delle domande sen-

za che vi sia veramente una volontà di chiarimento. Ciò è dettato dall’amore che voi ci portate e dal

desiderio di darci un tema, di postulare un problema, per poi sentire la nostra spiegazione. Mi pare

che questa sera, e tutto quello che questa sera è stato detto, o figli, rientri proprio in questo particola-

re vostro atteggiamento psicologico. Ma ciò non toglie che noi vi rispondiamo ancora una volta ben

sapendo che tutto quanto voi possiate avere compreso da ciò che noi vi abbiamo detto non può certo

essere aumentato di molto da quello che potremo dirvi, perché l’incertezza - se incertezza vi è e se di

incertezza si può parlare - non è così pressante come qualcuno può credere.

L’Uno-Assoluto! Perché mai Israele, che porta il vanto fra le razze più a voi vicine di professare

da molti dei vostri anni una religione monoteistica, avrebbe creduto - in base a ciò che i Profeti, gli Il-

luminati, i Saggi hanno insegnato - avrebbe creduto in un unico Dio, e quale senso, quale significato

poteva avere nell’insegnamento di un Profeta, di un Saggio, di un veggente, di un Illuminato, parlare

di un unico Dio se nell’Assoluto non vi fosse questa unità, se Dio non fosse Assoluto, Uno-Assoluto.

Le intuizioni che in questo campo gli uomini più sensibili, più ricettivi potevano avere, certamente se

Dio non fosse stato l’Uno-Assoluto, non potevano condurre o spingere i loro simili a credere nell’unità

di Dio, nel monoteismo; perché, figli, se non vi fosse questa unità, se non vi fosse l’Uno-Assoluto ma

unicamente si dovesse parlare di Assoluto, allora sarebbe più chiaro il politeismo, perché sarebbe più

chiaro e più giustificato vedere in questo mare sia pure infinito - che sarebbe l’Assoluto - emergere

da questo insieme di leggi, di misteri, di forze, di cose sublimi, emergere delle individualità evolute le

quali, proprio perché sono individualità, conservano la capacità di una autocoscienza, di auto-

conoscersi, la consapevolezza di loro stesse, ed a queste l’uomo si sarebbe rivolto per essere aiuta-

to.

Perché parlare di monoteismo, di un unico Dio, se nel concetto dell’Assoluto noi non facciamo

rientrare il concetto dell’Uno-Assoluto? Dio non è, figli, rappresentato né costituito - parlando con pa-

role povere, come voi avete detto - da tutto quanto esiste; ma tutto quanto esiste, esiste come “è” in

un’unica direttiva, con un unico e medesimo fine, con un ordine preciso prestabilito, con una compe-

netrazione unica, e tutto ciò si riassume nell’unità, in Dio, nell’Uno. Ciò vuol dire che tutto quanto esi-

ste nell’infinito non ha vita a sé stante, non ha moto proprio, non è chiuso, ma è unito, collegato, ten-

dente e volgente ad un unico fine, facente capo ad una unità, a Dio che è Uno. L’Assoluto vuol dire

tutto quanto “è”, tutto quanto esiste; e dicendo questo non necessariamente noi ammettiamo che tut-

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to quanto “è”, tutto quanto esiste esista in modo unito, collegato - come prima vi dicevo - tendente e

volgente ad un unico fine, facente capo ad una unità; ma dicendo Uno-Assoluto noi, per quanto le

umane parole possano permettere, diamo una definizione che, invece, proprio questo vuol dire, pro-

prio questa realtà vuol significare.

Se noi pensiamo ad un prato di erba senza andare oltre a ciò che gli occhi fisici possono vedere,

e cioè le pianticelle di erba, questo prato non ha una forma obbligata, ma gli agenti atmosferici od al-

tre ragioni possono modificare l’estensione del prato. Ma se noi pensiamo ad un corpo fisico, al corpo

fisico di un uomo, noi vediamo che questo corpo fisico corrisponde a precisi dati somatici propri della

razza alla quale appartiene; e ciò perché il corpo fisico dell’uomo che vive trova riassunto nel suo

cervello fisico la vita stessa di tutto il corpo. Mentre nel prato non vi è questo riassumersi. Così il

“riassumersi”, il fare capo nell’Assoluto all’Uno, vuol dire proprio questo, figli: questa unità, questo

trascendere la totalità delle cose, questo monoteismo del quale, appunto, le religioni più illuminate

hanno affermato l’esistenza. Questo vuol dire.

Che poi questa unità, questo Uno dell’Assoluto non sia localizzabile, come invece avviene per il

cervello, nel nostro esempio, nel corpo fisico dell’uomo è un’altra cosa. Noi non possiamo, in un Co-

smo, localizzare dove è nello spazio un Logos. Il Logos è il centro ideale del Cosmo ma non può es-

sere ubicato nello spazio, nello spazio del piano fisico, soprattutto. Eppure, pur essendo “centro idea-

le” e pur non essendo possibile localizzarlo nello spazio fisico, figli, voi potete immaginare quale im-

portanza ha il Logos. Se non vi fosse il Logos, che è il fulcro della manifestazione cosmica, che rap-

presenta l’unità del Cosmo, se non vi fosse questo Logos non vi sarebbe una vita cosmica con una

medesima finalità; non vi sarebbe, forse, nessuna vita cosmica poiché sarebbe un insieme fortuito di

elementi che, essendo uniti insieme, originano un carattere precario e provvisorio, un qualche feno-

meno. Ma la ragione, l’ordine, lo svolgersi preciso, equilibrato e soprattutto con unica finalità della vita

cosmica, trae origine, sostegno proprio dal Logos, dal fulcro del Cosmo, dalla pietra cubica del Co-

smo, dal primo alito di manifestazione del Cosmo.

Se noi potessimo paragonare un Cosmo all’Assoluto - dico “potessimo” - noi vedremmo che

l’Assoluto sarebbe il Cosmo, la totalità di ciò che è nel Cosmo e l’Uno sarebbe il Logos, che è appun-

to il fulcro di questo Cosmo, ciò che “riassume” la vita di questo Cosmo. Ma non possiamo prendere

questo esempio altro che in modo vagamente indicativo per comprendere l’Uno-Assoluto. Vagamen-

te indicativo - dico - perché voi lo saprete, forse, se di questo argomento continuerete a parlare nelle

prossime vostre riunioni, prossime non per dire, certo, immediate.

Ma del resto, pensando a quanto vi abbiamo detto altre volte, voi potete vedere come dell’Uno-

Assoluto sempre vi abbiamo parlato; ma come questo solo oggi, per voi, cominci ad acquistare un si-

gnificato più preciso, più definito. Ed allora non vogliamo fissare, sia pure con un esempio,

l’estensione dell’infinito; né fissare, sempre in forza di questo esempio, i caratteri dell’Uno-Assoluto.

Voi comprendete che è impossibile; ma è impossibile anche nella ragione contingente di comprende-

re: non possiamo prendere per esatti gli esempi e le analogie che noi possiamo fare, perché il fissarci

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troppo in questi esempi ed in queste analogie potrebbe precluderci - domani - la comprensione ad al-

tri concetti più ampi. Potrebbe precluderci la possibilità di allargare l’orizzonte del nostro comprende-

re.

Prendete dunque questi esempi che noi vi facciamo parlando dell’Assoluto unicamente come e-

lementi transitori per una comprensione di oggi. Non fanno testo, figli. Ciò che noi enunciamo come

principio sì, ma la spiegazione che noi vi diamo nella presente contingenza no. Noi vi diciamo che Dio

è l’Uno-Assoluto, ma per farvi comprendere ciò che significa questa affermazione possiamo darvi

degli esempi che hanno lo scopo di farvi comprendere qualche cosa oggi; ma questo “Dio è l’Uno-

Assoluto” domani può avere un significato molto più vasto che l’esempio di oggi non riesce a conte-

nere né ad illustrare. Quindi, figli, per questa ragione noi ci permettiamo di paragonare l’Uno-Assoluto

ad un Cosmo, per farvi comprendere che cosa vogliamo significare con questa parola Uno-Assoluto.

Ma pregandovi di tenere ben presente che la vastità dell’essere dell’Uno-Assoluto non può certo es-

sere contenuta da questo esempio così ristretto.

E di una malleabilità, di una duttilità mentale noi dobbiamo parlare: ad esse noi dobbiamo, figli,

appellarci per comprendere questi concetti che trascendono le comuni comprensioni degli uomini. Voi

non potete pensare di comprendere un concetto, né vederlo delineato nelle sue linee essenziali, né

intravederlo lontanamente - un concetto di questo genere, del Dio-Uno-Assoluto - se voi rimanete

strettamente, rigidamente ancorati al senso e al significato delle umane parole. A volte la realtà di ciò

che “è” può essere resa attraverso ad un controsenso. Quante volte noi siamo ricorsi a questo e-

sempio dell’uomo evoluto che “ama la vita ma è pronto a lasciarla come colui che la odia”. Ma quale

altro apparente controsenso può esservi di più efficacia, di più significativo dell’Eterno Presente? Ma

se voi volete comprendere ciò che queste parole vogliono significare, non dovete unicamente restare

fermi ad una interpretazione scolastica di ciò che noi diciamo, ad una interpretazione letterale.

Noi ci fermiamo al significato delle parole quando vi parliamo di cose vostre personali; eppure,

anche allora, non siamo esattamente compresi. Ma quando, figli, affrontiamo questi argomenti - che

del resto voi stessi avete richiesti, avete sollecitati - allora ciò che noi vogliamo dire va oltre ciò che le

nude, fredde, semplici parole possono significare per la vostra lingua. E voi dovete certamente sfor-

zarvi di comprendere ciò che sta oltre il velo, ciò che sta oltre la forma, ciò che sta oltre la lingua.

Quindi, figli, quando vi sono degli argomenti che possono essere chiariti da voi, ciascuno di voi si

operi per chiarirli. Quando invece le difficoltà di comprensione sono effettive, come nel presente ar-

gomento, allora noi ben volentieri cerchiamo di ripeterci, di dire con altre parole ciò che vogliamo si-

gnificare; di trovare nuovi esempi per meglio illustrare il nostro pensiero, se così possiamo chiamarlo;

ma sempre, figli, dobbiamo ricordarvi questa avvertenza: che gli esempi, le illustrazioni, le esemplifi-

cazioni e tutto quello che voi volete che noi possiamo dire per illustrare i principi, hanno un valore

contingente che non possono essere presi come “testi”, non possono essere presi come esempi che

contengono tutto quanto v’è da dire su quell’argomento. È vero, figli cari? Questo sia ben chiaro. A-

vete delle domande?

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(Domande signor Alacevich, signor Carboncini, signor Luciano, signor Niccoli; purtroppo cancel-

late).

Adesso debbo lasciarvi non senza aver detto, però, che a proposito di quello stacco che avete

notato nello schema fra coscienza cosmica e Coscienza Assoluta, come voi stessi avete compreso,

non ha importanza che vi siano due o tre lineette o dei punti, o un triangolo, o quello che voi volete,

purché vi sia uno stacco, un senso di stacco. Ed in quanto alla “coscienza universale” che voi dite è

sparita - sparita da quello schema - è sparita perché si parla dei due punti della coscienza individuale

e della coscienza cosmica. La coscienza universale è una fase di questo sviluppo. È vero, figli? Co-

munque lì non occorre indicarla perché non troverebbe posto in quello schema, perché voi vedete

che all’Assoluto corrisponde la Coscienza Assoluta, al Logos corrisponde la coscienza cosmica.

Credo di avere chiarito tutto per il momento.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

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07 Marzo 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Voi, figli, questa sera, fra i vari argomenti che avete passati in rassegna al fine di esaminare il

“genere” delle eventuali domande o dei temi di discussione, avete chiesto quale differenza può es-

servi fra la “conoscenza mistica”, la “conoscenza intuitiva” e la “conoscenza riflessiva”; e dal vostro

punto di vista, secondo il quale avete esposto il genere delle domande e degli argomenti di discus-

sione che voi desiderereste fossero trattati, ciascuno ha rivelato il suo tipo di conoscenza.

Ogni domanda, purché sia mossa da un interesse, purché tenda a chiarire, ad avere, ad ottenere

una più grande comprensione, è valida. E per chiedere chiarezza occorre esprimere chiaramente che

cosa è che non si comprende, perché una spiegazione non ci è sufficiente o non convince. Questo

per voi - non per noi - per chi vi sta ad ascoltare. Generalmente voi fate delle vostre domande argo-

mento di discussione; ma chi vi ascolta come può rispondervi - parlo degli amici, non parlo di noi -

come può rispondervi se voi non dite con chiarezza perché non comprendete una cosa, tanto da

chiedere come in effetti è la realtà?

Vi sono alcuni argomenti che noi abbiamo accennati: voi avete detto che non possono essere di-

scussi, ed in effetti, figli, alcune cose noi le anticipiamo, le gettiamo là, e queste cose non possono

essere discusse da voi perché mancano quelle verità, punti di passaggio, che servono ad una esatta

comprensione di quella realtà; perché mancano gli elementi che possono permettere alla vostra logi-

ca di giungere a quella comprensione che noi vi abbiamo anticipata nel risultato, che vi permettono di

giungere alla comprensione di quella realtà che noi vi abbiamo anticipata come affermazione. I “Si-

gnori della evoluzione”, figli. Per chi è dotato preminentemente di una comprensione basata sulla ri-

flessione e sulla logica, allo stadio attuale di ciò che voi sapete dell’insegnamento, questo argomento,

questa verità data anticipatamente, non può che essere accettata e vagamente compresa, perché

ancora, del quadro che vi abbiamo fatto, mancano certi particolari sui quali la vostra logica può cam-

minare, snodarsi, per giungere alla conclusione che noi vi abbiamo già anticipata. Questa è la forma

di conoscenza che si basa sulla riflessione, ed è una forma di conoscenza che ha bisogno di avere

tutti i punti di passaggio, o se non tutti i più afferrabili, i più vicini, per poter giungere alla comprensio-

ne.

Ma vi è un’altra conoscenza ed è la conoscenza intuitiva: il comprendere una realtà che può si-

gnificare la soluzione di un problema che per anni ha assillato l’individuo, senza che a questa sia sta-

ta trovata la logica scivolante su tutti i punti di passaggio: è la conoscenza intuitiva, è la conoscenza

del mistico, perché il mistico, figli, giunge a comprendere, e quindi a conoscere, attraverso a questa

intuizione.

Ma si può fare una distinzione fra conoscenza intuitiva e mistica? Se è possibile fare una distin-

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zione fra verità scientifica e verità spirituale allora sì, perché la conoscenza intuitiva non è stretto do-

minio del mistico: si conoscono per intuizione verità scientifiche e sono conosciute da menti di indivi-

dui il cui temperamento è in antitesi al temperamento mistico. Si conoscono verità scientifiche, ma il

mistico non solamente questo tipo di verità conosce ma conosce le verità spirituali; ma le conosce

sempre attraverso alla intuizione. Potremo, per distinguerle, chiamarla “intuizione mistica”, ma è e-

gualmente una forma di “conoscenza intuitiva”.

Così fra voi, figli, v’è taluno che ha questa forma di conoscenza; altri, invece, che hanno bisogno

di salire gradino gradino con la loro logica fino alla soluzione del problema che stava a loro dinanzi. E

ciascuno, a seconda della propria natura, rivolge la sua attenzione ad un argomento piuttosto che

all’altro.

Noi non abbiamo difficoltà alcuna a rispondere ad ogni tipo di domanda purché riscuota

l’interesse di tutti, e purché non ci costringa ad anticipare verità che sarebbero premature per voi. Se

noi volessimo fare un trattato di queste verità delle quali da anni vi parliamo, non avremmo bisogno di

parlare con voi. Allora, in quel caso, potremmo descrivere tutte le verità, non potremmo distinguerle

in “attuali” e “più lontane”; ma se facciamo questa distinzione ciò vuol dire, figli, che il nostro scopo

non è quello di fare un trattato filosofico, non è quello di postulare una nuova filosofia, ma è quello di

farvi comprendere. Per questo ci preoccupiamo di porgervi i gradini più vicini alla vostra logica ac-

ciocché, su questi, la vostra logica possa scivolare fino alla soluzione ed alla comprensione di tutti i

punti che la conducono, che vi conducono e vi condurranno alla consapevolezza, alla coscienza,

all’intima fusione con l’insegnamento.

Domandate pure, quindi, purché vi sia questo interesse. O tacete se questo interesse non v’è.

Ma anche nel tacere, figli, sia spiegata presso coloro che vi ascoltano la ragione per la quale tacete -

o la ragione per la quale voi dite che il vostro interesse a domandare è diminuito - acciocché chi a-

scolta non fraintenda, non capisca che voi avete scoperto il punto debole di tutto il sistema; che poi,

anche se vi fosse, sarebbe il vostro punto debole, il punto debole della vostra comprensione; accioc-

ché chi vi ascolta non debba pensare che l’insegnamento sia stato come un bel vestito esposto in

una vetrina che fa, a chi lo vede passando, un gran colpo, ma che una volta tolto di vetrina e preso in

mano, risulta tutt’altra cosa. In ciò niente di male vi sarebbe, ma proprio da questo, anzi, potrebbe

esservi tutto di bene, perché dalla constatazione di ciò che non è chiaro o non torna o non convince,

può nascere invece una chiarezza, “un tornare”, una grande convinzione.

Ad esempio, questa sera voi avete parlato dei confini del Cosmo; vi siete chiesti se il Cosmo fisi-

co, se l’Universo fisico, se il piano fisico - come voi volete - nasce tutto assieme così come è oppure,

pressappoco, nasce da un seme che poi si sviluppa. Il piano fisico, per analogia, nasce come nasce il

Cosmo tutto. Le materie che compongono il piano fisico nascono nel centro del Cosmo fisico, nasco-

no come in un seme e, da quella che voi chiamate “una esplosione”, si propagano nello spazio del

Cosmo fisico. Ma badate bene, figli, che il piano fisico nasce in un sol momento. Voi direte: «Questa

è una contraddizione!». No, perché nel momento che è fissata la legge per la quale la materia, rag-

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giunta una velocità critica - la materia del piano fisico, intendo - si trasforma in materia del piano a-

strale, nello stesso momento è creata la dimensione del Cosmo fisico. E se i sistemi solari e stellari

hanno avuto origine da quello che possiamo chiamare centro del Cosmo fisico per poi svincolarsi in

tutti quei corpi celesti che sembrano a voi tanto statici ed immutabili e che invece sono mutabilissimi,

e se poi questi corpi celesti si vanno allontanando nello spazio del piano fisico, ciò non vuol dire che

la circonferenza di questo spazio non sia stata idealmente - idealmente e fattivamente - delimitata

nell’atto in cui il piano fisico viene emanato. Perché, ripeto, con il solo fatto di porre la legge che la

materia del piano fisico, raggiunta una velocità critica si disintegra per tornare materia libera del piano

astrale, per questo solo fatto ecco che noi abbiamo creato un limite del Cosmo fisico, una circonfe-

renza, un punto ideale - ed anche effettivo - che è il confine dello spazio fisico, che è il confine fra il

piano fisico ed il piano astrale.

In questa domanda non è un ricercare la soluzione di un problema che una volta data rappresen-

ta un anticipare una verità. È parlare di un argomento che noi vi abbiamo già detto, che noi abbiamo

già trattato in altri termini. È uno scendere di particolari, è un avvicinare un gradino alla vostra logica

per farla avanzare di un passo. Ma se questa domanda non fosse stata posta forse il dubbio avrebbe

sconvolta tutta la verità dell’argomento trattato. Voglio dire questo: parlandovi di un dato argomento,

di una data verità, taluno di voi può rimanere dubbioso su un particolare poco interessante forse per

gli altri - non mi riferisco al caso che ho fatto - forse banale; ma se questo dubbio non viene espresso

e chiarito, per un dubbio così poco difficile a superarsi tutto l’insegnamento, tutta la verità, ne viene

compromessa. Ecco perché io vi dico che per voi è importante parlare, per voi è importante doman-

dare perché per voi è importante capire.

Ed augurandovi che questa comprensione giunga presto, vi benedico.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

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14 Marzo 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Voi, figli, questa sera avete avuto modo di vedere come una conversazione possa originarsi an-

che da un argomento che a questa niente sembrava poter ispirare. Avete visto come, soffermandosi

su cose che possono sembrare chiarissime, si inciampi in una parola, in un argomento che in ciò che

voi state leggendo entra solo di riflesso come esempio, e che da questo inciampare sorga poi un

chiedersi, un domandare, un richiedere maggiori argomenti, un rinnovare l’interesse per un argomen-

to che per la sua non facile possibilità di comprenderlo, può invece essere stato fino a quel momento

di poco interesse. Dunque non ha importanza come la discussione inizi; l’importante è che vi sia un

discutere, un chiedere. E se questo può farlo il rileggere a brani ciò che noi abbiamo detto, ben ven-

ga questo sistema. Ed io, nei limiti di quello che ora ho accennato, ve lo raccomando, figli, con una

variante, se mi è concesso: che ciascuno a turno, come questa sera ha fatto il figlio che qua è pre-

sente con voi, che voi ben avete ascoltato, che ciascuno di voi, a turno, commentasse quello che noi

abbiamo detto. So che questo difficilmente sarà da voi fatto; ciò non di meno io ho il dovere di sugge-

rirvi questo sistema.

Voi vi siete soffermati sui “Signori della evoluzione”, accennando anche a che cosa intendono

certe filosofie con questo appellativo. E qua non sto a convalidare o condannare quelle affermazioni

che non ci interessano se non a cercare, se non a chiarirvi esattamente il concetto di ciò che inten-

diamo, a cercare di avvicinarlo alla vostra comprensione.

