Cenni di toponomastica

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Cenni di toponomastica calactina Le ricerche nel territorio dell’antica Kalé Akté e dell’odierna Caronia sono l’occasione per sorvolare idealmente, oltre che materialmente, per le diverse contrade in cui esso è oggi suddiviso: una lunghissima serie di toponimi, molti dei quali noti solo localmente o addirittura non più in uso. Essi qualificano varie parti dello stesso abitato moderno, suddiviso in rioni dal nome più o meno comprensibile e antico, con una suddivisione che ricorda per certi versi l’esistenza dei demotici (nomi che definivano gruppi umani) utilizzati in età greca. Così, ad esempio, a Caronia esiste il quartiere del “Bastione”, dove era una sporgenza della fortificazione medievale, oggi scomparsa; la “Via Nuova”, che identifica la parte occidentale della collina dove all’inizio del ‘900 venne aperta una strada ai margini della quale nacque un intero quartiere. Alcuni toponimi cittadini richiederebbero verifiche che ne spiegassero il significato: così, sicuramente il “Lavatoio” indicava la parte più meridionale e alta del paese dove esisteva un impianto idrico con vasche; il “Trappeto” la zona dove esisteva un impianto per la lavorazione dell’olio; lo “Stradone” definiva il quartiere d’entrata al paese raggiunto e attraversato dalla strada proveniente dalla SS 113 (si tratta in questi casi di toponimi nati tutti nei primi decenni del ‘900); il “Canale” qualifica l’entrata al paese per chi viene dalla costa e si riferisce all’esistenza di un ruscello e di una fontana e delle relative condutture, oggi non più visibili; la “Chiazza” corrispondente all’attuale “piazza Calacte” era la principale del paese prima dell’apertura di piazza Roma, e così via per la “Porta Torre”, “Dietro S. Biagio”, la “Matrice”, ecc,, dal chiaro significato. Bisognerebbe invece vedere se il “Pozzarello” si chiama così per l’esistenza di un pozzo pubblico e non di semplici fontane, nell’area di campagna urbanizzata solo a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, mentre rimane dubbio anche il significato di altri toponimi ancora oggi in uso, come “Sotto le finestre”, lo “Spiruni” (riferito alla posizione esposta del luogo, sotto il Castello?), ecc. Il territorio dell’odierna Caronia dovrebbe corrispondere, grossomodo, alla chora di Kalé Akté: si tratta di un’area molto estesa (oltre 220 kmq), dove l’abitato si trova in posizione centrale rispetto alla costa, ma a notevole distanza dalle zone montuose dell’entroterra, circostanza che in passato dovette condizionare le tipologie di insediamento e sfruttamento agrario. E’ noto il susseguirsi qui di presenze umane che hanno lasciato evidenti tracce negli usi, nella lingua e nell’onomastica: greci, romani, bizantini, arabi, normanni, spagnoli, in misura diversa hanno intaccato profondamente la cultura nelle sue svariate manifestazioni. Una ricerca sulla toponomastica in quest’area enorme è assai difficoltosa per il gran numero toponimi e le difficoltà di interpretazione che essi presentano. Per molti di essi non si riesce a individuare in alcun modo l’origine e il significato, nonostante il confronto con le lingue dei popoli che vi hanno stazionato e con lo stesso idioma siciliano. Nonostante i tentativi, ad esempio, non si è riusciti a risalire all’origine di toponimi (monti, alture, torrenti, contrade, ecc.) quali Murcignano, Brignolito, Zilio, Bastoriaca, Fau, Cucirì, Curardo, ecc. Molte contrade sono state identificate, forse a partire dal basso medioevo, con nomi di santi, talvolta corrotti: S. Anna, S. Todaro (Teodoro), S. Leo (Elia), S. Giuseppe, S. Miceli (Michele), S. Andrea, S. Cono, S. Demetrio, S. Pancrazio, S. Vito, Santuzza, ecc.

