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c’era una volta “L’AMERICA” Newsletter del “CISPEA SUMMER SCHOOL NETWORK” numero 0 ~ autunno 2010 Coordinatori ~ Matteo BATTISTINI, Cristina BON, Andrea CASATI, Michele CENTO, Lorenzo COSTAGUTA, Mattia DILETTI, Matteo FORNACIARI, Luigi STEFANIZZI [email protected] www.cispea.org Indice: Presentazione della newsletter p. 2 CISPEA Summer School Network story p. 4 La cittadinanza negli USA – Relazioni della sesta Summer School p. 6 Bibliografia delle sei edizioni della CISPEA Summer School p. 28 Gli alunni della scuola. Profili e contatti p. 34

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c’era una volta

“L’AMERICA”Newsletter del “CISPEA SUMMER SCHOOL NETWORK”

numero 0 ~ autunno 2010

Coordinatori ~ Matteo BATTISTINI, Cristina BON, Andrea CASATI, Michele CENTO, Lorenzo COSTAGUTA, Mattia DILETTI,

Matteo FORNACIARI, Luigi STEFANIZZI

[email protected]

Indice:

Presentazione della newsletter p. 2

CISPEA Summer School Network story p. 4

La cittadinanza negli USA – Relazioni della sesta Summer School p. 6

Bibliografia delle sei edizioni della CISPEA Summer School p. 28

Gli alunni della scuola. Profili e contatti p. 34

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Presentazione della newsletter

C’era una volta l’«America» è la newsletter degli ex alunni della summer school che il “Centro interuniversitario di storia e politica euro-americana” (CISPEA),

il quale unisce gli storici americanisti delle università di Bologna, Firenze, Trieste e del Piemonte orientale, organizza dal 2005 con l’aiuto determinante della cooperativa Boorea e dell’Istituto Banfi di Reggio Emilia. Fin dalla sua prima edizione, dedicata al tema dell’eccezionalismo americano, la scuola ha svolto attività formativa per studenti e giovani studiosi, di diversa provenienza universitaria e disciplinare, con lo scopo di fornire una strumentazione scientifica aggiornata alla comprensione della storia politica statunitense, al di là degli stereotipi che ancora influenzano il dibattito sugli Stati Uniti nei media e anche in molte pubblicazioni. Duplice è la convinzione che muove la scuola: la consapevolezza dell’ineludibilità degli studi storici nell’ambito delle scienze politiche, sociali e umane, e quella, che abbiamo come cittadini, della specifica rilevanza dell’anali-si storico-politica per cogliere le sfide del mondo globalizzato, nel quale la nazione ameri-cana occupa una posizione strategica da cui non è possibile prescindere per comprendere la realtà politica, sociale e culturale non soltanto europea, ma globale. In quest’ottica le varie edizioni della scuola hanno trattato, oltre all’eccezionalismo, le tematiche della democrazia americana, dell’americanismo e dell’antiamericanismo, della superpotenza globale americana e, nell’ultima edizione, della cittadinanza negli Stati Uniti.

L’ormai acquisita continuità della summer school ha convinto il CISPEA della ne-cessità di non lasciare che il capitale umano costituito da chi ha partecipato alla scuola si disperda. Nello scorso giugno, al termine della Sesta edizione, è stata quindi creata l’occasione per un incontro assembleare degli ex alunni che, pur avendo intrapreso diver-se strade formative e lavorative, dentro e fuori l’università, continuano ad avere un forte interesse per la storia politica e la politica statunitensi. Dal confronto è emersa l’esigen-za di costruire un network degli ex alunni, con un proprio strumento di comunicazione, informazione e approfondimento: C’era una volta l’«America». Per quanto realizzata e diretta innanzitutto dagli ex-alunni, la newsletter non vuole rivolgersi soltanto a loro. Pertanto sarà pubblicata sul sito CISPEA (http://www.cispea.org/) e verrà distribuita

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nelle mailing-list delle associazioni accademiche e attraverso una rete informale di citta-dini, giornalisti e professionisti. LO SCOPO È QUELLO DI METTERE IN COMUNE, PUBBLICIZZARE E RENDERE USUFRUIBILE IL BAGAGLIO DI CONOSCENZE ACCUMULATE, IN CORSO DI ACQUISIZIONE ED ELABORAZIONE, DAGLI ALUNNI DELLA SCUOLA. La newsletter vuole in questo senso attraversare e comuni-care con le diverse discipline universitarie, che studiano gli Stati Uniti d’America da di-verse prospettive. Vuole inoltre essere uno strumento di collegamento con il mondo non accademico, ovvero con coloro che seguono la politica statunitense nella loro professione (pubblicista, giornalista, bibliotecario ecc. ecc.) o semplicemente in quanto cittadini.

C’era una volta l’«America» sarà semestrale. Il numero autunnale del 2010 sarà dedicato alla scuola estiva e riporterà le relazioni degli alunni sulle tematiche affrontate. Pubblicherà, inoltre, un breve profilo universitario degli studenti e dei giovani studiosi che hanno partecipato alla scuola, per offrire uno spettro degli studi e delle ricerche in essere. Il numero primaverile sarà, invece, dedicato a un tema dell’attualità politica statunitense attraverso un breve saggio anche di contenuto storiografico. La newsletter vuole in questo senso fornire informazioni bibliografiche per l’approfondimento del profi-lo storico di tematiche politiche contemporanee, nella convinzione che possa essere utile non soltanto a coloro che seguono un percorso accademico, ma anche a coloro che nutro-no un interesse per la politica statunitense nelle loro professioni, o per semplice passione.

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CISPEA Summer School Network story

Lo scorso inverno, in preparazione della sesta edizione della summer school, il Diret-tore della scuola Prof. Tiziano Bonazzi e il consiglio scientifico del CISPEA hanno

deciso di coinvolgere gli ex alunni della Scuola estiva – ormai più di centotrenta studenti e studentesse – nel programma della scuola estiva 2010. Il primo passo è stato quello di capire, attraverso la compilazione di un breve questionario, che cosa gli ex alunni stesse-ro facendo, quale percorso di studio e/o lavorativo avessero intrapreso, quale fosse il loro interesse per gli Stati Uniti d’America, infine quali suggerimenti avessero per proseguire la formazione, la comunicazione e lo scambio di informazioni sulla storia politica statu-nitense. La risposta degli alunni è andata al di là delle più rosee aspettative: più della metà hanno risposto positivamente, mostrando un forte apprezzamento per la Scuola estiva, molte risposte hanno evidenziato un deciso interesse non soltanto per l’attualità politica statunitense, ma anche in modo specifico per la storia politica degli Stati Uniti, al di là sia delle diverse discipline scientifiche frequentate dagli ex alunni, sia dei percorsi lavorativi intrapresi.

Sulla base di questo eccellente risultato, il CISPEA ha organizzato l’ultima giornata della Scuola estiva 2010 come momento assembleare fra gli ex alunni, che si è tenuto il 24 giugno presso le aule della sede reggiana dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Anche grazie al contributo economico della Cooperativa Boorea, hanno partecipato all’incontro più di venticinque ex alunni provenienti da tutta Italia, da Lecce fino a Torino, passando per Arezzo, Perugia e Bologna, ai quali si sono aggiunti gli alunni dell’ultima edizione. La discussione collettiva ha affrontato diverse questioni: il problema delle fonti storiche e d’informazione per approfondire la conoscenza degli Stati Uniti; l’esigenza di avere momenti di incontro e confronto collettivo sulle ricerche storiche e l’attualità politica; la volontà di proseguire la formazione sugli Stati Uniti e organizzare nelle diverse sedi universitarie di appartenenza delle manifestazioni da intendersi come spin off della Scuola; la difficile comunicazione tra le diverse discipline accademiche che studiano gli Stati Uniti da diverse prospettive, dalle dottrine politiche alle relazioni in-ternazionali, dalla storia sociale e culturale alla storia politica; l’ancora più complicato

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dialogo fra coloro che studiano all’università e decidono di proseguire gli studi e coloro che intraprendono un percorso lavorativo fuori dall’università, pur mantenendo un forte interesse per gli Stati Uniti per motivo professionale o per pura passione. Alla luce di questa discussione, comune è stata la volontà di formare un network degli ex alunni, con un proprio strumento di comunicazione, informazione e approfondimento: il CISPEA Summer School Network e la newsletter C’era una volta l’«America».

