“C’è una sola cosa che si scrive solo per se stesso ... · aveva combinato nulla, che ......

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“C’è una sola cosa che si scrive solo per se stesso, ed è la lista della spesa. Serve a ricordarti che cosa devi comperare, e quando hai comperato puoi distruggerla perché non serve a nessun altro. Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno” Umberto Eco Prefazione A cura di Arianna Esposito Quindici anni voi circa, un pò più del doppio io circa. Torno in una classe ma stavolta dall’altro lato della cattedra, stavolta con le parole, spero, quelle giuste, stavolta con le parole che mi suggerirerete voi, quelle che verranno fuori giovedi dopo giovedì, ora dopo ora, tra freddo e sole, tra umori alti e umori bassi. Facciamo la rivoluzione, mettiamo a nudo i nostri sentimenti, superiamo il limite della vergogna, prendiamoci la libertà di sbagliare, mettiamoci il cuore. Abbiamo dato voce agli oggetti, abbiamo scomposto, sviscerato e soverchiato le parole e i loro significati e mentre lo facevamo abbiamo capito che non bisogna avere paura di pronunciare a voce alta i propri sogni, in fondo sono sempre loro a dare forma al mondo, quella stessa forma che pian, piano prenderete voi, il vostro corpo, le vostre emozioni, il vostro volto. Se questo laboratorio di scrittura creativa ha fatto provare a ciascuno di voi anche solo una volta, anche solo per poco la vertigine di essere pienamente dentro se stessi, di condividere quel che di più intimo si ha dentro con una manciata di inchiostro su carta, allora insieme abbiamo fatto qualcosa di veramente bello.

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Dammi tre parole: rosa, lente, mare (Improvvisazione di un racconto breve a partire da queste tre parole) Le rotaie cominciarono a stridere prima lente, poi senza freni, lasciandosi crudelmente alle spalle il mare di persone che al binario salutavano i propri cari. Diedi un ultimo sguardo a ciò che avevo lasciato, poi chiusi gli occhi. Sotto le mie palpebre era ancora tatuata l’immagine di quel fazzoletto rosa sventolato da una donna in simbolo di arrivederci, o di illusione del rivedersi. La verità è che nessuno ha la certezza di tornare da questa inutile strage di uomini. Imbracciai il fucile, lo posi sulla mia spalla fasciata e mi vennero in mente le ultime parole ascoltate prima di essere traghettato verso l’inferno: “Stai attento, figlio mio!” Sonia Un ragazzo non sapeva cosa scrivere. Si ritrovò a dover comporre un racconto che contenesse tre parole chiave. Era sempre pieno di idee, ma in quel momento scarseggiavano, rosa, lente, mare. Una rosa che sul mare cammina lente…No, che schifo. Odiava avere un totale black-out creativo. Chissà per quale motivo era in crisi…Troppi pensieri? Nah, a 14 anni che pensiero voleva avere? Ha perso tempo a scrivere e cancellare righi e righi di brani strani, privi di senso. In 20 minuti non aveva combinato nulla, che sconfitta. Alessandro P. In un caldo pomeriggio di primavera Maria si stava recando con le sue amiche al parco per prendere un gelato. Appena entrate in quello spazio grandissimo, dove il verde era interrotto ogni tanto da piccoli fiori rosa separati in piccole aiuole , si danno da fare per trovare una panchina. Dopo aver attraversato un mare di persone che camminavano lente come formiche, ne trovarono una e si sedettero. Allora con calma gustarono il loro gelato e si allietarono con molte risate. In seguito decisero di fare un’ulteriore passeggiata prima di rientrare. Ben presto però si fece buio. Le amiche allora si salutarono e tornarono a casa contente del bel pomeriggio trascorso. Miriam Era un giorno caldo d’estate, le 3 del pomeriggio, il clima afoso era fastidioso, si appiccicava leggermente sulla pelle, quando si udì un urlo stridulo, forse di un bambino, che venne seguito da un rumoroso pianto fastidioso, l'intera spiaggia si voltò verso una graziosa bambina, con una voce che di grazioso aveva ben poco, sulla riva del mare, affianco agli scogli erano cadute in mare le sue lenti rosa che galleggiavano sull’acqua e pian piano si allontanavano lente. Accorse una donna, forse la madre, che la prese in braccio e affettuosamente le baciò il capo rassicurandola. Francesca

La trovai nel cassetto di cui mi aveva parlato, l'osservai incerta per un bel po' di tempo, poi mi convinsi a leggerla: "Raccogli un sassolino e lancialo nel mare, osservalo volare e precipitare, guarda come cade giù, ecco ora non lo vedi più. Cara Giulia, non temere, non si farà male, è il suo destino, e tu non lo puoi cambiare. Cara Giulia chiudi gli occhi, lascia che ti guidi il buio e ascolta ciò che deve dirti, ciò che vuol mostrarti. Cara Giulia, non ti devi spaventare, quelle che lente accarezzano il tuo volto, sono le mani che non riesci a dimenticare, quelle che hai stretto tante volte, quelle nelle quali hai sempre trovato conforto. Cara Giulia, raccogli i tuoi ricordi e lanciali nel mare, orsù osserva la tua mamma andare e non tornare, guarda ancora il suo corpo esile e la sua camicetta rosa, guardala bene cara Giulia, che non la vedrai più”. Vanessa Sì svegliò di soprassalto, era successo di nuovo, nel bel mezzo della notte per giunta. Si chiese "Ma che cosa vorrà dire". Sbadigliò. Non riusciva a capire che cosa potesse significare il suo sogno. "Che cosa vuol dire una rosa nel bel mezzo del mare?", non riusciva proprio a capire; cercò di alzarsi ma non ne ebbe la forza, era troppo stanco. Era la quarta volta che si svegliava a notte fonda, il letto era caldo e soffice. "Ci sono cinque gradi fuori, pensò, se mi affaccio vedo un pinguino che mi caga nel giardino". Rise e finalmente si alzò: non aveva una gran forza di volontà, ma doveva andare in bagno, si mise la vestaglia di flanella, le pantofole e cercò nel buio gli occhiali; dopo cinque minuti buoni li trovò, mancava una lente, si accasciò sotto il letto per cercare la lente e finalmente capì. Alessandro C. L’eternità dei minuti in un mare di secondi. È questo ciò che pensa una ragazza che osserva dal ciglio della strada le persone lente e dallo sguardo vacuo che si affrettano per svolgere ciò che viene da loro reputato necessario. Eppure, per lei, nulla è più importante che analizzarli, poiché non v’è nulla di lei che ella stessa sapesse. Un nome risuonò nell’aria e nulla potrebbe provocare un’emozione più profonda del sentire quello che si desidera sapere: “Rosa!” Silvana Rosa era una bambina inusuale. Lì la conoscevano tutti, su quella spiaggia dove molti trascorrevano le proprie vacanze. Il corpo piccolo, i capelli castani, lunghi e lisci le ricadevano sulla schiena: era sempre sorridente, e tutti la ricordavano per questo. Non amava giocare con gli altri bambini, era sempre lì, a camminare da sola, con in mano la sua grande lente di ingradimento con la quale osservava il mondo, come se non avesse meta, qualcosa o qualcuno da raggiungere,ma non sembrava mai persa, triste o annoiata. Tutti la conoscevano eppure nessuno conosceva la sua storia,dove fossero i suoi genitori e cosa facesse, che il mare fosse calmo o agitato, lei c'era: questa era la sua vita, camminava, osservava, sorrideva e nessuno provava ad accompagnarla nel suo cammino, a colmare la sua solitudine,e a lei andava bene così. Salvatore

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Ok ragazzi, volete una storia? E mo’ ve la racconto. Vi voglio raccontare di quando andai per la prima volta nella città più bella del mondo. Stavo con la mia famiglia in un ristorante di fronte al mare, mare meraviglioso che non smettevo di guardare, lo fissavo come un uomo guarda la sua futura moglie, come uno scrittore guarda il suo libro e come… come un amante della natura guarda una bellissima rosa. Stavamo mangiando una bella pizza, era caldissima, tanto da cacciare il fumo e appannare sia la lente destra che quella sinistra degli occhiali di mio fratello. E io ridevo, ridevo alla vista della città più bella del mondo; Napoli. Giulio E si crede che, dopo aver abbandonato le isole dell’Egeo alla volta dell’Epiro, della Tracia, della Tessaglia e dell’Europa centrale tutta, i popoli provenienti da quella che sarebbe poi stata chiamata Turchia e dall’Africa iniziarono ad insediarsi un po’ ovunque. C’è chi si fermò sulle rigogliose sponde dell’Adriatico, mare ricco e prospero, e c’è invece chi si spostò verso le terre germaniche e cambiò il colore della pelle da marrone a rosa chiaro. Ma immaginate, voi, una di quelle migrazioni: uomini a cavallo, donne lente,e bambini eccitati in file di chilimetri… Cristiano Salutò il mare per l’ultima volta, si sentiva un agnello costretto al macello. Le gambe non lo aiutavano, le sentiva lente e pesanti. Guardò con nostalgia quell’infinito, causa della sua più grande rovina e del motivo per cui, probabilmente, continuava ancora a vivere. Sentì il proprio cuore, pesante come un macigno, cadere giù e rompersi. Un dolore lancinante gli percorse lo stomaco, le gambe, le braccia; cercò di porre fine a quello strazio girando il volto nella parte opposta. Posò lo sguardo a terra e vide una rosa. La colse. Le spine che gli entravano nella pelle gli procuravano sollievo. La strinse più forte, e disse addio. Larissa

Scambio di libri (Continua tu la storia…) "Sai come chiamano le mimose, ragazzo? Il fiore che si vergogna. Sono di buon augurio a chi si mette in viaggio. Adesso scendono nell’acqua, battezzano il blu. Ma tu non vergognarti del viaggio. La vita, credimi, non è un fascio di speranze perdute, un puzzolente ricamo di mimose, la vita raglia e cavalca nel suo incessante splendore." Ogni volta che osservo una mimosa, mi tornano in mente le parole che mio nonno mi diceva: "sai come chiamano le mimose, ragazzo? Il fiore che si vergogna. Sono di buon augurio a chi si mette in viaggio. Adesso scendono nell’acqua, battezzano il blu. Ma tu non vergognarti del viaggio. La vita, credimi, non è un fascio di speranze perdute, un puzzolente ricamo di mimose, la vita raglia e cavalca nel suo incessante splendore.", ero ancora, semplicemente, un ragazzo che

tornava a casa pieno di lividi, con le scarpe bagnate ed i capelli sudati, che si divertiva a dare botte, e a riceverle, che abbandonava tutto per rintanarsi in campagna, per starsene da solo, lontano da tutto il resto; ero ancora semplicemente un ragazzo che si vergognava di quel che era, un ragazzo che assomigliava ad una mimosa. Oggi queste parole mi colpiscono il volto, veloci come schiaffi, mi fanno piangere, o è il tuo ricordo a farmi piangere, non lo so... Adesso non capisco niente, ho la vista appannata e il male di testa, intorno a me ci sono delle persone, molte persone, e forse non riesci a vedermi nonno, ma guarda bene, sono quell'uomo seduto infondo, quell'uomo che non riesce ad avvicinarsi al tuo corpo freddo e bianco, che non riesce a dirti addio. Eppure nonno, sono ancora quel ragazzo, dovresti riconoscermi, sono l'unica mimosa in questo campo. Vanessa Torno a casa e le sue parole cominciano a risuonare in ogni angolo della mia testa. La giornata di lavoro è stata piuttosto insolita. Quel sedicenne che mi è stato affidato, che vive all’ombra di un’adolescenza mai vissuta, si è ritrovato nella sua nuova dimora: un ospedale psichiatrico; circondato dalla sua nuova famiglia: un’equipe di strani individui vestiti di bianco che lo studiano per riparare ciò che di danneggiato ritengono che ci sia nella sua testa. Varcata la soglia di quell’edificio che ospita anime tormentate e dipendenti fin troppo sani, di quel ragazzo mi ha colpita principalmente un aspetto: l’immensa dignità. Tutto di lui era assolutamente ordinario e l’unico dettaglio che mi convinceva che fosse “danneggiato” come gli altri era il numero di riconoscimento cucito, con poca attenzione, sul suo camice grigio da paziente. “La verità è che il cosmo non può fare a meno di etichettare le persone, ripenso alle sue parole mentre sciolgo i capelli che avevo raccolto a lavoro, anche adesso, vedi? Voi bianchi siete i puri, noi grigi i difettosi. Siamo numerati tutti, non solo noi che portiamo il cartellino sul petto. Vogliono annullare l’individualità e farci sentire tutti pezzi uguali di uno stesso ingranaggio. E se qualche individuo bianco decide di non incastrarsi più con tutti gli altri, ecco un cambio di divisa: diventa un grigio. Io non voglio più essere né bianco né grigio, e se questo comporta essere definito “pazzo” sono fiero di esserlo, perché significa essere diverso, non essersi arreso a questo patetico copione!”. Io ero la bianca; lui era il grigio. Avrei dovuto curarlo, invece lui mi ha reso consapevole di quanto tutta l’umanità abbia perso se stessa. Sonia Rose non si era mai allontanta così tanto da sola,ma quel giorno per la prima volta voleva osare e così si era ritrovata in compagnia del suo amato cavallo mentre era intenta a fare una delle sue lunghe e lente cavalcate e tra la fresca brezza, i capelli che aveva cercato di raccogliere in una coda erano ormai sciolti e indomabili sulla sua schiena , più cavalcava e più sentivo l'odore di salsedine, il che le fece capire di aver raggiunto il punto estremo della città , scese dal cavallo e camminò in direzione del mare, tolse le scarpe per poter camminare a piedi nudi sulla sabbia , legò il cavallo ad un ramo di un albero ed andò a sedersi in riva al mare e guardava fisso quella grande distesa d'acqua cercando di rilassarsi e pensare cose emozionanti di

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fronte ad esso come aveva letto in molti dei suoi libri ma rimase così , inerte per ore, senza provare nulla e in quel momento capì che da quel funesto giorno i suoi sentimenti erano ormai spenti.

