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Atti Parlamentari — 16929 Senato della Repubblica 1948-50 - ODXXXII SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950 CDXXXII. SEDUTA MARTEDÌ 6 GIUGNO 1950 (Seduta antimeridiana) Presidenza del Vice Presidente ZOLI INDICE Commissione parlamentare , (Per la elezione di membri) Pag. 16930 Congedi 16930 Disegni di legge : (Presentazione) 16957 (Trasmissione) 16930 Disegno di legge di iniziativa parlamentare (Presentazione) 16930 Disegno di legge : « Biordinamento delle di- sposizioni sulle pensioni di guerra» (787) (Seguito della discussione): ORLANDO 16954 PARATORE 16958 LANZETTA 16958 MACRELLI 16959 VENDITTI 16960 CHIARAMELLO, Sottosegretario di Stato per il tesoro 16960 Interpellanze (Svolgimento ) : GRISOLIA ]6931, 16952 CINGOLANI 16940, 16953 DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri J6947 [Relazione (Presentazione) 16930 Risposte scritte ad interrogazioni (Annunzio) 16930 ALLEGATO AL RESOCONTO - Risposte scritte ad interrogazioni : BERLINGUER 16961, 16962 GrONELLA, Ministro della pubblica istru- zione 16961, 16969, 16972, 16974 SCELBA, Ministro dell'interno . . 16961, 16971 SPATARO, Ministro delle poste e telecomu- nicazioni 16962, 16963 BISORI 16962, 16963 Bo Pag. 16963 VANONI, Ministro delle finanze .... 16963 BRASCHI 16963 CARBONARI (MOTT, BENEDETTI Luigi, PIEMONTE, BRAITENBERG, GRAVA, CONCI, TARTTJFOLI, GUARIENTI, CEMMI, CARELLI, K AFFEINER, OTTANI, FARIOLI, D'INCÀ, (TESSITORI) 16964 SEGNI, Ministro dell'agricoltura e foreste 16964 CIAMPITTI 16965 CAMANGI, Sottosegretario di fatato per i lavori pubblici . . 16965, 16966, 16967, 16969, 16971, 16974 ELIA 16965 JANNUZZT 16966 LAZZARO . 16967 SIMONINI, Ministro della marina mercan- tile 16968 LOCATELLI 16969 MARAZZA, Ministro del lavoro e della pre- videnza sociale . . . . , 16970 LONGONI 16970 D'ARAGONA, Ministro dei trasporti . . . 16970. 16971, 16973 MOMIGLIANO 16970 MUSOLINO 16971 PICCHIOTTI (G-IUÀ) . . . 16972 Hocco 16972 SANTONASTASO 16973 TIGNINO 16974 La seduta è aperta alle ore 9,30. MERLIN ANGELINA, segretario, lettura del processo verbale della seduta precedente, che è approvato. TIPOGRAFIA DEL SENATO (1200)

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Atti Parlamentari — 16929 — Senato della Repubblica

1948-50 - ODXXXII SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

CDXXXII. SEDUTA

MARTEDÌ 6 GIUGNO 1950 (Seduta antimeridiana)

Presidenza del Vice Presidente ZOLI

I N D I C E

Commissione parlamentare , (Per la elezione di membri) Pag. 16930

Congedi 16930

Disegni di legge : (Presentazione) 16957 (Trasmissione) 16930

Disegno di legge di iniziativa parlamentare (Presentazione) 16930

Disegno di legge : « Biordinamento delle di­sposizioni sulle pensioni di guerra» (787) (Seguito della discussione):

ORLANDO 16954 PARATORE 16958 LANZETTA 16958 MACRELLI 16959 VENDITTI 16960 CHIARAMELLO, Sottosegretario di Stato

per il tesoro 16960

Interpellanze (Svolgimento ) : GRISOLIA ]6931, 16952 CINGOLANI 16940, 16953 D E GASPERI, Presidente del Consiglio dei

Ministri J6947

[Relazione (Presentazione) 16930

Risposte scritte ad interrogazioni (Annunzio) 16930

ALLEGATO AL RESOCONTO - Risposte scritte ad interrogazioni :

BERLINGUER 16961, 16962 GrONELLA, Ministro della pubblica istru­

zione 16961, 16969, 16972, 16974 SCELBA, Ministro dell'interno . . 16961, 16971 SPATARO, Ministro delle poste e telecomu­

nicazioni 16962, 16963 BISORI 16962, 16963

Bo Pag. 16963 VANONI, Ministro delle finanze . . . . 16963 BRASCHI 16963 CARBONARI (MOTT, BENEDETTI Luigi,

PIEMONTE, BRAITENBERG, GRAVA, CONCI, TARTTJFOLI, GUARIENTI, CEMMI, CARELLI, K AFFEINER, OTTANI, FARIOLI, D ' I N C À , (TESSITORI) 16964

SEGNI, Ministro dell'agricoltura e foreste 16964 CIAMPITTI 16965 CAMANGI, Sottosegretario di fatato per i

lavori pubblici . . 16965, 16966, 16967, 16969, 16971, 16974

E L I A 16965 JANNUZZT 16966 LAZZARO . 16967 SIMONINI, Ministro della marina mercan­

tile 16968 LOCATELLI 16969 MARAZZA, Ministro del lavoro e della pre­

videnza sociale . . . . , 16970 LONGONI 16970 D'ARAGONA, Ministro dei trasporti . . . 16970.

16971, 16973 MOMIGLIANO 16970 MUSOLINO 16971 PICCHIOTTI (G-IUÀ) . . . 16972 Hocco 16972 SANTONASTASO 16973 TIGNINO 16974

La sedu ta è a p e r t a alle ore 9,30.

M E R L I N A N G E L I N A , segretario, dà l e t t u r a del processo verbale del la sedu ta precedente, che è approva to .

TIPOGRAFIA DEL SENATO (1200)

Atti Parlamentari *— 169SÓ —» Senato iella Repubblica

1948-50 - ODXXXII SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

Congedi.

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i sena­to r i : Caminiti per giorni 2, Cerica per giorni 2, Ricci Federico per giorni 5, Silvestrini per gior­ni 2.

Se non si fanno osservazioni, questi congedi si intendono accordati.

Trasmissione di disegni di legge.

PRESIDENTE. Comunico al Senato che il Pre­sidente della Camera dei deputati ha trasmesso i seguenti disegni di legge :

« Costituzione in comune autonomo della fra­zione di Colli di Labro, in provincia di Rieti » (1083), d'iniziativa del deputato Bernardinetti ;

« Abolizione del diritto di licenza sulle merci importate dall'estero e istituzione di un diritto per i servizi amministrativi » (1084).

Questi disegni di legge seguiranno il corso sta­bilito dal Regolamento.

Presentazione di un disegno di legge d'iniziativa parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico al Senato che il se­natore Elia ha presentato un disegno di legge con­cernente il riordinamento degli archivi notarili (1085).

Questo disegno di legge seguirà il corso stabili­to dal Regolamento.

Presentazione di relazione.

PRESIDENTE. Comunico al Senato che il se­natore Caron ha presentato, a nome della 9a Com­missione permanente (Industria commercio inter­no ed estero, turismo) la relazione sul disegno di legge :

« Stato di previsione della spesa del Mini­stero del commercio con l'estero per l'esercizio finanziario dal 1° luglio 1950 al 30 giugno 1951 » (1062).

Questa relazione sarà stampata e distribuita; il relativo disegno di legge sarà posto all'ordine del giorno di una delle prossime sedute.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

PRESIDENTE. Comunico al Senato che i Mi­nistri competenti hanno inviato risposta scritta ad interrogazioni dei senatori : Berlinguer (tre), Bi-sori (due), Bo, Braschi, Carbonari, (Mott, Bene­detti Luigi, Piemonte, Braitenberg, Grava, Conci, Tartufoli, Guarienti, Cemmi, Carelli, Raffeiner, Ottani, Parioli, D'Incà, Tessitori), Ciampitti, Elia, Jannuzzi (due), Lazzaro, Locatelli (tre), Longoni (due), Momigliano, Musolino (due), Pic­chiotti, (Giua), Rocco, Santonastaso e Tignino.

Tali risposte saranno inserite in allegato al resoconto stenografico della presente seduta.

Per l'elezione dì membri di Commissione parlamentare.

PRESIDENTE. Informo il Senato che in una delle prossime sedute si procederà alla votazione per la nomina di tre senatori che dovranno far parte — insieme a tre deputati — della Commis­sione prevista dall'articolo 5 della legge 12 mag­gio 1950, n. 230 (Provvedimenti per la colonizza­zione dell'altopiano della Sila e dei territori joni-ci contermini) e incaricata di dare il proprio pa­rere sui provvedimenti che il Governo emanerà in forza della delega concessagli con la legge stessa.

A norma dell'articolo 8 del Regolamento del Senato, tale votazione avrà luogo col sistema del voto limitato.

Svolgimento di interpellanze.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di due interpellanze presentate ri­spettivamente dal senatore Grisolia e dai senato­ri Cingolani, Marconcini e Riccio al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Poiché esse si riferiscono ad argomento affine propongo che siano svolte contemporaneamente. Se non si fanno osservazioni così rimane stabilito.

Prego il Senatore segretario di dar lettura di dette interpellanze.

MERLIN ANGELINA, segretario, legge :

GRISOLIA. Al Presidente del Consiglio dei Mi­nistri, per sapere se e quali provvedimenti siano per prendersi a seguito dell'articolo pubblicato da un componente dell'altro ramo del Parlamento su

Atti Parlamentari — 16931 — Senato della Repubblica

1948-50 - ODXXXII SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

« l 'Italia d'oggi » del 19 aprile 1950, nel quale si accenna a fatti gravi che avverrebbero nell'ambito parlamentare governativo, e che purtroppo corri­spondono alle voci diffuse da tempo in tutto il Paese, con evidente menomazione del prestigio del Parlamento italiano e dello stesso Governo (221).

CINGOLANI, MARCONCINI, RICCIO. Al Presi­dente del Consiglio dei Ministri, per conoscere l'atteggiamento del Governo in ordine alla cam­pagna scandalistica diffusa in questi giorni nella stampa del Paese, con evidente intento di meno­mare il prestigio delle istituzioni democratiche (233).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sena­tore Grisolìa, per svolgere la sua interpellanza.

GRISOLIA. Signor Presidente, onorevoli sena­tori, onorevole Presidente del Consiglio, l'ora che noi oggi viviamo è senza dubbio assai importante e direi decisiva per il collaudo delle nostre istitu­zioni democratiche. Perciò mi sia consentito di parlare con franchezza e senza eccessive perifra­si, nell'interesse esclusivo del Paese, che — dopo la caduta del regime fascista e con l'avvento della Repubblica — ha ben diritto di veder instaurato veramente un nuovo clima morale e politico.

Gira di bocca in bocca proprio in questi giorni a Roma una storiella (non è mia, l'ho « rubata » da una rivista « paragovernativa ») che potrebbe essere intitolata ì « storia dei martiri vendicati ». Uno di questi negri, che s'incontrano per le strade di Roma, un pellegrino dell'Anno Santo, visita il Colosseo e, mentre contempla quelle superbe rovi­ne, ascolta trasognato le spiegazioni della guida. La guida, ad un certo momento, racconta : « qui i leoni divorarono i primi cristiani ». Il pellegri­no, esperto cacciatore, si scuote all'improvviso e chiede se le belve si aggirano ancora t ra quei mean­dri. « No, risponde la guida, non c'è pericolo : al­cuni parlamentari e uomini di governo hanno ven­dicato i martiri e si sono mangiati pure i leoni ».

La storiella, che si riallaccia ad altre analoghe, messe in giro in determinati momenti della vita del nostro Paese, non proviene, onorevoli colle­ghi, dai parti t i di sinistra, dai parti t i di opposi­zione, ma è stata scritta, ripeto, su un settimana­le « paragovernativo » da un giornalista che mi si dice democristiano e su sollecitazione dei così detti «sinistri » del partito di maggioranza !

Del resto, non è la prima volta che siffatte vo­ci provengono dagli ambienti democristiani; ba­sta sfogliare i resoconti di alcuni convegni del

partito uscito vincitore, dal punto di vista nume­rico, dalle elezioni del 18 aprile. Né è certo un so­cialista o un comunista Luigi Sturzo, che sin dal suo arrivo in Italia va rivolgendo esortazioni ed accuse al Governo e ai democristiani, invitando ad una maggiore austerità, ad una sensibilità più viva circa l'assoluta « incompatibilità fra il man­dato parlamentare e la carica di amministratore di enti statali, parastatali e di diritto pubblico finanziati dallo Stato, o enti privati dai quali lo Stato fosse in tutto o in parte un azionista, o aves­se rapporti di affari ». Incompatibilità che, a pre­scindere dalle ragioni messe in evidenza ed accet­tate da tut t i i parlamentari prima del fascismo (il senatore Gasparotto giorni fa ha richiamato la nostra attenzione su un noto ordine del giorno di Eugenio Chiesa), oggi si impone senza ulterio­ri indugi (checché ne discettino alcuni lodi di par­titi interessati in questa faccenda), non solo per la triste eredità del malcostume ventennale, ma anche perchè, come ebbe a scrivere il fondatore dell'ex partito popolare, oggi democristiano, « le elezioni del 18 aprile mandarono alla Camera dei deputati e al Senato un certo numero di parlamen­tari che avevano avuto in precedenza cariche di amministrazione e di sindacato negli enti stata­li e parastatali », e che si pensava « si sarebbero affrettati ad optare per gli uni o per gli altri dei posti, ritenendo incompatibile moralmente essere allo stesso tempo geloso custode del denaro pub blico, (quale si presume debba essere un parla­mentare) e gestore di ente che riceve, sotto qual­siasi forma, denaro dallo Stato; in una parola, essere controllore legislativo e controllato am­ministrativo ».

Sì nobile campagna moralizzatrice, già caratte­ristica del partito socialista italiano, è stata ri­presa, con accenti misurati ma espliciti, non solo da Luigi Sturzo con il noto articolo « Moralizza­re la vita pubblica », ma anche da taluni parla­mentari in Senato e alla Camera.

Tutti ricordano ancora in Italia i risultati del­l'inchiesta degli « undici » in sede di Assemblea costituente ed il conseguente invito a tutt i i par­lamentari di denunciare i vari incarichi, con espli­cita raccomandazione di sentire spontaneamente l'incompatibilità fondamentale di tale situazione, in attesa di una apposita legge. Anche in questo ramo del Parlamento da due anni si va svolgen­do questa opera moralizzatrice, con varie docu­mentate denunce di alcuni senatori e anche del

Atti Parlamentari — 16932 — Senato della Repubblica

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sottoscritto, modesto componente di questa alta Assemblea. I colleglli ricorderanno le denunce sui profitti del vecchio regime, sugli ormai famo­si carri armati di Civitavecchia, sul piano I.T.T., sulla recente assegnazione in esclusiva e a tratta­tiva privata alla Publivox (società non ancora costituita al momento dell'assegnazione) di tutte le forme di pubblicità sulle cose mobili ed immo­bili del Ministero delle poste e telecomunicazioni, di quel Ministero i cui titolari hanno il privile­gio, da qualche tempo a questa parte, di richia­mare l'attenzione su di loro sia della stampa che del Parlamento.

Ma il bubbone del malcostume, sino ad oggi alimentato dalla insensibilità di alcuni ministri e parlamentari e, strano a credersi, anche dalla involontaria omertà dello stesso Presidente del Consiglio, è ormai scoppiato e nessun tentativo di contenere il bubbone stesso con improvvisati cerotti potrà impedire l'energico intervento ripu­litore del bisturi, manovrato da un medico ine­sorabile. I l bisturi sarà questa volta l'inchiesta parlamentare e il medico il Parlamento, l'unico sovrano custode della propria dignità (Applau­si da più parti).

L'allarme già dato più volte, e in apparenza inutilmente, è risuonato in modo clamoroso pro­prio nell'anniversario delle elezioni del 18 aprile.

I l Presidente dell'Associazione dei combatten­ti e dei reduci, uomo non di parte nostra ma della maggioranza governativa, anzi del partito demo­cristiano e facente parte del gruppo parlamentare democristiano, denuncia in un articolo pubblicato sull'« Italia d'oggi » n. 16, dell'aprile corr. anno, intitolato « Come evitare un 3 gennaio », il malco­stume dilagante nel nostro Paese. In questo ar­ticolo si possono leggere frasi di questo genere (chiedo scusa ma è opportuno che ciò rimanga negli att i parlamentari) : « La prudenza è senza dubbio una grande virtù. Figlia primogenita del­la saggezza, al suo cospetto bisogna inchinarsi, sia che ci appaia nell'ambito dei nostri affetti fa­miliari e delle nostre conoscenze personali, sia che faccia sfoggio di sé nelle amministrazioni ci­viche o statali. Dobbiamo stare però molto atten­ti nel non confondere la prudenza con qualche altra cosa che solo in apparenza le somiglia ». Sembra un articolo scritto in questi giorni e non il 19 aprile 1950. « Ciò premesso, continua l'onore­vole Viola, dobbiamo purtroppo constatare che

mai come ora si è fatto tanto silenzio intorno alle ripetute insinuazioni e alle accuse specifiche mos­se all'indirizzo di uomini politici ed anche di mem­bri del Governo per fatti di natura morale. Viene fatto perciò di domandarsi se il silenzio sia dovu­to ad una norma di vita di uomini prudenti o piut­tosto a cinismo di uomini spregiudicati. Conosci­tori profondi e documentati assicurano che si t rat ta, quasi sempre, di individui che apparten­gono alla seconda categoria, i quali non si difen­dono perchè contano sulla mancanza di tenacia degli accusatori e sull'omertà politica di un cer­to numero di correligionari. Invece di fare pub­blica ammenda, questi cinici permangono imper­territi e sfacciati sulla strada dell'errore e del reato, amministrando uomini e cose e, non sem­pre senza concupiscenza, diecine di milioni e tal­volta miliardi del tesoro pubblico; onde assistia­mo ad una ridda di carrozzoni, di appalti irrego­lari, di cointeressenze, di permessi di importazio­ne ingiustificati; e per quieto vivere, o per disci­plina di partito, ci togliamo il cappello in presen­za di ex straccioni che ora si danno alla gran vita, che comprano appartamenti e ville o che, per tar­divo pudore, mascherano o imboscano illeciti gua­dagni. Invano ha parlato e ha ammonito don Lui­gi Sturzo ; invano hanno parlato e ammonito ami­ci e oppositori del Governo. Non invano, invece, il sottoscritto denunciò, alcuni mesi or sono, uno di questi messeri; non invano perchè, a seguito di tale sua denuncia, il nostro potè ritornare, e promosso, al banco del Governo ».

Tralascio il periodo che segue, perchè allude a « rapporti intimi » che debbono essere esclusi — anche nell'allusione — dall'austerità del Par­lamento.

« Vero è, continua l'onorevole Viola, che non si possono obbligare tut t i i democristiani a far vita di convento, ma non si può nemmeno in questo campo fare concorrenza a chi non ha freni di co­scienza e di partito. Non si può ammettere so­prattut to di far pagare allo Stato o a una regione i sollazzi intimi e le ambizioni di un omuncolo che l'intrigo e la complicità hanno portato tanto in alto. L'onorevole De Gasperi è generalmente con­siderato un uomo prudente e probo, ma non tanto quanto basti per disfarsi della zavorra che osta­cola il corso della sua navigazione. Egli dovrà per­tanto decidersi ad abbattere il muro del silenzio eretto a protezione dei profittatori del partito do­minante o rassegnarsi ad accreditare la diceria che

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anche lui sia un cinico come gli altri ». Ed ancora, scrive l'onorevole Viola : « Ci dispiace moltissimo, ma dobbiamo pur dirlo : per colpa di un'esigua schiera di profittatori, di accaparratori di posti, di amorali e, qualche volta, di ricattatori, assi­stiamo oggi a spettacoli ai quali, malgrado tutto, il Paese non era abituato. Ma pur nell'attuale di­sordine morale non va dimenticato che il fasci­smo ebbe il suo 3 gennaio, per mancanza di spina dorsale nella classe dirigente italiana; e va te­nuto presente che, per mancanza di spina dorsale di quella che dovrebbe essere oggi la nuova classe dirigente, ci si sta avvicinando un'altra volta al 3 gennaio dei profittatori, degli accaparratori di posti, degli amorali e dei ricattatori. Per poter scongiurare questo pericolo, non v'ha dubbio che occorrono drastiche misure da parte dell'onore­vole De Gasperi, e subito. Gli onesti e ingenui col­leghi della maggioranza non si illudano, e non si illuda la parte sana e fiduciosa del Paese. Se non si mostreranno i denti senza indugio e senza de­bolezze la battaglia sarà perduta, in quanto gli individui ai quali ci riferiamo saranno domani più forti e baldanzosi che mai, perchè più ricchi, perchè avranno potuto allargare la cerchia delle loro connivenze, perchè saranno riusciti a tra­sfondere sfiducia nell'animo dei deboli, perchè avranno corrotto un numero sempre maggiore di cittadini. Sveglia, dunque, se si vuole evitare un nuovo 3 gennaio ! ».

Questo articolo può ben definirsi una staffilata per l'opinione pubblica italiana, e ciò non solo per le affermazioni in esso contenute e per prove­nire, esso articolo, da un superdecorato, facente parte dello stesso Gruppo parlamentare a cui ap­partengono gli accusati; ma anche perchè ha im­presso un notevole abbrivio al problema avente particolare significato, in quanto successivo al noto intervento dell'onorevole Dossetti che, nel­l'ultimo Consiglio nazionale della Democrazia cri­stiana, ha parlato in un modo e poi, su « Il Quo­tidiano », ha scritto in un altro modo. In occa­sione del detto intervento, l 'attuale vice segreta­rio dello stesso Parti to ebbe ad insistere, con par­ticolare energia, sull'improrogabile necessità di moralizzare la vita pubblica, a principiare da quella del suo part i to!

La stampa, con particolare ed encomiabile sen­sibilità — checché sia contenuto nella interpel­lanza di un collega di questa Assemblea, molto più autorevole di me — si è impossessata del

grave problema politico e, senza distinzione di sorta, fatta eccezione de « Il Popolo » e di qual­che altro giornale — che di recente è passato in proprietà, se non esclusiva, nella maggioranza delle azioni, di un ex Ministro e che domenica scorsa ha cercato di inventare dietro l'onorevole " r iola non so quali collusioni —, ha fatto il bilan­cio del prezzo che il Paese paga al partito di mag­gioranza per l'errore del 18 aprile, rilevando che « abusi, faziosità, accaparramenti e insomma la prepotenza che solitamente accompagna il carro del vincitore, costituiscono una grave passività e promettono male per l'avvenire dell'Italia ». \Ap-provasioni, commentì).

Mi si dice, onorevoli colleghi, che dal 19 aprile 1950 in poi la t i ratura dei giornali è sensibil­mente aumentata ; il che, unitamente ad altre ma­nifestazioni cui assiste chi ha la fortuna dì an­dare in giro per il Paese, significa che il popolo italiano comincia a farsi vivo, con buona pace dì Luigi Sturzo che, nei riguardi del popolo italiano, aveva tempo fa manifestato un certo scetticismo !

E parecchi settori dell'apparato governativo ne hanno fatto e ne fanno le spese!

I Ministeri dell'industria e delle poste e tele­comunicazioni non sono le sole amministrazioni colpite; i monopoli finanziari, gli enti demaniali, gli enti di diritto pubblico, gli enti parastatali sono definiti centri di parassitismo, organi di sfruttamento, rifugio di tutte le cricche.

Si è parlato di una certa parti ta di formaggio importato dalla Sardegna, e del relativo autore vole intervento per facilitare lo sconto bancario alla ditta importatrice per una cifra di diversi milioni, e cioè di molto superiore allo sconto della famosa cambiale di lire 20 mila che provocò a suo tempo la nota inchiesta parlamentare a ca­rico del deputato Pietro Lacava; deplorato que­sti per il semplice fatto di avere, con un suo tele­gramma, raccomandato il detto sconto bancario di 20 mila lire.

Apprendiamo dal lodo, pubblicato solo stama­ne, di altro « intervento » per alcune diecine di milioni, e si fa un elogio perchè non risulta che vi sia la prova documentale di una qualsiasi inte­ressenza, di un qualsiasi interesse personale.

Si è, inoltre, parlato di zucchero e crusca, e al­l'uopo sono state denunziate alcune associazioni, consorzi di cooperative, in modo particolare la Federazione dei consorzi agrari. Si è parlato an­cora di omertà politica, peggiore di quella della

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onorata società ingiustamente definita napoleta­na o siciliana, ma che fu comune a parecchie re­gioni d'Italia; peggiore perchè più estesa e per­chè investe oggi tut ta l'amministrazione dello Stato nei suoi rapporti con gli industriali, i com­mercianti, gli affaristi e i parassiti. Eppure, una buona parte della burocrazia, già un tempo one­stissima, resiste ancora a tale ondata di discre­dito, forse perchè questo discredito, più che la burocrazia, colpisce, in modo particolare, alcuni parlamentari e taluni Ministri.

Nella denuncia Viola i bersagli più importanti sono evidenti; t rat tasi di governanti in carica e di parlamentari che presiedono a importanti or­ganismi, aventi rapporti diretti o indiretti con lo Stato.

I l Parlamento non poteva né doveva rimanere indifferente. (Applausi).

Quando si t ra t ta di malcostume che interessa il pubblico erario, onorevoli colleghi, le persone, anche organizzate in partiti , debbono scansarsi e cedere il passo al Parlamento nel suo insieme, specie se si t ra t ta di tutelare la moralità par lamentare e governativa; sì, anche e soprat­tutto la moralità governativa. Perchè, onorevoli senatori, in democrazia se il Governo ha il do­vere di non tradire, con il comportamento di al­cuni suoi membri, la fiducia del Parlamento, il Parlamento a sua volta, senza distinzione tra Ca­mera dei deputati e Senato, ha il diritto di tute­lare da sé la propria dignità e la moralità del Go­verno, perchè ciò facendo adempie anche ad un suo fondamentale dovere: quello cioè di salva­guardare il prestigio di tutto il Paese.

Bene ha fatto il Senato, quindi, attraverso la opera di uno dei suoi più modesti componenti (reso diligente da un biennio circa di azione par­lamentare, diretta, se non ad eliminare del tutto, almeno a segnalare attività in procinto di sconfi­nare, se non già sconfinate, dai limiti del lecito), a non arrestarsi davanti a interrogativi gravi cir­ca l'idoneità a sedere negli scanni parlamentari o nelle poltrone ministeriali di alcuni componen­ti del Parlamento o del Governo; sopraffatto quando il partecipare a questa azione di chiari­menti proveniva, e proviene, da un deputato — ri­peto — che fa parte della maggioranza governa­tiva!

Ed ecco l'origine della mia interrogazione, an­nunciata nella pubblica seduta del 26 aprile, il cui testo, conservato integralmente anche in sede

di interpellanza, suona nei termini nei quali è stato testé letto dalla segretaria senatrice Merlin.