Link utili:I video delle lezioni delle CISPEA Summer School degli anni scorsi sono consultabili presso i seguenti indirizzi internet:Summer School 2009: http://www.boorea.it/Sezione.jsp?idSezione=186Summer School 2008: http://www.boorea.it/Sezione.jsp?idSezione=96Summer School 2007: http://www.boorea.it/Sezione.jsp?idSezione=93Summer School 2006: http://www.boorea.it/Sezione.jsp?idSezione=80Summer School 2005: http://www.boorea.it/Sezione.jsp?idSezione=86

Spin off:Durante l’incontro degli ex alunni lo scorso giugno è venuta da più parti la richiesta di organizzare ulteriori momenti di formazione sugli Stati Uniti d’America da intendersi come spin off della Scuola. Per questo motivo, invitiamo gli ex alunni a farsi promotori di iniziative nelle loro diverse sedi universitarie e confermiamo la disponibilità della CI-SPEA Summer School a partecipare alle eventuali proposte che arriveranno. Contatti: [email protected]

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La cittadinanza negli Stati Uniti d’America

Nel primo numero di questa newsletter vengono presentate le principali tematiche emerse durante le giornate di studio della Sesta Summer School CISPEA (20-24

giugno 2010), dedicata quest’anno alle declinazioni e agli sviluppi del concetto di citta-dinanza nell’esperienza storico-politica statunitense. Nella storia degli Stati Uniti, come in quella europea, la cittadinanza ha costituito un terreno di conflitto che ha costante-mente e materialmente ridefinito la figura del cittadino e la sua grammatica dei diritti. Le sessioni della scuola hanno trattato questo tema in rapporto al moderno concetto di cittadinanza, definito dal sociologo T. H. Marshall attraverso la progressione logica e storica dei diritti civili, politici e sociali (Marshall, 1950), in relazione alla complessa dinamica di inclusione/esclusione e alle categorie di classe, razza, etnia e genere, infine considerando le peculiarità dell’assetto federale americano e degli esiti contemporanei legati all’indebolimento dello stato-nazione. Tutte le tematiche analizzate nelle varie sessioni sono state discusse collettivamente dagli alunni della scuola che, organizzati in gruppi di lavoro, hanno presentato le loro relazioni nell’ultima giornata della scuola, che ha avuto luogo presso la sede reggiana dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Vengono pubblicate qui per la prima volta le loro cinque relazioni dedicate ad al-trettanti aspetti della cittadinanza. La relazione di apertura, pensata come introduzio-ne generale, prende spunto dalla lezione del Prof. Arnaldo Testi sulla La cittadinanza politica in prospettiva storica, dai primi decenni dell’800 alle elezioni presidenziali del 2008. La lezione tenuta dalla Prof.ssa Elisabetta Vezzosi, Il colore dei diritti civili. Razza, genere, leadership nei movimenti degli afro-americani, viene invece discussa nel secondo contributo. Al tema del diritto di voto e della razza, segue la questione della cit-tadinanza in relazione all’immigrazione, che è stata affrontata dal Prof. Stefano Luconi (Benvenuti e indesiderati: gli immigrati, l’accesso alla cittadinanza e i diritti derivati). La quarta relazione è invece dedicata alla questione di genere, oggetto dell’approfondita riflessione della Prof.ssa Raffaella Baritono: “Remember the Ladies”: percorsi politici e riflessione teorica nei movimenti delle donne statunitensi. Infine, il tema dell’esistenza o meno della cittadinanza sociale e dei diritti sociali negli Stati Uniti viene discusso nella

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relazione conclusiva che ripercorre le lezioni del Prof. Maurizio Vaudagna (Cittadinanza sociale e diritti sociali nell’America novecentesca), e del Prof. Maurizio Ricciardi (Sto-ria e trasformazioni globali del concetto di cittadinanza). Qui sotto trovate i riferimenti bibliografici delle relazioni.

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Cittadinanza politicae diritto di voto

Cristina BON, Chiara CORAZZIARI

Secondo la celebre definizione di Thomas H. Marshall, l’idea di cittadinanza racchiude in sé almeno tre diverse declinazioni: quella sociale, civile e politica. In particolare

l’elemento politico della cittadinanza si esprime concretamente nel diritto di partecipare all’esercizio del potere, o come membri di una classe politica, oppure come elettori di questi ultimi. Nella storia degli Stati Uniti è stato proprio il diritto di voto ad assumere, fin dai primi anni di esperienza federale, notevole importanza come espressione collettiva della cittadinanza attiva. A partire dalla seconda metà del XX secolo – e come diretta conseguenza di una profonda trasformazione del sistema partitico che ha avuto le sue origini sul finire del 1800 – tale connotazione simbolica si è andata progressivamente per-dendo, anche se in occasione delle ultime elezioni presidenziali si sono registrate pratiche tese a recuperare la dimensione sociale del voto tipica degli anni ’30 e ’40 dell’Ottocento.

Come parte di un più generale concetto di cittadinanza, I DIRITTI POLITICI NON POSSONO CHE ESSERE ANALIZZATI IN RELAZIONE AD UN CONTESTO SOCIALE DEFINITO E SI INTRECCIANO QUINDI CON PROBLEMATICHE DI RAZZA, IMMIGRAZIONE, GENERE E DIRITTI SOCIALI. Nel corso del seminario Cispea 2010 sono state individuate tre tematiche principali che sembrano connotare il discorso sulla cittadinanza politica con particolare riferimento al caso statunitense: in primo luogo è emerso come l’idea di cittadinanza sottenda il problema del rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, ovvero della relazione fra l’individuo e la propria comu-nità di appartenenza. Si può inoltre notare che, come nel caso delle declinazioni civili e sociali, qualsiasi discorso sulla cittadinanza politica porti inevitabilmente a riflettere sulle dinamiche di inclusione ed esclusione, ovvero sui criteri in base ai quali è stato storicamente disciplinato l’accesso ai diritti politici. Il rapporto tra governo centrale e governi statuali sul tema della cittadinanza rappresenta infine una caratteristica intrin-seca al sistema federale statunitense. In questo senso si può dimostrare come l’assetto federale degli Stati Uniti abbia avuto un peso determinante per l’evoluzione del concetto di cittadinanza politica.

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La cittadinanza politica fra Stati e Governo Federale

Tutte le discussioni intavolate nel corso del sesto seminario Cispea hanno eviden-ziato un tema ricorrente, ovvero l’impulso innovatore, sia in senso progressivo che

in senso regressivo, dato dagli Stati della Federazione statunitense alla definizione del concetto di cittadinanza. Per ciò che riguarda il diritto di voto, ad esempio, sembra di poter evidenziare come, almeno con riferimento al XIX secolo, la dimensione statuale abbia costituito il vero centro propulsore della legislazione relativa a tale diritto.

Per capire come si definisca e funzioni il concetto di cittadinanza e dei diritti ad essa collegati all’interno del sistema federale bisogna per prima cosa guardare al testo costituzionale e ai suoi emendamenti, in particolare al XV (1870), XIX (1920) e XXVI (1971), che trattano rispettivamente dell’estensione del diritto di voto agli afro-america-ni, alle donne e ai ragazzi di 18 anni. È interessante notare come tutti questi meccanismi di inclusione si esprimano in senso negativo, lasciando ampi margini di autonomia agli Stati. Anche laddove la costituzione abbia ammesso l’intervento diretto del governo federale nel definire e disciplinare il diritto di voto, questa definizione è stata costru-ita nel modo meno intrusivo possibile. Invece di affermare positivamente le categorie economico-sociali aventi diritto, gli emendamenti entrati finora in vigore hanno infatti sempre contenuto il riferimento a quelle categorie che non possono essere escluse dal voto. In questo modo ai singoli Stati è quindi da sempre stata garantita un’ampia libertà di regolamentazione sui requisiti dell’elettorato attivo. Sono infatti gli Stati che costrui-scono e decostruiscono le coordinate che regolano l’accesso al voto, così come i criteri di accesso all’elettorato passivo e i meccanismi di apportionment1 elettorale. Sembra quindi di poter stabilire che sia la natura stessa del sistema federale, così come definitasi nel corso della Guerra di Indipendenza prima e con la Carta di Philadelphia poi, ad avere avuto ricadute importanti per i futuri sviluppi della cittadinanza politica statunitense. DALLA CONQUISTA DEL WHITE-MALE SUFFRAGE ALL’ESTENSIONE DEL DIRITTO DI VOTO AGLI AFRO-AMERICANI, GLI STATI SI SONO CARATTE-RIZZATI COME I PRECURSORI DELLA LEGISLAZIONE FEDERALE. Tale dina-mica di sperimentazione statuale e successiva assunzione federale, si è potuta riscontrare storicamente anche nel caso del voto alle donne. Prima di puntare direttamente al Con-gresso Federale, infatti, i movimenti femministi di fine Ottocento esercitarono pressione per l’allargamento del diritto di voto sulle legislature e i governi statuali.

Questa composita regolamentazione del diritto di voto – e in senso lato della cit-tadinanza politica – attraverso emendamenti costituzionali e legislazione statuale, si è caratterizzata nel tempo soprattutto per l’assenza di uno sviluppo lineare o progressivo. Non si può in altre parole affermare che la storia dell’acquisizione del diritto di voto si diriga senza ostacoli verso l’allargamento del suffragio e che la partecipazione vada sempre più aumentando nel corso dei due secoli di storia federale. L’autonomia degli

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Stati rispetto alla questione dei diritti di voto ha infatti portato al verificarsi di tendenze regressive nei processi di inclusione politica. Tali fenomeni di regressione si sono mani-festati, ad esempio, sul finire dell’800, quando, regolando i meccanismi di registrazione elettorale e i requisiti di accesso al voto, gli Stati restrinsero di fatto il diritto di voto de-gli afro-americani, costituzionalmente previsto. A questo proposito un ulteriore esempio è fornito da un tema controverso nella storia dell’evoluzione della cittadinanza politica ovvero dalla relazione tra diritto di voto e immigrazione. Non sempre la cittadinanza è stata infatti condizione necessaria per accedere al diritto di voto: per brevi periodi di tempo, all’inizio del XX secolo, in più di uno Stato gli immigrati non ancora naturalizza-ti hanno infatti goduto dell’accesso al voto. Cosa sarebbe successo se questa normativa di origine statuale fosse stata adottata a livello federale e quindi se il diritto di voto aves-se cominciato ad essere concettualmente disgiunto dalla cittadinanza tout court? Questa domanda è interessante soprattutto per ciò che riguarda il mondo contemporaneo. Oggi infatti la cittadinanza può essere utilizzata come strumento politico, nel senso che può essere ambita da categorie escluse non tanto per l’accesso al diritto di voto ma per be-neficiare dei diritti sociali ad essa connessi. A fronte di un’originaria sacralità del voto si è così recentemente assistito ad un deciso slittamento verso una concezione del suffragio come aspetto strumentale, o addirittura accessorio, della cittadinanza.