Rossella

“Nella mia testa non è mai finita, siamo ancora lì che ci guardiamo per sempre” Nella mia testa non è mai finita, siamo ancora lì che ci guardiamo per sempre. Il mio amore per te, caro, sta diventando una forma di autodistruzione, tutto ciò che vedo mi parla di te, ogni mia azione è effettuata secondo il tuo volere. Potrò mai continuare a vivere in questo modo? Non credo. Amare una persona come te, infida e meschina come poche, è puro masochismo…Ma il tuo corpo, il tuo portamento mi attirano come una calamita è attratta dal ferro, come un cleptomane è ammaliato dall’idea di saccheggiare. Eppure rifletto spesso su quanto il mio amore possa essere davvero reale, nel senso: sono innamorato di te o dell’idea che ho di te? Probabilmente non lo saprò mai perché la mia infatuazione non lascia spazio alla ragione. Ormai sei anche un pretesto per non andare avanti, per avere addosso gli occhi impietositi degli altri e per essere ricoperto di attenzioni. Che dire, ti amo e ti odio da morire. Ti amo e ti ringrazio per le emozioni che hai saputo darmi, per avermi fatto assaporare il tuo corpo e avermi protetto con le tue spalle larghe. Ma ti odio perché risiedi perennemente nella mia testa e non mi dai la possibilità di cacciarti via.

Alessandro P.

Ciò che racconto avvenne molto tempo fa. Un uomo, di cui è inutile scrivere il

nome,lavorava in una piccola cittadina,di cui è unitile scrivere il nome. Egli era un

impiegato ed ogni giorno, arrivato in ufficio, doveva cantare l’inno ed elogiare la

patria,salutando una bandiera e l’immagine d’un politico. Egli era un semplice

impiegatuccio laborioso;svolgeva ogni suo compito con precisione certosina,ma

senza mirare in alto,poiché era umile. Non si faceva nessuna domanda particolare

sulla sua attività. Un giorno scoppiò una guerra. Non venne chiamato al fronte per

via della sua salute cagionevole. Le battaglie andarono avanti molti anni,con suo

disinteresse,essendo la sua cittadina lontana dalle linee di fuoco. All’arrivo dei

nemici gli venne consigliato di scappare o nascondersi. Ma lui rifiutò. Pensava che

essendo un semplice impiegatuccio laborioso ma umile non gli si sarebbe stato

fatto del male. Non fu così. All’arrivo delle milizie avversarie egli fu imprigionato e

processato. Spiegò semplicemente di essere un impiegatuccio laborioso ma umile,

di avere avuto sempre un parere distaccato e di non essersi interessato alla

situazione politica del suo stato ed agli eventi bellici. Il giudice di guerra nemico

rimase solo sorpreso e disse:“Con il suo disinteresse lei ha autorizzato la creazione

di armi con cui sono state uccise molte persone. Ma in fondo l’inferno è pura

sottrazione,è togliere tutta la vita e tutto l’amore da dentro le cose. Sembra che a lei

sia stata tolta tutta la vita e tutto l’amore. A volte accadono eventi terribili per azioni

così banali…”. Venne condannato a morte. Cosa che gli interessò molto,in realtà.

Cristiano

Ho fatto il mestiere più antico del mondo. Non la prostituta, ma l'equivalente

maschile, l'operaio, che vende il suo corpo da forza lavoro. Ho saputo notizie precise

e materiali del verbo lavorare. Non posso usarlo per quello che cambio con la

scrittura. Scrivere è stato per me il contrario, il tempo festivo dentro una giornata di

corpo venduto per salario. E' stato il tempo salvato. Scrivevo di tutto, parlavo di

mondi fantastici con due lune e tre soli, dove i cani muggivano e i gatti volavano,

parlavo di delitti irrisolti e macabri, parlavo di famiglie felici e tristi, parlavo di

infanzie rovinate e traumatiche, parlavo di me, della mia frustrazione da misero

operaio quale sono, spiegavo i miei sentimenti ad un foglio vuoto, parlavo di come mi

sentivo un uccello in gabbia, che desiderava ardentemente spiccare il volo e non

tornare più indietro. Scrivere per me era una liberazione, era come prendere

finalmente una boccata d'aria, era come urlare, urlare che ero felice, urlare che

finalmente avevo trovato un motivo per cui vivere. Il lavoro non era più un peso, le

fatiche che dovevo compiere, le cattiverie che dovevo subire ogni giorno non mi

toccavano più, mi sentivo rinato, affrontavo la mia monotona giornata con

leggerezza, perché sapevo che, dopo il tramonto, sarei finalmente tornato a casa, mi

sarei rinchiuso nel mio studio, e contemporaneamente anche nel mio mondo, avrei

iniziato a scrivere, scrivere di tutto; non mi interessava se quello che scrivevo aveva

senso o no, non mi interessava se il mio racconto conteneva errori grammaticali, non

mi importava se le mie parole avessero ricevuto mai l'attenzione di qualcuno, non mi

importava niente. Mi importava essere felice, questo, e nient'altro.

Alessandro C.

Il bambino non pianse mai più e non si scordò mai ciò che aveva imparato, che amare significa distruggere ed essere amati vuol dire essere distrutti." Beh, questo libro, poi, non era tanto diverso dalla mia situazione, pensai tra me e me. Ti capita nella vita di avere punti fissi, cose alle quali ci si appiglia inevitabilmente credendo possano tenerci in equilibrio sul filo del rasoio...almeno così era capitato a me. Con Laura mi era sembrato tutto così...inarrestabile. A malapena ricordavo la vita prima di lei. Quegli occhi erano balzati all'improvviso nel mio vivere, come un fulmine a ciel sereno lei era entrata nella mia vita con una forte prepotenza. Giorno dopo giorno mi sembrava di metter su una casa, mattoncino dopo mattoncino, tanti pezzi come i progressi che compivo con lei accanto. Ed era bello svegliarsi prima e sapere di poter andare a guardarla dormire, solo per sentirsi davvero protetto.

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ricordo quella volta che andammo insieme al concerto di Rihanna e io guardandola le dissi "Sei tu la mia Rihanna". Lo era davvero, bella da farti sentir male. E intanto i mattoncini della casa continuavano a crescere, era quasi un grattacielo come quelli di Hong Kong. Le dissi che ce l'avrei portata un giorno. Se c'era una cosa che amavo di lei era che potevamo parlare anche senza scambiarci parole, sentirci in sintonia sempre, complici in tutto. Credevo di esser arrivato al punto massimo della mia vita e poi sono precipitato così in basso: non so se potrò mai superarla. Dopo quella chiamata ho perso tutte le mie certezze, la terra sotto i piedi mi è crollata. Con la morte di Laura il grattacielo costruito con lei giorno dopo giorno è crollato definitivamente, distrutto. E se c'è una cosa che ho imparato è che nessuna felicità è per sempre, ogni piacere dura per un tempo limitato. L'amore che provavo per Laura aveva indubbiamente distrutto la mia persona, lasciandomi sprofondare nell'oblio. Valeria

Lettera tra Sentimenti (E se i Sentimenti fossero persone che scrivono al loro opposto?) Egregio disinteresse, Voglio rimproverarLa del fatto che ha allontanato… (il tizio) da tutte le sue passioni. Grazie a Lei non ha più interessi, sta 24h su 24 sul letto, sdraiato, a rimirare il Nulla. Non è attratto da niente, vede tutto così scontato e inutile: anche alla vista di un Modigliani direbbe: “Cos’ha di speciale? È un quadro”. Anzi, è così poco curioso che neanche gli importerebbe di vederlo il Modì. Non voglio riempirLe le orecchie di sermoni, amatissima rivale. La prego solo di lasciare spazio anche a me. È così un caro ragazzo, merita di conoscere e di stupirsi innanzi alla grandezza del Mondo e a tutte le bellezze che esso gli riserva. Quanto a noi due, cercheremo di migliorarci a vicenda: ci presenteremo nei momenti più opportuni. Tengo che questo patto d’amicizia sia rispettato fino in fondo. Buonasera a Lei Sua, Curiosità. Alessandro P. Mia amata Ostilità, Eccomi di nuovo a scriverti poggiata alla scrivania di camera nostra, e già assaporo il momento in cui leggerò la tua risposta. Ti prego di scrivermi appena si sarà concluso il tuo compito in trincea. La nostra bambina, la prudenza, sta crescendo forte. A volte è indisciplinata e si approfitta del mio carattere accomodante: sa che tu sei lontano e non puoi tirarle le orecchie. Sono fiera del suo carattere: è gentile, come me, ma ci mette del tempo a fidarsi delle persone, come te. Ha i tuoi e i miei pregi nella giusta misura. Come sempre, tuttavia, devo farti un appunto. Ogni tanto

piange e nei suoi occhi leggo il bisogno di una carezza da parte tua. E’ pur sempre tua figlia; almeno con lei abbandona l’armatura che, ormai, ha assunto la funzione di seconda pelle. Quando sarai tornato dal fronte e lei, come sempre, salterà al tuo collo, abbi il cuore di sfilare quell’imponente cimiero, che serve a incutere timore tra i nemici, non con la tua famiglia. Spero che un giorno tu possa considerare queste quattro mura la tua casa, non un semplice momento di tregua prima di un’altra battaglia. Ti auguro di non sentirti sempre in terra straniera, ma di trovare la tua pace. Ti prometto, infine, che io sarò sempre pronta a offrirtela. Sinceramente tua, Tua moglie, l’Apertura Sonia Cara Generosità, Non voglio sperperare inutili parole, poiché essere prolissa significa perder tempo e come si suol dire, ‘il tempo è denaro’. Vorrei dirti quanta invidia provo nei confronti della mia antitesi, di colei che mi attrae e mi si oppone senza respiro; un tuo passo nella mia direzione equivale al mio nella parte opposta, in un ciclo eterno, pieno di parole e sentimenti inespressi. Perché basterebbe un tuo semplice tocco per divenire un’unica entità perfetta e far cessare quel senso di inadeguatezza che ci opprime fin dagli albori della nostra esistenza. Non potremmo mai coesistere, ma non abbandonerò mai tale speranza, senza cui sarei un vuoto incolmabile. Sempre ed eternamente tuo, Avarizia. Silvana

Caro Istinto, mio caro fratello,

Da tanto tempo che ogni giorno combattiamo l'uno contro l'altra, allora ti scrivo

questa lettera per ammettere le mie colpe. E’ vero , quando mi dici che rimugino

troppo sulle cose tanto da provocarmi fittizi mal di testa ed hai ragione quando dici

che non lascio libera me stessa perchè penso troppo a cosa possa accadere, ma

sinceramente ma io non so cosa fare se non pensare.Penso , penso , penso, mi

tartasso di domande ma non mi do risposte , mi privo di ciò che voglio perchè rifletto

su ciò che potrebbe accadere, vivo nella paura di sbagliare per non aver riflettuto e

talvolta mi odio, mi detesto così tanto che vorrei uccidermi , vorrei smettere di

pensare e presa dalla collera stringo forte la mia testa tra le mani delicate ma i

pensieri non diminuiscono anzi aumentano , flussi di pensieri mi scorrono davanti ,

parole, volti,avvenimenti,ah che vita ingiusta che è la mia! Come sono invidiosa di te ,

tu fai e non ragioni , agisci e non pensi alle conseguenze , vivi alla giornata , non ti

preoccupi di nulla perchè alla fin fine chi ripara ai tuoi sbagli sono io , chi si

preoccupa per te e per la tua salute sono sempre io , a volte vorrei mollare tutto

,vorrei lasciarti affogare nel mare dei tuoi stupidi sbagli , quanto lo vorrei fare ma

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non potrei mai. Perchè per quanto tu sia egoista e caparbio , grazie a te io vivo ,

grazie al tuo agire io non sono rinchiusa in una camera da sola a pensare immersa

tra le lacrime e talvolta mi rendi felice , perchè si , anche se tu non pensi alle cose so

che quando ti feriscono il tuo cuore si spezza e anche se sembra egoista dirlo sono

felice di poterlo aggiustare aiutandoti a non pensarci e lo sono ancora di più

quando quelle rarissime volte prima di agire chiedi consiglio , in quel momento mi

ricordo dei bei tempi di quando eravamo piccoli ed era come se fossimo una sola

persona , non eravamo più ragione ed istinto ma c'eravamo solo noi e basta, senza

nomi , senza colpe, senza pensieri , semplicemente noi che vivevamo. Scrivimi

spesso, mio amato fratello, voglio essere informata sul tuo da farsi con Gioia. Penso

sempre a te, tua sorella, la Ragione.