Il Cosmo, intendendo con ciò non unicamente il Cosmo fisico, il Cosmo nel suo insieme è regola-

to da leggi, come voi sapete; leggi che hanno il loro fondamento nel Logos. Il Logos, figli, è ciò che

caratterizza un Cosmo, è ciò che riassume la vita del Cosmo; e quindi tutto quanto si svolge nel Co-

smo non può svolgersi al di fuori di queste leggi. Non v’è dunque, in questa affermazione, posto per il

concetto di individualità evolute al massimo che siano e si facciano strumenti di queste leggi, che poi

sono leggi che provengono dall’Assoluto? Non v’è posto per Entità massimamente evolute che, per il

loro amore, aiutino i loro simili che ancora non sono giunti alla loro stessa evoluzione? Perché voi

trovate difficoltà nel comprendere questo?

Generalmente l’uomo, nel pensare ai Signori del Karma o ai Signori della evoluzione, pensa ad

una sorta di dispotici Signori i quali, a loro piacimento, dispongano del Karma o della evoluzione delle

razze, i quali, chiamati al cospetto di Dio, abbiano avuto da questi l’incarico di governare certe razze

per quanto afferisce all’evoluzione o al Karma. Ma non è così, figli. La precisione, la esatta concate-

nazione di tutto quanto “è” è tale che una visione così puerile non può avere alcun riferimento né

analogia, né similitudine con l’esempio di cui vi dicevo: la realtà è tale, figli, che questo inconsapevole

propendere della mente umana per questo errato concetto dei “Signori del Karma e della evoluzione”

è immediatamente distrutto, annullato alla base. Non può esservi niente di simile, niente di valido in

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questo concetto umano dei Signori del Karma e della evoluzione che possa avvicinarsi lontanamente

con ciò che la realtà è, figli. In una visione del Tutto così preciso, così esatto, così concatenato, così

governato, sostenuto, mosso da leggi, eppure v’è posto per i Signori del Karma e della evoluzione; i

quali non hanno nessun particolare incarico dall’Ente Supremo, ma che - per la loro evoluzione rag-

giunta - divengono essi stessi strumenti, mezzi delle leggi divine. Divengono essi stessi tramite di

queste leggi. Che cosa significa ciò?

Un uomo, nel momento in cui si adopera liberamente ed intenzionalmente ad aiutare un suo si-

mile a comprendere qualcosa, quell’uomo nello stesso istante è mezzo, è strumento della legge di

evoluzione. Dunque noi potremmo dire che se non vi fosse stata una creatura mossa da amore ai

suoi simili, che per questo amore non avesse aiutato qualcuno - se non vi fosse stata così piena

d’amore - noi potremmo dire che quel “qualcuno” non avrebbe compreso.

In altre parole, figli, l’uomo evolve anche quando non applica la sua mente per comprendere?

L’uomo solamente ed unicamente evolve attraverso alla esperienza diretta? No, è vero, figli? Voi sa-

pete che l’evoluzione naturale ha un suo ritmo, che pur non volente l’individuo evolve; ma che questo

ritmo può essere accelerato se l’uomo si applica con buona volontà.

Vuol dire forse, questo applicarsi con buona volontà, che la legge di evoluzione è insufficiente a

fare evolvere l’individuo? No certo. Il fatto che l’individuo evolva anche, e maggiormente, con la ri-

flessione, cioè con la spinta interiore, non è altro che un altro aspetto della legge di evoluzione. Ma

se non vi fosse, per assurda ipotesi, questa spinta dall’interno, questo altro aspetto della legge di e-

voluzione, l’uomo egualmente evolverebbe.

La stessa cosa è per l’aiuto che noi possiamo dare alle creature. Nel momento in cui noi aiutia-

mo una creatura - noi per dire tutti, noi e voi e tutti gli uomini - aiutiamo una creatura a comprendere,

nello stesso momento noi siamo strumenti della legge di evoluzione. Ma se nessuno vi fosse spinto

da amore al prossimo ad assumersi questa missione di aiuto, egualmente la legge di evoluzione tro-

verebbe applicazione. Non confluirebbe attraverso a quel canale che da solo si è fatto tale per aiutare

una creatura, da solo è divenuto tramite della legge di evoluzione per aiutare quella creatura, ma e-

gualmente la legge di evoluzione sarebbe valida e l’uomo bisognoso comprenderebbe. L’uomo, co-

munque evolve.

Detto questo, figli, io credo che non sia difficile comprendere quale scopo, quale senso, quale si-

gnificato, quale missione - e quale posto soprattutto - abbiano i Signori del Karma e della evoluzione.

Le leggi di per sé sono sufficienti a tutta la vita cosmica, alla evoluzione nei suoi tre aspetti: della ma-

teria, della forma e della autocoscienza. Di per sé possono fare vivere, muovere, evolvere un Cosmo;

ma attraverso ad altri canali - che poi sono le stesse individualità più o meno evolute, ciò non ha im-

portanza - trovano il mezzo, trovano la via per giungere più direttamente e più... - non esiste un ter-

mine, non possiamo dire più efficacemente - più direttamente, più da vicino, in modo più adatto agli

individui, per la loro evoluzione.

Se il Cristo, altrimenti chiamato “Signore della Terra”, non fosse venuto fra gli uomini, certamente

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che l’umanità egualmente si sarebbe mossa dal ristagno nel quale era caduta. Pur tuttavia il Cristo è

venuto. Con ciò non possiamo dire, figli, che la Sua missione è stata inutile o che le leggi cosmiche

non erano sufficienti, no. Eppure è vero che se non si fosse incarnato il Cristo fra gli uomini, oggi

l’umanità, la razza alla quale appartenete, non avrebbe raggiunto l’evoluzione che ha raggiunto. Ciò

perché attraverso al diretto intervento di una altissima Entità non è che qualcosa sia venuto a suppli-

re alla inefficienza della legge di evoluzione; ma la legge di evoluzione si è servita di un altro canale

per giungere in modo più diretto, più adatto alla situazione contingente di quella razza in quel mo-

mento. Così, figli, voi vedete - io mi auguro - ancora di più, nel quadro che tentiamo di darvi, come

non sia vero e non sia interpretabile questa precisione, questa concatenazione, come un gioco pu-

ramente meccanico, come un movimento di un meccanismo sincronizzato in tutti i suoi componenti;

ma che questa precisione, questa concatenazione non significhi uno stato di essere freddo, vuoto di

sentimento e di amore, ma che tutto il contrario è di ciò che ho detto ora: che invece questa precisio-

ne, questa concatenazione, prelude proprio ad un “sentire” in termini di amore, ad un vivere del Tutto

unito, pronto a fiorire laddove v’è più necessità, laddove certe situazioni contingenti lo richiedono.

Come le leggi non siano unicamente un qualcosa di freddo che giunge solo attraverso ad un modo,

ad una via, ma come da più vie giungano le stesse leggi nei modi più adatti a chi debba evolvere, a

chi debba comprendere.

Noi, figli, quando abbiamo iniziato a parlarvi del Dio-Assoluto, sapevamo benissimo il pericolo nel

quale potevate incorrere o sareste incorsi facendovi un’immagine panteistica o filo-panteistica della

realtà alla quale cerchiamo di farvi giungere. Ma confidiamo che poco a poco, con queste precisazio-

ni, voi riusciate a vedere e capire - se non comprendere - il concetto nei suoi giusti termini, se di ter-

mini possiamo parlare. Capire che non vi è un Ente Supremo il quale disponga a suo capriccio o se-

condo una logica o certi piani del tutto incomprensibili e imperscrutabili all’uomo. Né, d’altro canto, v’è

un insieme di leggi che muovono il Tutto senza che in questo Tutto vi sia un “sentire-amore”, ma tut-

to, suo malgrado, viene trascinato nel lento e inesorabile muoversi del meccanismo. No, figli: la realtà

è diversa, ed è una realtà mistica e piena di amore quali i Santi ed i Saggi più mistici possono averla

concepita. Ed è una realtà precisa e scientifica, ed anche comprensibile a chi abbia raggiunto la ca-

pacità di comprenderla come, quasi, si trattasse di argomento della scienza.

Io vi auguro, figli, che possiate presto giungere a questa esatta visione di ciò che noi, con tutte le

nostre forze, cerchiamo di farvi comprendere; imperciocché niente può esservi di più efficace, di più

costruttivo, niente più di questa visione può darvi serenità e sicurezza di voi stessi. Fiducia che tutto è

una cosa... meravigliosa.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Voi mi conoscete con il nome di Yogananda ed io vorrei parlarvi di una cosa che vi ho udito ri-

cordare. Voi avete ricordato che la Teosofia insegna che i “Signori della evoluzione” sono coloro che

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originano nuove razze. Voi sapete che l’insegnamento della Teosofia è tratto da comunicazioni con

Saggi di quella che fu la terra della mia ultima incarnazione, cioè l’India. Orbene, certe notizie sono

tratte da antichi testi indù, ma necessitano di una interpretazione, non vanno intesi letteralmente.

Quello che è stato inteso alla lettera si riferisce ad un brano di una antica Scrittura e l’intendere

alla lettera questo brano dà luogo a quella strana notizia-insegnamento che può far sorridere l’uomo

di oggi. Infatti i “Signori della evoluzione” non originano così, fisicamente, una nuova razza; ma la loro

opera, che è sempre un’opera delle leggi divine, è un’opera non eseguita direttamente nel piano fisi-

co, ma è un’opera che viene eseguita in piani più alti.

Il Maestro Cristo fu, ed è, un Signore della evoluzione del pianeta Terra: è il “Signore della Ter-

ra”. Ed Egli ha mosso questa nostra razza più volte dalle cristallizzazioni in cui era caduta; ha mosso

questa razza ed altre razze, questo intendo dire. È un intervento diretto attraverso ad una incarnazio-

ne da uomo, in corpo umano; ma è un’opera di cui questo atto fra gli uomini non è che un piccolissi-

mo apparire. La vera opera non è in ciò che gli uomini possono ricordare nella storia, non è nella figu-

ra dell’uomo Cristo, ma è oltre, sta al di là, in orizzonti a voi sconosciuti.

Il generare una nuova razza non ha bisogno di un incarnarsi in forma umana. Il generare una

nuova razza è un selezionare certi elementi che non ha bisogno di una esecuzione nel piano fisico,

come invece ha bisogno il muovere una razza da certe cristallizzazioni. Il generare una nuova razza è

una descrizione figurata del muovere le cristallizzazioni della stessa razza. Il Cristo diceva: «Voi do-

vete nascere ogni giorno», e con ciò nessuno si è mai sognato - tranne i suoi interlocutori quand’Egli

lo disse la prima volta - di pensare che ogni giorno l’uomo dovesse tornare nel ventre di sua madre.

Quindi il generare una nuova razza incarnandosi come uomo significa non incarnarsi per accoppiarsi,

ma incarnarsi per portare a termine una missione analoga a quella che voi conoscete che il Maestro

Cristo portò all’epoca in cui visse come Cristo, come “il Cristo”.

Questo significa generare una nuova razza, far nascere una nuova razza: muovere la razza dalle

sue cristallizzazioni. E questo si intende nell’antico testo della religione indiana che ha dato origine,

nella Teosofia, a questo errore perché interpretato letteralmente.

La pace sia con voi.

Yogananda

Claudio vi saluta.

Un breve saluto perché io voglio dirvi che non vi ho abbandonato ma che il ciclo delle vostre con-

versazioni, vertendo su altri argomenti, non mi dà luogo di intervenire. Io comunque vi seguo con tan-

to fraterno amore.

Salve.

Claudio

Salve a voi!

La vostra Guida vi ha dato un consiglio veramente da seguire ed è quello di, a turno ciascuno di

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voi, commentare ciò che noi diciamo. Io credo che questo sarebbe uno stimolarvi a riflettere, un es-

sere costretti a pensare per poi, spiegando, non fare delle cattive figure. Siamo un po’ cattivi, forse,

nel dire questo. Ma vediamo che taluno di voi con troppa facilità, per una abitudine, attende che gli al-

tri parlino, aspettano che la conversazione si manifesti, si accenda: mentre ciascuno di voi deve con-

tribuire ad accenderla.

Certo che non è possibile che tutti voi possiate parlare contemporaneamente; eppure è impor-

tante che ciascuno riesca a capire ciò che viene detto; è importante che ciascuno di voi propenda per

un punto di vista o per l’altro nella discussione. Forse non tutti voi potete parlare ma, fra i vari punti di

vista che vengono illustrati, è importante che ciascuno ne faccia proprio uno, se non ne ha uno suo.

Perché è importante questo? Perché è importante che ciascuno di voi comprenda; non che stia a ve-

dere, ad assistere ad una disputa verbale per esaminare chi ne sarà il vincitore. Questo non deve es-

sere.

È vero che la conversazione è molto animata e ciò ci fa piacere perché rimane nei limiti di una

fraterna simpatia, se non affetto, per non usare parole grosse. È vero che è tenuta su con molto vigo-

re da taluno di voi ed io non voglio fare nomi, ma voi certamente immaginate a chi mi riferisco, e ciò è

utile. Ma è anche vero che chi non vuole o non può parlare deve, fra i vari punti di vista - se non ne

ha uno proprio - vedere quello che gli è più familiare, quello che più si addice a ciò che egli può pen-

sare, quello che più gli “torna”. E non - come io vedo in taluno di voi - attendere passivamente la no-

stra risposta per vedere chi, fra i vari politicanti o polemizzanti, aveva ed ha ragione.

Pace a voi.

D. - Potrei fare una domanda? Vorrei sapere qualcosa intorno al Giudizio Universale. Perché voi ave-

te già accennato una volta, ma io non ho un’idea chiara.

R. - Ho detto di sì e per poco il figlio Corrado mi tradiva in ciò che io volevo fare: e cioè volevo che tu

dicessi questa tua domanda, per quanto alla nostra traduttrice e segretaria - come taluno l’ha chia-

mata - la tua domanda fosse già nota, perché questa domanda rimanesse in modo che la prossima

volta qualcuno di voi dica ciò che si ricorda di quello che abbiamo detto in modo che, se voi non ri-

corderete tutto, noi torneremo a rinfrescarvi la memoria.

Pace a voi.

Kempis

21 Marzo 1964

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La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Questa sera, o figli, vi siete soffermati sulla figura del Cristo, quella figura che appare al lettore

dei Vangeli; ed avete confrontato quanto noi vi diciamo con quella parte di insegnamento data dal

Cristo che con il nostro può sembrare in contrasto. Avete cercato di trovare quelle contraddizioni fra i

due insegnamenti che da tempo noi, indirettamente, volevamo invitarvi a trovare. Voi certo, figli, ri-

corderete quando vi consigliammo di comparare i Vangeli; e in quella occasione era inteso anche un

nostro commento all’insegnamento che i Vangeli riportavano come insegnamento di Cristo. Certa-

mente se questo lavoro fosse stato da voi fatto, figli, sarebbero uscite le domande che sono uscite

questa sera ed altre ancora, per la verità. E poiché questa sera ci avete dato un argomento su cui

soffermarci - anche se della figura del Cristo in più occasioni abbiamo ripetutamente parlato - soffer-

miamoci.

E per prima cosa parliamo di questi insegnamenti, di questi accenni, di queste notizie esplicite,

che non possono essere spiegate secondo quello che vi abbiamo dato, perché ne sono completa-

mente l’antitesi. Intendo parlare, ad esempio, del castigo eterno; vi sono alcuni riferimenti, nei Vange-

li, per cui può nascere la domanda che questa sera voi avete fatta: «Perché il Cristo ha parlato - se

ha parlato - di eterno castigo agli uomini, sapendo benissimo che invece il castigo non è eterno?».

Innanzi tutto è bene dire e ricordare che l’insegnamento pubblico del Cristo - perché voi sapete

che vi fu anche un insegnamento segreto - l’insegnamento pubblico del Cristo doveva essere fatto in

una forma tale per cui, chi lo ascoltava pubblicamente, doveva capire; ed ecco perché Egli parlò da

ebreo pur essendo consapevole, cosciente, di essere incarnato uomo per una missione, di avere Egli

già abbandonato la ruota delle nascite e delle morti, e che questa Sua missione era la missione di un

Maestro il quale conduceva una razza fuori dal ristagno nel quale era caduta. L’atto umano della mis-

sione, la reincarnazione in forma umana, non era che un primo aspetto, ma il lavoro che a questa

seguiva ancora oggi non è terminato. Il Cristo era cosciente di tutto ciò, pur tuttavia parlava ed agiva

come un ebreo; rispettava il sabato come lo rispettano gli ebrei anche se Egli, in qualche occasione,

fu meno ligio degli ebrei più puritani e si permise di compiere certe azioni che nel giorno del sabato,

invece, secondo le interpretazioni più ristrette, più beghine, non si sarebbero dovute compiere. Pur

tuttavia, figli, ripeto, ciò fu fatto; la mentalità ebraica fu in massima parte rispettata perché se il Cristo

non rispettava la forma, ciò che Egli aveva da dire in più di quello che già si sapeva non sarebbe sta-

to preso in considerazione. Ed ecco perché ancora oggi, in seno alle religioni, vi sono delle creature

illuminate, dei Santi come voi li chiamate - anche se la religione non li ha così riconosciuti - i quali pur

sapendo molte più verità di quelle che proclamano, tengono nascoste a coloro che pubblicamente li

ascoltano queste verità; rispettano la forma che la religione nella quale essi vivono impone perché

solo rispettando la forma della religione possono essere ascoltati dagli altri appartenenti a quella

stessa religione. Se essi non rispettassero quella forma ma se ne ponessero al di fuori, figli, la loro

missione in seno a quella religione non avrebbe più prosieguo perché sarebbero posti all’indice, sa-

rebbero dichiarati eretici, e quindi ciò che essi potrebbero dire a quelle creature che sono ancora at-

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taccate alla forma di quella religione non sarebbe più ascoltato.

Il Cristo, quindi, rispettò la forma della religione ebraica ed Egli visse come un ebreo, ebbe la

mentalità di un ebreo. Pur tuttavia, figli, si elevò di molto: non v’è un aggettivo sufficiente per definire

quanto al di sopra della normalità fosse il Cristo con la Sua stessa condotta e con il Suo stesso inse-

gnamento. Egli però pubblicamente parlava e, parlando, si appoggiava a certi concetti classici della

religione ebraica. Quando Egli operò una guarigione, la guarigione fu così da Lui stesso commentata:

«Va e non peccare più acciocché non ti accada di peggio». Ciò voleva dire - così lo riportano i Van-

geli - che il peccato porta sempre una qualche infermità. Naturalmente chi ascolta questo commento

può darne varie interpretazioni, e chi si proponesse di narrare l’accaduto inevitabilmente userebbe

parole tali che, in qualche modo, rispecchiassero la sua interpretazione. Voi potete parlare con una

creatura di certe cose che sono ben note a voi ed alla creatura con la quale parlate, ma chi udisse

questa conversazione e fosse dotato anche di un po’ di fantasia, potrebbe immaginarsi tutto l’opposto

di quello che state dicendo. Ciò accade molto sovente. Così, figli, oltre la interpretazione che è nata

da ciò che il Cristo disse, interpretazione logicamente e naturalmente conseguente alla mentalità e-

braica, alla mentalità di coloro che ascoltavano, dobbiamo anche dire che il Cristo, parlando pubbli-

camente a coloro che se di insegnamento spirituale qualcosa conoscevano, conoscevano solo quello

della Bibbia, delle antiche Scritture, il Cristo a questo doveva appoggiarsi. E quando parlava di casti-

go non poteva parlare che di quel tipo di castigo che le Scritture insegnavano perché era ormai scon-

tato, indubbio, che il castigo non poteva essere non eterno.

Io sto parlando, figli, generalmente, perché esaminando tutti quei casi in cui il Cristo ha parlato di

“eterno castigo” o di “maligno” - come voi avete ricordato - noi potremmo trovare un perché diverso;

in alcuni casi il discorso non è stato esattamente riportato, in altri casi il Cristo veramente parlò di ca-

stigo, ad esempio, ma non necessariamente di castigo eterno, e così via.

La domanda che però sorge e che è di una più vasta importanza, di una più grande portata, figli,

è questa: «Può un Maestro mentire, può un Maestro dire una cosa per un’altra?». La domanda posta

in questi termini non ha risposta. Perché, direte voi? Perché è così generica che non si può dire né sì

né no. Un Maestro in linea di massima è il più possibile, parlando a chi, anche, non può intenderlo,

aderente alla realtà. Se un Maestro deve dare un insegnamento semplicemente con lo scopo di illu-

strare qualcosa di nuovo, di aprire un orizzonte più largo, allora figli, il Maestro parlerà esponendo fin

dove Egli sa che è compreso, ma non dicendo una cosa per un’altra; dirà fin dove gli altri potranno

capire, ma non il contrario di ciò che è la realtà

Se un Maestro, invece figli, insegna ad un determinato gruppo di creature le quali hanno neces-

sità di richiamare alla loro attenzione la legge di causa ed effetto, ad esempio, il Maestro parlerà degli

effetti che seguono alle cause. Se vi sono delle creature le quali per un loro stato d’animo contingen-

te sono, ad esempio, portate a fare del male ad altre creature, il Maestro può - acciocché questo non

avvenga, qualora non debba avvenire - intimorire queste creature parlando del castigo che segue

certe azioni. Ma ciò non è un mentire. Se poi, figli, per estremo caso, per portare un esempio che

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serva ad illustrare una situazione estrema, un Maestro dovesse dire per il bene di una creatura una

cosa - e ciò, voi capite, non accade molto sovente - ma per il bene di una creatura fosse necessario

dire una cosa che non è esattamente rispondente alla realtà, per il bene di questa creatura il Maestro

direbbe quella cosa perché, figli, ciò che un Maestro ha di fronte ai Suoi occhi è sempre il bene dei

Suoi simili, è sempre il bene che Egli deve fare a coloro che a Lui si rivolgono; e se altro mezzo non

vi fosse - badate bene - se altro mezzo non vi fosse se non quello di dire non esattamente la realtà

per aiutare questa creatura, niente vieterebbe a questo Maestro di esporre la realtà non negli esatti

termini; o, se preferite, di dire una bugia.