Mi si perdoni un peccato di superbia, onorevoli colleghi, ma la mia interrogazione meritava ben altro trattamento dall'onorevole Presidente del Consiglio. Egli avrebbe dovuto intervenire, e — perchè no? — avrebbe dovuto anche influire pres­so gli organi del suo partito, perchè nessuna no­tizia fosse comunicata al pubblico circa il corso della famosa — divenuta ormai famigerata — in­chiesta interna di partito, se non dopo che esso Presidente del Consiglio avesse ampiamente rife­rito in Senato, in sede di esauriente risposta alla mia precedente interrogazione. Invece, mentre l'onorevole Viola, nell'interno del Gruppo demo­cratico cristiano e dello stesso partito, viene sot­toposto al sistema della « doccia scozzese », nella seduta del l ' l l maggio l'onorevole Andreotti, ri­spondendo a nome del Presidente del Consiglio, alla mia interrogazione, così si esprimeva : « L'in­terrogazione si riferisce ad un articolo dell'ono­revole Viola, nel quale, senza far nomi, si ri\ol-gono, in termini generici, severe censure contro membri del Parlamento e del Governo ». « Suc­cessivamente lo stesso onorevole Viola rendeva noto, in una lettera ad un giornale romano, che il Direttorio (così sta scritto nella copia autentica in velina redatta presso la Presidenza del Consi­glio) del gruppo parlamentare al quale egli ap­partiene, lo aveva formalmente e categoricamen­te invitato a far nomi e precisare fatti. L'onore­vole Viola aggiungeva di accogliere l'invito, e smentiva la notizia, dal giornale pubblicata, di avere subito pressioni di alcun genere o tentativi di insabbiamento ». « Risulta — continua la ri­sposta — che questo lavoro di precisazione è in corso. Evidentemente, fino a che non si giunga a conclusioni che affermino responsabilità concrete, il Governo non ha modo né motivo di intervenire, avendo anzi tutte le ragioni per ritenere che si t ra t t i di voci infondate ». (Questo in data 11 mag­gio mentre era ancora in corso l'inchiesta). « Una volta accertata la responsabilità di chi accusa e di chi è accusato, il gruppo parlamentare interes­sato, e, in quanto lo riguardasse, anche il Gover­no, daranno certamente all'opinione pubblica (non al Parlamento, non all'interrogante!), le soddisfa­zioni che esigono le norme dell'onestà e della pro­bità politica ».

Onorevoli colleghi, chiedo scusa se ho riletto la risposta alla mia precedente interrogazione, ma

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1948­50 ­ C D X X X I I SEDUTA

t rat tasi di un documento che, insieme al testo del noto comunicato del Consiglio dei Ministri, rap­

presentano la prova provata del­ deliberato pro­

posito del Governo di soffocare questo grave scan­

dalo, opponendosi deliberatamente a qualsiasi in­

chiesta parlamentare. Proposito di insabbiamen­

to ed atteggiamento anti­parlamentare che vanno da noi seriamente meditati. (Benìssimo).

Nella risposta all'interrogazione, mentre si an­

nunzia che è in corso un lavoro di precisazione da parte degli organi di partito, si esprime nel con­

tempo un giudizio prematuro col rendere noto che il Governo ha tutte le ragioni per ritenere che si t ra t t i di voci infondate.

Avrei potuto approfittare di quella strana ri­

sposta, per mettere in evidenza l'antidemocratico atteggiamento del Governo; e invece, per carità di patria, me ne sono astenuto, limitandomi a di­

chiararmi insoddisfatto e a trasformare l'interro­

gazione in interpellanza. Eppure la detta rispo­

sta si presentava in modo tutt 'al tro che corretto, dal punto di vista parlamentare! Perchè una in­

terrogazione parlamentare relativa ad accuse, gravi accuse, contro membri del Parlamento e del Governo che non possono né debbono essere sot­

t rat te all'esame e al giudizio del Parlamento stesso, non poteva né doveva consentire all'ono­

revole Presidente del Consiglio di far comunicare che egli non aveva nulla da rispondere all'interro­

gante, essendovi in corso una inchiesta interna di partito. E ciò, specie quando la trattazione della interrogazione non era stata da me sollecitata ma fissata improvvisamente per iniziativa dello stes­

so Governo, senza il preventivo consuetudinario accordo t ra interrogante ed interrogato! (Com­

menti). Questa ben strana procedura posta in essere

dall'onorevole Presidente del Consiglio ha dato luogo, malgrado la mia assoluta discrezione, ad un atto di accusa ben preciso da parte di una certa autorevole stampa, tutt 'al tro che benevola nei con­

fronti dei parlit i di sinistra. Si legge in questo atto di accusa — che io sottoscrivo toto corde ■— che « il Parlamento ha bene il diritto di tutelare il proprio prestigio nella correttezza e nella ono­

rabilità dei suoi membri, e quindi di essere giudi­

ce della loro condotta; il partito, se lo crede, può aggiungere una propria inchiesta, perchè esso è giudice dei propri iscritti, ma non può preten­

dere che la sua inchiesta sia preclusiva alla co­

gnizione del Parlamento ».

6 G I U G N O 1950

Stando all'onorevole Presidente del Consiglio sembrebbe invece che ai parlamentari dei grappi di maggioranza dovrebbe essere riconosciuta una specie di privilegium fori, per lo meno nel senso che non potrebbero essere incolpati dinanzi al Par­

lamento, se non previa inchiesta del partito e esito positivo di essa. « Con che il partito di mag­

gioranza verrebbe ad essere investito di un potere simile a quello che hanno i giudici istruttori : as­

sodare la fondatezza o meno dell'accusa, e, solo nel caso che le accuse fossero fondate, rinviare al giudizio del Parlamento ».

Ci troviamo così in presenaa, a seguito di que­

sto nuovo metodo democratico dell'attuale onore­

vole Presidente del Consiglio, di un istituto par­

lamentare del tutto inedito : quello cioè dell'auto­

rizzazione a procedere che il Parlamento dovreb­

be richiedere al partito, prima di procedere con­

tro i senatori o deputati del partito di maggioran­

za, siano accusati, siano accusatori, siano calun­

niati, siano calunniatori ! Ma la gravità della cosa è stata accentuata dal­

l'inopportuno comunicato del Consiglio dei Mini­

stri, con cui, in spregio alla sovranità del Parla­

mento, il Governo ha approvato e fatto suo un lodo probivirale del partito, non ancora steso ma conosciuto soltanto per sentito dire. Tant'è vero che il gruppo parlamentare democristiano, riuni­

tosi dopo il detto comunicato per decidere non sugli accusati, ma sull'accusatore, non ha potuto concludere, perchè sino a iersera i dirigenti di Piazza del Gesù e i probiviri democristiani non avevano fornito il testo completo del lodo stesso, non ancora redatto nella sua interezza! A meno che col detto comunicato, annunziante il ricorso dell'accusato ministro Spataro all'autorità giudi­

ziaria, non si siano voluti creare i presupposti per la liquidazione dello stesso Ministro, quando nel numero 2° di tale comunicato si scrive : « Oltre questa ragione sostanziale, esiste anche quella formale che gli addebiti che gli vennero mossi si riferiscono a un periodo di tempo precedente alla sua partecipazione al Governo, e non riguardano né direttamente né indirettamente la sua attività di Ministro ».

Attenzione, onorevole De Gasperi, alle quinte colonne in seno alla Presidenza del Consiglio! Un'altra volta — chiedo scusa del suggerimento — rediga personalmente i comunicati, altrimenti correrà il rischio di promuovere ministri anche coloro che, in precedenza, hanno avuto una con­

dotta censurabile!

SSIONI

Alti Parlamentari — 16936 —• Senato della Repubblica

1948-50 - O D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

Strano principio, onorevoli colleghi, che, a parte ogni espressione di solidarietà governativa, rap­presenta lo scotto d'uso in talune forme deteriori di democrazia. I l detto comunicato, nel tentativo di seppellire nell'oscurità e nella probabile com­piacenza di una inchiesta interna di partito gravi responsabilità di autorevoli parlamentari e Mini­stri in carica, instaura il principio che sia suffi­ciente ad un parlamentare o ad un governante ri­correre soltanto alla Magistratura, senza prima promuovere apposito giudizio del Parlamento, on­de ricevere il certificato di probità morale e poli­tica, che è una cosa ben diversa dalla sanatoria penale.

Ma non vi accorgete, signori del Governo, che con tale sistema voi esponete la stessa Magistra­tura e le istituzioni democratiche al generale di­scredito?

Chi toglierà dalla mente di molti italiani che il più coraggioso dei magistrati — e di tali magi­strati in Italia ve ne sono molti — di fronte ad un Ministro sostenuto dal Governo e ad un parla­mentare che ha la solidarietà della maggioranza parlamentare, sia pure involontariamente, si sen­ta minorato nel suo giudizio, in conseguenza del timore, sarei per dire reverenziale, di screditare il Paese, sconfessando con una sua decisione l'opera­to del Governo e della maggioranza del Par­lamento?

Onorevole De Gasperi, è possibile che ella, nel suo dichiarato amore verso la democrazia, non si accorga che, opponendosi all'inchiesta parlamen­tare, dà luogo ad un tale spettacolo — e chiedo scusa dell'espressione — di insensibilità e di man­canza di dignità, da compromettere inesorabil­mente il buon costume democratico? Non si accor­ge che, così agendo, distrugge le fondamenta stes­se della democrazia, la cui inestimabile prerogati­va morale sta proprio nell'esistenza di pubblici controlli sulla condotta di chicchessia, senza omer­tà e senza immunità? Né il ricorso alla Magistra­tura può ridare completa fiducia e soddisfazione al Paese, perchè vi sono dei fatti censurabili po­liticamente ma che non sono perseguibili penal­mente : ad esempio, se un Ministro — costituito­si un Gabinetto, con elementi in prevalenza pa­renti, non impiegati o funzionari — si porta die­tro di sé tali gabinettisti, nelle varie peregrina­zioni, si parlerà senz'altro di malcostume politi­co e come tale censurabile, ma giammai di un fat­to perseguibile penalmente.

Onorevole De Gasperi, ella ieri l'altro, in occa­sione di un suo interessante intervento al Con­gresso internazionale di Studi sociali, dissertan­do sul liberalismo, ha trascurato di parlare di un certo costume di vita vigente in Italia prima del fascismo; ne hanno parlato ma non a sufficienza, questa volta, alcuni giornali.

10 voglio qui ricordare alcuni eloquenti prece­denti in aggiunta a quelli ricordati dall'onorevole Gasparotto, in sede di illustrazione del suo ordi­ne del giorno sul bilancio del Ministero dell'in­terno.

11 12 dicembre 1909 l'onorevole Eugenio Maury deputato di Città S. Angelo (Abruzzo, ancora una volta l'Abruzzo è in causa, ma è semplice coin­cidenza), fu nominato Sottosegretario di Stato, nel secondo Ministero Sonnino, alle poste e tele­grafi. Annunciata la nomina, il corrispondente da Chieti di un giornale di Milano « La Lombardia », rivolse all'onorevole Maury aspra censura per una presunta speculazione di lui su una casa che il Maury possedeva a Parigi, che aveva venduto e che gli era pervenuta dai suoi antenati; affare meramente privato e mediocre, ma esposto in gui­sa tale e soprattutto con commenti polemici tali che potevano allora ferire la sensibilità, la suscet­tibilità e l'onorabilità di un parlamentare e in spe­cial modo di un parlamentare assurto al Gover­no. Non vi era alcun dubbio che il fatto narrato dallo scrittore del « Lombardia » offuscasse l'ono­rabilità del Maury. Allora l'onorevole Sonnino, autorevole capo del Governo del tempo, consigliò all'onorevole Maury di dar querela con ampia fa­coltà di prova, facendo però precedere le sue di­missioni da Sottosegretario, e ciò allo scopo di allontanare ogni eventuale sospetto che il suo per­manere al Governo durante il processo mirasse ad influire sulla Magistratura. Scrupolosamente lo onorevole Maury diede querela e si dimise in con­formità al parere del suo Presidente del Consi­glio ; sì dimise dopo appena 48 ore che era Sotto­segretario ; né potè più ritornare al suo ufficio per­chè il ministero Sonnino cadde mentre il processo non era ancora esaurito.

Ed ancora, l'onorevole Ferri, nel 1903, iniziò un'aspra campagna contro l'amministrazione del­la marina da guerra e specialmente contro il suo autorevole Ministro, l'ammiraglio Bettolo, depu­tato ligure, il quale diede querela al giornale e al­l'onorevole Ferri. Le accuse erano gravi e reitera­te e prima che si iniziasse il processo, clamoroso processo, l'onorevole Bettolo si dimise — giugno

Atti Parlamentari — 16937 — Senato della Repubblica

1948-50 - ODXXXII SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

1903 — dal Ministero Zanardelli-Giolitti in cui era molto considerato ; si dimise benché vari colle­ghi e amici di lui stimassero che egli non avesse bisogno di dimostrare la sua onestà in un dibatti­to giudiziario. Per la natura e la vivacità della campagna che l'onorevole Ferri conduceva, l'ono­revole Bettolo insistette nella querela e nelle di­missioni da Ministro onde poter partecipare al processo come un libero e comune cittadino. Egli ritornò Ministro nel 1909, e quando poco dopo rag­giunse i limiti di età d'ammiraglio, non volle che l'onorevole Luzzatti proponesse alla Camera una legge per prorogare codesti limiti. Inoltre, andato a riposo, non accettò l'offerta di dirigere la ca­sa Armstrong. Oggi abbiamo governanti e parla­mentari che dirigono vari enti durante la carica! Offerta provveduta da un cospicuo stipendio, ma che parve all'onorevole Bettolo non de­corosa per il suo alto grado militare e non com­patibile con la sua funzione di deputato. Altri tempi! Io mi auguro che da questo punto di vi­sta •— e soltanto da questo punto di vista — tor­nino ancora una volta quei tempi, non solo nell'in­teresse delle istituzioni democratiche ma anche, e chiedo scusa al senatore Gasparotto, per evita­re che ci sia spesso, sia pure affabilmente, qui ri­cordato il toccante episodio del presidente Gio­vanni Lanza il quale dopo essere stato capo del Governo fu costretto a vendere per 250 lire la fa­mosa mucca, per sopperire alle necessità do­mestiche !

E poiché oggi nel Parlamento della Repubbli­ca si avrà ampia occasione di parlare dell'Abruz­zo, mi sia consentito di ricordare agli immemori suoi corregionali che, quando fu aperto il testa­mento di Silvio Spaventa, si accertò che il suo pa­trimonio ammontava a sole 28 mila lire, che il grande Spaventa lasciava alla moglie con diritto di usufrutto e con l'obbligo di trasmettere tale somma all'Asilo infantile del natio comune di Bomba.

Oggi sembra che l'esempio di questo abruzzese, seguito per molti anni da quasi tu t t i i parlamen­tari della regione a qualsiasi partito essi appar­tenessero, non desti alcuna seduzione. Eppure nei manuali parlamentari che ci vengono distribuiti non sarebbe superfluo scrivere in prima pagina il monito, in epigrafe o in anteporta, di Silvio Spaventa : « Per avere, cioè, il diritto di gover­nare lo Stato, a qualunque Part i to si appartenga, e per fare una finanza severa domandando al po­

polo italiano i sacrifici che occorrono, è d'uopo che gli uomini politici in tut t i gli att i della loro vita pubblica, serbino non solo la sostanza, ma anche l'apparenza della più rigida moralità »

Onorevoli colleghi, già prevedo quello che ci di­rà l'egregio senatore Cingolani... (commenti)... e cioè che è poco patriottico alzare i veli che copro­no i sacri misteri del malcostume di partito, per non dare soddisfazione ai nemici della Democra­zia che stanno in agguato ; meglio quindi sarebbe soffocare gli scandali veri o supposti!

Ora, per dirla col vostro « Quotidiano », una « simile procedura, in sé inammissibile, non risol­verebbe nulla, anzi aggraverebbe il sospetto; e poiché in politica conta, oltre ciò che è, quel che sembra ad una parte più o meno vasta della pubblica opinione, un eventuale soffocamento de­gli scandali avrebbe ripercussioni negative. L'idea­le sarebbe che questi episodi non fossero possi­bili ».

Onorevoli senatori, giunto a questo punto si rende indispensabile che io faccia una precisa­zione e rivolga alcune domande all'onorevole Pre­sidente del Consiglio.

La precisazione è la stessa che io ebbi a fare sin dal 17 maggio u. s., ad alcuni giornalisti, a seguito di un certo compromesso che si annunzia­va fosse stato raggiunto nel corso di un colloquio svolto t ra gli onorevoli Cappi, Viola ed alcuni membri del Comitato direttivo del Gruppo parla­mentare democristiano della Camera dei deputati.

Dissi allora, e ripeto oggi : « Non è lecito che un parlamentare pronunci accuse gravi, come quella contenuta nell'articolo dell'onorevole Viola sull'« Italia d'oggi », senza che il Parlamento sia esattamente informato se l'accusa corrisponda o meno alla verità. Non c'è omertà da parte del Go­verno che possa coprire un così grave scandalo, che investe non tanto le persone, nella fattispecie trascurabili, dei protagonisti, quanto la dignità stessa del Parlamento e del Part i to al quale quei protagonisti appartengono. O l'onorevole Viola è, in ipotesi, un calunniatore, e pertanto egli non sarebbe degno di appartenere al Parlamento, op­pure le sue accuse sono fondate e nessuna dispo­sizione morale o politica dà diritto a lui e al Go­verno di assolvere le persone incriminate ».

Le domande, onorevole De Gasperi, sono le se­guenti :

1) Perchè non sono stati presi in considera­zione i fatti denunciati in questi primi due anni

Atti Parlamentari — 16938 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

di vita parlamentare nei due rami del Parlamen­to, fatti documentati a sufficienza?

2) Che ne è stato dell'inchiesta preannunziata fin dal 17 novembre 1949 sui famosi carri armati o residuati ferrosi, scoperti dai carabinieri di Ci­vitavecchia su un piroscafo panamense in procin­to di levare le ancore da quel porto?

3) È vero che una inchiesta sui monopoli, pro­vocata da un alto ufficiale della finanza ed esegui­ta da un integerrimo Consigliere di Stato, ha avu­to per risultato l'insabbiamento — chiedo venia se uso ancora questo termine, ma ormai in questi giorni è diventato di moda — della relazione, mal­grado i fatti emersi?

4) È vero che in via Marche 1 esiste una socie­tà diretta da un parente degli Scalerà, il quale fa il buono e il cattivo tempo presso la Direzione ge­nerale dei Monopoli?

5) Perchè il Governo non ha sino ad oggi rispo­sto all'interpellanza n. 146 presentata dal Presi­dente Mt t i , relativamente alla discutibile gestio­ne dell'Istituto Nazionale Assicurazioni?

6) Perchè il Governo non è intervenuto per chia­rire e denunziare all'Autorità giudiziaria il noto mercato della crusca, da tempo trat tato in que­sta Aula dal senatore Spezzano, e di cui in que­sti giorni e anche stamane sono apparsi su un gior­nale di Roma, con molta sensibilità ed opportu­nità, due documenti fotografici di notevole gra­vità, nonostante le strane ed arbitrarie spiegazio­ni fatte pubblicare dall'onorevole Paolo Bonomi sul « Messaggero » del 2 corrente? Onorevole Pre­sidente del Consiglio, ella saprà certamente che negli anni 1948-49 tu t ta la crusca prodotta in Ita­lia fu monopolizzata dal Ministero dell'agricol­tura, che la doveva concedere solo a chi forniva la prova di essere agricoltore, possessore di be­stiame — quindi in base ad elementi nominativi ed a capi di bestiame — o di esercitare l'industria dell'allevamento e di ingrasso del bestiame. Ora, in merito ai due ordinativi di pagamento, l'uno di 13 milioni e l'altro di 5 milioni, di cui alle pre­dette riproduzioni fotografiche, è stato ammesso che nel 1948 la Confederazione coltivatori diret­ti, allora diretta dall'on. Paolo Bonomi, ha ven­duto i buoni-crusca ricevuti dal Ministero della agricoltura alla Federazione dei consorzi agra­ri. Questo fatto, tutt 'al tro che scandalistico, po­ne in essere diversi reati punibili con pene elevate, e precisamente: commercio illecito di generi in

quell'epoca contingentati; vendita a prezzo mag­giorato ; destinazione diversa -— vendita ad altra persona, o meglio altro ente — di quella crusca che era stata data a scopi determinati, e cioè con­cessione per sola distribuzione a coltivatori diret­ti, secondo le norme indicate; infine, una confi­gurazione di truffa, anche ai danni dei legittimi destinatari della crusca. Trattandosi di fatti così gravi, si è provveduto ad instaurare di ufficio o su denuncia della pubblica Amministrazione, ap­posito procedimento penale? Il che è particolar­mente rilevante, onorevoli colleghi, perchè il chia­mato in causa è un parlamentare molto temera­rio, per non usare una diversa qualificazione, un parlamentare cioè che, nella sua veste di presi­dente della Federazione dei Consorzi agrari, non soltanto sostituisce i presidenti di consorzi pro­vinciali socialisti e comunisti, ma sostituisce per­sino i presidenti di consorzi provinciali demo­cristiani, se onesti, e si adopera per insediarvi per­sone legate a lui da ricordi ventennali, da legami cioè tutt 'al tro che cristiani. (Commenti dai vari settori). . 7) Perchè non si è fino ad oggi provveduto ad eseguire, da parte del Ministero competente, l'i­spezione prevista dall'articolo 2 del decreto legge 14 dicembre 1947, n. 1577, sulla gestione CONDAS (Consorzio nazionale cooperative di consumo t ra dipendenti dello Stato), il cui bilancio 1948 non è stato ancora approvato da tut t i i sindaci per ta­lune gravi irregolarità, t ra le quali l'essere stati indicati in bilancio, in corrispondenza della ven­dita di 431.760 pacchi di pasta e zucchero, un uti­le di soli 80.488.203,25 invece di L. 191.429.000? Forse tale trattamento di favore dipende dal fat­to che magna pars di detto consorzio è quello stes­so Capo di gabinetto del Ministro Segni che ha sa­puto così bene manipolare le recenti elezioni per la nomina del Consiglio di amministrazione del­la Federazione nazionale dei consorzi agrari, in cui risultarono eletti a presidente l'onorevole Pao­lo Bonomi e a consiglieri altri parlamentari dello stesso partito di maggioranza, i quali, di recente, come abbiamo appreso in quest'Aula, si sono in­tensamente adoperati per far votare affrettata­mente un disegno di legge, diretto ad accrescere i loro poteri rispetto ai consorziati !

8) E sempre in tema di pacchi di pasta, zucche­ro e caffè: perchè il Governo non è intervenuto nei confronti dell'Associazione nazionale reduci dalla prigionia, di recente eretta in ente morale,

Atti Parlamentari — 16939 — Senato della Repubblica

1948-50 - ODXXXII SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

su iniziativa di un Sottosegretario di Stato tut­tora in carica, malgrado i gravi fatti ripetutamen­te denunciati in Parlamento e sulla stampa?

9) Sa l'onorevole De Gasperi che presso l 'AGIP, il cui capitale appartiene per il 60 per cento allo Stato (Ministero delle finanze), per il 20 per cen­to all'I.N.A., e per l'altro 20 per cento all 'Istituto della previdenza sociale, si sono insediati due par­lamentari, l'uno con mansioni di vice presidente e l'altro di consulente con relativi emolumenti, che, dai bene informati, si fanno ascendere a qual­che centinaio di migliaia di lire mensili?

10) È vero che uno dei membri del Governo, men­zionato sia pure dolcemente dall'onorevole Viola, siccome proprietario di una villa acquistata di l'ecente, nel gennaio 1948 versava ancora in tali ristrettezze economiche che ella, onorevole Pre­sidente del Consiglio, con encomiabile spirito di solidarietà, si vide costretto ad aiutarlo con un sensibile sussidio finanziario?

11) È vero che lo stesso Ministro, insistendo nel non voler lasciare la Presidenza di un importan­tissimo istituto riordinato con decreto del Capo provvisorio dello Stato in data 2 gennaio 1947, n. 8 (carica questa incompatibile con la sua at­tuale posizione di Ministro), ha reso (per aver ri­tardato le sue dimissioni di cui soltanto stamane si ha notizia leggendo il « Popolo ») impossibile la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazio­ne, con conseguente nocumento per la funzionali­tà dell'Istituto stesso?

12) In quali date l'onorevole Ministro Spataro ha lasciato le Presidenze delle società, oltre quelle indicate nel lodo, e cioè della Società imprese edilizie, della Società industria prodotti agrico­li, dell'Istituto immobiliare italiano, della Socie­tà per azioni Consorzio opere ricostruzioni immo­biliari ecc.?

13) Quali provvedimenti sono stati adottati, onorevole Presidente del Consiglio, a carico del Capo della polizia e del vice Questore dott. An-gotta, per il loro arbitrario intervento in una que­stione di partito sorta t ra i democristiani Ma-cioce Augusto e Franco Evangelisti, di cui al lo­do emesso il 15 marzo 1950 dal collegio romano dei probiviri della democrazia cristiana?

In detto lodo si legge t ra l'altro : << L'Evangeli­sti non ha dato alcuna prova del suo assunto e cioè che vi fosse stata un'inchiesta nei suoi confronti e quale esito abbia avuto tale inchiesta. Risulta, invece, che è stata mossa, l'Autorità di pubblica sicurezza, illegalmente e irritualmente da influen­

ze e da interferenze personali determinate da una speciale posizione politica a scopo esclusivamen­te personale, in quanto nessuna denunzia o quere­la è stata presentata e tale Autorità di pubblica sicurezza è stata indotta ad indagare su una questione che riguardava esclusivamente il partito. Tale sistema, che implica una violazione di legge, va condannato, anche perchè se venisse applicato ridonderebbe a disdoro del partito, e, però, il. comportamento dell'Evangelisti, tenendo presente la sua giovane età ed il fatto che, pur ri­coprendo delicate funzioni, non ha avuto il tempo e la possibilità (cosa che si ottiene mediante una lunga esperienza) di formarsi quella sensibilità politica che necessita nella posizione in cui si tro­va, in via di longanimità si ritiene suscettibile di una semplice deplorazione » !

Potrei continuare, ma, ripeto, per carità di pa­tria sospendo per oggi, non senza richiamare l'at­tenzione del Parlamento e del Governo che in tut­te le collettività possono insinuarsi dei disgra­ziati che le disonorino; ma perciò bisogna che le dette collettività provvedano a salvaguardare se stesse ed a strappare dal loro seno fin alla radi­ce il male.

Onorevoli colleghi, lasciando da parte per un at­timo ogni divergenza ideologica che ci possa di­videre, uniamoci in un comune intento e pronun­ciamo l'espulsione, quanto meno morale, di chi fosse indegno di appartenere al 'Pai iamento ita­liano come chi, accusato di indegnità, non provve­desse a dimostrarsene degno, anzitutto e soprat­tutto per le vie parlamentari.

Signor Presidente, onorevoli senatori, ieri par­tecipando ad una seduta della Commissione cen­trale imposte dirette, Sezione speciale profitti di regime, dopo tre anni di attività, di fronte alla constatazione che i pesci grossi sono fuggiti dalle maglie della rete per la complicità di alcuni uo­mini di Governo — come ebbi a denunziare in sede dì trattazione di apposita mia interrogazio­ne — trovandomi in presenza dei così detti mo­scerini, e cioè di alcuni piccoli profittatori, per la prima volta dopo tre anni ho avuto titubanza a giudicare ! Ho pensato : come giudicare il A ecchio malcostume, se oggi l'attuale, l'odiernissimo mal­costume corre il rischio di uguagliare quello pas­sato? Come giudicare serenamente, se nello stes­so lodo democristiano, pubblicato solo stamane, vi sono i presupposti per perseguire in base alla legge sui profitti di regime del 26 marzo 1946 qual-

Atti Parlamentàri — 16940 — Senato della Repubblica

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che governante attuale, il quale, indipendente­mente dall'aver avuto o non aver avuto la tessera del partito fascista, ha approfittato del malcostu­me ventennale per arricchirsi?