Rossella

Cara Paura, qui a scriverti è il tuo nemico, il coraggio. Non so se te lo sia chiesto, ma ho deciso di mettere penna su carta e di spedirti questa lettere perché ci tengo a chiarire alcune cose. Come tu ben sai il nostro non è mai stato un bel rapporto; anzi direi che non ne abbiamo mai avuto uno. Effettivamente siamo troppo diversi per andare d’accordo, siamo un po’ come il giorno e la notte. Io però sono il giorno, lucente e pieno di gioia e tu la notte; oscura, lugubre. Il mondo ormai ci conosce come accesi nemici, ma io vorrei stroncare questa convinzione. Cioè, certe volte penso a quando bisogna fare delle scelte e quindi dovrei entrare in atto io; però molte volte al mio posto intervieni tu che con il tuo carattere incuti terrore e non permetti agli uomini di fare le loro dovute scelte. Tu Paura, che in ogni occasione ti impicci rovinando anche inconsapevolmente la vita delle persone. Allora, volevo chiederti: mi lascerai fare il mio lavoro quando ce ne sarà bisogno d’ora in poi? So che sarà difficile ma mettendo insieme le nostre forze potremo farcela e vedrai che convivremo meglio. Pensa a quello che ti ho scritto. Attendo tue risposte presto! Tuo Coraggio. Myriam Cara Rabbia, Sono la calma ed io e te non ci incontriamo spesso, anzi, quasi mai, vai sempre così di fretta, vai e vieni come se niente fosse, sei proprio insopportabile! Non so come fai a trovare sempre lo spazio per infilarti e spingermi più in là, io poi, i tuoi effetti li guardo da lontano… quando entri in scena tu, non si capisce più niente, vedo volare via tutte le cose belle che mi stanno vicine: la felicità, l’allegria, la gioia. Sei davvero potente, riesci a spingere tutto via e a far perdere il controllo personale. Capisco

anche che a volte sei utile a sfogare tensioni così che dopo si sta meglio, ma ti vorrei umilmente chiedere di intervenire meno, lasciami fare il mio lavoro perché a volte per colpa tua succedono disastri irreparabili ed io non riesco più ad esprimere il mio sentimento come vorrei, distinti saluti. Davide Cara Calma, Hai mai provato a chiederti perché esisto? Io non credo, leggendo la tua lettera! Sono stata creata per spargere dolore tra le persone e dopo riprendermelo, in parte, così ogni volta che io faccio questo riesco a lasciarmene un po’ dietro… e ogni tanto riesco anche a respirare sai! Il tuo lavoro è molto più semplice del mio, devi stare lì, ferma, insieme ad altri sentimenti che hanno già reso un buono stato d’animo a quella persona; il mio lavoro è ben diverso, io sono il numero 10, il capitano, entro prima di tutti, sono io che devo cambiare lo stato d’animo per dare spazio ad angoscia, ansia e tristezza. Sono i miei tre migliori amici! Non vivo un attimo di “ pa..c..e” è così difficile per me scriverti e pronunciare, anche solo mentalmente questa parola; stavo dicendo che non vivo un attimo di quella cosa da quando esistono gli esseri umani, adesso prova anche solo lontanamente a capire perché sono così… perché sono più potente di te, prova un attimo a pensare con la tua subdola mente a quanto sopporto io e quanto sopporti tu. E neanche ti saluto, sì, sono molto arrabbiato! Davide

Caro Coraggio, E’da tanto che non ci vediamo. Sembra che da quando te ne sei andato nulla funzioni più come si deve qui. A stento riesco a mandare avanti tutto. Mi ricordo molto bene come con me e te riuscisse a funzionare ogni cosa. Regnavano la pazienza, che è il coraggio di andare avanti e l’amore, poiché con tanta forza riuscivamo coraggiosamente a trovare le parole per dimostrare agli altri il nostro affetto;c’erano gioia e felicità,odio e paura erano lontani. Ma da ogni giorno che sei via essi si avvicinano sempre di più. Senza te la paura sta lentamente prendendo possesso di tutto. Sprofonderà il cuore nell’odio, estinguendo la più piccola fiamma di speranza se non facciamo qualcosa. Non riesco a parlare più con nessuno senza te, e la mia rabbia cresce immotivata contro tutto e contro tutti. Le mie ruote dentate sono ridotte ormai ad ammassi di ruggine; non ingraneranno più con nessuno. La forza senza coraggio è nulla. Io senza di te sono nulla. Tutti i buoni sentimenti attendono il tuo ritorno ed io prima di tutti aspetto impaziente.

Ti amo tanto… Per sempre tua Forza. Cristiano

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Ciao Amore, non credo tu possa immaginare nemmeno lontanamente che io possa scriverti delle parole così, di punto in bianco. Mi hai sempre considerato il tuo acerrimo nemico e non potrei nemmeno contraddirti, tutte le persone che hai colpito, quasi sempre hanno deciso di arrivare a me in un modo o in un altro, dopo esser stati delusi o traditi per colpa tua, hanno pensato potesse esser più comodo adottare me come sentimento che prevalesse in loro. Non credo mi sia mai spinto a scrivere qualcosa ad un individuo che non fosse cattiva o negativa… lo sai che amici non ne ho (a parte Diffidenza e Cattiveria) ma piuttosto, prima di compiere questo gesto a cui con disperazione sono arrivato, voglio spiegarti che prima non ero così: non sono stato sempre diffidente nei confronti delle persone, no, prima non ero così. Non usavo parole forti, provocatorie, non avrei mai spinto persone a buttarsi giù da un palazzo né a desiderare di morire piuttosto che subire le vessazioni fatte da parte mia. Sono stato all'interno di milioni di persone, lo sai così bene, potrei vantarmi di esser passato in cuori forti come quello di Hitler...e non me pento, io esisto e ne sono fiero. Ma d'altronde io se ho qualcosa da fare è superare te, non ho altro che non riguardi te ma con il tempo ho imparato che è più facile arrivare a me. Le persone non mi scelgono per il fatto che io sia attraente come te e forse di questo ne soffro anche un po'. Mi scelgono perché non hanno alternativa, perché sono già passati quasi sempre fra le tue mani. Io sono convinto che chi mi prova davvero è perché prima ti ha sentito nel profondo. Odiare qualcuno è più facile, lo sai, serve ben poco a criticare una persona, molto più ad amarla. Però se c'è una cosa che ho imparato è che in ogni relazione d'amore c'è sempre anche un po' di me. Ti chiederai allora a cosa è servito questo lungo discorso: vorrei solo che imparassimo a convivere, non credo sia impossibile. Ci sono tanti amici così diversi fra loro, così opposti. Mi sono scocciato di starti contro, perché non giungiamo ad un compromesso? Aspetto con ansia una tua risposta, voglio tu non mi veda più come un nemico, solo come una possibilità per dimostrare davvero che l'amore è in grado di perdonare e di far cambiare le persone. Ti sfido, voglio tu mi convertisca per sempre. Con amore (o forse odio), il tuo nemico da sempre. Valeria

Cara Violenza, Ti scrivo con la speranza che la mia lettera diventi combustibile per il tuo camino solo dopo che tu l’abbia letta.

Questa non è una lettera che ti scrivo per rimproverarti del quarantotto che stai combinando, so come sei fatta e so che questo ti farebbe diventare ancora più irascibile. Avevo solo alcuni dubbi e so che sfogarmi con te mi farebbe solo bene. Perché esistiamo tutte e due violenza? Pensaci. I caschi blu dell’ONU che dovrebbero portare pace sono un corpo militare che quindi fa uso di violenza. Nelle arti marziali la violenza si usa per trovare la pace interiore e in oltre molti giovani fanno male a loro stessi per essere sereni, per fino nostro Signore ha trovato la pace interiore soffrendo. Violenza quindi vuol dir pace in qualche modo? E se veramente fosse così? Io a che servo? e se veramente siamo state create per un unico scopo perché devo essere io quella perfetta che deve far rispettare le regole e che deve fare sempre la figura della signorina Rotten Maier mentre tu vai saltellando a mettere il pepe in qualsiasi conflitto ti capiti a naso? Sono stufa violenza. Che tanto io mi impegno, mi impegno pure assai ma non ce la faccio a sistemare tutto. Sei più forte tu anche se siamo quasi la stessa cosa. Pace. Antonella

Cara Distrazione, ti scrivo per lamentarmi, è una vita che faccio questo lavoro ed è una vita che mi metti i bastoni tra le ruote. Io ti capisco anche, sei fatto per questo, ma fattene una ragione, alla fine vincono sempre i sentimenti buoni, che siamo: Io, felicità, pace, bene eccetera e non siete voi: rabbia, distrazione, guerra, negatività eccetera, quindi mettitelo in testa, noi siamo buoni e voi no, stop. Poi abbiamo pure più privilegi, per esempio, guarda me, io per scrivere questa lettera ci metterò poco tempo perché appunto sarò attento mentre tu per leggerla ci metterai molto tempo perché appunto ti distrarrai. Ma poi abbi un po’ di contegno, se un ragazzo mi sta facendo un compito in classe non me lo puoi distrarre, e che diamine. Va be’, questo era solo uno sfogo personale, ci vediamo al lavoro. Attenzione Giulio Caro Pessimismo, voglio che tu conosca la mia condizione. Nel cuore della gente non esisto più, sono scomparso. Mi sento così solo, affondo in un mare di malinconia, deprimendomi ogni giorno poichè ho bisogno di attenzioni. Mi stai uccidendo, sto crollando. E sai, ció è strano perchè io sono un combattente, non mollo MAI. Le persone sono infelici, vivono in un dannatissimo mondo crudele, dove la falsità veste ognuno di loro. E c'è tristezza, tanta, tantissima tristezza. Ho visto occhi colmi di dolore e sorrisi spenti, cuori strapieni di ferite, divorati dalla malinconia e dallo sconforto. Voglio salvarli. Ti prego. A presto, l'ottimismo. Mariagrazia

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Caro Dinamismo, sono mesi che ti cerco, dove ti sei cacciato? Sono passata da te la settimana scorsa e tu non c’eri. “E’ fuori per la sua corsa mattutina, passi nel pomeriggio.”, mi hanno detto ma come puoi immaginare ero troppo stanca per farlo. Così ho deciso di scriverti per evitare di fare ulteriori passi inutili. Qualche mese fa ho letto un articolo che parlava di te. Raccontava di come migliorasse la nostra vita essere come te. Ma vedi più passa il tempo e più mi rendo conto che tutto quel muoversi e sudare non faccia per me. Diceva inoltre che fare molto esercizio fisico avrebbe garantito una salute di ferro e allungato di diversi anni la vita. Così mi sono detta: “Forza Pigrizia, proviamoci. Dopotutto cosa sarà mai un po’ di sano sport?” Mai cosa detta fu più sbagliata. Dopo appena un’ora di riscaldamento ero già esausta, grondavo di sudore e avevo un disperato bisogno di ossigeno ai polmoni. Ero disperata. Come potevo dare una svolta alla mia vita se dopo due passi ero già distesa al suolo? Poi un bel giorno, mentre mi accingevo a fare il mio riposino pomeridiano, mi sei venuto in mente tu. Quale persona era più adatta per insegnarmi un corretto stile di vita se non Dinamismo in persona? Per questo sono qui oggi per chiederti con il cuore in mano di diventare il mio personal trainer. Cosa ne pensi, lo farai in nome della nostra vecchia amicizia? Attendo una tua risposta. Pigrizia. P.s.: So di non essere un’alunna modello ma penso che tu riuscirai a tirar fuori la dinamica che è in me. Maria Antonietta Cara Fermezza, ero comodamente seduta sui miei pensieri, riflettevo su di noi, sui nostri caratteri opposti e sulle nostre continue discussioni. La colpa non è tua ne tantomeno mia, è la natura, ma il nostro amore ha vinto su tutto!! O almeno credo… Pensavo all’altro giorno, quando ci hanno proposto di lanciarci dalla scogliera tu pensavi che ci saremmo potuti ferire mentre io…. Ovviamente mi sono lasciata convincere da Imprudenza; per non parlare di ieri quando Ozio mi ha chiesto di scrivergli l’articolo per il giornale della scuola, lì sì che ti sei infuriata…..Ma niente da fare l’articolo alla fine l’ho scritto io!!! La mia stima nei tuoi confronti è infinita, vorrei tanto riuscire ad assomigliarti, non solo per il mio bene ma soprattutto per far sì che il nostro amore non venga giù come un castello di sabbia travolto da un onda. So però con certezza che quello che ci ha fatto innamorare è stata la grande diversità tra me e te, eravamo noi, la mia malleabilità e la tua fermezza. Per questo ti chiedo perdono. Ti amo tua Malleabilità. Francesca O mia cara, Sei per me tutto ciò che temo e che mi incute insicurezza, vorrei essere come te ma non ci riesco.