Noi, dicendo questo, speriamo di non essere fraintesi: lo diciamo, figli, per farvi comprendere che

l’unica cosa veramente importante per l’evoluzione è quella di aiutare i propri simili. Di aiutare nelle

forme più corrette, più vere, ma anche più adatte. E se - caso estremo - dovesse necessitare un e-

stremo rimedio, il Maestro - spinto dall’amore, perché è l’intenzione quella che conta - quell’estremo

rimedio seguirebbe sicuro di non errare, sicuro di non essere considerato un uomo di poco onore.

In un dato periodo della storia abbastanza a voi vicino, l’ideale dell’uomo era “l’uomo tutto di un

pezzo”, come si usava dire. Ebbene, figli, ciò è vero anche per i Maestri in quanto la loro giustizia è

tale che così possono essere, in un certo senso, definiti. Ma la loro misericordia o, meglio ancora, il

loro amore per i loro simili è altrettanto tale che se “tutto di un pezzo” volesse significare essere cru-

dele e non operare quel bene al quale Essi sono chiamati, certamente che non sarebbero più “tutti di

un pezzo”. Credo che non vi sia difficoltà a comprendere questo.

Ma torniamo all’argomento nostro di questa sera. Che dire dunque? Il Cristo fu uomo fra gli uo-

mini perché la Sua missione di allora non poteva essere esplicata che in quel modo. Se il Cristo oggi

dovesse tornare fra gli uomini probabilmente Egli potrebbe essere un po’ più se stesso di quanto allo-

ra non fu: ciò perché la capacità di capire degli uomini è aumentata essendo aumentata la loro evolu-

zione. Il Cristo parlò servendosi del loro linguaggio, del linguaggio di quel popolo al quale stava par-

lando; non disdegnando certe espressioni anche se queste non rispecchiano esattamente e comple-

tamente la realtà. Ma ciò non vuol dire che l’insegnamento di ieri non debba essere completato oggi,

non debba trovare, oggi, una forma più adatta per esprimere la realtà di ciò che “è”. Certo che se il

Cristo oggi dovesse tornare per parlare agli uomini potrebbe parlare con un linguaggio, sì, degli uo-

mini di oggi, ma con un concepire esprimendo concetti, come si usa dire, all’avanguardia più di quan-

to allora non fece. Perché gli uomini, oggi, quelli che fossero portati a seguirlo, ad ascoltarlo, meglio

di allora comprenderebbero.

Ciò che noi vi diciamo, figli, in effetti è ciò che dobbiamo dire e che forse taluno di voi attende

che noi diciamo; è misurato parola per parola, o diletti. Ciò che noi esprimiamo come principio - ripeto

quello che ho detto recentemente - non come spiegazione, è detto in modo che esprima una verità la

quale sia il massimo possibile aderente alla realtà. Dico il massimo possibile perché le parole, pur-

troppo hanno anch’esse dei limiti nell’esprimere. Ciò che noi vi diciamo come principio può da noi es-

sere illustrato con esempi: questi esempi sono limitati, non possono essere considerati in senso as-

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soluto: sono esplicativi. Ma ciò che noi vi enunciamo come “principio” non potrà mai essere in contra-

sto con la realtà; non potrà mai, con il passare degli anni, mostrarsi falso, non vero, perché corri-

sponde alla descrizione della realtà, perché è la verità, e la verità è quella che dura nel tempo, è

quella che rimane vera nello spazio. Così, figli, confrontando vari insegnamenti, non solo quello che a

voi è venuto come insegnamento del Cristo ma insegnamenti anche di altri Saggi - anche se non so-

no della Sua stessa elevatura - certamente che non tutto può essere in armonia con quello che vi ab-

biamo detto. Quello che noi vi diciamo, figli, ha valore e trova conforto con quanto altri Saggi o Illumi-

nati o Maestri hanno detto. Vi sono tuttavia alcune parti che invece con quelle sono in contrasto. Eb-

bene, figli, come spiegazione generale vale quella che io questa sera vi ho detto; come spiegazione

particolare noi dovremmo prendere caso per caso ed allora vedremmo con esattezza se fu detto così

e se così fu detto perché, e se così fu detto o così fu riportato perché così fu riportato. Certo questo

può essere uno studio interessante, non so fino a che punto utile. Può essere interessante confronta-

re ed equiparare questi insegnamenti e le loro interpretazioni ad altri insegnamenti dati con le loro in-

terpretazioni, solo se da questo studio e da questo confronto, figli, la vostra comprensione ne risulta

più limpida, più liberata. Solo se, restando convinti che quanto un Maestro della vostra religione o

quanto insegna la vostra religione (alla quale potete essere ancora in un certo senso attaccati, e fate

bene), può in fondo essere compreso. Solo se questo lavoro di comprensione, figli, serve a darvi una

tranquillità, a mettere in pace la vostra coscienza, a convincervi che niente v’è di male se qualcosa

che noi vi diciamo può essere in contrasto con quello che una o più religioni predicano e insegnano;

può essere utile solo se vi toglie questa incertezza, questo timore di percorrere un sentiero sbagliato.

Se poi questo timore, questa incertezza non vi sono, figli cari, allora è importante il comprendere

ancora; è importante l’approfondire ciò che sapete e del quale ancora non siete perfettamente pa-

droni. E, come sempre io dico, ben venga colui o coloro che a questo ci danno modo di aggiungere.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

O Altissimo Signore, fa che per le creature la Tua voce sia come un richiamo dal quale non pos-

sono esimersi. Altissimo Signore, fa che nel nome Tuo essi vadano incontro a tutti gli uomini. Così

nel Tuo nome sia racchiusa la forza che muove i corpi celesti, che muove ogni creatura, dalla più

semplice alla più illuminata. E questo Tuo nome sia da tutte le genti conosciuto. Sia da ogni popolo

proclamato il Tuo Santo nome.

Teresa

Amici, Alan vi saluta.

Io sono venuto a intrattenermi un poco con voi. Certo indegnamente, dopo una così alta Entità.

Voi avete questa sera parlato di “cernita”. Certo io non so se riuscirò a spiegarmi molto chiara-

mente. Dunque... alla destra i buoni, alla sinistra i cattivi: attenzione che questo non sia preso da

qualche partito politico perché sarebbe uno slogan molto efficace.

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Che dire? Ripetere quello che già sapete: vi è un giudizio, una cernita finale di ogni razza, e ciò

che avviene per il grande avviene anche per il piccolo: vi è una cernita anche individuale, un giudizio

particolare. Vogliamo fare di questo giudizio particolare un esempio per riuscire a capire meglio?

Voi avete avuto qualche tempo fa la manifestazione di una creatura recentemente trapassata, la

quale in tutta la sua vita fu assillata dal desiderio di essere qualcuno nel mondo intellettuale, nel

mondo della intelligenza. Certo che questa creatura poteva avere molti fattori che avrebbero fatto fe-

lice una gran parte di altre creature, ma mancavano due elementi a questa creatura: uno era la pos-

sibilità di divenire madre, l’altro era questa ricerca di avere una cultura, un’intelligenza, e di essere in-

vece considerata una creatura sciocca.

D. - Parli della Monroe?

R. - Sì, certo. Orbene, perché questi due elementi erano accoppiati insieme? Ecco: se questa creatu-

ra avesse avuto la possibilità di avere figli, indubbiamente l’istinto materno e l’affetto che avrebbe ri-

versato sui figli o sulle figlie avrebbe tolto a questa creatura l’ansito a ricercare soddisfazioni intellet-

tuali. Ed il secondo elemento che a questa creatura mancava non avrebbe più chiesto soddisfazione,

sarebbe stato sopito, sarebbe stato dimenticato. Tale era la natura di questa creatura; ma credo che

sia facile comprendere che per una donna nel momento che diviene madre tutto il resto passa in se-

conda linea. Così per la generalità. Mi seguite? Ed invece non vi era in questa creatura la possibilità

di scordare questo bisogno di essere qualcuno intellettualmente. Perché? Per comprendere ciò dob-

biamo risalire alle precedenti incarnazioni di questa creatura; naturalmente non possiamo certo

scendere a tutti quei particolari e a quegli intrecci che io non sarei certo in grado di illustrarvi, ma in

linea di massima posso dirvi questo: in una delle precedenti incarnazioni questa creatura si adoperò

con ogni mezzo per sviluppare una facoltà intellettuale, cercò di sviluppare la propria intelligenza. Voi

sapete che ciò è possibile, perché il corpo mentale è né più né meno come gli altri veicoli, ad esem-

pio il veicolo fisico, che in certi limiti possono essere sviluppati. Ebbene, questa creatura in un certo

senso ci riuscì. Ma la sua intenzione di sviluppare l’intelligenza, l’acume, di conoscere ciò che era la

cultura di allora e farsi questo patrimonio di cultura, era unicamente spinta, trovava sola giustificazio-

ne unicamente in una grandissima espansione dell’io. Ciò che veniva ricercato era fatto per imporsi

agli altri, era fatto per guadagnare, per raggiungere una posizione di preminenza sugli altri. Questo è

solo un aspetto di quella incarnazione, mi seguite? Poi vi sono altri aspetti. Naturalmente tutto ciò ha

portato a muovere certe cause che hanno i loro effetti. Queste sono questioni a sé stanti; in questo

momento noi ci interessiamo di quest’altro filo conduttore. Ed ecco, nella immediata successiva in-

carnazione di questa creatura, in un ambiente tutt’affatto diverso, ecco che spontaneamente riacqui-

sta una facilità di ragionamento, una inclinazione alla intelligenza, al ragionare, al sapere, al conosce-

re. Cioè il suo corpo mentale facilmente si sviluppa naturalmente, da solo, senza bisogno che vi sia

tutto quel lavoro che invece era stato necessario nella incarnazione precedente. Che cosa accade?

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Che questa creatura, essendo in ambiente tutto diverso, mirando ad altri scopi, non ha più interesse

ad esercitare questo “talento” che ha; ma la sua cattiva volontà è tale che non ne usa proprio, è co-

me non lo avesse avuto. Mi seguite? Finalmente noi veniamo ad una incarnazione dove vi è stata

una selezione, una cernita individuale: ecco che il veicolo mentale di questa creatura, “talento” non

impiegato, è tagliato e la creatura sente la necessità, nuovamente, di capire, di avere una intelligen-

za, di avere una cultura, ma non ha più la facilità nell’ottenerla che aveva nella incarnazione prece-

dente. Questa è la cernita. E voi direte: «Ma in confronto ad una creatura che mai, supponiamo, a-

vesse avute queste doti, vi è un piccolo vantaggio da parte di chi ha subito la cernita?». Certamente.

Anche se vi è stata la cernita, anche se i “talenti” sono stati tolti perché non adoperati, pur tuttavia vi

è sempre qualcosa di più che meglio vibra rispetto a chi mai ha vibrato. È come, in modo analogo,

l’errare sapendo e l’errare non sapendo: è più vicino alla comprensione chi erra sapendo che chi erra

non sapendo, questo intendo dire. Così anche chi ha subito una cernita, cioè ha perduto certe facol-

tà, certe doti inerenti a qualche veicolo, chi le ha perdute perché non adoperate per cattiva volontà è

sempre un poco più facilitato rispetto a chi deve trovarle per la prima volta.

Ora, di questa creatura che voi avete conosciuta attraverso a questi incontri, così è la sua storia;

è solo un lato, voi questo lo comprendete; ma poiché l’avete conosciuta, io credo che per voi sia più

facile capire e siate più interessati a capire attraverso all’esempio di una cosa veramente accaduta

come funzioni questa cernita. Ci sono riuscito?

D. - Benissimo!

R. - Mi fa piacere.

D. - Certo è una cosa... gravissima. Se si riesce ad avere la comprensione, ecco l’inferno!

D. - Non si finisce mai!

R. - Oooooh! C’è tantissimo del vostro tempo! ...C’è fretta, anzi, c’è fretta, ma c’è tutto il tempo.

D. - Questa creatura della quale ci hai parlato, potrà essere aiutata da voi? Era così disperata quan-

do è venuta, poverina.

R. - Sì, ancora non sta molto bene. La sua vita, specialmente l’ultimo capitolo, fu piuttosto tragico e

quindi occorre un certo tempo perché riprenda, questa creatura, le sue forze, la sua serenità. Non

voglio più annoiarvi.

D. - Permetti?

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R. - Sì, certo. Vedeste la piccola Lilli quante smorfie ci sta facendo. Intrattenendomi io, certo le impe-

disco...

D. - Il Fratello Dali ha detto: «Voi che ancora siete attaccati alla vostra religione, e fate bene...». Io,

invece, da quando ho questi insegnamenti ho sempre creduto che la religione, qualunque essa sia,

dovrebbe essere cosa da lasciarsi da parte. Certo il Fratello Dali ha ragione, ma io non lo compren-

do. Mi vorresti spiegare?

R. - Importante è che l’uomo bene agisca. Se questo bene agire non gli può venire altro che da un at-

taccamento alla sua religione è importante che egli sia attaccato alla sua religione. Se invece può

venirgli da questi insegnamenti è importante che egli venga a questi insegnamenti. Se invece gli ve-

nisse dall’ateismo più nero allora ben venga questo ateismo nero.

D. - Lilli sottolinea le tue frasi con i colpi...

R. - È una birichina!

D. - Grazie.

R. - Oh, non v’è niente da ringraziare. Vi saluto tutti.

Alan

28 Marzo 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Eccoci nuovamente riuniti, o figli, in questo misterioso... in questo misterioso colloquio che uni-

sce voi incarnati con noi disincarnati. E sempre pronti a rispondere alle vostre domande, alle vostre

incertezze. Non possiamo certo dire che la conversazione di questa sera sia stata mossa da un

grande assillo; che le domande che avete fatto siano state dettate da una interiore incertezza che, in

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qualche modo, pressi per essere risolta. Pur tuttavia, figli, rispondiamo egualmente, e rispondiamo

sempre a queste domande che rientrano nell’argomento della figura del Cristo.

Il Cristo, Signore della Terra, ha seguito l’evoluzione delle razze che si sono succedute su questo

pianeta fino dall’inizio, e la Sua missione - come voi ben sapete - non è ancora terminata.

Ma, figli, studiando, leggendo quello che viene ricordato come l’ultima incarnazione, per missio-

ne, del Signore della Terra, Gesù il Cristo, voi avete fatto altre domande. Vi siete chiesti, ad esempio,

quale significato può avere la maledizione che il Cristo rivolse al fico: avete domandato se è possibile

che il Cristo, il quale era fra gli uomini per predicare l’amore, abbia potuto maledire sia pure una pian-

ta.

Ebbene, figli, questo episodio della maledizione ha un suo significato tutto particolare. Ma viene

riportato, dai due evangelisti, con un altro scopo; non fu da loro compreso in pieno. Con questo epi-

sodio del fico si insegna la forza della vera fede. Voi avete omesso di leggere ciò che viene dopo,

qual’è l’epilogo di questo episodio narrato nei Vangeli. E cioè, figli cari, quando si dice che il fico si

secca in seguito alla maledizione che il Cristo ha rivolto verso di lui. Ed allora il Cristo spiega che la

fede può far muovere le montagne. Gli evangelisti riportano in questo senso l’episodio del fico, per

dimostrare la potenza della fede. Ma il vero simbolismo, il vero significato di questo episodio non ap-

pare così chiaramente come è narrato. Il Cristo - si dice - aveva fame e si rivolse verso una pianta di

fico per cercarvi dei frutti. Ora un evangelista dice che il fico, in quella stagione, non poteva avere i

frutti. L’altro omette questa osservazione e vien fatto di chiederci: «È possibile che il Cristo non sa-

pesse che la pianta di fico, in quella stagione, non poteva dare frutti?». Ebbene, figli, voi vedete che il

Cristo, dando vita a questo episodio, non poteva farlo unicamente per sfamarsi; se è vero che non

era la stagione dei frutti del fico, perché il Cristo vi andava per cercarne? Il significato di questo epi-

sodio è il seguente, figli: ciò che è nato per dare agli uomini deve sempre dare, ogni e qualunque vol-

ta sia richiesto il suo intervento. Chi è nato per aiutare i suoi simili sempre deve aiutarli, e non già a

comodo suo, e non già quando è il momento propizio, è in uno stato d’animo adatto a dare, figli.

Sempre, in ogni momento quando questo aiuto venga richiesto, imperciocché se chi ha da dare non

dà ecco che a lui verrà tolto quello che a lui era stato dato per donare. Ciò ha valore per tutti, anche

per noi, figli, e per voi. In quel piccolo che voi potete, dovete dare. Questo è il vero senso e il vero si-

gnificato dell’episodio del fico. Che, come ripeto, non fu compreso dai discepoli e quindi, poi, dagli

evangelisti, e che fu interpretato come una dimostrazione che il Cristo voleva dare della forza della

fede. Vi siete chiesti anche, figli, dell’episodio della Trasfigurazione. Anche qua, leggendo, vengono

alla mente certe domande. I discepoli vedono il Cristo che parla con Elia e con Mosè. Ma come era

possibile che essi riconoscessero Elia e Mosè che mai avevano conosciuto di persona? Forse per E-

lia potrebbe esservi una spiegazione: Giovanni il Battista era Elia reincarnato, è vero, figli? E

all’epoca della Trasfigurazione Giovanni il Battista era già trapassato nel modo che voi tutti sapete.

Quindi se egli fosse apparso materializzato - perché si tratta di una vera materializzazione - essi po-

tevano riconoscerlo; ma per loro sarebbe stato più logico dire che il Cristo, in questo caso, era con

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Mosè e con Giovanni il Battista. Perché allora dicono con Elia e con Mosè? Perché si parla di una

nube? Perché l’episodio ha un valore simbolico. È realmente accaduto e credo che voi - che qua ci

ascoltate da tanto del vostro tempo - non abbiate niente in contrario a credere che sia possibile avere

una materializzazione in quella guisa. È realmente accaduto, ma è accaduto in modo che le figure

apparse veramente potessero essere riconosciute come le immagini di Mosè e di Elia. Perché que-

sto? Perché, figli, ciò serviva agli ebrei che un giorno sarebbero venuti a conoscenza della parola del

Cristo, della Sua vita, come testimonianza alla validità della Suo insegnamento. Ed infatti sono scelte

due figure, le più rappresentative, le maggiori della religione ebraica dell’Antico Testamento. Non si

dice: Mosè e Giovanni il Battista, benché Elia e Giovanni il Battista fossero lo stesso individuo. Ma si

dice Mosè ed Elia proprio perché Elia rappresenta come figura, insieme a Mosè, uno dei massimi e-

sponenti della religione ebraica. E narrando che questi erano stati a parlare con Cristo, un giorno gli

ebrei che indubbiamente sarebbero venuti a conoscenza di questo episodio, non avrebbero avuto più

reticenze, non avrebbero più avuto titubanze nel pensare che l’insegnamento del Cristo poteva esse-

re in qualche modo in contrasto con la religione ebraica. E infatti, figli, anche per gli ebrei di oggi non

possiamo dire che l’insegnamento di Gesù Cristo sia contro l’Antico Testamento. Ciò che non viene

accettato è il fatto che Egli sia figlio di Dio; questo. Se non vi fosse questa affermazione - e noi sap-

piamo quanto essa sia vera, è vero, figli? - certo che il Cristo sarebbe posto insieme a tutti gli altri

Profeti, a tutti gli altri Saggi, e per la forza del Suo insegnamento fra questi occuperebbe un posto di

preminenza. Ma è anche certo, figli, che la religione cristiana non sarebbe nata; è anche certo che

questo insegnamento di amore non sarebbe stato posto in evidenza come invece è stato posto, na-

scendo una nuova religione sulla vecchia che di questa ha tutti i presupposti ma che si fonda e vive

per l’insegnamento di amore fra gli uomini. Ecco, voi vedete come tutto sia preciso e calcolato, voi

vedete come tutto avvenga nella giusta maniera. Forse taluno di voi può dire che oggi le religioni che

portano il nome di Cristo non insegnano l’amore come Egli l’insegnò. Ed io, in parte forse, posso

convenirne con voi. Ma ciò non ha importanza: ciò che il Cristo disse, ciò che il Cristo fece, come Egli

visse, come trapassò, sono notizie e fatti che gli uomini conoscono; e conoscono tanto che un senso

di misticismo forse coltivato e custodito per paura, per convenienza, per bisogno di conforto, ma c’è

nell’uomo. Si tratta solo di scevrare, di sfrondare, di liberare questo senso di misticismo da ciò che ad

un tempo stesso lo tiene in vita, lo alimenta e lo soffoca; ciò che in un medesimo istante lo giustifica,

gli dà corpo e lo contiene nella forma in cui è contenuto ed è negli uomini. Si tratta quindi, figli, di libe-

rare questo senso del misticismo, questa fede che esiste un Dio, questa fede in una vita oltre quella

che l’uomo sta vivendo nel piano fisico; si tratta di liberare tutto ciò dalla paura che ha l’uomo, si tratta

di far vivere tutto ciò non per il conforto che in questo pensiero, in questa fede, l’uomo può trovare;

non per la paura che il castigo, da questa fede, l’uomo possa far scaturire. Non per tutto ciò, figli, ma

per una convinzione che così è. E questa convinzione come può ottenersi? L’uomo nella attuale fase

della sua evoluzione è una creatura che comincia a usare il veicolo mentale abbastanza frequente-

mente, per non dire intensamente. La vita futura dell’uomo imporrà ancora più un’attività della sua

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mente fino che anche il singolo, anche l’uomo che possiamo incontrare per la via uscendo da qua, si

interesserà dei problemi del suo paese e del mondo, li comprenderà, vorrà esprimere il suo pensiero

circa la loro risoluzione. Insomma, figli, ragionerà sempre di più; ed allora, per credere, l’uomo dovrà

conoscere come in effetti è la realtà, quale è la verità di tutto quanto accade attorno a lui ma che sta

oltre ciò che gli occhi possono vedere. Vorrà sapere perché vi sono delle ingiustizie, vi sono delle

creature che soffrono e così via. Ma se questo uomo conoscerà una filosofia, una qualunque spiega-

zione - che poi non può essere che la vera per convincere veramente e per non fare alcuna piega e

per essere logica, conseguente e susseguente - se avrà la fortuna di conoscere questo, allora egli

crederà con facilità. E crederà in una cosa che non lo farà temere, non gli dirà: «Tu devi credere per-

ché altrimenti tu patirai di un castigo eterno». Crederà in una verità di amore, di giustizia; in una verità

che può avere l’aspetto, fra gli uomini, di ingiustizia, ma proprio in questa ingiustizia, figli, che v’è fra

gli uomini sta la giustizia del Tutto. Proprio in quello che l’uomo sembra avere la libertà di poter fare

sta ciò che egli è costretto a subire per comprendere. Prevaricando, quindi, le apparenze, ciò che gli

occhi possono vedere, sta il vero significato del Tutto. Ed una mente un poco elastica che possa co-

noscere cosa è veramente la verità, come in realtà si svolga il Tutto, non potrà che dare, questa

mente, all’individuo una sicurezza, una certezza, un senso mistico il cui seme, oggi, è nell’uomo che

a voi sta accanto e che si tratta solo di far sviluppare nella giusta maniera.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Dali

Pregate per me. Non so in qual modo posso farmi capire... Fui Lee Oswald... Ho preso ogni col-

pa e vorrei non aver fatto... ciò che è accaduto. Pregate per me.