Diritti politici e dinamiche di inclusione

Si è visto dunque come l’allargamento del diritto di voto rappresenti l’evoluzione di un processo di esclusione-inclusione di categorie sociali, razziali e di genere e come,

in questo senso, esso non coincida sempre con un percorso progressivo e/o lineare. Anche quando il voto viene esteso in modo da includere una percentuale maggiore della popo-lazione, a tale allargamento può non corrispondere necessariamente un proporzionale incremento della partecipazione elettorale. Tale fenomeno è dovuto proprio al carattere composito del concetto di cittadinanza, al fatto cioè che l’acquisizione e l’esercizio dei diritti politici si lega inscindibilmente alla previa acquisizione ed esercizio di diritti civili

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e sociali. Ancora oggi alcune categorie di aventi diritto al voto non lo esercitano e questo fenomeno viene sostanzialmente imputato a tre diversi ordini di motivi: appartenenza a gruppi sociali da poco in possesso di tale diritto senza averlo sostanzialmente richiesto; scarsa abitudine all’esercizio di tale diritto; appartenenza a comunità svantaggiate, o addirittura ai margini della società.

Storicamente il declino della partecipazione elettorale è stato dovuto anche a motivi di carattere strutturale che si riallacciano in qualche modo alla mancanza di sviluppo lineare della cittadinanza politica di cui si è già detto. Tali fattori avrebbero portato ad un sostanziale SVUOTAMENTO DELLA CITTADINANZA POLITICA, già anticipa-to in modo estremamente lungimirante dallo stesso Marshall nella sua discussione del diritto all’effettiva partecipazione (right to participate) come elemento inscindibile dal diritto di voto. Due fattori co-responsabili dell’erosione del diritto alla partecipazione sono stati individuati, da una parte, nel declino dei partiti – che raggiunse il suo apice negli anni ‘20 del ‘900 – e, dall’altra, nella burocratizzazione delle pratiche elettorali. All’inizio del XX secolo i partiti tradizionali divennero incapaci di mobilitare l’intero elettorato e incontrarono la concorrenza di altre ‘agenzie’ in grado di veicolare il con-senso: i gruppi di interesse e i movimenti single issue. Nel corso della prima metà del ‘900 la curva della partecipazione politica proseguì nel suo andamento decrescente. Tale tendenza coincise questa volta non solo con la crisi dei partiti, ma anche con la restri-zione delle politiche sociali (Welfare State) che contribuì alla disaffezione delle classi più svantaggiate, poveri meno istruiti, nuovi immigrati e giovani.

Nello stesso arco temporale, si può però registrare anche un importante cambia-mento nelle campagne e nelle procedure elettorali cui può essere attribuita parte della responsabilità alla base di una minore partecipazione popolare. Se in piena Jacksonian Democracy il body politic si esprimeva in maniera corale, attraverso pratiche sociali di gruppo – veri e propri rituali gestiti dai partiti politici – con la fine del XIX secolo si assistette ad una burocratizzazione del processo di voto, tale da renderlo meno pubblico, meno spontaneo, in altre parole, più elitario. La burocratizzazione del processo di voto rappresenta dunque un altro restringimento della cittadinanza politica, che parte dal venir meno della dimensione pubblica della dichiarazione del voto per estendersi alla regolamentazione federale delle schede elettorali, fino ad arrivare ad isolare la volontà del cittadino votante nella privacy delle cabine. Ad oggi, tuttavia, l’esercizio del voto rimane nella maggior parte dei casi un atto esercitato in uno spazio comunque pubbli-co, sebbene, anche su questo aspetto, si sia manifestata una recente tendenza verso la sua privatizzazione. In occasione delle elezioni presidenziali del 2004 e del 2008, alcuni Stati hanno infatti sperimentato con successo il voto via posta che permette all’elettore di votare dal proprio spazio privato, nella propria casa. Forme intermedie, che aspirano invece a conciliare dimensione protetta e pratiche di voto di tipo rituale, sono quelle dei voting party, vere e proprie manifestazioni di voto collettivo fra sostenitori di uno stesso

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partito in un contesto privato, le mura domestiche. Pur mantenendo comunque una du-plice dimensione, pubblica e privata, il diritto di voto individuale recupera così un forte valore rituale e comunitario.

Note:1. A livello federale il termine apportionment indica la determinazione del numero di seggi parlamentari presso la House of Representatives sulla base della proporzione fra la popolazione di ogni stato e il totale della popolazione statunitense. Nel 1787, la Co-stituzione di Philadelphia adotta la cosiddetta regola federale, o dei tre quinti, la quale prevede che la base popolare su cui effettuare la proporzione affianchi, al totale degli uomini bianchi, i tre quinti di ‘tutti gli altri’, eccettuati gli indiani esentati dalle tasse (v. Costituzione degli Stati Uniti, art. I, sec. 2). Nella prima metà dell’800, tuttavia, il meccanismo di apportionment, utilizzato anche a livello statuale per determinare il numero dei rappresentanti parlamentari, non includeva necessariamente il criterio dei ‘tre-quinti’.

Bibliografia:Marshall T. H., Citizen and social class and other essays, Cambridge, Cambridge Uni-

versity Press, 1950.Testi A., “The Construction and Deconstruction of the U.S. Electorate in the Age of

Manhood Suffrage”, in Romanelli R. (ed.), How Did They Become Voters?, The Hague-London-Boston, Kluwer Law International, 1998, pp. 390-420.

Marvin C. and Simpson P., “Voting Alone: The Decline of Bodily Mass Communication and Public Sensationalism in Presidential Elections”, in Communication and Criti-cal/Cultural Studies, vol. 1, n. 2, June 2004, pp. 127-150.

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Cittadinanza, razza e diritti civili

Alberto BENVENUTI, Luigi STEFANIZZI

Razza, cittadinanza e il ruolo delle donne

Che la si consideri come una caratteristica intrinseca all’individuo o come una costru-zione culturale, la razza è stata spesso discriminante nel processo dell’acquisizione

di pieni diritti di cittadinanza. Sebbene gli afro-americani non costituiscano nella storia degli Stati Uniti d’America l’unica minoranza discriminata per ragioni razziali, si pensi ad esempio al Chinese Exclusion Act del 1882 e al Gentlemen’s Agreement del 1907 che impedivano l’immigrazione della popolazione cinese e giapponese rispettivamente, il loro caso è senz’altro strumentale per un’efficace illustrazione dell’intreccio tra razza e diritti di cittadinanza, oltre che del legame con la questione della leadership e del genere.

Le battaglie per la conquista di una piena cittadinanza si sono svolte tanto in am-bito americano quanto a livello internazionale. Se da un lato l’internazionalismo pan-africano ha avuto in W. E. B. Du Bois e Marcus Garvey due fra i più grandi fautori nella prima parte del ventesimo secolo, altrettanto importante, ancorché generalmente misconosciuta, risulta essere l’esperienza di molte donne afro-americane.

In questa prospettiva, risulta particolarmente rilevante l’esperienza della National Association of Colored Women (NACW). Fondata nel 1896, l’Associazione si propose come scopo quello di “promuovere numerose attività a livello nazionale e internaziona-le”. Sulla scia di questa esperienza vennero fondate altre associazioni aventi per scopo il superamento delle barriere razziali e di genere negli Stati Uniti attraverso una prospet-tiva internazionale e di promuovere la formazione culturale di leaders, come ad esempio

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lo International Council of Women of the Darker Races, fondato nel 1922 (Reif, 2004). A tal riguardo, particolare rilevanza hanno avuto gli incontri internazionali in cui le rappresentanti delle associazioni delle donne afro-americane poterono dar voce alle loro istanze. Si pensi ad esempio all’International Congress of Women tenutosi a Chicago nel 1893 (Reif, 2004). Affrontando inoltre la questione cruciale della leadership, l’attività di intellettuali e attiviste afro-americane contribuì al dibattito interno alla comunità in merito alla supremazia di genere e alla natura della leadership stessa, anticipando in un senso l’esperienza portata avanti da Septimia Clark e Ella Baker con la creazione delle citizenship schools, sorte nei tardi anni ’50 e volte alla promozione della natural leadership.

Dal Dopoguerra a oggi: Nazionalismo, conquiste, e l’avvento di Obama

La fine della Seconda guerra mondiale, oltre a sancire un definitivo primato econo-mico e geopolitico statunitense, portò con sé grandi cambiamenti sociali all’interno

del paese. Molti veterani afro-americani iniziarono a chiedere con maggior vigore il riconoscimento dei loro diritti civili e politici e le nuove generazioni intrapresero forme di attivismo e di protesta impensabili solo alcuni anni prima. Il 1954 è l’anno a cui si fa risalire la nascita del Movimento per i diritti civili afro-americano, senza dubbio il movimento di protesta sociale più importante ed imponente della storia statunitense. La stagione dei diritti civili, che si concluse nel 1965 con la firma del presidente Johnson sul Voting Rights Act, aveva tra i suoi obiettivi principali proprio quello di estendere il diritto di cittadinanza all’intera popolazione afro-americana attraverso il riconoscimento dei diritti civili e politici. Tutt’altro che omogeneo, il movimento per i diritti civili rac-colse al suo interno associazioni differenti come la NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), la SCLC (Southern Christian Leadership Conference), la SNCC (Student Nonviolent Coordinating Committee), la CORE (Congress of Racial Equality), e riuscì ad ottenere buona parte dei suoi successi grazie al leader che dal 1957 ne divenne la figura di maggior rilievo, Martin Luther King Jr. Le forme di protesta non

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violente andavano dai sit-ins alle marce, dal boicottaggio dei mezzi pubblici segregati ai freedom rides, ed avevano come obiettivo quello di porre fine alla segregazione razziale, retaggio della Jim Crow Era.