Ti guardo da lontano e ammiro come lavori, la tua sicurezza in qualsiasi cosa tu faccia ed il tuo portamento con cui agisci mi fa innamorare ogni singola volta. Ammiro qualsiasi sfaccettatura di te con passione perché forse credo davvero d'essermi innamorata pur non credendolo possibile. Spesso avrei voglia di correre da te a dirti tutto ciò che provo nel modo più indolore possibile ma so che questo non accadrà mai e nel frattempo mi fermo ad osservarti anche solo per un attimo. Sai vorrei dirti tutto ciò che ora ti sto scrivendo in questa orrenda pseudo–lettera, ma sono certa che qualcosa me lo impedirà, forse tutte le mie insicurezze, forse la paura che il mio amore per te non sia corrisposto o probabilmente la mia debolezza. Matteo Cara Felicità, Come sfuggire a me? In me incorre l’intera specie umana. Come evitare il Vuoto e l’Oblio derivante dalla mia esistenza? Gli uomini non han posto nulla contro di me, lasciano che io stessa scivoli dentro loro come veleno. Insieme al sangue arrivo al cuore, mi impossesso di lui, lo avvolgo con il mio manto caldo, lo spoglio di te, cara Felicità e della tua essenza. Ma essi continueranno a scegliermi. Infatti, l’essere felici è una scelta ed essi preferiscono lamentarsi di me, piuttosto che rimboccarsi le maniche ed iniziare a scegliere te; la stragrande maggioranza preferisce la Pigrizia alla Laboriosità, l’Odio all’Amore, l’Avarizia alla Generosità. Lo so che mi odi ma devi pur ringraziarmi perché, senza di me, tu non saresti. È vero, stramaledettissima Felicità, scelgono me ma vogliono te, sfuggente come nessun altro e desiderata come nient’altro. E allora, cosa aspetti a lasciarti prendere? Ti dirò una cosa: sfiorarti non basta, non basta. Tua sorella Malinconia. Larissa Cara Rassegazione, Sono io: la Determinazione, recipiente del miglior pregio degli esseri umani, tuo completo opposto, e tua preziosa amante. Ti scrivo questa lettera perchè è il miglior modo che ho per raggiungerti: ricordi il nostro primo incontro? Nel preciso istante in cui siamo appartenute ad un luogo che ci ospitava, che aveva raggiunto un grado di introspettiva parità, un luogo, una persona, determinata a rassegnarsi. E così fu amore, una parola maschile associata ad una coppia di femminili, sembrava contro natura, qualcosa di sbagliato, eppure non lo era, un groviglio di sentimenti che insieme andavano a formare il Sentimento per eccellenza, strumento di realizzazione che può associare anche ciò che può sembrare contro natura ma che non lo è. Con te ho avuto chiare notizie del verbo amare: io amo te, senza nessun genere a decidere cosa sia giusto e cosa sbagliato. Il sentimento non accettava la nostra relazione: omofobo a tempo pieno, nostro capo a tempo perso, ma non importa perchè ho sempre amato abbandonarmi alle tue braccia che mi sussurrano di arrendermi al forte sentimento che provo e io mi abbandono, perchè sono determinata a lasciarmi andare. Mi sono sempre chiesta qual è lo scopo della nostra esistenza, un continuo popolare, manifestarsi nella vita di altri, noi due, sentimenti attratti dalla loro diversità, che continuano ad amarsi, cercando invano di incontrarsi, di toccarsi e

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spero che un giorno, la forza della nostra attrazione spezzi le catene che ci tengono lontane. Salvatore Cara Felicità, come sfuggire a me? In me incorre l’intera specie umana. Come evitare il Vuoto e l’Oblio derivante dalla mia esistenza? Gli uomini non han posto nulla contro di me, lasciano che io stessa scivoli dentro loro come veleno. Insieme al sangue arrivo al cuore, mi impossesso di lui, lo avvolgo con il mio manto caldo, lo spoglio di te, cara Felicità e della tua essenza. Ma essi continueranno a scegliermi: l’essere felici è una scelta ed essi preferiscono lamentarsi di me, piuttosto che rimboccarsi le maniche ed iniziare a scegliere te; la stragrande maggioranza preferisce la Pigrizia alla Laboriosità, l’Odio all’Amore, l’Avarizia alla Generosità. Lo so che mi odi ma devi pur ringraziarmi perché, senza di me, tu non saresti. È vero, stramaledettissima Felicità, scelgono me ma vogliono te, sfuggente come nessun altro e desiderata come nient’altro. E allora, cosa aspetti a lasciarti prendere? Ti dirò una cosa: sfiorarti non basta, non basta più Tua sorella Malinconia. Larissa Cara Ansia, sono qui, seduta in un angolo remoto del cuore della nostra padrona; penso si sia dimenticata di me. Ormai nei suoi pensieri e nel suo animo ci sei solo tu, gli sei vicina sempre: durante le interrogazioni a scuola, un evento importante o un appuntamento emozionante. Sappi, però, ch’ella mi rimpiange, mi chiama, mi implora di ritornare, ma io da qui proprio non riesco ad uscire e penso che la colpa sia tua e delle tue manie di protagonismo. Per cui, cara Ansia, ti propongo un patto: so che probabilmente mi odi, non siamo andate mai molto d’accordo, sei troppo agitata e vai sempre di fretta; ti consiglio di calmarti un attimo, rilassarti e pensare che andrà tutto bene, non c’è bisogno di preoccuparsi così tanto. Io posso darti una mano in questo, ma tu concedimi un po’ di posto nel suo cuore. Saluti, tua nemica per la pelle Tranquillità. Dea

Il Sogno (Raccontare un sogno, grazie all’ultilizzo dei più famosi titoli e citazioni di opere letterarie) J: Capitano Huck, Capitano Huck! SS: Ahh, Jerry! Vedo la tempesta innanzi a noi! J: Ma cosa vuoi tu? H: Ricorda figliolo. Sono sempre i sogni a dare forma al Mondo!

J: Oh, perdiana, cosa dice? SS: È ubriaco, però non ha tutti i torti. In fondo le sue sbronze lo portano a ragionare. Vuole solo incitarti a salpare al più presto sulla Luna: è indecente che dopo quattro anni luce non ci siamo ancora arrivati. J: Colpa tua! Sei tu ad avermi fatto leggere il Codice con i diritti dei lavoratori! Mi spettavano ventitrè milioni di ferie pagate e ne ho approfittato. In fondo sono stato poco tempo fuori… Un’inezia, suvvia. SS: Certo, certo. Ora dai la colpa al dio Sindacato, fa’ pure! Anzi di’ che sono stata io a lasciare la navicella in uno stato d’anarchia. Tanto il generale Jerry non deve assumersi responsabilità. H: Tu, mio valoroso… Tu sei l’amore! Luce della galassia, Andromeda della Via Lattea del mio cuore, vieni qui! *LO BACIA CON PASSIONE* J: Cristo santissimo! S’è dato anche alla sodomia? SS: Ma no, dai. Gli manca Pinelops e la sua Itaxa. Ha comunque combattuto nella guerra di Troìya. Lì le ragazze non erano certo delle sante e quindi sfogava i suoi sogni promiscui. Ma lo fa perché soffre per la mancanza della moglie. Concedigli un baciooo! H: Oh oh, la tempesta! J: Ma sta’ zitto. *TRIPUDIO DI VIOLE E VIOLONCELLI* LUI: Argh! È stato tutto un sogno! M: Cosa hai sognato? L: Un po’ di tutto… Stavo scrivendo qualcosina, è una bozza per un libercolo, Odissea 3000; ma l’interpretazione dei sogni miei mi è complicata da mettere in atto, lo sai. Era un’accozzaglia di personaggi. M: Sarà questa musica a farti sprofondare in estasi. L: Sembrava un quadro di Dalì, cavolo. Avessi tutta questa fantasia quando scrivo… ITAXA, Epoca Nuova H: Pinelops! P: Finalmente, ti aspettavo da una vita! Dormito bene? Alessandro P.

Fare un sogno è come fare un salto nel vuoto. Le gambe che tremano, il battito accellerato, e la paura, quella che ti paralizza, ti blocca, e nonostante questo l'oscurità del vuoto è attraente, per questo sono sempre i sogni a dare forma al mondo. Facevo questo sogno da un po' di tempo a questa parte, mi sorprendeva ogni volta: non mi trovavo sulla luna o su chissà quale altro sconosciuto pianeta, ero sulla Terra, ne ero sicuro perchè la tempesta che si trovava davanti a me, era una tempesta di persone. Comparse grigie, in un paesaggio grigio, dove il principio della differenza perdeva valore, eppure quando tutto mi pareva perduto, un barlume di speranza colorava la mia odissea: capelli rosso rame, silenziosa come la neve, la pelle bianca

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come la luna, dovevo seguirla, un arcobaleno in un universo di grigiore, la colorazione di un foglio bianco, i suoi capelli erano il tramonto della mia esistenza vuota. Correvo veloce, provavo a superare le persone che con passo lento si dirigevano verso l'ignoto, il battito era accellerato, le gambe si facevano molli, lei era vicina, provai a toccarla, a prendere la sua candida mano, mancava pochissimo. Mi svegliai di soprassalto,come sempre l'interpretazione dei sogni è cosa ardua e ormai avevo perso interesse,pensai che i sogni sono piccoli frammenti che in principio formavano il cristallo della nostra esistenza, sbriciolato dall'irruenza dello scorrere del tempo,un continuo sbiadire vecchie ferite,riaperte soltanto dal riavvolgere e dal ricordare.Un pensiero complesso da fare appena sveglio,l'odiosa canzone "Tu sei l'amore" risuonava forte,e per accantonare la faccenda pensai seccato:"E' stato tutto un sogno". Salvatore Sai che non credo nel significato che tutti attribuiscono al cuore. Lasciatelo stare, questo povero muscolo. E’ investito di responsabilità che non gli appartengono; ecco perché, a volte, smette di funzionare come dovrebbe. Il cuore svolge l’unico compito di pompare il sangue nelle vene. Non gli attribuirò mai la colpa di tutti gli strazi che ho subito per amore. Per questo motivo, invece di entrarmi nel cuore, mi sei entrato nei sogni. Questa è, per me, la più grande dichiarazione d’amore che si possa fare. L’altra sera, riposti nel cassetto i temi dei miei alunni, sono piombata improvvisamente nel vuoto. Sulle mie mani erano incise le parole di conclusione dell’ultimo saggio breve che avevo corretto, in cui un diciassettenne dalla fervida immaginazione si denudava di ogni maschera e mi spiegava quanto fosse importante per lui l’interpretazione dei sogni. La frase sulla mia mano era scritta con caratteri talmente microscopici che leggerla è stata un’impresa più ardua di tutte le vicissitudini che vedono Ulisse protagonista nel celebre poema dell’Odissea. Riducendo gli occhi a piccole fessure, sono riuscita ad abbinare un significato ai segni grafici: “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”, c’era scritto. Letta la frase ad alta voce, questa è stata coperta da uno strano guanto e mi sono ritrovata imprigionata in una tuta spaziale, seduta su una superficie piena di crateri. Solo alzando lo sguardo, mi sono resa conto di essere sulla luna. Ho rivolto gli occhi al mio pianeta, ma esso non presentava la forma sferica che immaginavo avesse. Aveva, invece, le sembianze del volto che più mi è familiare al mondo. Quel volto di cui conosco ogni spigolo, bordo e profilo. Quello sguardo che amo infinitamente, quando si poggia su di me. Il mondo aveva la tua forma, perché tu sei l’amore. A quel punto, ho associato la frase tatuata sulla mia mano a ciò che si era presentato ai miei occhi increduli. Tutta la tempesta che da tempo scuoteva la mia anima si era riversata con tanto di fulmini e saette sotto il mio sguardo, in una notte che, al di fuori, era tutt’altro che tempestosa. In fondo, i sogni servono proprio a rendere percepibili tutte le sensazioni che è in grado di elaborare la nostra testa. Ho scoperto che non sono ciò che pensavo, in quella notte. E’ stato tutto un sogno. Sonia

La tempesta infuriava al di là della collina e al calar delle tenebre le anime di coloro che tentavano di sfuggirle si armarono di codardia. Molti anelavano trovarsi su un altro pianeta, persino sulla luna, pur di non dover affrontare il tremendo conflitto, dove la vittoria non risulta essere altro che un’utopia, come lo era il ritorno in patria dei naufraghi dell’Odissea. Eppure, sfuggire dall’oscuritá non la distrugge, anzi l’ alimenta, mettendo la parola fine ad ogni sogno lieto. Sono sempre i sogni a dare forma al mondo e, senza di essi, il mondo è una massa incolore e inconsistente, oscuro, pericoloso. Un fulmine saettò nella volta celeste, facendo in modo che il mio corpo si risvegliasse dall’immobilità che l’aveva avvinto e facendomi così crollare al suolo. Un cattivo presagio? Spero proprio di no, altrimenti dovrei risvegliare dal mondo dei morti Freud o leggere il suo libro ‘L’interpretazione dei sogni’ e ritengo che, mentre il primo non è attuabile in alcun modo, il secondo porterebbe ad un dispendio di tempo che non in questo momento non posso concedermi. Le persone, impaurite dall’imminente arrivo dell’oscurità, si dicevano reciprocamente:” Tu sei l’amore della mia vita” oppure si abbracciavano un attimo prima di fuggire per raggiungere una meta lontana, tentando di sfuggirle, invano. Con questo scenario apocalittico aprii gli occhi e mi resi conto, con mio sommo piacere, che l’esperienza appena vissuta è stata tutto un sogno! Silvana “Gaetà, oh Gaetano, ti devo raccontare una cosa, ho fatto un sogno incredibile, ascolta: allora, stavo in mezzo al mare, su una nave con altre dieci persone, tra l’ altro stavi pure tu ma comunque, io ero il capitano della nave e stavamo alla ricerca di terra ferma, pareva l’ Odissea, solo che al posto di Ulisse, c’ ero io, Giulio Caputo. Ad un certo punto mentre stavamo... Oh la colazione a letto? Grazie mamma! Io lo dico che sei l’ amore mio! Comunque Gaetà, senti qua, stavamo navigando quando incontrammo una tempesta, quella era la tempesta non una tempesta, onde talmente grandi da arrivare sulla luna, poi un fulmine ci colpisce e finisce il sogno. Io poi ho cercato il significato su internt ma niente, si vede che l’ interpretazione dei sogni non è ancora arrivata fin qui. Vabbè Gaetà, d’ altronde io l’ho sempre detto che sono sempre i sogni a dare forma al mondo, si lo ha detto pure Ligabue ma io prima. Gaetà, ti rendi conto? Questo è stato tutto un sogno!” Giulio Ero stesa sul pavimento e fissavo il soffitto colore burro, lo fissavo ma non lo guardavo veramente, annusavo il fresco odore del lenzuolo pulito adagiato sul mio corpo. Sulla luna un universo parallelo somigliante ad un purgatorio, zeppo di anime tormentate bloccate in una tempesta , fantasmi che girovagavano nel vuoto : tu sei l’amore gridò un tipo abbastanza stravagante; disorientato e anche un po’ imbarazzato mi voltai…L’Interpretazione dei sogni i miei sogni, era da sempre stata complicata , ma adesso… mi sentivo leggera con la mente e con il corpo, stranamente leggera ,come quando leggevo l’Odissea poi vidi un luce bianca