E lei, signor Presidente del Consiglio, colla­bori con il Parlamento per far luce, sempre più luce. Onorevole De Gasperi, come mai di alcuni parlamentari e di alcuni governanti se ne dicono tante (e qualche cosa di vero c'è sempre) e invece contro di lei che, per la sesta volta è Capo del Go­verno pur avendo la disponibilità di tut t i i fondi segreti dello Stato (rumori dal centro) nessuno ha potuto sino ad oggi elevare la benché minima censura? Mi sia consentito di darle atto di ciò, anche in relazione al tentativo di voler censurare la stampa italiana per pretesa campa­gna scandalistica in tema di malcostume. (Ru­mori al centro).

Non c'è da rumoreggiare, onorevoli colleghi. Il senatore Lucifero, un anno fa, nel distaccarsi dai suoi amici liberali, andava dicendo: siamo sulla strada dì un nuovo 3 gennaio.

Senatori liberali, socialdemocratici, repubblica­ni, indipendenti, colleghi onesti e democratici, an che del partito di maggioranza, uniamoci per evi­tare questa ia t tura; guai a quei governanti che in democrazia non danno assicurazioni che luce sarà fatta piena e intera; la penombra proietta­ta da un noto lodo arbitrale di partito è troppo misera cosa ! Che forse dobbiamo consentire che si generalizzi il deteriore principio per cui db uno disce omnes?

No, onorevoli colleghi, prima che una larga in­chiesta parlamentare abbia esaurito i suoi lavo­ri, io non voglio, non posso, non debbo venire a questa terribile conclusione. (Approvazioni, ap­plausi).

Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella se­duta conclusiva del Congresso Internazionale di studi sociali tenutosi in questi giorni a Roma, lo onorevole De Gasperi ha concluso il suo interes­sante discorso con le seguenti parole : « Non è ve­ro che Cristo si sia fermato ad Eboli, Cristo cam­mina ancora dinanzi a noi per segnarci le vie del­la giustizia e della pace ».

D'accordo onorevoli senatori, ma con una va­riante che prego di non voler tacciare di irrive­renza; e cioè che nel nostro caso il Cristo è il popolo italiano, il quale non si è fermato al 18 aprile, ma cammina, cammina per risolvere il suo problema morale e attraverso il problema morale

assicurare a tut t i i cittadini libertà, lavoro, pace e giustizia sociale. (Vivissimi applausi dalla si­nistra, molte congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onore­vole Cingolani, per svolgere la sua interpellanza.

CINGOLANI. Onorevoli colleglli, in particola­re mi rivolgo a lei, iniziando, onorevole Grisolia; non è stata irriverente la ultima sua frase, ella forse non sa, e mi permetta a me di ricordarlo qui nella solennità di questa Assemblea, che la nostra fede ci fa consanguinei del Cristo, e vediamo un possibile Cristo nel volto del prossimo nostro, ed è quel Cristo che cammina per le strade insangui­nate del mondo, è quello che cammina per cerca­re dovunque carità e giustizia: giustizia sociale, e charitas nel senso integrale e pieno della parola. E debbo ancora rassicurarlo circa il valore della mia interpellanza, la quale non è stata presenta­ta per neutralizzare in qualche modo il preveduto e prevedibile attacco al Governo del senatore Gri­solia, poiché il Governo non ha bisogno di cercare al di fuori della propria responsabilità degli aiu­ti sui banchi dei senatori; ma io ho voluto sol­tanto portare qui, cercando di liberarmi dalle impressioni diciamo pur ardenti e drastiche di quanto è avvenuto in questi ultimi due mesi, una mia esperienza di vagante in ogni parte d'Italia in un possibile incognito, avvicinando gente di tutte le classi sociali, di tut t i i ceti : dirò che mi hanno fatto brutta impressione i sorrisi scettici, i crollamenti di capo, le conversazioni amare, giudizi senza discriminazione di parte, senza di­scriminazione t ra accusati e accusatori, sorpresi nell'umile vita quotidiana.

C'è uno scandalo, indubbiamente, ma lo scan­dalo consiste nella leggerezza estrema con cui si accettano e si montano mormorii, pettegolez­zi, travestimenti di rancori e di gare personali sotto un manto di catonismo che è molte volte da quattro soldi ma è audace nell'attaccare, da prima rimanendo nelle nebbie della parola lancia­ta e poi subito coperta, nel tentativo di creare un fumus così intenso da non far più intravedere al semplice uomo della strada dove sia l'accusa e chi siano gli accusati e gli accusatori. Le mezze parole hanno influenza maggiore di qualunque accusa ar­ticolata e specificata; il crollare del capo, il non far mai nomi, il dire a tut t i « non mi far parlare se no dico troppo » ; oppure : « non posso parlare* » « lasciami stare », sono tut t i metodi antiéhì" già " bollati dalla musa vernacola tanto milanese che

Atti Parlamentari — 16941 — Senato della Repubbh,-"

1948-50 - O D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

romanesca, e che coprono il diffamatore consape­vole e incosciente.

Avrei preferito anch'io un'altra impostazione, non dico di questo problema, ma di questo com­plesso di problemi.

Io ricordo — non perchè fossi coetaneo, ma per quella passione politica che nella mia generazione ha fatto sì che anche i ragazzi leggessero avida­mente i giornali — io ricordo le accuse portate in pieno Parlamento, a fronte alta, eccessive talvol­ta : ma si pagava di persona. Non c'era dapprima l'assaggio discreto col foglietto di limitata circo­lazione ; non c'era il brulichìo di piccole, modeste curiosità, di piccoli cerchi ristretti intorno a que­sto o a quel deputato o senatore. Questo poteva es­sere un metodo del più degenere parlamentari­smo; affidato solo alla memoria comica di Cocca-pieller. Ma Cavallotti no, è un'altra cosa; Ferri no, è un'altra cosa! Si accusava, si sosteneva la accusa, si rimaneva sconfitti anche, come Ferri rimase sconfitto di fronte a Bettolo.

L'uomo della strada oggi non tanto segue quel­lo che, si badi, nella Camera non è stato detto, che è cominciato ad esser detto qui, esteso volgarmen­te dal collega Grisolia nella trattazione della sua interpellanza, trattazione sotto certi aspetti più impropria di quella di qualche suo collega dell'al­tro ramo del Parlamento.

Oggi, ma solo oggi, il problema è posto dinanzi alla responsabilità di Governo e dinanzi alla re­sponsabilità dei parlamentari e del Paese.

Ma non solo da oggi è sorta questa campagna scandalistica giornalistica, che dura da ben due mesi. Badate bene, io ne parlo con infinita amarez­za, perchè ho avuto sempre una immensa, direi abbandonata, fiducia nella stampa. Lasciamo sta­re la frase storica del quarto potere; indubbia­mente in democrazia la stampa è spada, è ban­diera, è forza educativa, è difesa della libertà, è quotidiano richiamo della pubblica opinione ai problemi gravi e seri che la democrazia deve ri­solvere attraverso i suoi organi costituzionali.

Ma qui le impostazioni parlamentari o, meglio, che dovevano essere parlamentari ma che non lo sono state, sono state tradotte in titoli rocambo­leschi con richiami e contorni che fanno perdere la visione della realtà, fanno perdere la visione dei limiti dell'accusa ed eccitano a condannare quando ancora nemmeno si sa quali siano le fi­gure degli accusati, e, saputele, si condanna prima ancora di ascoltare l'accusato. E il lettore

della strada, quello che legge il giornale gratis davanti all'edicola — perchè c'è oggi quella for­ma nuova di propaganda attraverso segni gialli, rossi o turchini sul foglio esposto — se ne va scrol­lando la testa, mormorando, va al di là del bersa­glio che gli viene offerto : non esalta Viola e non deprime gli accusati, ma se la prende con l'am­biente dal quale escono. E costui si chiede : ma è cosa seria questa democrazia? Ma a che serve que­sta libertà? Che valore morale ha questo istituto repubblicano nel quale sembra che ogni senso di civismo sia stato dimenticato, e dimenticata la correttezza del vivere civile? Non c'è più un impe­rativo morale personale per vivere secondo la leg­ge di Dio e la legge degli uomini? E io li ho avvi­cinati : portieri, tranvieri, ecc. E intanto seguita, nelYhortus conclusus dell'ambiente più stretta­mente politico e politicante, la ricerca affannosa del fuscello negli occhi del fratello e del collega, ed anche la battaglia politica si snatura perchè dalla lotta per le idee e dalla gara per meglio ope­rare in ogni campo per valorizzarle, si passa a cer­care un altro genere di lotta, che eviti la battaglia e la critica dei programmi per fermarsi o per cer­care o addirittura per inventare le debolezze mo­rali dell'avversario. E tutte le accuse sono buone : tu t ta l'autocritica è morta.

C'è un Parlamento — mi pare in Inghilterra — in cui, prima di accusare, bisogna depositare la prova della verità che forma sostanza dell'accusa. Sarebbe molto bene che anche in Italia si potesse operare così. Comunque rimane gran maestro Vol­taire, per quello che ha detto o che gli si attribui­sce di aver detto : « mentite, mentite, qualche co­sa resterà ». Oppure, di fronte alla comica spa­valderia di qualche accusatore, forse è più ade­guato al tema citare l 'arietta della calunnia del « Barbiere di Siviglia ». Non per nulla i nostalgici soffiano nel fuoco ; vero o non vero o parzialmente vero quello che ha pubblicato e conferma stamane un giornale del mattino, (sui connubi t ra gerar­chi fascisti e un deputato comunista), rimane il fatto che è facile passare dal dispregio della vita morale e del vivere democratico, dal giudizio som­mario su uomini ed istituti che lo rappresentano e lo sorreggono, a pensare che si stava meglio quando si stava peggio; e del passato regime non si ricordano più le malefatte ma i rari casi nei quali taluno, colto con le mani nel sacco, veni­va detronizzato dal suo posto di ras e mandato al confino. Pericoloso gioco, questo, che può finire

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per deformare la pubblica opinione, la quale è completamente disorientata, da quasi due mesi, da una grandine scandalistica che le impedisce ogni libertà di documentazione e di giudizio.

Si è cominciato con l'articolo Viola, molto mi­naccioso e molto vago. Il senatore Grisolia ce lo ha riletto, ed io non cito le frasi : era utile che lo rileggesse perchè l'articolo è stato perso di vista, durante i due mesi di polemica. Perfino il « Pae­se » ha ritenuto utile .di ripubblicarlo il 28 di maggio. Esso è così vago, così generico, pur così improntato ad una maestosa retorica di denun­cia, che non poteva portare a immediate querele, né al richiamo di responsabilità. Questo 3 gen­naio, che è stato citato anche qui dal mio colle­ga, può diventare uno slogan, ma uno slogan molto improprio. I l 3 gennaio : chi è che rappre­senta Mussolini? Chi è che rappresenta la pavida borghesia? Chi è che rappresenta quei valorosi combattenti che prudentemente si riunivano ad Assisi invece di venire a contrastare a Roma il passo alla turba di fascisti boriosi armati di bom­be a mano e capitanati da Leandro Arpinati? Non scherziamo con delle date tragiche che sono segnate nella carne viva del popolo italiano; lo avvicinamento è mostruoso, sarebbe mostruoso se non fosse puerile. Sta di fatto che quell'artico­lo, nel suo contenuto, e con grande arte, fa anche delle insinuazioni contro la figura di De Gasperi, che ella ha giustamente esaltata, onorevole Griso­lia, affermando, ma non troppo, dubitativamente coprendo le proprie accuse di omertà, di conni­venza con gli accusati senza nome : trasparente taluno, ma la massa accusata è senza nome. Na­turalmente nel giorno successivo « il Paese », riprende il tema con un titolo, anche que­sto solenne, che vuol far rivivere il dramma di Amleto : c'è del marcio in Italia? Non in Ita­lia, ma nella democrazia cristiana. Ecco di rin­calzo, con un saggio di malcostume giornalisti­co, l'« Unità » dà per provate le accuse e pubblica un titolo. « Alti gerarchi democristiani coinvol­ti in uno scandalo clamoroso ». Voi lo sapete, il grosso pubblico legge i t i tol i : e spesso i titoli non corrispondono al contenuto dell'articolo. Se­guendo questo inizio, con un andazzo sempre più al disopra del pentagramma musicale, la parola « immoralità » diventa moneta corrente ; e si ele­va Don Sturzo a unico sdegnoso rivendicatore della moralità della democrazia cristiana, di­menticando lo spirito ed il fine del suo articolo

« Controllori e controllati », estendendo il cam­po della diffamazione ad li là del fatto Viola, a tutte le gestioni speciali, anzi a tutt i i regimi contabili, a tut t i gli istituti statali o parastata­li. Comoda inchiesta parlamentare che potrebbe durare due anni, e in due anni Dio provvede. Ed è inutile che l'onorevole Viola il 30 aprile smenti­sca quanto il « Paese » ha pubblicato. Il « Paese » aveva scritto che l'onorevole Viola subiva pres­sioni di ogni genere da parte dei dirigenti della democrazia cristiana; Viola scrive a sua volta una lettera nella quale conferma di essere stato soltanto formalmente e categoricamente invitato a fare nomi e precisare fatti, cosa che sta facendo, dice l'onorevole Viola; cosa che farà soltanto in parte per quella ineffabile « riserva mentale » che egli ha confessato di aver avuto di fronte agli amici probiviri del gruppo democristiano.

Per un altro giornale diventa sgradita la sor­presa del comitato direttivo del gruppo per le conferme dell'accusa dell'onorevole Viola. Sgra­dita : oh ! che si aspettava? Questa potenza di una indagine nel pensiero degli avversari è quanto mai straordinaria. E si compone un altro titolo ancora più vasto e anticlericale, naturalmente (è difficile che il prete non si voglia far entrare in questo). Alla « corruzione dei Ministri clericali », senza discriminazione, si accenna con un grande titolo che non trova poi conferma nel testo dell'artico­lo. Il 13. maggio si pubblica che il Viola minac­cia i democristiani di svelare lo scandalo, ma scandalo che, secondo i giornali suoi nuovi ami­ci, sarebbe già scoppiato il 19 aprile.

L'onorevole Viola ad un certo punto ha un cu­rioso momento di resipiscenza, non per amore del­la verità, ma perchè non vuol dare soddisfazione a voi, alle sinistre, e s'inventa allora, nell'« Uni­tà » del 17 maggio, che la denunzia di Viola con­tro i Ministri corrotti è soffocata d'imperio dal­la direzione democristiana. Si chiama sbalorditi­va la dichiarazione dell'accusatore che fa mac­china indietro e si scrive precisamente sul gior­nale l'« Unità » : « Le accuse Viola riguardava­no i procuratori della Repubblica più che una Commissione d'inchiesta di partito, compiacente per naturale inclinazione e per diretta complici­tà politica ». Afferma che « è bastato un richia­mo di partito per far archiviare una serie di in­criminazioni bastevoli per dare lavoro per anni ai Tribunali della Repubblica ». E trova assur­do che per non dare soddisfazione alle sinistre

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si debbano sopportare Ministri che notoriamente hanno malversato il pubblico denaro, che sono di­sonesti ed immorali.

E l'accusa è precisata, convalidata da questa ripetuta, scandita affermazione, senza un princi­pio minimo di prova.

Noto soltanto l'accenno ai Tribunali della Re­pubblica, perchè quando il suggerimento è stato accettato e quando due querele sono state date, anzi ne sono state date tre con ampia facoltà di prova, e si cerca di inchiodare i calunniatori di­nanzi ai Tribunali, allora, ah, no, si dice, ci vuo­le prima un'inchiesta parlamentare. E perchè due pesi e due misure, perchè due giochi alternati? I tribunali della Repubblica sono Tribunali del­la Repubblica in tanto in quanto agiscono diret­tamente per propria autonoma responsabilità e funzionalità, in tanto in quanto vengono chiama­ti da un cittadino a difendere il proprio onore. Vedremo, io ho tanta fiducia nella Magistratura, e non credo che la Magistratura nel 1950, quella in cui avete anche tanti amici vostri, possa im­pressionarsi perchè chi dà querela è Ministro o è deputato di maggioranza. Ma io stesso ho dato querela, a Trieste, ad un vostro giornale, per di­rettissima, perchè aveva accusato il Ministro Pella e me di aver sperperato non so quanti mi­liardi, quale Ministro delle forze armate. In 20 giorni si è venuti alla conclusione con il ritiro pieno e completo dell'accusa, e la rettifica fu pub­blicata su tut t i i giornali. Ma l'andamento del dibattito, per 9 sedute, (domandatelo ai vostri compagni di quelle terre), è stato libero, oso dire anche forte, nella indagine : ma la verità era quel­la che poi ha trionfato.

Il 19 maggio « Il Paese », ancora infierisce e accusa la democrazia cristiana di aver preferito « la legge loiolesca del silenzio », e l'« Unità » rincalza, allargando la macchia d'olio, e parlan­do di « scandalo e del malcostume dilagante fra gli alti papaveri democristiani » : tutto un marciu­me, un immondezzaio, senza che si faccia più neanche un nome. Una certa vignetta mostra un ìmmondezzaio che chiude il recipiente in cui tut­ta questa porcheria democristiana è contenuta, quando la democrazia cristiana non ha chiesto l'omertà di nessuno, quando ha seguito la via maestra. Da questo momento, si può dire (19 mag­gio), non c'è più limite alla diffamazione : si get­tano nomi di amici, di parenti, di accusati al pa­sto e alla morbosità del pubblico. E la campagna

6 GIUGNO 1950

contro il cumulo delle cariche viene, molto abil­mente, unita alla campagna scandalistica, facen­done un tutt 'uno, mentre queste sono cose sepa­rate, ed è bene che siano separate, come più avan­t i accennerò. Così, logicamente si vuole allarga­re l'episodio scandalistico di cui si avverte il bar­collìo delle basi non serie e dei fondamenti mal sicuri; si vuole allargare la critica a tutto il si­stema di governo non solo democratico cristia­no, ma anche solo democratico.

Poiché si vede che c'è gente che appartiene al­la lega degli Apoti, che cioè non beve facilmente, si stampa testualmente così, nell'« Avanti » del 21 maggio : « Non si t rat ta qui di reggersi al Go­verno conquistando lo spontaneo consenso delle masse popolari, ma elevando invece la corruzione a sistema, e cercando quindi di legare i singoli alla democrazia cristiana attraverso il vantaggio per­sonale ed il tornaconto », (si tenta di gettare quindi il fango non su migliaia ma su milioni di cittadini) « non è più scienza di Governo ma vero e proprio stimolo verso l'affarismo personale sen­za discriminazione del diritto e dell'illecito ».

Ma allora dov'è la vostra moralità, Presidente del Consiglio, che è stata elogiata da coloro che fanno sottili distinzioni fra voi e i vostri colla­boratori? F ra voi e i corresponsabili di Governo? Dov'è la vostra grande moralità, se voi, onorevo­le Presidente del Consiglio, adoperate « un vero e proprio stimolo verso l'affarismo personale, sen­za discriminazioni del diritto e dell'illecito »? Al­lora voi siete colpevole come gli al tr i! È ipocri­sia, fariseismo quello di chi tenta di salvar voi, gettando nel fango i vostri collaboratori corre­sponsabili, compagni nella cattiva come nella buona sorte, difensori come voi della libertà e del­la democrazia del popolo italiano! (Applausi dal centro).

« I l Paese » del 19 maggio è quello che ha par­lato della « congiura del silenzio ». Rincara il 23 maggio lo stesso giornale : « L'onorevole Viola deferito ai probiviri per insabbiare il clamoroso scandalo ». Ed ecco un'altra frase del doppio gio­co. Il 24 maggio l'« Avanti » parla di « un tur­bine di sospetti e di prove infamanti che sì è ab­battuto sulla cricca governativa », ma l'« Avan­ti » confessa che « per la prima volta » l'onorevole Viola nel « Corriere della Sera » ha finalmente precisato i nomi dell'onorevole Spataro e dello onorevole Paolo Bonomi, il 24 maggio ; pochi gior­ni fa solamente! Altre accuse Aengono messe sul

SSIONI

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fuoco per l'abolizione dell'imposta di negoziazio­ne sui titoli, che viene giudicata come una mano­vra ribassistica, quasi un giuoco di prestigio; si accusa la democrazia cristiana per non aver de­ferito l'onorevole Viola ai probiviri, poi per aver­lo deferito per insabbiare la denuncia. Ma che credete di trovarvi di fronte a delle tribù primi­tive ed incoscienti? Siamo ormai troppo adusati alla vita politica e alla tecnica politica di ieri, dell'altro ieri, di oggi per non vederne le differen- ' ze. Ed Ingrao il 25 maggio in un articolo stigma­tizza la situazione, anzi, lancia una frecciata al Parlamento, frecciata che forse risponde a sue antiche simpatie. Comunque, quando vengono le querele, prima di Bonomi e poi di Spataro si ri­mette in gioco il 18 aprile, questo 18 aprile che con un'elegante eufomismo è stato chiamato dal­l'onorevole mio collega, Grisolia, numerico. Ma fin tanto che vi sarà un regime parlamentare le elezioni risulteranno sempre con dei numeri che parleranno e saranno sempre un'espressione, sia pure aritmetica, delle forze al seguito dei singoli parti t i nel Paese. Questo benedetto 18 aprile ! Ba­date, non si può più muovere un dito se non si par­la del 18 aprile; noi abbiamo anche parlato del­la conferma della fiducia del popolo italiano del 18 aprile, e anche le elezioni amministrative in fondo dimostrano che la fiducia nei vincitori del 18 aprile in seguito è aumentata, quando comuni amministrati dai nostri sono passati dal 38 al 58 per cento ed i vostri sono scesi dal 38 al 18 per­cento! E si attribuisce a noi questa che è la più comica di tutte le frasi non brillanti di Ettore Viola : « non voglio fare il gioco delle sinistre ». Ma sono le sinistre a fare il gioco di Viola. A questo punto è opportuno conoscere la dichia­razione chiarificatrice del Presidente del nostro gruppo della Camera dei deputati.

M1LILLO. Qual'è il gioco di Viola? ce lo spie­gate?

CINGOLANI. Siete troppo intelligenti per non capirlo. (Commenti dalla sinistra). Avete eletto Ettore Viola a purificatore della vita pub­blica italiana. (Interrusioni dalla sinistra). Vi prego di osservare lo stesso contegno di collegan­za non dico amichevole, ma rispettosa, che noi abbiamo tenuto per l'onorevole Grisolia. (Com­menti dalla sinistra). Io dico tutto quello che vo­glio, e lo dico rispettando le forme, come è mio uso ; se poi non le rispettassi c'è il Presidente che deve richiamarmi.

MILILLO. Ho chiesto solo una chiarificazione. CINGOLANI. Gli scopi della campagna scan­

dalistica in corso — dice l'onorevole Cappi — so­no troppo chiari, ma io non ritengo di dover qui polemizzare o smentire ad una ad una le innu­merevoli cose non vere affermate o spesso insinua­te. Credo invece opportuno di ristabilire con inoppugnabile obiettività i fatti.

È noto come il deputato Viola appartenente al gruppo parlamentare democratico cristiano abbia pubblicato nel suo settimanale un articolo nel quale muoveva attacchi a deputati democristiani ; di nessuno di essi per altro faceva il nome e neppu­re specificava le accuse. Nel giorno stesso il Comi­tato direttivo del gruppo invitava l'onorevole Viola a specificare persone e fatti. Durante va­rie riunioni l'onorevole Viola aderì a tale richie­sta e in una lettera alla stampa riconobbe che nessuna pressione di nessun genere e da nessuna parte gli era stata fatta. Comunicate sommaria­mente le dichiarazioni dell'onorevole Viola alle persone alle quali si riferivano, queste negaro­no ogni addebito e dichiararono di voler ricorre­re all 'autorità giudiziaria per la tutela del pro­prio nome quando, da qualsiasi parte, venisse as­sunta la responsabilità di accuse concrete e pre­cise. Intendevano comunque di porsi immediata­mente a disposizione del Comitato direttivo con tutte le documentazioni e confutazioni. Per que­sto, in applicazione delle precise norme statuta­rie del Gruppo che conferiscono al riguardo com­petenza esclusiva al collegio dei probiviri, il Co­mitato direttivo rimise le dichiarazioni del­l'onorevole Viola all'esame di questo collegio, esa­me che è ancora in corso (quando scriveva l'ono­revole Cappi, il 25 maggio). Io espressi l'avviso che, pendendo tale procedura, si dovesse sospen­dere qualsiasi altro passo fino alla sua conclusio­ne. Questo consiglio ha seguito Spataro, ma non lo ha seguito Paolo Bonomi.

Non quindi fuga dalle responsabilità, bensì lo­gica e chiara procedura quale sarebbe stata adot­ta ta da qualunque corpo politico. Ho detto di non voler polemizzare; sono però sicuro che il tentativo di questa campagna scandalistica con­tro la Democrazia cristiana debba cedere contro la forza della verità.

Queste dichiarazioni o non furono riportate o furono riportate molto ma molto sommaria­mente.

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Viola fa successivamente delle dichiarazioni, e prende atto della querela datagli dall'onorevole Paolo Bonomi. Si parla ancora di insabbiamento dopo queste dichiarazioni; e la stessa unificazio­

ne della discussione delle interpellanze nella gior­

nata di oggi al Senato e alla Camera dei deputa­

ti viene interpretata come un tentativo di De Ga­

speri di eludere il dibattito. Perchè eludere? An­

zi il dibattito diventa più completo, più chiarifi­

catore, e pertanto si doveva esser lieti, da parte di ogni settore della Camera e del Senato, di que­

sta unificazione. Né ci si può dolere qui di una mia interpellanza presentata solo in questi gior­

ni, perchè è utile sentire tut te le voci, perchè è bene che l'opinione pubblica senta tutte le voci, per cui anche i colleghi possano serenamente giu­

dicare sulle varie impostazioni. Però una cosa molto importante è forse sfug­

gita a taluno. Il Gruppo parlamentare, dell'altro ramo del Parlamento, del Parti to socialista ita­

liano votava un ordine del giorno di protesta con­

tro il rinvio delle interpellanze, ma, prudentemen­

te affermava, « senza entrare nel merito dell'accu­

sa formulata ». E badate che questo fa pen­

dant con l'ordine del giorno dei combattenti in favore di Viola, ordine del giorno però che lascia a Viola la responsabilità dell'accusa e solo fa pro­

pri quei princìpi di moralità della vita pubblica che sono propri, del resto, di tut t i i cittadini one­

sti del nostro Paese. Parleranno gli accusati e parlerà il tribunale.

Non si possono dimenticare le querele, né si può dimenticare l'inizio di questa campagna diffama­

toria, né si può dimenticare che è stato tentato il colpo per impressionare soprattutto quella che è la grande famiglia dei combattenti, che sono i più sensibili ai 'problemi della privata e pubblica moralità, e che onestamente hanno separato la propria specifica responsabilità da quella del lo­

ro Presidente. La campagna gioverà : parleranno gli accusati, e parlerà il tribunale.