Non tutto l’attivismo afro-americano di quegli anni è però associabile alla dottrina della non violenza e neppure strettamente legato alla questione della cittadinanza. Sul finire degli anni Cinquanta, infatti, si formarono gruppi armati di autodifesa in numero-se città e comunità del Sud degli Stati Uniti. In quelle comunità, che si opponevano con forza alle violenze del Ku Klux Klan, si andavano formando i leader che presto sarebbero diventati figure di spicco del nazionalismo afro-americano. IL BLACK NATIONALISM SI ISPIRAVA AL PENSIERO DI MARCUS GARVEY CHE SOSTENEVA CHE LA PERPETUAZIONE DEL RAZZISMO AMERICANO AVREBBE DOVUTO SPIN-GERE GLI AFRO-AMERICANI A EMIGRARE IN AFRICA PER LIBERARE IL CONTINENTE DAL COLONIALISMO BIANCO, CON LO SCOPO DI CREARE UNA NUOVA AFRICA. Per i nazionalisti neri, tra i quali la figura di maggior rilievo fu Malcom X, il movimento per i diritti civili, con la sua richiesta integrazionista, non faceva altro che umiliare ancora di più il nero statunitense di fronte all’uomo bianco. Questi movimenti nazionalisti persero gran parte del loro slancio negli anni Settanta, sia a causa della FBI e della CIA che ne sabotarono il lavoro, sia grazie ad un lento miglio-ramento della situazione afro-americana negli Stati Uniti. Forse più disomogeneo dello stesso movimento per i diritti civili, il nazionalismo afro-americano non si preoccupò molto del riconoscimento dei diritti, quanto della promozione e della diffusione di un “orgoglio nero” tra la popolazione afro-americana che sfociò spesso in forme radicali di panafricanismo e di separatismo.

La tendenza di questi gruppi a considerare la propria situazione svantaggiata negli Stati Uniti come parte di una lotta globale al capitalismo bianco diede al nazionalismo nero una connotazione internazionalista, più attenta ai problemi dell’Africa e del Terzo Mondo. L’internazionalismo afro-americano degli anni Sessanta si caratterizzò, inoltre, per un altalenante avvicinamento al mondo comunista che contribuì a isolare il suo atti-vismo all’interno degli USA. Numerosi sono stati infatti i rapporti intercorsi tra i leader del nazionalismo nero e alcuni stati socialisti, tra i quali Cuba, Unione Sovietica, Cina e con i gruppi comunisti di numerosi paesi africani.

Negli anni Settanta la politica della Affirmative Action ha migliorato la situazione afro-americana creando una nuova classe media che negli anni Ottanta e Novanta ha parzialmente colmato la forbice della disuguaglianza sociale dovuta al colore della pelle. Ciò che è accaduto dopo il 1965 è però scarsamente rilevante ai fini del discorso della cittadinanza da cui siamo partiti, in quanto con l’approvazione del doppio pacchetto di leggi, il Civil Rights Act del 1964 e il Voting Rights Act del 1965, la questione del diritto di cittadinanza poteva considerarsi formalmente conclusa. Alla luce di queste osserva-zioni rimane da chiedersi se l’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti

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riuscirà davvero a chiudere un’epoca di discriminazioni e ad inaugurare una nuova era post-razziale.

Bibliografia:Reif M., “Thinking Locally, Acting Globally: The International Agenda of African Ame-

rican Chairwomen, 1880 – 1940”, in The Journal of African American History, vol. 89, n. 3, Summer 2004, pp. 203-222.

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Cittadinanza sociale e diritti sociali

Michele CENTO

I diritti sociali e gli Stati Uniti

Nella tripartizione classica dei diritti di cittadinanza elaborata dal sociologo britan-nico Thomas H. Marshall i diritti sociali costituiscono la tappa conclusiva di un

lungo processo avviato dalle grandi rivoluzioni settecentesche. Nell’ottica di Marshall, lo status di cittadino comportava non solo il godimento dei diritti civili e politici, ma anche il diritto a “un minimo di benessere e sicurezza economici fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale e a vivere la vita di persona civile, secondo i canoni vigen-ti nella società” (Marshall, 1949). La cittadinanza marshalliana era dunque finalizzata a correggere le disuguaglianze intrinseche al sistema capitalistico, reintroducendo nella spietata logica contrattuale del mercato i vincoli e gli obblighi comunitaristici derivanti dallo status di cittadino.

Se le riflessioni di Marshall si inscrivevano nel contesto delle profonde trasforma-zioni occorse nell’Inghilterra laburista di Attlee, quale forma assumeva la cittadinanza sociale sull’altra sponda dell’Atlantico, in quell’America tradizionalmente refrattaria a correggere i meccanismi di un mercato in cui gli unici diritti a contare erano i diritti di proprietà? In altre parole, i diritti sociali teorizzati da Marshall erano compatibili con la cultura e la società americane?

Anzitutto, sul piano teorico, il funzionalismo di Talcott Parsons si dimostrava par-ticolarmente adatto a recepire le suggestioni di Marshall mediante la categoria di ruolo che, con il complesso di diritti e doveri ad esso sottesi, ricalcava di fatto quella del citta-

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dino. Analogamente, sul piano della prassi, lo choc provocato dalla Grande Depressione e i successi riscossi dall’innovativa politica di welfare del New Deal avevano legittimato la necessità di un intervento pubblico che colpisse le sperequazioni sociali. In partico-lare, al volontarismo di Hoover, Roosevelt contrapponeva un attivismo governativo che di fatto trasferiva a Washington il potere di stabilire le politiche sociali, sottraendolo agli stati. In tal senso, la Federal Emergency Relief Administration (FERA), la Works Progress Administration (WPA) e il Social Security Act sancivano la fine del federali-smo duale e inauguravano un federalismo cooperativo imperniato sul governo centrale: i diritti sociali diventavano così entitlements di emanazione federale connessi allo status di cittadino degli Stati Uniti. Harry Truman, trionfatore delle presidenziali del 1948, proseguì sul solco tracciato dal suo predecessore e, alla luce delle riflessioni di Keynes e Beveridge, diede coerenza teorica e pratica alle politiche sociali del New Deal. Le ricet-te keynesiane consentivano infatti di mantenere sostanzialmente intatta la struttura di base dell’economia di mercato, ma al contempo di intervenire – sia pure con discrezione – nella dinamica del libero scambio tramite un sistema di tassazione progressiva. In tal modo, si assicurava la copertura finanziaria a provvedimenti tesi sia ad estendere i con-fini della cittadinanza sociale sia a sostenere tassi elevati di crescita.

Estensione e saturazione della cittadinanza sociale

Tuttavia, incentrato come era a garantire la sicurezza sociale del maschio bianco breadwinner, IL CONCETTO DI CITTADINANZA VEICOLATO NEL DOPO-

GUERRA IGNORAVA LE PROBLEMATICHE SOCIALI LEGATE AL GENERE E ALLA RAZZA. Fu proprio lo stato di fibrillazione che agitava i movimenti per i diritti civili dei neri e i movimenti femministi a spingere il governo federale a occuparsi dei di-ritti sociali delle fasce più svantaggiate della popolazione. Negli anni ’60, proclamando la “War on Poverty”, il presidente Johnson tentò di rispondere alle esigenze di tali gruppi sociali mediante una serie di provvedimenti tra cui spiccava l’adozione dell’affirmative action, ovvero misure di discriminazione positiva volte a ristabilire l’uguaglianza delle opportunità. Tali misure erano difese dagli esponenti più progressisti del mondo liberal, come il giurista Charles Reich, il quale riteneva che l’estensione quantitativa e qualitati-va degli entitlements sociali fosse necessaria a proteggere l’autonomia degli individui e, di riflesso, la democrazia americana fondata sul self-rule.

Tuttavia, i programmi sociali della “Great Society” furono sottoposti all’attacco incrociato dei conservatori e di ambienti dell’universo liberal, in procinto di dare fuoco alle polveri del neoconservatorismo, sempre più scettici verso le presunte virtù tau-maturgiche dell’intervento statale e la crescente mole di richieste di protezione sociale provenienti da diversi settori della società americana. LA “REVOLUTION OF RISING ENTITLEMENTS” (BELL, 1976) AVEVA INFATTI DILATATO L’ESTENSIONE

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DELLA CITTADINANZA A UN LIVELLO TALE DA RAGGIUNGERE UN PUN-TO DI SATURAZIONE. All’inizio degli anni ’70 la categoria di cittadinanza sociale si presentava così fortemente screditata e, pertanto, inadatta ad affrontare uno dei decenni più turbolenti del cosiddetto secolo americano. A monte della crisi della cittadinanza vi erano ragioni molteplici, ma con un denominatore comune: la recessione economica che aveva interrotto circa tre decenni di sviluppo. Anzitutto, corollario inevitabile del crollo dell’economia era stata la “crisi fiscale dello stato”, che aveva indotto i policy-makers di Washington a una riconsiderazione del bilancio federale a fronte di un brusco calo degli introiti provenienti dalla tassazione. Gli americani avevano sperimentato sulla propria pelle quanto fragile fosse il modello di crescita economica costruito nel dopoguerra e i re-pubblicani avevano gioco facile a evidenziare tutti i limiti di una politica sociale basata sulla chimera dello sviluppo infinito. Ad aggravare la situazione e a suggerire maggiore prudenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche era poi la forma inedita sotto cui si mani-festava la crisi: un connubio micidiale tra stagnazione e inflazione noto come stagflation.