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potentissima, venni risucchiata da essa, mi ritrovo nella mia camera. È stato tutto un sogno. Francesca Cara Ros, sta notte ti ho sognata sai, eri così bella, ti ho vista sdraiata, il tuo corpo esile era disteso su mattonelle bianche, la pelle pallida, a contrasto con i tuoi capelli, ricci e corvini, che, sparsi sul pavimento freddo, ti incorniciavano il viso. Ti ho vista sollevare leggermente le palpebre, poi, si è scatenata la tempesta: ho visto immediatamente solo il buio, l'oscurità che ti assorbiva, ho visto le tue urla mute, l'espressione disperata sul tuo volto, ti ho vista strusciare stremata, con le pupille dilatate e la fronte imperlata di sudore. Ti ho vista alzare, barcollare, cadere giù. Sei caduta giù, giù, giù, Ros, non ti ho vista più. La stanza è ritornata bianca, al centro, solo una macchia nera. Mi sono affacciato un poco, giusto poco poco, e ti ho rivista, eri ancora così bella, sdraiata su un terreno incolto e sporco, ma sta volta i tuoi occhi erano aperti, ma lo sguardo assente, come se la tua mente stesse viaggiando sulla luna. Hai iniziato a camminare dritto davanti a te, non sapevi dove andare, ti muovevi, ma restavi ferma: camminavi in circolo, eppure non te ne accorgevi. Hai compiuto la tua Odissea per ore, lunghe ore, finché non sono apparsi i rovi, che hanno circondato il tuo corpo fragile, ti hanno stretto le caviglie, sono risaliti lungo la tua schiena e sono penetranti nella tua pelle. Solo il tuo viso da porcellana non è stato sfiorato, è rimasto illeso, così come la tua espressione. Credo che io sia riuscito a guardare questa straziante scena solo perché tu sei l'amore della mia vita, Ros. Per un solo momento le tue palpebre hanno ricominciato a sbattere, per una frazione di secondo, prima che i rovi iniziassero a macchiare di rosso anche la tua guancia immacolata, a violarla, a sfregiarla. Cara Ros, questa notte il mondo non è stato altro che una cupa nube nera, perché come dici sempre tu, che sei talmente affascinata dall' interpretazione dei sogni, sono sempre i sogni a dare forma al mondo. Cara Ros, ti ho vista e ho avuto paura, ma devo restare tranquillo, vero? Infondo, è stato tutto un sogno! Vanessa Ero in una strada isolata, mai vista. Il sole spuntava da dietro le montagne e illuminava pian piano tutto ciò che toccava: era l’alba. Il buio della notte cedeva il posto al giorno. Alzai lo sguardo, la luna era sbiadita ma anche così, visibile appena, era meravigliosa. Quante volte l’avevo sognata. Ho sempre immaginato di poter fare un viaggio e di andare proprio lì sulla luna. Era in assoluto il mio posto preferito, lontano dalla Terra e dalla solita vita noiosa e monotona. Era bello stare seduta su un cratere a contare le stelle cadenti e ammirare l’infinità dell’universo stupendosi sempre come se fosse la prima volta. Era il mio piccolo rifugio. Il sole aveva rianimato il paesaggio e tutto intorno a me si risvegliava. Infilai le cuffie facendo partire “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”di Ligabue e mi rimisi in cammino. Vagavo da più di due ore senza meta e in verità nemmeno ricordavo da cosa stessi scappando, sentivo solo il disperato bisogno di allontanarmi il più possibile. Scorsi

in lontananza un piccolo porticciolo. “Ottimo posto per pensare” mi dissi, così mi distesi. Il ricordo di quel sogno era sbucato dal nulla e ne ero rimasta un po’ turbata. Da piccola ricorreva molto spesso durante la notte, ma non mi ero mai posta alcuna domanda al riguardo. Come mai tutto ad un tratto era così importante per me l’interpretazione dei sogni?. Nella mia testa era appena iniziata la tempesta di possibili risposte che non mi accorsi di quel ragazzo. Era dalla parte opposta del ponticello, guardava dritto davanti a se con uno sguardo triste. Anche il volto sembrava segnato da una grande sofferenza che nascondeva un po’ la sua bellezza. Non l’avevo mai visto prima, aveva un nonsoché di misterioso che mi attirava come una calamita ma qualcosa mi diceva che eravamo fatti di cariche opposte, proprio come in quel momento. Ero rimasta lì a fissarlo per almeno dieci minuti quando lui si voltò e si accorse della mia presenza. Mi sorrise, come si sorride ad una vecchia amica e mi sembrò di conoscerlo da sempre. Non desideravo altro che raggiungerlo ma arrivare dal capo opposto in quel momento mi pare un odissea. All’improvviso però tutto iniziò a dissolversi come polvere sotto i miei occhi e in lontananza un suono stridulo simile ad un trillo. Poco prima che fosse anche lui inghiottito dalla nebbia mi sussurrò: ”Tu sei l’amore.” Poi con un soffio tutto fu spazzato via. Mi ritrovai nel mio letto e l’incessabile suono della sveglia risuonava nelle mie orecchie. Con enorme rammarico dissi tra me: “E’ stato tutto un sogno!” Maria Antonietta Vane mi senti, ti svegli? Dai svegliati, sono le dieci. Vanessa continuava a girarsi nel letto ma non apriva gli occhi. Ad un certo punto li spalancò e non fece altro che urlare "ANTONIO!". Poco dopo le chiesi cosa fosse successo e spingendosi con i fianchi sotto al muro iniziò a raccontare: Sai io quanto ci tenga ad Antonio e sai quanto stia male da quando abbiamo chiuso ma la sua immagine mi tormenta ogni notte. Vuoi sapere cosa ho sognato stanotte? Certo che lo vuoi sapere! Ero a casa e lui bussava. Io ovviamente ne ero sorpresa, anche nel sogno avevamo chiuso e non capivo cosa volesse mai da me. Ad un certo punto mi prendeva per mano ed ecco la tempesta farsi spazio dentro me. Iniziava a parlare: poche parole ma sarei potuta morire. Vanessa tu sai che io non ho mai amato nessuna diversa da te, con te sto bene dappertutto, su un divano a mangiare popcorn, in riva al mare con il tuo petto appoggiato su di me, a camminare semplicemente con le tue dita incastrate tra le mie...persino sulla luna. Sono state due settimane infernali quelle senza te, ti prego perdonami, sono stato un cretino a stare con Raffaella ma ti giuro che non accadrà più, ero in gita, ubriaco perso, mi sono fatto prendere dall'euforia ma fidati di me, ho pianto lontano da te. Tu sei l'unico amore per me. e dopo poco secondi tornò con un mazzo di rose, Io mi avvicinavo, le prendevo e lo guardavo...le uniche parole che pronunciai furono tre: "Non lo so". E indietreggiando chiudevo la porta. Vanessa mi guardava e diceva con un'aria preoccupata: Valeria, il punto è che io non voglio essere come Penelope nell'Odissea, non voglio aspettare il mio Ulisse con le mani in mano mentre lui mi tradisce a destra e a manca. Ma io sento che non è finita, è vero, mi ha tradita. ma se fosse davvero pentito? Mia madre ripete sempre che l'interpretazione dei sogni è importante.

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Allora le dissi: Vane, ascoltami, è vero che sono sempre i sogni a dare forma al mondo ma forse questo è solo un sogno...sbagliato. Tu meriti qualcuno che abbia occhi solo per te. Antonio potrebbe pentito ma ora potrebbe stare anche con Raffaella. Sii realista. Quelle parole non le ha pronunciate sul serio. Vedi come vanno le cose ma non cedere facilmente, ricorda che non è accaduto sul serio e soprattutto che è stato tutto un sogno. Valeria Conoscevo una persona; questa non era come le altre, faceva discorsi contorti, descriveva mondi diversi come se ci avesse vissuto per davvero. Infondo aveva vissuto tante di quelle vite e le amava una ad una. Mi diceva sempre: “Io sono folle a tal punto da vivere la vita, sai qui stanno tutti a sopravvivere ma nessuno vive per davvero, hanno tutti paura di infrangere le regole e tutti diventano come automi, a limitarsi a fare quello che fanno gli altri: la gente ha paura delle conseguenze.” Io ero fissata con i desideri invece. “A te non piacciono i desideri?” gli chiesi. “I sogni, preferisco i sogni; sogno costantemente” Fece lui. LEI = “Cosa stai sognando allora?” LUI = “In effetti non racconto mai a nessuno dei miei sogni, devono essere protetti” LEI = “Ma solo io ho paura di sognare a volte? Perché ci rimango male quando capisco che sono solo sogni.” LUI = “Solo sogni? I miei non si avverano mai, è quello il bello, io la vivo proprio come un’altra dimensione, poi se si avverano non sono più sogni” LEI = “I Sogni e desideri sono in un certo senso collegati, come puoi amare un sogno ed ignorare un desiderio? “ LUI = “In realtà bisogna desiderare i sogni, ma non devono realizzarsi ( o almeno pochissimi) altrimenti non sono più sogni. Questa è mia concezione ideologica” LEI = “Secondo me questa è la concezione ideologica di chi è convinto di non poterli realizzare” LUI = “Ma io non voglio che si realizzino, solo alcuni per dare fiducia e speranza, capisci? LEI = “E’ strano.” LUI = “Contorto si, ma allora hai capito? “ LEI = “Sì, ho capito, le cose, meglio sognarle dopo che accadono” LUI = “No, non penso questo, non puoi incolpare i sogni per gli scherzi del destino” LEI = “Come hai imparato tutto questo?” LUI = “Sto ancora imparando, penso che sia la strada per trovare me stesso” LEI = “Hai già iniziato a cercare quella strada?” LUI = “No, ci vuole tanto, troppo tempo e io ho tanta fretta, sai la gente muore senza conoscersi” LEI = “Posso chiederti una cosa ?” LUI = “Dimmi” LEI = “Stanotte sognami”

LUI = “Non so se farlo o meno” LEI = “Alcuni sogni non servivano a dare fiducia e speranza? “ LUI = “Sai che ti dico? Che ti sogno, perché lo voglio ma devi sognarmi anche tu” LEI = “ Ma a me basteresti vicino, anche senza sogni”. Giuliana Uscì di casa. Aveva appena finito di leggere "L'interpretazione dei sogni" di Freud. “Ma non sarebbe più utile impiegare il tempo per scegliere di realizzarli invece che di interpretarli i sogni?” chiese a se stessa. Allora quella mattina decise. Voleva essere libera, sapeva che gli sarebbe stato concesso una sola volta di sentirsi così. Aveva la tempesta nel cuore la stessa che doveva affrontare Ulisse per arrivare alla sua desiderata Itaca. Esatto, proprio quella, sentiva l'Odissea sulla sua pelle e dello stesso Ulisse il coraggio. La sua Itaca era la libertà, quella a cui aveva deciso di arrivare. In breve tempo arrivò a scuola, e decise ancora una volta, avrebbe anche delirato se l'impulso di libertà che aveva dentro glielo avesse imposto. Non le importava se avessero pensato di lei che era pazza, ubriaca o che pensassero quel che volessero. Salì scale e girò destra, proseguì lungo il corridoio e poi a sinistra, prese altre scale, svoltò ancora una volta a destra e senza nemmeno bussare entrò. “Buongiorno, miei cari, oggi ho deciso di sentirmi libera, forse anche cattiva, ma che importa? Oggi nessuno, nulla importa”. Lasciò cadere la borsa dalla sua spalla a terra, prese una sedia, salì sul sul banco e iniziò a dire: “Quanto schifo mi fate venire, se non vomito è perché ancora mi controllo un po'. Tu Michele dovresti vivere sulla luna, lo vorrebbe anche la tua ragazza. Dai al vuoto i calci che per la tua gelosia di merda la tua Martina prende. Miriam, perché invece di prendere in giro quella che dici essere la tua migliore amica non sbatti la testa contro il muro dieci volte, anzi no, fino a quando non inizia a sanguinare? Tony, tu sei l'amore in persona e Gianna la meriti come nessun altro, e tu infine, Valentina sei come una campana: fai tanto rumore ma dentro sei vuota!”. Sapeva che non l'avrebbe fatto, ma quanto aveva detto le bastava. Uscì dalla classe, disse buongiorno all'insegnante che stava entrando e prima di andarsene passò per il bagno. Vomitò, si pulì le labbra, prese il walkman e nelle cuffie. Mise in play "Sono sempre i sogni a dare forma al mondo" di Ligabue e si avviò verso l'uscita. Corse Si svegliò d'improvviso, e tra malinconia e sollievo disse sudata: “È stato tutto un sogno! “ Larissa Stavo vivendo un’odissea. Mentre ero sull’aereo, seduta ormai da nove ore su quello scomodissimo sedile, guardavo fuori dal finestrino, cercando l’interpretazione dei sogni che avevo fatto qualche giorno prima; erano completamente senza senso. Al contempo guardavo il cielo scurissimo, trapuntato di stelle, immaginando con la mia strana testolina di arrivare sulla luna; del resto, si è sempre detto che sono sempre i sogni a dare forma al mondo. D’improvviso il sedile inizia a tremare, un tremolio