Ma ci sono dei precedenti. Io ho qui dinanzi a me il volume degli att i parlamentari del 1920, con il resoconto della polemica Drago­Vacirca. (Tornata del 12 novembre del 1920). L'onorevole Vacirca invita l'accusatore a ripetere le proprie accuse infamanti o nella pubblica stampa o fuori del Parlamento. Egli lo querelerà per direttissi­

ma, con impegno — che Vacirca senz'altro fa pro­

prio, invitando a farlo proprio anche l'onorevole

Drago — che se egli rimarrà soccombente si di­

metterà da deputato e da membro del suo partito. Drago naturalmente non accetta queste condi­

zioni. Questa affermazione fu fatta t ra il plauso della Camera. Quindi, tanto più si trovano nel giusto i nostri querelanti, in quanto che la pole­

mica è cominciata fuori del Parlamento e per due mesi ha infierito fuori del Parlamento, e soltan­

to oggi, con una strana estensione della funzione di pubblico accusatore — parlo dell'interpellan­

za Viola — si viene a creare una situazione di fronte alla quale l'inchiesta parlamentare diven­

ta di fatto una burletta. Io rispetto le intenzioni dell'onorevole Perrone­Capano e degli altri colle­

ghi di parte liberale che hanno chiesto l'inchie­

sta, ma c'è anche nella cronaca dell'Assemblea della direzione del partito liberale un inciso, che dice : « lasciando liberi i firmatari, a seconda di quello che sentiranno in Aula, di regolarsi come credono ». Perchè? Ma perchè c'è una legittima suspicione ! Non potete ignorare il lodo : lo po­

tete prendere in giro, lo potete ridurre in dieci righe nel fondo della pagina del vostro giornale, ma non potete ignorarlo, non potete ignorare la sostanza così grave e così piena del suo esame e delle sue deliberazioni; non potete ignorare la trasformazione delle centinaia di milioni in lire zero; non potete ignorare la demolizione delle accuse fatte con improntitudine, più ancora che con leggerezza, dall'accusatore. E questo lodo lo dovete controllare : se volete, potete controllarlo ; avete l 'autorità, come senatori, così come l'hanno i colleghi nostri dell'altro ramo del Parlamento, per fare ciò, ma non potete ignorarlo! Ecco qui il motivo della giusta riserva del partito liberale, il quale, t ra parentesi — è meglio dirci tutto chiaramente —■ nell'elencare le ragioni per cui i liberali non sono entrati nell'ultimo Governo De Gasperi cita anche la moralizzazione della vita pubblica. Nell'elenco delle richieste, c'è an­

che questa. Io ho preso parte alle trattative, come Presidente del nostro gruppo parlamentare. Noi tut t i abbiamo il ricordo ben vivo che una questio­

ne in discussione, che poteva accomodarsi, era quella della legge elettorale, che la questione su cui fu più grave il dissenso, fu quella del * eferen­

dum. Ma non si parlò di moralizzazione della vita pubblica, perchè nessun incaricato di formare un Governo poteva accettare una lezione sul conte­

gno da tenere di fronte a quello che è un impera­

tivo di chiunque segga al Governo della Repub­

Atti Parlamentari — 16946 — Senato della Repubblica

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blica italiana, di moralizzare sempre meglio e sempre più profondamente la vita pubblica: ciò non può essere privilegio di nessun Catone e di nessun part i to! Qualche ritiratina è cominciata nella stampa, da ieri a oggi. Le accuse contro lo onorevole Togni sono crollate, e i giornali hanno pubblicato due dichiarazioni dell'onorevole Vio­la : nella prima egli ha preso atto che Togni non c'entra niente, nella seconda dice: ma veramente io non so niente ! Lascio agli psicologi di indagare su questo doppio e strano atteggiamento di Et­tore Viola. Ma la marea è stata così artificiosa­mente montata che bisogna far di tutto per rag­giungere la verità e diradare le tenebre : ci sono già tre querele, ma ricordiamoci, che, disper­se le nubi pesanti della calunnia, ristabilita la verità dei fatti, rivendicata l'onestà degli inno­centi e la dirit tura morale della democrazia cri­stiana, rimane al Parlamento da risolvere una grossa questione che non è un problema di mora­lità, ma di limite e di responsabilità ; il problema delle incompatibilità. A questo si ispirava l'arti­colo, già citato, dì Don Sturzo : « Controllori e controllati » ; ed è un problema che riguarda tut­ti i part i t i perchè, se molti che hanno avuti in­carichi dal Governo non sono stati rieletti al Par­lamento, ciò non toglie che la statistica abbia una sua eloquenza. Ho qui l'elenco degli enti statali e parastatal i : vi sono rappresentati tut t i i par­ti t i e ciò è giusto. È stato giusto perchè fossero meno difficili i trapassi t ra il vecchio regime ed il nuovo : quando tutto in Italia era materia flui­da e i nuovi combattenti della libertà, i giovani, venivano alla democrazia senza un'adeguata pre­parazione, che non potevano avere avuto, né ba­stava quella dei campi di battaglia, fu necessa­rio allora che il Governo affidasse Commissariati e presidenze di questi enti a gente sicura, di fe­de democratica, che preparassero intanto il ritor­no alla funzionalità normale di questi enti. Co­munque io trovo che i parlamentari dovrebbero recitare un po' il mea culpa; ci sono tre pro­getti d'iniziativa parlamentare alla Camera dei deputati : progetto di legge Petrone, progetto di legge Bellavista, progetto di legge Vigorelli. Il progetto di legge Vigorelli non l'ho potuto avere perchè è ancora in bozze ; ho però questi altri due. Il progetto Petrone è stato annunciato il 29 gen­naio 1949, quello Bellavista il 31 gennaio 1950. Io non voglio far qui l'accusatore di insabbiamen­ti, ecc. ; è nel fatale andare del nostro lavoro le­

gislativo che questi progetti siano apparsi di mi­nore importanza di fronte a progetti più gravi che le Commissioni dovevano affrontare per la pre­parazione delle nuove ltggi. Ma, arrivati a questo punto, proprio per contribuire ad una precisazio­ne di responsabilità, ad uno snellimento nel fun­zionamento degli enti statali e parastatali, pro­prio per questo io penso di poter dire al Governo : ma prendete voi l'iniziativa, onorevole Presidente del Consiglio, voi che potete darci degli elemen­ti sicuri di giudizio. Io so che la questione, da taluni dei vostri collaboratori, è stata già stu­diata. Andiamo al di là dell'iniziativa parlamen­tare, pur così lodevole ma così tarda, e così, di­rei quasi, insabbianda per la parvità, apparen­te sia pure, del documento stesso.

Dateci voi un vostro progetto meditato che sia l'espressione della conoscenza profonda e della vita dei parlamentari, senatori e deputati, e della vita di queste aziende, statali e parastatali. Pre­cisiamo, per togliere domani qualunque possibi­lità di accuse cervellottiche e fatte alla leggera, precisiamo fin dove arriva la libertà e l 'attività economica del senatore o deputato e quali siano le incompatibilità di carattere finanziario o di altro carattere di influenza politica.

GASP AROTTO. Onorevole Cingolani, ricordi il mio ordine del giorno che anche lei ha ap­provato.

CINGOLANI. E che è stato accettato dal Go­verno.

Pensi il Presidente del Consiglio che, dissipa­ta questa nube fosca e pestilenziale, riconosciuto l'onore di chi sente di essere stato nell'onore offe­so, e richiamati tu t t i al senso di misura e di re­sponsabilità nel farsi patrocinatori, perchè tut t i lo possono fare, della vita pura' ed onesta della democrazia, lasciamo che la vita normale seguiti come deve seguitare nel Parlamento della libera Italia.

Ricordiamoci che la sete e la fame degli scan­dali sono stati sempre il segno e le stigmate dei periodi di decadenza; ricordiamoci che noi vo­gliamo non soltanto sapere fin dove giunge il le­cito e dove ha inizio l'illecito, nìa che il massimo dell'attività parlamentare sia dato in Parlamene to al lavoro legislativo, e fuori del Parlamento alla discussione politica e alla formazione del carattere degli italiani nuovi. Potremo così di­nanzi a Dio e dinanzi all 'Italia affermare di aver

Atti Parlamentari — 16917 — Senato della Repubblica

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compiuto sempre il nostro dovere. (Vivi applau­si dal centro. Congratulazioni).

TONELLO. Non avete detto niente, onorevole Cingolani; non avete smentito niente. (Proteste dal centro. Commenti).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Pre­sidente del Consiglio per rispondere alle due in­terpellanze.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Riassumerò, benché noti, i fatti degli ultimi tempi. Nella seduta dell ' l l maggio il Go­verno, rispondendo all'interrogazione del senato­re Grisolia, dichiarava di non poter precisare il suo atteggiamento sino a che le censure generi­che, contenute nel noto articolo dell'onorevole Viola contro membri del Parlamento e del Go­verno, non fossero state nei nomi e nella materia specificate o comunque individuabili. Si informa­va altresì l'interrogante, e con lui il Senato, che era in corso un lavoro di precisazione e di accer­tamento presso il gruppo parlamentare cui l'ono­revole Viola appartiene, e che soltanto dopo che si fosse giunti a conclusioni affermanti respon­sabilità concrete, il Governo avrebbe potuto ri­spondere in merito. Nell'attesa era doveroso riaf­fermare il diritto alla piena estimazione per ognuno dei membri tanto del Parlamento che del Governo. Credo che qualcuno mi abbia rimpro­vero di questa pregiudiziale, ma credo che que­sta pregiudiziale favorevole deve valere per tutti , per i membri del Governo e per i membri del Par­lamento, per tut t i gli uomini con cui si la­vora, perchè se non si avesse pregiudizialmente la stima, e l'estimazione di un uomo, non ci si incamminerebbe in un lavoro comune, soprat­tutto assumendo responsabilità che comunque si debbono sempre condividere, in ogni momento.

Parto da questo punto di vista; sono sempre partito da tale punto di vista. Molti onorevoli colleghi dell'altro ramo del Parlamento e parec­chi che sono in quest'Aula (poiché si t rat tava della Costituente) ricordano un simile mio at­teggiamento, che presi nei confronti ed a favore di tut t i i mei colleghi a qualunque partito appar­tenessero; allora eravamo ancora al Governo tri­partito. Ma è ovvio, mi pare che ciò sia un dovere morale del Presidente del Consiglio quando sia chiamato a prendere un atteggiamento su questo problema, perchè egli deve supporre — fino a pro­va in contrario — che ha a che fare con galan­tuomini; e che costoro in ogni caso, di fronte ad

accuse, sapranno difendersi e sapranno lavarsi da ogni macchia. Questo presupposto non mi ven­ga attribuito a torto, perchè credo che esso sia una buona regola di responsabilità ministeriale, non soltanto, ma una buona regola in genere di con­vivenza sociale, di rapporti sociali.

Perciò la risposta del Sottosegretario alla Pre­sidenza — data naturalmente a mio nome — era di quel tenore e di quella tendenza. La proce­dura, secondo me, che ha seguito il gruppo parla­mentare e che ho seguito io, in conseguenza di questa procedura iniziata, era l'unica possibile, nel rispetto della logica e della ricerca oggettiva della verità. Si è voluto da taluno — e in verità non in quest'Aula — equivocare sulla portata dell'indagine svolta in seno al gruppo parlamen­tare democristiano e si è parlato di un Foro pri­vilegiato che i deputati democristiani avrebbero stabilito in loro favore. Ma questa, come le al­tre critiche, cade solo che si esamini nel suo svi­luppo cronologico lo svolgimento dei fatti.

In data 19 aprile esce sul settimanale dell'As­sociazione combattenti, un articolo intitolato : « Come evitare un 3 gennaio » ; la situazione ita­liana vi è dipinta a tinte fosche e la pubblica vi­ta è dichiarata inquinata da un dilagante malco­stume politico e morale, sia pur rapportabile ad una « esigua schiera di profittatori, di accapar­ratori dì posti, di amorali e qualche volta di ri­cattatori ».

Orbene, da tutto l'articolo, per quanto vi man­casse la specificazione nominativa, risultava che l'accusatore era un membro del gruppo parlamen­tare democristiano, che si rivolgeva contro altri membri del suo gruppo e si rivolgeva in un pub­blico organo, al di fuori del Parlamento, (vi pre­go di notare questo, egregi senatori). Era ovvio che il direttorio del Gruppo stesso invitasse il Vio­la ad assumere la responsabilità delle sue accu­se, facendo nomi, precisando fatti, e che poi, quan­do il Viola accettò di farlo, sottoponesse accuse, confutazioni e difese al lodo probivirale, che ogni statuto di gruppo prevede (credo così alme­no) o che per lo meno prevede lo statuto del Grup> pò democratico cristiano.

Evidentemente, di per sé, questa non è una pro­cedura preclusiva di qualsiasi altra indagine, e soprattutto dell'indagine del magistrato; era ov­vio che il primo a sentirsi colpito fosse stato il direttorio del Gruppo stesso, poiché gli accusati e gli accusatori appartengono allo stesso gruppo.

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So che taluni in questo momento oppongono il gruppo parlamentare al complesso del Parlamen­to e quasi vorrebbero sminuire il Gruppo come fosse una clientela e una cricca condannabile o sospettabile pregiudizialmente.

Onorevoli senatori, questo è veramente un in­dice assai nero della presente situazione; siamo giunti al punto di ritenere che un esame fatto in discussione da 300 deputati che rappresentano poi la maggioranza della Camera, debba essere pregiudizialmente sospettabile e sospettabile co­me se fosse fatto da gente che non ha senso della responsabilità, non ha capacità visiva della real­tà del Paese. Se anche tu t t i costoro fossero con­giurati non riuscirebbero 300 deputati, di fronte ad un Paese che li ha eletti, a nascondere la real­tà. Quando si dice che la Camera deve decidere come tale, non ci si accorge che la Camera nella maggioranza è costituita da questo grande com­plesso di 307 deputati, e che questi 307, tu t t i so­spettabili e sospettati, sarebbero gli stes­si che voterebbero domani alla Camera. Allora la minoranza avrebbe il diritto, secondo la tesi precedente, di sospettare la maggioranza della Camera, cosa, del resto, altre volte avvenuta per­chè disgraziatamente è estremamente difficile t ra le passioni di parte (io lo escludo e devo essere ottimista, in confronto della buona volontà degli uomini) dare al pubblico la sensazione, che in un voto di simile carattere, in un voto che stabilisce

- l'onestà e tuteli l'onore, ci sia da una parte una maggioranza e da una parte una minoranza.

Ma nel frattempo un'altra più alta procedura venne messa in moto, quella del magistrato ordinario, prima che la cosa venisse portata innanzi al Consiglio dei Ministri, avendo infatti l'onorevole Viola fatto i nomi del Ministro Spa­taro e dell'onorevole Bonomi come di coloro ai quali dovevano essere riferite le accuse lanciate sull'articolo dell'« Italia d'oggi ». Essendo costo­ro accusati in un giornale, al di fuori del Parla­mento di un reato di diritto pubblico, dichiararo­no di sporgere querela con la più ampia facoltà di prova. Non si è proceduto come nel caso di in­giuria, ma si è lasciato all'accusato la più ampia facoltà di prova.

Per quel che riguarda dunque l'accertamento — vi prego di marcare la mia distinzione— degli ad­debiti specifici, e quindi l'eventuale responsabilità di coloro a cui sono rivolte le accuse e la responsa­bilità di chi le ha formulate e le mantiene, dovrà

decidere il tribunale con l'autorità libera e so­lenne che in confronto a qualsiasi cittadino ha voluto confermargli la Costituzione. Mi pare che nessuno, fuori o dentro di qui, preferirà il ricor­so a procedure specifiche (commenti dell'onore­vole Tonello) e privilegiate quando si è già im­boccata la via maestra del giudice comune chia­mato a tutelare l'onore dei cittadini, ad accerta­re fatti e a stabilire sanzioni. Onorevole Tonello, rispondo subito ad una obiezione che le sento sul­le labbra: si t ra t ta dell'accertamento dei fatti, delle accuse. Amici miei, quando ci si scalda per l'onore del Parlamento, io dico che prima di tutto c'è l'uomo, c'è il capo famiglia, c'è l'onore perso­nale, che si ha il diritto di difendere. (Vivissimi applausi dal centro e dalla destra).

TONELLO. La valutazione politica della con­dotta degli uomini la dobbiamo fare noi.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Allora siete voi che volete il foro pri-viligiato.

Io sto motivando il mio atteggiamento in Con­siglio dei Ministri e quindi è chiaro che io lo deb­ba fare in questo senso, perchè tale è la mia con­vinzione.

A questo principio, che mi sembra salutare, mi sono attenuto anche riferendo al Consiglio dei Ministri sul caso Spataro. Quando ne parlai co­noscevo già il contenuto del lodo a lui completa­mente favorevole sì da poterne dare sommaria informazione ai colleghi. Ma sapevo anche che il Ministro era ricorso alla Magistratura per un verdetto che accertasse nel modo più incontrover­tibile e con la procedura più aperta, i fatti, le ac­cuse e le prove, così da tutelare di fronte a chiun­que, anche i meno informati e i più accaniti av­versari, il suo onore personale. Stando così le cose, mi è parso né giusto né opportuno di accet­tare le sue dimissioni da Ministro; e qui vi pre­go di distinguere la prima parte delle mie affer­mazioni da questa seconda perchè mi si è addebi­tato di giustificare l'onorevole Spataro perchè le accuse contro quest'ultimo non riguardavano la sua opera di Ministro. Non è esatto; e tut to questo riferimento è stato fatto soltanto per rafforzare la mia opinione che non fosse necessario che egli desse le dimissioni da Ministro. Stando così le cose non mi è parso né giusto né opportuno accet­tare le sue dimissioni da Ministro, tanto meno in quanto che le accuse infondatamente mosse con­tro lui riguardavano il periodo precedente alla

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sua partecipazione al Gabinetto e non toccano affatto la sua responsabilità ministeriale. Questo per quanto si riferisce al fatto delle dimissioni. Debbo ricordare del resto che anche nel periodo passato, che oggi facilmente si descrive come il periodo idillico in cui tutto era chiaro, tutto era fondato sull'orgoglio e la dignità del Parla­mento e degli uomini, anche nel periodo passato ricordo i famosi scandali della Banca Romana, di Crispi ecc. ecc..

MILILLO. Ma Giolitti andò via dal Governo. DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei

Ministri. Non è vero, le dimissioni vennero dopo. Comunque io vi sto esprimendo la mia convin­

zione in base alla quale ho assunto le mie re­sponsabilità.

Io credo che un galantuomo, quale egli è — e badate bene che io ho tutte le ragioni di supporre che sia un galantuomo, ho il diritto anzi di sup­porlo e di vedere confermata questa mia suppo­sizione, perchè si t ra t ta di un uomo che conosco da lungo tempo — darà la prova migliore e più forte che può dare andando davanti ai giudici; e credo anche che questa prova sarà incontrover­tibile in modo da condurre più facilmente questa procedura a soluzione.

A qualsiasi altra forma son liberi tut t i di ri­correre. Io credo però che questa sia sufficiente tutela dell'onore anche di un membro del Gover­no, in quanto che tut t i i fatti che sono enunciati nel lodo non hanno a che fare con la sua attivi­tà ministeriale. E non è possibile pensare che un giudice, il quale dovrà giudicare sulle accuse presentate dall'onorevole Viola, riguardanti pa­gamenti di milioni, con differenze enormi t ra i dati dell'accusa e quelli accertati, trascuri tut to ciò; non è possibile pensare che il popolo italia­no ritenga che ci siano dei giudici i quali tirino un velo sopra deficienze o reati scoperti o che in realtà non esistono.

Io dico onestamente, da galantuomo : è mai possibile che si debba dire che dinanzi alla Ma­gistratura la procedura adottata non è tranquilla, non è sicura, e che si debba riservare ogni giudi­zio solo al Parlamento? Badate, io distinguo an­che qui nettamente: quando si t r a t t a di indiriz­zo politico o di responsabilità amministrativa o in generale di discussioni su procedure morali o meno nelle amministrazioni statali, allora capi­sco che il consesso parlamentare sia il corpo più chiaramente qualificato per una conclusione. Ma

qui si t ra t ta dell'accertamento di fatti, e benché io ammetta che ciò sia possibilissimo ottenere at­traverso una procedura parlamentare, nego che si possa non attribuire almeno la stessa certezza a quella di un magistrato. Non solo, ma la ma­teria è anche diversa, e ne avete un'esperienza an­che recente.

Ditemi, onorevoli senatori, il contegno tenuto dalla stampa, compresi gli articoli dei depu­tat i e dei senatori, stampa in cui si esprime la tendenza, il pensiero, l'aspettativa, ha dato pro­prio l'impressione di quella serenità per cui si potesse immaginare che si giudicasse come giu­dicava il Senato romano in simili congiunture? La preparazione della campagna — e l'onorevole Cingolani vi ha fatto qualche accenno — è stata tale che in realtà, leggendo i giornali, la condan­na ha preceduto addirittura l'esame e l'indagine.

E poi, che cosa direbbero i giornali una volta terminata l'inchiesta parlamentare che natural­mente finirebbe con almeno due relazioni nelle quali si mescolano il consolidamento dei fatti e le considerazioni generiche? Si continuerebbe a dire che la maggioranza ha protetto i propri mem­bri — cosa avvenuta altre volte, e anche recentis­simamente— mentre in realtà chi se la cava me­glio di tut t i è l'accusatore, pur avendo assunto così grave responsabilità e avendo messo in pe­ricolo, non la situazione economica, ma la situa­zione morale di individui che hanno diritto di essere protetti ; perchè un uomo che siede in que­sto banco non ha minor diritto di essere protetto di un cittadino qualunque.

In tutto quello che riguarda l'amministrazione, in tutto quello che riguarda pubblico denaro, in tutto quello che .riguarda rapporti di autorità o comunque di responsabilità personale, i Ministri sono responsabili dinanzi al Parlamento (saran­no responsabili dinanzi all'Alta Corte o al Par­lamento quando sarà approvata l'apposita leg­ge) ; devono dunque rendere conto e devono sotto­stare alle decisioni del Parlamento : questo è ve­ro. Ma quando si t ra t ta di dire : « Tu dieci anni fa hai ricevuto tanto ; t i sei comperato una casa : dove hai presi quei soldi? », quando si t ra t ta di dire: «Tu, come amministratore di un ente — che non riceve t ra l'altro nemmeno un centesimo dallo Stato — hai incassato milioni » — si è parla­to sui vostri giornali (rivolto alla sinistra) di 78 milioni — e risulta viceversa che, in quel periodo, in cui era lecito averne la attribuzione, l'accu-

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sato non ha riscosso neanche 50 mila lire al me­se, quando queste accuse lanciate con tanta leg­gerezza non si possono sostenere, volete voi che noi aspettiamo, che io dica a questo Ministro : « Vattene, sta alla porta, aspetta di venire assol­to prima da un consesso parlamentare, dopo una lunga discussione di carattere politico »? E non volete che io gli dica : « Hai fatto bene ; va da­vanti al giudice, domanda di essere condannato, se è vera l'accusa, perchè hai commesso un reato contro la legge chiara e precisa ; se non è vero, ci sia sanzione contro colui che ha assunto questa responsabilità, e che non deve nascondersi dietro il privilegio parlamentare. Anche egli è accusa­to ». Allora, dinanzi a questa responsabilità co­mune, io invoco il giudice comune. Per questa parte di accertamento di fatti e di tutela dello onore personale, credo di avere bene agito dicen­do all'onorevole Spataro : « Hai fatto bene a pre­sentare querela; non c'è bisogno che tu inter­rompa la tua attività amministrativa ».

MILILLO. Se voi volevate che si pronunziasse il magistrato, non dovevate pronunciarvi voi intanto.

DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Era naturale che il lodo ci fosse. Sareb­be come dire che un padre di famiglia, quando ha un figlio che deve andare dinanzi al giudice, non deve pregiudizialmente esaminare egli stesso, nell'interesse della famiglia, se questo povero di­sgraziato è colpevole o no. (Interruzioni, prote­ste dalla sinistra). Voi fate come il solito : inter­rompete continuamente. Ma è inutile, andrò avan­t i egualmente con le mie dichiarazioni. Del resto, avete ancora la possibilità di rispondere.

Aggiungo ancora che, nel caso del lodo, la pro­cedura era in corso prima che l'onorevole Spataro desse la querela ; e mentre il lodo dice : io non mi occupo di Bonomi, perchè Bonomi ha annunciato eli sporgere querela, il lodo si è occupato dell'ono­revole Spataro, perchè in quel momento non c'era la sua querela ; egli l'ha presentata prima di veni­re al Consiglio dei Ministri. Dunque non è esatta l'obiezione che mi si è fatta, dunque rimane, onorevoli senatori, la questione generica, la così detta nube di sospetto che graverebbe sul Parlamento, sui i suoi membri e su quelli del Governo, ossia su tu t ta la demo­crazia parlamentare. Non credo che tale atmo­sfera ostile e sospettosa esista, per quanto una or­chestrata campagna di stampa si sforzi di crearla.

Non esiste certamente presso la maggioranza del popolo che chiede di lavorare per la ricostru­zione e la salvezza del Paese. Comunque, il mi­glior modo per diradare la cortina fumogena creata dalle maldicenze abituali, è quella di usci­re decisamente in campo aperto, di portare am­pie prove, di affrontare un verdetto che non si possa attribuire né a parti t i né alla maggioran­za. C'è inoltre, indipendentemente da questi epi­sodi, la questione generale se le Camere debbano integrare e ampliare le esistenti norme circa le incompatibilità parlamentari: vessata questione che ha tormentato sempre anche i nostri maggio­ri e che è stata variamente risolta nei vari Paesi. Si è sempre trovata difficoltà a conciliare la qua­lità di competente, di tecnico, di uomo esperto di amministrazione e di economia, (qualità che pur si richiedono per avere legislatori efficienti), con la tendenza di vietare praticamente al deputato di essere un tecnico, un finanziere pratico, un competente. Le leggi elettorali, per l'Assemblea costituente e per il Parlamento attuale, fissano chiaramente le condizioni obiettive di ineleggi­bilità, escludendo t ra l'altro dalla candidatura coloro che in proprio, o in qualità di rappresen­tanti legali di società o di imprese private, risul­tino vincolati con lo Stato per contratti di ope­re o dì somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole en­ti tà economica, che importino l'obbligo di adem­pimenti specifici, e inoltre gli amministratori e i dirigenti di società ed imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato. Non possono essere eletti altresì i consulenti le­gali e amministrativi che prestino in modo per­manente l'opera loro alle persone, società e im­prese del genere di quelle ricordate.

Queste norme non rimasero lettera morta poi­ché l'Assemblea costituente in un caso contro­verso deliberò l'annullamento di un'elezione con­testata. Il Parlamento attuale si è occupato della questione, e si è occupato di incompatibilità in sede di formazione della legge 9 agosto 1948, stabilendo che con l'indennità parlamenta­re non si possono cumulare gli assegni, le indennità, le medaglie o gettoni di presenza comunque derivanti da una carica di carattere amministrativo conferita dallo Stato, da enti pub­blici, da banche di interesse nazionale, da isti-

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tut i di credito di diritto pubblico, da enti pri­vati concessionari di pubblici esercizi, da enti privati aventi rapporti di affari con le regioni, Provincie e comuni.

La stessa legge stabilisce le eccezioni alla non cumulabilità degli assegni per incarichi di natu­ra accademica e rapporti di impiego con lo Stato.