La controffensiva conservatrice

In siffatto contesto, dichiaratamente ostile ad ambiziosi programmi di spesa pubblica, gli intellettuali conservatori cominciarono a decostruire la narrativa liberal – e mar-

shalliana – dei diritti sociali intesi come entitlements connessi allo status di cittadino, sostituendola con una logica dicotomica che Linda Fraser e Nancy Gordon hanno sin-tetizzato con la formula “contract vs. charity”. In altri termini, chi forniva prestazioni contributive allo stato in virtù di una dinamica contrattuale aveva pieno diritto ad accedere alle risorse pubbliche, mentre chi reclamava “something for nothing” veniva re-legato a una stato di dipendenza dalle charities, che di fatto ne squalificava le pretese di cittadinanza. MARKETIZATION E COMMUNITIZATION DIVENTAVANO COSÌ LE PAROLE D’ORDINE DEL REVIVAL CONSERVATORE che, da un lato, puntava a riarticolare le forme della cittadinanza secondo le norme e le pratiche del mercato e, dall’altro, a trasferire le competenze relative alle stato sociale dalla burocrazia federale ad associazioni private di beneficenza. Cadeva così il consueto confine tra pubblico e privato, con il secondo che si dilatava fino a quasi fagocitare il primo. Privatizzazione e mercatizzazione dello stato sociale si saldavano con un processo di globalizzazione che, mentre erodeva la sovranità statuale garante tradizionale dei diritti di cittadinanza, affrancava il mercato dalle vecchie forme di regolamentazione, legittimandone il ruolo di arbitro designato a stabilire chi avesse i titoli per partecipare ai diritti di una cittadi-nanza ormai svuotata dai caratteri dell’universalità.

Ciò che rimaneva delle politiche sociali pubbliche veniva piegato agli obiettivi indi-cati da Micheal Novak e Lawrence Mead in The New Consensus on Family and Welfare (1986): disciplinare i poveri, la popolazione di colore, le madri sole, i nuovi migranti

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e, più in generale, le fasce più disagiate della società americana secondo i canoni della morale tradizionale e prepararli all’autosufficienza in quanto prerequisito essenziale per partecipare a pieno titolo alla comunità dei cittadini. Provvedimenti come il Family Sup-port Act, adottato dall’amministrazione Reagan nel 1988, e il Personal Responsibility and Work Opportunity Reconciliation Act, approvato nel 1996 sotto l’amministrazione Clinton, rispecchiavano il disegno conservatore di destrutturazione della cittadinanza so-ciale: per dirla con l’ultimo presidente democratico del ’900, era “the end of the welfare as we know it”.

Prospettive future

Archiviata così la fine del cosiddetto secolo socialdemocratico, quali sono i margini di sopravvivenza e quali le prospettive future per la cittadinanza sociale? Per moti-

vi di spazio, ci limiteremo a segnalare brevemente la proposta di Engin F. Isin, che negli “esclusi”, in particolare negli aliens, individua potenziali portatori di rivendicazioni che si traducono in atti di cittadinanza in grado di scardinare lo status quo. Pur non avendo una chiara coloritura politica, tali atti si presentano come momenti di cesura rispetto all’ordine costituito e possono trasformare l’attore sociale da semplice soggetto privo di diritti a cittadino attivo. Vi è tuttavia da rilevare come tale prospettiva generi uno slittamento concettuale dell’atto di cittadinanza che, emerso da nette prese di posizione nel contesto delle rivoluzioni settecentesche, si ritroverebbe parzialmente confinato nella sfera delle azioni non intenzionali.

Bibliografia:Fraser L. and Gordon N., “Contract vs Charity: Why There Is No Social Citizenship

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Cittadinanza e genereAndrea CASATI

Il concetto di cittadinanza determina di per sé una suddivisione degli individui entro categorie di inclusione ed esclusione. Tanti sono i fattori che determinano l’accetta-

zione o meno di un individuo in una comunità di cittadini. Uno di questi è stato, fino ad alcuni decenni fa, il genere. Le donne sono state sistematicamente escluse dalla co-munità politica, vedendosi negati diritti civili quali la proprietà e diritti politici quali il voto. La lezione sul tema “genere e cittadinanza” si è occupata proprio di questo nodo, ricostruendo la storia dei movimenti politici delle donne negli Stati Uniti. In questa re-lazione mi concentrerò sui punti principali di tale evoluzione: in primo luogo il processo che ha portato nel 1848 alla proclamazione di un’agenda volta alla promozione dei diritti delle donne, in secondo luogo la differenziazione dei movimenti femministi e infine gli sviluppi più recenti.

Alle origini dei movimenti politici delle donne

Fin dalla Costituzione del 1787 si era creata la contraddizione tra l’affermazione di un “noi” – we, the people of the United States – che si professava universale e l’esclu-

sione delle persone “disordinate”, tra cui anche le donne, dal corpo dei cittadini. Le donne venivano considerate volubili, fragili, indisciplinate e quindi da sottoporre al con-trollo di una figura maschile. I primi decenni della repubblica vedevano però l’apertura di crepe che aggravavano sempre più tale contraddizione originaria e permettevano alle donne di ritagliarsi un ruolo politico più significativo. La prima di queste crepe è stata aperta con la creazione del simbolo della madre repubblicana, che nella retorica patriot-tica attribuiva alle donne un ruolo di trasmissione dei valori politici della repubblica ai futuri cittadini. Quindi, da un lato, le donne erano ancora considerate inadatte per loro

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natura a un ruolo politico nella sfera pubblica, ma dall’altro erano considerate adatte a un ruolo politico nella sfera privata. La seconda crepa è stata determinata dal Secondo Revival religioso che si rivolgeva in primo luogo alle donne, considerate strumento prin-cipale per la cristianizzazione della società. Tale movimento legittimava forme associati-ve, come le benevolent societies, con le quali le donne potevano intervenire nella società su temi quali la beneficenza e la schiavitù. Queste associazioni erano anche riconosciute dallo stato, creando così una nuova contraddizione per cui era consentito un ruolo poli-tico collettivo delle donne all’interno di tali associazioni, ma era negata la cittadinanza politica alle donne singole. Queste esperienze associative avrebbero portato alla Confe-renza di Seneca Falls del 1848, che sarebbe poi stata individuata come il punto di inizio dell’attivismo politico femminile negli Stati Uniti in quanto PER LA PRIMA VOLTA VENIVA FISSATA UN’AGENDA CHE RIVENDICAVA PARI DIRITTI PER LE DONNE. Le attiviste che vi aderivano erano di estrazione bianca e middle-class, la loro cultura politica era la stessa cultura liberale della nazione americana.

Le fratture dei femminismi

Tuttavia, sarebbe stato necessario aspettare fino al 1920 per vedere riconosciuto il diritto di voto indipendentemente dal sesso con il XX emendamento. Da lì in poi,

il movimento politico delle donne declinava ma non scompariva. Infatti, i pari diritti in-vocati erano ancora ben lontani dall’essere raggiunti, ma negli anni ‘60 sarebbe avvenuto un punto di svolta, non tanto per i risultati raggiunti in quel periodo a favore dell’agen-da delle donne, quanto per le evoluzioni interne al movimento. NEL CONTESTO DEL-LA CONTRO-CULTURA, SI AVEVA INFATTI UNA RADICALIZZAZIONE E UNA DIFFERENZIAZIONE DI TALI MOVIMENTI. Se prima degli anni ‘60 l’attivismo politico delle donne era rimasto nel contesto del liberalismo, facendo riferimento più che altro alle donne bianche di classe media, dopo si creavano due fratture: la prima era una frattura ideologica, che si appellava a una sisterhood che portasse alla rivoluzione contro l’oppressione maschile, la seconda era una frattura di classe, portata avanti da donne di minoranze etniche, le quali ponevano in cima all’agenda la lotta contro un’oppressione derivante dal razzismo e dallo sfruttamento capitalistico. Quest’ultima frattura era cen-trale: mentre prima degli anni ‘60 il punto principale posto dall’attivismo politico delle donne era stato la rivendicazione di pari diritti, dopo i movimenti femministi poneva all’ordine del giorno la duplice questione della differenza di genere e della giustizia socia-le. Tali fratture non sono comunque da interpretare in modo netto, essendovi in realtà molti tentativi riusciti di creare alleanze cross-class e cross-race (Krahulik, 2009).

L’ultima importante evoluzione è l’appropriazione di temi tipici dei movimenti delle donne da parte dei conservatori. Se già negli anni ‘70 la differenza di genere era invocata da alcuni gruppi in chiave conservatrice, il Presidente George W. Bush ha in

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più occasioni cercato di presentarsi come sostenitore dei diritti delle donne. L’esempio più celebre e ambiguo è quello della guerra in Afghanistan, che veniva presentata anche come una battaglia per la liberazione delle donne dall’oppressione del regime talebano nel tentativo, solo parzialmente riuscito, di creare una strana alleanza tra gli interessi di sicurezza dell’Amministrazione Bush e alcuni gruppi di donne (Rosenberg, 2002).

In conclusione, si può dire che la contraddizione di cui ho parlato all’inizio è ormai risolta: legalmente, vi è parità di diritti tra uomo e donna e in molti stati sono stati approvati emendamenti costituzionali che sanciscono ufficialmente la parità tra i sessi. Pur nella sua ambiguità, l’appropriazione di temi dei movimenti delle donne da parte dei conservatori può essere inoltre vista come espressione di una loro forte influenza culturale. Tuttavia, rimane aperto il dibattito se il rapporto tra cittadinanza, e quindi pieno ed effettivo godimento dei diritti, e genere sia ancora oggi una questione rilevante o se sia ormai un nodo risolto.

Bibliografia:Krahulik K. C., “Sisterhood revisited during the second wave of feminism”, in Reviews

in American History, vol. 37, n. 1, March 2009, pp. 140-147.Rosenberg E. S., “Rescuing women and children”, in Journal of American history, vol.