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che va via via crescendo, finchè non inizio definitivamente a vagare nella volta celeste senza un controllo. Una tempesta aveva completamente travolto il mezzo alato, al punto di scaraventarlo sulla terra ferma. Mi ritrovai nel bel mezzo di una foresta, tutti i passeggeri erano scomparsi, l’aereo era completamente andato in fiamme, mentre io stranamente non presentavo nemmeno una ferita. La tempesta mi aveva lasciata sola o almeno pensavo. Poco dopo, un ragazzo dai grandi occhi castani ed i capelli biondi, mi comparve davanti con aria perplessa. Gli sorrisi, senza neanche controllarmi ed egli, senza esitare, ricambiò. Qualche ora più tardi, tempo che passammo a conoscerci, gli occhi gli si illuminarono ed a voce entusiasta esclamò: “ho capito chi sei! Finalmente ho capito!”. Si avvicina e con voce dolce e profonda mi sussurra all’orecchio: “tu sei l’amore!”. Sento quella voce nella testa pian piano svanire, per poi svegliarmi di botto, ritrovandomi al caldo, sotto il piumone del mio letto. Istintivamente la mia mente delusa afferma: “rassegnati, è stato tutto un sogno!”. Dea Chissà se a guardare il mondo da lontano il tempo sembra fermarsi, le strade sembrano vuote e i mari sembrano dolci; chissà se sulla luna c’è qualcuno che ci osserva, che studia le nostre vite e ci giudica all’altezza della nostra evoluzione. Sempre sotto esame, sempre a dare prova di qualcosa, schiavizzati nella nostra stessa casa aspettando la tempesta che ci libererà o meglio che li libererà perché io sono già fuggita e ora mi trovo a vagare per strade che non mi appartengono ma che da ormai troppo tempo fanno parte di me. Inizio a correre, allontanandomi sempre di più dalla prigione creata intorno a me, in cerca della mia odissea, per riscrivere la mia storia e per rinnegare un destino che non è il mio. Con i biglietti nella mano destra, tenuti stretti come se stringendoli si potessero accorciare le distanze, e il cellulare nella mano sinistra, spento come questo cielo; chissà forse domani uscirà il sole o forse pioverà ma questo cellulare continuerà ad essere spento e io sarò sempre più lontana in cerca delola mia strada: essa è lunga e io non ho tanto tempo. Sono sempre i sogni a dare forma al mondo, ma questo non tutti lo capiscono, per questo guardo le stelle immaginando vite diverse. Vorrei trasferirmi su una di quelle stelle, una lontana ma luminosa, piccola ma piena di strade e di cose da vedere, cose che ti stupiscono giorno dopo giorno senza annoiarti mai, dove l’interpretazione dei sogni fa parte dei sogni stessi perché non ci si sveglia mai. Ma io non voglio dormire anzi, mi sono appena svegliata e non ho intenzione di fermarmi. Mentre guardo fuori dal finestrino del treno, mai abbastanza veloce per me, sento un forte tuono, probabilmente sta per piovere. Il tempo di pensarlo e un fulmine si abbatte sui binari: una figura entra nel mio reparto, ha gli occhi spettrali, scuri, pelle bianca e un abito nero. I capelli grigio scuro e l’aspetto inquietante mi fanno tremare. Mi fissa con occhi di ghiaccio e mi trafigge con uno sguardo violento. Non posso neanche dire con certezza se sia umana. Apre le braccia e la bocca e da essa escono queste parole:

“Perché scappi da cose da cui non puoi liberarti?” Inizio a ripensare ai miei incubi fatti anche di giorno, a quei demoni mai sconfitti e mai affrontati, a quei posti dove forse mi sarei sentita protetta. La donna continua: “Tu sei ciò che nessuno capisce, tu sei ciò che nessuno vuole affrontare, a sentirsi dire tu sei l’amore e scappare.” Io sono L’amore? Mi sveglio, mi alzo, mi guardo e sto meglio, è stato tutto un sogno.. Giuliana I sogni sono un mondo parallelo dove tutti noi viviamo costantemente, è solo che non ce ne rendiamo conto, diamo tutto quello che viviamo per scontato, giornate belle o brutte, sono tutti sogni. I sogni sono un qualcosa di magico, stupendo ed incredibilmente strano, ambiguo allo stesso tempo. I sogni che facciamo molte volte sono calibrati ed indotti dai nostri desideri più repressi, quelli che abbiamo ma non sappiamo di avere. I sogni sono anche incubi, perché parlandoci schiettamente, se non ci fosse quel pizzico di buio nella nostra vita non avrebbe senso vedere la luce, allora sì, che sarebbe scontato. Talvolta sento persone che dicono di non sognare e a me vien da ridere perché essi non ricordano la parte più bella della loro vita. I sogni sono risposte a domande che non abbiamo ancora capito come formulare Davide

Si ritrovò da solo in quell’enorme biblioteca. Si vedevano libri in penombra illuminati da rare candele; leggeva un tomo dall’aria antica,di quelli scritti in gotico,di cui non era sicuro apprendere appieno il significato. Come Astolfo Sulla Luna, vedeva libri che, sul nostro corpo celeste, contenevano la ragione degli uomini. Su ognuno di essi c’erano scritti pensieri ed opinioni che sembravano essere insensati per lui. “Tu sei l’amore” fu la prima che notò. Aveva letto molto su come capire il mondo dell’inconscio, L’interpretazione dei sogni di Freud era una delle sue letture preferite. Ma, nonostante tutto, pur sapendo di stare sognando, non si spiegava cosa volesse dire tutto questo. “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo” si ripeteva sempre, da sveglio. Ora come La tempesta che manda completamente fuori rotta l’eroe dell’Odissea, si ritrovava nel suo esodo incosciente senza sapere dare alcuna spiegazione. Ma come dopo ogni notte arriva l’alba,così arrivò il momento per lui di dire:“E’ stato tutto un sogno…!”. Cristiano

Il Limite (Poesia a partire dalla parola limite e dai suoi anagrammi con

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incipit quel dì il mio limite incontrai…) Quel dì il mio limite incontrai e a gran voce gridai. Da parte tua un bisbiglio che non ripeterai mai. Una parete mi circoscrive e nessuno sopravvive. Urlo, non mi senti, non ti sento. Non ci sei più. Assalgo la parete; sono un milite incastrato in una rete. Mi manchi tu. Calci e pugni dai miei limiti, schiaffi e sogni dai miei spiriti. Temili: il dolore non vogliono lenire, si affiancano alla porta dei tuoi sogni e tu non puoi fuggire. Sonia Quel dì il mio limite incontrai, e a gran voce gridai: "Quale ostacolo ho incontrato, mai nessuno l'ha superato Il mio limite ho incontrato, quando il latino ho conosciuto Tra pronomi, verbi, e maria Tanti quattro seguiti da nostalgia Milites in ogni giornata E una bestemmia all'autore mandata Temili, perchè ti faranno impazzire E come un vecchietto ti dovrai ritirare Tra una versione copiata e un'altra inventata Capirai che la vita non è mai stata più insensata." Salvatore Quel dì il mio limite incontrai e a gran voce gridai fuori dalla mia testa

stupido limite dico a me stessa temili i tuoi limiti perchè saran loro a far perdere te anche il miglior milite davanti ad esso teme il limite peggior di qualunque incubo peggiore di chiunque peggiore di una guerra un limite fa paura persino alla vita che limitata dalla morte si limita a finire anche il limite ha paura di se stesso, sicuramente. Rossella Quel dì un limite incontrai E a gran voce gridai: che se anche una formica in un giorno freddo e triste donasse ad una cicala metà delle sue provviste cambierebbero le nuvole le favole le persone la formica diventerebbe generosa, sarebbe una rivoluzione; e se anche Giulietta e Romeo che avrebbero dovuto in ogni modo odiarsi alla fine hanno trovato il modo per abbracciarsi tutto è cambiato: la pioggia, il sole, la contraddizione andare controvento sarebbe l’unica destinazione perché anche il milite attraversa il limite di uccidere per vivere e di morire per non rivivere e alla fine se non li temi non hai il coraggio di abbatterli Antonella Quel dì il mio limite incontrai e a gran voce gridai straziato rabbioso più d’un cane, mi sentii male più di un milite nel mare, nel mare di piombo.

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Udii d’improvviso la voce di mia madre e quella di lui. Temili ancora i tuoi nemici, coloro che desideravano il tuo male che dicevano però di volerti bene, che ti riempivano le orecchie di voci brutte, cattive. Offendono il tuo mondo, troppe voci. Alessandro P. Quel dì il mio milite incontrai E a gran voce gridai Fermati! Lui non mi rispose Abbassai lo sguardo E alla paura mi abbandonai Come un milite fucilato morì La mia corsa finì Temili.Sentìdire Cominciai a soffrire. Francesca Al limite del possibile, oltre l’impossibile Quel dì, il mio limite incontrai e a gran voce gridai… “temili quelli come me che non si ferman davanti a te, coloro che combattono e ti dicono di no.. come fa un milite in guerra, colui che ti supera non erra”. Da quel giorno non si è fatto più vedere, il mio limite sono riuscito a far cadere, con determinazione l’ho oltrepassato e nell’impossibile mi son lanciato. Dea

Quel dì il mio limite incontrai e a gran voce gridai: Dove vai? Ed egli rispose: - Là dove finiscono i pensieri,dove fioriscono le rose. - Non capisco i tuoi voleri… - Quand’io scomparirò tu saprai superarti, diventerai grande e crescerai… - Non credo, che sopravviverei senza te,non c’è limite all’idiozia e senza te non lo riconoscerei. Cristiano

Quel dì il mio limite incontrai e a gran voce, gridai! Quel dì ritornai bambino, un milite, un soldatino, con un pugnale in mano mi avvicinavo è un po' la strada, da solo, mi procuravo. Quel dì ero circondato, un milite spaventato. Quel dì venni colpito, all'improvviso ero smarrito. Temili e perderai mi dissi, e mi rialzai. Quel dì non capivo molto, il buio mi sfiorava il volto. Quel dì ero bambino, un milite piccolino come la luce, la notte un bel viso, le botte venni invaso vivo, un milite piccolino. Quel dì il mio limite incontrai, e a gran voce, gridai. Vanessa La Paura Del Limite Quel dì il mio limite incontrai e a gran voce gridai… Smettila! Smettila di essere sempre qui pronto a frenarmi come un milite che sorveglia ogni mio passo. Smettila di sussurrarmi “temili” come un attenta sentinella che avverte

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l’accampamento di un vicino attacco nemico. Smettila di porre questa dannata barriera tra me e i miei sogni. Perché ho smesso ormai di aver paura, paura di oltrepassarti. Maria Antonietta Quel dì il mio limite incontrai E a gran voce gridai Guardando il suo volto La luce mi avvolse. Come un milite che rade i capelli per la prima volta, Così mi vissi in quel mondo Che non è mio, non più. Quando mi dissero ‘Temili’ Con caparbia li ignorai Nulla poterono contro di me, Contro la me che non l’aveva conosciuto. Ed adesso, muta e sconfitta, Li temo, eccome se li temo! Ah, che malevoli sguardi! Silvana Il mio limite: quello di non essere invincibile la preoccupazione, ciò che pensano le persone, ti sbattono per terra e ti gridano: merda! Sembrano tutti imperatori di Roma tutti importanti più o meno diplomatici senza diploma. Ci guardo bene nel piatto che mi lasciano, non ci credo nell’insuperabile, Io voglio sempre il massimo! Cercate belle rime? Ciao! Sono l’ago nel fienile. Ti guardano dall’ alto in basso Come se fossi un sassolino, si perché loro invece sono un sasso... Ti mettono macigni sulle spalle, altro che sassi e sassolini, Fratè sembrate le palle! Tu non temerli, perché non sono nulla di più, solita Barbara D’Urso, tutta TV invece pensa alle persone, che cercano sfide, un solo battaglione,

tu quelle temili, come temeresti Don Medellìn. Sono milite di rabbia bruciata, tensione intrecciata, passiamo all’ anima arrabbiata, mi chiude la strada, provo ad andare oltre ma è sempre bloccata. Questa è la mia vita dannata, cerco di guardare al futuro, di rompere il limite, rompere il muro cerco di fare sempre il duro, ma la mia vita è un bacio al cianuro! Davide Quel dì il mio limite incontrai E a gran voce gridai. Mi fermai E a riflettere iniziai. L’ esperienza umana sarebbe persa Se limitazioni da superare non ci fossero sulla terra. Il raggiungimento della vetta meraviglioso non sarebbe se una vallata buia da attraversare non esistesse. Proprio come i militi A cui viene gridato “temili”! ma i quali non si fermano se al raggiungimento del loro scopo non arrivano Myriam Quel dì il mio limite incontrai, e a gran voce gridai: "Quale ostacolo ho incontrato, mai nessuno l'ha superato Il mio limite ho incontrato, quando il latino ho conosciuto Tra pronomi, verbi e maria Tanti quattro seguiti da nostalgia Milites in ogni giornata E una bestemmia all'autore mandata Temili, perchè ti faranno impazzire E come un vecchietto ti dovrai ritirare Tra una versione copiata e un'altra inventata Capirai che la vita non è mai stata più insensata. Salvatore Quel dì il mio limite Incontrai E a gran voce Gridai: “Limite mio,