L'onorevole Cingolani ha fatto appello al Go­verno perchè il Governo, accelerando la procedu­ra, passando sopra alle proposte di iniziativa parlamentare, che già esistono da parecchio tem­po, proponga l'integrazione, l'ampliamento di questa legge allo scopo di escludere qualsiasi in­carico a deputato o senatore da parte del Gover­no, in ogni modo dallo Stato, o da enti di diritto pubblico; ossia non più semplicemente la non cu­mulabilità della retribuzione, ma l'esclusione dall'incarico.

Questo invito del Presidente del gruppo sena­toriale democristiano mi pare che sia suppergiù dello stesso tenore dell'ordine del giorno dell'ono­revole Gasparotto, presentato durante la di­scussione

GASPAROTTO. Del bilancio dell'Interno. DE GASPERI, Presidente del Consiglio dei

Ministri. ... già svolto, ma sul quale non si è deli­berato.

Io dico che il Governo non ha nessuna obie­zione. Fino adesso il Governo si è trattenuto dal prendere iniziative in questa questione partico­lare più propria del Parlamento, perchè sembra­va che l'iniziativa parlamentare, sia dei gruppi, sia dei singoli, sia ancora delle Presidenze delle Camere fosse più conveniente, fosse una cosa inerente, direi, alla funzione parlamentare. Se il Parlamento desidera che il Governo prenda ini­ziative, se il Parlamento vuole che il Governo co­munque collabori a questa soluzione, a questo am­pliamento della legge, io sono qui a dire che il Governo è a disposizione del Parlamento.

Sarei ben lieto se ciò potesse venire fatto in modo da precludere qualsiasi possibilità di ac­cuse del genere o qualsiasi possibilità di collusio­ne a cui si è fatto riferimento.

Bisognerà, risalendo a tut t i i particolari di tale problema, porsi la questione se si debba eliminare ogni interferenza t ra mandato parla­mentare e mandato di affari, t r a mandato stesso e la rappresentanza di interessi di categoria, t ra il mandato e le mansioni entro la pubblica ammi­nistrazione : tutte questioni molto delicate, molto

controverse, che sono poliedriche per i loro effet­ti e per le loro conseguenze e che vanno conside­rate con molta attenzione.

I l Governo è disposto per parte sua a prendere iniziative quando ciò sia il risultato di ima opi­nione chiara del Parlamento, o comunque ad in­fluire per l'acceleramento delle trattative su pro­getti che sono già stati presentati. Ben lieto se con questa iniziativa e con questa nuova legge si ot­terrà un chiarimento tale che non renda più pos­sibili accuse come quelle che si sono lanciate. Però debbo dire che al disopra delle leggi e dei regolamenti vale la coscienza e la morale. Io non saprei inventare una legge che possa dare vera­mente la sensazione al pubblico e ai colleghi in Parlamento che un deputato o un senatore è un galantuomo) se veramente egli non è tale nella sua coscienza. Se noi non torniamo indietro a questa opinione, che avevamo pure in un certo momento, e spingiamo l'animosità, l'astio della fazione con­tro la fazione, del partito contro il partito, della maggioranza contro la minoranza, in modo da dubitare che un'accusa pregiudiziale, che tutto quello che la maggioranza fa, che la minoranza fa, sia fatto in onta a quello che è verità, coscien­za, morale, ecc., evidentemente non è il Parla­mento che in queste discussioni si decompone in­nanzi al pubblico; si decompone innanzi al pub­blico la democrazia, per mancanza di ferma mo­rale. Ed ora io dico che in questo momento (sono Presidente del Consiglio, eletto da una maggio­ranza, ma sono rappresentante di tut t i partiti), mi appello ai parti t i in questo senso, dicendo lo­ro : badate che abbiamo l'interesse di chiarire, lo interesse di accertare qualsiasi reato, di punirlo, l'interesse di appurare qualsiasi malversazione; ma contemporaneamente anche abbiamo l'inte­resse, la convenienza che la forza delle istituzioni parlamentari democratiche, se sta nell'esaltazio­ne della probità dei costumi, nella repressione se­vera della trasgressione della probità che in ge­nere si attribuisce sempre ai tempi passati, sta però anche nella reazione vigorosa contro il mal­vezzo del gratuito vilipendio, della calunniosità generica verso chi è investito di pubbliche fun­zioni, sia amministrative che politiche, dal Con­siglio comunale fino al Governo, fino alle ammi­nistrazioni dello Stato. È troppo diffusa, anche nel pubblico, sia pure per l'esperienza passata, sia per scetticismo tradizionale, l'opinione che, stando a questi posti di responsabilità, si t ra t ta

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solo di mangiare, di fare i propri interessi, per modo che noi anche con le nostre discussioni, ali­

mentiamo questi atteggiamenti, alimentiamo que­

sto senso di diffidenza. E badate bene che dicendo ciò non voglio nascondermi dietro una mag­

gioranza per fare la polemica alla minoranza, ma voglio fare questi ammonimenti a me stesso e a tutti noi che abbiamo lavorato per ritornare alla eostituzione democratica, noi che abbiamo la li­

bertà di stampa, che si estende illimitatamente, e di fronte alla quale non c'è che il verdetto di giu­

dici, che può porre limiti. Noi che come Governo non ci possiamo rimproverare nulla che non sia corrispondente alla regola democratica della li­

bertà, abbiamo il diritto di dire che tutto questo non deve farsi per mettere in pericolo la coscienza morale della democrazia, ma deve invece farsi per dare prova che questa coscienza morale è più for­

te di qualunque vilipendio, di qualunque mormo­

razione e cerca la verità, perchè i deputati, i se­

natori, sono galantuomini, pregiudizialmente tali, fino a che non si dimostri il contrario in pubblica discussione o innanzi a pubblico verdetto. (Ap­

provazioni).

Detto questo, dovrei rispondere ai quattordici (come quelli di Wilson?) o quindici punti, non so con esattezza quanti siano, proposti dal senatore Grisolia. Credo che non si pretenda che improv­

visi una risposta sui singoli punti, e sugli accen­

ni che mi pare egli abbia fatto, per trasferire la sua visuale e il suo proiettore dal lodo dei probi­

viri sul caso Viola ■— dove le cose non vanno, per la sua tesi, molto bene — sopra settori diversi, dove si t ra t ta veramente di amministrazioni, di responsabilità amministrative. Quando egli mi parla di additare « la crusca venduta », di inter­

venti riguardanti questo o quel Ministero, natu­

ralmente mi parla di responsabilità amministra­

tiva, ed allora io come Presidente del Consiglio devo assumere queste responsabilità e devo difen­

derle: sono disposto, se così meglio credete, di dare singole risposte a ciascun punto; ma sarà, mi pare, più conveniente che rispondano i singoli Ministri a nome mio, assumendo io le responsa­

bilità, perchè si t ra t ta di questioni concrete in cui bisogna entrare in particolari. Questi argo­

menti sono stati in parte discussi, per altri esi­

stono interrogazioni alle quali potrà essere ri­

sposto ; comunque non ho nulla in contrario che si dia, Ministero per Ministero, sia durante la di­

scussione dei bilanci, sia a parte, la risposta con­

veniente, e se questa risposta non venisse data, riconosco il pieno diritto dell'onorevole Grisolia e degli altri colleghi di reclamare in questa sede.

Io devo però osservare anche qui che la proce­

dura normale è questa. Se su quei banchi ci pos­

sono essere accusatori, qui ci deve essere chi ri­

sponde; la discussione può farsi, le deliberazioni possono venire, quando la Camera deciderà so­

pra il Ministero o sopra un caso singolo riguar­

dante il Ministero; con ciò avrà deciso sul Mini­

stero, e se il Ministero avrà preso un atteggiamen­

to che è reato o omertà di fronte a reato, si dovrà fare una questione di fiducia e di sfiducia. Questa è la procedura normale; se poi ad un certo punto vi troverete dinanzi ad un Governo che non vi con­

cede la soddisfazione a cui avete diritto e la rispo­

sta concreta, allora voi potete ricorrere all'inchie­

sta parlamentare; sarete voi, parlamentari, che licenzierete il Governo e ne domanderete un altro in base ai princìpi fondamentali della democrazia.

Questo è metodo parlamentare e io credo che non dovrei mancare di consensi, anche dalle vo­

stre parti, se vi chiedo di avviare questa discus­

sione verso la massima concretezza, in modo che i fatti risultino chiari e l'onore delle persone sia intatto, in quanto lo meriti, e sia toccato in quan­

to lo meriti, e soprattutto gli accusatori siano co­

stretti o a provare o a r i t rarre le accuse, il che spe­

ro che sia fatto perchè non credo che nessun sena­

tore o deputato elevi accuse in malafede, in totale malafede, semplicemente per accusare. Credo che le discussioni di carattere regionale possano vera­

mente trascinare a delle dichiarazioni che non si sarebbero altrimenti fatte, ma credo che anche coloro che hanno posto queste accuse e che si sono trovati di fronte alle confutazioni, quali sono ap­

parse oggi, avranno il coraggio e l'onore di ritrat­

tarle, tanto più se si t ra t ta di gente che in campo di battaglia fu valorosa e con ciò ha dimostrato di saper esporre la propria vita.

Questo è il mio vivo desiderio ; e mi pare che in questa sede abbia sufficientemente risposto. Avre­

mo una continuazione di diverso tipo, dinanzi al­

l'altro ramo del Parlamento, di diverso tenore, per interpellanze diverse ; ma questa è una respon­

sabilità, che tocca a me, egregi colleghi, e voi ne siete esonerati. (Vivissimi applausi dal centro).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onore­

vole Grisolia, per dichiarare se è soddisfatto. GRISOLIA. Signor Presidente, onorevoli sena­

tori, se l'onorevole Presidente del Consiglio non

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avesse fatto una. distinzione molto sottile circa l'allargamento del mio intervento, quasi che io avessi voluto sfuggire al fatto specifico, se si fosse limitato cioè alla seconda parte del suo dire, per­chè nella prima parte è evidente che partiamo da due concezioni opposte, io mi sarei riservato, a dopo la discussione odierna nell'altro ramo del Parlamento, di presentare apposita mozione. Ma l'onorevole Presidente del Consiglio, nel rispon­dere, ha dimenticato per un attimo — e chiedo scusa — quello che ho rilevato io nel lodo pubbli­cato stamane in cui si afferma — ed è la base, il fondamento di tutto il lodo — che « in ordine alle cointeressenze egli (e cioè l'onorevole Viola) ave­va precisato che si trattava dell'onorevole Spa­taro e di parlamentari che hanno incarichi in enti economici. Per l'onorevole Spataro si è dimostra­ta la sua probità; per gli altri parlamentari con­viene ricordare che si potrà essere di vario parere circa la compatibilità t ra mandato parlamentare ed altri incarichi, ma allo stato attuale della le­gislazione nulla di illecito si ravvisa nella fun­zione di tali incarichi, con la prevista esclusione del cumulo delle indennità ». È questa una affer­mazione dal punto di vista morale, a cui ella, ono­revole Presidente del Consiglio, testé si riferiva, molto grave ed in un certo senso quasi preclusiva di quel disegno di legge o di quei disegni di legge che noi concordemente ci proponiamo di discu­tere nei prossimi giorni.

Mi siano consentite però poche precisazioni, e cioè che la maggioranza del gruppo democristia­no dell'altro ramo del Parlamento non ha delibe­rato spontaneamente sulle accuse dell'onorevole Viola, ma ha deliberato dopo il lodo dei probiviri e dopo le dichiarazioni del Governo. Deliberando contro, il detto Gruppo avrebbe smentito il Go­verno e i probiviri ; esso si è sentito pertanto vin­colato dai deliberati del Governo e del collegio dei probiviri del proprio partito.

Peraltro, l'onorevole De Gasperi doveva fare ciò che ha fatto difendendo i Ministri, ma gli ac­cusati avevano ed hanno il dovere di chiedere la più ampia inchiesta. Ogni mediocre galantuomo, onorevole Presidente del Consiglio, agisce così, anche perchè la Magistratura esamina soltanto gli illeciti penali e non gli illeciti morali contrari alla correttezza e alla sensibilità politica. (Inter­ruzioni dal centro). Onorevoli colleghi, io ho ascoltato silenziosamente l'onorevole Cingolani e l'onorevole Presidente del Consiglio, come è stato

rilevato anche dall'esimio Presidente dell'Assem­blea; e perciò desidero che mi si lasci dire tutto quello che intendo dire nell'interesse del Parla­mento e delle istituzioni democratiche.

CINGOLANI. Anch'io. GRISOLIA. Non intendevo riferirmi a lei, ono­

revole Cingolani. Finché non è stata dissipata, onorevoli sena­

tori, la densa nube nella grave atmosfera su cui conviene lo stesso onorevole Cingolani, io non posso desistere da questa azione parlamentare, comunque sia interpretata, perchè al pari di lei, onorevole Presidente del Consiglio, io sento di es­sere a posto con la mia coscienza.

Nulla vieta quindi, signor Presidente, che io trasformi l'interpellanza in mozione. E mi augu­ro di vedere Cristo con in mano la frusta, con la quale scacciò i profanatori dal tempio. Perchè l'onorevole De Gasperi non inaugura, prima della presentazione della mozione, prima d'ogni inchie­sta parlamentare, un'altrettale frusta? Questo è il suo dovere parlamentare, ed io da parte mia, secondo la tradizione e il dovere socialista, difen­derò sempre e comunque il Parlamento della Repubblica italiana. (Applausi vivissimi dalla sinistra).

PRESIDENTE. Onorevole Grisolia, le debbo far presente che la trasformazione dell'interpel­lanza in mozione non è possibile, data la natura stessa dell'interpellanza. Resta inteso, quindi, che non l'interpellanza sarà trasformata in mozione, ma che lei si riserva di presentare una mozione sullo stesso argomento.

Ha facoltà di parlare l'onorevole Cingolani, per dichiarare se è soddisfatto.

CINGOLANI. Onorevoli colleghi, dato il carat­tere che ha avuto la mia interpellanza, è chiaro che per la parte che riguarda la cosiddetta cam­pagna orchestrata debbo ringraziare il Presiden­te del Consiglio per avere avvalorato le mie ci­tazioni con la sensazione, identica alla mia, che egli ha avuto della artificiosa orchestrazione di questa campagna.

Per quanto riguarda la portata della discus­sione degli attuali disegni di legge di iniziativa parlamentare o di un disegno dì legge di inizia­tiva del Governo, noi siamo qui non solo pronti, ma — e interpreto anche il pensiero del collega Grisolia — desiderosi di rapidamente venire ad una chiarificazione, perchè, onorevole Grisolia, creda che tut t i siamo nella condizione di sen-

Atti Parlamentari — 16954 — Senato della Repubblica

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tirci a posto con la nostra coscienza. È bene però ed è utile anche per il Paese che siano stabilite delle norme ben precise, non per non indurre cia­scuno di noi in tentazione di fronte a possibili in­carichi, ma perchè il Paese creda nella nostra impossibilità di cadere in questa tentazione. Sia­mo d'accordo quindi anche su questo punto.

Per il resto, come conclusione di questo dibat­tito, per quanto riguarda il lodo, del quale ho detto appena qualcosa, ma del quale ha parlato l'onorevole Grisolia, devo dire che esso risponde alla coscienza di tre intemerati colleghi nostri dell'altro ramo del Parlamento, che l'esame è sta­to lungo, è vero, ma spassionato, e che la limpi­dezza delle sue conclusioni è tale da poter fare sentire sin da ora quella che è la piena ed asso­luta onestà dei nostri colleghi accusati con tanta leggerezza, e mi auguro anche io quello che si è augurato il Presidente del Consiglio, che, cioè, l'antico combattente del VI Reparto d'assalto, che ha saputo, solo, sfidare la morte, abbia un corag­gio civile uguale al coraggio militare. (Applausi dal centro).

Seguito della discussione del disegno di legge: « Riordinamento delie disposizioni sulle pen­sioni dli guerra » ( 7 8 7 ) .

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il se­guito della discussione del disegno di legge: « Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra ».

Ultimo oratore iscritto a parlare in sede di di­scussione generale è l'onorevole Orlando. Data l'ora tarda, chiedo all'onorevole Orlando se inten­de prendere ora la parola o se propone di riman­dare la discussione ad altra seduta. '

ORLANDO. Quanto intendo dire non richie­derà molto tempo, assumendo più che altro il ca­rattere di una dichiarazione di voto. Perciò, se giovasse ad un rapido svolgimento dei lavori del­l'Assemblea, potrei rinunciare a prendere la pa­rola in sede di discussione generale, riservandomi di intervenire in sede di dichiarazione di voto sul­l'articolo 1.

PRESIDENTE. Poiché il senatore Orlando si è riservato di parlare sull'articolo 1 contenente i princìpi informatori del disegno di legge e nessun altro chiedendo la parola, dichiaro chiusa la di­scussione generale.

Passiamo ora all'esame degli artìcoli, che rileg­go nel testo proposto dalla maggioranza della Commissione.

TITOLO I.

D E L DIRITTO ALLA PENSIONE DI GUERRA IN GENERALE.

Art. 1.

Ai militari delle Forze armate, agli apparte­nenti a Corpi o servizi ausiliari, alle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana, che abbia­no in guerra riportato ferite o lesioni o contratto infermità, da cui sia derivata perdita o menoma­zione della capacità di lavoro, ed alle loro fami­glie, quando da tali ferite, lesioni o infermità, sia derivata morte, sono conferite pensioni, assegni o indennità di guerra, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge.

Le equiparazioni fra i gradi dei personali ap­partenenti ai Corpi o servizi ausiliari e quelli del­l'Esercito sono determinate con decreti del Capo dello Stato, udito il Consiglio di Stato.

Ai militari addetti in stabilimenti, cantieri o lavori esercitati od assunti da enti pubblici o da privati, ancorché vi abbiano prestato servizio tn qualità di comandati, si applica il regime delle pensioni di guerra, quando trattisi di decesso o invalidità direttamente derivanti da azioni bel­liche.

ORLANDO. Domando di parlare per dichiara­zione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. ORLANDO. Quanto intendo dire — come

ho già accennato — non sarà altro che una dichia­razione di voto.

PRESIDENTE. Osservo all'onorevole Orlando che nell'articolo primo sono racchiusi i princìpi informatori del disegno di legge, per cui il suo intervento investirà, in sostanza, proprio tali princìpi e non si discosterà perciò di molto dal carattere di un intervento in sede di discussione generale.

ORLANDO. Formalmente ciò è esatto; ma un vecchissimo parlamentare come me dovrebbe evi­tare di servirsi apertamente o surrettiziamente di un mezzo di parlare, quando non ne abbia più il diritto.

La mia dichiarazione di voto si fodera, se mi si consente una tale espressione, anche di una spe­cie di fatto personale. E il fatto personale do-

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vrebbe essere ammesso, invero, non solo come que­stione che tocchi la persona, ma altresì come que­stione che tocchi la persona in quanto abbia oc­cupato un ufficio. Orbene, da questo punto di vi­sta, la discussione avvenuta mi offrirebbe anzi una serie di fatti personali, perchè, non io, ben in­teso, ma il Governo di cui feci parte e che infine ebbi l'onore di presiedere, credo che abbia avuto il merito di aver creato la s trut tura giuridica del­l'istituto. Noi non aspettammo che la guerra fi­nisse, e provvedemmo a quello che ci appariva co­me un dovere elementare dello Stato pur mentre la guerra durava. E ciò facemmo ininterrottamen­te, perchè, com'è stato ricordato, ci sono disposi­zioni legislative nostre nel 1916, nel 1917, nel 1918 e nel 1919 : non vi fu anno che non ricevesse un contributo nostro. Ripeto che il merito non è mio se non in quanto Presidente del Consiglio, bensì dei colleghi che partecipavano al Governo, t ra i quali mi è caro avere ancora qui vicino a me il Pella di un tempo, il Ministro del tesoro onorevo­le Nitti.

Ora, noi stabilimmo il concetto di una distinzio­ne t ra la pensione di guerra e quella ordinaria. Questo concetto nacque e si fissò allora col carat­tere di adempimento di un obbligo, non di conclu­sione di un atto esecutivo di natura, direi, preva­lentemente privatistica: come un vero e proprio dovere dello Stato. Oggidì, la parola « riconoscen­za » spiace ed è accusata di retorica, perchè di questi tempi la retorica ha una pessima stampa; eppure, « riconoscenza » nel suo significato etimo­logico, ossia da « riconoscere », sarebbe nel caso la parola veramente giusta, che è l'ammissione di un debito, di un vero e proprio debito, per il qua­le non v'è nemmeno il bisogno di un rapporto causale, bastando semplicemente un rapporto oc­casionale.

I Romani in questo furono veramente grandi maestri; e piace ricordarli, perchè se ne trae ar­gomento di conforto in momenti in cui tante ra­gioni ci deprimono, nazionalmente, e, sarei per dire, etnicamente.

Orbene, essi dal concetto d'indennità dovuta a chi ha prestato un servizio (non c'è nessun accen­no alla guerra in ciò) in forza di un rapporto causale col servizio stesso, passarono rapidamente al concetto d'indennità anche per un rapporto semplicemente occasionale. Vedete il senso di e-quità, che avevano i nostri grandi maestri. Mi sia permessa una breve esemplificazione. Io mandavo

qualcuno a fare una commissione presso un tizio e questo qualcuno, poniamo, veniva bastonato dal destinatario. Evidentemente, io dovevo indenniz­zarlo. Ma se la persona da me incaricata viene assalita per la strada dai ladri, qui il rapporto causale non esiste, perchè si va per istrada indi­pendentemente dagli incarichi da compiere e l'es­sere assaliti dai ladri è una disgrazia che capita e che nulla ha da fare con la commissione ricevu­ta. Sembrerebbe, dunque, che in tale ipotesi non vi sia motivo per alcuna indennità ; ma il diritto romano affermò, invece, il contrario e riconobbe che se anche il rapporto sia occasionale, l'inden­nità è dovuta. Ora, questa citazione può sembrare del tutto accademica, cioè a dire non avente un nesso necessario con la discussione attuale; ep­pure, questo nesso c'è sotto vari aspetti e consta­tiamolo nella maniera più immediata.

La prima questione che ci si presenta è l'op­postaci pregiudiziale relativa alla difficoltà finan­ziaria dello Stato : obiezione questa, certo, non trascurabile, a proposito della quale, anzi, mi pia­ce di esprimere alla Commissione di finanza del Senato una parola di simpatia e di lode ; e, difatti, nell'agire così, essa viene bene ad inquadrarsi in quella che è la vecchia onorevole tradizione dello

• Stato italiano, per cui si parlava della « Compa­gnia della lesina ».

Non sarà fuor di proposito l'evocar qui un mio ricordo personale di anni ormai lontani, di quando cioè ero Ministro della pubblica istruzione. Per impedire che l'Arco Angioino in Napoli cadesse (in effetti, esso minacciava imminente rovina) oc­correvano 10 mila lire, che io non avevo. Corsi al Ministero del tesoro a dare l'allarme e a richie­dere la modesta somma occorrente. Ed il Mini­stro del tesoro, per tut ta risposta, mi disse que­ste parole : « Tu non pensi che alla tua gloria ». Sostenere l'arco cadente pareva a lui, dunque, una ragione di vanità, di fatuità personale; e così la necessità mi costrinse a ricorrere ad un delitto amministrativo, onorevole De Gasperi. Commisi allora un delitto amministrativo: cioè, riuscii a mettere insieme le 10 mila lire attraver­so accorgimenti ed espedienti non del tutto cor­retti dal punto di vista della contabilità dello Stato. È a reati ministeriali di tal genere che mira l'istituto della messa in accusa e del giu­dizio dei Ministri ; ma io non credo che il Senato, né quello di allora, né l'attuale, mi avrebbe con­dannato per questa violazione della legge, impo-

Atti Parlamentari — 16956 — Senato della Repubblica

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sta dalle necesità di salvare uno dei più insigni monumenti dell'Italia meridionale.

Ma, nel caso presente — bisogna riconoscerlo — la nostra Commissione di finanza, la quale discen­de per li rami da quei vecchi custodi del tesoro, è stata di una larghezza inconsueta : non dirò cer­to soverchia, perchè io l'avrei desiderata anche più ampia, ma in ogni modo inconsueta. E, di­fatti, una spesa originaria di 60 o 61 miliardi, essa l'ha elevata a circa 70 miliardi; per cui non solo è meritevole di lode, ma dà motivo ad un ringraziamento, ad una ragione di fierezza per questo vecchio Senato (la qualifica di « vecchio » è qui suggerita dalla etimologia del nome; ma, se mi guardo dintorno, non potrebbe dirsi certo che si giustichi troppo). La Commissione ha, dun­que, riconosciuto l'eccezionalità di una legge di questo genere; però, malgrado tu t ta la sua vo­lontà e la sua comprensione, si è dovuta anche essa fermare di fronte all'obiezione della spesa.

E neppure io vorrò svalutare tale obiezione; però, ecco il nesso, per cui la mia allusione ini­ziale non era fuori luogo e non era accademica, giacché, se ed in quanto riconoscete che quello dei mutilati di guerra è un diritto acquisito, allora voi non potete più opporre la mancanza dei mez­zi. L'opponete, forse, ai creditori dello Stato? Riconosciuto un diritto, l'obiezione « non ho i mezzi » non basta.

D'altro canto, però, dichiarerò io stesso ciò che, invece, può giustificare in certo senso l'obie­zione; ed è la maniera di liquidazione. Il relatore della minoranza ha fatto una osservazione giu­stissima, che in questa materia bisogna avere sempre presente : cioè che per la natura dell'isti­tuto e, direi, nell'atto stesso in cui si afferma, quello del mutilato è un diritto. Come si è visto, questa affermazione mi ha trovato pienamente consenziente; e da parte mia ho cercato, anzi, di convalidarla.

Per quanto riguarda, però, la liquidazione, non potrebbe negarsi che occorra una valutazione caso per caso. Chi dice : « ho sofferto un danno ; dun­que, indennizzatemi », vuole liquidato il suo dan­no; ma questo non è uguale in tut t i i casi. Se espongo queste osservazioni, non è per fare del­l'accademia ; ma è perchè una delle difficori à mag­giori delle leggi di questo genere è per l'appun­to trovare il tipo, il modello assoluto, quasi — sa­rei per dire — come un abito della Rinascente, che vada bene a tut t i coloro che hanno una de­

terminata s ta tura; mentre, invece, il criterio del danno sostanzialmente varia da caso a caso.

È la mia ormai ben lunga, inveterata abitudine di avvocato che mi fa, come sempre, considerare anche questa questione da ambedue gli aspetti : in questo momento, la vedo dalla parte della Com­missione. Cioè a dire, si t ra t ta indubbiamente di un diri t to; ma in quanto è un diritto che occorre sia liquidato, questa liquidazione dà modo al de­bitore (perchè lo Stato è debitore) di dilazionare e di cercare altre forme per adempiere a questo suo dovere. Trattasi, dunque, del soddisfacimento di un debito, da eseguire entro un certo limite, che la finanza, da un lato, e le difficoltà della li­quidazione, dall'altro lato, determineranno.

Un dovere di sincerità, per altro, mi obbliga a confessare di essere rimasto turbato, nella mia coscienza, nel sentire la formula del relatore del­la maggioranza. Il senatore Zotta, relatore di maggioranza, che ha parlato molto bene, al suo solito, ha detto, se ben ricordo : « vi è una parti ta chiusa, cioè a dire per tutto quanto si riferisce alla liquidazione del danno sofferto dai mutilati. Questa è per noi part i ta chiusa, essendosi già provveduto in maniera sufficiente ».