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Cenni di toponomastica calactina

Le ricerche nel territorio dell’antica Kalé Akté e dell’odierna Caronia sono l’occasione per

sorvolare idealmente, oltre che materialmente, per le diverse contrade in cui esso è oggi

suddiviso: una lunghissima serie di toponimi, molti dei quali noti solo localmente o addirittura

non più in uso. Essi qualificano varie parti dello stesso abitato moderno, suddiviso in rioni dal

nome più o meno comprensibile e antico, con una suddivisione che ricorda per certi versi

l’esistenza dei demotici (nomi che definivano gruppi umani) utilizzati in età greca. Così, ad

esempio, a Caronia esiste il quartiere del “Bastione”, dove era una sporgenza della

fortificazione medievale, oggi scomparsa; la “Via Nuova”, che identifica la parte occidentale

della collina dove all’inizio del ‘900 venne aperta una strada ai margini della quale nacque un

intero quartiere. Alcuni toponimi cittadini richiederebbero verifiche che ne spiegassero il

significato: così, sicuramente il “Lavatoio” indicava la parte più meridionale e alta del paese

dove esisteva un impianto idrico con vasche; il “Trappeto” la zona dove esisteva un impianto

per la lavorazione dell’olio; lo “Stradone” definiva il quartiere d’entrata al paese raggiunto e

attraversato dalla strada proveniente dalla SS 113 (si tratta in questi casi di toponimi nati tutti

nei primi decenni del ‘900); il “Canale” qualifica l’entrata al paese per chi viene dalla costa e si

riferisce all’esistenza di un ruscello e di una fontana e delle relative condutture, oggi non più

visibili; la “Chiazza” corrispondente all’attuale “piazza Calacte” era la principale del paese

prima dell’apertura di piazza Roma, e così via per la “Porta Torre”, “Dietro S. Biagio”, la

“Matrice”, ecc,, dal chiaro significato. Bisognerebbe invece vedere se il “Pozzarello” si chiama

così per l’esistenza di un pozzo pubblico e non di semplici fontane, nell’area di campagna

urbanizzata solo a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, mentre rimane dubbio anche il

significato di altri toponimi ancora oggi in uso, come “Sotto le finestre”, lo “Spiruni” (riferito

alla posizione esposta del luogo, sotto il Castello?), ecc.

Il territorio dell’odierna Caronia dovrebbe corrispondere, grossomodo, alla chora di Kalé

Akté: si tratta di un’area molto estesa (oltre 220 kmq), dove l’abitato si trova in posizione

centrale rispetto alla costa, ma a notevole distanza dalle zone montuose dell’entroterra,

circostanza che in passato dovette condizionare le tipologie di insediamento e sfruttamento

agrario. E’ noto il susseguirsi qui di presenze umane che hanno lasciato evidenti tracce negli

usi, nella lingua e nell’onomastica: greci, romani, bizantini, arabi, normanni, spagnoli, in

misura diversa hanno intaccato profondamente la cultura nelle sue svariate manifestazioni.

Una ricerca sulla toponomastica in quest’area enorme è assai difficoltosa per il gran numero

toponimi e le difficoltà di interpretazione che essi presentano. Per molti di essi non si riesce a

individuare in alcun modo l’origine e il significato, nonostante il confronto con le lingue dei

popoli che vi hanno stazionato e con lo stesso idioma siciliano. Nonostante i tentativi, ad

esempio, non si è riusciti a risalire all’origine di toponimi (monti, alture, torrenti, contrade,

ecc.) quali Murcignano, Brignolito, Zilio, Bastoriaca, Fau, Cucirì, Curardo, ecc. Molte contrade

sono state identificate, forse a partire dal basso medioevo, con nomi di santi, talvolta corrotti:

S. Anna, S. Todaro (Teodoro), S. Leo (Elia), S. Giuseppe, S. Miceli (Michele), S. Andrea, S. Cono, S.

Demetrio, S. Pancrazio, S. Vito, Santuzza, ecc.

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Come era da aspettarsi, diverse aree del territorio conservano il ricordo di particolari colture

agricole forse praticate intensivamente in antico di cui è rimasta memoria, o di alberi o piante

selvatiche particolarmente prolifiche in certe zone: Fichera, Fico, Noce, Pero, Pomo e Pomiere,

Castagneto, Gelso, Sorba, Patataro, Cardoneta, Mortilli, Cerro, Olmo e Urmo, Tassita, Suvarita.

Numerosi toponimi conservano il ricordo dell’esistenza di attività produttive, il cui esercizio

potrebbe anche risalire ai secoli passati: Trappeto, Trappetazzo, Palmentello, Iardineddi,

Pagliarotto.