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per tutta la vita t’ho seguito, come un malato la sua medicina, come una bimba la sua bambolina. Limite mio, per tutta la vita t’ho temuto, come un milite quand’è in conflitto, come un marinaio che non trova il tragitto. Limite mio, per tutta la vita m’hai fatto male, come un gabbiano che smembra un pesce, come un anziano che in niente più riesce”. “Temili, temimi!” Rispose a gran voce, e al petto sentii un male atroce. Confine o soglia di lui ci puoi fare, trasformali in occasioni per crescere, quando li superi è come rinascere, e ora ti saluto amico mio, spero d’averti dato qualcosa e dico a te come a lui, addio. Larissa

La Maturità (Riscrittura di un finale alternativo del film “Harold e Maude) Harold guardava quella donna che dormiva al suo fianco,la donna che gli ha dato così tanto nella vita in così poco tempo.Prese a giocare con le bolle di sapone, perchè anche se quella notte era diventato uomo dentro resterà sempre quel

piccolo bimbo affascinato dalla morte.Si guardò intorno e notò un calendario con segnato in rosso una data,il compleanno di Maude; sapeva che avrebbe compito 80 anni e come gli disse la prima volta, le sarebbe piaciuto morire a quell'età , lui si rese conto che il compleanno sarebbe stato domani.Si alzò dal letto facendo attenzione a non svegliarla, afferrò un coltello e si avvicinò al petto , le avrebbe regalato la cosa più bella al mondo, la morte.L'accoltell' al cuore in un colpo netto,quasi come fosse abituato.affondò il coletto ancora di più finchè non vide la sua anima lasciare quel corpo, dopo averla uccisa si riaddormentò di nuovo abbracciando quel corpo inerte senza vita. Rossella

Alla vista della sua dolce Maude, in fin di vita su un letto d’ospedale, Harold capisce realmente che la sua vita non ha mai avuto senso e, se grazie a quella donna, c’era stata qualche ragione per andare avanti, ora la mente pazza di Harold lo porta a pensare che ormai sulla terra ha terminato il suo inutile discorso, come lui stesso lo definirebbe. Appena tornato alla sua noiosa vita, quella che conduceva solitario prima di incontrare colei che gli aveva mostrato il vero significato della felicità, prende la decisione di non fingere più e, questa volta, di centrare sul serio il suo cuore, quando tremolante preme sul grilletto della pistola. Dea Le nuvole erano lontane, anche gli alberi lo erano, così come la luce. Lui era lì dentro, con lo sguardo perso, il corpo rigido ed il corpo chino. Era da solo, circondato dalla sua solitudine. Un'attimo dopo la bambina era accanto a lui, lo guardava da lontano, insicura, accarezzandosi lentamente le lunghe trecce rosse. -Cosa hai? - chiese timidamente, -è tutto il giorno che sei così… - Sai che giorno è oggi? - Nonno, è il mio compleanno. - No, sono 63 anni che è morta. - Morta? Chi, nonno? - Maude. Vanessa Si incontrarono in quel giardino, quel giardino che nessuno sa. L’entità sconosciuta, il Padre o Dio come dir si voglia li aveva perdonati per quella loro debolezza. Quest’ultima li aveva portati a fare grandi cose, sapete? Aveva fatto conoscere loro il senso della vita, ciò che non avevano saputo cogliere sulla Terra. Alessandro P. Ieri ha compiuto ottanta anni e abbiamo rifatto l’amore, è stato stupendo vedere come fossimo legati non solo fisicamente, ma anche mentalmente; vedo una macchina, lei è ubriaca... la macchina la prende in pieno. La porto in ospedale, purtroppo i medici mi dicono che serve un cuore… le offro il mio. Sapevo che avrebbe mantenuto la sua promessa, la guado dall’alto. L’indomani lei , appena avute le mie ceneri, mi raggiunge con una corda, una sedia e un albero, il nostro albero.

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Davide Era morta ormai. La donna che gli aveva fatto scoprire la libertà, che lo aveva fatto rinascere, che gli aveva insegnato a vivere era morta. Non c’era più. Il mondo per Harold sembrava spento, grigio. Non riuscia più a mangiare, a dormire, non riusciva più a fare niente. Non potendo sopportare il peso di una perdita così importante decise di suicidarsi allo stesso modo con cui aveva fatto la sua amata. Prima però si sarebbe recato al cimitero da lei per fare un ultimo saluto. Ma fu proprio nel momento in cui era seduto davanti davanti ala tomba e fissava la foto della sua amata che sentì qualcosa dentro il suo cuore. Si ricordò delle sue parole: “Continua a vivere come ti ho insegnato, sii libero”. In quelle parole Harold trovò il motivo per restare ancora un po’ sulla terra così cambiò idea. Non pensò più di suicidarsi ma mantenne vivo il ricordo della sua amata mettendo in atto sempre i suoi insegnamenti. Myriam Tutto ebbe la durata di un sospiro. Riaprii gli occhi: sotto i miei sensi la realtà di sempre, una realtà senza di lui. <<Harold!>> urlai stremata. La servitù accorse in mio aiuto, come ogni notte da due anni. Ormai solo la cameriera e il maggiordomo avevano la pazienza di condividere la propria vita con una pazza. Dopo quella sera, il mio piccolo Harold aveva deciso di non abbandonarmi e di bussare alla porta della mia testa non appena chiudevo gli occhi. Se fossi stata una madre più presente, avrei ancora il mio bambino da stringere. Invece dovevo rassegnarmi: mio figlio si era fuso per sempre alle fiamme durante quell'incendio. Sonia C’era da definire l’indefinibile. Tornò sulla montagna e incominciò a strimpellare. Suonò sullo sfondo della vita e della terribile e dolce danza macabra. Le forme che quella donna aveva dato alla vita erano le stesse con cui egli aveva delimitato la sua. Chiuse gli occhi. Respirò ed affondò la mano nella terra, la annusò e per un momento, gli sembrò di sentire l’odore di lei. Larissa Dopo la morte di Maude, Harold inizia a correre con il suo carro funebre e decide di suicidarsi buttandosi da una scogliera. Con questo finale migliorato i due protagonisti inviano una richiesta ad Hollywood per partecipare agli Oscar. Ma essa viene misteriosamente ritirata. Si pensa, però, ad un remake con Daniel Redcliffe (l’attore che ha interpretato Harry Potter) ed Haggie Smith (l’attrice che ha interpretato la McGranitt). Ambientato ad Hogwarts, per attirare un pubblico in età adolescenziale. La richiesta è accettata con gli omaggi della Warner Bros. Cristiano

Era un’afosa mattina di Agosto ed Harold aveva deciso di avere una conversazione tanto ambita e tanto temuta. Si avvicinò a quella persona amata che lo spaventava come nessun altro e, con una voce sottile ed intrisa di rimorso, disse: “La vita è un’effimero lasso di tempo, ingiusta, certamente, eppure, come si può non amarla? Come si può sprecare il proprio tempo a badare agli sguardi altrui e alle ipocrisie, come si può vivere la propria esistenza in funzione degli altri, cara madre? Non lo scoprirò mai, perché sarò libero, libero davvero, nel mio campo di margherite”. Silvana Era morta…morta davvero. Eppure non credevo potesse mai farlo. Tornai a casa e cominciai a dormire. Non avrei mai voluto morire come in quel momento. All'improvviso caddi in un sonno profondo, la stanza girava e iniziavo a sentire la sua voce provenire da mille lati diversi. Perché non mi raggiungi? Dai, vieni da me! urlava disperatamente. Mi alzai di scatto e corsi in bagno, la finestra spalancata. E se fosse stata giù? Mi affacciai, mi sporsi dal precipizio. Mi gettai. Ora si, la vedevo davvero. Valeria

La Vertigine (raccontare la vertigine con un tautogramma) Vercingetorige veste Versace vendendo Veronal, vergine viaggia verso Verona volendo verità; veementemente vuole verbene, vertebre vuote, vomita vanitosa vergogna… Volendo Venere. Alessandro P. Vassalli valvassori e valvassini viaggiando verso Verona vanno verso Vercingetorige vedendoli versa verde verbena veranol. Vince veleno. Vittoria vergognosa. Verosimilmente vittoria. Vuote valli vastate, vergini violate, vesti vermiglio, vertebre vulnerabili. Vergogna verso vittoria. Veni vidi vici veramente vergognosa verità. Antonella Vado verso Verona vedendo vetrine verdi vagando valorizzando vostra virtù vi violerò vergini vantando vostra vergogna. Volerò verso Venezia vendendo Verinol valutando Vercingetorice vacillando verso valli Varbenie versando verità vermigie. Volevo vedere vista vertiginosa venne vertigini, vecchio vibrarono vertebre.

Rossella

Vercingetorige va’ verso Verona vendendo verbena viola, veronal, venne vergogna,

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vertigini, volavano verità violando vergini vereconde, vertigine vermi. Francesca Vado verso Verona venerando Vercingetorige, vanitoso vampiro vergine. Vestendo velluto verde, vedo, verbena, Vergogna, vichingo! Vai Valeria, vai Vanessa; vado, vantandomi, vaffanculo. Giulio Vercingetorige Venne Verso Verona Vendendo Veronal, Verde Verbena, Vari Vasi… Verità Vistosa Vergine Vide Verso Vergogna Versò. Cristiano Vergine vereconda voleva viaggiare. Verso Verona voleva voltare. Verde verbena verdeggiava, verità velava vantava. Versava verinol, vellicando vuoto. Vercingetorige vestiva vertebre volendo vergogna. Maria Antonietta

Vecchio verme, Vercingetorige verme, verso Verona volevi volare, vanificando vecchie verità, vivendo vere vergogne, volevi volgere verso vergini violenze voraci. Vecchio verme, vomitavi vittime, verosimilmente velenoso veronal verde, vagheggiavi vittorie, vecchio verme, Vercingetorige verme, via, vagando verso Verona, vai via. Vorresti vidimare visibili verbene, veleno versato volutamente verso venti vertebre? Vero Vercingetorige, vecchio verme? Vostra. Vanessa

Vergine va verso Verona, vertigine Veneto ‘ve vede valli verdi e verbene viola. Visita vasi vittoria valoroso Vercingetorige e vuoto vergogna vende Veronal. Vuole verità. Myriam Vado verso Verona venerando Vercingetorige, vanitoso vampiro vergine. Vestendo velluto verde, vedo, verbena, Vergogna, vichingo! Vai Valeria, vai Vanessa; vado, vantandomi, vaffanculo. Giulio Viaggiai verso Verona, volendo verità vergognosa, vergogna vista veramente.

Vergine, viste ventitre variegate verbene, vede Vercigetorige, verme verde, vertere vertebre, vendere veronal. Viso vermiglio, volto vertiginoso, vola via verso vuoto. Dea Verità veloce, vento virtuoso, viene verso voi, vergogna veronese.Venni valoroso,vergine,volenteroso,vidi Vercingetolige,vidi Verona,vidi verde verità,vidi verbena,vidi vampiri,volli vendetta,vagheggiando valente,veicolando vampante,vendendo veronal,venti venerdì,vergognoso venditore venì. Salvatore Vacanza: vagando verso Verona vidi vermicelli verdi vicino verbene, viscide vite, valutai: vantandomi vergognosamente visitavo Verona, vedendomi Vercingetorige varcavo viali, vie. Vedevo vari volti, vaste vetrine, visi vivi, vispe vergini. Vecchio vacillante vestito vanitosamente veniva vicino: Veronal, vuoi? Viso vuoto. Voglio volare via, vi vedo vipere! vociava. Vedevo veramente venti vertebre vive varcarlo. Vedovo? Vah. Valeria

Dialogo tra oggetti (legati tra loro dal tema dell’attesa) Crudelmente strappata alla mia terra natìa, ne piango l’abbandono, scorrendo senza tregua alcuna sfiorando i bordi cristallini che mi contengono. Eterno è il mio tormento, giacchè sono io stessa ad esserlo. Non potrò più essere sfiorata, prima con delicatezza e poi con ardore, dalle acque che un tempo furono mie amanti. Grido con fervore, attendendo la mia liberazione senza che essa giunga per davvero; mi dimeno ma, costretta dalla mia natura all’immobilità, ciò non si riflette al di fuori della mia anima, che continua a lottare per qualcosa che, purtroppo, non potrá mai ottenere. Il tempo così scorre ed io, all’interno della mia gabbia, faccio lo stesso. Silvana

Anche oggi è arrivato il momento di aprire la serranda del negozio, finalmente sono illuminata dalla luce del mattino, ed ecco che arriva il primo cliente: " Prendi me, prendi me!" Si avvicina la vecchia decrepita e passa la sua mano su tutti noi, si ferma davanti a me "Sto per essere presa, finalmente!" e poi prende quella accanto a me. "Ok, la giornata è ancora lunga " dico felicemente ma il tempo passa ed io ardo dalla voglia di essere accesa , di dare quel senso di sollievo a tutte quelle persone che mi usano come antistress , sto aspettando di essere comprata e fumata , voglio dare piacere ma allo stesso tempo rovinarli , aspetto con piacere il momento della giornata in cui sono stanchi e fumano con un viso rilassato e assaporano ogni mio