È stato, però, messo in evidenza che vi è tut ta una parte che manca completamente, perchè il provvedimento possa essere qualificabile se non proprio degno e perfetto, almeno soddisfacente. Resta, adunque, di fronte alla part i ta chiusa an­cora una parti ta aperta; ed è questo un dovere, che lo Stato deve riconoscere e proporsi di adem­piere.

I l relatore di minoranza, in un discorso vee­mente, uno di quei discorsi che rivelano un senti­mento profondo, commosso, caldo, ha fra l'altro esclamato : « ma questo è un oltraggio ! ». E, di­fatti, secondo il progetto, solo i grandi invalidi sono tutelati — ed anch'essi, soltanto in parte — ; mentre per tutte le altre categorie il progetto è deficiente, ed in modo particolare poi per le ve­dove e per gli orfani. In una certa misura, quanto meno, tale deficienza è stata riconosciuta dalla maggioranza stessa.

Perciò — come dicevo — sono rimasto assai perplesso e turbato dì fronte a questo disegno di legge, che presenterebbe due facce: secondo gli uni, esso disciplinerebbe un'affare ormai regolato, sia pure con una riserva a favore delle vedove e degli orfani; secondo gli altri, invece, sarebbe una cosa addirittura abominevole ed iniqua. Ne

Atti Pari risentati — 36957 — Senato della Repubblici

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I L G K Ó 1950

sono rimasto, ripeto, assai sorpreso e credo che, da un punto di vista di politica applicata al caso concreto, questi contrasti violenti dovrebbero ad­ditare la linea di condotta da seguire. Continua­mente io vengo a conoscenza di aspri ur t i di forze economico-sociali in contrasto, di grandi scio­peri, di Ministri che fanno da intermediatori, di luùghe discussioni : ebbene, a che cosa si mira con tutto ciò? Ad una qualche cosa che soddisfi, che soddisfi in una maniera sia pure relativa, che determini una pace sia pur provvisoria. Perchè non si è agito in tal modo anche verso questi fra­telli nostri, i quali non chiedono se non ciò che noi riconosciamo essere un loro sacro diritto? E non vado avanti su questa via, perchè non mi piace di passare per un retorico; ma erano ben queste cose che abbiamo dette in quei giorni lon­tani di commozione e dì pianto. Ora, quel pianto ci è rimproverato; ma senza di esso non si sa­rebbe vinta la guerra ! Ripeto : ben si poteva per­venire ad una forma di accordo, sia pure relativo, anziché a questo contrasto violento, per cui da una parte si dice : è una parti ta chiusa, e dall'al­t ra : tu fai bancarotta e fuggi.

Ed allora quale conseguenza si può trarre da questa constatazione? Per me, non ne traggo nes­suna, se non quella che debbo cessare di par­lare; ma, da un punto di vista logico, la conse­guenza sarebbe la sospensiva, al fine di ripren­dere l'esame di questo disegno di legge, per elimi­nare possibilmente questo contrasto violento sul­la definizione dell'opera compiuta. Senonchè, in questo momento, m'immagino bene che una tale soluzione spiacerebbe ai principali interessati, i quali hanno urgenza di questi benefici relativi che la legge loro concede; e quindi non solo non oso proporre la sospensiva, ma voglio anzi raccomaiir darne agli altri colleghi l'approvazione, ed anche sollecita. Badate, io sono rispettosissimo delle discussioni parlamentari; ma trovandoci di fron­te ad un progetto di ben .120 articoli, se la di­scussione non procede rapida, non arriveremo mai alla fine. E perciò io stesso darò l'esempio abbreviando il mio già troppo lungo discorso, ed inoltre mi permetto di pregare i colleghi di voler essere brevi.

Per il momento, intanto, mi rassegnerò a fare una media fra il relatore di maggioranza ed il relatore di minoranza e mi acquieterò ad essa: cioè, fra la « part i ta chiusa » dell'uno e « l'ini­quità abominevole » dell'altro. Comunque, rico­nosco che un passo si è fatto e che dobbiamo pro­

varne una soddisfazione parziale, se non totale. Al mio amico Paratore raccomanderò che egli, allorché torneremo alla questione dei mutilati, che non è chiusa, e alla questione degli orfani e delle vedove...

PARATORE. Quando il bilancio lo permet­terà; per gli orfani è un'altra cosa.

SCOCCIMARRO. Però, autorizzate la spesa di 5 miliardi per la polizia ; assegnateli ai mutilati !

ORLANDO. Al mio amico Paratore, dicevo, raccomanderò che dovrà rileggere quel capitolo di Notre Dame de Paris di Victor Hugo, quel bel­lissimo capitolo in cui lo scrittore riproduce il colloquio fra il re Luigi XI, notissimo per la sua grande avarizia, ed il suo Ministro delle finan­ze, che era il suo barbiere. Ebbene, il conto è sot­tolineato ad ogni part i ta dai rimproveri del re, cui dispiace la benché minima spesa : « per questo avete speso troppo; quest'altro si poteva fare con molto meno » e così via : e si noti bene che quei rimproveri riguardano soldi, e non lire. Ad un certo punto, Oliviero si ferma e dice : « ora viene una parti ta grossa ». « E dilla, cos'è? » Ed Oli­viero dichiara : « è una spesa effettivamente gros­sa, che è servita per i leoni di Vostra Maestà ». Ed allora Luigi XI risponde : « questa è una spe­sa ben fatta ». Bisogna che intorno alla maestà dello Stato — diremmo noi — ci sia qualche cosa che possa ruggire. Non trattasi, però, del ruggito come venne inteso in altra occasione, sbagliando ! (Commenti). Io non mi riferivo affatto al ruggito dell'Italia, la quale può paragonarsi ad un povero leone, leone sempre sì, ma ferito. Come volete che ruggisca? Non a questo io, dunque, mi riferivo; bensì agli eventi che determinano i fatti storici. Ebbene, spendere per i mutilati è come dare la carne ai leoni di Sua Maestà, caro Paratore.

Comunque, io vorrei augurarmi che intorno a queste mie parole si verificasse un consenso gene­rale, che significasse simpatia ed affetto per questi nostri fratelli, cui tanto deve la Patr ia. (Applau­si da tutti i settori).

Presentazione di disegno di legge.

D'ARAGONA, Ministro dei trasporti. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. D'ARAGONA, Ministro dei trasporti. Ho l'ono­

re di presentare al Senato il disegno di legge : « Modificazioni ed aggiunte al regio decreto 9

maggio 1935, n. 1149, contenente norme per la pub-

Atti Parlamentari 16958 — Senato dell" ^ermbblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

blicità sui fondi a lato delle linee ferroviarie eser­citate dallo Stato e visibile da esse » (1090).

PRESIDENTE. Do atto all'onorevole Ministro dei trasporti della presentazione di questo dise­gno di legge, che seguirà il corso stabilito dal Re­golamento.

Ripresa della discussione.

PARATORE. Domando di parlare per fatto per­sonale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. PARATORE. Sono veramente meravigliato che

l'onorevole Orlando dimentichi quella che ^ la sin­tesi della situazione finanziaria del nostro Paese. Se egli la tenesse ben presente, farebbe forse tace­re gli impulsi del suo cuore generoso. Questo im­portante elemento della esigenza finanziaria do­vrebbe avere in lei, onorevole Orlando, che è sta­to Ministro e soprattutto Presidente del Consi­glio dei Ministri, una maggiore comprensione.

Come i colleghi ben sanno la situazione finan­ziaria italiana attuale è la seguente : lo Stato spen­de annualmente.500 miliardi per oneri di perso­nale (tenendo semplicemente conto, per le azien­de autonome, del passivo di esercizio altrimenti si andrebbe oltre); 100 miliardi e più per il de­bito pubblico; per le pensioni di guerra si spen­dono dai 72 ai 74 miliardi, cifra superiore a quel­la citata dallo stesso Ministro, perchè bisogna te­ner conto che le pensioni aumentano di mese in mese sia per la definizione delle pratiche in corso sia per la revisione delle attuali sulle quali biso­gnerà attentamente vigilare.

In totale si t ra t ta di una spesa complessiva di circa 800 miliardi con una concorrente entrata di imposte che non arriva ai 1.200 miliardi.

Data questa situazione come lei vede, onorevo­le Orlando, l'attuale progetto sulle pensioni rap­presenta un passo enorme. Non si può senza limi­ti, e sempre, dare ascolto ai sentimenti del cuore ! Spendere altri miliardi per le pensioni di guerra significa in ultima analisi provocare una situazio­ne che finirebbe per ritorcersi a danno degli stessi mutilati.

Se si vuole, come si vede, esaminare il problema con uno spirito veramente obbiettivo bisogna di­stinguere il trattamento dei grandi invalidi, delle vedove e degli orfani da quello relativo- a mutila­zioni e invalidità di minore importanza. Con il presente progetto, onorevole Orlando, il problema dei grandi invalidi, verso i quali è meno facile far

tacere il cuore, è risolto; ed è risolto con la reci­proca comprensione della situazione del bilancio e delle disperate condizioni in cui attualmente essi si trovano. Per gli orfani di guerra, le cui condizioni vanno considerate con particolare ri­guardo, credo che la Commissione d'accordo con il Governo potrà fare qualche cosa di concreto. Per quanto riguarda invece le pensioni relative a mutilazioni ed infermità di minore importanza richiamo l'attenzione del Senato sulla eventuale possibilità di eliminare col tempo, riscattando quelle degli iscritti alla 7a e 8a categoria, una no­tevole parte dell'onere complessivo. Si costituireb­bero in tal modo delle disponibilità con le quali far fronte ad un ulteriore miglioramento delle pen­sioni dei più meritevoli come il cuore dell'onorevo­le Orlando, ed anche il nostro, desidera.

ORLANDO. Io vi ho lodato e difeso e, ciò mal­grado, ricevo una rampogna!

LANZETTA. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. LANZETTA. Onorevole Presidente, onorevoli

colleghi, se si fosse t rat tato di altra legge, per ma­nifestare la nostra insoddisfazione, noi del gruppo socialista avremmo presentato un ordine del gior­no, sia pure per chiedere la sospensione della di­scussione per un più approfondito esame. Ma si t ra t ta di una legge di carattere eccezionale, una legge che i mutilati, le categorie interessate, le varie vittime della guerra attendono da tempo in maniera imperativa. Questa è la ragione per la quale noi ci asteniamo dal presentare un ordine del giorno di sospensiva e, pur dichiarando la no­stra insoddisfazione, ci uniamo al coro unanime che da questa Assemblea è partito perchè questa legge si discuta rapidamente.

Non accenno a nessun caso personale col Pre­sidente della Commissione finanze e tesoro, tanto più che il Parlamento si è già fatta la sua opinione sugli indirizzi della politica governati­va applicata dalla Commissione.

Ciò premesso, circa il nostro desiderio di pro­cedere oltre nella discussione del disegno di leg­ge, non possiamo fare a meno di sottolineare che noi non siamo contenti del progetto di legge nel suo complesso e principalmente non possiamo ac­quietarci di fronte ad alcuni elementi contenuti nel progetto e nella relazione di maggioranza. Noi riteniamo che l'attuale provvedimento legislativo sia niente altro che un acconto circa gli obblighi che la collettività nazionale, rappresentata dallo

1 Stato, ha nei confronti delle vittime di guerra e

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1948­50 ­ C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

che deve al più presto compiutamente adempie­

re, con adeguatezza di mezzi, ed esprimiamo le più ampie riserve, tanto più che parecchi concetti, espressi nel disegno di legge di iniziativa gover­

nativa e nella relazione di maggioranza, ci sem­

brano perfino contrastanti con i princìpi della Co­

stituzione della Repubblica, oltre che con i prin­

cìpi di diritto positivo pacificamente operanti nel nostro Paese. Ad esempio, non possiamo principal­

mente consentire che la liquidazione delle pensio­

ni di guerra poggi sulle deboli e superate conce­

zioni dell'assistenza paternalistica e, peggio anco­

ra, sui superati concetti di un retorico onore mi­

litare o di una convenzionalmente astrat ta ono­

rabilità civile e borghese, perchè riteniamo che le vittime di guerra hanno dei diritti concreti ed au­

tonomi nei confronti dello Stato che, come debi­

tore, non può porre condizioni estranee agli even­

ti determinatori dei danni, risarcìbili appunto con le pensioni dirette e indirette. E non possiamo nep­

pure consentire che lo Stato estingua ì propri de­

biti verso le vittime di guerra col criterio della minima spesa. Ci riserviamo perciò di presentare emendamenti ai diversi articoli, mentre teniamo a precisare che noi siamo sostanzialmente concordi col relatore di minoranza i cui concetti facciamo nostri, prechè rappresentano il mìnimo che, in un quadro di giustizia e di elementare umanità, sia accettabile. Chi vi parla è un mutilato di guerra il quale non fa la propria causa personale, ma in­

terviene per interpretare con cognizione di causa le esigenze delle varie categorie interessate. Affer­

mato il diritto delle vittime delle guerre, lo Stato non può fare a meno di pagare il proprio debito. Credito delle vittime di guerra, debito dello Stato : questo è il binario dal quale non è possibile decam­

pare. Porre il risarcimento dei danni verso le vit­

time di guerra su binari diversi, significa svisa­

re quello che è il dovere dello Stato verso le vittime di guerra. Tanto premesso, come dicevo poc'anzi, il gruppo al quale mi onoro di appartenere, pas­

serà alla discussione degli articoli, ritenendo que­

sto provvedimento semplicemente un'anticipazio­

ne su quelli che dovranno essere i criteri di giu­

stizia che dovranno guidare il Parlamento nella formazione di una nuova legge sulle pensioni di guerra.

MACRELLI. Domando dì parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. MACRELLI. Onorevoli colleghi, mi accorgo che

qui stiamo facendo delle dichiarazioni di voto, le

quali non sono che la continuazione della discus­

sione iniziata e apparentemente conclusa l'altro giorno. Consentite allora che anche io, .i titolo personale e a nome del mio gruppo, dichiari che noi non avremo nulla in contrario per il passag­

gio alla discussione degli articoli della legge. PRESIDENTE. Siamo già passati alla discus­

sione degli articoli. MACRELLI. Una votazione vera e propria non

c'è stata. LANZETTA. Non ce n'era bisogno. MACRELLI. Comunque, non faremo difficoltà

nel corso della discussione della legge, che siamo obbligati ad accettare nel suo complesso, se non nei suoi particolari, perchè è tempo di andare in­

contro alle giuste, legittime, umane esigenze di coloro che al Paese, alla Patria, hanno dato tut­

to se stessi. Nel corso della discussione generale avrei voluto fare soprattutto due considerazioni : una è quella che già ho rilevato dalle parole no­

bilissime dell'onorevole Orlando per gli orfani di guerra, ed è un appello che rivolgo al cuore, e al sentimento di tutto il Senato perchè si provveda. Quello che si è fatto o quello che ci si propone di fare in questo progetto di legge mi sembra che non sia adeguato alle esigenze e alle necessità.

Ma su un altro punto richiamo l'attenzione del Senato, della Commissione e soprattutto del Go­

verno : sulla procedura. Ho parlato più volte all'Assemblea costituente

e in Senato ; ma la voce mia è stata la solita vox clamantis in deserto.

Insomma, il nostro solerte, vigile Sottosegreta­

rio alle pensioni di guerra ha avuto occasione già di dire che ci sono 400 mila pensioni dì guerra in sospeso

CHIARAMELLO, Sottosegretario di Stato pet­

ti tesoro. Siamo sotto le 400 mila. MACRELLI. Prendo atto, ma sono ancora in

numero tale da fare veramente impressione. Ora, siamo d'accordo : sta bene andare incontro

ai mutilati, alle vedove e agli orfani, portare quel contributo umano e materiale che è necessario e che è doveroso da parte nostra, ma innanzi tutto si cerchi di accelerare i tempi, di superare tutte le difficoltà. Noi avevamo fatto delle proposte con­

crete: ricordo che, discutendosi appunto del pro­

blema delle pensioni di guerra all'Assemblea co­

stituente, ebbi una risposta favorevole dal ban­

co del Governo; allora il Sottosegretario era lo attuale Ministro Petrilli, il quale mi disse che si

Atti Parlamentari — 16960 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

verno e soprattutto la Commissione — a che si compiacciano di presentarli al più presto, perchè data la s t rut tura della legge la conoscenza di tut­ti gli emendamenti è fondamentale, e-quindi è ne­cessario che essi non vengano presentati in sede di discussione di ciascun articolo.

CHIARAMELLO, Sottosegretario di Stato per il tesoro. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. CHIARAMELLO, Sottosegretario di Stato per

per il tesoro. Signor Presidente, onorevoli colle­ghi, mentre ringrazio l'amico Macrelli per le sue espressioni, credo di aver già risposto precedente­mente sia a lui che all'onorevole Lanzetta, nel mio precedente intervento. Dichiaro ora di essere lie­to dell'intervento del Presidente Orlando, che ha voluto riportare la discussione sulla legge per il riordino sulle pensioni di guerra « in più spirabil aere » di ideali di patria, di libertà. Effettiva­mente, nella concessione delle pensioni di guerra, vi deve essere una parte di riconoscenza della Na­zione verso chi ha compiuto il proprio dovere, ed ha una parte di diritto per aver riconosciuto una eventuale menomazione fisica.

Presidente Orlando, che noi combattenti sem­pre onoriamo, sia nel 1915 — quando siamo parti t i per la grande guerra —- come successivamente nel­la lotta di liberazione, non abbiamo chiesto nulla, non abbiamo preveduto di avere poi il pacco ve­stiario oppure la polizza combattenti (cenni di assenso del senatore Orlando) e successivamente l'indennità come partigiani : partimmo al servizio della patria per un ideale di libertà e di giustizia. È per questo che oggi, anche a nome del Governo, io la ringrazio per il suo intervento generoso, e accetto l'impostazione che lei ha voluto dare alla legge, che non può dimenticare però anche le con­dizioni economiche e finanziarie attuali del Paese.

ORLANDO. Sono io che la ringrazio di questa dichiarazione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 1 nel testo già letto.

Chi l'approva è pregato di alzarsi. (È approvato).

sarebbero assunti dei nuovi impiegati, dei nuovi funzionari; che si sarebbero accentrate le prati­che in determinati uffici, non così dislocati come sono in questo momento soprattutto nella capita­le. Risposta favorevole che trovò ancora una nuova adesione qui in Senato, quando parlarono i due Sottosegretari succeduti l'uno all'altro : Vigorel­li e Giavi.

Ora le pensioni arretrate sono sempre troppe! Avevamo proposto di decentrare il servizio, il ser­vizio delle prime pratiche necessarie per instaura­re la procedura nei comuni, nelle Provincie, dove voi yolete. Create degli uffici ad hoc, poi sarà il Ministero che emetterà i decreti relativi alla con­clusione, naturalmente dopo aver esaminato le documentazioni; ma se andiamo avanti di questo passo, signori, troveremo ancora coloro, uomini e donne, che verranno a ripetere le loro richieste e a raccontare la loro miseria.

Io ho delle pratiche, e credo che molti di voi si trovino nelle stesse condizioni, che risalgono alla guerra del 1915; altre, moltissime, risalgono, per quel che riguarda la guerra attuale, al 1940, allo inizio cioè di questa malaugurata seconda guerra mondiale.

Ora, è necessario che si provveda, è necessario che la procedura sia snellita, sia più rapida ed a questo proposito presenterò al momento opportu­no gli emendamenti necessari. (Approvazioni).

VENDITTI. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha facoltà. VENDITTI. Signor Presidente, onorevoli col-

leghi, prendo la parola per aderire incondiziona­tamente, benché dal mio banco di liberale, a quel­lo che ha detto l'amico Macrelli dal suo banco di repubblicano storico, sia per quello che riguarda la sostanza della legge, sia per quello che riguar­da gli att i della procedura.

Per la sostanza della legge, noi liberali, pur vo­tando oggi la legge, salva ogni libertà in sede di emendamenti, ci auguriamo che lo Stato possa fare e presto integralmente il suo dovere. Per la procedura, ricordo, oltre quanto ha detto l'amico Macrelli, quello che disse pochi giorni or sono il collega Bibolotti : ci auguriamo cioè che, di là da tutte le promesse, non sempre mantenute, dei Sot­tosegretari di ieri, lo Stato, per le pensioni di guer­ra, trovi un sistema che non sia un paradosso e tanto meno una ingiustizia. (Approvazioni).

PRESIDENTE. Invito tut t i coloro che debbo­no presentare emendamenti — ivi compreso il Go-

II seguito di questa discussione è rinviato a domani.

Oggi seduta pubblica alle ore 16, con l'ordine del giorno già distribuito.

La seduta è tolta (ore 13).

Atti Parlamentari 16961 — Senato della Repubblica

1948-50 - SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

ALLEGATO AL RESOCONTO DELLA C D X X X I I SEDUTA (6 GIUGNO 1950).

RISPOSTE SCRITTE AD INTERROGAZIONI

BERLINGUER. — Al Ministro della pubblica istruzione. — Per conoscere come spieghi la pub­blicazione, a cura della Libreria dello Stato e sotto gli auspici del Ministero della pubblica istruzione, dei programmi di esame per le scuole di istruzione media, classica, scientifica e magi­strale in cui si richiedono la lettura della anto­logia di Italo Balbo, della dottrina del fascismo di Mussolini, la conoscenza della Carta del la­voro e della dottrina fascista dello Stato e per­sino la formazione dell'uomo secondo la conce­zione fascista;

e se non creda di intervenire senza indugio per punire i responsabili e i complici di que*sta inaudita pubblicazione e di provvedere perchè es­sa • venga immediatamente dichiarata nulla ai fini didattici, r i t irata dalle librerie e sostituita da nuovi programmi (1101).

RISPOSTA. — Si comunica che la ristampa dei programmi per le scuole medie era stata vietata dal Ministero con lettera n. 791 dell'8 marzo 1949, con la quale — in relazione all'analoga richiesta di autorizzazione da parte del Poligrafico dello Stato — si dichiarava che le pubblicazioni di cui trattavasi vertevano su argomenti superati in se­guito alla entrata in vigore dei piani di studio pubblicati nel 1944 dalla Sottocommissione al­leata per l'educazione e che non erano più at­tuali.

Poiché, però, come risulta dall'indagine com­piuta il 29 marzo u. s. la Libreria dello Stato ha dato corso, di sua iniziativa, alla ristampa, malgrado il divieto scritto e malgrado analoghe esortazioni verbali, il Ministero, esprimendo con lettera del 7 aprile u. s. al Poligrafico dello Stato il suo vivo rammarico per l'incauta ristampa, ha chiesto che siano ritirate dal commercio le copie invendute e che sìa inviato alla stampa un

comunicato dichiarante che la pubblicazione di quei programmi è da ascriversi ad esclusiva ini­ziativa della Libreria dello Stato.

Non essendo finora pervenuta alcuna risposta in merito, il Poligrafico è stato recentemente sol­lecitato a far conoscere i provvedimenti adottati.

Si fa riserva dì ulteriori comunicazioni in pro­posito.

Il Ministro GONELLA

BERLINGUER. — Al Ministro dell'interno. — Per conoscere come possa giustificare che il que­store di Bologna nell'autorizzare per il 28 cor­rente una pacifica manifestazione di vecchi pen­sionati col relativo corteo a cui ha creduto di prescrivere un determinato percorso, abbia an­che vietato che i pensionati stessi portassero le loro bandiere tricolori e qualunque cartello con scritte contenenti le loro rivendicazioni e l'espres­sione della loro miseria; e se ritenga che ciò possa veramente turbare l'ordine pubblico e non piuttosto risponda alla legittima esigenza demo­cratica di far conoscere alla cittadinanza la tri­stissima condizione di questi vecchi lavoratori ri­dotti alla fame, privi di ogni assistenza e troppo spesso costretti per disperazione al suicìdio (1184).

RISPOSTA. — I l questore di Bologna, nel pren­dere atto della notificazione fattagli dal Sinda­cato provinciale pensionati, della pubblica ma­nifestazione indetta per il 4 giugno prossimo ha ritenuto, in relazione alla situazione locale, di porre alcune limitazioni al suo svolgimento in ordine al percorso, e all'uso di alcuni cartelli, che avrebbero potuto eccitare vieppiù gli animi e dar luogo ad incidenti.

Atti Parlamentari — 16962 — Senato della Repubblica

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I l divieto dell'uso della bandiera nazionale è fondato sulle disposizioni della legge 24 dicem­bre 1925, n. 2264, integrata dalla successiva legge 27 maggio 1949, n. 360, che stabiliscono le ri­correnze e le circostanze in cui il vessillo della Repubblica può essere pubblicamente esposto.

Il Ministero non ha motivi per muovere rilievi all'operato dell'anzidetto questore.

Il Ministro SOELBA

BERLINGUER. — Al Ministro delle poste e delle telecomunicazioni. — Per conoscere come possa spiegarsi che il 1° gennaio 1950 siano state im­provvisamente aumentate alcune tariffe postali e istituite nuove tasse senza che vi fosse ancora un provvedimento legislativo, provvedimento che è venuto successivamente (decreto presidenziale 22 gennaio 1950, n. 193) e che è stato solo pub­blicato il 6 maggio 1950 nella Gazzetta Ufficiale n. 104 : e se non ritiene che debba cessare un simile sistema di imporre aumenti di tariffe ai pubblici servizi senza che i cittadini ne abbiano conoscenza con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, sistema che è stato ri­petuto già per la terza volta in materia di ta­riffe postali (1188).

RISPOSTA. — In proposito faccio presente che l'aumento delle tariffe postali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 gennaio 1950, n. 193, era stato predisposto lungo tempo prima della data prevista per la sua applicazione, e si era ritenuto che il provvedimento che l'avrebbe autorizzato avrebbe potuto essere pubblicato in tempo, onde erano state già impartite le dispo­sizioni esecutive agli organi dipendenti

Imprevedibili difficoltà sorte nel perfezionamen­to e nella registrazione del decreto hanno por­tato all'inconveniente lamentato dalla S. V.

Si assicura peraltro la S. V. on.le che saranno prese tempestivamente le misure necessarie per impedire che inconvenienti del genere abbiano a ripetersi.

Il Ministro SPATABO

BISORI. — Al Ministro delle poste e delle tele­comunicazioni. — Per sapere :

1) quando sarà iniziata la costruzione del palazzo destinato ad accogliere importantissimi uffici postelegrafici di Prato, costruzione che l'Amministrazione più volte riconobbe «indispen­sabile » ed « urgente » e per la quale, discuten­dosi il bilancio delle poste 1949-50, il Ministero pro tempore accettò come raccomandazione un ordine del giorno dell'interrogante invocante co­raggiose iniziative;

2) se, avendo l'Amministrazione finpra rico­nosciuto e dichiarato che i « problemi delle sedi di Prato e Frosinone sono i due più urgenti », la costruzione del nuovo palazzo delle poste di Prato avrà la precedenza, come appare giusto e opportuno, su qualsiasi al tra nuova costruzione di edifici postali, compreso l'ampliamento del pa­lazzo postale di Pescara che i giornali annun­ciano come di imminente attuazione (1166).

RISPOSTA. — In merito le confermo che la mia Amministrazione considera tuttora indispensabile ed urgente la sistemazione dei servizi P. T. in Prato.

Pertanto si è preoccupata di non ritardare detta soluzione ed ha compiuto, presso quel comune, le pratiche necessarie per la cessione dell'area, che è stata già definitivamente prescelta e per la quale è anche in corso la stipula della con­venzione.