La grandissima disponibilità di risorse idriche nel territorio ed il loro sfruttamento è

testimoniata da un numero davvero notevole di toponimi legati all’esistenza ed all’uso

dell’acqua, per alcuni dei quali si può fare risalire l’origine ad età molto antica: Fontanazza,

Canale, Pozzarelli, Schicciddu, Bagnara, Pantanoscuro, Pantanotto e Pantani, Piscialora,

Piscialarà, Riano, Gerba, Fontana ammucchiata, Tre Fontane, Fontanelle, Riserva (?), ecc. nomi

che, in alcuni casi ripetuti più volte in settori diversi del territorio, esprimono con efficacia la

ricchezza d’acqua di queste contrade, percorse da un gran numero di torrenti e rivi e

disseminati di pozze e pantani, e la laboriosa e millenaria opera dell’uomo per incanalarle e

raccoglierle.

I toponimi Piano della Chiesa, Predica e Crocitti evocano la pratica, anche nelle campagne, del

culto cristiano, esercitato in chiese rurali o presso edicole votive, sebbene il primo ed il terzo

nome potrebbero testimoniare preesistenze, sia come luoghi di culto che come aree

cimiteriali, di epoca tardoantica.

Una interessante serie di toponimi è identificabile al limite sud-est del territorio, nell’ex Feudo

Marescotto, nome quest’ultimo di probabile origine medievale dell’Italia di nordest. In una

mappa medievale in corrispondenza di questa contrada è indicata una “Motta”, (esattamente

“Lamotta”) termine che in età feudale indicava un castello costruito su una piccola altura ben

difesa. In c.da Marescotto esiste il toponimo Castello, a cui si affiancano significativi nomi

come Casalini e Bagnara (laghetto). Nelle vicinanze è l’Abbazia di S. Pancrazio, un monastero

basiliano edificato dai bizantini durante il periodo di ellenizzazione della zona compresa tra il

fiume di Tusa e il torrente di Furiano (VII secolo). Si tratterebbe di un’area, posta su alture ad

una certa distanza dal mare, già frequentata in epoca romana e soprattutto nella fase

tardoantica e ancora in quella medievale. Significativo il fatto che il toponimo Marascotto

esiste già nei Riveli di Caronia del 1607.

Nel territorio è marcata l’influenza greca dal punto di vista toponomastico. Dall’epoca della

colonizzazione e per tutta l’età bizantina la lingua comunemente utilizzata in queste contrade

fu il greco, anche nel corso della presenza romana. Da questa lingua deriva un gran numero di

termini utilizzati nel linguaggio comune e per indicare precisi luoghi nel territorio, in uso fino

ad età moderna, più o meno corrotti ma facilmente individuabili. Si tratta spesso di termini

legati alle caratteristiche morfologiche dei terreni o al tipo di coltivazione prevalente in

antico.

Nel linguaggio dialettale sono ancora oggi utilizzati termini radicati nella tradizione locale a

causa del millenario uso della lingua ellenica fino ad età medievale: fanno parte di questo

ampio repertorio, condiviso con altre aree della Sicilia, parole come Iazzu (giaciglio, da

, luogo di riposo); Timpa (sperone roccioso, da , tumulo, o da

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, frontone del tempio); Urio (vasca per l’irrigazione, da , acqua, o meglio

, luogo da cui attingere acqua, irrigazione); Catue (magazzino interrato o sottoscala,

da o da ), e così via.

Un gran numero di toponimi leggibili in una mappa del territorio di Caronia, conserva radici

greche, sebbene in alcuni casi l’origine sia dubbia. Si propone di seguito un elenco dei

principali, che rimane tuttavia non privo del tutto di dubbi interpretativi.

- Trapesi, nome con cui si indicano alcune località caratterizzate dalla presenza di pianori.