Lee Oswald

Buona sera, cari amici. Nephes vi saluta.

Sono venuta fra voi per portarvi il mio saluto affettuoso che, come sapete, sempre vi segue. Ve-

do che vi è una creatura che si era allontanata da noi; non per poco amore, è vero, sorella Enrica? Mi

fa piacere che qui questa sera possa udire la mia voce. Ma vengo per dirti che tu mi invochi quando

sei lontana da questo Cerchio di amici, ma che io ti sono vicina e ti ho seguita in questo periodo: ho

cercato di darti un po’ più di serenità e credo, forse, in minima parte, di esserci riuscita. E poi vedo

che vi sono anche delle creature nuove per voi, ma che noi già da molto tempo conosciamo. Avete

nessuna domanda facile sulla quale possiamo conversare?

D. - Permetti, volevo chiederti: noi, incarnati, abbiamo tutti una Guida che può mutare a seconda del

grado di evoluzione minore o maggiore che raggiungiamo; non è così?

R. - Sì, e anche per le contingenze della vita può mutare.

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D. - Come possiamo intendere che, dopo il trapasso, la nostra Guida non possa più aiutarci come ci

aiutava in vita?

R. - Non ho compreso bene la domanda. Perché non possiamo essere aiutati?

D. - Ecco, noi vediamo creature, qui, che dopo il trapasso sono ancora terribilmente angosciate dopo

mesi e mesi. Allora mi è venuto fatto di chiedermi: come mai la loro Guida non può aiutarli? Non dico

portarli alla serenità, sarebbe troppo comodo, ma aiutarli almeno in parte...

R. - Ma certo, questo avviene sempre. La Guida ci segue sempre.

D. - Permane la nostra Guida anche dopo il trapasso?

R. - Certamente. Permane. Ma accade questo: la creatura non può certamente riavere subito la se-

renità perduta. A volte, come ad esempio quella che si è presentata poco fa, Oswald, che ha bisogno

di comunicare a delle creature ancora incarnate perché sembra a questi che i viventi possano riporta-

re nel mondo quella che è la verità, quando... (voi avete anche avuto una visita di una creatura che fu

trovata morta, sapete, è vero? [Marturano?]). Creature che, appunto, credute morte per una ragione,

poi invece è risultato che la morte era dovuta ad altra causa… ecco questo ritornare, questo bisogno

di dire la verità, come le cose sono andate veramente. E vi sono altre Entità, invece, che non hanno

di queste preoccupazioni; hanno lasciato il mondo nel quale vivevano e non hanno più alcuna preoc-

cupazione del mondo, come gli uomini possono ricordarli o no. Dipende tutto dall’attaccamento che

uno può avere alla sua vita, al mondo, all’ambiente nel quale viveva; sono tutti fattori individuali.

D. - Kennedy come sta? Dorme ancora?

R. - No, non dorme più. Oh, sta molto bene; non c’è da preoccuparsi per lui. Sì, cari figli, noi siamo

tutti molto assistiti. E questo deve esservi di conforto. Con questo non voglio dire che ciascuno di voi

e di noi non abbia dei momenti di difficoltà, ma comunque la fede e la certezza di essere assistiti, di

essere aiutati, che niente è definitivo, che niente può accadervi di veramente dannoso per voi, deve

darvi la forza di superare tutti i momenti un po’ difficili, scabrosi, di difficoltà. E noi siamo sempre qua

con voi, per aiutarvi e per confortarvi anche; benché questo non sia il vero scopo delle nostre riunioni.

D. - Perdona, puoi rispondere tu alla domanda che ho fatto a Lilli: se è vero che il Cristo sia o trapas-

sato o risorto nelle ore di plenilunio? O è una leggenda?

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R. - No, corrisponde; secondo la tradizione corrisponde esattamente. Ma vi sono anche delle ore pre-

cise a questo proposito.

D. - Scusa, vorrei domandarti di Mario, della sua salute. Mario mio fratello, intendo.

R. - Sì, ho compreso. Pregherò la Sorella Maddalena di seguire questo tuo e nostro fratello.

D. - Le cure che ha intraprese sono giuste?

R. - Vedremo quello che dice la Sorella Maddalena. Ma non posso dirti niente di più esatto in questo

momento. Vedo questo tuo e nostro fratello che effettivamente non sta molto bene. Vedremo quello

che sarà possibile fare. Non è grave, ma è un disturbo che non può essere curato molto facilmente.

D. - E il mio comportamento è stato giusto in questo ultimo periodo?

R. - Sì, certo. Non è quello che molto... risolve. Adesso debbo lasciarvi.

D. - Puoi dirmi di mio marito? Mi è vicino?

R. - Oh, sta molto bene. E certamente... Noi tutti vi siamo vicini.

D. - Potrei fare una domanda? Ci è stato detto che quando un pianeta ha finito la sua vita passa la

sua materia ad un altro o ad altri pianeti. Come avviene questo? In forma di pulviscolo?

R. - La materia che possa trasferirsi più facilmente è la materia allo stato sub-atomico; ma ciò non

toglie che possa anche trasferirsi materia allo stato atomico sotto forma di pulviscolo. Nell’uno e

nell’altro modo.

D. - Questo cataclisma nell’Alaska... come mai...

R. - Vi sono sempre stati i cataclismi. Certo che ogni causa ha il suo effetto, e quando questo movi-

mento di popoli... Quando vi sono turbamenti anche di ordine psichico vi sono anche effetti fisici. Voi

volete trattenermi e vi ringrazio, siete molto gentili, ma ora devo andare. Vi benedico.

Nephes

Buona sera a voi.

Io fui Frank Lloyd Wright, un architetto, e vengo qua poiché ho sentito parlare dell’uomo del futu-

ro. E l’uomo del futuro sarà così in contatto con i suoi simili, che poi proverà un senso di fortissima

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necessità di ritirarsi nella intimità della sua abitazione. Quindi tutti questi concetti secondo i quali una

casa dà, indirettamente, un senso di imprigionamento all’uomo sono errati. Vi sono certe tendenze in

architettura, oggi, secondo le quali le case dovrebbero essere costruite, all’interno senza pareti chiu-

se, senza porte, in modo che chi vi abiti abbia la sensazione della massima libertà. Questi concetti

sono profondamente ed essenzialmente errati perché l’uomo del futuro, anzi, avrà la necessità

dell’isolamento: tanto la sua vita fuori di casa sarà a contatto con creature e con tutto il mondo - ose-

rei dire - per la grande facilità con cui le notizie correranno, ancor più di oggi, da un capo all’altro del

pianeta, e non solo le notizie ma le immagini, e per questo continuo collegamento di tutti gli uomini

ancor più il singolo proverà la necessità di ritirarsi nella intimità del suo alloggio. E questo più isolato

sarà e più conforto potrà dargli perché rappresenterà l’altro rovescio della medaglia, perché rappre-

senterà una soluzione, un rimedio alla vita pubblica e collettiva che egli dovrà svolgere nel luogo del

suo lavoro. Ebbene, anche questo attuarsi corrisponde ad una legge della natura; i due aspetti, e

l’equilibrio è sempre fra questi due aspetti. Da una parte l’uomo nella sua vita nella collettività;

dall’altra l’uomo nella sua intimità, e questa intimità ha tanta importanza e tanto valore quanto la vita

nella società. Chi credesse di poter restringere ed annientare uno di questi due aspetti sarebbe vota-

to a fare della sua vita la vita di un uomo che non è in equilibrio con se stesso. E ciascuno deve tro-

vare l’equilibrio della propria esistenza perché è sull’equilibrio che si fonda la salute, che si fonda la

serenità, che si fonda il giusto vivere ed il retto vivere. Io vi auguro che questo equilibrio sia presto

meta da voi raggiunta e vi saluto.

Frank Lloyd Wright

Questi figli... nel nome dello Spirito Santo. Francesco, vostro fratello, vi saluta.

Francesco

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Vi benedico con tanto affetto, figli cari.

Dali

04 Aprile 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Rileggendo, o figli, quello che abbiamo avuto occasione di dire ultimamente, vi siete soffermati

sull’episodio del fico. Non v’è bisogno che io ripeta ancora una volta il vero senso dell’insegnamento.

Non ha importanza che fosse o non fosse la stagione in cui il frutto doveva dare i suoi frutti; ciò che si

vuol dire è che ciascuno deve dare, e deve dare in ogni momento. Questo è importante. Questo è

l’ideale morale che ciascuno deve avere.

Se poi si verifica il fatto che una creatura non dà possono esservi delle ragioni: ciò non vuol dire

che l’insegnamento non sia più valido. Se questo dare non sarà eseguito potrà essere per impedi-

menti effettivi ed allora la creatura, pur non attuando l’insegnamento, rimarrà egualmente una creatu-

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ra altruista. Oppure potrà essere che questo non dare sia dovuto al fatto che non vi sia stata la volon-

tà di dare, ed allora, figli, all’insegnamento quella creatura è venuta meno e quella creatura non ha

compreso l’insegnamento di amare il proprio prossimo. Questo, in altre parole, o figli, è quello che già

avemmo a dirvi la scorsa occasione.

Vi siete anche chiesti per quale motivo il Cristo è Signore della Terra e altri Maestri possono es-

sere Signori di altri pianeti e della evoluzione. Cos’è che determina questo dirigere una missione, la

missione del Maestro, in un campo piuttosto che in un altro. Tutto è regolato e preciso, figli, e tutto fa

parte del grande piano divino e non v’è nessun bisogno di scelta nel senso come l’intendono gli uma-

ni; ma chi è giunto ad identificarsi con l’Assoluto segue la Sua stessa via, il Suo stesso amore: segue

il piano generale di evoluzione e si colloca laddove questo piano prevede un’opera, la Sua opera.

Quindi, figli, non v’è nessun incarico preciso dato da un superiore ad un inferiore, né una scelta dovu-

ta ad una affinità; ma un collocarsi nel giusto posto secondo la legge di equilibrio, di armonia e di

precisione che regna sovrana ovunque.

Poi avete domandato, figli, se vi siano gerarchie. Ma non possiamo che ripetere che l’unica ge-

rarchia è quella che consegue la legge di evoluzione. Se il Cristo sia il Signore non solo della Terra

ma dell’Universo o del Cosmo è pericoloso rispondere, perché se noi diciamo che è il Signore della

Terra, automaticamente, figli, voi sminuite la Sua altezza spirituale. Se noi diciamo che è il Signore

del Cosmo diciamo una cosa che non è vera secondo la realtà, ma che potrebbe esserlo benissimo.

Mi spiego: chi giunge ad identificarsi con l’Assoluto è l’Assoluto stesso e per questo può essere Si-

gnore della Terra o del Cosmo indifferentemente. Ma ciascuno, ripeto, si è collocato al giusto posto,

secondo il piano di evoluzione generale in ordine alla legge di equilibrio, di giustizia, di precisione, di

armonia che regna sovrana ovunque. Ed allora, figli cari, il dire come in realtà, e quale in realtà sia la

missione di un Maestro, non deve autorizzarvi a collocare questo Maestro in un posto di preminenza

o meno rispetto ad altri. Chi è giunto ad identificarsi nell’Assoluto è l’Assoluto stesso, qualunque sia

l’opera che Egli svolge.

Infine desidero parlare di quello che il figlio L. ha chiamato un “suo particolare stato d’animo”, per

dirvi - e non solo a lui, a tutti - quale è la differenza fra voi che ci udite e chi, invece, ricerca la verità

senza una guida diretta, senza una voce che lo consigli. È come se voi aveste comprato un romanzo

giallo ed aveste aperto alle ultime pagine questo libro leggendo la soluzione dell’enigma. Dice il figlio

L. che scade l’interesse a leggere il romanzo sapendo quale ne è la fine, ma dimenticando che la re-

altà, il fine ed il principio, è ciò che “è”. Noi dicemmo: la realtà è ciò che “è” e non ciò che appare. E

pur conoscendo la realtà di ciò che “è”, pur sapendo che l’Assoluto è il Tutto-Uno, che tutto quanto si

agita e muove nel mondo umano non è che una transitoria realtà, pur sapendo che l’Assoluto è al di

là dei Cosmi, non dobbiamo dimenticare che ad Esso noi dobbiamo giungere. Non dobbiamo dimen-

ticare che la realtà è ciò che “è”; ma ciò che “è” è anche ciò che “è” in questo momento. La realtà è il

Tutto ed il Tutto comprende anche ciò che esiste, per voi, per un solo attimo.

Può forse essere annullato, perché considerato di poca importanza, un microrganismo? Possia-

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mo noi dire che la vita breve e di così poco interesse del microrganismo non abbia importanza nei

confronti della realtà, realtà che è ciò che “è”? Possiamo noi, per il semplice fatto di pensare che

l’Assoluto è oltre ciò che appare, è il Tutto, pensare che possa scadere di importanza tutto quanto è

attorno a noi, che fa parte dell’Assoluto? Che se non è tutta la realtà, pur tuttavia è parte della realtà?

E quando dico “ciò che è attorno a noi”, figli, intendo non ciò che appare ma ciò che “è”. E pur pen-

sando che l’ingiustizia che oggi affligge gli uomini un giorno - che io auspico di veloce venuta - spari-

rà, pur pensando che il dolore di una creatura a distanza di pochi anni del tempo, che è un prodotto

illusorio, finirà, pur pensando che la gloria, anche, che tutto quello che si agita nel mondo umano così

transitorio ben presto finisce, pur pensando tutto ciò possiamo noi dire che dato che la realtà è al di

là di tutto ciò, tutto ciò non ha per noi importanza? E non deve avere per noi importanza? E possiamo

noi essere autorizzati da questo a perdere l’interesse a ciò che sta a noi attorno? Siamo noi autoriz-

zati a perdere di interesse, a non partecipare a tutto quanto ci circonda? No, figli. Perché se è vero

che l’Assoluto è il Tutto-Uno ed è oltre ciò che noi possiamo vedere od immaginare, è pur tuttavia ve-

ro che, pur tenendo presente questa realtà, noi dobbiamo assimilare, vivere, comprendere il nostro

mondo. Noi dobbiamo ritrovare queste verità: la legge dell’evoluzione, la legge di causa e di effetto,

la legge dell’amore al prossimo. Queste non sono leggi cosmiche. Noi dobbiamo ritrovare queste

leggi nella vita, noi dobbiamo viverle; noi dobbiamo, pur tenendo presente ciò che è, vivere ciò che è

attorno a noi, ritrovare ciò che “è” al di là di ciò che appare. Questo è quello che dobbiamo fare; sen-

za contare poi il conoscere noi stessi che, solo ed unico, può veramente liberarci dall’influenza che il

mondo che ci circonda può avere su di noi.

Orbene, figli cari, prima di costruire è necessario demolire e ciascuno di voi è passato da questo

“demolire”; altri stanno ancora demolendo. Ma, figli, sempre noi vi abbiamo detto che è importante

partecipare alla verità, alla vita. «Oh, se tu fossi stato freddo o caldo...». Ricordate? Ed il contemplare

la realtà, o figli, comporta delle domande? Il fatto stesso che l’individuo contempli la realtà può signi-

ficare che egli la veda non da soggetto ad oggetto, perché egli non sarebbe nella realtà; ed allora, se

così fosse, se egli la vedesse da soggetto ad oggetto, allora avrebbe delle domande, e non potrebbe

non chiedersi qualcosa. Ma il contemplare la realtà significa essere identificati con essa, ed ecco

questa “contemplazione”, parola mistica, cioè questa immedesimazione. Solo nella immedesimazione

non vi sono più domande. Solo in questo “vivere” nella realtà può essere perso ogni interesse a chie-

dere. Ma quando non vi è questa immedesimazione, allora, figli, il non trovare interesse a chiedere

può significare varie cose, fra le quali questa: l’aver compreso il piano generale e il disegno generale,

lo schema generale, tanto bene da - quasi - non trovare una qualche partecipazione, un qualche de-

siderio di conoscerne i particolari i quali, se possono arricchire lo schema generale, pur tuttavia non

lo modificano nelle sue linee essenziali. E, nello stesso tempo, considerare più importante questa vi-

sione del Tutto, questo schema generale, ciò che sta oltre, ciò che sta al di là - l’Assoluto - delle parti,

se così possiamo chiamarle, che compongono questo schema. Ma che cosa è ciò che sta oltre, ciò

che sta al di là, se non ciò che “è”, ciò che è attorno a voi con molto di più: ciò che è attorno a voi, fi-

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gli, è l’Assoluto. E ciò che è attorno a voi non può essere disgiunto o considerato meno importante e

sentito meno importante dell’Assoluto, perché non si può fare una scala delle importanze: i massimi

debbono servire i minimi. Tutto è egualmente importante.

Quindi, figli, se è importante comprendere il concetto di Dio-Uno-Assoluto (io credo che concetto

più elevato, tanto per dire qualcosa, non possa esservi), è egualmente importante comprendere

l’insegnamento in tutti i suoi aspetti, è egualmente importante comprendere se stessi, è egualmente

importante amare il prossimo nostro come noi stessi, perché è la stessa cosa, figli, perché non vi so-

no differenze.

Può darsi che una creatura sia momentaneamente richiamata da un argomento piuttosto che da

un altro perché quello è il suo bisogno contingente, il suo interesse del momento; ma ciò non vuol di-

re che tutto il resto non debba avere importanza e non debba sentirsi importante.

Così, figli, voi che qua ci udite - molte volte lo abbiamo detto, e ci sia permessa questa osserva-

zione - fate delle domande per non far languire la riunione. Ma non è questo genere di riunione che

noi desideriamo. Noi desideriamo, figli, non che siate mossi da una curiosità morbosa che vi spinga a

domandare, ma che siate mossi dalla volontà di comprendere; non che siate mossi dal desiderio di

conoscere, ma da un richiamo che è in voi stessi di comprendere, di assimilare. È molto diverso, figli.

Comprendiamo che quando qua siete chiamati è il desiderio, la curiosità che qui vi tiene, oltre che vi

porta. Ma a questo desiderio, a questa curiosità, deve subentrare il bisogno, la necessità, il richiamo

dell’intimo vostro all’insegnamento. E questo insegnamento è suddiviso in molti capitoli, ciascuno dei

quali è egualmente importante e ciascuno dei quali deve essere compreso a fondo. Perché se noi te-

niamo presente che un giorno il Cosmo sarà riassorbito e che tutti gli uomini si identificheranno in

Dio, certo che, in questo pensiero, sembra scolorirsi di importanza tutto quanto a noi attorno vive, le

stesse necessità più pressanti, le stesse ansiosità più imperiose, figli, decadono in questo pensiero:

specie se non ci toccano. Certo che i problemi più dibattuti perdono la loro importanza, ma l’uomo

non deve vivere per il futuro: l’uomo è nel presente se non vive il presente tale quale è rimane.

Così, nel pensiero che tutto un giorno sarà riassorbito e che l’Assoluto sta oltre lo stesso Cosmo

con tutti i suoi problemi e tutti i suoi movimenti, oltre la vita del Cosmo, figli, non deve procurare in voi

una distinzione nella realtà delle cose in ciò che è importante con ciò che è meno importante, perché

la realtà è ciò che “è” e non ciò che appare. E tutto quanto “è” oltre quello che appare, al di là di quel-

lo che appare, è egualmente importante; ed ogni enunciazione della realtà, ogni verità, si chiami essa

concetto di Dio-Uno-Assoluto o concetto dell’amore al prossimo, è egualmente importante.

Qual’è allora il problema? Comprendere. Comprendere tutto l’insegnamento e ritrovarlo non solo

nello schema generale, ma nei particolari, perché, figli, è questo lavoro di costruzione che veramente

può condurre a quella sicurezza che si trasforma in intima comprensione, in assimilazione. È questo

lavoro di vagliare, nascere ogni giorno, ogni giorno riporre in discussione tutto, che può dare quella

sicurezza necessaria, indispensabile, alla intima convinzione. Non basta capire, non basta capire il

disegno generale il quale può condurci alla comprensione del concetto Dio-Uno-Assoluto, non basta

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questo per assimilare; perché il solo capire, figli, senza dibattere e discutere il problema ogni giorno,

riporlo sul tappeto - come si usa dire - ogni volta, non può dare quella sicurezza, quella padronanza

di tutto l’insegnamento che conduce alla intima convinzione.