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piccolo materiale chimico , aspetto con ansia soprattutto i ragazzi che mi amano così tanto che pur sapendo che io sia illegale mi comprano lo stesso e vanno a fumare di nascosto, aspetto il momento in cui mi scelgono perché so che vogliono proprio me e quando mi hanno aprono velocemente l'involucro che ci separa e mi posano tra le labbra perché hanno bisogno di me , ma il momento che aspetto con più piacere è quello in cui una persona mi chiede ad un'altra solo per iniziare una conversazione e mi piace da impazzire essere il cupido della situazione ma il momento che aspetto di meno è quando sono finita che mi buttano come se non fossi stata mai nulla per loro , come se on gli avessi recato felicità per ogni tiro , come se non li avessi rilassati , mi buttano a terra e mi calpestano se sono buoni altrimenti mi lasciano lì a terra a bruciare da sola finché non mi spengo per sempre. Ma alla fin fine non posso far altro che vivere questa dolce attesa, perché la vita non è altro che il tempo di una sigaretta. Rossella

Buonasera a tutti, mi trovo in questa riunione per sale depresse, insoddisfatte e senz’autostima per esporre a voi consorelle alcune delle mie infelici esperienze sul posto di lavoro. Tra bambini che mi hanno presa per un campo da calcio, vecchi decrepiti che buttavano le cicche sul mio pavimento, insulse donnicciole che lasciavano cadere a terra i loro visoni polverosi. Per non parlare di mocciosi agguerriti che pulivano le suole sudicie delle loro ancor più sudicie scarpe sul prezioso battiscopa dorato. Maledizione, esiste un altro luogo adatto al compimento delle vostre porcherie: l’amico tappeto. E infine, ecco la parte peggiore di questa odissea quotidiana: essere decorata con nastrini, striscioni e fronzoli vari, kirsch e pomposi al limite del trash. Il guaio più grande si verifica quando mi vede il mio fidanzato, Cucina: con tutto quel luccichio addosso-adornata come una statua che deve sfilare in una brutta processione-dice che sono ridicola. Parla lui poi, tinto di bianco ospedale e spoglio come un albero d’autunno. Ha ragione tuttavia. Ragazze, ho finito…Scusatemi del disturbo. Avete atteso fin troppo di raccontare le vostre tragicomiche disavventure. Alessandro P. Tutti, in questo periodo dell'anno, mi attendono. Attendo anch'io, circondato dai miei simili impilati l'uno sull'altro in questo buio furgoncino di una ditta di trasporti. Chissà quale sarà il mio destino: potrei finire sotto l'albero di Natale della famiglia Doeson, ascoltando le risate dei bambini che giocano, le dolci urla di rimprovero di Mrs Rose che li ammonisce, e deliziandomi dell'aria invasa dal profumo di torta di mele. Oppure sono stato acquistato da Donald, che è stato licenziato da poco. Sua moglie Lindsey gli ripete sempre che non c'è regalo più grande della razione di pane che, in un modo o nell'altro, riescono sempre ad avere sulla loro tavola. Tuttavia, Donald non può non notare gli occhi della sua amata, che ogni giorno si illuminano dinanzi a quella vetrina di oggetti d'antiquariato. Forse avrà deciso di rinunciare alla sua cravatta per le occasioni, pur di rivedere quegli

occhi luccicare. Oppure, sarò consegnato per posta a Melanie: è in college e, per uno sciopero delle compagnie aeree, non potrà raggiungere la sua famiglia; dovrà quindi passare il Natale da sola, mangiando le solite schifezze surgelate. Sua madre ha sempre cercato di trasmetterle qualche insegnamento in campo culinario, ottenendo come risultati incendi e cataclismi vari. Forse al mio interno c'è un libro di ricette per lei. Oppure, potrei essere destinato al piccolo Tommy, che forse non sa nemmeno che tra due giorni sarà Natale. Il suo unico desiderio è il silenzio: trascorre la giornata confinato nella sua stanzetta chiusa a chiave, con le esili gambine tirate verso il petto e le mani portate alle orecchie, per proteggerle dalle orribili urla dei suoi genitori che litigano. Chissà se, una volta scartato, sarò motivo di gioia e di abbracci e occuperò un posticino sulla scrivania degli oggetti importanti; chissà se, al contrario, il mio destinatario, desiderando qualcos'altro, mi abbandonerà sullo scaffale più polveroso della soffitta, lasciandomi in compagnia di ricordi respinti e aspettative deluse. Non conoscendo il mio destino, mi tocca aspettare. Sonia Mi avvicino. E’ alto. Forse troppo. Sicuramente troppo. Sicuramente basterà. Conto i passi. Uno. Lei che guarda il mare come se cercasse di stimare la sua fine, come a voler confermare l’infinità e la pienezza di almeno una cosa. Fa aumentare la capienza del mare con quelle gocce che le rigano il viso mentre tira boccate di fumo da una sigaretta in una notte di giugno. Due. Lei che in sala prove con la schiena al muro, gli occhi socchiusi e quella rughetta sulla fronte che ha sempre quando si impegna e il labbro inferiore tra i denti prova un pezzo nuovo. Tre. Io che le tengo stretta la mano in quella stanza bianca come il sangue che ho in corpo. “Ho il cancro.” Le dico.” Allora ce l’ho anch’io” risponde con la voce rotta dal pianto. Quattro. Noi sul divano. Io che le passo una mano tra i capelli e lei che posa la testa sul mio petto quasi per accertarsi che il mio cuore stia continuando a battere. Cinque lei preparata per il ballo. Piange davanti alla sua immagine riflessa e cerca di togliersi il trucco con le mani dalla faccia. Io la bacio tra i capelli e la stringo a me cercando di ricomporre i pezzi della ragazza che ho davanti. Sei. Io e lei sul terrazzo di casa mia. “E’ alto” mi dice e nei suoi occhi vedo ripassarle la scena che l’ha cambiata per sempre. Cerca di guardare d’avanti a se ma lo sguardo le si è bloccato verso terra. “E’ più alto il cielo. E tu è a lui che appartieni”. Dico stringendole le spalle. Sette. Lei che chiude gli occhi . Si butta i capelli dietro le spalle. E soffia le candeline sotto una pioggia di coriandoli. Otto. La sua mano che stringe la mia, come a volersi prendere tutte le sofferenze che m sta dando questa terapia. “pensa a qualcosa di bello”. Mi dice. E le rispondo che la immagino con il pancione mentre prepara la cena in una grande casa del centro America. Nove. Lei che mi guarda come si guardano le cose belle. Come si guardano le stelle cadenti, con quella luce negli occhi di chi sa che una cosa deve finire. Mi guarda e cerca di imprimere nella sua mente tutti i particolari del mio volto. Mi guarda come si guardano le coccinelle, l’orologio il 31 gennaio e un treno che sta per arrivare. Con quella speranza che cambi qualcosa, con quella speranza che fa sempre quando si tratta di me. Dice. Ci siamo. “Devo andare. Torno presto” .le dico. “ti aspetto” risponde. Non aspettarmi piccola. Ti aspetterò io. Aspetterò che crescerai, diventerai grande e spegnerai tante candeline. Ti guarderò

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piangere e ridere e stimare di nuovo la profondità del mare forse cercando i miei occhi. Ti abbraccerò sempre cercando di ricomporre i pezzi di te. E ti aggiusterò le dita sulla tastiera della chitarra quando sbaglierai gli accordi. Ma tu non mi vedrai. Ti ho detto che tu eri una creatura del cielo. Tu saresti sopravvissuta a questo volo. Perché il cielo i cura, ti brama e ti custodisce. Tu che hai paura della voragine che hai sotto ai tuoi piedi non hai avuto paura di colmare la voragine che c’era dentro di me per questo volo felice. Volo per te volo e mi schianto. E non ci sono più. Ma sono sempre accanto a te. Ti aspetto. Antonella Non pensavo sarebbe mai accaduto, eppure è successo. L’ho capito qualche settimana fa, quando sei caduta dalle scale. Ho capito che non ce l’avrei fatta. Sono stato troppo fragile, ma tu non fare il mio stesso errore: non spezzarti al primo dolore, non lasciare che esso ti consumi come il fuoco divora la carta, lascia che esso si spenga, a poco a poco, come mamma, sto facendo anch’io; lascia una parte di te ancora in vita. L’attesa del mio arrivo si ridurrà ad un dolore atroce. Sentirai qualcuno ucciderti, ma non morire, non torcerti al suo volere. Prima di andarmene voglio parlarti della mia unica ed ultima aspirazione. Non si tratta del desiderio di stare con te, ma del bisogno di sapere che stai bene. Tornerò a sfiorare i tuoi pensieri, e una cicatrice si aprirà; non odiarla, accarezzala, servirà a ricordarti il valore della vita. Tenterai di esorcizzare il vuoto e io il ricordo del tuo amore. Anzi no. Quello non lo dimenticherò, non voglio farlo. Esso si addormenterà con me, dolcemente. Va bene anche così, ho iniziato la mia vita dentro di te ed è dentro di te che la terminerò. Farà male mamma, ma io lo so, tu sei forte. Ho paura, ma non importa. Addio mamma. Larissa

La Libertà (descrivere il concetto di libertà in 5 righe) La libertà per me è camminare a testa alta per strada con una gonna troppo corta o i capelli troppo rosa, senza essere additati, passare ore in biblioteca, senza essere derisi, dire di NO quando il resto dice SI, senza essere giudicati. Svegliarsi la mattina, senza preoccuparsi di come andrà la giornata. Vanessa Essere in pace con se stessi ed essere autentici. Coraggio di svegliarsi e di decidere, di cambiare idea. Coraggio di non aver paura. E ci siamo. Lacrime, grida e passi

indietro. Strepiti e cigolii. Larissa La libertà è una menzogna. Una fantastica fantasia che ha inventato la mente umana per sentirsi più padrone della propria vita, una fantasia che accattiva tutti e alimentata giorno per giorno tanto che la fantasia si è mescolata alla realtà, creando un mondo parallelo dove siamo tutti felici e liberi di fare ciò che vogliamo fermati solo dalla giustizia. Ma in realtà siamo incatenati dalle verità nascoste e menzogne esposte, non siamo liberi come uccelli ma come uccelli i gabbia. Rossella La libertà per me è… riuscire ad esprimere sé stessi senza sentirsi giudicati o derisi dalle persone che ci circondano. Essere liberi significa prendere decisioni senza farsi condizionare da nulla e da nessuno. Di conseguenza, non dover dipendere da qualcuno che ci costringe ad indossare una maschera. Dea

La Rivoluzione (a partire dalla sottrazione delle parole che la compongono) Ti piacerebbe attuare una bella rivoluzione di idee in questo paese di bigotti? -Certo che sì, anche se prima dovremmo attuare un qualcosa di meno utopico, come un’evoluzione totale delle menti chiuse mediante la diffusione della cultura, del sapere dei maggiori sofisti. -Sì okay, potrebbe essere la soluzione a tutti i nostri mali, però è un progetto piuttosto radicale. Non vorrei che di questa parola “soluzione” restassero solo le ultime lettere precedute da “in”. Tutta questa favola potrebbe anche generare un’involuzione generale, perché noi agiremo come tutti gli altri. Preso il potere, approfitteremo della nostra posizione per arricchirci, sottometteremo gli oppressi e non daremo più spazio ai vecchi ideali come l’amor di patria e la difesa del Quarto Stato. -E quella vecchia canzoncina che intonavamo con la compagna Frida, “NOI PROLETARI, TU BORGHESE, I AM PEACE LOVER”… Te la ricordi? Non saremo più così ingenui? -No, no, no. Per vivere in questo inferno che è il mondo non si può essere degli eterni bambini sognatori, bisogna essere come coloro che fregano il prossimo, cumuli di ipocriti che impongono inutili burocrazie, che quando possono calpestano i diritti di qualcun altro più debole che fondano totalitarismi basati su cosa? Sul Nulla. Altro che rivoluzione. Alessandro P.

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-Rivoluzioniamo? -Vuoi fare una rivoluzione? -Sì, rivoluzioniamo -Rivoluzioniamo cosa? -Beh, lo capirai smontando questa parola. Ma devi dedicarmi un po’ d’attenzione. Ti fidi? -Mi fido. Ma … ho una domanda. -Chiedi pure. -Per fare questa rivoluzione, avremmo bisogno di armi? -No, no di certo. O rischieremo una rivoluzione senza r e con l’aggiunta di un inutile in. E ora pensa in inglese, in può tradursi con …? -Dentro. -Ecco, non deve rimanere qualcosa che resta dentro e basta, quindi no, non ci serve. Cos’è che non ci serve allora? -Un’involuzione? -Esatto. Lasciamo per un attimo perdere ri nella parola rivoluzione e aggiungiamo una e, che stia a significare me e te. Ci sei? -Ci sono. -Perfetto. Stiamo togliendo ogni prima lettera. Continuiamo a sottrarne un’altra. Abbiamo tolto dalla parola “Rivoluzione” prima la r, poi la i, e adesso? -Dunque, tolta la r, tolta la i, leviamo la v! -Brava! Vediamo perché rivoluzioniamo senza la riv. Per aggiungere una s e raggiungere una …? -Soluzione? -Benissimo! Ancora un po’ di pazienza, ci siamo quasi. Qual è la parola da cui siamo partiti? -Rivoluzione. -Ora pensa a “Rivoluzione” in inglese. -Quindi … revolution. -Adesso pensa a questa parola al contrario. -Noitulover. -Estraine la parola inglese e a avrai la soluzione. -Lover. -Ripeto la domanda: rivoluzioniamo? -Sì, amiamoci. Larissa