Uguale procedimento è stato adottato per il problema del palazzo P. T. che dovrà sorgere a Frosinone per il quale è stata pure già prescelta, d'intesa con le autorità locali, l'area idonea.

Circa l'assegnazione di fondi necessari alle due costruzioni di cui sopra, questa Amministrazione sta provvedendo per uno stanziamento straordi­nario da parte del Tesoro sull'apposito capitolo del bilancio di spesa per l'esercizio 1950-51, in quanto per i due predetti edifici non è stato né sarà possibile utilizzare il finanziamento a suo tempo concesso per le ricostruzioni degli edifici danneggiati dalla guerra, dato che nelle città pre­dette non preesistevano edifici di proprietà del­l'Amministrazione P. T

Per quanto riguarda il palazzo delle poste di Pescara, mi riferisco a quanto già comunicatole nella risposta all 'altra interrogazione avente spe­cificatamente tale oggetto.

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Le comunico inoltre che il Ministero del te­soro si è già dichiarato favorevole, in linea di massima, al finanziamento richiesto, sia pure in misura più ridotta e pertanto sarà quanto prima provveduto a presentare al Parlamento il rela­tivo disegno di legge.

Il Ministro SPATARO

BISORI. — Al Ministro delle poste e delle tele­comunicazioni. — Per sapere con quale stanzia­mento di bilancio penserebbe a far fronte all'am­pliamento del palazzo delle poste di Pescara, am­pliamento che la stampa annuncia imminente e pel quale prevede uno stanziamento di cento mi­lioni (1167).

RISPOSTA. — In inerito le comunico che le pre­visioni che possono essere state fatte dalla stam­pa circa il costo dell'opera in questione non pos­sono ritenersi fondate, in quanto la ricostruzione e l'ampliamento del palazzo P. T. di Pescara è ancora solo nella fase di studio presso gli organi tecnici della mia Amministrazione, e non è, per­tanto, precisabile con esattezza, per la mancanza di un progetto esecutivo, la cifra che verrà im­pegnata. Posso, peraltro, assicurarla fin d'ora che la spesa sarà di molto inferiore a quella cui è fatto cenno nell'interrogazione.

Quanto allo stanziamento dì bilancio con il quale si farà fronte a tale spesa, tenuto conto che l'edificio di cui t rat tasi è di proprietà del­l'Amministrazione postale ed ha riportato gravi danni a seguito delle operazioni belliche, si po­tranno usare i residui del capitolo che si rife­risce ai lavori di ricostruzione e rinnovamento tecnico degli edifici P. T. danneggiati a causa di eventi bellici.

Il Ministro SPATARO

Bo. — Al Ministro delle finanze. — Per sapere se non creda di poter disporre una nuova pro­roga delle disposizioni enunciate nel decreto le­gislativo luogotenenziale del 7 giugno 1945, nu­mero 322, e nell'articolo 2 del decreto legisla­tivo 25 marzo 1946, n. 221, secondo le quali le imposte di registro ed ipotecarie attinenti alla

compra-vendita delle case di abitazione o degli uffici pubblici e privati distrutti o danneggiati per eventi bellici sono dovute in misura fìssa qua­lora la ricostruzione o riparazione relativa sia fatta entro cinque anni dalla data di entrata in vigore dei due decreti. Poiché il beneficio della misura fissa scade col 1° luglio 1950, mentre l'op­portunità di incoraggiare la ricostruzione edilizia consiglierebbe una dilazione ai proprietari che non hanno ancora potuto ricostruire i loro sta­bili, l'interrogante vorrebbe conoscere se non si ritenga conveniente una proroga ulteriore di que­sta agevolazione tributaria (1156).

RISPOSTA. — In relazione alla prospettata op­portunità di prorogare le agevolazioni fiscali ac­cordate per la ricostruzione e riparazione di edi­fici distrutti o gravemente danneggiati da eventi bellici dai decreti legislativi luogotenenziali 7 giu­gno 1945, n. 322, e 26 marzo 1946, n. 221, la cui efficacia cessa il 1° luglio 1950, si fa presente che, aderendo alla proposta presentata dal Ministero dei lavori publici, è stato già dato il benestare per l'emanazione di un apposito provvedimento legislativo che proroghi per un ulteriore quin­quennio il termine utile per la concessione delle agevolazioni tributarie contemplate nei citati de­creti.

Il Ministro VANONI

BRASCHI. — Al Ministro delle finanze. — Per sapere se sia a conoscenza delle condizioni di deplorevole disfacimento nelle quali è lasciato a Predappio il grandioso palazzo già appartenente a quel fascio ed oggi abbandonato senza cura e custodia, e se non ritenga di intervenire con la massima efficacia ed urgenza perchè sia almeno e subito riparato il tetto per salvare e proteg­gere le sale sottostanti e tutto l'edificio, ora mi­seramente depredato di mobili e di infissi.

Chiede inoltre se non si ritenga opportuno ed urgente pensare e disporre per l'utilizzazione mi­gliore di detto importante edificio, curando in­tanto perchè non si continui, come si è comin­ciato, a staccare e ad asportare perfino i marmi delle pareti (1089).

RISPOSTA. — La casa già del fascio di Pre­dappio (Forlì) composta di tre piani e di una torre, pervenuta allo Stato, ai sensi dell'artico-

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lo 38 del decreto legislativo luogotenenziale 27 lu­glio 1944, n. 159, subì, a causa degli eventi bel­lici, danni rilevanti specialmente nei piani primo e secondo.

L'Intendenza di finanza di Forlì, non ha man­cato di interessare il competente ufficio del Genio civile per la esecuzione degli indispensabili la­vori di ripristino e proprio a seguito dell'inter­vento diretto da parte dell'Amministrazione de­maniale, il Provveditorato per le opere pubbliche per l'Emilia ha di recente assicurato di aver chie­sta al dipendente ufficio la redazione della perizia per finanziare i lavori occorrenti per riparare il tetto dell'edificio in parola e salvaguardare co­sì le sale sottostanti, sollecitando a che sia dato subito corso ai lavori.

Per quanto invece si riferisce all'utilizzazione del compendio, devesi ricordare che, subito dopo la liberazione, esso venne abusivamente occupato dall'E.N.A.L., da un'organizzazione politica locale e da privati; ma fino a questo momento tut t i i tentativi fatti per la regolarizzazione delle oc­cupazioni o per ottenere la disponibilità del com­pendio sono rimasti infruttuosi.

L'ufficio tecnico erariale è stato tuttavia in­caricato, previ nuovi accertamenti e tenuto pre­sente il desiderio del comune di Predappio di avere la disponibilità del compendio per desti­narlo, con opportuni adattamenti, ad alloggi di famiglie che ne abbiano maggior bisogno, di for­mulare concrete proposte per la migliore con­servazione ed utilizzazione di quel compendio de­maniale.

Circa i marmi per i quali l'onorevole interro­gante segnala tentativi di stacco e di asporta­zione, l'Intendenza di finanza di Forlì in data 19 aprile u. s. ha assicurato — a seguito di ri­lievi prontamente compiuti sul posto — che dal­l'edificio non sono stati finora asportati marmi e che ad ogni modo sono stati presi accordi con il sindaco e con il comandante la stazione dei carabinieri di Predappio, affinchè adottino misure idonee atte a prevenire eventuali manomissioni che potrebbero verificarsi, data la facilità di ac­cesso che l'immobile presenta.

Il Ministra VANONI

CARBONARI (MOTT, BENEDETTI LUIGI, PIEMONTE, BRAITENBERG, GRAVA, CONCI, TARTUFOLI, GUA-RIENTI, CESIMI, CARELLI, RAFFEINER, OTTANI, FA-

RIOLI, D'INCÀ, TESSITORI). — Al Ministro del­l'agricoltura. — Considerato che un controllo one­sto, agile e imparziale sull'esportazione orto-frut­ticola può essere un vero vantaggio per le cate­gorie interessate e per la intera Nazione;

rilevato che l'estensione del controllo previ­sta dal progetto di decreto interministeriale ri­chiederà un forte aumento di spese incidenti sul­l'agricoltura, la quale trovasi nel periodo critico della flessione dei prezzi dei suoi prodotti, di fronte all'aumento dei salari, dei prezzi dei pro­dotti industriali e dell'onere fiscale; rilevato che i criteri del controllo accennati nel suddetto de­creto sono talvolta errati nella sostanza, special­mente nella designazione delle note caratteristi­che determinanti il grado di qualità;

premesso che il controllo deve tener conto degli usi e delle caratteristiche tipiche della zona esportatrice, nonché delle esigenze del mercato estero, il quale mercato, specialmente dopo che la guerra ha impoverito tanta parte del mondo, richiede largamente anche le qualità B, ac­canto alle A;

considerato l'allarme delle organizzazioni sindacali e cooperative dei produttori agricoli di Trento, Bolzano, Verona ed altre regioni;

chiedo d'interrogare l'onorevole Ministro se egli sia disposto a difendere dai nuovi pesi l'agri­coltura e ad intervenire onde nel decreto inter­ministeriale suddetto gli interessi e i postulati dei produttori agricoli siano tenuti nella debita considerazione (1158).

RISPOSTA. — Probabilmente gli onorevoli se­natori interroganti si riferiscono al progetto di estensione del controllo qualitativo ad altre frut­ta e prodotti orticoli predisposto dell'I.C.E. e che è in corso di esame presso i competenti co­mitati tecnici del predetto istituto.

Detto progetto è scaturito dalla necessità non solo di difendere le posizioni acquisite dai pro­dotti ortofrutticoli italiani sui vari mercati este­ri dalla sempre più serrata e temibile concor­renza dei prodotti similari di altre nazioni, bensì anche di poter affermarci su altri mercati sui quali finora siamo poco o nulla rappresentati.

Tale opera di difesa e di penetrazione non può di certo essere ottenuta che mediante l'esporta­zione di prodotti di qualità, anche se ciò, in un primo tempo, possa ritornare a svantaggio della quantità.

Atti Parlamentari - 16965 - Senato della Repubblica

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Da quanto precede, pur non volendo anticipare l'avviso del Ministero dell'agricoltura sul prov­vedimento che finora è ancora in fase di studio, presso l 'Istituto del commercio estero, sembra che nell'interesse della produzione sia opportuno estendere il controllo qualitativo anche a quelle frutta ed a quegli ortaggi di più larga esporta­zione che finora ne erano rimasti esclusi.

In questo caso, evidentemente, saranno bene tenute presenti le raccomandazioni degli onore­voli interroganti per quanto ha attinenza sia agli usi delle zone tipiche esportatrici, e sia alle di­verse esigenze dei mercati esteri e fin da ora posso assicurare gli onorevoli interroganti che le norme stesse avranno la dovuta elasticità in modo da adattarsi anche alla produzione nazio­nale la quale non è escluso che qualche anno, per le avverse vicende stagionali, possa essere al di sotto dello standard normale.

L'effettuazione del controllo, come di consueto, sarà affidata all 'Istituto nazionale per il commer­cio estero che, come è noto, per la sua attrez­zatura è in grado di assicurare un controllo non solo onesto, agile e imparziale, ma anche non ec­cessivamente gravoso economicamente.

In ogni modo si dà assicurazione che il Mini­stero dell'agricoltura sarà vigilante affinchè il peso finanziario dei controlli sia mantenuto nei limiti più ristretti.

Il Ministro SEGNI

CIAMPITTI. — Al Ministro dei lavori pubblici. — Per conoscere se e quando intenda provvedere alla necessaria, urgente, indilazionabile costru­zione dell'acquedotto del comune di Acquaviva di Isernia (Campobasso), la cui popolazione vive in condizione di disagio non più sopportabile, a cau­sa dell'assoluta mancanza di acqua potabile nel­l'abitato, il che è causa di malattie infettive e di accentuata mortalità, senza dire che costituisce una patente offesa ad ogni esigenza della vita civile, anche dal punto di vista dell'igiene. E fa rilevare che il Genio civile di Isernia ha da tempo approvato il progetto, la cui esecuzione importa la irrisoria spesa di appena sette milioni (1141).

RISPOSTA. — La costruzione dell'acquedotto del comune di Acquaviva di Isernia, è, come ogni altra opera del genere, di competenza dello stesso Comune e quindi spetta al medesimo provvedere.

Il Comune però può invocare al riguardo l'appli­cazione della legge 3 agosto 1949, n. 589, che prevede la concessione di un contributo nella spe­sa all'uopo ritenuta necessaria.

Senonchè per il corrente esercizio finanziario non è stato possibile includere l'opera stessa nel programma predisposto, dato che i fondi stan­ziati in bilancio sono stati assai limitati in con­fronto alle numerose altre richieste avanzate a sensi della legge anzidetta e perchè si sono do­vute soddisfare esigenze più urgenti ed indispen­sabili.

Comunque la richiesta di cui trat tasi sarà te­nuta presente in sede di formazione dei prossimi programmi esecutivi.

Il Sottosegretario di Stato CAMANGI

ELIA. — Al Ministro dei lavori jiubblici. — Per conoscere quali provvedimenti urgenti intenda adottare per venire incontro ai bisogni della città di Urbania (Pesaro) che ha tut tora il centro scon­volto e rovinato, a causa del micidiale bombarda­mento aereo del 23 gennaio 1944, e abbisogna soprattutto della pavimentazione delle vie citta­dine e della sistemazione delle fognature dan­neggiate dalla guerra.

Ciò anche per venire incontro alla gravissima disoccupazione di quella popolazione che potrebbe giungere ad eccessi tali da turbare seriamente l'ordine pubblico (1131).

RISPOSTA. — Per la città di Urbania (Pesaro) sono in corso i lavori di riparazione dei danni di guerra occorsi all'edificio delle scuole elementari per un ammontare di quattro milioni. È stato inoltre disposto il finanziamento di lire 1.700.000 per la revisione dell'acquedotto urbano. Si è poi proceduto alla consegna delle opere di ripara­zione delle strade interne e si è autorizzata la consegna dei lavori di riparazione della chiesa cattedrale per un ammontare di 4 milioni. Tutte le opere anzidette sono comprese nel programma dei lavori da eseguirsi nel corrente esercizio fi­nanziario. Per completare i lavori di pavimenta­zione delle vie cittadine e delle fognature occor­rerà affrontare una ulteriore spesa di circa 20 milioni. Per tali necessità è stato per ora possi­bile includere nel programma delle opere da ese­guire nell'esercizio 1950-51 una spesa dì lire 2.500.000; sarà esaminata anche la possibilità dì

Atti Parlamentari — 16966 Senato della Repubblica

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finanziare altri due milioni di lavori alla fine dell'esercizio corrente.

Per provvedere alle restanti opere per danni bellici occorre che si renda possibile la dispo­nibilità dei fondi necessari. Questo Ministero, al riguardo, non mancherà di tener presenti le ne­cessità di cui t rat tasi per ogni possibile favore­vole provvedimento che consenta di chiudere, quanto prima, la dolorosa ferita aperta dalla guer­ra alla martoriata città.

Altri lavori di carattere speciale dovrebbero essere eseguiti anche a sollievo della grave di­soccupazione locale. Però trattandosi non di dan­ni bellici, ma di opere nuove che sono di compe­tenza del Comune, lo Stato in base alla vigente legislazione potrà solo concorrere con la conces­sione di contributi previsti dalla legge 3 ago­sto 1949, n. 589, sulla spesa ritenuta a tal fine necessaria. Per far ciò occorre però, a norma della legge stessa, che il Comune interessato ri­volga le apposite domande, che, data la parti­colare situazione di quel Comune, saranno esa­minate con particolare attenzione per ogni pos­sibile riguardo. *

Torna utile far presente che dai dati stati­stici qui esistenti risulta che nel comune di Ur­bania sono stati costruiti a tutt'oggi 4 fabbri­cati comprendenti 24 alloggi per complessivi 104 vani il cui importo è venuto ad ammontare a lire 30.772.110.

Anche da tali dati si ha una prova evidente che gli interventi dello Stato a favore della città di Urbania sono stati efficaci e concreti.

Il Sottosegretario di Stato CAMANGI

JANNUZZI. — Al Ministro dei lavori pubblici. — Per conoscere per quale motivo l'Ufficio escava­zione porti di Bari non concede da tempo lavori ai cantieri di Molfetta, quando è noto lo stato di accentuata disoccupazione specialmente delle categorie carpentieri e calafati molfettesi (1112).

RISPOSTA. — Si premette che il Servizio esca­vazioni porti di questo Ministero gestisce alcuni cantieri propri nei quali provvede normalmente ai lavori di riparazione o di manutenzione dei propri mezzi effossori.

Quindi solo in via eccezionale questo Ministero si avvale dell'opera dei cantieri privati.

Nel caso in cui tale necessità si manifesti, si usa ricorrere a quei cantieri che si trovino nella stessa località dove si trova il natante da riparare o in località viciniore e ciò, sia per evitare note­voli spese di trasferimento, e sia perchè, alle volte, non è reso possibile il trasferimento stesso a causa delle condizioni in cui trovasi il natante.

In particolare, per quanto riguarda i cantieri navali di Molfetta, è da far presente che la se­zione autonoma escavazione porti di Bari non ha mancato di invitare i cantieri di Molfetta a gare disposte per l'appalto dei lavori di ripara­zione dei propri mezzi effossori, semprechè si siano verificate le condizioni di cui è sopra cenno.

Il Sottosegretario di Stato CAMANGI

JANNUZZI. — Al Ministro dei lavori pubblici. — Per chiedere se sieno a sua conoscenza i fatti di cui appresso e se intenda prendere al riguardo dei provvedimenti ed eventualmente quali :

1) nel mese di agosto 1949 il capo dell'ufficio delle opere edilizie della Capitale, del Genio ci­vile di Roma, d'intesa col comitato interministe­riale « Anno santo » richiese l'ingegnere Giam­paolo Carrara, quale libero professionista, di di­rigere il progetto di sistemazione del fabbricato A) del Foro Italico a scopo di ospitare pelle­grini;

2) il progetto, redatto in termine brevissimo dall'ingegnere Carrara, fu consegnato al detto ufficio delle opere edilizie della Capitale ed appro­vato dal Provveditorato del genio civile di Roma;

3) successivamente il detto ufficio delle opere edilizie introdusse, concordandole con l'ingegnere Carrara, alcune varianti nel progetto a scopo di semplificare, in relazione con le esigenze di mas­sima urgenza del lavoro;

4) il detto progetto è in corso di esecuzione appaltato dall'impresa Rosa per l'importo di 30 milioni; ma l'ufficio delle opere edilizie della Ca­pitale si è arbitrariamente sostituito, quale au­tore del progetto dell'ingegnere Carrara, che lo ha redatto, facendolo risultare come opera pro­pria. Tale comportamento non soltanto impedi­sce all'ingegnere Carrara, progettista, di ottenere la liquidazione delle opere e degli onorari del suo lavoro, ma lede anche il suo diritto risul­tante dalle leggi vigenti per la protezione delle opere dell'ingegno (1124).

Atti Pa, lamentari — 16967 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

RISPOSTA. — In merito ai fatti lamentati dal­l'onorevole interrogante in rapporto ai lavori di sistemazione del fabbricato A al Foro Italico, si ritiene opportuno chiarire quanto segue.

L'ufficio del Genio civile per le opere edilizie della Capitale nell'agosto del 1949 fu incaricato di provvedere alla riparazione dei danni di guerra del fabbricato A del complesso edilizio della Gio­ventù italiana al Foro italico, da mettere a di­sposizione del Comitato interministeriale del­l'Anno santo.

A seguito dei contatti presi con il predetto ente, il segretario generale, dottor Francini, nel far presente che al riguardo esisteva un progetto da lui fatto studiare all'ingegnere Giampaolo Carrara, pregava di adottare tale progetto e, pos­sibilmente, di provvedere al pagamento degli ono­rari spettanti al suo compilatore.

In rapporto a detta richiesta del dottor Fran­cini, il progetto dell'ingegnere Carrara venne in­viato per l'approvazione al Provveditorato alle opere pubbliche di Roma, mentre circa il paga­mento degli onorari, nessuna assicurazione fu data.

Approvato il progetto ed appaltati i lavori, all 'atto della consegna, l'elaborato dell'ingegnere Carrara si dimostrò inattuabile per un complesso di ragioni tecniche di fondamentale importanza.

Le principali di tali ragioni si possono così riassumere :

a) radicale alterazione dell'architettura ori­ginaria del fabbricato in conseguenza della pro­gettata apertura di numerose nuove finestre su tut t i i prospetti, il che avrebbe potuto sollevare eventuali difficoltà per quanto attiene alla rea­lizzazione dell'opera in rapporto all'azione che avrebbe potuto svolgere il progettista dell'edificio in questione, architetto Enrico Del Debbio, a tu­tela dei suoi diritti di autore;

b) demolizione di tramezzature e solai e di­struzione completa de^li impianti tecnologici esi­stenti e successiva ricostruzione degli stessi per lo spostamento dell'esistente corridoio di disim­pegno ;

e) impossibilità di collocare letti di misura normale nelle nuove camerate ottenute con tra­mezzature ad intercapedine fra i pilastri esi­stenti ;

d) soppressione della cabina di trasformazio­ne dell'A. T. di proprietà della Società romana di elettricità situata nell'interno dell'edificio.

Oltre a ciò vi erano molti altri inconvenienti di ordine pratico ed economico che vennero fatti constatare sopraluogo allo stesso progettista e al dottor Francini, il quale convenne sulla oppor­tunità di modificare il progetto per non frustrare lo scopo stesso dell'utilizzazione dell'edificio.

In tale situazione l'ufficio del Genio civile per le opere edilizie della Capitale ritenne opportuno, data l'urgenza dell'opera, di provvedere diretta­mente, a mezzo di suoi funzionari, alla compi­lazione di un nuovo progetto che fosse stato più aderente, per quanto possibile, alle condizioni strutturali del fabbricato e che avesse avuto so­prat tut to cura di riparare le strutture danneggia­te e di ripristinare, con totale utilizzazione, gli impianti tecnologici e le fognature esistenti, con l'intento di realizzare anche una notevole eco­nomia sul costo dell'opera.

Il nuovo progetto, regolarmente approvato, è appunto quello che ora trovasi in corso di attua­zione.

Pertanto nessuna arbitraria appropriazione è stata fatta dal predetto ufficio del Genio civile, il quale sta realizzando un progetto proprio.

Per quanto riguarda il pagamento degli ono­rari che il progettista reclama per il progetto da lui eseguito, ma per le ragioni suddette non at­tuato, è in corso di esame la questione relativa.

Il Sottosc'jretario d', Stato CAMANGI

LAZZARO. — Al Ministro della marina mercan­tile. — Per conoscere se, per ragioni di equità ed in considerazione dell'attuale crisi dell'arma­mento dei piccoli natanti da pesca e da traffico, non ritenga di proporre al Senato un provvedi­mento legislativo inteso ad una breve riapertura del termine di cui all'articolo 13 del regio de­creto legislativo 19 marzo 1938, n. 330, onde con­sentire a numerosi lavoratori del mare, proprie­tari di piccole unità, di beneficiare delle provvi­denze di cui al decreto legislativo del Capo prov­visorio dello Stato 29 giugno 1947, n. 779, dato che la intempestività delle loro domande-progetto di liquidazione, tendenti ad ottenere il contributo di ammortamento ed interesse loro spettante, è stata cagionata dalla mancata notifica ad essi della comunicazione dell'ammissione ai benefici, che si deduce dal disposto dell'articolo 116 del re­golamento 13 aprile 1939, n. 1101, e dal fatto

Atti Parlamentari — 16968 — Senato della^Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

che alcune Capitanerie di porto non curano di rendere edotti i predetti interessati della circo­lare ministeriale che le autorizzava ad accettare dette domande-progetto di liquidazione anche in mancanza della prescritta comunicazione della ammissione ai benefici (1108).

RISPOSTA. — L'articolo 13 del regio decreto le­gislativo 10 marzo 1938, n. 330, fissa in due anni dalla data di entrata in esercizio il termine utile per la presentazione di tu t t i i documenti per la liquidazione dei contributi per nuove costruzioni. La pena espressamente sancita è quella della de­cadenza dal diritto ai contributi stessi e la norma non prevede alcuna facoltà del Ministro di con­cedere proroghe.

È da notare che in forza dell'articolo 1 della legge 29 gennaio 1942, n. 164, detto termine, come tu t t i gli altri contenuti nella legge, è ricominciato a decorrere dal 180° giorno successivo alla ces­sazione dello stato di guerra, e cioè dal 12 ot­tobre 1946.

Nulla fu innovato in questa materia dal de­creto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 giugno 1947, n. 779, (legge Cappa) che era inteso quasi unicamente ad aumentare le aliquote dei contributi.

I l Ministero fin dai primi inizi della fase di esecuzione della legge Cappa si preoccupò di ri­chiamare l'attenzione delle autorità marittime, degli uffici di vigilanza e del ceto armatoriale sulla necessità che fossero rigorosamente osser­vati i termini posti dalla legge ed a tal uopo emanò il 31 gennaio 1948 una apposita circolare dal titolo : « Protezione della marina mercantile - serie I I , n. 14 - prof. 3575 ».

Con successiva circolare, stessa serie, n. 15 del 27 agosto 1948, prot. 28594, ritenne di dover tem­perare il rigore del termine per la presentazione dei documenti dì liquidazione, concedendo che en­tro detto termine potesse intanto essere presen­tata la sola domanda progetto di liquidazione, nell'intesa che gli altri documenti dovessero es­sere prodotti entro il più breve tempo possibile.

E ciò principalmente perchè si prevedeva di non poter concedere tempestivamente l'ammissio­ne ai benefici a tut t i i concorrenti, come fu chia­rito nella citata circolare n. 15.

Sostiene l'onorevole interrogante che queste istruzioni non furono portate a conoscenza di tut­ti gli interessati i quali, basandosi su quanto di­sponeva l'articolo 116 del regolamento, che cioè

nelle domande-progetto di liquidazione dovesse farsi espresso riferimento alla ammissione con­cessa, attendevano tale concessione dal Ministero e lasciarono così trascorrere il termine di cui all'articolo 13 del decreto n. 330.

In linea giuridica è da osservare che l'accenno indiretto contenuto nell'articolo 116 del regola­mento circa la precedenza dell'ammissione sulla domanda-progetto di liquidazione non può, evi­dentemente, modificare la perentoria sanzione fis­sata dalla legge all'articolo 13.

D'altra parte l'ipotesi di ritardo nell'ammis­sione non poteva prevedersi all'epoca in cui la legge Benni fu emanata e neanche la legge Cappa l'ha prevista.

È per questo motivo che l'Amministrazione, non potendo esimersi dall'applicare fedelmente l'ar­ticolo 13, sentì il bisogno di impartire agli or­gani periferici opportune istruzioni alle quali do­vevasi dare la massima diffusione, per evitare che molti interessati, in buona fede, incorressero nel­la decadenza.

In linea pratica è da dirsi che le disposizioni delle due circolari sopra menzionate non furono rese note a tut t i e quindi sembra equo provvedere legislativamente alla sanatoria dei casi dì deca­denza verificatisi, che fino ad oggi sono com­plessivamente in numero di 48 e comporterebbero una maggiore spesa di lire 62.359.173.

È noto che lo stanziamento della legge Cappa non sarà sufficiente al pagamento di tu t t i i con­tributi e che occorrerà proporre un apposito di­segno di legge perchè sia autorizzata l'integra­zione del corrispondente capitolo per una somma presumibilmente ammontante a lire 200 milioni.