È vero che la realtà è ciò che “è” e che non può essere conosciuta attraverso ad una comunica-

zione. È ciò che “è”, è lì, è dappertutto, figli; eppure a sé richiama ogni essere che per essa è nato. E

lo richiama attraverso alla verità. La verità può essere una indegna veste della realtà, pur tuttavia, fi-

gli, da essa l’uomo giunge alla realtà, pur tuttavia l’uomo di essa deve servirsi per intuire, per com-

prendere la realtà. Ma questa realtà può essere compresa tutta in una volta? L’identificazione con

l’Assoluto, con la realtà, con ciò che è, avviene così, in un solo istante? Questa è la domanda che io

vi pongo e sulla quale mediterete. Sempre che lo vogliate. E vi benedico con tanto affetto.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Voglio mandare un messaggio a tutto il mondo. Non ho pace. Io non mi sono ucciso. Io fui obbli-

gato a scrivere una lettera nella quale dicevo che mi uccidevo e fui obbligato ad ingerire delle sostan-

ze. Ma non mi sono ucciso. Questo voglio che sia saputo.

Può sembrarvi un romanzo giallo ma certo è una realtà tremenda che ancora oggi vi siano nel

mondo queste brutture. Io vivevo in un ambiente di brutto, ma me ne sapevo assumermi ogni re-

sponsabilità; non come hanno fatto altri che per salvare se stessi mi hanno ucciso.

Stephen Ward. Non ha importanza, ma voglio dire che non mi sono ucciso. Beati voi che vivete

in un ambiente così pulito e privo di queste brutture.

D. - Possiamo fare qualcosa per te?

R. - Niente. Ora mi accorgo che non potete fare niente. Ed è giusto che sia così.

Stephen Ward

Ho colto il vostro pensiero riunito e l’ho condotto là da creature sofferenti. Fate che sempre di più

io vi trovi uniti quale barriera all’errore e alla incomprensione. Fate che le vostre azioni siano volte al

bene e, fiduciosi, muovetevi l’un l’altro incontro. Fui chiamato Giovanni e vissi nel grande privilegio di

udire le parole del Figlio di Dio.

Vi benedico.

Giovanni

...Spero di tornare...

Garcìa Lorca

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La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Vi prego, mentre sveglierò lo strumento, di continuare a

pensare a questa Entità che è venuta qui fra voi e di concentrare il vostro pensiero secondo le sue in-

tenzioni.

Pace a tutti gli uomini.

Dali

11 Aprile 1964

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini. Un caro saluto ed una benedizione a ognuno di voi,

o figli.

Avete voluto raccogliere ciò che in più occasioni abbiamo avuto modo di dire o di scrivere o di ri-

spondere alle vostre domande, figli, e di ciò vi ringraziamo vedendo in questo una manifestazione

dell’amore che ci portate. Ringraziamo singolarmente ognuno di voi per quanto avete fatto a questo

proposito. E - come già ho scritto, figli - potremo fare ancora qualcosa. Questa raccolta, se voi volete,

potrà essere inviata ad alcune creature estranee a questo Cerchio; al riguardo vi saremo più precisi

in seguito. Voi, comunque, rileggete tutto quanto è stato scritto e meditate, figli; molte sono le cose

che credete di avere capito e che invece, ancora, non siete riusciti a vedere nel loro completo signifi-

cato. Per questo vi esortiamo a meditare ciò che è stato detto.

Vi pregherei, poi - se mi è permesso intromettermi in una questione che non ci riguarda al solo

scopo di consigliarvi ad agire in armonia a ciò che il libro stesso vuol significare - di non pretendere

un compenso da quelle creature estranee al Cerchio alle quali il libro fosse dato. Ed un altro consi-

glio, cari: di darlo con discernimento. Non deve essere, questa raccolta, presa come una sorta di co-

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modità da parte vostra nel senso che trovando una creatura propensa a questi insegnamenti, sia per

voi più comodo consegnare la raccolta di queste cose che vi abbiamo detto piuttosto che essere voi

ad entrare in discussione. Prima di dare questo libro, o figli, dovete essere stati voi a parlare

dell’insegnamento in generale; e solo quando vi sia necessità di un approfondimento, di un maggior

dettaglio, di una conoscenza diretta della fonte, allora, figli, potete dare il libro.

Tutto quello che io vi dico, o cari, è un consiglio: voi potete seguire o non seguire come sempre.

E veniamo poi alla vera e propria conversazione di questa sera che noi vorremmo fosse di ogni

volta che vi riunite in attesa della nostra venuta. Fosse con lo stesso vigore, con lo stesso interesse

che voi vi riunite qui, ogni volta che vi riunite. Perché, figli cari, questo vigore e questo interesse è la

manifestazione di una intima e reale partecipazione a ciò che viene detto, agli argomenti che sono

toccati e che vi toccano. Ma certo che niente né mai questo può essere fatto coercitivamente: si tratta

solo di sentire o non sentire. Ma pure, figli, se anche taluni argomenti non sono egualmente sentiti da

tutti, pur tuttavia quando veramente da alcuni lo sono anche gli altri, inevitabilmente, vengono trasci-

nati dalla conversazione e meglio possono intendere ciò che noi diciamo.

Che cosa noi diciamo, figli? Abbiamo noi bisogno, forse, di udire le vostre domande per capire e

sapere quelli che sono i vostri problemi? Credo che ormai, dopo molti dei vostri anni che ci udite, non

abbiate più dubbi in proposito. E quali, allora, sono le cose che noi vi diciamo? Sono cose che ri-

spondono e che lasciano il campo aperto a quelle cose che non avete dette o perché ancora non a-

vete centrato il problema, o perché una sorta di ritegno ve lo ha impedito. E nel rispondere, figli, ben

sapendo quali sono i problemi che vi assillano, non abbiamo alcuna pretesa di dare delle risposte che

possano - in qualche modo - mostrare la nostra abilità nel rispondere, che possano in qualche modo

farvi dire: «Ecco, ha detto ciò che io non avevo espresso». Nel rispondere, figli, noi teniamo sempre

di fronte a noi quello che è lo scopo delle nostre riunioni: la vostra comprensione, il vostro intimo

chiarimento. Perché se, conoscendo il vostro problema, noi esaurissimo la risposta e l’argomento

fosse da noi - se ciò fosse possibile - esaurito nella sua intierezza senza che da parte vostra il pro-

blema fosse esattamente centrato, domandato, chiesto, allora la nostra risposta a niente servirebbe,

figli, perché un dubbio non meditato, non compreso nella sua profondità o nella sua estensione, non

può essere sradicato da una risposta che vada oltre i termini della domanda; non può essere sradica-

to se non vi è - da parte di colui che chiede - una profonda riflessione e meditazione su ciò che chie-

de, se non vi è un cercare di vedere il problema in tutti i suoi aspetti. Solo quando questa meditazio-

ne, questa maturazione è raggiunta, la risposta può essere completa ed il dubbio può essere chiarito

e sradicato. Un argomento accennato e non profondamente meditato anche nell’interrogativo, non

sarà mai chiarito definitivamente da una risposta comunque essa possa essere vasta; per questo

motivo, figli.

Se voi aveste letto con attenzione ciò che io ebbi a dire l’ultima volta, avreste capito quale era la

nostra intenzione nel porvi la domanda a chiusura di una risposta; perché proprio in quella domanda,

figli, voi avreste visto che il problema non era stato da voi esattamente centrato; che nel chiedere, voi

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stessi non avevate esaminato tutti gli aspetti del dubbio e che proprio in quella domanda che noi vi

abbiamo fatto, o cari, sta la prova che noi conosciamo a fondo il vostro problema. Tanto a fondo da

capire che voi stessi, ancora, vi chiedete qualcosa ma non sapete esattamente quello che chiedete.

E veniamo alle risposte che avete dato a questa nostra domanda. Quale significato può avere la

domanda? L’uomo comprende e si identifica nell’Assoluto in un solo momento? Questa identificazio-

ne nell’Assoluto avviene in un attimo? Voi sapete che ogni conquista avviene preceduta da una matu-

razione e, senza la maturazione necessaria, la maturazione intima non è possibile; non dico

l’identificazione con l’Assoluto, ma nessuna altra comprensione, intima convinzione. Cercherò di spie-

garmi meglio. L’uomo è posto di fronte alla realtà e l’uomo deve comprendere la realtà, figli. Ma que-

sta comprensione non può avvenire in un solo momento; l’uomo non può comprendere la totalità del-

la realtà in un solo istante; egli, tassello per tassello - dicemmo - costituisce la sua coscienza. Ebbe-

ne, figli, una volta che il suo “sapere” è raggiunto, una volta che egli ha raggiunto la piena padronan-

za della conoscenza della verità, avviene la intima convinzione; e questa intima convinzione avviene

in un attimo. L’uomo può conoscere esattamente una enunciazione della realtà, cioè una verità, ma

non esserne intimamente convinto; una volta che in lui è raggiunta la intima maturazione, la intima

convinzione, avviene come le folgorazioni dei Santi. Così, figli, è della identificazione con l’Assoluto:

sperimentare, in altre parole o cari, la realtà. Ebbene, sperimentare la realtà significa appunto identi-

ficarsi nell’Assoluto; e questa identificazione, benché sia preparata, benché sia preceduta da un nu-

mero infinito - possiamo dire - di esperienze, da una lunga maturazione, figli, questa identificazione

avviene in un solo attimo. Ebbene, può accadere che una creatura sperimenti la realtà prima di rag-

giungere definitivamente l’identificazione con la realtà stessa? Certo che è possibile; voi sapete che

ciò è possibile anche con la intuizione; voi sapete che è possibile sperimentare la realtà temporane-

amente salvo poi a ritornare al di fuori di questa realtà. E dicendo questo io mi riferisco a quelle for-

me intuitive che possono avere avuto gli uomini, gli incarnati, coloro che ancora non hanno raggiunto

la evoluzione che permetterà loro la definitiva identificazione con l’Assoluto. Ebbene, figli, è possibile

tutto ciò? È possibile, per un istante, vivere nella Realtà Assoluta ed in questa esperienza essere i-

dentificati con la massima realtà, con Dio stesso, anche se non definitivamente. È una possibilità che

viene all’uomo dal suo Spirito. È, possiamo dire, una forma intuitiva, ma è qualcosa che va oltre

l’intuizione. Ebbene, figli, coloro che hanno vissuta questa esperienza, una volta tornati nelle loro

condizioni consuete possono sentire diversamente la vita con i suoi problemi. Voi avete detto una

grandissima verità che da nessuno può essere smentita. E cioè che ciascuno vive la sua vita secon-

do le proprie convinzioni; ciascuno vede il mondo secondo quelle che sono le sue idee; che queste

siano suggerite da altri, lette sui libri, conquistate personalmente non ha importanza: la verità rimane

e nessuno può smentirla. Ma, figli cari, veniamo all’attuazione pratica di questa verità: nessuno può

smentire questa verità perché è talmente generale, ha un sapore talmente esteso, un senso talmente

generalizzato, che certamente non può trovarsi un caso particolare che in questa non rientri; ma oc-

corre, figli, venire all’attuazione pratica di questa verità, di questa realtà. Chi ha sperimentato la realtà

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nel modo che ora vi dicevo, certamente che cambia il suo intendere e sentire la vita. Anche per lui la

verità che ora abbiamo enunciata è valevole. Ma occorre vedere come cambia; ecco dove può esse-

re l’errore ed un non giusto modo di agire, intendendo per “agire” anche lo stesso pensare, vivere, se

volete. Occorre distinguere e vedere come cambia questo modo di vivere, come cambia l’interesse

alla vita; perché è indubbio che cambi, ma come? E perché? Chi ha sperimentato questa realtà, tor-

nando nel suo normale stato di sentire, può vedere scolorito e da un altro punto di vista tutto quanto

a lui è attorno; eppure, figli, tutto quanto a lui è attorno ha egualmente un interesse ed una importan-

za come prima lo aveva, perché, figli, non sono le cose in se stesse che hanno un valore, ma le cose

hanno il valore che gli uomini ad esse attribuiscono. Ebbene, se pure cambia il modo di osservare la

vita, se pure cambia il modo di guardare i propri fratelli, pur tuttavia deve cambiare in modo che

l’interesse al mondo che lo circonda permanga: la visione che di questo mondo l’uomo si è fatto resti

viva, palpitante, perché se una esperienza di tal genere, come quella della intuizione della realtà - se

così vi resta più facile - vi è stata, e se questa esperienza vi è stata ma ha condotto l’individuo ad una

modificazione del suo modo di vedere il mondo che lo circonda nel senso che vi è in lui il vivere

nell’ansito, nell’attesa di ripetere questa esperienza evadendo - in questo modo - la realtà stessa, di-

menticando che quella esperienza è venuta non già per distoglierlo da ciò che a questa stessa espe-

rienza l’ha portato, ma per rafforzarlo nelle stesse forme che a questa realtà hanno condotto

l’individuo, ebbene, figli, se questa esperienza vi è stata, sarebbe stata dannosa se l’individuo, dopo

di questa, permanesse a lungo in uno stato di sbigottimento, di indecisione, di confusione, di senso di

disorientamento. Perché, ripeto, questa esperienza viene non per distogliere l’individuo dalla realtà

una volta che al di fuori di essa l’individuo stesso sia ritornato, ma per portarlo, conquistarlo definiti-

vamente a questa realtà. Se un uomo, figli, è convinto dell’esistenza di Dio e si è convinto udendo

certe discussioni fatte fra atei e credenti, certamente che cambia il suo modo di ascoltare queste di-

scussioni; però, figli, è anche vero che queste discussioni hanno per lui egualmente importanza, per-

ché questa intima convinzione può - se veramente non è tale - può anche non essere definitiva. (Ciò

che io sto dicendo, figli, ha valore unicamente di esempio, poiché l’intima convinzione, una volta rag-

giunta, non può mai più essere demolita, è vero? Faccio un esempio unicamente per cercare di me-

glio spiegarmi: una analogia fra la intima convinzione e l’esperimento della realtà). Quindi, figli, se lo

sperimentare la realtà è possibile, il capire il concetto dell’Uno-Assoluto è possibile, se è possibile in-

tuirlo anche per un solo attimo, figli cari, nel momento in cui l’uomo ascolta i suoi simili egli deve e-

gualmente ascoltarli con lo stesso interesse e con la stessa partecipazione che aveva prima della sua

raggiunta convinzione o della esperienza del reale; perché quella esperienza non ha significato per

lui la identificazione definitiva con la realtà, è stata una intuizione momentanea, ma noi possiamo dire

che era nel giusto solo nell’attimo in cui ha avuto questa intuizione, e solo allora, quando era identifi-

cato nell’Assoluto egli poteva non avere domande. Ma nel momento che questa esperienza è cessa-

ta, figli, allora tutto quanto è attorno a lui, si intende più o meno, deve avere importanza perché egli si

ritrova nelle condizioni antecedenti. Se questa identificazione non è stata definitiva ciò vuol dire che

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ancora qualcosa v’è che è di ostacolo. Se il concetto non è profondamente assimilato, figli, non può

dirsi che sia divenuto parte intima e costituente dell’individuo e che lo abbia definitivamente cambiato.

Ciò che è vero è che l’individuo cambia in continuazione ma, fino a che non è veramente, intimamen-

te convinto, egli non ha superato; fino a che egli non si è impadronito di una realtà comprendendola

appieno, non possiamo dire che quella realtà è divenuta parte di lui stesso. Ed allora, figli, ecco

l’insegnamento del Fratello Claudio: «Conosci te stesso!», con la sua immensa importanza; perché è

facile credere di essere cambiati e riuscire anche a vedere il mondo con i suoi problemi - il mondo e-

steriore o il mondo interiore - in modo diverso, ma non essere cambiati e pensare diversamente per

un’illusione. Per questo noi vi diciamo che dovete, invece, domandare anche sapendo che la verità è

una veste della realtà, e che la realtà non può che essere sentita, non può che essere intuita, speri-

mentata nella immedesimazione, non comunicata. Per questo noi insistiamo; perché ogni qual volta

voi vi riponete in discussione, figli, voi non fate altro che sondare la vostra intima convinzione; ogni

qual volta voi parlate dell’insegnamento e dei problemi che possono interessarvi esteriormente o inte-

riormente, voi, figli, non fate che consolidare la vostra intima convinzione la quale solo quando vera-

mente è intima convinzione diviene parte di voi stessi, e nessun dubbio può muoverla, nessuna falsa

interpretazione può da essa scaturire.

Meditate bene su quanto vi ho detto, poiché l’argomento non è facile ed è di vasta importanza.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Buona sera.

Vorrei dirvi del grande errore di quelli che non vogliono che i tempi cambino e restano ancorati

agli ordinamenti sociali delle epoche trascorse. Io non fui che una vittima della storia e del risveglio

dei popoli, ma certo che ebbi la mia responsabilità ed oggi, in tutta serenità, posso capire quale fu il

mio errore e vorrei che questo fosse capito da coloro che oggi sono nella terra che fu mia terra. Fos-

se capito che nell’uomo è sempre un senso di rinnovamento e che quindi occorre sempre rivedere le

istituzioni sociali e niente può esservi di definitivo e di intoccabile, se non vogliamo che sorga una re-

azione che questo travolga e distrugga.

Mi chiamai Nicola II° e fui Zar di tutte le Russie, vittima giusta della storia. Io non volli capire il bi-

sogno del mio popolo, ed oggi vorrei che questo mio popolo facesse capire a chi lo governa un altret-

tanto imperioso bisogno di rinnovamento che è nelle coscienze di tutti. Non è possibile ancorarsi a

dei sistemi passati con il passare del tempo, giusti forse - se anche lo erano - per le coscienze di allo-

ra, non più giusti per le coscienze e le mentalità di oggi.

Perché è tanto difficile capire questa cosa così chiara?

Pregate affinché gli uomini capiscano, affinché gli uomini vedano la verità.

Vi saluto.

Nicola II°

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18 Aprile 1964

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Chi, figli cari, pur non essendo giunto alla massima evoluzione - per così definirla al fine di inten-

derci - sperimenta la realtà “è rapito in Ispirito”; secondo un’altra espressione ha un’esperienza che

indubbiamente è determinante ma che, al momento in cui cessa, non lascia in lui una visione esatta

di questa realtà. Oltre che il “sentire”, il ricordo del “sentire”, può rimanere una chiarezza su certi pro-

blemi, un mutamento di opinioni, ma certo che non rimane la verità, la espressione di questa realtà.

Perché per contenere la verità, figli, che è una veste appunto della realtà, occorre una maturazione,

occorre una evoluzione adeguata. Voi direte: «Ma chi attraverso a questa forma intuitiva, che è qual-

cosa oltre l’intuizione, ha sia pure momentaneamente una identificazione con la realtà deve necessa-

riamente avere una maturazione». Certo, figli, ma può non essere, questa maturazione, sufficiente a

far sì che una volta tornati fuori da questa realtà essa possa essere conservata, ricordata, contenuta

da quelle che sono le capacità dell’individuo. Per questo, figli, vi è una profonda differenza - e non

solo per questo, voi intendete - fra colui che è definitivamente identificato con la Realtà Assoluta e

colui che occasionalmente ha un’esperienza di questo genere, colui che momentaneamente riesce

ad unirsi in virtù, ripeto, di una preparazione e di una forma intuitiva che va al di là della semplice in-

tuizione, la quale per altro può riguardare un piccolo settore, una singola realtà - è vero figli? - la in-

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tuizione comunemente conosciuta e da noi definita; ma chi ha questa forma intuitiva che va al di là

della stessa intuizione ha una certa maturazione, una certa evoluzione, ma queste possono non es-

sere sufficienti a far sì che in lui permanga, sia pure come ricordo, come immagine virtuale, la realtà

sperimentata. Ovverosia, l’individuo non ha la possibilità di dare veste a questa realtà. Quindi

l’esperienza si traduce in un “sentire” al quale l’individuo, tornato nelle condizioni primitive, non riesce

a dare una veste, una descrizione che poi si chiama verità. Non so se sono stato sufficientemente

chiaro.

Non necessariamente, figli, chi ha profetizzato deve essersi identificato con la realtà o con

l’Eterno Presente. La possibilità di leggere il futuro, così come voi dite, e di vedere in anticipo rispetto

al tempo umano gli avvenimenti, non è dipendente e strettamente connessa alla possibilità di vivere

nell’Eterno Presente. È vero il contrario: che chi vive nell’Eterno Presente sa tutto di quello che può

essere l’avvenire del tempo umano, ma non è vero l’opposto. È chiaro, figli? Giovanni, quindi, nella

sua “Apocalisse” ha tradotto in simboli ciò che egli vide essendo “rapito in Ispirito”, essendosi identifi-

cato nella Realtà Assoluta ed avendo gli strumenti necessari per ricordare, dare veste a questa real-

tà, cioè: predicare la verità, portare la verità. La sua, quindi, figli, è un’opera non profetica nel senso

storico, di previsione di argomenti storici per il tempo umano, ma un’opera che riguarda la storia

dell’uomo, del suo Spirito principalmente; e che ha come punti di riferimento certi eventi storici, ma

questi sono visti unicamente in funzione dello spirito di quello che è il lavoro interiore che si svolge

nell’uomo e da ogni uomo alle razze, ai popoli, alle società e via dicendo.

Avete poi, figli, facendo degli esempi cercato di trovare una spiegazione anche logica, scientifica

come voi l’avete chiamata, alla realtà di ciò che “è”. E se è vero che tutto è scienza, che tutto ha una

sua ragione e che, capita questa ragione, tutto appare chiaro al pari di un qualunque fenomeno della

fisica, è altresì vero che nella comprensione della Realtà Ultima per l’uomo può essere di aiuto e di ri-

ferimento più preciso, più prossimo a ciò che “è”, la filosofia. Perché la fisica quale voi la conoscete -

pur facendo parte di realtà cosmiche, figli cari, pur facendo parte di realtà che riguardano la materia

fisica e per questo quindi non al di fuori della Realtà Ultima - non può portarci o indirizzarci alla com-

prensione di ciò che sta al di là di questa materia, sia pure se ci serviamo, in questa traslazione nella

comprensione, della analogia. Sicuramente, figli, noi possiamo servirci della analogia per quanto con-

cerne e riferisce a questo Cosmo; al di là è azzardato e non sicuro servirsi per meditare, per cercare

di comprendere, della analogia. Quindi, figli cari, noi possiamo cercare di comprendere e dobbiamo

cercare di comprendere la Realtà Ultima, la realtà di ciò che “è”, ma se vogliamo seguire un metodo,

se vogliamo avvicinarci con più esattezza verso questa comprensione, non possiamo che servirci di

quella che gli uomini chiamano filosofia.