Deriva chiaramente da (tavolo, ripiano). Toponimo presente in altri comuni

siciliani;

- Pidoto, contrada localizzata a sud del centro storico, di recente urbanizzazione. Deriva da

(sorgente, fonte). Da questa contrada, in effetti, hanno inizio alcuni ruscelli e non

si esclude la presenza di un luogo di culto legato all’acqua;

- Ogliara, Aglia, Agliastro, Oleastro e simili. Derivano dal termine (ulivo), e la loro

diffusa presenza, ripetuta anche più volte, nel territorio, evidenzia quella che dovette

essere anche in antico la principale coltura agricola praticata;

- Cilento, da (area collinare, terreno in declivio);

- Mulé, da (macina, mulino);

- Antiva, contrada localizzata nella collina occidentale dirimpetto a quella della città, da

(di fronte a);

- Anfusa, da (intorno a);

- Piriano, da (intorno a);

- Pampazzo e Pampalona, da (grandissimo);

- Ulera, da (bosco da legna);

- Tricchito, da (aspro, pietroso);

- Pulemi, da (nemico);

- Cilona, da (tartaruga), per via della particolare conformazione dell’altura;

- Laccu, da (cavità, fossa, stagno);

- Policara, da (insediamento). Con lo stesso termine è indicato localmente un

tipo di erba;

- Catapuozzu, da (cadere giù);

- Laccarà, da (imbiancare);

- Laparia, da (fianco);

- Fanedda, da (visibile, noto); o ;

- Filio, da (amico);

- Ornia, da (uccello);

- Ilici, da (grande) o (esposto al sole);

- Canfuto, da (piegare, curvare);

- Danaci, derivato dall’omonima moneta persiana con cui i Greci indicavano l’obolo per

Caronte nel trapasso;

- Innù, da (dove). Dubbio;

- Vasano, da o da (camminare). Incerto;

- Marauni, da (distruggere). Dubbio;

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- Buzza (antico Buda), da (bue, vacca). Incerto;

- Mandarano da (recinto, stalla). Dubbio.

- Licita, da (bianco, chiaro). Dubbio;

- Mustica, da (arcano, misterioso). Dubbio;

- Angara, termine con il quale viene indicata una pietraia molto diffuso da

(postazione), Dubbio.

Alcuni toponimi risultano di dubbia origine, potendo derivare dal greco o dal latino. Così:

- Milianti, MIlianni, Milio, possono derivare dal greco (miglio, misura) o dal

latino MILIUM (miglio, cereale);

- Ortata, Ortazzi, dal greco (diritto, ripido) o meglio dal latino HORTUS (orto,

giardino);

- Mulé e Molaro possono derivare dallo stesso termine (mola, macina) in greco () e

latino (MOLA);

- Ilici, citato come derivante da , potrebbe più probabilmente trarre

origine dal latino ILEX (leccio);

- Riano può derivare da (scorrere) o da RIVUS (ruscello);

- Tribona deriverebbe dal greco (consumare, fare attrito) o dal latino TRIBUS

(tribù) o TRIBULO (tribolare o calpestare).

Molti altri toponimi hanno una chiara derivazione dal latino. In proposito va detto come

questa lingua, introdotto dai Romani dopo la conquista della Sicilia nel III secolo a.C., nella

nostra area venne utilizzata principalmente nei documenti ufficiali in età imperiale, più che

nella lingua parlata. Tuttavia, in epoca medievale divenne la lingua ufficiale, che per

corruzione e commistione con gli idiomi dei vari popoli dominatori (Normanni, Svevi,

Spagnoli) dette luogo al siciliano.

- Iovisi o Abiovis, da IUPPITER, IOVIS (Giove);

- Lineri, da LINUM (lino);

- Filicusi, da FILICEM (felce);

- Forge, da FOVEA (fossa). Dubbio;

- Pasqua, da PASCUUM (pascolo);

- Calcara, da CALCARIA (fornace da calce);

- Luocu, termine generico con cui viene indicato l’appezzamento di terreno di proprietà, da

LOCUS (podere);

- Calderazza, da QUARTARIUM (unità di misura agraria) o da CALDARIA (conca);

- Cupane, da CUPA (profondità);

- Trappitu, Trappitazzu da TRAPETUM (frantoio);

- Rube, da RUBUS (rovo);

- Urzuni, da URSUS (orso). Dubbio;

- Grimodi, da GREMIUM (grembo, cavità). Dubbio;

- Umedda, da HUMUS (terra, suolo);

- Diligita, da DILIGO (amabile). Incerto;

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- Grumile, da GRUMUS (mucchio di terra);

- Lepudetri, (nome antico) da LEPUS (lepre). Incerto;

- Custeri, da CUSTOS (guardiano) o COSTA (fianco);

- Fondachelle, Fondanelle (nomi antichi) da FONS (fonte);

- Lenosolo (nome antico) da LENIS + SOLUM (terreno senza asperità);

- Nucali (nome antico), da NUX (noce).