In questa occasione potrebbe essere proposto anche il provvedimento di sanatoria di cui è pa­rola, aumentando correlativamente la misura dello stanziamento suppletivo e, nella stessa sede, po­trebbe essere risolto anche l'annoso ed ancora in­soluto problema delle assegnazioni di bilancio oc­correnti per il rimborso agli aventi diritto delle spese sostenute per gli apprestamenti difensivi delle navi di nuova costruzione.

Complessivamente dunque lo stanziamento da autorizzarsi con la proponenda legge ammonte­rebbe a circa 500 milioni, che il Tesoro dovrebbe mettere a disposizione, non avendo il Ministero della marina mercantile la possibilità di prov­vedere con mezzi propri.

Il Ministro SlMONINI

Atti Parlamentari — 16969 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

LOCATELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere se è vero che il prefetto di Agrigento s'è opposto alla delibera del consiglio comunale di Favara, che intendeva giustamente intitolare la via Vittorio Emanuele a Gaetano Guarino, be­nemerito sindaco, assassinato per il suo amore ai poveri, rispondendo con queste parole inaudite dopo la proclamazione della Repubblica : « È as­solutamente vietato variare le denominazioni del­le strade intitolate a Casa Savoia » (959).

RISPOSTA. — È ben vero che la prefettura di Agrigento respinse una deliberazione del consi­glio comunale di Favara con la quale, fra l'altro, si stabiliva di mutare la denominazione della via « Vittorio Emanuele » in via « Gaetano Gua­rino », ma ciò fece in perfetta osservanza delle disposizioni in vigore. Invero è da premettere che con circolare del 4 febbraio 1947, questo Mini­stero ebbe a disporre che le sovrintendenze ai monumenti si astenessero dall'autorizzare qual­siasi sostituzione di toponimi riferentisi a per­sone della famiglia Savoia fino a quando non fos­sero intervenute disposizioni in merito.

Poiché la questione del mutamento dei topo­nimi riferentisi a persone della Casa Savoia, non è stata ancora risolta, è chiaro che la Prefettura non poteva approvare la deliberazione del con­siglio comunale di Favara, avanti citata.

Si fa peraltro osservare che le parole con le quali la suddetta delibera venne respinta sono ben diverse da quelle che l'onorevole interrogante assume siano state scritte dalla prefettura, per­chè alle parole « assolutamente vietato » sono da sostituirsi le altre « non è consentito », mentre il periodo va completato con le seguenti altre proposizioni : « fino a quando non verranno ema­nate le disposizioni del caso da parte della Pre­sidenza del Consiglio dei Ministri ».

In relazione a quanto esposto, legittimo è da ritenersi l'operato della Prefettura la quale ha agito entro i limiti delle norme vigenti in materia di toponomastica.

Devesi, d'altra parte, far rilevare che, in ogni caso, la intitolazione della via al nome di « Gae­tano Guarino » non avrebbe potuto avvenire per­chè contraria alle norme di cui alla legge 23 giu­gno 1927, n. 1188, le quali all'articolo 2 stabili­scono che non possono essere intitolate vie o piaz­ze a persone che non siano decedute da almeno

dieci anni, mentre il Guarino, ex sindaco di Fa-vara, venne assassinato nel maggio 1946.

Il Ministro GONELLA

LOCATELLI. — Al Ministro dei lavori pubblici. — Per sapere se non crede giusto ed opportuno aderire subito ai voti già espressi dall'interrogan-te e da altri colleghi di ogni parte del Senato, e ripetuti il 3 di questo mese a Turbigo dai sin­daci interessati e dai presidenti delle deputazioni provinciali di Milano, Novara, Varese, perchè si approvi finalmente dopo sei anni di snervante e dannosa attesa la ricostruzione del ponte sul Ti­cino a Turbigo che sarà di grande e indiscusso giovamento alle numerose popolazioni di quella industre plaga (1159).

RISPOSTA. — Allo scopo di dare immediato ini­zio ai lavori di ricostruzione al ponte sul Ticino a Turbigo, in seguito al voto espresso dal Con­siglio superiore dei lavori pubblici sulle riserve formulate dall'impresa aggiudicataria in dipen­denza di talune varianti al progetto proposte dal­l'Amministrazione provinciale di Milano ed in ba­se al dispositivo del voto stesso, questo Mini­stero ha impartito disposizioni per l'assegnazione all'impresa del termine di giorni 15 per la pre­sentazione del progetto esecutivo, con le modifi­che e le integrazioni di cui al voto.

Pervenuto l'elaborato così modificato, questo Ministero ha provveduto in data 2 maggio corren­te a trasmetterlo al Consiglio di Stato per il pre­scritto parere, anche in rapporto ad altre pro­poste progettuali prodotte per i lavori stessi dal­l'Amministrazione provinciale di Milano e dalla società Ferrovia Nord Milano.

Non appena il consesso in parola si sarà pro­nunciato al riguardo sarà dato ulteriore sollecito corso agli adempimenti di competenza allo scopo di definire al più presto la insorta questione.

Il Sottosegretario di Stalo CAMANGI

LOCATELLI. — Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. — Per sapere se non creda giusto ed opportuno includere il comune di Cor-mano (Milano) t ra quelli che debbono essere

Atti Parlamentari — 16970 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

iscritti nel prossimo programma di costruzione delle case Fanfani.

Oltre alle condizioni disagiatissime delle abi­tazioni di Cormano, molte delle quali non meri­tano nemmeno questo nome, recentemente un in­tero caseggiato, sito in frazione Ospitaletto, è stato dichiarato « pericolante ». Si t ra t ta di 69 famiglie con 194 persone che dovrebbero essere ricoverate altrove, mentre il provvedimento tanto necessario è assolutamente impossibile (1168).

RISPOSTA. — Mi pregio significare al riguardo che le particolari condizioni di Cormano saranno prese in esame in occasione di futuri stanzia­menti, inerenti all'applicazione della nota legge 28 febbraio 1949, n. 43. Infatti nel Comune in questione, su numero 4.948 abitanti (al 31 dicem­bre 1947), risulta una popolazione attiva non agri­cola di 2.167 unità, per cui vi è da ritenere che, t ra i comuni della provincia di Milano, anche esso potrà concorrere nella ripartizione dei fondi disponibili.

Il Ministro MARAZZA

LONGONI. — Al Ministro delle finanze. — Per sapere se non creda opportuno proporre al Par­lamento la proroga del termine fissato dal regio decreto 10 aprile 1947, n. 261, art. 89, e del de­creto luogotenenziale 7 giugno 1945, n. 322, per la ricostruzione di stabili danneggiati dalla guer­ra e trasferiti in proprietà in esenzione condi­zionata di imposta di trapasso.

Ciò in considerazione del fatto che i primi anni del quinquennio costituirono un'epoca di orien­tamento, meno propizia al concretarsi di inizia­tive (1103).

RISPOSTA. — In relazione alla prospettata op­portunità di prorogare le agevolazioni fiscali ac­cordate per la ricostruzione e riparazione di edi­fici distrutti o gravemente danneggiati da eventi bellici dai decreti legislativi luogotenenziali 7 giugno 1945, n. 322, e 26 marzo 7946, n. 221, la cui efficacia cessa il 1° luglio 1950, si fa pre­sente che, aderendo alla proposta presentata dal Ministero dei lavori pubblici, è stato già dato il benestare per l'emanazione di un apposito prov­vedimento legislativo che proroghi per un ulterio­

re quinquennio il termine utile per la concessione delle agevolazioni tributarie contemplate nei ci­tat i decreti.

Il Ministro VANONI

LONGONI. — Al Ministro dei trasporti. — Per conoscere se non creda di dare finalmente corso ai lavori di restauro dell'edificio della stazione ferroviaria di Desio, sia per la improrogabilità delle opere relative, sia per evitare un ulteriore deperimento dell'edificio, mentre la cittadina di Desio non è certo l'ultimo fra i centri toccati dalla linea ferroviaria Milano-Chiasso (1157).

RISPOSTA. — La necessità di riordinare e ri­pulire il fabbricato viaggiatori della stazione di Desio è stata tenuta presente dall'Amministra­zione ferroviaria che ha già provveduto a disporre l'inizio dei relativi lavori che avranno termine entro il corrente mese.

Il Ministro D'ARAGONA

MOMIGLIANO. — Ai Ministri dell'interno e dei lavori pubblici. — Premesso che nel comune di Civo (provincia di Sondrio) da lungo tempo si dibatte la questione della ricostruzione del vec­chio ponte Baffo sul torrente Masino, che già quattro volte è stato distrutto e per il quale si era apprestato un nuovo progetto per la rico­struzione in sede diversa che dava garanzia di maggiore stabilità e che accorciava notevolmente la mulattiera che dal ponte porta alla frazione di Civo;

premesso che il Consiglio comunale per tre volte consecutive ha approvato il nuovo progetto e poi, improvvisamente e inspiegabilmente, si è rimangiato le precedenti delibere ed ha votato invece il ripristino del vecchio ponte e della vec­chia mulattiera con disconoscimento degli inte­ressi e delle comodità dei frazionisti di Civo;

premesso pure che il Provveditorato regio­nale delle opere pubbliche per la Lombardia nel suo parere alla Prefettura di Sondrio affermava testualmente che « ragioni tecniche, costruttive e idrauliche si oppongono in via assoluta alla adozione della proposta soluzione di ricostruire

Atti Parlamentari — 16971 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

il ponte sul torrente Masino nella località Baffo », in cui trovasi l'attuale ponticello pericolante;

il sottoscritto desidera sapere come mai, sia il Consiglio comunale di Civo, sia gli organi tec­nici, tenendo in non cale le ragioni tecniche, idrauliche, costruttive che in via assoluta si op­ponevano al ripristino del ponte e della strada nella vecchia sede, abbiano improvvisamente cam­biato parere; e domanda se non ci sia stata in proposito una inchiesta e una denuncia dell'Arma dei carabinieri e se, a seguito di ciò, il Ministero dell'interno non abbia qualche ragione di inter­venire (1119).

RISPOSTA. — I motivi, risultanti dai formali att i deliberativi, che hanno indotto il Consiglio comunale di Civo con voti 11 su 13 a modificare la propria decisione ed a deliberare la sistema­zione della strada già esistente e la ricostruzione del vecchio ponte, sono principalmente di carat­tere finanziario, data la cospicua minore spesa che tale soluzione importa: soluzione approvata dal Provveditorato regionale alle opere pubbliche, che ha ritenuto come nessuna considerazione di ordine tecnico, costruttivo e idraulico si opponga alla ricostruzione del ponte nella vecchia loca­lità.

Circa eventuali illecite interferenze sono in cor­so indagini.

Il Ministro SCELBA

MUSOLINO. — Al Ministro dei trasporti. — Per sapere se sia vero che la Società mediter­ranea per la ferrovia secondaria calabro-lucana abbia disposto la soppressione della corsa mat­tutina della litoranea sul t rat to Mammola-Gio­iosa Marina (Reggio Calabria), sostituendola con un'autolinea Mammola-Locri.

In caso affermativo, come giustifica tale mo­dificazione di orario che pregiudica gli interessi degli abitanti delle stazioni intermedie, i quali si vedono tolto l'unico mezzo di comunicazione agevole con il centro di Locri e con la ferrovia ordinaria senza alcuna altra sostituzione di mezzo di trasporto nello stesso orario, idoneo alle necessità delle popolazioni suddette (1174).

RISPOSTA. — Al riguardo mi pregio comunicare che con l'attuale orario la comunicazione della

mattina fra Mammola e Locri è assicurata dalla automotrice in partenza da Mammola alle 6,42 e in coincidenza nella stazione di Gioiosa Jonica con il treno locale delle Ferrovie dello Stato, che arriva a Locri alle 7,48.

A partire dal 1° giugno prossimo venturo verrà effettuata una corsa, che permetterà ai viaggia­tori di usufruire anche della automotrice A. T. 203 delle Ferrovie dello Stato in partenza da Gioiosa Jonica alle 6,35 e in arrivo a Reggio Ca­labria alle 8,50.

La Società per le ferrovie calabro-lucane ha chiesto e ottenuto di effettuare durante il periodo balneare un servizio automobilistico Mammola-Gioiosa Marina-Siderno Marina-Locri; tale auto­linea, a carattere esclusivamente stagionale, ha il solo scopo di assicurare un collegamento diretto con le spiaggie di Siderno e Locri e non provo­cherà alcuna riduzione nel programma di eser­cizio ferroviario.

Il Ministro D'ARAGONA

MUSOLINO. — Al Ministro dei lavori pubblici. — Per conoscere se non ritenga deplorevole e quindi eliminabile lo stato di abbandono in cui trovasi la frazione di Cirella nel comune di Piat ì (Reg­gio Calabria), nella quale non è stata costruita ancora la strada di comunicazione col centro abi­tato, ragione per cui accade a quella disgraziata popolazione di rimanere tagliata fuori del mondo civile nelle stagioni piovose, con tutte le gravis­sime conseguenze materiali.

Se ad ovviare tale ja t tura non ritenga ricono­scere urgente provvedere e conseguentemente ac­cordare con precedenza sugli altri al comune di Piatì i mezzi finanziari in applicazione della leg­ge 3 agosto 1949, n. 589 (1183).

RISPOSTA. — La costruzione della strada di co­municazione della frazione Cirella del comune di Piat ì (Reggio Calabria) col centro abitato, è ope­ra di competenza del Comune il quale ha chiesto, ai sensi della legge 3 agosto 1949, n. 589, di poter godere dei benefici previsti dalla legge stessa.

La domanda di concessione di contributo avan­zata dal detto Comune per la esecuzione dei la­vori di costruzione della strada Cirellà-Ardore Marina, sarà presa nel dovuto esame per vedere

Atti Parlamentari — 16972 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

se si renda possibile includere i lavori relativi nel programma delle opere da realizzarsi nel prossi mo esercizio finanziario.

Il Sottosegretario di Stato CAMANGI

PICCHIOTTI (GIUA). — Al Ministro della pubbli­ca istruzione. — Per conoscere le ragioni per le quali il Rettore ed il Senato accademico della Università di Pisa non hanno cercato di risolvere l'agitazione degli studenti di quell'Ateneo con cri­teri amministrativi, impedendo così che l'agita­zione stessa si risolvesse pacificamente (1148).

RISPOSTA. — Come è noto la misura delle tasse e sopratasse universitarie è di appena 4 volte quella dell'anteguerra.

Data la esiguità delle tasse e sopratasse in pa­rola le autorità accademiche furono autorizzate a porre a carico degli studenti un contributo in­tegrativo fino all'importo massimo di lire 6.000 e ciò solo in via temporanea, in attesa della solu­zione integrale del complesso problema dell'au­mento delle tasse universitarie.

Inutile dire che dal pagamento delle tasse e sopratasse dovevano essere esonerati gli studenti di disagiata condizione economica che avevano su­perato gli esami dell'anno precedente con una me­dia di 27/30 e con non meno di 24/30 in ciascun esame (esonero totale) ovvero con una media di 24/30 e con meno di 21/30 in ciascuno esame (eso­nero parziale). Anche il contributo integrativo sarebbe stato rimborsato in tutto o in parte agli studenti di disagiata condizione economica che avessero superato i due terzi degli esami prescrit­ti e avessero riportato una media non inferiore a 24/30.

In base a tali disposizioni l'Università di Pisa impose ai suoi studenti il contributo integrativo di L. 5.000 annue da pagarsi in più rate.

Questo contributo sollevò le proteste degli stu­denti, i quali, dopo aver tentato di ottenere la re­voca del provvedimento, occuparono i locali del Rettorato, impedendo che il personale amministra­tivo potesse allontanarsi dal proprio ufficio.

Il Ministero non mancò di intervenire sia pres­so le autorità accademiche che presso gli studenti, inviando sul posto un ispettore centrale il quale propose — e il Senato accademico mostrò di es­sere d'accordo — che fossero esonerati dai con­

tributi tu t t i gli studenti che avessero superato almeno la metà degli esami con qualunque vota­zione e che appartenessero a famiglie il cui red­dito non superasse le 90.000 lire mensili.

Gli studenti non accettarono tale proposta e continuarono ad occupare i locali dell'Universi­tà, dando luogo ad incidenti assai gravi, che hanno costretto per evidenti ragioni di prestigio e di di­sciplina scolastica, le autorità accademiche a mantenere ferme le emanate disposizioni.

Tuttavia il 12 aprile gli studenti abbandonava­no spontaneamente i locali dell'Università dichia­rando peraltro, in un manifesto, che avrebbero continuato con altre forme l'agitazione in corso.

Dopo l'uscita degli studenti i funzionari ammi­nistrativi e tecnici dell'Università constatarono alcuni fatti assai gravi che si erano verificati du­rante l 'arbitraria occupazione del Rettorato e re­dassero un regolare verbale dal quale, fra l'altro risulta quanto appresso: serrature di cancelli e porte scassinate, t ra le quali quella dell'aula ma­gna e quella della stanza del Rettore; sedie man­canti perchè bruciate ; poltrone (tra le quali quel­le storiche dell'Aula Magna) con braccioli divelti ; forzature dei cassetti di alcuni tavoli nelle sale dei professori e nel seminario giuridico; pavi­menti macchiati di vino, vetri e lumi rotti, ecc.

In seguito a tali rilievi il Rettore ha sottoposto a procedimento disciplinare un gruppo di stu­denti contestando loro i relativi addebiti a norma dell'articolo 16 del R. D. 2 giugno 1935, n. 1071.

Allo stato delle cose il Ministero non può che attendere l'esito del provvedimento disciplinare e ciò in ossequio al dovuto rispetto dell'autogoverno universitario.

Il Ministro GONELLA

Rocco. — Al Ministro dei trasporti. — Per sa­pere se e quali provvedimenti intenda di adottare per rendere più umano il traffico ferroviario sulla linea Matera-Montalbano Jonico, scalo delle Ca­labro-Lucane.

Una energica ed immediata ispezione da parte di qualche alto funzionario può accertare i fatti.

L'automotrice A-14 per Matera e quella A-21 per il detto scalo di Montalbano appariscono in viaggio dei veri alveari umani. I poveri viaggiato­ri, pigiati l'un sull'altro, imprecano disperatamen­te e invocano invano a gran voce un trattamento

Atti Parlamentari — 16973 ■— Senato della Repubblica

1948-50 ­ C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 G I U G N O 1950

più sopportabile. I biglietti, il cui costo non subi­

sce alcuna riduzione, non si rilasciano in rapporto al numero dei posti disponibili, ma in rapporto al numero dei viaggiatori che chiedono di viaggiare e non si riesce a dire quello che avviene, e che ricor­

da altri tempi. Poiché il traffico è esuberante, la Società può

bene, allorché il numero dei viaggiatori è ecces­

sivo, far partire dagli indicati scali due automotri­

ci invece che una (1129).

RISPOSTA. — L'attuale scarsezza di materiale rotabile sulla rete delle ferrovie Calabro­Lucane, specialmente per quanto riguarda le automotrici, non permette ancora di potere aumentare, come sarebbe desiderabile, la composizione nelle ore di maggiore traffico.

La Società concessionaria sta gradualmente ri­

mettendo in efficienza tutte le automotrici dispo­

nìbili e, non appena sarà perfezionato il decreto di approvazione della Convenzione prevista dalla legge 6 aprile 1949, n. 168, darà immediato corso all'ordinazione, già predisposta in ogni dettaglio e approvata dal Ministero, di 24 automotrici a carrelli e di 8 rimorchiate.

Parte delle nuove automotrici entrerà in ser­

vizio entro il corrente anno, mentre tu t ta la forni­

tura verrà consegnata nel termine massimo di 18 mesi dall'ordinazione.

Con le nuove automotrici e rimorchiate di gran­

de capacità sarà possibile migliorare radicalmen­

te il servizio sulla intera rete, adeguandolo alle effettive esigenze del traffico.

Per quanto riguarda il rilascio dei biglietti in base al numero dei posti disponibili, si fa presen­

te che le varie stazioni intermedie non possono co­

noscere preventivamente la disponibilità dei po­

sti stessi ; comunque, come è ammesso dalle condi­

zioni generali per il trasporto, il viaggiatore, in caso di soverchio affollamento, può sempre rinun­

ciare al viaggio e richiedere il rimborso del prezzo del biglietto.

Intanto la Società concessionaria è stata invi­

tata a provvedere perchè, nei limiti del possibile, siano evitati gli inconvenienti giustamente lamen­

tat i dalla S. V. Onorevole.

Il Ministro D'ARAGONA

SANTONASTASO. — Al Ministro della pubblica istruzione. — Per sapere :

1°) Se intende emanare disposizioni affinchè tut t i i concorrenti a cattedre di ruolo speciale transitorio nelle scuole medie governative, che ab­

biano ottenuto l'idoneità nei concorsi ordinari per soli titoli, banditi il 4 luglio 1947, possano ot­

tenere, denunziando all'Ufficio concorsi l'idoneità conseguita, la rettifica d'ufficio del punteggio ad essi spettante ; ciò in considerazione che le gradua­

torie degli idonei sono state pubblicate soltanto il 25 febbraio scorso nel « Notiziario della scuola e della cultura ».

2) Se ritenga opportuno disporre che tut t i i concorrenti a cattedre di ruolo speciale transi­

torio nelle scuole medie governative, i quali in una delle due guerre mondiali abbiano servito la Pa­

tria onoratamente in repartì non combattenti, sia­

no in qualche modo avvantaggiati nella formazio­

ne delle graduatorie rispetto a coloro che, per qual­

siasi motivo, siano stati esentati dal servizio mili­

tare, dato che nessun trattamento speciale è stato fatto ai primi nel bando di concorso (1142).

RISPOSTA. — Si ritiene opportuno premettere, innanzi tutto, che le disposizioni contenute nel R. D. 28 settembre 1934, n. 1587, concernente il possesso dei requisiti per l'ammissione ai concor­

si ed agli impieghi nell'amministrazione dello Sta­

to, ostano in modo tassativo all'accoglimento del­

la richiesta dell'onorevole interrogante, intesa ad ottenere che nei concorsi a posti di ruolo speciale transitorio vengano valutate le idoneità nei con­

fronti di coloro che sono compresi nelle graduato­

rie degli idonei pubblicate sul « Notiziario della Scuola e della Cultura » del 25 febbraio e. a.

Infatti le predette disposizioni sanciscono, fra l'altro, che i titoli degli aspiranti ai concorsi deb­

bono essere posseduti prima della scadenza fissata dal bando di concorso stesso; sicché coloro che hanno recentemente conseguito l'idoneità avreb­

bero potuto far valere le loro aspirazioni solo se avessero conseguito il titolo di idoneità prima del 5 agosto 1949, termine fissato dal D. M. del 5 lu­

glio 1949, per la presentazione delle domande e dei documenti di rito e dei titoli.

A parte ciò, un altro, ed altrettanto insormon­

tabile, ostacolo si oppone alla valutazione delle idoneità conseguite nei concorsi banditi con D, M, 4 luglio 1947.

Atti Parlamentari — 16974 — Senato della Repubblica

1948-50 - C D X X X I I SEDUTA DISCUSSIONI 6 GIUGNO 1950

Infatti l'elenco degli idonei apparso sul « Noti­ziario » del 25 febbraio 1950 ha carattere pura­mente ufficioso e la qualità di « idoneo » è a tut-t'oggi giuridicamente inesistente, perchè le gra­duatorie dei concorsi a cattedre di cui al citato bando, non sono ancora state approvate dal com­petente organo di controllo della Corte dei Conti.

Fin tanto non sia compiuto tale atto, il titolo derivante dall'inclusione in tali graduatorie non ha alcun valore giuridico.

Per quanto concerne il secondo punto dell'in­terrogazione, circa eventuali vantaggi da attribui­re, nella formazione delle graduatorie, ai candi­dati che hanno prestato servizio militare in re­part i non combattenti durante le due guerre mondiali ;

premesso il particolare regime dei concorsi a cattedre di R.S.T. regolati minuziosamente da norme di carattere legislativo (alle quali, com'è ovvio, non si può derogare con at t i che non abbia­no lo stesso carattere) non lascia quasi alcun mar­gine alla discrezionalità delle commissioni che so­no tenute ad applicare la tabella di valutazione allegata al regolamento emanato con D. P. del 14 febbraio 1949, n. 236, e non hanno il potere di in­trodurre voci non contemplate nella tabella stessa ;

si chiarisce che (a parte l'anzidetta impossi­bilità di esaudire la richiesta dell'onorevole inter­rogante con un atto che non sia legislativo) non può dirsi che gli interessi dei candidati che hanno prestato servizio militare non bellico durante lo ultimo conflitto siano stati negletti : infatti la no­ta 1 della lett. e) del n. 2 della citata tabella di valutazione pone, nel comma 6°, una norma in ba­se alla quale il servizio militare, prestato (dopo il conseguimento della laurea o del diploma pre­scritto per l'ammissione al concorso) dal 1940 a tutto l'anno scolastico 1945-46, è valutato alla stessa stregua del servizio nelle scuole secondarie.

Si è, quindi, provveduto, mediante tale norma, a tutelare gli interessi dei candidati che hanno servito la Patr ia in reparti non combattenti du­rante l'ultimo conflitto.

Non si è ritenuto, peraltro, in sede di compila­zione della tabella, di fare lo stesso trattamento ai militari non combattenti della passata guerra mondiale, i quali hanno avuto agio di fruire dei nu­merosi provvedimenti emanati in loro favore al termine di quella guerra e, del resto, come più an­ziani, possono egualmente raggiungere il massi­

mo di servizio valutabile ai fini dei concorsi (anni 10) senza che si ricorra, per loro, all'assimilazione del servizio militare col servizio scolastico.

Il Ministro GONELLA

TIGNINO. — Al Ministro dei lavori pubblici. — Per sapere che cosa abbia fatto o intenda fare per finanziare i progetti — già approvati — relativi al risanamento della viabilità cittadina, della rete idrica e delle fognature nella città di Canicattì (Agrigento), per sollecitare i lavori di allaccia­mento dell'acqua delle tre sorgenti alla città e per appaltare i lavori di copertura del torrente che raccoglie lo scolo delle fognature fin oltre il centro abitato (1153).

RISPOSTA. — Per la sistemazione igienica del comune di Canicattì questo Ministero, dopo aver previsto una spesa di 240 milioni per la costru­zione dell'acquedotto di quell'abitato, ha disposto, ai sensi della legge 3 agosto 1949, n. 589, un con­tributo sulla spesa di L. 50 milioni da destinarsi ad un lotto funzionale.

Inoltre pei provvedimenti immediati sono stati già finanziati L. 30 milioni di cui L. 20 milioni programmati sui fondi della legge 5 marzo 1948, n. 121, e L. 10 milioni sulle economie realizzatesi sui fondi previsti dalla legge predetta. Tutti que­sti lavori sono già in avanzato stato di attuazione.

Poiché poi i fondi di bilancio assegnati per tale genere di opere durante il corrente esercizio finan­ziario, sono risultati assai limitati in confronto alle numerosissime richieste pervenute agli effetti della legge anzidetta, non è stato possibile acco­gliere, almeno per il corrente esercizio, anche la ' altra domanda presentata dal Comune stesso per la costruzione della fognatura.

Tali necessità, nonché quella riguardante lo acquedotto consorziale delle tre sorgenti, saranno però tenute presenti per essere esaminate in sede di formazione dei prossimi programmi esecutivi relativi allo stesso genere di opere.

Il Sottosegretario ili Stato CAMANGI

Dott. CARLO D B ALBERTI Direttore dell'Ufficio dei Resoconti