E non con questo io voglio dire, figli cari, che la Realtà Ultima sia meno tangibile e meno precisa

delle leggi che voi conoscete e che riguardano la materia del piano fisico. Non con questo io voglio

dire che la Realtà Ultima sia qualcosa di vago e inopinabile che possa essere spiegato in un modo

secondo le varie interpretazioni; la veste può cambiare, la realtà è unica, figli, e rimane quello che “è”.

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Quindi questi esempi che voi potete fare, hanno valori molto indicativi, cari. Pur tuttavia è ap-

prezzabile lo sforzo che voi fate per ottenere una sicurezza di quello che noi vi diciamo, una sicurez-

za dell’insegnamento, una chiarezza del quadro generale che vi abbiamo dato. E questi esempi han-

no questo valore unico e solo, non possono essere condizionanti alla comprensione. Cerco di farvi un

esempio anch’io e dirvi che se voi cercaste di spiegare a voi stessi, o ad altri, questa Realtà Ultima

nei termini del vostro esempio, molte potrebbero essere le obiezioni che potrebbero esservi mosse.

Per questo vi diciamo che gli esempi sono indicativi e non possono essere presi alla lettera.

Dio - vi abbiamo detto - è il Tutto. La Sua natura: interna-amore, esterna-vita, eguale moto asso-

luto. Ma non possiamo paragonare questo amore al calore se non per un fine unicamente personale

o trovare altre parole che non diano luogo a facili equivoci, perché, figli, il calore quale l’uomo lo co-

nosce, o quale la fisica lo conosce, riguarda unicamente - dice la scienza - il moto delle molecole; e

noi diciamo “degli atomi”, per maggiore esattezza. Al di là dello stato atomico non esiste il calore. Ri-

guarda la seconda parte della materia del piano fisico, quella che si suddivide in tre densità: gassosa,

liquida e solida. Non riguarda la prima parte nella quale la densità non risulta da un accoppiamento

più o meno lasco delle parti costituenti, ma risulta da un numero maggiore o minore di unità elemen-

tari composte in particelle, corpuscoli e nuclei. Il calore per la fisica - io vado oltre ciò che voi avete

detto, perché ritengo sia interessante ricordare, per voi - secondo quello che insegna la vostra fisica

non è che un moto delle molecole: degli atomi diciamo noi. E per l’appunto la densità della materia fi-

sica densa, nel mondo delle molecole e degli atomi, nasce ed è il risultato della più o meno stretta o

lasca unione degli atomi, delle molecole fra loro. Ecco perché il calore può far passare una materia

dallo stato solido allo stato liquido, allo stato gassoso. Ma non può far passare una materia allo stato

di energia. A meno che, figli, non si intenda per “calore” “movimento”; ma allora dobbiamo dire “mo-

vimento” e non dobbiamo dire “calore”, è vero, figli? Perché sì, il calore in effetti non è che un moto

delle molecole, ma noi diciamo, figli cari, che il calore è quel tipo di moto ed è quel tipo di moto di

quella materia. Quindi è cosa diversa dire che il moto è calore: il moto è moto e diventa calore quan-

do ciò che è in movimento sono molecole di materia fisica densa.

Avete anche, parlando dell’esempio che avete fatto, accennato alla smaterializzazione. Ed io

prendo spunto da questo vostro esempio - il quale mi serve unicamente per trarne questi argomenti

che io desidero accennare - in quanto ho già risposto prima sul valore che l’uomo può dare a questi

esempi, o su quale tipo di meditazione, di riflessione che più sicuramente e precisamente possa con-

durci ad avvicinarci alla comprensione della Realtà Ultima; e dicendo questo ho già detto quello che

volevo dire.

Ma avete parlato della smaterializzazione: ebbene ricordate che la smaterializzazione avviene at-

traverso a molti sistemi. Avete ricordato quello che avemmo a dirvi a proposito dei confini del Cosmo,

dei sistemi che, traslando, raggiungono una velocità critica fino a smaterializzarsi. E quello è un si-

stema ed è il sistema-principio che riguarda la smaterializzazione ed il riassorbimento del piano fisico;

ma non è l’unico che può esservi per la materia di questo piano. Voi benissimo sapete che qualunque

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materia del piano fisico può essere ricondotta allo stato di energia senza che per questo si debba ri-

correre ad una velocità critica. Ma non dovete credere che un sistema solare il quale, partendo dal

centro ideale del Cosmo, raggiunta una velocità critica si smaterializzi; cioè raggiunto il confine del

piano fisico si smaterializzi per il calore, per l’attrito che questo trova con l’atmosfera che lì può esse-

re. No, perché, figli, se fosse possibile collocare questo sistema in un vuoto assoluto - il che non esi-

ste, ma per assurda ipotesi ciò fosse possibile - ebbene egualmente il sistema si smaterializzerebbe,

la materia del piano fisico tornerebbe allo stadio di energia. Perché, ripeto, non è il calore ma è la ve-

locità. Ed allora, figli, è la velocità che raggiunge il sistema che da sola è capace di smaterializzare

questa materia o è qualcos’altro? È qualcos’altro, figli. La velocità che raggiunge il sistema non è al-

tro che la causa la quale produce, in seno alla materia elementare di cui è composto questo sistema,

una rottura di equilibrio - se così volete chiamarla - tale, che la materia si riconduce allo stato di ener-

gia. Cosicché, figli, se noi produciamo in un oggetto che si trova in questa stanza lo stesso effetto,

nella materia che lo compone, che si produce in quei sistemi che giungono alla periferia del Cosmo

fisico, questo oggetto si smaterializza. Mi seguite? Quindi la smaterializzazione del piano fisico av-

viene per il piano fisico alla periferia del Cosmo in conseguenza della velocità critica che ogni sistema

solare raggiunge allontanandosi dal centro ideale del Cosmo. Ma la smaterializzazione singola, par-

ziale, della materia del piano fisico, figli, può avvenire in ogni momento purché si produca in seno alla

materia che si vuole smaterializzare lo stesso effetto che si riproduce ai confini del Cosmo fisico. Non

so se sono stato sufficientemente chiaro.

Questo, figli, non per spiegare ciò che volevate dire con il vostro esempio; è tutt’altra cosa, ma

prendendo da questo esempio motivo per precisare cose già dette e per precisare le vostre idee. Mi

auguro di essere riuscito.

Ora, per quanto invece può attenersi più strettamente alla conclusione dell’esempio da voi porta-

to, se può essere vero che l’emanato sia una sorta di Dio rallentato; noi possiamo dire che definendo

l’emanato “il relativo” noi abbiamo già detto che l’emanato è il moto relativo; che nell’emanato non vi

è tutto l’Assoluto, e che ciò che nasce in questo emanato diviene Assoluto solo quando si identifica

definitivamente con l’Assoluto; e che l’amore che un individuo di questo emanato può provare è un

amore relativo. L’Amore Assoluto può in lui fluire solo nel momento che si identifica nell’Assoluto. Ma

vi siete chiesti: la individualità, che erratamente interpreta ciò che naturalmente viene suggerito dal

suo Spirito - il senso di individualità - mutandolo in senso di separatività, conserva questo senso di

separatività fino a che l’individuo non si identifica con l’Assoluto? Come voi sapete, figli, il senso di

separatività è una errata trasposizione del senso di individualità, e questo senso di separatività origi-

na l’io. Ma l’io è sempre egoismo? Può esservi un individuo il quale, pur sentendosi separato e distin-

to dal resto dell’Universo, pur non avendo raggiunto l’identificazione col Tutto, sia altruista? Questo è

il punto che dovete approfondire, che dovete meditare. È necessariamente egoista, dedito

all’espansione del proprio io chi ancora non si è identificato con l’Assoluto? Perché se è vero che “io”

e “tu”, il senso di distinzione cessa solo quando l’individuo di identifica con Dio, e se è vero che

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l’egoismo è la conseguenza di questo senso di distinzione - “io” e “te” - allora l’egoismo ed il processo

di espansione dell’io dovrebbe aver termine solo quando l’individuo si identifica con l’Assoluto; ma

l’individuo si identifica con l’Assoluto solo quando non è più egoista. Ed allora? Ecco la famosa que-

stione se è nato prima l’uovo o la gallina.

Meditate su questo, se riterrete interessante, e chissà che non possiate trovare qualcosa di utile

da questa meditazione.

Che la pace sia con voi...

D. - Scusa, hai detto prima che il vuoto assoluto non esiste. E la “Notte di Brahama”?

R. - Non è il vuoto assoluto, è vero, figli? È il ritorno alla Unità: è uno stato di esistenza in forma -

come dire? - elementare, in potenza, omogenea. Mentre il “Giorno di Brahama” è uno stato di esi-

stenza in forma eterogenea. Il vuoto assoluto non può esistere.

D. - Scusa, parlando della velocità critica oltre la quale un sistema solare si disintegra, intendevi forse

una sola velocità o due velocità? Nel senso: la velocità che ha il sistema solare nello spazio, soltanto

questo; oppure la velocità che ha il sistema solare nello spazio e la velocità degli atomi che costitui-

scono questo sistema solare?

R. - La velocità critica riguarda unicamente la velocità di traslazione del sistema la quale produce un

mutamento nella materia che compone quel sistema, nella materia elementare che compone quel si-

stema. Intendi, figlio. Non possiamo parlare di velocità della materia elementare, ma produce un mu-

tamento nella materia elementare che compone il sistema.

D. - Sembrerebbe quasi che il sistema solare si dissolva per sfregamento, per attrito. Invece non può

essere...

R. - No. L’ho escluso proprio io, è vero? Ho detto che se questo sistema fosse...

D. - È forse come una risonanza?

R. - Qualcosa del genere. Qualcosa del genere. Se fosse in un ambiente di vuoto assoluto e questo

non è, (per quanto voi sappiate che nello spazio interstellare la materia sia molto, molto rarefatta,

tanto che la scienza si avvicina a dire che esiste il vuoto), se ciò fosse invece possibile, che traslando

il sistema solare si trovasse in un ambiente di vuoto assoluto (il quale per altro non potrebbe avere

neppure dimensione), pur tuttavia, figli, il sistema solare si disintegrerebbe raggiunta la velocità criti-

ca-limite di allontanamento rispetto al centro del Cosmo fisico perché avviene un qualcosa - e ti rin-

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grazio di avermi suggerito la parola “risonanza” se può aiutarvi a comprendere - in seno alla materia

elementare fisica che compone il sistema solare.

D. - La velocità di rotazione rispetto al centro ideale del Cosmo resta sempre costante? Dovrebbe re-

stare sempre costante.

R. - Rispetto al centro ideale, tu dici figlio?

D. - Sì.

R. - Per la verità vi sono dei mutamenti anche rispetto a questo centro ideale.

D. - Cioè questa velocità di rotazione muta?

R. - Sì. Di tutto il sistema, però, di tutto il sistema. Ma questa mutazione non è così rilevante. Vedi, se

noi parliamo di un sistema solare e consideriamo la velocità di rotazione dei singoli pianeti attorno a

questo sole del sistema, noi vediamo che queste velocità mutano, mutano in forma minima. Non rile-

vante. Per questo motivo io, rispondendo alla tua domanda, debbo dire che la velocità muta perché

non rimane costante, ma non muta in modo così rilevante da far cambiare il senso della risposta che

io ti do.

D. - Allora muta il raggio...

R. - Noi non possiamo dire che vi sia una rotazione intorno al centro ideale; per ora noi abbiamo par-

lato unicamente di allontanamento da questo centro ideale - mi segui, figlio? - il che non vuol dire che

necessariamente debba esservi una rotazione attorno a questo centro.

D. - Scusa, mi parrebbe che avvenga il processo inverso di come si è formata la materia, cioè da e-

nergia, materia.

R. - Tu intendi nella disintegrazione? Certo.

D. - Quindi quando si è prodotto l’accoppiamento delle molecole elementari c’è stato un fenomeno

che poi si rovescia in senso inverso per la disintegrazione. Volevo dire che è più una questione di sta-

to... e vi sono molte concomitanze. La velocità che è fondamentale e che dà luogo appunto.

R. - Questa velocità, lo ripeto ancora una volta, non è che la causa che produce come effetto una

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mutazione in seno alla materia elementare che compone il sistema. Il sistema solare che si allontana

dal centro ideale del Cosmo fisico ad una velocità crescente, raggiunge una velocità critica per cui la

materia che lo compone si disintegra, si smaterializza. Ma questo non è un consumarsi di questo si-

stema che, raggiunta una velocità, si surriscalda - come qualcuno di voi potrebbe pensare - ma è un

mutare, un rompere in seno a questa materia elementare l’equilibrio che la faceva esistere in quello

stato.

Adesso debbo lasciarvi.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Salve. Claudio vi saluta.

Ancora oggi fra gli uomini vi sono taluni che ritengono che un problema possa essere superato

ignorandolo o addirittura distruggendo i termini di esso problema. Niente può esservi di più errato di

un siffatto modo di concepire, imperciocché il problema non tarderà a impostarsi nuovamente ed an-

cora più da vicino ed in modo elusivo. Così è assurdo ritenere che la guerra venga da un popolo e

che questo popolo, se potesse essere cancellato dalla faccia della Terra, cancellandosi, con lui peri-

rebbe ogni possibilità di guerra futura. La guerra è nell’intimo di ogni uomo, figli e fratelli, e da qui de-

ve essere estirpata. Voi non potete pensare di superare ignorando, reprimendo: occorre comprende-

re ed occorre cercare, scavare nell’intimo nostro, in questo trovare la causa di tutto quanto avviene

nel mondo, perché ciascuno di noi è responsabile di quanto affligge l’umanità.

Voi non avete mai analizzato i molteplici desideri che sono nell’intimo vostro, non avete mai fatto

caso a quanto tenete a rispettare e che siano rispettate le posizioni che avete di privilegio nei con-

fronti degli altri; ebbene, anche questo porta e contribuisce a far sì che nel mondo i privilegi ancora vi

siano e vi sia chi da questi privilegi viene oppresso.

Voi non avete mai meditato su voi stessi per trovare quanta ambizione sia in voi, quanto il vostro

io sia desideroso di espandersi, di primeggiare, di risultare migliore e di essere ammirato. Ebbene

tutto ciò contribuisce a far sì che nel mondo vi siano creature le quali opprimono i loro fratelli per sali-

re su dei piedistalli ed esigano da questi ammirazione e plauso. E come togliere tutto ciò? Forse ro-

vesciando queste creature? Forse con una rivoluzione abolendo i privilegi? Niente di tutto ciò. Né può

esistere nulla di più errato di questo, figli e fratelli, perché nuovamente altre creature assurgeranno a

posizioni di privilegio, e nuovamente altri cercheranno di sfruttare i loro simili. Solo quando l’individuo

ha cessato di sfruttare singolarmente, veramente potrà esservi nel mondo quella giustizia, quella e-

guaglianza, quella fratellanza che dottrine vuote - non di insegnamento, ma rese vuote dagli uomini -

cercano di instaurare nel mondo.

Salve, figli.

Claudio

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25 Aprile 1964

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

È la piccola Lilli.

Avete questa sera, figli, parlato dell’argomento che noi stessi vi avevamo lasciato quale oggetto

di meditazione e di discussione. E credo che siate riusciti a ricordare e comprendere quello che da

comprendere c’era. L’egoismo, figli, nasce dal senso di separatività il quale è una errata interpreta-

zione del senso di individualità che la natura suggerisce all’individuo; ma non necessariamente, fino a

che l’individuo che non si identifica con l’Assoluto, ovverosia abbandona l’illusione del senso di sepa-

ratività, non necessariamente fino allora l’egoismo rimane, l’individuo è totalmente egoista. Perché

l’egoismo ha le sue radici nel senso di separatività, ma man mano che la coscienza si costituisce, figli

cari, subentrano nella vita interiore dell’individuo nuovi elementi, elementi che sono propri di questa

vita interiore, che la caratterizzano, che ne sono la vera essenza, la vera sostanza, la stessa vera vita

interiore; elementi che giungono dall’intimo, dalla coscienza.

Però, figli, l’egoismo prima di essere superato deve essere - come molte volte ha detto il Fratello

Claudio - compreso appieno. E questo superamento, figli, avviene solo quando l’individuo conosce se

stesso; comprendendo i limiti dell’egoismo l’individuo lo trascende, allora e solo allora. Comprenden-

do i limiti di se stesso l’individuo può porsi al di fuori di ciò che lo trascina ora in un senso ora

nell’altro.

Ebbene, figli cari, l’egoismo, l’espansione del proprio io - come voi sapete - raggiungono manife-

stazioni sottilissime, forme inusitate che hanno la parvenza di altruismo, di amore al prossimo, di aiu-

to ai fratelli. Tutto ciò può essere estremamente avvilente per l’individuo; può essere così avvilente il

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constatarlo da rendere l’individuo stesso abbattuto, sfiduciato; così avvilente da non credere più a

niente, da osservare tutti i suoi simili con cinismo vedendo negli altri se stesso. Ma, figli, questa for-

ma di sfiducia, questa forma così pessimistica non è a lungo tenuta - ed in qualche caso anche inco-

raggiata, coltivata - non è certamente fattiva per l’individuo. L’uomo non deve illudersi, l’uomo non

deve credere di essere migliore di quanto in realtà sia; ma ciò non deve portare per lui una tristezza:

il constatare di essere peggiore di quanto fino a quel momento aveva creduto non deve avvilirlo, non

deve portarlo a non ascoltare più l’ideale morale che la sua coscienza gli suggerisce per l’effetto dello

scoraggiamento, figli. Ma anzi deve spingerci a conoscerci appieno, fin dove è possibile, per non es-

sere più illusi, per fuggire l’illusione di noi stessi.

Ora, figli - non parlo principalmente per voi, ma per coloro che seguono delle organizzazioni spiri-

tuali o delle filosofie - ma molto facilmente chi segue un’organizzazione mistica, una religione, crede

di essere un privilegiato, crede di essere migliore di quanto gli altri siano. Ebbene, tutto ciò è errato, è

un’illusione. E l’uomo deve conoscersi tanto bene da comprendere che è quello che è e comprendere

come è, figli cari. Ma in questa comprensione, in questo svelare se stesso egli non deve rimanere

avvilito e turbato, perché così facendo egli dimostrerebbe ancora una volta quanto rammarico vi sia

in lui nel constatare di non essere una grande creatura, nel constatare di non essere un essere al di

sopra della normalità.

Voi dovete seguire l’ideale più alto che la vostra coscienza vi suggerisce ma non con l’intento di

migliorarvi, figli; con l’intento di migliorare la società nella quale vivete e verso la quale avete un tribu-

to di dovere. Questo è l’intento che voi dovete mettere nel seguire l’ideale morale che la vostra co-

scienza vi suggerisce; non quello di farsi dei privilegi in questa o nell’altra vita, non quello di attender-

vi una qualche forma di ricompensa, di premio alle vostre azioni; ma quello di vivere in modo giusto e

retto secondo un ideale di giustizia e di rettitudine che, se lo si vuol vedere instaurato nel mondo, lo si

deve per prima cosa instaurare nell’intimo nostro.

Voi avete udito che molte volte vi abbiamo parlato di intenzione, e ci avete udito dire che

l’intenzione è ciò che conta. Orbene, supponiamo una creatura la quale, illudendosi, cercando di mi-

gliorarsi, commetta una azione altruistica quale voi volete: doni una cosa che le era cara ad un suo

simile. Quale è l’intenzione, quell’intenzione che conta in questa creatura? E questa intenzione di

questa creatura è la stessa intenzione che noi vi diciamo, quella che conta? Se non avete altri argo-

menti su cui parlare e meditare io vi invito a meditare su quanto vi ho detto ora, perché, figli, può es-

sere utile riflettere sul processo che si svolge nell’intimo nostro, che fino ad oggi interessa pochissi-

mo l’uomo.

Voi avete parlato da noi incoraggiati sulla espansione dell’io. Avete visto come l’io si maschera,

come riesca a mostrarsi altruista con azioni altruistiche - per chi le osserva - ma come alla radice ri-

manga io, cioè egoismo. Ma vi è un processo che è il non-io che è egualmente egoismo, ed è una

forma di espansione dell’io anche quella del non-io. È vero? Riflettete su tutto ciò, figli, se non avrete

altri argomenti più interessanti. Vi lascio momentaneamente e... nella prossima settimana non potre-

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mo venire da voi ma voi egualmente potrete meditare e riflettere sulle cose che avete udite.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

Dali

Buona sera, cari amici. Nephes vi saluta.

Faccio solo un saluto molto breve a tutti voi. Breve perché non so che cosa dirvi se non augurar-

vi ogni bene ed ogni comprensione. La Sorella Maddalena mi prega di salutare tutti: essa vi dice che

vi segue nei vostri piccoli acciacchi.

D. - Credo che abbia giovato anche a mio marito.

R. - Sì, sì, la piccola Lilli l’ha pregata molto. E adesso la manderemo anche da quella vostra sorella

che qua non è presente per la sua indisposizione.

D. - Come mai la prossima settimana non...

R. - Vi sono delle circostanze nella vita vostra che possono impedirvelo, e anche noi possiamo avere

qualche... impegno.

D. - Permettimi di domandarti una cosa: nella questione di quella rapina di Milano, se un evoluto fos-

se stato presente, quale avrebbe dovuto essere la sua condotta? Effettivamente la proprietà è un fur-

to... Doveva restare passivo o intervenire? E, al caso, intervenire in quale maniera?