89, n. 2, September 2002, pp. 456-465.Thompson B., “Multiracial feminism: Recasting the chronology of second wave femini-

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Cittadinanza e immigrazione

Luca CASTAGNA

Il contrattualismo imperfetto

Stravolgendo molti degli assunti del pensiero pre-moderno, il contrattualismo di Lo-cke e Hobbes ha avuto, tra l’altro, il merito di identificare le categorie di singolo ed

individuo. Titolari di diritti cosiddetti “naturali”, gli individui sono stati svincolati dalla comunità, il cui compito è divenuto quello di garantire l’effettivo esercizio di tali diritti. Se ciò è vero in linea teorica, non lo è sempre nella realtà. L’esperienza statunitense ne è una chiara dimostrazione.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti d’America, infatti, è possibile notare una si-gnificativa, ancorché ciclicamente altalenante, discrepanza tra l’elemento progettuale, ovvero l’idea sui cui si fonda il modello della repubblica statunitense, e quello fattuale, cioè la concreta realizzazione di tale progetto nel corso della storia. Più specificamente: nonostante abbia recepito e, in buona sostanza, abbia incarnato i capisaldi del pensiero contrattualista, il modello statunitense presenta una serie di contraddizioni intrinseche, ampiamente riscontrabili nel persistere di meccanismi tendenti ad escludere quote più o meno importanti di individui dalla fruizione di quei “diritti naturali” che, proprio perché “esistenti di per sé”, dovrebbero essere assicurati dalle norme dell’ordinamento repubblicano. Analizzando il problema dell’immigrazione, tali aspetti si presentano in tutta la loro complessità.

NONOSTANTE GLI STATI UNITI SIANO ANCORA OGGI CONSIDERATI PER ANTONOMASIA IL PAESE DELL’ACCOGLIENZA, LA LORO STORIA È STATA SEGNATA DA ONDATE CICLICHE DI XENOFOBIA contro le diverse mi-

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noranze etniche ritenute “non assimilabili” e, per questo, potenzialmente dannose alla presunta purezza razziale della nazione. Da qui l’introduzione, frutto di un’evidente ide-alizzazione del concetto di assimilabilità, di misure restrittive dell’immigrazione, in cui il discrimine, indipendentemente dal contenuto del singolo provvedimento, è di tipo razzia-le, dipende cioè dall’appartenenza alla razza bianca di ceppo anglo-sassone. Dal Chinese Exclusion Act (1882) al Gentlemen Agreement nippo-americano (1907), dai Litearcy Tests (1917) al sistema di Quote (1921 e 1924) – solo per citarne alcuni – l’evoluzione di tali misure restrittive presenta alcune caratteristiche che possono, in estrema sintesi, essere così riassunte: funzionalità rispetto ad interessi congiunturali specifici interni, ad esempio il bisogno di manodopera; funzionalità rispetto ad interessi congiunturali specifici legati alla politica estera e alla sicurezza nazionale, ad esempio il McCarran Act del 1952 e il conseguente “allargamento delle maglie”; slittamento progressivo della competenza in materia dai singoli Stati al Governo federale.

Esclusi de jure o de facto?

A seguito dell’impressionante ondata immigratoria di inizi Novecento, l’attenzione delle élite cosiddette wasp si è però concentrata sull’estromissione sostanziale dei

nuovi immigrati provenienti dal Sud-Est europeo dall’esercizio dei diritti di cittadinanza, in particolare quello di voto, ad esempio il Cable Act del 1922. Questo dimostra che, per raggiungere una corretta comprensione del meccanismo di inclusione/esclusione, non sia possibile limitarsi al solo aspetto legislativo, giuridico-formale. Bisogna affrontare anche la questione della mancata fruizione materiale dei diritti, che è emersa chiaramente in due casi significativi, quello degli asiatici a causa di una forte discriminazione culturale e quello dei cattolici, la cui perdurante estromissione dalle principali cariche pubbliche, in primis quella di Presidente, ha espresso al meglio la situazione di una comunità molto spesso integrata nel tessuto socio-economico del paese, ma osteggiata perché ritenuta portatrice di un modello religioso e culturale antitetico rispetto ai valori fondativi della nazione.

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BIBLIOGRAFIA DELLE SEI EDIZIONI DELLA CISPEA

SUMMER SCHOOL

Abbiamo deciso di dedicare questa sezione della newsletter alla pubblicazione delle bibliografie delle passate edizioni della Scuola. Di seguito trovate i riferimenti bi-

bliografici del materiale storiografico utilizzato, diviso nelle diverse tematiche affrontate: Eccezionalismo, Democrazia, Americanismo e Antiamericanismo, Sistema politico, Stati Uniti come “paese globale”, Cittadinanza.

Il nostro auspicio è che questa sezione possa costituire uno strumento utile tanto per coloro che necessitano di informazioni storiche e storiografiche per il loro lavoro, quanto per coloro che sono semplicemente interessati ad approfondire le loro conoscenze sugli Stati Uniti.

A questo proposito, segnaliamo anche la raccolta di fonti storiche digitalizzate che è possibile consultare sul sito CISPEA (http://www.cispea.org/allegati/). La pagina presenta una lista di fonti, liberamente accessibili sulla rete, relative alla storia politica, sociale e culturale degli Stati Uniti d’America. Dopo un primo paragrafo dedicato ai principali archivi e alle più importanti biblioteche digitalizzate, la lista è divisa in due sezioni: Da colonie a nazione (1600-1800) e Un paese globale (1900). Questa seconda se-zione è a sua volta articolata in paragrafi: presidenti; guerre e politica estera; New Deal; storia e pensiero di genere, movimenti femministi; schiavitù, afro-americani e movimento per i diritti civili; storia degli Indiani d’America; storia dell’immigrazione; storia am-bientale; pensiero politico e sociologico.

Summer School 2005: Gli Stati Uniti d’America e le nazioni europee: la que-stione dell’eccezionalismo americano.

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ANGELI MargheritaLaurea triennale in Storia. Università degli Studi di Firenze.Tesi di laurea: “Thomas Paine e la Rivoluzione Americana. Analisi del Common Sense”.Posizione attuale: frequenta il II anno della Laurea Magistrale in Scienze storiche, curriculum moderno, presso l’Università degli Studi di Firenze.Email: [email protected]

BACCHITTA SandraDottorato in Storia dell’Età Contemporanea nei secoli XIX e XX “Federico Chabod”. Università di Bologna.Tesi di dottorato: “L’Amministrazione Johnson e le origini della Distensione”.Posizione attuale: dottoranda.Email: [email protected]

BARBADORO LorenzoDottorato in Storia Moderna e Contemporanea. Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Studi Storici. Tesi di dottorato: “The American Cultural Policy in Italy: the United States Infor-mation Service”.Posizione attuale: assegnista presso l’Instituto per la Storia del Movimento di Libe-razione in Italia (INSMLI – Milano).Email: [email protected]

Gli alunni della scuola Profili e contatti

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BARSOTTI Edoardo MarcelloLaurea Specialistica in Storia e Civiltà, classe di Storia Contemporanea. Università di Pisa.Tesi di laurea: “Difendere la Grande Repubblica: Mazzini, Saffi e la Guerra Civile Americana”.Posizione attuale: studente post-laurea.Email: [email protected]

BATTISTI AngelaLaurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Tesi di laurea: “L’ascesa di Saddam Hussein nella percezione della diplomazia bri-tannica”.Posizione attuale: si occupa di ricerca e selezione di personale qualificato (headhun-ting) presso la Sia Consulting S.r.l. di Udine.Email: [email protected]

BATTISTINI MatteoDottorato “Nicola Matteucci”. Europa e Americhe: Costituzioni, Dottrine e Istituzio-ni Politiche. Università di Bologna.Tesi di dottorato: “Thomas Paine nella trasmissione atlantica della rivoluzione” (consultabile su http://amsdottorato.cib.unibo.it/819/).Posizione attuale: cultore della materia in Storia e Istituzioni dell’America del Nord; assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Politica, Istituzioni, Storia – Università di Bologna – con un progetto su stato e società nella transizione al capitalismo negli Stati Uniti di primo Ottocento.Principale pubblicazione: “The Transatlantic Republican. Thomas Paine e la demo-crazia nel mondo atlantico”, in Contemporanea, a. 12, n. 4, ottobre 2009, pp. 625-650.Email: [email protected]

BENAGLIA Stefania Laurea in Strategic Studies and International Economics. School of Advanced Interna-tional Studies, Johns Hopkins University.Posizione attuale: trainee presso OLAF, European Anti-Fraud Office.Email: [email protected].

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BENVENUTI AlbertoDottorato in Studi Storici per l’Età moderna e contemporanea. Università di Firenze.Tesi di dottorato: “Le relazioni tra la leadership afroamericana e la Cuba castrista negli anni Sessanta”. Posizione attuale: dottorando.Email: [email protected]

BON CristinaDottorato in Istituzioni e Politiche. Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.Tesi di dottorato: “Verso una secessione ‘convenzionale’. L’evoluzione costituzionale sudista negli Stati Uniti della prima metà dell’800”.Posizione attuale: cultore della materia in Storia delle Istituzioni Politiche e Storia Contemporanea; assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università Cattolica di Milano, con un progetto sulla storia delle istituzioni politiche statunitensi della prima metà dell’Ottocento, con particolare riferimento alla dimensione statuale e l’apertura verso prospettive di ricerca comparate.Principale pubblicazione: “La secessione in cammino. Profili di un approccio stori-co-istituzionale alle cause della Guerra Civile Americana”, in Giornale di Storia Costi-tuzionale, a. 7, n. 17, 2009, pp. 139-162.Email: [email protected]

BOSELLI Marco Laurea in Relazioni Internazionali. Università di Bologna.Tesi di laurea: “Ronald Reagan e l’Iran-Contra Affair”.Posizione attuale: studente.Email: [email protected]

BRACCI AlessioLaurea triennale in Storia dell’America del Nord. Università degli Studi di Firenze.Tesi di laurea: “Gli USA e la Comunità Europea di Difesa”.Posizione attuale: laureando in Storia Contemporanea (laurea specialistica) presso l’Università degli Studi di Firenze. Materia della tesi: Storia dell’America del Nord. Ar-gomento della tesi: Dean Acheson e l’Europa 1946-1952.Email: [email protected].