Rientra nell’ambito dei toponimi di origine latina Furiano, di chiara derivazione come

latifondo appartenente ad un Furius. E’ l’unica attestazione nel nostro territorio di una massa

di età imperiale, di dubbia identificazione geografica ma da collocare a margine del torrente

omonimo (c.da Badetta, S. Pancrazio?).

La perifericità di queste contrade rispetto alla dominazione araba, la presenza per lungo

tempo dei bizantini, condivisa da buona parte del Valdemone, hanno favorito il persistere di

forme toponomastiche e di termini dialettali di derivazione greca. Sono pertanto esigui i

toponimi di origine araba, contrariamente a quanto avvenuto in altre parti della Sicilia,

soprattutto in quella occidentale e centro-meridionale. Di dubbia origine araba potrebbero

essere i toponimi Canfuto e Quasarà, derivati forse da kunfud (porcospino) e qasr (castello).

Era d’altra parte inevitabile che la presenza, in epoca medievale e post-medievale, di francesi

e spagnoli, abbia lasciato tracce marcate sul posto, ma soprattutto nel linguaggio comune e nel

dialetto locale più che nella toponomastica.

Il dialetto locale è il sunto della presenza di popoli diversi nell’area a partire dall’età greca fino

all’epoca spagnola. I termini correntemente utilizzati mostrano derivazioni diverse, con

inflessioni che sono tipiche di questa particolare settore dell’isola. Si osserva come il dialetto

caronese abbia solo lontanamente a che fare con quello caratteristico della provincia di

Messina fino ad Acquedolci: esso presenta invece evidenti similitudini con quelli dei centri

ricadenti nella parte più occidentale dei Nebrodi (S. Stefano di Camastra, Mistretta, Reitano,

Tusa, ecc.), con collegamenti ravvisabili rispetto all’area di Palermo.

A solo titolo di esempio accenniamo ad alcuni termini d’uso locale di ascendenze diverse:

dal greco, oltre a quelli citati prima, derivano ruggiu (rubinetto di fontana, da , impiegato

generalmente per indicare determinate fontane sparse nel territorio), bummulu (anforetta per

liquidi, da ), babbiari (scherzare, da ), cantaru (vaso da notte, da

S), scifu (grande contenitore per cibi, da ), vavaluci (lumaca, da

), ecc.;

dal latino: quacina (calce, da calcina), quartara (recipiente con due manici, da quartarium)

vasceda (saccoccia, da vasculum), assumari (tornare, da ad sumere), ammuttari (spingere, da

ad motum), antura (poco fa, da ante horam), idu (lui, egli, da illum), trasiri (entrare, da

transire), ecc.;

dall’arabo: bagghiu (cortile, da bahah), calia (ceci abbrustoliti, da haliah), mischinu (poverino,

da miskin), saia (canale, da saqiya), tabbutu (bara, da tabut), giummu (pennacchio, fiocco, da

giummah), balata (lastra di pietra, da balat), camula (tarma o fastidio, da qaml), ecc.;

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dal francese: girasa (ciliegia, da cerise), racina (uva, da raisin), buatta (barattolo, da boite),

sasizza (salsiccia, da saucisse), tuma e tumazzu (formaggio, da tomme), iargia (gabbia, da

cage), purritu (fradicio, marcio, da pourrit), accia (sedano, da ache) raggia (rabbia, da rage),

truscia (panni arrotolati, da trousse), firmari (chiudere a chiave, da fermer), accattari

(comprare, da acheter), addumari (accendere, da allomer), ecc.;

dallo spagnolo: pignata (pentola, da pinada), scupetta (fucile da caccia, da escupeta),

addunarisi (accorgersi, da adonarse), ‘ncagghiari (incastrare, da encajar), sciammiari

(spargere, da esparcir), affruntarisi (vergognarsi, da affrontarse), ‘nsaiari (provare, da

ensayar), ‘nzirtari (indovinare, da encertar), priarisi (mostrarsi contento, da prearse),

capuliatu (tritato di carne, da capolar), ecc.

dal tedesco: ciuncu (acciaccato, da cionk), tanfu (puzza, da tampf), sparagnari (risparmiare, da

sparen), e così via.