R. - Caro fratello, mi pare che tu voglia portarmi su una conversazione anche da un certo punto di vi-

sta politica; ora questo non sta bene poiché una donna non deve mai parlare di politica. Io sono an-

cora a quell’epoca lì, sai. Ora io non entro nel merito se la proprietà sia un furto o non lo sia; per cari-

tà, io non posso dirlo. Solo che certo basterebbe seguire l’insegnamento dell’altruismo per compren-

dere quanto questo possa essere giusto o ingiusto. Ma che cosa farebbe - non importa dire “un evo-

luto” - basta dire una creatura di buon senso, una creatura di una certa saggezza? Perché l’evoluto è

un saggio ed il saggio ha enorme buon senso. Che cosa farebbe in una circostanza simile? Prima di

tutto guarderebbe che nessuna creatura avesse a soffrire fisicamente, m’intendi? Che nessuno do-

vesse, in un certo senso, restare ferito o patisse qualche male nel suo corpo fisico, pur sapendo che

niente accade per il caso. In quanto poi al furto che può essere successo, oh, non credo che possa

essere la rovina di questa creatura. Io non conosco esattamente il caso che tu mi stai dicendo, ma in

linea generale posso dire che questi furti così, in genere, non sono mai la rovina dei negozianti, per-

ché poi la merce viene raccolta... Ma questa è un’altra questione. Certo che stando le cose come so-

no non possiamo pensare che l’evoluto si sarebbe mosso per andare incontro a queste creature, per

convincerle a non commettere il furto, perché oramai le loro azioni erano tali da far supporre che non

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c’era più niente da fare per cercare di convincerle. Anzi, stavano commettendo l’azione e quindi il

salvataggio in extremis non poteva più essere fatto. Per cui, in questo caso, si sarebbe limitato ad

aiutare, a fare in modo che nessuno avesse a soffrirne fisicamente. Cosa invece tutta diversa nel ca-

so in cui fosse venuto… noi parliamo per fare degli esempi unicamente, è vero? Perché l’evoluto sa

benissimo, il Maestro, il Saggio, sa benissimo perché e come una cosa deve avvenire, e se ne guar-

da bene dall’intromettersi per farla modificare in un senso, se questa deve avvenire. Mi intendi fratel-

lo? Cosa affatto diversa sarebbe stata se invece fosse venuto a contatto con delle creature che a-

vessero avuto l’intenzione di commettere qualcosa ma non fossero state proprio nel momento in cui

mettevano in atto questo loro disegno, fosse stato qualche tempo prima; allora avrebbe certamente

operato e fatto in modo di convincerle della inutilità di questa cosa che esse stavano per compiere o

avevano il proposito di compiere.

D. - Potrei fare una domanda? Se tu potessi dirci qualcosa della rabdomanzia e della radioestesia.

Come avviene?

R. - È un argomento molto ponderoso e complesso, però sia rabdomanzia che radioestesia sono sul-

lo stesso tipo di scienza, sfruttano lo stesso tipo di principio. Ed è sempre una facoltà connessa

all’individuo, all’operatore. Mi spiego: supponiamo che io mi proponga di cercare qualcosa e che, per

avere l’avvertimento che sono nei pressi di questo qualcosa, io desideri non che il pendolo oscilli in

un determinato modo, od una bacchetta mi si muova nelle mani, ma abbia un altro strumento qua-

lunque, un altro accorgimento particolare, una lancetta molto sensibile, oppure un piccolo campanello

molto molto sensibile; ecco che questo strumento risponde a quella che era la mia intenzione nel

momento in cui mi sono messa a cercare questa cosa. Cioè: la radioestesia o la rabdomanzia non

sta nell’apparecchio che ha il radioestesista o il rabdomante, non sta nel pendolo o nella bacchetta,

ma sta unicamente nelle sue capacità, nelle sue facoltà, ed egli potrebbe indifferentemente servirsi di

un pendolo, di una bacchetta, di una lancetta, di qualunque altra cosa sensibile ed adatta a questa

specie di esperimento, che risponderebbe egualmente.

D. - Ma è la sensibilità dell’individuo che si mette a contatto con l’acqua, ad esempio? Come avviene

questo?

R. - Certamente. Avviene sempre per una facoltà dell’individuo, una sorta di veggenza, di veggenza

però che non è diretta. Vedi, tu sai che vi sono dei sensitivi i quali possono servirsi indifferentemente

di certe carte, di fondi di caffè, di altre cose per prevedere degli avvenimenti nel tempo. E così allo

stesso modo è della radioestesia: in genere, invece, questo tipo di ricerca è fatto unicamente per co-

se nello spazio, non nel tempo, è vero? Ma vi sono anche degli studiosi che lo fanno per ricerche in-

vece nel tempo, cioè che addirittura con la radioestesia arrivano a predire certi avvenimenti; altri in-

vece sconfessano assolutamente questa possibilità. Ma tutto ciò sta nella possibilità che ha

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l’operatore, il radioestesista. Vi è taluno il quale ha la facoltà di avere una forma di veggenza tempo-

rale per cui, per lui, la radioestesia risponde anche nell’avvenire. Altri invece che non hanno questa

facoltà ma che hanno solo la veggenza spaziale, ecco che per loro la radioestesia non risponde a

questa facoltà. In sostanza, ripeto, tutto questo è una forma di sensibilità, di veggenza. In quanto poi

alle radiazioni, perché molte teorie della radioestesia si fondano sulle radiazioni che ogni oggetto

emanerebbe, questo è verissimo. Voi lo sapete benissimo dalla scienza che studia proprio le radia-

zioni degli oggetti: la psicometria. Ciascun oggetto ha una sua radiazione e fisica e, direi, anche psi-

chica. E fisica nel senso che ha proprio una radiazione della materia che compone l’oggetto, e psi-

chica in quanto questo oggetto conserva come il ricordo di tutto quanto avviene attorno a lui: capta

come delle onde psichiche che si sprigionano dalle creature che sono state vicine a questo oggetto,

le capta, le conserva.

D. - E questo captare è captato con lo psichismo delle molecole? Chi?, cosa è che capta?

R. - Come posso dirti? Non possiamo dirti la materia, ma proprio la stessa radiazione conserva in

sé... l’altro tipo di radiazione, quella psichica che quasi rimane... attaccata. Non so, facciamo un e-

sempio: tu hai ricevuto in questa stanza una forte impressione, tu hai sprigionato delle radiazioni psi-

chiche in questa stanza. Come è che queste rimangono come attaccate... come... - non so trovare il

termine - ma unite, collegate, a questi oggetti della stanza? Prima di tutto perché tu stessa, ricordan-

do l’avvenimento che ti è accaduto in questa stanza, esattamente tu leghi questo avvenimento alla

stanza, cioè all’insieme di tutti gli oggetti che sono in questa stanza, e di tutte le cose che sono in

questa stanza tu proprio fai dipendere questo avvenimento precisamente dal posto ove è accaduto.

Ecco che quindi nel ricordare, nel rammentare, nel ripensare, si rafforza il fatto che queste radiazioni

psichiche rimangono inerenti agli oggetti di questa stanza. Cosicché un veggente, uno psicometra,

servendosi come testimonio di uno di questi oggetti della stanza, potrebbe rivedere questo avveni-

mento che è accaduto; proprio perché la forma pensiero, il ricordo, l’avvenimento che è accaduto nel-

la stanza resta unito agli oggetti. È la forma pensiero, il ricordo: è nel ripensare stesso che si unisce

la stanza con l’avvenimento, con ciò che è accaduto. A proposito di questo vi dirò che questa stanza

conserverà certo il ricordo di tutte le nostre riunioni, è vero? E noi ci auguriamo che il nuovo ambiente

che vi accoglierà possa egualmente essere testimone di questi miracoli che ci uniscono e di questi

insegnamenti che da noi vengono a voi. Ma soprattutto possa essere testimone di questo nostro

grande amore che vi portiamo. Adesso debbo lasciarvi.

Pace a tutti voi.

Nephes

Vengo a chiudere questa riunione perché la vostra Guida è occupata.

Pace a tutti.

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Yogananda

09 Maggio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Un caro saluto ed una benedizione a voi, o figli, che siete qua riuniti. Ed un augurio che queste

mura che vi ospitano possano sempre accogliervi uniti in serena e fraterna armonia, testimoni di que-

sti colloqui, volti ad intendere e comprendere la realtà di ciò che “è”.

Questa sera, nella conversazione, avete toccato vari argomenti, figli cari. Iniziando dalla coscien-

za avete spostato la vostra attenzione ad altri veicoli interiori dell’individuo fino a giungere laddove è

la radice del suo essere2, comune base di tutto quanto esiste.

Che cosa è coscienza? Quale delle umane attività, non solo delle azioni ma dei moti interiori, può

essere sicuramente definito come proveniente dalla coscienza, figli? Tutto quello che spinge

l’individuo contro il suo egoistico interesse, in qualunque forma espansionistica dell’io essa sia, in

senso positivo o negativo, e che quindi non possa essere imputato a paura, proviene dalla sua co-

scienza. Ma come per ogni moto interiore, non è possibile fare un esempio (poiché solo il singolo da

se stesso, conoscendosi, può intendere, comprendere), così - figli cari - anche per un moto che pro-

venga dalla coscienza non è possibile portare un esempio, poiché qualunque azione voi possiate

prendere in esame può, in un individuo, essere nata nella coscienza sua e, nell’altro, nascere invece

dal suo egoismo. Ecco perché, figli, non servono gli esempi. Come definizione generale possiamo di-

2Essere - (filosofia). L’idea più semplice e più generale di tutte e perciò indefinibile: si applica sia a

ciò che è nello spazio e nel tempo, sia alle idee e ai concetti, al finito e all’infinito. L’essere si contrap-

pone al nulla (o non essere) che però non è concepibile dalla nostra intelligenza se non in rapporto

all’essere. Si contrappone al divenire, cioè al mutamento. Per Platone l’essere è il mondo delle idee, solo

oggetto di scienza.

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re quella che ora vi ho detto.

Ma dove ha sede questa coscienza? Dove la si può identificare? Noi, per nostra comodità, ab-

biamo suddiviso l’individuo nel modo convenzionale che voi sapete, e la coscienza risiede oltre la

mente poiché voi sapete, figli, che la mente è uno strumento, un veicolo, il quale con il polarizzare

nell’individuo il senso di separatività, finisce col creare l’egoismo, il moto contrario della coscienza.

Ecco perché la coscienza è oltre la mente. «Ma - diceva il figlio C. - può darsi che un individuo il qua-

le sia stato educato a non commettere alcun male contro i suoi simili non commetta ciò per il timore,

o perché quella è la sua educazione?». Ebbene, figli, vale ciò che ho detto prima: solo un individuo

che si trovi in quel particolare stato d’animo può rispondere a questa domanda, poiché vi possono

essere individui i quali non commettono male verso i loro simili per paura di un castigo eterno, o per

paura di un castigo terreno, o perché hanno rispetto umano, o perché sono pigri e via dicendo; e vi

possono essere individui i quali non commettono azioni tristi nei confronti dei loro fratelli perché li

amano, per questo motivo. Così, ripeto, che un moto appartenga alla coscienza solo il singolo, cono-

scendo se stesso, potrà dirlo. Se noi guardiamo ciò che gli altri fanno noi dobbiamo ricordare che non

è possibile giudicare gli uomini dalle loro azioni, poiché non riusciamo a vedere la vera intenzione che

è nell’intimo loro, la vera ragione che li spinge ad agire. Per questo motivo, figli.

Noi possiamo vedere una creatura la quale è dedita all’amore al prossimo, all’annientamento di

se stessa, e rimanere ingannati dall’apparenza, credere che questa creatura sia “morta a se stessa”;

ed invece essa sta seguendo il processo del non-io. Solo il singolo, comprendendo se stesso, può

scoprire la realtà di ciò che “è” allo stadio di evoluzione nel quale si trova.

Avete anche chiesto altre cose. Domande che spostano la nostra attenzione ancora più profon-

damente nell’intimo dell’individuo. Ma che, rispondendo alle quali, ancora di più, figli, noi compren-

diamo quanto l’insegnamento, quanto la verità sia unica e mai in contrasto con se stessa.

Come l’uomo giunge ad identificarsi con la realtà? In altre parole: come l’uomo evolve? Figli, va-

rie filosofie possono insegnare alcuni sistemi di meditazione, ma molto spesso questo diventa un pro-

cesso del non-io perché la mente non può far sperimentare la realtà. Pur tuttavia la mente è un vei-

colo indispensabile a questa esperienza così come lo è il veicolo fisico, così come lo è il veicolo a-

strale, imperciocché questi sono i veicoli che sviluppano la “coscienza individuale” la quale, a sua vol-

ta, è una porta aperta verso la realtà. Chi non ha costituita la propria coscienza non sarà mai aperto

all’esperienza del reale; chi non ha formata la sua coscienza non potrà mai - neppure attraverso alla

intuizione - identificarsi nella realtà, neppure in una forma momentanea. Voi ricorderete certamente

quante volte vi abbiamo detto che la vita nel piano fisico - prima ancora che l’individuo si incarni in

forma umana - ha lo scopo di costituire il veicolo astrale il quale, una volta costituito, organizzato - è

la parola più esatta - servirà ad organizzare il veicolo mentale, il quale a sua volta organizzandosi e

dando all’individuo una vita - o più vite - da uomo, servirà a formare, costituire la coscienza. E solo la

coscienza può aprire l’individuo alla realtà. Prima che la coscienza sia - fino ad un certo punto - costi-

tuita o formata, l’individuo neppure in forma intuitiva, neppure in forma momentanea, potrà assapora-

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re l’esperienza del reale.

Ora, figli, ammesso che in un individuo vi sia la coscienza costituita fino ad un certo punto,

quand’è che può avvenire anche provvisoriamente una esperienza del reale? I movimenti interiori

dell’individuo, del suo essere più profondo e più sottile - per non dire più elevato - vengono alla super-

ficie quando gli altri veicoli tacciono. Così, dopo grandi moti interiori, dopo grandi tragedie intime, il

genio concepisce l’opera d’arte. Così dopo grandi travagli il Santo ha l’estasi mistica, poiché al gran

travaglio, al gran conflitto segue la stasi ed il riposo. Stasi e riposo che vengono naturalmente in con-

seguenza ad una reazione, ma che sono invece di continuo dominio interiore per colui che conosce

se stesso, che conoscendosi ha superato i propri limiti. Così, figli, se l’esperienza momentanea del

reale può avvenire in uno stato di quiete interiore accidentale, e questa esperienza è momentanea,

acciocché essa si ripeta e divenga non più momentanea ma, per quanto possibile, duratura, occorre

che l’individuo instauri in se stesso questo “silenzio interiore”: in altre parole, figli, conoscendo i propri

limiti egli superi tutti quei moti, tutte quelle lotte che sono nell’intimo suo e che vengono da una vita

interiore disordinata e non compresa.

Ora, figli, qualcuno di voi può pensare che sia oltremodo bello e l’unica cosa veramente merite-

vole lo sperimentare la realtà; ma lo sperimentare la realtà, figli, non ha senso e non può avvenire se

non si è passati da questo passaggio forzato. Ve lo dicemmo un’altra volta, figli cari, quanto sia im-

portante comprendere se stessi.

È certamente bello porre come proprio ideale da raggiungere la realtà, ma ciò è un “divenire” se

questo ideale non ha solide basi nell’intimo nostro. Che cosa significa ciò, figli? Significa che

l’individuo non può cercare la realtà al di fuori di se stesso: l’individuo deve meditare, deve conoscere

se stesso, perché solo attraverso alla auto-conoscenza egli può raggiungere quegli ideali morali e

farne norma di vita. In altre parole può, nell’intimo suo, far nascere quel “silenzio interiore” necessario

allo sperimentare della realtà.

Ma un’altra domanda vi siete fatti: una volta che il Cosmo è riassorbito e che quindi è riassorbito

anche il piano akasico, che ne è della coscienza che è formata di materia akasica? La coscienza non

è che un altro punto di passaggio, un altro veicolo per far nascere qualcosa che sta oltre e che cono-

scete come “sé spirituale”, “goccia”, “scintilla divina”, e che va oltre i confini del Cosmo.

Ebbene, figli, voi siete sempre esistiti, voi e noi, figli; ma siamo esistiti come dei semi ed attraver-

so alla manifestazione di questo Cosmo noi stiamo nascendo; questi semi germogliano e divengono

piante. Così l’individuo, l’individualità, come la si può definire? Oltre il Cosmo vive in uno stato tutto

particolare, incomprensibile a noi oggi quali siamo. È un sentirsi “Uno in Dio”, è un riconoscersi, un

identificarsi nell’Assoluto. È sentirsi in Dio, ma non sentirsi un Dio. È una estrema consapevolezza,

una Assoluta Consapevolezza di sé, come nessuno mai, prima di allora, può provare. Il “Nirvana” non

è certamente sufficiente a descrivere ciò che è l’identificazione nell’Assoluto, lo stato di Esistenza3,

3Esistenza - (filosofia). Fatto dell’esistere, cioè di essere attualmente e in realtà. Tommaso d’Aquino

pone la distinzione reale fra essenza e esistenza: la prima è pura potenzialità rispetto all’esistenza, men-

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Essenza4, Beatitudine5 che è in questo nuovo stato d’esistere. Non è un annichilimento, ma è un “e-

sistere” in forma viva, vera reale e questo può farvi comprendere in quale intensità e di quale intensi-

tà sia questa “Esistenza”. Ma io spero che voi riuscirete a comprendere che in questa consapevolez-

za delle individualità l’Assoluto non è accresciuto, e l’Assoluto è immutabile perché nell’Assoluto non

esiste tempo. Il tempo e lo spazio sono nelle manifestazioni dell’Assoluto, sono cioè nel relativo, ma

non nell’Assoluto. E quindi nel Suo Eterno Presente e nella Sua Infinita Presenza niente può esservi

di accresciuto, anche quando un Cosmo è riassorbito, perché in Lui esiste tutto nello stesso istante: il

Cosmo esiste nello stesso istante all’inizio della sua emanazione ed al termine del suo riassorbimen-

to.

Augurandovi che possiate comprendere l’esatto significato di queste parole, vi benedico.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

tre questa è attuazione ultima dell’essenza e sopraggiunge all’essenza per un libero atto creativo di Dio,

unico essere in cui essenza ed esistenza si identificano.

4Essenza - (filosofia). La natura concettuale di una cosa, l’idea costitutiva di essa: l’essenza è una

determinazione dell’idea generalissima di essere, è l’insieme degli attributi necessari e dei caratteri fon-

damentali che rendono un essere un determinato essere e non un altro. Per Platone l’essenza (o idea) è

quanto vi è di eterno, immutabile ed intelligibile nelle cose. Onde nasce il problema del rapporto fra

l’essenza e la concreta esistenza, che è realtà e attualità di fatto. L’essenza è ciò che costituisce la natu-

ra di una cosa.

5Beatitudine - Nella teologia cattolica, la felicità soprannaturale derivante all’anima dalla visione di

Dio nell’aldilà; poiché lo stato di beatitudine trascende le forze naturali dell’uomo, esso viene arricchito

da Dio stesso con il “lumen gloriae”, la capacità cioè di penetrare e comprendere a fondo l’essenza di-

vina. Parecchi sistemi filosofici hanno postulato la beatitudine come stato perfetto dell’anima, indipen-

dentemente da presupposti religiosi: così il pensiero di Aristotele, Seneca e Spinoza.

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16 Maggio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Vi benedico e saluto tutti, o figli.

Rileggendo quello che dicemmo ultimamente avete, figli cari, fatto alcune domande le quali ri-

chiamano da parte nostra delle precisazioni.

La coscienza - vi abbiamo detto - si costituisce; il costituirsi della coscienza inizia con la fase del-

la evoluzione umana. Poco a poco vi è la formazione dell’autocoscienza per l’individuo: la “coscienza

individuale” alla quale succede un più largo respiro di questa coscienza, un allargare l’orizzonte della

comprensione e del “sentire”. Alla “coscienza cosmica”, fase della evoluzione nella quale l’individuo

“ama” e “sente” tutto quanto è nel Cosmo, sente di essere uno con questo Cosmo nel quale è nato e

nel quale ancora vive. Oltre, la “Coscienza Assoluta”, l’identificazione con Dio. Ma voi comprenderete

che oltre un certo stadio della evoluzione - evoluzione individuale - il veicolo akasico, che abbiamo

chiamato della coscienza, viene abbandonato. Anche questo, se pure diverso come materia - tanto

per dargli un nome - dagli altri, non è che un veicolo della evoluzione individuale ed è detto “coscien-

za” perché è il prototipo di un nuovo mondo interiore della individualità, perché il suo costituirsi coin-

cide, appunto, con lo schiudersi nell’individuo di un mondo nuovo interiore; un “sentire” diverso. Ed è

quindi detto “coscienza” per questa ragione. Ma la “Coscienza Assoluta” voi intendete che non è cer-

to un attributo che possa essere inerente a questo veicolo, al veicolo akasico. Noi dobbiamo usare

dei termini per farci comprendere e suscitare in voi delle domande come è il caso della “coscienza

che viene abbandonata”. Voi non avevate forse mai fatto caso al fatto che il corpo akasico, o veicolo

della coscienza, viene abbandonato e che pur tuttavia l’individuo esiste ancora come individuo, come

individualità, e che il suo “sentire” comprende tutto quanto, ed oltre, la coscienza individuale più costi-

tuita possa permettere di sentire. Proprio perché, figli, ripeto, il veicolo akasico è detto veicolo della

coscienza in quanto il suo costituirsi coincide con l’aprirsi di un nuovo mondo interiore dell’individuo,

ma che questo mondo interiore continua, vieppiù vivido e intenso, oltre, quando questo veicolo akasi-

co sarà divenuto inutile e quindi abbandonato.

Quando, o figli, un individuo si è identificato nell’Assoluto è Dio stesso, e ogni individuo si identi-

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fica nell’Assoluto quando la sua evoluzione glielo consente: non vi è quindi da attendere alcunché se

non la maturazione evolutiva prima di questa identificazione.