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CADEDDU FrancescaDottorato “Nicola Matteucci”. Europa e Americhe: Costituzioni, Dottrine e Istituzio-ni Politiche. Università di Bologna. Tesi di dottorato: “La libertà di religione negli Stati Uniti: gli anni ‘50 e il pensiero di John Courtney Murray”.Posizione attuale: dottoranda.Email: [email protected]

CARRATTA PatriziaDottorato in Studi Storici, Geografici e delle Relazioni Internazionali, indirizzo Rela-zioni Internazionali. Università del Salento.Tesi di dottorato: “Rapporti fra Stati Uniti e Arabia Saudita dal 1960 al 1972”.Posizione attuale: dottoranda.Principale pubblicazione: in via di pubblicazione un saggio dal titolo: “Una spina nel fianco sud-orientale della NATO: la questione cipriota e il low profile americano (1969-1972)”, in A. Donno, G. Iurlano, Nixon, Kissinger e il Medio Oriente (1969-1973), Le Lettere.Email: [email protected]

CASATI AndreaLaurea triennale in Relazioni internazionali. Università di Bologna. Tesi di laurea: “La ‘vision’ di politica estera dei neoconservatori americani”.Posizione attuale: laureando in Laurea Magistrale in Relazioni internazionali all’Uni-versità di Bologna con una tesi sul riconoscimento in sede giudiziale del diritto al matri-monio per le coppie omosessuali negli Stati Uniti.Email: [email protected]

CASTAGNA LucaDottorato in Teoria e Storia delle Istituzioni. Università degli Studi di Salerno.Tesi di dottorato: “Le relazioni tra Stati Uniti e Santa Sede dalla Prima Guerra mondiale alla vigilia della Seconda” (working paper sulla tesi consultabile all’indirizzo internet http://www.dsi.unipd.it/ssiec2010.htm).Posizione attuale: dottorando iscritto al terzo anno.Principale pubblicazione: “Sulla via del rapprochement. La visita del cardinal Pa-celli negli Stati Uniti”, in R. Parrella (a cura di), Oltre la torre d’avorio, Salerno 2008, pp. 125-44.Email: [email protected].

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CENTO MicheleDottorato “Nicola Matteucci”. Europa e Americhe: Costituzioni, Dottrine e Istituzio-ni Politiche. Università di Bologna. Tesi di dottorato: “Potere, consenso e legittimità nel pensiero politico di Daniel Bell”.Posizione attuale: dottorando.Principale pubblicazione: “Recensione di A. Markovitz, La nazione più odiata. L’an-tiamericanismo degli europei e R. Berman, L’antiamericanismo in Europa”, in Passato e Presente, n. 82, 2011 (in attesa di pubblicazione).Email: [email protected]

CORAZZIARI Chiara Dottorato in Studi Internazionali e Europei. Università degli Studi Roma Tre.Tesi di dottorato: “Wilson-Truman-Obama: la risposta degli USA alle crisi interna-zionali. Rapporti tra USA e Germania”.Posizione attuale: dottoranda.Email: [email protected]

COSI GessicaPh.D in History. University College Dublin.Tesi di dottorato: “Eamon de Valera, the United States and Irish America: 1919-1924”.Posizione attuale: Irish Research Council for the Humanities and Social Sciences (IRCHSS). Government of Ireland Postgraduate Scholar. UCD School of History and Archives.Email: [email protected]

COSTAGUTA Lorenzo Laurea Specialistica in Storia. Università degli Studi di Torino.Tesi di laurea: “Una via americana al socialismo. Biografia intellettuale di Daniel De Leon”.Posizione attuale: candidato per il dottorato in Studi politici a Torino.Principale pubblicazione: Lorenzo Costaguta, Andrea e Paolo Coccorese, Paolo Ar-fini, Edoardo Peretti, “L’origine del mito negativo delle Vallette”, in Le città invisibili, Cuneo, Antares, 2010.Email: [email protected].

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DE NICOLO FrancescaLaurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Università degli Studi di Trieste.Tesi di laurea: “L’evoluzione della politica di sicurezza nazionale degli USA dopo l’11/9 in relazione al Medio Oriente”.Posizione attuale: laureanda.Email: [email protected]

DE FELICE FrancescoLaurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Università “La Sapien-za” di Roma.Tesi di laurea: “La religione civile americana nella pubblicistica tedesca dopo l’11 settembre”.Posizione attuale: laureando nella Laurea Magistrale in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università “Alma Mater” di Bologna. Argo-mento della tesi: Barry Goldwater e la svolta conservatrice del Partito Repubblicano.Email: [email protected]

DI BLASIO Mariadele Dottorato in Storia dell’Età Contemporanea nei secoli XIX e XX “Federico Chabod”. Università di Bologna.Tesi di dottorato: “Studioso, Storico e Intellettuale Pubblico: William Appleman Williams”.Posizione attuale: dottoranda.Email: [email protected]

DI STEFANO AndreaDottorato in Storia, politica e rappresentanza degli interessi nella società italiana e internazionale. Università degli Studi di Teramo.Tesi di dottorato: “Relazioni politico-diplomatiche tra gli Stati Uniti e la Santa Sede nel periodo 1952-1984”.Posizione attuale: ricercatore presso la Fondazione Museo della Shoah (Roma); cul-tore della materia presso la cattedra di storia contemporanea, Facoltà di Scienze Politi-che, Università degli Studi di Teramo.Principale pubblicazione: “Questione istituzionale ed elezione dell’Assemblea costi-tuente nella prospettiva degli angloamericani”, in A. Buratti, M. Fioravanti (a cura di), Costituenti ombra. Altri luoghi e altre figure della politica italiana (1943-1948), Roma, Carocci, 2010, pp. 317-328.Email: [email protected].

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DIAN MatteoLaurea in Relazioni Internazionali. Università di Bologna.Tesi di laurea: “La ‘ricostruzione del nemico’ nella politica estera americana de-gli anni Settanta” (consultabile all’indirizzo http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=26725).Posizione attuale: dottorando in Scienza Politica, Istituto Italiano di Scienze Uma-ne (SUM) Firenze XXIV ciclo, Visiting Research Student London School of Economics (Centre IDEAS) con uno studio comparato dell’evoluzione della NATO e dell’alleanza tra Stati Uniti e Giappone dopo la Guerra fredda.Email: [email protected]

FASANO AlessandraLaurea Magistrale in Storia, territorio e ambiente in età contemporanea. Università degli Studi del Salento.Tesi di laurea: “La diplomazia di Henry Kissinger e la politica estera statunitense nel Medio Oriente (1969-1973)”.Posizione attuale: stagista all’archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri.Email: [email protected]

FORNACIARI Matteo Laurea Specialistica in Relazioni Internazionali. Università di Bologna.Tesi di laurea: “Governance e controllo della rete”.Posizione attuale: dottorato in Istituzioni e Politiche. Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano. Progetto di ricerca: “Elite che influenzano Elite. I Think Tanks: strut-tura e azione”.Email: [email protected]

GIOFFREDI Paola RobertaMaster in Storia delle Relazioni Internazionali. London School of Economics and Po-litical Science, Londra.Tesi: “John F. Kennedy and the Press: the Laotian Crisis as a Test, 1961-1963”. Posizione attuale: volontaria presso la sezione Media di Amnesty International UK, Londra. Email: [email protected]

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GOKER BirgulDottorato in Giornalismo. Universita di Marmara, Facolta’ di Scienze della Comuni-cazione.Tesi di dottorato: “Stampa americana e relazioni internazionali”.Posizione attuale: direttrice dell’agenzia di stampa della facoltà.Email: [email protected]

GUARNA Luigi Dottorato in Storia delle Relazioni Internazionali. Università degli studi di Firenze.Tesi di dottorato: “I rapporti tra Stati Uniti e Italia durante la prima amministra-zione Nixon”.Posizione attuale: dottorando; cultore della materia (Storia dell’America del Nord).Principale pubblicazione: “L’amministrazione Carter e l’Italia”, in Rivista Storia Italiana, vol. III, 2007, p. 1192.Email: [email protected]

IMPERATO Federico Dottorato in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali. Università del Salento.Tesi di dottorato: “Aldo Moro e la politica estera italiana (1945-1968)”.Posizione attuale: assegnista di ricerca presso l’Università degli studi di Bari (2008-2009), attualmente continua a collaborare come cultore della materia presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bari.Principale pubblicazione: “Aldo Moro, il centro-sinistra e la politica estera italiana (1963-1968)”, in corso di pubblicazione.Email: [email protected]

LOREFICE Fulvio Dottorato in Storia dell’età contemporanea nei secoli XIX e XX “Federico Chabod”. Università di Bologna.Tesi di dottorato: “Il tramonto dell’isolazionismo e l’opinione pubblica statunitense: il caso della guerra civile spagnola, 1936-1939”.Posizione attuale: dottorando.Email: [email protected].

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MACRY PaoloDottorato in Storia delle organizzazioni e delle relazioni internazionali. Università del Salento.Tesi di dottorato: “L’American Friends Service Committee (AFSC): genesi e svilup-po delle operazioni di soccorso umanitario quacchero in Europa tra la grande guerra e la guerra civile russa (1917-1923)”.Posizione attuale: dottorando e cultore della materia per la cattedra di Storia delle organizzazioni e delle relazioni internazionali del prof. Antonio Donno.Principale pubblicazione: “Operazione di soccorso nella Francia di Vichy. Un ‘tran-quillo americano’ e la fuga dai nemici di Petain”, in Nuova Storia Contemporanea, vol. 11, n. 3, maggio-giugno 2007, pp. 99-130.Email: [email protected]

MARIGLIANO SerenaLaurea Specialistica in Scienze Politiche Comunitarie e delle Relazioni Internazionali. Università del Salento.Tesi di laurea: “Scenari di Guerra Fredda: Il Corno d’Africa e la Seconda Ammini-strazione Nixon-Ford”.Posizione attuale: candidata per il Dottorato di Roma Tre nella sezione Studi Euro-pei e Internazionali.Principale pubblicazione: “Le grandi potenze, la guerra fredda e il Corno d’Africa (1969-1976)”, in A. Donno, G. Iurlano , Nixon, Kissinger e l’Africa sub-sahariana, Lec-ce, Libri di Icaro (in corso di stampa).Email: [email protected]

MARTINELLI FrancescoLaurea Magistrale in Relazioni Internazionali. Università di Bologna.Tesi di laurea: “Il ruolo di Clinton nel summit di Camp David per la pace in Medio-Oriente”.Posizione attuale: frequenta il master di II livello in Internazionalizzazione dell’im-prese, presso l’Alma Graduate School organizzato dall’Istituto per il Commercio Estero.Email: [email protected].

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MASSA AnastasiaLaurea triennale in Lingue e Letterature Straniere. Università L’Orientale di Napoli.Tesi di laurea: “I Doveri della Politica e i Piaceri dei Corpi: il Marat/Sade di Peter Weiss”.Posizione attuale: iscritta al corso di Laurea Magistrale in Studi sulle Americhe all’Orientale di Napoli. Titolo della tesi: “Ida B. Wells e la lotta contro il linciaggio”.Email: [email protected]

MATTIACCI EleonoraDottorato in Scienza Politica, Relazioni Internazionali. The Ohio State University.Tesi di dottorato: “Anything short of war: dyads and the distribution of conflict in the system”.Posizione attuale: Ph.D. Candidate in Political Science, The Ohio State University.Email: [email protected]

MORBI ChiaraLaurea Magistrale in Lingue e Letterature Panamericane. Università di Bergamo.Tesi di laurea: “La Guerra Fredda culturale in Messico (1940-1969)”.Posizione attuale: laureanda.Email: [email protected]

NARDELLI Filippo Laurea triennale in Storia. Università degli Studi di Firenze.Tesi di laurea: “Manifest Destiny: il dibattito statunitense sulla guerra al Messico”.Posizione attuale: studente della Laurea Magistrale di Storia Contemporanea presso la stessa Università.Email: [email protected]

PARISI FrancescoLaurea quadriennale in Scienze Politiche v.o. (indirizzo storico-politico). Università di Bologna.Tesi di laurea: “Cambiamenti organizzativi dei partiti europei negli anni 90”.Posizione attuale: si occupa di servizi per l’innovazione e il trasferimento tecnologico.Email: [email protected].

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PIERRI Bruno Dottorato in Storia, Istituzioni e Relazioni Internazionali dei Paesi Extra-Europei. Università di Pisa.Tesi di dottorato: “La politica anglo-americana nel Mediterraneo orientale: la que-stione di Suez e i rapporti con l’Egitto, 1948-1954” (in http://etd.adm.unipi.it/theses/available/etd-01242006-101947/).Posizione attuale: docente di ruolo di “Lingua e Civiltà Inglese (A346)”, Liceo Scien-tifico Statale “L. Da Vinci”, Crema; assegno di ricerca Università di Lecce in “Divul-gazione scientifica e Scholarly Writing con riferimento a Public Policies e International Relations”.Principale pubblicazione: Guerra fredda e illusioni imperiali: la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e i rapporti con l’Egitto, 1948-1954, Galatina, Congedo, 2007.Email: [email protected]

PRETELLI MatteoDottorato in Storia. Università di Trieste.Tesi di dottorato: “La propaganda culturale fascista negli Stati Uniti”.Posizione attuale: Research Affiliate at Swinburne University of Technology, Mel-bourne.Principale pubblicazione: Il fascismo e gli italiani all’estero, Bologna: Clueb, 2010.Email: [email protected]

QUARANTA RaffaeleLaurea specialistica in Scienze Politiche, Comunitarie e delle Relazioni Internazionali. Università del Salento – Lecce.Tesi di laurea: “La politica del contaiment di Truman”.Posizione attuale: iscritto per l’anno accademico 2010/2011 al I anno del corso di Laurea Magistrale in Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale presso l’Università degli Studi di Bergamo.Email: [email protected].

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REGALZI FrancescoDottorato in Studi politici europei ed euro-americani. Università degli Studi di To-rino.Tesi di dottorato: “Elitismo, leadership e democrazia nel pensiero politico di Walter Lippmann”.Posizione attuale: borsista presso la Fondazione Filippo Burzio – Torino.Principale pubblicazione: Walter Lippmann. Una biografia intellettuale, Milano-Savigliano, Aragno (in corso di stampa).Email: [email protected]

REGLIA MarcoDottorato in Storia Europea del Mediterraneo (Zgodovina Evrope in Sredozemlja). Università del Litorale di Capodistria – Koper.Tesi di dottoraro: “La mascolinità deviante nell’area della ex Venezia Giulia durante la prima metà del Novecento”.Posizione attuale: dottorando.Email: [email protected]

ROSA-CLOT MicheleDottorato in Storia e Sociologia della Modernità. Università degli studi di Pisa.Tesi di dottorato: “One Representation Under God. Evoluzione del concetto di rappresentanza elettorale e storia della rappresentanza proporzionale negli Stati Uniti d’America”. Principale pubblicazione: “This Stalin Frankenstein System. Proportional Repre-sentation in New York City (1936-1947)”, in RSA Rivista di Studi Americani, n. 17/18, 2008, pp. 205-246.Email: [email protected]

ROSSO Gabriele Dottorato in Studi Politici. Storia e Teoria, XXIII ciclo. Università di Torino.Tesi di dottorato: “William Graham Sumner e il conservatorismo americano di fine Ottocento”.Posizione attuale: dottorando.Principale pubblicazione: “The United States as a Microcosm: Horace Kallen and the Theory of Cultural Pluralism”, in RSA Journal, n. 20, 2009.Email: [email protected].

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SANTESE Angela Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Università di Bologna.Tesi di laurea: “Gli USA nella politica mondiale del ‘900: la CIA e il controllo con-gressuale delle attività di intelligence”.Email: [email protected]

SCAPERROTTA AstridDottorato in Storia del Repubblicanesimo e del Costituzionalismo. Università degli Studi di Milano.Tesi di dottorato: “L’ Average American nell’ iconografia del Saturday Evening Post dagli anni ‘20 agli anni ‘50”.Posizione attuale: responsabile Ufficio Relazioni Internazionali – Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.Email: [email protected] Andrea Ph.D in American History. Emory University – Atlanta.Tesi di dottorato: “Gli intellettuali neoconservatori”.Posizione attuale: dottorando. Email: [email protected]

SIMI Marco Laurea triennale in Storia Contemporanea. Università di Pisa.Tesi di laurea: “La produzione storiografica statunitense sul tema della formazione dei partiti politici negli Stati Uniti dalle origini ai nostri giorni”.Posizione attuale: iscritto al Corso di Laurea Specialistica in Storia e Civiltà (Cur-riculum Contemporaneo); al lavoro su una tesi di laurea mirante all’analisi delle elezioni presidenziali del 1912 attraverso gli articoli del New York Times.Email: [email protected]

SOGGIA AntonioDottorato in Storia Contemporanea. Università di Torino.Tesi di dottorato: “Lotta politica, riforme sanitarie e questione razziale negli Stati Uniti da Truman a Johnson. La National Medical Association, 1945-1968”.Posizione attuale: dottorando.Principale pubblicazione: “In nome del cambiamento. La riforma sanitaria di Oba-ma in prospettiva storica”, Passato e Presente, fasc. 82, gennaio 2011 (in attesa di pub-blicazione).Email: [email protected] .

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STEFANIZZI LuigiLaurea Magistrale in Lingue e Letterature Straniere. Università degli Studi del Salento. Master in Studi Americani presso l’Università di Torino con una tesi su W. E. B. Du Bois.Posizione attuale: sta sviluppando un progetto di ricerca per un dottorato.Principale pubblicazione: “Transcending the Urban Context: W. E. B. Du Bois and the Black Elite from The Philadelphia Negro to ‘The Talented Tenth’ ”, in A. Carosso (a cura di), Urban Cultures of/in The United States, Bern-Berlin-Bruxelles, Peter Lang, 2010, pp. 43-62.Email: [email protected]

TONDO LucioDottorato in Storia, Istituzioni e Relazioni Internazionali dei Paesi Extraeuropei. Università degli Studi di Pisa.Tesi di dottorato: “Gli Stati Uniti tra isolazionismo e balance of power: le relazioni nippo-americane, 1920-1930”.Posizione attuale: assegnista di ricerca (Università del Salento).Principale pubblicazione: L’aquila e il Sol Levante. La politica americana verso il Giappone, 1920-1932, Galatina, Congedo, 2007.Email: [email protected]

VANTI GiordanoLaurea quadriennale in Storia (v.o). Università di Firenze (a.a. 2008/2009).Tesi di laurea: “La pena di morte negli Stati Uniti dagli anni sessanta ad oggi: il ruolo della Corte Suprema”.Posizione attuale: dipendente a tempo indeterminato presso Pubblica Amministra-zione.Email: [email protected].

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