Quale sia - voi volete sapere - il compito di colui che ha lasciato la ruota delle nascite e delle

morti. Moltissime, figli, moltissime sono le cose da fare che l’amore al prossimo o il senso del dovere

spingono l’individuo a fare. E a che valgono qui gli esempi? Lo stesso “amore al prossimo” può farvi

intuire quali siano le cose che possono essere fatte da colui che ha lasciato la ruota delle nascite e

delle morti.

Vi sono talune filosofie le quali asseriscono che gli individui maturi per evoluzione, e quindi identi-

ficati con l’Assoluto, possono a loro piacimento restare nello stato di essenza, esistenza, beatitudine

proprio della identificazione con l’Assoluto, oppure aiutare i loro simili. Ebbene, figli, non esiste que-

sta distinzione, perché colui che si identifica nell’Assoluto diviene l’Assoluto stesso e, ripeto, laddove

vi è necessità diviene un canale attraverso al quale fluisce lo Spirito divino, attraverso al quale flui-

scono le leggi, attraverso al quale può fluire l’aiuto e via dicendo, indifferentemente; e non è quindi

una questione di scelta così come certe filosofie vogliono farla apparire e, erratamente, la fanno ap-

parire.

Vi siete anche chiesti, o figli, se siano vere le profezie che dipingono di prossima venuta la fine

del mondo, ovverosia un insieme di fatti catastrofici che conducano la civiltà umana ad un termine; se

non ad un termine, ad una quasi totale distruzione nelle manifestazioni esteriori. Ebbene, noi già vi

dicemmo che al termine del ciclo evolutivo che riguarda questa razza, il pianeta Terra sarebbe rima-

sto disabitato per un lungo periodo di tempo; ed in effetti è così, figli. Al termine di questa razza attua-

le che sta evolvendo in questi vostri tempi - e nostri tempi - il pianeta Terra rimarrà disabitato per un

lungo periodo di tempo; non solo, ma prima di allora si avranno degli sconvolgimenti perché il pianeta

Terra sarà ricoperto dalle acque, se così possiamo dire. Ma prima di questa catastrofe finale vi sa-

ranno certamente altre distruzioni, altre guerre, altri piccoli movimenti o grandi movimenti che in qual-

che modo possano modificare la crosta terrestre. Ma non vi sarà, figli, quel conflitto disastroso che è

stato previsto da molti; non vi sarà un conflitto totale e generale che possa in qualche modo distrug-

gere la maggior parte del pianeta Terra. Questa fine del mondo, o dei tempi, deve essere sì interpre-

tata come una fine del vecchio mondo, delle vecchie idee, dei pregiudizi, per far posto al nuovo ma

che sarà certo accompagnata anche da distruzioni volute dagli uomini, o non volute direttamente da-

gli uomini; ma che non deve intendersi come una fine del mondo piovuta dal cielo o scatenata dalle

viscere della terra. Sarà un passaggio dai vecchi tempi ai nuovi tempi; vi saranno guerre, gli uomini

potranno anche distruggere ciò che altri uomini hanno costruito, ma non sarà un conflitto totale e e-

minentemente tragico.

Ed infine, figli, vi siete soffermati sulla legge di causa e di effetto cercando di capire che cosa è

che determina il ripercuotersi di un effetto, che cosa avviene quando l’individuo muove una causa,

che cosa vibra, che cosa è che è interessato nel momento in cui l’individuo muove una causa. La

legge di causa e di effetto è una legge cosmica che impera in ogni piano di esistenza del Cosmo,

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perché è una legge fondamentale e in ogni piano di esistenza opera; opera in modo analogo. Nel

piano fisico la vostra scienza la chiama “azione e reazione”. Così, un liquido che evapori per

l’esistenza di un ambiente caldo, con il suo evaporare crea un abbassamento della temperatura.

All’azione “calore” succede la reazione “freddo”. Questa è la legge di causa e di effetto nel piano fisi-

co; quindi, in altre parole, noi potremmo dire che ciascuna materia la quale si muova per una qualche

ragione, produce un movimento di “reazione”. Così, genericamente, la legge di causa e di effetto e-

nunciata vale per tutte le materie di tutti i piani di esistenza. Le modalità per le quali questi movimenti

di reazione accadono sono diverse se diversa è la materia, e quindi poiché voi sapete che in ogni

piano di esistenza le materie sono diverse - anche se questa diversità, in ultima analisi, può ridursi ad

una differente sottigliezza - ebbene, figli, i movimenti di reazione sono diversi se pure - ripeto - in ogni

materia in ogni piano esistono questi movimenti di reazione. Ed allora quando l’uomo, o l’individuo,

muove una causa occorre analizzare che tipo di causa muove. Voi avete detto: supponiamo che un

tizio schiaffeggi un suo simile, portando questo esempio come se si trattasse di una azione e reazio-

ne del piano fisico. No, figli, siamo completamente al di fuori. L’azione che un individuo può fare nel

piano fisico ma che non interessi la materia del piano fisico, non interessa appunto la legge di causa

e di effetto che si ripercuote nel piano fisico. Non so se sono sufficientemente chiaro. La legge di

causa e di effetto si ripercuote nel piano fisico sulla materia di questo piano, e solo quando la materia

del piano fisico viene posta in movimento avviene un movimento di reazione: ecco il fenomeno che è

regolato dalla legge di causa e di effetto nel piano fisico, è questo. Un individuo, ad esempio, scalda

del liquido, ed ecco che questo liquido, evaporando, produce sulla superficie di evaporazione un ab-

bassamento di temperatura; ecco, è quello il fenomeno che riguarda la legge di causa e di effetto

della materia del piano fisico. Le altre azioni che l’individuo muove nel piano fisico non riguardano la

legge di causa e di effetto nel piano fisico.

Così se io, ad esempio, prendo in esame una creatura la quale desideri di impossessarsi di de-

naro, io debbo analizzare e distinguere e vedere se questo desiderio è un desiderio che viene dall’io -

nel senso che attraverso al denaro l’individuo pensa di acquistare prestigio e potere - ed ecco allora

che l’azione che io muovo, la muovo nel piano mentale; oppure se è un desiderio che possa essere

imputato al piano astrale. Forse, in questo caso, non direttamente, è vero, figli? Ma occorre distin-

guere. Comunque sia è sempre valido il principio generale: che sia un movimento del veicolo astrale

o sia un movimento del veicolo mentale la materia viene mossa dall’individuo; perché voi sapete che

un pensiero non è che un moto del corpo mentale, ed a questo moto corrisponde un moto di reazio-

ne. A questo causare un movimento dell’individuo in un determinato senso, qualunque esso sia, in

senso favorevole o sfavorevole, in senso egoistico od altruistico, un desiderio dettato dall’amore al

prossimo o dall’egoismo, in qualunque senso sia, a questo moto corrisponde un moto di reazione per

principio generale che interessa la materia di ciascun piano di esistenza in virtù della legge di causa e

di effetto.

Ebbene, figli, se una creatura prova un intenso odio, ad esempio, per un’altra creatura, a questo

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suo moto corrisponderà un altro moto di reazione e questo suo porsi - e questo suo porsi - in uno sta-

to d’animo di odio, non farà che richiamare, per reazione, un “qualcosa” attraverso al quale l’individuo

cesserà di odiare. Vediamo di spiegarci più chiaramente. Se una creatura ha un desiderio, ecco che il

suo veicolo astrale ha un moto, moto che causa un moto di reazione nello stesso veicolo astrale - mi

seguite? - perché la materia che viene posta in movimento dal desiderio, per principio generale, crea

un moto di reazione: causa ed effetto. Ma poiché... cosa è che ha causato questo moto? È forse la

materia stessa? No, è vero, figli? Il desiderio è nato dalla mancanza di evoluzione dell’individuo, ad

esempio - mi seguite? - se è un desiderio egoistico; e quindi oltre all’effetto immediato e diretto e pro-

prio della materia, vi è un qualcosa che va oltre il fenomeno laddove si produce e dove si manifesta;

un qualcosa che interessa la coscienza dell’individuo. Perché se l’individuo ha formulato, ha rivelato

come dir volete, un desiderio egoistico, ciò vuol dire che la sua coscienza non è sufficientemente co-

stituita e formata, altrimenti quel desiderio egoistico non si sarebbe prodotto nell’individuo. Mi segui-

te? Ma c’è, e quindi ciò dimostra che la coscienza individuale non è completa. Ed allora, figli, oltre al-

la reazione che si produce nel veicolo astrale, esiste un richiamo, una reazione, un effetto che cade

laddove è la prima ragione e la prima causa che ha mosso questo desiderio egoistico: la deficienza di

coscienza, la coscienza non completata. Mi seguite, figli? Ecco. Dunque noi vediamo che attraverso

a questo rivelarsi di moti dei veicoli dell’individuo, veicolo astrale e veicolo mentale, si hanno dei moti

di reazione: ma poiché la vera causa e la vera ragione sta oltre, noi vediamo che a questi diretti moti

di reazione susseguono altri moti, i quali tendono a colmare la lacuna che ha originato questi primi

moti. In altre parole, tendono a formare la coscienza individuale. Ma poiché questa lacuna si è rivela-

ta attraverso a certi veicoli, ecco che questa lacuna viene colmata attraverso agli stessi veicoli; ed

ecco quindi la famosa legge di causa e di effetto, la famosa legge del contrappasso, il famoso

Karma: ciò che voi fate a voi sarà fatto e via dicendo. Proprio perché, figli, attraverso ad una causa

mossa da un individuo accade l’effetto, ma l’effetto ricade nel senso voluto e nel senso atto a colma-

re la lacuna che dette origine al muovere della causa. Io non so se sono stato, per voi, sufficiente-

mente chiaro. Mi auguro di sì. Mi auguro che, rileggendo, voi possiate intendere.

Ora, figli, non è difficile comprendere come possa avvenire che questa lacuna della coscienza

debba venire colmata; ma voi sapete che esistono delle sintonie, ed attraverso alla sintonia, appunto,

due... circuiti, due strumenti musicali, due enti - due o più - che siano sintonizzati - cioè abbiano la

capacità di vibrare sulla stessa lunghezza d’onda fondamentale - allorché uno vibra, anche l’altro che

è sintonizzato vibra egualmente. Per questo motivo, allora, noi vediamo che l’individuo muovendo

una causa, qualunque essa sia, si pone in uno stato di sintonia tale che richiama su di sé l’effetto del-

la causa mossa. Meditate su quello che ho cercato di significarvi questa sera.

«Ma - direte voi, anzi avete già detto - come avviene che nell’aldilà l’individuo non muove più

cause?». Non è esattamente così perché in ogni e qualunque momento l’individuo si muova, in un

senso o nell’altro, l’individuo crea un moto di reazione. Ma nel momento in cui l’individuo sta subendo

un moto di reazione, ecco che l’individuo non è nella fase attiva, non crea un altro moto di reazione.

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Per cui basterebbe semplicemente quello che io vi ho detto in questo momento per intendere che

nell’aldilà, come voi dite - non per le Entità che in questo momento vi parlano o che hanno la possibi-

lità di parlare, di comunicare e quindi, in un certo senso, di essere attive - per coloro che dopo il tra-

passo, nella grande maggioranza nel momento di questa razza, sono impegnati nel riflettere, nel me-

ditare, nell’assimilare ciò a loro avvenuto nella incarnazione che hanno da poco lasciato, basterebbe

questo per comprendere che essi sono in una fase di passività e non di attività: che stanno assapo-

rando un tipo di effetto alle azioni che hanno mosso. Perché voi sapete che tre tipi di effetto ricadono

sull’individuo: quello immediato, dovuto alla materia posta in movimento; quello dopo il trapasso, e

quell’effetto che ricadrà nelle vite successive e che è l’ultimo e che è quello veramente definitivo, fat-

tivo, in quanto è quello che ricade sulla coscienza dell’individuo, è quello che va a colmare la lacuna

che originò l’azione. Mi seguite, figli? Ecco quindi che il secondo tipo di effetto, quello dopo il trapas-

so, impegna l’individuo nella meditazione della sua ultima incarnazione e lo pone quindi in uno stato

di passività, di subire un effetto e non di muovere cause. Questo basterebbe per rispondervi. Ma non

sarebbe esaminare appieno il problema e non sarebbe il vedere quindi ogni e qualunque tipo di vita

nell’aldilà, perché anche in questo caso noi dobbiamo distinguere, noi dobbiamo vedere di quali Enti-

tà parliamo. Vi sono degli individui i quali hanno da poco iniziato la loro evoluzione umana… (perché

non possiamo certamente parlare delle evoluzioni precedenti in quanto voi sapete che cosa accade

nell’intervallo fra una incarnazione e l’altra agli individui che ancora non sono incarnati in forma uma-

na; non hanno assolutamente una vita, neanche di riflessioni, per mancanza di veicoli, è vero?). Ma

noi parliamo per individui umani di una certa evoluzione, i quali individui sono in uno stato simile al

sonno, in quanto non hanno la facoltà di promuovere un movimento in uno dei loro veicoli, o l’astrale,

o il mentale, se ancora hanno l’astrale e se ancora hanno il mentale. Ma come quando voi riposate,

dormite e sognate, simile è il loro stato; essi sono spettatori di questi giochi visuali e sensori provocati

dai loro veicoli così come avviene nel vostro sonno fisico. «Perché - direte voi, figli cari - l’individuo

non muove cause quando non vive?». Perché tutto è analogo, figli; perché ad un periodo di attività

segue un periodo di riposo: azione e reazione. Alla manifestazione segue il riassorbimento, al giorno

segue la notte e via dicendo. Così è per la vita evolutiva dell’individuo: ad una incarnazione nella qua-

le sono state mosse delle cause, segue il trapasso nel quale vi è un riposo e queste cause non sono

mosse per la ragione che prima vi ho detto.

E adesso debbo lasciarvi, benedicendovi, figli. Portandovi i saluti di tutte le vostre Entità trapas-

sate e a voi legate in questa attuale vostra incarnazione. Ed anche della piccola Lilli che vi saluta ca-

ramente.

La pace sia con voi e con tutti gli uomini.

Dali

Sono la Guida fisica di Roberto.

Vi ho udito parlare di premonizioni. Voi sapete quanto importante e precisa sia l’astrologia, quan-

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to vera sia questa scienza così antica. Tanto vera che anche la scienza umana odierna, così presun-

tuosa, se ne impossesserà e ne riconoscerà il valore fra non molto tempo.

Ma l’astrologia non può dare un oroscopo esatto per l’individuo se questo individuo ha una gran-

de evoluzione, perché alle influenze astrali l’individuo può benissimo sottrarsi con la sua forza di vo-

lontà. Noi, traendo l’oroscopo di un individuo, possiamo vedere la sua evoluzione; è facilissimo cono-

scere la sua, se questo individuo è evoluto o no. Ma se noi possiamo accertare che trattasi di un indi-

viduo evoluto, tutti gli altri avvenimenti acquistano una probabilità incerta perché, trattandosi di indivi-

duo evoluto, si sottrarrà certamente alle influenze astrali e quindi potrà reagire e, avendo una sua vo-

lontà, modificare il corso di quello che può chiamarsi “destino”. Ora, compilando certe profezie, io non

seguii esclusivamente il metodo astrologico ma mi servii anche di veggenza, o di qualcosa di simile

alla veggenza, in quanto il metodo astrologico può indicare il cammino per le direttive generali, ma

non può indicare con esattezza il particolare per la ragione che vi ho spiegata. Mentre la veggenza, la

chiaroveggenza, è una visione anticipata nei particolari di quello che è nel futuro, degli avvenimenti:

una visione anticipata degli avvenimenti ed in questa, allora, è possibile vedere i particolari. Scusate

se vi ho annoiati. Vi benedico.

D. - Permetti, ma come è possibile? La persona evoluta si può sottrarre all’influenza dell’astrale, tu

hai detto? E come si può conciliare questo con l’affare della bobina dove tutto è scritto?

R. - L’influenza degli astri, è vero? Tutto è scritto, appunto, ma questo non è in contrasto con quello

che ho detto perché fra due creature nate lo stesso giorno, alla stessa ora e nella stessa località,

stando all’astrologia dovrebbero avere un destino identico, è vero? Mentre non è vero sia perché in-

fluisce il momento del concepimento - questo è riconosciuto anche dall’astrologia che comporta una

differenza - ma non è identico in quanto si tratta di due Entità diverse, che hanno una evoluzione

analoga ma non identica. Ecco allora che quella che sarà più evoluta si sottrarrà con più facilità alle

influenze degli astri. Non so: l’oroscopo comporta determinati passaggi e dice che questa creatura

sarà soggetta, ad esempio, a degli scatti di ira in quanto il suo cielo astrologico, il suo cielo natale

prevede questo particolare del suo carattere: gli astri la influenzeranno in questa maniera. Ma se vi è

una creatura evoluta, se la seconda delle creature è evoluta, ecco che reagirà alle influenze astrali e

gli scatti di ira potranno essere dominati e quindi neppure si vedranno. Gli astri spingeranno la crea-

tura ad essere irosa, ma la creatura - per la sua evoluzione - potrà facilmente dominarsi e neanche

avvertire questo incentivo all’ira, a perdere il controllo. Sono chiaro? Vi benedico. Sono sempre qui,

presente, con voi.

D. - Perdona, volevo chiedere una parola per mia cugina. Puoi dirmela tu?

R. - È la piccola Lilli. Si diverte con l’apparecchio.

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Dirai a questa creatura, a proposito di legge di causa e di effetto, che non si senta abbandonata,

in quanto esiste chi per lei farà giustizia. Nessuno può sfuggire all’effetto di ciò che muove e nessuno

ingiustamente soffre. Sopporti questa sua sofferenza come giusta espiazione di qualcosa che essa

stessa ha mosso in vite anteriori. E compianga, per il dolore che prova, chi attraverso alle sue stesse

sofferenze dovrà passare.

Vi benedico.

Michel

26 Maggio 1964

La pace sia con voi e con tutti gli uomini. Un caro saluto ed una benedizione a tutti voi, o figli.

Vi abbiamo ascoltati questa sera nella conversazione così... scintillante e puntualizzatrice che

avete svolta. E, visto che quello che ebbi a dirvi nell’ultima riunione può suscitare qualche incertezza,

cerchiamo di mettere in forma più chiara quella frase, è vero, figlia? Ed allora: dopo un certo stadio

della evoluzione, a questo punto si aprirà una parentesi e si scriverà “evoluzione individuale”, chiusa

parentesi, che vuol dire: dopo il periodo della evoluzione individuale, eccetera eccetera. Se così vi

sembra più chiaro.

Per quanto poi concerne le altre discussioni della sera, che non sono importanti come domande

fatte ma per il significato che esse hanno, per le reazioni che voi avete parlandovi l’un l’altro, figli, de-

sidero ancora una volta ripetervi quello che sempre vi abbiamo detto: ognuno di voi ha, non dico il di-

ritto, ma il dovere di domandare tutto quello che vuol chiedere e che gli è utile. Va sottinteso che cia-

scuno di voi deve sentirsi in animo di non fare domande per semplice curiosità, ma che una necessità

di comprendere intima vi spinga a domandare, a chiedere. Premesso e sottinteso questo, figli, cia-

scuno di voi può chiedere quello che vuol chiedere e la discussione può svolgersi su qualunque ar-

gomento voi riteniate importante e interessante. Noi, come sempre, figli, ci sforzeremo di spiegarci e

speriamo che altrettanto sforzo sia in voi per cercare di intenderci. È vero, figli cari? Questo incontro

a mezza strada - anche se non sarà veramente una mezza strada fra voi e noi - sarà certamente po-

sitivo e fattivo. Non è un augurio ma una certezza che per tutti questi anni ci ha animati, ci ha spinti a

parlarvi. Perché, figli, nessun altro scopo può esservi in noi se non quello di aiutarvi a comprendere

per cercare di soddisfare i vostri interrogativi, per insegnarvi una più grande serenità nella vita - è ve-

ro, figli? - anche di fronte ai momenti di difficoltà, anche di fronte ai momenti di dolore.

Quando voi sarete in grado - in particolare la figlia Zoe, e non vi è nessuna urgenza per questo,

potrà essere fatto durante il periodo estivo - potrete, se vorrete, spedire alcune di quelle copie del vo-

stro ultimo volume alle persone alle quali inviaste il messaggio da noi dettato. Mi comprendi, figlia?

D. - Sì, molto volentieri. Soltanto adesso noi partiamo e non ritorniamo che verso la fine di Luglio.

Siamo in tempo, dopo?

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R. - Ho premesso questo, figlia: nel periodo estivo.

E, momentaneamente, figli, siamo costretti a salutarvi poiché il figlio Roberto sta attraversando

un periodo un po’ di preoccupazione per il suo lavoro e quindi, di riflesso, di tensione per il suo veico-

lo fisico. Per questa ragione vi lasciamo: come sempre invitandovi a meditare su tutto quello che vi

abbiamo detto. E sperando di tornare presto fra voi ancora per parlarvi.

Dimmi, figlia... Le creature possono essere aiutate, servirebbe di aiuto a lei, non a te.

Che la pace sia con voi e con tutti gli uomini, figli cari.

D. - Perdona, volevamo fare due domande, possiamo?

R. - Certo.

D. - Luciano di Brescia si è sposato e chiede se venendo un sabato, può portare alla riunione sua

moglie.

R. - Per ora - è vero? - non è il caso poiché non vi è questa opportunità. Quando vi sarà, certamente:

questa figlia è preparata.

D. - E volevo chiedere altrettanto per mia cugina se potesse venire un sabato; potrebbe essere ac-

colta dato il momento particolare che attraversa?

R. - Nel caso, ad una riunione affettiva, quando sarà fatta.

D. - Grazie all’Altissimo e a voi.

R. - Vi benedico tutti, particolarmente, figli, con tanto affetto.

Dali